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> anno_i:[1910 TO 1940} > autore_s:"AMBROSINI LUIGI"
IL 'DRAMMA DI CRISPI' ( AMBROSINI LUIGI , 1915 )
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All ' ultima pagina della nuova vita di Crispi , di Gualtiero Castellini ( Barbèra , Firenze ) mi sono rivolto questa domanda : È qui dunque posto nei suoi termini e risolto il problema di Crispi ? È questo il caso ( il dramma , la tragedia , come dicono ) del grand ' uomo misconosciuto e negato , dello statista sfortunato e glorioso ? Ho risposto , senza esitazione , no . E allora , ecco un libro che bisognerà riscrivere . Accingendosi a narrare la vita di Francesco Crispi , il Castellini s ' era proposto d ' essere equo . Egli avrebbe voluto accettare tutto l ' uomo , il suo bene e il suo male , grandezze , debolezze e miserie . In Crispi fervono le une e le altre , stranamente commiste . Il giovane biografo avrebbe , da un tale contrasto , cavata una figura viva e vibrante , tanto più attraente quanto più agitata e complessa . Il dramma crispino si sarebbe così risolto in una franca narrazione d ' arte e di storia . La nuova generazione sente che questo tributo a Francesco Crispi bisogna renderlo , e Gualtiero Castellini si è messo al lavoro con questo animo . Egli aveva dinanzi un materiale ormai copioso : le pubblicazioni ultime del Palamenghi , che di Crispi documentano la vita e l ' opera dai primi agli ultimi anni . Non rinunziare all ' esame critico di quelle pagine ; semplificarle e ridurle a più corrente unità ; dalla loro mole trarre , con parsimonia frequente di tratti , una figura unica , dominante : questa la prima mossa del diligente lettore e scrittore di cose del nostro Risorgimento . Quanto poi all ' effetto , si capisce che il Castellini ha creduto non pure di essere stato imparziale , ma di averci dato un Crispi rivissuto e senziente , che si agita e agisce , tratto tratto inquieto e volontario , umiliato , scontento e trionfante , combattente e combattuto ; cospiratore ed esule , errabondo e povero , con la Sicilia per la rivoluzione , con Mazzini per la repubblica , con Garibaldi per la monarchia , con la monarchia per l ' unità e per l ' Italia ; con la sinistra parlamentare contro la destra e con la destra contro la sinistra ; in realtà sempre coi pochi contro le maggioranze , cogli audaci contro gli incerti , per le idee contro tutti i pericoli ; per la giustizia , la libertà , la grandezza , l ' avvenire contro il passato , contro la meschinità , l ' asservimento comune . E così , passo passo , il rivoluzionario si muta nel conservatore e il democratico cede all ' imperialista . Non sono pel Castellini mutamenti leggeri e tradimenti ; è una evoluzione naturale e profonda . L ' Italia non l ' accetta e non la comprende . Ed ecco il grande uomo impigliato in una lotta spossante contro il suo tempo ; irretito in un equivoco immane ; preso in un dramma straziante . Ma la sua forza si esprime dalla bassura degli anni , sormonta la viltà degli animi e domina sventure e miserie . Soli i grandi spiriti - Carducci e Oriani - lo comprendono e lo esaltano . Egli è un precursore : tornando a lui possiamo salutarlo padre e maestro . Tale è il Crispi che il Castellini ha veduto : questa la moralità o lezione che si dovrebbe cavare dal suo libro . Francamente , una tale lezione non ci appaga . E diciamo pure che siamo noiati di questo ingenuo semplicismo dei nuovi crispini , che seguitano imperturbati a porre il dramma dell ' uomo fuori dell ' uomo , facendo ricadere sul tempo la colpa della catastrofe , il danno e la vergogna . Crispi , in sostanza dicono costoro , sarebbe stato un grande ministro , se l ' Italia fosse stata un ' altra nazione , meno pavida e meno meschina . - Nossignori , diciamo noi ; Crispi fu indubbiamente un grand ' uomo , ma non fu e non poteva essere un grande uomo di stato ; poiché il concetto di uomo di stato , cioè di uomo che governa , non può essere posto all ' infuori della vita attuale della nazione . Non si può essere grandi statisti in astratto : lo si è sempre e unicamente in concreto , non per quei tali disegni aerei che si fanno , ma per quelle tali azioni che si promovono e si conducono al fine . Si è grandi politici non in quanto si hanno alte e nobili idee , ma in quanto praticamente si fa la grande politica di un popolo , in quanto si opera non soli ma nella nazione e con la nazione , in quanto ci si trasfonde in essa e nelle sue sorti , in quanto si realizza il realizzabile nelle forme solide dello spazio e del tempo . Nessuno statista ha mai vissuto fuori della sua età . Il politico vero non è se non colui che riesce a fare i conti con gli uomini della sua generazione . In politica si deve antivedere e precorrere , ma bisogna anzi tutto coesistere ; avere il senso profondo e preciso del presente , la facoltà di sentire quello che è , quello che accade . Non si governa una nazione e non la si lancia ai suoi lontani destini , se non si governano gli uomini stessi che vivono intorno a voi e con voi , se non si persuadono , non si vincono e non si rendono tranquilli e sicuri . Diceva il Machiavelli che gli uomini si fanno governare facilmente quando sentono di essere governati bene . E quel che accade dei popoli accade dei parlamenti . Chi naviga vuole aver fiducia nel proprio pilota ; chi combatte vuol credere nel proprio duce . Tutte le maggioranze servono a qualche minoranza ; ogni minoranza fa capo ad un uomo o a pochi uomini . Per tal modo Cavour è il parlamento , Cavour è il Piemonte . Parlamento e paese sono due realtà ch ' egli accetta e delle quali si serve , come di due forze reali e concrete . Lo statista ha bisogna di realizzare ; gli ci vogliono degli uomini intorno , dei suoi simili e eguali , degli amici e anche dei nemici , delle passioni e delle volontà , delle altre idee e delle altre anime ; gli ci vuole la collaborazione e il contrasto , il consenso e la lotta , la lode e l ' insulto insomma tutto il possibile , tutto l ' attuale ; la materia informe ma viva da plasmare , l ' elemento della sua opera , la realtà diversa , avversa e nemica . Chi riesce a vincere questa opposizione naturale e continua ; chi riesce a persuadere e ad attrarre , chi impone la volontà propria alle altrui dominando le passioni e servendosene , quello è il politico vero , l ' uomo di stato inconcusso . Chi si perde per via , chi combatte fino a un certo punto e poi cede , chi si stanca e si lamenta , chi concepisce l ' avversario come un negatore , la lotta come una diminuzione , la battaglia come un insulto e un ' offesa , costui non trionfa , non è uomo di stato , ha del politico l ' ambizione , l ' orgoglio e qualche altra parte più nobile , ma la nazione non si fida in lui , non gli si concede intera , lo cerca e lo sfugge , lo esalta per poi condannarlo , lo mette alla prova e lo liquida , salvo poi a riconoscere più tardi , lui morto , i meriti che aveva e l ' intenzioni . Ma questo ultimo è Crispi : il primo è Cavour . L ' uno e l ' altro ebbero il loro dramma , i loro drammi , le angosce , i dolori , le grandi speranze e i timori , le audacie e le sconfitte ; ma la diversità delle due razze si sente definitivamente e sull ' ultimo , quando l ' uno ha concluso e l ' altro non ha che tentato . L ' errore , dunque , del Castellini , è nell ' avere voluto creare il dramma di Crispi , in una troppo comoda antitesi fra l ' uomo e il suo tempo . Non si è avveduto che così facendo egli distruggeva senz ' altro il concetto di uomo politico , e ci dava un Crispi inferiore al reale , e dal reale molto diverso . Sempre le ragioni della fortuna o sfortuna del politico sono da cercare nel politico stesso . E mai forse come per certi uomini il biografo deve rifuggire dalle astrattezze . Considerate bene Francesco Crispi ; studiate la sua psicologia , scomponete in lucida analisi le parti del suo ingegno e dell ' animo : troverete in quelle , senza andare più oltre , le ragioni profonde della sua sorte e della sua tempestosa carriera . Uomo d ' intuito e di audacia Crispi è grande nel 60 , quando riesce a persuadere e trarsi dietro Garibaldi . Allora s ' incorpora con qualcuno , allora anima e collabora , si getta in una grande impresa comune , si fonde in uno sforzo collettivo , suscita un gran fatto , crea e conclude . Il suo vero anno è quello . Con ammirazione invidiosa l ' aveva capito anche il Palamenghi , il quale tuttavia gonfiò di vanità la sua glorificazione , opponendo a Crispi Cavour stesso , in pagine così scarse d ' intelligenza storica . Quasi che ci fosse bisogno di dimostrare , che , voluta o no da Cavour , l ' impresa dei Mille è tutta rivoluzionaria e garibaldina , siciliana ed eroica . Lo sbarco . di Marsala è un episodio che non rientra nell ' orbita liberale , diplomatica e parlamentare cavouriana . Ne è fuori , come lo sbarco dei fratelli Bandiera , come la difesa di Roma , come la ritirata di Garibaldi . Fu la più grande avventura della rivoluzione ; e il Risorgimento non fu soltanto liberale , fu anche rivoluzionario ; non fu solo preparazione , ma anche avventura , non fu tutto diplomazia , ma anche negazione della diplomazia , e se anche fu nei principii ultimi unitario , ebbe forza dalle regioni , da Napoli , dalle Romagne , dal Veneto , da Milano , da Palermo . Crispi siciliano disegna e impone l ' impresa di Sicilia ; fa realmente , fortunatamente quello che Cavour non fece . E in quell ' ora della Storia d ' Italia , egli conta anche più di Cavour , è più necessario di lui , è più attivo e conclusivo , sollevato dalla sorte più in alto . Egli allora , e non Cavour , crea la nuova situazione , compie il gran fatto , e con altri uomini scrive un capitolo , di cui poi Cavour dovrà prendere visione . Ma in troppi altri momenti della sua vita , Crispi , che pure ha lo stesso fuoco nell ' anima , non riesce a chiudersi in un simile cerchio di collaborazione energica e fattiva . Pare che lotti contro tutto e contro tutti , non sa egli medesimo dove siano e quanti siano gli amici e i nemici . È un uomo d ' energia , indubbiamente , ma di una energia in potenza , elementare e confusa , che quasi si identifica con la irrequietudine naturale della fibra , e sfoca dell ' orgoglio , nel sentimento della sua persona , quasi nell ' eco del suo grande nome . " Io sono Crispi " . Il sentimento dell ' io è in lui così forte e prepotente , che gli impedisce di pensare con calma e avvedutezza alle necessità pratiche della sua vita politica , a farsi degli amici fedeli , a costituirsi un gruppo d ' uomini sui quali contare al momento buono , per farsi strada al potere , per organizzare una qualunque parte che gli creda , che lo porti e lo difenda . Ha una bella parola nel 64 , quando dice : " la Monarchia ci ha uniti ; la Repubblica ci dividerebbe " . È uno di quei motti realistici e realizzatori che fanno onore all ' ingegno non meno che al carattere di un uomo . Non è uno scatto , ma una confessione franca , un riconoscimento esplicito , e insieme , un proposito . Ci si sente del coraggio , della lealtà , una sincerità e serietà schietta , quasi un rinnovamento e ringiovanimento dell ' uomo . È l ' anno nel quale Crispi scrivendo agli amici di Sicilia , li ammonisce : " Il tempo delle rivoluzioni è finito " . Lui , l ' uomo della più grande - e così recente - rivoluzione italiana - è ormai per un ' altra opera , per un ' altra necessità . Supera contemporaneamente Aspromonte e Mentana . Entra nella tradizione e pratica cavouriana della libertà e del governo . Eppure , spogliato anche di queste che ormai erano ideologie , il fondo di ideologo permane in lui . Fino al 76 non va al potere perché non vuol servire agli uomini di destra . L ' esempio di Cavour , che comincia con Balbo e con d ' Azeglio , cioè comincia come può , per giungere a Rattazzi , cioè dove vuole , non gli dice nulla , non gli insegna nulla Egli aveva l ' ambizione dell ' uomo di stato , non aveva l ' animo né il metodo . Si direbbe che destra e sinistra siano per lui due realtà che si escludono a vicenda , quasi due antitesi che non ammettono sintesi . O da una parte o dall ' altra . Proprio allora che i partiti stavano per fondersi e confondersi e si preparava l ' equivoco della sinistra , Crispi crede ancora alla profonda diversità delle due fazioni , che un genio come Cavour avrebbe entrambe dissolte in un ' unità e potenza nuova e sovrana . E che vuol dire che nel 76 , quando la destra cade e va su la sinistra , neanche allora Crispi riesce a essere capo della sua parte ; ma Depretis gli prende la mano , e gli passa innanzi e il vecchio combattente di sinistra dovrà poi combattere la sinistra , mentre avrebbe potuto vincere finalmente e sinistra e destra superandole nell ' armonia di una situazione politica tutta sua ? Per esser e detti grandi bisogna anche in politica , come in arte , creare . In politica si creano delle situazioni . Quando Crispi le ha create ? Egli si è sempre lamentato che le situazioni non esistessero per lui e prima di lui . Appunto , la differenza di temperamento , che è poi differenza di classe , fra un Cavour e un Crispi noi possiamo vederla nel diverso loro sentimento parlamentare . Cavour accetta il parlamento e vuol governare con esso : si capisce che sforza la situazione dei partiti e solidifica la propria maggioranza ; ma riesce a tanto perché obbliga il parlamento a una grande creazione storica , e la storia è mutamento insieme e coerenza . Tutto varia e la variazione assume un significato e valore unico , continuo . Ma Crispi disprezza il parlamento , ed è un parlamentare inferiore a Depretis . Non domina neanche da vicino , non riesce a organizzare ; non è la mano abile che mette a posto le cose dal di dentro a una a una , giorno per giorno ; non è lo spirito animatore che soffia la nuova vita e impone la nuova legge dal di fuori , con alito potente e fecondo . C ' è in Crispi una attitudine scontinua , e sempre eccessiva ; una volontà imperiosa e rilassata , un non so che che non dura , non s ' impone , non scava ; non lega , non germina . C ' è del meccanico e dell ' inconsulto nel suo modo di fare e di agire . Lo si direbbe una ruota vertiginosa e potente , che frulla troppo spesso a vuoto , che non ingrana . La gran macchina non riceve da lui che delle scosse brusche , mentre vorrebbe la sicurezza del moto lento e continuo . Di qui la sua presa di potere tarda , la sua posizione instabile sempre , l ' impossibilità di governare a lungo , di crearsi egli stesso le condizioni favorevoli , di attuare i propri disegni o di politica esterna o di interna : una rottura perpetua di continuità , responsabilità assunte da altri , eredità lasciate a mezzo , occasioni di non capire . e non essere capito , il non potere dar corpo a una creazione intera , solida , una , i la fama equivoca sempre al paro della potenza , l ' alterno dibattersi fra la lode e l ' insulto , fra la gloria e l ' infamia . Il suo destino , insomma . Ora , tutta la fortuna politica di Crispi pende dalla sua psicologia . Il Castellini ha avuto torto nel non dare ad essa il valore che ha , nel non accettare l ' uomo in tutta la sua realtà precisa . E il compito non era difficile . Ci sono troppi fatti che si impongono da soli , anche nel Crispi eroico , nella mente dei mille , che urta sempre qualcuno , che si allontana e allontana , che non diffonde quella simpatia naturale , umana che facevano sentire un Cavour un Mazzini un Garibaldi . Francesco Crispi è sempre agitato , affaticato , e scorato più spesso che non si vorrebbe . Egli avrà più tardi della politica disgusti così lunghi e pesanti che impressionano . Lo stesso biografo deve dire a un punto ch ' egli giungerà al potere " già stanco e completamente deluso " . Ma lo dice , passando , senza pure accorgersi della enormità di questa constatazione . Pensate un poco a dire una cosa simile di Cavour ! Ma gli è che Crispi ha la carne più debole , la fibra meno schietta ; non era quell ' uomo forte che si vorrebbe far credere . In troppe delle sue azione c ' è l ' angolosità del vecchio , l ' acidità del deluso , la prepotenza egoistica di chi ha del rancore contro la fortuna , e sente il fallimento di gran parte della propria vita . Ecco perché alla camera non rispetteranno neanche la sua canizie . La sua vita privata sarà per lui una cagione di affanno e di lotte ; lo si può assalire da tutte le parti , lo si combatte con l ' urlo , con la contumelia , col disprezzo . Egli non riesce a vincere , non domina . Anche quando cerca di superare l ' età eroica con un giudizio , quando dice che l ' Italia fu fatta troppo presto , per rendersi conto dei difetti di improvvisazione che sono negli uomini e nelle circostanze , egli stesse poi non sfugge alla condanna , egli stesso è un improvvisatore , un uomo del passato , un audace , un iniziatore , un ribelle ; ma i suoi principi conservatori , le sue idealità imperialistiche sono altrettante improvvisazioni , sono atti d ' audacia e di ribellione , sono sforzi di generosità e di eroismo ; l ' Italia non li sente , l ' Italia non era pronta ad accettare quella nuova politica per la stessa ragione per la quale Crispi non era capace di imporla . E non poteva imporla per una ragione semplicissima : perché non l ' aveva . È l ' ora di dire tutta la verità : Crispi non era un politico . E non è la nostra ammirazione per Cavour che ci accechi . Non ci serviamo del parallelo Crispi - Cavour per esaltare l ' uno e negare l ' altro . Ma è che quando si è capito Cavour ci si è impadroniti del concetto stesso dell ' uomo di stato , si possiede nella mente una forma , la sua forma ; e quando si è capito Crispi si vede che questa forma esemplare non rientra in lui , non vale per lui . Cavour è grande perché ha il genio , ma è un politico perché ha il metodo . Crispi fu grande perché ebbe ingegno ; non fu politico perché non ebbe nessun metodo . Noi non siamo francofili - e del resto questo non conta - ; ma l ' odio che nutrì Crispi per la Francia fu essenzialmente impolitico , non apparteneva a nessuna concezione originale e stabile e completa della nostra politica . Era una rancura generosa , ma sterile in uno statista . Cavour odia l ' Austria , ma non l ' odia così . Starei quasi per dire che il suo odio non conta . L ' Austria per lui diventa un problema : egli ne accetta tutti i termini per risolverlo a proprio favore . L ' Austria gli serve , egli se ne serve . Crispi è troppo personale ; è troppo pieno di passione comune , troppo soggettivo .. Manca di una qualità suprema dello statista : l ' oggettività . - Tunisi ? Sta bene ; ma Tunisi è del pari una offesa della Francia e una vergogna dell ' Italia . È una umiliazione della Francia e un errore nostro da noi voluto . Bisognava essere al potere per non volere quell ' errore , per impedirlo . Bisognava , una volta avvenuto , cavare da esso l ' occasione per rovesciare la parte di coloro che l ' avevano permesso ; bisognava , appunto sentirlo non a parole ma di fatto come una negazione di italianità : e di fronte a quella negazione bisognava afferrare e creare la nuova realtà e necessità nazionale . Cavour avrebbe fatto così . Cavour non era al potere al tempo di Novara ; disse poi che se fosse stato al potere non si sarebbe giunti a Novara ; il fatto è che giunto al potere si servì di quella esperienza , si fece un programma sulla base del risorgimento da quella caduta . E ci dava la spedizione di Crimea , la partecipazione al Congresso di Parigi , l ' alleanza con la Francia , la guerra del 59 . - - Che cosa ci dà Crispi ? Dopo Tunisi , vergogna di altri , Crispi ci dà il fenomeno Baratieri , questo generale che sotto il suo governo viene a Roma e si enebria di acclamazioni e di champagne ; e volere o non , sotto Crispi si giunge ad Adua . - Fortuna ? disgrazia ? Parole vane . Baratieri e Adua sotto il governo di Crispi sono due realtà . Sono la politica . Sono , purtroppo , qualche cosa di più : la storia . Di fronte alla quale , così terribile , il Castellini sente il bisogno di ripararsi dietro le trincee di una distinzione che regge quanto uno schermo di carta . E dice : ma il dramma di Crispi è proprio questo : ch ' egli non fu capito dai suoi contemporanei e non fu appoggiato da loro . Se lo avessero capito lo avrebbero aiutato , non l ' avrebbero maledetto . Sofisma . Ma quando Cavour fece la spedizione di Crimea , la nazione , il popolo , allora non lo capirono . E Cavour la fece lo stesso ; perché capiva lui , perché prevedeva lui . E il popolo capì molto dopo , ma capì , finalmente . Ora l ' Italia non capì Crispi perché Crispi non aveva in antecedenza capito l ' Italia : Crispi era generoso , ma era anche megalomane ; non conosceva il paese ; non sentiva come si vorrebbe far credere , i tempi nuovi . Per esempio non capì nulla del socialismo . E pure il socialismo era il principio di una realtà con la quale occorreva assolutamente fare i conti , alla quale bisognava far fronte , che si doveva accettare politicamente , che non si poteva né sopprimere né soffocare , perché era una evoluzione , una novità della vita sociale , un segno dei tempi , una nuova anima dei tempi . Quando Crispi vi dice : è finito il tempo delle rivoluzioni , ha ragione se intende la rivoluzione borghese , la rivoluzione per i principî , la rivoluzione ideologica ; ma questo è il massimo sforzo ch ' egli fa , non giunge , non può giungere ad ammettere che si prepari un ' altra rivoluzione d ' ordine sociale , economico , che non viene dal Risorgimento , ma nasce dopo il Risorgimento , e avrà altre parole , altra fede . Quale è l ' opera sociale di Crispi ? Perché il Castellini non ce la illustra ? Ma perché è povera , perché non è l ' opera di un grande , di un precursore . Vedete anche una volta come il paragone di Crispi con Cavour non regga : Cavour ha un ' opera sociale mirabile , miracolosa , che ha un ' unità , una complessità , un seguito storico di prim ' ordine . Crispi non regge al rapporto più approssimativo e benevolo . La sua politica sociale fu ben poca cosa , quando non fu errore e fallimento . E torniamo così al punto dal quale siamo mossi , cioè al difetto in Crispi di una visione armonica e piena della realtà italiana , della vita nazionale , politica e economica e sociale ; al suo fare spezzato e scontinuo , saltuario e smodato , senza unità , senza organicità , senza metodo , opportunità e misura . Questa è la verità vera di Crispi ; la sua essenza ; un vuoto arido nel centro di un terreno duro e a tratti rifiorente di vegetazione magnifica e lussuosa : un pezzo della sua Sicilia vulcanica e inghirlandata , affocata e fiorita , devastata e ridente , saporosa e fruttuosa ; mentre Cavour ridesta l ' immagine della fertile vallata padana , dell ' humus secolare dolce e profondo , ricco , inesausto , e del placido e enorme fluire del gran fiume , che cammina queto tra le fertili sponde e dilaga a tratti impetuoso , mareggiante nelle molte vicissitudini del cammino e del tempo ; ma cammina e giunge . Sono due umanità profondamente diverse . L ' esempio del politico vero , per noi è in uno soltanto . Tutto il resto è biografia , è riconoscimento di meriti ; è ricordo delle mestizie e miserie dei tempi , è dolore risentito e vissuto ; è sempre - intendiamoci - storia e vita del nostro paese e però sacra ; ma , insomma , quell ' ideale di grandezza , quell ' ammonimento quasi di gloria , quella intenzione , pur nobile , di revisione di giudizi , io , in Crispi e nei crispini novissimi , non la sento e non la giustifico . E confermato dall ' esperienza di queste pagine , séguito a credere che , in genere , le fame politiche non si riabilitano , come le fame poetiche , a distanza di un lustro .