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> anno_i:[1880 TO 1910} > autore_s:"MERLINO SAVERIO"
StampaPeriodica ,
Sotto questo titolo riceviamo da Saverio Merlino l ’ articolo seguente , che pubblichiamo con piacere . Il Merlino può essere sicuro di trovare sempre in noi la serenità e l ’ amore impregiudicato della verità , che egli desidera . D ’ altronde , noi conveniamo con lui che spesso gli anarchici si sono mostrati intolleranti e troppo pronti alle ire ed ai sospetti ; ma non bisognerebbe poi , nell ’ entusiasmo dei mea culpa , pigliare tutti i torti per noi e dimenticare che l ’ esempio e la provocazione ci sono venuti il più sovente dagli altri . Senza rimontare ai tempi di Bakunin ed alle infami calunnie ed invereconde menzogne che ancora si raccontano ai giovani che non sanno la storia nostra , ci basti ricordare la condotta dei socialisti democratici negli ultimi Congressi Internazionali verso gli anarchici , e certi articoli apparsi , non è gran tempo , nella stampa socialista democratica di vari paesi . In ogni modo , cerchiamo , se ci riesce , di esser giusti noi , checchè facciano e dicano i nostri avversarii . Ecco l ’ articolo di Merlino : Vediamo un po ’ se è possibile continuare a discutere serenamente senza ire nè sospetti , come abbiamo principiato . Sarebbe una cosa quasi nuova e di così lieto augurio , che io dovrei rallegrarmi di avere offerto ai miei amici l ’ opportunità di dimostrare che il partito anarchico comincia ad educarsi all ’ osservanza dei principi che professa . E prima di tutto , sono io anarchico ? Rispondo : se l ’ astensionismo è dogma di fede anarchica , no . Ma io non credo al dogma . Non credo contrari ai principi nostri la difesa e l ’ esercizio dei nostri diritti – neppure dei minimi . Non credo che esercitando il diritto di voto , che ci viene consentito , noi si rinunzi ai diritti maggiori , che ci vengono negati e che dobbiamo rivendicare . Credo che l ’ agitazione elettorale ci offra modi e opportunità di propaganda , a cui sarebbe follia rinunciare , specialmente in questo quarto d ’ ora e in Italia dove quasi ogni altra affermazione ci è interdetta , e credo che non se ne possa trarre tutto il profitto possibile quando si sostiene l ’ astensione . ( Di ciò abbiamo fatto la prova in questi giorni qui a Roma , dove presentando la candidatura Galleani , abbiamo potuto tenere comizi , diffondere manifesti , guadagnarci la simpatia di molti che ci erano ostili o indifferenti come non avremmo mai potuto fare se fossimo rimasti astensionisti ) . Del resto non credo alla conquista dei poteri pubblici : sostengo che tanto la lotta per la libertà , quanto quella per l ’ emancipazione economica debba essere combattuta principalmente fuori del Parlamento . L ’ opera dei deputati operai , socialisti e rivoluzionarii la ritengo utile non per se stessa ma in aiuto alla lotta extraparlamentare . E se così pensando non mi trovo perfettamente d ’ accordo nè con gli anarchici nè coi socialisti democratici me ne duole sinceramente : ma posso io disdirmi ? Ma ormai pro e contro la partecipazione alle elezioni mi pare che si sia detto a un dipresso tutto quello che si poteva dire : ed io mi compiaccio che la disputa sia stata da Malatesta sollevata nella sfera dei principii : ed anche per questo non mi pento di averla suscitata . Non si può negare che attorno ai nostri principii – che son veri , se rettamente interpretati – son pullulati molti errori e molti sofismi . Uno di questi è che gli uomini debbano far tutto da sè , individualmente ; che un uomo non debba farsi mai rappresentare da un altro , che le minoranze non debbano cedere alle maggioranze ( essendo più probabile che s ’ ingannino queste che quelle ) ; che nella società futura gli uomini si troveranno miracolosamente d ’ accordo , o se non i dissidenti si separeranno e ciascuno agirà a sua guisa : che ogni altra condotta sarebbe contraria ai nostri principii . Io vorrei qui ripetere parola per parola le giustissime e lucidissime considerazioni che fa Malatesta ( e non per la prima volta ) contro codesto modo d ’ intendere l ’ anarchia nel n . 1 dell ’ « Agitazione » , concludendo col dire : « Dunque in tutte quelle cose che non ammettono parecchie soluzioni contemporanee , o nelle quali le differenze d ’ opinione non sono di tale importanza che valga la pena di dividersi ed agire ogni frazione a modo suo , ed in cui il dovere di solidarietà impone l ’ unione , è ragionevole , giusto , necessario che la minoranza ceda alla maggioranza » . In due punti però io credo di dissentire da lui : in primo luogo , Malatesta sembra credere che le cose nelle quali per le varie ragioni da lui adottate è necessità convenire sieno tutte cose di poco momento . Si vede dagli esempi che adduce . Vado in caffè : trovo i posti migliori occupati ; devo rassegnarmi a stare sull ’ uscio , o andar via . Vedo persone parlar sommessamente : devo allontanarmi per non essere indiscreto e via dicendo . Io invece credo ( e forse anche Malatesta lo crede , ma non lo dice ) che tra le questioni nelle quali converrà l ’ accordo e quindi , se non è possibile essere tutti della stessa opinione , è necessario cercare un compromesso , ve ne sono delle gravissime : e sono tali propriamente tutte le questioni sull ’ organizzazione generale della società e tutti i grandi interessi pubblici . Vi può essere nella società qualcuno che ritenga giusta la vendetta : ma la maggioranza degli uomini ha diritto di decidere che è ingiusta e d ’ impedirla . Vi può essere una minoranza , che preferisca di organizzare l ’ industria dei trasporti per le vie ferrate in modo cooperativistico , o collettivistico , o comunistico , od in un altro modo : ma l ’ organizzazione non potendo essere che una , è necessità che prevalga il parere dei più . Vi può essere uno che ritenga addirittura una vessazione il provvedimento tale , adottato per impedire il diffondersi di una malattia contagiosa : ma la società ha diritto di premunirsi dai mali epidemici . Il secondo dissenso tra Malatesta e me è in questo , che io non credo di poter profetare che nella società futura la minoranza sempre e in tutti i casi si arrenderà volentieri al parere della maggioranza , Malatesta invece dice : « Ma questo cedere della minoranza dev ’ essere effetto della libera volontà determinata dalla coscienza della necessità » . E se questa volontà non c ’ è , se questa coscienza della necessità nella minoranza non c ’ è , se anzi la minoranza è convinta di fare il suo dovere resistendo ? Evidentemente la maggioranza , non volendo subire la volontà della minoranza , farà la legge , darà alla propria deliberazione ( come dice Malatesta a proposito dei Congressi ) un valore esecutivo . Malatesta dice anzi di più : e , a proposito di chi trova il posto preferito al caffè occupato , o di chi deve allontanarsi da un colloquio confidenziale dice : « Se io facessi altrimenti , quelli che io incomoderei mi farebbero sentire , in un modo o in un altro il danno che vi è ad essere uno zotico » . Ed ecco una coazione . E si tratta , negli esempi addotti , di rapporti individuali e di questioni di pochissimo rilievo . Figuriamoci se si trattasse di una grave questione di pubblico interesse , come quelle a cui ho accennato io più sopra ! Sta bene che la coazione debba essere minima , e possibilmente più morale che fisica , e che si debbano rispettare i diritti delle minoranze , ed ammettere in taluni casi perfino la secessione della minoranza dissidente . Ma insomma è questione di più e di meno , di modalità e non di principii . Nei casi , in cui ciò sia utile e necessario , dico io , non è contrario ai principi anarchici nè addivenire ad una votazione , nè provvedere all ’ esecuzione delle deliberazioni prese : e quando queste cose non si possono fare ( per ragion di numero o di capacità ) dagli interessati direttamente , non è contrario ai principi anarchici che , prese le debite precauzioni contro i possibili abusi , si deleghino ad altri . Quindi io conchiudo : O si crede nell ’ armonia provvidenziale che regnerebbe nella società futura : ed allora ha torto Malatesta ed hanno ragione gl ’ individualisti . O Malatesta ha ragione ed allora non si ha più diritto di dire che ogni rappresentanza , ogni atto con cui il popolo confida ad altri la cura dei suoi interessi , sia contrario ai nostri principi . A questo dilemma mi pare difficile di sfuggire .
PER LA CONCILIAZIONE ( MERLINO SAVERIO , 1897 )
StampaPeriodica ,
Forse m ’ inganno , ma mi pare che voi vi sforziate , involontariamente , ad esagerare il vostro dissenso dai socialisti democratici , per paura che cessando il dissenso , cessi anche per voi ogni ragione di esistere come partito distinto . Ora , che esista o no il partito Anarchico , o qualsiasi altro partito , a me pare debba interessarci mediocremente . Tutto ciò che noi abbiamo il diritto e il dovere di desiderare è che quella parte di vero , che c ’ è nelle nostre dottrine , si faccia strada fra le moltitudini , e primieramente tra quelli che sono più vicini a noi , i socialisti militanti . Se domani i socialisti democratici accettassero la parte giusta delle nostre idee , noi potremmo anche rassegnarci a morire come partito . Avremmo compiuta la nostra missione . Al postutto , i partiti non sono destinati a durare eternamente ; pur troppo hanno una vita breve e precaria , servono ad affermare e divulgare certe idee , e per lo più scompaiono o si trasformano prima che quelle si attuino . Nel caso nostro , piuttosto che avere un partito che tira il socialismo da una parte , e un altro che lo tira dall ’ altra , facendolo a brani , esagerando entrambi e combattendosi talvolta ingiustamente , io preferirei un partito solo che rimanesse nella verità . Nè mi preoccupa quello che voi dite . Se domani i socialisti democratici , andando al potere volessero imporsi e tiranneggiare , là , dentro il partito socialista , non fuori voi dovreste combatterli . In tal modo avreste fatto meglio che prepararvi a combattere la tirannia socialista , l ’ avreste prevenuta e impedita . A me insomma non garba che noi regoliamo il nostro modo di pensare e la nostra propaganda in opposizione a quello che pensano o dicono – o diranno e faranno – i socialisti democratici ; mi parrebbe di fare come quei due individui che camminassero a braccetto , e di cui l ’ uno zoppicasse da una gamba e l ’ altro credesse , per fargli equilibrio , di dover zoppicare dall ’ altra . Lasciamo questi giuochi di equilibrio e andiamo diritti , perdio , alla nostra mèta . Dunque esaminiamo la questione della conciliazione fra collettivismo , comunismo , democrazia socialista ed anarchismo , senza il partito preso di non riescirvi . Voi dite che la « sintesi e conciliazione tra comunismo e collettivismo , per gli anarchici si può dire un fatto compiuto » , tanto vero che essi si chiamano oggi , in gran parte , anarchici socialisti . Dunque siamo d ’ accordo . Io però vi fo notare che molti anarchici si chiamano oggi socialisti e non comunisti nè collettivisti , non perchè siano convinti , come son convinto io , che comunismo e collettivismo non possono star da sè , ma devono completarsi a vicenda , ma piuttosto perchè o sono incerti , o pur essendo comunisti e collettivisti in pectore , non credono la questione tanto importante da doverne fare un casus belli . Per essi è una questione di tolleranza reciproca : io invece parto dalla critica del collettivismo e del comunismo per arrivare ad un terzo sistema , o sistema misto . Voi vedete la differenza . Ad ogni modo voi riconoscete che la discussione che io ho fatta in proposito nell ’ articolo della Revue Socialiste è interessante ed utile . Ma ecco che la preoccupazione di confondervi coi socialisti democratici vi assale , e voi soggiungete : « ma ( la questione ) non ha nulla a vedere colle differenze che dividono democratici ed anarchici » . Come se io nel mio articolo mi fossi proposto di trattare soltanto di queste divergenze ! Ma il collettivismo dei socialisti democratici – voi dite – più che un sistema di distribuzione dei prodotti del lavoro , è il sistema dell ’ organizzazione socialista per opera dello Stato . È un ’ asserzione , ne converrete con me , un po ’ troppo cruda , e che mette in un fascio i socialisti democratici coi socialisti di Stato . I socialisti democratici respingono e combattono il socialismo di stato , e bisogna tener loro conto , almeno della buona intenzione . Il collettivismo per essi non è il sistema dello Stato grande capitalista e grande anzi unico proprietario ; ma è il sistema in cui la società ( nella sua grande capacità collettiva ) amministra il patrimonio pubblico dei mezzi di produzione e forma il piano generale di produzione distribuendo i prodotti in ragione del lavoro di ciascuno . Che questo sistema possa menare , contro la volontà dei suoi sostenitori , ad una specie di socialismo di stato , è un ’ altra questione : dipende dalla modalità del sistema , dal modo con cui funziona questa società nella sua capacità collettiva , dal come sarà organizzata . Sarà organizzata a stato ? Sarà una semplice federazione di associazioni ? Quali saranno le attribuzioni e quale sarà la composizione dell ’ amministrazione collettiva ? Qui sta la questione , ma un ’ amministrazione generale degli interessi collettivi e indivisibili – voi ne avete convenuto altra volta – ci ha da essere . I socialisti democratici hanno il torto , secondo me , di accreditare il sospetto che essi vogliano nè più nè meno che un grande stato – come quando dimostrano la loro gioia per ogni nuovo acquisto od intrapresa che fa lo stato . Quando una rete di ferrovie , per es . passa da una società privata allo stato , essi battono le mani ; perchè dicono che dallo stato alla collettività socialistica è poi breve il varco . Ora questo può essere , come io ritengo , un errore , ma è tutt ’ altra cosa dal dire che lo stato debba organizzare esso definitivamente la produzione e attuare il socialismo . Siamo sempre lì . Voi vi sforzate ( involontariamente sempre ) di far apparire i socialisti democratici il più che potete reazionari , per accrescere la distanza tra essi e voi e poter dire che essi sono agli antipodi da voi , o almeno dovrebbero . Questo partito preso si vede anche più chiaramente nella confutazione che voi fate della seconda parte del mio articolo . Io sostenevo – e qui veramente si trattava di conciliare il socialismo democratico e l ’ anarchico – che insomma la libertà non può mai essere illimitata , e che un ’ organizzazione degli interessi collettivi ci vuole , e che in quest ’ organizzazione è insita sempre una certa coazione ; che bisogna fare in modo che la coazione sia minima e l ’ organizzazione sia la più libertaria e decentrata possibile , e che i socialisti democratici in ciò sono d ’ accordo con noi ; quindi una vera opposizione d ’ idee tra essi e noi non c ’ è , ma dobbiamo studiare insieme i modi pratici di conciliare gl ’ interessi generali e indivisibili della collettività con la libertà dell ’ individuo . Il referendum , il sindacato pubblico e la revocabilità degli amministratori , ecc . possono essere un modo di tenere gli amministratori soggetti agli amministrati , impedendo la formazione di un potere governante : studiamo dunque queste modalità e attuiamo , per così dire , l ’ anarchia per mezzo della democrazia . Voi anche questa volta non negate che la questione della modalità dell ’ organizzazione degl ’ interessi collettivi è importantissima e merita di essere approfondita ; ma ad un tratto rivive in voi il vecchio Adamo , l ’ anarchico che cerca a tutti i costi il socialista autoritario da combattere e voi dite che « bisogna rimontare alla differenza sostanziale che divide le due scuole … e questa è : autorità o libertà , coazione o consenso , obbligatorietà o volontarietà » . Ora io torno a quello che dissi altra volta , in certe cose d ’ interesse comune e indivisibile l ’ obbligatorietà è inevitabile . Volontarietà , libertà , consenso , sono principii incompleti , che non ci possono dare da sè soli , nè ora , nè per molti secoli avvenire , tutta l ’ organizzazione sociale . D ’ altra parte non è esatto che i socialisti democratici siano fautori di autorità , di coazione , di obbligatorietà su tutta la linea , che non riconoscano il gran valore del principio di libertà . Non è dunque vero che voi rappresentiate un principio e i socialisti democratici rappresentino il principio opposto : voi tutta la libertà , essi tutta l ’ autorità . La questione è di più e di meno , o piuttosto dei modi di applicazione ; ed ecco perchè io vorrei tirarvi giù dalle empiree sfere dei principii astratti ed indurvi a discutere le modalità dell ’ organizzazione sociale , sicuro come sono che su questo terreno tutti i socialisti tacitamente s ’ intenderebbero . Ma voi ricalcitrate , perchè , come ho detto fin da principio ritenete che la vostra missione è di combattere la futura tirannia socialistica , invece di prevenirla . Voi dite : supposto che il popolo domani abbia il sopravvento sul governo , i socialisti democratici vorranno fargli nominare un potere costituente che farà la legge e organizzerà le cose a suo talento . Noi , socialisti anarchici , dovremo , potendo , impedire tutto ciò e far sorgere la nuova organizzazione sociale « dal basso all ’ alto per opera di tutti gli uomini di buona volontà » . Ma anche per il periodo rivoluzionario vale la regola che ci vuole un ’ organizzazione , il più possibile libertaria , a base di volontà popolare , ma pur capace di dar corpo e vita all ’ ammasso informe di volontà , d ’ interessi e di desideri che si agiteranno sopratutto in tale momento . Un potere costituente dispotico non solo provocherebbe discordie e reazioni , ma neppure riuscirebbe ad organizzare la vasta e complicata economia sociale . Ma tanto meno vi riuscirebbe il popolo in massa , adunato casualmente nei clubs e per le strade . Possibile che non ci riesca di guardarci , da una parte e dall ’ altra , dalle esagerazioni ?