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> anno_i:[1880 TO 1910} > autore_s:"ABBA GIUSEPPE_CESARE"
STORIA DEI MILLE ( ABBA GIUSEPPE_CESARE , 1904 )
Saggistica ,
Giorni Pericolosi Nei dieci mesi che volsero dalla pace di Villafranca alla spedizione dei Mille , l ' Italia di mezzo diede prove di virtù civili meravigliose , ma col Piemonte corse dei pericoli gravi forse quanto quelli che il Piemonte stesso aveva corsi , prima della guerra del 1859 . I duchi , gli arciduchi , i legati pontifici fuggiti dalle loro sedi , fin da prima di quella guerra , non avevano più osato tornarvi ; e allora Parma , Modena , Bologna con la Romagna fino alla Cattolica , si strinsero in un solo Stato , che nel bel ricordo della gran via romana da Piacenza a Rimini , chiamarono l ' Emilia . Spento così d ' un tratto ogni vecchio sentimento di gelosia , conferirono la Dittatura al Farini , romagnolo venuto su , da giovane , nelle cospirazioni , e poi maturo ed esule fattosi alla vita dell ' uomo di stato vicino al Cavour , in Piemonte . Si crearono un esercito proprio , con gioventù propria e d ' ogni parte d ' Italia ; e il loro governo procedeva d ' accordo con quello di Toscana , libera anche essa , e col suo grande statista Bettino Ricasoli risoluta d ' unirsi al regno di Vittorio Emanuele . Intanto quelle regioni si chiamavano , tutte insieme , Italia centrale . Quello Stato provvisorio era tranquillo come se non ci fosse in aria nessuna minaccia , ma senza mostrarne paura , conosceva i pericoli tra i quali viveva . L ' Austria , che non aveva potuto aiutar con l ' armi i principi fuggiti a tornare , dichiarava caso di guerra l ' ingresso anche d ' un solo soldato piemontese nell ' Italia centrale : la Russia era apertamente ostile non soltanto a che Toscana e Ducati e Legazioni si unissero al regno di Vittorio Emanuele , ma ancora a che si scegliessero un Sovrano : la Prussia consigliava il Piemonte di rimetter esso stesso in trono i principi fuggiti . I diplomatici italiani avevano un bel dire fin da allora ai prussiani che la Germania mostrava desiderio di rompere i legami posti anche a lei dai trattati del 1815 : quegli uomini di Stato , sebbene sapessero che presto la Germania avrebbe fatto ciò che già faceva l ' Italia , insistevano perché il Piemonte si contentasse della Lombardia , si consolidasse bene e lasciasse tempo al tempo . In quanto a Napoleone III , questi diceva di non voler correre i rischi di una nuova guerra che l ' Austria avrebbe immancabilmente intrapresa se fosse avvenuta l ' annessione dell ' Emilia e della Toscana al nuovo regno ; ed erano avversi all ' Italia la Spagna , la Baviera , persino il Belgio . Sola l ' Inghilterra si mostrava amica al nuovo Stato , che si veniva formando ; sola suggeriva agli Italiani dell ' Emilia e della Toscana di stare saldi nella loro risoluzione . Al Piemonte consigliava di fare , di osare senza domandare e di non darsi briga né dell ' Austria né della Francia , né di nessuno . E il Ricasoli e il Farini erano uomini da sentir bene il consiglio , perché stavano al governo di popolazioni che sapevano ragionare il loro diritto . Come s ' erano formate le grandi potenze , esse che mormoravano e minacciavano perché Piemontesi e Lombardi volevano aiutare i loro fratelli del centro a divenir com ' essi liberi , e tutti insieme Italiani ? L ' Austria , la Francia , la Prussia , la Russia si erano costituite in secoli di violenze e di usurpazioni , calpestando popoli , che due o tre di esse ritenevano ancora con la forza ; gli Italiani non conquistavano , non usurpavano nulla ; non abbattevano se non delle dinastie che loro erano state imposte . Ora perché esse , le grandi potenze , volevano impedirli ? Si ragionava così , e così stavano le cose nel principio del 1860 , quando appunto Cavour , che dopo la pace di Villafranca , sdegnato contro Napoleone e fin contro il Re , si era ritirato dal governo , tornava alla presidenza dei Ministri . Egli allora osò da uomo che sapeva di aver dei collaboratori potenti , e un popolo pronto a tutto . E d ' accordo con lui , il Ricasoli per la Toscana e il Farini per l ' Emilia , pubblicarono il Decreto che convocava i Comizi , in tutta l ' Italia centrale , pel plebiscito . In quei Comizi , i votanti dovevano dichiarare se volessero l ' unione alla Monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele , ovvero il regno separato . E nell ' Emilia su 2,916,104 abitanti , comprese donne e fanciulli , 426,006 voti furono per l ' unione ; contrari , solo 756 . Nella Toscana , su 1,806,940 abitanti votarono per l ' unione 366,871 , pel regno separato 54,925 . Così l ' Europa , che tante sciagure aveva versate o lasciato versare sull ' Italia , da secoli , vide meravigliata Emiliani e Toscani concordi ed entusiasti fondersi con Piemontesi e Lombardi ; e i duchi e gli arciduchi - parole di Cavour - " sepolti in perpetuo sotto il cumulo di schede deposte nelle urne . " Protestarono i principi che vedevano levati via per sempre i pretesi loro diritti ; protestò l ' Austria , protestò quasi tutta l ' Europa , ma nessuno si mosse : e un regno dell ' Alta Italia , di undici milioni , fu fatto . * Allora , anche a uomini molto arditi , parve di aver avuto tanta fortuna , che pensare ad altro sembrava temerità e follia . L ' Europa poteva , alla fine , saltar su e dire di aver tollerato anche troppo . Infatti mostrò ancora il suo broncio il 2 aprile , nella seduta inaugurale del nuovo Parlamento in Torino ; nella qual seduta , con manifesta avversione , non si fecero vedere i rappresentanti diplomatici di Russia , Prussia , Spagna e del Belgio . E se i limiti del nuovo regno fossero stati segnati dalla valle del Po , forse il Governo avrebbe potuto facilmente persuadere lo spirito pubblico a mantenersi cheto per alcuni anni , aspettando e preparando altri eventi . Ma i confini erano già di là dall ' Appennino ; e aver a far parte del regno la Toscana , la gran maestra antica della vita civile italiana , voleva dire esser costretti a continuare l ' impresa nazionale . Napoleone III lo aveva ben capito , e di malumore aveva già detto ad un suo ministro che l ' unione della Toscana al regno di Vittorio Emanuele portava di conseguenza l ' unità italiana . Però al Conte di Cavour l ' unità non pareva ancora possibile . L ' idea sua era sempre di dar assetto al nuovo regno ; promuoversi tutte le libertà ; svolgerne le forze già così rigogliose e omogenee ; farlo ricco , colto , solcarlo di strade ferrate e di canali ; dotarlo di ogni sorta di opere pubbliche ; farne insomma il Belgio in grande dell ' Europa meridionale . Così , intanto gli Italiani dello Stato Pontificio e delle Due Sicilie , avrebbero sentito e desiderato la prosperità dello Stato settentrionale anche per sé ; e forse , prima che passasse un decennio , si sarebbero mossi spontaneamente per unirsi a goderla . Egli aveva allora appena cinquant ' anni , e poteva ripromettersi di vivere ancora tanto da guidare quel movimento . Senonchè Mazzini sin dal 2 marzo aveva scritto : " Non si tratta più di repubblica o di monarchia , si tratta di unità nazionale ; d ' essere o non essere . Se l ' Italia vuole essere monarchica sotto la Casa di Savoia , sia pure : se dopo la riscossa vuol acclamare liberatori e non so che altro il Re e Cavour , sia pure . Ciò che ora vogliamo è che l ' Italia si faccia . " Il gesto era preciso , diritto ; Sicilia , Napoli , Roma tutto doveva venire nell ' unità nazionale : per Mazzini , pel suo partito , che era anche fatto di uomini di guerra , l ' ora era buona ; o coglierla , quali che si fossero i pericoli , o non vederla tornar mai più . Egli fin dal 1856 aveva rivolta la sua azione al Mezzodì per far procedere di laggiù in su la propaganda rivoluzionaria : nel '57 , per tentarvi una rivoluzione , d ' intesa con lui era andato a morir colà Pisacane : nel '59 , temendo che la pace di Villafranca e le sue conseguenze portassero a far guarentire dall ' Europa l ' intangibilità delle Due Sicilie , egli Mazzini , aveva mandato Crispi in Sicilia a promuovervi agitazioni e a prepararvi l ' insurrezione . Ora dunque bisognava gettare il dado , e cominciare appunto dalla Sicilia . * Certo la convinzione di Mazzini l ' aveva in parte , almeno nel cuore , anche il Cavour . Egli dopo Villafranca , in uno scatto di magnanima ira , aveva detto : " Mi hanno troncato la via a fare l ' Italia con la diplomazia dal Nord ; ebbene , la farò dal Sud con la rivoluzione ! " Ma poi si era frenato . E se Mazzini vedeva le cose da credente che subordinava tutto alla propria fede , e andava incontro ai fatti , fosse pure per trovare il martirio , Cavour col suo tatto del possibile guardava da uomo di Stato che misura le probabilità e vi conforma l ' azione . Il regno delle Due Sicilie gli pareva un organismo da lasciar vivere ancora ; le idee sue rispetto a quello non si erano peranche mutate . L ' anno avanti , nel maggio , appena salito al trono Francesco II , egli lo aveva invitato a unirsi al Piemonte contro l ' Austria . Ma Francesco aveva preferito la neutralità , sperando che Russia , Prussia , Inghilterra si sarebbero messe dalla parte dell ' Austria , e che la guerra del '59 sarebbe finita come quella del '48 . Cavour il 25 giugno , cioè dopo la battaglia di Solferino e San Martino , sempre sperando di convincere quel Re a divenir italiano , gli aveva mandato il conte Ruggero Gabaleone di Salmour come inviato straordinario , con l ' istruzione di dirgli che il concetto dell ' indipendenza italiana aveva informato sempre il Governo piemontese ; che perciò da anni , consigliando con l ' esempio e con la voce agli altri principi d ' Italia quelle interne riforme che dessero soddisfazione ai legittimi desiderii dei popoli , aveva mirato soprattutto a consociarli nello stesso intento di nazionalità , unico mezzo per disarmare le fazioni . Quel diplomatico doveva ricordare al Re avere il Piemonte ammonito sempre che , seguendo altra via , i governi avrebbero dovuto combattere non più le sette , ma il sentimento universale della nazione , e che nella funesta lotta non essi sarebbero stati vincitori . L ' inviato doveva anche dire che mentre la guerra era guerreggiata in Lombardia , l ' ostinata neutralità del re di Napoli sarebbe considerata come una diserzione o un segreto patteggiamento coll ' inimico . In quanto alle Due Sicilie , poi , doveva dire essere noto che colà più che altrove fremevano passioni ardenti , rancori profondi , ire lungamente compresse che aspettavano ansiosamente l ' occasione di prorompere terribili e irrefrenate : che le occasioni non tarderebbero , e con esse gli incitamenti e le seduzioni entro e fuori del regno : che confidare nella sola forza , far puntello al trono d ' armi mercenarie , era partito che non solamente doveva ripugnare all ' animo onesto del giovane Re , a partito mal sicuro e pieno di pericoli . Pensasse il Re che la presenza di un esercito francese in Italia doveva commuovere il paese dove aveva regnato Gioachino Murat ; e dove era morto compianto : ci pensasse , e collegandosi sinceramente col Piemonte , dichiarasse pronta guerra all ' Austria e mandasse parte dell ' esercito sul Po e sull ' Adige , a combattere a fianco di Vittorio Emanuele e di Napoleone . L ' inviato doveva anche pregare il Re di far vuotare le carceri politiche , di riaprire le vie del ritorno ai proscritti , di sanar le piaghe della Sicilia ; ma su questo e su tutto il resto aveva trovato sordi i cuori . Tuttavia Cavour non si era stancato . Al principio del 1860 , appena tornato al governo , quando temeva ancora l ' intervento dell ' Austria nell ' Italia centrale , aveva ritentato di condurre il re di Napoli ad allearsi col nuovo regno di Vittorio Emanuele . Ma Francesco II e il suo governo si erano messi invece a cospirargli contro , istigati dal Nunzio Pontificio , dalla Spagna , dalla regina Sofia di Baviera stessa sposa del Re , fantasticanti tutti insieme una lega cattolica . E assoldavano austriaci per Napoli e pel Papa , concentravano soldati negli Abruzzi , miravano a suscitar tumulti nella Romagna . Allora Cavour cambiò tono , e fece avvertire badassero bene a non far mettere piede di soldato borbonico nel pontificio . Essi , cocciuti , non ascoltavano consigli neppur dall ' Inghilterra . La quale alla fine diceva loro tirannia , ingiustizia , oppressione essere le caratteristiche del governo dell ' Italia meridionale ; quelle dell ' Italia settentrionale , libertà e giustizia ; e che in tutti i paesi del mondo , la gente anche la più volgare capiva la differenza esistente tra un governo giusto e umano e un governo ingiusto e spietato . Ostinato ognor più , non ascoltavano nemmeno la Russia loro amicissima , che per bocca del suo primo Ministro diceva a Napoli che la polizia del Regno , spiaceva fino al capo della polizia russa ; e questi era allora Kakoskine , uomo addirittura feroce . Anche la Francia consigliava invano minori asprezze . Pareva tempo da non usar più nessun riguardo , ma forse il giovane Re ispirava ancora a Vittorio Emanuele una certa pietà : Era figlio di Maria Cristina di Savoia , sposata nel 1832 al grossolano e cattivo Ferdinando II , trattata male nella reggia e morta consunta nel 1836 . Essa aveva avuto quell ' unico figlio . E si sapeva che quando era nato , non volendo concedere a lei di allattarlo , le avevano fatto entrare in camera per nutrice una donna di Santa Lucia , piagata a una gamba , con le tracce della scrofola al collo , con pochi capelli in testa , quasi tignosa e con figli rachitici o che non si reggevano in piedi . Aveva rivelate queste miserie un abate Terzi , che Maria Cristina aveva condotto con sé dal Piemonte per confessore . E l ' abate aveva anche narrato che vicina a morte , avendo chiamato il Re , la infelice regina s ' era sentita rispondere che il Re dormiva . Così era spirata soletta come una povera , con al capezzale un oscuro frate ; e il popolo napoletano l ' aveva chiamata santa . Per disgrazia sua , quel povero bambino , orfano di madre , mal visto erede al trono , non aveva potuto morire anch ' esso , era stato educato a odiare ogni cosa italiana . Ed ora regnava . Se Vittorio Emanuele aveva voluto che il suo Governo usasse dei riguardi a quel parente nato e vissuto infelice , come uomo di cuore aveva fatto bene . L ' agitazione per la Sicilia . Ma la Nazione non aveva nessun dovere di sentimenti pietosi . E allora la voce di Mazzini che dopo la pace di Villafranca aveva gridato : " Al Centro mirando al sud , " si mise a gridare : " Al Sud mirando al Centro , Roma : " e infiammò i cuori , e diresse le aspirazioni degli italiani del Nord verso la Sicilia . Egli e i Comitati suoi e il partito repubblicano che nel 1859 aveva saputo lealmente servire in guerra la monarchia , s ' accinsero al preparar un ' impresa che pareva folle , e che invece doveva riuscire a fini meravigliosi . L ' uomo per condurla , tutti lo designavano : Garibaldi . Intanto Mazzini aveva fatto partir per la Sicilia Rosolino Pilo . Era questi un uomo di quarant ' anni , nato in Palermo dalla famiglia dei conti Capeci , sangue d ' Angiò , tutta devota ai Borboni . Egli unico di quella famiglia aveva dato il suo cuore alla patria . Dal '49 era esule ; nell ' esiglio aveva conosciuto Mazzini e n ' era divenuto l ' apostolo . Nel 1857 , doveva andar compagno di Pisacane alla impresa finita in Sapri ; ma i barcaroli coi quali aveva aspettato il passaggio del vapore Cagliari , lo avevan mal servito , il vapore era passato , ed egli era ridisceso a Genova , a sentir poi la tragica fine dell ' amico . Da allora aveva vissuto con quella spina nel cuore . Ora , d ' intesa con Mazzini e con Garibaldi , partiva il 26 marzo su di un povero legno viareggino per l ' isola sua . Garibaldi gli aveva detto che qual si fosse il suo destino laggiù , rammentasse che tutto vi si doveva fare in nome dell ' Italia e di Vittorio Emanuele . Pilo , repubblicano , aveva accettato il motto , ed era partito con Giovanni Corrao , anche questi siciliano , arditissimo uomo del popolo . Avevano navigato quattordici giorni , erano riusciti a sbarcar presso Messina , e s ' eran messi a percorrere l ' isola , annunziando Garibaldi . Anche Cavour era ormai quasi convinto che non si poteva più lasciar la questione napolitana al tempo , ma gli doleva che Garibaldi e Mazzini si pigliassero col loro partito l ' onore d ' essere i primi . E perciò d ' accordo col Fanti , Ministro della guerra non amico di Garibaldi , avea già fatto profferire al nizzardo generale Ribotti d ' andar in Sicilia a capitanarvi l ' insurrezione . Ribotti gli pareva uomo da ciò . Era stato al servizio della rivoluzione siciliana del '48; per essa aveva tentato di portar l ' armi in Calabria , era stato preso e condannato , e aveva sofferto anni di carcere dai Borboni . Ma Ribotti non aveva accettato . Forse indovinava che laggiù , solo il gran nome di Garibaldi e l ' ingegno suo di guerra e la sua figura , avrebbero potuto trovar la vittoria . * In quei giorni venne come la folgore una lieta notizia : a Palermo era scoppiata l ' insurrezione . E si diceva che all ' alba del 4 aprile , da un convento chiamato della Gancia , un Francesco Riso , giovane di 28 anni , aveva con alcuni compagni data la mossa , e che un Salvatore La Placa s ' era azzuffato con la milizia , in certi quartieri della città abitati da pescatori e retaioli . Ma la gioia si cambiò in ira quando , subito appresso , oggi una voce , domani l ' altra , si seppe che quei generosi erano stati oppressi ; che le squadre di campagna , già scese vicino a Palermo , s ' erano ritirate nei monti ; che tredici compagni di Riso , oltre quelli morti combattendo , erano stati fucilati ; che egli giaceva pieno di ferite e prigioniero ; che lo stato d ' assedio era proclamato , e che erano arrestati il padre di Riso con altri cittadini cospicui di Palermo . Dunque la rivoluzione era domata ! No , non doveva essere : l ' Italia superiore la faceva sua propria . Da quel momento tutti cominciarono a chiedere che facesse Garibaldi , e se non si muovesse , e se non era ancora andato , e perché non fosse ancora laggiù . E non dicevano già , che dovesse muoversi il governo di Vittorio Emanuele ; tutti avevano il sentimento del rischio cui si sarebbe messo d ' aver mezza Europa addosso : a tutti bastava che si muovesse lui , Garibaldi , che quanto a gente per seguirlo ce ne sarebbe stata anche troppa . Ma si sentiva che bisognava far presto , perché il Governo borbonico aveva compreso che la Sicilia non mirava più , come nel '20 e nel '48 a separarsi da Napoli o a rifarsi regno da sé ; ma che il suo moto era di tendenze unitarie , con mira all ' Italia superiore . Perciò quel Governo prometteva largamente strade ferrate , portifranchi , casse di sconto , prestiti alle grandi città ; mentre si ingegnava di reprimere la insurrezione nell ' interno , mandando colonne mobili a disarmare la gente . Se Francesco II avesse dato una costituzione quale l ' isola la voleva del '48 , chi poteva dire che la Sicilia non si sarebbe acconciata ? Bisognava proprio far presto . * Non si vuol mica dire che nel settentrione i liberali bruciassero tutti dal desiderio di vedere andar gente ad aiutar la Sicilia e Napoli a liberarsi dai Borboni , a unirsi al resto d ' Italia . V ' erano allora i ragionatori che trovavano gli argomenti forti in contrario . Ma come mai si voleva fare un solo stato di quest ' Italia così lunga e sottile , senza un centro , e nel napoletano senza strade né nulla ? Eh già , rispondevano altri , ragionatori anch ' essi , queste cose le diceva pure Napoleone I . Diceva che se tutta la parte d ' Italia dal Monte Velino in giù e con essa la Sicilia fosse stata gettata dalla natura tra la Sardegna e la Corsica la Toscana e Genova , la Penisola avrebbe avuto un centro quasi egualmente distante da tutti i punti della sua circonferenza : ma così come era fatta , quella parte dal Velino che formava il Regno di Napoli , gli pareva di clima , d ' interessi , di bisogni , diversi da quelli di tutta la valle del Po e di quella dell ' Arno . Però non avrebbe detto così se a ' suoi tempi avesse avuto il telegrafo , la navigazione a vapore , le strade ferrate . Tutte queste cose levavano via dall ' Italia un bel po ' degli inconvenienti della sua configurazione . Del resto , Napoleone aveva soggiunto che nonostante tutto , l ' Italia era una sola nazione , una di costumi , di lingua e di letteratura ; affermava che in un tempo più o meno lontano i suoi abitanti si unirebbero sotto un solo governo ; e passate in rassegna le condizioni storiche di tutte le grandi città , dichiarava solennemente di pensare che Roma sarebbe senz ' altro quella che gli Italiani si sceglierebbero per capitale . Altri ragionatori dicevano che il Re di Napoli teneva un esercito di più di 120 mila soldati , bene armati e con cavallerie e artiglierie delle migliori d ' Europa . Era vero . Ma ai giovani che ascoltavano solo il cuore , il cuore diceva una cosa molto semplice , cioè che quei cento ventimila soldati non erano tutti , come un sol uomo , nel pugno di quel Re , così che ei li potesse lanciar di colpo nel punto dell ' isola dove Garibaldi anderebbe a sbarcare . Allora i savi soggiungevano che intorno all ' isola vigilava una crociera di chi sa quante navi , forse trenta , forse quaranta : ma quelli del cuore sentivano che se anche le navi fossero tante , il mare era vasto , e che una catena intorno all ' isola non era possibile a tenersi così stretta , che di notte o di giorno un marinaio come Garibaldi non riuscisse a passare . ( NdA : Si seppe poi , a cose finite , che la crociera intorno all ' isola era composta di 14 legni e di 2 rimorchiatori da guerra , con aggiunti ad essi 4 piroscafi mercantili della Società di navigazione siciliana e 2 della napolitana , armati e dati da comandare ad ufficiali militari . In tutto adunque erano 22 legni . La vigilanza , da Capo San Vito a Mazzara , era affidata alla Partenope , fregata a vela da 60 cannoni ; al Valoroso , pure a vela da 12 cannoni ; allo Stromboli , pirocorvetta da 6 cannoni e al Capri , da 2 . Comandavano quella crociera , un Cossovich capitano di vascello imbarcato sulla Partenope , e sullo Stromboli era imbarcato l ' Acton , baldanzoso uomo che partendo da Napoli aveva detto al Re di voler buttar a mare Garibaldi . Da Mazzara a Capo Passaro , da Capo Passaro al Faro , dal Faro a Trapani , incrociava il resto della flotta . ) Invece una preoccupazione grave davvero , e tale da togliere l ' ardire a molti , riguardava il poi , se mai la spedizione sbarcasse . Della Sicilia si sapeva poco qual fosse nell ' interno . Nella sua solitudine pareva quasi fuor della vita . E quasi più del suo tempo presente si sapeva del suo passato ma bene antico . Molti parlavano di quelle sue città di due milioni d ' abitanti , del suo popolo d ' otto milioni che nutriva sé eppure faceva ancora chiamar l ' isola sua granaio d ' Italia ; sapevano enumerare le sue civiltà , greca , latina , araba ; la sua monarchia normanna che seppe valersi di quelle civiltà , farsi amare dai vinti e lasciare , a traverso i secoli , il desiderio ancora di quel regno . Ma all ' infuori dei marinai , chi mai sapeva della Sicilia presente ? Chi vi era mai stato ? Forse qualche ricco , e anche soltanto nelle grandi città , Palermo , Messina , Catania , Siracusa ; ma l ' interno dell ' isola non era guari conosciuto neppur sulla carta . Però si indovinava e si amava il suo popolo , perché avevano insegnato a pregiarlo i suoi profughi , ne ' dieci anni da che stavano rifugiati in Piemonte ; gente degna , patrizi , letterati , avvocati , medici , architetti o artigiani valenti e virtuosi . Se dalla Sicilia era venuto via quel fior di gente , non poteva darsi che non vi fosse laggiù un popolo degno di loro ; bisognava andarvi , per dir così , a scarcerare l ' anima dell ' isola , farla espandersi nella vita italiana . Quante energie , quanta luce , quante virtù , aggiunte all ' anima della nazione ! Queste cose non si pensavano per l ' appunto così , ma si sentivano vagamente , come nell ' adolescenza si sentono le prime aure dell ' amore cui si va incontro , e sono la vita . Ma intanto , quale rischio l ' andarvi ! Certo Garibaldi si sarebbe gettato su qualche costa , lontano dalle città marittime , dove non fossero milizie , per non farsi opprimere appena giunto . E da quella costa si sarebbe mosso a trovar nell ' interno sui monti qualche posizione forte , per chiamarvi a sé gli insorti e fare un esercito tale da poter affrontare in campo quello dei regi , o magari piombar sulla capitale . Ma quanti scontri avrebbe dovuto sostenere nelle sue prime marcie , e chi mai sapeva in quali condizioni ? E se gli fosse avvenuto di perdere ? Pazienza i morti , ma i feriti , in che mani sarebbero rimasti ? Come li avrebbe trattati il nemico offeso per quell ' assalto che gli veniva da gente di fuori ? E chi fosse riuscito a salvarsi da quelle mani , in quali boschi , in quali tane , senza cure , solo , disperato sarebbe andato a finire ? Si fantasticavano cose orrende . Eppure l ' aria del tempo , la fede in Garibaldi e una certa voluttà di andare a patire per una grande idea , faceva vincere anche quelle tetre preoccupazioni . E appunto , qual era allora lo spirito dell ' esercito del Borbone ? A sentir gli esuli siciliani e napoletani , in quell ' esercito v ' erano dei generali , dei colonnelli , persin dei vecchi capitani , che sapevano bene quanta era stata la gloria dei loro padri . Da fanciulli li avevano visti tornare dalle guerre napoleoniche di Spagna e di Russia , dopo aver empito il mondo delle loro geste e dei loro nomi . Nel 1815 li avevano visti sotto re Gioachino tentar l ' impresa di cacciar l ' Austria dalla Lombardia . Nel 1848 avevano marciato essi stessi alla guerra quasi fino al Po ; erano tornati indietro afflitti , quando il loro Re spergiuro li aveva richiamati ; e quelli che non avevano ubbidito ed erano andati a Venezia , vi si erano fatti ammirare . Pepe , Ulloa , Rossarol ! Appresso , a sentir le risorte glorie dei Piemontesi in Crimea e poi quelle recenti del 1859 , dovevano aver patito di non essere stati mandati a quella bella guerra , fatta per cacciare lo straniero . E così forse era entrato nell ' animo dell ' esercito lo scontento . Ma in quel momento non si sapeva se amassero o odiassero . Forse contro i piemontesi avrebbero combattuto fieramente , se ne fossero scesi nel Regno a guerra di Re : ma contro Garibaldi avrebbero combattuto solo per disciplina . Dovevano anche trovarsi nelle file molti ai quali quel nome incuteva sgomento . Non era egli colui che undici anni avanti si era fatto conoscere a Velletri e a Palestrina , quando i napolitani erano marciati su Roma per rimettere il Papa in trono ? Insomma , bene bene non si sapeva nulla dello spirito vero dell ' esercito laggiù : certo , a volerlo giudicare dalle opere contro la Sicilia , doveva essere feroce ancora come era stato nel '48 . Ma si sarebbe visto alla prova cosa valessero quelle milizie in cui ufficiali e sott ' ufficiali avevano quasi tutti grossa famiglia ; e si sarebbero visti anche gli stranieri mercenari che non si chiamavano più svizzeri , ma di svizzeri erano formati e di bavaresi e d ' austriaci , d ' un po ' d ' ogni gente . In quanto alla marineria , saperne qualcosa sarebbe stato più interessante . Ma neppur essa si conosceva guari . Però degli ufficiali malcontenti ve ne dovevano essere ; e anzi , alcuni dicevano che quelli del Fieramosca , quando nel gennaio del '59 avevano scortato a Gibilterra i grandi cittadini del Regno liberati dalle galere ma condannati alla deportazione , erano stati visti con le lagrime agli occhi e il dolore sul viso . Così dicevano i meridionali profughi antichi o recenti dal Regno . Tra essi i Siciliani erano i più ardenti . Parlavano della loro isola , facendone ritratti vivissimi coll ' immaginosa parola . I loro Vespri parevano un fatto recente . Conoscevano la storia della loro indipendenza dai Vespri fino al 1735 , come se l ' avessero vissuta ; si vantavano di aver avuta da quell ' anno bandiera e amministrazione distinta dalla napolitana , e Parlamento proprio : tutte cose confermate nella Costituzione del 1812 , quando i Borboni , perduto il continente , si erano rifugiati laggiù e vi avevano trovato sicurezza , protetti dalla generosità del popolo e dall ' Inghilterra . Ma essi , tornati sul trono di Napoli , avevano poi tradito tutto , e cominciato a offender l ' isola e il suo popolo , chiamandola negli atti pubblici : " Terra di là dal faro " , quasi come a dire paese barbaro . Onde le sue rivoluzioni del '20 e del '48 , e un odio crescente sempre e tanto , che l ' isola si sarebbe messa sotto l ' Inghilterra , la Russia , la Francia , sotto chi si fosse che l ' avesse voluta , pur di esser levata da dipender da Napoli . Ora quella passione si rivolgeva all ' Italia , a chiamar lei , l ' Italia del nord che doveva ascoltarla . E Garibaldi dov ' era , che cosa faceva ? Garibaldi e Cavour . Garibaldi stava in Torino alle prese col Conte di Cavour , perché avvenuta la cessione di Nizza alla Francia , credeva che egli la avesse patteggiata fin dal '57 , quando aveva concertato con Napoleone l ' aiuto militare del '59 . Invece la cessione era seguita per una soperchieria di Napoleone , che oltre la Savoia , per non opporsi all ' annessione dell ' Emilia e della Toscana al regno di Vittorio Emanuele , aveva voluto anche Nizza . Cavour aveva fatto di tutto per salvarla , ma non v ' era riuscito ; e Garibaldi pareva contro di lui implacabile . Ma il 7 aprile gli capitarono a Torino il Bixio e il Crispi , i quali " a nome degli amici comuni per l ' onor della rivoluzione , per carità della povera isola , per la salute della patria intera , " lo pregarono di mettersi a capo di una spedizione e di condurla in Sicilia . E Garibaldi che forse meditava un moto popolare in Nizza stessa , per salvarla lui se Cavour non aveva potuto ; messo in disparte questo e ogni suo pensiero , accettò e decise di far l ' impresa . Par quasi certo che Egli n ' abbia parlato con Vittorio Emanuele e che n ' abbia avuti incoraggiamenti . Però il Re , il 15 aprile , volle ancora scrivere al Cugino di Napoli che era " giunto il tempo in cui l ' Italia poteva esser divisa in due stati potenti , uno del Settentrione l ' altro del Mezzogiorno : che Egli pel bene suo lo consigliava di abbandonare la via fino allora tenuta : e che se ripudiasse il consiglio , presto egli , Vittorio Emanuele , sarebbe posto nella terribile alternativa o di mettere a pericolo gli interessi più urgenti della stessa sua propria dinastia , o di essere il principale strumento della rovina di lui . Qualche mese che passasse ancora senza che egli si attenesse all ' amichevole suggerimento , egli , il Re di Napoli , sperimenterebbe l ' amarezza delle terribili parole : troppo tardi . " E scritto così , Vittorio Emanuele partì lo stesso giorno 15 aprile pel suo viaggio trionfale in Toscana e nell ' Emilia , dove andava per la prima volta da Re . * La sera di quel 15 aprile Garibaldi si presentò improvviso alla Villa Spinola nel territorio di Quarto , allora ignoto borgo poco discosto da Genova , sulla riviera orientale . In quella villa se ne stava Augusto Vecchi esule Ascolano , suo antico ufficiale di dieci anni avanti , alla difesa di Roma . - Buona sera , Vecchi ; vengo come Cristo a trovare i miei apostoli , ed ho scelto il più ricco , questa volta . Mi volete ? - Per Dio , Generale , e con piacere immenso ! - Pare una pagina romanzesca , ma allora appunto cominciava il periodo in cui le cose più vere ebbero l ' aria di fantasie . In quella villa il Generale si stabilì , e vi chiamò i suoi . Per andare in Sicilia occorrevano armi , ed egli senz ' altro mandò in Milano a prenderne di quelle già comprate col fondo del milione di fucili , fatto raccogliere da lui per sottoscrizione nazionale . Sennonché là , Massimo d ' Azeglio , governatore , non solo rifiutò di concedere che se ne portasse via una parte , ma le fece mettere tutte sotto sequestro . Scrisse poi d ' aver temuto che quelle armi finissero in tutte altre mani che quelle di Garibaldi , certo temeva di Mazzini , ma in quel momento l ' atto suo diede grandemente da sospettare che il Governo fosse avverso a ogni impresa garibaldina . Veramente il Conte di Cavour desiderava proprio più che mai che la spedizione non si facesse . Temeva che Garibaldi , una volta mosso si lasciasse trasportare dal suo vecchio pensiero di Roma , e invece che in Sicilia andasse a sbarcare su qualche parte della costa pontificia , senza riguardo al pericolo di tirare addosso a sé e al Regno una guerra dalla Francia . Sperava , anzi , che ogni cosa sfumasse . Il 24 aprile mandò apposta il colonnello Frapolli da Garibaldi , per indurlo ad abbandonare ogni disegno ; e il Frapolli , amico del Generale , gli parlò delle difficoltà che si opponevano ad una discesa nell ' isola o nel continente . Gli ricordò persino le tragedie di Murat , dei Bandiera , di Pisacane . Non si sa che viso facesse il Generale a tali moniti del Frapolli , ma certo è che questi tornò a Torino da Cavour , persuaso che Garibaldi non partirebbe . E , in verità , il Generale era già inclinato a rompere ogni preparativo , perché dalla Sicilia aveva notizie non buone . Ondeggiò tutti quei giorni pensando alla tremenda responsabilità di una catastrofe . Il 27 gli giunse un telegramma da Fabrizi da Malta , quasi lugubre : " Completo insuccesso nelle provincie e in Palermo ; molti profughi raccolti dalle navi inglesi giunti in Malta . " Così diceva il telegramma . E la parola del Fabrizi valeva quella che Garibaldi stesso avrebbe detto . Era un vecchio patriota di quelli sfuggiti nel 1831 alle forche di Modena ; e sempre poi aveva vissuto in esilio a onorare l ' Italia e a farla stimare dagli stranieri . Egli non poteva che dire la verità . E perciò Garibaldi deliberò di lasciar andar tutto , e di tornarsene nella sua solitudine di Caprera : anzi , diede ordine di tenergli un posto sul vapore che doveva partire il 2 maggio per la Sardegna . Cavour lo seppe , e scrisse a Napoleone che ormai di una impresa di Garibaldi non c ' era più da temere . Ma allora si erano fatti attorno al Generale tutti i più ostinati a voler andare in Sicilia : Bertani , Bixio , Crispi e tanti altri minori , che nella Villa Spinola tennero con lui una specie di gran Consiglio , il 30 aprile , anniversario della sua bella vittoria del '49 , contro i francesi , sotto Roma . In mezzo a quel consesso , tra i discorsi roventi di quei patrioti , come uomo ispirato da una luce improvvisa , Garibaldi balzò su d ' un tratto a dire : " Partiamo . Ma subito , domani ! " Domani era troppo presto : bisognava pensare ad avere i legni da navigare ! Ma insomma un po ' di giorni , tre o quattro , sarebbero bastati . Intanto quegli operosi avrebbero raccolta la gente da fuori . Dacché egli aveva detto : " Partiamo , " lasciasse fare , che ad eseguire c ' era chi ci pensava . Il Conte di Cavour , ignorando quella nuova deliberazione , era partito il 1 maggio per Bologna , a raggiungervi nel giro trionfale il Re , cui sperava di strappare l ' ultima parola che impedisse a Garibaldi ogni tentativo d ' allora e di poi . Narrano gli intimi del Conte e del Re che si trovavano con essi in Bologna , avere il Cavour manifestato fin l ' intenzione di fare arrestar Garibaldi , se si fosse ostinato a tentar qualche cosa , e d ' andar egli stesso a porgli addosso le mani , se non si trovasse chi avesse l ' ardimento di farlo . E sarà vero , perché allora egli temeva troppo che l ' Imperatore dei Francesi , credendosi canzonato da lui , pigliasse qualche violenta deliberazione contro l ' Italia . Ma ormai alla forza delle cose neppur egli poteva più resistere . E saputo ciò che a Genova si faceva , stette col Re a Bologna , per non tornare a Torino in quei giorni a farsi tormentare dalla diplomazia . Però prese le sue precauzioni . E temendo sempre che Garibaldi volesse fare un colpo contro Roma , ordinò alla divisione navale del contrammiraglio Persano d ' andare in crociera tra Capo Carbonara e Capo dello Sperone a Sant ' Antioco , o , in altre parole , dinanzi al Golfo di Cagliari . Gli ingiungeva però di non " adoperar le macchine " ; e che cosa intendesse di voler dire con ciò non si sa bene ora , né lo seppe allora forse neppure il Persano . Poi non tornò a Torino se non la sera del 5 maggio , e là , da Genova , gli piovvero le notizie . Che fare ? Adesso non c ' era altro che lasciar fare ; e giacché la spedizione non si poteva più impedirla senza che sorgessero chi sa quali guai nel paese , pensò subito di mettersi sul gioco di dominarla , e di rispondere alle proteste che lo avrebbero tempestato . Genova nel gran giorno In Genova , sin dagli ultimi di aprile , stavano già molti dei più vogliosi di partire per la Sicilia , e altri ve ne furono chiamati nei primi tre giorni di maggio . Per le vie di quella città tutta lavoro , dove la gente va attorno sempre con l ' aria di chi non ha tempo da perdere , quei forestieri che riempivano i caffè e le passeggiate stonavano alquanto . Ma forse nessuna città era adatta come Genova a farvi quell ' adunata e a servir di copertura al Governo . Il quale così , negli ultimi momenti , poté far bene le viste di non accorgersi di nulla , proprio come se nulla vi fosse , e tutto pareva inteso , consentito , voluto dalla città intera , ma con somma prudenza . Il 5 maggio ogni cosa era pronta . Allora Garibaldi scrisse al Re cominciando : " Il grido di sofferenza che dalla Sicilia arrivò alle mie orecchie , ha commosso il mio cuore e quelle d ' alcune centinaia dei miei vecchi compagni d 'arme." Pareva che volesse rammentare a Vittorio Emanuele che l ' anno avanti egli per il primo , nel suo discorso del 10 gennaio in Parlamento , aveva trovato la espressione giusta come un ' eco delle " grida di dolore " giunte a lui da ogni parte d ' Italia . E soggiungeva di saper bene a quale impresa pericolosa si sobbarcava , ma che poneva confidenza in Dio e nella devozione dei suoi compagni . Prometteva che grido di guerra sarebbe l ' unità nel nome di Lui , Vittorio ; e sperava che se mai l ' impresa fallisse , l ' Italia e l ' Europa liberale non dimenticherebbero che era stata determinata da motivi puri affatto da egoismo . Disse , che riuscendo , un nuovo e brillantissimo gioiello avrebbe ornato la corona di Lui ; ma non celava l ' amarezza sua per la cessione della sua terra natale . E , certo per non compromettere il Re , finiva scusandosi di non avergli detto il suo disegno , per tema che egli lo dissuadesse dal fare quel passo . Mesta e solenne lettera , nella quale era serenamente espresso il dubbio e la speranza e il sentimento dell ' ora . Spiace in essa quel tanto che c ' è di finzione : ma insomma , i tempi erano tali , da giustificare questo ed altro . Il Generale scriveva pure all ' Esercito italiano , esortando ufficiali e soldati a star saldi nella disciplina , a non abbandonare le fila per seguir lui . Scriveva all ' Esercito napolitano per ricordare ai figli dei Sanniti e dei Marsi che erano fratelli dei soldati di Varese e di San Martino . E anche non dimenticava i Direttori della Società dei Vapori Nazionali , cui nella notte doveva menar via il Piemonte e il Lombardo , scusandosi di quell ' atto di violenza , e raccomandandoli al paese perché rimettesse qualunque danno , avaria o perdita che loro potesse seguirne . In tutte quelle lettere e in parecchie altre di quel giorno , una frase qua un ' altra là rivelavano un sentimento sicuro ma anche una misteriosa tristezza . Il 5 maggio 1860 . La sera di quel 5 maggio , coloro che erano destinati a partire , ricevuto un ordine aspettato tanto , quale da solo quale con qualche amico , come se andassero a diporto , così consigliati per non dar nell ' occhio alla polizia , cominciarono a uscir da Genova per la Porta Pila , sulla via del Bisagno . Andavano alla Foce o a Quarto , secondo che loro era stato detto . E trovavano sul loro cammino folle di cittadini di ogni classe , donne , uomini , che senza parere davano loro l ' augurio , e ciascuno un poco dell ' anima sua . Nino Bixio scese al porto . " Là - scrive il Guerzoni - in una andana tra il Lombardo e il Piemonte e proprio costa a costa tanto da toccarsi coi due vapori , riposava una vecchia carcassa di nave condannata da tempo , che chiamavano " Nave Joseph " . Bixio nella sua mente ne aveva fatta la prima base di operazione di tutta la mossa . Già da parecchi giorni la Joseph andava ricevendo a poco per volta delle casse misteriose , degli involti sospetti , che avevano le più strane somiglianze di casse da munizioni e d ' involti di fucili ... Bixio aveva ordinato che per la sera del 5 maggio tra le nove e le dieci , una quarantina d ' uomini si raccogliessero in silenzio su quella nave , e stessero ad aspettare la sua venuta e i suoi ordini . Gli uomini erano parte marinai fedeli , parte volontari ma del fiore . Alle nove e mezzo arrivarono sulla Joseph Bixio e lo scrittore di queste pagine . Appena a bordo Bixio cavò di tasca un berretto da tenente - colonnello , se lo calò sulle orecchie , e disse : - Signori , da questo momento comando io , attenti ai miei ordini . - E gli ordini furono : buttarsi col revolver in pugno sui vicini vapori , fingere di svegliarvi la gente di guardia , fingere di costringere i fochisti ad accendere , i marinai a salpar l ' ancora , i macchinisti a prepararsi al loro mestiere , sgombrare , pulire il bastimento , allestirlo in fretta per la partenza . E così fu fatto nel massimo ordine e silenzio , e non senza accompagnare di molti sorrisi quella farsa con cui quella epopea esordiva . Fra tutte queste operazioni se ne andarono quattro o cinque ore , e già i primi chiarori dell ' alba cominciavano a rompere dalla punta di Portofino . Bixio era inquieto e principiava a perdere anche quell ' ultimo avanzo di pazienza che in quei giorni di febbre e rabbia gli era restato . Finalmente , verso le quattro del mattino tutto era pronto , e i due piroscafi uscirono dal porto , girando verso Quarto , punto designato dell 'imbarco." Ma prima di tirar avanti per Quarto , i due piroscafi si pigliarono su una parte dei Mille , che stava alla foce del Bisagno . Ivi erano avvenute delle scene pietose di questa sorte . Tra quei giovani c ' era un Luzzatto da Udine , cui fu detto che tra la folla si aggirava la madre sua , venuta così da lontano a cercarlo . Voleva benedirlo o tirarselo via da quel cimento ? Il giovanetto le si fece incontro , e le andò tra le braccia ; ma la sua prima parola fu di pregarla a non gli dir di tornarsene , perché a lui sarebbe stato mortale il dolore di partir lo stesso dopo averla disubbidita . Altri padri , madri sorelle andavano tra quei gruppi , pregando , scongiurando , incuorando , e alla fine dando il bacio quasi della morte ; e quando i due vapori apparvero e accolsero quei giovani , chi aveva assistito a quelle scene dovè tornarsene nella città col cuore quasi sollevato . Uguali cose avvenivano a Quarto . Là verso le dieci c ' era folla anche più fitta che alla foce . Tutta la via che si svolge intorno a quel piccolo seno di acque era stipata . Nella villa Spinola entravano , dalla villa uscivano frettolosi uno dopo l ' altro incessanti messaggeri ; a ogni momento si faceva tra la folla gran silenzio , si udiva dire : " Eccolo ! " No , non era ancora Garibaldi . Poi la folla fece un ' ultima volta largo più agitata , tacquero tutti : finalmente era Lui ! Garibaldi attraversò la strada seguìto da Turr e da Sirtori , allora già colonnelli , e per un vano del muricciolo rimpetto al cancello della Villa , discese franco giù per gli scogli . E cominciarono i commiati . Tra gli altri bello e forte è narrare quello di uno Stefano Dapino cui suo padre , vecchio amico di Mazzini e dei fratelli Ruffini , aveva accompagnato fino a quel passo . Quel padre aveva con sé anche un altro figliuolo più giovane . Conversavano tranquilli come se il figlio partisse per una caccia ; poi senza parole , senza sospiri il padre abbracciò il figlio , stettero un poco stretti prima essi due , poi tutti e tre , finché Stefano che aveva alla spalla la carabina , baciò il fratello , gli fece segno come a raccomandargli il padre , si staccò da loro e discese per dove scendevano alle barche i suoi compagni . E quel padre e quell ' altro figlio si persero fra la folla , portando alla casa lieta di altre gioie , ricchezza , bellezza , onore , quell ' amara gioia d ' esser stati a quella fortissima prova . Piccole cose tra le grandi , nelle ore dell ' attesa , qua e là per e vie di Quarto , sugli usci delle casupole , quelli che dovevano partire si sentivano dare dai pescatori , dai marinai , certi consigli semplici , ma d ' amore . Avete mai navigato ? - No . - Se temete di avere il mal di mare , appena a bordo , coricatevi supino e state sempre così , non patirete . - Se vi daranno del biscotto mangiatene poco , e bevete poi pochissimo , se no guai ! - Sbarcherete in Sicilia , oh sbarcherete ! Ma , ... vini traditori laggiù ! - E la gente ? - Come noi ... però molto facili a tirare ... Ma chi la rispetta ... Soprattutto la famiglia bisogna rispettare laggiù ... Ma voi avrete altro pel capo ... Coraggio ! - A poco a poco tutti discesero nelle barche , queste presero il largo . Verso le undici , d ' una di queste già più in alto , si udì una voce limpida e bella chiamare " La Masa ! " E un ' altra voce rispose : " Generale ! " Poi non si udì più nulla . E su quell ' acqua stetterro le barche a cullarsi aspettando . Quelli che v ' erano su parlavano del Governo , di Cavour , di Vittorio Emanuele , dell ' accordo , del disaccordo tra loro e Garibaldi e della finzione ; e siccome le ore passavano , i più cominciavano a temere che i vapori non venissero , e che si dovesse tornare a terra mortificati , fors ' anche a farsi arrestare . Oh quel Cavour ! La voleva vincer lui ! Ma quando furon visti i segnali rossi e verdi dei due legni , e poi i legni stessi venir con già a bordo la gente che v ' era stata imbarcata alla foce : quelle barche scoppiarono di grida di gioia . In un lampo vogarono ai due legni ; e in meno di mezz ' ora , chi sul Lombardo , chi sul Piemonte , quell ' altro mezzo migliaio di uomini furono su , come ognuno seppe ingegnandosi ; braccia , ganci , scale , corde , tutto fu buono a salirvi . La Partenza Bellissima fu l ' alba di quella domenica 6 maggio 1860 . Il mare , un po ' mosso durante la notte , si era chetato . Da bordo , a guardare indietro , si vedevano la collina del Bisagno , là , cupa nella fredda ombra ; e lontano , profilati nell ' azzurro , azzurro anch ' essi , i monti lungo la riviera d ponente che sfumavano via via verso Savona fin dove se ne perdevano le forme . Le cittadette e le borgate di quella riva biancheggiavano appena , e mettevano degli strani sensi di desiderio domestico nella gioia della partenza . Ma quando i due vapori sbuffarono e i mossero , a vederselo dinanzi , là a prua , il promontorio di Portofino pareva dire : " Venite pure , oltre me lontana , molto lontana , sta la terra misteriosa , che andate a cercare . " Dalle navi , rispondevano all ' invito quelle mille anime ; vecchi amici , compagni d ' armi che , cercandosi un posto a bordo , s ' incontravano , si abbracciavano e : - Anche tu ? E tu ? E tu ? - gioia d ' amarsi meglio per aver sentito e voluto fare una stessa gran cosa . Ma ci fu un momento che dai due vapori Garibaldi e Bixio si scambiarono coi portavoce delle non liete parole . Diceva Garibaldi a Bixio : - Quanti fucili avete a bordo ? - Mille e cento . - E di munizioni ? - Nulla - E le barche di Bogliasco ? Per guardar che si guardasse non si scoprivano da nessuna parte le barche di cui il Generale chiedeva , e che si dovevano trovare in quelle acque ad aspettare i due vapori . Eppure quelle barche avevano nella notte imbarcate le armi e le munizioni raccolte a Bogliasco ! Dunque si doveva star là tanto che comparissero ? E se in Genova il Governo , destato a forza dalle grida di qualche Console , dovesse di necessità accorgersi che dal porto erano stati menati via i due vapori ? Se fosse costretto a spedir una delle sue navi da guerra a catturarli , a ricondurli nel porto , quando mai si potrebbe poi ritentare l ' impresa ? Non era di quelle che si fanno due volte . Il generale Turr che in quel momento stava vicino a Garibaldi , narra che questi " rimase qualche tempo meditabondo , che poi alzò verso il cielo il capo dicendo : ' Anderemo avanti egualmente ! ' E che , stato un altro poco , ordinò di navigare verso Piombino . " * Ora ecco ciò che era avvenuto . La sera avanti un manipolo di giovani genovesi , scelti dal Bixio e dall ' Acerbi , erano stati mandati al ponte di Sori . - Là - aveva lor detto Bixio - troverete due uomini coi quali vi riconoscerete questa parola d ' ordine che vi do . Essi vi consegneranno le casse raccolte a Bogliasco ; con quelle vi metteranno nelle barche , e vi condurranno , come siamo intesi , a trovarci . - Chi erano i due uomini ? A qualcuno di quel giovani balenò il dubbio che potessero essere quegli stessi che già nel 1857 avevano guidate le barche comandate da Rosolino Pilo , cariche dei fucili e delle munizioni per Pisacane , che doveva passar sul vapore Cagliari . Quegli uomini avevano menato pel golfo il povero Rosolino così male , che egli e il gruppo di esuli che aveva seco non erano riusciti a trovar il vapore su cui Pisacane magnanimo aveva continuato senz ' armi la sua avventura . Ora se quegli uomini erano forse gli stessi di allora ? I giovani mandati dal Bixio a Sori avevano ragione di volersi accertare e ne domandarono i nomi . - A voi non ispetta per ora sapere né il nome né chi vi guiderà - disse Bixio - né dove incontrerete i vapori : andate ; tutto , si spera , andrà a seconda . - Allora la gioventù aveva imparato a ubbidire fortemente , e quei giovani si recarono a Sori , dove trovarono i due uomini , che erano proprio quelli dei quali avevano dubitato . Tuttavia si imbarcarono essi e ogni cosa . Ma di quei due uomini che dovevano guidarli in mare , uno si era già allontanato , e l ' altro non volle entrare con loro in nessuna barca . Lo pregarono , lo supplicarono e persino lo minacciarono , ma egli si slanciò in un leggerissimo canotto a due remi , e celerissimo si allontanò , gridando che lo seguissero alla luce del fanale che stava accendendo sulla sua poppa . Il fanale stette acceso una ventina di minuti , poi si spense ; e per quanto quei giovani gridassero dietro a quell ' uomo , egli non si fece più vivo . Sperarono che tornasse , passarono le ore ; e intanto i rematori , tutti di Conegliano , vogarono al largo verso ponente . Benché fosse notte alta , i giovani si accorsero di esser condotti male ; ma i barcaiuoli giurarono di aver avuto l ' ordine di andar allo scoglio detto di Sant ' Andrea presso Sestri Ponente , che là avrebbero trovato i vapori e che là i due uomini li avrebbero raggiunti . Durarono così molte ore , finché sicuri di essere ingannati costrinsero i barcaiuoli a volgersi verso levante , e quando fu l ' alba videro da lontanissimo due vapori verso Portofino . Indovinarono che vapori erano ; e allora ( l ' espressione è di uno di loro che ne scrisse pochi anni dipoi ) , il loro dolore fu immenso come il mare . Intanto i due uomini , i due traditori che gli avevano ingannati , erano stati tutta la notte a scaricare mercanzie di contrabbando , sete e coloniali ; certo approfittando del fatto che i doganieri lungo le rive o non v ' erano o facevano cattiva guardia , per ordini avuti di non disturbar nessuno quella notte di misteriosa faccenda . Se Bixio che aveva dato gli ordini a quei giovani , sicuro nella sua fierezza di mandarli a gente dabbene , avesse potuto avere quei due ribaldi là sul suo ponte , chi sa qual pena avrebbe loro inflitta ! Egli era uomo da metterseli sotto i piedi , o da impiccarli all ' albero della sua nave , come anticamente si faceva ai pirati . L ' Ordine del giorno Dunque i due vapori navigarono via verso Piombino . E tutto il 6 e la notte appresso e la mattina del 7 , non ebbero incontri . I volontari che a poco a poco si erano messi al posto che ognuno aveva saputo trovarsi , e sopra coperta o sotto nelle sale dei vapori , passavano le ore dormendo , conversando , leggendo . Ma a mezza mattina quelli che stavano sul Lombardo , furono chiamati in coperta , dove dal ponte di comando fu loro letto l ' ordine del giorno . Diceva così : " La missione di questo corpo sarà , come fu , basata sull ' abnegazione la più completa davanti alla rigenerazione della patria . I prodi Cacciatori delle Alpi servirono e serviranno il loro paese con la devozione e la disciplina dei migliori militanti , senz ' altra speranza , senz ' altra pretesa che la soddisfazione della loro intemerata coscienza . Non gradi , non onori , non ricompense allettarono questi bravi ; essi si rannicchiarono nella modestia della vita privata , allorché scomparve il pericolo ; suonando l ' ora della pugna , l ' Italia li rivede ancora in prima fila , ilari , volenterosi , e pronti a versare il sangue loro per essa . Il grido di guerra dei Cacciatori delle Alpi è lo stesso che rimbombò sulle sponde del Ticino , or sono dodici mesi : ' Italia e Vittorio Emanuele ' , e questo grido pronunciato da voi metterà spavento ai nemici d 'Italia." Quella lettura destò qualche mormorio qua e là tra le gente del Lombardo ; ma la nobiltà dei certe frasi e il nome del Generale che le parlava , imponevano silenzio ad ogni passione . Il motto ' Italia e Vittorio Emanuele ' scontentava moltissimi , i quali , repubblicani di fede , non avrebbero voluto sentirsi legare da quelle parole . Ma non vi furono gravi rimostranze . A quell ' ora stessa , lo stesso ordine del giorno era letto sul Piemonte e vi faceva lo stesso effetto . A Talamone Intanto i due vapori costeggiavano quasi la terra . Pareva già passato tanto tempo dalla partenza , che i meno esperti , vedendo una torre su cui sventolava la bandiera tricolore , credettero di esser già in Sicilia , e che quella fosse la bandiera della rivoluzione trionfante . Ma non erano che in Toscana . Quella torre e quel gruppo di case che le stavano intorno , si chiamavano Talamone . E quando le navi furono là vicinissime , fu vista una barca vogare loro incontro : e nella barca stava un ufficiale con in capo un enorme cappello a feluca , che non lasciava quasi vedere un altro ufficiale che quello aveva seco . Erano i comandanti del forte e del porto . Scambiarono dei saluti col Piemonte , vi montarono su , vi si trattennero un poco con Garibaldi , poi tornarono nella loro barca ; e poco appresso i due vapori gettavano l ' ancora in quel porto . Ivi , alla lesta , Garibaldi discese a terra col suo stato maggiore , vestito da generale dell ' esercito piemontese , come l ' anno avanti in Lombardia , e come se fosse in terra sua fece sbarcare i Mille . Il villaggio fu invaso . Quei poveri abitanti , marinai , pescatori , carbonai della Maremma , si trovarono con le case messe sossopra da quella gente che pagava , ma voleva mangiare . Forse pensavano che anticamente così s ' erano visti invasi i loro padri dai corsari ; ma saputo chi erano quei forestieri e l ' uomo che li conduceva , si sbrigavano con gioia per contentarli . Garibaldi undici anni avanti era passato per la Maremma , e vi aveva lasciato la sua leggenda . Intanto , tra quei volontari , i più vaghi delle cose belle contemplavano il paesaggio . A guardare il mare vedevano l ' Elba , la Pianosa , Montecristo , il Giglio , quasi in vasto semicerchio come a una gran danza : a guardar verso terra , vedevano il monte Amiata , e i più colti indovinavano in quelle lontananze Santafiora e Sovana , nomi pieni di storia . Tra l ' Amiata e il mare , faceva tristezza un lembo della Maremma infelice . Là doveva essere Orbetello , fortezza dell ' antico Stato dei Presidii fondato da Carlo V , quando spenta la repubblica di Siena e dato il suo territorio a Cosimo de ' Medici , volle tenere per sé quel lembo di dominio , diffidando certo del popolo senese e più del fiorentino che aveva fatto la meravigliosa difesa nel 1530 contro le sue milizie . Ora quel lembo di terra , dopo vicende molte , era toscano , italiano , libero . Era stato anche del Re di Napoli fino al 1805 . Ecco che ora vi faceva sosta Garibaldi , per pigliarvi , se si può dir così , l ' abbrivio , a levar via dal trono gli eredi di quei Re . In faccia a Talamone verso sud , forse a dieci chilometri di mare , i contemplatori ammiravano il monte Argentaro selvoso sulle sue cime , che guardate da quell ' umile spiaggia parevano eccelse . Gli stava ai piedi la cittadetta di Santo Stefano . Ricordo allora quasi fresco , ivi , nel 1849 , s ' era fatto portare da Talamone in una barca da pescatori Leopoldo II , fuggito da Firenze con la sua famiglia . Da Santo Stefano con ignobili infingimenti , ingannati i toscani , era poi partito per Gaeta , dove aveva cospirato per far venire gli Austriaci in Toscana . E gli Austriaci lo avevano servito a rimetterlo in trono . Ma adesso erano appena passati undici anni , si era avverata la minaccia fattagli dai più nobili uomini del paese ; ed egli da un anno se n ' era dovuto andar via per sempre . In un gruppo d ' eruditi raccolti all ' ombra di un ciuffo di olivi , a ridosso di Talamone , si parlava d ' una battaglia vinta là attorno dai Romani contro i Galli Cesati . Quarantamila morti ! Ma come mai tanta strage con l ' armi d ' allora ? Certo doveva avvenire nell ' inseguimento dei vinti . E dai Galli passavano a dir di Mario . Anche Mario reduce da Cartagine per tornarsene a Roma , era sbarcato lì a Talamone . Ora Garibaldi non era quasi un Mario buono ? E Roma non era il suo pensiero ? Se gli fosse venuto in mente di andare anch ' egli di là a Roma ! Non era egli il Generale della repubblica romana ? Erano ardenti discorsi . Ma , a questo proposito , nascevano in quello e anche in altri gruppi discussioni vive sull ' ordine del giorno udito a bordo il mattino . Molti non si sapevano liberare da certo scontento che aveva lasciato loro il motto monarchico ; ma la disciplina volontaria era forte . Difatti si staccarono poi dalla spedizione e se ne tornarono di là alle loro case , soltanto sei o sette giovani cari . Seguivano il sardo Brusco Onnis che del motto ' Italia e Vittorio Emanuele ' era rimasto quasi offeso . Repubblicano inflessibile , si era imbarcato a Genova sperando forse che Garibaldi , una volta in mare , si ricordasse d ' essere anche egli repubblicano ; ma deluso , ora se ne andava , e se ne andavano con lui quei pochi , però senza che fosse fatto a loro nessun raffaccio . Rinunciavano per la loro idea ad una delle più grandi soddisfazioni che cuor d ' allora potesse avere , e il sacrificio meritava rispetto . I Mille Ma cosa si stava a perder tempo in Talamone , mentre in Sicilia la rivoluzione pericolava , e si poteva , giungendovi , trovarla spenta ? Questo lo sapeva Garibaldi . Intanto su quella spiaggia i Mille si vedevano bene tra loro la prima volta , come in una rassegna . Ora , chi parla di quei tempi e di quelle cose , dice presto : il 1860 , la Sicilia insorta , il gran nome di Garibaldi , quello di alcuni suoi illustri , la partenza da Quarto , la traversata maravigliosa , lo sbarco a Marsala , Calatafimi , Palermo e la liberazione finale ; due o tre date e un numero d ' uomini , pochi più di Mille , e per la storia in grande è quasi tutto . Ma quei Mille chi erano ? Che cosa erano ? Non certo una specie di compagnia di ventura all ' antica ; non una parte di vecchio esercito costituito , staccata a scelta o per caso ; nessuna legge li obbligava , non erano soldati di professione , non avevano tutti quella media di età che di solito hanno i soldati ; non una cultura comune ed uguale , e nemmeno una divisa uniforme . Vestivano quasi tutti alla borghese e alle diverse fogge , dalle quali , a quei tempi , si riconoscevano ancora a qual regione d ' Italia e a qual classe sociale uno appartenesse . E parlavano quasi tutti i dialetti della penisola . Erano , per dir così , parte dell ' esercito popolare militante di cuore nel partito rivoluzionario : vecchi , figliuoli di giacobini , di napoleonidi , di Murattisiti ; uomini di mezza età , educati dalla Giovane Italia , tra le congiure e le insurrezioni ; giovani nei quali la letteratura classica e la romantica s ' erano fuse in una bella temperanza a fecondare l ' amor di patria . Con essi , degli artigiani che dalle diverse scuole politiche e dai fatti belli dell ' ultimo decennio , erano stati destati al concetto della nazione . Di loro fu subito detto che erano eroi favolosi , pazzi sublimi , ed altre simili iperboli , e anche delle ingiurie . Invece di volenterosi com ' essi ve n ' erano in Italia a migliaia ; ma ad essi intanto era toccata quella fortuna . Uno che vi era e dei migliori , scrivendone poi nella vita di Garibaldi , con quattro pennellate alla brava disse che erano un popolo misto " di tutte le età e di tutti i ceti , di tutte le parti e di tutte le opinioni , di tutte le ombre e di tutti gli splendori , di tutte le miserie e di tutte le virtù " e vi notò " il patriota sfuggito per prodigio alle forche austriache e alle galere borboniche , il siciliano in cerca della patria , il poeta in cerca d ' un romanzo , l ' innamorato in cerca dell ' oblio , il notaio in cerca di un ' emozione , il miserabile in cerca d ' un pane , l ' infelice in cerca della morte : mille teste , mille cuori , mille vite diverse , ma la cui lega purificata dalla santità dell ' insegna , animata dalla volontà unica di quel Capitano , formava una legione formidabile e quasi fatata . " Così li ritrasse il Guerzoni , caro al Generale e vivido ingegno , e fu felice pittore . Narrar di loro , descriverne gli aspetti , farne rivivere la fisionomia morale , resuscitare coi ricordi i loro sentimenti e quelli dell ' epoca ora quasi estinti , è un giusto servigio che vuole essere reso alla storia . La quale si avvia a non più fermarsi solo nelle reggie per trovarvi le dinastie , o nei campi per descriver battaglie e celebrare capitani ; ma già accoglie nelle sue pagine il personaggio popolo , che ai fatti col proprio sangue e col proprio danaro dà il cuore . E il cuore governa il mondo , e il sentimento fa i veri miracoli della storia . * A colpo d ' occhio , si poteva dire che per un quarto quei Mille erano uomini fra i trenta e i quarant ' anni e per un altro bel numero tra i quaranta e i cinquanta ; forse dugento stavano tra i venticinque e i trenta . Gli altri , i più , erano tra i diciotto e i venticinque . Di adolescenti ce n ' erano una ventina , quasi tutti bergamaschi . Alcuni qua e là tra quei gruppi parevano trovarvisi per curiosità , perché , vecchi oltre i sessanta ; e invece vi stavano a spendere le ultime forze di una vita tutta vissuta nell ' amore della patria . Il vecchissimo passava i sessantanove , aveva guerreggiato sotto Napoleone e si chiamava Tommaso Parodi da Genova ; il giovanissimo aveva undici anni , si chiamava Giuseppe Marchetti da Chioggia , fortunato fanciullo cui toccava nella vita un mattino così bello ! Seguiva il medico Marchetti padre suo , che se l ' era tirato dietro in quell ' avventura . In generale , certo più della metà erano gente colta ; anzi si può dire che soldati più colti non mossero mai a nessun ' altra impresa . Alcuni di essi , i vecchi , avevano combattuto nelle rivoluzioni del '20 del '21 del '31; molti nelle guerre del '48 e del '49 e nelle insurrezioni di poi . Nella guerra del 1859 avevano militato quasi tutti , volontari nei reggimenti piemontesi o tra i Cacciatori delle Alpi sotto Garibaldi . E quasi tutti avevano tenuto il broncio al paese perché , non si era mosso quanto avevano sperato , tanto almeno che il Piemonte non avesse avuto bisogno dell ' aiuto francese . Pronti essi sempre a dar la vita , credevano che tutti dovessero esserlo come loro , e che la rivoluzione bastasse a vincere i grandi eserciti e a far cadere le fortezze . Per essi a ogni modo , quell ' aiuto era stato un gran dolore , perché lo aveva recato Napoleone , che allora chiamavano con forte rancore : ' l ' Uomo del 2 dicembre ' . Ma v ' erano pure certuni che ragionando con la storia per guida , sebbene un po ' da romantici , trovavano che anzi l ' aiuto francese era stato ammenda giusta d ' una colpa antica . Non era stata la Francia di Carlo VIII la causa prima della servitù tre volte secolare d ' Italia ? I francesi del 1494 avevano , per dir così , gettato il dado , provocando altri a giocarsi con loro il possesso d ' Italia : ora , quelli del 1859 erano venuti a riparare il danno fattole dai loro avi . Qualcosa di provvidenziale pareva di vederlo sin nelle date capitali di quella storia . Non era finita la gara antica proprio nel 1559 , con quel tal trattato di Castel Cambresis che , esclusi i Francesi , avevano messo l ' Italia , direttamente o indirettamente , quasi tutta nelle mani degli Spagnuoli ? Ed ecco che dopo trecento anni giusti , la Francia era venuta a strappar la Lombardia dalle mani dell ' Austria , erede in qualche guisa degli Spagnuoli . E giusta era venuta con alla testa un imperatore di sangue italiano ; come era stato un italiano Emanuele Filiberto , colui che trecent ' anni avanti aveva finita la gara antica tra Spagnuoli e Francesi , vincendo per la Spagna a San Quintino . Non era quasi da dire che gli italiani d ' allora si fossero pigliata la sola vendetta possibile contro i Francesi ? Questi per primi li avevano disturbati mentre lavoravano a resuscitare il sapere antico per sé , e per l ' Europa ; ed essi , all ' ultimo , avevano dato il genio di un loro guerriero per farla finita a beneficio del loro nemico , dovesse pure essere poi peggiore di essi . Adesso quell ' Italiano che imperava in Francia ed era venuto con centocinquantamila soldati pareva un riparatore . Anche l ' Europa intera non sembrava fare ammenda di qualche suo vecchio torto ? Se essa gridava ma lasciava che in Italia gl ' italiani facessero ciò che loro sembrava meglio , non poteva dire che si contenesse a quel modo per un tacito consenso di giustizia verso il popolo che trecent ' anni indietro le aveva dato i frutti del proprio studio , l ' arte sua , e per essa aveva scoperto la terra e aperte le vie a studiar il cielo , con Colombo e con Galileo ? * I giovani dai venti ai venticinque anni quasi tutti sentivano in sé , vivi e presenti i fratelli Bandiera con la loro storia , intesa nella prima adolescenza , tra le pareti domestiche , dai padri e dalle madri angosciate . Quell ' Emilio di 25 anni , quell ' Attilio di 23 , disertati a Corfù di sulle navi austriache ; la loro madre corsa invano colà , per supplicarli di smettere il loro disegno d ' andar a morire ; le loro risposte a Mazzini che li consigliava di serbarsi a tempi migliori ; e poi l ' imbarco , il tragitto nell ' Ionio e lo sbarco sulla spiaggia di Crotone , presso la foce del Neto , - che nomi ! - e il primo scontro a San Benedetto coi gendarmi borbonici , e le plebi sollevate a suon di campane a stormo contro di loro gridati Turchi ; e il secondo scontro a San Giovani in Fiore , - poesia , poesia di nomi ! - e l ' inutile eroismo contro il numero , e la cattura e la Corte marziale e le risposte ai giudici vili e la condanna e la fucilazione nel Vallo di Rovito ; tutto sapevano , tutto come canti di epopea studiati per puro amore . E suonava nei loro cuori la strofa amara ed eroica del canto di Mameli : L ' inno dei forti ai forti , Quando sarem risorti Sol li potrem nomar . Un po ' più in qua negli anni , quei giovani avevano sentito il grido di Pio IX : " Gran Dio , benedite l ' Italia ! " andato a suonare fin nei più riposti tugurii . Avevano viste le rivoluzioni nelle quali , troppo fanciulli , non avevano potuto cacciarsi ; e le guerre del '48 e del '49 , e le cadute , e le disperazioni , e le speranze rinate ; e nel '57 la gran tragedia di Carlo Pisacane coi suoi trecento , tra plebi mutatesi anche allora in furie contro di loro andati per redimerle , combattuti , accerchiati , oppressi , morti . Ma dunque tutte le spiaggie del Regno erano tombe aperte per chiunque tentasse di portarvi un po ' di libertà ? Cresceva la febbre in quei cuori . E ve n ' erano che avevano concepito il pensiero di andar laggiù per un ricordo di scuola di qualche anno addietro : un luogo dell ' Odissea e dell ' Eneide ; o il racconto letto in Plutarco della libertà data dai Siracusani ai prigionieri ateniesi , solo per averli sentiti cantare i cori di Euripide ; o un episodio della guerra servile dei tempi romani . E v ' era chi più che delle cose antiche era pieno delle recenti , per aver letto nella storia del Colletta i supplizi del Caracciolo e del Sanfelice , o la fine della repubblica Partenopea nel 1799 . Altri ancora s ' era inebriato dei canti popolari siculi , uditi nella melodia viva di qualche volontario siciliano conosciuto l ' anno avanti nei Cacciatori delle Alpi . Ve n ' era fin uno , e lo narrava , che aveva avuto la spinta a quel passo da un fatto da nulla , ma che sul suo cuore aveva potuto più che la scuola e i libri . Un giorno di luglio dell ' anno avanti , stando egli in Brescia alla porta di uno degli ospedali zeppi ancora dei feriti di Solferino e di San Martino , aveva veduto fermarsi un carro di casse d ' aranci e di filacciche e di bende . Venivano dalle donne di Palermo ! O santa carità della patria ! Dunque in quella terra lontana si pensava a chi pativa per tutti ? E aveva anche inteso dire dai medici che quelle cose erano uscite dall ' isola trafugate , perché , la polizia di laggiù , guai ! Dunque c ' era in Italia una tirannide più cruda di quella dell ' Austria ? Ed egli aveva fatto voto di andare a dar la sua vita laggiù , se mai fosse venuta l ' ora di levar quella tirannide dal mondo . La formazione del piccolo esercito Sapeva Garibaldi ciò che faceva , nè in Talamone stava certo a perdere tempo . Ivi doveva trovare le munizioni da guerra o andar avanti lo stesso a pigliarle in Sicilia al nemico . Ma frattanto vi faceva dar forma alla spedizione , comporre le compagnie combattenti e tutti i corpi che deve avere un esercito per entrar in guerra . Non poteva già scendere in Sicilia alla testa di uno stormo disordinato ! Al suo quartier generale diede per capo il colonnello Stefano Turr che allora aveva trentacinque anni . Da giovane tenente dell ' esercito austriaco , il Turr era passato in Piemonte l ' anno '49; sapeva cos ' era stato il dolore della sua Ungheria e dell ' Italia quell ' anno ; sapeva cosa voleva dire essersi trovato condannato a morte e liberato quasi nell ' ora del supplizio , e cos ' erano le gioie e le ansie del cospiratore nell ' impaziente attesa della riscossa . Aveva combattuto l ' anno avanti sotto Garibaldi in Lombardia , e a Tre Ponti aveva sparso il suo sangue tra i Cacciatori delle Alpi . Bellissimo uomo , alto e diritto , con due gran baffi e un gran pizzo scuri , e occhi pensosi ma vigili e mobilissimi sotto la fronte quadrata a torre . Novecento anni avanti sarebbe stato un fiero capo di quegli Ungheri che vennero a turbare il regno di Berengario ; ma ora , con la gentilezza acquistata dalla sua gente nei secoli e la sua nativa , era un cavaliero che poteva tenere scuola d ' ogni cortesia . Finita quella guerra divenne diplomatico , apostolo di lavoro e di pace . Scavò canali di navigazione nella sua Ungheria , tagliò l ' istmo di Corinto ; va ancora pel mondo gridando all ' umanità la concordia , l ' amore e il bene . Ungherese come il Turr , un po ' più giovane di lui , aiutante anch ' esso del Generale , v ' era il Tukory , che veniva ad offrir l ' ingegno e la vita a quest ' Italia , la quale , nel Cinquantanove , in certa guisa aveva disdetto la fratellanza di sventure e di speranze , che l ' avevano legata fino allora alla patria sua . Diceva egli così senza raffaccio , ma con dolore . Egli aveva militato per la Turchia contro la Russia durante la guerra di Crimea , e s ' era trovato a difendere la fortezza di Kars contro quei soldati dello Czar che nel '49 gli avevano rovinato la patria . Servire un barbaro per odio contro un altro barbaro gli doveva essere stato grande strazio ; ma con Garibaldi a faticare per l ' Italia era quasi felice . Però s ' indovinava che era molto deluso del mondo , e morire come morì poi a Palermo non gli dovette parere amaro . Poi c ' era il Cenni di Comacchio , uomo di quarantatré anni , avanzo di Roma e della ritirata di San Marino ; uno tutto fremiti , che ad averlo vicino pareva di camminar col fuoco in mano presso una polveriera . Amico del Cenni v ' era l ' ingegnere Montanari di Mirandola , anch ' egli avanzo di Roma , che aveva trentott ' anni e ne mostrava cinquanta per la tetraggine che gli avevano impressa le meditate sventure del paese . Anche aveva molto patito nelle carceri di Mantova e di Rubiera . Ma contrasto quasi d ' arte gli stava a lato un senese , che da giovane aveva fatto versi , sembrati al Niccolini degni del Foscolo . Nei suoi ventisei anni bellissimo e forte , era sempre gaio come se gli cantasse un ' allodola in core . Era quel povero Bandi , che cinque ferite di piombo non poterono poi uccidere sul colle di Calatafimi ; e doveva campare ancora trentacinque anni , per essere ucciso quasi vecchio e a ghiado , da uno a lui sconosciuto . E v ' era Giovanni Basso , nizzardo , ombra più che segretario del Generale , ch ' egli aveva visto sublime a Roma , umile ma ancora più sublime da povero candelaio alla Nuova York . E c ' erano il Crispi , allora poco conosciuto , e l ' Elia anconitano , che poi a Calatafimi fu quasi ucciso mentre si lanciava a coprir Garibaldi . C ' erano il Griziotti pavese di trentott ' anni , matematico di bella mente ma di cuore più bello ancora ; e il Gusmaroli di cinquanta , antico parroco del Mantovano , che come l ' eroe dell ' Henriade andava tra quelli che uccidevano , senza difendersi e senza mai pensare ad uccidere . Ma il tocco michelangiolesco lo metteva in quel gruppo Simone Schiaffino , bel capitano di mare , che pareva andasse studiando Garibaldi , per divenire simile a lui nell ' anima come gli somigliava già un po ' nel volto ; biondo come lui , assai più aitante di lui , con un petto da contenervi cento cuori d ' eroe . Allo Stato Maggiore generale presiedeva il colonnello Sirtori . Antico sacerdote , aveva chiuso per sempre il suo breviario , portandone scolpito il contenuto nel cuore casto , e serbando nella vita la severità e la povertà dell ' asceta claustrale . Spirito rigido , cuore intrepido , ingegno poderoso , nel Quarantanove con l ' Ulloa napoletano , era stato ispiratore del generale Pepe nella difesa di Venezia . Poi esule in Parigi , aveva visto indignato trionfare sull ' uccisa repubblica Napoleone III . E la vita gli si era fatta un lutto . Non aveva perdonato all ' Imperatore il 2 dicembre , neppure vedendolo poi scendere nel Cinquantanove con centocinquantamila francesi a liberargli la sua Lombardia ; anzi , antico soldato della patria s ' era astenuto dal venire a quella guerra imperiale . Ma la guerra stessa , com ' era seguita , gli aveva insegnato a non illudersi più . Non aveva guari speranze che quell ' impresa si potesse far bene ; consultato , l ' aveva sconsigliata , ma dichiarando che se Garibaldi ci si fosse risolto , lo avrebbe seguito . Ed ora a quarantasette anni , era lì con quella sua faccia patita , incorniciata da una strana barba ancor bionda , esile alquanto della persona , silenzioso , guardato come se portasse in sé qualcosa di sacro , forse le promesse dell ' oltretomba . Pareva il Turpino di quella gesta . Da lui dipendevano , come capitani , un Bruzzesi romano di trentasette anni ; il matematico Calvino esule trapanese di quarant ' anni , onore dell ' emigrazione siciliana ; Achille Maiocchi milanese di trentanove , e Giorgio Manin , figlio del gran Presidente della repubblica veneziana , che non ne aveva ancor trenta . Ufficiali minori seguivano Ignazio Calona palermitano , un gran bel sessagenario che a guardargli in viso pareva di leggere la poesia del Meli ; il mantovano ingegner Borchetta di trentadue anni gran repubblicano ; ultimo v ' era un giovane tenente dell ' esercito piemontese , disertato a portar tra i Mille il suo cuore . Questi doveva morire a Calatafimi sotto il nome di De Amicis , ma veramente si chiamava Costantino Pagani . * E poi veniva il grosso del piccolo esercito . Alla testa della prima compagnia chi se non il Bixio ? Era quel Bixio che nel Quarantasette , in una via di Genova , fattosi alle briglie del cavallo di Carlo Alberto , gli aveva gridato : " Dichiarate , o Sire , la guerra all ' Austria , e saremo tutti con voi ! " Nel Quarantotto era volato in Lombardia con Mameli ; con Mameli era stato a Roma dove era parso l ' Aiace della difesa , e il 30 aprile vi aveva fatto prigioniero tutto un battaglione di francesi . Poi aveva navigato portando per gli oceani le sue speranze . Ma nel Cinquantanove aveva riprese le armi , non più riluttante a fare la guerra regia , e facendola bene : adesso era capitano del Lombardo , ma in terra avrebbe comandata la prima compagnia . Il Dezza ingegnere e il Piva , che dovevano divenire generali dell ' esercito italiano , erano suoi luogotenenti . Marco Cossovich , veneziano , uno che nel '48 aveva concorso a levar l ' arsenale agli Austriaci , e Francesco Buttinoni da Treviglio provato già nel '48 e nel '49 , erano loro sottotenenti , tutti e quattro già chi di trenta , di trentacinque o trentasei anni ; e sergenti e soldati benché fior d ' uomini tutti , badassero bene con chi avevano da fare , ché con Bixio , non dico paurosi , ma solo inesperti o disattenti o svogliati , c ' era da essere inceneriti . Ma ogni dappoco sarebbe divenuto un valente anche solo pel contatto con sergenti come erano Ettore Filippini , Eugenio Sartori , Angelo Rebeschini , Enrico Uziel , e tra commilitoni come Giovanni Capurro , Emilio Evangelisti , Enrico Rossetti , e altri molti che Bixio aveva impressi del suo sigillo . E poi vi erano nella compagnia Pietro Spangaro , Raniero Taddei , Antonio Ottavi , già ufficiali di grido che per nobile compiacimento si erano lasciati fondere con la massa dei semplici militi , e vi facevano scuola di virtù militari . La seconda compagnia , detta dei livornesi perché di Livorno era Jacopo Sgarallino , il più popolare dei suoi ufficiali , e di Livorno erano i suoi sergenti , fu affidata al colonnello Vincenzo Orsini . Questi non veniva dalla storica famiglia Orsini di Roma e neppure da quella romagnola da cui uscì Felice Orsini , uomo allora di recente terribilità , per le bombe che aveva lanciate in Parigi contro Napoleone III , e rimpianto per la nobile vita così sacrificata e per la rassegnata morte sul patibolo . Il colonnello garibaldino era di famiglia palermitana , uomo già di quarantacinque anni , ufficiale dell ' artiglieria borbonica da giovane , poi affiliato alla Giovane Italia , passato al servizio dell ' isola sua nella rivoluzione del '48 , cresciuto con essa , con essa caduto nel '49 . Da quell ' anno era vissuto esule negli eserciti di Turchia , salendovi a colonnello dell ' arma ne ' cui studi era stato allevato . Venuto il '59 , era tornato in Italia , e adesso era lì a riportar il braccio alla sua Sicilia . Prevalevano nella compagnia per numero gli operai , anch ' essi però uomini intelligenti , che sapevano bene qual passo avevano fatto : e i più erano toscani , e portavano nomi i nobiltà popolaresca antica . Per la stessa ragione per cui la seconda compagnia fu chiamata dei livornesi , la terza poteva dirsi dei calabresi perché di Calabria erano il barone Stocco che la comandava , verde vecchio di cinquantaquattro anni , e Francesco Sprovieri , Stanislao Lamensa , Raffaele Piccoli , Antonio Santelmo suoi ufficiali . V ' erano inquadrati degli uomini insigni come Cesare Braico , Vincenzo Caronelli , Domenico Damis , Domenico e Raffaele Mauro fratelli , Nicolò Mignogna , Antonio Plutino , Luigi Miceli ; e avvocati e medici e ingegneri , e futuri deputati , senatori , ministri e generali , tutti fra i trentacinque e i cinquant ' anni , tutti di Calabria e di Puglia . Pareva la compagnia dei savi ! La quarta toccò a Giuseppe La Masa , siciliano di Trabia , antico all ' esilio , già quarantenne . Era un singolarissimo uomo . Biondo quasi ancora come un giovinetto e di carnagione che doveva essere stata rosea , finissimo nei lineamenti del volto , più che un siciliano sembrava uno scandinavo . Certo aveva nelle vene sangue normanno . Poeta improvvisatore , giureconsulto , agitatore d ' idee , s ' era fatto mandar via presto dall ' isola natia , e a Firenze nel '47 aveva stretto amicizia col fiore dei patriotti . Doveva aver sentito di sé grandi cose e grandissime averne agognate ; e fino a un certo segno le aveva conseguite . Si diceva che nel gennaio del '48 avesse decretato lui la rivoluzione di Palermo , per il 12 di quel mese preciso , genetliaco del Re , firmando audacemente un proclama di sfida col proprio nome per un Comitato che non esisteva . Ma non era vero . Però la rivoluzione era scoppiata , ed egli nella guerra che n ' era venuta tra Napoli e la sua Sicilia era stato Capo dello Stato maggiore dell ' esercito . In un intermezzo di quella aveva condotto i Cento Crociati isolani alla guerra di Lombardia ; poi , finita male ogni cosa nell ' isola come altrove , si era rifugiato in Piemonte , aveva scritto libri di guerra , infaticabile . Pochi giorni avanti la spedizione dei Mille , quando Garibaldi esitava a fare la impresa , egli si era offerto di condurla , e l ' avrebbe condotta con grande animo , se non forse con grande fortuna . Però non lo avevano voluto lasciar fare neppure i siciliani . Pareva ambizioso . Un po ' di quell ' avversione che poi lo tribolò , già gli si manifestava contro , e forse per questa non ebbe sotto di sé in quella sua compagnia ufficiali di nome . Ma aveva nel quadro de ' suoi sott ' ufficiali dei giovani eminenti . Vi aveva Adolfo Azzi da Trecenta , di ventitré anni , che con Simone Schiaffino si era diviso l ' onore di far da timoniere a Bixio ; vi aveva l ' avvocato Antonio Semenza , monzasco , che nell ' animo aveva tutta l ' opera di Mazzini , e Francesco Bonafini , di Mantova , che riassumeva in sé tutta la vigorosa gentilezza della sua regione . E nella compagnia s ' erano concentrati quasi tutti i bresciani , forse perché del bresciano egli aveva preso qualche cosa . Nel '57 aveva sposata la duchessa Felicita Bevilacqua sua fidanzata fin da prima del '48 , donna che lo aveva fatto signore del proprio destino , delle proprie ricchezze sterminate , quasi fatto re d ' un piccolo regno . Ora egli abbandonava quegli splendori , per tornare all ' amore della sua terra . Ed era un prezioso elemento , e doveva presto mostrarlo in Sicilia , dove raccolse le squadre paesane dei Picciotti , e le tenne ordinate per Garibaldi . Alla testa della quinta compagnia sonava il nome nizzardo degli Anfossi , glorioso pel caduto delle cinque giornate di Milano . Ma ahimè ! Il vivo non era del valore del morto . Però la inquadravano degli ufficiali subalterni che bastavano a raccoglier l ' anima della compagnia come un ' arma corta nel pugno . V ' era tra essi Faustino Tanara del parmigiano , una specie di Rinaldo combattente per la giustizia in un mondo che a lui fu ingiusto e che non seppe mai il cuore che egli ebbe . In quella compagnia , nulla di regionale . C ' erano un centinaio di uomini di tutte le terre italiane , vi si sentivano tutte le nostre parlate , vi si vedevano delle teste di tutte le tinte , e di grigie e di bianche parecchie . Mesto a pensarsi , vi si trovavano parecchi trentini tra i quali Giuseppe Fontana , Attilio Zanoli , Camillo Zancani , che morirono poi vecchi , senza la gioia di aver visto libera la loro bella terra di Trento . Ma ecco alla sesta il più bello degli otto capitani . Era un biondo di trentatré anni , alto , snello , elegante . Si sarebbe detto che se avesse voluto volare , subito gli si sarebbero aperte al dorso due ali di cherubino . Parlava un bell ' italiano con leggero accento meridionale , gestiva sobrio e grazioso come un parigino ; nel portamento pareva un soldato di mestiere , negli atti e nei discorsi un Creso vissuto tra le delizie dell ' arte , in qualche gran palazzo da Mecenate . Si chiamava Giacinto Carini , nome di borghesi e nome anche di principi siciliani che a lui , già nobilissimo della persona , dava un ' aria alta e singolarmente aristocratica . In lui v ' era il generale che sei anni dopo avrebbe comandata una brigata italiana all ' attacco di Borgoforte . E da lui fu detto un giorno che se alla morte di Pio IX fosse venuto , come venne , al seggio di San Pietro il Vescovo di Perugia , ch ' ei ben conosceva , l ' Italia avrebbe avuto il Papa italiano iniziatore di quella vita che poi non ebbe . Luogotenente del Carino era Alessandro Ciaccio , palermitano , uomo di quarant ' anni , esule da dieci . In mezzo alla compagnia pareva il sacerdote di una religione non ancora predicata ma già viva nei cuori . Non era tempra da uomo di guerra , ma da dar la vita per qualche grande amore , sì : sarebbe stato capace di ber la cicuta e morire conversando di cose alte e pure in mezzo a quei suoi militi che , lui presente , si sentivano sempre come avvolti da un ' aura casta e purificatrice . Altri ufficiali del Carini erano Giuseppe Campo e Giuseppe Bracco - Amari , palermitani anch ' essi ; quello rivoluzionario per tradizione di famiglia , questo un altezzoso uomo che pareva aristocratico e schivo , ma era soltanto un distratto . Andava distratto fino nei combattimenti . Altro singolare uomo era il sottotenente Achille Cepollini , napolitano , di quarant ' anni , vecchio difensore di Venezia , letterato anzi professore di lettere , che fu visto a Calatafimi l ' ultima volta , e sparito non lasciò di sé traccia sicura , né di lui se ne riseppe mai più . Sfilava la settima compagnia , la più numerosa e la più signorile , quasi tutta di studenti dell ' Università pavese , lombardi di ogni provincia , milanesi eleganti , veneti che la grazia natìa temperavano alla baldanza dei compagni nati tra l ' Adda e il Ticino . La comandava Benedetto Cairoli , che allora aveva già trentacinque anni . E pareva così contento , in quella sua bella faccia di giusto , aveva un ' aria così paterna , che uno avrebbe detto : " Certo a costui è stato affidato ogni soldato dalla madre in persona , perché , se non è necessario sacrificarlo , glielo riconduca puro e migliore . " Ah , il contatto con quell ' anima ! Molti vanno ancora pel mondo che vissero giovinetti sotto quell ' occhio , in quei giorni di altissima scuola ; e ne portarono la luce tra la gente , che , pur divenuta scettica , pensa che un mondo migliore debba essere stato , e spera che torni . Era luogotenente del Cairoli il Vigo Pellizzari , da Vimercate , bello e giocondo giovane , di ventiquattro anni , nato coi più bei doni di natura , ma sprezzatore superbo fin di sé stesso . Amava la vita , avrebbe potuto averla felice , non volle . Scherzava con la morte , pareva che l ' andasse cercando per schiaffeggiarla , e che la morte lo scansasse , tanto era ardimentoso . Sette anni di poi , le si diede irato a Mentana gridando insulti ai francesi . Sottotenenti della compagnia erano Biagio Perduca di venticinque anni e Nazzaro Salterio di trentasei . Pavese quello , aveva personale giusto , viso fiero ma a certi momenti dolcissimo . Non morì in guerra e fu sorte crudele , perché doveva finire di là a quindici anni con la luce della mente già spenta . Invece il Salterio visse cinque anni più di lui , e quando fu l ' ora sua cadde di colpo , sano e intero , nella sua divisa di colonnello , come uno fulminato sul campo . Furiere della compagnia era il marchese Aurelio Bellisomi da Milano , allora sui ventiquattro , bellissimo giovane e colto assai , mazziniano per fare l ' unità nell ' ora che passava , ma forse già vagheggiatore dell ' idea del Cattaneo , come di cosa da venir sicura col tempo , conseguenza della stessa unità allora necessaria per conseguire l ' indipendenza . Ma non parlava guari delle sue idee federaliste per non seminare discordie . In quanto ai sergenti , quando s ' è detto che si chiamavano Enrico Cairoli , Luigi Mazzucchelli , Pompeo Rizzi , Camillo Ruta , par d ' aver detto tutto anche a chi non portò mai camicia rossa . Erano giovani tra i venti e i ventisett ' anni , e son già morti da un pezzo ; ma di essi soltanto Enrico finì come erano degni di trovarsi a finire tutti , in quel bel giorno di Villa Glori , sotto le mura di Roma , uno contro venti . Il caporal furiere era Luigi Fabio , il buon Fabio morto poi quasi sessantenne , ma di cuor sempre giovane . E i quattro caporali erano lo studente Ferdinando Cadei , che cadde a Calatafimi , Giuseppe Campagnuoli , Alessandro Casali , Luigi Novaria ; quello di Caleppio , questi tre di Pavia . Tra quei compagni di ventitré anni il Novaria ne aveva trentatré , pareva un vecchio , ma stonava poco perché versava larga la sua vena di ilarità , sebbene talvolta fosse canzonatore mordace , e talvolta pigliasse il tono fin di Tersite . Così la compagnia era fortemente inquadrata . Contava centotrenta militi , ventitré dei quali erano proprio pavesi . E tra quei centotrenta , ventiquattro erano studenti di legge , dodici di medicina , quattordici di matematica , due di farmacia . Di commercianti ve n ' erano una dozzina , di possidenti e di impiegati una trentina . Gli altri erano artigiani e operai , ma tutta gente anche questa che sapeva bene dove andava . Allegri e vibranti di vita , parevano avviati a conquistarsi un regno ognuno per sé . Ma dei più cari a ricordarsi fu un giovanetto , forse non ancora ventenne , che durante la traversata cantava sempre , accompagnato da due altri pavesi Giuseppe Tozzi e Luigi Rossi . In quelle notti del Tirreno empiva il mare e il cielo con le arie eroiche del Nabucco e dei Masnadieri , con una voce che faceva tacere tutti e pigliava i cuori . Si sentiva che l ' anima sua si inebriava di un ' acre voluttà di morire ; e forse fu poi felice quell ' ora a Palermo , su d ' una barricata , combattendo e cantando : " Si vola d ' un salto nel mondo di là , " cadde morto . Lo chiamavano Pùdarla , ma il suo vero nome era Angelo Gilardelli . E l ' ultima era l ' ottava . L ' aveva raccolta quasi tutta nella sua Bergamo Francesco Nullo , che la dava bell ' e fatta ad Angelo Bassini pavese , certo di darla a chi l ' avrebbe condotta da bravo . Era il Bassini un uomo che se avesse lanciato il suo cuore in aria , quel cuore avrebbe mandato luce come il sole ; e se lo avesse lanciato nell ' inferno , avrebbe fatto divenir buono Satana stesso . Così dicevano coloro che avevano già lette sin da allora queste immagini nelle poesie di Petofi . A Roma il 3 giugno del '49 , nell ' ora dello sterminio , s ' era avventato quasi solo contro i francesi di Villa Corsini , percotendo , insultando , gridando a chi volesse ammazzarlo , e nessuno lo aveva ucciso . Aveva una testa che sembrava una mazza d ' armi , ma l ' espressione della sua faccia ricordava quella di certi santi anacoreti . Sapeva poco , discorreva poco ; ostinato nell ' idea che gli si piantava nel capo , a chi lo vinceva di prove gridava : " Appiccati ! " ma lo abbracciava e gli dava subito ragione , intenerito e devoto . Per tutte queste sue doti , e perché aveva già quarantacinque anni , gli si erano lasciati volentieri metter sotto Vittore Tasca , Luigi Dall ' Ovo , Daniele Piccinini , coi loro bergamaschi , quasi un centinaio e mezzo di quella gente Orobia , quadrata e intrepida sempre , sia che scelga la patria per suo culto , sia che ad altri ideali volga il pensiero : quella che parve ai siciliani formidabile per gli ardimenti sulle barricate , e per la serena fidanza nei vini dell ' isola , bevuti ai banchetti liberamente , senza perdere dignità né d ' atti né di parole . Vittore Tasca aveva trentanove anni , ed era una strana testa , che con un po ' di studi forse sarebbe riuscita d ' un artista . Con quelli ch ' egli aveva fatti era rimasto qualcosa di mezzo tra un commerciante geniale e un agricoltore . Conosceva le vie del Levante dove era andato per seme di filugello , e si trovava appunto sulle mosse di tornarvi , quando sentì della spedizione garibaldina . Allora piantò ogni cosa e seguì Garibaldi , cui si diè tutto e cui nella tarda età dedicò quasi bosco sacro una sua villetta in Brembate , dove fino al 1892 raccolse ogni anno anche da lontano i suoi amici , a commemorare in una cerimonia all ' antica il gran Duce . Il Dall ' Ovo che aveva anch ' egli trentanove anni , era una figura su per giù sul fare del Tasca , forse un po ' meno aspro ma anch ' egli burbero e buono . Non sapeva che da quell ' umile posto di sottotenente della compagnia , le sorti della guerra e dell ' esercito nazionale lo avrebbero elevato su tanto , da fare di lui un colonnello . E da colonnello doveva invecchiar nell ' esercito per uscirne alfine e sparire come tanti , che si rincantucciarono a rivivere del loro passato , dei quali non si seppe più se fossero vivi o morti . Ma Daniele Piccinini che più di lui e più del Tasca personificava in sé il bergamasco cittadino insieme e valligiano e di monte , come rimase vivo e presente a tutto il mondo garibaldino ! Nato a Pradalunga in Val Seriana , da una famiglia radicata tra le rocce e ricca e forte ivi come una volta quelle dei feudatari , ma però tutta di virtù patriarcali ; candido a trent ' anni come un adolescente , valoroso come un personaggio dei ' Reali di Francia ' , allora ancora molto letti nelle campagne ; in quel maggio era disceso dal suo paesello a vedere se non si tornasse a far qualche cosa per l ' Italia , e aveva dato il suo nome di tono guerriero antico alla compagnia bergamasca . Fu lui quello che a Calatafimi , in un momento che Garibaldi si trovò tanto vicino ai nemici da farsi colpire fino da un colpo di pietra , gli si lanciò quasi irato davanti , e coprendolo col suo pastrano da pioggia onde la camicia rossa non lo facesse più far da bersaglio , osava gridargli che non a lui stava bene andare a farsi uccidere come un soldato qualunque . " Chi è quel giovane ? " domandò allora Garibaldi , guardando quella bella figura . " Piccinini di Bergamo , " gli fu risposto . Il Generale non se ne scordò più , né il Piccinini lasciò più di seguirlo . Due anni dipoi , in Aspromonte , ruppe la spada di capitano per non consegnarla intera al capitano dei bersaglieri che lo faceva prigioniero : prigioniero con gli altri compagni garibaldini stipati nel forte di Bard in Val d ' Aosta , si rannicchiò in una cannoniera dove stette quasi notte giorno a languire di nostalgia e di dolore civile . Poi nel 1866 volle far la guerra del Trentino da semplice milite , perché aveva giurato di non portare spada mai più . Tornato poi a ' suoi monti , non ne uscì per venti anni . Alla fine si lasciò vincere dal desiderio d ' andare a visitare la Sicilia e la Calabria che egli aveva percorse e voleva di nuovo percorrere a piedi , per vedervi quanto fosse migliorato il popolo e quanto la terra . Non poté giungere fin laggiù . Un giorno dell ' agosto 1889 a Tagliacozzo gli accadde di esser ferito per disavventura da un giovane amico . E morì là , quasi lieto di morire tra quei monti , dove suona ancora con tanta mestizia il nome della battaglia perduta da Corradino . Ora la sua salma è chiusa nel piccolo camposanto della sua Pradalunga , a cui salgono i clamori del Serio sonante che passa . Càpita là talvolta ancora adesso qualche vecchio forestiero che fa chiamar il custode per farsi mostrar la terra dove sta Daniele . Entra in quel recinto , cui con forse quattro lenzuola cucite insieme si potrebbe fare un velario , svolta a sinistra , nell ' angolo c ' è una cappelletta nuda . " Sta qui , " dice il custode . Qui ? Pensa il forestiero . E vorrebbe gridare : Su , Piccinini ! D ' uomini come te v ' è ancor penuria nel mondo . Risorgi e insegna ! Un po ' della tempra del Piccinini erano quei bergamaschi tutti , anche i più popolani ; anime esaltate dal patriottismo e un po ' mistiche . Nel 1863 , quando la Polonia fece la sua terza rivoluzione , uno stormo di quei militi tornati dall ' ottava compagnia dei Mille , volò laggiù con Francesco Nullo . E il 5 maggio , terzo anniversario della partenza da Quarto , entrarono nella Polonia russa a Olkusz , dove s ' imbatterono subito nei Cacciatori finlandesi del generale Szakowskoy , coi quali impegnarono un combattimento . Il Nullo cadde ai primi colpi , e morì magnifico fin nella caduta ; essi combatterono fin che furono tutti morti o feriti o ridotti a non poter più . Elia Marchetti si trascinò ferito a morte fin nel territorio austriaco ; dove un austriaco capitano , ammirandolo se lo raccolse in casa e ve lo tenne con religione a morire . Quelli che sopravvissero furono mandati in Siberia . Nelle miniere di Jskutz logorarono la vita sette anni , invidiando i morti , e parecchi vi morirono . Quelli che erano scampati alla strage e alla cattura , camminando come belve , valicando montagne , passando fiumi , vennero dietro il sole a cercar la patria . E per le terre dell ' Austria vi giunsero . Ma non si erano ancora riposati di tanta via , che scoppiò la guerra del 1866 . Allora tutti tornarono in campo , e Giuseppe Dilani detto Farfarello , umile operaio , andava a farsi uccidere dagli Austriaci , nelle terre trentine nostre a Monte Suello , vecchio nei patimenti a ventisette anni . E Luigi Perla , con quel suo visetto arguto ? Oh ! Egli andò nel 1870 a morire a Digione per la repubblica , alla testa di un battaglione che gli fu affidato . La Francia riconoscente lo fregiò , morto , della Legion d ' onore ; ma già egli era compensato nell ' aver potuto morire per quel nome di repubblica , che alla sua mente semplice pareva realtà di tutte le belle cose sognate . Quei bergamaschi fecero scuola . Così , come alcuni in Polonia e come il Perla in Francia , ultimo alunno di quell ' antica compagnia , figlio d ' uno di quei bergamaschi , Ettore Panzeri ufficiale degli Alpini nell ' esercito della nuova Italia , andava a morir giovinetto per la Grecia a Domokos nel 1897 , bella favilla dell ' antico fuoco garibaldino , che ridiede dopo tanti anni quella tardiva vampata . I Carabinieri genovesi Ora ecco i Carabinieri genovesi , quasi tutti di Genova , o in Genova vissuti a lungo , mazziniani ardenti , armati di carabine loro proprie , esercitati nel tiro a segno da otto o nove anni i più , gente che s ' era già fatta ammirare nel 1859 , ben provveduta , colta , elegante . Li comandava Antonio Mosto , tutto di Mazzini , uomo non molto sopra i trent ' anni , ma che ne mostrava di più : barba piena , lunga , sguardo acuto , ficcato lontano come per guardare se al mondo esistesse il bene quale ei lo sentiva in sé . Quanto al coraggio , era per lui cosa tanto naturale , che non poteva credere vi fosse altri che non ne avesse . In tutta la campagna i borbonici non ebbero per lui una palla , ma il cuore glielo straziarono uccidendogli il fratello Carlo , che piantato lo studio all ' Università di Pisa , aveva ripreso la carabina . E la fortuna gli serbava di tornare illeso anche dalla guerra del 1866 . Ma l ' anno appresso , a Mentana , una palla francese lo colpì di tale ferita , che lo rese invalido fin che nel 1880 morì . Suo luogotenente era Bartolomeo Savi , un fierissimo repubblicano , tutto nudrito di studi classici , e già ben sopra la quarantina ; uomo austero e cruccioso , che guardava sempre con un certo piglio di rimprovero Garibaldi , perché s ' era lasciato tirare dalla parte del Re . Ma lo seguiva perché gli pareva di non aver diritto di negar il suo braccio alla patria , soltanto pel motivo che la patria si andava rifacendo nel nome di un re . E lo seguì poi fino al giorno che , dopo Aspromonte , tutto gli parve falsato , e , poco appresso , tediato della vita si uccise . Inquadravano la compagnia Canzio , Burlando , Uziel , Sartorio , Belleno , dei quali i tre ultimi non tornarono più ; e tra tutti , quei trentasette carabinieri dovevano pagare un gran tributo fin dal primo scontro di Calatafimi , dove cinque morirono , dieci furono feriti . Ma la vittoria fu dovuta in gran parte alle loro infallibili carabine . Le Guide Mancavano i cavalli , né c ' era tempo di far una corsa nella vicina Maremma a pigliarne un branco al laccio , ma le Guide furono ordinate lo stesso . Erano ventitré . Le comandava il Missori , l ' elegantissimo milanese , passato dal culto delle eleganze a quello delle armi , e come da prode lo seppero tutti . Basti che in quella guerra l ' Italia dovette a lui e a pochi altri se a Milazzo Garibaldi non fu sopraffatto e ucciso da un branco di cavalieri napoletani , che essi a rivoltella sgominarono , mentre il Generale che si trovava a piedi poté , uccidendolo , liberarsi dal capitano di quelli ruinatogli addosso furioso , menando fendenti . Sergente delle Guide era Francesco Nullo , il più bell ' uomo della spedizione . Aveva trentaquattro anni , era mercante come Francesco Ferrucci . Allora gli entrò la passione di cavalier di ventura dell ' umanità , e non ebbe più requie finché non gliela diede tre anni di poi , nel cimitero di Miekov , il generale russo che ve lo seppellì con onori militari da generale pari suo . Sapeva quel russo di dover andare punito nel Caucaso , ma nonostante , a quella nobile figura di morto volle mostrare il suo nobile cuore di uomo . Compagni più che sottoposti al Missori e al Nullo , erano certi degni uomini come Giovan Maria Damiani da Piacenza , che a sedici anni aveva combattuto a Novara , dove gli era morto un fratello ; e Giuseppe Nuvolari da Roncoferraro nel Mantovano ricchissimo di possessioni e già sui quaranta ; due puritani , niente allegri , provati nell ' esilio , pensierosi sempre , quasi scontrosi . Semplice guida era Emilio Zasio da Pralboino , di ventinove anni , che uscito di modesta casa pareva figlio di principi , tanto ambiva le cose signorili ; fantastico , impetuoso , temerario e nell ' amare e nel volere sempre grandioso . Luigi Martignoli , da Lodi come Fanfulla , che a trentatré anni doveva morire a Calatafimi , somigliava un po ' al Zasio nel portamento non nella bellezza ; ma bello ancor più di Zasio era il conte Filippo Manci da Poro nel Trentino , giovinetto di ventun anni . Tutti e due furono infelici . Sopravvissuti a quelle guerre e alle altre venute dopo , dovevano finire quasi insieme nel 1869 , col raggio della mente già spento per dolori così crudeli , specie quelli del Manci , che chi li conobbe ingiuriò la morte perché non se li aveva presi quando le andavano incontro sani d ' anima e lieti . E poi tra quelle Guide erano scritti l ' avvocato Filippo Tranquillini e Egisto Bezzi trentini anch ' essi come il Manci ; Domenico Cariolato da Vicenza , che di ventiquattro anni era già un veterano della difesa di Roma ; il medico Camillo Chizzolini da Marcaria e l ' ingegnere Luigi Daccò da Marcignano giovanissimi tutti , che parevano figli del sessagenario Alessandro Fasola novarese , già carbonaro nel 1821 col Santarosa , profugo , poi soldato di tutte le guerre sino a quella del 1859 , e che ora correva a quell ' impresa romanzesca con la baldanza d ' un giovanetto che fa la sua prima volata fuori casa . L ' Intendenza Poiché la spedizione doveva avere una Intendenza , questa fu formata sul serio , benché in verità , la cassa di guerra non contenesse che trentamila povere lire . E vi fu messo a capo Giovanni Acerbi , avanzo dei martirii di Mantova , il quale andava rivendicando nelle cospirazioni e nelle guerre l ' onor del nome , macchiato da uno del casato che aveva venduto l ' ingegno e le lettere all ' Austria , prima ch ' egli nascesse . Aveva compagni Ippolito Nievo , Paolo Bovi , Francesco De Maestri e Carlo Rodi , tre veterani questi ultimi , mutilati ciascuno d ' un braccio , che parevano intervenuti per dire ai giovani : " Vedete che cosa ci si guadagna ? Eppure non fa male ! " In quanto al Nievo andava tra quella gente , per dir così , come Orfeo tra gli Argonauti . Chi lo guardava indovinava che era già grande , o che era destinato a divenirlo . Egli era noto per due suoi romanzi sentimentali : ' Angelo di bontà ' e ' Il conte pecoraio ' ; e anche si sapeva da qualche amico suo che ei stava lavorando alle sue maravigliose ' Confessioni d ' un Ottuagenario ' , e che le lasciava imperfette per accorrere alla grande impresa . Diceva egli stesso che gli sarebbe tanto rincresciuto morire senza averle finite ! Nel 1859 aveva cantati gli ' Amori garibaldini ' , liriche scintillanti come spade , scritte sull ' arcione cavalcando alla guerra di Lombardia , e stampate sul punto di partire per la Sicilia . E , ' Partendo per la Sicilia ' , fu appunto il titolo che egli dava all ' ultima , non uscita dal suo petto ma rappresentata nella pagina da una fila di interrogativi . Forse egli presentiva che non sarebbe più ritornato ? Difatti spariva dal mondo nel marzo del 1861 , in una notte di tempesta nel Tirreno , con un vapore che fu ingoiato , passeggeri e tutto , dalle acque . Perì in lui il poeta che avrebbe cantato davvero l ' Epopea garibaldina ; e un cadavere che fu creduto lui , venne poi trovato sulla riva d ' Ischia , l ' isola dei poeti . Il corpo sanitario Più necessario allora che non l ' Intendenza , fu ordinato anche il Corpo sanitario , sotto il vecchio dottor Pietro Ripari da Solarolo Rainiero , che de ' suoi cinquantott ' anni ne aveva passati molti nelle carceri dell ' Austria e del Papa . Ma per tormenti che vi avesse durati , non si era mai stancato di adorare la propria idea , e tant ' era che per essa , con l ' età che aveva , lì si metteva al caso d ' andare a sperimentare anche le galere del Borbone e a finir la vita tra i ferri . Aveva con sé Cesare Boldrini , mantovano , uomo di quarantaquattro anni , e Francesco Ziliani del bresciano , di ventotto , valenti medici e bravi soldati . Il Boldrini , nel seguito della guerra , volle poi essere soltanto ufficiale combattente . E il 1° ottobre cadde a Maddaloni , comandante di un battaglione rimasto celebre col suo nome ; consolazione grande questa al prode nei dolori che durarono due mesi a consumarlo e a farlo morire . Il Ziliani bellissimo , robustissimo e giocondo , per qualche cosa che aveva nel far suo metteva la soggezione , e temperava solo con la sua presenza anche i più spensierati e chiassosi . Dove egli capitava , fossero pur allegri i discorsi , tutti diventavano serii , le lingue si facevano caste , di cose frivole nessuno sapeva più dirne . Crebbe su agli alti gradi , ma non se ne volle giovare : tornò modestamente alle case patriarcali da dove non uscì che per le altre guerre ; vi si chiuse alla fine a farsi crescere intorno una famiglia secondo il suo cuore , e in mezzo ad essa invecchiò , ricordando ed amando i campi e le plebi . Altri medici in quel piccolo corpo erano Oddo - Tedeschi d ' Alimena e Gaetano Zen di Adria ; e del resto se ne trovavano sparsi in tutte le compagnie , combattenti dei migliori e da combattenti infermieri . A Calatafimi ne furono visti tra un assalto e l ' altro deporre il fucile , tirar fuori ferri e bende , curare qualche ferito ; ripigliar su l ' arma , e andar a farsi ferire . * La storia dovrebbe aver già detto e dirà che quella spedizione fu più che per metà composta d ' uomini di studio e d ' intelletto . Ne contava più d ' un centinaio e mezzo che erano già o divennero poi avvocati ; e così come questi un centinaio di medici , un mezzo centinaio di ingegneri , una ventina di farmacisti , trenta capitani marittimi , dieci pittori o scultori , parecchi scrittori o professori di lettere e di scienze , tre sacerdoti , alcuni seminaristi . V ' era anche una donna , Rosalia Montmasson savoiarda , moglie di Crispi , che volle seguir il marito in quel pericolo ; poi centinaia di commercianti e centinaia di artefici , operai il resto , contadini quasi nessuno . Non sarà inutile aggiungere che trecentocinquanta di quegli uomini erano lombardi , centosessanta genovesi , il resto veneti , trentini , istriani e delle altre provincie dell ' Italia superiore e centrale , con forse un centinaio di siciliani e napolitani tornanti dall ' esilio . Non ve n ' erano affatto delle provincie di Aquila , Benevento , Caltanissetta , Campobasso , Chieti , Caserta , Forlì , Pesaro , Ravenna e Siracusa . Stranieri accorsi per amor d ' Italia ve n ' erano diciotto , uno dei quali africano , l ' altro d ' America , e questi era Menotti , il figlio del Generale . Di quel centinaio di meridionali trentacinque appartenevano alla parte peninsulare del Regno ; gente degna davvero tutti . Ma sette di essi erano venerandi per chi sapeva la storia dei loro dolori . Avevano portato per dieci anni la catena negli ergastoli di Procida , di Montefusco o di Montesarchio ; condannati a trenta , a venticinque , a vent ' anni di ferri per amore di libertà . Ma il 9 gennaio del 1859 , proprio la vigilia del giorno in cui Vittorio Emanuele diceva , lassù , lontano , nel Parlamento piemontese , la sua storica frase delle ' grida di dolore ' ; avevano ricevuto laggiù col gran Poerio , col Settembrini , con Silvio Spaventa , la beffarda grazia di andar banditi , deportati in America . Re Ferdinando , sentendosi divenuto odioso a tutta Europa , che lo chiamava da un pezzo negazione di Dio , aveva voluto dare quel segno della sua clemenza , a sessantasei delle sue vittime . Di queste si sa il viaggio a Cadice , la liberazione avvenuta a bordo nell ' Atlantico per opera del figlio di Settembrini , la discesa a Cork in Irlanda e il rifugio in Piemonte . Ora di quei sessantasei , sette erano lì che se n ' andavano tra i Mille , come sette vendette . Bisognava esser nati con cuori veramente eroici per mettersi dopo tanto patire a quel passo , o aver lo spasimo di riveder lui il Re crudele ; e poiché egli era già morto , incontrarsi almeno con qualche suo rappresentante per afferrarlo al petto e farlo domandar pietà . Questo diciamo noi , forse perché in generale siamo ancora tanto deboli , che ci compiacciamo di pensar da violenti ; ma que ' sette erano forti e miti . Allora non erano più nel fior degli anni . Achille Argentino ingegnere di Sant ' Angelo dei Lombardi ne aveva trentanove ; Cesare Braico , medico di Brindisi , trentasette ; Domenico Damis , gentiluomo di Lungro , trentasei ; Stanislao Lamnesa , legale di Saracena , quarantotto ; Raffaele Mauro , gentiluomo di Cosenza , quarantasei ; Rocco Morgante , farmacista da Fiumara , cinquantacinque ; Raffaele Piccoli di Castagna diacono , quarantotto . E Mauro aveva a casa cinque figliuoli , Lamensa quattro . Non li avevano più veduti dal 1849 , anno della loro condanna ; ora andavano a ritrovarli per quella via . Parlavano poco , ma se dicevano gli orrori delle galere nelle quali erano stati , a quelli che ascoltavano avveniva di augurarsi che essi vi fossero ancora chiusi , d ' aver dieci vite , d ' andar a darle tutte per liberare da tante miserie dei cristiani come loro . Al paragone quelle dello Spielberg dovevano esser state sopportabili , umane . Ma ce n ' erano ancora tanti altri negli ergastoli del Regno ! Tutto il Regno era un carcere , dunque era bello andare a sfondarlo . L ' Artiglieria e il Genio Perché fu allora cosa inaspettata , si narra qui un po ' fuor di posto che in Talamone fu pur formata l ' Artiglieria . Fin dalla prima ora della sua discesa a terra , Garibaldi aveva visto nel vecchio castello una colubrina , lunga come la fame , montata su di un cattivo affusto , a ruote di legno non cerchiate , e pel logoro di chi sa quanti anni divenute poligonali . Portava in rilievo sulla culatta l ' anno del suo getto , 1600 , e il nome del fonditore Cosimo Cenni , certo un toscano . Una delle maniglie in forma di delfino le era stata rotta , ma due segni di cannonate ricevute le facevano onore . Forse non aveva mai più tuonato dal 9 maggio 1646 , quando novemila francesi condotti da Tommaso di Savoia erano giunti in quel golfo su d ' una flotta di galee e tartane . Adesso là nel castello non faceva più nulla , e Garibaldi se la prese . Il giorno appresso , vennero da Orbetello tre altri cannoni , uno dei quali non guari migliore della colubrina , ma due erano di bronzo bellissimi , alla francese , fusi nel 1802 . Sulla fascia della culatta d ' uno si leggeva " L ' Ardito " su quella dell ' altro " Il Giocoso " . I nomi piacquero ; convenivano agli umori di quella gente . Quei cannoni non avevano affusto , ma laggiù in Sicilia qualcuno avrebbe saputo incavarseli , e per questo c ' erano tra i Mille i palermitani Giuseppe Orlando e Achille Campo , macchinisti valenti , i quali difatti fecero poi tutto alla meglio sei giorni appresso . Ma chi aveva dato quei cannoni ? Garibaldi aveva mandato il colonnello Turr , al comandante della fortezza di Orbetello con questo scritto : " Credete a tutto quanto vi dirà il mio aiutante di campo , colonnello Turr , e aiutateci con tutti i mezzi vostri , per la spedizione che intraprendo per la gloria del nostro Re Vittorio Emanuele e per la grandezza della patria . " Il comandante , che era un tenente - colonnello Giorgini , quando lesse quel foglio si dovette sentire un grande schianto al cuore . L ' aiutante di campo di Garibaldi gli chiedeva delle munizioni ! Impossibile . Ella è militare , - disse al Turr - e sa che cosa significhi consegnare le armi e le munizioni di una fortezza , senza ordine dei capi . Ma se gli ordini li riceveste dal Re ? - rispose il Turr - basterà che gli inviate questa mia lettera . E lì per lì , sotto gli occhi del Comandante , scrisse al conte Trecchi , notissimo aiutante di campo di Vittorio Emanuele : " Caro Trecchi , Dite a Sua Maestà che le munizioni destinate per la nostra spedizione sono rimaste a Genova ; ora preghiamo Sua Maestà di voler dar ordine al Comandante della fortezza di Orbetello di provvederci con quanto più può del suo arsenale . Colonnello Turr . " Porgendo la lettera al Comandante , il Turr gli disse che siccome la risposta non verrebbe se non forse in una settimana , su di lui Comandante peserebbero tutte le incalcolabili conseguenze di quel ritardo ; lo informò della spedizione ; lo accertò dell ' intesa tra il Re e Garibaldi ; insomma seppe far tanto che quell ' ufficiale , solo facendosi promettere che l ' impresa non sarebbe volta contro gli Stati del Papa , diede tutte le cartucce che aveva pronte , e casse di polvere e quei tre cannoni e quant ' altre cose poté . E tutto fu caricato e condotto a Talamone , dov ' egli stesso volle recarsi per veder Garibaldi e la spedizione . Vollero accompagnarlo due suoi ufficiali , e insieme il maggior Pinelli che comandava un battaglione di bersaglieri , diviso tra Orbetello e Santo Stefano . Temeva questi che quei soldati gli scappassero mezzi per imbarcarsi con Garibaldi , e voleva pregarlo di non riceverli a bordo . Il Generale accolse tutti con grato animo , ma non senza pensare che al Giorgini dovevano seguire de ' guai . E gliene seguirono , perché il povero Comandante fu poi tenuto a lungo nella fortezza di Alessandria sottoposto a Consiglio di guerra ; ma alcuni mesi dopo , nel tripudio della patria , fu mandato sciolto di pena . Ora dunque la spedizione possedeva anche delle artiglierie , e bisognava formare il corpo dei Cannonieri . A ordinarli e comandarli venne messo il colonnello Vincenzo Orsini , che per questo dovette lasciare la 2° Compagnia cui si era appena presentato . Egli chiamò a sé quanti avessero già militato nell ' artiglieria , e ne trovò una ventina . Ai quali ne aggiunse dieci altri , inesperti nell ' arma , ma studenti quasi tutti di matematica nell ' Università di Pavia . E fu di questo numero Oreste Baratieri , giovinetto sui diciannove , pigliato appunto allora dalla fortuna che non lo abbandonò più per trentasei anni , e doveva elevarlo tanto da farlo brillar come un astro e spegnerlo poi in un giorno , come nulla , nel buio . Egli aveva allora compagni in quell ' artiglieria strana , giovani come lui , Luigi Premi da Casalnovo , Arturo Termanini da Casorate , saliti poi anche essi nell ' esercito nazionale e assai alti , ma senza clamori . Vi aveva Domenico Sampieri di Adria , uomo di trentadue anni , avanzo della difesa di Venezia e degli esigli di Smirne e d ' Epiro , e divenuto anch ' egli Generale dell ' esercito nazionale . Rimasto oscuro e modesto , vi si trovava insieme ad essi Giuseppe Nodari , da Castiglione delle Stiviere , anima d ' artista , che dappertutto laggiù avea sempre la matita in mano a schizzare dal vero bivacchi , fatti d ' arme e figure caratteristiche , delle quali s ' ornò poi la casa dove morì medico , trentott ' anni di poi . E giovane mistico , nato per ogni sacrificio , vi stava bene col Nodari l ' ingegnere Antonio Pievani da Tirano , che già deliberato a farsi frate , solo quando fu finita l ' opera di rifar la patria , entrò nei Francescani , per andar missionario nel mondo barbaro . E invece , tradito dalla salute , morì nel 1880 , in una cella del convento di Lovere , sul lago d ' Iseo , sulle cui rive deliziose eran nati quattro compagni suoi nei Mille , Zebo Arcangeli , Gian Maria Archetti , Carlo Bonardi e Giuseppe Volpi , questi ultimi due a lui carissimi e morti in guerra . Poiché ormai quel piccolo esercito aveva tutte le sue membra fuorché il Genio , fu ordinato anche questo : una dozzina e mezza di operai , di macchinisti , d ' ingegneri , con Filippo Minutilli da Grumo d ' Appula per Comandante , uomo di quarantasette anni , severo , di poche parole , cui si leggeva in viso , e certo lo aveva dentro , qualche profondo dolore . Pativa l ' esilio dal 1849; era stato in Oriente , in Malta , in Piemonte ; lasciava in Genova coi figliuoli la moglie , eroica donna messinese , che si era sentita il cuore di cucire per lui la camicia rossa , e di scendere alle porte di Genova , a dirgli addio , mentre egli passava per andar a Quarto ad imbarcarsi . Luogotenente del Minutilli fu l ' ingegnere Achille Argentino , uno dei liberati l ' anno avanti dalle galere di Re Ferdinando , dei quali si è detto . Formati così anche i piccoli corpi dell ' Artiglieria e del Genio , gli uomini che vi appartenevano andarono a piantar sul Piemonte un piccolo laboratorio . E subito , e i giorni dipoi , pur non avendo strumenti , fabbricarono scatole di mitraglia con ogni sorta di rottami e di lamiere di ferro rinvenute nelle stive dei due vapori . Con le lenzuola di bordo fecero sacchetti per le cariche da cannone , e fabbricarono cartucce da fucile , metà delle quali passarono sul Lombardo . La diversione Tutto cominciava ad andare per bene : solo sembrava strano che la spedizione continuasse a stare a perdere un tempo prezioso . Ma nel pomeriggio dell'8 corse vagamente la voce che Garibaldi avesse deliberato di gettarsi nel Pontificio , per marciare senz ' altro su Roma . Una sessantina di uomini , presi qua e là nelle campagne e raccolti in drappello , erano partiti sin dalla sera avanti , per la strada che , girando il golfo , mena da Talamone in Maremma . Marciava alla loro testa un Zambanchi . Era un forlivese già sulla cinquantina , quadrato , barbuto , di poca testa , assai rozzo e millantatore . E aveva fama d ' esser uomo di sangue , perché nel '49 , a Roma , era stato crudo contro tre preti , i quali , volendo entrare nelle città travestiti da contadini , avevano dato del capo nei suoi avamposti . Egli li aveva tenuti prigionieri ; poi , senza averne ordine dal Governo , gli aveva fatti fucilare . Per tal suo fatto gli pesava addosso l ' accusa di sterminatore di preti e frati , e sin d ' averne colmato un pozzo . A chi non sapeva tutto , pareva che quella compagnia fosse l ' avanguardia , e che la spedizione dovesse tenerle dietro . E i più giovani lo credevano , ma gli anziani no . Delle otto compagnie , Garibaldi ne aveva affidate tre a comandanti siciliani , una ad un calabrese ; ora come poteva darsi che egli volesse far loro il torto di non andare in Sicilia ? Però il fatto che quel piccolo drappello se n ' era andato per entrare nel Pontificio a farvisi distruggere forse ai primi passi , se tutta la spedizione non lo volesse seguire , non si capiva . Vi era chi diceva che Garibaldi avesse fatto così , per levarsi dai piedi quel Zambianchi che gli era odioso : ma altri faceva osservare che forse si esagerava perché non a un uomo così fatto Garibaldi avrebbe dato da condurre quel manipolo , in cui si erano trovati a dover andare dei giovani come il Guerzoni , il Leardi , il Locatelli , il Ferrari , il Fumagalli , il Pittaluga , e avvocati , scrittori , scultori , e quattro medici come Fochi , Bandini e Soncini da Parma , e Cantoni da Pavia , e tanti altri , proprio gente già di conto . Pensavano forse meglio quelli che dicevano che il Generale aveva mandato quel manipolo nel Pontificio affinché n ' andasse la voce a Roma e a Napoli , a generar confusione in quei governi ; e che quanto al Zambianchi qualcuno , forse il Guerzoni , avesse l ' ordine di levargli il comando , se mai venisse l ' occasione di doversene liberare per qualche suo sproposito o qualche violenza . Verso sera le trombe suonarono , le compagnie si ordinarono , scesero al porto , tornarono a imbarcarsi sui due vapori . Quella tornata a bordo levò via ogni dubbio . E allora nacque negli animi una generosa pietà per i compagni partiti . Che brava gente ! Avevano compìto il più duro sacrificio che si potesse ideare : perdevano la vista di Lui e l ' epopea che s ' erano sentita nel pensiero , per andar a crearne un episodio oscuro , non sapevano dove , pochi , bene armati , ma condotti da un uomo disamato . Parlando d ' essi , molti confessavano che comandati a quel passo non avrebbero ubbidito ; ma i più lodavano l ' ubbidienza di quei sessanta come indizio di gran virtù , e testimonianza del più alto valore . A Santo Stefano Garibaldi aveva fretta di partire , ma non aveva fatto imbarcare le compagnie per questo . Alcuni dei suoi uomini per cattiveria o per braveria , avevano dato noia a qualcuno di Talamone , ond ' egli , sdegnato , si era risolto a levar tutti da terra . Così i due vapori stettero carichi all ' ancora tutta la notte dall'8 al 9; e solo all ' alba salparono pel golfo a Santo Stefano , breve tratto . La cittadetta si svegliava . Viste dal porto , le sue case parevano edificate l ' una a inseguir l ' altra su su , per arrivare in alto a trovar i giardini , i vigneti , gli oliveti pensili tra le rocce . Vi scesero Bixio , Schiaffino e Bandi , per andare ai magazzini del governo , e in qualche modo farsi dare carbone , perché la traversata della Sicilia era ancora lunga , e poteva anche capitare di dover andare chi sa quanti giorni , fuggendo di qua e di là pel Mediterraneo , perseguitati dalle navi napoletane . Il Bandi s ' accostò al custode dei magazzini e cominciò colle buone a tentarlo . Ormai sapevano tutti colà che Orbetello aveva dato armi , e in quei giorni quel custode poteva fare uno strappo anch ' egli ai regolamenti . Ma colui nicchiava , e il Bandi non riusciva a convincerlo . Allora gli cadde là Bixio , che preso al petto il custode fedele , lo scosse un poco , e , miracoli di quell ' uomo , il carbone andò a bordo per dir così da sé . E andarono a bordo e viveri e barili d ' acqua . V ' andarono anche per imbarcarsi stormi di bersaglieri , ma Garibaldi aveva promesso all maggior Pinelli di respingerli , e non li volle . Tre soli che poterono salire a nascondersi sul Lombardo , seguirono la spedizione , e divennero poi ufficiali dei migliori nella bella compagnia . Le armi Durante la sosta a Santo Stefano furono distribuite le armi alle compagnie ; solenne momento ! Faceva pensare a un altro ancor più solenne , quello di quando vicina l ' ora della battaglia , i reggimenti d ' allora caricavano i fucili con quell ' indescrivibile ronzio di bacchette tutte piantate a un tempo nelle canne , che dava il raccapriccio e il cupo sentimento della morte . Quelle armi erano vecchi fucili di avanti il '48 , trasformati da pietra focaia a percussione , lunghi , pesanti , rugginosi , tetri . Stava legata a ciascun fucile una baionetta nel fodero cucito a un cinturone di cuoio nero , con certa piastra da fermarselo alla vita e certa cartucciera proprio da far malinconia a provarsela . Oggi non se ne vorrebbe servire , per così dire , neppure un bandito . Eppure nessuno se ne lagnò . Insieme con quell ' arma , ognuno ricevette venti cartucce , e se le mise a posto con gran cura . Quelle povere cose erano tutte le risorse di cui Garibaldi poteva disporre . Povero Garibaldi ! Nell ' ultimo momento che stette in quelle acque , un suo compagno d ' altri tempi che lo aveva seguito nei mari della Cina e che poi aveva perduto una gamba combattendo pei liberali del Perù , bel soldato , vivacissimo ingegno , voleva seguirlo così mutilato com ' era anche a quella sua bella guerra . Egli dovette supplicarlo di andarsene , e infine comandarglielo . Furono lagrime ! Ma Stefano Siccoli dovè ubbidire , discendere , veder da terra salpare l ' ancora , stringersi il cuore perché non gli scoppiasse . Però aveva già il suo proposito bell ' e formato : egli avrebbe raggiunto Zambianchi . Di nuovo in mare Era quasi il tocco dopo mezzodì , quando il Piemonte e il Lombardo si mossero verso l ' isola del Giglio . Finalmente ! Garibaldi era stato tutti quei due giorni in angustia . Certo egli ignorava ciò che si seppe poi , e cioè che il Ricasoli , governatore della Toscana , aveva telegrafato al prefetto di Grosseto di " tenersi estraneo a quanto succedeva " nel golfo di Talamone . Ma lo avesse anche saputo , temeva del Farini , temeva del Cavour , né avrebbe potuto giustamente lagnarsi di loro , se gli avessero fatto giungere addosso la squadra di Persano a pigliarselo . Il momento era ben più cruccioso che quello di Genova . Nei tre giorni della sua partenza , tutta l ' Europa avea avuto tempo di mettere il Governo di Torino alla stretta o di catturare lui o di prepararsi alla guerra . E allora che rovina ! Le genti del mezzodì deluse e cadute nell ' accasciamento ; egli e il suo partito umiliati ; Vittorio Emanuele costretto a rinnegare il pensiero unitario ! Ci sarebbero voluti molti anni a rimetter su gli animi ; e intanto , prima che tornasse un ' occasione , sarebbero divenuti vecchi , sarebbero forse morti il Re , Cavour , Mazzini , lui , tutta quella generazione ; e non si sapeva che cosa sarebbe poi avvenuto . Ora dunque egli e tutti sulle due navi respiravano contenti . Girata la punta dell ' Argentaro , ecco a destra l ' isola del Giglio con la sua costa erta e rocciosa e col suo borgo su in cima . Una freschezza , una pace ! Quanti di quei naviganti già vecchi e stanchi avranno pensato di venirvi un dì a trovarsi un posticino lassù , per invecchiarvi del tutto e morirvi , pensando alla loro odissea ! Ma ora l ' odissea non era finita , anzi andavano a crearne forse l ' ultimo canto . Più in là del Giglio , Montecristo , l ' isola dei sogni ; e lungo la costa occidentale dell ' Argentaro a guardare in su torri , torri e torri . Che strano arnese da guerra doveva essere stato quel monte ! E poi a sinistra Giannutri , luogo da capre selvatiche e da conigli . Di là da quelle isolette i due vapori pigliarono il largo ; dunque alle coste romane non c ' era proprio più da pensarci , e presto sarebbero entrati nelle acque napolitane . Veniva ai Mille la sera e la malinconia . Cosa si pensava di loro nelle loro città , nei loro villaggi , nelle loro case ? Davvero tutta l ' Italia doveva stare in grande ansietà . Ormai la spedizione era via da quattro giorni ; ogni istante poteva esser quello di una grande tragedia , in qualche punto del Tirreno . Se i due vapori si fossero imbattuti nella crociera napolitana , avrebbero dovuto arrendersi o avventarsi cannoneggiati contro le navi borboniche , lanciarsi all ' arrembaggio da disperati , e farsi saltar in aria con esse o pigliarsele . Chi sapeva mai ! Con Garibaldi e con Bixio alla testa , tutto era possibile . Ma se invece fossero stati catturati e menati nel porto di Napoli , dove quel Re potesse veder Garibaldi e i suoi là , sotto le finestre della reggia , prima di farli morire forse tutti , o empirne le sue galere ? Chi amava , pensava così e temeva e sperava ; e forse non sarà mancato chi anche peggio della cattura avrà augurato una tempesta di cannonate sui due vapori e il fondo del mare a chi vi era su , per tomba . Ma i due vapori andavano ancora sicuri . E andarono tutta la notte e tutto il giorno dipoi , che era il 10 , senza veder che cielo ed acqua come se fossero nell ' Oceano . A bordo , i pavesi cantavano . Tutto era quieto . Solo a una cert ' ora prima del mezzodì , ci fu un po ' di trambusto , perché uno del Lombardo si era gettato in mare , pel dolore di non essere riuscito a farsi inscrivere nei Carabinieri genovesi . Fu subito fermato il vapore ; una lancia vogò come saetta , giunse dove quell ' uomo si dibatteva tra le onde , e uno della lancia si chinò , lo tirò su mezzo morto ma come fosse un gingillo . Quel forte dalle braccia così gagliarde doveva essere , era certo il figlio di Garibaldi . A bordo si diceva così , perché così le moltitudini fanno la loro poesia , e infatti quel forte era proprio Menotti . Dopo , sul meriggio , il Piemonte cominciò a filar via più spedito e il Lombardo a rimanere indietro . La distanza s ' allungava ora per ora ... Dove voleva andare il Generale così solo ? Forse aveva pensato di dividere in due la spedizione , per non correre tutti la stessa sorte , se mai fosse stata avversa ? Chi lo sapeva ! Divisi , Piemonte e Lombardo , l ' uno o l ' altro sarebbero riusciti ad approdare , e riuscendo tutt ' e due , una volta sbarcati , facile sarebbe stato riunirsi nell ' isola . Era un nuovo dolore per quei del Lombardo , poiché se Bixio era Bixio , ben più fortunati erano coloro che si trovavano a correr le sorti del Generale , ora che la prova era così vicina . Finire con lui come che fosse , ognuno se lo poteva augurare . In un certo momento , mentre gli animi erano agitati così , Bixio chiamò tutti a poppa . Era furioso : Aveva scaraventato un piatto in viso a uno che s ' era lamentato dei superiori , e aveva perduto a lui il rispetto . - Tutti a poppa ! - E Bixio di lassù , dal ponte del comando , fremente come un ' aquila librata sull ' ali , già per piombare sulla preda , parlò : " Io sono giovane , ho trentasette anni ed ho fatto il giro del mondo . Sono stato naufrago , prigioniero , ma son qui e qui comando io . Qui io sono tutto , lo Czar , il Sultano , il Papa , sono Nino Bixio . Dovete ubbidirmi tutti : guai chi osasse un ' alzata di spalle , guai chi pensasse d ' ammutinarsi . Uscirei col mio uniforme , colla mia sciabola , con le mie decorazioni , e vi ucciderei tutti . Il Generale mi ha lasciato , comandandomi di sbarcarvi in Sicilia . Vi sbarcherò . Là mi impiccherete al primo albero che troveremo , ma in Sicilia , ve lo giuro , vi sbarcheremo . " Veramente esagerava , perché l ' atto di colui che lo aveva offeso era affatto individuale , e non meritava quel suo fiero discorso . Però quand ' egli ebbe finito e voltò le spalle , forse per non farsi vedere commosso , tutte le braccia erano alzate a lui , tra grida di lode . Ma da quel suo discorso parve a tutti di aver indovinato che il disegno di Garibaldi era proprio di tentar lo sbarco , egli e Bixio , ognuno da sé . Difatti il Piemonte era già quasi fuori della lor vista , sicché prima che fosse notte fatta , non ne scorgevano neppur più il fumo . E passò sul Lombardo un soffio di gran malinconia . Erano congetture . Di certo vi era che cominciava la notte dei pericoli veri . Ormai la marineria napoletana doveva sapere da un pezzo che la spedizione era in mare , e che si era forse già tesa tutta davanti all ' isola ad aspettarla . Garibaldi andava ad esplorare . Egli , prudentissimo e in guerra sempre geloso del proprio segreto , soltanto dopo salpato da Santo Stefano , poiché allora nessuno avrebbe più potuto propalar nulla , aveva detto al suo aiutante Turr di chiamargli Crispi , Castiglia e Orsini siciliani , per determinare il punto di sbarco . E in quella conferenza , abbandonato il suo primo pensiero di scendere a Castellamare del Golfo , aveva deliberato di tentarlo a Porto Palo , sulla costa tra Sciacca e Mazzara , dove è fama che il 16 giugno dell'827 siano sbarcati i primi Saraceni che invasero l ' isola , chiamati e guidati da Eufemio di Messina . Ma certamente questo fatto di mille anni avanti non entrò per nulla nella scelta di Garibaldi : perché né egli , né quegli uomini che stavano con lui , se anche lo sapevano , erano teste da fissarvisi su . Comunque sia , per andare a Porto Palo , i due vapori dovevano fare falsa rotta verso la Berberia , e poi , se le acque parevano libere , voltar di colpo verso Sicilia a trovarlo . Ma assai dopo il mezzo di quella notte dal 10 all'11 , Garibaldi giunto presso l ' isoletta di Maretimo , che nel gruppo delle Egadi è la più lontana dalla costa di Sicilia , deliberò di fermarsi celato dall ' isoletta e a lumi spenti , per aspettare il Lombardo . Da ponente e da tramontana vedeva i fanali delle navi napolitane in crociera , e in quei momenti doveva parergli d ' esser ne ' suoi tempi quasi favolosi di Rio Grande d ' America . Stato un pezzo in quel silenzio come in agguato , inquieto pel Lombardo che non appariva , tornò indietro per cercarlo . E coloro che stavano sul Lombardo e che a quell ' ora vegliavano , quando rividero il Piemonte lo credettero una nave nemica che corresse loro incontro a investirli . Lo credette lo stesso Bixio . Piantato sul suo ponte , egli fece levar su tutti e inastar le baionette ; comandò al macchinista di dar tutto il vapore , e al timoniere di voltar tutto a sinistra , per andare alla disperata addosso a quel legno . A prora Simone Schiaffino , capitan Carlo Burattini d ' Ancona , Jacopo Sgaralino di Livorno , con dietro una folla , stavano pronti per lanciarsi all ' arrembaggio , tutto il ponte del Lombardo fremeva , e mancava poco al grand ' urto . Ma allora sonò la voce di Garibaldi : - Capitan Bixio ! - Generale ! - urlò Bixio . - Indietro ! Macchina indietro ! Generale , non vedevo i fanali . - E non vedete che siamo in mezzo alla crociera nemica ? - La commozione era stata così grande , il passaggio dallo sgomento , dall ' ira , dalla ferocia alla gioia così repentino , che la parola ' crociera ' non fece quasi niun senso , e tutto fino a un certo segno tornò quieto . Intanto Garibaldi e Bixio si concertarono , poi i due vapori ripresero la via l ' un presso l ' altro verso l ' Africa , sempre però il Piemonte un po ' avanti . Così andarono fino all ' alba , e per le prime ore del mattino , in quell ' acque tra la Sicilia e le coste di Barberia , ma senza mai perder di vista il gruppo delle Egadi ; Levanzo lontana , Maretimo più in qua , ancor più in qua verso loro la Favignana . A bordo del Lombardo un Galigarsia , nativo di quell ' isoletta , povero milite che doveva morire quattro giorni dipoi a Calatafimi , diceva ad un gruppo di quei suoi compagni che in quell ' isoletta così bella v ' era un carcere profondissimo sotto il livello del mare , dove stavano chiusi sette compagni di Pisacane sopravvissuti all ' eccidio di Sapri . Condannati al patibolo e poi graziati , morivano ogni ora un po ' in quella fossa maledetta . Ma il sentimento del pericolo presente , la maravigliosa vista delle cose in contrasto col disgustoso stato in cui tutti si trovavano , pigiati da tanto tempo su quel legno , non lasciavano quasi posto alla pietà per chi dolorava altrove . Del resto , l ' ora era decisiva : o presto quei miseri sarebbero usciti liberi , o avrebbero avuto dei nuovi compagni . La Sicilia ! Tutti intanto sui due legni stavano accovacciati per ordine severissimo dei Comandanti , ma tutti guatavano dall ' orlo dei parapetti certi monti che dapprima parevano nuvolaglia e che svolgevano via nell ' aria vaporosa i loro profili sempre più netti . Quei monti per quei cuori eran già tutta la Sicilia che si animava , che esultava , che cantava alla loro venuta . E poco appresso , quando cominciò ad apparire una striscia bianca tra mare e terra , si diffuse la voce che là fosse Marsala . Marsala ! Tra quella e i due vapori erano libere le acque . Che fortuna ! Pareva che quella striscia bianca e tutta la terra movesse loro incontro , tanto la distanza si stringeva , tanto i due legni filavano agili , aiutati anche da un po ' di ponente che appunto allora si era messo . Dunque ancora forse qualche breve ora , e i due vapori avrebbero atterrato . Tutto dipendeva da questo , che non si staccassero da Marsala navi da guerra a incontrarli a cannonate . Ma la speranza era grande . Sul ponte del Piemonte che andava sempre avanti , quei del Lombardo vedevano Garibaldi circondato da un gruppo dei suoi , coi cannocchiali all ' occhio . Guardavano due legni da guerra bianchi , ancorati nel porto . Ad un tratto il Piemonte rallentò , si fermò quasi , pigliò su qualcuno da una barca peschereccia che veniva da Marsala . E da colui Garibaldi seppe che quei due legni erano inglesi ; che dal porto di Marsala , nella notte , n ' erano partiti due napolitani per Sciacca e Girgenti ; che in quella mattina stessa delle milizie venute il dì avanti eran tornate via dalla città , dirette a Trapani . La fortuna , dunque , era proprio tutta dalla parte di Garibaldi ! E il Piemonte filava e il Lombardo dietro con Bixio , che non sapendo ciò che Garibaldi sapeva , tempestava i suoi di star giù , minacciava ira ai marinai se gli sbagliassero manovra : Ma di sbarcare era anch ' egli sicuro : anzi a un certo momento che passò vicino al suo un piccolo legno inglese , egli gridò : " Dite a Genova che il general Garibaldi è sbarcato a Marsala oggi 11 maggio , alle una pomeridiana ! " Quella sicurezza di Bixio passò in tutti i cuori . Perciò non fece quasi senso l ' apparizione di due pennacchi neri , lontani , in giù a destra ; fumo di due navi da guerra certo , che dovevano venire a furia . Fulmini se mai giungessero in tempo ! Ma esse quel tanto spazio non potevano divorarselo ; la terra era ormai vicinissima : si distingueva già il molo e fino la gente . Un altro po ' di ansietà , poi ... Lo sbarco E poco appresso il Piemonte imboccava il porto , e vi si andava a posare in mezzo come in luogo suo . Bixio , nella rapina dell ' animo tempestosa , lanciò il Lombardo come un cavallo sfrenato , andasse pure ad investire , a spaccarsi , magari a sommergersi , tanto meglio ! Così , una volta sbarcati , quelli che vi stavan su avrebbero capito che non v ' era più via di ritorno . E si fermò così fuori del molo destro , a poche braccia da quella riva . Era il tocco dopo mezzodì . Nessuna poesia potrà mai dire l ' anima di quella gente in quell ' ora . Ecco il momento degli uomini di mare . Benedetto Castiglia , capo della marineria da guerra sicula nel 1848; capitano Andrea Rossi da Diano Marina , capitan Giuseppe Gastaldi da Porto Maurizio , Burattini , Assi , Sgarallino , Schiaffino e tutti quelli che com ' essi erano marinai , scesero a raccoglier nel porto quante barche vi si trovavano . E per amore o per forza le fecero lavorare . Bisognava far presto a levar la gente e le poche cose da guerra e le artiglierie dai due vapori , perché in men di due ore quelle navi che si vedevano sempre più vicine potevano giungere a tiro e fare una strage . Intorno al Lombardo e al Piemonte parve un finimondo . Intanto Turr con Missori , Pentasuglia , Argentino , Bruzzesi , Manin , Miocchi , discesi primi , salirono alla città , su cui cominciavano a sventolare bandiere d ' altre nazioni , ma le più inglesi . E dalla città alcuni cittadini calavano al porto timidamente . Dei ragazzi li precedevano a corsa ; sopraggiungevano frati bianchi , che davano poderose strette di mano a quegli strani forestieri sbarcati in armi e tutti vestiti alla borghese , salvo pochi in qualche divisa piemontese o in camicia rossa , forse una cinquantina . E quei frati facevano delle domande strane , da curiosi ma semplici ; e udendo da uno dir che era di Venezia , da un altro di Genova , di Milano , di Roma , di Bergamo , inarcavano le ciglia , maravigliati come se l ' esser essi potuti giungere nella loro Sicilia da quelle città , fosse cosa quasi fuori del naturale . In un ' ora o in un ' ora e mezzo al più , tutta la spedizione fu a terra . Qualcuno si ricordò che quel giorno era venerdì , malaugurio ; qualcun altro disse che era pur venerdì il giorno in cui Colombo partì da Palos , e che andassero al vento le superstizioni ... ! Ma a un tratto tuonò una prima cannonata . Le navi borboniche giungevano a tiro . Erano tre : due a vapore più vicine , la terza a vela tirata a rimorchio da una di esse e lasciata poi indietro per far più alla lesta . Ma anche quella si avvicinava . E avrebbe potuto tirar qualche poco prima , ma avevano indugiato alquanto i lor fuochi , perché i due legni inglesi Argus e Intrepid ancorati nel porto avevano pregato a segnali di bandiere di non tirare , finché i loro ufficiali da terra non fossero tornati a bordo . Difatti dei marinai in calzoni bianchi uscivano da Marsala e scendevano frettolosi al mare . E allora quelle navi cominciarono a sfogarsi contro gli sbarcati , le due a vapore con tiri quasi in cadenza , quella a vela addirittura a fiancate . Però i loro proiettili o davano in acqua , sguisciando poi a rotolar sulla riva già mezzi morti , o non oltrepassavano guari la linea del molo . Cadde qualche granata in mezzo alle compagnie già ordinate , ma queste pronte , si gettarono a terra e lasciarono scoppiare : una di quelle colpì e sfasciò mezzo un casotto da doganieri del molo ; un ' altra fece tremare la settima Compagnia , passandole parallela alla fronte , così che due braccia più a sinistra la mieteva tutta . " Alte le teste ! " gridò Cairoli ; e la Compagnia stette salda . Alfine fu dato il comando di salire alla città . Manin e Maiocchi regolavano la corsa a gruppi . Un po ' curvi , un po ' carponi , un po ' ritti , regolandosi alle vampate dei cannoni nemici , correvano quei gruppi su per il pendio verso la porta della città e vi entravano . Cara Marsala ! E di qua e di là si spandevano per le vie traverse , perché in faccia a quella maestra era andata a porsi una delle fregate , e tentava , coi suoi tiri , d ' infilare la porta . Poca gente per quelle vie ; degli usci si chiudevano ; dalle soglie d ' altri usci e dalle finestre donne e uomini guardavano paurosi ; e ve n ' erano che applaudivano , i più parevano gente trasognata . Garibaldi , sbarcato degli ultimi , saliva anch ' egli ma lento alla città , portando la sciabola sulla spalla come un contadino la zappa . E ogni poco si volgeva a guardar il porto . Gusmaroli e altri pochi che lo seguivano , avrebbero voluto portarlo via di peso dal pericolo d ' essere ucciso o soltanto ferito in quel primo istante . Senza di lui non si sapeva cosa sarebbe stato di quel gruppo d ' uomini , fossero pur molti i grandi e i forti tra loro . Egli da solo era un esercito . Ma nessuno osava dirgli che si guardasse , nessuno , neppur Bixio , venuto via addirittura l ' ultimo da bordo . Egli aveva voluto prima far portare a terra tutto ciò che gli era parso buono a qualcosa , poi non avendo più nulla da farvi , aperti egli stesso i rubinetti delle macchine affinché il Lombardo s ' empisse d ' acqua , era disceso . Intanto le navi borboniche continuavano a tirare . E fu saputo subito che le due fregate a vapore si chiamavano Stromboli e Capri , e che quella a vela , tanto maestosa , era la Partenope . Ah ! La Stromboli ! V ' erano tra gli sbarcati quei tali sette che vi avevano navigato su nel 1859 fino a Cadice , con gli altri deportati che dovevano andare a finire in America . Ora la riconoscevano ai profili . Non erano più quei tempi , sebbene fossero ancora tanto vicini : né era più l'11 luglio del 1849 , quando , comandata da un Salazar , la Stromboli aveva inseguito i trabaccoli siciliani che , fallito loro lo sbarco in Calabria , andavano a rifugiarsi nelle Ionie . Lo Stromboli allora aveva issato bandiera inglese , perfidamente ingannando quei siciliani , e li aveva catturati e condotti a lunghe pene nelle carceri dei Borboni . Adesso era lì mortificata con quegli altri due legni , cui non restava che pigliarsi il Piemonte per menarlo via . Quanto al Lombardo l ' avrebbero dovuto lasciar là giacere , come un mostro marino sputato sulla spiaggia . Testimoni di quei fatti stettero i due vapori inglesi , ammirando la discesa e la prontezza e l ' ordine con cui tutto era avvenuto . E non sapevano che si sarebbe subito gridato e ripetuto poi lungamente pel mondo che essi avevano aiutato Garibaldi , e che anzi per aiutarlo s ' erano trovati là apposta . Furono voci false . L ' Argus stava in quel porto da parecchi giorni per proteggere gli inglesi residenti in Marsala , L ' Intrepid v ' era giunto di passaggio da poche ore , e poche ore dopo se n ' andava per Malta . Il proclama A guardia del porto , se mai dalle navi borboniche sbarcasse della gente , rimasero la 7° Compagnia e i Carabinieri genovesi . Con le loro infallibili carabine , quei genovesi , che , per dir così , davano in una capocchia di chiodo a trecento metri , avrebbero presto levato ogni voglia di sbarcare a chi l ' avesse tentato . Da mare dunque Garibaldi non aveva da temere . Da terra sì . Per questo mandò ricognizioni verso Trapani e verso Sciacca , fece uscire dalla città quanto poté più delle Compagnie , fors ' anche non si fidando dei vini del paese pei loro effetti sulle teste di quei suoi uomini , i quali in cinque giorni non avevano mangiato che poco biscotto e bevuto acqua di botte quasi imputridita . Per esplorare il paese montò egli stesso sulla cupola della Cattedrale , cui passarono subito ben vicine due granate delle navi che avevano visto gente lassù . Disceso andò al Municipio , e di là disse alla Sicilia la sua prima parola : " Siciliani ! Io vi ho condotto un piccolo pugno di valorosi , accorsi alle vostre eroiche grida , avanzi delle battaglie lombarde . Noi siamo qui con voi , ed altro non cerchiamo che di liberare il vostro paese . Se saremo tutti uniti sarà facile il nostro assunto . Dunque , all ' armi ! Chi non prende un ' arma qualunque , è un vile o un traditore . A nulla vale il pretesto che manchino le armi . Noi avremo i fucili , ma per il momento ogni arma è buona , quando sia maneggiata dalle braccia di un valoroso . I Comuni avranno cura dei figli , delle donne , dei vecchi che lascerete addietro ! La Sicilia mostrerà ancora una volta al mondo , come un paese , con l ' efficace volontà d ' un intero popolo , sappia liberarsi dei suoi oppressori . " Di questo proclama , affisso alle cantonate di Marsala , furono mandati esemplari alle città vicine , e lontano alle squadre che tenevano i monti . Bisognava che la gran voce andasse , e infiammasse la rivoluzione già quasi vinta . I Marsalesi leggevano e cominciavano a comprendere , coloro che cinque giorni avanti non avevano osato insorgere al grido di Abele Damiani , loro concittadino , adesso pigliavano animo , seguisse poi ciò che potesse , perché con quegli italiani c ' erano pur Crispi , La Masa , Orsini , Palizzolo , Carini , tutti dei loro , proprio dell ' isola , e tutti già celebri fin dal '48 . E poi avevano visto Lui , Garibaldi in persona . Se la colonna del generale Letizia , che il giorno avanti aveva fatto la sua comparsa minacciosa , e se n ' era andata credendo di lasciarsi dietro tutto tranquillo , fosse anche rinvenuta ; avrebbero avuto da far con Garibaldi , con quei suoi ufficiali facili a riconoscersi per uomini di guerra sul serio , con quella gente un po ' d ' ogni età ma pratica d ' armi e disciplinata , con loro infine e con al loro città che si sarebbe difesa . Anche il popolino pigliava via via confidenza con quei forestieri . Nelle taverne , nelle botteghe dove essi entravano per rifocillarsi e provvedersi di qualche cosuccia necessaria , la gente faceva subito folla . E si tratteneva a sentirli parlare . Come erano buoni e cortesi ! Le donne osservavano che molti portavano i capelli lunghi , cosa strana per soldati , e che avevano gli occhi azzurri e le mani e i panni indosso da veri signori . I bottegai ricevevano le monete con su l ' effigie di Vittorio Emanuele , mirando e facendo mirare i gran baffi del Re di cui avevano sentito parlar vagamente , domandavano se Garibaldi fosse suo fratello . Davano i resti in mucchi di monete luride e fruste , e facevano tutto gli uni e gli altri con gran fidanza . Quelle non erano ore da inganni . Correvano intanto dei racconti curiosi di particolari minuti dello sbarco , un fatterello seguito qua o là , a questo o a quell ' altro di questa , di quella Compagnia . Faceto , nel serio , ma vero , si diceva che appena sceso a terra , un Pentasuglia , pratico del mestiere , era entrato nell ' ufficio del telegrafo , dove l ' impiegato aveva appena finito di annunziare a Palermo e a Trapani che gente armata sbarcava da due legni sardi . Ripicchiavano appunto da Trapani , domandando quanti fossero gli sbarcati ; e il Pentasuglia aveva risposto egli stesso : - Mi sono ingannato , sono due vapori nostri . - Poi , stato un istante ridendo a sentirsi dare dell ' imbecille da Trapani , subito aveva tagliato il filo . * Dunque la gran notizia era andata , e a quell ' ora la avevano già a Napoli nella reggia . Ivi che sgomento e che collera ! Se ne aspettavano ben altra . Il giorno 6 avevano saputo della partenza di Garibaldi da Genova , e protestato col telegrafo a tutte le Corti d ' Europa contro il Pirata e contro chi lo doveva aver favorito . La mattina del 7 , il Re era andato a far le sue divozioni a San Gennaro , e il Governo aveva mandato ordini alla flotta " d ' impedire a ogni costo lo sbarco dei filibustieri ; di respingere con la forza ; di catturare i legni . " Poi erano stati quattro giorni d ' angoscia mortale . E ora lo sbarco era avvenuto ! Ma ancora assai che l ' invasore era andato a mettersi dal punto più lontano dalla Capitale ! Tempo e spazio per schiacciarlo non sarebbe mancato . Pure il colpo era tremendo . Ancor più tremendo il colpo doveva essere sentito a Palermo , dove il luogotenente del Re , principe di Castelcicala , e i generali e l ' esercito avevano così vicino l ' uomo temuto . Chi sapeva mai in quale trambusto era la gran città , se anche la popolazione era già venuta a conoscere che il Garibaldi annunziato da Rosolino Pilo stava in Sicilia davvero ? Intanto a Marsala bisognava vegliare . Potevano giungere nella notte numerose truppe da Trapani , da Sciacca , dal mare ; e l ' impresa garibaldina , così ben riuscita nella traversata e nello sbarco , finire là in quella piccola città come già quella di Pisacane a Sapri . Ma la notte passò tranquilla ; verso l ' alba furono ritirati gli avamposti , raccolte le compagnie e tutto approntato per la prima marcia verso l ' interno . In marcia Alla chiamata non mancava neppure un uomo . Ed era naturale . Ognuno sentiva in sé il pericolo di rimaner isolato ; ognuno , per quanto piccolo , aveva coscienza della propria responsabilità . Quasi staccati dal mondo , ridotti per dir così in un campo chiuso dove erano discesi a mettersi da sé , comprendevano , chi più chi meno , molti forse confusamente , che trovarvisi non voleva dire soltanto essere in guerra contro altri soldati ne ' quali da un ' ora all ' altra si sarebbero imbattuti ; e che quella che erano venuti a cercare non era una guerra come tutte le altre . Vincere dovevano ad ogni costo , perché dall ' isola non potevano più uscire che vincitori ; ma soprattutto bisognava non lasciar perire Garibaldi . Era coscienza dunque che ognuno desse tutto sé stesso , e che tutti insieme si facessero amare dal popolo siciliano per virtù e purezza in tutte le azioni . Perciò si udirono fieramente rimproverar dai compagni certi pochi che nella notte s ' erano dati bel tempo . Diceva Enrico Moneta da Milano , piccolo soldatino della 6° Compagnia , di diciannove anni , uno dei quattro fratelli che l ' anno avanti erano stati Cacciatori delle Alpi , diceva che chi era là per aiutare quel mondo a mutarsi , doveva badare ad essere austero ancor più che prode . - Per di più , quella che stava per accendersi era sotto un certo aspetto una vera guerra civile . E se per quella trafila doveva passare l ' Italia a divenire nazione , bisognava badare a farsi onore e a far onore anche al nemico pur vincendolo , per lasciargli possibile l ' oblio della sconfitta senza viltà , e facile e pronto il ritorno all ' amore . Tali spiriti si venivano formando negli animi anche di quelli che non avrebbero saputo spiegarsi a manifestarli , così come uno quasi senza che se ne avveda si ritempra d ' aria pura . Schierate fuor di Marsala sulla via che mena a Sciacca , stavano tutte le compagnie con gli altri piccoli corpi . Il tempo era bello e fresco , la guazza sull ' erbe magre di quello spiazzo pareva quasi una brinata . Il mare dormiva : lontani , già verso l ' Egadi , i legni napolitani rimorchiavano il Piemonte . E per tutto era una quiete diffusa , anche nella città che pareva avesse già dimenticato il turbamento del giorno innanzi . Pochi cittadini si aggiravano intorno alle compagnie . Qualcheduno armato di doppietta era là per seguirle . Faceva senso tra gli altri un signore , forse di trentacinque o quaranta anni , taciturno e pensoso . Si chiamava Gerolamo Italia . Egli di là fino all ' ultimo di quella guerra nel Regno , marciò poi , fido alla 6° Compagnia , semplice milite , sempre pensoso e modesto . Una tromba suonò in distanza , poi comparve Garibaldi a cavallo . Indossava camicia rossa , portava i calzoni grigi da generale ma senza le strisce d ' argento , e in capo teneva il suo solito cappello dalla foggia che allora si diceva all ' Orsini o anche all ' ungherese , come glielo hanno poi fatto gli scultori quasi in tutti i monumenti ; e gli sventolava dietro un gran fazzoletto annodato al collo . Teneva il mantello americano ripiegato sull ' arcione davanti . Dietro di lui cavalcavano il suo stato maggiore e alcuni delle Guide , Nullo tra gli altri , bellissimo nella sua divisa del '59 , tutta grigia con alamari neri e galloni da sergente . Pareva col suo cavallo un solo getto di bronzo . Il Missori indossava la giubba rossa da ufficiale con alamari d ' oro . Al passaggio del Generale non furono presentate le armi . Egli certe cose non le voleva . Tirò via , guardando le Compagnie molto ilare in viso ; poi queste si mossero , fianco destro , trombe in testa e partirono . Quelle trombe suonavano le arie semplici ma pungenti de ' bersaglieri di La Marmora ; il passo delle compagnie era franco , nessuno si sentiva più mareggiare il terreno sotto , come il giorno innanzi dopo lo sbarco ; e quando spuntò il sole cominciarono i canti . A forse un miglio da Marsala , la testa della colonna svoltò per una via traversa che , staccandosi dalla consolare , menava verso l ' interno tra vigneti allora già in pieno rigoglio . Passati i vigneti cominciarono gli oliveti , e pareva che quella prima marcia dovesse condurre a vedere meravigliose colture . Verso le undici la colonna fece il grand ' alto in una conca , presso una casa bianca , fresca , silenziosa , con a ridosso delle fitte macchie d ' olivi vetusti . Là , Garibaldi , seduto a ' piedi d ' uno di quegli alberi , come se fosse l ' ultimo di quella gran Compagnia , si mise a mangiar del pane . Tutta la conca era popolata di gruppi , tutti mangiavano gagliardamente il saporito pane di Marsala ; quanto a bere , pei novellini che s ' erano imbarcati senza fiaschetta , c ' era presso la casa un pozzo , e intorno a questo molti facevano ressa contendendosi un poco d ' acqua . Il Generale guardava con certa compassione quei poveri ragazzi : " Poveri ragazzi ! " come fu udito dire egli stesso . Ripresa la marcia , spuntato il valichetto del colle in cui giaceva quella conca , la colonna si vide davanti una distesa ondulata senz ' alberi , senza case , il deserto . - Come la Pampa ! - dicevano alcuni che nella loro vita avevano visto l ' America . E in quel deserto s ' inoltrò la spedizione , sotto un sole , ah che sole ! E che peso i panni ! Felici coloro che ne avevano appena indosso tanto da non andare scoperti . E quella prima marcia fu una gran prova , ma nessuno rimase indietro . Eppure c ' erano dei giovanetti che ad ogni passo parevano doversi lasciar cadere in terra sfiniti . Ma lo spirito li reggeva , e continuavano a marciare , aiutati anche dai compagni più esercitati che levavano loro fino il fucile , tanto che ricogliessero un po ' di fiato . Dove mai si sarebbero fermati ? Per quanto guardassero a sinistra , a destra e davanti , nulla , mai un ciuffo d ' alberi , mai una casa . Cosa era dunque la Sicilia già granaio d ' Italia ? Degli uomini pratici di campi dicevano che tutta quella miseria dipendeva dal disboscamento , altri che dai latifondi , dal feudalesimo , dai frati . Il fatto era che quel deserto metteva un senso di sgomento nei cuori . Là sarebbe stato bello trasformarsi in un esercito di legionari alla romana con la marra , la vanga , gli aratri di Lombardia ! Ma là non c ' erano le acque di Lombardia ; anzi non ci si trovava neppure da dissetarsi . E alcune voci intonavano il coro del Verdi : ' Fonti eterne , purissimi laghi ... ' * Finalmente quando già si faceva sera , apparve lontano un corpo di casa massiccio e scuro , su di un rilievo un po ' più spiccato di quella campagna . Era il maniero di Rampagallo , quello che si chiamava bellamente feudo , come se là il feudalesimo fosse ancora una cosa viva . E tutto , dai muri massicci , alle finestre , alla gran porta , ai cortili dentro , ai contadini che vi si aggiravano , tutto vi aveva infatti una fisionomia d ' antichità corrucciata . Le Compagnie si accamparono davanti a quel vasto casamento su di un pendio erboso , che dopo l ' arsura della lunga giornata pareva dar un carezzevole senso di refrigerio . A pié dei loro fasci d ' arme , mangiarono il loro pane , e in silenzio si addormentarono . Ma i pochi che per servizio dell ' accampamento vegliavano , videro di prima notte entrar nel gran cortile di Rampagallo una piccola schiera d ' uomini , forse sessanta , condotti da tre o quattro cavalieri , alti su degli stalloni piuttosto che sellati , bardati , con attraverso sulle cosce dei lungi fucili . Gli uomini a piedi erano armati di doppietta , con alla vita la ventriera per le cartucce e qualche pugnale . Vestivano panni strani , parecchi avevano sopravesti e cosciali di pelli caprine , e portavano in capo dei berretti quasi frigi o dei cappellacci a cencio . I loro capi , fratelli Sant ' Anna e barone Mocarta , passarono da Garibaldi . Egli fece liete accoglienze a quel primo manipolo che la Sicilia armata gli dava ; la scena era quasi da medio evo : pareva proprio che in quelle ore in quel luogo quei signori fossero giunti per prestare l ' omaggio a un conquistatore . Ma Garibaldi che sapeva ricevere come un re , nello stesso tempo sapeva parere quasi inferiore a chi gli si presentava , onde quel fascino e quel suo dominio sui cuori , da cui subito quei siciliani si sentirono presi . E uscivano da quel ricevimento , magnificando . A Salemi A levata di sole , il giorno appresso che era domenica , la colonna si mise in cammino . Andava alla testa la 1° Compagnia con Bixio , il quale aveva l ' ordine d ' avanzarsi fino a Salemi , grosso borgo che fu presto veduto apparire lontano in cima a un monte . Bella vista a guardarlo , ma poveri petti ! La salita lassù fu faticosissima e lunga ; però , quando le compagnie vi giunsero , provarono un forte compiacimento . Tutta la gente aspettava gridando : " Garibaldi ! Garibaldi ! " storpiandone il nome con alterazioni strane ; ma insomma era un vero delirio . E le campane squillavano a festa ; e una banda suonava delle arie eroiche . Via via che le compagnie giungevano nella piazza , si trovavano avvolte da uomini , da donne , persin da preti ; e tutti abbracciavano , molti baciavano , molti porgevano boccali di vino e cedri meravigliosi . Ma v ' erano anche dei poveretti , troppi ! i quali stendevano la mano per dar a capire d ' aver fame , facevano certi segni da parer nemici se non fossero stati i loro occhi pieni di umiltà . - E noi pure abbiamo fame ! - rispondevano quei soldati stizziti , ma parecchi davano degli spiccioli a quella povera gente , che largiva loro dell ' Eccellenza . E Garibaldi qual è ? Domandava la folla . Passava Turr . E ' questo ? No . Passava Carini . Dunque sarà questo ? No . Ognuno dei più belli e prestanti tra i grandi della spedizione , per essa doveva essere Garibaldi . Chi sa quale se lo immaginavano ! Ma quando lo videro , quei siciliani quasi quasi si inginocchiarono . Oh che viso , che testa , che santo ! Egli sorridendo si levò come poté dalla turba , e andò a mettersi al suo lavoro . Cominciava così a formarsi intorno a lui la leggenda che pigliò poi tante forme ; da quella che un angelo gli parasse le schioppettate , a quell ' altra che fosse parente di Santa Rosalia e fin suo fratello . Stettero poco a giungere delle cavalcate da tutte le parti , e poi drappelli di insorti come quei della notte avanti , a cento , ducento , trecento ; e chi portava lo schioppo ancora a pietra focaia , chi la doppietta , chi fino il trombone . I più erano armati di picche , e tutti insieme , per quelle viuzze a salite e discese ripide , facevano un chiasso più da sagra che da rivoluzione . Ma si udivano anche delle grida ingiuriose ai Borboni , e delle canzoni che ferivano il nome di Sofia regina . E spiacevano . Dopo mezzodì fu affisso alle cantonate un proclama . Ah ! Ora dunque tutto è nelle mani sue ! - dicevano i militi , e pareva loro che quel titolo di Dittatore infondesse una forza di disciplina superba . E pensavano al nemico . Non si sarebbe fatto vedere ! O bisognava andare a trovarlo ? Già , di salir lassù a Salemi per trovar loro , non avrebbe certo tentato . Chi sapeva mai ! Ma a buon conto , già dalle prime ore , erano partiti per gli avamposti i Carabinieri genovesi , e più lontano ancora era andata una mezza squadra della Compagnie di Bixio . In quella squadra , comandata dal giovanissimo Ettore Filippini veneziano , si trovavano da semplici militi Raniero Taddei ingegnere e Antonio Ottavi tutt ' e due da Reggio Emilia , ufficiali esperti e considerati nelle guerre passate ; e così da quella parte il servizio di campo era bene affidato . Intanto gli artiglieri avevano già piantato alla meglio una sorta di officina , dove lavoravano a costruir gli affusti pei canoni di Orbetello . Giuseppe Orlando e Achille Campo , coi soli e primitivi strumenti che avevano potuto trovare dai carrai di Salemi riuscivano a far miracoli di meccanica ; e il giorno dipoi i tre cannoni e la colubrina , rimessa un po ' a nuovo anch ' essa sul suo carretto , facevano buona promessa che nello sparo non si sarebbero , rimboccandosi indietro , avventati addosso ai loro serventi . E quel giorno fu veduto giungere in Salemi un giovane monaco , raggiante di quell ' allegrezza che ognuno ricorda d ' aver letto in viso ai sacerdoti del '48 . Chi non aveva udito benedire la patria da qualche pulpito , in quell ' anno che pareva ancora tanto vicino ? E poi appresso , dall ' oggi al domani , le chiese erano divenute mute . Pio IX s ' era disdetto , e la coscienza delle moltitudini tra la patria e la religione s ' era confusa . Pure , a non lungo andare , le moltitudini avevano poi ripreso lume da sé , e poiché la patria doveva a ogni modo rifarsi , o s ' erano messe ad aiutar la grand ' opera , o se non altro avevano lasciato che si andasse svolgendo , spettatrici non ostili né indifferenti . Ma laggiù nell ' isola , dove il clero viveva ancora delle passioni civili del popolo , i sacerdoti in generale erano caldi patriotti . Quel monaco si chiamava fra Pantaleo . Era un bello e robusto giovane di forse trent ' anni , che parlava come se fosse uscito allora da un cenacolo miracoloso , donde avesse portato via il fuoco degli apostoli nell ' anima e nella lingua . Piacque ma non a tutti . Tra quella gente dell ' alta Italia , v ' erano i diffidenti e gli avversi per sistema agli uomini di chiesa ; ma poiché Garibaldi accolse bene il monaco , e lo chiamò l ' Ugo Bassi delle sue nuove legioni , anche quelli rispettarono il frate e lo lasciarono predicare . Intanto riconoscevano che la parola di lui immaginosa e ardente era una forza di più . Continuavano ad arrivare squadre alla spicciolata , e tra quello scorcio di giornata e tutta l ' altra appresso si poté calcolare alla grossa che quegli insorti fossero già due migliaia . Non dovevano essersi mossi da lontanissimo , anzi era da presumersi che fossero tutti della estrema parte occidentale dell ' isola ; dunque una volta che Garibaldi si fosse avanzato verso il centro , si sarebbe trovato tra popoli che avrebbero fatto levar su il fiore della gioventù pronta a seguirlo . Frattanto quelli che erano già lì si mostravano ossequenti , guatavano con occhio cupido i fucili del Mille , che per quanto meschini erano sempre armi da guerra ; ma discorrendo di fatti d ' arme , essi così saldi a star al fuoco e a sparar da fermi contro il nemico , essi così destri e fieri nei loro duelli ad armi corte , se sentivano parlar d ' attacchi alla baionetta , quasi raccapricciavano . Piovve dirotto tutta la notte tra il 13 e il 14 , e poi tutto quanto questo giorno con tedio grande e grande stizza di tutti , perché il mal tempo li faceva indugiar lassù in quell ' ozio . Ed essi erano tormentati da un desiderio inquieto di trovarsi alla prima prova , per esperimentare il nemico con cui avevano da fare , e di cui , non sapendo nulla di preciso , sentivano dir le cose più stravaganti . Neppur dagli avamposti avevano segno che fosse in movimento . Che faceva ? Il nemico Da Palermo , sin dall ' alba del 6 , era partita una colonna comandata dal generale Landi , vecchio di settant ' anni , promosso di fresco a quel grado . Da soldato egli aveva combattuto contro le rivoluzioni siciliane , sin da quella del 1820 , ed era venuto su grado grado in quella milizia stagnante , che sentiva d ' essere mantenuta più per assicurare il Re contro i sudditi che per difendere il Regno . Questo se ne stava infatti sicuro , coperto com ' era dallo Stato pontificio e protetto dal mare . Quel Landi era un uomo pio . In marcia si era fermato a sentir messa a Monreale , per santificare la domenica , proprio quella domenica in cui Garibaldi con la spedizione faceva il suo primo giorno di mare . Poi , continuando la sua via molto adagio , andando in carrozza alla testa della sua colonna , il 12 aveva fatto sosta in Alcamo . Di là partito la notte per Calatafimi , v ' era giunto la mattina del 13 , appunto mentre Garibaldi saliva a Salemi . Da Calatafimi aveva scritto lettere dogliose al Comandante in capo dell ' isola , annunziando che prima di marciar su Salemi , dove sapeva trovarsi una banda di ' gente raccogliticcia ' , voleva aspettare un battaglione del 10° di linea che gli avevano promesso . Ignorava ancora lo sbarco di Garibaldi , ignorava che quelle genti raccogliticce erano i Mille con Garibaldi in persona . Ma , il 14 sapeva già qualche cosa di più , e scrivendo parlava di ' emigrati sbarcati ' . Si proponeva d ' andare il 15 ad attaccarli . Poi risolse d ' aspettar a Calatafimi , " posizione tutta militare , molto vantaggiosa all ' offensiva ed alla difensiva ed essenzialmente necessaria ad impedire che le bande si scaricassero su Palermo da quel lato della Consolare " . E il 15 , fermo nel suo proposito , scriveva che " tentare un assalto a Salemi sarebbe un ' imprudenza ed un avventurare la colonna fra la imboscata nemica . " Mostrava dunque di ignorare il numero degli avversari ma di temerli : e veramente spie la Sicilia non ne diede a lui allora , né ad altri dopo ; però egli li chiamava già ' Garibaldesi ' . Tuttavia non nominava Garibaldi quasi che a scriver quel nome temesse di vedersi apparir lì innanzi il terribile uomo . Forse ripensando al passato , rammentava che quel giorno stesso cadeva l ' anniversario di due grandi fatti : il 15 maggio del 1848 , re Ferdinando spergiuro aveva fatta far la strage nelle vie di Napoli , chiuso il Parlamento , tradita la nazione ; il 15 maggio del 1849 , oppressa la rivoluzione in tutta la Sicilia , il generale Filangeri era entrato in Palermo vittorioso . E rammentando , forse quel povero Landi sperava . * Non si potrebbe dire se Garibaldi , pensando anche egli a quelle date , abbia aspettato quel giorno 15 come una scadenza di buon augurio . Un po ' preso da certi fili era egli pure , e spesso la sua bella stella Arturo guardata da lui gli aveva fatto venir su dal cuore il consiglio buono . Comunque sia , all ' alba del 15 maggio , fatto leggere alle compagnie un suo ordine del giorno che piantava nei cuori le risoluzioni supreme , mise il suo piccolo esercito in marcia . Le compagnie mossero con la sinistra in testa , e così andava innanzi alle altre la 8° bergamaschi ; orgoglio di Francesco Nullo e di Francesco Cucchi , gran ricco questi che dato di suo largamente a denaro , adesso era pronto a dar l ' anima . Ma i carabinieri genovesi la precedevano , e le guide erano già assai più oltre di questi . Discendeva quella gente da Salemi per le giravolte che fa la via calandosi nella valle ; e Garibaldi , fermo ancora appena fuor da Salemi lassù , a quei che giunti a mezzo la china si volgevano a guardarlo , pareva librato nell ' aria . Il popolo della cittadetta affollava il ciglio del monte attorno alle mura , e gridava a modo suo gli augurii a chi se n ' andava ... Certamente quello sarebbe stato giorno di battaglia , e molti di quegli uomini che partivano non avrebbero veduto andar sotto quel sole che nasceva . Coi Mille camminavano le squadre . Ed essi non già più così , ma le chiamavano ' Picciotti ' , dilettandosi in questo nome paesano che pareva l ' espressione del confidente abbandono con cui quegli uomini si erano messi nelle mani di Garibaldi . Per vezzo chiamavano ' Picciotto ' qualcuno delle compagnie che avesse tipo più di meridionale : carissimi pel gran valore militare , ma dolci a ricordare anche per questa cosa da nulla , Ferdinando Secondi da Dresano studente di legge e Giuseppe Sisti da Pasturago studente di matematica , della compagnia Cairoli . Parevano proprio nati dalla più bella gente aristocratica dell ' isola . Altri d ' altre compagnie si erano fin vestiti da ' picciotti ' ; bellissimo tra tutti Francesco Margarita da Cuggiono che col berretto frigio nero , con la giacca mezza fatta di peli e cosciali pure fatti di pelle , pareva un tipo di baronetto da star bene in uno di quei feudi là intorno . Avevano smesso i panni di gala e i cappelli a cilindro , alcuni che s ' erano imbarcati a Genova forse appena usciti dal teatro o da qualche salotto , e anch ' essi vestivano alla siciliana . Dal capo alla coda della colonna , correva come un fluido che fondeva sempre più in un sentimento di forza e d ' allegrezza tutti quegli animi ; e via via che la colonna avanzava , pareva che ognuno fiutasse nell ' aria la misteriosa presenza del nemico . A un certo punto , si ripiegò sulla colonna un drappello di uomini che scendevano da certi pagliai fuori di mano nella campagna . Parevano irati . Erano quelli della mezza squadra della Compagnia Bixio , che andati agli avamposti da quarantott ' ore , erano stati via sotto la pioggia e fin senza pane . Raccontavano che poco avanti era capitato a trovarli lo stesso Bixio , e che li aveva assai bruscamente ripresi , come se avessero avuto qualche gran torto . Ma essi , pazienti , da quel terribile che non mangiava , non dormiva , tempestava giorno e notte non lasciando quiete neppur le pietre , si erano lasciati dir tutto ; e ora lieti di ricongiungersi ai compagni , vi portarono in mezzo la gran notizia , Sì ! Il nemico doveva essere , anzi era certo non lontano , già in posizione . Dunque tra poco la battaglia . E intanto si vedevano le squadre dei ' Picciotti ' svoltare per le vie traverse , anche i cinquanta o sessanta che andavano a cavallo , e allontanarsi , pigliare i monti . Dove andavano ? Nessuno ci capiva nulla . La bandiera Durante una breve sosta , che fu fatta fare alla colonna , passò l ' ordine di mandar la bandiera al centro della 7° Compagnia , quella del Cairoli . Da Marsala fin là , quella bandiera l ' aveva custodita la 6° del Carini . E la portava Giuseppe Campo palermitano , uno che nell ' ottobre avanti aveva tentato la rivoluzione a Bagheria presso Palermo , e che lasciato quasi solo era fuggito dall ' isola a Genova . Ma ora tornava portabandiera dei Mille . Egli dunque con sei militi della 6° andò al centro della 7° salutato da questa con molto onore . E allora alla bandiera fu tolto per la prima volta l ' incerato da Stefano Gatti mantovano . Sfavillarono al sole da una parte del drappo , ricchissimi nei tre colori , emblemi d ' argento e d ' oro che figuravano catene infrante e cannoni ed armi d ' ogni sorta , con su un ' Italia , in forma d ' una bellissima donna trionfante colla corona turrita . E dall ' altra parte , a lettere romane trapunte in oro , spiccava questa leggenda : A GIUSEPPE GARIBALDI GLI ITALIANI RESIDENTI A VALPARAISO 1855 . Su tre grandi nastri pendenti dalla cima dell ' asta tutto bullettine d ' oro , brillavano pure d ' oro tre parole che allora facevano sospirare come roba da sogni impossibili ad avverarsi , tre cose che ora perché si hanno pare siano sempre esistite : ' Indipendenza , Unità , Libertà ' . Allora volevano esprimere semplicemente delle speranze e dei voti , ma dicevano insieme che i donatori di quella bandiera , in quelle terre d ' America da dove veniva , tra i nativi e gli stranieri , sentivano più amari che in Italia il rammarico , la vergogna , il danno di non avere un nome patrio come gli inglesi , i francesi , gli spagnuoli , tutti gli europei emigrati come loro , pur sentendosi , da lavoratori , pari e forse migliori . Ciò forse avevano voluto significare a Garibaldi , mentre egli dolente era passato pei porti del Pacifico : ed egli ora in quell ' angusta valletta siciliana , tra gente nata e tenuta nell ' ignoranza dell ' esistenza d ' un ' Italia , sventolava quella bandiera e gettava le sorti della nazione . Fatto un altro po ' di cammino , la colonna giungeva a Vita , piccolo borgo , case rustiche , molte catapecchie , una chiesa . Parecchi di quelli che posarono l ' occhio su quella chiesa , non immaginarono di certo che la sera di quel giorno vi sarebbero stati portati dentro feriti , a patire , a veder morire , a morire . Faceva brutto senso veder la gente di quel borgo fuggire a gruppi , a famiglie intere , trascinare i vecchi e pigliare i monti , carica di masserizie , mandando lamenti . Pareva che fuggissero a un ' invasione di barbari . Ma quella gente sapeva cosa c ' era là vicino e ricordava eccidii recenti . La colonna traversò il borgo , e poco distante fece alto . Passò Garibaldi frettoloso ; domandò se le Compagnie avessero mangiato ; se no , mangiassero pure . Ma che cosa ? Senza scomporre troppo gli ordini , e anche ridendo giocondamente , chi volle si adagiò , e si misero tutti a sbocconcellare il loro pane : molti sbrancarono alquanto in certi piccoli campi di fave lì ai lati della via , e con quel companatico fecero il loro pasto . Allora furono viste alcune Guide tornar trottando per lo stradale che si stendeva innanzi . Tra quelle il sessagenario Alessandro Fasola pareva ringiovanito . Poi fu un correre di cavalli dal luogo dove stava Garibaldi alle Compagnie , e subito s ' udirono due squilli di tromba . Tutti a posto e via come stormi , pigliarono quasi a volo un colle a destra brullo , ronchioso , arso dal sole . Vi si piantarono in cima ordinati . E di lassù , oltre una breve convalle , forse a duemila metri , videro su di un altro colle rimpetto schierato il nemico . Era un balenio d ' armi che coronava la vetta gran tratto ; due macchie scure parevano due cannoni ; certe linee nette profilate nel fianco del colle facevano indovinare dei terrazzi sostenuti forse da muri a secco ; filiere di fichi d ' India rotte qua e là si spandevano dal ciglio d ' alcuni di quei terrazzi ; forse nascondevano delle linee di soldati . Su di un balzo del colle sorgeva una casetta ; pochi alberi grami lassù ; in molti punti pareva la roccia nuda . Di là da quel colle facevano sfondo alti monti . Grigio , con aspetto più di rovina che d ' abitato , si vedeva lontano in alto , a pie ' d ' un castello , un gruppo grande di case , che non si sapeva ancora chiamare Calatafimi . Nelle gole dei monti a sinistra formicolavano turbe di gente ; le squadre partite da Salemi erano anch ' esse lassù ; ogni tanto vi scoppiavano delle grida . E quelli dall ' altra parte , i napolitani , videro anch ' essi e lo narrarono poi per anni . Videro quella linea che s ' era formata rimpetto a loro con movimenti non soliti tra gli insorti , rotta a tratti da macchie rosse . E stupirono . Non capivano cosa volessero dire , o dubitavano che quei rossi fossero casacche di galeotti fuggiti da non sapevano quale bagno . I soldati ignoravano che fosse là Garibaldi , ma s ' accorgevano d ' essere dinanzi a gente che doveva sapere star in battaglia . Mancava poco al mezzogiorno . Il combattimento Dal 1814 quando i napolitani di Murat salirono fino al Po , senza saper bene se si sarebbero incontrati amici o nemici coi loro vecchi commilitoni dell ' esercito italico del Viceré Eugenio ; e poi si offesero scambiando con essi delle cannonate : da allora non si erano più trovati di fronte italiani delle due parti estreme , armati per darsi battaglia . L ' ora dunque era solenne . I due piccoli eserciti stettero ancora un pezzo a guardarsi . Garibaldi su di una sporgenza del colle , tra certe rocce che gli facevano riparo dinanzi a mezzo la persona , stava con Turr , Sirtori , Tukory , osservando il nemico . Aveva dato l ' ordine di tener chete le Compagnie che non sparassero , e queste stavano chete , anzi a terra sdraiate . I Carabinieri genovesi erano stati messi avanti a tutti , già un po ' più giù nel pendio verso il nemico : dietro di loro la 8° e la 7° Compagnia giacevano stese in cacciatori a quadriglie , e così era formata da loro la prima linea . La 6° e la 5° Compagnia sul ciglio del colle , sdraiate anch ' esse in ordine aperto formavano la seconda linea ; tutto il battaglione di Bixio , e cioè la 4° , la 3° e la 2° Compagnia , stavano in riserva sul versante dalla parte di Vita , ma solo pochi passi dal ciglio ; più in giù , quasi alla falda , era rimasta la 1° Compagnia , quella di Bixio , il quale la aveva lasciata al suo luogotenente Dezza . Egli si era portato avanti forse per trovarsi sempre vicino al Generale , per non perderlo di vista mai , quasi che in caso di sconfitta si sentisse di salvarlo , o , non lo potendo , volesse morirgli al lato . Passavano le ore , e Garibaldi , che di solito preferiva assalire , non si risolveva all ' attacco . Sperava forse che nelle file nemiche si destasse qualche sentimento italiano ? Chi lo sa ! Ma si può crederlo perché aveva ordinato di portar nel punto più alto la bandiera tricolore , e di farla sventolare . Ad ogni modo sembrava che avesse risolto cavallerescamente di lasciar ai Napolitani il vanto d ' assalir primi . E verso il tocco squillò una tromba napolitana . Uno dei garibaldini , certo Natale Imperatori della 6° Compagnia Carini , che conosceva quella sonata , disse subito : " Vengono i Cacciatori ! " E difatti , contro il grigio e il verde del suolo , furono viste prima come un formicolio , poi più nette , spiccate le divise cilestrine discendere alla sfilata , agili , giù pei terrazzi del loro colle , serpeggiando tra i ciuffi di fichi d ' India . Erano addirittura due Compagnie . Giunti all ' ultima falda del colle , s ' avanzarono pel po ' di spazio che faceva la valletta , e cominciarono i loro fuochi di sotto in su contro i garibaldini della prima fronte . Questi erano i Genovesi . Chi li poteva tenere che non rispondessero al fuoco delle quadriglie ? Pure durarono un pezzo senza sparare e peritissimi al tiro giudicavano impediti i nemici le cui palle passavano miagolando molto in alto : ma alla fine cominciarono anch ' essi con le loro carabine di pochissimo scoppio , ma secco , acuto , e le palle andavano al segno . Allora quei Cacciatori si arrestarono a scambiare ancora pochi tiri , così da fermi , coi Genovesi . Ma subito le trombe garibaldine suonarono l ' attacco alla baionetta . Bisognava levar le Compagnie dalla tentazione di sprecar di lassù le munizioni , perché i più non avevano che dieci cartucce , e i fucili non portavano più che a quattrocento metri . Le Compagnie , a quegli squilli , balzarono ritte come sorgessero dalla terra improvvise , e si rovesciarono giù dal colle una dietro l ' altra , correndo scaglionate oblique giù per la china , ma mirabilmente composte , poi s ' allargarono in ordine sparso , quando i cannoni napolitani cominciarono a trarre granate . Lo narrarono poi molti che stavano allora nelle file nemiche . Quel movimento , fatto così di lancio e con sicurezza da veterani , produsse in loro un effetto indicibile . Ma non si sgomentarono . E fu bene , perché per la loro mirabile resistenza meritarono d ' esser lodati nell ' ordine di Garibaldi il giorno appresso ; e la lode poté forse sugli animi più della stessa vittoria riportata da chi li lodava . Così il bel fatto d ' arme era cominciato . In un lampo le due Compagnie di Cacciatori furono spazzate via , lasciando esse alcuni caduti in quel fondo , bei giovani d ' Abruzzo , di Calabria , di chi sa quale di quelle terre delle rivoluzioni gloriose e infelici . Sul berretto elegante a barchetta , portavano il numero 8 - 8° Cacciatori ! - E indossavano delle divise di tela cilestrina , giubba corta , elegante , su cui s ' incrociavano pittorescamente le corregge degli zaini e della fiaschetta a zucca , schiacciata e foderata di cuoio . La loro carabina , pei tempi d ' allora , era perfettissima , e la daga baionetta faceva pensare a quelle terribili degli zuavi . Poveri ragazzi ! Come fanno stringere il cuore l ' eleganza delle divise indosso ai morti sui campi , e quelle cose e quei numeri e quei nomi dei corpi ! Coloro che giacciono non hanno più né vita né nome , né paese né nulla : a casa loro i parenti non sapranno la zolla che beve il loro sangue , né l ' erba su cui spirarono l ' ultimo fiato . Solo non li vedranno mai più ; essi son morti . Triste cosa la guerra ! Ma allora pareva ancora bella perché vi si poteva patire , morire , per far trionfare un ' idea , più che perché vi si potesse provar la gioia e la gloria di vincere . Rispettate i nemici , rispettate i feriti ! - gridò Francesco Montanari di Mirandola , caduto per grave ferita su quel colle - sono italiani anch ' essi ! - E la sua faccia severa , quasi dura e in quel momento contratta dal dolore , parve trasfigurata da quella sua sublime pietà . A che ormai descrivere il fatto d ' armi di Calatafimi ? Le battaglie , da quelle che descrisse Omero all ' ultima della storia moderna , si somigliano tutte . Sono furia d ' uomini contro uomini che s ' avventano gli uni agli altri , dandosi a vicenda da vicino o da lontano la morte , con più o meno arte , secondo i tempi . Cortesi fin che si vuole , i combattenti son sempre ancor poco diversi " dagli uomini sul vinto orso rissosi . " Eppure leggiamo rapiti dalle narrazioni , ammirando fatti che in sé sono atroci , e ci esaltiamo e chiamiamo magnanimo tanto chi dà come chi riceve la morte in campo . Ci pare sovrumano il maresciallo Ney a Vaterloo , quando nella tragica ora della sconfitta già imminente , grida con voluttà disperata che vorrebbe tutti nel petto i proiettili dei cannoni inglesi rombanti nell ' aria . Sublime ci pare quell ' oscuro lanciere francese , che là , in una delle ultime cariche di cavalleria , gittò la sua lancia in mezzo a un quadrato inglese , per andare a raccattarla come per gioco in quel quadrato ; e spronò e balzò e cadde egli e il suo cavallo sulle siepi di baionette , schiacciando altri e morendo . Chi mai ci pare più grande di lord Cardigan , quando ricevuto l ' ordine di assalire la batterie russe a Balaclava , sa che vi morrà egli , l ' ultimo di sua schiatta , forse con tutti i suoi seicento cavalieri ; ma snuda la spada e gridando : " Avanti , ultimo dei Cardigan ! " galoppa alla morte come se volasse al cielo ? Ma quel Montanari e quel suo grido , son ben più degni di storia . Quello di Calatafimi fu fatto d ' arme che appena potrebbe stare come frammento episodico di una di quelle grandi battaglie . Eppur e per l ' importanza e per l ' influenza sua sulla vita della nostra nazione , conta quanto e forse più di ciascuna d ' esse per le altre . E il Generale ? L ' arte di Garibaldi , mirabile già nell ' aver saputo creare in tutti i suoi un sentimento profondo , sicuro , superbo della loro situazione , nei tre giorni avanti ; in quello del fatto d ' armi , stette tutta nell ' averseli tenuti stretti nel pugno come un fascio di folgori , fino al momento in cui , non essendo più possibile in nessun modo lasciare il campo non vincitori , poté abbandonar ognuno al comando di sé stesso , certo egli che da quel momento si sarebbero svolte le più recondite virtù e le forze e l ' ingegno d ' ognuno , dalla calma pontificale di Sirtori al furore di Bixio , all ' impeto geniale di Schiaffino , all ' audacia di Edoardo Herter , d ' Achille Sacchi , di cento altri , e , si può dire di tutti , perché un codardo che è uno , in quell ' ora , in quel luogo , non ci poté più essere . E il merito di questo miracolo fu tutto del Generale . L ' anima sua era entrata , era presente in tutte quelle anime , fosse egli in qual si volesse punto del campo . Due momenti della pugna furono esclusivamente suoi : uno , quello di quando Bixio , che era Bixio , osò domandargli alla maniera sua se non gli paresse il caso di battere in ritirata , ed egli rispose che là si faceva l ' Italia o si moriva : l ' altro , quello dell ' ultimo assalto , quando tutti rifiniti boccheggiavano sotto il ciglio del colle , su cui si erano ridotte via via risalendo le schiere nemiche scacciate da terrazzo a terrazzo in su . Là disperavano tutti , non egli , che parlando pacato andava per le file come un padre con gli occhi rilucenti di lagrime : " Riposate , figliuoli , poi un ultimo sforzo e abbiamo vinto . " Fu in quel momento che lo colpì nella spalla destra uno dei sassi che i borbonici facevano rotolar giù ; ma egli non degnò mostrare d ' essersene accorto , e continuò a mantenere quell ' aria sicura che creava la sicurezza altrui , in quel quarto d ' ora in cui , se i borbonici avessero osato rovesciarsi giù alla baionetta , in più di duemila quanti erano ancora , la rotta era sua . Essi invece , raccolti lassù , urlavano : ' Viva lo Re ' ; rotolavano sassi , e tiravano schioppettate a chi si faceva su dal ciglio a guardare . Uno di questi fu Edoardo Herter da Treviso , medico di 26 anni . Pareva una damigella bionda vestita da uomo , tanto aveva esile l ' aspetto , ma i suoi muscoli erano d ' acciaio . Parlò con Garibaldi un istante , poi si lanciò su per un greppo . ' Ah piangerà tua madre ! ' fu cantato di lui , e appena su , cadde riverso colpito nel petto a morte . In quel momento l ' artiglieria garibaldina tuonò di giù dalla strada , dove alla fine aveva potuto mettersi a tiro , e un suo proiettile andò a cadere tra i regii . Fu come il segno della ripresa , perché poco appresso si fece come un subbuglio , e fu gridato : " La bandiera , la bandiera in pericolo ! " E la bella bandiera di Valparaiso fu veduta salire , come se andasse da sé , trascinando dietro ai lembi delle sue pieghe quanti vi s ' affollavano presso . Passata dalle mani di Giuseppe Campo a Elia , a Menotti , a Schiaffino , ora Schiaffino la portava all ' ultima prova . E giù , staccati dalla loro fronte , uno stormo di napolitani corsero per pigliarsela . Allora le si formò un viluppo intorno , cozzo breve , fiero , feroce , vera mischia ; e la bandiera sparì , lasciando uno dei suoi nastri nel pugno di Gian Maria Damiani . E Schiaffino , il superbo nocchiero del Lombardo , giacque là morto . E ' questo il momento d ' annunziarmi una pubblica sciagura ? - gridò Garibaldi a chi gli dava notizia di quella morte . Ma proprio in quel momento , in un altro punto della battaglia scoppiava un urlo di gioia ... Un cannone era preso . Fumigava ancora la sua gola dell ' ultimo colpo sparato contro quelli che vi s ' erano lanciati su primi , primo Achille Sacchi da Pavia , giovanetto di diciassett ' anni , che cadde già con le mani sulla volata di quel pezzo e giacque morto . " Ancora uno sforzo ! " e lo sforzo era fatto . Erano balzati su fino i moribondi ; l ' ultimo assalto alla baionetta fu veramente meraviglioso . I napolitani non vi ressero , si volsero , rovinarono via . Non però tutti in fuga . Avevano cominciato i Cacciatori e i Cacciatori finivano . Mentre la fanteria e i Carabinieri napolitani si ritiravano confusi giù pel declivio del colle perduto ; quei Cacciatori , come stessero in un campo a istruirsi , facevano le loro fucilate a quadriglie , allontanandosi lentamente . Fin Garibaldi stette a mirarli un pezzo , in quelle loro belle mosse ; ma poi diede ordine di caricarli a una delle Compagnie che appena conquistato il colle , già si erano quasi riordinate intorno ai loro ufficiali . Corse la 6° , Carini . E quell ' ultimo strascico del fatto d ' arme fu presto levato . Tutta la colonna borbonica si sprofondò nel vallone , sparì un momento , poi ricomparve di là . Saliva l ' erta per Calatafimi . La chiudeva un manipolo di cavalli , forse mezzo squadrone , che durante il combattimento s ' era tenuto giù sullo stradale , certo aspettando di potersi gettare sui nemici vinti a sciabolarli . Invece ora proteggeva la ritirata ai suoi . Dal campo di battaglia fu vista quella gente serpeggiare su per l ' erta lunga , stendersi e di nuovo sparire poi più su , a poco a poco , in Calatafimi . Dopo la vittoria Sul colle conquistato riposarono i vincitori . E cominciò subito la raccolta dei feriti gravi , che non avevano più potuto reggersi , e giacevano giù pei fianchi del colle , molti , troppi , per un fatto di così pochi combattenti e di così corta durata . Tra grave e non gravi erano 182 , i morti 31 . Le ferite erano orribili , lacerate , larghe , massime quelle fatte dalle palle ogivali cave dei Cacciatori . Pochi napolitani che i loro non avevano potuto portar via , si lasciavano pigliar su meravigliati di vedersi trattati bene , mentre s ' erano forse aspettati d ' essere uccisi . All ' allegrezza della vittoria si mescolava così quella grande malinconia . E s ' era messo un vento freddo che faceva frizzar la pelle . Calavano intanto dalle montagne le squadre dei ' Picciotti ' , e invadevano il campo di battaglia , meravigliati anch ' essi del combattimento contemplato dall ' alto , come dai gradini d ' un anfiteatro una lotta di gladiatori . Garibaldi guardava sempre una strada che da ponente , per una gola , metteva in quella specie di conca da cui sorgevano su i due colli , quello della sua posizione del mattino e quello conquistato su cui si posava coi suoi . Forse temeva l ' arrivo di un corpo nemico da Trapani . Ma aveva fatto mettere gli avamposti , e dato l ' ordine a Bixio di collocare le artiglierie . Aveva anche già detto di voler salire a Calatafimi il giorno appresso , e sapeva lui per quali vie si sarebbe incamminato . Per quella fatta dai Napolitani nella ritirata no certo : e questo capivano tutti , perché tentar un attacco da quella parte sarebbe stata una follia . Ma egli era allegro in viso , e ciò bastava . Uno strano sentimento , che tutti dovettero provare , ma di cui si accorsero e se lo spiegarono per dir così solo i più raffinati allora e molto di poi anche gli altri , ripensando a quelle ore , fu quello dell ' isolamento in cui si trovavano . Non erano passati che dieci giorni da quando avevano lasciato Genova , eppure pareva loro d ' essere via da mesi e mesi , d ' aver navigato molto , d ' aver camminato molto , d ' esser già quasi gente dimenticata . Si sapeva nell ' Alta Italia che erano sbarcati , che erano stati accolti bene ? Qualche spirituale forza dava almeno in quel momento un senso vago del dove si trovavano e della loro vittoria ? A Milano , a Genova , a Torino e nella Venezia gemente in mani austriache , per tutti i borghi e i villaggi da dove qualcuno d ' essi s ' era mosso , cosa si pensava , cosa si sperava , cosa si temeva per loro ? Ah ! Un filo di telegrafo per mandare la gran notizia alla patria e riceverne una parola . Certo da Napoli sarebbe taciuta o mandata pel mondo svisata , falsata la notizia della battaglia a far piangere . E intanto erano scene di gioia , come a rivedersi dopo anni ed anni , nell ' incontrarsi fra loro amici di casa , di scuola , di Compagnia che si erano perduti di vista durante il combattimento e che si ritrovavano sani e salvi . Ed erano lamenti per i caduti , il tale giù ai primi colpi , il tal altro a mezzo al colle , un altro addirittura in cima quasi in braccio ai nemici . Andavano a cercarli , a guardarli , a baciarli . E così i nomi dei morti e dei feriti , il modo , il come , il dove , il quando , tutti i particolari se li scambiavano , e parlavano commossi , ma tuttavia ancora con un po ' del sentimento egoistico d ' essere usciti salvi dal pericolo in cui altri aveva lasciato la vita . Si sa ; il vero dolore , quello grande e sincero viene dopo , quando il sangue si è rimesso in calma e la pietà si ridesta . Tra le Compagnie che si erano riordinate , si faceva un gran parlare dell ' importanza del fatto ; qua e là in quel campo ci parevano dei piccoli Parlamenti . Quelli che avevano sentito Garibaldi , quando aveva detto a Bixio : " Qui si fa l ' Italia o si muore , " commentavano le solenni parole , e pareva proprio a tutti di sentirsi piantato in cuore che il fatto d ' armi , piccolo in sé , era già come un ' ultima battaglia risolutiva , da combattersi ancora sì , non si sapeva dove né quando , ma già vittoriosi . E ciò voleva dire l ' Italia fatta sin da quel giorno , su quel colle . Il qual colle aveva tuttavia un nome di malaugurio . Era stato subito detto che si chiamava ' Pianto dei Romani ' , perché ivi , più di duemila anni indietro , questi erano stati vinti dai Segestani e dai Cartaginesi . Ma quel nome di mestizia era un ' invenzione , o per lo meno una interpretazione errata . ' Pianto ' non è che il vernacolo siciliano ' Chiantu ' , o piantamento di viti ; e uno n ' era stato fatto far su quel colle da un ' antica famiglia Romano . E difatti , quei tali terrazzi dovevano essere stati fatti per dei poderosi filari di viti , sebbene allora vi si vedessero soltanto arbusti grami , e piante che esalavano un tristo odore di cimitero . Così , e durante il combattimento , aveva detto il livornese Giuseppe Petrucci della compagnia Bixio , facendo parer ai vicini di fiutar davvero un ' aria di morte . * La notte calò rapida come nelle giornate più corte dell ' anno . E in quel crepuscolo fu commovente veder un gruppo di sei o sette Francescani , i quali dopo aver combattuto fino con tromboni , partivano per tornare al loro convento . Erano accorsi là da Castelvetrano . A quell ' ora se ne andavano giù dal colle nei loro tonaconi grossi , con le loro armi in spalla , seri e tranquilli , come se tornassero da aver fatto la questua tra quei soldati che avevano fame , e stavano divorando pane e cacio distribuito in fretta già quasi nel buio . Poi le Compagnie si addormentarono . Al tocco dopo la mezzanotte la sentinella dell ' avamposto verso Calatafimi diede l ' alto a due persone che le venivano incontro . - Amici , galantuomini di Calatafimi . - Avanti . - Tutto l ' avamposto fu subito in piedi . - Cosa volete ? - Con l ' anima nelle parole , quei due galantuomini recavano che i Napoletani avevano abbandonato Calatafimi , marciando verso Alcamo , che stava di là , di là ... La notizia era lieta . Levava la gran preoccupazione di ciò che sarebbe potuto avvenire il giorno appresso . Da Palermo , a quell ' ora , poteva già esser giunto per nave a Castellamare un corpo di aiuto ai vinti , e con tutta comodità aver marciato da Castellamare a Calatafimi . Ora se i Napolitani se n ' erano invece andati , ciò voleva dire che a Palermo non c ' era un generale che avesse occhi . Bene , bene ! Quei galantuomini furono condotti da Garibaldi , che stava ben desto nella casupola sul colle , e che gli accolse con gioia . Fatta l ' ambasciata , volevano tornarsene ; ma egli , non li volendo lasciar esporsi a pericoli , se li tenne fino al mattino . Avrebbero marciato con lui . Ed essi non s ' accorsero che forse diffidava di loro , tanto era buona e incredibile la notizia che gli avevano portato . * Nel brivido che dà l ' alba , prima ancora che le trombe suonassero le sveglie , molti di quei militi , mezzo intirizziti dalla gran guazza , giravano già pel campo a rivedere i morti . Di questi ve n ' erano che parevano dormirsene sicurissimi d ' essere svegliati a lor tempo , tanta era la pace che avevano nel volto . Così Giuseppe Belleno , così Giuseppe Sartoriio , tutti e due Carabinieri genovesi ; questo colpito nel petto proprio nel momento che fulminava un gran fante borbonico , mirato a prova da lui . Aveva data e ricevuta la morte in un punto . Poco discosto giaceva Ferdinando Cadei di Caleppio , bel giovane di ventun ' anno , che adagiato sul fianco destro pareva sogguardasse timidamente . Carlo Bonardi da Iseo non si trovava più nel luogo dov ' era caduto e rimasto morto bocconi , né per quanto gli amici suoi cercassero là attorno vedevano le sue larghe spalle da atleta , né il mantello che portava rotolato a bandoliera ancora nell ' ultimo istante . Cosa n ' era mai stato ? Invece il gran Schiaffino copriva ancora la terra là dove l ' anima sua lo aveva lasciato . Era solo un po ' scolorito in viso . In uno dei punti , dove la resistenza del nemico era stata più forte , giaceva Luciano Marchesini da Vicenza , col capo su d ' un sasso nero che pareva un libro . " Come il Battaglia l ' anno scorso a San Fermo ! " diceva Odoardo Rienti da Como . E narrava di Giacomo Battaglia poeta , che combattendo tra i Cacciatori delle Alpi cadde a San Fermo colpito in fronte , e tratto di tasca un suo Dantino se lo pose sotto il capo e sul poema divino spirò . Un po ' più in su , e proprio sulla cima del colle , dove erano stati fatti gli ultimi colpi , giaceva come un assiderato Eugenio Sartori da Sacile . La morte che , toccandolo quasi per saggiarlo a Venezia nel '49 , lo aveva lasciato tornare alle mense patriarcali di casa sua , se l ' era preso lì . Egli no , non pareva in pace ! Gli occhi non gli si erano ancora chiusi , e , dopo tante ore , il suo viso esprimeva sempre una gran collera da battaglia . E via via cercati così , i morti furono rivisitati quasi tutti . Ma alla fine bisognò pure che i vivi gli abbandonassero . Sarebbero poi venuti i seppellitori a scavare a ogni morto una buca lungo il corpo , ve l ' avrebbero fatto rivoltar giù forse con malgarbo , poi o sul corpo o sul dorso , poche badilate di terra e addio . Un dì , chi sa quando , qualcuno verrebbe a scoprire delle ossa . * Le compagnie partirono . E per la stessa china e poi per la stessa erta fatta dai Napolitani la sera avanti , marciarono a Calatafimi . Ivi trovarono la gente ancora scompigliata . Quei poveri abitanti avevano visto dalle loro case , il combattimento del Pianto Romano , e poi i borbonici tornare vinti tra loro . Erano stati gran parte della notte tremando che il mattino portasse loro uno scontro nelle stesse vie della città tra le loro case : invece i borbonici erano partiti . Ma potevano sopraggiungerne di nuovi . Insomma la fisionomia generale era triste . Nella via maestra si trovavano a ogni passo i segni della sosta fattavi dai vinti ; nelle poche botteghe , misere assai , non c ' era più nulla ; quelli avevano portato via ogni cosa . Ma le Compagnie , a poco a poco , misero un po ' di fidanza e d ' allegrezza ; tanto più poi nel pomeriggio , quando fu lor letto l ' ordine del giorno di Garibaldi . Era uno de ' suoi più eloquenti , e parve la voce di tutta la patria . " Soldati della libertà italiana , con compagni come voi io posso tentare ogni cosa , e ve lo mostrai ieri conducendovi alla vittoria contro un nemico superiore per numero e per le sue forti posizioni . Io avevo contato sulle vostre fatali baionette , e vedete che non mi sono ingannato . " Deplorando la triste necessità di dover combattere soldati italiani , debbo confessare d ' aver trovato una resistenza degna di causa migliore . E questo vi mostra quanto noi potremo fare , quando l ' intiera famiglia italiana sarà riunita intorno a una sola bandiera . " Domani il continente italiano sarà parato a festa , per la vittoria dei suoi liberi figli e dei nostri prodi siciliani . " Le vostre madri , le vostre amanti , usciranno nella via superbe di voi , con la fronte alta e radiante . " Il combattimento ci costò molti cari fratelli , morti nelle prime file ; e nei fasti della gloria italiana risplenderanno eternamente i nomi di questi martiri della nostra santa causa . " Paleserò al nostro paese i nomi dei bravi che con sommo valore condussero alla lotta i più giovani e i più inesperti militi , e che domani li guideranno alla vittoria su altri campi , a rompere gli ultimi anelli delle catene che tengono avvinta la nostra Italia carissima . " I nemici ! Ve n ' erano in Calatafimi parecchi , feriti il giorno avanti e abbandonati là , perché per via avrebbero patito troppo . I vincitori andavano a trovarli nelle chiese e nei conventi , li confortavano , li carezzavano . Ed essi dicevano che non sarebbero più tornati alle loro bandiere . Cominciava già allora la fratellanza ; solo qualcuno guatava bieco e mormorava sdegnoso . Dai Francescani , prodigava la sua carità un padre Luigi , il quale fu poi amorosissimo nei giorni appresso ai garibaldini portati là da Vita , dove non c ' era luogo per tenerli se non ammucchiati come nelle prime ore dopo il combattimento . Forse quel frate si sentì prendere fin da allora da quella forza per cui ebbe il coraggio di spogliar l ' abito , di lasciarsi portar via dalla rivoluzione nella vita nuova italiana ; e tornato al secolo divenne col tempo uomo di cattedra , uomo di Stato in Roma , dove coloro che lo avevano conosciuto laggiù continuarono a chiamarlo in segreto " padre Luigi " . Le emozioni del giorno avanti , il bisogno di raccoglimento , la stanchezza , non svogliarono di visitar il paese intorno chi aveva sentimento dei luoghi e delle cose . Uscendo dalla parte occidentale molti andavano in poco tempo alle rovine di Segesta , e vi si appressavano esaltandosi via via . Quelle trentasei colonne del tempio dorico rimaste in piedi come parte di un ' opera incompiuta , tanto sembravano recenti ; il teatro poco più in là , ispiravano una malinconia magnanima . Era mai possibile che fosse stata abitata da gente così ricca e grandiosa da aver eretto quei monumenti , una terra ora popolata quasi solo di miseri ? Quelle colonne parevano vive e pensanti , quel tempio pareva aver ancora un ' anima cui facesse dolore vedersi intorno caprai indifferenti , nei quali tuttavia l ' uomo antico doveva starsene addormentato . Ora quei visitatori si lusingavano d ' essere capitati a svegliarlo . La marcia ad Alcamo Garibaldi non perdeva tempo : all ' alba del 17 rimise la sua gente in cammino . Da Calatafimi un ' ultima occhiata d ' addio al colle del Pianto Romano , poi via per Alcamo . E fu una marcia mattutina di poca fatica anche per quelli dei feriti che , sentendo di potersi reggere , piuttosto che starsene inoperosi , avevano voluto seguire la colonna , chi col braccio al collo , chi con la testa bendata , chi a piede nelle file , chi su quei carri di laggiù storiati di Madonne e di Santi , illustrati da sentenze e leggende paesane . Parlavano dei compagni rimasti a Vita nella chiesa o nelle case , dove mancavano di tutto e pativano , e qualcuno stava forse per morire , sebbene il vecchio Ripari e Ziliani e Boldrini e gli altri medici facessero prodigi d ' amore . Erano cose meste ; eppure la campagna meravigliosa metteva nei cuori il proprio rigoglio , onde si sentivano senza troppi rimpianti . Ah che paese ! Se quel trionfo di verde fosse venuto crescendo così come pareva , la via doveva menare davvero alla terra promessa . Intanto qualche cosa di paradisiaco si vedeva già . La fama di Garibaldi era andata a rinnovare le fantasie già note altrove ; onde , agli sbocchi delle stradicciole campestri che mettevano in quella via , gruppi di donne dinanzi ai loro uomini e coi bimbi al collo o per mano , gli gridavano dei saluti quasi religiosi . Alcune si inginocchiavano , altre dicevano " Beddi ! " ai giovani soldati . Via via andando si scoprivano , tra le biade peste , arnesi militari dei borbonici ; e quei villici li additavano imprecando agli ' schifiosi ' che li avevano gettati nella ritirata . Poi , già nelle vicinanze di Alcamo , comparvero delle carrozze di signori che venivano incontro a Garibaldi , tirate da pariglie superbe . A un certo punto comparve il mare del Golfo così azzurro , sotto un cielo così terso , che tra per quella vista e la bella campagna e il tutt ' insieme , fu un ' ora di incanto . In qualche gruppo della colonna scoppiarono canti lombardi , di quelli della regione dei laghi . Quella era proprio la terra degna che vi fosse sbocciato uno dei primi fiori della nostra poesia , perché tutto ciò che vi si vedeva ricordava la ' Rosa fresca aulentissima ' di Ciullo o di Cielo . Allora la variante non importava . E poi ecco Alcamo con le sue belle case e i suoi giardini coi muri passati dai palmizi , che si spandevano fuori torpidi nel caldo meriggio . Non poteva essersi dato che il delizioso ' Contrasto ' fosse avvenuto davvero con di mezzo uno di quei muri o la siepe d ' uno di quegli orti ? Tutto vi pareva così antico ! La città , quasi moresca d ' aspetto , quasi mesta , era in festa religiosa , ma pareva allegrarsi a poco a poco , per l ' arrivo di quegli ospiti d ' oltremare . E poi si esaltò addirittura per un fatto quasi incredibile , di cui si parlava già sin dal giorno avanti in Calatafimi come di cosa avvenuta o da avvenire . Garibaldi si era lasciato indurre da fra Pantaleo a ricevervi la benedizione in chiesa . Egli schiettamente , semplicemente , in mezzo al popolo , si sottomise alla Croce che il frate gli impose sulla spalla , proclamandolo guerriero mandato da Dio . La scena fu un po ' strana , ma il Generale stette con tanta sincerità di spirito , che neppure i più filosofanti della spedizione trovarono nulla a ridire . Fu un lampo di misticismo sprigionato dall ' anima di lui , formata d ' un po ' di tutte le anime grandi che furono , e anche di quella di Francesco d ' Assisi , dietro al quale , nato nel suo tempo , egli si sarebbe scalzato dei primi a seguirlo . A Partinico Fu dunque un giorno lieto quello d ' Alcamo ; ma l ' altro appresso , quando la colonna partì acclamata e marciò a Partinico , qual diverso mondo le si apprestava a così breve distanza ! Per Alcamo la milizia borbonica battuta a Calatafimi era passata senza che nessuno le si fosse fatto contro per impedirla ; ma Partinico la aveva affrontata , e per le vie e per le case era stato un combattimento da selvaggi . A entrare in quella città , parve di affacciarsi a uno degli orrendi spettacoli di strage fra Greci e Turchi della rivoluzione ellenica di quarant ' anni avanti . Proprio sulle soglie della cittadetta , stavano mucchi di morti bruciacchiati , enfiati , in cento modi straziati . E tenendosi per mano a catena e cantando , vi danzavano attorno fanciulle scapigliate come furie , cui faceva da quadro e da sfondo la via maestra nera d ' incendi non ancora ben spenti . Le campane sonavano a stormo ; preti , frati , popolo d ' ogni ceto , urlavano gloria ai militi correnti dietro a Garibaldi , che traversò rapido la città col cappello calato sugli occhi , e andò a posarsi all ' altro capo , in un bosco d ' olivi , mesto come non era ancor parso in quei giorni . E là gli furono condotti alcuni sodatucci borbonici , rimasti prigionieri in mano dei Partinicotti e salvati a stento da qualche buono ; poveri giovani disfatti dal terrore di due giorni passati con la morte alla gola . Consegnati a lui si sentirono sicuri , e piansero e risero come fanciulli . Sprazzo di sereno nella tempesta , chi si potrebbe tenere dal narrarlo ! Garibaldi sedeva in quel momento a pie ' d ' un olivo . Aveva appena finito di confortare quei poveri soldati , che gli fu presentato dal capitano Cenni suo carissimo uno dei giovani della spedizione , il quale portava una manata di fragole in un canestrino fatto di foglie . " Generale , " disse il Cenni , " questo cacciatore delle Alpi vi offre le fragole . " Garibaldi guardò Cenni , guardò il giovane , poi sorrise un poco , crollò la sua bella testa e gli domandò : " Di dove siete ? " - " Genovese " rispose il giovane quasi tremando . E allora il Generale in dialetto genovese . " E avete ancora la madre ? " " Generale sì ; " e gli occhi del giovane videro allora molto lontano . " Cosa direbbe - continuò Garibaldi - se fosse qui a vedere che mi piglio le vostre fragole ? " Ma intanto tese la mano e ne levò due o tre per gradire , soggiungendo : " Andate , andate , godetevele voi , che vi parranno più buone che a me . " Dopo non lungo riposo , le Compagnie si rimisero in marcia , allontanandosi quasi con gioia da quel luogo di sangue . Alcuni Partinicotti le seguirono armati di doppiette e di pugnali . Ve n ' era uno che pareva di bronzo , tutto vestito di velluto biancastro , con a cintola due pistole . Il Sampieri dell ' artiglieria diceva che erano dell ' aria di colui i Palicari e i Clefti dei quali egli , nell ' esilio suo in Grecia , ne aveva conosciuti alcuni , vecchi ancora di quei di Bozzaris . Si sarebbe detto che quell ' uomo non fosse fatto che ad uccidere , e invece a parlargli era buono e anche grazioso . Raccontava quasi scusandosi l ' eccidio cui aveva partecipato ; e diceva con poesia di Palermo , bella , grande : " Vedrete , vedrete ! Il palazzo reale ! " E forse tutto il suo patriottismo era per l ' isola sua , pel regno , pel piccolo regno di Sicilia , indipendente da tutto il mondo . Seguì la marcia di Garibaldi senza più staccarsi , divenne amico di qualcuno in tutte le Compagnie , portava la letizia in tutti i crocchi e le buone promesse . Nove giorni di poi , il mattino del 27 , nell ' assalto di Palermo , fu visto l ' ultima volta , sotto il Ponte dell ' Ammiraglio , disteso morto presso un Cacciatore borbonico , che moribondo egli stesso lo guardava . Forse lo aveva ucciso lui . Al Passo di Renda Sul vespro di quel giorno la colonna garibaldina entrò nell ' ombra di un anfiteatro di monti , dove si immerse quasi a celarsi . In quell ' ora , tutto là intorno pareva minaccioso , dalle falde ronchiose ai profili di quei monti dentati in alto e taglienti . Il po ' di piano traversato dalla strada consolare dava un senso di freddo . E il luogo , al dire dei Siciliani , era infame per istorie truci di masnadieri . Passo di Renda voleva dire pericolo di non uscirne vivo chi vi si avventurasse da solo . Le Compagnie , rifinite dalla stanchezza e dalla fame , si gettarono in terra ciascuna , per dir così , dove fu fermata ; e per un po ' fu silenzio profondo . Ma poi qua e là furono accesi dei fuochi con gli arbusti raccolti per quelle ripe , e intorno ai fuochi quei militi si misero come al solito a sgranocchiare il loro pane . Da otto giorni non si cibavano quasi d ' altro che di pane e cacio come il Generale , semplice uomo che faceva divenir semplici tutti e senza voglie , senza bisogni . Quella sera si mise a dormire in un cantuccio di quell ' accampamento , tra corte rocce ferrigne , dove i più novelli tra i suoi andavano timidamente a passargli vicino per guardarlo . Ma era veramente Garibaldi quell ' uomo coricato su quella povera coperta , sotto quel mantello , con la sella del suo cavallo per origliere ? Ed era Dittatore , e voleva levar via dal trono il Re delle Due Sicilie , egli così povero e che riposava così tranquillo , senza guardie né nulla ? Pareva un sogno . Contemplatolo un poco , quei giovinetti se ne tornavano alle Compagnie , a dire che egli dormiva e che perciò tutto doveva andar bene . Ma tutti sentivano di trovarsi a una breve camminata da Palermo , da dove un generale un po ' ardito avrebbe potuto condurre una colonna a sorprenderli ; e guai se anche un ' altra colonna mandata a sbarcare a Castellamare , per Alcamo e Partinico , per la via stessa che essi avevano fatta , fosse giunta alle loro spalle . Invece quella notte passò quieta , senz ' altra noia che d ' un po ' di pioggia . ma all ' alba , che bella sveglia ! Da un ' altura di quell ' anfiteatro scese sul campo improvviso un suon di banda , che parve venuta dall ' infinito a far una melodia nota , ma tal quale come laggiù non gustata mai da nessuno in nessun teatro del mondo , e nemmeno in cuore dal Verdi , che l ' aveva creata . Era il suo bolero dei ' Vespri Siciliani ' . Benedetto lui ! L ' anima sua tornava a soffiare l ' entusiasmo in quei cuori , in quel luogo , come già sul mare da Quarto a Marsala coi canti dei ' Masnadieri ' , col coro del ' Nabucco ' " Va ' pensiero sull ' ali dorate . " Una voce di tenore limpida e potente s ' accordò subito ai suoni , adattandovi i bei versi del ' Giovanni da Procida ' del Niccolini " Le Siciliane Vergini , " e qualche parte del campo applaudiva . Ripetuta tre o quattro volte , quell ' aria dei ' Vespri ' mise una grande agitazione . E non era più lo scoppio di gioia idillica d ' Elena , che nel melodramma scende dalla scalea incontro al coro di fanciulle , che le portano fiori ; ma passava come un vento eroico di martirio , che invitasse amici e nemici a morir insieme per la pace del mondo . Il piccolo esercito si levò tutto ; e allora fu un andare verso un punto dove la strada consolare mette da quell ' orrido passo alla vista della Conca d ' Oro . Tutti si fermavano là incantati . Vedevano giù in basso quel paradiso ; e in fondo Palermo che pareva infinita ; e nel tremolare della marina un fitto di antenne , navi da guerra certo le più , navi di tutta Europa e forse d ' America , corse là per vedervi la gran scena che vi doveva avvenire . Di quella scena essi dovevano essere poi attori ! Ma quando , come , con quali sorti ? Sapevano che laggiù tra quelle mura stavano ventimila soldati , ma insomma v ' erano pure dugentomila cittadini . E alcuni , quasi col sentimento dei diecimila di Senofonte quando scopersero il mare , gridavano : Palermo , Palermo ! Di là , il vecchio Ignazio Calona mostrava gli sbocchi dei monti da dove erano discesi i Napolitani di Florestano Pepe e di Filangeri , nel 1820 e nel 1849 . A quelle due rivoluzioni egli aveva partecipato di venticinque anni e di cinquantatré , e si poteva immaginare con qual animo se tanto glie ne avanzava adesso , che ne aveva sessantacinque . E diceva con foco giovanile che nel maggio del 1849 , quando Palermo si preparava all ' ultimo sforzo per respingere Filangeri già vincitore del resto dell ' isola , laggiù nella pianura che si vedeva tra la città e il Monte Grifone , ogni giorno accorreva gente d ' ogni ceto a scavar fossati , ad alzar ripari , e che tutti lavoravano insieme signori e plebe , anche le dame e le più nobili fanciulle . A quei discorsi i giovani si esaltavano . Così per tutta la mattinata fu una grande vivezza nell ' accampamento , dove quei militi si facevano giocondamente ognuno da sé le più umili cose ; si lavavano le camicie a una gran cisterna , si rattoppavano le scarpe , si ricucivano gli strappi dei panni così mal ridotti , che coloro che avevano indosso i più signorili parevano ormai i peggio vestiti . Ma alle belle persone , al portamento elegante , quella miseria dava quasi maggior risalto . Altri davano una ripulita ai fucili o si ingegnavano di raccomodarne i guasti . I cannonieri stavano intorno ai loro pezzi . Appoggiato alla gran colubrina , Antonio Pievani da Sondrio leggeva il Vangelo , e lo spiegava ad alcuni che aveva intorno . Tutti ascoltavano raccolti e pensosi , e facevano venire in mente i Puritani di Cromwell . Passava qualche scettico , stava un istante , poi se n ' andava compreso di rispetto per quel soldato credente . Ma in un canto dell ' accampamento v ' era qualcuno che , per dir così , teneva il posto che nei poemi cavallereschi hanno le Orche e i mostri . Sdraiato in terra , legato mani e piedi , vestito alla siciliana con certa eleganza , custodito da alcuni ' Picciotti ' delle squadre del barone Sant ' Anna , stava un uomo grande e forte , di viso cattivo . Guardava sprezzante e taceva . I garibaldini che andavano a vederlo , sentivano dire che egli era un tal Santo Mele , il quale sin dallo scoppio della rivoluzione aveva principiato a correre la campagna con alcuni ribaldi , rubando le casse pubbliche e assassinando gente . Aveva fino incendiato il villaggio di Calamina . E tutto aveva fatto in nome di certa sua giustizia che gli pareva d ' aver diritto d ' esercitare ; anzi , se ne gloriava . I Siciliani che dall ' esiglio erano tornati nell ' isola con Garibaldi , dicevano che colui doveva essere ' Maffioso ' ; e spiegavano ai compagni la natura d ' una tenebrosa società , che aveva le sue fila per tutta l ' isola , in alto , in basso , nelle città , nelle campagne , dappertutto . Piace rammentare che i continentali scusavano l ' isola , narrando che anche da loro vi erano state compagnie di malfattori che avevano esercitato una giustizia di loro genio , favoriti dalle plebi delle campagne e anche dai ricchi delle città , quando le leggi parevano torte contro la giustizia vera ; e dicevano che quelli erano passati e che sarebbe passata anche la ' Maffia ' . Quel Santo Mele il giorno appresso sparì . Forse la ' Maffia ' potentissima gli aveva dato aiuto fino in quell ' accampamento . Noiosissima cosa , nel pomeriggio di quel giorno cominciò a piovere . Senza tende , senza coperte era un gran brutto stare ; ma il campo non si attristò per questo ; anzi , vi fu un momento di gaiezza fin troppa . Era stato macellato un gran bove donato da un Comune là presso , e in certi pentoloni mandati pure da quel Comune , cuochi improvvisati cuocevano di quel bove a pezzi , e del riso . Ma quando si fu sul punto di scodellare , e tutti si sentivano già quasi nello stomaco quel ristoro , s ' accorsero di non avere né gamelle né cucchiai , e una risata generale empì l ' aria di chiasso . Però vi fu l ' ingegnoso che si prese la parte sua di riso in una foglia di fico d ' India , e allora tutti ai fichi , e nel cavo di quelle foglie coriacee un po ' di quel cibo poterono gustarlo tutti . Quanto a vino ce n ' era nel campo a botti . Seguitò la pioggia tutto il resto del giorno e anche quella notte , sicché la dimane quella gente , fradicia fino alla pelle , faceva un brutto vedere . Garibaldi guardava mesto . Egli nella notte aveva fatto levar via una specie di baldacchino che alcuni di quei suoi militi gli avevano formato sopra con dei mantelli sostenuti da pali , mentre dormiva . Ma alfine anche quel giorno venne il sole , e ognuno tornò a sentirsi bene . Intanto Garibaldi aveva meditato una mossa . Voleva piantar nella mente dei difensori di Palermo che egli avesse deliberato di assalirli da Renda per la via di Monreale , e creare in essi l ' illusione che egli potesse scendere a farsi pigliare come in una trappola su quella via . Così la sera del 20 , messo in marcia il battaglione Carini , lo fece calare nel villaggio di Pioppo , a pie ' dei monti e già sul lembo della Conca d ' oro . Ivi tenne quelle Compagnie tutta la notte . All ' alba del 21 si spinse avanti egli stesso dove erano già i Carabinieri genovesi , con le compagnie del battaglione Bixio passate anch ' esse durante la notte . Quasi subito l ' avanguardia venne alle schioppettate con gli avamposti napolitani , mentre che a sinistra , su pei fianchi dei monti , si svolgeva una loro ala , certo per aggirare la gente garibaldina , calarle addosso e metterla in rotta tra gli aranceti del piano . Quel mattino i napolitani parevano di buon umore . Ma la loro ala girante s ' abbatté nelle squadre di Rosolino Pilo , che stava a mezza costa , e dovette arrestarsi . Allora s ' impegnò lassù un fuoco vivissimo di fucileria , a cui le squadre ressero bravamente , per più di due ore , finché i borbonici furono costretti a ritirarsi . E giù nel piano le Compagnie garibaldine , menate avanti , indietro e poi ancora avanti per modo che esse stesse non ci capivano più nulla , verso il mezzodì ricevettero l ' ordine di ritirarsi . Videro Garibaldi tornar dalla fronte col suo Stato maggiore in sì gran fretta , che avrebbero potuto credere di doversi sentir dietro i compagni dell ' avanguardia fuggenti ; ma bastò loro guardar in faccia il Generale , e la breve ritirata di ritorno al Passo di Renda fu fatta con calma . Risalite lassù trovarono sul ciglio del passo i cannoni in posizione con le gole chinate verso la pianura , dove , volgendosi a guardarla , vedevano brillar non lontano le armi dei nemici distesi . Forse questi si apparecchiavano a farsi avanti . E allora pareva di capire che Garibaldi avesse mirato a tirar fuori di Palermo una parte di difensori per piombarle addosso , e se la fortuna lo secondasse , romperli , ed entrare con essi in Palermo , che sarebbe insorta . Invece seguì una gran quiete . Ma in quella quiete si sparse una notizia dolorosa . Rosolino Pilo , che su quei colli di San Martino , con le sue squadre , aveva così ben rintuzzato l ' attacco dei regii , era stato colpito al capo da una palla di rimbalzo , mentre scriveva un biglietto a Garibaldi . Ed era morto , povero prode , con in vista la sua Palermo laggiù , sospirata dall ' esilio per undici anni . Alla testa delle sue squadre rimaneva l ' amico suo Corrao , uomo di gran coraggio ma incolto e di poco prestigio ; e così con la gran figura di Pilo veniva a mancare una delle forze più vive della rivoluzione . Perciò si diffuse una gran mestizia , Garibaldi fu visto afflittissimo ; e facilmente il pensiero de ' suoi passava da Pilo a lui , che da una palla poteva essere spento da un ' ora all ' altra . E allora ? Marcia notturna Venne intanto la sera , una sera cupa che minacciava una notte di pioggia . Eppure le Compagnie furono fatte mettere sotto le armi e in marcia , di nuovo come il giorno avanti sulla via per discendere a Pioppo . Dunque Garibaldi si ostinava davvero a tentar Palermo da quella parte e con un attacco notturno ? Fosse pure ! Gli animi erano ben disposti , perché quello stare con la gran città alle viste e con le spalle mal sicure cominciava a diventar fastidioso . E marciarono . Ma là dove la via chinava , dove sul mezzodì avevano visto i cannoni in batteria , i cannoni non c ' erano più , e le Compagnie invece di scendere , si videro fatte girar a destra per entrare in un sentiero che non poteva menare se non sulle creste di certi monti , dei quali nei due giorni passati nel campo di Renda avevano potuto considerare l ' asprezza . All ' imbocco di quel sentiero , soldato per soldato ricevevano tre pani da alcuni uomini , che agli ordini del capitano Bovi , bolognese , facevano fretta ai passanti che pigliassero e andassero . Quei tre pani volevano dire tre giorni forse di marcia per le montagne . Erano dunque preziosi ; onde i più dei soldati non sapendo dove se li mettere , inastate le baionette ve li infilzavano , e tiravano via col fucile in spalla sbilanciato a quel modo , celiando . Ma come fu notte chiusa e il sentiero venne a mutarsi in sterpeto , si fecero alquanto tristi . Sennonché a un certo punto trovarono Garibaldi che tribolava a mandare avanti dei contadini , i quali curvi sotto lunghe stanghe portavano a spalle appesi a quelle i cannoni smontati , dieci o dodici per ciascun pezzo . E li esortava , e li metteva sul gioco di moversi ognuno con tutte le sue forze , li aiutava persino , e per insegnar loro come dovevano stare sotto la stanga ci si metteva egli stesso . In quel mestiere lo secondavano il Castiglia , il Rossi , il Burattini , i marinai del Lombardo e del Piemonte , già sin da Salemi formati in una piccola Compagnia . Con quell ' esempio la colonna sfilava , un uomo dietro l ' altro oramai , ché per due non c ' era più luogo . E cominciò una pioggerella che presto divenne fitta tra quelle tenebre , dando alla gente il senso di camminare nelle nubi . Ah le belle vie di Milano , di Venezia , di Genova , tutte inondate di luce , a quell ' ora ! I pani , inzuppandosi , cascavano giù dalle baionette , cascava qualche uomo a ogni passo ; tuttavia si rideva ancora , ma , per dir così , d ' un malinconico riso interiore . Metteva un po ' di sgomento il non veder più nulla , salvo dei gran fuochi indietro nel campo di Renda abbandonato , e un altro gran fuoco solitario avanti , lontano , verso il quale si accorgevano di marciare ; mentre dal fondo , sulla sinistra , salivano a intervalli i gridi d ' allerta delle sentinelle napolitane . Dalla testa della colonna veniva il nitrito d ' un cavallo , insistente , selvaggio . A un tratto s ' udirono due colpi di fuoco . Fu un fremito per tutta quella sfilata : forse l ' avanguardia s ' era imbattuta nel nemico . Ma poi non si udì più nulla . E sempre tirando avanti , passò la voce che quei colpi erano stati scaricati da Bixio nella testa del suo cavallo , per farlo smetter di nitrire ; atto proprio da Bixio che aveva voluto far quella marcia del diavolo in sella . Era vero . Andando avanti , i soldati passavano vicino a un cavallo spianato là morto fuori de ' piedi . Quando fu quasi l ' alba , le Compagnie si trovarono a calare dalle ultime falde di quei monti su d ' una grossa borgata . Pioveva ancora . Credevano d ' aver camminato lontano , e invece la Conca d ' oro era ancora lì davanti ad essi come quando stavano a Renda , solo che adesso la vedevano da oriente . Mirabile marcia ! Garibaldi che per natura si ricordava così poco delle cose fatte , ebbe ragione quando , riparlandone dopo molti anni , disse che neppure in America si era trovato a farne fare una a ' suoi , somigliante a quella del Parco . E non un uomo si era perduto ; qualche ritardatario aveva saputo serrarsi presto alla colonna ; anche i cannoni erano venuti per quelle balze . Ma in quale stato , povera gente ! Il borgo di Parco sia lodato sempre pel modo come la accolse . Non ci fu casa che non si aprisse a ristorare qualcuno , a rasciugare i panni , a rifornirne che non poteva più tener indosso i propri , ridotti in cenci , a rincalzare chi non aveva più scarpe in piede . Ma ancora più da lodarsi quel borgo , perché si prese in seno tutta quella gente , e se la tenne celata tutto quel giorno e la notte appresso , senza che nulla ne trapelasse ai borbonici , campeggianti nella Conca d ' oro . Un frate strano Cotesto giorno , uno di quei soldati fu fermato da un giovane monaco che egli avea già veduto girare pel borgo , e soffermarsi qua e là a parlare coi suoi compagni . E capì subito che era un ' anima tormentata da qualche gran cruccio . Avviato il discorso , il monaco si spiegò : avrebbe voluto gettarsi nella rivoluzione , ma qualcosa lo tratteneva . Seduti a pie ' d ' una delle tre grandi croci che sorgevano su d ' un poggio a figurarvi il Calvario ; quei due parlavano già come vecchi amici . E il garibaldino diceva al frate che se avesse voluto entrare nella sua Compagnia , vi avrebbe trovato il Comandante e gli ufficiali e molti militi siciliani tornati dall ' esilio ; e che l ' esser frate non voleva dire ; che già altri frati avevano combattuto per Garibaldi a Calatafimi e che anzi , un francescano lo seguiva già da Salemi . Il monaco rispondeva che pur ammirando Garibaldi gli pareva che quella ch ' egli combatteva non fosse la guerra di cui la Sicilia aveva bisogno . L ' unità d ' Italia e la libertà pel vero popolo siciliano erano quasi nulla . Che potevano farsene quelle plebi ancora oppresse da tutte le ingiustizie , altrove , in Piemonte , in Lombardia , levate da un secolo ? Non avevano visto essi venuti da fuori , per quel poco che avevano già corso dell ' isola , quanta era la miseria e quanta l ' abiezione di quelle plebi ? La libertà non era pane per lo stomaco e nemmeno per lo spirito ; anzi sarebbe poi per i già prepotenti un mezzo per opprimere di più . In Sicilia era necessaria una guerra che trasformasse la società e la vita , facendo guadagnare al popolo il tempo che per forza gli era stato fatto perdere . Non vedeva Garibaldi che la Sicilia era ancora quasi come doveva essere stata ai tempi delle guerre servili di venti secoli avanti ? Insomma quel monaco voleva la guerra non soltanto contro i Borboni , ma contro tutti gli oppressori grandi e piccoli , che si trovavano laggiù dappertutto . Il garibaldino cui pareva di non capir quasi come un monaco parlasse a quel modo , gli diceva che allora quella guerra ch ' egli voleva avrebbe dovuto esser fatta anche contro i frati ricchissimi , e molti . E il monaco ardente rispondeva che sì , che anche contro i frati si doveva farla , contro di essi prima che contro d ' ogni altro , ma col Vangelo in mano e con la Croce : che allora anch ' egli ci si sarebbe messo , ma che così come era fatta e per quel che era fatta , gli pareva inutile . Se Garibaldi avesse guardato bene , si sarebbe accorto che le plebi lo lasciavano solo coi suoi . Allora il garibaldino accennò alle squadre che numerose tenevano i monti qua e là . - E chi vi dice - esclamò il monaco con voce risoluta - chi vi dice che non si aspettino qualche cosa di più ? - Il discorso era stringente . Il garibaldino che non si voleva dar vinto , sentiva tuttavia che il monaco ne sapeva più di lui . Mirava quel volto illuminato da una fiamma che non era la sua di mazziniano , taceva un po ' confuso e anche alquanto impicciolito . Poi egli e il monaco si levarono di là , si abbracciarono , e questi se n ' andò . Egli discese tra i suoi con l ' animo turbato e scontento . Gli pareva d ' aver imparato molto in quel colloquio , e vagamente sentiva che l ' unità della patria non era tutto , che la libertà avrebbe scoperto molte piaghe , alle quali poi col tempo altri avrebbe dovuto pensare . E se ne ricordò e pensò a quel monaco trent ' anni dipoi , quando proprio da quella parte dell ' isola parlò più alto l ' antico dolore che quegli sin da quel tempo remoto sentiva . I borbonici all ' offensiva Tornando ai fatti allora presenti , i borbonici si erano svegliati la mattina del 25 maggio , certi di avere ancora in faccia Garibaldi su al passo di Renda , dove tutta la notte erano stati tenuti accesi dei grandi fuochi . Ma allo schiarirsi s ' accorsero che egli non era più là . Dove mai poteva essere andato ? Forse la prima supposizione fu ch ' egli si fosse ritirato indietro . Non passò loro neppur per la mente che avesse fatto quella marcia inverosimile per andarsi a porre sul loro fianco in quel nascondiglio di Parco . E non ne seppero nulla tutto quel giorno , perché la Sicilia non dava spie , non ne seppero fino al mattino appresso , quando videro coronarsi d ' armati il poggio che sorge sopra quel borgo . Certo là era lui ; quelle che si vedevano non potevano essere squadre . E deliberarono di andare a trovarlo . Il dì stesso sul vespro mossero , e parve per assalire Garibaldi in due colonne a tenaglia . Ma non era che un movimento per saggiarlo o forse per tirarselo giù nel piano . Egli aveva scelta bene la sua posizione ; piantato Bixio a mezza costa col suo battaglione , il battaglione Carini aveva schierato lungo la strada che sale per quel dosso ed entra poi tra i monti verso Piana de ' Greci . I cannoni erano in batteria . Tutto era pronto per ricevere i borbonici . Ma la loro ala sinistra si avanzò appena a tiro di fucile , e scambiò qualche colpo con alcuni ' Picciotti ' che stavano sulle più basse falde , l ' altra non si inoltrò neppur tanto . Erano dunque soltanto ricognizioni , ma volevano dire che per l ' indomani si preparava qualche cosa di grosso . E avvenne . Alla levata del sole , un gran tratto della via da Palermo a Monreale fu visto dal Campo di Garibaldi sfavillar tutto d ' armi . Pareva che i ventimila uomini del presidio fossero usciti tutti alla campagna , tanto era lunga quella traccia , la cui testa entrò nei fitti pomari e continuò a marciarvi nascosta , come s ' indovinava dall ' accorciarsi delle sue code . Garibaldi , fermo nelle sue posizioni , faceva lavorar di zappa il suo Genio e la sua Artiglieria , come se si preparasse a ricevere l ' assalto . Aveva già mandati i Carabinieri genovesi alla posta , là dove il primo incontro degli assalitori doveva naturalmente seguire , certo che contro le loro carabine il nemico si sarebbe sentito cader la baldanza . Antonio Mosto doveva pensare a reggervi quanto fosse possibile a brava gente qual era la sua , e alla fine ritirarsi la via che tutta la Colonna avrebbe pigliata , perché Garibaldi , contro ogni apparenza data da principio alle proprie intenzioni , aveva deliberato un ' altra volta la ritirata , quasi la fuga . Infatti , quando i primi colpi dei Carabinieri genovesi annunziarono che la colonna nemica attaccava , egli mise le sue Compagnie in marcia con l ' artiglieria già avviata ; passò egli stesso avanti a cavallo , disse qualche parola d ' incoraggiamento , e un po ' di gran passo e un po ' di corsa , in una stretta lunga parecchie miglia , la marcia fu gagliardamente condotta . Va ' e va ' , anche quella volta le Compagnie furono messe a una dura prova , perché quando trafelate giunsero a veder la Piana de ' Greci , e idealmente già vi si riposavano , con quel sentimento che devono avere sin gli uccelli migratori di oltremare all ' apparire della terra ; ecco le Guide a sbarrar loro la via e additare la salita a un monte . Uno sgomento ! Ma lassù era già il Generale , di lassù chiamavano con alte grida ben note i più rotti alle fatiche ; bisognava raggiungerli perché il nemico tentava di precederli alla Piana de ' Greci varcando quel monte . Chi non era addirittura spossato ubbidiva . Veramente il Comandante nemico che aveva ideato quel movimento , si era ingannato sulla possibilità d ' eseguirlo , data la mobilità delle compagnie garibaldine . Contro altra gente forse gli sarebbe riuscito . Ma esso non aveva ancor guadagnata la prima , e già Garibaldi gli appariva sulla seconda delle cime che credeva di aver tempo a varcare , avanti che i garibaldini avessero percorso la via da Parco alla Piana . Così non ci fu che uno scambio di fucilate lassù da gola a gola ; poi i borbonici se ne tornarono indietro giù pel versante verso Parco ; Garibaldi , ridisceso dalla parte sua , andò a occupare la Piana de ' Greci . Si chiama così la città degli Albanesi , adagiata in mezzo a una campagna grigia , grigia essa stessa e tetti e muri e tutto . Almeno aveva tale aspetto quel giorno , vista traverso l ' aria infiammata del mezzodì , che tremolava come una sottilissima rete di fil d ' argento , sì che uno avrebbe detto di poterla palpare solo a far quattro passi avanti . Oh che sole ! Che refrigerio sarebbe stato sdraiarsi appena giunti tra quelle case ! Ma la gente della città fuggiva . Cosa le avevano fatto credere di quei forestieri , di quel Garibaldi di cui anche i preti , i frati e le monache dicevano bene ? Sapeva quella gente che i garibaldini avevano i borbonici alle spalle , e temeva che in quella sua città volessero far fronte al nemico e aspettarlo a battaglia ? Certo non era cosa che dovesse incuorarla a stare . Il fatto è che fuggiva . Ed era proprio il 24 maggio , giorno che per costume di secoli gli Albanesi della Piana salgono al Monte delle Rose , a cantarvi con le fronti volte a oriente , verso l ' antica patria , lamentose parole nella loro antichissima lingua . O bella Morea , Da che ti lasciai non ti vidi più ! Quivi trovasi mio padre , Quivi la madre mia , Quivi i miei fratelli sepolti ho lasciati . O bella Morea , Da che ti lasciai non ti vidi più . Quella data , quell ' ascesa , quel canto ricordavano loro i dolori degli avi tre secoli e mezzo indietro , che per non soggiacere ai Turchi s ' erano rassegnati a lasciar l ' Albania , e col fior degli Epiroti condotti da Giorgio Scanderberg avevano trovato rifugio in Sicilia , portando seco loro le immagini e quanto possedevano di più caro . Fiera e costumata gente , orgogliosa della sua origine , che ne ' suoi canti serba vivo il sentimento di quattro secoli , e sogna ancora che uno del suo sangue possa , quando che sia , ricondurla nella vecchia patria lontana . Si può dire che i Garibaldini videro appena gli abitanti della città , perché , accampati fuori , stettero stanchi , inquieti e pensosi d ' altro . Sapevano che da un ' ora all ' altra il nemico che li seguiva sarebbe apparso . I Carabinieri genovesi che , sostenuto il primo assalto al Parco , s ' erano ripiegati sulla colonna , raccontavano che i borbonici erano almeno cinque mila , mercenari bavaresi la più parte , con artiglieria e cavalleria . E lamentavano di aver perduto nello scontro Carlo Mosto e Francesco Rivalta , ai quali forse quei feroci non avevano dato quartiere . Tutti dunque erano pensosi . Che cosa meditasse il Generale lo ignoravano ; se quella fosse una manovra o una vera ritirata , nessuno poteva dirlo . Garibaldi ne scrisse poi , riconoscendo egli stesso che quel giorno poteva essergli funesto , se avesse avuto da fare con un nemico più diligente . Verso sera , le Compagnie furono rimesse in marcia , e ancora quasi con aria di ritirarsi in fretta . L ' artiglieria e i pochi carri erano già stati incamminati verso Corleone , scortati da poche dozzine di quei militi , tra i quali i non ben guariti di Calatafimi . L ' Orsini comandante dell ' artiglieria aveva ricevuto l ' ordine di andare , andar sempre ; e la colonna gli si mise dietro persuasa che omai di Palermo non si sarebbe più parlato , se pure non c ' era da dubitare che tutto dovesse finire con quanto già s ' era sentito sussurrare due volte , cioè che Garibaldi avrebbe sciolta la spedizione , lasciando a ciascuno la cura di mettersi in salvo da sé . L ' ora correva triste . Ma dopo aver marciato un pezzo e fatta notte , la Colonna fu menata fuor della via Consolare a piantarsi in un bosco , dove accampò . Il luogo era selvaggio . E ordine fu dato di non parlare , di non accender fuoco neppure per fumare , di sdraiarsi ognuno nel posto ove si trovava senza più moversi per nulla . Si discusse molto per trovare se tutte le cose che Garibaldi aveva fatto nei due giorni avanti a quello , e ciò che fece nei due dipoi , siano state fasi d ' esecuzione d ' un suo concetto svolto con intenzioni ben determinate ; o se tutta una sequela di fatti , non legati tra loro da verun concetto , e venuti quasi fortuiti ora per ora , l ' abbiano condotto al resultato glorioso d ' entrar in Palermo , nel modo , per dir così , favoloso con cui v ' entrò . E così , soltanto a discuterlo , si disconobbe tutto il suo studio di quei giorni , che fu di trar da Palermo una parte del grosso presidio ; illuder questo , creandogli l ' opinione d ' aver costretto lui a rifugiarsi co ' suoi lontano ; illudere il Comando supremo della capitale , farlo sicuro ch ' egli non tornerebbe , tanto che vigilasse meno e si lasciasse sorprendere . Certo nell ' esecuzione di quel suo disegno vi furono dei momenti ne ' quali poté parere il disegno stesso non fosse ben fermo , né Garibaldi lo contesterebbe . Ma poi , che contestare quando si sa come egli pensava e sentiva ? La guerra non la faceva per gusto , e non era per lui né scienza né arte . Si trovava al mondo in queste nostre età , in cui essa è ancora uno dei mezzi per far trionfar la giustizia , e la faceva senza cercarvi né gloria né altro . Anzi ne dimenticava i fatti appena li aveva compiuti . Non è forse vero che quando , per esempio , scrisse di Calatafimi , che pur egli stimava uno de ' suoi più bei fatti d ' armi , ne scrisse quasi come uno che non vi fosse stato presente , e non avesse mai visto neppure quel campo ? Nei tempi che verranno , tale noncuranza sarà forse il titolo più alto per la sua gloria di generale , cui nessuno preparava i mezzi di guerra , che tutto doveva improvvisare ed eseguire , solo con l ' aiuto d ' uomini devoti a lui come a un ' idea ; e col sentimento del bene , e con la fede in qualche cosa di superiore da cui si credeva assistito , andava avanti vincitore sempre , almeno moralmente anche quando era vinto . In quel bosco , la forza misteriosa superiore da cui gli pareva d ' essere assistito , gli si rivelò nello splendore d ' Arturo , la bella stella che egli sin da giovane marinaio aveva scelta per sua . Lo udirono i suoi intimi rassicurarsi in quello splendore . Ciò almeno fu detto e creduto per tutto il campo , dove sottovoce si diceva che il Generale era lieto perché Arturo appariva fulgido più che mai . E se era n ' aveva cagione . In quella notte , poco distante dal bosco , per la via consolare di Corleone , il nemico marciava sicuro di andare dietro di lui rotto e in fuga , e mandava a Palermo la notizia , e la notizia andava a Napoli , e Napoli diceva al mondo un ' altra bugia così : " Le regie truppe riportarono una segnalata vittoria . Garibaldi battuto una seconda volta al Parco , perduto un cannone e sconfitto a Piana de ' Greci , fuggiva inseguito dalla milizia verso Corleone . Gravi dissensi tra i ribelli . " Invece quelle milizie non avevano battuto nessuno , non preso cannoni , né inseguivano lui ma la sua artiglieria , di cui in quella manovra aveva saputo disfarsi ; e lui si lasciava alle spalle coi suoi , più d ' accordo che mai coi ribelli siciliani , e prossimi a far con essi la congiunzione . Infatti all ' alba , egli salì da quel bosco a Marineo , e vi si trattenne fino alla sera ; poi marciò a Missilmeri , dove , come gli annunziava un messaggio del generale La Masa , lo aspettavano quattromila isolani che questi aveva raccolti per lui . Certo la posizione in cui Garibaldi s ' era posto con quella mossa era pericolosissima . Bastava che una spia ne avvisasse il Comandante della colonna nemica da lui così ben elusa , perché essa tornasse indietro a schiacciarlo sotto Palermo . Tanto era ciò facile , che nella marcia di notte , da Marineo a Missilmeri , in un momento di sosta fu quasi da tutti creduto di averla addosso . E allora ? Il senso della lor condizione era in tutti profondo . Ma non fu nulla . Ben presto , ripresa la marcia , apparve non lontano una gran luminaria . Era Missilmeri che li invitava . Vi giunsero verso la mezzanotte e vi si posarono . Quanto erano tornati vicini a Palermo ? La gente di Missilmeri diceva loro che dopo una piccola marcia , subito salito il monte a ridosso del paese , l ' avrebbero veduta . E la rividero il giorno appresso , da quel monte di Gibilrossa . Di lassù guardando a sinistra potevano anche scoprire quasi tutte le terre che avevano percorse . Oltre certi monti lontani doveva trovarsi Calatafimi . Come vi stavano i cari feriti gravi , dei quali non avevano più risaputo nulla ? E quanti vi erano morti ? Gibilrossa Su quella sorta d ' altopiano , se si può chiamar così la cima di Gibilrossa , formicolava il campo dei ' Picciotti ' di La Masa , che vi facevano un sussurro come nelle selve il vento . Erano forse quattromila , ma pochi gli armati almeno di fucili da caccia . Tuttavia davano da sperare che , avventati a tempo opportuno , anche gli armati soltanto di picche avrebbero fatto da bravi . Aveva detto Garibaldi che ogni arma era buona , purché impugnata da un valoroso . I continentali si frammischiavano a quelle squadre , a farsi descrivere nelle belle e immaginose parlate sicule le parti dell ' isola da cui erano venuti . E osservavano che anche i più rozzi di quei ' Picciotti ' avevano pensieri e sentimenti elevati , e che riusciva loro d ' esprimerli quasi con eloquenza . Ispidi all ' aspetto , erano squisiti dentro come certi frutti maturati ai loro lunghi soli . Ma anche pareva che alcuni di essi parlassero dialetti che sapevano di lombardo e di monferrino ! E di ciò si maravigliavano appunto i lombardi , tra i quali Telesforo Cattoni del Mantovano , angelico giovane a ventun ' anni già dottore in legge e studioso di lettere , cui l ' ingegno lampeggiava negli occhi . Ma Domenico Maura calabrese , dottissimo uomo sulla cinquantina , che sempre tra quei giovani parlava di Dante , diceva che se la fortuna avesse secondato Garibaldi , essi avrebbero poi trovato da maravigliarsi anche in Calabria , sentendo in certi villaggi parlar piemontese dai discendenti dei Valdesi scampati dalle persecuzioni . Quelli che lì in Sicilia avevano del lombardo e del monferrino , erano discendenti d ' avventurieri e di favoriti tirati nell ' isola dal gran Conte Ruggero , quando vi condusse sposa Adelaide di Monferrato . Dietro quella gentildonna uscita dal paese più cavalleresco d ' Italia , erano corsi a frotte nell ' isola gentiluomini d ' ogni grado , e Ruggero aveva dato loro da abitare certi luoghi , che per il numero grande di quegli ospiti furono poi chiamati villaggi lombardi . E coloro vi si erano misti e fusi coi nativi , greci , arabi e normanni , pur conservando le loro consuetudini e i loro dialetti . Aidone , Piazza , Nicosia , altre cittadette erano di quei luoghi . Nel pomeriggio di quel giorno , apparvero lassù alcuni uomini di mare in calzoni bianchi , e si disse subito che erano ufficiali delle navi inglesi ancorate nel porto di Palermo , saliti per vaghezza a visitare quell ' accampamento . Sapevano essi che v ' avrebbero trovato Garibaldi ? E se lo sapevano , poteva ignorarlo il Comandante generale borbonico di Palermo ? Ciò dava dell ' inquietudine . Essi intanto recavano che nella gran città tutti erano persuasi della fuga di Garibaldi , che anzi questo si leggeva stampato sulle cantonate , che l ' ufficialità del presidio esultava , ma che n ' era addolorato e sgomento il popolo , cui la sbirraglia raddoppiava gli insulti . Diedero per primi anche la notizia che il governo di Napoli aveva chiamato ' filibustieri ' Garibaldi e i suoi appena partiti da Quarto , denunciandoli al mondo come pirati ; e il nome di ' filibustieri ' fu subito preso per titolo di vanto da quei giovani , come da altri in altri tempi altri nomi vituperosi . Aggirandosi nell ' accampamento , quegli Inglesi si dilettavano di schizzare i profili dei più pittoreschi tra quei Garibaldini ; si facevano scrivere nei loro taccuini i nomi di questo e di quello , davano delle strette di mano che parevano strappi ; insomma sembravano in festa , e si facevano promettere una visita sulle loro navi . Ma i politici , e tra quei militi ve n ' erano molti , mormoravano . Ah gli Inglesi ? Sempre dove avevano toccato avevano lasciato l ' ipoteca o fatto mercato . Berchet li aveva ben giudicati ne ' suoi ' Profughi di Praga ' ! Essi forse agognavano che in Sicilia si versasse tanto sangue che non fosse più possibile nessuna pace coi Napolitani : e poi d ' accordo con Napoleone si sarebbero presa l ' isola , lasciando libero lui di farsi dar la Sardegna da Vittorio Emanuele , e questo di dargliela . Napoli con le sue provincie continentali sarebbe rimasto ai Borboni . E così salvi questi , salvato al Papa il resto del regno , l ' Austria si sarebbe baciate le mani di veder questi contenti e di tenersi il Veneto ; la Russia contentissima , avrebbe applaudito ; e l ' unità d ' Italia , addio ! Queste cose si dicevano a Gibilrossa dai mazziniani specialmente ; e di quelli che le ascoltavano chi le credeva già quasi belle fatte ; chi ci si arrabbiava a discuterle , a negarle , e chi crollava le spalle , ridendo . A buon conto , se era vero qualcosa d ' altro che già si sussurrava , quegli Inglesi avevano portato a Garibaldi i piani delle fortificazioni di Palermo e dei posti occupati dal nemico alle porte . Questo era bene sapere , perché il tempo incalzava , si avvicinava qualche grand ' ora , e con quella tal colonna andata dietro all ' Orsini e che poteva da un ' ora all ' altra apparire alle spalle , bisognava far presto . * Potevano essere le sedici all ' italiana antica , come si contavano le ore laggiù , quando si sentì dire che Garibaldi aveva chiamati a sé tutti i suoi maggiori ufficiali e i Comandanti di tutte le Compagnie . Grande commozione , grande attesa . Il campo pareva stare tutto in ascolto . Si seppe poi subito che in quel consiglio Garibaldi aveva fatti due casi : o ritirarsi a Castrogiovanni e là in luogo forte attendere che la rivoluzione ingagliardisse e giungessero dal continente altre spedizioni ; oppure gettarsi su Palermo . Si diceva che tutti i Comandanti avevano gridato con entusiasmo : " A Palermo ! " e che anzi Bixio aveva soggiunto : " o all ' inferno ! " Allora corse per tutta quella gente un tal fremito , che parve s ' animassero fin le rocce . La gran risoluzione era presa : presa in quel punto di Gibilrossa dove fu fatto poi sorgere l ' obelisco di marmo che vi si vede biancheggiare dal mare e dai monti , a ricordanza di quell ' ora suprema . Lassù fu anche stabilito l ' ordine della marcia ; impegno delicatissimo , in cui Garibaldi seppe usare tatto squisito . Egli aveva deliberato di tentare l ' assalto di Palermo dalla Porta Termini , piombando improvviso , all ' arma bianca , sulla guardia quale e quanta essa fosse . Ma in ciò non poteva adoperare le squadre del La Masa , neppure quelle armate di fucile , perché non avevano baionetta . Eppure non gli pareva né prudente né giusto , privar affatto i Siciliani di quel grande onore di andar primi o almeno coi primi , alla presa della loro capitale . Perciò risolse di far marciare alla testa un mezzo centinaio di Cacciatori delle Alpi condotti dal Tukory , i quali dovevano cadere come ombre addosso alla vedetta nemica . La avrebbero trovata oltre certe case , a pie ' di un altissimo pioppo . Bisognava impedire come che fosse che quel povero ignoto soldato desse l ' allarme alla guardia del Ponte dell ' Ammiraglio ; sorte strana di un semplicissimo uomo , dalla cui piccola vita poteva dipendere tutto un mondo di cose grandi . Dietro quel drappello doveva marciare un mezzo migliaio di ' Picciotti ' , poi i Carabinieri genovesi e appresso tutte le Compagnie dei Cacciatori delle Alpi . Ultimo in coda , avrebbe seguito il grande stormo . Disposte così le cose , tutti quei corpi furono condotti a pigliar il posto loro assegnato , nei pressi del Convento che sorge lassù , per aspettarvi che imbrunisse . I Cacciatori delle Alpi abbandonavano così quei luoghi , dove avevano passato una delle loro giornate più tormentose , sotto un sole feroce , senz ' altro riparo che di poveri fichi d ' India . E in tutta quella giornata non avevano ricevuto che ognuno un pane e una fetta di carne cruda , che avevano mangiato chi rosolandosela al fuoco sulla punta della baionetta , chi scaldandosela sulle rocce arse dal sole , chi tale e quale . Non erano mesti né lieti , si incamminavano forse alla morte . Ma se avessero avuto fortuna , se fosse loro riuscito di penetrar nella gran Palermo , e farvi levar su tutto il popolo come un mare , e pigliarsela , che grido di gloria per tutta l ' Italia , che gioia poi poter dire : io v ' era ! A ogni modo , meglio quel cimento supremo , meglio che star dell ' altro in quelle incertezze , per finire alla meno peggio e tornare se forse e chi sa come , nell ' Alta Italia mortificati . Intanto che veniva la notte , furono fatte dai Comandanti raccomandazioni amichevoli . Marciare in silenzio ; non badare a rumore che potesse venire da qualsifosse parte ; non si lasciassero impaurire dalla cavalleria , se mai , come era da prevedersi , ne fosse capitata sui fianchi della colonna . Contro di essa bastava formare i gruppi , giovandosi degli accidenti del terreno , e tirare ai cavalli . Del resto , la fortuna di Garibaldi avrebbe sempre aiutato , e all ' alba sarebbero stati in Palermo . Con certa esaltazione qualcuno ripeteva che Bixio aveva già detto : " A Palermo o all 'inferno." La calata a Palermo Appena fu buio , la colonna si mise in marcia e cominciò subito la discesa . Allora , di là , fu veduto il vastissimo semicerchio di monti , che serra la Conca d ' oro , coronarsi di fuochi , come se dappertutto vi fossero dei piccoli accampamenti . Se si volesse così avvisare il popolo di Palermo perché si preparasse , o confondere i borbonici non si sapeva . Ma intanto quei fuochi empivano di una forza misteriosa l ' anima della colonna in marcia , fino a crear l ' illusione che da tutti quei punti movessero su Palermo tante altre colonne di insorti , per assalirla da tutte le porte , e trovarvisi dentro insieme con Garibaldi , il giorno seguente , a celebrar la festa dello Spirito Santo . Era proprio la vigilia della Pentecoste . L ' anno avanti , il 27 maggio , Garibaldi aveva vinto gli Austriaci in Lombardia a San Fermo ; il 27 maggio del 1849 aveva messo piede sul territorio del Regno a Ceperano , dietro il Borbone fugato da lui , generale della Repubblica romana : anche una terza volta quel giorno poteva segnargli forse una bella data . * L ' ampia strada , che oggi sale per agevoli giravolte a Gibilrossa , allora non esisteva . Non era che un sentieruccio giù pel ripidissimo pendio , dove bisognava camminare con l ' olio santo in mano , sull ' orlo d ' un borro tutto balzi e sfasciume . Eppure , per quella traccia calò senza disgrazie tutto quel mondo , anche Garibaldi che andava su d ' un cavallo molto tranquillo , che finì poi nelle mani di Alberto Mario , cui fu donato . Perduto alquanto tempo a riordinarsi giù a piè del monte , la colonna si rimise in marcia lenta e silenziosa . Ululavano per la campagna a sinistra i cani da lontanissimo ; da destra muggiva il mare ; non era molto buio ; faceva quasi freddo , per la gran guazza . Nel piano , la via correva fiancheggiata da muriccioli a secco tra oliveti , e a tratti fra case mute e tetre . Da una di quelle case là attorno , veniva un tintinno di pianoforte , che ora si udiva ora no , e dava una di quelle malinconie che son fatte di dolore , d ' amore , di speranza , di desideri , d ' un po ' di tutto ciò che è gentile in noi . Chi mai sonava in quell ' ora tanto tranquilla , mentre stava per cominciare la musica della morte ? E pareva che fosse ancora molto lontano il gran punto , il gran momento , e che l ' alba volesse venire più presto del solito , troppo presto . Perciò fu fatto incalzare il passo , ma sempre più raccomandando il silenzio . Poi la colonna sboccò nella via Consolare . Allora le compagnie dei Cacciatori delle Alpi si misero per quattro , serrando così più sotto , con l ' ordine di tirar avanti senza badare a chi si arrestasse , e di stringersi ai muri degli orti . I cuori battevano già . Ma ad un tratto li schiantò addirittura un uragano di grida e di fucilate scoppiato alla testa , perché a un certo punto che si chiama Molino della Scafa , i ' Picciotti ' , credendo forse d ' essere già alle prime case di Palermo , si misero ad urlare . E molti di essi , presi chi sa per qual cosa dal panico , si arrestarono , si scomposero , si rovesciarono sui Carabinieri genovesi , cagionando il rigurgito di tutta la colonna . Accorse Bixio inviperito contro il La Masa ; accorse Garibaldi che richiamò lui alla calma ; e volto ai Carabinieri genovesi gridò : " Colonne di bronzo , le spalle anche voi ? " All ' immeritato rimprovero , il Mosto rispose mesto , ma fermo : " Noi siamo al nostro posto , e abbiamo aperte le righe per non esser travolti . " Garibaldi sapeva bene cosa erano quei prodi ; e del resto tutto ciò fu un lampo , perché pigliata subito la corsa avanti , una corsa impetuosa , serrata , gridata ; il meglio della Colonna fu di lancio sotto il fuoco dei Cacciatori borbonici , che difendevano il Ponte dell ' Ammiraglio . In quella prima luce apparvero il profilo a schiena d ' asino e i dieci o dodici pilastri interrati del ponte , brulicanti d ' uomini e d ' armi nel fumo , visione da sogno , ma incancellabile anche per chi non sapeva che quel ponte normanno aveva ben più di sette secoli sulle sue pietre . Così adunque la sorpresa tanto ben preparata era venuta in parte a mancare . Ma quei Cacciatori che avevano dormito intorno al Ponte , con l ' animo sicuro che Garibaldi era in fuga lontano ; a un assalto così violento , presi alla baionetta , non ressero a lungo , e si ritirarono fuggendo da disperati , tanto che invece d ' andar a piantarsi dietro a una loro gran barricata oltre il crocicchio di Porta Termini , come avrebbero dovuto , giunti appena al crocicchio stesso , svoltarono a Sant ' Antonino , per sottrarsi a quei dannati Garibaldini che giungevano di notte a quel modo . Questi inseguivano . E infilavano la via del sobborgo sotto il fuoco d ' un altro battaglione schierato sulle mura a sinistra ; si arrestavano al crocicchio , e subito si mettevano a sbarrarsi la via alle spalle . Di lì minacciava la cavalleria che moveva dalla chiesetta di San Giovanni Decollato . Ma Faustino Tanara da Parma , con un plotone della sua Compagnia , e il sacerdote siciliano Antonio Rotolo , con una grossa squadra di ' Picciotti ' , tennero quella cavalleria in rispetto . Ora , a passar quel crocicchio faceva caldo . Dal mare lo spazzava la mitraglia delle fregate , vi grandinavano le palle da Sant ' Antonino . Ma bisognava passarlo , che se no , chi sa quanta forza di nemici poteva tornarvi , appena si fossero rimessi dal primo sgomento . E vi era già Garibaldi col suo Stato Maggiore . Raggiava . Forse non sapeva ancora che tra il Ponte dell ' Ammiraglio e quel crocicchio , in sì breve tratto , erano caduti Tukory , Benedetto ed Enrico Cairoli feriti gravemente . Ben vedeva Bixio tempestar a cavallo su e giù ferito anch ' egli , rimproverando , ingiuriando quasi perché non s ' era già presa tutta la città , e sfogando la sua furia contro di uno che aveva osato dirgli che si guardasse che sanguinava dal petto . Egli s ' era già levato da sé il proiettile . E molti in quel breve tratto erano i morti . Giaceva sul Ponte il dottor La Russa di Monte Erice ; giaceva presso il ponte Stanislao Lamensa . La morte lo aveva fermato lì , senza misericordia per i suoi dieci anni di ergastolo , né per i suoi figliuoli che lo aspettavano in Calabria dal 1849 . Sotto il Ponte , fra parecchi altri amici e nemici , giaceva Giovanni Garibaldi , popolano genovese , morto di fuoco e di ferro . Placido Fabris da Povegliano , giovane tanto bello che i compagni d ' Università lo chiamavano Febo , giaceva per morto con tutta traverso al petto la daga - baionetta d ' un cacciatore ucciso da altri , mentre vibrava a lui il colpo mortale . E non morì . Doveva , guarito , ricomparire quasi un risorto , per andarsi a far ferire anche dagli Austriaci a Bezzecca sei anni dopo . Bellissimi tipi di siciliani giacevano feriti . Inserillo , Caccioppo , Di Benedetto , gente che continuò a dare il proprio sangue fino a Mentana . Narciso Cozzo , il bello e biondo patrizio palermitano che , uscito tre giorni avanti a raggiunger Garibaldi , si era unito , nell ' accampamento del Parco , alla 6° Compagnia ; camminava tra quei feriti , quei morti e quella calca , quasi andasse invulnerabile ammirando . Pareva un Normanno di settecent ' anni addietro , tornato a guardare come dai moderni si combattesse . A lui la morte diè tempo e spazio fino al Volturno , e il 1° ottobre , nella gran battaglia garibaldina , là se lo colse . Bisognava dunque passar oltre quel crocicchio infernale , e a un cenno di Garibaldi il passo terribile fu traversato , fu invasa alla corsa la via per la Fiera Vecchia . Piazza della Fiera Vecchia ! Lì all ' alba del 12 gennaio 1848 , quel La Masa che ora conduceva i ' Picciotti ' aveva lanciato il suo grido di guerra quasi da solo , a piè di quella statua di Palermo che ora non v ' era più , perché la polizia l ' aveva fatta levare . Ma era la piazza della Fiera Vecchia davvero quel largo ? Non ci si vedeva nessuno , precisamente come nel 1848 . Garibaldi quasi impallidì . Un cittadino , di tra i due battenti d ' un uscio socchiuso , gli gridò : " Evviva ! " Qualche finestra si aperse , qualche testa si sporse , ma gente non ne compariva né con armi né senza . Fu un istante da tragedia . Ma appunto per questo avanti ! Garibaldi col suo Stato maggiore , preceduto dai più ardenti , seguito dall ' onda de ' suoi si inoltrò per quelle vie deserte fino a piazza Bologni . Ivi smontò , e nell ' atrio del palazzo che dà il nome alla piazza , si assise . Proprio si assise ! Ora la sua tranquillità faceva quasi paura . Giungevano intanto i suoi da tutte le parti con notizie diverse , confuse , assurde : giungeva Bixio a piedi con in pugno la spada spezzata a mezzo , furibondo , terribile . Veniva a pigliarsi venti uomini di buona volontà , per andare a farsi uccidere con loro a Palazzo reale . " Tanto , - gridava - tra due ore siamo tutti morti ! " E già si avviava , già voltava l ' angolo di via Toledo , quando Garibaldi lo fece chiamar indietro . Garibaldi in quel momento era quasi giulivo . Aveva riso d ' un colpo che sfuggitogli da una delle sue pistole , gli aveva sforacchiato il lembo dei calzoni sopra il malleolo , dove fu poi ferito due anni appresso in Aspromonte : aveva confortato due giovani prigionieri napolitani ; aveva baciato nel nome di Benedetto Cairoli qualcuno della 7° Compagnia , e baciandolo gli aveva detto che intendeva di baciare in lui tutti i presenti . Giulivo era anche perché cominciavano a comparire dei cittadini ansanti , trasecolati . Dunque era vero , era entrato , era Lui ? E guardavano quei capelli ancora così biondi , quella barba , quel torso erculeo nella camicia rossa , quelle gambe un po ' esili e quei piccoli piedi da gentiluomo . Adoravano . Era lui e non avevano creduto ! Il romore della fucileria di Porta Termini , l ' avevano preso per uno dei tranelli della polizia , che già parecchie volte aveva sull ' alba fatto sparare qua e là ; e sempre chi era stato pronto a scendere , credendo di gettarsi nella rivoluzione , era invece caduto in mano dei birri . Così raccontavano quei cittadini . Dunque , se la città non era subito insorta , nulla di male , purché si facesse , purché non si lasciasse tempo ai nemici di riaversi : barricate ! barricate ! Non si sentì più gridar altro che barricate . Garibaldi diede l ' ordine all ' Acerbi , mantovano , di mettersi a quel lavoro , e gli designò compagno il palermitano duca della Verdura ; formò un comitato provvisorio per il governo della città presieduto dal dottor Gaetano La Loggia : ma veramente il governo era lui . E le campane cominciarono a martello , perché la polizia aveva fatto levar via il battaglio da tutte . Prima suonò quella di San Giuseppe , poi un ' altra , poi altre e altre ; tutta la città si svegliava : Santa Rosalia ! Santo Spirito ! Che c ' era mai ? Garibaldi ? Garibaldi era venuto dentro in quel giorno di festa religiosa , certo lo aveva voluto Iddio . E nessuno , forse nessuno , pensò che quell ' uomo con sì poca gente era entrato a tirar su la città , su di sé , sui suoi , lo sterminio . Tra quei cittadini vi erano fin dei preti . Quello alto , maestoso , con la gran testa già grigia , era l ' abate Ugdulena ; e quell ' altro smilzo , pallido , vibrante , era prete Di Stefano . E giunsero degli uomini in divisa che parevano di cavalleria , giubba rossa , calzoni azzurri . Disertori forse ? Al portamento no ; e poi non avevano armi . Donzelli del comune erano , che venivano dal Palazzo pretorio . Dunque la magistratura cittadina , il Pretore , i Decurioni erano già in moto ? No . Essi erano borbonici quasi tutti , e quasi tutta l ' aristocrazia borbonica se n ' era fuggita a Napoli , o ritirata sulle navi in rada , stava al sicuro . Ma insomma quelli erano i Donzelli del Palazzo . Sui bottoni dorati delle loro divise , si leggeva la sigla : S.P.Q.P. ' Senatus populusque palermitanus ' . Ma Giuseppe Giusta , artigiano , lingua di fuoco , lesse subito a modo suo : " Sono Pochi Quanto Prodi . " Il frizzo non destò allegria perché quello non era momento da celie ; anzi , qualcuno disse che Giusta celiava per farsi dar giù , forse , un po ' di paura . Ah la paura ! Strana affezione . V ' erano lì dei giovani che nella notte , durante la marcia , avevano forse tremato ; e adesso si sarebbero messi da soli a qualsifosse cimento . Perché adesso era davvero aperta la via a tutte le prove , e la città s ' avviava a divenir tutta un campo . Verso Sant ' Antonino si combatteva ; da porta Macqueda , i cannoni del generale Cataldo tiravano lungo la gran via ; quelli del generale in capo Lanza , da Palazzo reale , spazzavano tutta Toledo . Non pareva vero che il forte di Castellamare tacesse ancora . Si sapeva già che ivi comandava il Colonnello d ' artiglieria Briganti ; si seppe poi che un suo figliuolo capitano era stato ai mortai , aspettando l ' ordine di cominciar il fuoco , e che rapito dalla voglia di mandar la prima bomba sulla città ribelle , aveva già mormorato contro suo padre , minacciando persino d ' andar egli stesso a scuoterlo . Ma verso le sette l ' ordine gli fu mandato , e allora si udì un gran tonfo a Castellamare , e su nell ' aria un gran rombo . La prima bomba piombò . Cominciava quel bombardamento , che con terribili pause di cinque minuti tra bomba e bomba , doveva durare tre giorni e farne piovere sulla città ben mille e trecento . E subito scoppiarono qua e là degli incendi . A mezzogiorno in punto si misero poi a tirare anche le navi . Intanto Garibaldi era passato col suo Quartier generale nel Palazzo pretorio . Là , con un suo decreto da Dittatore , sciolse il Municipio , per nominare , come fece il dì appresso , un nuovo Pretore e nuovi Senatori . Ora la città , anzi la Sicilia era lui . Da quel centro si diramavano i suoi ordini alle piccole colonne che si erano spinte in tutti i versi alla periferia della città . Erano gruppi di Cacciatori delle Alpi , cui si univano fidenti e volenterosi i ' Picciotti ' entrati il mattino , e via via cittadini d ' ogni ceto usciti di casa con armi o senza . E dove avveniva uno scontro coi borbonici , i disarmati aspettavano bramosi che qualcuno cadesse , ne prendevano l ' arma , le cartucce , il posto , e combattevano esultanti . Un grosso nerbo della 8° Compagnia avanzò per vie traverse , verso Palazzo reale fino alla gran Guardia , e di lì fugò il generale Landi , quel povero vecchio Landi , già battuto a Calatafimi . Un po ' della 6° con parte della 7° e alcuni Carabinieri genovesi , andavano per pigliare il convento dei Benedettini ; la 5° si spingeva verso porta Macqueda , fino a Villa Filippina . Ma dir Compagnie non è preciso . Queste si erano frante e si frangevano ognor più in manipoli , e ogni manipolo seguiva il più stimato fra quelli che lo componevano , o chi si mostrava più ricco di partiti . Così dei vecchi ubbidivano a dei giovinetti ; uomini in divisa d ' ufficiali si lasciavano consigliare da studenti che non avevano mai visto una caserma ; qualcuno come Vigo Pellizzari che , caduto Benedetto Cairoli , era divenuto il Comandante della 7° , rivelava qualità di vero uomo di guerra ; Giuseppe Dezza della 1° suppliva da bravissimo il Bixio , che , non potendo più reggere dal molto sangue perduto , era stato costretto da Garibaldi a ritirarsi in casa Ugdulena , e aveva ubbidito mordendosi per ira le mani . * I borbonici avevano lasciato passare il momento buono ad invadere la città , come avrebbero potuto . Quattro o cinque ufficiali audaci che si fossero mossi ciascuno alla testa d ' un mezzo battaglione , e avessero marciato verso il centro tutti a un tempo , pur seminando di morti e di feriti la via , bastavano a schiacciar tutti . Ma forse nessuno aveva osato cimentarvisi , per paura di entrare a farsi seppellire sotto un po ' di tutto , da tutte le case , mobili , pietre , olio ardente . Adesso , dopo quattro ore dall ' entrata di Garibaldi , sarebbe già stato difficile riuscire , anche se i borbonici ci si fossero provati ; e già si vedeva che prima di sera sarebbe divenuto addirittura impossibile . Poiché nelle vie sorgevano come per incanto barricate per tutto . Dagli usci venivano fuori carri , carrozze , botti ; dalle finestre piovevano mobili , materasse , fin pianoforti . E tutto era subito raccolto , ammontato , serrato insieme . Poi a forza di picconi e di leve si spiantavano li lastre delle vie ; e queste sì , queste servivano bene ! Parevano fatte apposta . E con esse , visto o non visto , venivano alzate su delle vere mura , una barricata a dieci metri dall ' altra ; fin troppe , come disse poi Garibaldi . Vi lavoravano e uomini e donne e fanciulli , che si rissavano tra loro facendo a chi ubbidisse meglio , se dai panni , dai capelli , dall ' accento , riconoscevano un garibaldino in chi comandava . Le popolane poi parevano furie . " Signuri , nui riciano ca di li nostri trizzi un ' avianu a fari ghiumazzo pi li so mugghieri ! Scillirati , infami ! " E davano dentro da disperate a portar pietre e sacchi di terra . Il Comitato delle barricate , composto di cittadini esperti ancora del 1848 , presedeva a quel lavoro che metteva sossopra il lastrico di ogni via . E già si vedevano uomini sugli orli dei tetti ad ammonticchiarvi tegole , uomini sui balconi a preparar mobili da buttar giù , se mai le milizie borboniche si fossero avventurate . Ma quelle milizie non si muovevano all ' offensiva . Anzi , verso le sedici , come si diceva là all ' uso antico d ' Italia , il general Cataldo che occupava i pressi di Porta Macqueda , i Quattro venti e il Giardino inglese , assalito dalla città , tormentato alle spalle dai ' Picciotti ' , si ritirava al Palazzo reale ; e al Palazzo reale si ripiegava il generale Letizia , scacciato dal rione Ballerò . Sicché al Palazzo e nella piazza e negli orti intorno , si trovavano da dodicimila soldati , sotto il generale Ferdinando Lanza , alter ego del Re , uomo di 72 anni che aveva a lato Maniscalco , il fiero capo della polizia . E allora le carceri non più custodite si apersero , e ne sbucarono duemila condannati , orribile ingombro gettato tra i piedi alla rivoluzione , perché potevano solo disonorarla . Ma Garibaldi provvide . Vietò d ' andar armati senza dipendere da un capo ; vietò di perseguitar i birri sperduti ; decretò pena di morte al furto , al saccheggio : fece tremare e fu ubbidito . Lavoravano intanto i mortai di Castellamare , che nel pomeriggio di quella prima giornata presero specialmente di mira il Palazzo pretorio , sul quale misuravano l ' arcata delle loro bombe . I nemici , non da palermitani , ma da qualche birro vagante , dovevano aver saputo che in quel palazzo si era messo Garibaldi , e perciò cercavano di seppellirvelo sotto col suo Stato maggiore ! Non vi riuscivano ; ma le loro bombe , cadendo nelle vicinanze , facevano delle grandi rovine . * A notte , quel fuoco da Castellamare cessò , e cessò anche quello della fucileria quasi per tutto . Ma la veglia fu viva , incessante . Le finestre delle case cominciarono a illuminarsi , per le vie ci si vedeva quasi come di giorno . Ed era un andirivieni dalle parti della città al Palazzo pretorio e di lì alle parti ; sicché pareva che i combattenti si dessero il cambio nei posti che occupavano , solo per andar un po ' dal Generale , e rifare nella vista di lui le speranze e le forze . Egli aveva fatto mettere una materassa sulla gradinata della fontana di Piazza Pretoria , rimpetto al gran portone del Palazzo , e là , a pie ' di una di quelle alte statue che la adornano , riceveva notizie , dava ordini , riposava , Giovanni Basso da Nizza , suo segretario e compagno sugli oceani , Giovanni Froscianti da Collescipoli antico frate , Pietro Stagnetti da Orvieto , veterani della Repubblica romana , gli facevano guardia : dall ' altra parte della piazza , nelle scuderie di palazzo Serradifalco , stavano sellati i cavalli delle Guide . E sul portone di quel palazzo si vedeva Giovanni Damiani , vigile come un ' aquila , pronto a qualche partito supremo di Garibaldi , se forse fosse venuta l ' ora della disperazione . Di quelli che andavano e tornavano , taluni si sentivano chiamar dentro dagli usci di qualche casa o palazzo socchiusi . E là nei cortili , sotto i porticati , giù nei sotterranei , trovavano donne , uomini , fanciulli , signori e servi ; e questi a gara se li pigliavano in mezzo curiosi , e li tempestavano di domande : e di dove erano , e come si chiamavano , e se avevano madri , sorelle . E stringendo loro le mani , tastavano se queste erano fini ; maravigliavano a udirli parlare da gentili uomini . Li ristoravano di cibi e di vini squisiti ; empivano loro le tasche di biancherie ; mostravano le coccarde tricolori , triangolari come l ' isola ; li baciavano , li pregavano di farsi portar da loro se mai cadessero feriti . E le donne esaltate congiungevano le mani come in chiesa ; e le fanciulle sorridevano estatiche nei grandi occhi lucenti ; e poi a veder coloro andarsene , piangevano come sorelle amorose . Nei posti in faccia al nemico , quelli che vegliavano , ricevevano le notizie delle cose avvenute altrove . Ai Benedettini , Giuseppe Gnecco , carabiniere genovese , si era lanciato alla gola di un ufficiale borbonico e lo aveva tratto via seco prigioniero . Là e là , i tali della tale Compagnia o della tal ' altra , avevano formato barricate mobili con botti rinvolte in materasse , e spingendole avanti a forza di spalle sotto il fuoco dei borbonici , erano giunti fino alle case occupate da questi , e balzati dentro , fulminei avevano preso le case e i difensori . Metteva una certa sicurezza negli animi sapere che ormai tutta la parte bassa della città era in mano degli insorti , salvo il palazzo delle Finanze in piazza Marina , che era ben tenuto d ' occhio perché i borbonici non potessero portar via il tesoro . Anche la caserma di Sant ' Antonio era stata presa , e molti vi si erano riforniti di bellissime armi . Là Andrea Fasciolo , Carabiniere genovese , aveva dato tutto il giorno lo spettacolo d ' un coraggio che i suoi compagni , per dire quanto era , chiamavano coraggio sfacciato . Cominciava a disertare qualche ufficiale borbonico : al Palazzo pretorio era giunto il tenente Achille De Martini , comandante dei cannoni a Calatafimi , e si era dato anima e corpo a Garibaldi . Intanto seguitavano a entrar in città da porta Termini e ' Picciotti ' e ' Picciotti ' ; da porta Macqueda era entrato Giovanni Carrao , con la squadra che era stata di Rosolino Pilo . E la notte passava . * Ma i mortai di Castellamare suonarono presto la diana del 28 , e presto ricominciò il fuoco dappertutto . Dappertutto la rivoluzione vinceva . Ma dolorose perdite si fecero fin dalle prime ore di quel secondo giorno . Enrico Richiedei da Salò ed Enrico Uziel da Venezia , furono uccisi da una palla di cannone che li compì tutti e due al capo , lasciandoli morti sfigurati l ' uno vicino all ' altro quei due fiori di giovinezza . Antonio Simonetta milanese diciannovenne , puro come uno di quei fraticelli che cantarono al letto di San Francesco morente , uscito l ' anno avanti incolume dalla battaglia di San Martino , cadeva al convento dei Benedettini , dove gli amici ne cercarono poi invano il corpo e la fossa . E ai Benedettini cadeva Giuseppe Naccari palermitano , reduce dall ' esilio coi Mille , cadeva senza aver ancor riveduto la sua famiglia , anch ' egli bellezza maschia , che nella 6° Compagnia , per la molta somiglianza col gran lombardo morto a Roma nel 1849 , era chiamato Luciano Manara . Nel campanile di quel convento fu ucciso Crispo Cavallini da Orbetello , altro bel forte cui toccò di morire senza lasciar il nome alla schiera dei Mille . Egli fu dimenticato come uno che non avesse avuto né parenti , né amici , né nulla . E forse felice lui , se morendo , avesse potuto indovinare quell ' oblio ; perché , diciamo noi , portar seco nella morte tutto sé stesso , la gloria e il nome , deve esser una gioia più che da uomo . Non insegnava così l ' ordine del giorno di Garibaldi letto nella traversata in alto mare ? Ai Benedettini combatteva il Mosto co ' suoi Carabinieri , Carabiniere infallibile anch ' esso , e dal campanile fulminava gli artiglieri del bastione Porta Montalto , obbligandoli a lasciar muti due pezzi . Lo secondavano tranquillamente , con tiri che coglievano , Giambattista Capurro , giovinetto che aveva la testa bendata per una ferita in fronte , ed Ernesto Cicala benché già toccato malamente da una scheggia di granata . Vicini e mirabili per la calma , facevano i loro tiri Stefano Dapino e Bartolomeo Savi , testa d ' oro da cherubino , tanto era biondo , il primo ; l ' altro arruffato quella sua testa grigia piena sempre delle tragedie di Sofocle . Si combatteva dunque dappertutto e si dimenticava ogni cosa . Ma se qualcuno non si sentiva più dalla fame , i conventi dei frati erano là divenuti ospizi . Ivi le cucine fervevano . Bastava dar una corsa là , e uno ci trovava il cuoco e il cantiniere , pronti a scodellare e a mescere . Si ristorava e via , tornava benedetto a farsi onore . Dei frati veri , molti parevano più rivoluzionari dei garibaldini stessi ; qualche vecchio brontolava pauroso , perché delle rivoluzioni ne aveva già viste troppe e tutte finite male , quella del '20 e quella del '48 . Si dava da mangiare anche nei refettorii e nei parlatorii dei monasteri . Folle di monacelle bianche si premevano a guardar dalle porte , e parevano stormi alati d ' angeli , discesi come nella poesia a contemplar i figli degli uomini . Qualcuna osava , correva quasi ad occhi chiusi , e al primo cui le capitava di stendere le braccia metteva al collo una reliquia , subito fuggendo beata come se avesse rapita un ' anima al purgatorio . Colui per quella non pericolava più . Invece delle vecchie suore si mettevano a discorrere in mezzo agli ospiti armati e laceri e sporchi di polvere ; e li interrogavano curiose , e domandavano se Garibaldi era cristiano , giovane , bello , e li pregavano di vincere e di tornare poi a dar loro le notizie , a difender loro , povere monacelle , dalle genti borboniche crudeli . Non sapevano ancora che i monasteri dei Sette Angeli e della Badia nuova erano stati saccheggiati , né che quello di Santa Caterina bruciava . Lì sì ! C ' era bisogno d ' aiuto ! Ma nel gran trambusto che assordava tutti , nessuno aveva ancor badato che lì come altrove c ' era l ' incendio . Eppure il monastero sorgeva a lato del Palazzo pretorio ! Il fuoco vi aveva cominciato dal tetto , a cagione di una bomba di quelle destinate al Palazzo , scoppiata in aria . E l ' incendio era disceso di piano in piano . Solo verso la sera del 28 , qualcuno pensò che là dentro c ' erano delle povere creature . E allora , sfondata la porta del monastero , vi entrarono dieci o dodici Cacciatori delle Alpi con dei ' Picciotti ' , a tentar di salvarle . Nel piano terreno ci si poteva ancora , ma cerca di qua , cerca di là non si trovavano monache in nessuna parte . Che si fossero lasciate perir arse nei piani superiori , non pareva da credersi . Finalmente uno andò nell ' oratorio , e là ne vide che , come larve bianche nella penombra in fondo , piangevano , fuggivano a nascondersi fino in certe loro catacombe . Raggiunte , si inginocchiavano in terra , torcendo le braccia , porgendo le gole come a dei carnefici ; pregate di uscir di là dentro , perché presto non ci sarebbe stato più tempo , non volevano lasciarsi condur via a niun patto . Sicché quei soldati dovettero minacciare di porre loro addosso le mani per salvarle a forza . E allora esse si lasciarono mettere in fila , lunga fila di religiose di tutte le età , monache e converse . Ve n ' erano di bellezza celestiale , giovani come aurore ; ve n ' erano delle vecchie mummificate . I fratelli Carlo e Pietro Invernizzi da Bergamo , bizzarrissimi spiriti , ne portavano via sulle spalle una per ciascuno quasi paralitiche , e mentre che agli atti pareva che reggessero dei reliquiari , parlavano in bergamasco da diavoli cose che avrebbero fatto ridere i sassi . Fu questa la sola profanazione , se si può dir così ; tutti gli altri vennero fuori serii con quella strana processione ; e a vedere la raffinatezza dei riguardi che sapevano usare , faceva orgoglio . Condussero quelle meschine a un altro monastero ; e là , nella gioia della salvezza , qualche stretta di mano , sin qualche bacio fu dato e preso . * La seconda giornata passò dunque come la prima e peggio ; ma la terza furono cose indescrivibili . Tutte le vie erano ormai gremite di gente . A cagione del bombardamento , lo stare in casa era più pericoloso che lo star fuori ; perché dove una bomba cadeva su di un tetto , sprofondava giù fino a terreno , scoppiava e faceva crollar tutto . Invece per quelle che cadevano nelle piazze o nelle vie , la gente si gettava a terra , le lasciva scoppiare , poi su , si levava gridando : " Viva Santa Rosalia , Garibaldi , l ' Italia ! " E si esaltava , e si lasciava pigliare da un certo cupo entusiasmo della strage , senza neppur più inorridire perché qualcuno restava a terra morto o ferito . Di tanto in tanto si udiva uno scoppio di grida furiose qua e là ; erano donne del popolo che avevano fatto la posta a qualche birro , e riuscite a pigliarlo , urlandogli " Sorcio , Sorcio ! " lo malmenavano , lo straziavano a brani . Così dovevano aver urlato : " Mora ! Mora ! " le loro antenate dei Vespri . Sennonché ora bastava che capitasse in tempo un garibaldino a stender le mani sul birro sciagurato , e quelle donne glielo cedevano vivo , quasi contente , urlando ancora : " Viva Santa Rosalia ! " Di quei miseri servi della polizia ne furono salvati parecchi in tal modo , e pel momento venivano messi nei sotterranei del Palazzo pretorio , dove almeno nessuno poteva più torturarli . Così le turbe si aggiravano per la città , passando da barricata a barricata pei vani lasciativi apposta ; e incontrandosi ai Quattro Cantoni si incrociavano , si acclamavano e si confondevano come quattro correnti . Ivi un gran tendone tirato tra due palazzi celava la metà di via Toledo verso porta Felice , all ' altra metà di lì in su , verso al Palazzo reale . Perciò i borbonici del Palazzo non potevano più comunicare a segni con le loro navi da guerra del porto . Quel tendone era come un immenso arazzo bene istoriato , e però spiaceva vederlo sforacchiare dalle cannonate borboniche ; ma dal Palazzo reale ci si erano accaniti contro . Diceva un Cattaneo da Bergamo , rimasto loro prigioniero e mandato a Garibaldi per certa ambasciata , con promessa sua che sarebbe tornato , come infatti volle tornare ; diceva che i borbonici già quasi ridotti a cibarsi di lattughe , provavano dispetto e noia di quel tendone più che di tutto . Erano anche arrabbiati , perché l ' Ospedale militare pieno di risorse era stato preso dai garibaldini . Dunque tra gli strazi che si vedevano , le buone notizie davano gran conforto . E si seguivano . Il bastione di Porta Montalto era stato preso dal colonnello Sirtori , mosso dal convento dei Benedettini alla testa di alcuni , che si erano lasciati mettere in petto il fuoco dell ' eroismo da quel prete soldato . I regi dell ' Annunziata erano stati costretti a sgombrare ; e comparivano a Palazzo pretorio dei giovani che avevan durato a star là giorno e notte per vincere quel posto . Venivano carichi di armi , e alcuni portavano superbi mantelli tolti a quei nemici . Ma correvano intanto gli annunzi delle morti e delle ferite . Adolfo Azzi , il forte timoniere del Lombardo , era caduto con una coscia trapassata da una palla ; Liberio Chiesa , chiassoso ma prode , giaceva anch ' egli con una gamba spezzata . A confortar i feriti un po ' dappertutto , andava il prete Gusmaroli da Mantova , e portava loro i saluti dei combattenti , e tra i combattenti tornava , serbando una calma e una pace di cuore meravigliosa . Mai che impugnasse un ' arma ! Essere ucciso poteva ; uccidere no . Egli non voleva macchiare di sangue le sue mani di sacerdote . Andava così vendicandosi a modo suo dell ' offesa che gli aveva fatto l ' Austria , impiccandoli nella sua Mantova Orioli , Grioli e Speri e Poma e gli altri di Belfiore . E siccome somigliava molto ai ritratti di Garibaldi , per questo , dove appariva , i ' Picciotti ' , credendolo il Generale in persona , sotto i suoi sguardi gareggiavano a chi mostrasse d ' aver più cuore . Egli aveva allora quarantanove anni , ma se avesse saputo quali dolori gli serbavano gli altri dodici che stette poi ancora al mondo , si sarebbe augurato di averne cento per morire se non lo volevano le palle di qualunque altra morte , ma là , ma allora . Finì nel 1872 , in una misera casupola della Maddalena , dove era suo solo conforto contemplare almeno l ' altra isola , quella di Garibaldi , dal cui cuore fu fatto cadere . Bello e grande fu l ' atto della 8° Compagnia che , mantenutasi più compatta delle altre per l ' ostinata voglia di occupare la Cattedrale , vi riuscì finalmente alle quattordici di quel terzo giorno . Rovinava allora lì a lato con indicibile fragore il palazzo del principe Carini , incendiato da una bomba , come erano già rovinati i palazzi Cutò , D ' Azzale e altri . E allora appunto , in faccia ai borbonici di Palazzo reale , quei bergamaschi invasero tutto il di fuori del tempio e dentro e su fino il campanile . E di là si misero a tirare sui soldati stipati nella gran piazza . Uccidevano a schioppettate gli artiglieri sui pezzi . Il loro capitano Bassini li governava coi trilli di certo suo fischietto da cacciatore , fumando alla pipa , tutto scoperto ai nemici che lo tempestavano di palle senza toccarlo . Ma egli si credeva invulnerabile . * A quell ' ora il generale in capo Lanza , volendo tentare una disperata prova , mandò il generale Sary a ripigliar la Cattedrale ; e il generale Colonna a ripigliare i Benedettini , l ' Annunziata , Porta Montalto . Inutile sforzo , inutile strage . Tutti gli assalti furono respinti dai garibaldini , dai ' Picciotti ' e dai cittadini . I borbonici lasciarono più di cento morti e forse quattrocento feriti , intorno alla Cattedrale e per le vie percorse , ma ritirandosi incendiavano le case , uccidevano gli inermi , violavano le donne . Erano diventati selvaggi , furiosi . Forse facevano così , per dare l ' ultimo sfogo all ' odio secolare mantenuto vivo contro l ' isola in loro , sudditi dell ' altra parte del regno ; forse li faceva divenir più crudeli lo spettacolo degli incendi , ardenti in più di sessanta luoghi della città ; tra i quali più grande e spaventoso quello del quartiere intorno San Domenico , tutto in fiamme . Ma se le sorti volgevano a male per i borbonici , anche dalla parte di Garibaldi crescevano le angustie . Quella sera non v ' erano quasi più munizioni . Si lavorava a fabbricare polvere , ma non ne veniva abbastanza pel bisogno , specialmente perché i ' Picciotti ' , come scrisse poi Garibaldi , sparavano troppo . E da tutti i punti della città dove si combatteva , giungevano uomini a chieder cartucce , come chi spasima per fame chiede pane . Gli aiutanti del Generale rispondevano alzando le braccia muti : il Sirtori , sempre tranquillo , raccomandava di dir dappertutto che le munizioni giungerebbero , che intanto i combattenti s ' ingegnassero con la baionetta . E invocava la notte . Almeno ci sarebbero state alcune ore di riposo . E poi girava già viva la voce che tra i regi fosse cominciato un grande scoraggiamento ; si diceva che altri loro ufficiali erano passati alla rivoluzione , tra i quali due capitani del genio ed era vero ; e ormai pareva certo che i dodicimila uomini del Palazzo reale stessero isolati affatto , senza viveri e senza comunicazioni col porto e con Castellamare . Dunque una risoluzione il loro generale l ' avrebbe dovuta prendere ; o avventarli tutti a morire o capitolare . Ma venuta la notte l ' inquietudine non cessò , anzi faceva terrore il pensiero di quel che sarebbe potuto succedere il mattino seguente ; e quasi si agognava che fosse già l ' alba , per tornare nella furia invece di consumar l ' anima in orribili fantasie . Anche Garibaldi ebbe quella sera un momento in cui quasi disperò . Gli avevano portato la nuova che erano sbarcati alla Flora due battaglioni di bavaresi , gente aizzata da Napoli e per tutta la traversata con feroci promesse , ed esaltata dalla lusinga d ' aver essa l ' onore di dar il colpo mortale alla rivoluzione . Ma la notizia non era esatta . I due battaglioni erano sbarcati sì , ma non alla Flora . E il generale Lanza aveva commesso l ' errore di chiamarseli al Palazzo reale . Dunque erano men da temersi , stando essi nelle mani di chi non sapeva adoprar bene neppur le buone truppe che aveva già . E Garibaldi si rassicurò . Ma quella era la notte del dolore , ed Egli ebbe pur quello di venir a sapere che alcuni de ' suoi , tre o quattro in tutti , non potendo più star con l ' animo alla paura , erano ricorsi ai consoli stranieri , per farsi munire di passaporti . Il dolore che ne provò non si può dire ; la pena del suo disprezzo che inflisse a quei tali fu mortale . Uno di essi , poi , che portava un bel nome nizzardo , era ricorso al consolato di Francia ! Il Generale ne pianse . Gli toccava là , nel pieno della sua grandezza , fosse pure alla vigilia forse della catastrofe suprema , gli toccava là quella atroce puntura di veder quel suo uomo aver riconosciuto con quell ' atto che Nizza era Francese ! Egli , così proclive a compatire , a scusare , non perdonò ; e il nome di quell ' uomo fu spento . * Il giorno appresso , mentre il fuoco , riacceso in tutti i punti sin dall ' alba , lasciava indovinare ne ' regi una certa stanchezza , ma teneva pur sempre in forse dell ' esito finale , Garibaldi ricevè un messaggio del generale Lanza . Questi che sin dal 28 aveva chiesto all ' Ammiraglio inglese d ' intromettersi per imporre una breve tregua , onde si potessero raccogliere i feriti e seppellire i morti , ma però senza trattare egli con Garibaldi ; e dall ' inglese aveva ricevuto in risposta che appunto a Garibaldi doveva rivolgersi : ora nel suo messaggio dava di Eccellenza al ' Filibustiere ' ! E gli chiedeva un armistizio di ventiquattr ' ore , e lo invitava a un ritrovo con due suoi generali , per trattar d ' altre cose . Designava per luogo la nave ammiraglia inglese . Garibaldi concesse subito l ' armistizio , accettò l ' invito al ritrovo , e da una parte e dall ' altra fu subito dato l ' ordine di cessare il fuoco . Erano le undici antimeridiane . Il ritrovo doveva avvenire alle ore quattordici . Ma mentre Garibaldi trattava di queste cose nel Palazzo pretorio , e sottoscriveva l ' armistizio col Colonnello messaggero del Generale nemico , gli giunse un grido di tradimento , propagato sia da Porta Termini , grido terribile di cui veniva interprete a lui , smaniando , quel prete Di Stefano che gli era apparso dei primi , il mattino del 27 . Insomma a Porta Termini erano giunti a marcie forzate i cinque i seimila uomini del Von Mechel e del Bosco , quelli che dal dì 24 , credendo di inseguir Garibaldi in fuga , erano andati fino a Corleone . Là , avendo alla fine saputo l ' inganno in cui erano caduti , s ' erano rivolti volando al ritorno ; ed adesso erano lì alla porta stessa per cui Garibaldi era entrato in Palermo , furiosi , sguinzagliati dai loro comandanti come belve fuor di catena . Una mezz ' ora prima che fossero sopravvenuti , entravano di lancio fino al Palazzo pretorio , perché da quella parte della città le barricate non erano quasi guardate . E chi sa ? forse Garibaldi sarebbe finito davvero nella tragedia . Invano li avevano voluti arrestare combattendo gli accorsi al grido del loro arrivo ; i Bavaresi avanzavano di barricata in barricata , erano già alla Fiera Vecchia . Ma l ' armistizio era firmato . Il Colonnello borbonico , messaggero che si trovò di fronte a Garibaldi , a sentirsi dare quasi di traditore , si offerse di andar egli stesso a fermare quella terribile colonna , e andò lealmente . Garibaldi seguì . Tra via incontrarono il colonnello Carini che veniva via di là , portato su d ' una barella , ferito gravemente ad un omero , e gridava di accorrere , di accorrere , che se no era finita . Alla vista del Colonnello borbonico che sventolava un fazzoletto bianco , i Bavaresi si fermarono come d ' incanto . Ma i loro colonnelli Von Mechel e Bosco , quando seppero dell ' armistizio , parvero lì per lì per andare in pezzi dall ' ira . Ah quel Bosco ! Egli siciliano , caro per certi liberi sentimenti a ' suoi amici palermitani , aveva fiutato nell ' aria che la fortuna stava per passargli vicino e , smesse le buone idee , si era preparato a pigliarla pei capelli . Quel Garibaldi cui , secondo che si diceva , si era vantato d ' aver mandato a sfidare a duello , egli ora si era figurato d ' averlo già nelle mani . Allora sarebbe divenuto il primo uomo del regno . Che sarebbe più contato rimpetto a lui Nunziante , Ischitella , Filangeri stesso e tutti insieme i vecchi servitori e salvatori della dinastia ? Era giovane , bello , prode , d ' ingegno , stava per valore , nell ' esercito borbonico quasi come poi il colonnello Pallavicini stette in quello di Vittorio Emanuele ; Francesco II avrebbe regnato di nome , egli di fatto , e nella reggia e nel Regno sarebbe stato più che re . Ma il gran miraggio gli si dileguò in quell ' istante , ond ' egli rimase là alla Fiera Vecchia tempestoso . Però nella sua collera , ispirava quasi ammirazione . Cessato anche il fuoco alla Fiera Vecchia come già per tutta la città , non si udì più che qualche colpo di qualche mal disciplinato sperduto . Ma allora , peggior di quello del combattimento , cominciò lo strazio dei feriti e dei morti da cercare . Se ne trovaron dappertutto . Facevano grande pietà le donne , i vecchi , i fanciulli . Quanti destini infranti , quante lacrime da essi lasciate dietro ! E dal Palazzo pretorio fu subito dato l ' ordine di riunire le Compagnie dei Cacciatori delle Alpi ciascuna a un punto designato , dove si dovevano raccogliere tutti coloro che non fossero impegnati alla guardia dei posti . Così oltre il numero dei morti , sarebbe stato possibile sapere il numero dei feriti ricoverati negli ospedali o nelle case dei cittadini . Allora avvennero gli incontri dei compagni che in qualche momento di quei tre giorni si erano perduti di vista fra loro , e nella confusione avevano partecipato ai fatti d ' arme in punti diversi , dubitando reciprocamente della vita gli uni degli altri , o avendo ricevuto notizie vaghe di ferite e di morte . " E tu dove ti sei trovato ? E tu cosa hai fatto , e dove eri la notte tale ? dove hai mangiato , dormito , vissuto ? " Ve n ' erano di così storditi , di così disfatti dalle veglie , dalle fatiche , dalle emozioni , che non sapevano nemmen essi che dire . Ma parlava per loro il loro aspetto . Di alcuni che parevano riposati e pasciuti si mormorava . E così , alla grossa , si poté fare il conto delle morti . Non erano molte . La vittoria di Calatafimi era costata assai di più . Ma in Palermo le Compagnie avevano combattuto , governandosi ogni soldato quasi da sé , esponendosi appena quant ' era necessario per far fuoco , e avanzando con quell ' abilità naturale con cui si sa cogliere il destro a scansare i danni , a pigliarsi i vantaggi . Invece moltissimi erano i feriti , i più nel capo o nella parte superiore del torso . Le barricate avevano salvato il resto della persona . Ed era stata fortuna , perché i feriti nelle gambe morirono poi quasi tutti . Molti più erano i morti borbonici . In certi luoghi , come al bastione di Porta Montalto , erano così fitti , che non si capiva chi ne avesse potuti uccidere tanti . Ma quasi nessun ufficiale tra loro . Di questi , in tutti i tre giorni , non ne morirono che quattro , misera testimonianza del valore di quella ufficialità , se pur non fu una manifestazione di sentimento già nato negli animi , almen dei giovani , quello dell ' inutilità d ' ogni sacrificio contro colui che , impersonando la milizia di un altro Re , rappresentava un ' idea della quale sarebbero stati volentieri soldati . In quel pomeriggio , tutti si misero a dar una ripulita alle armi ; poi chi di qua chi di là , i più andarono a visitar i compagni feriti o a trovar le famiglie dalle quali erano capitati , durante quell ' inferno dei tre giorni , per caso o per chiedere un tozzo o un sorso . E là erano accoglienze da principi . Ve ne furono che capitarono in casa di gente altolocata ma malveduta dal popolo , e che senza saperlo servirono di copertura agli ospiti da cui furono tenuti in casa come guardie . Altri furon visti accompagnar di qua e di là tra la folla famiglie sgomente che , così protette , si facevano condurre nei monasteri o alla marina , dove si imbarcavano per andare al sicuro su qualche nave , ad aspettare il resto della tragedia . Perché ventiquattr ' ore di armistizio sarebbero presto passate . Intanto allo Stato Maggiore , il Turr , il Sirtori , gli altri non perdevano il tempo , e tutto quel pomeriggio fu dato loro a fabbricar polvere , a ordinare un poco i ' Picciotti ' , a far mettere in batteria certi vecchi cannoni cavati fuori da dove erano stati nascosti nel 1849 . Altri ne furono messi su , avuti in dono o comprati dai bastimenti mercantili che stavano in rada . E i ' Picciotti ' vi facevano intorno la ronda , li lustravano e li coprivano di immagini sacre , improvvisavano fin delle laudi a quei bronzi , come se fossero eroi o santi . Il giorno appresso si sarebbe sentita la loro voce . Nei luoghi della città più affollati , sebbene l ' andirivieni fosse più che mai vivo , bande musicali suonavano arie patriottiche dell ' Attila , dei ' Due Foscari ' , dei ' Lombardi ' , o inni del Quarantotto ; qualcuno suonava già anche " Si scopron le tombe ... " E , cosa meravigliosa , invece di far adagiare gli animi nella speranza che la lotta non ricominciasse più , l ' armistizio li aveva ancora concitati . Perciò si vedevano le gronde dei tetti , i balconi , le finestre , sempre più carichi di materiale da buttar giù ; e tra la gente che lavorava a far sempre più alte le barricate , si sentiva dire con sicurezza che neppure centomila uomini avrebbero più potuto venir da fuori al Palazzo pretorio . Queste erano esagerazioni battagliere . Ma cosa grande davvero , che passa l ' immaginazione , fu sul tardi il ritorno di Garibaldi dal suo abboccamento coi generali borbonici Letizia e Chrétien , avvenuto a bordo della nave ammiraglia inglese . Egli vi era andato lasciando in angoscia indicibile chi lo sapeva . Ed essendo giunto a un luogo del porto detto la Sanità , proprio nel momento in cui vi giungevano i generali nemici , l ' ufficiale della lancia inglese non sapendo che far di meglio , lo aveva imbarcato insieme con quei due . Come si sentissero in compagnia di quell ' uomo in semplice camicia rossa essi tutti galloni , non è facile immaginare ; ma narrava il capitano Cenni che parevano aver voglia di far l ' altezzoso . E difatti nelle trattative , una volta a bordo e cominciata la conferenza , il general Letizia affettava di non rivolgersi a Garibaldi , e parlava con una certa alterigia . Ciò dispiacque all ' ammiraglio Mundy e ai comandanti navali francese , americano e sardo , che egli aveva chiamati sulla sua nave , perché assistessero al colloquio . E questo si mutò presto quasi in un diverbio . Il Mundy , ospite , ebbe anzi un bel da fare onde Garibaldi , pur con ragione , non trascendesse . Il Letizia aveva tra l ' altre cose osato chiedergli che la rappresentanza cittadina di Palermo facesse un atto di sottomissione al suo Re . E allora Garibaldi proruppe che la rappresentanza cittadina era in lui Dittatore , e rotta ogni trattativa si ritirò . Ma nel partirsi da bordo si rivolse al Comandante americano Palmer , confidandogli rapidamente e a bassa voce che in Palermo non aveva quasi più munizioni , e raccomandandosi a lui perché , se potesse , gliene mandasse . Così tornò a terra . Ma nel breve tragitto dalla marina al Palazzo pretorio , ebbe uno di quei momenti nei quali gli eroi pagano , per dir così , il fio della loro grandezza . Lo pagano con la tempesta che si scatena loro nell ' animo , come avvenne al Mazzini nel 1833 , nell ' ora terribile in cui si trovò a lottar tra l ' idea sua , che egli chiamava dovere , e il sacrificio di tanti , che per quell ' idea suscitata da lui , si offrivano alla rivoluzione , alla galera , alle forche . E così come narrò di sé il Mazzini , di sé e di quel suo momento narrò Garibaldi . " Confesso che non ero scoraggiato ; ma considerando la potenza e il numero del nemico e la pochezza dei nostri mezzi , mi nacque un po ' d ' indecisione sulla risoluzione da prendersi , cioè se convenisse continuar la difesa della città , oppure rannodare tutte le nostre forze e ripigliar la campagna . Quest ' ultima idea mi passò per la mente come un incubo , ma la allontanai da me con dispetto : trattavasi di abbandonar la città di Palermo alle devastazioni di una soldatesca sfrenata ! Mi presentai quindi quasi indispettito con me stesso al bravo popolo dei Vespri . " Apparve di fatto dal balcone sinistro del Palazzo , nel lampo delle invetriate che , mentre si aprirono , scintillarono percosse dal sole già basso verso Monte Pellegrino , e a capo scoperto , come Ferruccio ai suoi , prima di Gavinana , parlò . Breve , pacato , con voce che suonò come un canto , disse che il nemico gli aveva fatto delle proposte ingiuriose per Palermo e che egli , sapendo il popolo pronto a farsi seppellire sotto le rovine della sua città , le aveva rifiutate . V ' è ancora qualcuno , vivo , al mondo , che , sebbene sia passato quasi mezzo secolo , si sente sempre nell ' anima quella voce . E ancora vede ciò che vide in quell ' ora . Vede quella moltitudine che non balenò neppur un istante , e che alle ultime parole di Garibaldi ruppe in un grido solo : " Sì ! Sì ! Grazie ! Grazie ! " con una levata di mani , di fronti , di cuori , tale da fare impallidire lui , pel sovrumano peso che gli imponeva , accettando l ' onore di lasciarsi sacrificare . Egli guardò un poco , poi si tirò dentro ' " ritemprato ( lo narrò nelle sue ' memorie ' ) e da quel momento ogni sintomo di timore , di titubanza , d ' indecisione " gli sparve . Il discorso di Garibaldi comparve poi subito stampato sotto forma di Proclama alle cantonate . Diceva così : " Il nemico mi ha proposto un armistizio . Io accettai quelle condizioni che l ' umanità dettava di accettare , cioè ritirar le famiglie e i feriti : ma fra le richieste , una ve n ' era ingiuriosa per la brava popolazione di Palermo , ed io la rigettai con disprezzo . Il risultato della mia conferenza d ' oggi fu dunque di ripigliar le ostilità domani . Io e i miei compagni siamo festanti di poter combattere accanto ai figli dei Vespri una battaglia , che deve infrangere l ' ultimo anello di catene con cui fu avvinta questa terra del genio e dell 'eroismo." Parrà forse dir troppo ma è verità . La sera di quel giorno , proprio come se ricorresse la sua festa di Santa Rosalia , Palermo si illuminò tutta . Lasciamo stare che i palazzi e le case dei ricchi nelle grandi vie fecero addirittura la luminaria ; ma non vi fu casupola per quanto povera e nascosta ne ' vicoli , che non avesse il suo lume a ogni finestra . E la notte passò in cene e canti e fino in danze . Per prepararsi alla ripresa della guerra , se guerra doveva ancora esservi , si avrebbe avuta poi tutta la mattinata appresso . Ma quando fu mezzodì e i combattenti erano tornati tutti ai loro posti , pronti a ricominciare , fu fatto dire dappertutto che l ' armistizio era prolungato di tre giorni . Allora entrò nei cuori che in quanto a Palermo i regi avevano finito . E tanto più crebbe l ' idea quando si arrese la compagnia che custodiva il palazzo delle Finanze in piazza Marina , dove giaceva un tesoro di cinquanta milioni di ducati . Avevano messo il blocco al palazzo una ventina di Garibaldini e un nugolo di popolani , appostati intorno a distanza , vigili giorno e notte , e così il denaro della Sicilia , rimaneva in Sicilia . Durante quell ' armistizio , stettero le due parti ai loro posti , ognuna con le proprie sentinelle piantate a farsi guardia contro la nemica . E in certi punti della città , le sentinelle si trovavano a essere così vicine fra loro , che in quattro passi potevano gettarsi a zuffa l ' una sull ' altra . Perciò in quei luoghi insieme coi ' Picciotti ' , che dal grande odio non avrebbero saputo stare senza insultarsi o saltare addirittura sui napolitani , fu messo un gruppo di Garibaldini . E talvolta avveniva che dei soldati napolitani qualcuno o la sentinella stessa , da una parola all ' altra , si lasciava tirare a conversare coi Garibaldini , perdeva la testa , dava indietro un ' occhiata , tentennava un poco , e poi scattava via di lancio a rifugiarsi tra loro , abbracciato , baciato , portato via in trionfo per la città . Così , alla Fiera Vecchia , anche i Bavaresi disertarono a dozzine , ultime figure di mercenarii che avevano fatto quell ' ultima apparizione in Italia . Magnanimo veramente era stato il primo giorno Francesco Crispi che , appena sottoscritto l ' armistizio , si era ricordato subito del Mosto e del Rivalta , rimasti in mano dei borbonici , nella ritirata dal Parco . Egli , segretario di Stato del Dittatore , corse a Castellamare per farne lo scambio con due ufficiali superiori nemici , prigionieri . Entrò nel forte superbamente , e chiese dei due Garibaldini . Di Garibaldini prigionieri non v ' era che il Rivalta ; dell ' altro , quei del Castello non sapevano nulla . Il Rivalta sì , sapeva dove era il suo povero amico ; ma non lo disse , temendo che il Crispi infuriasse , e tirasse fors ' anche su di sé e su di lui la bestialità di alcuno di quei biechi soldati . Diceva il Comandante del Castello che il Mosto era forse dal generale Lanza nel Palazzo Reale . Il Crispi uscì per andarvi , ma tra via il Rivalta , gli narrò che il Mosto esile e stanco , nella ritirata dal Parco era caduto sfinito su per l ' erta del monte e che sopraggiunti i Cacciatori era stato trafitto a baionettate . Egli , il Rivalta , aveva visto da pochi passi più in su morir l ' amico a quel modo , e sarebbe toccata anche a lui la stessa sorte , se un giovane ufficiale non avesse persuasi i Cacciatori a serbarlo per averne informazioni su Garibaldi . Salvato così , lo avevano mandato al colonnello Bosco e poi a Palermo , dove era stato chiuso in una casamatta del Castello , e tra le minacce e gli insulti ivi tenuto sino a quel momento . Ma dalla mattina del 27 , quando si era sentito sopra il capo tremar le volte al tuonar dei mortai , aveva sperato , gli si era allargato il cuore . Sparsa la notizia tra i Carabinieri genovesi , andò al Parco Antonio Mosto con alcuni amici ; e sul monte , ancora nel posto dov ' era stato ucciso , trovò il suo fratello , dolce e gracile giovine , da otto giorni insepolto . E nello stesso posto lo seppellì . * Garibaldi , un di quei giorni , verso sera , fece una passeggiata a cavallo per la città , passando pei luoghi dove le barricate erano meno fitte . Dire che accoglienze gli faceva il popolo parrebbe ora poesia , ora che il mondo è tanto mutato . Miravano le turbe quella figura dolce , e non sapendo ben capire come ad essa convenisse il gran nome guerriero , chinavano religiosamente la fronte , o gli si protendevano come ad un essere sovrumano . Non era difficile immaginare le folle deliranti di certi altri paesi prostrate per voluttà di farsi schiacciare dai carri sacri . Egli correggeva con lo sguardo quei fanatismi . Spirato quel termine di tre giorni , fu prolungato l ' armistizio di altri tre . Si indovinava in ciò gli ondeggiamenti della Reggia di Napoli , dove il re mite e le donne fiere tenevano la questione sospesa tra i consigli di chi voleva che Palermo fosse tutta ridotta in rovine , e il vecchio saggio Filangeri che ammoniva il Re , supplicandolo di non si mettere da sé , con quell ' eccidio , al bando di tutta l ' Europa liberale . E il suo consiglio prevalse . Così al terzo armistizio seguì una convenzione , per la quale i regi si obbligavano a sgombrar Palermo , però con l ' onore delle armi . Garibaldi concesse . Andassero pure onorati ! Erano italiani anch ' essi , e nel trattarli così , egli poteva dire di riportare un ' altra vittoria . E il giorno 8 giugno fu uno strano spettacolo . Al cospetto di molto popolo in festa , dinanzi a forse quattrocento Cacciatori delle Alpi raccolti per quella cerimonia , sfilarono i ventimila soldati dell ' esercito regio , soldati di tutte le armi . Dove andavano , dove si sarebbero ancora incontrati a combattere con quei loro vincitori che , così pochi , avevano dietro di loro l ' Italia Nuova ? Non sapevano , ma pareva sentissero che il mondo abbandonava il loro sovrano . Tuttavia , se passavano senza fierezza , non avevano aria avvilita . I soldati avevano combattuto . Allora Palermo festeggiò sé stessa magnificamente , e quelli che chiamava i suoi liberatori . Essi , in venticinque giorni dalla partenza da Genova , avevano vissuto quanto si può vivere in parecchi anni , e veduto e sentito quanto in un lungo viaggio , per terre di civiltà antiche e venerande . E avevano anche potuto meditare sugli effetti delle rivoluzioni compiutesi , durante l ' ultimo secolo , nell ' alta Italia , dove se le miserie della vita erano ancora molte , certa somma di beni s ' era pur cumulata nelle città e nelle campagne , e di questi beni tutti ne avevano risentito . Ma là nell ' Isola , rimasta nel silenzio e nella solitudine , senza essere stata toccata dalla rivoluzione francese , quasi tutto era ancora come doveva essere stato parecchi secoli indietro . Grandezze da principi in una classe ristretta ; povertà , ignoranza e superstizione nella grossa moltitudine ; e , salvo le grandi città , assenza quasi assoluta di quel ceto di mezzo colto , ricco , operoso , che nell ' alta Italia teneva già sin da allora in pugno le sorti sociali . Però l ' anima siciliana si rivelava pronta a liberarsi da quanto di troppo vecchio la impediva , e capace di rimettere in breve il gran tempo perduto . Ma queste eran cose da lasciarsi al poi . Per allora bastava che l ' Italia spingesse avanti l ' opera iniziata dai Siciliani e dai Mille . Questi si sarebbero modestamente confusi nell ' onda grossa di volontari che essa avrebbe mandati , come infatti mandò . Ma nei giorni che corsero tra lo sgombro dei regi e l ' arrivo di quella che fu chiamata la seconda spedizione condotta dal Medici , le gioie che Palermo fece loro godere furono cose da novelle orientali . Banchetti e festini , uno che aspettava la fine dell ' altro per cominciare . I Mille , smessi i panni borghesi , vi comparivano nelle loro fiammanti camicie rosse , mirabili le Guide nelle pittoresche divise tra ungheresi e francesi ; mirabili i Carabinieri genovesi in un costume severo e quanto mai signorile . Ogni tanto , però , si faceva qualche gran funerale di morti per ferite , perché grandiosa e solenne doveva essere in Palermo anche l ' ospitalità della tomba . Così certi umili volontari che , morti nelle loro case , sarebbero stati accompagnati al cimitero da pochi umili come loro , ebbero esequie da grandi . Quelle di Adolfo Azzi morto il 4 giugno , quelle del colonnello Tukory morto il dì 8 , furono apoteosi . Intanto alla gioia veniva a mescersi certa mestizia . Era di quella che le grandi cose lasciano nel cuore , quando sono compiute . Gli animi alacri e lieti della vigilia cambiano godimento nella tristezza di poi . Quanto a quelli che avanzarono dopo Palermo , alcuni andarono a morir a Milazzo come Vincenzo Padula da Padula , Gaetano Erede da Genova e Giuseppe Poggi , il bello ed eroico Poggi , cui Garibaldi aveva ammirato a Calatafimi . Pilade Tagliapietra da Treviso , Giuseppe Profumo da Genova , Pietro Zenner da Vittorio e l ' angelico Ernesto Belloni da Treviso , caddero a Reggio Calabria ; Angelo Cereseto e Giovanni Battista Roggerone , Quirico e Pietro Traverso , tutt ' e quattro genovesi , e Innocente Stella da Arsiero , morirono in battaglia sul Volturno , e a Villa Gualtieri , il 1° ottobre . Così in tutti , dei Mille , da Calatafimi al Volturno , quelli che morirono in quel grand ' anno furono settantotto . Altri come il Nullo ed Elia Marchetti andarono presto a morir in Polonia cavalieri poeti della libertà ; altri ancora come Raniero Taddei e Antonio Ottavi da Reggio Emilia e Stefano Messaggi milanese , morirono combattendo , ufficiali dell ' esercito , a Custoza ; o come Vincenzo Dalla Santa e Giuseppe Dilani camicie rosse , nel Trentino . Finirono a Mentana Vigo Pelizzari e Antonio Caretti ; alcuni , come Giuseppe Gnecco da Genova e Luigi Perla da Bergamo , morirono in Francia , combattendo ne ' Vosgi contro i Prussiani . Di morte naturale , nei primi dieci anni dopo il '60 , morirono quelli che erano già quasi vecchi al tempo della spedizione , ma anche molti , massime dei più giovani , consumati dalla tisi . Non pochi finirono di malattie mentali ; troppi si spensero da sé , non rimasti abbastanza forti alla vita . Si dice che a Quarto sorgerà un giorno un monumento con su tutti i nomi dei Mille incisi nel marmo . Sarà cosa che onorerà la patria ; ma lo scoglio da cui Garibaldi scese a imbarcarsi , è da sé monumento cui la poesia fece già più duraturo d ' ogni marmo e d ' ogni bronzo , essa che vince il silenzio dei secoli ! - Fine -