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> anno_i:[1880 TO 1910} > autore_s:"CORRADINI ENRICO"
LA VITA CHE NON MUTA ( CORRADINI ENRICO , 1904 )
StampaQuotidiana ,
Qualche giorno fa apparve la notizia che il ministro Orlando aveva pronta la relazione sul decreto ministeriale per la scelta del greco e delle matematiche nei licei . E la notizia è poi stata confermata dai giornali ufficiosi . Il decreto in sostanza è questo : fin qui lo studio del greco era di cinque anni ; ora i giovani possono ridurlo a tre optando per le matematiche invece del greco appena giunti al secondo anno di liceo . Tale decreto mostra una tendenza che va rilevata : è un primo passo verso la soppressione graduale dell ' insegnamento classico . Oggi si è ancora oscillanti e vacillanti fra il desiderio di rinnovare e quello di conservare , domani non sarà più così , e si abolirà il vecchio per il semplice motivo che si è smarrito il sentimento del suo valore vero . Questo dunque è necessario : illuminare la coscienza pubblica sul valore degli studii classici . Tali studii , hanno contro di sé i modernisti , cioè tutti coloro che fanno incominciare il mondo dal giorno della loro nascita . C ' è una speciale vanità dell ' uomo contemporaneo , ed è quella della modernità ; per la quale la maggior parte de ' nostri simili cólti , od ignoranti che si credon cólti , di niente altro è vaga quanto di dare un calcio ai molti secoli ed ai varii millenni di storia che ci hanno preceduti . La divina legge della continuità della vita attraverso i secoli e attraverso i millenni , per la quale la durata dell ' uomo è tanto più lunga dell ' esistenza dell ' individuo , e che è quasi la nostra immortalità terrena ; questa divina legge per la quale la vita dei popoli ci appare intessuta di generazioni , come si lega punto con punto , e noi ci sentiamo contemporanei de ’ nostri padri e respiranti dello stesso respiro nella stessa aria ; questa divina legge per cui l ' anima umana si sente vivere di là dall ' attimo e dall ' atomo che sono la sua proprietà e la sua miseria , è oggi posta in oblio o è disprezzata . Vi è un momento in cui per i modernisti tutto ciò che fu , finisce , e incomincia tutto ciò che ora è ; di là da quello la morte , di qua la vita , la cosiddetta vita moderna . E quel momento è quello che io ho detto segnato dal giorno della loro nascita . E potrebbe dirsi dalla Rivoluzione francese , o dalla invenzione del treno o del telegrafo , o da Darwin , o da Carlo Marx . I modernisti hanno visto come siano stati inventati il telegrafo , il treno e tante altre meraviglie , e come si siano diffuse le teorie dell ' evoluzione , del socialismo , e i venerandi principi dell'89 , ed hanno concluso : – Oggi il mondo è tutt ' altra cosa ; la vita , l ' umanità , la coscienza , la sapienza , la civiltà , il progresso sono tutt ' altra cosa – . E che cosa sono ? Sono la modernità . E così la leggenda , il dogma , la religione della modernità , cioè di un nostro modo di essere profondamente diverso da quello dei nostri antenati , si sono stabiliti e sono in onore . È il pedantismo e il fanatismo di moda , dei quali , come è naturale , i greci ed i romani non hanno più fieri nemici . Contro le cosiddette lingue e letterature morte i modernisti gridano come i giacobini di Francia gridavano contro l ' « Ancien Régime » . Greco , latino , vecchia accademia , avanzo di « Ancien Régime » , via ! È il grido della nuova rettorica . Ebbene , questa nuova rettorica ha torto , e lo ha perché confonde molte cose . Confonde la vita con alcune sue forme esteriori , con alcune sue condizioni materiali . Si pensi ciò che si vuole , ma solo alcune condizioni materiali , solo alcune forme esteriori sono mutate ; la vita , l ' anima umana , l ' umanità no . È della vita , dell ' anima umana , dell ' umanità , lo stesso che dell ' arte ; e come non si può dire che l ' arte abbia mutato sostanza e sia progredita da Omero a Dante , da Dante a non so quale grande poeta de ' giorni nostri , così non si può dire di questo nostro essere animato e vivente ( che ha nell ' arte e nella storia il suo specchio ) dalla civiltà dei romani a quella dei popoli contemporanei . Io non conosco una invenzione morale , per così dire , della umanità di oggi o della umanità di ieri , la quale veramente agisca sopra la sua sostanza psichica e valga a mutarla . Conosco molte vecchie ciarlatanerie che vogliono passare per nuove verità . Le nuove verità e le invenzioni sono quelle della scienza che ha fornito la vita esteriore e materiale di nuovi istrumenti più potenti degli antichi . Tali istrumenti ci hanno fatto queste nuove condizioni : maggiore velocità e maggiore varietà . Noi abbiamo per le nostre notti una copia senza paragone più grande di luce e un numero più grande di lumi , e abbiamo veicoli che ci trasportano da un capo all ' altro del mondo con una velocità che tenta emulare quella de ' nostri pensieri , e abbiamo macchine che lavorano per noi . Abbiamo qualche alleato e qualche schiavo di più nella natura , e mentre gli antichi avevano soltanto qualche animale domestico , il vento per la vela e il fuoco , noi abbiamo e animali domestici e il vento e il fuoco e la forza dei fulmini e le forze di altri elementi in nostro potere . La luce è stata sforzata sino all ' incendio , il suono e la musica sino al fragore , la velocità sino alla vertigine ; le città son diventate popolazioni di regni , il lavoro della pace frenetico come il tumulto della guerra . Se vi è una novità è l ' eccesso e la frenesia dell ' eccesso . Se vi è una novità è questa : nello sforzo tragico ed epico che l ' uomo ha sempre fatto e sempre farà per eguagliare la sua volontà col suo atto , perché il suo braccio sia attivo come la sua mente ; noi siamo giunti al punto che gli istrumenti di quello sforzo , se ancora sono men repentini del nostro animo , sono però di già superiori alla resistenza dei nostri muscoli e dei nostri nervi . Ma l ' uomo è lo stesso . Ponete l ' uomo in Parigi , in Londra , in New York , in Roma moderna , o nella Roma antica , in Atene , in Babilonia , in Cartagine , e che si chiami o Cesare , o Napoleone , o Chamberlain , Eschilo o Shakespeare , Enrico Ferri o non so quale dei demagoghi ateniesi o quiriti ; l ' uomo è lo stesso . L ' uomo è la moltitudine . L ' uomo , la moltitudine e le loro passioni . Le passioni operaie , del bene e del male , furie dell ' uomo e dei popoli , tali sono quali furono . L ' amore , il desiderio , l ' ambizione ardono oggi come arsero nel sangue e nelle ossa dei nostri padri e dei padri dei nostri padri . E l ' ammirazione delle cose naturali e della bellezza creata dagli uomini , l ' arte , l ' eloquenza e la magnanimità e il saper morire per una idea , e il tendere con gli atti e con i fatti verso le visioni dell ' idea , e tutte le numerose forme dell ' umana virtù , quali furono un tempo tali sono oggi . Noi usciamo da un ' officina delle nostre città , dove turbinano e strepitano cento macchine ; ma se andiamo in campagna , la vista di un aratro che sembra continui da una giornata perduta in una antichità favolosa la sua lenta e silenziosa opera del solco , metterà nei nostri cuori quella stessa pace che ci dona quando passa nei versi di Virgilio . Un semplice canto agreste ha sui nostri cuori la stessa potenza , sebbene ora nelle nostre orchestre l ' intrico dei suoni sia come quello degli alberi in una foresta , dei loro rami e delle loro radici . Consideriamo la guerra . Tutto sembra mutato . Più vasti corpi di combattenti si muovono su più vasti spazii ; è fra loro ciò che sarebbe parso inverosimile ai soldati antichi che si azzuffavano : la distanza . Hanno una nuova forza di terrore : il fragore . La rozza arma antica si è moltiplicata in più foggie d ' armi , fatte dalla scienza della distruzione , di congegni più delicati che non abbia l ' arnese del pacifico lavoro . La civiltà più ingegnosa e l ' opera di strage della bestialità primordiale si uniscono . Ed ecco il fatto : non ostante tutte le mutazioni e tutto quanto si è ingrandito , moltiplicato , congegnato , l ' uomo porta sul campo di battaglia lo stesso animo di una volta , l ' animo deliberato a uccidere o a morire . Per questo , leggendo le battaglie degli achei e dei troiani nei libri d ' Omero noi possiamo provare in fondo le medesime sensazioni che leggendo nei giornali la guerra russo - giapponese .
«IL FOLLE VOLO» ( CORRADINI ENRICO , 1907 )
StampaQuotidiana ,
Ancora una vittoria . La seconda in pochi giorni , nell ' industria più moderna , nella forma più moderna della gara e della forza di nervi e d ' animo necessaria per prender parte alle gare perigliose . Due vittorie italiane . Salutiamole con gioia . Quest ' ultima noi l ' attendevamo da due mesi , l ' abbiamo seguita giorno per giorno attraverso l ' Asia e l ' Europa , il deserto , i fiumi , i torrenti , le montagne , le foreste , attraverso piogge e nevi e venti e ogni variazione di clima e ogni impedimento e insidia del suolo e popolazioni del più vario sangue e orde fuggitive della più strana foggia . È stato uno spettacolo stupendo vedere giorno per giorno avvicinarsi verso la mèta , verso la vittoria , verso di noi , la piccola macchina infaticabile , fragile come la carne umana , infrangibile come la volontà dell ' uomo eroico , la piccola macchina portante due uomini della nostra patria , degni di esser celebrati come campioni di due tra le più belle virtù della nostra razza , bellissime nella loro unione insolita , lo slancio e la tenacità , la foga e la pazienza . Abbiamo avuto per due mesi , tutti i giorni , il nostro quarto d ' ora di visione poetica , ed è difficile poter ritrovare nella realtà un altro fatto grande che come questo compiutosi oggi possa avere tutti i caratteri della poesia , tutti i caratteri del sogno nato dal bisogno di evocare dall ' ignoto le immagini delle virtù che piantano più oltre i termini del possibile . È stato il nostro sogno attraverso gli spazii , ed è stato attraverso i tempi , perché gli aspetti delle terre solitarie e intatte , le apparizioni delle cavalcate in fuga o in inseguimento lungo la via non tracciata , ci hanno di tanto in tanto riprofondati nelle età della barbarie , della leggenda , dei primordii . E il sogno si è avvicinato per due mesi , di giorno in giorno , di momento in momento , infaticabilmente fedele alla nostra attesa , finché oggi è giunto , oggi è realtà , è vittoria . È la seconda vittoria italiana in pochi giorni . Salutiamola con gioia . Il sommo poeta della nostra razza avventurosa e paziente ebbe già un sogno simile prima de ’ tempi , quando l ' anima gli s ' apri a un tratto come l ' oceano e per essa andò con la « picciola compagna » il pellegrino d ' Itaca navigando di là dai « riguardi » segnati da Ercole . Chi non ricorda il canto XXVI dell ' Inferno ? È il canto dove Dante Alighieri è più divinatore dei tempi che sono venuti dopo di lui , dove più ha previssuto secondo lo spirito della nostra età , dove più è coetaneo nostro e oltre . È il canto dove fanno capo , per finire , i viaggi degli uomini per i cieli , e dove fanno capo , per cominciare , i loro viaggi sulla terra . Qui il Medioevo cessa e s ' inizia l ' evo moderno . Qui è il principio del Rinascimento . « O frati , dissi , che per cento milia perigli siete giunti all ' Occidente , a questa tanto picciola vigilia de ' vostri sensi ch ' è del rimanente , non vogliate negar l ' esperienza , diretro al sol , del mondo senza gente . Considerate la vostra semenza : fatti non foste a viver come bruti , ma per seguir virtute e conoscenza » . Li miei compagni fec ' io sì acuti , con questa orazion picciola , al cammino , che appena poscia li avrei rattenuti . E volta nostra poppa nel mattino , de ' remi facemmo ale al folle volo sempre acquistando dal lato mancino . Ebbene , non ostante tutte le differenze , spesso leggendo della corsa Pechino - Parigi mi sono ricordato del canto dantesco . Invece della vastità degli oceani ho visto con gli occhi della mente la vastità dei continenti e invece del « legno » l ' ordignetto metallico ; ma ho risentita la stessa « picciola orazione » che la coscienza dice dell ' uomo magnanimo , ho ritrovati gli stessi uomini che alla loro « picciola vigilia » non vogliono negare l ' « esperienza del mondo senza gente » , ho inteso lo sguardo verso lo stesso « folle volo » . L ' Alighieri creava il mito di ciò che non era nato ancora . Oggi ciò che stava chiuso nel suo genio come il frutto della generazione nell ' alvo materno , è diventato la storia vivente del mondo , storia di follia come non fu mai così travolgente , storia d ' amore dell ' esperienza come non fu mai così divorante , storia di volo come non fu mai così veemente . Di tale storia la corsa Pechino - Parigi è l ' ultima gesta . È fin qui il volo più folle . Ed è una vittoria italiana . Fu già celebrata dal sommo poeta della nostra razza . Sono più vittorie italiane . Della poesia avventurosa e dell ' industria , della lotta degli uomini con gli uomini e degli uomini con la natura . La lotta franco - italiana quasi dispare in confronto a quella che italiani e francesi hanno dovuto sostenere con la natura . C ' è qui una bella forma tutta moderna dell ' azione agonistica : è parso che gli uomini abbian corsa la gara non tanto per vincersi gli uni con gli altri quanto per vedere quali di loro fossero più atti a vincere la natura . È una scelta dei combattenti migliori per il combattimento più moderno , qual è l ' assalto incessante che gli uomini dànno alla natura , perché questa renda tutte le sue potenze , ed essi possano convertirle in istrumenti della loro vita . Così il folle volo frutta « esperienza » e il folle assalto potenza . Per due volte , in pochi giorni , la nostra terra ha mostrato di produrre valorosissimi combattenti . I più moderni fra i combattenti . E dietro a costoro c ' è una vittoria pratica , la vittoria dell ' industria . Dietro agli uomini che volano attraverso i continenti per volare e per vedere , e non per altro ; che superano deserti , foreste , fiumi , montagne , non per altro se non per il gusto di dire in faccia alla natura con l ' accento dell ' eroe e del fanciullo : – Qui m ' impedisci e mi vuoi spaventare , ma io passo ! – ; dietro a questi uomini , come c ' è la scienza che cerca sempre nuove esperienze , per sempre nuove « conoscenze » , ancora secondo il canto di Dante , per sempre nuove potenze della vita umana ; così c ' è l ' industria che di continuo rafforza le sue armi per soverchiare la concorrenza straniera e accumula per questo nostro popolo quel benessere da cui usciranno poi le vinti e i fatti delle sue volontà maggiori . Il folle volo che s ' inizia nel poema sacro , l ' amore dell ' avventura che è antico quanto il mondo , la moderna scienza e la modernissima industria , oggi ottengono in una quattro vittorie nella nostra patria . E c ' è ancora una quinta vittoria italiana . È quella dell ' ingegno meccanico che qui è più agile e pronto nel concepire , e più delicato e minuzioso nell ' eseguire , che non in nessun altro paese . Risplende il carattere della nostra razza animata e paziente ' . Noi meritiamo sempre lode , e non di rado sopravanziamo gli altri , per l ' arte di costruire i veicoli di terra e di mare , le gigantesche navi ed i fulminei automobili . Ci spinge l ' istinto della velocità attraverso la vastità . L ' istinto più moderno e così nostro da Roma in poi ! Bisogna salutare le cinque belle vittorie con gioia , e soprattutto con fiducia . C ' è fra loro una concezione della vita che giova spesso ricordare . Consiste appunto nel considerare la vita come ardua lotta e come ardua vittoria . Il vincitore di Dieppe , ad uno che gli chiedeva notizie della sua corsa , rispose : – La mia vita non contava più nulla in confronto della vittoria che mi pareva possibile – . Bisogna nutrir fiducia che lo spirito di questa risposta si diffonda e penetri addentro . Solamente l ' avversario formidabile e l ' animo generoso fanno belle le vittorie . E non si ricordi nulla di più in questo giorno di festa . - - - - - - - - - - - - Questo inno in prosa fu pubblicato nel « Giornale d ' Italia » l’11 agosto del 1907 , il giorno stesso dell ' arrivo del Principe Borghese e del Barzini a Parigi . Soltanto due giorni dopo il « Corriere della sera » riportava le parole dette dal Principe ai suoi festeggiatori nelle sale del « Matin » . Eccole . « Voi avete esagerato , signori . Non fummo eroi , ma semplicemente uomini pazienti . Sì , la nostra sola virtù fu la pazienza . Forse ne avemmo anche un ' altra : la perseveranza . Tutto il segreto della nostra riuscita consistette in questo : che non pensammo mai alla meta finale da raggiungere a Parigi . Ogni giorno , alla sveglia , dicevamo a noi stessi che bisognava compiere perbene la tappa designata pel giorno stesso . E siccome ogni giorno erano press ' a poco gli stessi ostacoli che dovevamo vincere e le stesse fatiche che dovevamo sopportare , così venimmo a capo , per forza d ' abitudine , degli uni e delle altre » [ N . d . A . ] .