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> anno_i:[1910 TO 1940} > autore_s:"'G' [GIANSIRO FERRATA]"
A PROPOSITO DI TENDENZE ( 'G' [GIANSIRO FERRATA] , 1931 )
StampaPeriodica ,
Con l ' inizio degli anni Trenta , si può registrare una svolta nella rivista , ed un nuovo indirizzo , più deciso nel senso dell ' impegno , assunto dagli scrittori . Questo mutamento di prospettiva trova una giustificazione nel nuovo corso che assumono gli eventi dopo il 1930 . Il regime fascista aveva subito una grave crisi di consenso politico nella sua base sociale sia contadina sia piccolo borghese , in seguito alle vicende della rivalutazione della lira e per le conseguenze economiche del crollo della Borsa di Wall Street , verificatosi nel 1929 . Com ' è ovvio questa crisi politica si riflette nella letteratura ( significativi fenomeni sono romanzi come Tre operai di Carlo Bernari o Gli indifferenti di Alberto Moravia ) . In " Solaria " tale mutamento è segnato da alcune pagine di Ferrata ( A proposito di tendenze ) , e di Vittorini ( Tendo al diario intimo ) . " Non dobbiamo renderci più piccini di quanto siamo - afferma Ferrata - , non dobbiamo fondare con la nostra relativa equanimità e intelligenza , una repubblica di professori " . Questa confessione fatta nel '31 , è sintomatica . Sembra che Ferrata avverta i limiti di un ' opposizione come quella operata da " Solaria " , ed individui con una certa chiarezza il disagio dato dall ' isolamento che i solariani hanno dovuto pagare come prezzo per conservare il principio di ragione , l ' obbiettività di giudizio . Ciò che colpisce , però , è la nebulosità delle indicazioni : se da una parte è evidente la tensione volta a superare le " lettere dell ' alfabeto " , dall ' altra è altrettanto evidente come resti astratto e generico l ' invito ad occuparsi dei " dati più precisi e salutari dell ' esperienza " . Anzi , a ben guardare , sembra che si voglia dare , sì un ' indicazione nuova , ma sempre all ' interno di un agire letterario o comunque estetico . Lo scritto di Vittorini , d ' altra parte , rende più esplicita la connotazione del discorso , in quanto prende decisamente di mira la prosa d ' arte e il frammento . Si avverte in queste pagine la consapevolezza che la conservazione della dignità morale non può e non deve identificarsi con la fuga nella solitudine , anche se emerge una visione del mondo ancora posta in termini esclusivamente letterari , ove " l ' obbiettività del giudizio " Si confonde con il " rigore dello stile " . Con un po ' di buona volontà è facile leticare con tutti ma il difficile è averla , la buona volontà ; o almeno crearsela bene , con un ' apparenza seria , o quel dono , quella freschezza divertente che si giustifica da sé . Non basta la faccia feroce . I bravi periodici " battaglieri " che vogliono bastonar tutti in nome di qualcuno ( quasi ogni mese ce ne porta uno nuovo , stile Papini , stile Bodoni , stile Carducci , stile misto : c ' è in giro tanta abbondanza di modellini bell ' e fatti che l ' autorità polemica è divenuta un gioco da bambini - compreso il sorriso di chi guarda ) per vincere l ' aria morta d ' oggi , avrebbero bisogno d ' una forza incrollabile ; e sono invece così gracili ! Pungono come le mosche d ' inverno . L ' ornino bolognese che è il solo in questo genere a interessare , ha in fondo anche lui più disposizione che voglia ; fa un po ' la figura del maniaco , del collezionista di punture , perché gli manca il vero slancio da lontano . È naturale che in codeste condizioni si trovino appoggi e conforti alla propria prudenza ; più il tempo passa e più ci sente tranquilli con un certo orgoglio , per quanto dispiacere ci possa dare l ' andar per la carta stampata con un viso da vecchi . Nasce , l ' orgoglio , dal senso che le polemiche d ' insieme oggi possibili sarebbero sbagliate ; dalla coscienza d ' un intreccio di simpatie , d ' antipatie così irregolare , relativamente alle " idee " da assumere o da assalire , che giunti al momento della battaglia troveremmo fra le nostre file troppi soldati da fucilare , e invece troppi nemici da abbracciare . Nessuno di noi si sente di camminare in truppa e neanche di guidare un esercito , perché sarebbe impossibile stordirsene o trovarci abbastanza gusto . Il secolo è oscuro , pesante , fatto di lenti germi , sotto ai modi sportivi e allegri delle persone di spirito ; e dunque " lasciateci divertire " nella nostra vita privata ma metter dello spazio , una certa seria lentezza nelle cose intellettuali – aspettare altro tempo per cavar fuori , se ne avremo , i nostri fuochi d ' artifizio . Ma è un desiderio d ' ordine e di calma che non sentiamo tutti allo stesso modo . In qualcuno sembra una forma di stanchezza definitiva , di superiore disgusto per le " tendenze " , una volontà di annullare nella cosidetta Arte e nella cosidetta Critica , in maniera rettilinea e assoluta , gli impulsi che tendono a guidarle . È il modo più spiccio e più roseo , per una generazione scarsamente avventurosa , di precisare il proprio contegno : " le ragioni della poesia " .... Non si tratta per costoro che di insistere su una definizione filosofica dell ' arte , ampia e generica , che cerchi di contenerla tutta quanta ; e di sforzarsi a fare un pochettino di quest ' arte , " che è intuizione " , a trovare negli altri e segnare col lapis ancora un pochettino di quest ' arte , " che è intuizione " . Ne nascerà a poco a poco una gara a chi si dimostri più quieto , contrapposta a quell ' altra assai più balorda , a chi si dimostri più eccitato ? Premio Pecora e Premio Giaguaro ? " A che han mai servito le tendenze se non a suscitare , nei casi migliori , delle opere d ' arte ? " , leggevo poco fa nella " Galleria " del " Convegno " ( 107 ) , anonima ma presumibilmente curata da alcuni giovani d ' ingegno . È un modo di pensare del tutto falso . Ha un ristretto valore polemico ; nei confronti delle teorie degli agitati e , se vogliamo , di quel secolo d ' agitati ( di mistici , direbbe Consiglio ) che è stato in buona parte l ' Ottocento . Regnava allora in molti una fiducia , che a noi sembra stupefacente , di poter rinnovare la materia umana ; n ' erano echi certe furiose guerre , le maledizioni in blocco , i tentativi di non ammettere arte se non in coerenza con un ' idea ardita ; mentre dal lato opposto i " passatisti " e " bempensanti " s ' aggrappavano alla loro moralettina con un ' energia che ci appare anch ' essa tendenziosa . Questi contraddittori eccessi li guardiamo ormai dal di fuori . Ne cerchiamo anzitutto il tono . Non ci sentiamo di sposar tendenze a quel modo . Ma c ' erano , ci son solo queste ? E inversamente , c ' è gusto senza tendenze ? È un ' illusione dannosa , credere che si possa fondare un costume , morale o estetico , su un ' obiettività di giudizio . Anche nel gusto , si urta sempre contro un imponderabile : l ' importanza da dare a un ' espressione . Non l ' imponderabile di cui parlano i crociani - e che il critico estasiato deve risolver nella parola " bello " . Un altro che riguarda vedi bisticcio , il peso relativo dell ' ammirazione ; il senso , il sapore ultimo di essa , così come si colora nello spirito che la produce . Com ' è possibile , fra Lautréamont e Flaubert , essere dei " critici " ? Ci vuol altro ! Almeno questo : insistere , se lo si ami , sul desiderio d ' obbiettività fra due spinte così differenti ; insistere fino a renderne sensibile la mostruosità , il paradosso - la tendenza . Non so se son chiaro . Intendo dire che non dobbiamo renderci più piccini di quel che siamo ; non dobbiamo fondare con la nostra relativa equanimità e intelligenza , una repubblica di professori . La equanimità è una posizione transitoria , un trampolino , mai una mèta . Il torto di alcuni di noi , mi sembra , che pur parlano volentieri di lirica , è di non amare abbastanza l ' impeto lirico , sentimentale , fazioso , ingiusto da cui s ' origina , anche in estetica , ogni passione relativa di giustizia . Quando gli anni hanno sfiduciato o distrutto qualcuno dei nostri principi più cari , e ci han dimostrato la vita più complessa di quanto ci appariva dandoci affetti ed odi che non avremmo ritenuti possibili , è allora che si insinua volentieri ... il démone della obbiettività . Passati da " a " in " b " , da " b " in " c " , vien fatto d ' attaccarsi a tutte le lettere dell ' alfabeto . E si rinunzia ai dati più precisi e salutari dell ' esperienza . Anche in terreno d ' estetica avviene la stessa cosa . Che si perde il senso vivo , costruttore , dei propri passaggi . Si fa coincidere l ' " amore dell ' arte " con una posizione cattedratica che sparge il gelo intorno a sé . E se si dicesse che l ' arte in sé non è amabile affatto ? È una sentenza facile , ma che andrebbe ripetuta spesso . Notando con più forza , o ricercando con più astuzia le eredità isolate che partecipano di quel che siamo , di quel che non siamo ; creando nelle nostre abitudini un sempre maggior orgoglio , e uno sforzo educato , lento , ma cocciuto verso quanto istintivamente ci sta più a cuore . Per fortuna , questo modo d ' agire , scopertamente o no , è già naturale ad alcuni . Ma per farci respirare bene dovrebbe uscire dai monologhi . C ' è bisogno che le nostre tendenze circolino meglio ; senza far sfoggio di coltelli , è allora che scalderemo chi ci sta intorno .