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> anno_i:[1910 TO 1940} > autore_s:"GOBETTI PIERO"
GIOVANNI BOINE ( GOBETTI PIERO , 1923 )
StampaQuotidiana ,
In Giovanni Boine può avvertirsi una preoccupazione centrale di eticità che egli venne chiudendo duramente in sè stesso . Invero le sue simpatie per la religione non erano in fondo che una forma di culto della personalità , rimasto l ' elemento fondamentale e quasi il segno di una ricca spiritualità nei migliori dei vociani , come reazione deliberata al pericolo degli schematismi filosofici . Boine cominciò col Rinnovamento e si pose in termini di cultura il problema della religione come problema di tradizione e di storia . Ma nonostante tutti gli sforzi , rimane già in questo preludio il peso di una preoccupazione personale , quasi fisica , che vuol trovare l ' unità nelle frammentarie esasperate espressioni di se stesso . La polemica col Croce lo individua perfettamente nel suo bisogno di valori individuali , di esperienze intime e nell ' esaltazione , che il Croce canzonò crudelmente , della propria oscurità e incompletezza contro l ' altrui sistemazione . C ' era nel Boine , nella sua sconsolata solitudine una paura del rigorismo filosofico che gli faceva esaltare nella religione la possibilità di una storia più umana . Egli si trovava psicologicamente assai più vicino agli sforzi fogazzariani di quel che non immaginasse e della stessa natura immorale era quel suo pensare la fede con torturante voluttà , come annientamento ognora sentito della libertà per opera dell ' imposizione e quell ' intendere l ' inconoscibile in funzione del pensiero , come un ' eterna allontanantesi e risorgente illusione . Ma , conscio dell ' immoralità di certe conciliazioni , Boine voleva qualche cosa di più ferrigno che la filosofia dolce della leggenda e del rito e delle sentimentali emozioni . Si separò dal Rinnovamento perché non ne condivideva le intenzioni pratiche , di rinnovamento ecclesiastico , perché gli ripugnava l ' agire per gli altri , tutto chiuso e incerto di sé stesso , e sentiva il bisogno di negare almeno in loro quell ' ambiguità di fiacche coscienze e di estetica religiosità che avvertiva latente in sé . Gli ripugnava l ' apostolato come la semplicità romantica . Educato alla rudezza di mistici , aveva bisogno di aspirare almeno alla verità , di ribellarsi alle angosciose incertezze e all ' impotenza intima . Accostatosi alla Voce , scrisse l ' Esperienza religiosa che è come la prova del fuoco della sua incapacità di decidersi tra religione e filosofia . Di questo dissidio parve che egli si accontentasse aspramente senza decidersi al dilemma né sperare conciliazioni . Cerca sconsolatamente il vero Dio sapendo di non trovarlo . Le sue doti di speculazione non bastavano per sollevarlo alla razionale certezza . Incapace di dedizione e di amore , non poteva credere . Da queste insoddisfazioni e da questi difetti nasce la sua disposizione all ' arte , qualcosa di non spontaneo , di duro , di acerbo , ma con tentativi e conquiste improvvise di profondità . Ci sono certi caratteri di letteratura ascetica e di racconti di edificazione ( a parte gli intenti ) , un certo pudore nell ' affrontare la materia e una scontentezza costante di uscire da sé per obbiettivare ciò che non era ancora certo e sereno . Aveva bisogno di esperienze per nascondere un po ' il suo egoismo e la sua tortura . ( E perciò scrisse addirittura di questioni politiche , di coltivazione degli ulivi in Liguria , di decentramento , ecc . ) . L ' arte sua recava il vizio di origine di una filosofia non chiara . Il nucleo ne era robusto ma non specifico , e interrotto . Di qui la frammentarietà e la sterilità delle ricerche metriche , delle assonanze , del periodo musicale che lasciano un senso di aridità . E ' un ' anima in pena . Certi cupi abbandoni ricordano Slataper , ma vi manca il maestro di vita , la consolazione dell ' espandersi : era condannato a un perpetuo irrigidimento . Nel Peccato c ' è lo sforzo costruttivo più profondo e complesso . Ma se si ricercano esigenze d ' arte bisogna convenire che il tentativo pecca di troppe lungaggini , e lo stile urta per quel monologare insistente , complicato di parentesi che non sono mai un limpido chiarimento , ma sovrapposizioni critiche esasperate o spunti ironici di pessimo gusto o divagazioni scomposte che egli vuol accumulare perché gli effetti siano più intensi , incapace di un dominio reale e sereno . Non si vince un senso di oppressione . " L ' intenzione generale , dice egli stesso in Plausi e botte , era di rappresentare quel lirico intrecciarsi di molto pensiero sulla scarsezza di pochi fatti ; quel continuo sconfinare della poca cronistoria esteriore nella contraddittoria , nella dolorosa , angosciata complessità del pensare che è la vita di molti e la mia ; intenzione di esprimere in complessità , una compresenza di cose diverse nella brevità dell ' attimo , dentro una apparente povertà di vita " . Ma i risultati di questo sintetismo convulso condannano le intenzioni , per l ' infecondità della fantasia e l ' assenza di buon gusto : incalzano le preoccupazioni e i ripensamenti per la smania non già di chiarire ma di concettualizzare . I Frantumi segnano il logico svolgimento di questa violenta disciplina , di questa repressa frammentarietà . Abolite le parentesi , abbiamo prosa ritmica , tenui spunti lirici , impressioni , notazioni ; ma sono l ' esperienza naturale , tormentata e ancora gretta , non trasfigurata . Il meglio in fatto di risulta ti lirici è nelle Prosette quasi serene , dove troviamo un Boine elegiaco , idillico , con una commozione raccolta e melodica . Questa malinconia non è molto lontana da Gozzano , da Corazzini , da Palazzeschi , ma c ' è un senso di incertezza e di predisposizione all ' armonia più umile e ritrosa , quasi un pudore contenuto ; benché l ' oggettivazione non si liberi da certi riferimenti non belli in cui riappaiono i limiti chiusi dell ' uomo , attraverso certi freddi e leziosi concettini . Pesava su di lui una condanna irrimediabile . Al suo orgoglio , alla sua solitudine è negata la confidenza del creare . Era , come dice Papini , della " razza triste dei solitari , con pruriti di apostolo , con brividi di santità , con estenuazioni di misticismo " . Ossia il suo tormento non riusciva a sollevarsi dalle forme inferiori , da sofferenze quasi fisiche . Tormenti , non ancora pensieri . Certe sue ricerche di complessità , certe finzioni di costruttività lirica sono dolorosamente tragiche , perché assistiamo al loro sfarsi , nolente il poeta , come se egli avesse disposti tutti i materiali e accarezzate fantasie già approssimative e adatte , ma un male oscuro e un ' impotenza finalmente avvertita ne sconvolgessero la sintesi sperata . La sua tesi sull ' arte identica con la filosofia , l ' importanza che egli si ostinava ad attribuire al contenuto esprimevano una dura esigenza personale , un ' aspra confessione . La sua filosofia non poteva avere se non un valore di esperienza , a tutti gli sforzi degli altri il suo sforzo rimaneva estraneo ; egli doveva accontentarsi della sua storia e della sua teoria . In tutto questo c ' è qualcosa di patologico . Le sue critiche ( Plausi e botte ) sono ciò che vi può essere di meno critico , prive di aderenze a problemi di gusto , per quanto anch ' egli avesse letto i suoi classici e fatte le sue notazioni di stile . Acre sempre , compatto , senza possibilità di sfumature o di signorile acutezza , negato a ogni versatilità , egli conserva come un odio cieco per la letteratura , intesa la letteratura non soltanto come estetismo , ma genericamente come sicurezza formale . Vuole delle crisi d ' anima , vuole la sua crisi d ' anima . E lo trovate in eterna polemica per ragioni di severità etica ; incontentabile verso sé stesso , sfoga con gli altri la sua sofferenza e volubilità . Nei suoi plausi e nelle sue botte manca non soltanto una continuità e consistenza di giudizio , ma anche ogni ideale assiduo e ogni attitudine a comprendere un ' esperienza etica . Ed è vano cercare una linea di svolgimento e di progresso . Abbandonato alle sue irrequietudini non riusciva a salvarsi dai suoi vizi , anzi li veniva facendo sempre più esclusivi e vividi . Riesce a scrivere le sue pagine migliori quando è costretto ad abbandonare finalmente la chiusa contemplazione di sé stesso per comunicare con gli altri , per esempio nella Ferita non chiusa . Il suo stile rivela impreviste risorse polemiche e una certa virtù tra comica e satirica tanto più efficace in quanto sa di chiuso e di lontananza . Certo si tratta più di impressione e di effetto pittoresco che di approfondimenti stilistici sicuri , ma il saggio Di certe pagine mistiche per esempio è pensato con rara efficacia . Nella polemica con Prezzolini ci sono dei tratti irosi , quasi di livore , in cui tuttavia il suo odio per la pratica riesce ad esprimersi , la sua angustia provinciale a teorizzarsi , attraverso il fraintendimento della tesi centrale dell ' idealismo militante . Tra molte lungaggini di pedanteria filosofica e di ritorsioni polemiche spunta fuori un bel ritratto di Prezzolini , dettato limpidamente dal furore . Anche le sue complessità stilistiche , le sue parentesi si possono qui tollerare meglio perché corrispondono ora alla vivacità polemica , ora alla reale abbondanza delle cose che ha da dire e al movimento del discorso . Ma soltanto in un ' operetta minore , nei Discorsi militari il Boine è riuscito ad andar diritto allo scopo che si era prefisso mettendo una maschera tra pedante e tra retorica al suo discorrere scapigliato . Il suo rigorismo trovava un valido modello nel Regolamento di disciplina che s ' era proposto d ' imitare e d ' esporre . I dubbi sono repressi dall ' intonazione didascalica . Tutto il discorso ha un aspetto di ordine e di obiettività che non si sarebbe sospettato . Qui si vede come l ' ingegno del Boine fosse più ricco di quel che egli non lo volle e suscettibile se non di una disciplina totale , nata dall ' interno , almeno di una certa dignità versatile . Ma la sua è la storia dolorante di una fibra che non poteva reggere alla fatica di dare una composizione ai tormenti intimi ; le sue attitudini erano incapaci di concentrarsi ; la sua fantasia rifuggiva dalle figurazioni riposate . Non si può leggere Boine senza provare la disperata commozione di un destino incompiuto , di una volontà eroica cui mancarono i muscoli .
ESPERIENZA LIBERALE ( GOBETTI PIERO , 1922 )
StampaPeriodica ,
La crisi ministeriale e la costituzione . La proposta del nostro Formentini ( Rivoluzione Liberale del 19 febbraio ) è ampiamente discussa sul Lavoro del 22 febbraio . Lo scrittore comincia col dimostrarci che il provvedimento invocato dal F . già viene altrove applicato . " Questa designazione del gabinetto da parte dell ' Assemblea vige da ormai più di tre anni in parecchi Stati federali del Reich germanico , primo fra tutti in Prussia . Chi scrive seguì con attenzione i lavori dei Landtang Prussiano durante la crisi dell ' aprile scorso , che si concluse con la elezione a presidente dei ministri di Prussia del cattolico Adamo Stegerwald . La Socialdemocrazia poneva ben chiare le sue esigenze per l ' allargamento della coalizione governativa fino a comprendervi il Deutsche Volkspartei : queste esigenze essendo state rifiutate dal D . V . P . , la Socialdemocrazia si staccò dalla coalizione , e i tre partiti di governo , Deutsche Volkspartei , Cattolici e Democratici designarono come Presidente lo Stegerwald , che fu eletto e compose il Ministero tuttora in carica " . All ' obbiezione che " il Ministero è oltre che un ramo dell ' amministrazione , un membro del Consilium Principis e non si può pertanto imporre al Re un fiduciario eletto da altri " risponde con un ' acuta disamina della finzione che in questo concetto si cela e dei limiti e dei risultati che nascono dalla pratica . " Finché ci sarà un re , nessun ritrovato costituzionale riuscirà ad evitare che i Ministri della Real Casa , i gentiluomini di Corte e magari il cameriere consiglino davvero il re assai di più di qualunque Consilium principis costituzionalmente legittimo , infinitamente di più di qualunque Gabinetto di Ministri a ciò qualificato . E allora tanto vale farla finita con una obbiezione fondata su una funzione di consiglieri della Corona , che i Ministri non compiono " . Oppure nei casi in cui la esercitano , - esempio tipico Giolitti - riescono a pericoli e danni ancora più preoccupanti . " La carriera di Giolitti , dal punto di vista costituzionale , si può analizzare appunto in questo modo . Liquidazione del Consiglio di Gabinetto , come solo organo legittimo designato a dare collegialmente consigli della Corona . Accaparramento progressivo della confidenza del sovrano e delle funzioni sconosciute allo Statuto - di consigliere intimo e unico . Comparsa periodica dinanzi all ' assemblea parlamentare , colla consacrazione carismatica di essere l ' uomo fidato del re , colui che discende dalla montagna dopo aver parlato con Geova . E questo vecchio gioco minaccia di riuscire per la sesta volta ! È estremamente difficile stabilire , in qual modo la designazione diretta del ministero da parte della Camera , proposta dal Formentini , possa reagire : 1 ) sulle dittature personali di questo o quel parlamentare nel seno dell ' assemblea ; 2 ) sulle funzioni costituzionali del Gabinetto , che la lunga consuetudine giolittiana ( e sonniniana ) ha ridotto ad essere una semplice riunione di burocratici convocati a rapporto , riducendo insieme ad un cencio il R . D . del 1901 . Ma appare assai verosimile che la designazione diretta avrebbe impedito a Giolitti , e impedirebbe a qualunque altro , di bluffer al gioco del poker parlamentare : cioè di comparire dinanzi al re per riscattarlo con il prestigio di essere il dominatore del Parlamento , e di comparire poi dinanzi al Parlamento con l ' aureola di essere il fiduciario del re . Il gioco giolittiano , anzi l ' escamotage giolittiano è tutto qui . Ebbene , la designazione diretta lo spezzerebbe : togliendo di mezzo la finzione del ministro consigliere della Corona , toglierebbe forsanche di mezzo la triste realtà del ministro sensale e mezzano della Corona , della Camera e di tutto il resto "
StampaPeriodica ,
Questa lettera di Domenico Giuliotti non vuol essere una partecipazione al nostro lavoro . È l ' antitesi netta ed onesta di un amico per il quale abbiamo una profonda stima . In questa lettera , che è come la sintesi di tutto il libro di G . L ' ora di Barabba , non c ' è soltanto poesia , c ' è una notevole e rispettabile fede maturata in una poderosa unità , in ferreo anacronismo . La rude sincerità di Giuliotti richiama il cattolicismo alla sua logica medioevale e diventa , come altrove s ' è notato , forza feconda dialettica attraverso cui il mondo moderno ritrova la sua unità . Il programma di Giuliotti può parere esaltato o intemperante alle mezza coscienze , paurose di ogni posizione rigida , tolleranti per comodo e per poca serietà ; esso ha un vizio chiaro di anti - storicismo messianico , ma su tutti i messianismi utilitaristi e riformisti ha la superiorità che scaturisce da una terribile coerenza ideale , e da una limpida fede , ingenua e combattiva , nella trascendenza . E noi stimiamo la sua intransigenza , che non ci stancheremo mai di combattere , mentre consideriamo con disdegno tutti i catechismi predicanti transazioni e conciliazioni .
CRISI MORALE E CRISI POLITICA ( GOBETTI PIERO , 1922 )
StampaPeriodica ,
1 . - Il libro di Adriano Tilgher ( La crisi mondiale . Bologna , Zanichelli , 1921 ) , appunto perché incontestabilmente serio e maturato , offre occasione al critico sereno per segnalare una moda ormai dominante negli usi del dopo guerra che bisogna combattere con energia , anche se manifestamente effimera come tutte le mode . Il gusto per una letteratura sociale apocalittica e visionaria , minacciosa di divini fulmini , presaga di tragiche decadenze e di spaventosi tramonti ha sostituito , senza misura , l ' esame spassionato dei problemi sociali , lo studio modesto e saggio degli elementi della storia politica contemporanea , l ' indagine sorretta da cultura tecnica precisa e volta ad obbietti determinati . Le smanie di una dilettantesca politica estera che per quattro anni concesse ad ognuno i più fantastici sogni e i piani più assurdi , si traducono - esausta la fantasia - in stanche visioni sintetiche del più banale sociologismo . Le individuali preoccupazioni , le torbide crisi dei singoli si vengono fotografando in costruzioni obbiettive artificiosamente drammatiche . Nessuno più è disposto a studiare con saggezza i problemi singoli dell ' azione e della cultura politica . Bisogna parlare in ogni luogo di una crisi mondiale , del crollo di un ' epoca , della morte di una civiltà : risalire dal fatto singolo , dal sentimento solitario , alla descrizione di tutto l ' orbe morale e sociale . L ' epidemia ( cui non è estraneo il diffondersi superficialissimo di una pseudo terminologia marxista ) è irresistibile : noi stessi , avversari , ne diventiamo le vittime se invece di correre rapidi , come vorremmo , ai problemi di tecnica speciale , siamo indotti a salire parimenti in cattedra per opporci all ' apocalissi . 2 . - Adriano Tilgher è scrittore efficace e serio pensatore . Il suo pessimismo ha forti spunti di profondità ; individualmente è giustificabile in modo perfetto , è la sua forza perché lo fa pensoso della presente realtà , estraneo a tutte le gioie massicce e ai pesanti ottimismi dei cuori allegri e felici . Egli è lo storico più sicuro della presente crisi morale e culturale . Capace di risalire alle intime ragioni filosofiche della storia , perfettamente informato sulle ultime correnti di pensiero , acutissimo nel cogliere le relazioni tra i fenomeni letterari , politici , speculativi , nell ' esaminarne la verace sostanza spirituale sotto le incertezze sentimentali e le sfumature più generiche ha saputo con le Voci del tempo e con La crisi mondiale preparare per i posteri una valutazione preventiva notevolissima della nostra cultura e dei nostri stati d ' animo . Fallisce la sua critica quando in questa letteratura , necessariamente monografica e talora frammentaria , intervengono preoccupazioni costruttive , schemi troppo rigidi , pretese politiche . Il pessimismo non vale più . Diventa un peso morto , un ostacolo al realismo politico . I programmi che nascono da stati sentimentali come questo del Tilgher che s ' è descritto , sono tutti viziati da un originario intellettualismo e dalla mancanza di un ' esperienza diretta della praxis politica . Corrono tutti alla politica estera per liberarsi dai vincoli della realtà , non sanno scorgere troppo bene le connessioni tra storia mondiale e storia nazionale per amore dell ' impreciso che pomposamente intitolano : visione generale . 3 . - Esiste una crisi della civiltà capitalistica che in qualche modo si possa pensare risolta e conclusa in un tramonto del capitalismo prossimo o imminente ? Bisogna stare attenti e non confondere i termini obbiettivi della storia con quelli del demagogismo politico e , quando i termini , per molte ragioni , sono gli stessi , tener bene separati i due sensi . Il tramonto del capitalismo , previsto e predicato dal Marx , è un mito utilissimo , una delle più forti molle della storia moderna ma sarebbe ingenuo discuterne come di una verità scientifica o di un fatto serio . Invero la storia conosce processi , esigenze , risoluzioni di esigenze , ma ignora i subitanei tramonti , le aurore nate da un fiat . La civiltà capitalistica preparata dai Comuni , sorta decisamente in Inghilterra , affermatasi negli ultimi decenni , in forma più o meno progredita , in tutto il mondo civile è la civiltà del risparmio , delle intraprese che hanno bisogno per vivere di un capitale mobile . I paesi più arretrati nella civiltà capitalistica erano appunto negli anni scorsi quelli dei sistemi di attività e di produzione anacronistici : la Russia , incapace di liberarsi dal latifondo , l ' Austria - Ungheria che teneva al potere la classe dei latifondisti ungheresi . L ' Italia compensava l ' anacronismo del Mezzogiorno sforzandosi di creare attraverso l ' emigrazione , il commercio , e tentativi industriali addirittura imprudenti , una classe capitalistica . La logica a cui obbedisce questa civiltà è , come osserva il Tilgher , l ' attività assoluta che ha fede soltanto in se medesima . L ' impulso le viene dalla superpopolazione , la forza consiste nella crescente capacità produttiva e nelle inesauribili invenzioni tecniche , la direzione dello svolgimento è data dai bisogni sempre nuovi . Allo scoppiare della guerra europea questa civiltà era appena sul nascere . La borghesia che pare rappresentarla risale alla rivoluzione francese soltanto di nome : di fatto una vera borghesia in Italia , per esempio , sta appena nascendo , a fatica . La civiltà capitalistica del resto è al disopra delle classi , vuole l ' opera di tutte le classi che vi partecipano e la creano concordi pur lottando tra sé inesorabili , ostili sino a giurarsi reciproca sopraffazione . La civiltà capitalistica è una realtà obbiettiva che non può morire per un peccato d ' orgoglio : l ' umiltà la abbasserebbe , l ' orgoglio coincide con la sua legge di vita . La guerra europea ne è stata la crisi di esuberanza , non di tramonto , e il Tilgher stesso è costretto a confessarlo quando guarda all ' operosità che si riprende nell ' impero britannico e negli Stati Uniti . Non si dimentichi che appena in questi anni viene sorgendo un capitalismo russo e che in tutta Europa alla momentanea stasi dell ' industria sta sostituendosi un ' organizzazione capitalistica ( cultura intensiva ) della proprietà agraria . 4 . - Le difficoltà e le oscurità presenti sono una crisi momentanea che agevolmente superiamo pur tra incertezze e contraddizioni . E certo come tutte le crisi anche questa non è da considerarsi con leggerezza , ma vuole gli sforzi operosi dei popoli e l ' acume politico dei governanti . Chi la studi con libertà , senza desiderio di sintesi frettolose , vi scorge forme ed aspetti che ne agevolano e chiariscono la comprensione . Importa inizialmente distinguere una crisi morale , una crisi economica , una crisi politica . La crisi morale è descritta con forza decisiva dal Tilgher e alla sua visione degli stati d ' animo dell ' Italia dopo la guerra ( dal sensualismo allo scetticismo ) poco resta da aggiungere se non forse una più precisa determinazione cronologica che limiti quei fatti nel loro valore di documenti di psicologia durante le aspettazioni messianiche dei primi mesi dopo la vittoria che condussero alle crisi del dannunzianismo e del fascismo . Oggi dalle preoccupazioni colte dal Tilgher siamo liberi , e i residui hanno altrove il loro centro ideale intorno a cui possono essere valutati . La crisi economica si viene superando più a stento , dopo lotte operose e feroci tra i vari elementi della produzione industriale , e proprio queste lotte hanno potuto suscitare in taluni l ' illusione di pericoli mortali , il pensiero di un esaurimento definitivo . Ma l ' intima natura della civiltà capitalistica è in questa ampiezza di lotta ; sua diretta funzione è suscitare con fecondità ideale che non ha posa i miti e i programmi che la fraintendono e la negano e intanto trascinano per forza d ' illusione anche le forze più riluttanti e ribelli a collaborarvi . A chi sogna palingenesi socialistiche il capitalismo moderno oppone insuperabili esigenze storiche e pratiche : gli operai , diventati coscienti di tutta la loro forza , attraverso le rivendicazioni di programmi inattuabili ma idealmente intransigenti e nobili , cozzandovi contro si fanno capaci di soddisfarle , e divengono degni prosecutori del compito assoluto che il capitalismo inesorabile pone a chi vuol guidare la storia moderna . Cosi la crisi economica attraverso una vigorosa dialettica diventa crisi politica : si chiariscono i termini e si esprimono in forze concrete che il politico concilia e svolge secondo la propria saggezza . Dall ' incertezza sentimentale scaturiscono ormai valori determinati e fatti che entrano nella storia . Questo processo , non mai abbastanza meditato , insegna ( anche a noi uomini di lotta ) la necessaria serenità , che al di sopra di pessimismi e ottimismi è il solo atteggiamento realistico dello storico e del politico . 5 . - Ma al Tilgher la considerazione degli stati d ' animo e la palingenetica conclusione suggeriscono invece esili costruzioni di politica generale e avventati piani di politica estera . Un odio indomabile per la mentalità anglosassone gli fa scorgere nell ' Inghilterra la sola responsabile della guerra ( mentre il suo realismo filosofico gli insegna agevolmente che non esistono responsabili di un fatto universale come la guerra europea ) e negli Stati Uniti il degno complice del dopo guerra , legati tutti e due per gretto calcolo con l ' imperialismo francese . Concetti manifestamente esclusivistici anche se contengono non poca verità . Contro codeste nazioni capitalistiche Tilgher invoca il blocco delle nazioni proletarie dell ' Europa centrale e orientale ( anche vi comprende il lontano Giappone ! ) e chiede l ' esplicita adesione dell ' Italia . In questa drammatica visione appena superficialmente interessante , il Tilgher dimentica le conclusioni catastrofiche e vi scorge per un momento , schematizzata la storia dei nuovi anni . Anzi una sua osservazione ( pag . 102 ) sul valore finale della rivoluzione che dovrebbe dare una patria alle plebi che non l ' avevano è davvero potente . Ma per riuscire valida doveva essere la sola idea o l ' idea centrale del libro ; non un solitario , dimenticato frammento di cui sembra che l ' autore ignori il significato . L ' Italia non può aderire al blocco delle nazioni proletarie , perché le nazioni proletarie non esistono e la politica si fa con ben altro realismo . L ' Italia deve aderire , non politicamente , ma economicamente , senza pregiudiziali esclusioni all ' Europa ( e all ' America ) operosa dalla quale il suo sforzo a ricostruirsi , ad affermarsi , a salvarsi finanziariamente ed economicamente , può essere aiutato . La sua deve essere una politica di pace : benevola verso Germania e Russia come verso Inghilterra e Stati Uniti . Falliti i piani giuridici e i sogni giusnaturalistici del wilsonismo , l ' Europa è oggi di fatto una Società delle Nazioni ( o s ' avvia ad esserlo , nonostante la Francia ) ; una collaborazione per vincere la miseria ; per superare quattro anni di lotta dolorosa e necessaria . Perciò la polemica del Tilgher contro l ' intemperanza dei nazionalisti e le follie dell ' estetismo politico e contro il pagano giovandarchismo è pregevole e , per noi , interamente accettabile . Tutto il libro poi ha il merito di far meditare sui rapporti tra storia internazionale e storia nazionale , sebbene le interpretazioni che se ne danno siano poi dal punto di vista nostro da respingersi , come s ' è detto . La guerra coincise nel suo valore politico con profonde crisi di formazione nello spirito dei vari Stati . Crisi di Stati , più che di Nazioni : l ' ideologia nazionale è inadeguata alla realtà moderna . Le lotte e le contraddizioni della vita nostra si fondano su due esigenze di opposta natura che contemporaneamente si affacciano e generano soluzioni antitetiche le quali potranno essere conciliate soltanto in una fase finale che sfugge alla visione dei pratici dell ' ora . L ' opera della civiltà moderna esige organi superiori in cui l ' azione del singolo sia inquadrata e spontaneamente si organizzi : lo Stato moderno è diventato il termine essenziale della vita sociale . Ma dall ' interno premono esigenze popolari , democratiche , che negano insieme le pretese del nazionalismo e le invadenze dello Stato burocratico e protezionista . Confusamente questi sentimenti nella loro ampiezza europea ebbero espressione nel mito della Società delle Nazioni e talvolta persino nelle aspettazioni bolsceviche . Nei singoli organismi ( attraverso quante esperienze si vogliano di economia associata e di turatismo dilapidatore del pubblico erario ) si prepara l ' affermazione dello Stato etico come Stato liberale e il trionfo dell ' iniziativa nell ' unità . ( Regime parlamentare reso possibile dall ' autonomia e dal decentramento che vi si connettono necessariamente , come propone il Tilgher ) . Anche questa è una forma in cui s ' esprime l ' esigenza dell ' operosa pace economica a cui l ' Europa , non ancora votata al tramonto , anela .
StampaPeriodica ,
Ci sono nel " Manifesto " della Rivoluzione Liberale alcuni sviluppi che sembrano e devono essere soprattutto personali , corrispondendo ad un necessario processo di realizzazione letteraria e stilistica . Su tali concetti , che hanno avuto virtù di suscitare l ' ironia dell ' amico Ansaldo , l ' autore non chiede una adesione politica ; li presenta come spiegazioni di stati d ' animo , descrizioni di atteggiamenti , non limitati a un puro senso biografico , ma ribelli ad ogni carattere sistematico . Né di ciò si vuol discutere , né ricercare analoghi elementi personali , facilmente contestabili in nome di altre esperienze - negli scritti di Burzio , di Formentini , di Ansaldo qui pubblicati . Sotto l ' ottimismo storicistico del Burzio ( incline , per amore alla tradizione riformista a misconoscere le leggi autonomistiche della vita moderna , altra volta , nello studio sulla Democrazia , affermate ) sotto il realismo di Formentini ( che dall ' autocritica è tratto a diffidare di ogni azione ) ; sotto lo scetticismo di Ansaldo ( statico spettatore ) - è agevole osservare un intimo consenso - più o meno specifico - alle premesse e agli intenti del criticato Manifesto . A questo consenso è giusto corrispondere chiarendoci e riesaminandoci , per evitare qualunque incertezza potesse essere sorta dalle antitesi della discussione . E anzitutto qual è il senso della nostra pretesa di aderire alla storia ? La critica del concetto presentata dal Formentini è validissima , ma non si può rivolgere contro di noi . Aderisce alla storia anche chi vi repugna . E la storia è sempre diversa da quella che è presente alla mente di chi si propone di aderirvi . Le due affermazioni opposte sono tutte e due vere . Il presente è e non è nella storia . Perché la storia è insopprimibile , è unità di fatto e di farsi e di non fatto ; ma dalla storia non si deduce - ossia dalla storia non si astrae . L ' azione deve vivere di storia ( di concretezza ) ; ma come azione è qualcosa di nuovo , che al passato non si riduce , libero ; nasce impreveduta , crea valori imprevedibili ; ma poiché alla storia invano si repugna , questo nuovo ha il suo significato in quanto si sforza di sottoporre a sé tutto il passato . Da questa relazione soltanto ( che è quanto dire : da nulla di arbitrario ) nasce l ' avvenire . Quello che il Burzio chiama nostro schema di interpretazione del Risorgimento non è storia del Risorgimento , ma , in un senso molto preciso , storia nostra . Le nostre esigenze nascono da situazioni determinate e solo nel mondo da cui nascono si spiegano . Sarebbe ingenuo pensare che queste esigenze nascano sole , che il mondo , ove hanno luogo , vi si esaurisca creandole . Nel Risorgimento c ' è il nostro Risorgimento e quello di Burzio ; c ' è il riformismo e la rivoluzione : e il Risorgimento dello storico li comprende tutti . La verità della nostra interpretazione è condizionata dalla nostra azione : la legittimità di questa è nella continuità di una tradizione . È vero , perciò che nel Manifesto storia e propositi si generano reciprocamente - condizionati da una nostra volontà . A chi critica la nostra storia del Risorgimento si risponde che essa non è una storia : anche se il farla fosse nei nostri intenti ( in altra ora ) non abbiamo mai creduto che la si potesse preannunciare in un articolo ( sia pure lunghissimo , come alcuno ha protestato ! ) . Mazzini , Cavour , Ferrari e tanti altri uomini idee e forze sono state deliberatamente sacrificate per segnare con semplicità le linee di una crisi attuale , delle direzioni di pensiero che si pretendono continuare . Ma l ' affermazione fondamentale da noi storicamente ed empiricamente commentata , non ha bisogno di prove storiche perché è creatrice della storia , è la verità di tutti i processi vitali : la negazione del riformismo in nome dell ' autonomia delle forze , il necessario riconoscimento della spontaneità rivoluzionaria dei movimenti popolari è concetto a cui crediamo e di cui siamo pronti a dare dimostrazione scientifica se mai qualche ingenuo ne sentisse il bisogno . Abbiamo visto questo principio sostanziale della lotta politica in Italia individuato in elementi ideali e pratici caratteristici del nostro tempo . E qui è dovere fissare i limiti dell ' azione cui si è pensato . Esaltatori della lotta politica , consci che una lotta politica in Italia è stata sinora , per molteplici e chiarite ragioni , soffocata , il problema centrale dello Stato ci è parso problema di adesione del popolo alla vita dell ' organismo sociale , problema di educazione politica autonoma ( non di scuola ) , esercizio di libertà , necessità di conflitti , di intransigenze suscitatrici di una fede laica . Economicamente - diciamo pure con Ansaldo , - creare lo spirito capitalistico . Ci permetta l ' amico Ansaldo : ciò non ha nulla a che fare col protestantesimo e col circolo di cultura religiosa - in Italia il protestantismo non può essere che un momento dello sviluppo cattolico . No , qui il problema è di iniziativa economica e di attività libertaria . I partiti intransigenti , i partiti di masse ( contadini e operai ) operano secondo la linea che noi seguiamo , concludono a un ' opera liberale . In questa premessa l ' identità di Stato liberale ( liberistico ) e di Stato etico , che non convince il Burzio è per sé chiara . Ma a questo punto la rivoluzione reca un ' esigenza , determina dei problemi . II problema essenziale è un problema di espressione , di tecnica realizzatrice . Occorre che il popolo abbia il suo governo , occorre creare una classe dirigente che viva di esso , che aderisca alla sua spontaneità , che corrisponda alla sua libertà . Il compito è parso al nostro Sarmati antitetico colla premessa : il Governo nasce colla rivoluzione , non astratto da essa , non preparato preventivamente . Ma oggi siamo in una crisi rivoluzionaria ; noi sorgiamo dalla rivoluzione dopo aver , lavorato , lavorando con essa e non é certo l ' Ordine Nuovo che possa rimproverarci astensione o indifferenza . Tra il nostro atteggiamento di critici e le nostre conclusioni di pratici c ' è invero una contraddizione tragica , ma vitale : la contraddizione implicita nell ' azione , che é stata tra Cavour pensatore e Cavour ministro , che c ' è tra Nitti capo di governo e Nitti scrittore di economia o di sociologia . Il problema rivoluzionario sarà pure a un certo punto problema di uomini : noi prepariamo gli uomini che sappiano allora accettare la rivoluzione e operare realisticamente . In questo senso le premesse ci conducono a un compito tecnico , diciamo pure al problemismo , cui accenna Formentini . Ma la premessa deve restare ben chiara anche se è lontana : non si tratta del semplice problema di cultura che scorge Burzio . Il risultato si è che mentre pensiamo ad agitare delle forze ( indirettamente o direttamente ) possiamo sembrare ai frettolosi dei riformisti , perché ci occupiamo dei problemi attuali , perché suggeriamo riforme e proponiamo soluzioni . L ' importante si è che questa tecnica non distrugga quell ' autonomia di che siamo ben convinti : e non ci toccano , perché si elidono da sé , le accuse opposte di conservatori e di rivoluzionari che vengono mosse al nostro realismo . Noi non crediamo alla validità delle riforme e invochiamo e favoriamo nuove libere forze : non crediamo alle formule e vi contrapponiamo l ' immensità del reale . Determinare i limiti e i modi della conservazione del resto è stato sempre il compito tecnico dei rivoluzionari . Senonché dice Formentini , che tra i tre amici è il più vicino al nostro pensiero , il problema presente è il collaborazionismo e uno spirito realista deve fare i suoi conti con esso . La funzione transitoria del collaborazionismo socialista è posta dal F . stesso eccellentemente : nonostante i promotori concluderà anch ' esso ad arricchire il trionfo liberale dei popolo , a liquidare i miti e i riformismi . Il nostro atteggiamento deve essere di netta opposizione per ovvie ragioni d ' indole economica , e per una netta antitesi d ' ordine politico : precisamente da un tal fenomeno dipende la validità , il momento del successo della nostra affermazione liberista . In questi termini il nostro proposito di coltura politica ha la sua definizione esplicita : in una interpretazione di forze e in un ' esigenza di tecnica che ognuno di noi sente come problema morale . Non è il luogo di rimproverare utopie , non siamo in nessun mondo fantastico : ci disponiamo serenamente , con l ' ascetismo che opportunamente richiede ( e si chiede ) il nostro collaboratore Formentini a un compito che sappiamo grave , impopolare . Ansaldo non crede che sulla nostra via si possa trovare il successo , non crede che del problema ci sia una soluzione . Il suo scetticismo si aggrappa alla storia , da ciò che non c ' è stato deduce ciò che non ci sarà mai . Il che è manifestamente antistorico . Col metodo di Ansaldo era agevole negli anni del Risorgimento negare la legittimità degli sforzi unitari . L ' unità d ' Italia non c ' è mai stata , dunque non ci sarà . É un argomento che prova troppo e che cade da sé . Non si capisce come da tutto il sottile e profondo discorso con cui egli commenta il nostro manifesto possa derivare una conclusione imprecisa che non risolve le esigenze accettate . La classe di mandarini amministratori sarà sempre in antitesi con un popolo che sta sorgendo a vita economica e a vita politica ( e questo fatto s ' è provato nel Manifesto ) : dunque la soluzione provvisoria si negherà in altre soluzioni più vitali . Le esperienze dei Comuni , del Rinascimento , del Risorgimento non sono storie di fallimenti , ma indicazioni di stati d ' animo , di insopprimibili aspirazioni . Non è da chiedersi se noi saremo capaci di continuarle , di concluderle : certo l ' impresa è la più realistica che oggi si possa pensare ; di quel temerario realismo , che sa vedere e creare la realtà dove altri chiacchiera , pavido , di utopia . Per questo l ' abbiamo posta come compito della nostra vita .
Saggistica ,
LIBRO PRIMO L ' EREDITÀ DEL RISORGIMENTO Problemi di libertà Gli ultimi fatti della vita italiana ripropongono il problema di una esegesi del Risorgimento svelandoci le illusioni e l ' equivoco fondamentale della nostra storia : un disperato tentativo di diventare moderni restando letterati con vanità non machiavellica di astuzia , o garibaldini con enfasi tribunizia . La libertà di cui qui si discute contro i sogni di assolutismo dei nuovi Signori , non deve dunque confrontarsi con le verbose passioni dei radicali che offrirono nel mazzinianismo la misura della loro impotenza . L ' Italia politica deve cercare nella libertà una virtù di Stato meno volgare della servile disciplina imposta da una milizia ; e mentre « un popolo di artisti non sapeva immaginare niente di più bello di un altro Rienzi che salisse il Campidoglio in corteggio teatrale » una questione di autonomia può bene affermarsi come una questione di stile e di passione per lo spirito di fondatori di Stato . Il contrasto vero dei tempi nuovi come delle vecchie tradizioni non è tra dittatura e libertà , ma tra libertà e unanimità : il vizio storico della nostra formazione politica consisterebbe nell ' incapacità di pesare le sfumature e di conservare nelle posizioni contraddittorie un ' onesta intransigenza suggerita dal senso che le antitesi sono necessarie e la lotta le coordina invece che sopprimerle . La dignità di questi metodi liberali repugna alla filosofia dei dittatori , teorici di un governo polemista e ignoranti delle recondite doppiezze dell ' arte demiurgica : l ' ammonimento di Cavour « il Ministero non può fare l ' ufficio del giornalista » risuona a vuoto tra le costumanze facili e dogmatiche della tirannide . Pure - - qualunque sia per essere il giudizio definitivo delle esperienze inglesi ( nelle quali non cercheremmo in nessun caso dei modelli immutabili ) - - soltanto da una preparazione di costumi e di forme non provinciali potrà scaturire un movimento libertario che viva di responsabilità economica e di iniziative popolari rinunciando alle sterili ideologie di disciplina , ordine , gerarchia . Il problema italiano non è di autorità , ma di autonomia : l ' assenza di una vita libera fu attraverso i secoli l ' ostacolo fondamentale per la creazione di una classe dirigente , per il formarsi di un ' attività economica moderna e di una classe tecnica progredita ( lavoro qualificato , intraprenditori , risparmiatori ) : che dovevano essere le condizioni e le premesse di una lotta politica coraggiosa , strumento infallibile per la scelta e il rinnovamento della classe governante . Diplomazia e dilettantismo Dai nostri Comuni sono sorti gli elementi della vita economica moderna . Il Comune è un governo di classe , che insegna la vita politica attraverso le lotte civili . Il Signore , che per dominare la concorrenza commerciale e industriale dei magnati suoi rivali opporrà con calcolo astuto all ' opera della città gli interessi conservatori dell ' economia agraria e la psicologia schiavista del contadino , ha imparato nel Comune le arti dell ' uomo di Stato . Senonché accanto all ' autonomia , che ha fatto sorgere queste figure di diplomatici moderni , mentre nei secoli precedenti la diplomazia italiana era stata lo strumento inseparabile delle superiori arti pontificie , è mancata la garanzia dei movimenti autonomi . La spontaneità elementare dell ' azione in questi albori della politica doveva rimanere povera di austera passione costruttiva . Lontani dalla politica armonia di Roma i Comuni oppongono alle cattoliche gerarchie un senso arguto del particolare ; avvertono l ' agile varietà dei bisogni individuali scordando l ' abito unitario imposto dalla Chiesa per esigenze dogmatiche ; e a gara con la diplomazia ecclesiastica rivendicano i diritti delle nuove classi contro le superstrutture dell ' impero feudale . Per una sorte singolare e sfortunata i Comuni non giunsero a proporsi problemi europei se non quando il periodo della vita economica comunale stava cedendo alle nuove istituzioni dei Signori . Quando Genova e Venezia avrebbero potuto rappresentare secondo valori unitari il problema italiano , mancò la coesione della penisola e l ' interdipendenza dell ' agricoltura e dei commerci . Entro questi orizzonti la morale non poteva accordarsi con la politica , né la cultura prodursi a contatto della vita civile e nazionale . Prevalse il senso cattolico dei limiti e le idee valsero come artifici di corte . L ' agilità della cultura e l ' esercizio diplomatico impedirono ogni Riforma e tardarono l ' evoluzione politica nazionale : nel '500 si determina stabilmente la fisionomia della nostra vita economica che non si può alimentare di rigorismo etico e di ascesi organica ; non è senso di dipendenza e bisogno di limitarsi rinunciando e cercando la specializzazione , ma prolungamento eclettico della vita individuale . La morale protestante creava insieme con la libera discussione un senso di solidarietà nell ' economia del lavoro e Lutero ha qualche diritto di precursore di fronte all ' umiltà moderna del taylorismo ; invece la libertà in Italia era l ' artificio mantenuto da un tranquillo spirito di conciliazione . Le Corti , unico centro di vita intellettuale , seguivano pacificamente il modello dogmatico di Roma , sicché lo spirito critico dovette appagarsi , anche quando si trattò di un Galileo , di risonanze dilettantesche , che neanche il martirio seppe trasformare in preparazione ascetica . La nostra riforma fu Machiavelli , un teorico della politica , un isolato . I suoi concetti non trovarono uomini capaci di viverli , né un terreno sociale su cui fondarsi . È uomo moderno perché instaura una concezione dello Stato ribelle alla trascendenza e pensa un ' arte politica organizzatrice della pratica e professa una religiosità civile come spontaneità di iniziative e di economia . Storicamente l ' esperienza di Machiavelli si potrebbe definire come la Signoria più il Comune , se lo studio della romanità non avesse aggiunto alla sua osservazione un più ampio sfondo realistico e un tono di disinteresse scientifico . Veramente in lui l ' opporsi alla Chiesa fu istinto di politico mosso in qualche modo da gelosia di mestiere , non già risultato di coscienza laica e nazionale come ha voluto qualche pedante dei nostri giorni . Per le sue stesse abitudini di osservatore doveva avere il gusto dell ' etica realistica e il culto dello Stato . Invece queste complesse attitudini poterono sembrare un desiderio di contemplazione d ' arte e la serietà del suo concetto di virtù parve attenuarsi in fragili giuochi di astuzia , perché le risorse del diplomatico si mostravano in primo piano . In realtà la fama di negligenza morale che lo accompagna e l ' opinione corrente del suo dilettantismo sono prodotti dalla mancanza di consenso da parte dei suoi tempi : e gli italiani alla loro volta mancarono all ' appello perché la Corte li aveva educati al culto piccolo ­ borghese dell ' onore parassitario e ne aveva fatti degli aspiranti agli impieghi e alle sinecure . Il principe sognato da Machiavelli avrebbe trovato nel '500 gli stessi elementi e le stesse psicologie che hanno aiutato Mussolini nella sua rivoluzione piccolo ­ borghese . Gli artefici della politica non riuscivano a superare gli ostacoli opposti dai limiti di un ambiente meramente diplomatico . Due secoli dopo il Vico deve accontentarsi di risognare il mondo della praxis intuito da Machiavelli , e non trovando eco alcuna nella realtà deve rifuggire dalla politica e votarsi a una elaborazione ascetica di concetti storici . La sostanza di queste osservazioni potrebbe suggerire un equivoco che non è nei nostri intenti se alcuno volesse derivarne l ' affermazione di una necessità che in Italia si formi un movimento riformatore . Invece secondo noi sarebbe assurdo generalizzare l ' esperienza anglo ­ sassone . Si tratta piuttosto di continuare le nostre doti istintive che ci portano più naturalmente verso una Riforma ( rivoluzione ) politica che morale . Nell ' insegnamento di Machiavelli c ' è la finezza del cittadino esperto di contingenze storiche , non il programma rumoroso del contadino che proclama il libero esame e sente il bisogno di provvedere alla sua formazione spirituale in pubblico . Un ' indagine dei motivi psicologici dominanti nella storia italiana potrebbe trovare inaspettatamente il riserbo accanto alla retorica . Maturità piemontese All ' Italia indifferente fu imposta la rivoluzione da motivi esterni e da contingenze di politica europea . Solo il Piemonte , rudemente travagliato intorno a un ' esperienza disordinata di forze e di lavoro , seppe compiere la sua missione . Alla fine del settecento complesse esigenze di modernità caratterizzavano la vita sociale piemontese . La fisionomia generale della vita agricola poteva riassumersi nella lotta contro il latifondo . Veramente il governo piemontese , fondato su un ' aristocrazia , anche se moderato dal re , non perseguiva di proposito una politica favorevole allo spezzettamento della grande proprietà ; questo era il risultato singolare di due condizioni , l ' assenteismo della nobiltà , occupata negli impieghi e negli onori , e il forte peso tributario derivante dalla politica estera dispendiosa e bellicosa dello Stato Sabaudo . La classe dominante non poteva evitare , per la mancanza di industrie e commerci , che le imposte venissero a pesare sul patrimonio fondiario , anche se ne era direttamente danneggiata ; e d ' altra parte non riusciva , assorta in altre cure , a far fruttare le terre in modo da provvedere agevolmente alle esigenze del Tesoro . Così doveva formarsi , per una selezione di capacità inevitabile e connessa con le trasformazioni moderne della tecnica agricola , una nuova classe economica indipendente pronta a creare , per assolvere al suo compito , la cultura intensiva . Questa classe non fu di coloni , ma di affittuari , per la maggiore indipendenza in cui si trova l ' affittuario rispetto al padrone e per le sue attitudini a trovar denaro e spenderlo nel migliorare la cultura . Senonché una trasformazione siffatta portava con sé la miseria del lavoratore e generava il pauperismo , problema sociale sinora sconosciuto in Piemonte . Il contrasto scuoteva vivamente i conservatori e si ebbe come ripercussione delle difficoltà obbiettive un singolare rifiorimento di letteratura economica di cui furono rappresentanti il Vasco ed il Solera . Col pauperismo delle campagne si veniva manifestando il pauperismo cittadino a cui invano dai governanti si cercava di resistere coll ' opporre un protezionismo operaio al protezionismo industriale . Tutte le lusinghe della politica sociale , promossa per una vecchia astuzia del tiranno istintivamente democratico , non riuscirono a impedire l ' affermarsi delle differenze e la politica dei conservatori valse soltanto a evitare le soluzioni intransigenti mentre non erano ancora abbastanza mature . Contemporaneamente alla lotta tra aristocrazia latifondista e affittuari e tra affittuari e proletariato si venivano ponendo , per la consuetudine di uno Stato laico e di un abile governo , i problemi della vita sociale moderna , l ' antitesi tra Stato e Chiesa , i rapporti tra mentalità militare ed economica , tra educazione letteraria e educazione civile . Qui il politico trovava terreno per le sue esperienze , perché il Piemonte , Stato ­ cuscinetto tra interessi spagnuoli e interessi francesi , diventava un osservatorio sempre più notevole . ( Singolare si fa persino la cultura in questo vecchio Stato nemico della cultura : Baretti , Radicati , Denina , Botton di Castellamonte , Gerdil , gli economisti , Alfieri ) . Un esempio di psicologia , la figura del Conte Napione , ci caratterizza conclusivamente questa complessa situazione di eclettismo e di risveglio enciclopedico . Sorprendiamo in lui lo sconvolgimento portato nel valido buon senso piemontese dai compiti nuovi e raffinati di economia moderna e di politica internazionale . Il Napione riusciva a salvarsi col guardare le cose da buon diplomatico , libero da ogni crisi spirituale . È la politica quella che naturalmente separa i valori , e dove la cultura lascierebbe troppe sfumature , impone pratiche classificazioni . Le soluzioni proposte dal Napione ai problemi del suo tempo sono quelle caratteristiche del piemontese , lontano dalla metafisica e dal romanticismo : lo Stato al di sopra della religione , anche se si è buoni cattolici , la scuola politica come diplomazia e non come letteratura o strategia . Intanto la vecchia classe feudale si veniva specializzando nell ' adempimento della funzione militare . Con questa astuzia di amministratori anche i problemi più lontani si possono intuire nei loro significati attuali e resterà sempre un modello di genialità il progetto che l ' onesto e mediocre Napione presentò per una confederazione nazionale che riconoscesse a suo capo il Pontefice , ma servendo di fatto agli interessi piemontesi contro la Francia . L ' astuzia del leale servitore del Re preveniva addirittura , senza preparazione romantica e religiosa , i sogni neoguelfi . In questo movimento regionale l ' opera critica di Vittorio Alfieri compie una funzione unitaria . La sua polemica anti ­ dogmatica , l ' istinto pragmatista pronto a consacrare la validità di ogni sforzo di autonomia , la negazione della rivoluzione francese - - la quale nonostante gli entusiasmi dei nostri illuministi diventava tirannide appena trasportata in Italia - - l ' elaborazione in parte cosciente in parte indiretta dei concetti di popolo , di nazione , di libertà ; superavano i limiti del movimento piemontese , lo ricollegavano a una tradizione , determinavano il nucleo sostanziale romantico del mito rivoluzionario che doveva governare il nostro Risorgimento . Le peregrinazioni alfieriane attraverso l ' Europa , l ' insistenza della sua polemica antiregionale indicavano nella chiusa sicurezza demiurgica della vita piemontese , il ritmo di una più ampia civiltà europea . L ' invasione francese - - che per istinto di uomini di Stato non trovava tra i piemontesi gli entusiasmi che aveva sollevati nelle altre regioni del Nord - - turbando e interrompendo un processo appena iniziato impedì l ' organizzarsi di una aristocrazia che da una generica adesione agli ideali alfieriani riuscisse a un ' azione politica positiva . Anzi l ' incertezza delle contingenze genera due correnti imprecise di pensiero e di azione che sino al '21 tengono divisi gli spiriti tra ipotesi irreali . Gli aderenti al movimento rivoluzionario cercano per un lato , scimmiottando l ' enciclopedismo la loro consistenza ideale fuori delle tradizioni . D ' altra parte i governi , fiduciosi nella reazione , fermi alla rivelazione di verità promessa dall ' assolutismo vedono nei nuovi fermenti di idee anarchia e disorganicità e vi contrappongono l ' ordine del passato . Tra questi equivoci le abitudini feudali continuano a governare il paese , miste con la destrezza dei diplomatici , per i primi decenni del secolo XIX . Neoguelfismo Il primo tentativo di fondare una classe dirigente e uno Stato dopo la rivoluzione francese risale al '21 e sorge in Piemonte perché ivi il governo e le tradizioni politiche erano i primi modelli e i primi educatori ( per un ' antinomia più che per un proposito ) di esperienza politica . Il nuovo contenuto spirituale venne alla rivoluzione dall ' affermarsi di un romanticismo idealistico che respingeva i sistemi sensisti e intellettualisti , propugnava i valori storici e vi fondava i concetti di tradizione nazionale , di realismo politico , di progresso e di svolgimento storico continuo . Questo nucleo romantico di pensiero si era formato in Piemonte durante la dominazione napoleonica . Il misogallismo imparato da Alfieri si sviluppa nell ' affermazione del concetto di indipendenza e determina , oltre le limitazioni del pensiero alfieriano , una violenta polemica anti ­ sensista , che significa ritorno alle tradizioni e indipendenza dall ' imitazione dei francesi . La scuola di Alfieri libertario doveva nello stesso tempo condurre a ripensare il concetto di libertà . Il vizio dello spiritualismo romantico rimaneva nei limiti posti dalla tradizione cattolica e nell ' esigenza dell ' ortodossismo , implicita in un sistema fondato sul principio della teocrazia e della trascendenza . Perciò il nostro romanticismo , mentre traeva vantaggio dall ' agilità politica dello spirito cattolico , non riusciva alla esplicazione matura del proprio vigore intimo e non poté raggiungere la vitalità del romanticismo tedesco . Dopo l ' Alfieri una coscienza dei compiti intellettuali che spettano all ' Italia moderna per fuggire un passato provinciale si trova in Luigi Ornato , che elaborò il suo spiritualismo prescindendo da ogni teoria cattolica e rivolgendosi piuttosto a un cristianesimo platoneggiante capace di rispondere ai nuovi bisogni religiosi e morali , senza soffocarli in un duro schema . Il misticismo ornatiano culminando nel concetto di libertà santificava ogni ardore dello spirito e faceva sentire l ' importanza laica di una vita religiosa che si chiarisse e risolvesse come vita morale e filosofica . Ma già nel Santarosa la coscienza libertaria dell ' Ornato si affievoliva in uno spiritualismo dogmatico e dualistico e l ' espressione dell ' esigenza religiosa si confondeva nell ' ossequio alla Chiesa . Né è meraviglia poiché il cristianesimo , iniziale impulso di sentimento , momento ideale naturalmente anarchico , eretico , atto che tende a non , esaurirsi in un fatto , affermazione di spiritualità contro tutte le determinazioni perfette , non può avere vita ideale né compimento nella realtà se non sostituisce alla purezza astratta dell ' aspirazione l ' ordine solido della praticità . Le correnti religiose romantiche non avendo avuto la forza di creare attraverso il primo impulso cristiano una riforma religiosa , dovettero necessariamente venire assorbite dal cattolicismo . Il culto romantico della storia diede un fondamento di tradizione a questi ritorni cattolici . Le risonanze eretiche del pensiero di Luigi Ornato venivano contenute dalla moderazione dei conservatori . Il liberalismo diventò termine inseparabile dal cattolicismo . La teocrazia riusciva con le armi stesse dei liberali , col loro spiritualismo e con la loro fede , a stroncare ogni moto che mettesse in discussione il passato . Per un ' eredità storica il primo movimento democratico diventa un ' arma dei conservatori . Il neo ­ guelfismo era un risultato di conciliazione necessario per un popolo che trovava nella diplomazia tutti i suoi vizi e tutte le sue virtù . Non cadremo nell ' errore degli studiosi moderni che sono andati ricercando i significati della storia italiana secondo mere dialettiche di concetti . La politica è un ' arte degli imprevisti e la sua razionalità non segue la logica dell ' intellettualismo . Constatando dunque l ' immaturità ideale dell ' Italia del Risorgimento , o la mancata partecipazione popolare , non si vuol fare un processo alla cultura o agli uomini , ma un semplice calcolo di forze : i fermenti d ' idee liberano infatti il mondo dell ' azione dai pericoli dogmatici e reazionari lasciando libero l ' uomo di Stato ai suoi compromessi e alle sue astuzie . L ' espediente del neo ­ guelfismo si risolveva invece in un pericolo di equivoci e di debolezze . Distrutta la giovane aristocrazia del '21 , la classe dominante che rimane è tuttavia lo strumento di un governo reazionario e l ' espressione passiva dei risultati promossi dalla Santa Alleanza . Il '48 dopo una preparazione febbrile interrotta dalla coincidenza di moti stranieri più maturi è nient ' altro che un '21 divulgato con Gioberti tribuno . Tutta l ' educazione cattolica di Gioberti e la chiusa volontà dogmatica affiorano nel suo equivoco pensiero democratico . Il neo ­ guelfismo e il cattolicismo liberale respingono ogni proposito di aperta discussione e di libera iniziativa suggeriti dal liberalismo . L ' ossequio alla Chiesa indebolisce le volontà che dovrebbero produrre il nuovo Stato . Il pensiero ufficiale di questo attenuato liberalismo , fuori delle apocalittiche sintesi giobertiane , capaci di promuovere entusiasmi ma non suscitatrici di esperienze realistiche , scorge nello Stato e nella Chiesa un dualismo di corpo e spirito , spoglia la funzione dello Stato da ogni significato moderno e la intende come mera amministrazione . lasciando la cura delle anime alla Chiesa . La dominante psicologia libertaria di questi anni poteva accettare per mera inerzia una forza tradizionale come la Chiesa , ma si dimostrava inesperta e immatura a fondare il nuovo Stato ; e , poiché la storia nella sua dialettica europea superava le contingenti volontà delle moltitudini italiane , si accettò l ' ossatura esterna , il meccanismo dello Stato liberale senza vivificarlo dall ' interno . Restava così un nome senza soggetto . Ma la coscienza pratica di questa immaturità si avverte nelle polemiche agitatesi durante il Risorgimento a proposito del problema scolastico . L ' opera del governo , la sola forza di cui si fosse tenuto conto in terra di politici e di politicanti , si rivelava insufficiente finché la materia faceva contrasto con la forma invano imposta . L ' educazione popolare parve allora il solo strumento di formazione civile . Prima di esercitare le sue funzioni di garanzia e di difesa , il nuovo Stato doveva creare gli elementi capaci di suscitare e arricchire la lotta politica . Di qui il dissidio implicito nel nostro liberalismo che non si può accontentare di esprimere il risultato della dialettica delle forze politiche , ma deve rinunciare alla libertà per imporre un elemento al disopra degli altri . Il governo erede del cattolicismo ha conservato una funzione etica astratta di egualitarismo democratico . Il Risorgimento anteponeva democrazia a liberalismo per continuare le patriarcali tradizioni teocratiche . Senonché , sostituendosi il cattolicismo liberale al neo ­ guelfismo , penetrava nel mito democratico un elemento moderno : il governo indulse al cattolicismo soltanto per indulgere al popolo e per potersi assumere senza contrasti la funzione provvisoria di educatore . La legge Casati imponendo allo Stato il compito di vincere l ' analfabetismo costituiva una violenta sovrapposizione di un principio trascendente all ' iniziativa che nasce dal basso , ma poneva le premesse per far superare al popolo la malattia feudale . Così s ' erano incontrati ancora una volta , nel problema della scuola , conservatori e rivoluzionari . Un decennio di attività pedagogica valse a creare in Piemonte una classe media , che fu la classe patriottica e s ' inserì come forza di conservazione e di moderazione proprio al centro del dissidio tra popolazione agricola e manifatturiera . Critica repubblicana Il neo ­ guelfismo era stato almeno il pensiero istintivo degli italiani cattolici e poté risolversi infine in un eccellente strumento di propaganda nazionale . Invece le metafisiche del mazzinianismo e del socialismo di Ferrari ebbero il torto di nascere come dottrine derivate dagli stranieri , repugnanti al gusto e alla possibilità degli spiriti italiani , lontani dal gioco e dall ' equilibrio preciso delle forze . Mazzini e Ferrari riuscirono a trovar eco soltanto nell ' ambiente artificioso delle eresie e degli esuli tra i quali la loro funzione di avanguardia ritenne sempre un significato romantico e nebuloso . Le loro dottrine si ridussero a due confusi edifici teocratici che attingevano motivi episodici e sviluppi parziali dai variopinti movimenti d ' idee nati in Europa dopo l ' Enciclopedia . I motivi intellettualisti di Ferrari , gli elementi mistici di Mazzini riducevano in conclusione i due sogni a una riforma religiosa attenuata che doveva restare impopolare in un ambiente estraneo . La disperazione eroica di Mazzini poi sorgeva dalle nobili delusioni di un ottimista che aveva creduto di far la rivoluzione con la propaganda . Di fronte a queste ideologie che risuscitavano la pratica delle congiure e degli sdegni letterari il liberalismo sabaudo aveva almeno il merito di offrire dei quadri sicuri e pronti per la politica estera della rivoluzione . Il motivo vitale del federalismo si ebbe nella critica di Carlo Cattaneo , il solo realista tra tanti romantici e teorici . La fisionomia speculativa del Cattaneo si rivela tutta in una professione di cultura : né dal sensismo , né dal razionalismo si può dedurre un concetto dell ' attività umana ; per la drammaticità della storia egli rinuncia agli schemi più semplici come ai più complicati messi in uso dal Risorgimento . L ' impopolarità di Cattaneo derivava necessariamente dallo spirito della sua polemica che constatava il tramonto del razionalismo e delle discussioni tra classici e romantici e rimaneva estraneo al neo ­ guelfismo , ultimo tentativo messo in opera dall ' esasperazione romantica . La sua filosofia è la prova che l ' originalità speculativa italiana si suole affermare , dopo le parentesi di misticismo , nel riconoscimento dei più gelosi valori della personalità . La sua finezza ci è attestata dall ' atteggiamento anti ­ romantico , libero da ogni peccato di sensismo ; il suo rigorismo morale dall ' opposizione inesorabile contro i demagogismi unitari e le illusioni patriottiche . Se la forza dinamica del suo pensiero è stata nel secolo scorso meno esuberante di quella del Mazzini , il suo spirito ci appare ora meno indeterminato e meno vaporoso , la sua figura è più ricca di insegnamenti , la sua eresia politica può presentarsi ancora come un programma , i suoi scritti non sono diventati illeggibili come i Doveri dell ' uomo . Guardò al passato senza atteggiarsi a profeta , capì senza l ' enfasi dell ' apostolo che il fondare uno Stato non era impresa da letterati entusiasti , cercò nelle tradizioni un linguaggio di serietà , un ammaestramento di cautela . Gli italiani erano usi a parlare di libertà come di cosa da dimostrazione : Cattaneo offrì l ' esempio di un pensiero che si identificava tutto con la libertà e l ' autonomia e ne raccoglieva organicamente le esigenze senza farne risquillare ad ogni istante con ingenua retorica la parola . Invece per certi spiriti non giova che il tamburo . La libertà di Cattaneo si esprimeva come realismo in etica , come impulso alla produzione e alle iniziative in economia , come creatività liberale in politica , come valorizzazione dell ' esperienza in filosofia , come culto classico dei valori formali e della tradizione liberatrice in arte . Per queste caratteristiche di misura che sono il segreto della sua vitalità gli toccarono in sorte i compiti di critica più ardui e più ingrati , che gli servirono poi di disciplina e di temperamento . Dovette starsi contento della solitudine e della impopolarità e sembrare retore del pessimismo come Mazzini : diedero a lui , realista e uomo positivo , un ufficio di Cassandra . La sua opera resta un esempio di critica interna dello sviluppo dialettico del nostro Risorgimento , per il quale egli fu il solo , dopo Cavour , a postulare una preparazione economica . Visti in questa luce , i suoi motivi anti ­ unitari , ancora validi , appaiono l ' equilibrata antitesi dell ' illusione patriottica di risolvere con l ' unità tutti i problemi popolari , e il suo regionalismo è sopratutto un problema di stile e di misura . Rivoluzione liberale In mezzo a questi fermenti inespressi l ' unità italiana doveva venire dall ' iniziativa del dispotismo . Fu gran ventura per un popolo che non sapeva distinguere tra Cattaneo e il giobertismo , che si trovasse a guidarlo Cavour , il Cattaneo della diplomazia , che seppe evitare l ' isterilirsi della rivoluzione in una tirannide . Il dissidio tra Cavour e Vittorio Emanuele II , re mediocre e negato alla comprensione dei tempi , fu la vera Provvidenza dell ' unità italiana . Il ministro piemontese sovrasta ai suoi contemporanei perché guarda gli stessi problemi con l ' occhio dell ' uomo di Stato . Tuttavia la sua figura è qualcosa di più che un esempio della coscienza di un governatore quale poteva essere offerto dai ministri del '700 . Genio e costanza non insegnavano a governare l ' Italia delle sette e della reazione clericale . La singolare virtù di Cavour è piuttosto nella franchezza della sua astuzia . Egli era il diplomatico che sapeva parlare alle folle e , pur senza mendicarne il favore , non avrebbe mai arrestato o attenuato la forza che proviene dall ' entusiasmo di un popolo . Dominanti i costumi della demagogia e della teocrazia , Cavour ha saputo incominciare il processo moderno di una rivoluzione liberale , pur disponendo soltanto di un esercito e di una dinastia . Educatore e diplornatico , ha trovato l ' adesione del popolo senza corromperlo . Paragonato con gli uomini politici che lo seguirono , tranne Sella , appare di un ' altra razza : per Depretis e per lo stesso Giolitti , che pure ha mente di uomo di Stato , il giusto termine di paragone non è Cavour , ma Rattazzi , modello di equilibrismo , di equivoco e di demagogia . Invece il possibilismo di Cavour , pur non indulgendo a professioni di fede o a programmi , non comprometteva il futuro . Seppe disarmare il radicalismo col connubio con Rattazzi , che era più una vittoria che un ' alleanza e frenò il clericalismo con una politica ecclesiastica ferma , ma moderata e non demagogica . La libertà economica fu il perno educativo su cui egli impostò la sua azione popolare . Perché la rivoluzione trionfasse contro la reazione bisognava che sulla libertà si venisse fondando la vita privata e pubblica ; combattendo il protezionismo egli apriva il Piemonte a una diretta comunicazione con l ' attività economica europea e creava un movimento di attività e di iniziative che permise allo Stato di affrontare venti anni di politica avventurosa . Il liberismo di Cavour mirava a far entrare nella vita nazionale nuove forze operose : senza giungere alle pratiche corruttrici della politica di beneficenza il suo filantropismo s ' opponeva apertamente all ' indifferenza dei governanti per le classi inferiori . Mentre creava nella vita popolare le condizioni obbiettive per una rinascita moderna fondata sugli imperativi dell ' economia e non sui sogni della religione , il liberalismo di Cavour era lo strumento fondamentale della sua politica estera . Con una tradizione secolare di diplomatici troppo astuti , costretti a far conto soltanto sulla propria dignità personale perché non sorretti dal sentimento della nazione , gli italiani erano diventati estranei alla politica europea , perché non le offrivano alcuna garanzia e non potevano fondarsi su esigenze reali e su virtù positive per partecipare all ' equilibrio internazionale . Cavour seppe dare all ' Europa l ' esempio di una pratica di governo dignitosamente liberale , capace di mantenere i propri impegni e di conquistare la fiducia del paese . Di fronte all ' Austria egli mostrava la possibilità di un governo nazionale che non aveva bisogno di ricorrere allo stato d ' assedio . Ma il capolavoro di Cavour - - bisogna riconoscerlo , dopo tanti fraintendimenti - - fu la politica ecclesiastica . Egli comprese la vanità di ogni lotta contro il cattolicismo in un paese cattolico e la necessità di combattere la Chiesa non su un terreno dogmatico , ma sul problema formale della libertà di coscienza . Intesa secondo questi principi , la formula Libera Chiesa in libero Stato non è più un ' ambigua trovata di filosofia del diritto , ma un ' astuzia di politica internazionale e la prova delle virtù diplomatiche e della maturità costituzionale del nuovo Stato . Lasciando ai tribuni e ai capi della lotta politica il compito di combattere il dogmatismo e riservando alla cultura libera la funzione di elaborare le nuove ideologie , Cavour obbligava i paladini di una verità medioevale ad accettare per la lotta una pregiudiziale moderna . Il suo ossequio per la Chiesa poi provava soltanto il suo senso di misura e la sua profonda convinzione che l ' autonomia di un popolo moderno non potesse fondarsi su una demagogica propaganda anticlericale . Non si poteva andare oltre il cattolicismo se si dimenticava la tradizione cattolica . Confrontata con i complessi motivi dell ' opera promossa dallo statista appare aridamente dogmatica la critica opposta alla formula cavouriana dagli hegeliani teorici d ' intolleranza e , ancor più pedantemente , dal Vera . G . M . Bertini fu tra i critici della politica ecclesiastica cavouriana il solo che toccò con misura i motivi più delicati e difficili postulando la necessità di una polemica inesorabile contro i residui di assolutismo inerenti in qualsiasi politica ispirata dalla Chiesa . Senonché questi motivi di pensiero del Bertini ripresi poi dagli Spaventa e dalla Destra hegeliana erano validi per prevenire ogni rinascita di un equivoco neo ­ guelfo nella lotta d ' idee e nella cultura nazionale , non potevano ispirare una politica di Stato che deve tenere conto del Vaticano come di un elemento della vita diplomatica internazionale . In realtà l ' opera di Cavour era l ' opposizione più vigorosa ad ogni influenza neoguelfa ; la sua politica era assai più astuta di quella che gli potesse esser suggerita da una qualunque ideologia immanentista perché sconfiggeva l ' assolutismo con risorse completamente realistiche . Sotto l ' amministratore c ' era anche qui il politico che aveva risolto modernamente i più difficili problemi dello spirito . Socialismo di Stato Dei risultati liberali raggiunti dalla rivoluzione unitaria soltanto Cavour tra gli uomini del suo tempo aveva avuto completa coscienza . Morto il ministro piemontese restava viva una situazione storica , ma la rivoluzione veniva a trovarsi senza contenuto e senza guida . Il problema di Cattaneo ridiventava dominante . Le nuove avventure di politica estera s ' imponevano alla nazione senza che il ritmo della vita economica vi corrispondesse . Le classi medie avevano conquistato il governo senza istituire rapporti di comunicazione con le altre classi . Dopo il '70 , su 27 milioni di abitanti gli elettori politici inscritti nelle liste erano mezzo milione . La povertà dell ' economia generale generava una situazione di parassitismo : il regime dominante si poteva considerare come una casta di impiegati interessata , per conservare i privilegi , ad impedire ogni partecipazione popolare . L ' eredità del Regno di Napoli pesava sul nuovo Stato , aumentando la corruzione e creando contro la vita agricola naturale una superstruttura di parassitarismo burocratico ed elettorale . Non ci stupiremo che la lotta politica si confondesse in una caccia all ' impiego . Per tali premesse il governo italiano doveva naturalmente essere un socialismo di Stato . Ma mentre Lassalle , per un calcolo di contingenze realistiche , conduce a Marx , in Italia i termini del processo sono Rattazzi e Mazzini . Mazzini e Marx ( ove si prescinda dalle espressioni sentimentali che trovano i loro miti e dall ' antitesi di stile e di psicologia che li separa : Mazzini , romantico , vaporoso , impreciso ; Marx chiaro , inesorabile , realista ) pongono in due ambienti diversi le premesse rivoluzionarie della nuova società e , attraverso i concetti di missione nazionale e di lotta di classe , affermano un principio volontaristico che riconduce la funzione dello Stato alle libere attività popolari risultanti da un processo di individuale differenziazione . In questo senso Mazzini e Marx sono liberali . Tuttavia Marx parla al popolo un linguaggio che può essere inteso perché si fonda sulle esigenze prime che caratterizzano la vita sociale , Mazzini resta in un apostolato generico e retorico , sospeso nel vuoto dell ' ideologia , perché non potendo rivolgersi all ' uomo dell ' industria e dell ' officina parla a un popolo di spostati , di disoccupati , di ufficiali pubblici . Siffatte condizioni obbiettive non possono promuovere un movimento liberale , ma generano quasi per istinto lo sfruttamento utilitario delle etiche solidaristiche e socialiste . Perciò dal '50 al '914 l ' eredità cattolica e la disgregazione sociale , addirittura terribile nel Sud , costringono in Italia il nuovo organismo statale ad affermarsi secondo un ' astratta funzione di moralità che corrompe i principi liberisti in una concezione democratica di stanca grettezza utilitaria . Il riformismo italiano non è stato inventato dai nostri socialisti , ma si è affacciato naturalmente con le prime discussioni sulla scuola popolare per poter dare un senso alla lotta contro i Gesuiti . Vincenzo Gioberti e Domenico Berti ne sono i padri legittimi . L ' evoluzione sociale dell ' Italia dopo il '60 , essendo stato introdotto nella vita della penisola un nuovo elemento di riorganizzazione economica , vien sostituendo al socialismo di Stato che aveva promosso la legislazione scolastica un più franco riformismo economico . La ricostruzione scolastica , tentata come rivoluzione morale , aveva potuto creare un embrione di classe dirigente ma si era dimostrata incapace di un ' espressione politica che valorizzasse le forze individuali . Il primo momento dell ' organizzazione nelle coscienze popolari doveva essere infatti un momento per eccellenza economico , affermazione elementare di autonomia e di libertà . Purtroppo nei costumi della vita italiana questo tenue risveglio economico doveva confondersi in una caccia al privilegio : le prime aristocrazie operaie , invece di mantenere le loro posizioni di intransigenza , invocano borghesemente la protezione della legislazione sociale , come le timide iniziative industriali chiedono l ' appoggio del protezionismo doganale e delle sovvenzioni governative . L ' opera della sinistra come riformismo economico era dunque il coronamento logico della nostra impotenza rivoluzionaria . Era il risultato dialettico di due forze arretrate incapaci di esplicarsi : la teocrazia si continuava nella democrazia e nel riformismo , le tradizioni diplomatiche si riducevano a opportunismo di amministratori . L ' istinto della conciliazione trasformava l ' equivoco iniziale di Chiesa e Stato in equivoco di governo e popolo . L ' ideale del governo è una monarchia paterna dispensatrice di privilegi . Ma per l ' eredità della rivoluzione non riuscita il movimento riformista italiano ( come poi il partito socialista ) non può crescere nei quadri di uno Stato a cui il popolo non crede perché non l ' ha creato con il suo sangue . Il socialismo prussiano coincide nel suo valore etico di liberazione popolare con il significato dello Stato , rappresenta la continuazione dello spirito di solidarietà della Riforma , è figlio dell ' ascesi religiosa , e si misura secondo il realizzarsi dell ' idea statale nella coscienza dei cittadini . La lotta pratica s ' è ridotta nei termini dell ' economia perché un principio comune è coessenziale agli spiriti e dal processo economico trae esso stesso sviluppo : la rivoluzione unitaria in Germania è stata popolare e morale . In Italia una tradizione che non è coscientemente liberale , ma istintivamente individualista , si oppone alla vitalità di ogni sistema che ignori la libera iniziativa e attribuisca allo Stato un ' attività distinta dall ' attività dei cittadini . Il socialismo di Stato si rivela dunque come un momento effimero , come una transazione che bisogna superare . Una volta venuti sul terreno della legislazione sociale la politica diventa un perpetuo ricatto in cui a eterne concessioni fanno eco eterne richieste senza che s ' introduca nella lotta politica un principio di responsabilità . Lo Stato viene corroso dal dissidio tra governo e popolo : un governo senza autorità e senza autonomia perché astratto dalle condizioni economiche effettive e fondato sul compromesso ; un popolo educato al materialismo , in perenne atteggiamento anarchico di fronte all ' organizzazione sociale . Né la Destra , né la Sinistra riuscirono a sottrarsi a questa necessità di protezionismo demagogico : Sella che seguì in tono minore costumi cavouriani fu l ' uomo più impopolare nel paese . Il nuovo Stato , impegnato sino al '70 in una politica estera prefissa , si trovava privo di risorse finanziarie , con una generazione di patriotti da compensare con la beneficenza pubblica e con gli impieghi , con uno spirito inconcludente di irrequietismo garibaldino da fronteggiare . Parve che ogni fortuna avvenire sarebbe stata compromessa se non si tenesse vivo lo stato d ' animo di tensione e di aspettazione in cui si prolungava l ' entusiasmo degli anni precedenti : e si nascosero le verità della politica finanziaria , si ostentò uno sfarzo , pur necessario , di opere pubbliche . La Destra , demagogica e anticonservatrice come la Sinistra , partecipe delle stesse illusioni radicali , divenne una consorteria . Il trasformismo di Depretis fu l ' espressione più evidente di un ' Italia che si pasceva di conciliazioni e di unanimità e non riusciva ad affrontare i terribili doveri della fondazione dello Stato . La Sinistra si rendeva anche eco di una caratteristica situazione meridionale : per essa il problema dell ' unità veniva posto la prima volta nei suoi termini sconfortanti di politica tributaria e di opere pubbliche . Solo una pronta risoluzione del problema elettorale e del problema burocratico avrebbe potuto porre rimedio a questa situazione parassitaria : ma non si osava discorrere di autonomie regionali per non compromettere l ' unità e si voleva mantenere il diritto elettorale a una ristretta oligarchia quasi per premiare la minoranza che aveva preparata l ' unità e non complicare il problema dello Stato con l ' intervento di nuove masse popolari , sinora neglette e ignorate . Così non si riusciva a consolidare una vera e propria situazione intelligentemente conservatrice che desse il suo tono alla vita nazionale e disciplinasse il sorgere delle nuove ideologie rivoluzionarie che avrebbero affrontato le responsabilità future . Sonnino e Franchetti invocarono invano l ' allargamento del suffragio ; Stefano Jacini , la mente più lucida della politica italiana dopo Cavour e Sella , veniva accusato di clericalismo quando proclamava questa esigenza di un partito conservatore e ne tracciava il programma con precisione critica esemplare . Quando gli italiani furono stanchi delle astuzie e delle lusinghe di Depretis si abbandonarono alle facili seduzioni della megalomania di Crispi , e nel fallimento africano tutta la nazione fu compromessa . Comunque suonino le tardive riabilitazioni , Adua segna l ' estrema condanna di una facile mentalità romantica e rappresenta la critica preventiva di ogni ideologia nazionalista , destinata a sorgere in Italia con la mentalità dell ' avventura e la preparazione spirituale parassitaria della piccola borghesia : l ' imperialismo è un ' ingenuità quando restano da risolvere i problemi elementari dell ' esistenza . Al principio del secolo XX la politica italiana deve culminare necessariamente nel giolittismo , dopo una parentesi reazionaria che basta per corrompere il programma e lo spirito del nascente partito socialista e per dimostrare i pericoli a cui la libertà in Italia si trova continuamente esposta . Con Giolitti la ripresa dei metodi di governo di Depretis ha una serietà nuova . L ' intuizione storica con cui si apre l ' azione del piemontese è addirittura geniale per la sua aderenza alla precisa situazione del paese : l ' uomo di Stato riconosce il suo compito nel creare un ' atmosfera di tolleranza nei conflitti sociali che si annunciano , in modo da non compromettere la lenta formazione di ricchezza e di mentalità economica moderna , attraverso cui il popolo italiano s ' appresta a riparare alla sua inferiorità storica . L ' Italia deve a Giolitti dieci anni di pace sociale e di onesta amministrazione ; se anche egli sbagliò la misura nell ' indulgenza alla demagogia , nelle pose dittatorie e nell ' incostanza della schermaglia parlamentare , se fu inferiore a se stesso nell ' avventura libica e di fronte alla guerra europea , resta l ' uomo più caratteristico della situazione . La guerra europea ci coglie in piena crisi unitaria ed interrompe l ' ascesi di ordinaria amministrazione e di serietà economica a cui il giolittismo ci aveva iniziati . È la prova di maturità che l ' Italia deve superare in contatto con l ' Europa . Lo spirito della guerra fu infatti popolare e severo , segnò per i contadini del Mezzogiorno la prima prova di vita unitaria ; il sacrificio fu tanto più eroico quanto più parve umile ed anonimo . Senonché s ' inseriva nella guerra , a limitarla e a deformarla nei suoi effetti educativi , lo spirito dell ' interventismo che risuscitava la retorica garibaldina senza farne rinascere la generosità . La guerra nazionalista combattuta con lo spirito delle leghe d ' azione antitedesca e dei comitati di salute pubblica era la guerra impopolare ed oligarchica che tornò a separare il paese tra una minoranza plutocratica e avventuriera e una massa di lavoratori non ancora differenziata . La crisi economica che ne seguì e le disparità psicologiche generate dal privilegio appaiono allo storico come la spiegazione preventiva del fascismo che rappresenta l ' ultima rivincita dell ' oligarchia patriottica , cortigiana e piccolo ­ borghese che governa l ' Italia da molti secoli , soffocando ogni iniziativa popolare . Una rivoluzione mancata La storia del dopo ­ guerra in Italia appare all ' osservatore sereno come l ' annuncio della lotta politica e la preparazione di un esercizio effettivo di libertà . La guerra civile mettendo a cimento tutti i partiti e tutte le forze costituiva l ' espressione più intensa delle nuove volontà . Senonché a questi fermenti e a queste speranze mancarono le energie direttrici , le aristocrazie capaci di interpretarli e di rafforzarli . Sopravvissero le vecchie élites e le nuove ne riprodussero l ' impreparazione fondandosi su una grossolana esperienza guerresca e su inquietudini messianiche . L ' influenza dei due gruppi dell ' Unità e di Volontà , privi di attitudini alla politica militante , non bastò a redimere la politica dei combattenti . Né i vecchi partiti potevano intendere e dare espressione ai bisogni nuovi , sì che furono inariditi da un insuperabile dissidio tra la loro opera di interpretazione del reale e la loro praxis . Per quattro anni la lotta politica non riuscì a dare la misura della lotta sociale . Il liberalismo perdette la sua efficacia perché si dimostrò incapace di intendere il problema dell ' unità . Il clericalismo dopo aver cantato le esequie all ' idea liberale si spense nel partito che persegue attraverso una praxis democratica un risultato di conservazione . Il socialismo , che nascondeva elementi per riuscire l ' idea dell ' avvenire , rivelò la povertà delle sue attitudini nel momento della realizzazione , ed espresse in Turati la sua impotenza di partito di governo . Accettò l ' eredità di una corrotta democrazia invece di mantenersi coerente a una logica rivoluzionaria . Rivoluzionari furono in Italia solo quei comunisti che agitando il mito di Lenin videro nella rivoluzione il cimento della capacità politica delle classi lavoratrici e della loro attitudine a creare lo Stato . Ma neanche il marxismo che aveva animato le masse seppe far nascere i capi . Il movimento operaio è stato tuttavia dopo la guerra il primo movimento laico d ' Italia , capace di recare alla sua ultima logica il significato rivoluzionario moderno dello Stato e di concludere in una nuova etica e in una nuova religiosità la lotta contro le morte fedi . Mancò la comprensione del valore nazionale rappresentato da questo movimento operaio rivoluzionario . Mancarono i dirigenti alla loro funzione , per paura e vanità insieme del governare . La politica unitaria di Serrati , da cui dipesero a un certo punto le sorti della rivoluzione , si dimostrò un giolittismo diseducatore , privo dell ' abilità di Giolitti e impreparato a dominare le situazioni con serenità fiduciosa . Solo la lotta può condurre alla coesione e alla disciplina . La funzione unitaria è assolta in ogni caso dal governo : per lui l ' astenersi è l ' essenza della moralità . Nel pensiero di Serrati si confusero le opposte aspirazioni di contadini e operai prima di riconoscersi . Invece perché la lotta politica abbia il suo ritmo di responsabilità bisogna che le affermazioni procedano autonome dal basso , quasi secondo una legge di separatismo . La conciliazione è un risultato sempre nuovo della lotta : affermarla a priori significa annientare i liberi sforzi mentre sorgono . E i rivoluzionari instauravano infatti una pratica reazionaria . Liberismo e operai C ' era implicita nel movimento socialista , fuori degli astratti programmi di socializzazione , la possibilità di una nuova economia che risolvesse finalmente l ' antinorma insolubile della politica economica italiana : protezionismo ­ liberismo . Il consiglio di fabbrica poteva essere il punto di partenza di un ' economia nuova . Il liberismo ha dominato in Piemonte e in Toscana , come Organizzazione economica di un ' agricoltura fondata sulla piccola proprietà e sulla mezzadria . Deve dimostrare nella vita moderna la sua validità adattandosi alle esigenze dell ' industria , la quale sta creando naturalmente un ' economia della fabbrica , fondata su rigida disciplina interna dei rapporti tra industriali e operai . Ma nulla esclude che anche l ' industria si svolga liberisticamente dal punto di vista dello scambio , se si vincerà lo spirito dilettantesco e parassitario dell ' industrialismo italiano rivolgendolo alla sua funzione naturale che è l ' industrializzazione dell ' economia agraria . Un esame di coscienza severo ci convincerebbe che la nostra politica economica fu sviata , prima che dalla mancanza di capitali mobili , dalla permanenza del dazio sul grano , il quale sottraeva all ' agricoltura ogni volontà di lotta , le impediva le necessarie comunicazioni con lo sviluppo dell ' industria e non le concedeva di conquistare il suo posto nei mercati mondiali seguendo la logica delle sue attitudini alla specializzazione . Solo per questi errori iniziali veniva alimentata tra i capitalisti del Nord la psicosi dell ' avventura megalomane e del mimetismo internazionale che ora è difficile estirpare perché si sono venute formando intorno correnti artificiose di interessi . Un movimento operaio intransigente contro tutti i riformismi potrebbe segnare l ' inizio della revisione e offrire i quadri per la lotta inevitabile . Gli appelli dei liberisti ai consumatori e ai contadini cadranno a vuoto come caddero nel passato . Il concetto stesso di consumatore è un mero elemento di calcolo , e psicologicamente corrisponde allo spirito piccolo ­ borghese . Ora le classi medie che dominano nell ' Italia moderna non hanno mai mostrato alcuna attitudine all ' eroicità e al sacrificio politico : sono da un lato i delusi dell ' aspirazione al capitalismo , falliti per la loro gretta insufficienza , dall ' altro le pseudo ­ aristocrazie operaie esaurite nello sforzo di imborghesirsi . I contadini sono condannati dalla storia ad una funzione conservatrice ; un ' iniziativa politica che movesse dalle campagne sboccherebbe in un tumulto reazionario per l ' impreparazione dei costumi e l ' assenza di attitudini specifiche alla lotta politica : del resto non importa che i contadini si elevino per operare quando la loro funzione singolare è di conservare nel loro spirito di quiete e di rassegnazione le energie del futuro , destinate a esaurirsi rapidamente colla selezione dell ' inurbanamento . Ora è nostra ferma convinzione che l ' ardore e lo spirito di iniziativa che condussero gli operai all ' occupazione delle fabbriche non possano considerarsi spenti per sempre : né le lusinghe della legislazione sociale e del collaborazionismo parassitario instaurato dai fascisti addormenteranno insidiosamente la sola forza viva su cui si possa contare per il futuro . In sede di cultura politica il nostro compito è di preparare a queste idee centrali le nuove classi dirigenti . Confessando una speranza , concluderemo che il nuovo liberismo deve coincidere in Italia con la rivoluzione operaia per offrire le prime garanzie e le prime forze di uno sviluppo autonomo delle iniziative . L ' Italia diventerà moderna rimanendo un paese prevalentemente agricolo : ma la nostra agricoltura povera ed arretrata deve alimentare per prendere consistenza una serie di iniziative industriali aderenti ai suoi bisogni , deve essa stessa , come presentì Stefano Jacini nell ' Inchiesta agraria , divenire industriale . La rinascita moderna della nostra economia incomincierà allora con la volontà di azione delle avanguardie industriali ( operai e intraprenditori ) del Nord che sapranno offrire una soluzione unitaria del problema meridionale e liberarci dal politicantismo parassitario che fu durante 60 anni il solo effetto dell ' unità . LIBRO SECONDO LA LOTTA POLITICA IN ITALIA I Liberali e democratici Concetto e sviluppi del liberalismo in Italia Si potrebbe cercare , senza intenzione riposta d ' arguzia , la più grave deficenza del liberalismo italiano nella lunga mancanza di un partito politico francamente conservatore . Senza conservatori e senza rivoluzionari , l ' Italia è diventata la patria naturale del costume demagogico . Di fronte al pericolo del clericalismo , ora reale , ora immaginato da fantasie garibaldine , anche i retrivi si sono ridotti ad amoreggiare col radicalismo . Prima dell ' assunzione della Sinistra al potere la lotta per l ' indipendenza nazionale e il difficile problema del risanamento finanziario contrastavano ogni serio proposito di preparare le condizioni favorevoli alla lotta politica . La Destra era un governo di conciliazione e di concentrazione nazionale , e La Farina con la sua lega politica non si mostrava pìù timido del Partito d ' azione di fronte alle riforme radicali . Invece dopo il '70 la pratica unanime di questo radicalismo nazionalista si convertiva in un germe di dissoluzione per i nostri costumi politici . « Il conservatorismo - - secondo il pensiero del Bluntschli - - ha il suo ufficio naturale dopo una rivoluzione e dopo una trasformazione politica di un popolo , quando si tratta di mantenere i risultati raggiunti e impedire che trasmodino » . Ora di questo pensiero soltanto Stefano Jacini si faceva eco e interprete per la situazione italiana . « Conservantismo e liberalismo , quando coesistano in permanenza nel seno di un corpo politico , l ' uno di fronte all ' altro , formano insieme le condizioni necessarie della sua salute normale ; e sono destinati , nell ' interesse del progresso civile , a prevalere alternativamente ; questo quando occorre dar mano ad un lavoro indefesso di riforme ; quello quando occorre riparare le forze che , per effetto del lavoro , si sogliono logorare , ciascuno sorvegliando l ' altro e impedendogli di trasmodare ... » . « ... L ' unità d ' Italia , la legittimità della casa regnante , lo statuto vigente , essendo i tre fondamenti dello Stato , un conservatore italiano , affinché sia lecito designarlo con questa denominazione non può ammetterne neppure la discussione . Eccettuati questi tre punti , i quali del resto , pel carattere loro generale , si adatterebbero e alla massima espansione di libertà praticabile nel mondo moderno e al più vigoroso potere esecutivo , eccettuati questi tre punti un conservatore italiano può sindacare ogni cosa che si riferisce allo Stato . Nel qual sindacato , appoggiandosi ad un ' esperienza ventenne , esso inclinerà naturalmente a difendere tutto ciò che nelle istituzioni e nell ' indirizzo del governo , risulta conforme , secondo quell ' esperienza , o secondo l ' evidenza incontestabile , al concetto conservatore , ecc . ecc . » Assai meglio di Silvio Spaventa , preoccupato di esprimere le sole esigenze dell ' unità e dell ' autorità dello Stato , Jacini aveva capito come il problema italiano dovesse risolversi in un problema di stile politico . Un partito conservatore poteva compiere in Italia una funzione moderna . Indirettamente liberale , in quanto facesse sentire la dignità del rispetto alla legge , l ' esigenza di difendere scrupolosamente la sicurezza pubblica , e l ' efficacia del culto delle tradizioni per fondare nel paese una coesione morale . Le risorse dell ' hegelismo di Destra rimanevano senza influenza di fronte alle dominanti passioni demagogiche perché non parlavano agli italiani la loro lingua ; i conservatori avrebbero potuto invece creare consensi nello spirito di certe classi popolari professando un ossequio severo per la religione e attenendosi alla formula cavouriana nella questione ecclesiastica . L ' istinto del risparmio , la necessità di una saggia politica tributaria , l ' ostilità verso le soverchie imposte che si accompagnano , come frutto naturale , agli esperimenti di statalismo avrebbero dovuto costituire nelle classi rurali della penisola le premesse per una chiara coscienza anti ­ parlamentaristica , che rispettasse nel Parlamento l ' istituto delle garanzie elementari di libertà e di democrazia contro lo spirito di avventura in politica estera , l ' impiegomania e le sinanie plutocratiche in politica interna , ma resistesse all ' invadenza del centralismo oligarchico con una valida riforma elettorale e con la difesa del decentramento . Un programma simile a questo presentato dal Jacini sarebbe stato in Italia la liquidazione preventiva della psicologia radicaloide e nazionalista che divenne invece dominane tra i parvenus di una borghesia fallita . L ' insegna del conservatorismo doveva essere tra noi la lotta dell ' agricoltura ( nelle sue possibilità di industrializzazione ) contro l ' Abenteuer Kapitalismus degli industriali dilettanti e contro il parassitismo burocratico . I motivi di critica al soverchio peso delle imposte sulla proprietà fondiaria , sui quali si è soffermato in seguito con insistente convinzione Giustino Fortunato toccavano il punto essenziale del problema del regime parlamentare in Italia : una coscienza di contribuenti era la preparazione indispensabile e sufficiente per garantire la permanenza delle istituzioni liberali . Il deputato venuto a Roma per difendere a nome di classi rurali una politica di risparmio e di emigrazione avrebbe interrotto violentemente gli interessi su cui attraverso ricatti e complicità lo Stato italiano veniva creando una pratica di parassitismo e di beneficenza per gli spostati , giocando sulla demagogia finanziaria . L ' inerzia del Sud , subito dopo il '61 connessa col brigantaggio e con l ' eredità del vecchio regime , rese impossibile il formarsi di condizioni obbiettive favorevoli a questa lotta anti ­ burocratica . I documenti della psicologia e della cultura conservatrice rimasero seppelliti e dimenticati nell ' Inchiesta agraria . Mentre falliva prima di nascere il liberalismo dei conservatori che poteva avere la sua sede storica nell ' economia del Mezzogiorno , le avanguardie del Nord erano tratte dall ' immaturità della lotta politica e dei costumi nazionali a rinnegare il loro programma naturale di individualismo e di liberismo . Tra industria e liberalismo veniva a scavarsi un abisso che pretesero di trasportare addirittura nel campo della teoria e della sociologia . Invece il liberalismo non si esaurisce evidentemente nel liberismo , ma tuttavia lo comprende e lo presuppone . Senza cedere al vezzo di semplicistiche e chiuse definizioni si può ritenere che la passione e la coscienza di libertà e di iniziativa ( che sono i concetti centrali di una teoria e di una pratica liberale ) trovino naturale alimento in una vita economica spregiudicata senza essere avventurosa , capace di fortificarsi di fronte agli imprevisti della realtà senza rigidi attaccamenti a sistemi di sorta , agile e nemica della quiete provinciale e nazionalista , capace di tenere il suo posto per fecondità di produzione e di intrapresa nell ' equilibrio della vita mondiale . Questa è poi , se ben si cerca , la morale dell ' individualismo economico che ha avuto i suoi testi e le sue esperienze nei paesi anglo ­ sassoni i quali ci diedero gli albori della modernità . Nel nostro secolo il primo insegnamento dell ' industria dovrebbe consistere nella dimostrazione di uno spirito e di una necessità non grettamente nazionali , ma europei e mondiali ; da questi orizzonti ormai l ' attività inventrice e produttrice degli uomini non può più prescindere . Invece la nuova economia italiana nel Nord sorgeva come industria protetta rinnegando ogni senso di dignità . In trent ' anni di polemica i nostri liberisti hanno avuto tempo e possibilità di dimostrare con calcoli e cifre tutti i danni economici del protezionismo doganale . Ridiscutere la questione in sede di economia parrebbe un anacronismo . Gli ultimi studi e gli ultimi dati non hanno concluso in nessun punto di vista nuovo , ma si sono limitati a confermare che la vita nazionale contrae , aderendo al protezionismo , un pessimo affare . Ma è ora di affrontare gli argomenti protezionisti nel loro stesso campo prediletto , dimostrando i danni politici del loro sistema , che ha inaugurato in Italia un ' epoca di corruzione e di decadenza nei costumi del proletariato e della borghesia . L ' elevazione morale degli operai era negata inizialmente dall ' umiliazione di dover limitare propositi e ideali intorno a un problema di disoccupazione ; la borghesia per salvarsi dall ' errore delle premesse doveva cercare dei complici e pagare con una politica di concessioni la sua tattica di sfruttamento dell ' erario . Così venivano a mancare i due nuclei essenziali di reclutamento per un partito liberale d ' avanguardia che tendesse a rinnovare la vita politica facendovi affluire continuamente nuove correnti libertarie disciplinate intorno a una morale di autonomia . La parola d ' ordine delle classi inferiori era la ricerca di un sussidio . Il krumiraggio non era che un simbolo dell ' immaturità desolante dello spirito proletario e della psicologia primitiva , da corsari e da speculatori schiavisti , delle classi industriali . Per l ' inconsistenza dei fini non si poteva costruire la fibra dei combattenti . All ' individualismo ( che resta la prima base dell ' azione , come l ' economia è presupposto della politica , e segna in un certo modo il primo affermarsi di una coscienza e di una dignità civile nell ' uomo - - le critiche della filosofia moderna , infatti , valide contro la gnoseologia utilitaria , sono inconsistenti di fronte a un ' esperienza inconcussa della praxis ) all ' individualismo si sostituiva la morale della solidarietà , una specie di calcolata complicità nel parassitismo . Per queste artificiose conciliazioni si scavava tra Sud e Nord un abisso sempre più profondo e si evitava l ' urto soltanto con un ' alternativa di favori . Invece un ' industria nata liberisticamente non sarebbe stata l ' antitesi della vita agricola , ma l ' avanguardia : intorno al sistema di produzione , nella fabbrica , intraprenditori e operai , conquistando la coscienza della necessità tecnica delle loro funzioni , avrebbero raggiunto responsabilità politica e potenza d ' azione . La vita italiana può parere ricca di inesorabili antitesi all ' osservatore frettoloso : invece intorno a un sistema parlamentare , sufficientemente agile , interessi agricoli e interessi industriali avrebbero potuto pacificamente contendersi rimanendo fedeli a premesse di dignità liberale . L ' agricoltura ( sia la piccola proprietà del Nord , sia la mezzadria toscana , sia la cultura estensiva del Mezzogiorno , a mano a mano migliorata dall ' emigrazione e dalle istituzioni del credito fondiario , sia la cultura moderna industrializzata delle zone emiliane e lombarde ) costituisce in certo modo l ' aspetto conservatore di una pratica liberale , come quella formata prevalentemente da proprietari che hanno interesse a godere delle libertà tradizionali , senza ingerenze governative , mentre tengono fermo all ' eternità dei propri diritti , attaccati alle forme dominanti di proprietà , pronti a resistere contro ogni aspirazione del proletariato agricolo , il quale pur nella loro resistenza viene temprandosi al senso della proprietà e al bisogno della liberazione . Invece per queste stesse condizioni di immaturità e di aspettazione messianica il proletariato rurale non si può adattare in Italia a una pratica liberale ed è tratto naturalmente ai sogni anarchici e radicali , i quali nella loro indeterminatezza e vaghezza hanno pure il merito di condurli per la prima volta alla vita sociale e di prepararli indirettamente a lotte più mature . L ' industria alla sua volta alimenta nel Nord un liberalismo d ' avanguardia e quasi l ' impulso rivoluzionario del mondo moderno . La fabbrica educa al senso della dipendenza e della coordinazione sociale , ma non spegne le forze di ribellione , anzi le cementa in una volontà organica di libertà . Al culto della costituzione tradizionale sostituisce l ' ideale sempre rinnovato di un ordine nuovo . L ' individuo trova la sua elevazione nella morale del lavoro . L ' intraprenditore esperimenta nella conquista del mercato mondiale le leggi inesorabili dell ' iniziativa moderna della produzione . Un ritmo di vita intenso in cui ognuno assolve la sua funzione in quanto sia sempre più vigorosamente se stesso alimenta una psicologia di dominio di fronte all ' imprevisto , di coerenza nello sfruttamento di tutte le libere energie , di preveggenza sicura nel calcolo dell ' avvenire , senza illusioni avventurose e senza i semplicismi dello speculatore . Questa morale di libertà poteva riuscire la preparazione sociale più rigorosa di una pratica politica di opposizione liberale . I limiti dello Statuto , rivoluzionario per il mondo in cui era sorto , sarebbero apparsi come ingrate costrizioni da superare con nuove esperienze di leggi future . Il senso delle libertà , per la stampa , per l ' organizzazione delle classi , per la lotta politica , per la critica costituzionale , si affermava trionfante nella città moderna , organismo sorto per lo sforzo autonomo di migliaia d ' individui che gli danno la loro legge senza poter accettare più un ' imposizione estranea . Il suffragio universale e la rappresentanza proporzionale avrebbero potuto , esperimentati spregiudicatamente , preparare un ' atmosfera di serenità per l ' affermarsi di queste discussioni e di queste esigenze . Invece il liberalismo non seppe dare la parola d ' ordine alle forze nuove : gli industriali parvero costituire una banda misteriosa con nascoste funzioni sacerdotali nell ' equilibrio politico italiano e si creò la parola plutocrazia per definire il sospetto e lo sdegno , pure ipocritamente rispettoso e cortigiano , con cui li considerava il pubblico italiano ; gli operai trovarono nel socialismo il simbolo rivoluzionario della loro libertà , e solo in questo senso ( che è precisamente l ' opposto di quello riformistico teorizzato dal Missiroli ) ebbero nel mondo moderno una funzione liberale . I torti della teoria liberale Di queste insufficienze pratiche si può scorgere un sintomo nell ' inconsistenza delle teorie liberali elaborate nell ' ultimo cinquantennio . Gli scrittori del liberalismo non hanno saputo fare i loro conti con il movimento operaio che stava diventando l ' erede naturale della funzione libertaria esercitata prima dalla borghesia ; e non hanno elaborato un concetto dei più interessanti fenomeni della vita politica : la lotta di classe e la formazione storica dei partiti . La dottrina della classe politica accuratamente elaborata da Gaetano Mosca e da Vilfredo Pareto avrebbe potuto illuminare i significati della lotta nel campo sociale se fosse stata connessa più direttamente con le condizioni della vita pubblica e con il contrasto storico dei vari ceti . Il concetto di una élite che s ' impone sfruttando una rete d ' interessi e condizioni psicologiche generali , contro vecchi dirigenti che hanno esaurita la loro funzione , è schiettamente liberale come quella che scopre nel conflitto sociale la prevalenza degli elementi autonomi e delle energie reali rinunciando all ' inerzia di quelle ideologie che si accontentano di avere fiducia in una serie di entità metafisiche come la giustizia , il diritto naturale , la fratellanza dei popoli . Il processo di genesi dell ' élite è nettamente democratico : il popolo , anzi le varie classi offrono nelle aristocrazie che le rappresentano la misura della loro forza e della loro originalità . Lo Stato che ne deriva non è tirannico e vi hanno contribuito i liberi sforzi dei cittadini divenuti per l ' occasione combattenti . Il regime parlamentare , nonché contrastare a questa legge storica della successione dei ceti e delle minoranze dominanti , non è che lo strumento più squisito per lo sfruttamento di tutte le energie partecipanti e per la scelta pronta dei più adatti . Invece la scienza dominante , anche dei sedicenti lberali , si appagò di uno sterile sogno di unità sociale e non volle riconoscere altri valori fuori della gretta religione della patria e dell ' interesse generale . Questa dottrina di indifferenza politica confondeva addirittura il liberalismo di governo col liberalismo forza politica e iniziativa di popolo . Le conclusioni più rigorose di tali premesse si possono leggere nel celebre saggio di Benedetto Croce sul Partito come giudizio e come pregiudizio . Nel quale , a dire il vero , la scoperta più arguta era la barzelletta d ' apertura , dei partiti politici come generi letterari . Il Croce ubbidiva a una logica conservatrice e prescindeva da ogni esperienza diretta della vita politica . Infatti il partito può definirsi un genere della casistica , un ' astrazione programmatica soltanto se lo si intende secondo una funzione meramente conoscitiva dei problemi pratici . Ma rispetto alla conoscenza tecnica della realtà sociale il partito rappresenta un momento di ulteriore mediazione e sintesi effettuata appunto in un ' azione : basta richiamarci alla distinzione crociana di teoria e pratica per dimostrare la natura illuministica della critica del Croce ai pregiudizi del partito . Si dovrà notare lo stesso errore quando il Croce parla della lotta di classe come di un « concetto logicamente assurdo , perché formato mercè l ' indebito trasferimento della dialettica hegeliana dei concetti puri alle classificazioni empiriche ; e praticamente pernicioso , perché distruttivo della coscienza dell ' unità sociale » . Questa critica sarà valida contro la filosofia della storia di Marx e contro l ' illusione messianica , di natura mistica e hegeliana , di un ' abolizione finale delle classi . In realtà la praxis ci addita ogni giorno in seno all ' unità sociale il formarsi di classi distinte che , per legge naturale , si ipostatizzano , si associano , combattono per interessi presenti e idealità future . A queste classi che si sentono unite , e nemiche e che hanno creato i loro costumi e le loro aspirazioni attraverso una lotta reale nella storia , il filosofo non potrebbe senza palese ingenuità predicare l ' unità sociale e spiegare la natura gnoseologica delle loro illusioni , perché queste illusioni non sono un artificioso schema come i generi letterari , ma la necessità più intima della loro vita , le loro speranze e le loro sofferenze . Né la logica dell ' astratto né la logica dell ' atto puro possono spiegare l ' imperativo di lotta da cui scaturisce il partito politico che soltanto gli ideologhi sono tratti a veder esaurito nelle soluzioni da esso presentate per le varie questioni economiche e tecniche . Se la realtà consistesse soltanto di questioni obbiettive se ne potrebbe dare un concetto razionalistico e il problema sociale consisterebbe semplicemente nel trovare una serie di specifici sui quali , a dimostrazione data , non dovrebbe sussistere più alcun dubbio : ma questa è la logica della Chiesa e del Sillabo , non la logica della politica . L ' ideale di un partito unico resterà sempre il sogno mediocre dei regimi teocratici e corruttori e basta pensare che ne vedemmo il risorgere nelle ideologie fasciste . La politica dei partiti , quando studia le questioni obbiettive , le prospetta secondo gli interessi e le forze popolari : per essa la realtà viene trasfigurata secondo la misura dei sentimenti e delle psicologie . La mente del capo ­ partito manifesta la sua originalità nel momento in cui le volontà individuali esprimono non già la maturità delle loro conoscenze , ma la loro logica politica . All ' uomo di governo spetta un compito di secondo grado , ossia il dialettizzare le forze esprimendone una legge che è di interesse generale solo in quanto è il risultato di atteggiamenti contrastanti . Per il partito una considerazione dei risultati è appena un elemento di calcolo o di previsione : mentre il capo ­ partito è in un senso preciso e ristretto il tribuno , l ' uomo di governo è il diplomatico . Queste osservazioni spiegano senza equivoco le ragioni per cui noi riteniamo inconcludente la nota polemica liberale del Gentile e del Missiroli . L ' uno e l ' altro infatti per una comune passione dialettica e metafisica non tenevano conto del terreno storico nel quale un ' indagine sui caratteri e i limiti dei partiti dev ' essere impostata . Per il Missiroli liberalismo è la stessa essenza della storia moderna , attivistica e immanentista . Il liberale più che a una posizione precisa di giudizio e di fede deve attenersi a un metodo dinamico e in certo senso opportunista . La sua azione tende a coordinare gli sforzi vivi della storia moderna e sta giorno per giorno dalla parte dei più illuminati . La tesi pratica che il Missiroli derivava da queste premesse definendo liberale l ' opera dei socialisti in Italia era assai brillante e seducente nel campo storico : mentre in sede teorica il metodo missiroliano fa rivivere un pensiero genericamente progressista , che ripete l ' impotenza degli illuministi nel tentativo di definire il progresso , ossia in sostanza non sa direi come la teoria professata debba incarnarsi in azione politica . Il Gentile alla sua volta confondeva liberalismo con arte di governo . Privo del senso delle distinzioni e delle lotte pratiche egli si riduceva a un concetto del liberalismo come risultante di forze opposte , come conservazione che è anche innovazione , ossia al vecchio pensiero moderato che non vuole andare né a destra né a sinistra e pretende di mascherare i propri interessi conservatori gabellandoli per interessi generali . Del resto in tutta l ' equivoca concezione del Gentile che vanamente si appella a Mazzini e a Cavour , si scorge l ' assenza più desolante di ogni generosa passione per la libertà . Per il Gentile la politica liberale si fa dall ' alto : solo il ministro può chiamarsi liberale . Un partito di governo inteso a questa funzione di moderato illuminismo conservatore è evidentemente inconcepibile , sicché il problema che il Gentile voleva risolvere viene da lui stesso negato nei suoi termini . L ' esemplificazione politica delle tesi gentiliane , offerta dal ministro della pubblica istruzione di Mussolini , conferma il significato reazionario che Missiroli scorse nelle prime enunciazioni : la giustificazione e l ' interpretazione date dal Gentile del suo liberalismo coincidono con la morale della tirannide e il problema della libertà viene dimenticato , per un artificio dialettico , nella preoccupazione , coltivata da tutti i despoti , dell ' autorità . Le origini di questa arbitraria interpretazione filosofica del liberalismo risalgono in Italia a più di un cinquantennio addietro e si confondono coi primi tentativi della Destra di dare una teoria dello Stato etico . Silvio Spaventa ha le sue responsabilità per l ' equivoco derivato dal trasportare le tesi hegeliane in sede pratica . Poiché se lo Stato ha di fronte alla storia , attraverso le vicende , diciamo così , metafisiche , dell ' umanità , una funzione etica in quanto rispecchia il processo per cui l ' individuo è tratto perpetuamente a esplicare , volente o no , una funzione sociale , è assolutamente erroneo attribuire allo Stato ­ pubblica amministrazione che vive dei contrasti politici e interviene nelle vicende quotidiane , una funzione metafisica , coi diritti pratici che se ne vogliono derivare . In politica , checché ne sembri ai filosofi , lo Stato è etico in quanto non professa nessuna teoria : questa posizione di equilibrio è la sola che non ci ponga di fronte all ' insolubile problema di fissare quali siano gli organi di questa pretesa morale statale ; e ci garantisce la possibilità che ogni etica , come ogni politica , sia da esso rispettata in quanto si rimette il giudizio della validità sociale di cui ciascuna idea potrà menar vanto ai risultati della libera lotta e della storia imprevista . Di fronte alle assurde pretese e alla dogmatica grettezza ( qualità per eccellenza anti ­ liberali ) a cui i fìlosofi sedicenti liberali ci hanno assuefatto , potremo con tranquilla convinzione di equità cantar le lodi agli onesti scrittori di economia , che , se ebbero il torto di non salvare dalle antipatie universali la dottrina di cui erano rimasti modesti depositari , non si stancarono tuttavia di divenirne i predicatori inascoltati . L ' equivoco da essi aiutato della confusione tra liberismo e liberalismo resta tuttavia il meno pericoloso e il meno assurdo di quelli sin qui analizzati . La chiusa setta dei liberisti può ben dire di aver salvato per parecchi decenni la purezza dell ' idea e preparata in sede economica la formazione di condizioni psicologiche favorevoli a una rinascita liberale . L ' educazione inglese , se non li salvava da un tono molesto ai più e tuttavia assai spesso finemente ironico , dava ai loro costumi morali e letterari un senso austero di dignità , una coscienza severa di ossequio alle leggi e alle libertà , che li assisteva costantemente nella loro critica e contribuiva a renderli impopolari in una terra di dannunziani e di tribuni che guardava come straniere le loro figure riservate di persone educate e ammodo . S ' intende che il nostro ritratto riguarda i più eletti della schiera , da Francesco Papafava a Luigi Einaudi , perché anche il liberismo ebbe i suoi tribuni e retori fanatici . Pure la stessa abitudine di giudicare fatti complessi di sfumature e di psicologie colla sola scorta di una scienza « esatta » e « matematica » faceva tornare naturalmente il pregiudizio che la logica bastasse a giudicare e agire in politica e conduceva a svalutare ancora come illusorie le distinzioni dei partiti . Insomma la parola d ' ordine dei liberali in Italia a partire dal secolo scorso fu : « tutti liberali » . La nuova critica liberale deve differenziare i metodi , negare che il liberalismo rappresenti gli interessi generali , identificarlo con la lotta per la conquista della libertà , e con l ' azione storica dei ceti che vi sono interessati . In Italia , dove le condizioni sia economiche che politiche sono singolarmente immature , le classi e gli uomini interessati a una pratica liberale devono accontentarsi di essere una minoranza e di preparare al paese un avvenire migliore con un ' opposizione organizzata e combattiva . Bisogna convincersi che non erano e non potevano essere , come non sono , liberali i nazionalisti e i siderurgici , interessati al parassitismo dei padroni , né i riformisti che combattevano per il parassitismo dei servi , né gli agricoltori latifondisti che vogliono il dazio sul grano per speculare su una cultura esterisiva di rapina , né i socialisti pronti a sacrificare la libertà di opporsi alle classi dominanti per un sussidio dato alle loro cooperative . Poiché il liberalismo non è indifferenza né astensione ci aspettiamo che per il futuro i liberali , individuati i loro nemici eterni , si apprestino a combatterli implacabilmente . Immaturità democratica Dopo il '70 il partito liberale , risultante delle debolezze teoriche ed obbiettive fin qui descritte , è svuotato della sua funzione rinnovatrice perché privo di una dominante passione libertaria e si riduce a un partito di governo , un equilibrismo per iniziati che esercita i suoi compiti tutorii ingannando i governati con le transazioni e gli artifici della politica sociale . La pratica giolittiana fu liberale solo in questo senso conservatore , e la politica collaborazionista non salvava il liberalismo ma le istituzioni , tenendo conto non del movimento operaio ma dello spirito piccolo ­ borghese del partito socialista . La naturale conversione del liberalismo in democrazia demagogica fu studiata nelle pagine precedenti e basterà richiamare la formula missiroliana della Monarchia socialista , o per maggiore evidenza di argomentazione la polemica decennale di Gaetano Salvemini che combatteva in Giolitti e nel socialismo cooperativista i due elementi determinanti dell ' equilibrio parassitario . Questo periodo storico non presenta più punti oscuri . La figura di Giolitti sovrasta su tutte le altre , e nell ' immaturità generale i danni della sua politica diseducatrice e demagogica sono compensati dai vantaggi di dieci anni di pace . Non si può dire che sia stato visto dagli altri uomini di Stato ciò che sfuggì al calcolo e alle astuzie del domatore . La psicologia giolittiana nell ' esame dei due termini liberalismo e democrazia è la psicologia dominante . È difficile del resto individuare le differenze tra liberali e democratici se non si tiene conto degli ambienti che li alimentano , come sarebbe malagevole e retorico distinguere con un ragionamento metafisico i due concetti storici di eguaglianza e libertà . Se invece l ' osservazione storica si trasporta dal Settecento all ' Ottocento e dall ' Europa all ' Italia potremo dire che la democrazia ci venne come una forma attenuata di liberalismo , fu il riparo cercato dagli italiani all ' equivoco insolubile ; e la sostituzione del mito egualitario al mito libertario segnerebbe appunto l ' inaridirsi dello spirito di iniziativa e di lotta di fronte al prevalere dei sogni di palingenesi e di tranquilla utopia . Sonnino e Salandra , vittime dei tempi , non intendono il liberalismo meglio degli altri e sono democratici come Giolitti , con l ' astuzia e l ' arte di governo in meno . Sonnino ebbe lo spirito del retrivo che si destreggia con la metodologia dell ' uomo di buon senso . Le sue esortazioni alla sincerità nascono nell ' atmosfera semplicista dell ' impreparazione politica . In lui come in tutti gli ingenui propagandisti di cultura in mezzo all ' ignoranza la tecnica prevalse sull ' arte . Il culto della legge si manifesta nel chiuso spirito d ' intolleranza del predicatore . Era inesorabile nelle sue idee fisse con la cocciutaggine di chi crede di averle trovate col metodo sperimentale . La morale della solidarietà coesisteva in lui con la politica nazionalista . Perciò già nella sua giovinezza , al tempo della Rassegna settimanale , ( opera mirabile di cultura , caratteristica di un ' epoca che si sofferma sul limitare della politica ) si scorgevano i difetti del rigido uomo di Stato , grettamente calcolatore . Per lui , diplomatico fallito , la diplomazia costituiva il punto centrale della considerazione e del calcolo . Logicamente doveva scaturire da questo cervello un concetto di liberalismo del tutto inadeguato al ritmo della lotta politica . Sonnino auspicava un blocco liberale che comprendesse democratici e repubblicani proponendosi il solo fine dell ' interesse generale dello Stato nazionale : anche per lui si trattava di avvincere le classi popolari alla causa della stabilità e della pacifica evoluzione dell ' organismo dello Stato con le riforme : la famosa campagna per la pensione dei sei soldi resta caratteristica testimonianza di un metodo social ­ democratico di tipo germanico dal quale Sonnino dedusse poi con perfetta logica , se pure con poca finezza , la sua politica estera di rivendicazioni patriottiche . Anche Antonio Salandra non sa vedere nel partito liberale molto più che l ' idealità della patria e il sentimento della nazione , anch ' egli protesta che il partito liberale non è un partito di classe , salvo a confessare poi che attinge le sue forze dalla classe media : intento al solo problema dell ' autorità e del potere , egli non si stanca di rivolgere le sue esortazioni alla borghesia perché essa si svegli dalla sua inerzia politica . Confonde il sintomo col problema e non avverte la sostanza della crisi che sta nell ' assenza di libertà e di attitudine alla lotta . L ' esperimento governativo di Salandra , che ci ha dato una tirannide demagogica e retorica è la conferma dei suoi vizi mentali . Prima della guerra soltanto pochi episodi di cultura e di esercitazione politica solitari e senz ' eco potrebbero entrare a buon diritto in una storia analitica del liberalismo . Sono tentativi di eresia , sforzi di concentrare intorno a organi di studio e di ricerca gruppi di giovani disinteressati e alieni dal calcolo demagogico . I nomi sono di ieri e non hanno bisogno di essere illustrati : Salvemini , Prezzolini , Caroncini , Amendola e Slataper , confusi insieme in un compito indifferenziato di illuministi . Accanto ad essi , tollerata e quasi gradita , la bolsa magniloquenza di Giovanni Borelli , il più vuoto dei tribuni del militarismo , creduto per vent ' anni quasi leggendariamente l ' ultimo liberale . I risultati sono di cultura , la loro fecondità per l ' avvenire consiste nella preparazione di classi dirigenti più mature . Il desiderio dell ' azione è coltivato in questi gruppi di eretici quasi nascostamente e si manifesta chiaro soltanto dopo la guerra nel movimento politico dei combattenti . In questo le possibilità inizialmente liberali furono frustrate dalla mancanza di chiarezza nella classe politica che lo guidò e che era stata vittima di una preparazione genericamente romantica . Vi coesistettero liberalismo agrario e demagogia finanziaria , politica estera salveminiana e imperialismo , spirito anti ­ burocratico e simpatia per le classi di impiegati . Romolo Murri , il più bell ' esemplare della vanità del profeta fallito . cervello di pedante , in cui l ' aridità del prete s ' accoppia con la pigrizia mentale dell ' attualista dogmatico , riuscì a dare il tono a quei tentativi pratici con la scoperta di un sindacalismo apocalittico e confusionario che egli non si fece scrupolo di gabellare poi per fascista e di farne un omaggio ai vincitori . Tutta l ' immaturità del movimento dei combattenti si rivelava poi nella sua incapacità di sostenere la concorrenza dei popolari ( come conservatore ) e dei socialisti ( come rivoluzionario ) . Logicamente moriva nel fascismo la confusa ideologia dei guerrieri intellettualisti . Le aspettazioni messianiche generate dalla guerra contrastavano irrimediabilmente con le premesse liberali : la lotta politica doveva fare i conti con i sogni di palingenesi e di unanimità . Il pensiero più maturo in questo momento storico fu quello di Nitti che tuttavia mancò di tatto e di elasticità diplomatica per far prevalere nel momento opportuno le formule chiarificatrici . Conscio delle transazioni a cui la lotta politica in Italia è condannata , conscio della crisi economica permanente nel paese povero per natura , Nitti è liberale in quanto non vede soluzioni possibili fuori di una politica di emigrazione e di pace . La sua democrazia di compromesso , il suo collaborazionismo avevano il merito di realizzare in Italia , rimanendo nell ' ambito della costituzione e dei costumi di libertà , le premesse unitarie non ancora compiute . Non si può sapere se sulla via additata da Nitti si incamminerà tuttavia per una curiosa ironia della storia l ' opera del governo fascista . Se così fosse ( ma l ' ipotesi è meramente accademica , quando appena si pensi all ' immaturità delle nuove classi guerriere ) Mussolini avrebbe tuttavia il torto di averci dato con la retorica del tiranno romantico i risultati che stava per raggiungere l ' azione parlamentare . Se dalla negazione fascista il liberalismo fosse tratto a ridiscutere i suoi principi , a difendere i propri metodi e le proprie istituzioni , a rinnovare quella passione per la libertà da cui nacque primamente , forse l ' avvenire politico del nostro popolo si potrebbe guardare con animo più sicuro . II I popolari Toniolo A Giuseppe Toniolo ( 1845­1918 ) spetta il merito singolare di aver data espressione e sistemazione politica alle esigenze di azione sociale che Leone XIII era venuto agitando e di aver mostrato così , contro il proprio intento , agli uomini di buona fede , che ancora non se ne fossero persuasi , l ' irreducibile repugnanza di ogni posizione cattolica col pensiero moderno , e l ' intimo carattere reazionario di una praxis politica che voglia appoggiarsi alla Chiesa , come a istituto e organo della lotta in Italia , e alla tradizione della trascendenza cristiana come a un Credo sociale degno di essere continuato . Anche oggi l ' atteggiamento di simpatia e di adesione con cui si guarda alle idee del Toniolo da parecchi uomini e da diverse tendenze del partito popolare , può essere un buon argomento per cogliere le contraddizioni e gli equivoci persistenti da una parte nel clericalismo retrivo , dall ' altra nella demagogia teocratica di Miglioli . Il Toniolo , sotto la moderazione letteraria , è un intransigente ; e , pur attraverso i vizi stilistici dell ' accademismo e gli ornamenti di una convenzionalità ufficiale , mostra il bisogno di atteggiamenti chiari e netti , di un centro ideale che permetta operose discussioni dei concetti e spregiudicata negazione dei termini contrastanti . - - Se non ha i fulmini di Veuillot o di Casoni per il mondo moderno ne ripete tuttavia un ' identica critica negativa . La sola spiegazione soddisfacente della vita e della natura dell ' uomo , per il Toniolo , deve riconoscersi a priori nella dottrina di Cristo . Tutto ciò che vi repugna , repugna con la verità . Bisogna ripetere con Dante : Avete il Vecchio e il Nuovo Testamento E il Pastor della Chiesa che vi guida . La filosofia per eccellenza , la verità , è la Scolastica . Bisogna riprenderla integralmente . Bisogna eliminare le ultime reliquie deleterie della Riforma luterana . Né importa distinguere nelle negazioni . La rivoluzione religiosa tedesca ha lo stesso senso della rivoluzione sociale francese . Perciò tutto il lavoro di revisione critica della rivoluzione francese iniziato dal Le Play secondo un punto di vista cattolico è accettato integralmente . Riforma e rivoluzione trovano la loro espressione filosofica nell ' individualismo , anzi addirittura in Emanuele Kant : bisogna respingere tutto il kantismo . Il torto del pensiero moderno consiste nell ' avere accettato l ' individualismo e negato il soprannaturale : la degenerazione filosofica ha prodotto o si è accompagnata con le degenerazioni economiche e sociali . Con una visione sintetica notevole ( non priva tuttavia di grossolane osservazioni sempliciste ) il Toniolo coglie l ' unità ideale della filosofia romantica e dell ' economia moderna . Questa è da respingersi tutta in blocco : il liberalismo smithiano perché nelle sue estreme conseguenze sancisce , col principio della libera concorrenza , l ' oppressione del lavoratore , senza alcuna cristiana pietà , e perché è viziato da tre gravi peccati ideali : l ' utilitarismo materiale , il cosmopolitismo egualitario o atomisino individualistico , l ' antistatalismo ; la scuola sociologica ( di cui sono responsabili , per doppio titolo indivisibile , il positivista Comte e il panteista Hegel contemporaneamente ! ) perché colpevole di utilitarismo ideologico trascendentale , tendente a una forma di unità vaga e imprecisa , e di socialismo di Stato . Le differenze tra Hegel e Haeckel non sono visibili all ' occhio di un cattolico . L ' eresia panteista , secondo Toniolo , che accetta la tradizione cattolica dell ' Ottocento , basta ad accomunarli senza possibilità di contestazione . Di fronte alla crudeltà e ai dolori della scienza moderna , pace e verità si possono attendere soltanto da un coraggioso ritorno alla democrazia cristiana . Questa si deve fondare , secondo le indicazioni delle Encicliche di Leone XIII , movendo dal principio che fa di « Gesù Cristo l ' alfa e l ' omega di tutta la vita individuale e sociale » . Il punto di partenza rigorosamente teocratico genera svolgimenti e conclusioni di inesorabile conseguenza . Democrazia si definisce « quell ' ordinamento civile nel quale tutte le forze sociali , giuridiche ed economiche , nella pienezza del loro sviluppo gerarchico cooperano proporzionalmente al bene comune , rifluendo nell ' ultimo risultato a prevalente vantaggio delle classi inferiori » . Dove il bene comune non è altro che la salvezza delle anime nella fede cattolica , il principio gerarchico è quello cattolico , e l ' amore alle classi inferiori , derivato dal riconoscimento dell ' eguaglianza dei figli di Dio in terra , si fonda sulla carità e sull ' umiltà . Ora questa definizione della democrazia , messa da parte ogni discussione sugli anacronismi che implica , può giustificarsi praticamente solo da un punto di vista egoistico e utilitario ( utilitaria è sempre la logica politica di tutti i misticismi ) e l ' indagine storica che il Toniolo vi reca a sostegno ne costituisce la prova più limpida . Sfugge al suo cattolicismo di quiete la religiosità dell ' uomo moderno , la religiosità della democrazia come forza autonoma , liberamente operante dal basso , senza limiti che la predeterminino fuori della volontaria disciplina che essa stessa si pone , sforzo morale di liberazione , sacrificio dell ' individuo nella continuità di una lotta sociale che lo trascende e che pure non esiste senza la sua azione singolare . La visione politica del nostro buon scienziato si restringe al mondo antico , nel sogno di una gerarchia sociale in cui alle classi superiori spetti una funzione di assistenza e di patronato e alle classi inferiori l ' umiltà e l ' obbedienza . Guarda con idillica simpatia i vecchi istituti della beneficenza : il sabato , il settennato , il giubileo ; crede che i due diritti tradizionali del petere e dell ' acclamare possano anche nel mondo moderno bastare alla difesa del popolo . Le parole di approvazione e di rimpianto con cui il Toniolo ricorda la monarchia di Luigi IX , che egli crede di poter chiamare senza ironia democratica , mentre ci rivelano tutta la singolarità della sua psicologia , chiariscono la sua dottrina nei limiti di una democrazia patriarcale che esclude l ' iniziativa popolare e i principi di autoeducazione , e vuol dare alle masse soltanto i palliativi di riforme e di miglioramenti economici . La società ideale di Toniolo è un ordine predisposto in cui funzioni specializzate , avute in eredità per divina Provvidenza , spettano alle varie classi che in questo modo si liberano dal problema integrale della vita e dalla complessità delle preoccupazioni . L ' economia si riduce al compito della ripartizione dei beni , riesce a sancire la fratellanza e l ' amore nella miseria universale . Per un economista siffatti sviluppi sono assai strani ed è curioso vedere come in omaggio a una teorizzata dipendenza dell ' attività economica dall ' etica ( cristiana ) si neghi l ' industrialismo moderno e vi si sostituisca candidamente la dignità della povertà cristiana . Insomma decentramento e regime corporativo dovrebbero riportare la società alla sua logica medioevale . La funzione dello Stato vi resta imprecisa , timidamente discussa , mentre lo Stato liberale moderno incute paura come uno spettro . Il problema dell ' autorità deve riportarsi in sede ultima alla Chiesa cui compete di definire i rapporti non ancora definiti e di rivendicare in ogni istante l ' inesauribilità della propria azione ( scolastica , economica , legislativa , sociale , morale ) . Di fronte allo Stato moderno la Chiesa è lo strumento supremo di una logica anarchico ­ individualista , e nel suo sforzo di ristabilire gli istituti della reazione e del passato essa assume spontaneamente l ' ufficio di guidare i cattolici alla disgregazione degli organi pratici di quel liberalismo che è la sua antitesi . Intento chiaro in Toniolo e nei primi atteggiamenti di Murri . Ma pur agitandosi tra oscure anti . nomie e opposte esigenze , il migliolismo con le sue promesse mistiche e con la sua azione sindacale messianica ne ha accolto disorganicamente l ' eredità . Meda Filippo Meda tempera invece le intransigenze della fede medioevale con l ' astuzia del politico . I suoi scritti si possono onestamente classificare nel genere letterario dell ' erudizione parlamentare di cui hanno dato esempi dignitosamente aridi e monotoni Luzzatti , Salandra , Orlando . Vi trovi frequentemente problemi laterali di storia politica , esami di coscienza che si esprimono in tentativi di biografia , sforzi di allargare la visione di studioso , abbandonando i limiti ristretti della vita quotidiana . L ' osservatore li distingue a una nota infallibile di psicologia : il parlamentare resta parlamentare e diplomatico anche sotto le spoglie dello studioso . Anzi per chi indaghi i fatti nel loro complesso lo studio storico rivela i motivi più riposti dell ' azione . Il Meda ha una sua arte di narratore , sa disporre fatti e documenti , approfondire le sue ricerche ; persiste tuttavia nei suoi profili biografici la vecchia forma letteraria dell ' elogio , con più precise misure e dignità , con minori pretese di accademismo : ma sotto lo storico avverti il pedagogista che considera « dovere morale lo studio dei pochi che abbiano avuto nella lor carriera mortale una fisionomia propria per pregio d ' intelletto e di virtù » . È naturale che l ' esame ponga essenzialmente in luce atteggiamenti individuali e miri a rivelare caratteri . Osservazioni letterarie , morali , teoriche restano sempre aderenti al pensiero e al pregiudizio degli individui che sono ritratti : il Meda trascura di vederli in rapporto a un interesse estetico o filosofico dominante . La considerazione scientifica non turba mai la varietà dell ' esperienza e della cronaca . Per il cattolico che resti al di qua del dissidio tra fede e ragione , dogma e libero esame , la scienza deve ridursi a qualcosa di astratto ; la logica del misticismo vorrebbe condurre a negarla nella passione dell ' unità trascendente e poiché i tempi non paiono propizi all ' eroica rinuncia mistica , l ' unità resta un articolo di fede accanto alla quale le più opposte esigenze dividono gli spiriti e i particolari interessi sono soddisfatti in modo pacifico , separatamente l ' uno dall ' altro , con grossolano eclettismo e tranquilla indifferenza . Il cattolicismo del Meda è appunto un cattolicismo moderno , quasi modernistico , ma senza l ' inquietudine e l ' ansia religiosa . La Chiesa non combatte con lo Stato , né la fede con la ragione ; in sede politica , nella transazione di tutti i giorni le idee rigide e nette si temperano per intrinseca necessità , il processo di creazione ideale è attenuato in un processo meccanico di coordinamento . Meda non accarezza illusioni , non si appassiona a posizioni determinate di intolleranza . Il suo cattolicismo non è una fede , ma la fiducia in un ordine di fatto che liberi dagli inconvenienti dell ' impreveduto ; è un metodo che con gli opportuni chiarimenti e le giuste riserve si può definire realismo . Non esclude infatti l ' intransigenza , le posizioni false , l ' adesione ai miti unilaterali , pur sapendo a priori che la storia non ne sarà rigidamente modellata . Senonché il vero realismo ha il culto delle forze che creano i risultati , non l ' ammirazione dei risultati intellettualisticamente contemplati a priori . Il realista sa che la storia è un riformismo , ma sa pure che il processo riformistico , nonché ridursi a una diplomazia di iniziati , è prodotto dagli individui in quanto essi operino come rivoluzionari , attraverso nette affermazioni di contrastanti esigenze . La visione della storia del Meda è invece la visione dell ' uomo di governo , che ti convince quando rimane sottintesa ad animare le azioni del tattico e del riformatore , ma riesce inadeguata quando si cimenta a interpretazioni sintetiche . Il cattolicismo poi lo conduce per istinto a ridurre il processo della storia entro gli schemi di una esaurita rivelazione . E la sua mente di politico di governo può guardare con interesse le forze capaci di esprimersi in termini e valori di conservazione , ma nega di rivolgersi verso gli elementi che alla normalità della formula conservatrice si oppongano con la spontaneità di uno sforzo rivoluzionario e di un ardore creativo . La posizione del politico insomma limita e comprende quella del cattolico , evita la logica rigoristica del dogma che condurrebbe ad una negazione violenta del mondo moderno , si appaga di uno pseudo ­ realismo , inteso come riformismo , che tende ad eliminare dalla storia l ' imprevisto e la lotta per sostituirvi un ottimismo senza asprezze e senza intransigenze . È risaputo che l ' esempio più convincente e preciso di questo metodo empirico si ebbe in sede politica col giolittismo : in sede letteraria invece l ' applicazione dello stesso criterio doveva risolversi in gravi delusioni , e il Meda stesso ce ne offrì un esperimento quando si provò a tracciare coraggiosamente le linee di una cronistoria del partito socialista . Basti notare l ' equivoco evidente nella pretesa di valutare una corrente politica dai risultati obbiettivi e legali scaturiti , prescindendo dal movimento che li ha determinati ; equivoco tanto più grave quando siffatto criterio si applichi ad un fenomeno che è in piena praxis formativa e che non si può valutare per ciò che fa , ma essenzialmente per ciò che inspira , per le correnti di azione e di pensiero che vi sono implicite o iniziali . Nel caso specifico poi il Meda si arresta intellettualisticamente all ' esame delle formule e della logica comiziesca , sicché per es . il movimento del partito socialista italiano non viene negato a priori come eresia , ma studiato nel suo movimento empirico , dove le rigidità e le posizioni nette si attenuano in transazioni ineluttabili . Atteggiamento caratteristicamente riformista , per cui nonostante tutte le professioni di oggettività il Meda è tratto ad esaminare con benevolenza e a mettere in valore le tendenze gradualiste e anti ­ rivoluzionarie , senza sentire il bisogno di una netta critica ideale alle dottrine di estrema sinistra . Il presupposto del Meda è che il pensiero conservatore sia nel vero con la sua svalutazione di ogni movimento non contenutisticamente tradizionale e la premessa implicita si converte in una visione turatiana dei movimenti delle masse . Insegnamenti decisivi per la natura del suo pensiero vengono del resto dalla mera considerazione della scelta degli argomenti di studio : Beernaert , Hertling sono i suoi ideali , i realizzatori della sua politica temperata e fattiva ; di De Mun ha in pregio l ' opera della maturità , ma considera con scetticismo le esplosioni di giovanile esuberanza ; Moneta rappresenta un altro suo platonico sogno di calma e di quiete ; Tosti , Persico , Toniolo sono i maestri diretti di democrazia e di moderazione . Il suo sguardo rimane fisso alla pratica abilità , alla sapienza di equilibrio , all ' azione empirica più che alle risonanze ideali . Dal De Mun e dal cattolicismo gallico ha assimilata la critica della rivoluzione francese , non per avere libera la via a un ' affermazione dogmatica , non per opporre cattolicismo a libertà , ma per non doversi preoccupare di risalire allo studio delle origini del mondo moderno , per non dover risolvere una questione di filosofia e porre un ' antitesi senza soluzione tra la pacifica fede medioevale del cattolico e la modernità del politico . Finché il dualismo resta implicito , finché le due opposte fedi non si determinano in contrasto , l ' equivoco può sussistere senza pericolo . Il Meda ha un metodo pratico per evitare ogni inconveniente quando le idee gli si fanno incontro , contraddittorie , nella pratica : e questo metodo è ancora una possibilità di astenersi , un liberalismo conservatore limitato ad esaminare le cose dall ' esterno . I principi formali del liberalismo inglese vengono temperati così da preoccupazioni di governo patriarcale che tendono non solo a conciliare sul terreno pratico , ma a stroncare , mentre nascono , le antitesi troppo forti e le posizioni troppo nette . È la negazione del concetto di lotta che sta alla base della politica e della vita , di quel concetto che proprio le rivoluzioni ideali moderne hanno cercato di valorizzare . Il Meda teme che i principi liberistici possano favorire la reazione del proletariato : e la sua visione moderata riesce piena di diffidenza e di paura di fronte alle nuove forze travolgenti che esigono di partecipare alla vita dello Stato . « Il partito conservatore dovrà mostrarsi sinceramente costituzionale e liberale nel vero senso della parola , mediante il rispetto di tutti i diritti » . Ma la disciplina resta un presupposto e l ' intimo compito del politico è ancora la conciliazione della borghesia col governo di destra . La crisi che travaglia l ' anima nazionale non è neanche avvertita , le esigenze dell ' economia sono ridotte a poche formulette di protezionismo e di intervenzionismo statale ; presenti al suo spirito restano i problemi di forma come il problema cestituzionale e la rappresentanza proporzionale , voluta con l ' astuzia del conservatore . A considerare intrinsecamente le cose , c ' è alla base di questo liberalismo conservatore inolto semplicismo e quasi un ' indifferenza verso l ' elaborazione delle idee . Infatti egli ammira dell ' Hertling l ' eleganza , la moderazione , la tolleranza , l ' amore per le soluzioni non rigide . Nella sua fede neo ­ scolastica è penetrato molto eclettismo . Come non ha inteso la rivoluzione francese , così è rimasto estraneo a tutti i movimenti ideali profondi e travolgenti ( riforma luterana , rivoluzione russa , ecc . ) : perché contro lo spirito della rivoluzione sta appunto il suo carattere , la sua abitudine mentale . Del suo partito , che pur avrebbe dovuto avere un pensiero religioso specifico , almeno prima del '19 , egli è pronto ad accettare la definizione del Beernaert : il partito che non vuole l ' anticlericalismo . In sede ideale respinge l ' individualismo in omaggio a una concezione organica della società ( De Mun ) , che creda a una gerarchia , con funzioni di patronato riservate alle classi alte , di devozione e sottomissione attribuite alle classi umili . Da queste premesse ( benché egli riconosca la difficoltà e il pericolo di « costringere e dirigere l ' azione politica e sociale nel rigore dialettico di tesi e definizioni assolute » ) costruisce il suo edificio di legislazione sociale e di riformismo che si rivela talvolta pochissimo più libero e aperto della monastica pretesa agitata dal De Muri di risanare il popolo e dargli la giustizia perché cessi di odiare la società . Certo il Meda non scorge tutta l ' ingenuità di questo programma , non vede come il problema della vita sociale non consista nella ricerca di un patriarcale accordo di carità e di giustizia , ma soltanto nell ' adesione vitale del popolo stesso all ' organismo della società che esso senta come creazione propria e di cui sappia assumere la responsabilità . Gli è che il suo sguardo è fisso al passato e nel suo mondo statico ( psicologicamente , se non dogmaticamente , cattolico ) i principi e i criteri non risiedono nell ' iniziativa , ma in una concezione trascendente per metà illuministica e per metà biblica . La pratica trasformista è continuata con una pregiudiziale ancora più esplicitamente reazionaria poiché monarchia socialista e cristianesimo sociale sono , a pari diritto , due elementi dell ' assolutismo . Con le arti dell ' illusione si frenano le lotte spirituali ; l ' ideale politico presente resta ancora la Chiesa ( esclusa ogni questione di fede ) nata da tutte le transazioni come espressione di continuità , di alterne vicende , di sicura consistenza ; quasi per tradizione il più grande istituto dell ' abilità politica . A questo motivo di valore essenzialmente empirico è ridotto il neo ­ guelfismo di Meda , il quale , pur nelle sue tendenze reazionarie e nella sua cieca fiducia verso la tradizione , è troppo prudente e ha troppo vivo il senso dell ' opportunità per concedersi un anacronismo clamoroso . Non sembrerà tuttavia un paradosso il dire che la sicurezza del suo equilibrio di democratico fa pensare a Turati , un Turati che ha cambiato la tonaca del demagogo con quella del predicatore . Della demagogia settecentesca infatti le idee del Meda partecipano l ' astrattismo e l ' imprecisione : dalle sue generiche formule si possono dedurre modi d ' azione perfettamente antitetici e decisamente immorali . Il concetto di ordine può avere un senso rivoluzionario se è professato da un comunista che abbia un suo ideale di ordine nuovo ; ma diventa reazionario in chi sospiri l ' ordine del passato . Così la solidarietà sociale è il vessillo in nome del quale hanno combattuto tutti i tribuni , ma se la solidarietà deve essere instaurata in nome di una legge di salvazione eterna il modello di umanitarismo diventa l ' Inquisizione . Un altro atteggiamento caratteristico di Meda nella discussione ideale si può riconoscere nell ' esame che egli dedica al nazionalismo e al pacifismo . La giustificazione della tesi pacifista è da riportarsi al suo atteggiamento di uomo di governo ed è accettabile solo secondo limiti di empirismo economico . È necessaria una politica di pace e di accordi internazionali per la ricostruzione europea . Era necessaria una politica di pace all ' Italia al principio del secolo xx per vincere la crisi interna , iniziare una politica di risparmi e di economia , favorire la formazione di capitale circolante per le industrie , il commercio , l ' agricoltura . Ma pare illusorio e pericoloso ricondurre questa tesi pratica alla logica umanitaria del cattolicismo . Il Meda vi si prova , ma poi ne rifugge e per un generico patriottismo retorico accetta anche la guerra libica . Vigile spirito di politico , s ' arresta al fatto compiuto ; ha la duttilità necessaria per piegarvisi , per sfruttarlo . Non teme le contraddizioni perché la pratica non è , per il ministro , un mondo da organizzarsi secondo tendenze e ideali coerenti , ma da accettarsi come un risultato di destrezza . Perciò il politico resta privo di giustificazioni ideali e deve cercare la sua idealità in un ' astratta tradizione o in un ingenuo moralismo di cui resta esempio nel singolare interesse con cui egli segue questioni politicamente inesistenti , come la legislazione su la ricerca della paternità , la campagna anti ­ blasfema e la lotta contro la stampa corruttrice . Se il cristianesimo del Meda può accettare le lotte ma non la lotta , vuol dire che rinuncia alla coerenza per limitarsi all ' opportunismo : qui già il metodo è individualismo utilitario . E soltanto per una premessa utilitaria è giustificabile in sede ideale l ' internazionalismo di Meda che ha rinunciato all ' apocalittica impostazione del problema che poteva riuscire coerente in un cattolico ; invece egli non capisce il valore della guerra avendone una visione meramente atomistica : non vede il trasfigurarsi del delitto in missione quando corrisponda a rinuncia e a sacrificio dell ' individuo . Così non riesce ad affermare la validità sociale della forza e dell ' ingiustizia , non intende la dialettica umana per cui la giustizia e i valori morali scaturiscono dalla sostanza stessa della lotta , si alimentano di antitesi e di ingiustizie , risultano dalla consacrazione dei nostri giusti limiti . Dal fatto economico la scienza moderna vede nascere il fatto morale , dall ' individuo lo Stato , dall ' egoismo la razionalità della storia ; il torto del Meda consiste nella sua inettitudine ad acquistare coscienza di queste supreme giustificazioni spirituali . Ma giova riconoscere con franchezza , esaurita la parte più severa del processo , che a conclusioni più indulgenti ci si potrebbe obbiettivamente arrestare trasportando l ' analisi dalla forma mentis alle intenzioni . Certo la posizione di un cattolico ortodosso che volesse operare nella politica nazionale negli anni 1890­1914 era tra le più difficili : cultura , chiarezza di principi , novità d ' idee non offrivano un fondamento coerente : fidando sulla cultura e sulla sincerità degli spontanei impulsi ideali , la conclusione logica era Murri , ossia la negazione delle premesse . Meda ebbe l ' astuzia di elaborare formule più o meno empiriche e contraddittorie e di preparare in piena sicurezza e buona fede l ' equivoco pratico , L ' episodio delle elezioni di Rho nel 1904 è un esempio della sua giolittiana saggezza . Non si poteva con più dignitosa apparenza di ingenuità liquidare il non expedit continuando a professarvi devozione nel modo più rigido in sede teorica . Meda aveva ragione contro le intransigenze pontificie , aveva per sé una situazione di fatto invincibile : ma appunto per la sua sicurezza ebbe il senno pratico di non ribellarsi e la vittoria fu sua . Mettendosi apertamente contro il non expedit egli ne avrebbe certo aiutata la caduta , ma si precludeva ogni via all ' azione , si condannava alla solitudine e politicamente all ' inutilità . Le sue transazioni , la poca franchezza delle professioni ideali , il velo dell ' equivoco mantenuto gelosamente non gli conquistano molte simpatie : manca inesorabilmente alla sua persona ogni parvenza etica : pure questa è la realtà del suo spirito e il suo bisogno di pace e di serenità per operare , le naturali tendenze alla conciliazione , dovevano condurlo istintivamente a questo atteggiamento di obbedienza che gli assegnava ufficio rappresentativo tra i cattolici italiani destinandolo ad attenuare le rigidezze troppo aspre dell ' azione cattolica in Italia , a suscitare nei cattolici , senza rimpianti , una franca azione conservatrice dello Stato . Così egli conservatore poté essere all ' avanguardia come deputato e come ministro , primo tra i cattolici , dopo i neoguelfi , che osasse accettare anche ufficialmente la responsabilità di un nuovo Stato sorto sulle rovine di una trascendente autorità . Abile del resto fu la sua opera di ministro , esemplare la sua politica finanziaria : digiuno di cultura tecnica in materia di finanze seppe superare i pregiudizi dell ' economia cristiana e , circondandosi di sapienti consiglieri come Einaudi e Cabiati , legò al nome suo un ' opera di ricostruzione delle finanze italiane importantissima , cui egli probabilmente non ha recato il contributo di un rigo . Lo scrittore riesce inferiore al politico appunto perché conserva lo stesso ideale di abilità , sincero , ma non sino ad abbandonarsi a compromettenti professioni di fede , storico onesto , ma con un secondo fine quasi inconsciamente sottinteso , uomo di cultura non sottile , privo di pericolose passioni per la verità . Ci lascia freddi anche quando riesce ad interessarci perché non si sa spogliare di un abito di monotonia che è diventato la sua seconda natura , e con l ' astuta bonarietà ha rinunciato anche all ' ultimo residuo eroico che vi era nel superiore cinismo di Giolitti sì che nella sua figura è rimasto solo più l ' arido atteggiamento di un politico che vuol conservare un equilibrio pratico tramontato . Sturzo Soltanto nel problema ( ormai storico ) della personalità di Luigi Sturzo sono riassunte le più insolubili difficoltà e i più sottili equivoci che impediscono al teorico e allo storico di comprendere la praxis del partito popolare . La posizione di Sturzo fu la prova più chiara che si sono elaborate tra i popolari idee politiche e stati d ' animo che non è possibile confondere col vecchio clericalismo . Lo stato di profondo disagio in cui l ' onorevole Meda si è venuto trovando a poco a poco nel suo partito , l ' improvviso tramonto della sua autorità di quasi capo di governo e indiscusso capo dei cattolici , non sono un caso di fortuna personale , non corrispondono a una sostituzione di idoli , ma hanno il carattere preciso di un rinnovamento ideale , di un mutamento di metodi e di concezioni . Filippo Meda restò nel partito popolare il rappresentante del vecchio clericalismo liberale e riformista , che fu soltanto un elemento nel complesso gioco politico tentato dallo Sturzo . Meda al governo è un uomo , un ' abilità pratica , non un ' idea : egli concilia cattolicismo e liberalismo senza neppure proporsi il problema della conciliazione . Ora l ' esperienza Murri , con tutte le sue confusioni romantiche , non si poteva tuttavia saltare senza chiarimenti . L ' esigenza Murri risolta invece senza escludere Meda , anzi giustificandolo , determinava problemi assai più complessi di cultura e di azione , sicché nel chiuso cerchio della vaga incertezza clericale dovevano penetrare nuovi elementi , più complessi dell ' idillio mistico . Il clericalismo era stato una letteratura di nostalgia e , nei suoi termini sociali , l ' origine di una tecnica di diplomatici : il partito popolare doveva diventare un termine della lotta politica . Far coesistere Miglioli e Crispolti , accettare l ' eredità di Murri e di Pio X , esaltare le elucubrazioni economiche di Toniolo e valorizzare l ' eclettismo di Tangorra , accogliere liberamente con sovrana superiorità persino l ' eresia , servirsi addirittura con sapienza regia dell ' elegante dilettantismo eristico di Luigi Ambrosini ( senza compromettersi , anzi compromettendolo ) : ecco la maestosa dialettica che il partito popolare ha imposto nella disorganizzata vita italiana , dimostrando con evidenza la verità del suo equivoco . Ora è agevole spiegare partitamente Speranzini e Anile , Gemelli e Crispolti , Miglioli e Meda . Ma in Sturzo si tratta di risolvere il problema di tutte queste antitesi , trovando il punto di legame pratico dell ' attività di tutte queste figure . Sturzo fu , più che il capo , il simbolo del suo partito : nella necessità del suo ufficio si nascose una funzione demiurgica che lo fa apparire come un enigma ai tecnici della politica , e che sconvolse persino la complessa astuzia di Giolitti . Sturzo , il messianico del riformismo trova dominante nella situazione in cui gli tocca agire l ' illusione riformista che educa il popolo al parassitarismo e all ' utilitarismo . Deve fare i suoi conti con le degenerazioni concrete del costume politico e morale . La sua figura di prete aperto e acuto sembra destinata in Italia a una funzione di riformatore , per l ' educazione civile di un popolo letterato . Nell ' illusione riformista il popolo si piega all ' utilitarismo , e questa corruzione allontana sempre più l ' unità due volte fallita . Bisogna impedire la catastrofe dell ' atomismo che i socialisti non vedono e non sanno evitare perché credono di fare agire delle coscienze , mentre non dispongono che di dilettanti inesperti . Per questo programma Sturzo è il messianico del riformismo . Accettando la formula cavouriana con la più ingenua convinzione lavora a fare che il popolo creda alla politica attraverso una pregiudiziale morale . Si propone di animare la vitalita delle democrazie , ma , chiuso nei limiti del suo problema , non può vedere la politica in funzione dello Stato e delle classi dirigenti . La sua attività è in diretto rapporto con gli elementi palingenetici dell ' avvenire dei popoli . Egli può dunque tentare l ' opera di proselitismo fallita ai democratici perché agita la bandiera del riformismo messianicamente e fa partecipare il popolo al processo della laicità valendosi delle illusioni di cui è ricco per natura un programma religioso . Né l ' eresia della praxis può incutergli timore perché accettando il vecchio liberalismo monco e riformistico egli rende più difficile la concorrenza dello Stato panteista e del marxismo . Invece , nella storia della Chiesa , Sturzo rappresentò per un analogo atteggiamento e secondo un ' identica misura la parte del riformista del messianismo , proprio perché politica e religione creano naturalmente posizioni reciproche . La guerra europea ha dimostrato che la Chiesa non può lottare contro tutta l ' Europa , non può teorizzare la sua antitesi con l ' eresia , ma deve anzi dialettizzarla con cautela in una pratica di diplomatici . Sturzo , alieno dalle posizioni rivoluzionarie , cercò anche in questa lotta la palingenesi pacifica e ai fermenti rumorosi oppose l ' agilità di una transazione . Il Risorgimento è un risultato che bisogna accettare : non vi si può contrapporre una Riforma religiosa come rivoluzione che scoppia dall ' esterno ad ampliare il dogma della Chiesa , rinnovandone la funzione di centro della vita europea . Alle torbide antitesi ideali , che si rivelerebbero come un anacronismo nelle condizioni della vita economica italiana , Sturzo contrappose lo spirito di una riforma che restasse nei metodi senza toccare la sostanza , paga di un ' agilità diplomatica e di una versatilità di consensi e di simpatie , chiusa nel tradizionale orizzonte di finezza e di duttilità del cattolico . Ma nel gioco fu più spregiudicato sino a far riuscire il suo cattolicismo alla politica , andando al popolo attraverso il Vangelo . È in lui la fede del cristiano ottimista e cauto , che opera secondo i suoi limiti di uomo , senza crisi , e sa che la divinità non può non essergli presente perché è universale . Sente i problemi più vivi dello spirito senza averne il terrore degli asceti ; la sua religiosità non è un tormento , ma uno stato di serenità , quasi uno stato di grazia - - per usare termini sacri in un discorso che vuol essere profano . È difficile trovare in Sturzo una professione teorica , di cristianesimo , e quando si direbbe che stia per pronunciarsi appare inadeguata perché egli non è intollerante e la preoccupazione del proselitismo si tempera in uno stato d ' animo di liberale . Ma il pensiero della trascendenza gli è presente anche quando egli non lo afferma , la sua filosofia della storia è cattolica e gli permette di guardare le cose con fiducia . Ché se dall ' azione trascorressimo all ' indagine della teoria per cercarvi un esempio più convincente di ortodossismo , il nostro ragionamento potrebbe riuscire assai rigoroso , ma non dovrebbe in nessun modo compromettersi in un atto di accusa contro le intenzioni perché anche la fede di Sturzo rispetta l ' imprevisto e non rifiuta di lasciarsi giudicare in ultima analisi dalla storia . C ' è , è vero , una premessa psicologica necessaria nella via che conduce all ' affermazione della trascendenza e talvolta poté sembrare che il proposito più segreto di Sturzo consistesse nel fare agire questa premessa . Mentre non si può difendere integralmente il dogma e la fede , senza ridursi a un oltraggio alla modernità , il verbo della fede e dell ' amore parlato dalla Chiesa opera spontaneo nella solitudine della coscienza individuale . Gli elementi palingenetici in cui Sturzo confida portano indirettamente al cattolicismo e si offrono nel momento giusto alle speranze inappagate dell ' umana debolezza . Si tratta di creare l ' aspettazione messianica in cui questi impulsi possano agire . Sturzo in questo viene incontro ardimentosamente al mondo moderno e sembra aspettare l ' istante di debolezza in cui la dedizione alla Chiesa universale potrà tornare necessaria . Notate infatti come egli si sforzi di vedere in ogni fatto politico un valore morale , come faccia risalire la giustificazione di ogni atto non alla realtà storica o all ' autonomia dei risultati obbiettivi , ma alla suprema dignità della morale individuale . La Chiesa potrà vincere ancora facendo conto sulla paura dei singoli di fronte alle crisi di coscienza . Ma se anche fosse stato questo il calcolo profondo di Sturzo , lo vedremmo facilmente convertirsi in un gioco pericoloso . La aconfessionalità poté sembrare il tentativo di convertire le armi dei liberali contro loro stessi . La lotta autonomista contro lo Stato burocratico fu talvolta lotta contro il socialismo e la politica liberale dei governi eretici : infatti è più facile nella praxis vincere gli spiriti singoli che gli Stati , i quali non conoscono le dure vigilie della coscienza , né la paura dell ' eresia . Dopo due millenni la tattica che ha servito a sgretolare dall ' interno l ' impero romano , quando non era possibile per la Chiesa domarlo dall ' esterno , ritornerebbe valida . Ma sarà possibile svegliare delle coscienze senza suscitare delle responsabilità ? Le volontà operanti , raggiunta la loro coerenza politica , si adatteranno ancora a chiedere la sanzione ? Se in Sturzo fosse continuata una nascosta pregiudiziale di clericalismo bisognerebbe avvertirlo che nei suoi conti avrebbe dimenticato il rovesciamento della praxis . Svegliando coscienze individuali , suscitando impulsi autonomi , egli invece operò di fatto come un liberale né seppe più fermarsi a mezza strada . Chi oserebbe dirci se il messianico del riformismo pratico avrà servito alla Chiesa o allo Stato ; se il riformista del messianismo avrà consolidato l ' ortodossismo o aiutata la logica del libero esame , favorendo il formarsi di pregiudiziali etiche laiche ? Liberalismo conservatore Chi osservi spregiudicatamente i risultati e i motivi pratici dell ' opera di Sturzo nel partito popolare deve ammettere che a queste domande egli si è sforzato di rispondere , con logica costante , come si conveniva allo spirito di un liberale conservatore . E soltanto la sua abilità e la profonda onestà ideale seppero evitare all ' equivoca azione del partito i due scogli dell ' eresia , che gli avrebbe tolto ogni importanza pratica , e del confessionalismo che l ' avrebbe ridotto idealmente a un ' inerte contraddizione . Il suo spirito di tolleranza si rivelò in pratica il pìù adatto a chiarire il problema delle relazioni tra Stato e Chiesa soffocando ogni rinascita del pericolo clericale . Il partito popolare confermò in ultima analisi l ' infallibilità della politica ecclesiastica di Cavour e di Jacini ; poiché la questione romana non mette in pericolo la religione e la nazione soltanto se permane un dissidio ideale tra Stato e Chiesa , una separazione di intendimenti , che possa giustificare nella vita internazionale l ' esistenza dei due poteri , mentre impone all ' Italia l ' obbligo di una dignitosa politica di libertà . Giova ricordare l ' importanza del chiarimento recato dai popolari nella vita italiana con l ' esempio di un partito cattolico che non subisce in nessun caso l ' influenza del Vaticano . Sturzo fu l ' antitesi più eloquente dell ' equivoco neoguelfo e del dogma giurisdizionalista : di fronte alla Chiesa le sue abdicazioni e concessioni furono tutte meno gravi di quelle alle quali si adattò Mussolini . Né la politica ecclesiastica fu il solo esempio di pratica liberale nel partito di Don Sturzo . Metodi e organizzazione si risolvevano in un senso schiettamente conservatore . I contadini e i piccoli proprietari partecipando al partito popolare entravano per la prima volta nella vita pubblica portandovi un caratteristico spirito di avversione verso la politica megalomane e la preponderanza plutocratica : dalla novità di questi interessi apertamente dichiarati si ebbe la revisione tecnica della cultura clericale . Gli antichi clericali non si erano preoccupati di problemi pratici : risolta la questione essenziale con una professione di ossequio alla Chiesa non vedevano nello Stato la risultante di tutte le forze economiche e contingenti , né pensavano di penetrarne le esigenze . Suggerivano non dei problemi ma delle pregiudiziali , come la negazione del divorzio e la propaganda contro la pornografia . Suscitati i nuovi problemi i tentativi di risolverli , secondo un metodo semplicemente problemista , hanno una funzione politica e conservatrice e Sturzo se ne è fatto un ' arma contro le intemperanze dogmatiche e retrive dei destri e contro la palingenesi demigogica dei sinistri . Il richiamo alla realtà rompe le aspirazioni in frammentarie esigenze concrete , ma riesce pure ad assegnare al partito popolare un ' adeguata missione e lo induce a farsi eco dei bisogni delle classi medie e agricole , impotenti a una rivoluzione , ma non più disposte a continuare nella politica parassitaria del collaborazionismo . Collaborazionisti poterono sembrare , in un difficile momento della vita italiana , i popolari , per il naturale istinto democratico che li moveva e perché la situazione del dopo ­ guerra favoriva ogni professione demagogica . Ma la logica di Sturzo fu sempre chiara nella dichiarata avversione a Giolitti per la sua politica finanziaria e nella difesa delle autonomie e delle libertà scolastiche contro l ' invadenza burocratica favorita , dai ceti medi socialistoidi . Soltanto la politica sindacale poté sembrare il punto oscuro ed equivoco del programma . La moda della difesa degli interessi professionali , l ' illusione che un parlamento del lavoro potesse risolvere le più difficili questioni , era invero in forte contrasto con l ' istinto democratico e le aspirazioni liberali connaturate con la difesa di interessi largamente diffusi , pacifici e tolleranti . Ma l ' errore fu scontato con la passione portata poi nella difesa del sistema parlamentare . Sturzo si assimilò il concretismo di Salvemini portando nel costume parlamentare almeno il tono di discussioni leali . Riproponendo il problema del regionalismo egli seguiva uno stile di singolare misura e di moderazione psicologica , riattaccando gli uomini alle tradizioni e agli interessi precisi , mentre tutta la politica si veniva facendo intorno a formule messianiche e a rivendicazioni retoriche . Disinteressandosi delle questioni più artificiose di politica estera proposte dai nazionalisti mostrava di intendere la necessità per gli italiani di dedicarsi a una politica di raccoglimento , e iniziava con singolare precisione il suo compito di rieducatore delle medie borghesie , guarendole dall ' infantilismo retorico , dall ' illusione dell ' avventura , dall ' irrequietudine propria degli spostati . Sfuggì a Don Sturzo , tra tanti problemi visti lucidamente e affrontati con amministrativa ponderatezza e modestia , il problema centrale della vita italiana , che condizionava tutti gli altri : il problema delle forze capaci di creare e sostenere una classe dirigente . Le simpatie della classe ecclesiastica , verso il nuovo partito , mentre furono in un primo tempo il segreto del suo successo , ne irrigidirono le manifestazioni contrastando il formarsi di organismi tattici corrispondenti alle sempre più incalzanti necessità di lotta aperta . Il sindacalismo bianco mancando di uno spirito battagliero di classe fu sfruttato dagli industriali come un espediente della resistenza agli operai estremisti alla stregua dei krumiri . Tutte queste debolezze si rivelarono irrimediabili nel momento dell ' offensiva fascista che , se non riuscì a eliminare il partito dalla vita italiana , ne diminuì tuttavia la funzione moderatrice e chiarificatrice . Non sapendo quali forze opporre ai vincitori la tattica più proficua parve allora a Sturzo un collaborazionismo guardingo che accanto alla demagogia retriva dei guerrieri disoccupati tendesse ad affermare la legittimità di un atteggiamento conservatore e rispettoso delle tradizioni . La proporzionale fu difesa appunto come uno strumento di pacifica democrazia e come il metodo più adatto per frenare le illusioni degli arrivati . Senonché la necessità penosa del sacrificio di Sturzo attesta appunto la presenza oscura di quegli equivoci e di quei pericoli ideali che hanno tenuto sin qui l ' osservatore spregiudicato in un atteggiamento di sospensione del giudizio circa il futuro . Lontani dal fascismo e non più responsabili dell ' esperimento di Mussolini la salvezza dei popolari per il futuro potrebbe consistere soltanto nella loro attitudine a tener conto non soltanto delle proprie organizzazioni , ma delle esigenze vitali della media borghesia agraria che si è consolidata nel decennio giolittiano e che costituisce una delle forze conservative permanenti , anche contro la nuova situa zione del fascismo . La fortuna e la necessità della pratica liberale moderata di Sturzo in questi anni consistono appunto nella sua capacità di continuare i compiti del giolittismo preparando le condizioni favorevoli alla libera lotta politica . III I socialisti Premesse riformiste Tra l ' equivoco del liberalismo come arte di governo , la demagogia nazionalista e il pericolo clericale il Partito Socialista Italiano non poté , neppure approssimativamente , nella sua logica e nella sua praxis apparire come un episodio politico connesso con la storia del marxismo in Italia . Il marxismo , dottrina dell ' iniziativa popolare diretta , preparazione di un ' aristocrazia operaia capace , nell ' esperimento della lotta quotidiana , di promuovere l ' ascensione delle classi lavoratrici è stato ripensato in Italia con qualche originalità soltanto da pochi solitari come Antonio Labriola e Rodolfo Mondolfo ed è valso a ravvivare qua e là i motivi di critica dei sindacalisti come Enrico Leone e Arturo Labriola . L ' esperimento torinese dell ' Ordine Nuovo fu la sola iniziativa di popolo alimentata dal marxismo . Sorto con le pretese di un partito rivoluzionario , il socialismo si esaurì nella tattica dei miglioramenti economici e del cooperativismo e finì con l ' aggregare alle sue file tutti i malcontenti della media borghesia , preoccupati di formarsi con la pratica riformista le proprie clientele parassitarie . Non ci meravigliamo che il problema istituzionale sia ignorato o dimenticato quando la vita economica tende naturalmente ad allargare l ' educazione politica trasportando le preoccupazioni dagli elementi formali e individuali alle esigenze della produzione . Ma è indice di insufficienza politica e legislativa il fatto che in nessuna circostanza si sia osato mettere in discussione il nostro Statuto , caratterizzato per i casi stessi che lo produssero , da uno spirito anacronistico trasgredito ogni giorno ; tanto più se si riflette che le vicende della pratica quotidiana dopo l ' unità facevano sentire come un peso continuo agli italiani l ' umiliazione della mancanza di libertà e di sicurezza . L ' esigenza libertaria in un paese in cui la preoccupazione della libertà è stata continuamente soffocata dalla preoccupazione dell ' unità , rimane così viva da poter giustificare la persistenza di un partito radicale fittizio , ridotto ad assumere atteggiamenti eroici da rivoluzione francese e a mascherare con pose garibaldine e mazziniane una sostanza di corruzione e di infantilismo . Trent ' anni di propaganda socialista furono per queste ragioni turbati e sconvolti dalla retorica dei principi e dall ' utilitarismo dell ' azione . I socialisti non discutevano di problemi pratici e di riforme politiche per mantenere purissime le premesse rivoluzionarie , e costretti poi a inserirsi nella realtà , non vi trovavano alcun impulso all ' intransigenza . La pratica riformista rimase priva di ogni lume della cultura e della tecnica , la predicazione rivoluzionaria s ' inebbriò di parole . Solo dopo due decenni di sforzi inani compresero l ' equivoco gli amici di Bissolati e cercarono di chiarirsi e di chiarire la situazione decidendosi a una pratica riformista di critica al governo . Purtroppo ai loro motivi genericamente umanitari mancava qualunque preparazione di studi e il loro esperimento si risolse in un fenomeno d ' imitazione francese . Salvemini Più interessante in sede di chiarimenti programmatici è l ' esperimento Salvemini nella storia del nostro socialismo . La posizione spirituale di Salvemini dal 1900 al 1910 appare analoga alla posizione di Sorel , se appena si tien conto delle condizioni specifiche in cui doveva ridursi la lotta politica italiana per effetto della immaturità storica ed economica . Pure il richiamo a Sorel non ci deve mettere in sospetto di rigoristiche premesse o di misteriose iniziazioni mitiche : perché il sorelismo che attribuiamo a Salvemini ( e che prescinde da qualunque ipotesi di lettura o di accettazione o di specifica influenza ) lungi dall ' avere un significato dogmatico vuol definire con precisione di rapporti storici la funzione critica che Salvemini ebbe di fronte al movimento socialista nelle sue degenerazioni riformiste e parassitarie . Ché se si volesse precisare il confronto in una questione di stile politico dovremo finire coll ' escludere decisamente nel Salvemini una vera e propria mentalità marxista , anche se considerazioni critiche valorizzate dall ' autorità del marxismo possano dargli giustamente ragione nella sua polemica con Turati . Sarà agevole mostrare come le idee direttive di Salvemini muovano da una formazione del tutto diversa e si dirigano verso altri orizzonti . Smascherando il rivoluzionarismo verboso di Enrico Ferri e mostrando come alla rivoluzione si oppongano inesorabilmente condizioni obbiettive le quali consigliano di volgersi invece ad una lotta decisa a ottenere le riforme politiche , Salvemini non faceva insomma che continuare la battaglia combattuta dai socialisti dal 1892 al 1901 per liberare i cittadini dal giogo dello Stato e del parlamentarismo estraneo , e per promuovere , richiamandoli alla loro responsabilità , iniziative coscienti invece che azioni demagogiche . Nella sua critica del riformismo , del socialismo di Stato e del parassitismo cooperativistico bisogna sottintendere una pregiudiziale non marxista , di semplice realismo politico , riferito a un liberalismo radicaleggiante con qualche accento di solidarismo . È lo stesso impeto di affetti e di commozione che lo porterà alle indagini sul problema meridionale . E talora infatti egli non vede altro che una questione di morale e di educazione . Ossia gli sfuggono i termini più schiettamente marxistici : il suo marxismo rimarrebbe in questi casi una semplice antipatia contro le superstrutture ideologiche , un amore per i fatti che scende in lui direttamente dal Cattaneo . Ma gli ammaestramenti realistici del Salvemini al partito socialista non si limitarono mai al feticismo dei fatti e alla morale della solidarietà o alle preoccupazioni costanti per il problema meridionale . Intanto alla sua adesione al socialismo non bisogna attribuire alcun proposito ideologico fuor della volontà di una lotta concreta contro tutti i privilegi : il motivo spiega anche esaurientemente il distacco . Ché se vorremo trattare qui delle più delicate questioni di personalità bisognerà confessare che proprio questo moralismo solenne , mentre costituisce il suo più intimo fascino , appare il segreto delle sue debolezze : la troppa moralità , l ' assenza di una liberazione ascetica dai termini individuali e pessimistici del problema rimangono i limiti della sua azione , caratteristico esempio di feroce intransigenza , mentre tutti abdicavano e negli accordi e nelle conciliazioni offrivano esempio della loro corrotta tolleranza . Chiarificatore , schematizzatore , chiuso al senso degli imponderabili egli è troppo sofferente per riuscire un uomo di lotta . Gli è più facile descrivere un fenomeno che aderire al gioco sottile delle forze operanti . Infatti , uscito dal socialismo senza critica e senza crisi , egli chiarì il suo illuminismo come problemismo ; più che una fede un canone descrittivo , un mezzo di capire . Egli cerca il fatto obbiettivo prescindendo dalle sfumature , ignorando le illusioni che presiedono alle opere . La sua concezione razionalista si risolve in un ' azione di illuminismo e di propagandismo , che può riuscire utile a una società di cultura , non a un partito ; è una preparazione elementare per la serietà delle classi dirigenti , ma non risolve il problema degli uomini e delle iniziative perché non dà il senso dell ' azione . Fisso alle pregiudiziali teoriche e morali egli non si libera dallo schema nell ' esame degli individui e si ridusse per vent ' anni a combattere una crociata contro Giolitti , il quale come uomo di governo aveva le sue stesse idee , i suoi metodi , i suoi pregiudizi , ma li presentava col cinismo del domatore invece che coll ' entusiasmo dell ' apostolo . Se il partito socialista fu sino al 1911 l ' avanguardia dell ' azione riformista del governo , Salvemini scorse i metodi ed elaborò le idee di questa pratica con la chiarezza che può trovarsi soltanto nel fanatismo di un avversario . Più tardi il distacco dal partito socialista richiamandolo ad interessi troppo specificamente regionali e ad un ' opera quasi di predicatore gli diminuì assai la sensibilità politica e la capacità di valutare le forze e i limiti della concretezza . Invece nel periodo della critica socialista , prima del 1910 , si trova in lui uno stile molto più complesso e una volontà assai più preoccupata del ritmo dialettico sociale . Si possono rileggere ancora con sorpresa e con cordiale adesione le sue critiche all ' equivoco dell ' anticlericalismo , e certo lo seguiamo consenzienti quando egli dice che « la classe lavoratrice deve crearsi da sé , con le sue forze , i suoi diritti » o lo vediamo notare quasi religiosamente che « le moltitudini hanno un fondo inesauribile di misticismo e d ' aspirazione al bene » o considerare pensoso « la meravigliosa forza di espansione morale che è racchiusa nella formula dell ' ideale socialista » . Alle aspettazioni utilitarie fiduciose nel mecenatismo governativo opponeva la « vera praticità delle grandi iniziative , apparentemente disinteressate » . È incontestabile che da questo senso cordiale di umanità e di esperienza storica i motivi della sua critica al riformismo ministeriale rimanessero assai più profondi e vari . Il suo antigiolittismo , che ora può parere quasi donchisciottesco , e che la storia si diverte a confondere con la sua ironia , ebbe un significato tragico ed eroico per le preoccupazioni religiose con cui il Salvemini considerò sempre ogni movimento popolare . In queste illusioni e in questi miti risiede una profonda capacità realistica . Come non preferire questa prima fase della lotta contro il socialismo di Stato , quando Salvemini è tutto preoccupato dal pensiero di evitare che aristocrazie diventando oligarchie restino assorbite dal ministerialismo e ne vengano così disgregati gli strumenti di lotta del partito operaio e la stessa unità della classe : mentre in seguito riduce tutte le sue lagnanze a una questione di giustizia ? Nessun dubbio che fosse quella veramente la via maestra per un ' azione politica non fittizia : in quanto soddisfaceva le necessità tattiche di coordinare la marcia delle avanguardie con quella del grosso dell ' esercito e poneva le precauzioni più evidenti per impedire la formazione di mediocrazie al posto delle vere éliles operaie . Rinunciandovi , Salvemini passava da Marx e da Cattaneo alla democrazia . Il motivo più valido del suo apostolato rimase la sua posizione concretamente unitaria di fronte al problema meridionale ; una posizione di franco liberismo , incapace di tradursi in azione per la persistenza di una solitudine moralistica . In realtà il Salvemini ebbe il torto di non elaborare la sua critica al rivoluzionarismo in una posizione decisamente rivoluzionaria e questo rimane il punto morto del suo liberismo e del suo regionalismo . La concessione del suffragio universale e della proporzionale furono la sua sconfitta irreparabile . Il suo moralismo istintivo poteva rimanere rigoroso sinché gli toccò la parte di vittima . Fatta alla Camera dei Deputati , la campagna epuratrice ed educativa ha un sapore d ' ironia e manca del fascino centrale . Il ritmo dell ' azione deve inseguire attraverso gli scopi concreti un ' illusione trascendente o l ' ideale di un ' autonomia infinita ; la liberazione che viene dagli istituti giuridici e dalle stesse riforme politiche è solo una molla ad agire e non significa nulla senza la forza delle iniziative . Il chiaro razionalismo di Salvemini era tratto invece a vedere esaurite e attuate le iniziative nel momento in cui si conquistavano le riforme ossia si lasciava sfuggire l ' insegnamento più realistico del movimento operaio : un imperativo liberale di intransigenza . Tuttavia Salvemini rappresenta un momento caratteristico e centrale nell ' opera del partito socialista : l ' opposizione costituzionale . Finché il partito socialista si accontentò di ripetere romanticamente motivi di rivendicazione degli oppressi esso poté rappresentare insieme contadini e operai , agire come rivoluzionario e come conservatore . E riducendosi sempre più a un partito di classi medie , con la psicologia caratteristica del consumatore , la via , additata dal Salvemini e seguita da Modigliani , della lotta antiprotezionista poteva anche parere la più coerente e la sola che si venisse a risolvere in una pratica educativa . Le formule gradualiste , integraliste , sindacaliste , anarchiche e rivoluzionarie erano enunciate tutte in termini irreali , echi imprecisi di concetti e di teorie legittime in altri paesi e vani sforzi di nascondere l ' equivoco sostanziale . L ' incapacità , rivoluzionaria si mostrava a mano a mano più evidente con la prevalenza delle organizzazioni settentrionali e col trasformarsi del socialismo del Nord in un partito quasi dominante , analogo per corruzione alle democrazie meridionali alimentate da quella media borghesia , eternamente soffocatrice degli sforzi compiuti dal proletariato agricolo per rinnovarsi , che era stata appunto l ' oggetto delle critiche più acerbe da parte del Salvemini e degli altri intellettuali dedicatisi alla lotta socialista . Allora Salvemini abbandonò il partito e venne chiarendo la sua azione come difesa liberale dei contadini . L ' equivoco riformista Il riformismo socialista era la conseguenza logica delle premesse e delle psicologìe manifestatesi nel primo incomposto sforzo di liberazione compiuto dai ceti popolari in Italia . L ' equilibrio della nostra lotta politica era duramente alterato dall ' eredità del Risorgimento : questo ha creato senza compierla né soddisfarla una specifica situazione rivoluzionaria , che se restò potenziale durante il travaglio dei tecnici e dei diplomatici nell ' opera d ' arte della creazione dello Stato italiano , diventava torbidamente esplicita quando lo Stato compiuto si scorgeva vuoto di significato ideale , incapace di essere vivificato dalle masse . D ' altra parte fuori del governo una mediocrazia pìù o meno sapiente che professa a priori una funzione di assistenza e di aiuto al popolo tenta di corrompere con le riforme e l ' opera di conciliazione ogni azione diretta , per illudere i ribelli con proposte pacifiche che le conservino una illuministica funzione educativa . Il partito socialista non si è accorto del gioco e ha lasciato che si riproducesse nel suo seno , con un ' infiltrazione di conservatori , un ' altra forma dell ' ineluttabile antitesi che separa nell ' immatura Italia popolo e governo . L ' accordo coi liberali conservatori e coi radicali era giustificato di fronte a Crispi e a Pelloux nella difesa delle pìù elementari condizioni di libertà . Ma superato il pericolo i socialisti non riescono più a distinguersi da Giolitti che per una più intensa demagogia : nell ' unità del partito , invano ridiscussa e proclamata si nascondono le più contrastanti sfumature , che riproducono in un linguaggio semi ­ estremista i vari motivi degli altri partiti italiani , dai conservatori ai radicali . La linea d ' azione è identica , non lottano diversi principi , ma diverse persone . Perciò Bissolati è stato più coerente e pìù sincero di Turati accettando una responsabilità di governo che era ineluttabile date le premesse ideali . Le pose antigovernative diventavano anch ' esse nel partito posizioni di governo , modi di lotta parlamentare . Passando dalla piazza a Montecitorio la rivoluzione si è convertita in una diplomazia . Il comizio è solo più l ' arma dell ' illusione dei nuovi capi , oltreché l ' artificio per appagare un istinto di tribuni , è il sistema adottato per rafforzare una posizione personale . La preoccupazione dell ' unità del movimento , al di sopra della coesione delle idee , diventava dominante per la necessità di apparire rappresentanti di una forte organizzazione ; e perciò si mantenne una parvenza di unità ricorrendo a tutte le formule intellettualistiche di nascosto arrivismo . La vuota eristica dei congressi - - dalla negazione delle tendenze ( Imola , Bologna ) all ' integralismo ( Roma ) , al riformismo di destra o di sinistra ( Firenze , Modena ) - - nasconde questo riposto calcolo . Gli sforzi autonomisti delle masse sfuggono alle analisi dei capi , fermentano invano in cerca di un ' espressione , affiorano finalmente nel modo più confuso dopo che la guerra europea sembra aver condotto alla responsabilità sociale nuclei nuovi di operai e di contadini . Ma quando si pone chiaramente il dissidio tra riformisti e rivoluzionari , Livorno è la squallida eredità di un equivoco durato 30 anni e l ' incertezza di Serrati disorganizza definitivamente le forze popolari . Turati Attraverso queste vicende un uomo rimane in campo , costante e senza contraddizioni perché non , mai deciso , animatore di tutta una tradizione politica , anche se alieno dall ' assumerne responsabilità di condottiero : Filippo Turati . Senonché qual valore dovremo dare a questa coerenza di trent ' anni di vita politica ? Il problema pare restringersi nei limiti di un fatto psicologico e questa del resto è la ragione invocata da tutti gli ammiratori di Turati . Ma la coerenza lineare , l ' identità delle parole e dei concetti , la fermezza del carattere annuncia qui un sentimentalismo di visioni dogmatiche , una conclusione prematura , che rimane unilaterale mentre si ritiene perfetta . E del resto qual ' è la natura speculativa , il nocciolo ideale dei luoghi comuni che viene ripetendo Turati ? Il marxismo non è penetrato nel suo spirito , non vi ha alimentato l ' esperienza realistica del condottiero di forze politiche . L ' ideologia turatiana non ha giustificazioni di aperta e vigorosa umanità , ma si limita in un momento caratteristico per la nostra storia , di assenza di lotta . L ' educazione di Turati lo porta assai lontano dai problemi di cultura e di realismo storico : il suo spirito si svolge sin dai primi scritti giovanili nell ' atmosfera spirituale della sociologia positivista e l ' umanitarismo che rese affascinante la sua propaganda tra le masse ha un colore utilitari sta e sostituisce troppo interessatamente le funzioni patriarcali del frate laico . Da Anna Kuliscioff imparò un marxismo di tinta romantica , da Enrico Ferri l ' ottimismo dello scienziato indulgente e l ' abito missionario del difensore dei miseri , da Bissolati la preoccupazione di trovare poche e chiare formule di sentimentalismo sociologico da applicare ai problemi politici . La sua morale non ha nulla di rigoristico , si riduce alla funzione difensiva della vita e dello sviluppo , un atomismo gretto e particolaristico che trasferendosi nel campo politico riduce i problemi di forza a una tattica di astuzie economiche . Del resto anche dove egli accetta l ' esigenza della conquista ( graduale ! ) del potere politico da parte delle masse il suo obbiettivo è di arrivare pacificamente a un mutamento radicale economico . Qui l ' intreccio è assai ingarbugliato e il problema dei rapporti tra economia e politica che il marxismo aveva validamente posto è ingenuamente trattato da una mente aliena dalle più sottili considerazioni di dialettica storica e di realismo della praxis . Al Turati basta salvare i suoi pregiudizi di natura ottimistica e il suo concetto tollerante del progresso : la lotta di classe e l ' importanza idealistica della conquista del potere da parte dei nuovi ceti operai per il rinnovamento del ritmo attivo della storia sfuggono alla sua critica . Di fronte alla grande importanza del comunismo critico e della disciplina rivoluzionaria da esso instaurata , il riformismo di Turati si rivela sterile e diseducatore . Un altro equivoco di cui Turati è responsabile nella nostra incultura politica si nasconde nelle interminabili discussioni sul dilemma : programma massimo o programma minimo . Il programma minimo è un programma di governo , è un espediente tecnico per l ' esercizio dei poteri statali . Ma non spetta , non è mai spettato a un partito di masse il compito di elaborare un tale programma , che non può alimentare se non parzialmente la lotta politica , e in tutti i casi soltanto attraverso metodi di alta maturità , analoghi a quelli proposti dall ' Ostrogorschi e perciò assai lontani dalle possibilità di un partito demagogico . L ' azione del popolo , nel momento storico presente può svolgersi soltanto secondo gli indirizzi di un programma massimo , una concezione della vita e della realtà elaborata come mito suscitatore di opere , e l ' interesse verso le riforme pratiche deve rimanere un interesse di ordine amministrativo , un provvedimento tattico per superare ostacoli contingenti . Ma la preparazione della vittoria in questa grande battaglia eternamente ripresa può venire soltanto dalla decisione del piano strategico . La strategia si risolveva nella tattica , nel decennio ultimo dei secolo scorso , durante il quale si ebbe l ' esperienza politica più vivace del Turati e del primo socialismo italiano . Risolto d ' amore e d ' accordo con radicali ed anarchici il problema materiale dell ' esistenza vennero a mancare fini più coerenti e lontani . Di fronte a Crispi e a Pelloux , Turati seppe condurre la battaglia con singolare arte diplomatica e con grande generosità . Riuscì a conservare al suo partito un ' individualità , pur approfittando del concorso decisivo degli elementi conservatori che gli erano indispensabili . Ma in questo compromesso si è esaurita tutta l ' originalità di pensiero del nostro socialismo . L ' antitesi coi sindacalisti e con gli anarchici significò appunto una pratica conservatrice . Il gradualismo attenuò ogni opposizione al potere costituito . L ' idea internazionalista fu mantenuta per pregiudizi di umanitarismo e di positivismo o , nel caso Treves , per una cruda necessità messianica di razza . Il giolittismo segna lo sfacelo di questa ideologia perché il governo si dimostra più illuminato e più umanitario che il partito . Mentre Salvemini sceglieva una pratica di opposizione ispirata a motivi pratici corrispondenti a una situazione squallida del proletariato rurale del Sud e si salvava così con la fecondità di una critica , Turati e gli altri parlamentari settentrionali del socialismo si riducevano sempre più penosamente ad una complicità non avvertita con le borghesie dominanti e salvavano le loro posizioni personali professando un grossolano pacifismo retorico e una filosofia democratica per cui speravano di procurare anche alle classi operaie organizzate del Nord i privilegi di cui godevano i dominanti . Da questa logica collaborazionista Turati non giunse ad assumere responsabilità di governo per mera timidezza . In realtà predicava alle masse con enfasi demagogica concetti e riforme che Giolitti attuava stando al governo . Il rivoluzionarismo poi serviva per ragioni elettorali e corrispondeva alla psicologia d ' inquietudine alimentata nella città moderna in spiriti non preparati al ritmo della vita industriale , venuti dalla campagna con l ' illusione dell ' avventura . La tragicommedia dell ' indecisione Dopo la guerra appena il popolo ebbe coscienza di esser rimasto esterno alla formazione nazionale , guidato per venti anni dai riformisti a un ' opera anarchica di sfruttamento dello Stato , e volle una sua disciplina sovvertitrice di un ordine impostogli da tradizioni non sue , Turati si trovò a parlare attraverso i fiori della retorica messianica un linguaggio reazionario . Il suo scetticismo verso ogni organizzazione di forze , la sua fede nella diplomazia giolittiana riuscirono in un momento storico solenne gravemente diseducatori . Per un ' opera di governo realizzatrice mancò la capacità degli uomini nel momento in cui le democrazie socialiste avrebbero potuto aggiungersi alle stanche democrazie borghesi . Si può giudicare ormai il fenomeno collaborazionista con animo perfettamente obbiettivo , ma si deve condudere che dopo le esperienze giolittiane e nittiane esso non recava nulla di nuovo nella nostra vita nazionale . Avrebbe consolidato opportunamente uno stato di fatto ormai insopprimibile , avrebbe dato un senso di tranquillità ai ceti medi turbati dall ' attesa seguita alle promesse della guerra . Non potendo animare questa situazione coll ' entusiasmo di un ' iniziativa epica , i socialisti avrebbero dovuto dominare gli eventi con la perizia amministrativa e lo spirito d ' ordine nella giustizia distributiva . Per una politica reale di conservazione bisognava trovare il punto di incontro e di reciproca tolleranza tra gli interessi plutocratici e le incalzanti richieste delle classi inferiori . Con l ' esperimento della guerra e con la politica di Nitti era stata preparata efficacemente la coesistenza delle due correnti mediante un ' opera legislativa che convertiva le contrastanti pretese in nuovi rapporti giuridici . L ' autorità che Filippo Turati e i suoi amici avrebbero potuto recare al governo partecipandovi assicurava la continuazione di questo equilibrio , nel quale il popolo si salvava per l ' avvenire . Invece le aristocrazie sindacali si trovarono svuotate di ogni consistenza politica , vittime di una pratica di corruzione e di caccia ai sussidi governativi . La loro avidità non le poteva assistere in un ' opera di conciliazione diplomatica . L ' organizzazione politica socialista era vittima del suo stesso successo che si era risolto in un ingigantimento burocratico . L ' adesione di larghi strati di malcontenti tolse ogni agilità di movimento al partito . Invece di essere un ' avanguardia disciplinata pronta alla manovra come un esercito , i tesserati riprodussero le incertezze della situazione italiana , divisi tra un nucleo di operai formatisi nella vita della città moderna e una turba di contadini indeboliti più che affrancati dalla breve esperienza vissuta come imboscati nella fabbrica . La partecipazione di nuclei più propriamente agricoli , esasperati dalla guerra , accrebbe la confusione perché non si seppe farli agire al loro posto come gregari inquadrati . Non è qui il luogo di rilevare gli errori insiti nella diagnosi della situazione offerta dai rivoluzionari . Ma bisogna constatare che ai rivoluzionari i riformisti non seppero rispondere con un pensiero chiaro e originale . Non seppero contrapporvi un ' organìzzazione propria . Esplicarono un ' opera corrodente e invece di assumere le loro responsabilità fuori del partito vi agirono come sentinelle avanzate di una tattica che godeva la fiducia degli industriali , aderendo alla rivoluzione colle parole , ma boicottando coi fatti ogni sforzo di chiarimento . Rimasero nel partito soltanto per non diminuire la loro influenza parlamentare che doveva riuscire completamente feconda nel momento in cui essi avrebbero portato a Giolitti o a Nitti il dono di un proletariato acquiescente e addomesticato . Ma questo stesso proposito fu perseguito coi sistemi infantili di una organizzazione da carbonari . Il mestiere del tribuno aveva ucciso in questi uomini tutti i sensi del diplomatico . Le giornate del luglio 1922 resteranno l ' esempio più ingenuo di una battaglia combattuta con tutte le intenzioni di essere sconfitti . Mentre le possibilità immediate della situazione si risolvevano tutte nel collaborazionismo , essi subirono il giuoco della crisi parlamentare , ebbero gli scrupoli più inopportuni nel momento in cui la loro opera era richiesta e poteva ancora salvare il proletariato da una reazione apertamente violenta , smobilitarono le forze definendo legalitario uno sciopero che restava l ' ultima possibilità di vincere la battaglia e finirono umoristicamente col presentarsi candidati al governo quando la borghesia , evitato il pericolo , non si doveva più fare alcun scrupolo di respingerli con le beffe . Lo storico di questo episodio quasi ameno , che fu la prima vittoria , non cercata , dei fascisti , non potrà salvare né le menti né i caratteri : anche nella favola la figura della volpe gabbata riesce una parte priva d ' indulgenza . Turati , Modigliani e i mandarini sindacali s ' illudevano di trovare in tutta Italia la situazione milanese di ottimismo e di bonaria complicità . Nel loro collegio elettorale come in Parlamento non riuscivano a rappresentarsi quella vita di passione e di esasperazione che non erano stati capaci di leggere trent ' anni prima nelle opere di Carlo Marx . Teso verso un ' aspettazione non mai appagata il proletariato restava ormai inerte e senza interesse verso l ' esperimento riformista . Il tono della vita italiana veniva dato da nuovi elementi e la volontà reazionaria dei gruppi più esperti si valse della disoccupazione degli spiriti e della disoccupazione delle braccia per tentare un ' offensiva in grande stile , che si nascose , come accade , sotto la retorica del patriottismo . A guardar bene le cose non era che il secondo termine , identico anche se reciproco , dell ' aspirazione collaborazionista : non dovremo meravigliarci se i gregari della reazione si trovarono ad essere gli stessi che avevano aspettato l ' offensiva di sinistra , né che i capi , se pur dovettero mutare , resultassero negli effetti fratelli di pensiero e di illusioni ; - - insomma che proprio i fascisti si dovessero trovare con la più allegra sventatezza a proporre la palingenesi collaborazionista . Senonché i fascisti erano guerrieri oltre che tribuni e non accadde che si disponessero a recitarci la tragicommedia dell ' indecisione . IV I comunisti La fabbrica Per gli sforzi di un nucleo intelligente di capitani d ' industria ( i soli borghesi che abbia avuto l ' Italia ) c ' era a Torino , almeno inizialmente , prima della guerra europea , una industria moderna . La guerra la ingigantì : per opera di Giovanni Agnelli , si venne creando intorno alle officine Fiat un organismo industriale da cui tutta l ' attività cittadina ritrasse nuova fisionomia . « Si tratta - - per dirla con uno scrittore comunista di un gigantesco apparato industriale che corrisponde a un piccolo Stato capitalista , che è un piccolo Stato capitalista e imperialista , perché detta legge all ' industria meccanica torinese , perché tende , con la sua produttività eccezionale , a prostrare e ad assorbire tutti i concorrenti , un piccolo Stato assoluto che ha il suo autocrate » . L ' importanza delle officine Fiat non si riduceva ai progressi della tecnica o dell ' economia , ma dipendeva da una specifica situazione moderna . Si veniva sviluppando in una grande città la prima industria modello che creava una nuova psicologia del cittadino . Torino fu così la città moderna della penisola , sede di un ' industria aristocratica accentrata , per selezione di spiriti e di capacità , nelle mani di pochi uomini geniali , e divenuta la cellula iniziale di un organismo economico in cui la coordinazione degli elementi e l ' esperienza dei nuovi sistemi produttivi alimentava negli individui una coscienza sociale . Soltanto queste caratteristiche possono spiegare l ' originalità della vita politica torinese , mentre a Milano il dilettantismo commerciale ( Notari ) suscita una psicologia riformista contraria alla politica intransigente della città industriale . Infatti a Torino l ' accentramento industriale venne creando l ' accentramento operaio . La selezione degli spiriti direttivi promosse la selezione delle intelligenze operaie e il raffinamento delle virtù della mano d ' opera . Né questi coefficienti di progresso tecnico possono rimanere inerti di , conseguenze politiche . Il capitalismo seguendo la sua estrema logica ideale , con un processo che sembrava dar ragione a Marx , costringeva il movimento operaio a riprendere le sue premesse ideali , a organizzarsi intorno al suo centro di vita quotidiano e lo aiutava direttamente ad esprimere la sua logica di ribelle . I vecchi miti della socialdemocrazia italiana e straniera ( fragili documenti di rivoluzionarismo o di riformismo secondo i diversi temperamenti che li rivivevano ) caddero inutili di fronte all ' esperienza diretta . Alla visione politica di chi li accettava restò il dilemma tra la confusa agitazione demagogica ( Bombacci ) o il pauroso ripiegamento retrivo del riformismo . Chi avvertendo le nuove esigenze delle classi popolari si provò a studiarle poté constatare che la loro struttura era fondamentalmente mutata . S ' affermavano qua e là vigorose minoranze operaie che , conquistata la propria coscienza di classe , ne deducevano con logica infallibile posizioni pratiche di lotta . L ' ideale di una classe operaia aristocratica , conscia della sua forza , capace di rinnovare se stessa e la vita politica quale era balenato alla visione storica di Marx , intuizione che rimane per noi al disopra delle macchinose costruzioni economiche la parte viva del marxismo , trovava una risonanza concreta per cui inserirsi fecondamente nello sviluppo dell ' economia italiana . La specializzazione quasi tayloristica del lavoro suscitava nell ' operaio la coscienza della sua necessità . D ' altra parte contro l ' umile ideale americano e protestante di un lavoro ridotto a puro fatto meccanico , complesse esigenze di produzione che facevano partecipare un nucleo sempre più numeroso di eletti al segreto e alle difficoltà del lavoro qualificato , generavano nei salariati una coscienza oscura di idealismo aristocratico che fermentava in un bisogno di potere . S ' incontravano così due momenti della civiltà moderna proprio nella fase più tormentosa del loro ascendere . Intorno ai nuclei più veggenti degli operai e degli intraprenditori si raccoglievano dall ' una parte e dall ' altra i gregari recando alimento di complesse esigenze alla lotta . La città divenuta centro della vita e delle aspirazioni che la circondano obbliga gli immigrati ( operai manuali e piccoli borghesi commercianti ) ad accettare il loro posto di combattimento tra le contrastanti esigenze di una dialettica che li sovrasta . Di fronte all ' Italia , indifferente a questo processo improvviso e turbinoso , parve che a Torino dovesse incombere un ' altra volta il compito di riconquistare la penisola alla vita europea . La teoria di questa nuova realtà economica fu tracciata frammentariamente e parzialmente dai giovani dell ' Ordine Nuovo . Essi elaborarono attraverso l ' esperienza politica che si svolgeva dinanzi ai loro occhi , l ' idea di un organismo che raccogliesse tutti gli sforzi produttivi legittimi , aderendo plasticamente alla realtà delle forze storiche e ordinandole liberamente in una gerarchia di funzioni , di valori , di necessità . Il consiglio di fabbrica , nel quale le esigenze del risparmio , dell ' intrapresa e dell ' opera esecutrice si organizzano secondo il pregio che è peculiare di ciascuno , nella misura dell ' attività svolta , fu la loro idea nuova e precisa in nome della quale cercarono di chiamare a raccolta gli operai e di dare loro una personalità politica . Accanto e contro questa caratteristica esperienza torinese si avvertivano intanto in Italia le risonanze imprecise di una nuova situazione internazionale che suscitava complessi ideali nel travaglio di difficili antinomie : le avanguardie rivoluzionarie torinesi si trovarono così di fronte all ' ostacolo dei nuovi problemi di tattica , teoria e psicologia popolare determinati dalla situazione generale . La crisi rivoluzionaria internazionale fatta di aspirazioni messianiche insoddisfatte , di miseria e di impotenza , prevalenti nelle maggioranze , diventava per l ' appunto l ' antitesi dei propositi e dell ' azione alimentati nelle aristocrazie proletarie per un ' esperienza caratteristica e autonoma . Il problema contro cui si spezzarono le energie dei teorici torinesi del consiglio di fabbrica fu il rapporto e la coordinazione tra la confusa incertezza dei riposti impulsi dominanti nelle masse popolari della nazione e il loro istinto rivoluzionario concreto . Gramsci Se si vuole penetrare nelle intime caratteristiche di cultura e di psicologia del gruppo che diresse il movimento comunista torinese bisogna risalire alla storia del giornalismo socialista negli anni di guerra . Nel 1914 il socialismo torinese aveva la stessa impreparazione e superficialità provinciale che vedemmo caratteristica di tutto il movimento italiano . Invece di una politica di ideali , capace di esercitare un ' influenza educatrice , invece di organizzare le idee almeno intorno all ' astratta e pur sempre generosa bandiera dell ' internazionalismo , professarono i più , prendendolo a prestito dai giolittiani , un gretto neutralismo , arido , privo di motivi spirituali , utilitarista , a mala pena giustificabile in una mentalità di governo , ma affatto ripugnante a un partito di popolo . La mancanza di idealità e di intransigenza nel partito corrispondeva alla mancanza di un nucleo di dirigenti colti e operosi . La fisionomia del vecchio socialismo torinese fu data quasi essenzialmente dall ' esistenza dell ' Alleanza Cooperativa , grande organismo economico che si rivelò capace di sostenere la concorrenza del libero commercio nel provvedere alle esigenze del consumo , ma , in sede politica , fu scuola di collaborazionismo e di spirito burocratico . Né alcuna corrente che divenisse dominante nel partito ne poté prescindere , perché questa era la vera base finanziaria del partito , nella sua azione locale . Nofri , tecnico del cooperativismo , nel quale poté anche trovare il suo canonicato , Casalini il missionario dell ' igiene , il medico dei poveri , che lavorando nel suo Comune esauriva tutti i suoi ideali filantropici , Morgari l ' apostolo popolare nella lotta contro i soprusi e i privilegi , furono le figure eminenti e popolari nella psicologia rudimentale delle masse . Il « marchese » Balsamo Crivelli , il raffinato dell ' erudizione , il Pastonchi degli studi storici , e il « professore » Zino Zini recarono al quadro i necessari colori romantici , con la loro adesione aristocratica e filosofica alla causa degli umili e degli oppressi . La preparazione e la fisionomia spirituale di Antonio Gramsci invece apparivano profondamente diverse da queste tradizioni già negli anni in cui egli compiva i suoi studi letterari all ' Università di Torino e si era iscritto al partito socialista , probabilmente per ragioni umanitarie maturate nel pessimismo della sua solitudine di sardo emigrato . Pare venuto dalla campagna per dimenticare le sue tradizioni , per sostituire l ' eredità malata dell ' anacronismo sardo con uno sforzo chiuso e inesorabile verso la modernità dei cittadino . Porta nella persona fisica il segno di questa rinuncia alla vita dei campi , e la sovrapposizione quasi violenta di un programma costruito e ravvivato dalla forza della disperazione , dalla necessità spirituale di chi ha respinto e rinnegato l ' innocenza nativa . Antonio Granisci ha la testa di un rivoluzionario ; il suo ritratto sembra costruito dalla sua volontà , tagliato rudemente e fatalmente per una necessità intima , che dovette essere accettata senza discussione : il cervello ha soverchiato il corpo . Il capo dominante sulle membra malate sembra costruito secondo i rapporti logici necessari per un piano sociale , e serba dello sforzo una rude serietà impenetrabile ; solo gli occhi mobili e ingenui ma contenuti e nascosti dall ' amarezza interrompono talvolta con la bontà del pessimista il fermo rigore della sua razionalità . La voce è tagliente come la critica dissolutrice , l ' ironia s ' avvelena nel sarcasmo , il dogma vissuto con la tirannia della logica toglie la consolazione dell ' umorismo . C ' è nella sua sincerità aperta il peso di un corruccio inaccessibile ; dalla condanna della sua solitudine sdegnosa di confidenze sorge l ' accettazione dolorosa di responsabilità più forti della vita , dure come il destino della storia ; la sua rivolta è talora il risentimento e talora il corruccio più profondo dell ' isolano che non si può aprire se non con l ' azione , che non può liberarsi dalla schiavitù secolare se non portando nei comandi e nell ' energia dell ' apostolo qualcosa di tirannico . L ' istinto e gli affetti si celano ugualmente nella riconosciuta necessità di un ritmo di vita austera nelle forme e nei nessi logici ; dove non vi può essere unità serena e armonia supplirà la costrizione , e le idee domineranno sentimenti e espansioni . L ' amore per la chiarezza categorica e dogmatica , propria dell ' ideologo e del sognatore gli interdicono la simpatia e la comunicazione sicché sotto il fervore delle indagini e l ' esperienza dell ' inchiesta diretta , sotto la preoccupazione etica del programma , sta un rigorismo arido e una tragedia cosmica che non consente un respiro di indulgenza . Lo studente conseguiva la liberazione dalla retorica propria della razza negando l ' istinto per la letteratura e il gusto innato nelle ricerche ascetiche del glottologo ; l ' utopista detta il suo imperativo categorico agli strumenti dell ' industria moderna , regola colla logica che non può fallire i giri delle ruote nella fabbrica , come un amministratore fa i suoi calcoli senza turbarsi , come il generale conta le unità organiche apprestate per la battaglia : sulla vittoria non si calcola e non si fanno previsioni perché la vittoria sarà il segno di Dio , sarà il risultato matematico del rovesciamento della praxis . Il senso epico è dato qui dal freddo calcolo e dalla sicurezza silenziosa : c ' è la borghesia che congiura per la vittoria del proletariato . Come scrittore Gramsci fu una rivelazione dell ' Avanti ! . Nella pagina dedicata alla vita torinese egli ebbe una rubrica sua , Sotto la Mole , di polemica distruttrice e di satira acerba : nei suoi scritti si sentì subito uno stile feroce , incalzante , dialettico , serenamente rude : la lucida disperazione catastrofica di Marx mescolata con le visioni di dialettica storica di Oriani , e l ' arte delle rispondenze e delle costruzioni armoniche attinte dai classici . Ma la sua attività di teorico del processo rivoluzionario incomincia con l ' opera prestata nel Grido del Popolo . Il piccolo settimanale di propaganda del partito diventò nel 1918 una rivista di cultura e di pensiero . Pubblicò le prime traduzioni degli scritti rivoluzionari russi , propose l ' esegesi politica dell ' azione dei bolscevichi . L ' animatore di queste ricerche , benché il direttore apparente sia altri , è il cervello di Gramsci . La figura di Lenin gli appariva come una volontà eroica di liberazione : i motivi ideali che costituivano il mito bolscevico , nascostamente fervidi nella psicologia popolare , dovevano agire non come il modello di una rivoluzione italiana ma come l ' incitamento a una libera iniziativa operante dal basso . Le esigenze antiburocratiche della rivoluzione italiana erano state avvertite dal Gramsci , fin dal 1917 , quando il suo pensiero autonomista si concretò in un numero unico , dal titolo significativo , La città futura , pubblicato come modello e come annuncio di un giornale di cultura politica operaia . L ' Ordine Nuovo La città futura diventa nel 1919 l ' Ordine Nuovo , il solo documento di giornalismo rivoluzionario e marxista che sia sorto in Italia con qualche serietà ideale . Nell ' Ordine Nuovo il tragico dissidio di ogni azione politica italiana - - ineluttabilmente incerta tra una tendenza all ' autonomia e una tradizione riformista - - si avvertì sin dai primi numeri nel contrasto di pensiero tra i fondatori . Bisogna ricordarli per l ' opera singolare a cui si dedicarono : erano , accanto a Gramsci , Tasca , Togliatti e Terracini . Il temperamento di Terracini è politico più che teorico . Antidemagogico per sistema , aristocratico , contrario alle violenze oratorie , ragionatore sottile , fermo nella polemica e nell ' azione fino all ' aridità e alla cocciutaggine . Spregiudicato nel giudizio delle idee , disposto a trattarle come forze , secondo l ' opportunità . Era il diplomatico , il Machiavellico ; ma così privo di simpatia e di qualità incitatrici che quando rimase per ultimo sulla breccia nessuna delle sue qualità diplomatiche gli valse a vincere l ' arida solitudine che lo circondava , per preparare un ' azione . Togliatti , trovatosi anche lui come Terracini in una posizione di responsabilità , fu vittima della sua inquietudine che pare cinismo inesorabile e tirannico ed è indecisione , che fu giudicata equivoco e forse è soltanto un ipercriticismo invano combattuto e che tuttavia deve lasciare sospeso il nostro giudizio obiettivo . Il vero dissidio si ebbe tra il Gramsci e il Tasca , e fu la prova del fuoco che rivelò nel primo l ' uomo maturo a intendere i nuovi problemi . Angelo Tasca veniva al movimento politico da un ' educazione prevalentemente letteraria e con mentalità di propagandista e di apostolo . Collaboratore dell ' Ordine Nuovo lo pensava come una rivista di idee che riprendesse il problema di Antonio Labriola e tracciasse una revisione del marxismo e la storia del movimento intellettuale socialista . Cominciò con una serie di studi su Louis Blanc , scritti con la cura bibliografica di un collaboratore del Giornale storico della letteratura italiana ; il suo interesse , oltreché all ' onestà delle citazioni e dello schedario , si rivolgeva al problema della piccola proprietà con atteggiamenti sentimentali quasi piccolo ­ borghesi : qualcosa di patriarcale , di Bakounine e di Turati insieme , restava nel suo pensiero . Socialismo di un letterato , di un messianico che concepiva la redenzione popolare come palingenesi illuministica e alla civiltà moderna sovrapponeva un suo sogno di virtù operaia piccolo ­ borghese , che si alimentasse di abitudini moderate e ataviche , di una tranquillità raccolta nella casa ­ giardino . La fantasia dell ' intellettuale lottò sempre in lui con l ' equilibrio del latino colto , il messianismo cristiano soverchiò talvolta la serenità calcolatrice del piemontese . Dopo i primi mesi durante i quali l ' Ordine Nuovo visse una vita sterile di tentativi e di enfasi ( le sole cose vive erano alcune brillanti cronache culturali in cui si rivelò il caustico ingegno di Palmiro Togliatti ) il Gramsci impose come problema centrale la discussione dei consigli di fabbrica . Questi dovevano essere nel suo pensiero i quadri del nuovo Stato operaio , e , nel periodo di lotta violenta , i quadri dell ' esercito rivoluzionario ; alle astratte propagande si trattava di sostituire un ' azione concreta , gli operai dovevano abituarsi a una reale disciplina e a un cosciente esercizio d ' autorità , dovevano acquistare a contatto con i loro organismi di lavoro una mentalità di produttori e di classe dirigente . Se nella fabbrica si svolge la vita operaia , nella fabbrica si devono organizzare gli operai per resistere di fronte agli industriali . Il nuovo Stato che non sorge più in nome degli astratti diritti e doveri del cittadino , ma per secondare l ' operosità dei lavoratori , deve aderire plasticamente agli organismi in cui la loro attività si svolge e di qui attingere la conoscenza dei loro bisogni , qui indagare i loro problemi . Comunque si debba giudicare della validità pratica di tali formule questa era finalmente una concezione rivoluzionaria di fronte a cui tutto il bagaglio di astrattismo e di riformismo doveva cadere . Il sindacalismo di Tasca che accettava i consigli per attribuirvi lo stesso valore propagandistico dei sindacati si rivelava inadeguato alla coscienza operaia . Egli rimase estraneo al nuovo esperimento di lotta di classe . L ' Ordine Nuovo diventò il centro intorno a cui affluirono i nuclei più coscienti dei proletari , che ne attesero la parola d ' ordine durante le lotte più gravi , nei momenti più incerti . L ' occupazione delle fabbriche e la campagna elettorale per la conquista del comune furono gli episodi culminanti dell ' offensiva proletaria , diretta dagli uomini che ne avevano dato la teoria . Ma contro l ' azione della nuova aristocrazia stava il peso morto dell ' eredità socialista , l ' incapacità dei dirigenti confederali , gli ideali utilitaristi a cui la massa piccolo ­ borghese era stata educata , lo spirito reazionario dei contadini venuti confusamente al partito , infine la limitatezza stessa chiusa e impotente dei dirigenti , che non riuscirono a dividersi i compiti e a ritrovare nuovi uomini adatti , mentre l ' arrivismo soffocava da tutte le parti il movimento troppo precoce . In questo dissidio l ' opera dell ' Ordine Nuovo si rivelò insufficiente a far prevalere le sue soluzioni . La lotta per i Consigli Per tutto l ' anno 1920 il Consiglio di fabbrica fu il centro dell ' attività rivoluzionaria , il problema intorno a cui si distinsero le varie sfumature del movimento operaio , l ' organo della lotta contro le organizzazioni industriali . Mentre queste seguendo esigenze locali si mostravano fortemente battagliere e si sentivano moralmente e intellettualmente alla testa dello sviluppo industriale della nazione , gli scrittori dell ' Ordine Nuovo alla loro volta capivano di non poter resistere coi vecchi principi di comuni discussioni sindacali , di non poter aderire alla tattica meramente economica della Confederazione Generale del Lavoro , quando il movimento impegnava la personalità degli interessati integralmente e senza tregua : la lotta generale doveva avvenire su un fronte unico di azione . Mario Guarnieri , un riformista , ci ha lasciato i documenti , alquanto tendenziosi per lo stesso eclettismo ostentato , dell ' elaborazione prima di questo pensiero e delle discussioni preliminari tra fautori e avversari dei consigli . Ma il dissidio teorico e pratico ha risonanze assai più complesse di una questione di persone e corrisponde a caratteristiche schiettamente regionali , determinate da condizioni di più raffinato progresso tecnico e di più viva comprensione dei rapporti politici tra le classi sul terreno della produzione . Nell ' agosto del 1919 i gruppi operai della Fiat ­ centro , coi quali il Granisci era in intimo rapporto di discussione e di collaborazione pensarono di creare i nuovi organismi di lotta e di organizzazione proletaria , movendo da un ' istituzione preesistente , le commissioni interne . Queste , sorte da parecchi anni nella città , senza notevoli opposizioni da parte degli industriali , erano destinate secondo il pacifico Colombino a costituire una nuova specie di scuola di arti e mestieri e nel recondito pensiero di Buozzi avrebbero potuto perfino recare incremento alla produzione . Si trattava di rinunciare ai limiti posti all ' organizzazione economica dagli accordi stabiliti esplicitamente o implicitamente coi padroni , e di affermare le commissioni interne come organismi politici , che esercitassero un potere accanto e contro il potere padronale , estendendoli fino a dar loro la struttura dei veri e propri consigli di fabbrica , capaci di imporre agli operai la loro disciplina e di organizzarli secondo le naturali gerarchie di produzione . L ' esperienza insegnò subito che le commissioni interne potevano riuscire un buon punto di partenza per una specie di tradizione psicologica . Ma le funzioni del nuovo consiglio dovevano rimanere distinte dalle antiche della commissione o almeno in ogni reparto bisognava assegnare a nuovi commissari le funzioni direttrici del movimento operaio . L ' Ordine Nuovo , aiutato dall ' edizione torinese dell ' Avanti ! che Ottavio Pastore acconsentiva a far diventare quasi il prolungamento naturale del pensiero del Gramsci , si assunse la direzione e la preparazione degli organismi economici e dell ' opera politica . Dimostrò l ' originalità del nuovo movimento dei consigli e la necessità di tenerli distinti dall ' azione sindacale . Il sindacato è organo di resistenza , non di iniziativa , tende a dare all ' operaio la sua coscienza di salariato , non la dignità del produttore : lo accetta nella sua condizione di schiavo e lavora per elevarlo , senza rinnovarlo , in un campo puramente riformistico e utilitario . Nel Consiglio invece l ' operaio sente la sua dignità di elemento indispensabile della vita moderna , si trova in relazione coi tecnici , cogli intellettuali , cogli intraprenditori , pone al centro delle sue aspirazioni non il pensiero dell ' utile particolare , ma un ideale di progresso e di autonomia per cui egli possa rafforzare le sue attitudini , e cerca di fondare un ' organizzazione pratica attraverso la quale la sua classe conquisti il potere . Lo schema di azione non era più grossolanamente democratico e pedagogico : la nuova società da instaurare non doveva essere la società del popolo indistinto , ma del popolo come proletariato . Il governo sarebbe stato un ' aristocrazia venuta dal basso , capace di ricevere l ' eredità della classe dirigente esausta . Nonché organo di collaborazione il Consiglio appariva come la cellula prima della futura organizzazione economica e politica e come l ' esercito del fronte unico di lotta nel periodo anteriore alla conquista del potere . A capo di questo movimento vi furono gruppi di operai che nel mito dell ' Ordine Nuovo sentirono la loro libertà . Si ebbe l ' esempio di giovani proletari dedicati alla propaganda rivoluzionaria senza messianismi e senza speranze umanitarie , che parlavano un linguaggio di hegeliani inconsci , e mettevano al disopra dei loro pensieri un ideale arido e austero di Stato . E poiché le masse non potevano intendere e partecipare volontariamente alle nuove idee , si assunsero il compito di guidarle dove quelle non sapevano vedere , di farle trovare di fronte ad avvenimenti che le determinassero coscienti o no ad un ' azione precisa . Riuscirono infatti ad organizzare e ad imporre per 10 giorni , a Torino , nell ' aprile 1920 , uno sciopero generale che non si proponeva le solite rivendicazioni di salario , ma uno scopo nettamente ideale : il mantenimento dei Consigli . Lo sciopero fallì perché il Consiglio Nazionale del partito socialista lo volle circoscritto a Torino e perché gli industriali , guidati intelligentemente dall ' Olivetti ( che aveva studiato il pensiero dei nuovi rivoluzionari e ne aveva penetrato lo spirito e i pericoli ) si opposero con tutte le forze . Tuttavia la sconfitta fu uno di quegli ammaestramenti solenni che esperimentano la costanza delle volontà e consentono il calcolo delle forze . Non infranse la disciplina operaia , anzi provò una capacità singolare di sacrificio . Dimostrò l ' inettitudine del partito socialista ad ogni azione diretta ; fece intendere l ' esigenza di imprimere al movimento un ' organizzazione politica nazionale , capace di dire a tutti gli operai la parola d ' ordine necessaria per la difesa dei gruppi più progrediti che si trovano all ' avanguardia del movimento rivoluzionario . Il dissidio , tra l ' Ordine Nuovo e Serrati era sostanzialmente questo : per il primo il fronte unico dell ' azione proletaria doveva essere nelle trincee più avanzate ; per Serrati alla retroguardia . Questi pensava l ' occupazione del potere come coronamento dell ' elevazione generale delle masse ( utopia mazziniana astrattista e indeterminata ) , Gramsci credeva all ' elevamento delle masse solo attraverso l ' occupazione del potere . Tra queste due mentalità , una democratica , l ' altra marxista , l ' antitesi si dimostrò sin dall ' aprile 1920 , e a quella data risale la costituzione effettiva di un partito comunista torinese , distinto e contrastante dal partito socialista . E il battesimo del nuovo partito fu l ' occupazione delle fabbriche del settembre : la rivincita della battaglia perduta nella primavera , la prova del fuoco della maturità degli operai torinesi . Senonché la vittoria segnò insieme la conclusione e la decadenza perché dimostrò l ' impossibilità di estendere il movimento a tutta l ' Italia sia per gli ostacoli economici , sia per l ' inesistenza fuori di Torino di una classe dirigente operaia matura . Di fronte al grandioso movimento dei Consigli qui descritto un liberale non può assumere la posizione meramente negatrice di Luigi Einaudi e di Edoardo Giretti . Siamo di fronte a uno dei fenomeni più schiettamente autonomisti che abbiano saputo prodursi nell ' Italia moderna . Chi fuori di ogni pregiudizio di partito , pensoso degli effetti della crisi postbellica che è crisi di volontà , di coerenza , di libertà , confidi ancora in una ripresa del movimento rivoluzionario interrotto nel Risorgimento che penetri finalmente nello spirito delle masse popolari e le svegli alla libertà , dovrebbe scorgere in questi sentimenti e in queste prove la via maestra della lotta politica futura . I comunisti torinesi avevano superato la fraseologia libertaria e demagogica e si proponevano problemi concreti . Contro la burocrazia sindacale affermavano le libere iniziative locali . Movendo dalla fabbrica si assumevano l ' eredità specifica della tradizione borghese proponendosi non già di creare dal nulla una nuova economia , ma di riprendere e continuare i progressi della tecnica produttrice raggiunta dagli industriali . Sapevano , contro le astrattezze dei programmi di socializzazione , quale importanza debba attribuirsi al problema del risparmio nell ' industria , quale parte spetti nella produzione agli intraprenditori . Il Consiglio di fabbrica poteva soddisfare , nel pensiero dei suoi teorici , anche le esigenze degli impiegati , non in quanto siano piccoli borghesi , ma in quanto sono impiegati , elementi della produzione . Si può concludere insomma che le esperienze concrete dell ' azione politica avevano liberato completamente i giovani comunisti torinesi dalle illusioni e dai luoghi comuni del socialismo e dell ' internazionalismo . Essi videro nel movimento operaio un valore liberistico . Se il loro esperimento è fallito resta tuttavia uno dei più nobili sforzi che si siano tentati per rinnovare la nostra vita politica . Il Partito Comunista Giolitti esperimentò anche di fronte al disperato movimento promosso dai comunisti la sua tattica infallibile e poté addomesticare i ribelli , consegnarli inerti alle vendette della piccola borghesia , cui non parve vero che fosse cessato lo spauracchio del motto « Chi non lavora non mangia » , scritto sulla bandiera dei suoi carnefici . Fu in queste circostanze , dopo il tramonto dell ' ideale di libertà che il solo proletariato era rimasto a difendere con le sue avanguardie , fu in questa crisi di volontà e in questa stanchezza delle forze e dei caratteri che poté nascere il vendicatore e il consolatore degli atterriti ceti medi , il fascismo , armato della sua violenza patriarcale e della sua dannunziana esaltazione . Il sogno tirannico di Mussolini , non diverso dalla piacevole dittatura burocratica e sindacale pensata dai nostri social ­ democratici , ma soltanto più italiano , più umanista , dilettantesco e teatrale , rappresentò appunto la rinuncia degli individui alle loro responsabilità , delle classi alle loro forze schierate in campo e fu la palingenesi di una decadenza in cui le minoranze più battagliere e più degne erano state travolte da una crisi economica di disoccupazione superiore alle loro volontà e fatalmente propizia ai ritorni vagheggiati dai retori a un ' economia schiavista . In queste condizioni ai vinti di Torino non rimaneva che un compito di resistenza . Poiché il fallimento era irreparabile bisognava che le avanguardie scindessero le loro responsabilità dalle turbe infrante e piegate , per riaffermare come una solitaria eresia del futuro il loro fermo pensiero di vendicatori . Così in grande fretta e senza riflettere alle circostanze di opportunità e di tattica fu fondato il partito comunista . Si spiega perfettamente come i veri rivoluzionari italiani non potessero pìù aver fede nel partito socialista che non era stato capace di azione realizzatrice per l ' elefantiasi burocratica del suo ordinamento , per il pregiudizio dell ' unità e per una responsabilità di governo implicita nella sua tattica collaborazionista ; e restava ora impotente di fronte all ' offensiva armata dei cercatori di quiete e di spasso . Il pericolo del partito era che , nella difesa dei privilegi cooperativisti , si venisse a man mano adeguando empiricamente al vecchio Stato , e agisse come forza di conservazione , senza introdurre nella vita nazionale né un ' idea , né una forza nuova , pago di accogliere l ' eredità giolittiana . Se Serrati fosse stato grande politico , come fu , veramente , cuore generoso , la battaglia per l ' unità del partito avrebbe potuto assumere almeno un carattere educativo e sarebbe stato più fecondo lo sforzo di imprimere all ' unico movimento una direzione operosa e libera che stimolasse le forze popolari invece di attenderne lo svegliarsi e che facesse coincidere l ' opera del partito col pensiero della minoranza più attiva , più coerente , più rivoluzionaria . L ' unità di Serrati invece era viziata da un pregiudizio quietistico e democratico . Ora nel partito socialista , per la generica propaganda di messianismo , erano entrati a poco a poco elementi di ceti borghesi e contadini , desiderosi di miglioramenti economici , privi di preparazione politica e di volontà libertaria , fissi a una generica negazione anarchica dello Stato per ragione di utilitarismo , e la psicologia di questi neofiti doveva rivelarsi l ' ostacolo più insuperabile a una netta differenziazione politica . Sistemi democratici erano destinati a portare alla direzione del movimento proprio queste masse impreparate che , incapaci di controllo e di iniziativa , avrebbero poi seguito disegni e condottieri demagogici . Al pari di Serrati anche i comunisti erano privi di attitudini diplomatiche e parve più adeguata ai loro spiriti una modesta questione di sincerità . Così la separazione divenne inevitabile ; il problema della disciplina a Mosca fu la mera occasione per il conflitto dei due sistemi e venne accettata volentieri dai riformisti i quali per collaborare al governo dovevano farsi perdonare parecchi peccati di internazionalismo . Lo sviluppo degli eventi ha dimostrato che i comunisti sacrificarono di fatto a questo problema di sincerità il loro avvenire politico . Il partito che essi immaginarono poteva agire intransigente e solitario , inesorabilmente pronto a instaurare la dittatura , solo nel momento in cui fosse consentita una offensiva in grande stile . Ma alle esigenze della difesa contro il fascismo avrebbe provveduto invece molto più energicamente il fronte unico proletario che fu poi invano invocato . La tattica propizia per una politica intransigente doveva essere ben altrimenti machiavellica : il compito dei comunisti era di far servire alla Resistenza tutte le forze . Naturalmente il partito si sarebbe liberato dalle tendenze meno coraggiose eliminandole e lasciandole agli ultimi posti e non avremmo avuto l ' esempio di un gruppo che va alla battaglia più difficile e definitiva con un esercito improvvisato , sfornito di quadri e coi gregari malcerti . La fisionomia del nuovo partito risultò infatti di elementi discordi e immaturi : i messianici della propaganda rivoluzionaria come Bombacci e Misiano ( i decorativi dell ' estrema sinistra ) accanto a un teorico della catastrofe de l ' economia borghese come Graziadei ; la frazione astensionista di Bordiga , fautrice con esuberanza meridionale di un rivoluzionarismo burocratico che riusciva a sboccare nel socialismo di Stato mentre riduceva sempre più la politica al chiuso dogmatismo della teoria , accanto ai disegni sottili e alle storiche improvvisazioni di Tuntar , prodotto caratteristico di una forte genialità critica svolta con arido intellettualismo in un ambiente internazionale dove tre civiltà si incontrano senza determinare una nuova civiltà , ma producendo soltanto la patologia dell ' irrequietezza . Tra questi dissidi e queste sfumature il pensiero di Gramsci avrebbe potuto imporsi come forza risolutrice se la disoccupazione non avesse fatto mancare improvvisamente i gregari disciplinati alla lotta . Così i comunisti furono un ' eresia solitaria invece che un ' avanguardia caratteristica nell ' equilibrio delle forze . Si chiusero a ogni comunicazione con la vita nazionale , limitandosi ad affermare come una fede sopravissuta la loro politica estera internazionalista . I loro disegni e la loro attività pratica rimasero fedeli a una coerenza astratta e teorica , secondo calcoli meramente dialettici e sillogistici . Poiché il partito socialista era fallito per la mancanza di organismi che aderissero agli strati della produzione e potessero costituire l ' impalcatura del nuovo Stato , il nuovo partito comunista avrebbe dovuto secondo Gramsci e Bordiga organizzare il movimento con una rigida disciplina interna : il popolo avrebbe sentita la superiorità di questa minoranza direttrice e ne avrebbe accettata l ' influenza . Senonché tali ideologie restavano prive di ogni attitudine ad inserirsi nella vita economica italiana quando il problema dei Consigli di fabbrica era diventato definitivamente insolubile ; è curioso parlare di organismi e di organicità quando non c ' è materia da inquadrare . Infatti in tre anni di vita il partito si è chiuso sterilmente in un problema di tattica del quale l ' esercito proletario sconvolto si è appena accorto : scomparsi i consentimenti pratici e ideali l ' eristica delle persone divenne dominante . A questo punto la critica che noi vorremmo offrire al processo teorico e pratico per cui i comunisti furono travolti si stacca notevolmente dalle obbiezioni dominanti . È vero che l ' elaborazione delle idee pratiche e dei problemi empirici rimase alquanto nebulosa e contraddittoria , ma noi sappiamo che un partito d ' opposizione deve avere due programmi pratici , uno mitico che offra la palingenesi agli stanchi combattenti di oggi , i quali sospirano cristianamente il regno della pace , anche se la negano con la loro irrequietezza , un altro politico che si esprimerà soltanto nell ' ora della vittoria . Questa curiosa ironia rimane latente nel movimento rivoluzionario : quando viene la fase risolutiva , i rivoluzionari si trovano a lottare primamente contro se stessi . Fu un caso singolare dei comunisti torinesi , derivante dalla famigliarità della loro coltura col sindacalismo di Sorel , il fatto di aver compreso perfettamente questo processo di contraddizione della storia pur non potendo essi proporsi l ' esame dei rapporti che avrebbero dovuto connettere il mito con l ' azione pratica . Le declamazioni contro lo Stato furono intese originariamente dagli scrittori dell ' Ordine Nuovo come declamazioni contro lo Stato burocratico ; il loro ideale stesso di un ordine nuovo derivò dalla volontà di ereditare le esigenze del Risorgimento non soddisfatte ; la professione di fede internazionalista fu una politica estera contrapposta all ' imperialismo francese ; e la lotta contro il capitalismo sfiorò motivi polemici di rimpianto per l ' insufficienza economica del capitalismo italiano . I motivi della critica non avevano dunque alcuna parentela con le ideologie del socialismo di Stato e i maestri più diretti del Gramsci furono insieme con i rivoluzionari teorici i problemisti liberali da Salvemini a Einaudi , da Mosca a Fortunato : Tasca , Togliatti , Sanna avevano le stesse origini ideologiche . L ' insufficienza del loro esperimento non si può dunque attribuire all ' immaturità delle idee che anzi derivano dalle tradizionali correnti di pensiero liberale e autonomista le quali furono in ogni tempo il pìù caratteristico strumento di critica alla storia italiana . Bisogna risalire a una questione di caratteri e di amministrazione interna . Il partito comunista coi suoi ideali di rivoluzione liberatrice contro la burocrazia borghese fu un esempio pratico di organismo artificiale , cresciuto in regime protezionista . I suoi organi sono uffici burocratici , i suoi uomini funzionari , legati come e più che i mandarini sindacali a uno stipendio . I sistemi amministrativi corrispondono a un metodo di vita parassitaria . Per la sua stessa natura impopolare e aristocratica parve sovrapporsi alle condizioni reali della vita italiana : le sue iniziative furono astratte e non commisurate e controllate dall ' effettiva partecipazione delle masse . Sul tema oro russo si potrebbe anche restare indifferenti alle critiche banali mosse da nazionalisti e patrioti : il vero pericolo e la vera immoralità provengono dal fatto che , mancando una finanza liberistica , aperta alle sanzioni e ai sacrifici dei singoli , viene a mancare lo sprone all ' iniziativa e uno dei criteri fondamentali per i giudizi di validità e di successo . Il partito si volle diffondere seguendo , col metodo più borghese e reazionario , le circoscrizioni amministrative del regno ( una sezione in ogni comune , era il sogno più caro ! ) e non si tenne conto che un partito rivoluzionario deve fondarsi sulle forze più che sugli uffici e la distribuzione geografica delle sezioni deve corrispondere allo sforzo e alla volontà degli aderenti secondo una legge di autonomia non secondo un piano burocratico . Naturalmente quando il mantenere le posizioni divenne impresa ardua , l ' impiegato abdicò di fronte ai vincitori . Mancava lo spirito eroico e non vi poté essere la resistenza disperata . Chiusa la cassa centrale si sbandarono i funzionari . Gli stessi effetti di questo protezionismo si constatarono nell ' attività giornalistica del partito . C ' era un giornale , nato dai sacrifici di una classe operaia matura e agguerrita : l ' Ordine Nuovo . Fu nei primi mesi di vita il giornale più intellettuale d ' Italia in cui tutto era concepito organicamente , fatto con spirito di sacrificio e con un ideale di libertà , dalla manchette alla cronaca teatrale , dalle lettere degli operai agli articoli di Lenin , al romanzo d ' appendice . E si ebbe un miracolo anche più raro : che gli operai lo lessero , lo discussero , quasi fanatici della cultura . Un ordine dell ' esecutivo , non estraneo a piccole questioni personali , fondò all ' improvviso due nuovi quotidiani , Il Lavoratore a Trieste e Il Comunista a Roma , e divise l ' Italia in tre zone inesorabilmente delimitate , ciascuna delle quali doveva avere un giornale e uno solo , per evitare la concorrenza . E poiché gli uomini per tre quotidiani non vi erano si spezzò l ' organica redazione torinese mandando a Roma Togliatti , a Trieste Pastore , col risultato ultimo di tre giornali illeggibili , mentre solo nel proletariato torinese vi erano attitudini specifiche a far vivere un giornale politico proprio imprimendogli la sua stessa vita . Fu chiaro che non è possibile creare aristocrazie e spiriti maturi con disposizioni di comitati direttivi ed esecutivi . I giornali invece di rappresentare psicologie caratteristiche e di rispecchiare tendenze originali diventarono per un malinteso ossequio alla Terza Internazionale antologie noiosissime di scritti di Bucarin o di Zinovief . Siffatte condizioni di protezionismo politico determinarono formazioni artificiose di vita morale . Chiusi in piccoli gruppi , negati all ' azione i comunisti si esaurivano in una sterile critica ai massimalisti , mentre le loro file nonostante la negazione teorica di qualunque suddivisione in tendenze erano sconvolte dalle reciproche diffidenze e da odi personali feroci , come accade solo tra congiurati . Dominava un ' atmosfera romantica intollerante e intollerabile , uno spirito di setta arido e dissolvente . Gli uomini migliori dovettero occuparsi di faccende insidiosamente particolari e vi esaurirono le loro più vivaci attitudini . Si logorarono in meno di due anni . E le persecuzioni fasciste invece di farne dei martiri , e dei simboli di ribellione tolsero ogni efficacia pratica alla loro azione condannandoli , a ricominciare daccapo per l ' esame di coscienza e di maturità . Le organizzazioni non si improvvisano : valgono per le tradizioni che le hanno nutrite , per gli sforzi che costarono . Invece di trovare nelle lotte per la libertà il vigore della rinascita gli organismi comunisti caddero appena i capi ebbero un momento di stanchezza . V I nazionalisti La dottrina nazionalista ha indicato i suoi limiti e i suoi vizi d ' origine in Morasso e in Sighele durante il periodo di preparazione , in Corradini e in Rocco nel momento costruttivo . La praxis esaurì ogni eroicità nell ' avventura tripolina e si ridusse a un fatto personale Federzoni che non è senza interesse per il collezionista di curiosità aneddotiche . Le adesioni del Gentile e del Varisco sono da valutare come casi di accademia e di retorica che non portarono al nazionalismo esperienze nuove ; Coppola è un fenomeno d ' importazione francese , Sillani un documento di archeologia , Siciliani il traduttore degli Erotici , Tamaro un caso di patologia irredentista . Se si guardano le cose nel loro aspetto di tecnica politica , il partito nazionalista è un poco il fratellino del vecchio partito repubblicano , prodotto romagnolo , un capriccio di studenti e di professori , « malattie d ' infanzia » che si ritrovano e si spengono tutt ' e due nel fascismo . L ' uno e l ' altro infatti si sono fermati a pregiudiziali di costituzionalismo , l ' uno e l ' altro hanno incominciato con la poesia ( Carducci e D ' Annunzio ) per continuare con l ' oratoria e finire ... con la filosofia . Già in certe constatazioni c ' è un fondo di amarezza e di condanna ineluttabile che ci lasciano indifferenti ; e l ' esame proposto si muta nell ' adempimento doveroso di un ' indagine storica . Tutti sentiamo di non poter cercare qui orizzonti di scoperta perché le avventure del viaggio sono previste e piccole , né sul cammino troveremo ragione di discordia . Partecipando alla lotta politica i nazionalisti , in venti anni di dottrina e quindici di azione , hanno lasciato dietro di sé un solo insegnamento , negativo : l ' impresa libica . Ignorarono il problema operaio , il problema per eccellenza , intorno a cui avrebbero dovuto impegnarsi , di vita o di morte , i partiti del nostro secolo . Di tutte le questioni pratiche discussero per passatempo quasi compiacendosi di contraddizioni e di ignoranze compromettenti ; combatterono la burocrazia difendendo l ' accentramento ; maledissero l ' emigrazione e ne invocarono la tutela ; disdegnarono il problema meridionale , mentre volevano esaltare la nazione e la sua unità ; annunciatori della religione dello Stato fecero comunella coi clericali ; venerarono la Triplice Alleanza e poi finirono a mostrare la loro finezza nelle leghe di azione antitedesca ; sindacalisti per virtù di imitazione , confusero abilmente i trusts con i sindacati operai ; critici della democrazia e del pacifismo non seppero inserirsi neanche in una tradizione borghese . Il nazionalismo francese , monarchico e reazionario , ha il gusto dell ' arcaico e il sostegno vigoroso di una tradizione militare , religiosa , aristocratica , capace di non confondersi con l ' enfasi demagogica del cosmopolitismo parigino . In Italia un atteggiamento di questo genere che non voglia peccare di copia fotografica dovrebbe riprendere la tradizione sabauda . Invece l ' Idea Nazionale e Politica sono irreparabilmente affezionate al cosmopolitismo e romanamente filistee ; il gusto dell ' arcaico si esprime in tendenze archeologiche , il culto della tradizione nonché dirigersi ai valori morali e agli sforzi di coscienza più istintivi , sdegna i limiti naturali della prudenza storica e si traduce in desideri vibranti senza ascoltare i suggerimenti diplomatici di un realismo elementare . Alfredo Rocco ha inventato il nazionalismo economico , Enrico Corradini la priorità della politica estera sulla politica interna . Guerrieri l ' uno e l ' altro , nelle loro elucubrazioni , ma con l ' anima del giurista o con la maschera del drammaturgo . C ' è tra i Maurras , i Valois , i Barrès , i Daudet da un lato e i Rocco e gli Ercole dall ' altro una differenza di misura e di spirito comico ; quelli sono conservatori per ragioni di stile e francesi di letteratura , questi giuristi sottili , preoccupati di fissare la formula e di allontanare le sfumature , per lungo esercizio diventati famigliari con le entità pseudoconcettuali e del tutto alieni dall ' ironia che è nell ' individuo e dall ' astuzia del particolare ; imperialisti per reagire all ' aridità di un ' educazione astratta , con il fondamentale dogmatismo del costituzionalista . Se a queste deficienze di personalità e a questa frettolosa sicumera di praxis connetterete i limiti del movimento storico avrete collocato il nazionalismo nella sua luce , in quell ' atmosfera d ' ironia che gli aderisce senza essere frutto della crudeltà della satira , che può pacificamente risparmiarlo . I profeti primi , in ordine cronologico , del nazionalismo furono poeti ( Corradini , Papini , Borgese , 1903 ) sognatori di espansione e di attività . La seconda generazione nazionalista si divertì più modestamente a sognare un collegio elettorale ( Federzoni , Bevione ) ; gli ultimi sono operosi giuristi e candidi teorici , votati a un ' opera di società di cultura . Sotto questa varietà di evoluzioni resta , come unica sostanza sentimentale , un patriottismo ora filisteo ora retorico , sempre troppo ingenuo per avere validità politica ( il sentimento della patria può essere un presupposto , non un elemento della politica ) e si perpetua , come aspirazione ideale , l ' ultimo tentativo di un astratto sogno hegeliano . Senonché Antonio Labriola e Benedetto Croce bene avevano avvertito con l ' esempio la poca serietà di chi volesse riprendere il concetto dello Stato hegeliano senza ricordarsi gli approfondimenti di Marx . Così il nazionalismo fu una filosofia della storia ottimistica che parlò enfaticamente di Stato forte dimenticando l ' elaborazione pratica della lotta politica da cui lo Stato scaturisce e teorizzò astrattamente un termine del processo storico senza vederne la natura meccanica e naturalistica . Invero solo per un vizio originario di educazione positivista essi ci parlano di nazione e non di Stato e non bastano le tessere di Giovanni Gentile e di Balbino Giuliano per cancellare le orme di Morasso e di Sighele . Il nazionalismo si oppose al socialismo e al positivismo rimanendo nel loro stesso piano : per parlare un linguaggio famigliare ai nuovi aderenti fu l ' antitesi della tesi . La romantica democrazia reagendo contro il Risorgimento aveva cercato di superare il particolarismo in esso implicito ; poiché la nostra unità ci venne più dalle tradizioni piemontesi che dal liberismo di Cavour e dallo storicismo critico di Cattaneo . Per vie diverse erronee , limitate , Lombroso , Ardigò , Loria reagivano rimanendo provinciali al filisteismo della nostra unità , volgarizzavano esigenze di malcontento , si assimilavano grossolanamente un pensiero europeo che gli Italiani non avevano saputo apprendere dalla serietà di Cattaneo e di Cavour . Opponendosi a questo umanitarismo romantico , i nazionalisti non sentirono la vitalità che vi si nascondeva . Da quella parentesi era nato il movimento operaio e , contro il garibaldinismo di Crispi , una franca coscienza libertaria , premessa necessaria di un serio pensiero politico . I nazionalisti credettero di poter fare a meno della lotta politica e di tornare semplicemente al povero sogno di disperazione del Gioberti . Essi accettarono il Risorgimento come un dato di fatto , senza intendere che si poteva essere davvero unitari solo facendo il processo all ' unità , solo spezzandone il mito eroico per integrare le deficienze e mettere riparo al fallimento . Perciò rimase sterile la loro critica al parlamentarismo , all ' acquiescenza delle classi dirigenti , all ' impreparazione della politica estera , alla superficialità dell ' anticlericalismo , alla pericolosa corruzione della massoneria . Ma non seppero rifare il processo organico che determinava queste condizioni necessariamente , non seppero esprimere una volontà di redenzione aderente a capacità storiche reali . E perciò le loro idee si ridussero alle manifestazioni del malcontento piccoloborghese che con la retorica della patria cercava di consolarsi della sua incapacità economica . Si ripeteva nel partito senza genialità e senza profondità psicologica il caso di provincialismo letterario di Alfredo Oriani . Ad Oriani come a ispiratore dottrinario si rivolgeva Giulio De Frenzi già vicino a trasfigurarsi nell ' eroico clericalismo di Luigi Federzoni . Oriani era stato l ' ammiratore di Crispi e il teorico ottimista dell ' impresa africana : Oriani era il « grand ' uomo del villaggio » come il nazionalismo era il grande partito di un ' Italia desolata e infantile . Ma volgarizzandosi , irreparabilmente si disperdevano le qualità letterarie dell ' eroica solitudine del Romagnolo : restavano la sua mazziniana incultura politica e i suoi arbitrari schematismi hegeliani che , per ignoranza delle forze economiche e della genuina idealità dell ' empiria , lo avevano condotto semplicisticamente a capovolgere Ferrari e a fantasticare di unità italiana compiuta quando il processo era appena incominciato . Alla lotta politica pensata da Oriani resta estranea la complessità dei movimenti economici e delle psicologie : la Rivolta Ideale è il trionfo dell ' astrattismo , un mondo di ideologie senza uomini . E i nazionalisti , che ne assimilarono la superficie , derivarono dai più infelici intellettualismi la pigrizia semplificatrice in cui il loro istinto retorico si appagava . Prezzolini e Papini cercarono , ai tempi del Regno , di far capire ai nazionalisti Mosca e Parere , ma questo tentativo di integrazione culturale trovò gli spiriti impreparati e non era del resto sufficiente alla realtà imprevista che si veniva creando . Poiché la teoria delle élites è un canone valido di interpretazione storica , ma nasconde tutti i pericoli dell ' intellettualismo sociologico e scientifico da cui nasce , se non si trasporta la logica di Mosca e di Pareto sino a Giorgio Sorel il quale considera la teoria delle aristocrazie nel suo ambiente naturale , ossia nella lotta di classe . Nel 1903 una teorica di conservazione si esprimeva necessariamente nella pratica giolittiana , e non la borghesia ma il proletariato si stava schierando sul fronte di combattimento . Ma in quegli anni gli scrittori del Regno davano la prova del loro realismo schernendo gli operai . Se chi parlava nel 1903 di élites e di lotta politica avesse avuto una visione della realtà la rivoluzione operaia del 1919­20 non sarebbe stata stroncata per mancanza di classe dirigente . Il nazionalismo ha perduto in questa ignoranza la sua prima battaglia di politica estera . Mario Morasso definiva allora le rivendicazioni delle classi lavoratrici un eterno rompicapo e levava il suo inno alle imprese di eroismo dilettantesco del Duca degli Abruzzi e del Capitano Cagni . Enrico Corradini non poteva capire che la politica estera è più importante in un certo senso della politica interna solo in quanto è essa stessa politica interna ; senza che sia meno vera la proposizione reciproca . Ma a questa stregua l ' impresa libica invece di preparare una politica imperialista svela la nostra infantilità politica , nello stesso modo della politica adriatica . Il realismo politico più elementare suggerisce ben più precise grandezze ; il problema della nostra emigrazione , la questione meridionale sono problemi di politica estera più importanti del conseguimento di concessioni africane , e una saggia politica di alleanze può servirci meglio di grossi propositi bellici . D ' altra parte l ' esempio inglese e americano insegnano che solo con un proletariato agguerrito e cosciente è possibile una seria politica espansionista . Non basta aver affermato l ' utilità della guerra per esser chiamati realisti in politica . Qui i nazionalisti dichiareranno tutti i meriti loro e il loro coraggio nella lotta e nella resistenza contro le demagogie pacifiste . Ma l ' esaurirsi nella mera critica di una ideologia utopistica può essere la migliore prova di un peccato d ' utopia e di una valutazione erronea della realtà . Lo spirito guerresco dei nazionalisti fu infatti poco più che uno sfogo di esuberanze malate e di illusioni dimentiche . Il giudizio più realistico in tema di militarismo resta sempre quello di Machiavelli : i soldati che vincono le battaglie sono quelli che vogliono la pace e lo spirito d ' avventura mal si concilia con le severe necessità della guerra . La pratica offre le critiche più decisive e inesorabili di certe illusioni storiche senza che se ne diano pensiero i dottrinari . La guerra europea è stata vinta più per opera dell ' astrattismo wilsoniano che del concretismo imperialista e questo concretismo non era meno ingenuo di quell ' astrattismo . La storia è sempre più complessa dei programmi : la politica imperialista degli zar conduce la Russia alla sconfitta ; Trozchi predicando la pace fa la guerra vittoriosa . Nel disconoscimento di queste realtà consiste il dottrinarismo immaturo dei nazionalisti . Espansione coloniale e militarismo non sono in essi specifiche volontà ma vizi dogmatici : progetti innocui con cui si cerca di nascondere penose situazioni non conosciute . Il nazionalismo ha perduto la sua seconda battaglia quando ha dovuto subire il gioco del fascismo e ridursi , esso , il partito della forza e dell ' astuzia , al compito di elaborare una dottrina per i vincitori . Nell ' adesione al fascismo si vide chiaramente quanto vi fosse di piccolo ­ borghese e di enfatico nella Real ­ Politik di Coppola e di Corradini . Con la sua teoria delle aristocrazie il nazionalismo non è stato capace di elaborare neanche una praxis borghese . Il corradiniano regime della borghesia produttiva non ha sostegni di intransigenza , né natura eroica che lo salvi dalla degenerazione del socialismo di Stato . Gli industriali potranno essere condotti alla lotta politica con intollerante coerenza solo da un mito francamente liberista . Il protezionismo è la morale della mediocrità dell ' industria ; stronca la formazione di aristocrazie borghesi adeguando il merito all ' intrigo , negando con lo statalismo il processo libero dell ' industria - - come il cooperativismo spezza le naturali aristocrazie operaie col promuovere costumi da parassita . I nazionalisti non hanno elevato un solo grido contro la mentalità burocratica , anzi sono diventati il partito dei ceti medi per paura della rivoluzione . Nella difesa del protezionismo affiora una vera e propria questione di mentalità che culmina in un mediocre ricatto : il parassitismo è mercanteggiato in cambio di un ' adesione dottrinaria al mito della patria . Eccoci a constatare ancora qui la malattia storica e costituzionale del neo ­ guelfismo : Alfredo Rocco ne è il profeta più tardo . Il Primato giobertiano torna in vigore col suo astrattismo anti ­ liberale da medioevo e l ' hegelismo provinciale della Destra si acqueta con Gentile monarchico e nazionalista , nell ' enfatica palingenesi unitaria del semplicismo conservatore . Si esercitino i letterati nel considerare questi episodi di oratoria arcadica . Nota sul sindacalismo di Alfredo Rocco Le costruzioni teoriche di Alfredo Rocco , filosofo del sindacalismo nazionalista , sono appena un nuovo aspetto della dominante morale protezionista che si è prima analizzata . « Tutta la vita degli organismi sociali - - scrive Alfredo Rocco - - è una lotta incessante tra il principio dell ' organizzazione rappresentato dallo Stato , che tende a consolidarli e ad accrescerli , e il principio della disgregazione , rappresentata dagli individui e dai gruppi , che tende a disintegrarli , e perciò a farli cadere e perire . Quando trionfa lo Stato , la società si sviluppa e prospera : quando riprendono il sopravvento gli individui e i gruppi essa si disgrega e muore » . Non è vera la dottrina del progresso , anzi « la storia si svolge secondo cicli distinti , ma simili e ricorrenti . Ed è naturale : la storia dell ' umanità non è che la storia delle varie organizzazioni sociali che si succedono nei secoli e nei millenni , e ciascuna di queste ha , come tutti gli organismi , una vita , che si inizia con la nascita e termina con la morte , attraverso la giovinezza , la maturità , la vecchiaia . Nessuna meraviglia , pertanto , che la storia si ripeta perché nei vari organismi sociali che si formano successivamente , si ripete con le sue identiche fasi , la vita » ( Politica , vol . VII , pag . 3 ) . Questi concetti sono una rigida applicazione del socialismo di Stato , senonché , più che a Lassalle , bisognerebbe pensare a Campanella e ai regimi teocratici . Dopo Marx solo qualche onesto pievano di paeselli sperduti saprebbe consentire a una anatomia della società ingenua come quella escogitata dal Rocco . Invero il trionfo dello Stato non può essere che trionfo degli individui . La funzione politica non è propria di entità concettuali , ma di persone , le quali per il fatto stesso che operano nella società non dipendono mai dalla grettezza degli egoismi . Se la vita è trionfo di attività e di iniziativa , lo Stato opera come limite ideale , tende a diventare un risultato immanente e necessario nel momento delle affermazioni individuali . Senonché la più elementare prudenza ci suggerisce di metter da parte osservazioni troppo filosofiche inadatte alla schermaglia con un candido giurista inesperto di storia . Gioverà scendere invece dalle premesse alle smaglianti conseguenze . « Lo Stato deve tornare alla sua vecchia tradizione interrotta dal trionfo dell ' ideologia liberale , e comportarsi verso i sindacati moderni come si comportò con le corporazioni medioevali . Deve assorbirli e farli suoi organi . Per ottenere questo risultato il semplice riconoscimento non basta , occorre una trasformazione ben più profonda . Occorre da un lato proclamare la obbligatorietà dei sindacati e dall ' altro porli risolutamente sotto il controllo dello Stato , determinandone con precisione le funzioni , disciplinandone la vigilanza e la tutela in una forma di autarchia non eccessivamente svincolata . Ma , sopratutto , bisogna trasformarli da strumenti di lotta per la difesa di interessi particolaristici in organi di collaborazione al raggiungimento di fini comuni . I sindacati operai e quelli padronali debbono essere riuniti , industria per industria , in un sindacato misto organizzato , s ' intende , in due , anzi , piuttosto in tre sezioni , giacché sarebbe opportuno che anche gli elementi direttivi , ingegneri , tecnici , capi fabbrica , avessero la loro rappresentanza speciale . Ma l ' azione comune del sindacato deve essere ridotta ad unità da un organismo apposito , consiglio e direttorio sindacale per il raggiungimento di fini comuni » ( Politica , VII , p . 10 ) . Qui con l ' ironia viene a contrastare la generosità , e il naturale candore che sta sotto ogni malizia ci consiglia a mitezza verso le illusioni stesse più enfatiche e i progetti più massicci e goffi e sicuri di sé . Usi a pietà verso le deficenze più irreparabili e , per così dire , fisiologiche , dovremo dire che si nasce ottimista come si nasce becco , e se il nazionalismo è bello e ridente invece che serio e doloroso la colpa non sarà tutta della sua infanzia . Il sindacalismo è nato per sconvolgere gli schemi , per stroncare le pretese illuministiche , per far scaturire la verità dalla lotta politica , per ottenere da ognuno la sua dedizione alla praxis , per dominare col realismo i comodi giusnaturalismi . Il sindacalismo organizza delle forze , le conduce al sacrificio , obbliga ognuno ad assumere la sua responsabilità , dà a tutti , senza preoccuparsi di astrattezze dottrinali , un senso elementare di dignità : separa gli attivi dagli inerti , schiaccia inesorabilmente i pigri , fa sentire le differenze dei valori , acuisce l ' esigenza di una aristocrazia e di un eroismo civile , crea i presupposti per la nuova esperienza di una morale di produttori . Qualunque sia il suo mito finale , il suo sogno di palingenesi , il sindacalismo ha la sua realtà attuale come suscitatore di valori . Rocco vuole il sindacalismo senza lotta , come dire Hegel senza dialettica , il collettivismo marxista senza la dittatura del proletariato e il rovesciamento della praxis , il diritto pubblico senza la politica . Il suo sogno è infatti essenzialmente costi tuzionalista ; il suo mondo ideale è una pacifica rinuncia mistica . Vagheggia la riduzione dello spirito e degli individui a una misura amministrativa ; la sua ammirazione per la burocrazia è inesorabile , propugna : « l ' abbandono del pregiudizio dottrinale , ogni giorno smentito dai fatti , che il salario e le condizioni del lavoro siano determinate dalla legge della domanda e dell ' offerta e l ' adozione del principio del giusto salario che la giurisprudenza si incaricherebbe ben presto di precisare e di sviluppare » . Non occorre infierire contro intenzioni tanto candide . L ' inventore del nazionalismo economico è diventato economista non per presunzione ma per esigenza di partito : egli non osa neanche nascondere le equivoche sue derivazioni . La giurisprudenza ? Abbiamo trovato le giuste misure . Ecco perché è necessario abolire i validi strumenti millenari della lotta politica : boicottaggio , sciopero , serrata , ostruzionismo . I sindacati di Rocco sono un ' invenzione di carattere professionale , sono il semenzaio dei nuovi clienti . VI I repubblicani Lo spirito del partito d ' azione Se nel Partito Repubblicano si trovano oggi germi di rinnovamento le ragioni sono da cercarsi nell ' azione storica del fascismo e nel confluire in seno al fascismo dei motivi nazionalisti e retorici dell ' interventismo . La guerra ha liquidato la questione dell ' irredentismo , nella quale i repubblicani rimanevano rigidi e indifferenziati dai partiti dell ' ordine . La monarchia poi , riconoscendo il colpo di mano fascista , ha ripresentato il problema istituzionale . Infine il fascismo ricollegandosi alla parte caduca e donchisciottesca del nostro Risorgimento si assume quel compito di rivendicazioni romantiche , di predicazione di esaltato patriottismo , di sentimentalismo sociale collaborazionista che dopo la fine del partito d ' azione era stato il solo patrimonio continuato dal mazzinianismo . Il ventennio antecedente al '14 ci aveva dato infatti una caratteristica forma di psicologia di altri tempi : la camicia rossa « tendenziale » non mai sazia di leggenda e di cortei , generoso sangue romagnolo , con l ' avventura per ideale e la spavalderia per motto , irredentista per un ripicco a Francesco Giuseppe , rispettosa dell ' ordine borghese come di quello che si lascia bestemmiare , sdegnata con la monarchia per potersi spiegare con semplicità la storia e il proprio perpetuo malcontento , oltre che per altissimi principi di uguaglianza sociale . La guerra , poverissima nel creare sfumature di idealità e di caratteri , ci divertì invece nella figurazione del repubblicano tirannello e del comitato di salute pubblica . Furono i repubblicani primissimi responsabili con i nazionalisti nel creare le famìgerate leghe d ' azione antitedesca e nell ' esasperare quella campagna contro Giolitti , che resta , anche per gli spiriti non teneri verso il giolittismo , uno degli indici più sconsolanti della nostra immaturità durante la guerra . Del resto un partito che non ebbe altra risorsa , per decenni , fuor di una banale campagna moralizzatrice e identificò la lotta politica con la lotta all ' uomo e le accuse di disonestà pratica , doveva logicamente esaurirsi nel modo più allegro , e darci lo spettacolo di parecchi suoi gregari , paladini di purità , implicati nei più disgustosi scandali . Si sa che la storia difficilmente consente che le sfuggano le occasioni della più piacevole ironia : e ci volle riservare l ' estrema prevista sorpresa di un Colaianni persecutore del proletariato e del bolscevismo e di un partito rivoluzionario alleato alla monarchia per salvare i pescicani e le cricche di Montecitorio . Solo a questo punto , mentre la reazione fascista si stava sfrenando in Romagna con la complicità dei repubblicani , e da parte dei più dignitosi , come il Ghisleri e il Facchinetti , non si sapeva suggerir rimedio fuor di una rosea Costituente : alcuni giovani , come Zuccarini , Conti , Schiavetti e Bergamo , riuscirono ad imporre la necessità di un orientamento rivoluzionario . Senonché l ' occasione e il fondamento dell ' opera , il movimento operaio , sono mancati e ai nuovi repubblicani spetterà un mero compito di critica e di eresia d ' avanguardia . I torti del mazzinianismo Resta a vedere se la dottrina mazziniana , su cui questi giovani continuano a fondarsi , non contenga già originariamente quei vizi di comprensione storica e di pratica dei quali Colaianni , Barzilai , Chiesa , Pirolini , non sarebbero che naturali esemplificazioni . Si chiede se l ' equivoco in cui si trovarono i repubblicani di fronte ai tre problemi 1 ) Dalmazia , 2 ) wilsonismo , 3 ) bolscevismo potessero evitarsi o non corrispondessero a pericolosi errori di impostazione e di natura . La politica estera fu il terreno specifico della competenza di Mazzini e si potrebbe citare come una prova del suo realismo nella visione del Risorgimento . Ma , in quanto è valida , ha i suoi limiti aderenti alle occasioni per le quali fu pensata e soltanto per ragionamenti storici si possono giustificare le sue ideologie umanitarie , che i repubblicani hanno inteso invece come premesse su cui esercitare i procedimenti deduttivi . Più compromettente è l ' eredità mazziniana in tema di questione sociale . Infatti quando Mazzini parla del problema sociale come di un problema di educazione delle facoltà umane , egli è in una posizione reazionaria ; la stessa in cui ricade il Ghisleri , intendendo il consiglio di fabbrica come uno strumento di conoscenze economiche per gli operai . E se il concetto d ' associazione come l ' intendeva il genovese ha avuto una grande importanza per creare lo slancio e lo spirito rivoluzionario non ha saputo poi estendersi al campo tattico e strategico e dare agli operai un ordine di lotta e una disciplina di intransigenza . La cooperazione e la mutualità , sorte dall ' iniziativa di difesa delle classi proletarie , diventano una corruzione piccolo ­ borghese delle autonomie e un peso morto per la battaglia se sono alimentate con spirito riformistico come preludio alla società futura . Il movimento operaio ha la sua logica nella sua disperazione ; il futuro non può essere compromesso con piani preconcetti . Ed ecco che invece Zuccarini , in pieno processo di rivoluzione italiana , mentre afferma che il problema politico è problema di forza e che i repubblicani sono rivoluzionari , pone di fronte all ' esperimento russo la domanda : come deve essere organizzata la società dopo la rivoluzione . Preoccupazione caratteristica del dottrinarismo mazziniano che viene a introdurre , nel momento in cui l ' unità della difesa e dell ' attacco deve essere conservata , rigorosa , la scissione delle ipotesi e delle previsioni . Il processo al regime accentratore , autoritario , monopolistico della rivoluzione russa , non si può fare a priori in nome di un ideale di autonomia perché soltanto il futuro ci dirà l ' organizzazione del futuro e in Russia Lenin ubbidisce al suo clima storico e ad esigenze non più astratte ma determinate da una dialettica quotidiana reale . Il problema del movimento operaio è problema di libertà e non di uguaglianza sociale , la critica allo Stato ha un valore dinamico , non ricostruttivo . La classe operaia si migliora tecnicamente da se stessa nella fabbrica ; la sua capacità rivoluzionaria poi è data dalla sua forza morale , dallo spirito di sacrificio . Sono cose che la scuola non può insegnare , anzi l ' idea sola di insegnarle , mentre non ha alcun grado di attuabilità , costituisce un ' umiliazione per l ' operaio . I Doveri dell ' uomo di Mazzini sono un libro immorale in quanto propongono all ' operaio un ideale che non scaturisce dal suo stesso cuore , lo persuadono a tradire sé e i suoi per agire nell ' atmosfera retorica della palingenesi democratica e della virtù piccolo ­ borghese . L ' operaio deve educarsi da se stesso nella fabbrica , deve conquistare la sua coscienza morale nel lavoro , che gli darà virtù di eroismo politico , deve , educato , rimanere operaio . L ' uguaglianza sociale è l ' ideale di tutte le preparazioni e di tutti i sogni ribelli , è l ' aspirazione più tragicamente commossa dell ' uomo di tutti i tempi , ma esaurisce la sua forza nel creare l ' impulso rivoluzionario : solo la differenziazione può alimentare una morale sociale e un senso dei limiti e una responsabilità di sacrificio . Mazzini non ha avvertito la logica di questo processo perché il suo Stato futuro vive in un ' atmosfera romantica ed evangelica aliena da ogni esperienza di modernità e i suoi seguaci non scorgono , al di là della nazione , il travaglio della coscienza statale . Solo per questa considerazione è spiegata la svalutazione dei capi che affiora anche qua e là negli scritti di Zuccarini ; e la assoluta incomprensione dei compiti che spettano alle aristocrazie dirigenti . Infine dove il dottrinarismo mazziniano si rivela più inadeguato è nella completa assenza di cognizioni economiche e nella pretesa di subordinare la complessa realtà dell ' economia al semplicismo preconcetto di uno schema politico . Le idee fisse di Mazzini e dei suoi seguaci sono la cooperazione e la piccola proprietà concepite con una mentalità di primitivi , senza connessione con l ' economia moderna e senza avvertire che la cooperazione , come sistema produttivo , tende a diventare parassitaria e la piccola proprietà floridissima nel Monferrato urta contro ostacoli sinora non superati in Basilicata o in Calabria . Tra Mazzini e Cattaneo Non si può dire dunque come i giovani repubblicani siano per riuscire a conciliare la loro volontà rivoluzionaria con queste malsicure premesse della dottrina mazziniana . La loro critica al fascismo corruttore coincide oggi con la nostra , ma nel momento in cui bisognerà scegliere tra uguaglianza e libertà la guida di Mazzini non li trarrebbe certo dall ' equivoco , perché nel mazzinianismo , mentre si trovano le idee più contraddittorie e confuse , il nucleo centrale resta una dottrina democratica conservatrice rispetto alla quale le sovrapposizioni rivoluzionarie sono una mera derivazione romantica , quasi una malattia del secolo che non è più il nostro . Il disagio di questo equivoco è avvertito dai nuovi repubblicani nell ' atto stesso che non riescono a individuare la loro azione in un senso determinato . I motivi polemici di Critica politica , la bella rivista di O . Zuccarini , potrebbero essere accettati senza discussione da conservatori intelligenti . Tra Sud e Nord il partito non si è deciso . Le nostalgie rivoluzionarie lo avvicinano agli operai , il mazziniano fanatismo per la piccola proprietà lo accosta ai contadini . Qui si nascondono delle contraddizioni per l ' azione futura del partito : se bisogna preoccuparsi della vita agraria in Italia prima di ogni altra cosa ( p . 43 , Il partito repubblicano dopo la guerra ) bisogna combattere non soltanto l ' industria , ma anche gli operai e sognare una rivoluzione fanatica ( di che altro saranno capaci i contadini del Sud ? ) invece di una rivoluzione politica . Che dire del pensiero repubblicano verso il Parlamento per cui li troviamo partecipi della comune aspettazione dal governo tecnico e competente ? La storia recente ha dimostrato in modo inconcusso la superiorità degli incompetenti sui competenti . Giunto a questo punto il nostro processo ai rinati repubblicani apparirebbe tendenzioso e non metterebbe in chiaro la simpatia con cui continuiamo a seguirli se non rilevassimo il punto vivo del loro pensiero e delle loro polemiche rendendo l ' omaggio dovuto ai motivi che ereditano da Cattaneo . Il federalismo per spiriti non negati alla cultura conserva le suggestioni dell ' eresia più accreditata che sia sorta nella nostra storia politica . Il vessillo dell ' autonomia e del decentramento nasconde sfumature e risorse complesse ed impreviste : del regionalismo è facile rinnovare di fronte alle esigenze ricorrenti i sensi e le suggestioni ; la modestia dell ' insegnamento economico non è fuor di luogo nell ' Italia moderna , il mito libertario sta per diventare laborioso e doveroso . In un regime intollerante di critica e di autonomia , sotto un governo paternamente dispotico , queste sfumature di indagini e delicatezze di metodo hanno un compito ben preciso di difesa per l ' avvenire , anche se non ne scaturisca oggi un imperativo di azione tutto chiaro . LIBRO TERZO CRITICA LIBERALE I Problemismo Gaetano Salvemini e Luigi Sturzo sono riusciti a promuovere in Italia il più recente esperimento di illuminismo politico offrendo il metodo e alcuni esempi di problemismo pratico . La natura liberale di questo tentativo non ha bisogno di troppi chiarimenti e le stesse obbiezioni che gli furono rivolte attestano solo l ' immaturità delle condizioni storiche in cui il loro pensiero , alquanto esclusivo , si dovette svolgere . La conoscenza dei problemi pratici non può sostituire , s ' intende , la dialettica delle forze e infatti la critica liberale non ha mai preteso di ridurre la realtà sotto schemi intellettualistici preconcetti : le azioni degli uomini non sono guidate dalla sola logica , anzi la spiegazione offerta dalle pretese razionali è insufficiente quanto quella che si vuol derivare dal riconoscimento degli istinti . D ' altra parte lo scetticismo verso l ' indagine problemistica mostra di non capire che nella complessità della vita sociale i « problemi » riescono degli eccellenti punti di orientamento , e sono talvolta occasioni e strumenti per individuare la crisi e le forze vitali presenti nell ' equilibrio politico . Se la metodologia liberale è la più ripugnante ai dogmi e alle semplificazioni astratte , alle cieche fiducie e alla sicumera dei progettismi , la conoscenza dei problemi pratici si presenta per il politico come una forma e un indice di liberalismo : è un modo di aderire alle sfumature e di prolungare l ' osservazione , una delle vie per cui si prova l ' ascesi del politico . La teoria liberale non ha mai dimenticato che l ' attitudine prima dell ' uomo di governo come dell ' uomo di partito sarebbe quella di sapersi fermare al momento giusto , prima di decidere : la virtù del dubbio e della sospensione di giudizio , la capacità di dar ragione all ' avversario è la miglior preparazione all ' intransigenza e all ' intolleranza operosa . Anzi deriva da questa caratteristica l ' accusa volgare mossa al liberalismo quasi fosse incapace di azione perché obbiettivo e fedele a canoni di indagine teorica prima che a esigenze di interessi : senonché l ' obbiezione mostra di ignorare proprio il fondamento psicologico del liberalismo , che non è soltanto movimento libertario e difesa delle iniziative dei singoli , ma anche un indice di maturità storica , un segno di aristocrazia del sapere e una raffinata diplomazia nei rapporti sociali . Il liberalismo sdegna la politica dei competenti ( degli interessati ) perché ha elaborato un concetto della politica come disinteresse dell ' uomo di governo di fronte al popolo interessato , e perché ha offerto durante il corso storico alcuni modelli assai evidenti della competenza che deve ritrovarsi nell ' uomo di Stato ( Cavour ) . II La lotta di classe e la borghesia La lotta di classe è stata l ' experimentum crucis della pratica liberale ; solo attraverso la lotta di classe il liberalismo può dimostrare le sue ricchezze . Essa rappresenta in politica la parte che in economia spettò al fenomeno dello scambio e del commercio . È lo strumento infallibile per la formazione di nuove élites , la vera leva , sempre operante , del rinnovamento popolare . Soltanto la lotta , mentre condiziona lo scaturire delle iniziative , garantisce le libertà dei singoli . Le classi appaiono chiuse e agiscono come unità distinte e individuate nei momenti più gravi del contrasto : ma errerebbe chi le considerasse schemi o astrazioni mentre corrispondono a uno sviluppo e rappresentano un movimento . Il sogno nazionalista della distruzione o dell ' addomesticamento delle classi ha la stessa natura del sogno pacifista e dimentica la funzione educativa del contrasto nella vita degli uomini . Ci sono buone ragioni per sospettare che la sociologia abbia negato il concetto di classe soltanto per avere esperimentato la difficoltà del definirle . La caratteristica della lotta politica infatti risiede in questo che , mentre separa le classi , le unisce : le sfumature e gli elementi differenziali riescono così mutevoli e dialettici . Uno studioso idealista , avendo voluto intendere rigorosamente la borghesia come un fatto dello spirito , si ridusse a studiarla non nei borghesi , che nel suo giudizio avevano troppo scarsa coscienza ideale di se stessi , ma nel proletariato che la conosce per il fatto stesso che la combatte . Con questo processo metodologico la scienza veniva a fondarsi sui miti , la critica riesciva identica con la polemica . Infatti per suggestioni di questo genere si è continuato a vedere nella figura del borghese l ' uomo che si è fatta una posizione , l ' uomo del ceto dirigente contento di sé . E allora non esisterebbe una borghesia , ma soltanto lo spirito che si imborghesisce ; non una classe , ma una circolazione di classi : un pericolo eterno di stasi , di negazione del progresso , di acquiescenza al passato . La borghesia sarebbe il momento dell ' inerzia , della rinuncia in cui tutte le élites ricadono quando si avvicina il loro tramonto . Senonché si può parlare nel secolo nostro della necessità del tramonto della borghesia ? La civiltà capitalistica , preparata dai comuni sorta trionfalmente in Inghilterra e diffusa negli ultimi decenni , pur nonostante varie attenuazioni in tutto il mondo civile , è la civiltà del risparmio , fondata su intraprese che hanno bisogno per vivere di un capitale mobile . I paesi più arretrati nella civiltà capitalistica , i paesi in cui la borghesia si mostrava meno solida , erano appunto negli anni scorsi quelli in cui la povertà delle condizioni sociali , la difficoltà di iniziative industriali e commerciali ostacolava la formazione di capitale mobile : la Russia , ancora costretta in un ' economia latifondista , l ' impero austriaco dominato dagli agrari ungheresi , l ' Italia , condannata dal dazio sul grano a una politica agraria preistorica . Adriano Tilgher ha cercato la logica di questa civiltà nell ' attivismo assoluto che riconosce in se stesso il principio e il termine dello svolgimento . L ' impulso vitale viene infatti alla vita moderna dalle sue stesse ragioni interiori , per una parte dalla superpopolazione per l ' altra dalla crescente capacità produttiva , dalle inesauribili invenzioni tecniche , dai bisogni sempre nuovi . In questa vita moderna l ' economia si fonda sul liberismo , la politica promuove le esperienze di autonomia con la pratica liberale , la filosofia vuole essere critica e immanentista , la morale si fonda sul realismo e sul valore fondamentale dell ' attività , la logica è dialettica . Ma dove le condizioni obbiettive non sono mature per uno sviluppo rigoroso , abbiamo processi patologici che dagli stessi principi conducono a conseguenze contrastanti ; il liberismo diventa socialismo di Stato , il liberalismo democrazia demagogica o nazionalismo dilettantesco , come in sede culturale il criticismo si dissangua nel sensismo , la dialettica cede all ' eristica e alla retorica . Questi due momenti dello sviluppo di uno stesso mondo , si possono chiamare tutti e due con la stessa legittimità borghesi , se borghese è l ' orientamento di vita cominciato con la rivoluzione francese : solo un esame storico più analitico potrà introdurre nuovi criteri di differenza per spiegare i vari stadi di sviluppo in cui la civiltà borghese si trova presso i vari popoli . La lotta di classe risparmia , nella sua azione presente , la civiltà capitalistica la quale poi è al di sopra delle classi e vuole l ' opera di tutti i ceti che vi partecipano e la creano concordi , pur mentre lottano tra di sé inesorabili nel volere la reciproca sopraffazione . La crisi economica che offrì gli elementi per la critica socialista non fu il segno di un esaurimento definitivo , e le palingenesi socialiste stesse valsero come miti d ' azione , non come annunci di tramonto : il capitalismo moderno oppone ai suoi avversari insuperabili esigenze economiche e pratiche e li obbliga a contribuire al suo successo . Si spiega agevolmente il motivo per cui nel mondo moderno borghese , spettò la definizione di borghesia alla classe dirigente : non in quanto essa si opponga ai moti popolari , ma in quanto ne è l ' espressione diretta e ne rappresenta gli istinti e le deficienze . È giusto però che i partiti d ' opposizione , nella loro volontà di creare la nuova élite di governo , affrontino la lotta seguendo la logica di miti intransigenti e messianici sino al semplicismo . Lasciata l ' elaborazione del concetto di borghesia agli scrittori del proletariato , è naturale che il concetto ne sia stato essenzialmente negativo e che nella borghesia si siano trovati e teorizzati , come specifici di essa , quegli errori e quelle debolezze che il mondo moderno reca in sé e che sono propri nello stesso modo del proletariato , il quale anzi sogna una società nuova , appunto perché ha la coscienza istintiva dell ' immaturità presente . La lotta di classe affina il senso di questa economia borghese e della proprietà privata , promuove nel cittadino la coscienza di produttore , come capitalista , come tecnico e come operaio . Gli stessi operai conservano una psicologia borghese se pure sognano trasformazioni e catastrofi : il concetto marxistico di proprietà dei mezzi di produzione distingue soltanto i ceti che hanno potuto più rapidamente conquistare la loro coscienza di produttori . Il significato rivoluzionario del movimento operaio , come ha dimostrato l ' occupazione delle fabbriche , consiste nella sua attitudine a riuscire più vigorosamente borghese , mentre troppi industriali non sanno adempiere la loro funzione di risparmiatori e di intraprenditori . Il sistema borghese invece di avviarsi al tramonto sarà ravvivato proprio dai declamatori e dai becchini della borghesia . Le classi dunque valgono come miti : forze che sempre si rinnovano e si contendono il potere . Il proletariato potendo affermarsi solo a patto di voler creare un ordine nuovo , ha negato in teoria , col più formidabile paradosso , la sua funzione nella società presente : in uno sforzo tanto più gigantesco quanto più , in apparenza , impotente , nelle umili condizioni spirituali dei proletari , ha acconsentito a identificare la civiltà presente con la classe avversaria ed ha osato affrontare la responsabilità di creare una civiltà nuova . Che cosa vi sarà di nuovo in questa sognata civiltà ci diranno le vicende della storia : le illusioni del socialismo in tanto diventeranno realizzatrici in quanto si cimenteranno intorno al problema specifico di continuare l ' eredità del mondo presente . Il mito marxista nella sua temerarietà avrà saputo far degni i proletari di questo compito . Nella lotta messianica di due principi ideali , vivi l ' uno come sogno e l ' altro come realtà economica e politica , la storia non ammette soluzioni di continuità e si serve dei miti , delle fedi e delle illusioni per rinnovare la sua eternità . Con questa fiducia guarda il liberale la lotta aperta dei ceti e dei partiti chi sa combattere è degno di libertà . III Politica ecclesiastica Le accuse degli idealisti contro il semplicismo e la fiducia con cui la teoria liberale avrebbe considerato il problema ecclesiastico , valgono soltanto contro i massoni del patto Gentiloni . Lo Stato non professa un ' etica , ma esercita un ' azione politica . Non rinuncia di fronte a nessuna Chiesa , ma non ha bisogno di combatterla come una concorrente . Il potere temporale è morto . Lo Stato ( anzi gli individui nello Stato libero ) deve difendersi dall ' assolutismo che reca in se stesso , non dal reazionarismo di altre epoche . Il liberalismo vede nella storia italiana due problemi di politica ecclesiastica : i rapporti tra il Vaticano e lo Stato , complicati dalla questione romana ; e l ' esistenza di uno spirito cattolico tra i cittadini . Prima della fondazione del partito popolare la questione degli italiani cattolici sembrava assai pericolosa per l ' unità e lo Stato risentì di queste paure e dovette ricorrere alternativamente a provvedimenti di politica ora grettamente clericali ora settariamente massonici . Il partito popolare ha migliorato i costumi dell ' Italia liberale allontanando lo spauracchio del pericolo clericale . È ormai lecito pensare a una pratica di governo ispirata da cattolici che rimanga perfettamente estranea alle influenze del Vaticano . In quanto al primo problema è buona tradizione di governo , che risale a Cavour , il considerarlo come un affare di politica estera . Nel regolare i rapporti tra il Vaticano e lo Stato consisterebbe infatti la prova infallibile di maturità per il diplomatico italiano che ha poi il dovere di presentare i risultati della partita come garanzia di serietà politica della nazione agli occhi degli altri governanti . Sostenere cavallerescamente la schermaglia continua con la diplomazia più raffinata del mondo , mantenere intatta una difficilissima posizione di equilibrio senza che la lotta si inasprisca e senza che si venga a una pace compromettente e pericolosa è un esercizio invidiabile di serenità e di astuzia . E non si può escludere che il Vaticano abbia per la nostra politica interna una delicata funzione di liberalismo e di moderazione , capace di frenare i sogni tirannici , i colpi di Stato e le avventure scapigliate con lo spauracchio delle complicazioni internazionali . Ma queste considerazioni valgono soltanto se si immagina costante il presente stato di lotta tra i due organismi ritenuti inconciliabili nonostante il riserbo e la dignità dei reciproci rapporti . Una soluzione della questione romana che assegnasse al pontefice la sovranità su una parte sia pur minima di territorio ( per es . i Palazzi ) significherebbe un regresso evidente : anche l ' ombra e il nome del potere temporale riescono insopportabili a uno spirito moderno ; e il dissidio risorto su una conciliazione siffatta ci riporterebbe vanamente ad altri tempi . La logica cattolica postula in politica il clericalismo assoluto ; ma il cattolicismo del Vaticano è ormai troppo abile , diplomatico , agile per voler essere logico : basta togliere di mezzo le occasioni e le ambizioni dei ritorni . Qui volendo indicare con un nome tutto il cammino di aberrazioni da cui si deve distogliere la politica italiana basterà ricordare Gioberti : nessun programma riuscirebbe oggi più nefasto del neoguelfismo che pur sembra allettare i cuori dei nuovi governanti . Da Federzoni a Mussolini l ' idea di una Chiesa strumento dell ' espansione italiana , custode delle tradizioni nazionali , sacra protettrice del popolo eletto è tornata ostinatamente con ingenue promesse ; e sembra ricorrere con Pio XI , il papa milanese , la nefasta illusione quarantottesca . L ' ingenuità di un siffatto sogno di conciliazione appare evidente se appena si considera che la fine arte politica del Vaticano difficilmente s ' indurrà a concedere senza ricambio : e la situazione è così delicata che qualunque spostamento di equilibrio può far rinascere penosamente le questioni clericali . L ' educazione politica ( dei cattolici è cominciata col partito popolare . L ' opera dei governanti dovrà essere ben cauta se non vorrà interromperla prima della maturità . D ' altra parte il solo sospetto di una complicità italiana nelle decisioni del Vaticano potrebbe determinare un umiliante conflitto internazionale . I rapporti tra Stato e Chiesa dunque si potranno migliorare solo se si manterrà costante la pregiudiziale cavouriana della laicità . Si tratta di liquidare lentamente e insensibilmente gli ultimi residui di clericalismo , se non si vuole veder rinascere con singolare asprezza la lotta anticlericale . Questo programma in Italia è stato rappresentato da Luigi Sturzo , il solo che avrebbe saputo , liquidando il clericalismo con il consenso dei cattolici , evitare una reazione cruenta . L ' accordo di Mussolini col Vaticano contro Sturzo segna certo il ritorno di politiche più avventurose e compromettenti ma non è ancora lecito dire quale dei tre malanni ( neoguelfismo , clericalismo o anticlericalismo ) ci attende in questa parentesi di politica illiberale . IV La proporzionale In Italia le questioni costituzionali continuano ad essere considerate come questioni di forma come se tutti i popoli non avessero fatto la prova delle loro attitudini all ' autogoverno e delle qualità diplomatiche nella creazione dei congegni elettorali più adatti a condizioni storiche specifiche e nella coordinazione degli istituti statali e delle iniziative libere . Il collegio uninominale fu il sistema ideale in un paese ( l ' Inghilterra ) che aveva rinunciato al feudalismo per garantirsi contro un sovrano statolatra ; è ancora economicamente e politicamente una forma feudale , presuppone il voto limitato e l ' esistenza d ' una classe aristocratica , si adatta a un tipo di vita tradizionale e sedentaria , esente dallo spirito d ' avventura ; riesce l ' ideale più accessibile ai contadini , alieni dal partecipare alla vita dello Stato , paghi di eleggere il deputato , incapaci di controllarlo . Dove il deputato non può parlare in nome dei suoi interessi di feudatario la tendenza del collegio uninominale si esprime nella formazione di una classe di politici , facili a degenerare in una pratica di politicantismo parassitario . Questo processo si ebbe , in forme alquanto demagogiche , in Italia , dove gli interessi agrari non riuscirono a stabilizzarsi , e l ' istinto retorico trasformò il rappresentante nel tribuno . Così stando le cose la rappresentanza proporzionale parve segnare giustamente in Italia il periodo in cui la vita unitaria si sarebbe imposta alfine , dopo il tormento della guerra e dell ' ascensione socialista , con una fisionomia di serietà etica e politica . Se ne fece banditore il partito popolare che inaugurò appunto in Italia , nella misura concessa agli italiani , una rivoluzione di carattere protestante sia per la sua etica cristiano ­ liberale , sia per lo spirito laico e cavouriano con cui considera il clericalismo ( Sturzo e Donati ) . L ' utilità della proporzionale non fu quella di uno strumento di conservazione come crede alcuno , ma si rivelò nel creare le condizioni della lotta politica e del normale svolgimento dell ' opera dei partiti . A questo concetto noi dobbiamo dare dei riferimenti alquanto diversi dai consueti . Il dopo ­ guerra fu un fenomeno di dissolvimento dei costumi e di tormenti ideologici : le condizioni generali vi sono assai analoghe a quelle dell ' Europa di Lutero , fortemente favorevoli a un movimento di carattere religioso nel senso di una riforma cristiana del cattolicismo . Il sintomo più importante di queste esigenze non sono i vari episodi mistici o confessionali ( Papini , Manacorda , Zanfrognini , Conscientia ) , ma il tentativo di Sturzo che ha appunto la serietà di un largo movimento sociale . La proporzionale diede a queste voci i mezzi per agire nel terreno nazionale , per presentarsi come programmi e proporre delle discipline . La democrazia trovava la sua atmosfera liberale : la proporzionale obbliga gli individui a battersi per un ' idea , vuole che gli interessi si organizzino , che l ' economia sia elaborata dalla politica . Uno dei più forti segni di disgregamento nel dopo ­ guerra non fu la lotta di classe , ma il pericolo che le classi si spezzassero egoisticamente in categorie ; che gli interessi vincessero le idee , che il corporativismo si sostituisse ai costumi di lotta sindacale rivoluzionaria insegnati da Marx e da Sorel . Il pericolo - - anche se nessuno l ' ha visto - - stava nelle rappresentanze professionali - - concetto che fu caro a tutti gli intellettuali disoccupati da Murri a Rossoni . Solo la proporzionale ebbe la virtù per qualche anno di utilizzare queste forze disgregatrici obbligandole a trasportare gli interessi nel campo politico , dove naturalmente son tratti a coordinarsi rinunciando al loro esclusivismo proprio quanto più ciascuno lo afferma e lo difende . Il fascismo dovette sconvolgere , per vincere , i risultati liberali conservatori di due esperimenti proporzionalisti e oppose all ' esercito degli elettori bande di schiavi ignari dei diritti politici . Il loro istinto di padroni guida assai precisamente i fascisti nella lotta contro la proporzionale . Ora codesti padroni sono tanto più curiosi in quanto ci vogliono presentare i loro stratagemmi di volgare restaurazione come scoperte futuriste . La critica alla proporzionale perché non rende possibile un governo di maggioranza è futurista proprio come le scoperte marinettiane di forme d ' arte alessandrine . L ' importanza dell ' opera moralizzatrice della proporzionale si riconobbe negli esperimenti italiani , nella sua attitudine a liquidare i governi di maggioranza . Dove prevale senza incertezze una maggioranza si ha nient ' altro che un ' oligarchia larvata . La formazione elettorale della maggioranza di governo è poi sempre un risultato di transazioni e di equivoci ( patto Gentiloni ) ; l ' arma del ricatto diventa il sistema con cui il tiranno può asservire ai suoi istinti gli eserciti delle democrazie votanti . La vita moderna si nutre di antitesi e di contrasti non riducibili a schemi ; i blocchi e le concentrazioni sono il sistema del semplicismo in cerca di unanimità ; la logica della vita politica si riposa nella varietà e nel dissenso , il governo ne sorge per un processo dialettico diversamente atteggiato a seconda delle diverse azioni di tutti i partiti . La proporzionale è riuscita a creare le condizioni di vita per un governo di coalizione ( valorizzato dall ' influenza dei partiti che vi collaborano anche quando si contrastano ) , eliminando ogni possibilità di patti Gentiloni . L ' Italia di Nitti dovrà rimanere per questo aspetto , a parte ogni critica che si possa muovere alla figura del ministro , un ideale vanamente vagheggiato e risperato di educazione politica . In quel periodo torbido e difficile mentre la proporzionale aiutò con chiarezza i governi a salvare il paese , ci fu dato il primo esempio della capacità degli italiani a vivere in un regime di democrazia moderna : fuori di quell ' esperimento non ci rimase altra alternativa che il Medio Evo di Mussolini . V La rivolta dei contribuenti Il concetto marxista della derivazione dei rapporti politici da fenomeni di natura economica va inteso e corretto in un senso che escluda ogni rigoroso determinismo e fissi invece connessioni di carattere irrazionale assai più complesse e vorrei dire misteriose . L ' attività economica sarebbe la materia che cerca nella politica la sua forma ; fenomeno rozzo e sfuggente che si tenta di conoscere attraverso leggi di approssimazione meccaniche e in cui l ' opera del politico , mobile , sensibilissima , libera , si esercita come su un terreno di sperimento per sorprendere l ' istante in cui riuscirà ad affermare il suo dominio spirituale . Riesce perciò ricca di notevoli significati l ' osservazione comune che l ' opera del politico , volontà libera e indipendente debba tuttavia incontrarsi con la presenza di condizioni obbiettive favorevoli , o , secondo la frase più generica degli idealisti , inserirsi nella storia . Anzi solo a questo punto si potrebbe riprendere con frutto il vecchio discorso della cultura che si richiede nel politico . Queste pregiudiziali spiegano il nostro scetticismo verso le troppo abusate disquisizioni sulla crisi economica e sui modi di risolverla . Se la parola decisiva spetta , senza appello , al politico l ' indagine economica non ci darà lo specifico infallibile , ma appena dei punti di riferimento . Tutto il valore della tecnica si deve esaurire nel suo carattere di strumento e di coefficiente . L ' uomo di Stato starà attento al consiglio dell ' economista , ma lo subordinerà agli altri fattori storici . Il merito di certa economia liberista consiste essenzialmente nella franca rinuncia al giudizio conclusivo : l ' economista rimane fedele al suo limite scientifico , suggerisce criteri di buona amministrazione , espone i risultati della sua esperienza isolata e ristretta secondo ipotesi e astrazioni quasi matematiche , o secondo misure semplicemente descrittive . L ' economista constata l ' esistenza di un problema finanziario , burocratico , monetario , offre l ' anatomia dei processi di produzione della ricchezza in un determinato momento storico : ma la sua osservazione resta sul terreno delle premesse e dei sintomi . L ' istituire tra questi fatti una gerarchia e una coordinazione è già il compito dello storico e del politico . L ' osservatore realista studia come si comportano rispetto a questi sintomi e rispetto ai problemi le varie forze dell ' equilibrio sociale . Ecco un esempio nel quale si può risolvere tutta la nostra indagine . Il problema del pareggio del bilancio che è il punto più sensibile della crisi economica non può essere risolto con le riforme tecniche perché è un problema di contribuenti : e per chiare ragioni , se non altro psicologiche , si riferisce più alle spese che alle entrate . Non riesce difficile constatare attraverso i tormenti degli economisti l ' esistenza di una più grave questione di coscienza tributaria . Tra la storia inglese dei secoli XII ­ XIII e la storia nostra del dopo ­ guerra si trovano curiose analogie . La conquista normanna aveva necessariamente unito per i sacrifici della guerra vittoriosa re e vassalli : aveva rafforzato l ' autorità statale , come la guerra europea la rafforzò in Italia . I nobili scomparvero dinanzi al Re , divennero tenentes in capite ; come negli anni passati la demagogia finanziaria ha reso incerti i diritti di proprietà dei cittadini . Lo scutagium o l ' auxilium dovuto dai nobili e dal clero non era di natura diversa dalle imposte che industria , commercio , proprietari e capitalisti pagarono per far vivere gli impiegati o per fornire di scuole le classi medie o di pensioni e sussidi le classi proletarie e militari privilegiate favorendo anche attraverso il fascismo le tendenze collaborazioniste . E se la situazione si annunciava in Italia già da trent ' anni la guerra ne ha radicalmente capovolti gli effetti . Il commune concilium regni ( poi Parliamentum ) nacque in Inghilterra non come istituto parlamentare , non come teatro di lotte politiche di partiti ma come strumento pratico diretto ad impedire le dilapidazioni a danno dei baroni . Questi si sentivano contribuenti , si sentivano Stato , classe politica , tanto che imposero al re un vero e proprio contratto bilaterale che fu il fundamentum libertatis Angliae in quanto consolidò la vita economica del paese indipendentemente dalle ingerenze politiche . Il sistema bicamerale ebbe un senso profondo in Inghilterra perché la Camera dei Lords dovette esercitare una specifica funzione finanziaria , che venne poi cedendo alla Camera dei Comuni a mano a mano che la ricchezza affluiva alle classi medie intraprendenti . I conflitti costituzionali dal Reform bill del 1832 al Parliament bill del 1911 coincidendo con un progressivo allargamento del suffragio segnano l ' assorbimento della funzione finanziaria nella più ampia funzione politica . In Italia lo Statuto , che era stato per certi aspetti un frettoloso espediente piemontese nel '48 , non risolse , ma fece appena balenare il problema . In Italia il contribuente non ha mai sentito la sua dignità di partecipe della vita statale : la garanzia del controllo parlamentare sulle imposte non era una esigenza , ma una formalità giuridica : il contribuente italiano paga bestemmiando lo Stato ; non ha coscienza di esercitare , pagando , una vera e propria funzione sovrana . L ' imposta gli è imposta . Il Parlamento italiano , derivato , attraverso la Carta e la costituzione belga , dal modello inglese esercita il controllo finanziario come esercita ogni altra funzione politica . È demagogico , parlamentaristico sin dal suo nascere perché è nato dalla rettorica , dall ' inesperienza , dal mimetisino . C ' è un tentativo non mai interrotto nella legislazione italiana per far diventare la piccola proprietà un fatto universale , per costringere tutti a questa legge : le classi nullatenenti ( primi gli impiegati ) tendono a partecipare alla piccola proprietà attraverso il parassitismo a spese dello Stato . I socialisti italiani hanno aderito a questa politica cercando di ottenere per le classi proletarie la legislazione sociale . Giolitti ha avuto l ' eroico cinismo di presentare come liberale questa politica di saccheggio dello Stato . Sembrò che la guerra tendesse ad abolire la descritta mentalità dei piccoli proprietari meschini , anarchici e sfruttatori , col farli partecipare largamente allo sforzo della Nazione attraverso le sottoscrizioni al prestito . Ma si trattò anche qui della gioia piccolo ­ borghese di carpire allo Stato il grasso interesse . È naturale che sia stato proprio Giolitti ( il quale non ha mai creduto che l ' Italia potesse diventare una Nazione produttrice e l ' ha sempre amministrata con metodi piccoli borghesi ) ad annullare i pochi effetti economici salutari della guerra con la politica finanziaria demagogica reclamata dal popolo unanime . Il problema della pubblica amministrazione era stato risolto in Inghilterra con la creazione di una buro ` crazia non numerosa ferreamente sottoposta alla direzione dei lords insigniti di cariche direttive onorifiche . In Italia il problema della burocrazia non è più solubile dal momento che per fare gli Italiani abbiamo dovuto farli impiegati , e abbiamo abolito il brigantaggio soltanto trasportandolo a Roma . Una rivoluzione di contribuenti in Italia in queste condizioni non è possibile per la semplice ragione che non esistono contribuenti . Nel pensiero di Turati e di Miglioli l ' Italia fu la nazione proletaria : il popolo poi doveva essere educato al parassitismo . Le classi borghesi mancano di una coscienza capitalistica e liberistica , e cercano di difendersi , di non lasciarsi sopraffare partecipando esse pure all ' accordo e facendosi pagare in dazi doganali e sussidi ciò che devono elargire in imposte . L ' operaio e l ' agricoltore non usano avvedersi di questo ultimo anello della catena per cui il beneficio iniziale torna a ricadere su di loro . Mancando di iniziativa coraggiosa hanno bisogno di delegare , anche a proprio danno , allo Stato la funzione di allontanar l ' imprevisto e il pericolo . Qui la crisi si riassume nelle scarse attitudini degli Italiani all ' autogoverno , che le fantasie anti ­ parlamentari favorite dal fascismo teorizzano nel modo più sconsolante e inconscio . Lo spettro del bilancio riesce l ' indice di tormenti più laboriosi che soltanto la rivoluzione dei contribuenti riuscirà a coronare . Senonché con questi discorsi siamo addirittura nei limiti della profezia . Bisogna che nuove condizioni di maturità economica preparino le aristocrazie adatte ( operai , intraprenditori agricoli , capitani d ' industria , principi mercanti ) a sostituire il governo degli impiegati di Colombino , di Rossoni e di Farinacci . Solo con la coscienza di questi fini la rivolta antiburocratica e l ' invocazione alle iniziative regionali potranno migliorare il nostro costume politico . VI Politica estera La caratteristica generale della nuova politica internazionale dopo la guerra è nella volontà esperta di ognuno di non decidersi , di non considerare come punto di partenza nessuno dei risultati raggiunti , di confidare nel futuro . Nel gioco reciproco di nascondersi , la politica estera indica le convulsioni interne ed esclude la mutua confidenza . L ' isolamento reciproco è un sistema per mantenere l ' equilibrio valido come la politica delle alleanze : esige una diplomazia più fine e un ' abilità più spregiudicata . A guardar bene le cose questa incertezza inconcludente non è evitabile e bisogna congratularci coi nostri ministri degli esteri che non si stancano al gioco . La ragione centrale di turbamento potrebbe sembrare l ' entrata dell ' America e del Giappone nella storia e il premere dell ' India sulla politica inglese : ma invece di parlare del tramonto dell ' Europa bisogna vedere il disordine come frutto di una necessaria diffidenza reciproca . Le soluzioni più evidenti sono , in tali frangenti , le più semplicistiche che nulla risolvono e soltanto introducono semi di discordia aprioristici inaderenti ai reali interessi : il blocco delle nazioni proletarie dei progettisti non fa che constatare l ' esistenza di un mondo dilacerato con Russia , Germania , Italia in crisi di depressione e America e Inghilterra in crisi di eccesso di produzione . La lotta dei debitori contro i creditori sarebbe la soluzione estrema e disperata che riaffermerebbe la scissione in modo più doloroso , mentre l ' equilibrio deve mirar a combinare in modo sapiente crteditori e debitori . Una politica wilsoniana dell ' Italia a Versailles avrebbe costituito forse uno dei termini fermi della riorganizzazione , avrebbe offerto un punto di direzione e di convergenza alle nazioni più deboli e isolate ( Piccola Intesa , Penisola balcanica , America del Sud ) . Era la prima volta che si offriva all ' Italia la possibilità di esercitare una grande azione di politica estera . L ' aspirazione nittiana all ' unità del mondo , mossa da intelligenti apprezzamenti sulla Germania , trascura il terreno realistico su cui gli avvenimenti si svolgono ; l ' impossibilità di distruggere certe naturali differenze . Qui non si pretende di condannare i popoli ma è evidente che Francia e Germania sono ridotte per ora a posizioni statiche e predisposte e l ' America pare che ne voglia seguire l ' esempio , sicché solo all ' Inghilterra e all ' Italia , fallito Wilson , viene a spettare , per opposte vie e secondo opposte esigenze , la funzione delicata delle comunicazioni e dei movimenti in un mondo rigido . Versailles è dunque una tregua nel senso più completo e oserei dire normale della parola : e la pace dovrà esser preparata e realizzata a poco a poco in un lavorio di decenni dai diplomatici . Se non intervengono decisioni avventate , nonostante i problemi intricatissimi delle riparazioni , della penisola balcanica , della Russia , della eredità dell ' Austria , l ' Europa s ' avvia appunto a una lunga parentesi di pace duratura . E di ciò la ragione non va ricercata nelle sue stremate forze , ma nell ' estremo buon senso ( non paia ironia ) prevalso in questi anni di dopoguerra , nell ' assenza di ogni posizione intollerante , nell ' effettiva unità dell ' Europa sentita universalmente anche se ognuno dei gover ni crede di fare una politica nazionalista . In effetto dalla politica estera del dopoguerra sono stati esclusi del tutto gli avventurieri ( fatalmente persino Venizelos ! ) e abbiamo avuto per quattro anni l ' esempio di una singolare fermezza di nervi , di uno spirito di ascesi non venuto meno neanche attraverso le inconclusioni di decine di conferenze internazionali ! Tutti son divenuti naturalmente diplomatici , e chiusa la partita di una discussione ne vogliono aperta un ' altra : scopo essenziale non già l ' espandersi , ma il neutralizzar l ' avversario . Veramente sotto il cinismo dei diplomatici bisogna riconoscere che uno spirito di carità cristiana nuovo ha pervaso tutta l ' Europa , né dovremo lamentarci se si mostra come finezza e tatto invece che con dichiarazioni di simpatia : da quattro anni gli uomini di Stato agiscono col più sublime disinteresse e tanto è il fascino di siffatta atmosfera che persino il bellicoso Mussolini fu fatto mansueto a Territet da poche parole di Lord Curzon e da un sorriso di Poincaré . È naturale che ognuno nasconda gelosamente la buona volontà sotto il decoro dell ' occasione , ma in realtà chi osò cogliere una tra le migliaia di occasioni per una nuova guerra manifestatesi dopo Versailles ? La lentezza : questa è l ' arma per cui la diplomazia del dopoguerra viene spiegando i suoi diabolici disegni di pace mentre i popoli non sognano che di uccidersi . Altro che politica estera fatta dai parlamenti ! Solo le aristocrazie e le minoranze sanno realizzare la democrazia . Queste premesse offrono una base organica per chi voglia esaminare criticamente la politica estera dell ' Italia in questi quattro anni . Nel giuoco comune noi avevamo per natura una delle posizioni più mobili e spregiudicate . Non si seppe comprendere abbastanza il forte nostro interesse al disinteresse . È chiaro che la sicurezza dell ' Italia dipende dalla sua politica di alleanze , dalle simpatie che riesce ad alimentare e non dalle concessioni orientali ; è chiaro che anche una politica nazionalista è ammissibile soltanto se noi riusciamo a non esser soli , ad inserirci a un sistema di forze . Ciò fu compreso soltanto dal conte Sforza che realizzò prudentemente la politica d ' accordo con la Piccola Intesa , rovinata poi dai successori . Bisognava saper giuocare sul wilsonismo ; la politica delle nazionalità oppresse che ci aveva fatto vincere la guerra ci avrebbe fatto vincere la pace . Sarebbe poi assurdo non ricordare che il punto fermo della nostra politica estera attraverso vicende secolari rimane la possibilità di contare sull ' accordo inglese : una politica antinglese è sterile per chi non possa disporre della riserva di iniziative e di imprevisti che soltanto la Russia riuscirebbe a far agire in Italia , in Asia Minore e nell ' Europa centrale . Siamo inesorabilmente risoluti a chiamarci pacifisti sin che l ' imperialismo italiano sarà quello di Corradini o di Coppola . L ' Italia che sogna avventure tripoline o pensa alle tradizioni romane è negata a qualunque politica estera efficace . Il fascismo si risolverà in un pacifismo imbelle e astensionista per la sua incapacità di educare gli italiani alla responsabilità , per la sua indulgenza al sogno idillico di un regime paterno . Comunque suoni la retorica dei discorsi , un governo che esalti la milizia nazionale non può creare uno spirito militare . L ' esercito dei volontari fu sempre l ' esercito degli sbandati , con la psicologia di avventurieri o di predoni ; l ' austerità del sacrificio richiesto dalla guerra non s ' impara nelle spedizioni punitive . Solo le democrazie che avranno saputo alimentare un proletariato agguerrito nel suo ideale di lavoro saranno capaci di una politica imperialista , appunto in quanto non ostenteranno infantili programmi di militarismo . Nella Civiltà moderna la guerra per la pace , definita da Machiavelli , diventa una legge di sviluppo dei popoli : il noviziato retorico e l ' iniziazione ai riti più enfatici di Marte fanciullo non si adattano allo spirito laico di questi nuovi combattenti . « Perché questi uomini buoni , e che non usano la guerra per loro arte , non vogliono trarre di quella se non fatica pericoli e gloria , quando e ' sono a sufficienza gloriosi , desiderano tornarsi a casa e vivere dell ' arte loro » . « Ciascuno d ' essi faccia volentieri la guerra per avere pace e non cerchi turbare la pace per avere guerra » . II Il problema della scuola Le tendenze corporative e sindacali del dopo ­ guerra ci hanno procurato tra gli altri esperimenti di politica dei competenti la scoperta non nuova , ma tuttavia non meno allegra , di una politica scolastica proposta , discussa e tentata dai professori . Il più tranquillo liberale o il più modesto psicologo avrebbero potuto indicare agevolmente l ' equivoco di queste abusate sicumere : per chi abbia dimestichezza con la storia non sono invero necessarie nuove esperienze per dimostrare l ' inferiorità della politica dei tecnici in confronto dei tecnici della politica . Invece le cose si condussero sino al fondo e assistemmo , secondo una logica prevista , alle più sottili trasformazioni , che nell ' adeguarsi alla doppia logica del partito popolare , statolatra per favorire la media borghesia e antistatale per seguire le tradizioni cattoliche e autonomiste , cambiarono il programma della libertà della scuola in una discussione professorale sull ' esame di stato . Pare evidente che non debba acconsentire alla metamorfosi chi non ha perduto , nella pratica dell ' insegnamento , il senso delle proporzioni e dei rapporti tra scuola e cultura . Il senso più palese della formula « libertà della scuola » per un liberale è per l ' appunto la necessità e la volontà di una liquidazione del dogmatismo scolastico , di un riconoscimento del valore educativo contenuto nelle libere iniziative culturali che il mondo moderno ha creato intorno alla scuola , istituto caratteristicamente sorto sotto l ' influenza delle concezioni medioevali . La dimostrazione nel nostro pensiero scaturisce dalle considerazioni storiche più elementari che segnalano la coincidenza delle prime affermazioni della libertà scolastica e dei primi istintivi ritrovamenti del pensiero e della civiltà moderna . Senza allontanarci dalla tradizione liberale piemontese potremo indicare agevolmente gli spunti di una concezione originale , anteriore ai cattolici liberali francesi , sulla questione della libertà scolastica . Giambattista Vasco , economista torinese ( 1733­1786 ) , del quale anche il Pecchio loda la chiarezza e l ' evidenza nella trattazione dei problemi tecnici , liberista convinto « non tanto per aver letto e ammirato Smith , per avere pensato da sé » , affermava pochi anni prima della rivoluzione francese che giova « sianvi scuole stabilite dal governo , potendo esse scegliere facilmente i più dotti professori procacciandoli anche da ' lontani paesi , e somministrare agli studenti quei comodi che difficilmente si avrebbero in altre scuole particolari , come macchine di fisica , istromenti di matematiche , ecc . » . Ma « la concorrenza dei maestri privati coi professori ( della scuola pubblica ) può essere utilissima , sia per costringere questi a non trascurare il loro dovere , sia per formare ottimi candidati per le cattedre , quali saranno certamente coloro che con buona reputazione si sono molti anni esercitati ad insegnare nelle scuole particolari ( private ) » . E per regolare questo privato insegnamento fissava due disposizioni : prima « non permettere ad alcuno di aprire scuole in casa senza una permissione speciale del governo che non si accorderebbe che a persone dabbene » , seconda « costringere coloro che vogliono insegnare in propria casa a farlo a porte aperte , cosicché possa intervenire alle loro lezioni chiunque voglia , il che sembra un sufficiente ritegno » . E « giammai non converrebbe spingere le precauzioni più oltre » . Proponendo la pubblicità dell ' insegnamento il Vasco non pensava alle difficoltà didattiche della sua proposta ( se ne preoccupò invece nel 1876 il Bertini e risolse il problema negandolo ) : fu questa della pubblicità idea diffusa e fortunata durante tutto l ' Ottocento e meriterebbe forse un esame approfondito : ma noi dobbiamo piuttosto concludere dalle citazioni fatte la natura antidogmatica del pensiero liberale piemontese . E nel 1846 , agli albori della rivoluzione che doveva in Piemonte liquidare molti resti di medioevalismo , l ' Albini , rosminiano in filosofia , ma in politica costituzionalista , con tendenze alla statolatria , riaffermava con precisione di giurista l ' idea di libertà scolastica corretta mediante un controllo governativo . Tali professioni di fede appaiono generiche anticipazioni dottrinali : tutto il sistema d ' insegnamento vigente in Piemonte era in realtà nelle mani del governo , rigidamente cattolico , e cattolici erano i pochi istituti privati . La concorrenza era un nome . Ma proprio mentre l ' Albini scriveva , nel 1844 , si svegliava quel movimento per le scuole di metodo , da cui nacque poi tutto il giornalismo scolastico dello stato sardo . Fu un vero Sturm ­ und ­ drang pedagogico che ebbe , nonostante la fretta , una forte efficacia nella formazione della classe dirigente che guidò l ' esperienza del '48­49 . Dopo la guerra il problema si presentò nella forma più urgente e imprescindibile . Il nuovo Stato , costituito a democrazia senza partecipazione popolare , doveva prendere la sua posizione e la sua responsabilità di fronte a partiti inesistenti o immaturi , doveva affrontare un compito ideale , non ancora sentito dai cittadini , l ' istruzione del popolo , e preparare una classe di maestri . Per tale esigenza la politica scolastica liberale doveva venir sacrificata provvisoriamente a una politica scolastica unitaria e in mancanza di una morale e di uno spirito nazionale e laico si tentò di creare una scuola di Stato . La psicologia dell ' italiano di fronte alla scuola fu caratteristicamente piccolo ­ borghese e , per l ' impotenza di preparare situazioni storiche concrete di maturità , vagheggiò di sovrapporre sui dissidi delle anime una tinta comune di cultura generale ottimistica e borghese . Il dilettantismo della erudizione e la retorica fiduciosa dell ' autoincensamento sostituivano la coscienza del produttore e le responsabilità realistiche . Bisogna riconoscere tuttavia che tali vizi nacquero originariamente come ripari della necessità ; e l ' espediente della scuola di Stato venne alimentato in coscienze per natura libertarie o liberali . Dalla libertà come da punto di partenza inconcusso movevano per esempio Bertrando Spaventa e Domenico Berti ; ma la libertà del Berti era quella del cattolico diventato liberale per influenza dell ' economia inglese e della recente esperienza storica ; Spaventa cercava la libertà sognata da Cuoco e da Colletta nella giustificazione teorica di Hegel . Non poteva dunque sfuggire allo Spaventa il carattere della civiltà moderna che non chiede organi o istituti per una propaganda dogmatica , ma si serve di tutte le antitesi e di tutte le critiche : egli infatti rifiutava in sede teorica persino il concetto di una scuola di Stato . Ma lo Stato italiano , o per esso lo Stato piemontese , deve difendersi di fronte al pericolo clericale ; perciò anche Spaventa pensa a un insegnamento ufficiale , timoroso della prevalenza cattolica , almeno fino che non sia tolta alla Chiesa la posizione di privilegio in cui la metteva il primo articolo dello Statuto . Il pensiero dello Spaventa nel 1851 era dunque identico al pensiero del Berti nel '49 . Senonché il Berti a due anni di distanza aveva attenuato la polemica anticattolica , e colla libertà della scuola voleva avvicinarsi a Cavour per preparare intorno a lui la nota concentrazione , che fu per il Piemonte non infeconda di successi politici . Anche il liberalismo del Berti dunque nascondeva un equivoco . Egli aveva compreso dall ' esperienza della prima guerra che l ' unità d ' Italia sarebbe avvenuta soltanto mediante la transazione coi cattolici ; perciò verso la scuola cattolica egli non poteva più nutrire timori anzi era tratto a considerarla come fattore primo di nazionalità . Un terribile problema poi incombeva sul nuovo Stato : l ' educazione di tutto il popolo ; e a compiere questo dovere , secondo il Berti , bisognava che si unissero gli sforzi della nazione intera , senza distinzione di partiti : bisognava concedere la libertà d ' insegnamento a tutti , la libera concorrenza avrebbe permesso poi che solo le scuole migliori prendessero sviluppo completo : le scuole limitate , confessionali , non avrebbero avuto mai vita vigorosa : si sarebbero affaticati i liberali al lavoro , a fondare anch ' essi scuole private modello , e a dare l ' esempio ci si era messo il Berti sin dal '50 . Ma un avversario della libertà scolastica poteva obbiettare per le stesse ragioni storiche : di fronte all ' immensità del problema bisogna che da parte del governo venga una parola decisiva : lasciar la scuola alla libera concorrenza vorrebbe dire condannare le regioni più povere a non avere scuole , a non combattere l ' analfabetismo : vorrebbe dire rendere impossibile l ' unità . Bisogna dunque che il nuovo Stato affermi , la sua laicità anche a costo di sovrapporsi alle iniziative private : bisogna che s ' impegni a dare la scuola a tutti i comuni . E se questo non fu il pensiero esplicito di Bertrando Spaventa diventò tuttavia il programma del governo , che non si accontentò di fare , ma volle , e continua a volere , strafare . Nel momento presente un ' attività scolastica troppo invadente dello Stato si riduce a sostituire alla coltura i pregiudizi della burocrazia . Del resto Augusto Monti ha dimostrato che la politica scolastica dello Stato italiano dopo il '70 è stata tutta organicamente diretta , con i pregiudizi della cultura generale , della neutralità del sapere scientifico , ecc . , ad attuare una concezione di classe e a formare uno spirito borghese anzi , diremmo noi , piccolo ­ borghese . La lotta politica intensa del dopo ­ guerra preparando la formazione dei partiti capovolge invece tutto lo spirito della scuola italiana e instaura un nuovo equilibrio di forze , desiderose di combattere su ogni terreno . La formula dei popolari per la libertà scolastica in un ambiente siffatto non ha più nulla di clericale , ma diventa un caposaldo di libera lotta contro lo stato burocratico . D ' altra parte l ' esistenza di grossi nuclei organizzati e di precise tendenze psicologiche , dai socialisti ai popolari , ai combattenti , era , al tempo della lotta per la riforma Croce , la più sicura garanzia contro ogni possibilità di monopolio e di impostazione dogmatica ­ partigiana . In sede speculativa i filosofi potranno anche teorizzare l ' attività scolastica come funzione di Stato inteso quale sintesi delle iniziative dei cittadini . Ma l ' equivoco dei socialisti riformisti e di tutti gli ammiratori della statolatria consiste per l ' appunto nel confondere questo Stato ideale , oggetto delle speculazioni dei filosofi del diritto con lo Stato ­ amministrazione pubblica . Il fatto è che le funzioni del primo Stato non debbono affatto tradursi in organi di quest ' ultimo . Nel momento in cui le funzioni cercano i loro organi entra in gioco il libero contrasto delle forze economiche ed amministrative . Solo uno Stato teocratico può rivendicare il diritto del monopolio scolastico ; lo Stato moderno non ha una funzione patriarcale di educatore e chi parla di un ' etica di Stato parla per metafora , esaurendosi necessariamente la morale pubblica in quella dei cittadini e non potendosi parlare di una civiltà sociale diversa da quella realizzata dagli individui . La scuola e la cultura sono state organizzate e promosse dall ' alto , e si sono sovrapposte alle iniziative dei singoli in momenti storici specifici , e non la filosofia del diritto , ma la psicologia e la politica devono discutere questi limiti dell ' empiria . La Chiesa ha creato l ' Università , e ha realizzato gerarchicamente la sua predicazione umanitaria per opporre alle invasioni barbariche un baluardo conservatore delle antiche civiltà . Le corti umanistiche promovendo la letteratura e la scuola di cultura servivano all ' arte loro di governo in un tempo in cui le plebi italiane sognavano un regime paterno . Oggi di fronte al fascismo , una politica che rivendichi la libertà della scuola , utile ieri , è diventata insufficiente perché non si può fare della tecnica quando il fronte unico della lotta è diventato il terreno politico . La lotta contro la tirannide non si può fare invocando riforme e concessioni dalla tirannide , ma contrapponendole rivendicazioni integrali di dignità . Il fascismo instaurando la sua politica scolastica di classe travolgerà le illusioni pedagogiche di Gentile e di Lombardo Radice e continuerà la scuola piccolo ­ borghese e parassitaria della terza Italia . La pregiudiziale per proporre il vero problema dell ' educazione nazionale è dunque la non ­ collaborazione . È chiaro che in questo senso la nostra scuola non ha bisogno di scuole , e possiamo discutere di problemi pratici soltanto in senso astratto e per un vizio di progettismo . In un ' Italia moderna , quale la veniamo preparando con la nostra lotta , in cui i cittadini sappiano creare la loro scuola aderente alle loro esigenze , contro la monotonia generica della scuola di Stato , l ' esame è naturalmente svalutato in quanto la scuola si fonde con la cultura e con la vita . Invece di allevare impiegati lo Stato si riduce alla sua funzione di controllo . Se può sembrare interessante conoscere i nostri progetti confesseremo che prima del fascismo il problema di questo controllo si riduceva per noi nei termini seguenti : 1 ) Per la scuola elementare : lotta diretta dello Stato contro l ' analfabetismo , mobilitazione di tutte le forze nazionali , preti o massoni , bolscevichi o conservatori , poiché si tratta di preparare gli strumenti elementari della vita moderna indipendentemente da ogni considerazione etica . Affrontare risolutamente il problema nel Mezzogiorno . Non si rinnoverà il popolo meridionale con scuole elementari improvvisate , ma la lotta contro l ' analfabetismo è una imprescindibile esigenza economica per il problema eticamente e politicamente più importante del Sud : l ' emigrazione . 2 ) Per la scuola elementare bisogna formare dei maestri , ossia lo Stato deve istituire delle scuole normali , anzi delle scuole medie modello , limitate di numero e coi posti concessi ad allievi per concorso ; a integrare questa azione di Stato provvederà l ' iniziativa privata : per fornire di scuole poi i paesi rurali non c ' è altra soluzione fuor di quella di Augusto Monti dell ' assunzione di personale non diplomato e dell ' abilitazione . Ma della scuola normale o media non bisogna sopravalutare il significato : la questione dell ' analfabetismo si risolve solo creando una situazione rivoluzionaria delle vecchie abitudini e suscitatrice di nuovi sforzi , come ben insegna Lenin in Russia . L ' affollamento alla scuola media verrà meno non appena lo Stato non darà più ai suoi studenti titoli o lauree : poiché la nostra piccola borghesia è diventata una casta che ha il suo titolo nobiliare nel diploma . Il problema dell ' università è identico con quello delle scuole medie e lo si potrà risolvere solo riconoscendo che da parecchie decine d ' anni la cultura universitaria è inferiore alla cultura del paese , alimentata sopratutto dalle libere iniziative del giornalismo , dei partiti , delle associazioni . 3 ) Poiché queste riforme parranno alla nostra reazionaria e demagogica borghesia troppo antidemocratiche o rivoluzionarie si tratta di prepararle proponendole come riforme essenzialmente economiche . La scuola di Stato infatti è diventata per lo Stato un problema di finanza che non si può risolvere se non sfollando gli istituti , coll ' aumentare le tasse scolastiche ( mettendo a concorso i posti gratuiti ) ed eliminando il parassitismo professorale mediante il solo sistema infallibile di cui si disponga , ossia riducendo gli stipendi . Il fascismo non farà nulla di questo perché ha bisogno di gregari fedeli o non può ottenerli se non in cambio di un impiego governativo ; né può lasciar libertà alla cultura per timore delle conseguenze e perché in ogni tempo l ' oscurantismo burocratico e la morale di Stato furono le migliori armi dell ' assolutismo . LIBRO QUARTO IL FASCISMO Le ragioni dell ' opposizione Lo spirito della nostra indagine ci potrebbe esentare dal compito di discorrere del fascismo , che fu individuato , nelle pagine precedenti , come una parentesi storica , come un fenomeno di disoccupazione nell ' economia e nelle idee connesso con tutti gli errori della nostra formazione nazionale . Il presupposto di questo libro è che l ' Italia riesca a trovare in sé la forza per superare la sua crisi e riprendere quella volontà di vita europea che parve annunciarsi , almeno in certi episodi , col Risorgimento . Quindi accade che le nostre obbiezioni al fascismo siano tutte pregiudiziali e scorgano l ' errore dove gli apologisti indicano i meriti , nella capacità che ebbe il movimento , in un ' ora di sospensione e di incertezze , di porre termine alla tensione degli Italiani e di comprometterli in una banale palingenesi di patriarcalismo quando la solennità della crisi imponeva ai cittadini l ' imperativo categorico della coerenza , della libera lotta politica , dell ' autogoverno . Il ministero Facta apparirà allo storico come la più curiosa delle ironie e quasi la caricatura di un volere provvidenziale che dava agli Italiani un governo debole e rinunciatario perché i cittadini sapessero affrontare le responsabilità inevitabili della lotta politica e dell ' iniziativa statale . Finché la lotta dei partiti nati nel dopo ­ guerra rimaneva indecisa tutte le possibilità del futuro erano salve . Il fascismo ci ha tolto quest ' incubo ; e mentre gli Italiani fallivano al loro esame di serietà moderna il genio della stirpe ha ripreso tra i residui dell ' avventuroso Rinascimento la leggendaria figura del condottiero di milizie che dà ai servi inquieti una paterna disciplina . Elogio della ghigliottina Nella Rivoluzione Liberale del 23 novembre 1922 questo nostro stato d ' animo impopolare era così descritto : Il fascismo vuol guarire gli Italiani dalla lotta politica , giungere a un punto in cui , fatto l ' appello nominale , tutti i cittadini abbiano dichiarato di credere nella patria , come se col professare delle convinzioni si esaurisse tutta la praxis sociale . Insegnare a costoro la superiorità dell ' anarchia sulle dottrine democratiche sarebbe un troppo lungo discorso , e poi , per certi elogi , nessun miglior panegirista della pratica . L ' attualismo , il garibaldinismo , il fascismo sono espedienti attraverso cui l ' inguaribile fiducia ottimistica dell ' infanzia ama contemplare il mondo semplificato secondo le proprie misure . La nostra polemica contro gli Italiani non muove da nessuna adesione a supposte maturità straniere ; né da fiducia in atteggiamenti protestanti o liberisti . Il nostro antifascismo prima che un ' ideologia , è un istinto . Se il nuovo si può riportare utilmente a schemi e ad approssimazioni antichi , il nostro vorrebbe essere un pessimismo sul serio , un pessimismo da vecchio Testamento senza palingenesi , non il pessimismo letterario dei cristiani delusione di ottimisti . La lotta tra serietà e dannunzianesimo è antica e senza rimedio . Bisogna diffidare delle conversioni , e credere più alla storia che al progresso , concepire il nostro lavoro come un esercizio spirituale , che ha la sua necessità in sé , non nel suo divulgarsi . C ' è un valore incrollabile al mondo : l ' intransigenza e noi ne saremmo , per un certo senso , in questo momento , i disperati sacerdoti . Temiamo che pochi siano così coraggiosamente radicali da sospettare che con queste metafisiche ci si possa incontrare nel problema politico . Ma la nostra ingenuità è più esperta di talune corruzioni e in certe teorie autobiografiche ha già sottinteso un insolente realismo politico obbiettivo . Noi vediamo diffondersi con preoccupazione una paura dell ' imprevisto che seguiteremo a indicare come provinciale per non ricorrere a più allarmanti definizioni . Ma di certi difetti sostanziali anche in un popolo « nipote » di Machiavelli non sapremmo capacitarci , se venisse l ' ora dei conti . Il fascismo in Italia è un ' indicazione di infanzia perché segna il trionfo della facilità , della fiducia , dell ' entusiasmo . Si può ragionare del ministero Mussolini : come di un fatto d ' ordinaria amministrazione . Ma il fascismo è stato qualcosa di più ; è stato l ' autobiografia della nazione . Una nazione che crede alla collaborazione delle classi ; che rinuncia per pigrizia alla lotta politica , dovrebbe essere guardata e guidata con qualche precauzione . Confessiamo di aver sperato che la lotta tra fascisti e socialcomunisti dovesse continuare senza posa : e pensammo nel settembre del 1920 e pubblicammo nel febbraio del 1922 La Rivoluzione Liberale con fiducia verso la lotta politica che attraverso tante corruzioni , corrotta essa stessa , tuttavia sorgeva . In Italia , c ' era della gente che si faceva ammazzare per un ' idea per un interesse per una malattia di retorica ! Ma già scorgevamo i segni della stanchezza , i sospiri alla pace . È difficile capire che la vita è tragica , che il suicidio è più una pratica cotidiana che una misura di eccezione . In Italia non ci sono proletari e borghesi : ci sono soltanto classi medie . Lo sapevamo : e se non lo avessimo saputo ce lo avrebbe insegnato Giolitti . Mussolini non è dunque nulla di nuovo : ma con Mussolini ci si offre la prova sperimentale dell ' unanimità , ci si attesta l ' inesistenza di minoranze eroiche , la fine provvisoria delle eresie . Certe ore di ebbrezza valgono per confessioni e la palingenesi fascista ci ha attestato inesorabilmente l ' impudenza della nostra impotenza . A un popolo di dannunziani non si può chiedere spirito di sacrificio . Noi pensiamo anche a ciò che non si vede : ma se ci si attenesse a quello che si vede bisognerebbe confessare che la guerra è stata invano . Privi di interessi reali , distinti , necessari gli Italiani chiedono una disciplina e uno Stato forte . Ma è difficile pensare Cesare senza Pompeo , Roma forte senza guerra civile . Si può credere all ' utilità dei tutori e giustificare Giolitti e Nitti , ma i padroni servono soltanto per farci ripensare a La Congiura dei Pazzi ossia ci riportano a costumi politici sorpassati . Né Mussolini né Vittorio Emanuele Savoia hanno virtù di padroni , ma gli Italiani hanno bene animo di schiavi . È doloroso dover pensare con nostalgia all ' illuminismo libertario e alle congiure . Eppure , siamo sinceri sino in fondo , c ' è chi ha atteso ansiosamente che venissero le persecuzioni personali perché dalle sofferenze rinascesse uno spirito , perché nel sacrificio dei suoi sacerdoti questo popolo riconoscesse se stesso . C ' è stato in noi , nel nostro opporsi fermo , qualcosa di donchisciottesco . Ma ci si sentiva pure una disperata religiosità . Non possiamo illuderci di aver salvato la lotta politica : ne abbiamo custodito il simbolo e bisogna sperare ( ahimè , con quanto scetticismo ) che i tiranni siano tiranni , che la reazione sia reazione , che ci sia chi avrà il coraggio di levare la ghigliottina che si mantengano le posizioni sino in fondo . Si può valorizzate il regime ; si può cercare di ottenerne tutti i frutti : chiediamo le frustate perché qualcuno si svegli , chiediamo il boia perché si possa veder chiaro . Mussolini può essere un eccellente Ignazio di Loyola ; dove c ' è un De Maistre che sappia dare una dottrina , un ' intransigenza alla sua spada ? La capitis deminutio delle teorie Nessun De Maistre , nessuna dottrina nella letteratura apologetica del fascismo . Per il fascismo le teorie sono ideologie piacevoli che bisogna improvvisare e subordinare alle occasioni . Le avventure riescono più seducenti che le idee , e queste perdendo la loro dignità e autonomia sono ridotte a funzioni servili . L ' uguaglianza fascismo ­ controriforma serve come una risorsa del programma neoguelfo ; il liberalismo di De Stefani può soddisfare le aspettazioni più popolari intorno al mito del pareggio ; il sindacalismo nazionale offre alle masse il pane in cambio della dignità ; il nazionalismo e il patriottismo soddisfano gli istinti più filistei delle classi dell ' entusiasmo . In un libro troppo fortunato nel quale Mussolini lasciò che si riconoscesse , anche all ' estero , il suo programma , un fascista onesto ha finito col trarre tutte le conseguenze piu pacifiche dall ' ammonimento di Missiroli : « Il fascismo sarà la coscienza matura della nuova democrazia , e , come tale , dovrà riconciliarsi col socialismo , o sarà peggio che nulla ; un tardivo e impossibile tentativo reazionario » . Ma il fascismo di Pietro Gorgolini è addirittura il giolittismo di Fera , un ' antologia politica di tutti i programmi di sinistra dopo Depretis . Wilsonismo e socialismo di Stato , liberismo confuso con l ' economia del giusto prezzo , finanza demagogica , difesa della piccola proprietà e lotta contro il latifondo , ecco la demagogia poetica annunciata precocemente dal banditore e non smentita poi dall ' opera dei governanti . Chi non ha adottato queste semplici formule è andato subito troppo vicino all ' eresia e si è preclusa la popolarità . I tentativi mediocri di teoria dei Grandi rimasero un ' ingenuità solitaria . Il proposito di far aderire le masse allo Stato del resto non si realizza inventando nuove formule di sindacalismo nazionale ; mentre spera la religiosità del movimento dall ' adesione popolare , Grandi non si avvede di ripetere le aberrazioni di illuministica eleganza del nazionalismo , del modernismo e del sindacalismo , note critiche di intellettuali . Il pensiero di Agostino Lanzillo poi si potrebbe addirittura consigliare a chi si trovi a corto di argomenti nella polemica col fascismo . Anche se ci spieghiamo senza difficoltà la sua adesione a Mussolini per l ' esaltazione dell ' interventismo e per l ' irrequieta ispirazione antintellettualista la filosofia dell ' intuizione di A . Lanzillo resta infatti alquanto più esperta e preparata di talune grossolane professioni relativistiche di capi e di gregari e riesce persino a consentire certe possibilità di critica e di intelligenza . La profezia del governo fascista appare in questi termini : « Nella società attuale - - ai primi del 1922 - - noi constatiamo che lo Stato sta accrescendo ogni giorno il suo potere . La forza militare che ha ai suoi ordini è assai più temibile ora che non prima della guerra , per la sviluppatissima confidenza con l ' uso delle armi e la diminuita e quasi scomparsa impressionabilità dei cittadini di fronte a fatti di repressione armata . I mezzi di collegamento , di repressione , di organizzazione difensiva sono formidabili e quasi invincibili . Se si suppone , secondo l ' ipotesi avanzata avanti , che possa avvenire una fusione , allo scopo di dominio politico , fra talune categorie operaie e taluni ceti dirigenti , ne verrà una compagine politica così salda , che la forza che questo Stato avrà e potrà usare contro il resto della società , sarà praticamente illimitata » . Si domanda quale sia di fronte a tali prospettive l ' animo di Agostino Lanzillo liberista , nemico dell ' intervenzionismo statale , del nazionalismo e del militarismo dato che il fascismo sta per essere appunto l ' erede , nel senso più cattivo , del socialismo . Dei tre canoni cari al Lanzillo , liberismo , antintellettualismo , esperienza economica non so quale si potrà salvare in un governo paternamente cattolico , in uno Stato disposto a controllare non solo l ' economia privata ma ancora le coscienze e l ' urna elettorale . È vero che egli si può rallegrare ormai della sua antica profezia : La guerra sarà per dare agli uomini la massima spregiudicatezza nell ' usare la forza , ma nei nuovi iniziati alla concezione della vita guerriera cercherà invano gli auspicati requisiti della classe dirigente capace di contemperare la persistenza degli aggregati e l ' istinto delle combinazioni , individualista e liberista contro la mediocrità organizzata . Certo le nuove classi guerriere , che Lanzillo preconizzava istintivamente individualiste , si sono piuttosto rivelate barbaramente burocratiche e i loro istinti di monotonia non consentono la speranza di una risoluzione unitaria del regionalismo col rispetto religioso delle personalità regionali ! L ' invito al fascismo a farsi rappresentante delle classi medie è stato il solo ascoltato , ma a vederne i risultati vorremmo che Lanzillo ci spiegasse come egli scorgesse nel fascismo un ' anima eroica e se la citazione di Sorel a proposito della loro violenza non venisse alquanto a sproposito . Gli offriremo appunto una antitesi liberista dei problemi che egli pone . Il liberismo infatti fissa come limite naturale all ' economia la mediazione politica , la quale ha parimenti le sue necessità ed esigenze autonome : sembrerebbe dunque che la giusta critica agli avventati scioperi di cattivi politicanti e al facilonismo massimalista non autorizzasse senz ' altro l ' esaltazione del sindacalismo giuridico , in omaggio a un vagheggiato governo dei produttori ! Invocare un governo di produttori mentre solo la proporzionale potrebbe agire mirabilmente come strumento di lotta politica e di formazione libera dei partiti significa spaventarsi della libertà e rifugiarsi nelle medioevali consolazioni corporative . Quest ' odio dei fascisti verso la politica in omaggio all ' idillio letterario e al pratico adattamento economico è il peggior indice della decadenza dei nostri costumi e della mollezza dei caratteri che invocano , come riposo , il ritorno del Medio Evo . La costituzione del Carnaro fu il primo avvertimento ; poi collaborazionismo e fascismo , guardia regia e squadrismo furono gli assidui espedienti della tremula fantasia . Il governo di Mussolini esilia nei conventi la critica , offre ai deboli una religione di Stato , una guardia pretoriana , un filosofo hegeliano a capo delle scuole ; nello Stato etico annulla le iniziative . All ' Italia immatura offre una culla che potrebbe essere la tomba delle coscienze civili diventate private dopo aver eliminati provvisoriamente alleandosi ancora una volta con la plutocrazia , i due problemi che sarebbero stati la Bastiglia del popolo italiano : i rapporti tra lo Stato e le classi operaie ; l ' incontro e l ' antitesi tra industria e agricoltura . Chi parla oggi di liberismo e di problema meridionale ? La Monarchia ha seppellito i democratici e la lotta politica . I discorsi sui governi delle competenze e dei tecnici hanno la stessa natura delle prediche sulla grazia divina e lo spirito santo : valsero a rubarci una costituzione che volevano migliorare e a edificare un nuovo monumento di paterna teocrazia . Ma il discorso delle teorie non è necessario quando predomina una questione di istinti assolutamente spensierati . I simboli riescono più significativi delle idee . Così al ritratto dell ' autore che adorna un altro libro apologetico assai curioso poco resterebbe da aggiungere per avere completa la biografia del fascista : parendo che lo sfoggio audace di medaglie militari definisca i confini delle individualità assai meglio che un elenco di testi o la descrizione dello stile . L ' istintivo richiamo , per rozze somiglianze , al capo primitivo di tribù , armato di fisica esultanza corrugata e di piacevoli talismani , non si smentisce nella narrazione vivacemente burocratica , inesperta e palese . Il documento interessa in modo singolare se appena si guardano le cose ad una certa lontananza , sì che prendano il loro rilievo quasi Umberto Banchelli fosse un nuovo vassallo del nuovo re , illetterato e bellicoso come Teodorico , feroce come Alboino . Ma egli terrebbe più della rozzezza di Paolo Diacono , che della felice erudizione di Cassiodoro ; derivando il suo rispetto per intellettuali come Prezzolini e per Soffici dall ' indulgenza costante nei due amici verso la spensieratezza avventurosa , e talvolta persino verso i nuovi barbari . Chissà che Soffici non offra volentieri la sua allegra malleveria alle invettive del Banchelli contro le dottrine « dell ' ebreo ­ germanico Carlo Marx , ovvero di Mordeca , poiché era questo il suo vero nome che si era tolto per essere dalle folle ignoranti dei suoi tempi acclamato e creduto » . In verità solo il pervertimento del senso dei valori nei momenti più notturni può spiegarci le metafore marinesche dell ' umile cronaca dove per la battaglia elettorale di Firenze si attribuisce al fascio il compito di « impedire che otto secoli di arte italiana e di sacrifici cittadini potessero esser lordati dall ' effigie del russo asiatico ebreizzato Lenin » . Del resto l ' ambizione letteraria del rozzo cronista chiama candidamente a riscontro la fiorentina età di « guelfi e ghibellini » per la ripresa sassaiola . Ma non giova sprecare metafore di troppo lusso per fatti che sono tanto banali e cotidiani . Nel fascista non si trova poi se non di rado il rispetto del barbaro per la sapienza che gli è negata , e certe religiose venerazioni crescono male nel cuore monotono del goffo guerriero di mestiere . La cronaca dei giornali parla con più precisione della contraffatta baldanza di generali e deputati « minorenni » . Anche in queste memorie , la venerazione e la profezia dell ' Italia cattolica , il plauso alla monarchia assoluta , la paura degli ebrei e della plutocrazia , le proteste contro Mussolini che non vuole le industrie di Stato descrivono conclusivamente il candore di certe albe spirituali . Si vorrebbero raccogliere esempi di stile : « Ormai tutto questo dilagare di partiti ha fatto conoscere quanto occorra por fine ai partiti stessi , e ridurli numericamente magari ad uno solo » . « E distruggere fino al possibile i dialetti e non permettere la stampa in dialetto che fa alimentare lo spirito di campanile » . « Non vi può essere che una potenza cattolica , non vi può essere che Roma , che un dì si possa decidere a scacciare i turchi dall ' Europa e ridare al tempio di Santa Sofia il significato cristiano per cui esso sorse » . « Guai a colui che ardisse toccare le sacrosante conquiste economiche proletarie ! Se dovrà sorgere la vera e reale monarchia essa dovrà essere per mezzo del suo Re responsabile il padre austero del proletariato » . Il discorso potrebbe farsi più severo se di queste innocenze si chiedesse ragione ai tutori legittimi e responsabili . Allora la critica moralistica del Banchelli alla democrazia si dovrebbe definire la giusta ribellione insolente dello scolaro maleducato al maestro insufficiente . Invero perché non considerare con profonda pietà , questi ragazzi spostati che dai padri democratici e dagli eventi avventurosi poco poterono apprendere fuor della corruzione dei costumi ! Anche il fascismo , come tutte le infanzie , ha per noi le sue penose giustificazioni , come quello cui meglio si adatterebbe il confessore o il predicante che il maestro di politica . Crebbero svagati trovatelli né alcuno insegnò loro qual duro noviziato attenda l ' artiere delle sociali contingenze . Nel gioco della guerra si riconobbero una precocità viziosa . Oggi la sicumera del barbaro cela soltanto la paura , né lo spirito aperto assiste la generosità , anzi la spavalderia alternandosi con l ' obbedienza mostra l ' esaurimento dei nervi , la povertà di inibizione , la decadenza della razza . Il futurismo sarebbe stato dunque l ' annuncio ebbro e sconsolato di questa fondamentale aridezza interiore . Si tratta di sostituire al bastone tedesco il pugnale fascista ( pag . 176 ) , di affidare altrui l ' esercizio della propria libertà . In politica l ' antidemocrazia segna un ritorno nostalgico verso lo Stato paterno ; in critica i procedimenti sono metafore come negli alchimisti . Volta per volta servirebbe , in luogo della pietra filosofale , a spiegar tutto , la plutocrazia non conosciuta , o l ' ebreismo , fantoccio di nuvole che mille venti ingrandiscono , o l ' arrivismo di chi tiene i primi posti , o il commercio e l ' industria addirittura . Il libro di Banchelli è pieno di deplorazioni per la mancanza di fascisti galantuomini , e di domande maligne sulla sorte toccata all ' amministrazione delle finanze del fascio per opera dei capi più accesi . Nelle crude lotte intestine vi appare legge l ' accusa di ladro contro l ' avversario politico . La nostra memoria non è tanto vigile da rimettere in corso certi pettegolezzi , ma il giudizio sarà ben pronto a cogliere il significato storico di siffatti caduti costumi . Nessuno si nasconda le naturali preoccupazioni per la rinuncia alle più elementari dignità , ché l ' immaturo spirito del fascismo sta proprio nel non saper destare neanche il rispetto per il mestiere . Il ricorrere ai miti invece che all ' esperienza , il considerate antropomorficamente le realtà complesse della contingenza , indica senza il pudore dell ' infingimento il suo semplicismo . Con la stereotipia di una disciplina si vorrebbero riparare le deficenze ma non si osa far nascere l ' ordine dal libero disordine . Lo spirito d ' avventura non riesce a scoprire la tradizione e i lamenti sulle degenerazioni morali non intendono che fuori della lotta politica manca il criterio del rinnovamento etico . Mussolini Mussolini è stato l ' eroe rappresentativo di questa stanchezza e di questa aspirazione al riposo . La sua figura di ottimista sicuro di sé , le astuzie oratorie , l ' amore per , il successo e per le solennità domenicali , la virtù della mistificazione e dell ' enfasi riescono schiettamente popolari tra gli Italiani . È difficile immaginarlo altrimenti che sotto le spoglie di un audace condottiero di compagnie di ventura ; o come il capo primitivo di una selvaggia banda posseduta da un dogmatico terrore che non consenta riflessioni . La sua vittoria , tra il disorientamento degli altri , si spiega esaurientemente pensando alle sue qualità risolutive di tattico . Gli manca il senso squisitamente moderno dell ' ironia , non comprende la storia se non per miti , gli sfugge la finezza critica dell ' attività creativa che è dote centrale del grande politico . La sua professione di relativismo non riuscì neppure a sembrare un ' agile mistificazione : troppo dominante vi avvertì ognuno la sconcertata ricerca ingenua di un riparo che eludesse l ' infantile incertezza e coprisse le malefatte . Coerenza e contraddizioni sono in Mussolini due diversi aspetti di una mentalità politica che non può liberarsi dai vecchi schemi di un moralismo troppo disprezzato per poter essere veramente sostituito . Egli rimane perciò diviso e indeciso tra momenti di una coerenza troppo dogmatica per non riuscire goffa e sfoghi di esuberanza anarchicamente ingiustificati . Ha bisogno di un mondo in cui al condottiero , non si chieda di essere un politico . Lottare per una idea , elaborare nella lotta un pensiero , è un lusso e una seccatura : Mussolini è abbastanza intelligente per piegarvisi , ma gli basterebbe la lotta pura e semplice senza i tormenti della critica moderna . Solo gli ingenui si sono potuti stupire dei suoi recenti amori con la Chiesa cattolica . Nessuno più lontano di Mussolini dallo spirito dello Stato laico e dalla vecchia Destra degli Spaventa . Egli non ha nulla di religioso , sdegna il problema come tale , non sopporta la lotta col dubbio ; ha bisogno di una fede per non doverci più pensare , per essere il braccio temporale di una idea trascendente . Avrebbe potuto riuscire il duce di una Compagnia di Gesù , l ' arma di un Pontefice persecutore di eretici , - - con una sola idea in testa da ripetere e da far entrare « a suon di randellate » nei « crani refrattari » . Gli articoli del Popolo d ' Italia erano così : ripetizioni di un ordine , dogmi e spesso stereotipie di un monotono disegno , così sono i comunicati e i discorsi : letterariamente hanno qualcosa di militare e di catechismo - - si deduce l ' opera del boia o dello squadrista dalle verità assolute , trascendenti , e cristallizzate . Infatti i tre momenti centrali della vita di Mussolini hanno coinciso con tre momenti risolutivi , entusiastici , dogmatici della storia italiana : il messianismo socialista , l ' apocalissi antitedesca , la palingenesi fascista : chi vorrà essere così ottuso da ricercare nel condottiero di questi episodi uno sviluppo , e delle ragioni ideali . di progresso ? Perché vedere un problema politico dove si tratta di un fenomeno di psicologia del successo e di una nuova arte economica delle idee ? Sarà legittimo studiare la filosofia politica di Corrado Wolfort , di Giovanni Hakwood o di Francesco Bussone ? La storia giudicherà con indulgenza l ' anacronismo di Mussolini che nonostante il suo orgoglio chiuso di signorotto incompiuto è stato tanto umile da inchinarlesi : garibaldino in ritardo come Crispi , ma forse meno cocciuto di lui e per il suo convinto arrivismo più duttile : rozzo , povero di idee riuscì almeno due volte , per la robustezza e la disinvoltura , l ' ostetrico della storia . Le debolezze intrinsiche di questo temperamento si scorsero quando il condottiero dovette farsi amministratore e diplomatico . In un consesso internazionale di impenetrabili l ' inferiorità di Mussolini , attore più che artista , tribuno più che statista , è palese poiché egli non sa che specchiarsi nella propria enfasi . La sua eloquenza , la forza del polemista , non sanno battersi sul terreno delle ironie e dei sottintesi , restano smontate appena dal comizio e dalla sala di scherma si passi all ' arguta conversazione e alla snervante schermaglia insidiosa delle parole . Mussolini è a suo agio soltanto quando parla al buon popolo e ne ascolta i desideri o lo rimbrotta con fiero cipiglio per le sue monellerie . L ' ordinaria amministrazione con la sua monotonia è un altro fiero nemico del presidente ; se egli non avesse un piacevole divertimento nelle trovate sportive che gli riconciliano la popolarità il compito quotidiano sarebbe snervante e senza risorse . Del resto l ' indole propria del governo avventuroso ed eccezionale vuole che l ' ostacolo insuperabile resti il mondo delle faccende comuni e necessarie su cui invano si dirigono i desideri dei pretoriani e dei subalterni della rivoluzione in cerca di sinecure . La pazienza è più amica dei ritorni e delle rivincite che delle improvvisazioni . Tuttavia restano notevoli le attitudini di Mussolini a conservare il potere tra un popolo entusiasta e desideroso di svaghi , che egli conosce benissimo e cui appresta quotidiane sorprese ( dal telegramma a Spalla all ' esaltazione del raid Baracca ai discorsi domenicali ) . Messa da parte ogni preoccupazione di politica estera egli si è dedicato inesorabilmente a un ' abile tattica reazionaria di liquidazione di tutti i partiti e di tutti gli organismi politici e , aiutato dalla crisi economica , sembra voler ridurre alla sua ragione tutti gli avversari . Anche in questo esperimento il trasformismo giolittiano è stato ripreso con più decisi espedienti teatrali e le doti dei politico si riducono tutte ad astuzie di manovra e a calcoli tattici , indici di un ' arte affatto umanistica e militare . Il mussolinismo è dunque un risultato assai più grave del fascismo stesso perché ha confermato nel popolo l ' abito cortigiano , lo scarso senso della propria responsabilità , il vezzo di attendere dal duce , dal domatore , dal deus ex machina la propria salvezza . La lotta politica in regime mussoliniano non è facile : non è facile resistergli perché egli non resta fermo a nessuna coerenza , a nessuna posizione , a nessuna distinzione precisa ma è pronto sempre a tutti i trasformismi . Dovrà ineluttabilmente l ' Italia rimanere condannata dalla sua inferiorità economica a questi costumi anacronistici e cortigiani ? O le forze della nuova iniziativa popolare e di ceti dirigenti incompromessi riusciranno a dare il tono alla nostra storia futura ? A questo punto è evidente che una nostra profezia riuscirebbe troppo interessata e per quel che non nasce dal contesto spetta piuttosto all ' iniziativa del lettore .