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> anno_i:[1910 TO 1940} > autore_s:"SIGHELE SCIPIO"
EVA MODERNA ( SIGHELE SCIPIO , 1910 )
Saggistica ,
A MIA SORELLA EMMA CASTELLINI SIGHELE . Questa , ch ' io ti offro , è la frammentaria relazione di un vagabondaggio intellettuale attraverso un territorio psicologico molto studiato e sempre poco conosciuto . Tu sai che la parte migliore di me è in quei libri coi quali ho voluto servire la scienza in cui credo , è in quella propaganda patriottica con la quale ho voluto difendere la mia terra irredenta che amo . Al di fuori di questa fede e di questo amore , io guardo il mondo con la tranquilla serenità di un modesto studioso che non ambisce dir cose nuove , ma desidera soltanto osservare . Queste mie pagine sono il frutto di un ' osservazione obbiettiva : raccolgono , commentano , criticano quello che gli altri hanno detto : sono ricami intessuti coll ' ago dell ' improvvisazione su un tema che oggi interessa : sono brevi fuochi d ' artificio con cui ho tentato illuminare fugacemente una questione molto complessa e molto confusa . Pure , in queste pagine è un sentimento che le rende forse non indegne di essere dedicate a te . Il libro è in alcune parti ardito , ma il suo scopo è profondamente morale . Tu vi troverai , a volte , un ' eccessiva semplicità , a volte un po ' d ' ironia . L ' una e l ' altra non sono che la paura di dar troppa importanza al mio pensiero . Ma tu vi troverai , anche , la convinzione sincera che il maggiore e migliore ideale della donna si realizza nella sua missione di madre . Per me è vangelo la parola di Nietzsche : la donna è un enigma la cui soluzione si chiama maternità . E per questo a te - che della missione di madre hai inteso modernamente tutti i doveri e godi oggi meritamente tutti gli orgogli - per questo a te ho voluto dedicare il mio libro , come un atto di riconoscenza d ' affetto e d ' ammirazione . S . S . Firenze , marzo 1910 . Una sola morale per i due sessi . - " On peut prédire à coup sûr que la morale de demain sera ce que seront les convictions de demain relativement à l ' importance , à la nature , à la signification des rapports sexuels . " - GABRIEL TARDE . Un destino ironico vuole che i grandi uomini creino dei discepoli piuttosto per esagerare e deformare le loro idee paradossali anziché per seguire e diffondere ciò che vi è di umanamente bello e nobile nelle loro teorie . Tolstoi che è insuperabile artista e mediocre filosofo , ha visto sorgere troppi seguaci della sua filosofia e troppo pochi imitatori della sua arte . E delle sue dottrine filosofiche , che risentono tutte l ' assolutismo del solitario e peccano tutte per l ' inapplicabilità d ' una psicologia d ' eccezione , quella che ha avuto , anni or sono , più largo onore di discussione e anche il successo di un assentimento verbale , è stata la teoria dell ' amore . Una teoria negativa , che si è diffusa nel mondo per mezzo di quel delizioso racconto inverosimile che è la Sonata a Kreutzer . Per Tolstoi l ' amore nella sua significazione fisiologica di atto che obbedisce all ' istinto è vizio e lussuria ; e da perfetto asceta egli sacrifica volentieri la perpetuità della specie a questa perpetuità del male . L ' intelligenza ottusa degli uomini normali credeva ingenuamente che il consiglio di Tolstoi non sarebbe stato accolto . A rigore di logica , non si poteva ammettere che l ' ideale dell ' umanità consistesse nella negazione dell ' amore e quindi nella soppressione dell ' umanità . Ma la logica non è forse che un ' opinione .... come l ' aritmetica , e a combattere contro di essa pullularono i discepoli tolstoiani . L ' inno alla castità fu cantato su tutti i toni da un coro di imitatori ; e non soltanto l ' inno alla castità relativa come vuole la morale cristiana , ma l ' inno alla castità assoluta come pretende il gran sacerdote di Jasnaja Poljana . Nell ' ultimo capitolo della Femme inquiète di Jules Bois si legge questa pagina ove è simbolizzata la " coppia futura " la coppia platonica che rispecchia il divino ma inutile amore secondo lo sterile vangelo di Tolstoi : - " ... Il secolo stava per finire . Noi eravamo diventati i discepoli di Isaja che era il Messia della religione suprema . Un giorno il maestro mi disse : - Io ho molto amato , ma i miei amori mi avevano lasciato un senso di disgusto .... Finalmente incontrai colei che doveva decidere del mio destino e mutare la mia esistenza . Ella era vergine . Io ero sorpreso del rispetto che mi ispirava . Una sera tuttavia ho creduto che la mia passione sarebbe stata più forte del mio rispetto . Ed ella che mi vedeva pallido e tremante e mi comprendeva , appoggiandomi la testa sulla spalla mi disse : - Voi me lo avete confessato : le coppe ove avete bevuto non vi hanno mai soddisfatto : perché ricominciare un ' esperienza vana ? fra qualche istante voi non avrete più ideali ma soltanto un ' amante di più . Noi abbiamo un gesto più splendido a compiere sulla terra . - Ed io la ho ascoltata , soggiunse Isaja , ed ora dopo molti anni sento che essa mi guidò sulla via perfetta . Le parole del maestro , malgrado la rivolta della carne , mi parvero la verità , ed io compresi che non valeva la pena di vivere se non si sorpassava la vita " . Il gesto splendido che Isaja e la vergine avevano da compiere sulla terra e che hanno compiuto , era di rimanere amici anziché diventare amanti : e a questo gesto splendido Jules Bois concede la sua incondizionata ammirazione . Ma crede veramente Jules Bois a quello che scrive , o la sua non è che un ' ammirazione .... letteraria , subito sconfessata appena egli è costretto a rispondere alla facile obbiezione che la sua teoria , anziché elevare l ' amore , lo annulla e sopprime l ' umanità ? Un giorno egli mi scriveva : - " Voi vi siete un poco sorpreso di vedermi celebrare la castità assoluta . Io credo veramente che vi sia una castità superiore , completa , tanto per l ' uomo che per la donna , ma mi guarderei bene dall ' indicarla come esempio alle moltitudini . È un ' idea personale che io non mi permetterei di imporre a nessuno . Io predico soltanto la castità relativa . Ma il profeta , colui che , sacerdote d ' una religione , trova le verità geniali per mezzo delle quali il mondo di secolo in secolo è esaltato e trasfigurato , colui deve secondo me essere sempre casto . Gesù e Buddha vissero nella purità assoluta . Giovanna d ' Arco non ebbe le sue visioni che perché il suo cuore e il suo corpo restarono intatti . Sono delle eccezioni così rare e così venerabili che la loro imitazione non mi sembra pericolosa , sopratutto presso di noi che dobbiamo temere l ' eccesso opposto . Amiamo e riveriamo questi genii incomparabili . I fanali delle strade non ci bastano : noi abbiamo bisogno anche di guardare le stelle " . Interpretata e modificata così , la dottrina della castità comincia ad apparir meno assurda : dalle nebbie del misticismo si scende sul terreno pratico della realtà , e si confessa che il precetto assoluto è messo innanzi soltanto perché abbia delle applicazioni relative . Non altrimenti la nostra psicologia dell ' educazione crede di dover porre innanzi ai giovani gli esempii di virtù rare ed eroiche perché essi , imitandole da lontano , sappiano diventare , se non degli eroi , almeno dei galantuomini . Si domanda mille per esser certi di ottener cento . È la tattica di tutti i propagandisti . E si ritorna così , senza saperlo o senza volerlo confessare , alla dottrina cristiana , la quale pur riconoscendo la verginità come lo stato perfetto , riconosce tuttavia e benedice anche il matrimonio . La castità assoluta rimane cioè l ' ideale cui tutti dovrebbero tendere , ma che a pochi è dato raggiungere . Vi è però fra questi moderni predicatori di castità e l ' antico precetto della religione cattolica , una differenza di metodo e di scopo . La castità religiosa , cioè monacale , era incompleta e socialmente dannosa perché la castità obbligatoria è una diminuzione di energia e un avvilimento . Invece , la castità quale è voluta dai riformatori moderni alla Jules Bois , la castità volontaria e " dosata " può essere socialmente utile perché è innegabilmente un aumento di forza per l ' individuo e una prova ch ' egli sa comandare all ' istinto . La religione aveva posto in contrasto quasi fossero due termini irreducibili la castità e l ' amore : la verginità da una parte , il peccato dall ' altra . Oggi si corregge questo assolutismo e non si vogliono mantener distinte le due categorie di vergini e di peccatori : oggi Jules Bois dice : bisogna unire la castità e l ' amore , bisogna cioè realizzare l ' amore casto , l ' amore psichico , nel quale l ' unione non sia la conseguenza d ' un desiderio o d ' un interesse , ma lo svolgersi d ' un sentimento delicato e puro . Come realizzarlo ? * Prima di rispondere a questa domanda , constatiamo che i seguaci di Tolstoi , partiti dall ' aberrazione del maestro , sono arrivati all ' affermazione di una regola morale ed igienica molto semplice alla quale tutti potrebbero sottoscrivere . Per attirar l ' attenzione intorno a sé hanno spiegata al sole la bandiera della castità assoluta , confidando di radunar la folla curiosa intorno a questa insegna mattoide , e poi , ripiegando a poco a poco sotto la grandine del ridicolo , hanno finito collo sventolare soltanto il pallido labaro della castità relativa . Per far questo , non occorreva atteggiarsi a discepoli di Tolstoi , e nemmeno pretendere di essere dei novatori . Bastava ascoltare quello che consigliano i medici o , ancor più modestamente , quello che insegnano il senso comune e il senso morale . La castità relativa è per un popolo come per un individuo una condizione di superiorità . Per l ' individuo è l ' indice di un self control , di una padronanza su sé stesso che gli permetterà di esercitare in tanti campi più utili quell ' energia che altri spreca unicamente nel piacere . Per un popolo è la ragione della sua forza conquistatrice e civilizzatrice nel mondo . La superiorità di espansione d ' una razza è dovuta in gran parte alla sua salute fisica : un popolo fiacco per eccessi sensuali può avere soltanto una civiltà che non dura . Queste sono , ormai , verità che corron le strade ; e si capisce e si perdona che le ripetano i francesi i quali , vedendo che il loro paese muore per la continua diminuzione di nascite , e attribuendo giustamente questo pauroso fenomeno all ' immoralità dei loro costumi sessuali , cercano di ricondurre la linfa nell ' albero inaridito della loro razza predicando dai libri e dai giornali una castità relativa che nessuno sa o può mettere in pratica . Sono dei moribondi che chiedono ossigeno . Di fronte a una generazione di nevrastenici e di degenerati che non sanno più la via dell ' amore fecondo e si perdono nei viottoli della lussuria o prudentemente adoperano le pratiche malthusiane , è legittima nei francesi la reazione che consiglia e invoca quella castità relativa che darà all ' unione fra uomo e donna non solo un valore psicologicamente più alto , ma anche una conseguenza socialmente più utile , e creerà delle famiglie ove il figlio non è l ' accidente imprevisto e rimpianto , ma il simbolo vivo , il fiore umano , lo scopo ultimo cui tende e in cui si nobilita la passione d ' amore . A realizzare praticamente questo ideale , Jules Bois non vede che un mezzo . Poiché , secondo lui , in questa crisi di immoralità la colpa è tutta o quasi tutta dell ' uomo al quale la società permette e perdona una troppo libera condotta sessuale che non permette e non perdona alla donna , noi dobbiamo esigere dal maschio quella stessa castità relativa che noi esigiamo dalla femmina , e , modificando i nostri costumi , inaugurare una sola morale per i due sessi . Al giovane non deve essere lecito ciò che non è lecito alla fanciulla : l ' uomo deve arrivare al matrimonio nello stesso stato di purezza nel quale vi arriva , normalmente , una ragazza . Lasciando da parte - per ora - l ' ingenuità di questa tesi , riconosciamo che essa porta all ' ultimo limite quel desiderio assurdo di perfetta eguaglianza fra i due sessi che è nel programma del feminismo . Jules Bois osa attaccare il monopolio dell ' uomo , come lo chiamava Anna Kuliscioff , in ciò che ha o crede d ' avere di più sicuro e di più legittimo : un diritto di moralità sessuale diverso dalla donna . Jules Bois vuole che la morale per i due sessi sia unica . Vuole che non solo le leggi scritte ma anche le leggi morali parifichino dinnanzi al tribunale della pubblica opinione l ' uomo e la donna . Ed egli fa questa non nuova , ma lucida osservazione : oggi le colpe amorose sono per la donna quasi un marchio d ' infamia , per l ' uomo quasi un titolo di gloria . Se una donna ha un amante , essa è punita col disprezzo gesuiticamente verbale di tutti coloro che la conoscono : se un uomo ha un ' amante , egli non è punito che dalla tacita invidia degli altri uomini . Se una fanciulla diventa madre e si consacra nobilmente e coraggiosamente al suo bambino , la sua azione sembra una sfida e un insulto alla moralità : se un uomo tiene con sé un figlio naturale , tutti esclamano in coro : quale generosità ! che nobiltà d ' animo ! Questi diversi giudizii sono per il Bois un ' ingiustizia e un ' illogicità . Ogni adulterio per compiersi , ogni bambino per nascere hanno bisogno non soltanto d ' una donna ma anche d ' un uomo ( il signor de la Palisse ne converrebbe anche lui ! ) : quindi si dia la stessa pena o lo stesso elogio a entrambi i complici necessarii di quel delitto o di .... quella buona azione . C ' è molta onestà in questi principii , ma c ' è anche troppo semplicismo . V ' è l ' illusione di ridurre il tumulto della vita all ' aridità semplice di un ' equazione . V ' è l ' ingenuità di poter tagliare coll ' arma rigida della logica i nodi gordiani della sociologia che solo un duttile bisturi psicologico può sciogliere . La vita non è un ' aritmetica dove due e due fanno sempre quattro : è piuttosto una chimica dove la riunione di diversi elementi può condurre a quei risultati imprevisti che si chiamano combinazioni e precipitati . La morale , e sopratutto la morale dell ' amore , vive di contraddizioni . E non si possono , non si debbono applicare ai rapporti sessuali le stesse leggi che si applicano ad altri rapporti sociali . Vedete , per esempio : l ' uomo che riconosce suo preciso dovere avvertire un altro che un biglietto di banca cade dal suo portafoglio , giudicherà una bassezza avvertirlo che qualcuno gli ruba la moglie . Così , noi possiamo essere d ' accordo con Jules Bois ( e come del resto non esserlo ? ) che per ottenere una colpa sessuale ( come egli la chiama ) occorre un uomo e una donna : ma noi sorrideremo della sua logica ingenua che vuole identica la responsabilità dell ' uno e dell ' altra . Sono forse sempre identiche le conseguenze della colpa dell ' uno e quelle della colpa dell ' altra ? E si può seriamente pretendere che un giovanotto si mantenga così platonico nei suoi amori come si mantiene , o si dovrebbe mantenere , una signorina ? O si dimentica , o si vuole appositamente dimenticare che l ' istinto sessuale è nell ' uomo assai più forte che nella donna ? Uno psicologo arguto ha detto che come non v ' è equivalenza fra l ' adulterio della moglie e quello del marito , così non v ' è equivalenza fra il peccato d ' amore d ' una fanciulla e quello d ' un giovane . Se ad ogni costo si volesse stabilir questa equivalenza , essa non potrebbe stabilirsi che fra la completa infedeltà , il peccato consumato dall ' uomo , e la semplice coquetteriedella donna . L ' istinto che nell ' uomo si manifesta in modo attivo , si traduce nella donna in una coquetteriepassiva . Un uomo che prova , e soddisfa , un vivo e breve desiderio per una donna che egli ha incontrato in una via o in un salotto , non commette un ' infrazione più grave della donna che accoglie o incoraggia presso un adoratore l ' espressione del suo amore . Ma Jules Bois non tien conto né di quelle mie domande né di questa osservazione : egli astrae dalla vita e da ogni dato della fisiologia e della psicologia : egli si limita ad enunciare degli aforismi : la colpa non conosce sesso , non vi è un peccato esclusivamente femminile , e lancia i fulmini della sua eloquenza predicatoria contro l ' egoismo maschile che , per soddisfare le sue passioni o i suoi capricci , deprava le mogli e perverte la sua anima al contatto delle cortigiane . Per lui , il tipo ideale dell ' uomo è rappresentato da quel suo amico di cui cita la franca confessione : - Je me suis marié jeune avec une femme qui fut pour moi la première révélation de l ' amour : et je vous avoue que je ne m ' en repens pas . - Io non dirò , come molti direbbero , che questo tipo ideale è molto ridicolo : io dico soltanto che è molto raro e che le teorie non si possono costruire sulle eccezioni . Per il Bois , come per la Chiesa cattolica , l ' unione tra uomo e donna non dovrebbe dunque avvenire altro che .... dopo la celebrazione del matrimonio . E gli scapoli ? Dovrebbero far voto di castità e mantenerlo ? Che la religione professi di queste dottrine , non è più il caso di meravigliarsi : ma che seriamente le professi un letterato geniale è inverosimile . Noi credevamo che tale propaganda fosse riserbata a quei giovinetti pallidi e solitarii che , nei congressi per la moralità , s ' illudono di riformare un mondo che non conoscono . Sarà bene ripeterci per non essere fraintesi : è fuori di dubbio che la vita viziosa di molti giovani merita il disprezzo di tutti . Ma dovremmo concludere per questo , come conclude il Bois , che l ' uomo debba rimaner sempre puro ? Le esagerazioni uccidono la teoria che vorrebbero sostenere . Carpenter ha detto : l ' ascetismo non è uno scopo ma un esercizio . Spieghiamo meglio la frase e diciamo apertamente : la castità non è uno scopo ma un esercizio . Noi dobbiamo praticarla come un ' igiene del corpo e dell ' anima , senza assolutismi che comprimendo l ' istinto danneggierebbero la salute : in altre parole , noi dovremmo fare dell ' amore , non il vermut o l ' assenzio che gli alcoolisti prendono troppo spesso , ma il vino generoso che gli uomini sani bevono regolarmente . Jules Bois pretende addirittura che gli uomini siano astemii ; e la sua domanda che sorpassa ogni limite ragionevole non può che ottenere un effetto contrario a quello voluto . * A dir vero , la dottrina del Bois fu ripresa ed esagerata or non è molto in Germania da Otto Weininger ma in Francia ha suscitato , tra i feministi , anziché discepoli , un forte movimento di reazione . Il principio che Jules Bois ha posto a base della sua teoria - una sola morale per i due sessi - rimane identico . Soltanto , se ne capovolgono le applicazioni . E invece di pretendere dal maschio quella castità relativa e temporanea che i nostri costumi esigono dalle fanciulle , si propone di estendere a queste la libertà sessuale che oggi i costumi accordano al maschio . L ' araldo di tale dottrina audace , il feminista che scende in campo per offrire e consigliare alle vergini quelle numerose ma brevi avventure d ' amore che oggi , prima del matrimonio , sono un privilegio dei giovani , è Leone Blum il quale ha dedicato un grosso libro e innegabilmente un bel libro alla dimostrazione della sua tesi . Leone Blum non ha , si capisce , né gli scrupoli sentimentali di Jules Bois , né le pretensioni moralizzatrici di Tolstoi . Egli non si chiede ciò che sia bene e ciò che sia male da un punto di vista assoluto . Egli non è un idealista ma semplicemente un osservatore . E osservando la nostra vita sessuale - la quale legalmente si impernia sul matrimonio - s ' è accorto ( cosa non difficile ) che la felicità vi è rara e fortuita , e per renderla meno rara e meno fortuita ha proposto un suo sistema che ora discuteremo . In lui non è alcun pessimismo alla Schopenhauer che par maledica ai bassi istinti che perpetuano il mondo : in lui non è che il desiderio di coordinare e per così dire incanalar questi istinti in modo che ne risulti una maggior somma di felicità per l ' uomo e per la donna . Egli dice : " né la monogamia ( matrimonio ) né la poligamia ( unione libera ) sciolgono in modo soddisfacente e completo il problema della relazione fra i sessi . Non si può affermare né per il maschio né per la femmina che la monogamia o la poligamia costituiscano la legge naturale e unica dei loro rapporti . L ' uomo e la donna sono , prima , poligami e poi , nella gran maggioranza dei casi , arrivati a una certa età e a un certo grado del loro sviluppo , tendono verso la monogamia . Le unioni precarie corrispondono al primo stadio : il matrimonio è la forma naturale del secondo . Io propongo che l ' uomo e la donna si sposino solo quando si sentono disposti al matrimonio , quando cioè il desiderio dei mutamenti e dell ' avventura si è affievolito per lasciar sorgere il desiderio della fedeltà , dell ' unione placida , del riposo sentimentale " . Era già stato osservato che uno dei difetti del matrimonio , forse il difetto massimo , è quello di unire un uomo che ha vissuto , un uomo cioè già arrivato a quello che il Blum chiama lo stadio monogamico , con una donna ancora nuova fisiologicamente e psicologicamente . I moralisti si illudevano di rimediare a questo difetto pretendendo come Jules Bois che anche l ' uomo fosse nuovo al momento del matrimonio . Leone Blum , meno ingenuo , non crede possibile realizzare l ' unione di queste due verginità , e per evitare lo squilibrio fisico che secondo lui fatalmente deriva dall ' unire un uomo a una vergine , propone che anche la donna entri nel matrimonio dopo aver vissuto anch ' essa la vita , dopo avere speso tutto ciò che vi era di troppo ardente nel suo istinto .... Con questo sistema egli spera e crede di rendere il contratto matrimoniale più sicuro dai colpi di temperino , perché l ' uomo e la donna che hanno liberamente dato sfogo ai loro capricci sensuali non troveranno più alcun sapore nell ' adulterio . Il Blum segue , senza citarlo , il pensiero che Rousseau aveva espresso con questa frase : - il faut toujours un temps de libertinage , ou dans un état ou dans l ' autre ; c ' est un mauvais levain qui fermente tôt ou tard . - E per evitare che questo cattivo lievito fermenti tardi , cioè dopo il matrimonio , il Blum vuole che lo si lasci fermentar prima . Egli ha insomma , di fronte agli appetiti sensuali , la stessa linea di condotta , la stessa prevenzione che , di fronte all ' appetito dello stomaco , avrebbe colui il quale , ad evitare durante il pranzo i peccati di gola dei convitati , li obbligasse a sfamarsi prima . È innegabilmente una tattica molto semplice . Ma appunto perché troppo semplice , non so quanto sia vera ed efficace . Anzitutto , facciamo una ovvia constatazione . Gli uomini , normalmente , si sposano nelle condizioni volute dal Blum . Egli stesso lo riconosce . E i mariti sono forse , per ciò , più fedeli delle mogli ? Se l ' infedeltà e quindi l ' infelicità matrimoniale dipendono esclusivamente , secondo il Blum , dal non aver fatto precedere , una vita d ' avventure alla vita calma del matrimonio , o come va che proprio quel coniuge ( il marito ) che ha esperimentato questa vita di avventure è il più infedele o , per lo meno , è infedele quanto l ' altro coniuge ( la moglie ) che è arrivato al matrimonio senza esperienza ? Affinché la tesi del Blum fosse riconosciuta vera , bisognerebbe ch ' egli dimostrasse che gli adulterii dei mariti sono molto meno numerosi di quelli delle mogli . E la prova , io credo , sarebbe un poco difficile . Ma un ' altra obbiezione sorge spontanea contro la tesi del Blum . E questa , per dire la verità , egli stesso l ' ha preveduta . Secondo il suo sistema , il matrimonio non sarebbe che l ' ospizio dei rassegnati , l ' ospedale ove si rifugiano gli invalidi dell ' amore , il porto ove riparano , stanchi e annoiati , coloro che attraversarono un mare assai burrascoso . Il matrimonio sarebbe cioè in amore quello che è il Senato in politica . Vi arriverebbero , a una rispettabile età , coloro che hanno molto combattuto , molto goduto , molto sofferto . Ed è assai dubbio che sotto questa forma ( la quale farebbe dei coniugi una specie di pensionati dell ' amore ) il matrimonio continuerebbe ad essere , come è oggi , la forma normale e legale dell ' unione fra i sessi . Può darsi che sia un pregiudizio del maschio il credersi in diritto di essere il primo a svegliare l ' amore nella sua sposa : ma mi par certo che egli non si rassegnerebbe ad essere l ' ultimo a coronare la vita d ' avventure della sua svelta ed esperimentata compagna . Anziché l ' orgoglio di svegliare l ' amore nella psicologia e nella fisiologia d ' una vergine , egli non avrebbe che il malinconico ufficio di addormentare , di spegnere gli ultimi guizzi dell ' istinto nell ' ormai stanco organismo di una donna che ha troppo vissuto . Su che cosa potrebbero costruire la loro felicità questi coniugi che arriverebbero al matrimonio come due viaggiatori arrivano per caso insieme a un albergo da paesi lontani , dopo lunghe peregrinazioni durante le quali ognuno ha lasciato il meglio della propria energia , i fiori più belli della propria giovinezza , gli entusiasmi più sinceri della propria passione ? Quale ombra stenderebbe sull ' avvenire questo passato ? E veniamo all ' obbiezione più forte . Che accadrebbe dei figli ? Forse che il marito dovrebbe , oltre che sposare una donna la quale ha messo in pratica il motto dell ' Accademia del Cimento provando e riprovando , provvedere anche ai figli di questa donna , figli che sarebbero naturalmente di molti letti , data la teoria delle molte avventure ? Qui , se non mi sbaglio , si cade dalla commedia nella farsa . Ma il Blum ha un suo modo spiccio per liberarsi da questa paurosa obbiezione . Nella Denise di Dumas figlio , un seduttore di professione descrive a un moralista le sensazioni deliziose e sempre nuove del suo mestiere , e alla domanda del moralista : E i figli ? risponde : I figli sono gli inconvenienti del piacere . Si vede - commenta il Blum - che la commedia è vecchia : oggi il seduttore risponderebbe : - Des enfants ? On n ' en a plus ! - La risposta è breve ma eloquente . E faccio grazia al lettore delle lunghe pagine esplicative nelle quali il Blum con un cinismo veramente parigino illustra l ' utilità della teoria malthusiana . Dunque , secondo lui , non solo il capriccio dovrebbe esser legge nei rapporti d ' amore , non solo le fanciulle dovrebbero oggi risuscitare con poche modificazioni il costume antico della prostituzione sacra , e concedersi al dio istinto quante volte questo lo chieda , ed essere certe che quante più avventure potranno contare come fanciulle , tanto più saranno apprezzate e richieste come mogli , ma esse dovrebbero anche con moderna sapienza mescolare le precauzioni malthusiane a quell ' atto di gioia e di abbandono che è l ' amore , esse dovrebbero diventare prudenti e calcolatrici , non concedersi che a metà , prendere tutto ciò che è piacere , rifiutare tutto ciò che è responsabilità , e frodando la legge di natura , rinnegare ogni poesia , rinnegare la più alta poesia dell ' amore che è la maternità . Se ci piacesse insistere su un argomento tanto scabroso , noi osserveremmo che non sempre queste abilissime fanciulle e i loro amanti d ' un giorno o d ' un mese potrebbero essere sicuri di evitare il pericolo e il danno della fecondità . Malgrado le precauzioni , vi sono sempre delle sorprese . E malgrado il vangelo predicato da Leone Blum vi potranno sempre essere ( lo crediamo e lo speriamo ! ) dei giovani cui ripugna intorbidare la limpidità della loro passione sia pure effimera , col veleno d ' un calcolo utilitario , e che non osano , non sanno , non vogliono offendersi reciprocamente insegnando o proponendo l ' uno all ' altro delle pratiche che ripugnano - almeno in principio ! - a due amanti sinceri . E allora , i figli nascerebbero malgrado la volontà dei genitori , e allora molte fanciulle porterebbero al marito , anziché una corona di fiori d ' arancio , una collana di bambini formata colla cooperazione di molti padri ! Non sarebbe questo un ostacolo al matrimonio tardivo , al matrimonio di rassegnazione e di consolazione quale lo sogna Leone Blum ? A me pare di sì . Al Blum pare di no . Egli anzi sostiene che i mariti accetteranno con gioia quei figli di varia e incerta provenienza , e scrive con una filosofia che somiglia molto all ' ingenuità : " L ' agrément des enfants pourra même les determiner ( i mariti ) au même titre que les qualités de la mère . Et j ' en sais qui , redoutant de vieillir sans famille , n ' auraient pas été fachés de trouver des enfants tous faits " . Così , il quadro della famiglia futura è completo . Non solo il marito stende un velo sul passato di sua moglie , ma il suo ideale matrimoniale è di trovare dei figli già fatti .... evidentemente per evitarsi il disturbo di farli . * Se nella tesi di Jules Bois ci ha sorpreso la troppo poca considerazione degli invincibili bisogni del senso , e l ' illusione di ridur quasi tutto l ' amore all ' amore platonico , nella tesi di Leone Blum ci ha sorpreso e , diciamolo francamente , ci ha scandalizzato il veder ridotto a un problema puramente fisiologico quello che è anche e sopratutto un problema psicologico . Per il Blum , sembra che tutte le fanciulle non siano altro che delle attrici le quali , per poter recitar bene la loro parte alla prima rappresentazione davanti al sindaco , debbono averla prima ripetuta assai volte in molte prove con varii attori . Egli non crede che una donna possa amare per sempre un uomo solo . Egli crede che la fedeltà sia uno stato secondo , un fenomeno raro che appare soltanto come una conseguenza fatale della stanchezza quando si è abusato dell ' infedeltà . Io credo invece che la virtù delle donne sia una questione di temperamento . E non mi illuderei sulla fedeltà di una moglie solo perché questa , da fanciulla , ha potuto esaurire in dieci o venti avventure il bisogno del suo istinto poligamo . Chi ha bevuto , berrà . Il matrimonio sognato da Leone Blum non sopprimerà l ' adulterio : sopprimerà forse la gelosia , questa malattia dell ' immaginazione sessuale . I mariti che arrivano .... ultimi , mostrerebbero infatti poca psicologia ad esser gelosi dell ' avvenire . Il pericolo del tradimento esisterà come esiste oggi , con la sola differenza che potrà essere un poco diminuito .... per l ' età dei coniugi . Se infatti il Blum vuole che gli uomini e le donne si sposino tardi , è evidente che per ragioni aritmetiche il numero degli adulterii sarà diminuito . Ma ciò non prova nulla a vantaggio del suo sistema : prova soltanto questa verità banale : che quando la maggioranza degli uomini e delle donne si sposano fra i 35 e i 50 anni , anziché fra i 20 e i 40 , le probabilità degli adulterii sono diminuite per una ragione fisiologica . Del resto , io vorrei sapere perché il Blum si preoccupa tanto della fedeltà post - matrimoniale , una volta che egli dà così poco peso a quello che noi siamo abituati a chiamare l ' onore d ' una fanciulla . Se egli trova legittimo che la donna possa mutare come e quanto vuole i suoi amanti fin che non è maritata , per quale ragione troverà necessario e doveroso che tutto ad un tratto questa donna si irrigidisca nella più assoluta onestà ? Non ricordo più chi ha scritto che il tramonto dura dieci minuti all ' orizzonte e dieci anni nel cuore d ' una donna . E quali bagliori di fuoco hanno talvolta certi tramonti femminili ! È dunque possibile , se non probabile , che anche una donna maritata secondo i consigli del Blum , cioè a un ' età non più giovanissima , senta in sé rifiorire quell ' istinto della mutabilità che il nostro autore , con un criterio troppo matematico , vuole restringere entro il primo periodo della vita pubere . E allora ? Allora , se questa donna ama , perché deve essere vietato a lei l ' abbandonarsi al suo amore , se proprio voi , signor Blum , avete sostenuto che bisogna seguire e non frenare l ' istinto ? Tutto l ' errore della tesi del Blum consiste nel termine cronologico ch ' egli le ha voluto assegnare . Egli ha diviso in due , con una linea ipotetica , la vita sessuale . Libertà assoluta prima del matrimonio , fedeltà rigida dopo . Egli non ha mai fatto questione di sentimento : egli ha fatto soltanto questione d ' istinto . Egli ha considerato l ' uomo e la donna come uno zoologo : ha assegnato a questi animali la loro stagione degli amori . Miopìa grande , perché l ' uomo , contrariamente ad ogni altro animale , ama in tutte le stagioni e , si può dire , a tutte le età . Miopìa ancora più imperdonabile perché l ' uomo ha trasformato l ' amore da un semplice gesto fisiologico in un poema di sentimento . Ora , secondo il mio modesto parere , ciò che va difeso è la libertà incondizionata di questo sentimento , non già la licenza di quell ' istinto . Ciò che dobbiamo chiedere e pretendere è che le fanciulle possano unirsi a coloro che veramente amano , non già che esse possano divertirsi col primo maschio che sveglia il loro istinto . Il Blum si è preoccupato troppo dell ' amore fisiologico e troppo poco dell ' amore psicologico . Ha rivendicato i diritti del senso , non i diritti della passione . Ha visto nella donna più una lussuriosa che un ' amante . E le ha detto : sfògati con un periodo di carnevale in cui sotto la maschera della libertà tutto ti sarà lecito : poi , verrà la quaresima del matrimonio e allora dovrai far la beghina . Più limpido , più logico , più onesto sarebbe stato rivendicare arditamente il diritto all ' amore libero , senza barriere matrimoniali e senza la volgarità di preoccupazioni malthusiane . Rivendicarlo in nome del sentimento , anziché in nome del senso . Io credo vi sia un ' esagerazione e un equivoco in tutti quei moralisti o feministi che danno oggi un ' eccessiva importanza alla questione sessuale e par la considerino quasi come la chiave di volta dell ' edificio di tutta la nostra moralità . Noi siamo colpiti da una specie di ossessione del problema sessuale e lo discutiamo sotto tutte le forme e ad ogni momento . Vogliamo insegnare ai ragazzi nelle scuole i fenomeni della riproduzione , vogliamo che ne siano edotte con esaurienti spiegazioni anche le fanciulle , quasi che l ' amante non sia preferibile a un professore di fisiologia per svelare dei segreti così belli ! Vogliamo , infine , che anche la donna pregusti con libere e varie avventure ciò che una volta le era negato dalla morale fino al giorno del matrimonio . E anche coloro che sono agli antipodi di queste audaci dottrine rivoluzionarie , anche i feministi alla Jules Bois non nascondono il loro desiderio , direi quasi la loro voluttà di parlare dell ' atto fisiologico che costituisce l ' amore , sia pure per bestemmiarlo , e rinnovano in letteratura la psicologia lubrica del confessore che gode di poter almeno parlare di quegli argomenti che la sua religione gli vieta di conoscere in un modo un po ' più positivo . È uno scatenamento di sensualità verbale dove i più arditi nel vocabolario e i più precisi nei particolari sono giovinetti che ancora non sanno o zitellone che si rammaricano di non avere ancora saputo . Sembra che la nostra società attraversi un periodo di senilità impotente , e come i vecchi , goda nella descrizione di azioni che non le è più dato di compiere . Per questo , forse , anche scrittori della forza e dell ' originalità di Leone Blum non vedono nel problema dell ' amore che il senso e nella donna che la femmina . E non offrono a questa che il mezzo per ottenere soddisfazioni materiali e volgari . Vittime dell ' ambiente , questi scrittori non sentono che più alto è l ' ideale femminile , più nobile il desiderio di libertà nella donna . Essa vuole conquistare i diritti dell ' anima , oltre e più che il diritto di concedere il proprio corpo . Ella non chiede pluralità d ' amanti e non ha sete di sensualità : ella chiede semplicemente amore nel significato più umano e più poetico di questa parola . - " Les femmes - diceva Balzac - abandonneront les bénéfices de toutes les nuits de Messaline pour vivre avec un être qui leur prodiguera ces caresses d ' âme dont elles sont si friandes , et qui ne coutent rien aux Lommes si ce n ' est un peu d 'attention...." LA CRIMINALITÀ ANCILLARE . Ricordate , lettrici , il Journal d ' une femme de chambre di Ottavio Mirbeau ? Questo libro , che è un ' opera d ' arte e nello stesso tempo uno studio sociale , che è ardito fino all ' indecenza e triste fino alle lagrime , narra la vita d ' una cameriera , e lascia comprendere qual è , in generale , la vita di tutte le cameriere . Il tipo di Célestine , di questa bella fanciulla venuta d ' Audierne a Parigi per corrompersi , come un fiore viene dai campi per avvizzir nei salotti , ricorda la figura malinconica di Germinie Lacerteux ; ma mentre i Goncourt nel loro romanzo avevano analizzato soltanto la psicologia d ' una donna , il Mirbeau seppe compiere nel suo volume l ' analisi di tutta una classe sociale . È la classe delle persone di servizio che nel Journal d ' une femme de chambre confessa audacemente , cinicamente le sue miserie e le sue vergogne , svelando quelle dei suoi padroni . Classe sociale ibrida , che non ha più il sangue generoso del popolo donde esce , ma che ha già acquistato i vizi della borghesia ove vuol penetrare ; esercito di malcontenti e di invidiosi che noi manteniamo nelle nostre case per sua o nostra sventura , che avvelena la nostra vita corrompendo la propria , che imita ciò che abbiamo di peggio e desidera ciò che abbiamo di meglio , che si mescola necessariamente alla nostra intimità , ed è quindi complice o spia di quanto abbiamo di più geloso e di più segreto .... * Forse molti leggendo il libro del Mirbeau l ' avranno creduto una descrizione fantastica o esagerata , dovuta allo spirito ironico e paradossale dell ' autore francese . Malauguratamente la lettura in questo caso non è stata che lo specchio della verità . Ho qui sul tavolo un volume di quasi 500 pagine in ottavo : La servante criminelle , étude de criminologie professionnelle di Raymond de Ryckère , un magistrato sociologo , e leggendolo m ' è parso vedermi svolger dinanzi la prova documentata di quella diagnosi dolorosa che Ottavio Mirbeau aveva sintetizzata in un ' opera d ' arte . Colle cifre e coi fatti , con la fredda eloquenza della statistica e con la precisione inoppugnabile di inchieste rigidamente condotte , il De Ryckère dimostra che la classe delle persone di servizio è , relativamente , una di quelle che offrono la più alta percentuale alla delinquenza , e ad ogni forma di degenerazione : pazzia , suicidio , alcoolismo , prostituzione . E bisogna aggiungere che la statistica non può numerare tutti i delitti , in ispecie i furti , delle persone di servizio , perché dei domestici che rubano accade quasi sempre ciò che accade dei giocatori che barano : quando vengono scoperti si cacciano , per unica punizione . * Se è vero che le società hanno i delinquenti che si meritano , deve essere altrettanto vero che i padroni hanno i servitori che si meritano . L ' atto di accusa contro questi include quindi un atto di accusa anche contro quelli . E la crisi della domesticità , che preoccupa le nostre famiglie ed è oggi uno dei leit - motiv dei discorsi delle nostre signore , si eleva dalla meschinità del pettegolezzo al valore di problema sociale ed assurge a sintomo non trascurabile della trasformazione morale ed economica di tutta la nostra vita . Se le persone di servizio peggiorano , gli è infatti perché peggiorano i padroni , perché l ' ambiente della casa è mutato da quel che era una volta . Uomo o donna , il domestico non è più , salvo rare eccezioni , come l ' edera che muore ove s ' attacca . Nelle famiglie moderne sfilano figure sempre nuove di cuoche , di cameriere , di servitori , con la rapidità di un cinematografo . Si direbbe che , alla stessa guisa che si son rallentati i vincoli famigliari , s ' è perduto anche il prestigio di attrazione che le famiglie antiche avevano sui loro domestici . Una volta , la persona di servizio faceva quasi parte della famiglia , vi rimaneva a lungo , ne divideva le gioie e i dolori : oggi , non è che un salariato che passa . Colpa , in parte , del modo come oggi da molti padroni sono trattati i domestici . La distanza che separa gli uni dagli altri è accentuata . Non più dolcezza nei comandi : non più confidenza sincera nelle reciproche relazioni . Ordini brevi , o generosità del genere di queste : " Voi potete mangiare questa pera ; è marcia " . - " Finite pure questo pollo in cucina , sa di cattivo odore " . Ah , eleganti ed educate padrone di casa che vi lamentate tanto dell ' insolenza delle vostre persone di servizio , siete voi ben sicure di aver sempre rispettata la loro dignità ? Colpa , anche , dell ' aumento vertiginoso che si è manifestato in questi ultimi tempi nel numero delle persone di servizio . Nella sola città di Parigi i domestici in undici anni sono raddoppiati . E la qualità ha avuto naturalmente un ' evoluzione inversa alla quantità . Mentre una volta avere una persona di servizio significava una discreta agiatezza , e averne due quasi la ricchezza , adesso non c ' è modesta famiglia che non voglia avere la cuoca e la cameriera .... pagate e trattate dio sa come ! Colpa , infine , di quella corrente egalitaria che ormai domina i sentimenti e i pensieri di tutte le classi inferiori . E la classe dei domestici , più di ogni altra , è in caso di far confronti che suscitano legittima invidia , perché non solo essa è necessaria spettatrice delle maggiori ingiustizie sociali , del danaro che si profonde spensieratamente da alcuni mentre troppi ne mancano , ma anche perché essa è giudice del valore morale dei suoi padroni , e conoscendone i vizî trova doppiamente ingiusta la loro superiorità economica . Per tutte queste ragioni , c ' è fra le persone di servizio e chi le paga un antagonismo latente ma forse più acuto che fra le altre classi di sfruttati e di sfruttatori ; e questo antagonismo che non può o non sa ancora manifestarsi in forme violente ma almeno leali , si sfoga in modi subdoli e vili , quasi una lotta nell ' ombra , che ha per unico risultato di peggiorare sempre più i rapporti fra le due classi , e di far degenerare sempre più la classe delle persone di servizio che combattono la loro battaglia con armi immorali e delittuose . * Schwift , il celebre umorista inglese , ha scritto un piccolo libro interessantissimo : L ' arte di rubare ai padroni . - Consigli ai domestici dei due sessi . Certamente nessuna persona di servizio lo ha letto , eppure moltissime ne appliccano ogni giorno gli insegnamenti . Io non so se sia vero , come pretende Mercier , che su dieci domestiche quattro son ladre : so che il 40 per cento delle donne condannate per furto in Francia appartengono alla classe delle persone di servizio , e che in Italia la proporzione è presso a poco la stessa . Aggiungete a queste constatazioni statistiche i mille modi in cui una cameriera e sopratutto una cuoca può rubare ai padroni senza che questi se ne accorgano , e forse si converrà che il Mercier non aveva tutti i torti . Diceva Balzac : " un cuoco o una cuoca non sono altro che dei ladri domestici che noi abbiamo l ' ingenuità di ricompensare con un salario . Fra la tavola da pranzo e il mercato , essi hanno stabilito un ' imposta ; e nessun municipio di nessuna città è così abile a far valere i suoi diritti di dazio , come essi lo sono su tutto ciò che dalle botteghe dei fornitori entra nella casa del padrone " . Codesta è una forma di criminalità specifica cui non si può negare che la professione stessa invita e quasi provoca , e che , appunto per la sua universalità , merita le attenuanti . I padroni la conoscono , la sopportano e chiudono un occhio . Un ' altra forma , assai più grave e pericolosa , di criminalità specifica ancillare è quella delle associazioni di ladri che hanno per loro affigliate le cuoche e le cameriere . Queste , che potrebbero definirsi le commesse viaggiatrici dell ' associazione , hanno l ' incarico di entrare a servizio nelle famiglie per poter descrivere ai .... colleghi la topografia degli appartamenti , indicare le stanze e i mobili ove son racchiusi i danari e l ' argenteria , facilitare insomma il furto con scasso . A Parigi pochi anni or sono era famosa la banda dei grembiuli bianchi diretta da Giuseppina Varille , una deliziosa soubrette che riuscì per molto tempo a tenere in iscacco la polizia . Dopo aver molto guadagnato , indisturbata , fu finalmente scoperta e arrestata nel 1905 . Sul suo esempio si son formate altre associazioni , e ormai le bandes de bonnes danno molto filo da torcere a Lépine , l ' irrequieto e astutissimo prefetto di polizia di Parigi . Prevedo che qualche lettrice sorriderà a questo racconto , pensando con tranquilla sicurezza che son cose che accadono a Parigi e di cui non c ' è ancora pericolo nelle nostre quiete città di provincia . Si disilluda . Una signora mi raccontava or son pochi mesi a Firenze questo fatto . Ella aveva preso al suo servizio una cameriera che si era presentata a lei con ottime informazioni . La cameriera il giorno dopo entrata in casa ammalò , e gravemente . La signora non ebbe cuore di mandarla all ' ospedale e la curò con affetto quasi materno per circa un mese . Quando la ragazza guarì disse alla padrona che voleva immediatamente lasciar la sua casa . - Ma come - rispose la signora - dopo tutte le cure che ti ho prodigato , mi vuoi ricompensare con un atto di ingratitudine ? - La cameriera scoppiò in pianto , le confessò che era affigliata a una banda di ladri , e che non volendo tradire la sua benefattrice né correre il rischio delle rappresaglie dei suoi compagni se non avesse dato loro le indicazioni richieste , credeva compiere il suo dovere allontanandosi . * Scrive Célestine nel suo Giornale : " Quana je pense qu ' une femme de chambre ou une cuisinière tient chaque jour dans ses mains la vie des maîtres .... une pincée d ' arsenic à la place du sel .... un petit filet de strychnine au lieu du vinaigre .... et C6a y est ! Eh bien , non .. tant - il est vrai que nous avons tout de même la servitude dans le sang ! " . Celestina si sbaglia e regala alla classe cui appartiene un elogio ironico ch ' essa non merita . Le persone di servizio non hanno tutte nel sangue quell ' istinto servile che le fa rifuggire dall ' avvelenamento . Se è vero che questo reato è in grande diminuzione dopo i progressi della chimica moderna la quale ne scopre facilmente le traccie , è anche vero che la diminuzione è dovuta alla criminalità maschile e non alla criminalità femminile . La donna , più debole dell ' uomo , deve necessariamente servirsi nel delitto di mezzi subdoli e vili . Come normalmente essa adopera più la furberia che l ' ingegno , più la finzione che la lealtà , così anormalmente essa adopera piuttosto il veleno che il coltello . E fra le donne , quelle addette ai servizii domestici danno all ' avvelenamento una percentuale fortissima perché la scarsezza della loro coltura le lascia inconscie dei pericoli d ' un delitto ch ' esse s ' illudono non possa venire scoperto , e perché la facilità quotidiana che hanno di commetterlo , è una suggestione cui non sempre sanno resistere . Da Eufrasia Mercier che avvelenò la sua padrona da cui s ' era fatta nominare erede , fino a Clementina Tosetti che avvelenò la povera Lardera De Medici per sposarne il marito , la lista delle cameriere avvelenatrici è lunghissima . Avvelenano per interesse , avvelenano per amore , avvelenano sopratutto per vendetta . Forse di tutte le passioni femminili la più profonda e la più lunga è la vendetta . Bisogna essere donna , ha detto Madame de Rieux , per sapere qual voluttà sia vendicarsi . Le persone di servizio , che vivono in una condizione e in un ambiente dove tutto le offende le irrita le inasprisce , hanno più di ogni altro l ' occasione di dare sfogo al loro rancore , e si vendicano infatti dei loro padroni nella maniera più crudele e più atroce . Si vendicano per il motivo più futile , spesso per un semplice rimprovero . Questa sproporzione fra il movente e l ' atto , fra il sentimento e i mezzi adoperati per soddisfarlo , può far credere in certi casi si tratti di un ' intelligenza ammalata o degenerata : non è invece generalmente che l ' effetto dell ' impulsività femminile .... Una cameriera di 18 anni , rimproverata dalla padrona perché aveva rotto un piatto , mette del veleno nella minestra . La padrona e il marito muoiono fra atroci spasimi . La cameriera confessa piangendo il suo delitto orribile e vorrebbe uccidersi per espiarlo . Qual prova migliore che talvolta nella donna il delitto non è che la conseguenza della fulminea impulsività con cui l ' idea si traduce in azione ? Ma questi sono evidentemente dei casi eccezionali , per quanto , ripeto , la statistica ne segni piuttosto l ' aumento che la diminuzione . Uccidere i padroni è forse del resto un atto di ingenuità da parte dei domestici . Ucciderli , e perché ? Forse che si uccide la mucca che dà il latte o il montone che dà la lana ? Si munge la mucca e si tosa il montone , abilmente , con molta delicatezza .... Ecco il furbo consiglio di Celestina . E spunta allora quell ' altra forma specifica di criminalità ancillare che ha la sua base e la sua origine nell ' immoralità sessuale . Quando una domestica ha ceduto al padrone o al figlio del padrone , non è soltanto il suo onore di vergine che si è infranto , è tutta la sua moralità che ha subìto una diminuzione . In lei il rispetto della proprietà altrui , dato che esistesse assai vivo , si fa assai debole , ed ella non distingue più nettamente la differenza fra il ricevere un dono dal suo amante e il prendere da sé ciò a cui crede d ' aver diritto . Dice molto bene il Joly : " les femmes ont le vague sentiment que tout leur est permis dans leurs rapports avec l ' homme , car elles peuvent en quelque sorte tout payer par leur complaisance " . E una volta acquistata questa sicurezza d ' avere nel loro corpo nella loro gioventù il facile e pronto mezzo per pagare qualunque debito e per essere assolte da qualunque furto , chi può dire dove e quando si arresteranno sulla china dell ' immoralità ? La prostituzione ancillare ha varie forme : la più antica certo , la più semplice e forse anche la più comune è la prostituzione domestica : quella che l ' occasione , più che il vizio , determina quasi fatalmente . È il padrone o un servitore o un frequentatore della famiglia che , approfittando di circostanze favorevoli , prendono la fanciulla .... la cui resistenza non è mai molto energica . V ' è la prostituzione larvata dei caffè delle trattorie degli alberghi ( la cui forma più tipica è offerta dalle kellerinnentedesche ) , ove l ' avventore sa di trovare soddisfazione per tutti i suoi appetiti . E v ' è infine la prostituzione vera e propria ma clandestina esercitata da certe agenzie che , mediante avvisi sui giornali o agenti speciali , ingannano le fanciulle e col pretesto di trovar loro un posto di cameriera o di cuoca le fanno invece servire come stromenti di un turpe guadagno . Ove si arriva scendendo più o meno volontariamente queste scale del vizio ? Si arriva al delitto , all ' infanticidio , all ' aborto , con tutto il corteo delle megere che per professione favoriscono questi reati ; si arriva a quell ' ultimo gradino della prostituzione , il caput mortuum della società , ove spuntano coloro che speculano su questa miseria umana , e la donna che si vende è alla mercé dell ' uomo che ruba ed uccide e ne diventa la complice . Che cosa fa la società per impedire , o almeno per diminuire , questa demoralizzazione crescente della classe delle persone di servizio ? Che cosa fanno i governi di fronte alle rivelazioni statistiche che ci avvertono ogni anno della aumentata percentuale di aborti , di infanticidii , di furti , di reati d ' ogni genere , dovuti alle domestiche ? Si crede forse che i Goncourt abbiano mentito quando nella prima pagina di Germinie Lacerteux scrissero che è una storia vera ? O si suppone che Ottavio Mirbeau abbia tolto unicamente dalla sua fantasia tutti i fatti ch ' egli descrive ? Non sentiamo noi invece che è vicino a noi , intorno a noi , nelle nostre case , una folla di persone che sordamente mina la tranquillità della nostra esistenza , e che questo lavoro sotterraneo esige da noi un pronto rimedio appunto perché noi ne abbiamo la maggior responsabilità ? Quali metodi profilattici e terapeutici abbiamo noi adoperato per diminuire la paurosa delinquenza ancillare ? * Bisogna constatare anzitutto , e con dolore , che in nessun paese del mondo il Governo ha creduto di intervenire in favore della disgraziatissima classe delle persone di servizio . Ovunque , sotto la pressione delle idee moderne , è sorta una legislazione nuova , la legislazione del lavoro . C ' è un minimo d ' età per gli operai addetti alle industrie , ci sono disposizioni concernenti l ' igiene dei locali ove essi lavorano , ci sono delle limitazioni alle ore di lavoro , in una parola c ' è un insieme di leggi protettrici della salute dell ' operaio , e ci sono degli ispettori incaricati della sorveglianza di queste leggi . La classe ancillare invece è rimasta estranea a questa protezione legale . Una fanciulla , da cui i parenti vogliono trarre precoci guadagni , può essere messa a servire in età giovanissima . Chi sorveglia quanto ella lavora ? Chi si preoccupa se essa è mal nutrita e peggio alloggiata ? Come i suoi genitori senza scrupoli , così i suoi padroni senza pietà , possono liberalmente sfruttarla , con quali dolorose conseguenze per la sua salute fisica e morale è facile immaginare . La burocrazia dei Governi non ha saputo far altro che estendere alla classe delle persone di servizio il dono .... un po ' troppo platonico delle decorazioni . In Inghilterra la regina Vittoria aveva istituito fin dal 1872 una decorazione speciale per i domestici che fossero rimasti venticinque anni nella stessa famiglia . Nel Granducato di Assia - Darmstadt , l ' identica decorazione ( una croce d ' oro che porta nel centro a smalto il monogramma della granduchessa ) fu istituita nel 1895 . E nel Belgio , un decreto del ministro dell ' Industria e del Lavoro ha esteso nel 1906 anche ai domestici che dimostrino d ' aver servito lealmente per venticinque anni uno stesso padrone , la medaglia speciale del Lavoro . Ora , nessuno nega che ciò sia ingenuamente giusto ed utile , ma nessuno vorrà sostenere che ciò sia l ' unico o il miglior mezzo per contribuire all ' elevazione morale delle persone di servizio . * Più pratica è senza dubbio la via per cui s ' è messa l ' iniziativa privata . Tutte le associazioni o le opere filantropiche che , sotto un titolo o sotto un altro , imitando l ' Oeuvre des servantes liberées di Parigi , o l ' Arachne Club di Londra , o la Borsa del lavoro di Bruxelles , tentano di trovar lavoro alle domestiche disoccupate o di salvarle dai pericoli che le circondano quando sono sole e senza risorse , fanno innegabilmente del bene . Soltanto lo fanno , per necessità , in una sfera troppo ristretta , e non rimediano che a una parte del grave problema . Il quale rimarrà fatalmente insoluto finché rimarrà nei nostri costumi quella specie di schiavitù addolcita e larvata che è la condizione della persona di servizio che affitta a noi per uno stipendio meschino , non solo l ' opera sua , ma la sua libertà di tutti i giorni e di tutte le ore . Non v ' è nessuna altra forma di lavoro umano che tolga così completamente l ' indipendenza . Il domestico o la domestica debbono fare sempre ciò che è loro comandato ; la loro volontà è abolita : la loro libertà non esiste che per eccezione in alcune ore della domenica . Ed è in questo stato di servilismo che risiede la causa maggiore dell ' immoralità e della criminalità ancillare . Già , a priori , coloro che entrano a far parte della classe delle persone di servizio rivelano , per il solo fatto della scelta della loro professione , uno scarso sentimento di dignità personale . I caratteri forti , in cui è sviluppato il rispetto della propria personalità e in cui parla alto la fierezza umana , cercano in altro modo di guadagnarsi la vita . Ciò che oggi noi domandiamo e vogliamo è l ' indipendenza . Per questo , molte ragazze preferiscono a un posto di cameriera , il lavoro della fabbrica , più faticoso e spesso meno rimunerato , ma che lascia loro , alla fine della giornata , tutta la loro libertà . Quelle invece che si rassegnano a diventare persone di servizio dimostrano - come ho detto - una fiacca coscienza della loro dignità , la quale non solo le predispone ai compromessi colla morale , ma aumenta nell ' ambiente in cui sono costrette a vivere , e non può che offrirle , facili vittime , a tutte le tentazioni . Se dunque un rimedio è possibile alla cosiddetta crisi delle persone di servizio , questo non si troverà altro che trasformando radicalmente il servizio domestico , riducendolo cioè ai minimi termini , ed elevandolo in dignità là dove non potrà essere soppresso . Ma non è forse questa un ' utopia ? * Per ora è senza dubbio un ' utopia , e un ' utopia che si presta al ridicolo . Sono quasi dieci anni che le persone di servizio imitano la tattica delle altre classi proletarie protestando collettivamente contro la loro condizione . A Brooklyn , a Chicago , a Filadelfia , si ebbero nel 1899 i primi scioperi delle cuoche e cameriere che chiedevano maggiori salarii e sopratutto un numero maggiore di ore di libertà . Poi si formarono i sindacati che esigevano addirittura dai padroni un mese di vacanza all ' anno .... come le amministrazioni pubbliche lo accordano ai loro impiegati . E l ' agitazione s ' estese dal nuovo continente al vecchio . In Olanda nel 1902 l ' associazione delle domestiche aveva il suo giornale settimanale che combatteva .. per i diritti ancillari . E in Inghilterra , in Russia , in Ungheria , in Germania , pullularono a poco a poco sotto forme legali e illegali le dimostrazioni della classe dei domestici , che con meetingso con memoriali , con scioperi o con Società , levavano alta la loro voce di protesta . Il pubblico però , che guarda sempre con interesse , spesso con paura , alle agitazioni operaie , non concedeva alle agitazioni ancillari che il suo sorriso e la sua ironia . E a Berlino fece furore la frase di un impiegato di polizia , il quale , a una cuoca che si era andata a lagnare perché i suoi padroni la facevano lavorare 19 ore su 24 , aveva bruscamente e causticamente risposto : " Anche il gran Federico non si concedeva che 5 ore di riposo al giorno " . * Nondimeno , malgrado il ridicolo , l ' idea di una trasformazione nel servizio domestico si fa strada , nei giornali e nei libri . Uno dei più eleganti chroniqueurs parigini scriveva or non è molto : " Tutto si industrializza oggi : e perché le prestazioni del servizio domestico non seguiranno anch ' esse la corrente generale ? La domesticità , salvo quella di gran lusso , è destinata a sparire . I diversi servizî della casa saranno intrapresi à forfaitda compagnie industriali " . E Charles Gide preconizzava anch ' esso a breve scadenza l ' avvento di una êra di liberazione per i domestici . Non solo - egli diceva - la maggior parte di questi scomparirà , ma quelli che resteranno non daranno più in affitto la loro persona , bensì , come ogni altro operaio , soltanto alcune ore del loro tempo . Io non so se queste previsioni ottimiste potranno realizzarsi tanto presto . So che nel fondo della coscienza umana dorme un istinto di giustizia che di tratto in tratto si sveglia e produce in noi un vago indefinibile malessere davanti ai fatti in cui si mostra troppo brutalmente l ' ineguaglianza sociale e lo spirito di casta . È questo istinto che a poco a poco nella storia ha abolito tutte le differenze politiche fra gli uomini . Perché non dovrebbe esso col tempo arrivare anche ad abolire , o per lo meno ad attenuare , la differenza sociale fra padroni e servitori ? LA DONNA e le ingiustizie della legislazione . Nous parlerons contre les lois insensées jusqu ' a ce qu ' on les reforme et , en attendant , nous nous y sonmettrons avenglement . DIDEROT . Per chi voglia discutere obbiettivamente questo tema , che ha suscitato e suscita intorno a sé così alto fragor di polemiche , vi è anzitutto una semplice ma importante constatazione da fare , ed è questa : " le donne sono le sole persone cui ai nostri giorni vengano dalla legge interdette certe capacità , per ragione di nascita " . Come anticamente gli schiavi , come fino a poco tempo fa i negri in America , le donne escono alla vita col marchio indelebile d ' una inferiorità giuridica . Io non discuto , per ora : io mi limito a ricercare le cause di queste disposizioni de ' Codici . La causa principale e più ovvia consiste nell ' opinione diffusissima che la donna sia inferiore all ' uomo . Io non ripeterò ciò che è stato detto con tanta insistenza noiosa ! Dai Padri della Chiesa ai rappresentanti più illustri della scienza positiva moderna , dai poeti ai fisiologi , dagli scrittori socialisti ai conservatori , è un coro per concludere col Leopardi che la donna dell ' uomo al tuttoda natura è minor . Ché se più mollie più tenui le membra , essa la mentemen capace e men forte anco riceve . Ciò che è strano si è che coi nemici della donna si son trovati d ' accordo , nelle conseguenze , i suoi più validi difensori . La seconda causa infatti per cui si è sempre considerata la donna una minorenne perpetua consiste nell ' opinione di coloro i quali giudicano la donna un essere così nobile e puro da doverlo tener lontano dalla realtà della vita perché non sia profanato . Gli uni dunque hanno detto : la donna è un essere moralmente malefico , e intellettualmente inferiore , non bisogna accordarle tutti i diritti che ha l ' uomo . Gli altri hanno detto : la donna è un essere quasi divino , il fiore della nostra esistenza , la luce della nostra via , ma appunto per questo bisogna proteggerla come si protegge un fiore od un bimbo . E gli uni per disprezzo , gli altri per ammirazione hanno concluso col tenerla giuridicamente soggetta . Come ha saputo la donna portare le sue catene ? Ella ha imitato gli angeli che nell ' affresco di Raffaello vengono a liberare San Pietro : ella non ha cercato di spezzare colle sue fragili e bianche mani le solide sbarre di ferro : ella ha semplicemente addormentato e ipnotizzato i guardiani ... Che le importava , in fondo , di essere esclusa dalla fabbricazione delle leggi , se ella dirigeva coloro che le fabbricano ? Che le importava di essere considerata da meno dell ' uomo se questo maschio orgoglioso e prepotente che le negava certi diritti , era viceversa , di fronte a lei , umile come un servo ed obbediente come un automa ? Dicono sia una legge storica che i popoli vinti si vendichino dei popoli conquistatori corrompendoli . La donna si è storicamente vendicata dell ' oppressione maschile , non tanto corrompendo l ' uomo , quanto facendolo agire secondo la sua volontà e lasciandogli soltanto l ' illusione dell ' indipendenza . Se mi si chiedesse qual forza ha più contribuito al progresso del mondo , dopo la spada dei grandi capitani e le scoperte dei genii , direi che fu la seduzione e il fascino delle donne . Una forza , codesta , oscura e latente che non ebbe i clangori della fama come ogni cosa bella o perfida compiuta dall ' uomo , ma una forza che ha invaso e pervaso nei secoli tutti i meandri della vita sociale , come quelle acque sotterranee che diffondendosi quetamente pei campi sono la ragione nascosta e perenne della fecondità di certi terreni . Io non so se tutte le opere dell ' uomo siano dovute all ' ispirazione femminile : certo so che l ' uomo solo , l ' uomo senza la donna non è che la metà di sé stesso : per esser completo egli deve aver sentito vibrare vicino a sé il cuore di una madre , d ' una sorella , d ' una amante , e di tutte queste grazie , di tutte queste tenerezze , di tutti questi fiori dell ' anima fusi tra loro in un solo profumo come i grappoli della vite , egli deve aver saputo crearsi un ' anima forte e buona , l ' anima ardita di chi tenta qualunque impresa per l ' amor d ' una donna , l ' anima generosa di chi sente di dovere il meglio dell ' esser suo a colei che gli sta a fianco e che le leggi pongono tanto al di sotto di lui ! Ma , pur troppo , gli uomini che hanno questa coscienza del loro relativo valore son rari , e ad ogni modo non basta , non può bastare alla donna la parte silenziosa di ispiratrice nascosta . Senza dubbio è una grande soddisfazione morale per lei il poter dire , vedendo l ' agitarsi e l ' affannarsi degli uomini sul palcoscenico della vita : son io che dietro alle quinte dirigo i loro movimenti ; ma , oltre alle soddisfazioni dell ' amor proprio , occorrono le soddisfazioni effettive , e la donna vuol uscire dall ' ombra giuridica e politica in cui è stata relegata finora , vuol conquistare il suo posto al sole , vuole agire non soltanto con l ' arma indiretta del suo fascino , ma per mezzo dei diritti che le leggi le devono riconoscere . Ed ecco - allora - il feminismo . * Il punto di partenza del feminismo è questo : l ' uomo e la donna sono eguali nella nascita e nella morte : le differenze fisiologiche esistono nel loro corpo , ma non ne esiste alcuna nella loro costituzione morale : il cuore ed il cervello non hanno sesso . Per conseguenza fra l ' uomo e la donna tutto dev ' essere uguale . Mi permetto di credere scientificamente sbagliata la premessa di questa teoria . Nella questione femminile , come in ogni altra , il punto di partenza non dev ' essere l ' eguaglianza , questa gloria politica , ma questo errore scientifico dei nostri tempi . La legge che regola il mondo non è l ' uguaglianza , ma la disuguaglianza , il che non significa inferiorità e oppressione , ma differenza e gerarchia . La donna non è uguale all ' uomo , non per lo stolto pregiudizio del diritto canonico che diceva " mulier non est facta ad imaginem Dei " , non per la più stolta ragione addotta da Proudhon - un socialista ! - che affermava non potervi essere società fra uomo e donna più che fra animali di specie diversa , ma perché , dice Spencer , il supporre che l ' animo e l ' intelletto dell ' uomo e della donna possano essere identici mentre il corpo offre tante differenze tra l ' uno e l ' altro e mentre è così diverso nella vita l ' ufficio paterno dal materno , gli è un supporre che a funzioni speciali non debbano corrispondere facoltà speciali , il che , a dir vero , sarebbe un esempio unico nella natura . Lasciamo dunque ai semplicisti della psicologia il sognare fra i due sessi delle identità che l ' osservazione quotidiana facilmente smentisce , e constatiamo che non occorre partire da una premessa così sbagliata per arrivare alla giustissima conseguenza dell ' uguaglianza giuridica fra uomo e donna . Se infatti la donna è diversa dall ' uomo , non per questo gli è inferiore : è diversa da lui , ma a lui equivalente , e di lui egualmente necessaria . Quindi non deve soffrire alcuna diminuzione di diritti . Del resto , a mantenere , ad aumentare anzi la profonda diversità congenita fra le doti psichiche dei due sessi , hanno certamente contribuito i lunghi secoli di barbarie e di oscurantismo durante i quali la donna era considerata poco più che una schiava , tenuta lontana non pure dalla vita pubblica ma da ogni luce di coltura e di intellettualità . Chi può dire che cosa sarebbe diventata la donna se sistemi orientali di educazione non avessero atrofizzate in lei tante energie ? Chi può dire qual senso di misura e di relatività avrebbe acquistato la sua mente , ancor oggi impulsiva e assoluta , se gli uomini non avessero irrigidito il suo cervello nella cieca obbedienza al despotismo del marito , o inacidito il suo cuore nelle solitudini dei conventi ? Chi può dire qual dignità e qual fiera difesa di sé stessa avrebbe ella imparato dall ' esperienza , se i Codici non l ' avessero considerata - e non la considerassero ancora - come una minorenne od una interdetta ? Io non credo vi sieno maledizioni bibliche che dannino in eterno all ' inferiorità una razza , e tanto meno un sesso . Noi , popoli di razza bianca , stiamo accorgendoci ora di ciò che sa fare e dove ha saputo arrivare in pochi anni la razza gialla , che certi pseudo - scienziati avevano già bollata come refrattaria ad ogni progresso ! Noi vedremo - se lo sapremo educare e se lo lascieremo liberamente espandersi al sole della civiltà - che cosa sa fare e dove può arrivare il sesso femminile ! Tutto si muove ed evolve nel mondo , e non ci sono , o per lo meno non ci saranno più un giorno , cosiddette fatalità che la storia non abbia smentite . La donna che finora era rimasta stazionaria o aveva progredito assai lentamente , entra adesso in un periodo di evoluzione più rapida , e - migliorando sé stessa - conquista in pochi anni ciò che prima impiegava secoli a conquistare . I filosofi della storia affermano che l ' evolversi della donna e il suo ascendere verso condizioni giuridiche migliori abbia sempre accompagnato ogni progresso dei popoli e sia il segno infallibile del passaggio dalla barbarie alla civiltà . Io credo che questo principio generale soffra qualche eccezione , giacché le leggi barbariche punivano , per esempio , con maggior mitezza alcuni delitti delle donne , e viceversa con maggior severità le offese recate dagli uomini alle donne , mostrando con ciò di applicare forse con più giustizia , certo con più cortesia quella differenza dei sessi che le leggi romane e in genere le leggi dei popoli civili , applicavano - ed applicano - in ben altro modo . Ma , senza insistere in particolari e limitandomi a segnare le tappe principali del cammino fatto dalla condizione giuridica della donna nel mondo , dirò che se nelle leggi romane come , del resto , in tutte le leggi d ' allora la donna sul principio contava poco o nulla perché non poteva disporre né di sé né dei suoi beni , ed era assorbita completamente dall ' autorità paterna o maritale , a poco a poco in Roma stessa , ella uscì da questa servitù assoluta . Al tempo di Cicerone la donna era proprietaria : alla fine dell ' Impero il diritto consuetudinario s ' era sovrapposto alle leggi e la donna , libera da ogni tutela per ciò che concerne i suoi beni , poteva comprare , vendere , disporre insomma della sua proprietà a suo talento . Tutto il lavoro dei giureconsulti romani ha consistito dunque nello staccare Eva dalla costa di Adamo , per darle un ' esistenza autonoma . E si può dire che l ' idea dell ' ugual dignità dei due sessi è un ' idea romana , confermata più tardi dal cristianesimo . Un ' idea però , più teorica che pratica , poiché solo parzialmente applicata , e che , per tradursi efficacemente in realtà , dovette attendere che passassero le epoche buie del medioevo e del feudalismo , e che scoppiasse la rivoluzione francese . Fu infatti la rivoluzione francese a rivoluzionare anche il diritto privato . Il nuovo giure femminile , le cui basi furono poste dall ' Assemblea legislativa e di cui l ' intero sistema apparve nel Codice Civile Napoleonico riposa veramente , ben più che il diritto romano , sull ' eguaglianza dei due sessi . In omaggio a questo principio , le leggi per la prima volta sancirono : l ' uguaglianza fra la donna e l ' uomo nella capacità di acquistare e di disporre ; l ' abolizione del Senato Consulto vellejano , ossia della incapacità per la donna di obbligarsi per altri ; la pari libertà di concludere e di sciogliere il matrimonio ; il diritto di successione intestata per le figlie , a pari condizioni coi fratelli . Non era tutto , ma era molto . Non era , nemmeno , una vera conquista femminile , giacché quelle riforme , pur essendo favorevoli alle donne , non erano state determinate da teorie feministe . Erano la conseguenza logica e necessaria dell ' abolizione dei maggioraschi e di altri privilegi di origine feudale ed aristocratica . Se la donna ne veniva favorita , ciò era un corollario , non lo scopo . La Rivoluzione francese - e intendo tanto coloro che intellettualmente la determinarono , quanto coloro che la eseguirono - non ebbe tempo di occuparsi della donna e dei suoi diritti . Rousseau , nel Contratto Sociale , non ne parla : Montesquieu , nello Spirito delle leggi , vi è contrario : Robespierre , questo tiranno mistico e sanguinario , teneva la donna a vile e voleva che l ' uomo fosse un dittatore nel seno della famiglia . Ed è perciò che se il Codice francese sancì e portò pel mondo - coi diritti dell ' uomo - l ' uguaglianza giuridica della donna , non spense interamente quel residuo di feodalità mascolina , che nel Codice stesso si rivela coll ' assoggettare la moglie alla ferrea volontà del marito . Secondo il Codice infatti , la donna , se rimane nubile o se , dopo essersi sposata , diviene vedova , è giuridicamente capace e libera di possedere , di comperare , di vendere , di contrattare , di commerciare , ma la moglie , oh la moglie è incapace , nel senso che nulla può senza l ' autorizzazione del marito . Lo spirito dominatore del maschio , lo spirito giacobino del politicante è tutto in questa differenza tra la donna che ha marito e la donna che non lo ha . Napoleone , commentando appunto le disposizioni del suo Codice , diceva : " il est une chose qui n ' est pas franC6aise : c ' est qu ' une femme mariée puisse faire ce qui lui plaît " . Ebbene noi possiamo parafrasare questa brutale asserzione dell ' imperatore , e dire : " c ' è una cosa che non è logica , ed è che una donna capace giuridicamente alla vigilia del matrimonio , diventi incapace la mattina dopo " . Se mai , la dignità di sposa , la gloria di madre , dovrebbe aumentare i suoi diritti , non diminuirli ! Lo so che , se si è colpita la sposa d ' una incapacità che comincia dal matrimonio e finisce con esso , non è stato in odio alla donna o unicamente pel pregiudizio feudale che l ' uomo è il padrone assoluto in casa sua , ma è stato anche per una ragione più alta e innegabilmente rispettabile : per impedire che la disciplina domestica s ' indebolisca , per tenere intatta l ' unità della famiglia . Dicono i giureconsulti , e ripete , del resto , il buon senso di tutti : una direzione ci vuole : non si concepisce una nave senza pilota , uno Stato senza sovrano , un esercito senza generale , una società senza direttore , un ' assemblea senza presidente , e quindi non si può concepire una società coniugale senza un capo . Siamo d ' accordo . Ma non si concepisce nemmeno che oggi , quando le condizioni economiche di tutti e specialmente della donna sono mutate , ella sia poco o nulla padrona del suo danaro , del danaro ch ' ella guadagna ! Non si concepisce che oggi , quando la donna , pel fatto ch ' ella lavora non solo fra le pareti domestiche , ma al di fuori , nelle fabbriche , nelle officine , ed ha acquistato un valore commerciale e industriale che prima non aveva , ed è non più l ' oggetto di lusso cui si chiede qualche ora di piacere , ma il valido aiuto del maschio nel sopportare i pesi materiali e morali della famiglia , non si concepisce - ripeto - che il legislatore voglia ancora lasciare nei Codici questa tutela economica della moglie , tutela che è spesso la prima origine delle discordie coniugali , ed è talvolta anche l ' origine della rovina delle famiglie ! Non è qui il caso di precisar meglio ciò che vado dicendo , citare articoli di Codice e commentarli , ma voglio dire , a onor nostro , che il Codice Civile italiano è , per ciò che riguarda la condizione economica della moglie , migliore del Codice Napoleonico , contro cui insorge oggi in Francia una lega di intellettuali , migliore anche di altri Codici Civili d ' Europa , ma non tale da soddisfare le esigenze , ch ' io credo legittime , dei feministi . Il matrimonio , anche in Italia , è per la donna , quanto ai beni , un profondo sonno : un sonno da cui spesso è svegliata di soprassalto per il romore d ' un disastro . Il marito , abituato a non dipendere da nessuno , chiede raramente in affari il consiglio della moglie .... anche quando si tratta dei danari di lei . La moglie , in parte obbligata dalla legge , e ancor più abituata dal costume , si tiene estranea a ciò che non è la quotidiana azienda domestica . E questo letargo dell ' attività femminile è , oltre che un ' ingiustizia , un errore , perché la donna ha più prudenza dell ' uomo , ed essendo per indole più conservatrice , non sarebbe mai favorevole a quelle incoscienti larghezze che a poco a poco corrodono i patrimonii , né a quelle speculazioni arrischiate che d ' un tratto li inghiottono . * Senonché , non è soltanto come moglie e come proprietaria che la donna potrebbe lagnarsi del Codice Civile . È sopratutto come fanciulla e come madre ch ' ella potrebbe protestare contro le ingiustizie della legislazione . Strana e triste ironia ! Il legislatore , per giustificare la tutela giuridica cui assoggettava la donna , ha fatto ricorso alla debolezza di lei e al suo bisogno di protezione : ma si è dimenticato totalmente di questa debolezza femminile e di questo bisogno di protezione quando si trattava di protegger la donna dalle seduzioni del maschio .... Il legislatore , cioè , ha avuto tutte le precauzioni per salvaguardare il patrimonio economico della donna e ha voluto che , non lei sola , ma anche il marito ne fosse responsabile : non ha avuto nessuna preoccupazione per salvaguardare il patrimonio morale , l ' onore della fanciulla , e all ' uomo che l ' ha compromessa ha detto sorridendo : " stai pure tranquillo ! tu non sei responsabile ! la ricerca della paternità è interdetta ! " . È logico questo ? è giusto ? è umano ? Io leggo nel nostro Codice Civile l ' articolo 1151 che dice : " qualunque fatto dell ' uomo che arreca danno ad altri , obbliga quello per colpa del quale è avvenuto a risarcire il danno " . Questo articolo protegge le nostre finestre , le nostre porte , i nostri mobili , i cancelli dei nostri giardini , le derrate delle nostre campagne , il nostro cane e il nostro cavallo .... ma non protegge la donna ! Davanti al Codice , la donna è meno delle nostre bestie ! Eppure non è forse arrecar danno alla donna il sedurla , farla soffrire , distruggere , forse per sempre , la sua bellezza e la sua salute , e lasciarle la doppia croce del disonore e dell ' obbligo materiale di nutrire il bambino e allevarlo ? Oh , io sento le voci degli uomini prudenti e severi , che hanno tanto rispetto per la famiglia legale e così poco per le famiglie illegali che l ' amore crea e danna all ' infelicità , io sento le voci dure e fredde che dicono : " la donna fu debole , ella doveva riflettere prima di cedere , che colpa ha l ' uomo s ' ella non gli ha saputo resistere ? " ed io sento anche le voci maligne che susurrano : " è un ' ingenuità il credere che chi seduce sia l ' uomo ! è la donna che nella maggior parte dei casi seduce ! " . Ebbene ? e se anche ciò fosse vero ? In qual trattato di logica o di morale si può trovare il principio che dei due complici di un ' azione , uno solo deve pagarne la pena e sopportarne le conseguenze ? E mi si concederà per lo meno , che se l ' uomo non è il primo autore del male , è innegabilmente il complice necessario . E perché mai questo complice necessario , compiuto ciò che ha creduto di compiere , succhiato il miele del fiore , se ne può partire indisturbato , libero come l ' ape vagabonda , con un pensiero di meno ed un trionfo di più , lasciando nell ' abbandono , nel dolore , nella vergogna colei che gli ha dato il meglio dell ' esser suo ? Ma - ripetono ancora quelle voci severe e prudenti - : " il Codice non può preoccuparsi di tutti questi infiniti piccoli drammi d ' amore ove l ' uomo compie la sua esperienza di maschio saggiando la virtù femminile ; questi casi non dipendono che dalla coscienza ! " . Ebbene : io credevo appunto che la legge dovesse essere la coscienza di quelli che non ne hanno ! Credevo che la legge dovesse ristabilire l ' equilibrio fra la responsabilità dell ' uomo , che ora è nulla , e la responsabilità della donna , che ora è troppa , non solo per ubbidire a un criterio di giustizia e per diminuire quel tributo di anime e di corpi femminili che l ' umanità paga al minotauro dell ' egoismo maschile , ma anche per ragioni di previdenza sociale . Sapete voi che accade di tutte le fanciulle abbandonate e di tutti i figli illegittimi ? Che cosa accada delle fanciulle tradite è facile immaginare . Tolte le pochissime eroine che hanno la sapiente dolcezza della rassegnazione e che col lavoro onesto sanno ricostruirsi la vita che l ' inganno d ' un uomo minacciava di spezzare per sempre , tolte le poche energiche che nell ' impeto del dolore pel vigliacco abbandono trovano il coraggio criminoso di vendicarsi dell ' amante col coltello , col revolver , col vetriolo , tutte le altre scendono più o meno lentamente la scala del vizio , povere candide foglie di magnolia che il primo contatto ha ingiallito per sempre ! E che accade dei figli ? di quell ' esercito di illegittimi che sorgono ogni anno a minacciare la società , di cui dicono i vizii nascendo , e di cui rappresentano , vivendo , i vizii e i delitti ? Un piccolo numero di illegittimi paga subito , colla morte violenta , la colpa e la vergogna della nascita . L ' infanticidio è l ' estrema aberrazione della fanciulla tradita , che non seppe uccider sé stessa né vendicarsi contro l ' amante , e che sopprime l ' innocente , la prova viva e strillante del suo disonore . E i giurati assolvono il delitto orrendo - 33 assoluzioni ogni 100 infanticidii - non solo perché essi sentono che il delitto in questo caso non è la conseguenza di passioni malvagie , bensì la testimonianza sanguinosa d ' una rivolta legittima , ma assolvono anche perché essi si trovano di fronte solo la fanciulla - madre , non vedono l ' uomo , il complice necessario che è lontano , e questa ingiustizia li disarma e li rende indulgenti .... E quando l ' infanticidio non lo compie la madre , pensa la società matrigna a commetterlo sui figli illegittimi . Usciti alla luce dopo mesi di ansie e di dolori , privi d ' ogni cura igienica come d ' ogni cura morale , essi sono sacrati dalla morte ; e ne muore infatti l'11 per cento nel primo mese e il 24 per cento nel primo anno . Poi .... poi .... gli altri che restano - senza un nome , senza una posizione , incapaci d ' orgoglio - traversano la vita con l ' odio latente contro l ' ingiustizia di cui son vittime , e popolano i nostri ospedali e le nostre prigioni ! E allora , in presenza di questi bimbi che , se non sono uccisi o non muoion di stenti , divengono la zavorra sociale , in presenza di tante donne che cadon nel fango , se non entrano in prigione per essersi vendicate dell ' amante , io vorrei ripetere la domanda che il Senatore Rivet rivolgeva ai legislatori del suo paese : io vorrei chiedere ai gravi uomini politici che nelle questioni di commercio e di dogana sono così spesso protezionisti arrabbiati , io vorrei chiedere se troveranno ancora che è inutile protegger la donna dalle seduzioni del maschio , e se si pronuncieranno ancora per il libero scambio degli abbandoni e degli infanticidii , dicendo con una beata indifferenza : lasciate fare , lasciate passare ! * Forse - poiché l ' egoismo maschile è tanto grande - non si riuscirà ad ottenere che l ' uomo provveda , almeno economicamente , alle prime necessità dei figli illegittimi , finché le donne non avranno pari agli uomini il diritto di voto e quindi il diritto di fare le leggi . Lo constatava col suo sorriso arguto di filosofo canzonatore anche Beaumarchais quando nel Mariage de Figaro , alludendo appunto al modo con cui il Codice tratta la donna che ha peccato d ' amore , scriveva : de cette absurde injusticefaut - il dire le pourquoi ? Les plus forts ont fait la loi ! Questa questione del voto alle donne - in cui s ' appunta lo sforzo maggiore del feminismo - parmi appartenga al numero di quei problemi politici , e son molti , pur troppo , che spaventano più per l ' ignoranza che si ha delle loro conseguenze , che per la conoscenza delle ragioni che li sostengono . Noi abbiamo , spesso , la paura delle parole : noi abbiamo , talvolta , l ' avversione istintiva per certe riforme che immaginiamo gravide di chi sa quanti e quali pericoli . Anche gli uomini adulti , come i bambini , hanno i loro cauchemars . Ma quando spunta il sole i fantasmi scompaiono , e quando certi problemi si studiano da vicino al lume tranquillo dell ' osservazione scientifica , ci si accorge che essi non erano così rivoluzionarii come la nostra timidità e il nostro misoneismo temevano . Il voto alle donne ! Per essere sincero comincio col dichiarare che io non credo che le nostre leggi attuali lo riconoscano : chi lo crede non può essere che un partigiano il quale scambia il suo desiderio per la realtà , o un avvocato , il quale - secondo il solito - sostiene che la legge sancisce l ' opinione del suo cliente ! No : le nostre leggi non riconoscono nella donna il diritto di voto politico .... ma lo potrebbero , lo dovrebbero riconoscere . Ho letto molte pagine pro e contro il voto femminile , e naturalmente anche i discorsi pronunziati recentemente alla Camera , dove , per miracolo ! l ' estrema destra di Luigi Luzzatti si è trovata d ' accordo coll ' estrema sinistra dell ' on . Mirabelli in un atto di cavalleresca cortesia verso le signore : ma confesso di non aver trovato nulla di meglio , né per logica né per chiarezza , degli argomenti che sviluppava Condorcet , nientemeno che 120 anni fa , nel Journal de la Sociéte de 1789 . Il diritto di eleggere ed essere eletto è fondato per gli uomini sul loro carattere di creature intelligenti e libere . Non sono creature tali anche le donne ? I soli limiti a quel diritto sono la condanna a una pena afflittiva o infamante , e la minorità . Ebbene : forse che tutte le donne ebbero conti a regolare colla giustizia , o non è scritto all ' articolo 240 del Codice Civile che ogni individuo dei due sessi all ' età di 21 anno è maggiore ? Si argomenterà forse dalla pretesa inferiorità mentale della donna ? È assurdo , perché - dato che tale inferiorità esista - forse che gli uomini poco intelligenti non hanno diritto di voto ? Ma l ' infimo impiegato d ' ordine dell ' infima amministrazione ha gli identici diritti politici di Guglielmo Marconi ! Si argomenterà dalla debolezza fisica delle donne ? Se questa obbiezione valesse , bisognerebbe sottoporre gli elettori a un giurì di medici , e poiché non si è ancora istituita la visita medica elettorale e votano nevrastenici , epilettici ed alcoolisti , mi sembra che - per ciò che riguarda la salute - potrebbero votare anche le donne . L ' obbiezione capitale - tutti lo sanno e lo sentono - consiste nell ' osservare che , aprendo alle donne la vita politica , si distolgono dalla famiglia . Ma non le distolgono dalla famiglia anche oggi , più assai dell ' ipotetica partecipazione alla vita politica , le professioni manuali e il commercio ? Non è la nostra vita affrettata e febbrile che lancia nelle officine , nei magazzini , nelle amministrazioni , le fanciulle , le spose , le madri ? Non è questo terribile aculeo della lotta economica , non è l ' ansia del guadagno , non è la fatalità della grande industria che toglie l ' operaia al suo focolare , al suo bambino , ai suoi doveri di madre e di moglie , per sequestrarla tutto il giorno là dove il mostro della civiltà ha bisogno del suo lavoro ? Protestiamo pure contro questa immane e dura necessità , ma non accusiamo il voto politico di produrre un danno che già il capitalismo , la macchina , la creazione dei grandi opifici hanno prodotto . Non è la piccola scheda bianca che toglierebbe la donna alla casa e alla famiglia , di dove l ' ha già distolta la grande industria e la nera officina . Forse che per votare - o per apprendere quel tanto che occorre per votare con coscienza e con libertà - la donna dovrebbe impiegare quelle otto o dieci ore di lavoro al giorno , che oggi ella ruba alla sua famiglia .... senza che gli antifeministi protestino ? O forse che gli antifeministi non si preoccupano della donna che deve guadagnarsi la vita col suo lavoro - e che è pure la gran maggioranza - e pensano soltanto alla donna ricca e agiata , facendo una comoda sociologia da salotto , come Paul Bourget fa della psicologia da milionari studiando soltanto anime umane che abbiano almeno cento mila lire di rendita ? Io non vedo , dunque , lo confesso , un solo argomento che possa validamente contrastare in teoria il diritto di voto alle donne . Quanto alla pratica - cioè all ' immediata attuazione - prescindendo da coloro che temono dal voto femminile una riscossa reazionaria - sono le donne stesse che dimostrano di non sentirne l ' imperiosa necessità . In Austria dove , da oltre trent ' anni , le donne del grande possesso nobile hanno diritto di voto , poco e raramente lo esercitano . In Francia e in Belgio , paesi più evoluti del nostro , non si è ancora tentata l ' ardita riforma . In Italia , basterebbe constatare l ' indifferenza con cui la maggior parte del pubblico femminile ha seguìto la recente discussione parlamentare - che fu del resto più un ' esercitazione rettorica che l ' espressione eloquente d ' un sentimento sincero - per convincersi che all ' entusiasmo di poche non segue il consenso pieno e caldo di tutte . Basterebbe , sopratutto , gettare uno sguardo sulla statistica spaventosa delle donne analfabete - il 50 per cento delle spose italiane non sanno nemmeno firmare col proprio nome l ' atto di matrimonio ! ! - per comprendere che troppe altre cose più urgono fra noi per la vera emancipazione della donna ! * Proclamare , dunque , tutti i diritti , non far dedizione d ' alcuno anche lontano ed altissimo , ma perseguire con tenacia conquiste immediatamente più utili e necessarie , ecco la tattica di un feminismo fecondo . Volere la donna pari all ' uomo , ma cercar di elevarla , con l ' educazione e con l ' istruzione a quella dignità cui ella agogna . Giacché , più che la donna elettrice , più che la donna politicante , urge oggi rivendicare la donna nella semplicità della sua sacra funzione , cioè la donna che ama . Io non credo al feminismo spurio che sotto il nome di lotta di sesso vuol far guerra all ' uomo , vuol mascolinazzare la donna , vuol dare ad intendere ch ' essa possa fare a meno dell ' uomo . Ciò è contro la natura , contro la bellezza , contro l ' amore ! Io credo al feminismo che innalza la donna , che le apre tutte le vie , in modo che la sua mente possa spaziare fin là dove una volta non arrivava nemmeno il suo sguardo , ma le lascia però intatte tutte le sue femminili attrattive . Gli è appunto quando la donna è veramente donna , e non un ibrido campione del terzo sesso , che ella può creare capolavori . Le donne che hanno scritto dei libri che resteranno non sono le donne che hanno ucciso in sé stesse il sesso per meglio misurarsi nella concorrenza brutale col maschio , ma sono le donne che hanno amato . Se c ' è una poesia femminile che commuova , è quando esprime la passione : se c ' è un ' opera d ' arte di donna che s ' imponga è quando l ' ha infiammata l ' amore . Diceva il Guizot che ricercando un giorno con Macaulay quale fosse , nella letteratura , l ' opera femminile che più si avvicinava alla perfezione , s ' eran trovati d ' accordo nel pensare che erano le lettere di M.me de Sevigné , e che entrambi avevano attribuito la superiorità di quel capolavoro al fatto che era l ' opera d ' una madre . Non dunque un feminismo che spenga ciò che vi è di più puro e di più sacro nella donna : non un feminismo che divida ed odii , ma un feminismo che eguagli e rinsaldi i legami spirituali fra l ' uomo e la donna . Diamo alla donna tutti i diritti che le spettano - ella vedrà se è il caso di esercitarli - ma diamole sopratutto quell ' educazione libera e fiera di cui manca , e che le è necessaria per comprendere che ella deve essere , non la nostra concorrente , ma la nostra alleata , e che il suo miglioramento significa raddoppiare le forze intellettuali del genere umano e quindi le probabilità di una vita felice . Come l ' uomo e la donna sono fisiologicamente necessari per creare la vita , così l ' accordo fra loro - pari ormai di coltura di dignità di diritti - è necessario per creare il progresso . Questa è la verità , e questa , io credo , è anche la poesia ! Una delle più illustri feministe italiane , Anna Maria Mozzoni , confessava : " povere ribelli siamo noi , che amiamo i nostri nemici ! " . E in queste parole sta la conclusione migliore del nostro problema , giacché se è vero che l ' uomo non è mosso ad agire altro che dal desiderio di far omaggio di tutto ciò che egli conquista - fama onori ricchezze - alla donna che ama , anche il feminismo non può e non deve essere che la rivendicazione della personalità della donna perché questa possa più nobilmente offrirla a colui che essa liberamente si è scelto . L ' ISTRUZIONE DELLA DONNA . Il faut élever la jeune fille avec la pensée constante qu ' elle sera un jour la compagne de l ' homme . M.me DE STAËL . Si racconta che essendosi chiesto una volta a Legouvé in quale periodo della vita dei suoi figli egli cominciasse la sua azione di educatore : Prima che nascano , rispose . Pur troppo , pochissimi padri saprebbero e potrebbero rispondere con la profondità filosofica e con la previdente affettuosità di Ernesto Legouvé ; e certo nessun governo ha mai voluto spingere così indietro e così lontano le sue cure per l ' educazione de ' cittadini . I governi , in genere , non pensano all ' educazione ma soltanto all ' istruzione , e non sempre felicemente e compiutamente nemmeno a questa . Se la statistica fu definita una specie di bromuro scientifico poiché calma , colla doccia fredda delle cifre , i nervi eccitati della nostra curiosità , c ' è una statistica che dovrebbe , anziché calmare i nostri nervi , irritarli , e farci salire al viso le fiamme della vergogna per la nostra inferiorità di fronte agli altri popoli civili . Intendo la statistica dell ' analfabetismo . Mentre in Germania si contano appena 2.45 analfabeti su 100 abitanti , e in Inghilterra 3.45 , e in Francia 3.50 , noi italiani vinciamo il triste record della barbarie anche in confronto alla Russia , giacché questa ha 36 analfabeti su 100 abitanti , e noi ne abbiamo 52.93 . E pur troppo questa statistica complessiva - se si volesse distinguere per sesso - riuscirebbe assai più grave per la donna che per l ' uomo ! Infatti , prendendo come termine di paragone i dati demografici che riguardano i matrimonii innanzi agli ufficiali dello Stato Civile ( se si consultassero anche i matrimonii religiosi sarebbe ancor peggio ! ) noi troviamo che su 100 sposi , soltanto 35.50 non seppero firmare l ' atto nuziale , mentre su 100 spose non lo seppero firmare 47.95 . Quindi - ed è veramente doloroso a dirsi - quindi la metà delle mogli e delle madri italiane non sanno nemmeno scrivere il proprio nome ! Immaginiamoci la coltura della maggior parte dell ' altra metà ! E sorvolo , per carità di patria , sul fatto che in Germania , in Francia e in Inghilterra le spose che non sanno sottoscrivere l ' atto di matrimonio raggiungono appena la cifra del 2 , del 3 , al massimo del 4 per cento . Di fronte a queste constatazioni - che sono vergognose e socialmente pericolose , ma che i nostri uomini politici pare siano abituati a considerare con olimpica indifferenza , come un male necessario che la terza Italia ha ereditato dall ' Italia dei Papi - di fronte a queste constatazioni verrebbe fatto a un ingenuo di domandare : " Ma c ' è o non c ' è , in Italia , una legge sull ' istruzione obbligatoria ? " . La legge c ' è , e da più di trent ' anni , perché appunto dal 1877 fa parte della raccolta delle innumerevoli Leggi e Decreti del Regno , ma .... chi pon mano ad essa ? Questa nostra legge - che ebbe l ' unico merito di precedere quelle analoghe di Francia e di Inghilterra - ebbe , fra gli altri , il torto gravissimo , dovuto a ragioni finanziarie , di limitare dai 6 ai 9 anni l ' età in cui l ' istruzione è obbligatoria . Questo periodo di tre anni era troppo breve , non solo per lo scopo diretto dell ' istruzione , ma anche per lo scopo indiretto di prevenzione sociale che la scuola dovrebbe prefiggersi . Tutti i paesi civili avevano stabilito un periodo più lungo per lo meno del doppio : in Francia l ' istruzione è obbligatoria dai 6 ai 13 anni , in Austria , in Ungheria , in Germania dai 6 ai 14 , in Inghilterra dai 5 ai 14 , in Isvizzera dai 6 ai 16 anni . E sorgeva spontanea la domanda : il bambino e la bambina italiani che a 9 anni compiuti non hanno più l ' obbligo di frequentare la scuola , che cosa faranno ? ( Parlo , si capisce , dei bimbi di quelle infime classi sociali che non potendo darsi il lusso di continuare l ' istruzione per conto proprio , mandano i loro figli a scuola - se li mandano ! - solo nel periodo fissato dalla legge ) . A questi bambini sarà evidentemente scuola la strada , poiché il padre e la madre , contadini o operai , occupati nei lavori dei campi o delle officine , li lascieranno vagabondare , lieti d ' avere per qualche ora un pensiero e una noia di meno .... Il ministro Orlando si rese conto di questa inferiorità del nostro paese , che equivaleva a un pericolo sociale , e colla legge . luglio 1904 estese l ' obbligo dell ' istruzione fino al dodicesimo anno di età e fornì ai Comuni i mezzi per istituire corsi d ' istruzione elementare superiore . L ' intenzione era nobilissima , ma rimase semplicemente .... intenzione . Si può dire infatti senza peccare di soverchio pessimismo , che la legge del 1904 non è osservata in pratica . E non è osservata perché le pene ai genitori che vi contravvengono sono più miti che altrove ( un ' ammenda di 50 centesimi ! ) e perché oltre ad essere miti , sono rarissimamente applicate . Così non solo la legge sull ' istruzione obbligatoria non è osservata , ma è del tutto inutile , giacché in Italia la scuola è frequentata soltanto .... da chi vi si reca spontaneamente . Mentre , infatti , in Inghilterra e agli Stati Uniti , sia per la maggiore educazione del popolo , sia per l ' inflessibile rigore anglosassone con cui sono puniti i contravventori alla legge , non esiste una differenza apprezzabile fra il numero degli alunni che dovrebbero frequentare la scuola e il numero di coloro che effettivamente la frequentano , da noi invece pur troppo , un terzo degli alunni che vi sarebbero obbligati disertano la scuola . Si tratta cioè di un milione , badate , di un milione di bambini e bambine che dovrebbero frequentare la scuola e non la frequentano . Ed è così apatica la nostra indole , che nessuno chiede spiegazione di questa trascuratezza che costituisce un delitto ; nessuno domanda di chi è la colpa se la legge sull ' istruzione obbligatoria non viene osservata ; nessuno pensa che un milione di bimbi fra i 6 e i 12 anni sul lastrico della via significa un futuro pericolo sociale gravissimo , significa l ' analfabetismo colle sue conseguenze fatali , il vagabondaggio e la delinquenza ! E mentre è facile trovare , nel Parlamento e fuori , chi alzi fiere proteste contro ogni irregolarità e contro ogni abuso - purché siano , s ' intende , commessi dagli avversarii politici , perché quando sono commessi dai correligionarii anche i delitti si scusano , - è difficilissimo il trovare chi senta il bisogno e il dovere di salire su dalla morta gora del pettegolezzo politico e del piccolo scandalo parlamentare , per guardare in faccia i veri problemi che interessano la vita della nazione , e per chiedere che non sia abbandonata all ' ignoranza dei più e all ' indolenza del governo la funzione della scuola , in cui riposa la migliore energia del popolo e la salute dell ' avvenire ! Mi si perdoni se , per chiudere questo argomento , insisto ancora con delle cifre : saranno le ultime . Il numero degli alunni d ' ambo i sessi raggiunge circa il 20 per cento sul totale della popolazione in tutti i paesi civili : è il 20.70 nella Svizzera , il 20.38 agli Stati Uniti , il 20.00 in Baviera e Sassonia : da noi è soltanto il 7.89 per cento . E non occorre fare dell ' alta sociologia per riconoscere questa verità assiomatica : che la percentuale massima nel numero degli alunni è l ' indice tangibile della massima civiltà , ossia dei paesi dove è maggiore il benessere materiale , più diffusa l ' industria , e minore il numero de ' reati . * Sono molte le scuse o le giustificazioni che si adducono per spiegare questa nostra inferiorità . Ma , sorvolando sulle secondarie , le cause principali del doloroso fenomeno si possono ridurre a due , una sociale , l ' altra strettamente economica . La causa sociale e , in parte , di razza , - che potrà , speriamo , affievolirsi col tempo ma che oggi è ancora fortissima specie nell ' Italia meridionale , - consiste nel fatto che i genitori italiani non intendono l ' utilità della scuola pei loro bambini , preferiscono sfruttarli col lavoro e colla mendicità in età ancor tenera , o lasciarli in ozio in mezzo alla via .... Il vizio è nel sangue , e le leggi possono fare ben poco ! Nel Belgio , per esempio , non esiste istruzione obbligatoria ; eppure colà le scuole sono frequentatissime . Altra razza , e , diciamolo pure , altro grado di civiltà ! E poiché in Italia le autorità - come ho detto - non si prendon la pena di infligger multe a quei genitori che non inviano i loro figli alla scuola , il cattivo esempio s ' estende , e la piaga si fa cancrena . Dunque : in basso , incredulità nei vantaggi dell ' istruzione : in alto , indolenza nel reprimere le contravvenzioni , - ecco gli ostacoli contro cui si dibatte fra noi il problema della scuola . Ma l ' ostacolo maggiore è l ' ostacolo economico , la difficoltà finanziaria . È noto che in molti Comuni le scuole sono in uno stato così deplorevole , da giustificare quasi coloro che non le frequentano . Si è sempre detto , e si continua a dire , che non ci sono denari per il Ministero dell ' Istruzione Pubblica , il cui bilancio è notoriamente la cenerentola dei bilanci italiani . Io credo che , come i giornali ricorrono alla scusa della tirannia dello spazio per giustificare la non pubblicazione di ciò che non vogliono pubblicare , così i governi riparano dietro la scusa della tirannia finanziaria per non spendere mai danari dove non li vogliono spendere . Noi siamo ancor vittime del pregiudizio che per la grandezza della patria occorra crear fucili e cannoni anziché teste ed uomini , e noi dimentichiamo che le vittorie dell ' esercito tedesco sono dovute alla coltura dei suoi soldati . Per questo la Germania , che sa preparare da lontano le sue vittorie , non lesina danaro all ' istruzione pubblica : per questo il solo regno di Prussia spende 356 milioni all ' anno per la sola istruzione popolare , e la stampa tedesca anche la più conservatrice trova che è poco , e noi invece ci accontentiamo di un bilancio totale dell ' istruzione pubblica che s ' aggira intorno ai 100 milioni , di cui lo Stato ne paga meno della metà e il resto lo pagano i Comuni ! Io non voglio - né saprei - discutere se oggi in Italia uomini politici che veramente e fermamente volessero , potrebbero ottenere che per l ' istruzione pubblica si facesse più di quanto oggi si faccia : certo so che la grande riforma che la patria aspetta è l ' aumento delle risorse materiali della scuola . Aumento tanto più necessario in quanto che ora s ' avanza - oltre e insieme ai maschi - l ' esercito femminile , che una volta era non solo assolutamente escluso dalle scuole secondarie e , Dio liberi , dalle Università , ma era anche escluso , se non in via assoluta , almeno in forza del costume e dell ' abitudine , dalla scuola primaria . Una volta non si riconosceva alcun diritto di istruzione nelle donne . Sottomesse giuridicamente , lo erano anche intellettualmente , e gli uomini le lasciavano , le volevano lasciare nella più beata ignoranza . Une femme en sait toujours assez diceva Molière quand la capacité de son esprit so hausseà connaître un pourpoint d ' avec un haut de cnausse . E Goethe in una lettera ad un amico sosteneva che l ' istruzione della donna doveva limitarsi alle nozioni più elementari e consigliava di affidare alle ragazze le cure della cucina e del giardino e di far lavorare coll ' ago quelle che preferissero star sedute . La citazione è forse un po ' troppo antica ? Elisabetta d ' Austria confessava al suo fedele e forse unico amico il dottor Christomanos : " meno le donne imparano e più esse hanno pregio , poiché esse estraggono dal loro io tutta la loro scienza . Il resto non fa che snaturarle : esse disimparano una parte di loro stesse per appropriarsi imperfettamente un po ' di grammatica o un po ' di logica " . Questa avversione alla coltura può sorprendere nella bocca di un ' imperatrice coltissima , la quale forse pronunciò quelle parole in un giorno di tristezza e di ironia ; ma era lo stato d ' animo di quasi tutti fino a trent ' anni or sono . Fino a quell ' epoca infatti soltanto una piccola minoranza di fanciulle frequentava le scuole primarie . E del resto , non abbiamo , ognuno di noi , dei documenti dolorosi di ciò che fosse l ' educazione femminile della generazione che ci ha preceduto ? Non troviamo oggi noi stessi nelle donne attempate delle classi inferiori una gran maggioranza di analfabete , e non troviamo anche nelle donne delle classi ricche , specialmente di certe provincie , una coltura così bassa da lasciar germogliare ogni sorta di superstizione ? Il concetto di educare la donna - non per semplice abbellimento come in certi conventi e in certi collegi di cui parleremo fra poco - ma per renderla intellettualmente e moralmente migliore è dunque un concetto relativamente nuovo . Come è recente il fatto che la donna osi uscire , per istruirsi , dalla famiglia , e mescolarsi nelle scuole pubbliche coi fanciulli . Ancora pochi anni fa il numero degli alunni maschi nelle scuole primarie era dovunque assai maggiore di quello delle fanciulle : ora tendono ad equilibrarsi , e in alcuni Stati , in Francia per esempio e in Baviera , il numero delle femmine supera quello dei maschi . Da noi - ed il fenomeno è confortante - il numero delle fanciulle che frequentano le scuole elementari va gradatamente e regolarmente crescendo , e poiché le ultime statistiche di qualche anno fa davano una minima differenza fra i due sessi , è probabile che ora l ' esercito delle piccole alunne abbia raggiunto numericamente l ' esercito maschile . C ' è un ' altra constatazione a farsi , per noi italiani ( dopo aver rilevato il male , è bene poter constatare anche il bene del nostro paese ) ed è che l ' Italia può dirsi fra i paesi latini il più progredito riguardo a quel sistema di coeducazione dei sessi o scuola mista , universalmente adottato agli Stati Uniti , ma viceversa ancora respinto in tutto o in parte dai paesi d ' Europa . Io credo all ' efficacia intellettuale e morale della scuola mista , giacché essa dà maggior vita e colorito , maggior emulazione al lavoro , e come diceva un esperto educatore " elimina l ' isterismo e ridona l ' ozono della vita naturale ad una atmosfera resa deleteria dagli antichi costumi monastici " . È una triste abitudine quella invalsa finora - e che stranamente prevale ancor oggi nella arditissima Francia - di voler tenere distinti e ben divisi ragazze e ragazzi nei primi anni della vita , quando il sesso ancora non parla , per lasciarli poi insieme nella vita di società proprio quando il sentimento dominante da una parte e dall ' altra è l ' amore ! Abituati a stare insieme fin da bambini , i maschi e le femmine acquistano quella franca e libera e fraterna camaraderie senza secondi fini , che , se spaventa forse le anime timorate , è certo più leale e più sana di quelle sapienti ritrosie gesuitiche in cui si riassume talvolta tutto il pudore di certe fanciulle . La scuola mista non fu in Italia un atto di volontà : fu una conquista inconscia del pubblico sul governo . Essa sorse quasi di sorpresa , inavvertitamente . Si cominciò - in qualche città dove non esistevano istituti femminili - ad accordar per favore a un padre l ' ammissione in un ginnasio o in una scuola tecnica della sua figliuola ; e l ' iniziativa ardita , prima criticata e combattuta come tutte le iniziative , fu a poco a poco imitata . Gli uomini , sul principio , sono ribelli , ma poi , e in questo caso per fortuna , ritornano pecore . Oggi , e intendo per oggi la data delle più recenti statistiche , oltre le 20 mila alunne delle scuole normali , abbiamo più di 9000 alunne nelle Scuole tecniche e più di 500 negli Istituti tecnici , più di 2000 nei Ginnasii e oltre 400 nei Licei . E ogni anno segna un aumento costante Ecco le cifre precise : Debbo questa statistica alla cortesia del comm . De Negri , Direttore Generale della Statistica , che volle compilarla per me sui Bollettini Ufficiali del Ministero della Pubblica Istruzione . Nelle Università il progresso fu più lento . Nessuna donna s ' era laureata in Italia prima del 1877 . In quell ' anno e nei tre successivi si ebbe una laureata all ' anno . Il numero rimase scarsissimo fino al 1893 , in cui furono 15 , e poi salirono fino alla cifra di 52 nel 1900 Anche questa statistica è dovuta al Comm . C . De Negri = . Dato l ' abbrivo , è facile prevedere che l ' aumento continuerà in proporzioni sempre maggiori . Non arriveremo , e non ci avvicineremo nemmeno agli Stati Uniti , dove le alunne che frequentano i corsi secondarii ( ossia i nostri ginnasii e licei ) sono più numerose dei maschi , dove nel 1900 si contavano di fronte a 130 mila ragazzi che dicevano di studiare il latino , 190 mila ragazze che lo studiavano , e dove oltre alle Università miste esistono 13 Collegi universitarii unicamente destinati alle donne con 5100 studentesse , - ma ci metteremo senza dubbio anche noi per la grande strada maestra che consente alla donna quell ' alto grado di istruzione che la rende non solo eguale all ' uomo ma , ciò che più importa , indipendente da lui . Il Tocqueville , il quale scriveva quando le condizioni della donna americana non avevano ancor raggiunto il livello che toccano ai nostri giorni , era stato fin da allora colpito dai progressi del movimento femminile in America , e confessava : " Se voi mi domandate a che cosa io penso doversi attribuire la prosperità singolare e la forza ognor crescente del popolo americano , io risponderò doversi attribuire alla superiorità intellettuale delle sue donne " . Potremo anche noi meritare , in un tempo più o meno lontano , un simile elogio da un altro grande storico dell ' avvenire ? * Prima di rispondere a questa domanda , bisogna porne un ' altra : bisogna domandarci : perché studiano queste studentesse ? perché vengono , sorelle intellettuali , a combattere con noi la grande battaglia della scienza contro l ' ignoto , o dell ' arte per la bellezza ? perché le troviamo sui nostri passi , concorrenti gentili e temute , a darci il sorriso della loro compagnia , ma a rubarci , spesso , la palma del trionfo ? Esse vengon fra noi perché le sospinge forse l ' amore allo studio , perché le trascina senza forse la necessità economica . Anche la donna sente oggi al pari dell ' uomo il desiderio di una sua propria espressione individuale : sente il bisogno di affermarsi da sola , col proprio lavoro , col proprio cervello , per rendersi indipendente . Direi che agogna ad una vita umana nell ' ampio senso latino della parola , e non vuol più rimaner chiusa nella semplice vita sessuale , dove la storia l ' aveva confinata finora . Vuole il mondo per sé , e non la famiglia soltanto . È un bene ? è un male ? Non importa qui dire : è la fatalità ! La donna era sempre vissuta in una specie di parassitismo economico . L ' unica sua speranza e l ' unica sua carriera era il matrimonio . Lo stato psicologico della fanciulla era l ' attesa ; e questa sua condizione di dover aspettare il marito non era che una forma di muta mendicità . Perciò , se non si maritava , e se il chiostro non accoglieva le sue verginali speranze deluse , essa restava nell ' ambiente sociale come un ramo secco tra la gloria della foresta verde e fiorita , come un organo che abbia fallito alla sua funzione , come un peso inutile e gravoso alla propria famiglia . E già molti anni or sono l ' Holtzendorff aveva presentito la gravità sociale di questa ingiusta condizione di cose , e con la fredda calma del giurista tedesco aveva posto brutalmente il problema così : o la poligamia , oppure procacciare alle donne escluse dal matrimonio altri modi di onesto e lucroso collocamento . Allora , quando l ' Holtzendorff scriveva , si contavano in Germania più di due milioni di ragazze di età superiore ai 25 anni non maritate , capo d ' accusa vivente - egli diceva - contro lo spensierato egoismo degli uomini . Quante saranno oggi , e non in Germania soltanto , le oneste ragazze che , non volendo e non potendo sposarsi , hanno pur diritto a un ' esistenza che non sia l ' avvilente inutile e parassitaria vita della vecchia zitella ? Saranno certamente di più , poiché in questa nostra epoca ove tutto è ridotto al comun denominatore danaro , e dove le esigenze di tutte le classi sono smisuratamente cresciute , l ' uomo non può contrarre matrimonio con la facilità con cui lo contraeva una volta . C ' è - minore fra noi che altrove , ma non trascurabile - una crisi del matrimonio , prodotta dal fatto che oggi il mantenere una famiglia è un problema economico che non a tutti è dato risolvere . Chi muove l ' attività maschile è ancora e sempre , come fu e come sarà in eterno , la donna , e Rudyard Kipling può cantare : " finché le nostre donne debbano andare per le vie bene abbigliate e il danaro occorra a comperare i loro monili , le baleniere correranno d ' anno in anno , pe ' mari , alla ventura " , - ma è l ' amante d ' un mese o d ' un ' ora che fa fare all ' uomo questi sacrifizii e questi eroismi : per la moglie egli non ha , generalmente , né questi pensieri né queste energie ! E poiché la fanciulla sente questa verità psicologica , poiché ella s ' accorge che la dura necessità economica rende i matrimonii meno frequenti , poiché , nel rinascere dignitoso della sua personalità , ella sdegna di attendere come una schiava che l ' uomo le getti , quasi fosse un sultano , il suo fazzoletto , ecco che ella ha voluto , e in parte ha saputo , rendersi indipendente , ecco che ella ha detto : io studierò , io lavorerò , io basterò a me stessa come un uomo . Ed è sorto così un tipo di donna che non ha ancora trovato , forse , la sua espressione precisa , ma che senza dubbio esce dalle tre grandi categorie in cui Alessandro Dumas s ' illudeva di chiudere tutti i tipi di donna . Diceva il Dumas che le donne sono o vestali o matrone o cortigiane , cioè donne o del tempio o del focolare o della strada . Ebbene : per coloro che si vergognerebbero d ' essere cortigiane , per coloro che non vogliono essere vestali , per coloro che non possono diventare matrone , deve pur esistere un ' altra categoria : la categoria severa ed altera della donna che non chiede al suo sesso e alle sue attrattive la ragione di piacere , ma chiede al suo cervello e al suo lavoro la ragione di vivere rispettata e indipendente nel mondo . * Senonché - per quanto il fenomeno di cui ora ho parlato sia grave ed interessante e rappresenti uno dei casi più acuti del nostro malessere sociale - bisogna riconoscere che esso è in un certo senso un fenomeno eccezionale nel grande problema dell ' educazione della donna . Dopo aver constatato , con le parole argute di Anatole France , che " la science peut bien avoir , comme la religion , ses vierges et ses diaconesses " , dopo aver confessato che è giusto che la fanciulla possa trovare le sue condizioni d ' esistenza al di fuori del matrimonio , occorre anche dire che se è doveroso che la società gliele faciliti in tutti i modi , è altrettanto giusto e direi quasi più doveroso che la società si preoccupi di formare nella fanciulla la sposa e la madre futura . Compie quest ' alto ufficio l ' educazione che noi impartiamo oggi alle fanciulle nelle nostre scuole ? Ha lo Stato coscienza di questo suo grande dovere ? Pur troppo noi dobbiamo confessare che oltre la misera scuola obbligatoria , l ' insegnamento femminile assume nel nostro paese , come del resto anche in altre nazioni civili , un carattere di privilegio del quale , sia per la spesa , sia per altre cento difficoltà , ben poche possono godere . La scuola secondaria è infatti frequentata in Italia solo da 1/10 del numero totale delle fanciulle . E vi è un ' altra e più dolorosa confessione da fare . Lo Stato - amo credere ancora e sempre per la terribile tirannia finanziaria - non ha potuto , non ha saputo attirare a sé la fiducia delle famiglie , le quali in gran maggioranza disertano le scuole e gli istituti governativi , inviando le loro figlie ad istituti privati . Nel 1898 le fanciulle che frequentavano le scuole dello Stato erano in tutta Italia 24.335 , e le fanciulle che compivano la loro educazione nei monasteri erano invece 95.404 ! ! ! Vale a dire : più dei 3/4 delle fanciulle italiane sono educate dalle monache ! Lontana da me l ' idea di entrare , a proposito di queste cifre , in una discussione di principii : io rispetto tutte le fedi e tutte le opinioni , e appunto perché sono incrollabilmente ma serenamente fermo nella mia , non ho verso le opinioni degli altri , né quelle furie verbali , né quei despotismi giacobini che credono di essere manifestazioni d ' energia , e non sono talvolta che convulsioni di anime incerte le quali sperano di affogare nella violenza il dubbio che le tormenta . Ma mi sarà permesso di deplorare che lo Stato abbandoni con tanta indifferenza l ' educazione della donna a chi , anche se non guasta per sempre le idee , certo non può dare quel sentimento di italianità e di modernità che pure noi vogliamo insegnare ai maschi nelle scuole governative . Forse è qui il germe di quella dissonanza di convinzioni e di tendenze fra i due sessi che impedisce a questi di aver idee comuni e concordi ; e forse l ' opera educativa più utile sarebbe appunto di togliere questa dissonanza , ristabilire l ' unissono fra l ' uomo e la donna che ora , pur troppo , sentono pensano e quindi agiscono in modo contradditorio ! Lasciando tuttavia questo problema di tanto lontana e difficile soluzione , e limitandomi a parlare dell ' educazione femminile , quale essa è attualmente , io credo che le si possano rivolgere due critiche , due critiche opposte ma che , secondo i casi , saranno riconosciute per vere . Negli istituti femminili , o si studia troppo , o si studia troppo poco . O v ' è cioè , l ' eccesso dello studio serio che uccide l ' allegria e l ' igiene , o v ' è la frivolezza di certi studii fatti più che altro per abbellimento e per .... attirare il marito , frivolezza che corrompe nella fanciulla il carattere e ne diminuisce il senso di dignità . In alcuni istituti s ' insegna sopratutto ciò che serve per far figura , per illudere , per conquistare ; si dà , direi quasi , una polverizzazione di coltura superficiale perché il profumo passeggiero di questa coltura inganni chi si avvicina : non si insegna nulla di ciò che nutre veramente il cervello , di ciò che rinsalda la coscienza , di ciò che prepara alla vita . Da questi istituti escono quelle bambole che suonano e cantano , che civettano e flirtano in tre o quattro lingue , e che la società accoglie sorridendo come i tipi della perfetta educazione , senza chiedersi mai se la fabbricazione non potrebbe essere più accurata o almeno più solida ! Bambole che attraversano la vita facendo più male che bene , facendo spesso molto male con la più tranquilla incoscienza , perché non amano che sé stesse e credono che il mondo sia stato creato unicamente perché esse possano divertirsi .... " Deliziose e terribili piccole belve - così le definisce De Ryons nell ' Ami des femmes - per le quali ci si disonora , ci si rovina , ci si uccide , e di cui l ' unica preoccupazione - in mezzo a questa carneficina - è di vestirsi secondo la moda , alle volte come un ombrello , alle volte come una campana ! " . Quale contrasto fra la figura ambigua di queste donne perfidamente leggere , e il profilo della fanciulla seria che dà tutto il suo giovanile e sincero entusiasmo agli studî , e vuole ottenere da questi non una batteria di seduzioni per accalappiare un marito , ma un patrimonio intellettuale che serva a lei sola ! Eppure , come c ' è l ' esagerazione nel male , c ' è anche l ' esagerazione nel bene ! Non solo in molte ragazze , ma in molti padri di famiglia , nelle madri stesse si è infiltrata oggi ed ha messo radice la convinzione che più si studia , più si ingobbisce sui banchi della scuola col naso nei libri e nei vocabolarii , e meglio è . L ' abuso e l ' eccesso della scuola - non sono io che lo dico , ma è il senatore Angelo Mosso - è come un ' edera fatale che ora si è avvinghiata anche all ' organismo della donna , e ne rattrista l ' esistenza inaridendone le sorgenti della vita . Alle fanciulle noi facciamo imparare l ' estrazione della radice cubica , e neghiamo loro un cortile dove possano correre a prendere una boccata d ' aria , a sgranchirsi le gambe , a non sentire più i gomiti delle compagne nei proprii fianchi ! È il pregiudizio dell ' intellettualità pedante ed anti - igienica che viola le leggi della salute ! È la ribellione , in origine giustissima , contro l ' ignoranza , che arriva a conseguenze esagerate ed illogiche ! Bisogna ristabilir l ' equilibrio fra lo sviluppo del cervello e lo sviluppo delle altre facoltà umane . Bisogna avere per l ' educazione morale quel concetto armonico che i greci avevano per la bellezza fisica . L ' arte antica non si preoccupava , come la nostra , soltanto dell ' ampiezza della fronte pensosa , della piega del labbro ironica , della contrazione della sopracciglia irritata . L ' espressione della bellezza scaturiva allora da tutte le membra , non come oggi dalla testa sola , e tutta la persona umana parlava alla fantasia dell ' artista e del popolo . Ebbene : bisogna applicare questo criterio artistico anche alla vita sociale . Bisogna sviluppare tutte le membra e tutte le facoltà dell ' individuo , non solo il cervello , perché il progresso non è il frutto unico e mostruoso di quella pianta rara che è l ' ingegno , ma è la messe benefica che si raccoglie dall ' umanità quando alla vigoria intellettuale s ' uniscono la salute fisica e la salute morale . Questo pensiero , questa preoccupazione della salute fisica dovrebbe essere dominante nel problema dell ' educazione della donna . Anzitutto perché l ' igiene fisica è anche igiene morale . Là dove , come in Inghilterra , nei grandi parchi attigui alle scuole , le fanciulle alternano le ore di studio con le ore di gioco , esse sentono aleggiare anche intorno alla loro anima quell ' atmosfera ossigenata che è intorno al loro corpo , e come tutto il loro organismo diventa più forte , così i loro discorsi diventan più puri e più sani : non alligna il pettegolezzo sciocco o l ' allusione lubrica che fiorisce invece come muschio all ' ombra umida delle scuole ove le fanciulle siedono immobili per lunghe ore del giorno . Ed è per questo che si accentua , specie all ' estero , un movimento che vorrebbe trasportare , fuori delle fumose e assordanti città , nell ' ambiente verde e tranquillo della campagna le scuole e gli istituti d ' educazione . È per questo che , oltre alle scuole normali ed ai ginnasii e ai licei femminili , dovrebbero sorgere anche fra noi quelle scuole agrarie femminili , di cui or son tre anni si faceva apostolo la più geniale poetessa italiana . Vedendo che malgrado le rigurgitanti scuole normali - dalle quali fra breve uscirà un numero di maestre superiore alle scolare - il problema della disoccupazione femminile restava immutato , Ada Negri si chiedeva : " Perché non tentar d ' aprire , per la donna , anche in Italia , una via di attività più sana e più serena , all ' aria aperta , fra le cose semplici e pure della terra , secondando il suo istinto naturale e il suo sviluppo fisiologico ? Perché non indirizzare verso le scuole agrarie tutte quelle anemiche fanciulle moderne , che ora impoveriscono il loro sangue sui banchi delle scuole cittadine ? " . E la poetessa aveva ragione non solo perché , anche per la donna come per l ' uomo , val più oggi un ' istruzione tecnica e pratica di quelle sapienti inutilità di puro abbellimento che si insegnano in certi collegi , ma aveva ragione sopratutto perché il problema dell ' educazione della donna , a chi guardi lontano , coincide oggi col problema della razza . Se vogliamo che le generazioni future siano fisicamente più sane e quindi moralmente più equilibrate di questa nostra generazione ove i nervi sono i terribili despoti del nostro organismo , e la nevrastenia è , più che un ' eccezione morbosa , la triste regola generale , bisognerà pure che noi pensiamo ad educare la donna in modo ch ' essa possa trasmettere ai suoi figli un sangue purificato dall ' ossigeno dell ' aria libera e dal fresco e sano odor della terra . Pur troppo se la nostra iniziativa latina è feconda in opere di beneficenza , è quasi sterile nelle opere di prevenzione . Noi abbiamo lagrime e danari per tutte le malattie e per tutte le colpe umane . Vecchi , ammalati , pazzi , ciechi , sordomuti , deficienti , rachitici , scrofolosi , tubercolosi , delinquenti , ogni piaga fisica e morale è classificata e curata in questo immenso ospedale che è il mondo . La nostra pietà postuma è grande quasi quanto la nostra miseria ! Ma noi non abbiamo che assai raramente danari e pensieri per prevenire tutti questi mali e tutti questi dolori ! Noi non riflettiamo che , se si sapesse educare , molte di queste miserie scomparirebbero e tutte diminuirebbero . Diminuirebbero , sopratutto , se alla donna , oltre a un ' educazione religiosa , oltre a un ' educazione mondana , oltre a un ' educazione scientifica , si desse un ' educazione sociale . Aprire il suo cervello ai problemi maggiori che agitano la mente dell ' uomo , in modo che essa possa essere non solo la sua compagna che lo comprende , ma la sua coscienza che lo guida : aprire anche il suo sentimento affinché ella impari - nell ' età in cui è facile imparare le cose buone e generose - che il suo destino e la sua missione non si chiudono nella mediocrità del benessere egoista , ma devono spaziare più lontano e più in alto . Senza dubbio , il primo dovere d ' una donna è di creare la felicità intorno a sé , nella sua famiglia : crearla coll ' onestà , mantenerla colla dolcezza : ma questo dovere non basta : la donna deve andare più oltre . Essa deve integrare coi fatti , coll ' esempio , quanto v ' è di puro nel socialismo : essa deve compiere , non per un impulso di pietà inconscia come una volta , non per una moda o per uno sport come oggi , ma per un dovere cosciente , quasi come un ufficio specifico della femminilità , quell ' opera di aiuto , di conforto materiale e morale che , oltrepassando l ' orizzonte famigliare , si rivolge ai dolori e alle ingiustizie che non ci toccano da vicino . Di fianco all ' uomo che combatte , essa deve essere la fata che ingentilisce ed attenua le fatali conseguenze della lotta : essa deve socializzare le anime per avvicinare gli uomini , - opera più degna che socializzare la proprietà per sopprimere le classi . LA DONNA e il problema dell ' educazione . Le donne esercitano una così grande influenza sugli uomini , che sono esse che determinano il loro carattere . PLATONE . Il problema femminile sul quale tanto e forse troppo si discute , ha questo di particolare : che ha schierato , pro e contro le rivendicazioni della donna , gli uomini in una strana confusione , quasi essi avessero portato nel decidersi , non le ragioni calme e spassionate dell ' osservatore imparziale , ma le impressioni fuggevoli ed egoiste della propria esperienza . La logica infatti vi dice che tutti i novatori dovrebbero difendere la completa ed assoluta emancipazione della donna , e che tutti i conservatori dovrebbero , dal canto loro , avversare questo movimento di emancipazione . Viceversa , voi trovate - con sorpresa - dei novatori e dei socialisti che sono antifeministi , e dei conservatori e dei reazionarii che sono feministi . Vicino ad Achille Loria , anima rigida di socialista scienziato , il quale proclama l ' eguaglianza della donna e dell ' uomo e vuole per la prima diritti identici a quelli del secondo , ecco Cesare Lombroso , un altro scienziato socialista , il quale dichiara la donna assolutamente inferiore all ' uomo e le nega perciò eguali diritti . Vicino a Ferdinando Brunetière che , anche nella questione femminile , volle farsi paladino di ciò che è vecchio e tradizionale e sostenne quindi che la donna dovesse rimanere una minorenne perpetua , ecco Edoardo Rod , un romanziere cui certo non si possono rimproverare teorie sovversive , il quale , come un eterodosso , chiede per la donna diritti identici a quelli dell ' uomo . Da che dipende questo vario , strano ed illogico aggrupparsi degli uomini intorno al problema del feminismo ? Dipende forse dal soggetto stesso della disputa , e dovremmo noi riconoscere che la donna - come ci fa spesso nella vita dimenticare le nostre idee più salde rendendoci illogici verso noi stessi - abbia , anche nel campo della teoria , il supremo potere di piegare alla contraddizione la lama inflessibile del pensiero scientifico ? Chi sa dire se nell ' antifeminismo degli uni non v ' è , come lievito inconscio , il rancore di amori infelici , e nel feminismo degli altri il ricordo indulgente di dolcezze passate ? Certo , se è sempre difficile in ogni questione l ' astrarre dalla propria persona e dai casi della propria vita , è difficilissimo nel problema femminile , dove mal si scorge la linea sottile che separa il pensiero dal sentimento , e dove noi portiamo - senza saperlo e senza volerlo - quel cumulo di odî o di amori , di speranze o di gelosie , di generosi ideali o di ambizioni egoiste , che la donna , eterna animatrice , suscita nella nostra esistenza . Forse ogni uomo , se vuol esser sincero , dovrà confessare che quante volte avrà discusso di feminismo , sostenendo per la donna ampia partecipazione alla vita pubblica , libertà di adire tutte le professioni e godimento di tutti i diritti fino al diritto di voto politico , gli sarà passata dinanzi agli occhi della mente - come un dolce fantasma contradditore - la figura della sua donna , della donna che egli deve amare sopra tutto e sopra tutti , e l ' istinto atavico dell ' egoismo maschile , che vuol mantener chiuso nello scrigno della famiglia il gioiello prezioso , sarà risorto in lui per lottare contro il libero convincimento dell ' uomo moderno che sente di dover permettere che almeno i raggi di luce di quel gioiello vadano ad illuminare gli altri , e che sa di non poter rendere schiava un ' anima che ha anch ' essa diritto alla vita multipla e complessa del mondo moderno . Ma - al di fuori di queste ragioni sentimentali - io credo che la contraddizione a cui ho accennato e per la quale uomini di idee e di partiti opposti si trovan fra loro d ' accordo sia nel combattere sia nel favorire il movimento feminista , dipenda da un motivo più generale , più profondo e di importanza ben più sostanziale . Dipende , secondo me , dal fatto che il problema femminile è stato mal posto . Finora si è creduto che la base , quasi direi la piattaforma su cui si doveva erigere la disputa consistesse in questa domanda : è la donna inferiore o superiore all ' uomo ? Domanda che a tutta prima sembra afferrare il problema nelle tanaglie di un dilemma cui non è dato sfuggire , e che viceversa è una domanda inutile e sbagliata . In psicologia e in sociologia non valgono le leggi rigide dell ' aritmetica : e se è vero che un dato numero deve essere necessariamente o inferiore o superiore ad un altro , non è altrettanto vero che un dato organismo deva anch ' esso essere o superiore o inferiore ad un altro : può essere semplicemente diverso . Un medico cui si chiedesse se per vivere è più importante la respirazione o la nutrizione , risponderebbe che entrambe sono egualmente importanti e necessarie . E non potrebbe istituire fra loro un paragone per decidere il più o il meno dell ' importanza reciproca , giacché la necessità assoluta della vita non ammette queste distinzioni materiali di grado . Così è del nostro problema . La donna non è né superiore né inferiore all ' uomo : è diversa . Diversa e imparagonabile ed ugualmente necessaria , giacché l ' uomo e la donna sono i due atomi che formano la molecola della vita sociale , senza uno dei quali la vita non è . E da questa differenza - profonda psicologicamente come fisiologicamente - non nasce soltanto quel delirio adorabile che si chiama l ' amore , ma scaturiscono altresì limpide tutte le ragioni per cui la donna deve avere diritti non eguali all ' uomo , ma equivalenti . Non eguali , perché è diversa ; non minori perché non è inferiore ; ma equivalenti perché il suo posto nel mondo è per legge di natura all ' identica altezza di quello dell ' uomo . Se il nostro problema fosse stato posto così - sulla base cioè di una disuguaglianza tra i due sessi che non implica né superiorità né inferiorità - noi non avremmo avuto , riguardo al feminismo , né le esagerazioni pessimiste di certi scienziati , né le esagerazioni ottimiste di coloro che , per natural reazione , vorrebbero far credere che la donna ha tutte le attitudini sociali dell ' uomo e in identico grado . Vedete , per esempio . I fisiologi hanno trovato nei tessuti della donna , nei globuli del suo sangue , nel processo evolutivo del suo cervello , la prova ch ' essa è fisicamente meno sviluppata dell ' uomo . E gli psicologi , analizzandone l ' intelligenza e la sensibilità , hanno paragonato la donna ad un adulto con le passioni d ' un bambino , e l ' hanno definita , come il bambino , una spugna educabile . Da queste constatazioni - che io per il primo riconosco vere in gran parte - alcuni scienziati , polarizzati nell ' idea di istituire un confronto aritmetico fra i due sessi , e sopratutto il pubblico dei profani che ha la triste prerogativa di rendere antipatica la scienza interpretandola male - hanno tratto la conseguenza che la donna è inferiore all ' uomo . Ma io vi domando : forse che la missione della donna nel mondo è uguale a quella dell ' uomo ? e poiché non lo è , vi sembra logico allora il pretendere - sotto pena di bollarla col marchio dell ' inferiorità - che la donna la quale ha una missione diversa abbia identiche qualità fisiche e morali dell ' uomo ? o non è semplicemente assurdo l ' esigere che chi deve compiere funzioni diverse abbia eguali attitudini ? Questo equivoco che è causa dell ' opinione illogica degli anti - feministi , è causa altresì dell ' opinione esagerata dei feministi . Costoro voglion la donna eguale all ' uomo , come quelli la vogliono inferiore , perché nessuno s ' adatta a riconoscerla diversa e imparagonabile . E l ' eguaglianza fanno consistere non solo nella conquista che io reputo legittima di diritti giuridici e politici , ma anche nel voler imporre socialmente una sola morale per i due sessi . Due feministi illustri , nella loro manìa di voler identificare i diritti della donna e dell ' uomo anche di fronte all ' amore , sono giunti a due conseguenze estreme ed opposte che potrebbero esse sole dare la prova degli assurdi cui si arriva quando ci si lascia guidare , non dall ' esame sereno della realtà , ma dalla passione e da un preconcetto . Jules Bois , il letterato francese che ama avvolgere la sue idee sociali nelle nebbie del misticismo e dello spiritismo , pretende nientemeno dai maschi quella castità pre - matrimoniale che si esige dalle fanciulle , giacché - egli dice - l ' uomo e la donna devono arrivare al matrimonio in identiche condizioni ; e viceversa Giacomo Novicow , il sociologo russo profondo ed ardito , vorrebbe accordare alle fanciulle la stessa libertà che hanno gli uomini , e predica nel suo libro : La redenzione della donna nientemeno che l ' abolizione del matrimonio , e il pieno assoluto diritto per l ' uomo e per la donna di unirsi quando vogliono e appena che lo vogliono , senza alcuna formalità , e salvo a mutar legame cogli anni o coi mesi , o col periodo di tempo ancora più breve che il fato assegna ai capricci d ' amore . Io non discuto qui queste due opinioni : io mi limito a constatare , come un fenomeno abbastanza significativo , che in nome di uno stesso principio - il feminismo - si giunge da un lato alla castità forzata , dall ' altro lato all ' amore libero ; e mi permetto di osservare che mentre la passione trascina ad idee estreme ed assurde gli apostoli del feminismo , perduti dietro il miraggio di un paragone matematico fra i due sessi che è assolutamente impossibile , ben pochi hanno visto ciò che vi ha di veramente superiore e sublime nella donna , la madre ; ben pochi hanno sentito che a questa sua funzione socialmente sacra - che spiega anche tutte le diversità psicologiche dei due sessi - bisogna ricondurre non solo le cure e gli omaggi , di cui noi uomini siamo generosi perché ci costano poco , ma anche i diritti della donna , che noi siamo lenti ed avari nel riconoscere perché costerebbero molto al nostro egoismo maschile . E il primo diritto della donna , quello che è sancito dalla stessa legge di natura perché prolunga moralmente la funzione fisiologica della maternità , è il diritto all ' educazione dei figli . Come adempiono oggi le donne a questo diritto , che dovrebbe nobilitarsi in esse e diventare un sacrosanto dovere ? Che facciamo noi uomini per lasciar esercitare questo diritto alle nostre mogli , per renderle sopratutto coscienti e degne d ' esercitarlo ? Non vi pare che dinanzi a questo pauroso problema che tiene racchiuso in germe l ' avvenire della società , impallidiscano come questioni secondarie tutte le altre rivendicazioni giuridiche o politiche che la donna pretende ? Senza dubbio - ed io sono lieto di dichiararlo altamente - per le donne che non vogliono o non possono formarsi una famiglia , per le donne che , pur avendo una famiglia , posseggono cuore , ingegno e mezzi materiali per diffondere su più vasto campo la loro attività , esistono oggi e devono essere libere ed aperte altre vie , feconde di bene , su cui se splende meno intenso il raggio del sentimento intimo , brilla forse più viva la luce d ' un altruismo cosciente . Ma , pur dando tutta la mia ammirazione alle donne che si dedicano alla risoluzione di problemi e alla cura di piaghe sociali , e che lottano coraggiosamente per la loro indipendenza morale ed economica , ancora così indegnamente conculcata , io non credo si possa negare che la prima funzione - perché la più normale - della donna sia quella che si svolge nel cerchio della famiglia : cerchio ristretto e meschino secondo alcuni , e che nondimeno costituisce il nucleo da cui si irradiano tutte le energie sociali , il propulsore spesso ignorato e trascurato che , per mezzo dell ' educazione , dà forza ed anima a tutte le forme della vita civile . Alla mente degli uomini di governo il problema dell ' educazione si presenta per necessità sotto la forma unica della scuola : è debito riconoscere che vi hanno provveduto in parte , ed è bene sperare vi provvedano sempre più , quantunque la scuola sia ancora la cenerentola delle istituzioni sociali ; ma bisogna dir alto e forte che la scuola , non solo ha una missione più istruttiva che educatrice , ma altresì ch ' essa è l ' ambiente secondario in cui il fanciullo si forma e diventa uomo . L ' ambiente primo e più importante è la famiglia : e il maestro di scuola potrà ben poco sul cervello e sul cuore dei fanciulli se non lo aiuta e quasi direi non gli prepara il terreno la madre . Orbene , chiediamoci qual è oggi l ' influenza della famiglia , esaminiamo che cosa dovrebbe fare , e che cosa in realtà può fare la madre per l ' educazione dei figli . * Uno dei fenomeni più gravi e più strani che si verifica specialmente nelle classi colte , ma che non manca neppure nelle classi inferiori , è la disarmonia , lo squilibrio intellettuale fra il marito e la moglie . Si direbbe che quella disuguaglianza fra i due sessi ch ' io ho constatata e che costituisce il segreto e il fascino della vita , sia stata ad arte e patologicamente esagerata fino a costituire un difetto e un pericolo . Nelle nostre classi superiori il matrimonio , se è sempre un organismo fisiologico , se è talvolta anche un organismo psicologico ( quando gli sposi si amano e realizzano l ' ipotesi poetica di formar due corpi in un ' anima sola ) non è quasi mai , o ben raramente , un vero e proprio organismo intellettuale , giacché le idee tanto religiose quanto politiche quanto generali sull ' educazione , sono spesso diverse ed opposte fra il marito e la moglie . Guardiamoci attorno , e togliendoci almeno per un minuto quella patina di gesuitismo con cui ricopriamo per amore del quieto vivere i nostri discorsi , confessiamo che nelle nostre famiglie manca spesso l ' unità intellettuale , l ' accordo intimo assoluto sincero di idealità e di fede tra marito e moglie , confessiamo che i genitori danno talvolta dinanzi ai figli lo spettacolo deleterio di discussioni sui principii fondamentali della morale e della vita , o ( ciò che è forse peggio ) si chiudono in un silenzio prudente che dice la paura di discutere quei problemi perché v ' è la certezza preventiva di non trovarsi all ' unissono , silenzio terribile ed eloquente che il bambino intuisce ed interpreta coll ' inconscia lucidità dell ' anima vergine , restandone turbato , e divinando l ' incertezza , il dubbio , la contraddizione che lo accompagneranno più tardi dalla famiglia nella scuola e dalla scuola nella vita . Ecco dunque il primo vizio dell ' educazione : la base mal sicura o contradditoria delle credenze dei genitori , il dissidio silenzioso tra le loro opinioni . Come possono i figli - in questa nebbia intellettuale che li circonda e che è squarciata ogni tanto dai lampi rivelatori di una disputa - formarsi una fede ed una coscienza ? E come potremo noi lagnarci che la gioventù cresca incerta , scettica e pessimista , se nella famiglia ha trovato , invece che la guida sicura di principii affermati di comune accordo dal padre e dalla madre , un dualismo di indirizzo più o meno apparente ? A comporre - almeno in parte - questo dualismo , si segue in generale questo sistema : il marito lascia sulle prime alla moglie l ' educazione dei figli , le permette cioè di istillar loro le nozioni e le pratiche della sua fede e dei suoi principii , abdica insomma , non so se per noncuranza o per desiderio di pace , alla sua autorità , e si consola e si tranquillizza pensando con filosofia fatalista che più tardi i figli muteranno d ' idee e diverranno quel che è divenuto egli stesso . E i figli mutano infatti , sotto l ' influenza dei compagni , sotto gli sprazzi di luce dell ' istruzione , sotto l ' aculeo continuo della vita che fa svanire a poco a poco le dolci primitive illusioni , le ingenue credenze infantili . Ma , senza notare che è faticoso ed illogico il lasciare che i fanciulli si nutrano da principio di idee che dovranno più tardi rinnegare , io mi domando se non v ' è in questo sistema un pericolo . Un pericolo grave , perché a torto si crede che le prime idee istillate nei bambini possano per sempre seppellirsi come cose morte nel cervello e nel cuore dell ' uomo . Esse hanno un potere di resurrezione che sembra miracoloso , e che non è se non la conseguenza d ' una legge fisiologica . Noi possiamo perdere la memoria di fatti recenti , o non più sentire l ' influenza di recenti suggestioni intellettuali , ma noi non perdiamo mai il ricordo di fatti , l ' influenza di idee lontane . Falstaff , mentre spira a Londra in una taverna dopo una vita dissoluta , parla dei verdi campi e rivede il paesaggio dove visse bambino . E questo ritorno della mente d ' un moribondo ai fatti più lontani dell ' esistenza non è un artificio poetico , né un ' abile invenzione sentimentale : è l ' intuizione del genio di Shakespeare che , precorrendo la scienza come avviene agli artisti grandissimi , scolpiva in un episodio drammatico la verità che alcuni secoli dopo il Ribot doveva formulare scientificamente così : le idee nate per ultime sono le prime a degenerare : le sensazioni invece che colpirono il nostro organismo infantile non muoiono mai , ma sulla fine della vita ritornano . Gli è in forza di questa legge che il sistema d ' educazione generalmente adottato diventa pericoloso : gli è in forza di questa legge che noi assistiamo spesso a quelli che il Sergi chiamava tramonti cerebrali , alla riapparizione cioè e alla tirannia , nell ' uomo adulto , delle idee che hanno formato la base delle prime abitudini mentali nell ' infanzia e nella gioventù , e che un ' osservazione superficiale credeva morte per sempre . Le mie parole non devono essere intese come un ' allusione larvata al disprezzo di alcune idee o all ' elogio di altre : io mi spoglio per un momento della mia qualità di modesto positivista , io cerco di elevarmi al di sopra di tutte le passioni e di tutti i partiti intellettuali , e parlo non in nome di una dottrina - che per quanto sinceramente professata può essere erronea - ma in nome dell ' educazione del carattere , la più degna di cure e viceversa pur troppo la più trascurata . Date ai vostri figli la fede e l ' ideale che più vi piace : - qualunque opinione ha diritto al rispetto ed è una forza attiva nel mondo pur che sia onestamente sentita e non venduta ai dominatori o all ' interesse di far carriera - ma non date loro il dubbio , non inquinate l ' acqua limpida e pura dell ' entusiasmo infantile coi furbi veleni del calcolo , sperando , o di ipotecare per sempre il bambino alle suggestioni della prima infanzia , o fidando ch ' egli le perderà lungo la scettica via dell ' esperienza . Entrambe queste speranze - qualunque sia la realizzata - avranno una conseguenza dolorosa : esse impediranno la formazione del carattere , non solo per l ' esempio di mutabilità e di contraddizione ch ' esse danno , ma anche perché , se è sempre difficile rifare l ' educazione , quest ' educazione rifatta diventa anche inutile quando nella vecchiaia , indebolito il cervello , si cade nella miseria del fatale tramonto . * Un ' unità di indirizzo , un ambiente fermo di principii , - ecco dunque ciò che sopratutto occorre al bambino perché l ' anima sua si svolga in modo libero e degno . Non è qui il caso di dire come quest ' unità dovrebbe esser creata , con quali mezzi cioè la famiglia - dallo stato incerto e contradditorio che oggi ci presenta - potrebbe elevarsi alla dignità di un tutto organico , di un ambiente uniforme . Io mi contento di constatare che per molti segni noi possiamo legittimamente sperare in una evoluzione progressiva della donna , che la avvicini sempre più alla scienza e alla vita , e la renda , al pari dell ' uomo , conscia e partecipe di quel moderno movimento sociale che ormai d ' ogni parte ci avvolge e ci si impone . E augurando che quest ' unissono famigliare divenga presto una realtà , io mi permetto di credere che a completarlo - a renderlo cioè fecondo pei figli - gioverebbe il ritardare in un certo senso e entro certi limiti l ' invio del bambino alla scuola . Io parlo qui specialmente per quelle famiglie che avendo un relativo benessere e almeno la sicurezza della vita quotidiana , permettono che le madri dedichino un po ' di tempo ai figli : non oserei , pur troppo , parlare anche a quella folla di famiglie proletarie , in cui la donna è , come l ' uomo e peggio dell ' uomo , schiava d ' un lavoro che la snerva , la abbrutisce e la costringe a trascurare i suoi bambini , affidandoli il più presto possibile alla scuola . Per queste dolci e rassegnate vittime del lavoro , non v ' è che la speranza lontana che una maggiore giustizia nel mondo arrivi a redimerle ! Noi dobbiamo tendere più allo sviluppo morale che allo sviluppo intellettuale del fanciullo : noi dobbiamo cercare di formar in lui la coscienza prima che la coltura . La pianta - uomo , come le altre piante , ha bisogno per crescere forte e salda , di restare qualche tempo nel terreno dove è nata . Il trapiantarla finch ' essa è molto giovane , significa spesso intralciare coscientemente il suo sviluppo . E il nuovo ambiente della scuola , se viene a sovrapporsi troppo presto all ' ambiente della famiglia , può essere talvolta una causa di turbamento , anziché , come si crede , una ragione di progresso e di elevazione . Per una madre che sta morendo il dolore più acuto è senza dubbio il pensiero di dover abbandonare il suo bambino , di doverlo lasciare alle cure di altri , talvolta di persone estranee ed ignote . Eppure , quante madri ricche s ' affrettano volontariamente a distaccarsi dal loro bambino inviandolo troppo presto alla scuola , mescolandolo , prima che ve ne sia bisogno , ad un ambiente che gli è sconosciuto . È vero però ch ' esse sentono in fondo quanto c ' è di poco naturale in questo sistema , giacché pur ripetendosi che la scuola è la strada necessaria alla vita , e pur sognando con la preveggenza dell ' affetto materno le corone della gloria sopra le piccole teste bionde , esse non isfuggono ad un vivo dolore quando il primo giorno di scuola , il giorno della separazione è venuto . Certo quel dolore passa : il piccolo scolaro s ' abitua alla scuola come il piccolo orfano s ' abitua al nuovo ambiente ; ma quel dolore è il sintomo ed il trionfo del buon senso materno che intuisce il dovere e il potere della famiglia . Lasciamo vivere i nostri figli fra noi e con noi ! lasciamoli formarsi fisicamente e moralmente prima di costringerli a imbottirsi di cognizioni ! Questi primi anni di vita intima , vissuti in un ' atmosfera calda d ' affetto , saranno non solo un vantaggio per il bambino , ma anche per la madre . Nessun maestro ha così lucida la visione del modo con cui si debba educare un fanciullo , come la madre , perché la donna intuisce per istinto i temperamenti e può dosare - permetettemi la parola - i premii e i castighi , le parole e gli atti a seconda della necessità . Anche se un maestro avesse questa squisita acuità femminile , anche s ' egli possedesse la facoltà che è specifica nella donna , di leggere a fondo nell ' anima , di strappare da un semplice sguardo , da un movimento , da una risposta , il segreto della psiche infantile , come potrebbe egli fare buon uso di queste sue facoltà in una scuola dove sono venti o quaranta bambini , educando ognuno diversamente ? E noi lo vediamo qual sorte hanno alla scuola i bambini più difficili da educarsi , i bambini tardi , timidi , chiusi , che paion negati alla gioia e alla vita . Essi sono generalmente lasciati in disparte , odiati , maltrattati forse dagli altri . Nella famiglia invece , senza il confronto umiliante dei compagni , senza la severità fredda ed insofferente del maestro , ma sotto le cure materne che li avvolgono al pari di una carezza , essi potranno rinascere come rifiorisce un virgulto debole e isterilito se una mano pietosa e affettuosa ne prende cura e lo espone al sole e all ' aria che danno la vita ! Ma - io dicevo - questa prima educazione materna gioverà non solo al figlio , ma anche alla madre . Per la donna infatti occuparsi del suo bambino , significa lavorare al suo stesso miglioramento . Oh per le poche cose che noi insegniamo ai bambini , quante essi ne possono insegnare a noi , se li sappiamo studiare e comprendere ! e come è vero che mentre noi cerchiamo di educarli , sono essi che inconsciamente migliorano ed elevano noi , se le nostre cure sono materiate d ' affetto ! Nel mondo dei ricchi e dei colti le signore hanno tante ore oziose , conducono una vita fittizia che le stanca e le annoia , eppure qualcuna non sente , non s ' accorge d ' avere al suo fianco un ' occupazione buona e forte che la salverebbe .... e non dalla noia soltanto ! Vede intorno a sé che tutto si trasforma e si muta , e non intende che bisognerebbe anche mutare qualche abitudine ; lascia che la sua vita continui ad essere determinata dalla routine del costume e non ha il coraggio di ribellarvisi , dedicandosi , anziché alle frivolità della vita mondana , a un pensiero profondo , a una fede che si incarnerebbe in un ' opera importante : l ' educazione dei figli . E scusa sé stessa , - poiché il rimorso le parla forse dal fondo della coscienza , - dicendosi che è tanto occupata dei suoi doveri mondani che non ha nemmeno un ' ora di tempo libero . Quanta ironica verità in queste parole ! Certo , solo le persone molto occupate e degnamente occupate trovano il tempo per occuparsi ancora di altre cose . Chi non fa nulla di degno , non ha mai tempo per nulla ! Ma poi che cosa occorre perché la madre compia veramente il suo dovere verso i suoi figli ? Non certo il sacrificio di molte ore per insegnamenti speciali , che non tutte le madri possono dare , e ai quali , del resto , può provvedere il maestro . Occorre soltanto che nella madre sia sempre vivo ed all ' erta il sentimento della sua missione , che la sua cura sia rivolta non soltanto a sorvegliare i figli , ma sopratutto a sorvegliare sé stessa , occorre ch ' essa li guidi e li formi coll ' esempio di ogni giorno , non colle parole pronunciate ogni tanto . L ' educazione non è che una catena ininterrotta di suggestioni ; e sbaglia molto chi crede che basti o sopra ogni altra cosa importi , insegnar delle massime di morale o affermar verbalmente dei principii . Queste massime e questi principii scivoleranno sullo specchio dell ' anima infantile senza lasciar traccia , se non saranno confortati dall ' esempio quotidiano , che solo ha il potere di incidere impressioni durevoli nella mente e nel cuore del bambino . Ed è perciò che non vale predicare il dovere d ' esser sinceri e l ' odio contro la menzogna , se noi stessi , come purtroppo avviene spesso , siamo poco franchi nelle nostre azioni , ambigui nei nostri discorsi , se la nostra occupazione più frequente e più gradita è la maldicenza a riguardo di tutti e specialmente dei nostri amici . La sincerità deve essere inoculata coi fatti , non colle parole : ed è di sincerità che noi tutti oggi abbiamo bisogno , poiché essa è l ' igiene dell ' anima . Non mentire mai al bambino : essere semplici e veri dinanzi a lui : non nascondergli la nostra ignoranza se una sua domanda ci imbarazza : non credere di dover mantenere la nostra dignità insistendo in una nostra opinione , se per caso ci siamo sbagliati o abbiamo oltrepassato la giusta misura . La sincerità è un ' arma sicura : il fanciullo s ' abitua a veder limpido dentro di noi , e più tardi egli diventerà un uomo , a patto che noi abbiamo cercato d ' essere degli uomini di fronte a lui . Se l ' abitudine della sincerità è l ' igiene dell ' anima , l ' abitudine del lavoro - del lavoro manuale - costituisce anche per chi non vi è obbligato dalla necessità , l ' igiene del corpo . In teoria noi stimiamo molto il lavoro , ma in pratica noi stimiamo ancor più le classi sociali che possono darsi il lusso di farne a meno , e lo disprezzano quindi implicitamente . Come nelle classi elevate il sogno lontano per l ' avvenire dei figli è ch ' essi divengano dei laureati e degli intellettuali , anziché degli uomini che nella vita dell ' officina , dei commerci e dei campi si siano formati a costo di sacrifici una coscienza e a costo di energia una posizione , così la preoccupazione vicina per l ' educazione dei figli è ch ' essi imparino le lingue anziché un mestiere , e maneggino la penna più presto che la zappa o la pialla . Noi non abbiamo ancora inteso , come intesero gli Anglosassoni , tutta la feconda influenza non solo fisica ma anche morale che l ' abitudine del lavoro può avere sul bambino ; e mentre crediamo nostro dovere insegnargli il più presto possibile a leggere e a scrivere , ci sembrerebbe di umiliarlo e di umiliarci l ' insegnargli a compiere da sé stesso alcuni uffici umili , ad adoperare le sue qualità fisiche , oltre che le sue qualità morali , ad essere insomma pratico nella vita e non soltanto teorico . Eppure , insegnato da principio , il lavoro è una distrazione : alternato collo studio è un divertimento ; e il fanciullo intanto s ' abitua a non disprezzarlo ma ad amarlo , perché esso gli dà quell ' allegria sana , quella soddisfazione di sé che proviene dal sentimento di bastare a sé stesso , di non aver bisogno per la più piccola fatica o per il più piccolo inconveniente materiale di ricorrere ad altri . Quando il fanciullo avrà presa quest ' abitudine del lavoro , quando nella famiglia egli avrà imparato ad esser franco , e l ' animo suo si sarà temprato alla verità , alla semplicità e alla praticità , che sono le condizioni prime d ' una vita utile e degna , allora soltanto l ' influenza della scuola potrà essere salutare , sviluppando e migliorando la psiche infantile senza il pericolo che la affatichi o la turbi . E dalla scuola non si dovranno attendere soltanto dei risultati che attestino i progressi intellettuali , ma sopratutto dei risultati che sian la prova di progressi morali . È stata scolpita molto bene la differenza che intercede fra l ' educazione latina e l ' educazione inglese e americana , dicendo che mentre presso di noi un maestro crede d ' aver raggiunto l ' apice della sua missione quando può dire ai genitori d ' uno scolaro : " vostro figlio è docile , ubbidiente e impara tutto ciò ch ' io gli insegno " , presso gli Anglosassoni invece un maestro mette il suo orgoglio nel poter dire ai genitori d ' un fanciullo : " vostro figlio dà sempre più prova di formarsi un ' individualità : ha le sue preferenze negli studii , dimostra di voler essere e di saper essere qualcuno " . Noi tendiamo insomma all ' uniformità grigia , alla beata mediocrità , alla formazione del gregge docile che seguirà senza ribellioni il pastore : gli altri tendono all ' individualità insofferente ma promettitrice di feconde energie , alla formazione di un popolo libero e sciolto che non s ' acqueterà negli stagni degli impieghi , ma navigherà ardito il mare tempestoso della lotta per l ' esistenza . E non v ' ha dubbio che questo secondo sistema d ' educazione sia il migliore , sopratutto oggi , quando ciò che più manca e più è necessario è il carattere . La coltura e l ' ingegno non ci fanno per fortuna difetto : è la merce di cui siamo più ricchi e che esportiamo con migliore successo . È il carattere che ci manca per risollevarci moralmente e politicamente a quel posto , cui il nostro passato ci dà il diritto di tendere , e che conquisteremo , malgrado le denigrazioni degli scettici e i rancori degli invidiosi . La malattia grave dell ' epoca nostra , quella che ha caratterizzato vergognosamente la fine del secolo scorso e si prolunga sull ' alba del nostro , non è già che vi siano troppi uomini immorali e perversi - ve ne son sempre stati ! - è che vi siano troppi individui che non hanno una coscienza formata e che quindi sono in balìa delle suggestioni dell ' ambiente . La nostra società muore per la debolezza e l ' incertezza morale dei suoi figli , per l ' abulìa della volontà . Noi non abbiamo quasi più - e la politica ne è l ' indice eloquente - di quegli uomini che Balzac chiamava uomini - quercia e ch ' eran la gloria d ' un tempo : noi abbiamo troppi uomini - arbusti che si piegano dalla parte d ' onde spira il vento . Certo è la civiltà che ci ha ridotto in questa deplorevole condizione : la nostra vita troppo intensamente vissuta , e le tentazioni troppo numerose di questa stessa civiltà esercitano di continuo sulla nostra debolezza nervosa una triste opera di degenerazione . Ma il nostro dovere è di reagire ; e come i medici quando non possono togliere un individuo dall ' ambiente malsano , cercano di neutralizzarne gli effetti fortificando per mezzo dell ' igiene l ' organismo individuale , così noi , pur riconoscendo i pericoli dell ' epoca nostra , dobbiamo cercare di neutralizzarne gli effetti fortificando il nostro carattere coll ' igiene morale ed intellettuale . Quando nel bambino si è cercato di formare un carattere , quando si è bene scolpito nella creta della natura umana il profilo d ' un uomo onesto , state pur sicuri che le tempeste della vita potranno forse far piegare talvolta quest ' uomo , ma egli rialzerà subito la fronte , come l ' albero saldo che , passato l ' uragano , raddrizza verso il cielo la sua cima orgogliosa . Ora , quest ' opera necessaria e suprema della formazione del carattere , deve essere lo scopo più importante dell ' educazione . La scuola e la vita servono a dirigere verso un ideale o verso un altro le tendenze individuali , a canalizzare , se posso dir così , la sorgente viva dell ' entusiasmo giovanile che altrimenti si sperderebbe negli infiniti rigagnoli di desideri e di sogni infiniti . Ma è la famiglia che crea la potenzialità di questo entusiasmo : è la famiglia che formando solidamente il carattere nel fanciullo , lo rende capace di servire più tardi con sincerità e con fervore quella qualsiasi idea che lo avrà convinto ed appassionato . Degli uomini che credano in quello che dicono , che cerchino di realizzare quello in cui credono , degli uomini la cui vita sia una fede operata , - ecco ciò che occorre all ' epoca nostra , ed ecco ciò che un ' educazione sapiente potrebbe darle . E il compito altissimo è sopratutto affidato alle donne perché le donne sono non solo il sorriso ed il premio della nostra esistenza , ma sono anche , e devono essere , le nostre educatrici e le nostre animatrici . Qualunque cosa una nazione sia - ha detto un filosofo - essa è dovuta principalmente alle madri di questa nazione . La verità di tale sentenza fu suggellata all ' epoca del nostro risorgimento , quando ogni martire ed ogni eroe testimoniava col sacrificio della sua vita della fede patriottica che il labbro materno gli aveva istillato : io mi auguro che la verità di questa sentenza sia novellamente suggellata dalla generazione futura , la quale , per merito delle donne che sapranno educarla , porterà nella vita sociale ciò che oggi vi è molto raro : una coscienza secura che creda e non pieghi , un carattere che sdegnando i furbi accomodamenti che fanno arrivar le persone , lavori soltanto al trionfo pacifico delle idee . PER I NOSTRI FIGLI . "....on se demaude où mènent les fastidieuses études classiques qu ' on impose à la jeune bourgeoisie : elles mènent au café . " MAURICE BARRÈS . Les Déracinés . Vi sono - verso l ' infanzia - due grandi categorie di doveri : l ' una riguarda tutti quei provvedimenti di beneficenza di assistenza di prevenzione che noi ci studiamo di moltiplicare a vantaggio dei bambini degli altri , dei bambini infelici , siano essi vittime del delitto o delinquenti essi stessi , sieno miserabili o vagabondi , ammalati o degenerati : l ' altra categoria riguarda tutto ciò che noi potremmo e dovremmo fare per i nostri bambini , per i bambini felici , per coloro cioè cui non manca , nascendo , nessuna delle condizioni necessarie alla vita , e che chiedono a noi soltanto sapienza e pazienza di educazione per affacciarsi nel mondo sani fidenti agguerriti . Orbene , di questi due lati opposti sotto cui si presenta il grave problema dell ' infanzia , parmi che il primo sia più studiato oggi che non il secondo , parmi che al primo si consacrino oggi le nostre maggiori e migliori energie . Si direbbe che noi abbiamo dato ascolto ai lamenti che ci venivano dalla strada , piuttosto che alle piccole voci della nostra casa : si direbbe che noi abbiamo sentito , in un magnifico slancio di altruismo , i nostri doveri verso la società , oltre e forse più che i nostri doveri verso la famiglia . Era giusto , del resto , ed era fatale che avvenisse così . Troppo lungo era stato il periodo della noncuranza sdegnosa verso i piccoli sventurati che soffrivano in silenzio o s ' incamminavano inconsci per la triste via della degenerazione , troppo timidi ed empirici erano stati i tentativi dell ' antica beneficenza quasi tutta rivolta ad ospedali e ad ospizii , ai vecchi e ai malati , perché l ' epoca nostra non sentisse il bisogno di rimediare al passato , rivolgendo le sue cure feconde sopratutto all ' infanzia diseredata . Troppo tristi e gravi , infine , erano le rivelazioni statistiche perché noi - sotto l ' impulso della pietà , e anche forse sotto l ' aculeo della paura - non cercassimo di opporre all ' abbandono , al vagabondaggio , alla delinquenza dei minorenni che spaventosamente aumentano , dighe più forti di quelle finora costrutte . Dicono le statistiche che la cifra dei fanciulli abbandonati supera annualmente in Italia i 30 mila , e che ogni anno vanno in carcere 70 mila minorenni , un decimo dei quali non ha raggiunto i 14 anni ! E dice ogni giorno la cronaca quali delitti si compiano , non dall ' infanzia , ma contro l ' infanzia , quale strazio si faccia delle loro anime e dei loro corpi , non solo nei bassi fondi sociali , ma anche là dove nessuno avrebbe osato supporre , in quei conventi e in quegli asili religiosi dove qualche degenerato si serve del manto mistico della fede per coprire il contrabbando osceno dei suoi vizii contro natura . Era quindi naturale che sorgessero ovunque Società ed Istituti per provvedere a questi mali e per prevenir queste infamie : era legittima negli scrittori la preoccupazione di studiar sopratutto nel problema infantile ciò che vi è di pericoloso e di guasto : era spontaneo e bello nelle classi più ricche e più colte il desiderio di esercitare la loro pietà , alleviando dolori , curando miserie , proteggendo ed educando i fanciulli dei poveri . Nobilissimo esempio di solidarietà doverosa , che non è diminuito dallo scetticismo ironico con cui alcuni lo giudicano . Una scrittrice straniera ha osato dire che questa nostra filantropia , la quale non fu mai prima d ' ora così estesa ed invadente , è incenso bruciato allo sbocco d ' una cloaca : il profumo attenua momentaneamente i miasmi , ma non li può distruggere . Giudizio ingiusto d ' un ' opera giusta , perché anche fosse vero che tutta questa filantropia non dà risultati pratici - e ne dà viceversa moltissimi e quotidiani ! - basterebbe a suo onore ed a prova della sua utilità l ' aver diffuso quel senso di fratellanza umana per cui noi ci sentiamo legati uno all ' altro , e non ci sembra d ' aver compiuto il nostro dovere se , oltre all ' aver pensato a noi , non diamo anche un po ' del nostro tempo e del nostro danaro a chi è più infelice di noi ! Soltanto - e mi si permetterà d ' esser sincero - soltanto , bisogna non dimenticare che a fianco di questa attività sociale , grande e diffusa , v ' è anche un ' attività famigliare , più modesta e più intima , che pure esige la nostra attenzione : bisogna ricordarsi che il merito di far parte di comitati di beneficenza per l ' una o l ' altra categoria di bambini infelici , non assolve dall ' obbligo di occuparsi dei proprii bambini ; bisogna insomma riconoscere che l ' esercizio della filantropia non è e non deve essere , come invece pur troppo credono alcuni , una specie di carta di scusa con cui si compra il diritto di trascurare altri doveri . Vi sono dei ricchi i quali destinano ogni anno una data somma in elemosina , e credono con quest ' atto di generosità amministrativa d ' aver tranquillato la loro coscienza . Così vi sono persone che tutto l ' anno lavorano con fervore in opere di beneficenza , e credono con ciò d ' aver esaurito ogni loro obbligo , d ' aver quasi acquistato il diritto a non preoccuparsi di chi li circonda più da vicino , sopratutto dei loro bambini i quali sentono la nostalgia di questi genitori troppo affaccendati e troppo lontani . Diffidiamo di queste forme illogiche di un altruismo che s ' estende troppo e non si concentra abbastanza , e affermiamo ben alto e ben forte che solo quando ci siamo degnamente occupati dei nostri figli , noi possiamo crederci degni d ' elogio , occupandoci anche dei figli degli altri . È un errore scindere questi due doveri , staccando quasi l ' umanità dalla famiglia , perché soltanto coloro che sanno amar molto i pochi , sanno veramente amare un poco i moltissimi . Ecco la ragione per cui io preferisco restringere in modesti confini il mio tema , e limitarmi a ricercare quali siano gli obblighi nostri verso quell ' infanzia che cresce da noi e con noi . Ecco perché , lasciando la grande strada maestra dei doveri sociali , ormai troppo battuta , io tenterò di internarmi nelle vie meno note dei nostri più semplici e famigliari doveri verso i bambini . * È assai lontano il tempo in cui Erberto Spencer , pubblicando il suo libro sull ' educazione , descriveva , con l ' umorismo un po ' pesante ma profondo della sua razza , i gentiluomini campagnuoli e i funzionarii di provincia tutti occupati a discorrere , dopo pranzo , dell ' allevamento dei polli , dell ' arte di render grasso e forte un bue , di formar d ' un cavallo un buon trottatore , e soggiungeva : " nessuno di loro pensa e parla dell ' arte di portare un fanciullo al massimo del suo vigore e della sua energia morale " . Da allora , si pensa e si parla molto di quest ' arte dell ' allevamento umano ; anzi l ' umanità pare abbia non solo ascoltato il rimprovero di Spencer , ma fatta propria , almeno a parole , la sentenza un po ' cruda e volgare di Emerson che , per l ' uomo , la prima condizione di successo nel mondo è di essere un buon animale . Il vecchio pregiudizio sentimentale e poetico che ci faceva un tempo disprezzar la salute e persuadeva alle fanciulle il desiderio d ' esser pallide " come una bella sera d ' autunno " , è ormai lontano e dimenticato tra le nebbie del romanticismo . Noi siamo oggi convinti - forse perché vediamo sorgere intorno a noi generazioni sempre più deboli e più nervose - che la salute fisica è la base di ogni educazione . Ne siamo tanto convinti che il medico è diventato nelle nostre famiglie e nella nostra società ciò che era il prete nelle famiglie e nella società d ' una volta : una specie di direttore spirituale che , se non giudica i nostri pensieri e le nostre azioni , fissa però l ' orario della nostra vita e ce ne detta le norme igieniche . Ora , io non so se in questa dittatura dei medici sia forse un po ' d ' esagerazione , e se non siamo un po ' vittime tutti di quella manìa professionale che vuol sostituire , come dice argutamente Bourget , " la boîte de pilules à la page de l ' Evangile " ; io non so nemmeno se la passione anglo - americana ( che ha invaso anche noi ) per ogni forma di ginnastica e di sport vada assumendo la tinta patologica della moda , e se Nansen non abbia ragione di criticarla osservando che " mentre lo scopo della vita semplice e sana è di farci vivere nella natura , lo scopo dello sport è soltanto quello , molto egoistico , di farci toccar la meta qualche secondo prima dei nostri competitori " ; so che tutto questo ossequio alla medicina dovrebbe esser messo in pratica non solo e non tanto per ciò che riguarda il lato estetico , lo sviluppo fisico dei fanciulli , ma anche e sopratutto per ciò che riguarda il lato psicologico , il loro sviluppo morale . Uno fra i più gravi difetti nostri nell ' educazione , è di non ricordarci mai che il temperamento del bambino dipende dalla sua salute , e che , il più delle volte , bambino cattivo è sinonimo di bambino non sano . Noi sappiamo tutto ciò , in teoria , perché non è certo una cosa nuova e l ' abbiamo letta infinite volte : ma .... noi la dimentichiamo quasi sempre in pratica , e mentre ci affrettiamo a chiamare il medico per il più piccolo mal di gola del nostro bimbo , non lo chiamiamo mai , o quasi mai , perché egli ci consigli la cura - ben più importante ! - per correggere i capricci , l ' insubordinazione , la caparbietà dei nostri figliuoli . Eppure , bisognerebbe insistere fino alla noia su questa gran verità : che il morale del bambino , come dell ' uomo , è così strettamente legato colla disposizione dei suoi organi , che solo curando o modificando questi , si potrà trovare il modo di rendere i bambini più buoni e gli uomini più saggi . Forse ad alcuno , a qualche mamma specialmente , ripugna , perché sa troppo di materialismo , il riconoscere questo stretto e fatale legame tra l ' organismo e le manifestazioni dell ' anima , e pare ad esse che , riconoscendolo , si abbassi e si profani quel concetto del bene e della bontà che esse vorrebbero tenere molto elevato : ma queste mamme ignorano che le conquiste della fisiologia sono ormai universalmente riconosciute anche dagli spiritualisti , e che - se la scienza ha dimostrato che i nostri pensieri e i nostri sentimenti , in una parola l ' anima nostra , si manifesta e , per così dire , s ' incarna , nella materialità del nostro sistema nervoso - la scienza lascia però libero a tutti di far librare il bel volo della Psiche immortale al di sopra dell ' apparecchio umano che le serve di intermediario col mondo esteriore . Quando si fosse vinto questo pregiudizio di voler attribuire i difetti e le cattive tendenze dei bambini a una loro specifica perversità dovuta unicamente al libero arbitrio , quando si fosse riconosciuto che essi sono moralmente ciò che il loro organismo fisico permette che siano , il problema dell ' educazione apparirebbe più semplice , e noi diventeremmo non solo educatori più abili , ma sopratutto giudici più sereni e più equi . Noi accoglieremmo cioè umilmente quella grande lezione di modestia che ci viene dalla legge d ' eredità . Io ho sentito , per esempio , molte volte - e ogni lettore potrà controllare la verità di quanto sto per dire - io ho sentito molte volte alcuni genitori sorprendersi e indignarsi per il carattere indisciplinato disobbediente irritabile del loro bambino , quasi che essi non fossero le cause responsabili di tutto ciò che pensa e fa questa piccola anima e questo piccolo corpo . Non sanno essi forse che tutto ciò che è il bambino , egli lo deve ai suoi genitori e ai suoi ascendenti ? Non sanno essi che i nostri figli sono ciò che noi siamo ? E non intendono che contro il cattivo temperamento , contro le tendenze , o false o violente , o colleriche o bugiarde , il bambino non potrà lottare altro che col mezzo di quelle suggestioni educative che noi stessi eserciteremo su di lui , e che quindi - anche per questa ragione - noi siamo i veri responsabili delle sue azioni ? Eppure , tale ragionamento di logica intuitiva e di elementare giustizia è molto spesso dimenticato . Constatando i difetti dei nostri figli noi non pensiamo mai che in gran parte sono dovuti a noi ; e nel correggerli ci lasciamo vincere spesso da una severità e da una irritazione incosciente che somiglia alla stupida rabbia con cui un floricultore volesse battere le sue piante e i suoi fiori che crescono male ! E fosse almeno questa severità la conseguenza voluta di un sistema , la risposta calma del nostro cervello a ciò che ci sembra meritevole di castigo , l ' adempimento di ciò che noi crediamo un dovere ! Ma il più delle volte , pur troppo , non è così . Bisogna aver la franchezza di confessare che spesso i nostri atti di severità verso i nostri bimbi non hanno nulla né di calmo né di saggio , né di voluto , né di cosciente . Essi sono - semplicemente - il riflesso di un nostro stato di nervosità passeggiera . Forse è una di quelle giornate in cui , per ragioni barometriche o per motivi personali di malumore ( e la nostra vita ne offre tanti ! ) , c ' è tensione elettrica nell ' aria e tensione nervosa nei temperamenti : e allora accade che il rumore dei giuochi dei bambini , il frastuono che essi fanno , la loro innocente birichinata - che altre volte erano per noi ragioni di compiacenza e di allegria - ci annoino e ci stanchino : - noi alziamo indispettiti la voce in tono di rimprovero : i bimbi disobbediscono : noi insistiamo : essi si ribellano , e questa ribellione scatena il nostro furore . Poiché le parole non bastano , occorrono argomenti più persuasivi ; e ben presto non è più un educatore che punisce col solo scopo di emendare il bambino , ma è un sistema nervoso eccitato che si sfoga come può , ciecamente , con la voce e con le percosse . Più tardi , noi ci accorgiamo dell ' umiliante spettacolo che abbiamo offerto ai nostri figli , e ne sentiamo rimorso e vergogna . E allora , cerchiamo di rimediare con un ' affettuosità esagerata , cerchiamo di compensare con una pioggia di carezze e di baci , i lampi e le folgori momentanee del nostro furore . Ma il rimedio è inutile , giacché il bambino ci comprende e ci giudica con una lucida intuizione precoce , e sente questa tacita confessione del nostro torto : il rimedio , oltre che inutile , è erroneo e deleterio nelle sue conseguenze , perché sono appunto queste nostre oscillazioni d ' energia che fanno i bambini disordinati di spirito , incoerenti di desiderî , incapaci a comprendere quando noi abbiamo veramente ragione , proclivi sempre a supporre che ogni nostro rimprovero , anche il più giusto , non sia che l ' effetto del nostro malumore e dei nostri nervi . Avviene così che la severità , la quale vorrebbe essere il mezzo migliore per tener alta la nostra autorità , è viceversa spesso un mezzo per esautorarci .... * Molti genitori hanno coscienza di questo risultato negativo , e per rimediarvi , o forse semplicemente ed egoisticamente per sbarazzarsi di una responsabilità che pesa e che toglierebbe troppo tempo alle loro giornate .... piene di tante altre cose , decidono di chiudere in collegio il bambino la cui educazione presenta qualche difficoltà . Oh , io non sarò così ingiusto e così assoluto da formulare un giudizio unico su tutti i collegi ! Ve ne sono oggi di quelli che valgono la migliore delle famiglie - disgraziatamente i più non sono in Italia ! - e che creano degli uomini sani e forti , preparati modernamente alla vita e alle sue lotte , e non imbottiti classicamente di sola coltura .... Ma prescindendo dai meriti intellettuali e didattici , il collegio quale era una volta ovunque e qual è ancora adesso , generalmente , in Italia , il collegio chiuso nella città , specie di caserma e convento , fa moralmente tristezza . Il fanciullo sente come un ' impressione di freddo nell ' immergersi d ' un tratto in quella folla di ignoti , e pensa a sua madre . Avete letto voi Sous le fardeau dei Rosny ? avete meditato le pagine eloquenti che descrivono ciò che una delicata anima infantile può soffrir nei collegi ? E ricordate i versi di Sully Prudhomme in cui è un così triste e giusto rimprovero : On voit dans les sombres écolesdes petits qui pleurent toujours.Oh mères ! coupables absentes ! Meglio - assai meglio - che le madri non siano colpevoli assenti , se esse vogliono veramente meritare il dolce nome con cui le chiama il loro bambino ! Meglio per lui e per loro , se esse cercheranno di adempiere personalmente il loro dovere di educatrici ! Giacché l ' abbandonare ad estranei la prima educazione dei propri figli - salvo i casi di necessità che nessuno nega - è una vigliaccheria famigliare . Bisogna vincere gli ostacoli , se vi sono , sopportare i pesi immancabili dell ' educazione , modificare il proprio temperamento , armarsi di quella serenità materna che Sofia Bisi Albini ha così suggestivamente descritta , e comprendere che non la durezza e i castighi , non sopratutto l ' altalena pericolosa fra le sgridate e i baci , ma la calma noi dobbiamo ai nostri figli , la calma e la fermezza , in modo che essi sentano in noi un riposo e un sostegno , e abbiano verso di noi quel rispetto che è una paura amata . Generalmente , invece , ciò che manca nell ' educazione è appunto l ' unione e direi la fusione tra queste due qualità : noi non sappiamo essere nello stesso tempo calmi e sereni verso i bambini , e noi non conosciamo che i due sistemi opposti ed esagerati della troppa severità o della troppa indulgenza . Il primo sistema , sistema di disciplina rude che crea dei piccoli esseri sempre tremanti , e li foggia meccanicamente all ' obbedienza passiva , è senza dubbio molto comodo per noi , ma non altrettanto utile ai fanciulli , giacché spegne in loro o atrofizza l ' istinto di iniziativa , la coscienza della propria personalità , quel sano individualismo senza del quale , più tardi , essi non faranno nulla di degno nel mondo : e molte volte anche produce - all ' entrata nella vita - una reazione pericolosa , perché il giovane , nell ' impeto di liberazione da una disciplina troppo ferrea , passa di slancio a una vita di disordine . Il secondo sistema , d ' un ' educazione troppo tenera , tutta condiscendenze e debolezze , che abitua il fanciullo a credersi il piccolo despota della famiglia , ha in sé , evidente , la sua condanna : per voler fare troppo felice il bambino non negandogli mai nulla , ne fa immancabilmente un uomo infelice , che non potrà sopportare le contraddizioni e vincere gli ostacoli che la vita gli prepara e a cui nessuno in famiglia lo ha abituato . E il guaio maggiore di entrambi questi sistemi è che essi non ripetono sempre la loro giustificazione - come apparentemente potrebbe credersi - dal concetto che i genitori si formano del modo d ' educare i figli , ma bensì dal loro inconscio egoismo . Non è cioè un meditato giudizio intellettuale che ci fa seguire il sistema della severità o quello dell ' indulgenza , ma semplicemente il nostro tornaconto . Se teniamo i nostri figli sotto una disciplina rigida , è , il più delle volte , perché ci disturberebbe averli sempre nelle nostre stanze , dove vogliamo essere liberi e indipendenti a tutte le ore : se invece li mescoliamo alla nostra vita , tenendoli troppo con noi e fra noi e accontentandoli in tutto , è perché , il più delle volte , il nostro affetto degenera in sentimentalità morbosa e non sa compiere ciò che gli imporrebbe il dovere . In una parola , ciò che noi facciamo per i nostri figli ha l ' apparenza , direi l ' etichetta , di essere fatto per il loro bene : in realtà , è fatto , spesso , per la nostra comodità , per seguire automaticamente gli impulsi , non sempre ragionevoli , che il nostro istinto ci suggerisce . E anche quando noi amiamo veramente , profondamente i nostri figli , li amiamo - senza accorgercene - più per noi che per loro . Il nostro modo infatti di comprendere la loro felicità è così fatalmente egoistico , che non ci adattiamo a saperli felici senza di noi . Nel nostro affetto verso di loro , noi sappiamo talvolta toccare le più alte vette dell ' altruismo , ma , normalmente , noi siamo incapaci di compiere quei quotidiani sacrifici - più umili e perciò più difficili - che , cooperando alla felicità del fanciullo , lo staccherebbero da noi . La stessa madre che è sublime di devozione al letto del figlio ammalato , e non calcola fatiche e dimentica sé stessa e rischia , felice e inconscia , la vita per lui , non saprà dimenticare sé stessa né rischiare il passeggero dolore della lontananza , permettendo che questo figlio , più tardi , si cerchi una via e si costruisca una felicità lontana da lei . Eroica in casi eccezionali , essa non avrà , nei casi normali , nemmeno il piccolo coraggio di saper dimenticare sé stessa . Diceva molto bene il Desmolins che uno degli ostacoli più grandi alla riforma dell ' educazione nei paesi latini è la tenerezza troppo esclusiva delle mamme . Ed io mi permetterei di aggiungere - anche troppo illogica . Alcune mamme , che lasciano talvolta senza molto dolore il loro figlio ancor piccolo entrare in un collegio - basta che sia un collegio vicino ! - si ribellano poi a lasciarlo allontanare da loro quando , fatto più grande , egli avrebbe tanto bisogno di scuotere d ' intorno a sé la polvere sentimentale della sua casa e di imparare , viaggiando , come ci si formi un carattere e come si conquisti una posizione . Noi abbiamo invertito , se posso dir così e salvo , s ' intende , numerose eccezioni , la legge di natura che vuole il bambino vicino ai genitori nei primi anni , e libero in seguito ; e mentre non ci ripugna troppo , in certi casi , abbandonare ad altri , ad estranei , la prima educazione del nostro bambino , vogliamo poi che questo , divenuto giovane e adulto , trascorra la sua vita sempre vicino a noi . Inversione dovuta al nostro egoismo , alla nostra sentimentalità latina , che è ben lontana dal comprendere e dall ' adottare , sia pure in piccola parte , la larga visione dell ' educazione inglese , dove i fanciulli , a una certa età , lasciano il nido della famiglia , quasi uccelli in apparenza ingrati che lo dimentichino , ma per ritornarvi più tardi , coll ' orgoglio di una giovinezza degnamente vissuta , colla soddisfazione d ' aver dato alla patria , in paesi lontani , quel tesoro di energie che la fa grande nel mondo . * Ora , sarebbe evidentemente assurdo pretendere che la famiglia latina fosse , come la famiglia anglosassone , pronta a recidere i suoi nervi troppo sensibili , e pensosa soltanto che i propri figli trovino la ricchezza lontani dal proprio nido : vi si opporrebbe la razza , la nostra stessa costituzione sociale ed economica , e d ' altronde io per il primo riconosco che nel nostro modo di intender la vita è un profumo di poesia e di gentilezza che compensa forse , in parte , i vantaggi materiali dell ' insensibilità inglese . Ma noi potremmo dagli stranieri , se non imparar tutto , almeno imparar qualche cosa : questa sopratutto : imparare a lasciar che si manifestino liberamente le tendenze dei nostri figli , che si svolgano le loro iniziative , che s ' espanda la loro originalità ; noi dovremmo imparare a dirigere la loro natura , anziché , come troppo spesso facciamo , affaticarci a correggerla ed a comprimerla per seguire il concetto aprioristico che noi ci siamo fatti della loro carriera e del loro avvenire . Malauguratamente non è così . Se noi volgiamo lo sguardo ai nostri sistemi di educazione e di istruzione , ci accorgiamo che la loro caratteristica è una desolante uniformità . Si direbbe che tutti i fanciulli sono gettati nello stesso stampo perché ne esca un unico tipo intellettuale : il tipo dell ' impiegato , del professore , del professionista , imbottito di una coltura più o meno ben digerita . Anni sono era venuta di Francia una grande ventata di reazione contro questo sistema d ' educazione , ma essa aveva appena fatto stormir qualche foglia del nostro quieto ed immobile paesaggio intellettuale : non ne aveva scosso i tronchi robusti né turbata la saldezza delle radici antiche . Pochissimi avevano sentito quanta sincerità fosse in questa ventata di ribellione : i più , credendo si volesse attentare al diritto intangibile che ha nella nostra coltura lo studio del latino e del greco , avevano bollato come opinione di barbari o volgare preoccupazione di bottegai , il desiderio di dare all ' istruzione dei nostri figli un indirizzo più pratico e socialmente più utile . Costoro - e mi duole il dirlo - non avevano capito nulla o avevano finto di non capir nulla . Costoro ignoravano , anzitutto , che a capo della bestemmiata crociata era , non un barbaro o uno spirito bottegaio , ma uno dei più illustri accademici di Francia , uno degli scrittori didatticamente e politicamente più ortodossi , Jules Lemaître . Costoro dimenticavano , inoltre , che la crociata non combatteva il latino e il greco , ma soltanto il modo con cui queste lingue .... e tante altre cose ! vengono insegnate . Mettiamoci una mano sulla coscienza e confessiamo che noi sappiamo ben poco di latino e quasi nulla di greco dopo otto o cinque anni di studio ! Diceva il dottor Toulouse , ed io posso ripetere testualmente le sue parole : " ho quarant ' anni e sono trent ' anni che affatico il mio spirito sui libri e sull ' osservazione dei fatti ; e non potrei , sul momento , trovare in alcuna delle discipline che ho studiato quelle risposte che si esigono dagli scolari e che io stesso ho fornito ai miei tempi in diverse riprese " . Ecco una constatazione che dovrebbe essere meditata da coloro che preparano i programmi per le scuole , da coloro che istituiscono gli esami e credono alla loro efficacia . L ' insegnamento attuale consiste nel trasmettere delle cognizioni , mentre il suo scopo dovrebbe essere formare lo spirito e il carattere . Oggi , alla scuola , si impara tutto fuor che a pensare e ad agire : oggi si dimentica che lo sforzo d ' ogni educazione deve consistere non nell ' appiccicare della coltura , ma nel formare delle attitudini . La superiorità vera , in ogni ambiente , è di creare , non di sapere ; e per questo il commerciante che sa dar vita a un ' azienda meglio adatta ai bisogni della clientela fa opera di creazione eguale , e forse più utile , di colui che scrive un bel libro . È in tal senso e seguendo questi concetti che noi protestiamo contro l ' uniformità di un ' educazione che dà l ' illusione e non la realtà della coltura , che crea più spostati che non uomini atti a tramutare in succo e sangue il cibo classico di cui furon nutriti . Eppure , sia vanità , abitudine od indolenza , i genitori , - e parlo , si capisce , dei genitori delle classi più elevate , - continuano a mandare i loro figli a quelle scuole classiche che hanno fama di formare automaticamente il cosiddetto giovane colto , come se per la soddisfazione di creare qualche erudito , si avesse il diritto di lanciar nel mondo una folla di mediocri inutili , o come se noi non dovessimo essere che un popolo immenso di filosofi di romanzieri di scrittori , un popolo di puri spiriti , che vivessero .... di letteratura , e pei quali tutte le altre attività ed energie umane non contassero quasi nulla . Quanti sono coloro che si preoccupano di sviluppare e determinare a tempo i gusti naturali del bambino .... se per caso non fossero proprio quelli di studiare latino e greco ? Quanti sono coloro che hanno l ' istinto e il tatto di comprendere le sue inclinazioni ? Ai più , non balena neppure l ' idea che vi sia nell ' anima del fanciullo , come v ' è nel suo viso , qualche cosa che lo distingua dagli altri , e che perciò esigerebbe , da parte nostra , uno studio speciale . Cioè , mi correggo . Noi avvertiamo talvolta alcune delle cosiddette disposizioni naturali dei nostri figlioli : le avvertiamo per gloriarcene nel nostro istintivo orgoglio paterno o materno o per sventolarle vanitosamente presso i conoscenti e presso gli amici : ma noi non approfondiamo l ' analisi di queste facoltà che rompono l ' equilibrio della psiche infantile : noi non ci chiediamo se non sarebbe forse nostro dovere di dare ad esse tutte le nostre cure , mutando , se posso dir così , l ' orientazione educativa del bambino : noi non calcoliamo il danno di lasciar sperdere sul principio pei mille rigagnoli della distrazione una vena che potrebbe diventare feconda , e senza un rimorso , senza un dubbio , noi insistiamo nel solito vecchio sistema : inviamo cioè il fanciullo a quella scuola che a noi pare per lui la più utile , e dove l ' obbligo di studiare contro genio materie ch ' egli non ama , lo fa riuscire spesso mediocre od infimo . Forse è qui che bisogna cercar la ragione per cui certe scuole danno risultati di cui non possiamo troppo vantarci . E quando Alessandro Dumas - volendo appunto lanciare una frecciata ironica contro la scuola - si chiedeva : Come mai vi sono tanti ragazzi intelligenti e tanti uomini imbecilli ? egli intravvedeva che questa curiosa e dolorosa trasformazione è dovuta al fatto che la scuola , invece di sviluppare le qualità specifiche del fanciullo , le atrofizza , e quindi , invece di formare l ' uomo , lo deforma . È questo il grande delitto pedagogico dei nostri giorni : delitto che compiono quotidianamente non solo i maestri nella scuola , ma i genitori nella famiglia , e che si estende non solo verso i bambini ma verso i giovani . Quando suona l ' ora della scelta della professione e della carriera - che dovrebb ' essere la più importante nella vita d ' un giovane perché da essa dipende la sua felicità - quanti sono i padri che si preoccupano di lasciar libero il corso a quelle disposizioni innate dei loro figli , di cui pure s ' eran fatti un orgoglio in passato ? Quanti sono coloro i quali riflettono che - nella vita - chi fa ciò per cui natura l ' ha creato sopporta facilmente ogni fatica ed ogni contrarietà , mentre invece chi è costretto a una professione cui la sua natura ripugna , ha eternamente in sé un ' intima tristezza e un ' intima ribellione che gli renderanno amaro il lavoro e difficilissimo il raggiungere una meta elevata ? La maggioranza dei genitori non ha scrupolo di opprimere la natura propria del loro figlio per sostituirgliene un ' altra . Vogliono fabbricare un avvocato o un ingegnere , un professore , un magistrato o un impiegato , secondo la tradizione della famiglia , il presunto vantaggio economico , l ' opportunità del momento , senza preoccuparsi affatto che , così facendo , essi soffocano un cervello e violentano un ' anima . E se osate avvertirli dell ' errore , essi si armano di argomenti che paiono vittoriosi , e vi dicono che è inutile preoccuparsi delle singole disposizioni del giovane , perché le vere vocazioni si fanno strada quand même , attraverso tutti gli ostacoli , e vi citano Voltaire che era commesso nello studio d ' un procuratore , e Musset che era impiegato presso un banchiere .... il che , innegabilmente , non ha impedito che essi abbiano fatto carriera . Ma questi padri troppo logici dimenticano che le leggi e i metodi dell ' educazione non sono fatti per gli individui eccezionali , i quali certamente trovano sempre il modo di manifestarsi , bensì per l ' infinito numero degli uomini medii e normali i quali non possiedono la forza di togliersi di dosso quella cappa di piombo con cui furono oppressi e di cui per la vita rimangono vittime . Ecco il maggiore equivoco che domina il gran problema dei nostri doveri verso la gioventù . Siamo tutti persuasi che il primo dovere sia di dare ai figli la felicità , o , poiché questa è irraggiungibile , di avviarli almeno sul cammino della felicità : ma generalmente si crede che la felicità consista nella sicurezza placida d ' un impiego , e non si intende invece che essa è un premio che si conquista palmo a palmo col libero sviluppo delle proprie energie . Noi vogliamo fare dei giovani , dei vecchi precoci e calcolatori , che si accontentino subito d ' un piccolo posto sicuro e vicino , pur di non correre quell ' alea del rischio che è la poesia della vita . Con una suggestione a ritroso , noi inoculiamo in essi i germi di un pessimismo utilitarista che addormenta coscienza e ardore , e li fa timidi dinanzi a ogni ostacolo , preoccupati soltanto di procacciarsi una posizione mediocre pur che garantisca il loro tranquillo avvenire . E non sentiamo quanto più bello e più utile , più dignitoso e più fiero , sarebbe invece sviluppare in essi il senso della libera iniziativa , e fecondare la dote migliore e maggiore della gioventù che è l ' entusiasmo . Lasciarli liberi , perché essi possano seguire le loro naturali disposizioni e interpretar quella voce che detta dentro : volerli entusiasti , cioè innamorati di quella qualunque idea che sostengono , con un cervello che calcola ma con un cuore che non calcola punto , simili a un soldato che conta i suoi nemici , ma poi se ne dimentica il numero pensando alla bellezza della sua bandiera .... * Tale io penso dovrebbe essere l ' ideale dell ' educazione : e tale , forse , nell ' intimo dell ' animo è riconosciuto da molti . Ma ben pochi osano applicarlo . Perché ? Perché uno dei fenomeni più strani e contradditorii della nostra psicologia è che mentre noi siamo modernamente audaci nel pensiero e approviamo le idee più ardite suscitate da libri e studi recenti , siamo ancora pavidi nell ' azione , perché mentre il nostro cervello vede lucidamente la via nuova che dovremmo percorrere , la nostra volontà non sa essere abbastanza indipendente per abbandonare d ' un tratto la via vecchia , a cui siamo legati da una fitta rete di tradizioni e di pregiudizi , e si ripercuote così anche nel problema dell ' educazione quell ' eterno dissidio fra teoria e pratica , che si manifesta dovunque , e che è dovuto al fatto che l ' uomo opera come sente e non come pensa . Un giorno io assistevo a una conferenza sull ' Educazione nuova detta da una nostra illustre scrittrice . Gran folla di signore nella sala e grandissimi applausi . Uscendo , sorpresi questo dialogo fra due mamme : - Son cose verissime diceva l ' una - ma come si fa a metterle in pratica ? - Già - rispose l ' altra - io non vorrei certo esser la prima ! - Così è . Noi abbiamo un sacro orrore dell ' azione isolata , e nessuno di noi vuol essere il primo ad applicare certi principii , a fare sui proprii figli l ' esperienza di certi metodi e di certe idee . Quando si tratta di un atto qualsiasi della nostra vita , noi non domandiamo mai se è bene compierlo : noi domandiamo sempre e soltanto se è generalmente ammesso che lo si compia . E per paura d ' essere i primi , per il terrore d ' assumere un ' iniziativa che potrebbe essere criticata , noi continuiamo nella vecchia routine . Ora , bisognerebbe distruggere quest ' antitesi fra la teoria e la pratica ; bisognerebbe avere il coraggio di compiere questo sforzo che riavvicinasse le idee ai fatti e rendesse le nostre azioni logicamente degne dei nostri pensieri . Diceva il Lemaître : " basta che le classi privilegiate comincino , le altre seguono fatalmente " . Anch ' io lo credo , e perciò ho voluto ripetere qui quello che troppi altri e troppo meglio di me hanno detto . L ' ANIMA DEL FANCIULLO . Quando noi pronunciamo il nome d ' infanzia , si sveglia nella nostra memoria un cumulo di ricordi che hanno il fascino d ' un romanzo . È la nostra giovinezza che rivive , come in un sogno , è la nostra esperienza che la vede e la racconta , mescolando la poesia della realtà all ' attrattiva della lontananza , deformando alcuni episodii che il tempo ingrandisce dinanzi alla nostra coscienza , come lo spazio ingrandisce dinanzi ai nostri occhi - attraverso i rami degli alberi - il profilo degli astri che sorgono .... Ed è così spontanea , così inconscia questa alterazione del vero , che non solo noi crediamo a tutto quanto rievoca la nostra fantasia , la quale tinge talvolta troppo in roseo e talvolta troppo in nero il primo periodo della vita , ma noi osiamo anche spiegare e giudicare tutto il complicato meccanismo della nostra piccola anima di fanciulli con la nostra superba psicologia di uomini adulti . Forse le pagine meno vere nelle autobiografie di certi scrittori , sono quelle che riguardano la loro fanciullezza ; pagine dalle quali s ' effonde un conforto o un rimpianto , l ' eco lontana di gioie ingenue o di incompresi dolori , ma nelle quali , se è spesso mirabile la descrizione di un ' epoca o di un ambiente , non è quasi mai esatta , precisa , sincera la figura morale del protagonista . Anche lo fosse , noi avremmo la psicologia di un fanciullo , non già la psicologia del fanciullo . Per tentar questa , bisogna dunque tenersi lontano dagli esseri superiori ed eccezionali che spesso vogliono presentare anche la loro infanzia sul palcoscenico della gloria , bisogna non dar troppa importanza ai propri ricordi , che peccano di soggettivismo , e occorre invece moltiplicare le osservazioni serene e spassionate intorno a noi , tra le famiglie che ci circondano , tra la folla anonima della strada e della scuola .... Solo così - coll ' analisi minuta e diffusa - è stato possibile alla scienza moderna strappare almeno qualche segreto a quella sfinge eterna che è l ' anima del fanciullo . * Rileggendo - come io ho dovuto e voluto fare - una non piccola parte di ciò che si è scritto intorno all ' infanzia , mi sono convinto che fino ad alcuni anni fa , la psicologia del bambino poteva riassumersi in due opinioni diametralmente opposte ed egualmente assolute . Da un lato , erano i denigratori per partito preso , i quali definivano i fanciulli tutti egoisti , ribelli , bugiardi , crudeli : dall ' altro lato erano i lodatori quand même , i quali li definivano simboli di perfezione , angeli di bontà e di innocenza . Fra i primi , fra coloro che dissero più male dell ' infanzia , emergono il La Bruyère , un celibe , e il Dupanloup , un vescovo . Ed è abbastanza spiegabile - lo dico senza malignità - che un teologo , il quale aveva tutto l ' interesse a mantener ferma la dottrina della depravazione congenita , e un vecchio scapolo , al quale i bambini degli altri saranno parsi dei diavoletti noiosi e tormentatori , li abbiano bollati con così severo giudizio . Fra i secondi , fra quelli che io chiamerei i cortigiani dell ' infanzia , primeggia Rousseau , sostenendo che il bambino esce perfetto dalle mani del creatore , e che soltanto la nostra falsa educazione lo deforma e lo guasta . Ed è altrettanto spiegabile il suo ottimismo quanto il pessimismo degli altri . Il filosofo - poeta , sedotto dalla grazia infantile , e più che altro forse dal suo preconcetto antisociale , ha idealizzato un ' età , che tutti i poeti , del resto , prima e dopo di lui , avevano ravvolto nell ' azzurro della leggenda . Senza discutere - per ora - quanta esagerazione vi sia nell ' una e nell ' altra di queste due opinioni , è necessario anzitutto constatare che esse partono da un punto di vista falso . Esse pretendono di dare un giudizio morale sull ' attività psicologica del bambino , ciò che è un equivoco e un ' illusione . Non si debbono prestare al bambino dei motivi determinanti che egli non ha . Non si possono interpretare i suoi sentimenti , le sue impulsioni , le sue tendenze , come interpretiamo le nostre . Quello che per noi ha un significato , per lui non lo ha . La sua coscienza ignora ciò che è il cardine della nostra . Egli si affaccia alla vita , senza comprenderla , come una pianta che spunti dal suolo ; e nel crepuscolo mattutino della sua esistenza egli afferma istintivamente le sue naturali energie , ignorando che queste più tardi dovranno essere giudicate e dirette da una luce morale , come ogni erba e ogni albero innalza e svolge all ' alba liberamente il suo stelo e il suo tronco , ignorando che fra poco dardeggierà su di essi , per trasformarli , il raggio del sole . Lasciamo dunque ai teologi , ai filosofi ed ai poeti , la platonica soddisfazione di giudicare l ' animo del fanciullo alla stregua dell ' animo di un adulto , e invece di infiorare l ' infanzia di lodi illogiche o di coprirla con un disprezzo ancora più illogico , cerchiamo modestamente e semplicemente di spiegare il perché della sua strana e contradditoria psicologia . * Una delle leggi fisiologiche ormai meno discusse , e degna quindi di esser tenuta quasi come un assioma , è che la ontogenia riproduce la filogenia . Le quali parole un po ' oscure , tradotte in lingua povera , significano che l ' individuo , dall ' atto del concepimento a quello della nascita , riproduce le fasi per cui è passata evolutivamente la specie . Gli uomini - prima di giungere a quello stato di civiltà relativa di cui la storia più lontana ci conserva notizie - vissero migliaia e migliaia di anni in condizioni e sotto forme che noi tentiamo oggi di evocare , ricostruendo il meno fantasticamente possibile , cogli sprazzi di luce che ci vengono dalla scienza , la lunga via crucis attraverso la quale a poco a poco i nostri antenati svestirono la loro animalità per acquistare aspetto e coscienza umana . Ebbene : ogni individuo nel suo sviluppo fetale rifà in pochi mesi questa strada faticosamente percorsa dalla specie in un periodo di secoli , e la vita dell ' embrione può dirsi il riassunto a grande velocità ( mi si permetta questa espressione ) del viaggio fatto dalla specie nel mondo . Da questa legge fisiologica che Haeckel ha splendidamente illustrata , parmi possa derivare per analogia , e quasi corollario spontaneo , un ' altra legge di ordine psicologico . Come nello sviluppo fetale noi riproduciamo la fisiologia dei nostri antenati , nelle forme e nelle anomalie scheletriche , così nei primi anni di vita ne riproduciamo la psicologia , nelle attitudini della mente e della volontà . Il bambino , cioè , sente e agisce come un primitivo e come un selvaggio , e tutta la sua incoerente impulsiva psicologia che ci sorprende e ci turba , non è che la resurrezione , per fortuna transitoria , della psiche antica , quasi per ricordare a noi - umiliandoci - donde siamo venuti . Se è dunque vero , come comunemente si afferma , che nel fanciullo c ' è , in potenza , lo scorcio dell ' uomo futuro , è altrettanto vero che c ' è , in realtà , lo scorcio dell ' uomo primitivo , il riassunto di tutta una psicologia atavica che noi abbiamo ormai sorpassata . Questa constatazione scientifica è non soltanto la piattaforma su cui devono basarsi tutti gli studii relativi all ' infanzia , ma è anche , in un certo senso , la spiegazione implicita di ogni forma di attività del fanciullo . Esaminando infatti i suoi sentimenti , i suoi pensieri , le sue azioni , noi ritroveremo in tutti l ' eco e il ricordo , quasi direi la fotografia di un mondo morale lontano e scomparso . * La caratteristica più tipica dell ' anima infantile è , senza dubbio , la potenza della sua immaginazione . L ' infanzia è l ' età del sogno , nella quale questo mondo che noi non conosciamo ancora si veste dei più brillanti colori ; è l ' età in cui il massimo godimento consiste nell ' ascoltare fiabe e racconti straordinari . Ebbene : non è forse durante l ' infanzia del mondo che si sono formati i miti e le leggende , queste storie dell ' umanità bambina , destinate a coprire sotto una fantasia lussureggiante la povertà delle conoscenze umane ? L ' immaginazione - nel fanciullo come nel selvaggio - è così grande che trasforma gli oggetti in esseri coscienti e sensibili , dà il soffio della vita alle cose inanimate ed inerti . Un bambino di 4 anni attribuiva alle pietre una specie di anima e le compiangeva perché esse dovevano restare sempre immobili allo stesso posto . Non altrimenti il selvaggio crede che nell ' albero che stormisce sia uno spirito e presta non solo un corpo ma un ' anima al vento che urla durante la notte . Chi non osserva , quotidianamente , le adorabili manifestazioni di simpatia che una bimba prodiga alla sua bambola , come se questa fosse viva ? Essa le parla , essa la bacia , essa la veste e la sveste , e la sera la vuol vicina al suo letto perché non stia sola al buio e non abbia paura ! Chi non sa che i bambini , nei loro giuochi , acutizzano questa potenza della loro immaginazione , non solo sino a prestare una personalità a cose che non l ' hanno , ma sino al cambiamento della loro stessa personalità , sino a una completa illusione di metamorfosi ? Un fanciullo di 5 anni , cui piaceva molto giocare al carbonaio , viveva con così completa illusione il suo personaggio fittizio che pretendeva che tutti lo chiamassero il carbonaio anziché col suo nome , e la sera nella sua preghiera ingenua diceva a Dio : Fa , o Signore , ch ' io sia domani un buon carbonaio ! Lo so , e lo prevedo : noi dovremmo domandarci : fino a che punto questa illusione è completa ? fino a che punto il fanciullo è vittima della sua stessa immaginazione ? Non è forse egli talvolta un artista precoce che giuoca alla commedia e vuol burlarsi di noi ? La risposta è difficile e , come ben si comprende , non potrebbe esser data che caso per caso . Vi sono delle impercettibili nuancesin queste illusioni , che vanno dalla fede più cieca al primo barlume d ' incredulità che spunta con un sorriso : vi sono dei gradi , delle sfumature psicologiche , secondo l ' età e secondo il temperamento più o meno intelligente od ottuso del bambino . Ma una cosa è fuori di dubbio : che in molti fanciulli l ' illusione è sincera e assoluta , perché l ' immaginazione esercita sulla loro psiche un ' influenza così dispotica da essere veramente , come diceva Pascal , " la creatrice sovrana di errori e di falsità " . È in questa potenza dell ' immaginazione infantile che noi dobbiamo ricercare l ' origine di una delle più gravi e pericolose caratteristiche del bambino : la menzogna . Si dice ch ' egli nasce bugiardo : e si dice bene : ma non si interpreta sempre egualmente bene il meccanismo della sua bugia . Ellen Key , l ' autrice di uno fra i più suggestivi e profondi libri intorno all ' infanzia , distingueva argutamente le bugie dei bambini in bugie fredde , ossia coscienti e quindi colpevoli , e bugie calde , le quali sono l ' espressione di un ' eccitazione momentanea e di una fantasia ardente . Ella , senza saperlo , volgarizzava così , con parola piana , un dato della psicologia sperimentale che il Sully e il Ribot avevano messo in luce , e cioè , che fra immaginazione e allucinazione non c ' è che una differenza di gradi , e spesso si toccano e coincidono . Certe bugie calde - per conservare il vocabolo di Ellen Key - non sono nei fanciulli che delle transitorie allucinazioni , da cui esula totalmente la mala fede . Quando un bambino che gioca lo sentite gridare ch ' egli è un cocchiere o ch ' egli è un soldato , state certi che in quel momento egli è sicuro di esserlo e non mentisce : quando a una bimba si domanda improvvisamente : chi ti ha dato la tal cosa ? ed essa risponde confusa : la mia bambola , - è assai probabile ch ' essa non sia colpevole d ' una vera bugia ma vittima d ' una illusione . Oh , non v ' ha dubbio che da queste piccole menzogne dette per ischerzo , il fanciullo sale alle bugie fredde , alle bugie meditate con quella grande astuzia e con quella sottile perfidia che è talvolta racchiusa nella sua piccola anima : ma non siamo forse noi che , coll ' esempio , gli insegnamo a perseverare nella menzogna e a perfezionarla ? Ci scandalizziamo tanto delle bugie del fanciullo , ma forse che noi , suoi modelli e maestri , siamo sinceri nella nostra vita e sopratutto dinanzi a lui ? che deve egli imparare da noi , se i nostri discorsi sono sempre ambigui , se la nostra vita sociale è un tessuto di abili menzogne , e se la nostra occupazione più frequente è più gradita è la maldicenza a riguardo di tutti e specialmente dei nostri amici ? Un atto di contrizione sarebbe più giusto , a questo proposito , di un atto d ' accusa ! E del resto , anche in quelle menzogne coscienti che più ci addolorano e ci sorprendono nel fanciullo , qual è la parte della perversità e quale quella della suggestione e dell ' allucinazione ? Vi è tutta una letteratura - volumi e volumi di medici e di psichiatri - sulle menzogne e sulle false testimonianze dei bambini ; e tutti gli autori indistintamente concludono ch ' esse sono la conseguenza di auto - suggestioni . La potenza dell ' autosuggestione è tale , in certi casi , che il bambino arriva a creder reali degli avvenimenti ch ' egli ha sognati , a confondere i suoi ricordi , a mescolare colla realtà le sue finzioni . E quando racconta un fatto lo trasfigura : crea una leggenda e vi crede . Gli annali giudiziarii son pieni dei terribili errori con cui le false testimonianze dei fanciulli hanno prolungato o deviato processi . Basta che il caso abbia reso spettatore un fanciullo d ' un delitto , immediatamente la sua immaginazione infiora la realtà con una generazione spontanea di mille particolari nuovi : basta anche semplicemente che alcuno racconti un fatto dinanzi a lui , perché si illuda di esserne stato testimone , e sia pronto ad affermarlo e a giurarlo . Strano e misterioso e pauroso prestigio dell ' immaginazione che altera la psiche del fanciullo e lo conduce , a sua insaputa , alle frontiere del delitto ! * Pur troppo , del resto , anche per altre vie il fanciullo s ' avvicina al delitto , e si può dire che la sua psicologia è spesso quella del delinquente . L ' infanzia infatti è non solo organicamente bugiarda , ma anche organicamente crudele . Cet âge est sans pitié , scriveva il Lafontaine , e forse pochi uomini sono arrivati alle crudeltà assurde ed inutili cui arrivano i bambini , per il solo piacere - apparentemente - di veder soffrire . Quando un povero uccellino o un gatto o un insetto capita per disgrazia nelle loro terribili e piccole mani , essi gli infliggono i più atroci e lunghi supplizii con una gioia incosciente che merita davvero il nome di pazzia morale . È , in essi , come un furore di distruzione , che non pensa e non calcola le sofferenze che infligge . È come lo sfogo impulsivo di un istinto di dominazione , la voluttà di possedere interamente - a non importa qual prezzo - la vittima che ha svegliato il loro desiderio . È il ritorno atavico della psicologia del selvaggio il quale non conosce freni ai suoi appetiti ; è anche lo scorcio individuale di quella psicologia collettiva crudele ed egoista di certi popoli civili che non rispettano i diritti dei deboli e vogliono ad ogni costo soggiogarli ed opprimerli : è , cioè , un piccolo imperialismo . Imperialismo di despota incosciente , o dirò meglio caricatura d ' imperialismo , che si sfoga non solo su persone e su animali , ma - per vendetta - anche su oggetti inanimati . Quante volte non vediamo noi un bambino battere la sedia o il tavolo contro cui ha urtato e che gli ha fatto male ? E ci ritorna alla memoria la ridicola vendetta di Serse che , irritato perché una tempesta aveva impedito al suo esercito di passare il mare , fece battere colle verghe l ' Ellesponto dai suoi soldati . Talvolta la crudeltà contro le cose - che si manifesta sotto la forma della distruzione senza motivo - è determinata nel bambino dalla curiosità che diviene una specie di manìa iconoclasta . È per curiosità che molti fanciulli spezzano i loro giocattoli , come Goethe , il quale confessava d ' aver gettato , da bambino , tutto il vasellame della casa dalla finestra per vedere in qual modo si rompeva sul marciapiede , o come Ruskin , il quale racconta che nella sua infanzia strappava e tagliuzzava i fiori in preda a uno stupore ammirativo . * Ma ciò che più offende e sorprende l ' animo nostro nello studio dell ' anima del fanciullo , è il constatare in molte , in troppe occasioni , la sua profonda insensibilità di fronte ai dolori morali . Il bambino è un indifferente e un impassibile dinanzi alle disgrazie , dinanzi alle malattie degli altri , persino dinanzi alla morte . Egli è , spesso , il simbolo del più assoluto egoismo . Non pensa che a sé e ai suoi giuochi . Ricordo a questo proposito un aneddoto caratteristico . Un giorno d ' estate due fanciulli nuotavano in mare . Dalla spiaggia li osservava la madre , che aveva vicino a sé la figlia minore , una bimba di sei anni . A un certo punto i ragazzi che si erano spinti troppo lontano , non si videro più . Le onde li avevano travolti . Si può immaginare l ' ansia della madre che inviò barche e marinai al salvataggio . La piccola bimba , tranquilla e sorridente , visto che i fratelli non ricomparivano , disse : - Non pensarci più , mamma ! ormai è certo che sono affogati : è mezzogiorno , andiamo a colazione ! - Ho citato questo aneddoto , a prova dell ' analgesia morale dei bambini , perché esso è di mia personale esperienza , ma quanti altri analoghi potrei riferirne ! Senonché , ritorna qui , molto a proposito , l ' osservazione che già feci di sfuggita in principio : constatata questa assenza di pietà , questo predominio cinico dell ' egoismo nel fanciullo , possiamo noi giudicarlo come lo giudicheremmo in un uomo ? possiamo noi applicare ai bambini la nostra morale ? Vi è , evidentemente , una gran differenza tra l ' essere impassibili davanti a una sventura , sapendo che cosa essa sia e rappresentandocene tutte le conseguenze , e l ' essere indifferenti perché non se ne intende il valore e non se ne prevedono i risultati . Noi proiettiamo la nostra psiche nella psiche infantile , e noi immaginiamo che i bambini debbano rendersi conto dei nostri dolori per istinto , o che , almeno , possano comprenderli quando noi li esprimiamo apertamente . Orbene , ciò è illusorio , ciò non è che un daltonismo mentale . Le nostre ansie , le nostre preoccupazioni e i nostri patemi d ' animo lo lasciano nella maggior parte dei casi indifferente per la semplice ed unica ragione che oltrepassano la sua capacità di simpatia . Per esempio , sappiamo noi che idea si facciano i bambini della morte ? Ne intendono essi il significato e le conseguenze terribili ? hanno essi quella sensazione d ' irreparabile che è per noi la più triste e la più angosciosa ? Non credo . Una signora inglese , M.me Burnett , ci offre al riguardo un documento eloquente . Ella racconta le impressioni provate nelle due volte che la morte visitò la sua casa mentre era bambina . La prima volta non ebbe che un desiderio : toccare il cadavere per sapere che cosa significasse la frase ch ' ella aveva udita : freddo come la morte ; la seconda volta , dinanzi al cadavere d ' una bimba di tre anni , bionda e bella , ella non provò che un ' impressione piacevole per lo spettacolo poetico del letto bianco tutto coperto di fiori ! E M.me Burnett aggiunge : - Io non mi sono sentita commossa , io non ho potuto versare una lagrima , quantunque prima mi fossi immaginata che avrei pianto molto ! - È dunque assurdo , lo ripeto , pretendere dal fanciullo , in faccia al dolore o alla sventura , delle emozioni ch ' egli non può sentire perché il suo cervello non arriva a comprenderle . Come è assurdo , per la stessa ragione , giudicare altri lati della psicologia infantile coi nostri criterii , con la nostra severità che presuppone una coscienza . Il furto , per esempio , è frequente nei bambini . Ogni volta che essi possono rubare un dolce senz ' esser visti , lo rubano . Ma forse che essi - nei primissimi anni - sanno che cosa sia il mio ed il tuo ? Qualunque cosa veda o tocchi il bambino , egli grida impulsivamente che è sua , come il selvaggio prende impulsivamente ciò che gli capita sotto mano ; e l ' appropriarsi ciò che lo attornia , ciò che eccita in un dato momento il suo desiderio non è , per il bambino , che una tendenza naturale , è , se posso dir così , un ' estensione della sua personalità . Più tardi , senza dubbio , egli esce da questa incoscienza e impara che vi sono dei limiti ai proprii desiderii e dei diritti altrui che bisogna rispettare , e allora , ma allora soltanto , se ruba , noi potremo dire ch ' egli è veramente un ladro . Così , quando noi constatiamo che una gran parte dei fanciulli sono disobbedienti e ribelli , noi affermiamo la verità , ma non interpretiamo sempre esattamente il perché della loro disobbedienza e della loro ribellione . Per il bambino , il principio d ' autorità e la sua conseguenza che è il castigo , sono cose che non dovrebbero esistere . Egli non intende l ' amore altro che come l ' intendiamo noi .... quando siamo innamorati , sotto forma cioè di carezze e di baci , di soddisfazione immediata umile e volontaria a ogni nostro desiderio .... Egli non capisce che l ' amore di chi lo circonda può manifestarsi , per il suo bene , in rimproveri ed in rifiuti . E la mamma o il babbo che gli negano qualche cosa , si trasformano nella sua fantasia in esseri crudeli che lo tormentano e che lo rendono infelice . È così forte e violento questo antagonismo dell ' anima infantile contro ogni regola e contro ogni autorità , che il desiderio dei fanciulli di diventare grandi non è , in fondo , che la speranza di sottrarsi a questa legge , a questo controllo . Essere grande , per il bambino , significa sopratutto essere sbarazzato dall ' obbligo di obbedire , essere libero di fare ciò che vuole . E sfoga intanto - fin che non può esser libero - il suo istinto di insubordinazione con quelle rivolte a cui noi diamo il nome di capricci , intendendo con questa parola di definire un atto impulsivo , senza ragione , libero ed inspiegabile , come il vento che soffia . Eppure - come il vento che soffia - anche il capriccio ha le sue cause e le sue condizioni . E sarebbe bene , di volta in volta , studiarle . Sarebbe bene specialmente ricordare che l ' anima del bambino non è logica riflessiva cosciente come la nostra , ma è una piccola anima anarchica , e che egli è un inconscio discepolo di Rousseau , che non vede nei nostri tentativi d ' educazione se non un intervento noioso ed inutile al suo naturale sviluppo . Ma a questo punto , io sento sorgere in voi una domanda : voi mi direte : abbia o non abbia il bambino coscienza di ciò che sente e di ciò che fa , sieno vere o false le spiegazioni e le giustificazioni date fin qui , certo è che il quadro della psicologia infantile da voi tracciato è molto triste ed oscuro : ed è anche esatto ? È vero , cioè , che nel fanciullo non palpitino che istinti egoisti , bugiardi , ribelli , crudeli ? Rispondo che , nella vita e sopratutto in psicologia , nulla è assoluto perché nulla è semplice . L ' organismo umano è una macchina complicata , delicata , misteriosa , e come non esistono uomini in tutto perversi o uomini ottimi in tutto , perché la natura mette degli sprazzi di luce nelle anime più abbiette , e delle chiazze d ' ombra nelle anime più buone , così non esistono fanciulli in cui circoli sempre il veleno di impulsioni ataviche , e non spunti mai il fiore candido della dolcezza e della serenità . Ognuno di noi conserva nella memoria il ricordo - se non ha la fortuna d ' aver la prova viva vicino sé - di tipi di fanciulli miti , sensibilissimi , che chiudono nel loro organismo delicato le più squisite manifestazioni del cuore , sensitive morali , se posso dir così , che rispondono con fremiti affettuosi se appena noi le tocchiamo . E , anche al di fuori di queste eccezioni sentimentali , è certo che ogni bambino conosce l ' altruismo e la simpatia , se non altro perché imita ciò che vede , e piange se vede piangere ; ogni bambino ha slanci di tenerezza verso il cane ed il gatto che gli sono compagni di giuoco , e che forse in un altro momento potrà martirizzare ; ogni bambino ha tesori di affezione e fascino di carezze per le persone che lo circondano , e sa farsi deliziosamente perdonare la desolante insensibilità del suo temperamento e i lampi del suo egoismo feroce . Ma questa psicologia normale che lo avvicina a noi , sorge in lui gradatamente coll ' età , mano mano che dalla sua psiche atavica esce e si forma , come farfalla dal bozzolo , la psiche dell ' uomo futuro . È - se posso dir così - un lento lavoro di ricamo con cui l ' educazione a poco a poco ingentilisce e trasforma il tessuto troppo rude della sua originaria natura . Il fondo della sua anima rimane quale io ho tentato descriverlo , certo non pretendendo di essere stato né completo né esatto , ma forse sperando di essermi avvicinato al vero . Avviene in psicologia quello che avviene in pittura . Quando si deve fare un ritratto , bisogna restringersi e quasi direi riassumersi a significarne l ' intima e più gagliarda e dominatrice espressione : bisogna , cioè , colpire ciò che vi è di caratteristico nella fisonomia fisica e morale d ' una persona , trascurando forzatamente molti particolari , su cui si affanna invece la vista dei pedanti e dei miopi . Ora , il ritratto dell ' infanzia non poteva esser dipinto che coi colori che ci offrono le ricerche positive e scientifiche , senza chiedere alla poesia le sue sfumature ideali e alla rettorica le sue tinte esagerate . Ma ciò che è confortante si è che questo ritratto è transitorio : è cioè uno di quei ritratti ai quali , col tempo , non si assomiglia più . Tutta quella psicologia che rievoca nel fanciullo i primordii dell ' umanità , sfuma lentamente cogli anni e svanisce all ' epoca della pubertà . Essa non è , nella vita - e salvo casi eccezionali di delinquenza congenita - che una parentesi fisiologica , il saluto , il ricordo , l ' ammonimento delle lontane miserie onde siamo ascesi alla civiltà , una specie di malattia - come ve ne son tante ! - che noi dobbiamo soffrire e superar da fanciulli , e dalla quale usciamo più sani , più forti , moralmente migliori . E non è raro infatti il caso , che coloro i quali sono stati da bimbi i più violenti , i più capricciosi , i più cattivi , diventino poi gli uomini più saggi ed egregi , e le donne più oneste e più austere . Soltanto , per ottener questo risultato , bisogna saper comprendere il bambino , e per comprenderlo , bisogna amarlo . Amarlo , non con la sentimentalità esagerata - e forse più di parole che di sostanza - che oggi è di moda : amarlo non con la nostra ansietà nervosa e ridicola che trema per ogni sorso d ' acqua non bollita e per ogni biscotto fuori programma ; amarlo non per viziarlo , e nemmeno per imporgli nei suoi studii e nei suoi divertimenti il giogo d ' un orario cui la sua natura repugna ; ma amarlo per fondersi nell ' anima sua , per vivere la sua vita di impulsi e di contraddizioni , per spiegarsi la mancanza d ' unità e di costanza della sua psicologia , per comprendere , infine , ch ' egli è come un campo ove sono radici antiche di piante maligne che bisogna sopprimere , e germi nuovi di piante feconde che bisogna aiutare a svilupparsi e non lasciar soffocare da quelle . E sopratutto bisogna essere sereni e generosi verso di lui : dimenticare ch ' egli è insensibile ai nostri dolori perché non li capisce , e cercare invece di comprendere i suoi . Il nostro torto maggiore verso l ' infanzia è di ripagarla , spesso , con quell ' indifferenza sentimentale ch ' essa mostra verso di noi . Noi sorridiamo dei suoi dolori , perché , paragonandoli ai nostri , ci sembrano meschini , e non ci accorgiamo che sbagliamo i termini del raffronto . Ciò che par futile a noi , è grave per il fanciullo , precisamente come ciò che è importante per noi , non arriva nemmeno ad esser compreso da lui . Vi sono in quelle piccole anime delle grandi e paurose tragedie , che noi definiamo come capricci . Vi sono , in germe , tutte le passioni che dilaniano il cuore dell ' uomo , e che noi ingenuamente crediamo di poter placare con un rimprovero od un castigo , mentre non facciamo che esacerbarle . Vi sono delle strane intuizioni precoci che permettono al bambino di vedere , di sentire , di giudicare tutte le ingiustizie che noi commettiamo verso di lui , illudendoci ch ' egli non arrivi a capirle . L ' orgoglio e la gelosia , per esempio , queste precocissime fra le passioni umane , fanno forse più soffrire i fanciulli che non gli adulti , e creano il tipo , non raro , del bambino chiuso nella sua tristezza silenziosa e nella sua testardaggine , che porta con incompresa dignità il dolore del suo orgoglio ferito , e contro il quale scioccamente e perversamente si sfoga la nostra severità , pretendendo di correggerlo di un difetto di cui ignoriamo le cause . E v ' è , infine , al di sopra di tutte queste considerazioni , un ' altra considerazione più alta e più vasta , che dovrebbe oggi modificare non solo i giudizi sull ' anima del fanciullo , ma specialmente il metodo dell ' educazione . Io ho tracciato alcune linee della psicologia infantile , analizzando l ' infanzia in sé stessa , da un punto di vista scientifico , isolandola quasi dal tempo e dall ' ambiente . L ' analisi - lo confesso - non era completa . Io ho dimenticato che non si può fare astrazione nello studio di nessun organismo dall ' ambiente ove sorge , e che - opera od uomo , individuo o collettività - tutti , come le piante , risentono l ' influenza del terreno che li ha prodotti . Anche l ' infanzia sente oggi , oltre le cause ereditarie e congenite , l ' influenza dell ' epoca in cui vive , subisce la temperatura morale che la circonda , è illuminata dal riflesso di quel mondo grande che s ' agita intorno a lei . E l ' anima sua incoscientemente palpita di ciò che è il palpito dell ' anima nostra . I fanciulli moderni sono diversi dai fanciulli di cinquanta anni fa , perché non possono sottrarsi e ignorare la febbre da cui è dominata la nostra civiltà frettolosa . Oggi essi entrano troppo presto nella vita : troppo presto affaticano il cervello negli studi : troppo presto sciupano la loro adorabile semplicità infantile , partecipando in società all ' esistenza complicata , irritata , affaccendata degli adulti . Oggi ciò che essi odono in famiglia , il molto che leggono , il troppo e il turpe che vedono nelle strade , la stessa ansiosa preoccupazione dei genitori che si ripercuote in loro e li eccita , la coscienza di essere divenuti i personaggi più importanti della casa , questa inebriante mistura d ' orgoglio e di vanità per cui s ' illudono d ' esser qualcuno mentre non sono ancor nulla , e vogliono già emergere in quel mondo che ancora li ignora , fanno sì che essi accelerino e saltino i periodi fisiologicamente normali del loro sviluppo , e siano dei precoci e dei nervosi . Tutte le distanze s ' abbreviano oggi , nel mondo fisico come nel mondo morale . La nostra legge sovrana è la fretta . Abolire fin che si può e più che si può quegli ostacoli antichi che si chiamano il tempo e lo spazio , ecco la meta dietro cui corriamo vertiginosamente . E noi stiamo abolendo o accorciando l ' infanzia . Come noi diventiamo vecchi prima del tempo , così il fanciullo , prima del tempo , diventa uomo . Sotto la pressione violenta di emozioni e di sensazioni superiori alla sua età , egli diventa uomo per i desiderî , per le ambizioni , per le passioni , non per la forza e per la coscienza . Ed è da questo squilibrio fra il volere e il potere , da questa antinomia fra la legge di natura e le esigenze della civiltà , che scoppia talvolta nell ' anima infantile il dramma più pauroso e più doloroso : il suicidio ! Noi credevamo che il rifiuto della vita fosse possibile solo in chi conobbe la vita : noi credevamo che quest ' attimo di coraggio in cui si nasconde forse una lunga viltà , fosse una conseguenza dei dolori e delle preoccupazioni dell ' età matura . E invece , ecco che l ' epidemia suicida si diffonde anche tra i fanciulli , ecco che le statistiche ne notano ogni anno il regolare crescente aumento , ecco che noi vediamo e leggiamo che si uccidono non solo ragazzi di quindici o sedici anni , ma bimbi di dieci , di otto , persino di sei anni ! Ah , chi potrà mai immaginare la tempesta di idee troppo grandi in quei cervelli troppo piccoli ? chi potrà mai ridire il tormento di quelle anime prima di compiere l ' atto fatale ? Qui non soccorre a spiegarci il mistero la teoria atavica ! qui la colpa non è né dell ' eredità , né della natura ! La colpa è nostra perché siamo noi , è la nostra civiltà troppo intensa , febbrile e cerebrale che intorbida ed avvelena anche l ' ingenuità del fanciullo e ne eccita fino alla patologia tutto il sistema nervoso . E noi dovremmo sentire questo rimorso , aver coscienza di questa responsabilità : noi dovremmo finalmente comprendere che il primo dovere dell ' educazione è di creare intorno al bambino un ambiente moralmente sano e bello , ove non penetri l ' eco di tutte le ansie che ci tormentano , e ove l ' anima del fanciullo possa svolgersi liberamente secondo le leggi della natura , senza essere troppo presto soffocata o martirizzata dai pensieri e dalle sensazioni dell ' anima nostra . E solo allora - quando avremo ridato all ' infanzia la sua pace serena e la vedremo fiorire intorno a noi simbolo di speranza - solo allora noi potremo comprendere e meritare la frase di Amiel : che il po ' di paradiso che noi troviamo sulla terra è dovuto alla presenza del bambino ! FINE .
L'INTELLIGENZA DELLA FOLLA ( SIGHELE SCIPIO , 1910 )
Saggistica ,
PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE Questo libro che presento oggi al lettore non pretende d ' essere un lavoro rigidamente scientifico come il volume I delitti della folla , ma soltanto una raccolta di studî i quali , da diversi punti di vista , cercano di gettare un po ' di luce nell ' oscuro problema della psicologia collettiva . La maggior parte di questi studî furono già pubblicati qua e là , e se io li riunisco e li ripubblico ora gli è non solo perché essi sono legati organicamente fra loro dall ' identità dell ' oggetto , ma anche per queste due altre ragioni : anzitutto perché di fronte al grande sviluppo preso negli ultimi anni dalla psicologia collettiva , non mi pare inutile rievocare i tentativi , sia pur manchevoli e frammentarî , di chi per primo si occupò con amore e con fervore di quella scienza ; in secondo luogo perché tali tentativi sono la più eloquente ed esauriente risposta alle critiche che da alcune parti mi vennero per il modo con cui io avevo definito e interpretato la psicologia collettiva . Questa recentissima scienza attraversa ora un periodo di confusione dovuto a un equivoco . Allorché apparvero alcuni anni fa i primi lavori di psicologia collettiva , essi interessarono e appassionarono il pubblico , non certo per merito del loro autore , ma per la novità del tema . E quindi moltissimi , con felice intuito del momento , si dettero a coltivare quel ramo di scienza . Ma , coltivandolo , sconfinarono ; e sotto la bandiera della psicologia collettiva fecero passare degli studî che con quella non avevano che delle relazioni molto indirette . Per esempio Gustavo Le Bon e Pasquale Rossi nei loro libri , del resto assai importanti , hanno confuso spesso la psicologia delle folle ( che è veramente della psicologia collettiva , cioè della psicologia dal punto di vista statico ) con la psicologia dei popoli ( la quale non è altro che della psicologia collettiva dinamica o sociologia ) . Ora , io non ripeterò qui la mia distinzione fondamentale tra psicologia collettiva e sociologia perché la ho già troppe volte esposta altrove * , e non cercherò di dimostrarne l ' esattezza perché Alessandro Groppali l ' ha così lucidamente difesa da tutte le obbiezioni che le furono mosse , ch ' io non potrei che ripetere , e assai meno bene , ciò ch ' egli scrisse con mirabile precisione scientifica * . Ma mi limiterò a dire che il presente volume vuol essere - ed io mi lusingo che sia - un ' altra battaglia combattuta per dissipare quell ' equivoco e per togliere quella confusione che hanno , a torto , schierato in due campi i cultori della psicologia collettiva , bollando gli uni come nemici ed esaltando gli altri come amici della folla . Il lettore vedrà che non è il caso di fare queste divisioni ingiuste e antipatiche , e riconoscerà che chi ha dedicato una gran parte della propria attività allo studio dell ' anima collettiva ne ha saputo comprendere così i difetti come le virtù , appunto perché non essendo dominato da alcun preconcetto , ha potuto serenamente distinguere il momento statico dal momento dinamico dell ' attività collettiva , e constatare i risultati dolorosi che si hanno spesse volte dal primo , come riconoscere le straordinarie e feconde energie che si sviluppano sempre dal secondo . Ottobre 1903 . SCIPIO SIGHELE . PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE Nell ' inverno scorso ho tenuto all ' Istituto di Scienze Sociali di Firenze , per invito del Direttore l ' illustre prof . Riccardo Dalla Volta , un breve corso di conferenze intorno alla Sociologia e la psicologia collettiva . E l ' esito insperato di quel corso , se da un lato mi dimostrò che certi problemi sono sempre di attualità , dall ' altro lato mi fu di incitamento a ristudiarli e riordinarli . Per questo , or son pochi mesi presentavo al pubblico la quarta edizione dei Delitti della folla , e mentre sto preparando una nuova edizione della Delinquenza settaria , offro oggi al lettore questa seconda edizione dell ' Intelligenza della folla , sperando di dare così all ' opera mia un carattere meno incompleto e meno inorganico . Questi tre volumi poco si intenderebbero e mal si giudicherebbero , isolati . Considerati insieme , essi appariranno , io credo , come le parti di un tutto , come le conseguenze e le applicazioni logiche di un pensiero unico e di una dottrina a lungo meditata . Nella presente edizione , non solo è totalmente mutato l ' ordine primitivo dei capitoli , e tutti sono corretti ed ampliati , ma ho aggiunto lo studio Contro il Parlamentarismo che nella prima edizione mancava , e un capitolo inedito su La folla e Gabriele d ' Annunzio . Forse il pubblico si convincerà che l ' arte e la scienza , malgrado le apparenze , malgrado cioè il dispregio dei superuomini per la folla , non sono in fondo discordi nel considerare il valore sociale e intellettuale della psicologia collettiva . NAGO ( Trentino ) , settembre 1910 . SCIPIO SIGHELE . CAPITOLO PRIMO Il problema morale dell ' anima collettiva Uno dei fenomeni più caratteristici del momento presente - il solo forse per cui esso può definirsi con esattezza - è l ' importanza che è andata assumendo la collettività in confronto dell ' individuo . Mentre quasi tutte le antiche credenze barcollano o muoiono , mentre le vecchie colonne della società pare crollino l ' una dopo l ' altra , la potenza delle masse è la sola che nulla minaccia e il cui prestigio ingrandisce ogni giorno . Appena un secolo fa la politica tradizionale dei governi e le rivalità dei principi erano i più importanti fattori degli avvenimenti . L ' opinione del pubblico contava per poco , anzi spesso non contava per nulla . Oggi , sono le tradizioni ereditarie dei singoli Stati , i desiderî e i capricci dei singoli principi che non contano nulla , ed è - invece - la voce collettiva e grandiosa della folla che guida il mondo . Una volta la coscienza di un popolo si poteva impersonare in un uomo che ne era l ' espressione ed il segno dinanzi alla storia . Il secolo d ' oro della Grecia si può simbolizzare in Pericle : un periodo della storia di Roma si può simbolizzare in Cesare , e non a torto uno storico illustre ha detto che la frase di Luigi XIV : lo Stato sono io , per quanto odiosa e pericolosa , non era allora né psicologicamente né socialmente inesatta . Ma oggi , chi potrebbe affermare che un popolo è rappresentato da un uomo solo , il quale ne riassuma e ne esprima tutti i desiderî , tutte le tendenze , tutte le idee ? Anche quei popoli che - non so se per loro fortuna o per loro disgrazia - sono retti da un monarca più personale e più significativo degli altri , possono tutt ' al più vantarsi che questo monarca simbolizzi alcuni lati , e spesso i più patologici della loro poliedrica anima collettiva , non certo che egli la rappresenti completa ed intera . E come nella politica , così anche nella scienza , dopo la crisi d ' individualismo che ha imperato ovunque , in economia , in morale , in diritto , si ritorna a studiare ogni azione umana come un prodotto della collettività piuttosto che dell ' individuo , e si segue quell ' onda di reazione sociologica o socialista che va ad infrangersi con crescente violenza contro lo scoglio dell ' illusione egocentrica forse troppo a lungo durata . L ' individuo , insomma , che una volta era il perno intorno a cui roteava si può dire tutta la civiltà , oggi scompare , in politica , dinanzi a quell ' ente collettivo che è il partito o l ' opinione pubblica , nella scienza , dinanzi a quell ' ente collettivo che è la specie . Esso è considerato ormai come la goccia d ' acqua nel mare : una quantità trascurabile per sé stessa , una potenza immensa e terribile soltanto quando è unito ai suoi simili . E mentre fino a poco tempo fa la psicologia e la filosofia - troppo sempliciste e superficiali - avevano creduto di spiegare l ' evoluzione sociale colla apparizione sporadica di qualche grand ' uomo , e avevano ridotto tutta la storia - l ' arte come la scienza , la religione come la politica - a un seguito di biografie , oggi si è compreso che il protagonista vero della storia , quantunque non sempre visibile , è stato il popolo , vale a dire la folla anonima su cui l ' egoismo dei grandi lavorava come su un corpo vile per costrurre l ' edificio della propria potenza e della propria ambizione , e che , viceversa , era la immensa oscura miniera donde quei grandi traevano inconsciamente le loro idee e i mezzi per attuarle . Si parla dei problemi gravi che il secolo XIX ha lasciato in eredità al secolo nostro . Se io non mi sbaglio , il legato più glorioso e nello stesso tempo più pericoloso di questa eredità è precisamente quello che si riassume nella parte che giocherà la folla nell ' avvenire . Oggi infatti non si tratta soltanto di riconoscere - da un punto di vista letterario - la influenza della collettività nell ' evoluzione umana : si tratta sopratutto di constatare - da un punto di vista politico - l ' impero assoluto che ormai la collettività ha preso sui destini del mondo . La folla ha sempre tenuto nelle sue mani incoscienti la sorte del mondo . Terribile e immensa parte , la sua , ma passiva . Essa è stata , di fronte al prodotto che chiamasi civiltà , la femmina feconda il cui amore suscita il lavoro e offre la ricompensa . È per lei , in fondo , che anche il più egoarchico degli eroi lavora , come l ' uomo per la donna ; ma appunto come la donna , essa non sa produrre da sola . La sua gloria anonima è sempre stata quella di procreare , a sua insaputa , il genio che avrebbe aumentato di qualche linea il catalogo delle sue ricchezze . Perciò la sua funzione avrebbe dovuto essere unicamente quella di amare e di servire i genii , come la sposa ama e serve lo sposo ; ma viceversa la folla non fu mai né sposa né madre : essa non fu che femmina , e il più spesso la sua riconoscenza è consistita nel crucifiggere i salvatori , lasciando alle anime di altri eroi avvenire la cura del loro culto * . Finora , infatti , l ' opera più evidente che compiron le folle fu un ' opera di distruzione . Esse agirono nei secoli , come quei microbi che dissolvono i corpi indeboliti e i cadaveri . I barbari , che furono le grandi folle dell ' antichità , come gli operai sono le grandi folle dei nostri giorni , non avrebbero certo costrutto l ' edificio della civiltà romana , ma quando quell ' edificio fu barcollante occorrevano i barbari per atterrarlo , e rendere possibile la creazione d ' una civiltà nuova con gli avanzi del vecchio colosso * . Parve , allora , un ' opera totalmente negativa a chi non sapeva che la distruzione è il fondamento della costruzione : ma fu allora che , per la prima volta , si rivelò la tragica potenza delle folle , e che , per un istante , la filosofia del numero diventò la sola filosofia della storia . Ai nostri giorni , se ancor si può temere come eccezione brutale e sanguinosa l ' opera distruggitrice delle folle , bisogna riconoscere che l ' opera loro si esplica in modo normale e pacifico colle grandi correnti dell ' opinione pubblica , coi comizî e colla scheda elettorale . Pure noi sentiamo di tanto in tanto tutta la colossale potenza della loro opera negativa in quegli scioperi che , arrestando d ' un tratto con mirabile uniformità la vita sociale , ci dànno collettivamente un brivido di paura , come quelle mancanze di respiro che ci dànno individualmente la sensazione , il brivido della morte . La folla è dunque oggi , come sempre , e quantunque in diverso modo , l ' arbitra del nostro avvenire : e bisogna quindi preoccuparsi di questo nuovo possente e soverchiante fattore collettivo della vita sociale che , grazie alla libertà politica , è uscito dall ' incoscienza , e può agire adesso alla luce dei comizî , della stampa , delle elezioni , degli scioperi , anziché essere costretto come una volta , ad esplicare di quando in quando le sue torve energie all ' ombra delle congiure , delle sette e delle rivolte . La logica rigida di qualche intellettuale individualista è ancora tormentata da questo dubbio : è veramente degna la folla dello scettro che la libertà politica le ha donato ? questo nuovo Briareo merita di ricevere nelle sue mille braccia il bastone del comando ormai caduto dalle mani dei despoti ? è giusto che , come una volta si era sovrani per nascita , oggi lo si sia per il numero , e che l ' aritmetica abbia detronizzato l ' eredità ? Ma a queste retoriche e paurose domande , mi par quasi ozioso dare risposta , giacché vi risponde coll ' argomento sovrano dei fatti , non solo tutta la storia recente del mondo civile , ma tutta la nostra vita da che l ' Italia è nazione libera ed una . Lasciamo pure che talvolta , per comodo di polemica , si insulti l ' anima collettiva chiamandola la piazza : in realtà tutti sentono il dovere di rispettarla sotto il nome di opinione pubblica ; e ciò è tanto vero che la stessa forma politica che ci regge ha sentito il bisogno di trovare il suo più sincero e più forte punto di appoggio e la sorgente sua più fresca e più limpida nei plebisciti , i quali non sono altro che l ' espressione statistica della volontà collettiva . Il destino - ed io credo un giusto destino - ci ha ormai condotti al despotismo della collettività , e quindi - più che discutere questo despotismo teoricamente , e del resto platonicamente , poiché non si può mai ritogliere al popolo quello che gli fu dato - mi sembra necessario discutere i modi e i mezzi con cui quel despotismo si può rendere sempre più cosciente e più degno . Ecco dove - secondo me - consiste il problema dell ' anima collettiva : nello studiare quest ' anima multiforme e complessa che ormai tiene nelle sue mani il nostro avvenire e nel cercare di elevarla moralmente e intellettualmente . Io non so se voi abbiate mai fermata la vostra attenzione su questo strano fenomeno : gli italiani sono - individualmente - dotati da natura di una innegabile superiorità su molti altri popoli , e nondimeno - tutti insieme - formano una nazione che , se è stata una volta la prima , non è pur troppo più la prima nel mondo moderno . Viaggiando , io mi son sentito spesso rivolgere da amici sinceri e spassionati del nostro paese questa domanda che racchiudeva , con misterioso contrasto , un elogio e una umiliazione : " Come è possibile - mi dicevano - che un popolo come il vostro sia collettivamente inferiore al popolo tedesco e al popolo inglese , se il più umile degli italiani ha più ingegno , più sobria moralità , più energia e più resistenza al lavoro del migliore degli operai inglesi e tedeschi ? Che fate voi della vostra abbondanza di uomini , della vostra ricchezza di ingegno , di questo tesoro che la sorte vi ha dato , se non siete capaci di usufruirlo , di organizzarlo sapientemente , per la gloria e per la prosperità della patria comune ? " . Ed io sentivo la verità dolorosa di questa domanda , accorgendomi ovunque all ' estero che se qualche italiano - come individuo - era rispettato e adulato , l ' Italia - come organismo collettivo - non solo non era adulata , ma talvolta non era nemmeno conosciuta . E mi dovevo confermare sempre più in una idea che già m ' era balenata come un ' incognita psicologica , l ' idea che mentre l ' anima dell ' italiano rimane sempre la più agile , la più viva , la più aperta ad ogni sogno di bellezza e ad ogni ideale di grandezza , l ' anima collettiva dell ' Italia è ancora incerta paurosa e quasi scontenta di sé , perché minore degli elementi che la compongono . E mi chiedevo : perché le grandi potenze europee , la Francia , e sopratutto la Germania e l ' Inghilterra , valgono socialmente assai più di noi , mentre la materia prima di cui sono formate - l ' individuo - è assai inferiore alla nostra ? Dove risiede la causa di questo paradosso psicologico per il quale con unità elementari migliori noi italiani diamo collettivamente un prodotto peggiore ? E fra le infinite cause di questo paradosso , una mi parve avesse un ' importanza generale e di primo ordine , poiché da essa tutte le altre , per varie e diverse ragioni dipendono . Fra noi non si è ancora formata , non si è potuta formare , un ' unica anima italiana ; esistono invece molte e differenti anime italiane , quante sono le regioni del nostro paese . Quell ' inconscio lavoro di polarizzazione che storicamente si è compiuto presso altri popoli , così da far convergere tutti i raggi delle singole energie individuali in un unico fuoco , e da dare - oltre e più che la prova scientifica - la sensazione artistica che milioni di anime possono riassumersi , simbolizzarsi e fremere in una sola grande anima collettiva ; questo inconscio lavoro , che è la forza specifica della Francia , della Germania e dell ' Inghilterra , non è avvenuto fra noi . I nostri troppo diversi temperamenti , e più la nostra storia , ce lo hanno impedito : ognuno di noi , prima di essere italiano , è o meridionale o settentrionale , o siciliano o milanese , o veneto o napoletano , e quindi le nostre energie non convergono e non si sommano in un fuoco centrale , ma tendono a raggrupparsi indipendentemente , secondo antichi legami regionali , frutto dell ' eredità e dell ' abitudine , - e formano perciò dell ' Italia non un faro unico che splenda di luce uniforme ed intensa , ma una riunione di sistemi planetarî ove sono molti i soli che vivono di luce propria e che hanno ciascuno un seguito d ' astri minori . L ' Italia infatti non è - per chi la consideri dall ' alto e da lontano come un ' astratta entità psicologica - né un organismo mastodontico come la Germania , né un organismo meno pesante ma forse ancora più burocraticamente uniforme come la Francia . Ogni tedesco ed ogni francese portano impresso il loro carattere nazionale e da quello solo voi potete riconoscerli e definirli : ogni italiano invece , oltre e più del suo carattere nazionale , porta impresso lo stigma della sua provincia ; ed è perciò che mentre una riunione di francesi o di tedeschi vi dà la sensazione d ' una musica monocorde , una riunione di italiani ha tutto il fascino d ' una sinfonia ove s ' intreccino mille motivi melodici . L ' Italia insomma è nell ' anima del suo popolo quello che è nella sua geografia : il paese che riunisce gli spettacoli più diversi : e come voi potete , attraversandola , passare dai ghiacciai delle Alpi al sorriso delle marine , da campagne ubertose a terreni deserti e malarici , da selve ove cresce soltanto la nordica pianta dell ' abete a giardini ove fiorisce l ' arancio ; così giudicandola socialmente , voi dovete confessare che molti suoi abitanti paiono , anziché italiani , greci o spagnuoli o tedeschi , e che mentre alcuni hanno l ' indolenza dei popoli orientali , altri son dominati dalla febbre del danaro propria degli americani . Orbene , questa varietà antropologica e psicologica che costituisce la bellezza artistica e potrebbe costituire la perfezione sociale del nostro paese , è , viceversa , fonte di invidia fra gli italiani e quindi di debolezza collettiva dinanzi agli stranieri , perché noi - anziché riconoscerla francamente e svilupparla sapientemente - ci siamo ostinati a negarla e a comprimerla in omaggio a un falso concetto del patriottismo . L ' esagerazione e l ' iperbole , che sono fra i nostri maggiori difetti , ci hanno fatto credere che noi eravamo non soltanto tutti fratelli , ma anche tutti eguali , da un capo all ' altro della penisola , e siamo andati sempre innanzi sulle stampelle della retorica e al suono dei grandi nomi , proclamando che noi dovevamo essere tutti governati ad un modo , italiani della Sicilia e del Veneto , del Piemonte e della Calabria . E quando - dapprima - qualche voce isolata di osservatori indipendenti osò ammonire : " Badate , noi siamo diversi per razza , per storia , per abitudini , e bisogna quindi piuttosto che imporre a forza un ' unificazione formale , preparare a poco a poco un ' unificazione sincera e reale " , i più copersero quelle voci isolate sotto il clangore degli squilli della loro retorica patriottica ; e quando più tardi quelle voci s ' alzarono più forti e più numerose e non fu possibile ridurle al silenzio , si disse da molti che esse erano l ' opera di scuole scientifiche superficiali e paradossali , o di uomini e di partiti che volevano minare l ' unità politica del nostro paese . Invece - prescindendo dal modo e dalla forma con cui certe verità si dovevano e si debbono dire - io credo ed affermo che il pericolo vero per l ' unità della nostra patria , non istà nel riconoscere apertamente ch ' essa è formata di regioni che hanno idee , sentimenti e bisogni diversi , ma consiste nell ' ostinarsi a negare questa differenza , e nel voler quindi educare e governare tutti gli italiani in un modo identico , costringendoli amministrativamente e legislativamente in un letto di Procuste , che fa sorgere gli urli della protesta , e fa deviare patologicamente quello spirito regionale che - se fosse rispettato nei suoi giusti limiti - sarebbe ancor oggi , come fu all ' epoca dei Comuni , la fortuna d ' Italia . È questa manìa di un ' eguaglianza e di una uniformità impossibili e innaturali , che ci ha impedito di formare un ' anima collettiva veramente degna di noi , specchio fedele di quello che siamo e di quanto valiamo . Perduti nel pregiudizio che base necessaria dell ' unità politica sia l ' uniformità sociale , noi abbiamo lavorato inutilmente - colle leggi e colle frasi - a creare un tipo unico di italiano che non esiste e non può esistere ; e non ci siamo accorti che il nostro dovere di cittadini e di uomini sinceri era invece di lavorare - con un prudente sistema di federalismo amministrativo - allo sviluppo autonomo dei vari tipi di italiani , i quali , tutti insieme , avrebbero cooperato a formare dell ' Italia , non un organismo rigidamente monotono , ma un organismo sciolto , libero , snello , che nella stessa diversità delle indoli ond ' era composto , avrebbe trovato la ragione della sua bellezza e della sua forza . Giacché - ed è questa davvero un ' opera di sano patriottismo - se noi non dobbiamo tacere che alcune nostre regioni sono ancora indietro sulla via del progresso e della moralità , noi non dobbiamo nemmeno tacere che ciò dipende da una minoranza che ancora le domina medioevalmente e che politicamente le sfrutta : l ' anima vera di quelle luminose regioni è un tesoro nascosto di qualità morali e di genialità intellettuale che non attende se non un aiuto fraterno per esplicarsi libera al sole e scuotere il giogo dei pochi furbi che la fanno apparire diversa da quella che è realmente . E questo aiuto fraterno si riassume anzitutto e sopratutto in un ' opera di sincerità . Noi dobbiamo lasciare ai paladini della maffia e della camorra , a coloro che ingenuamente o gesuiticamente credono si possa uccidere un male negandolo , o cancellare una macchia coprendola , il bugiardo sistema di proclamarsi tutti eguali e tutti arrivati a un identico grado di civiltà : noi dobbiamo inaugurare arditamente il sistema della verità che , svelando , per guarirli , le colpe e i difetti , che sono di pochi , scopra e sviluppi anche le doti e le qualità ignorate , che per fortuna sono di molti . Così - e non altrimenti - potrà formarsi la genuina anima nostra : così l ' Italia potrà essere nel suo insieme all ' altezza morale e intellettuale delle regioni che la compongono , e apparire dinanzi agli stranieri come la risultante armonica in cui si fondono le diverse e mirabili energie del popolo più riccamente dotato dalla natura . Un bagno di sincerità : ecco ciò di cui ha bisogno la patria nostra . La debolezza dell ' Italia è tutta nelle menzogne di cui s ' è nutrita dal '70 in poi . E se la menzogna più grande è quella di cui ho parlato finora , altre ve ne sono - meno gravi forse politicamente - ma altrettanto pericolose dal punto di vista sociale . Noi ci dibattiamo fra due teorie , egualmente esagerate e bugiarde , che si contraddicono nei termini stessi con cui vengono esposte . Per alcuni , noi siamo un popolo giovine ; per altri , noi siamo addirittura un popolo decrepito . Vi son quelli che con implacabile scetticismo fanno udire il lugubre rintocco delle campane a morto della razza latina ; e vi son quelli che con troppo patriottico orgoglio suonano la fanfara d ' un rinnovamento della stirpe italiana . Costoro s ' empion la bocca , e vorrebbero intronar le orecchie degli altri , col ricordo delle nostre glorie passate : quelli invece traggono eccessive conseguenze da alcuni fenomeni di innegabile degenerazione , e come medici troppo frettolosi predicono la morte d ' un organismo basandosi soltanto su sintomi passeggieri e superficiali . Gli uni e gli altri - secondo me - hanno torto . Noi non dobbiamo essere né troppo vani e ottimisti , né troppo pessimisti e modesti . Noi non dobbiamo far nostra la sciocca psicologia del nobile moderno , il quale s ' illude che basti il suo blasone a renderlo rispettato e temuto , e s ' adagia nella contemplazione dei meriti dei suoi avi , senza sentire il bisogno e il dovere di rendersi degno di loro , ma noi non dobbiamo neppure avvilirci nella teoria snervante di coloro che , proclamandoci un popolo vecchio , ci dannano a una decadenza fatale . In questi ultimi tempi si è troppo abusato di similitudini nel campo sociologico , e troppo spesso si è voluta paragonare la vita di un popolo a quella di un individuo . Le nazioni non possono essere in tutto paragonate agli organismi individuali , giacché mentre per questi il corso della vita è inesorabilmente tracciato dalle leggi di natura , e dopo un periodo di gioventù in cui l ' uomo ardisce e promette , v ' è un periodo di virilità in cui agisce e mantiene , e un periodo di senilità in cui decade e che prelude alla morte , - per quelle collettività che si chiamano nazioni , può verificarsi invece o il miracolo dell ' immortalità o almeno quello della resurrezione . Vale a dire che nazioni anche vecchissime possono o continuare a vivere prospere e rigogliose , o , dopo un periodo di decadimento e di morte apparente , rifiorire e risorgere agli splendori d ' un tempo . Tale fu , nella storia , il destino felice di alcuni popoli ; tale può essere - io lo spero e lo auguro - anche il destino del nostro popolo . L ' Italia ha troppe volte mostrato di possedere la misteriosa virtù di alternare periodi di gloria e di potenza con periodi di silenzio e di miseria , come certi terreni alternano anni di fecondità con anni di sterilità , per non legittimare la speranza che ancora una volta si riproduca il miracolo confortante ! Ma l ' attuazione di questo miracolo noi non dobbiamo attenderla soltanto dal nostro passato , quasi questo fosse una fiamma eterna che ci deve riscaldare ed illuminare perennemente nei secoli , noi dobbiamo volerla e meritarla colle nostre attuali energie . E invece di cullarci in un orgoglio che confina colla vanità , o rinchiuderci in una modesta rassegnazione che confina con un ' umiltà suicida , noi dobbiamo svegliare in noi una serena e ferma fiducia in noi stessi , e non soltanto spazzar via le menzogne che ci degradano e i pregiudizi che ci indeboliscono , ma sopratutto svecchiare la nostra educazione e la nostra istruzione , le quali sono - anche esse - non ultime cause di quella atonia della nostra anima collettiva che ci fa apparire minori di quello che siamo . Le razze anglo - sassoni sono attualmente superiori alle razze latine , non solo e non tanto perché , in confronto a noi , sono razze giovani , quanto e sopratutto perché esse hanno sistemi d ' educazione giovani , mentre noi li abbiamo vecchissimi , e perché si preoccupano di formare e di agguerrire l ' uomo per le lotte della vita moderna , piuttosto che di imbottirlo di cognizioni sul mondo antico . Senza essere esagerati , io credo che il nostro sistema d ' educazione classica si può riassumere così : in un atto di fede davanti l ' infallibilità d ' un maestro o d ' una teoria , e in un continuo atto d ' adorazione verso il nostro passato , che ci è imposto come un esempio immutabile e insuperabile . Infatti , prima e più che insegnare le cose necessarie alla vita , nelle nostre scuole si insegna , esaltandola , la storia antica , la quale non è se non il trionfo della forza brutale : - e lo strano è che noi siamo pronti a meravigliarci e a inorridire davanti a un delitto politico moderno , mentre non facciamo altro che lodare i delitti politici del passato , e mentre la nostra educazione non è che una glorificazione continua della violenza ! Nelle nostre scuole , invece di formar degli uomini , si forman degli eruditi : invece di preparare i giovani alle difficoltà della lotta per la esistenza , si preparano soltanto alle carriere burocratiche : invece di sviluppare l ' iniziativa individuale , si cerca di spegnere sotto un livello mediocre ogni lampo di originalità . In una parola , nelle scuole dove si dovrebbe aver di mira lo sviluppo delle più alte facoltà umane , non si tende invece che a un unico ideale , molto prossimo , il diploma . E lo Stato che fabbrica , a colpi di manuale , tutti questi laureati , non può utilizzarne che una parte e lascia perciò senza impiego tutti gli altri . Esso deve quindi rassegnarsi a nutrire i primi e ad aver per nemici i secondi , deve rassegnarsi cioè a creare due categorie di individui : quelli che avendo assediato le carriere , hanno potuto ottenere un posto , e quelli che pur avendo messo l ' assedio sono rimasti al di fuori della fortezza burocratica . I primi costituiscono una folla schiava del Governo , sempre pronta a sostenerlo per paura di perdere il loro impiego e per inconscia difesa di classe ; i secondi costituiscono una folla ribelle al Governo , sempre pronta a combatterne e a intralciarne le iniziative ; - e la cosiddetta opinione pubblica non è spesso che la risultante di queste due strane correnti che portano nei giudizi , non le idee e i sentimenti veri del popolo , ma o gli egoismi d ' una folla che ha troppo mangiato , o le rappresaglie d ' una folla che ha fame . Tale è - per disgrazia - la condizione di una gran parte delle folle latine e specialmente italiane , perché la nostra gioventù intellettuale è resa precocemente vecchia dai nostri sistemi d ' educazione . L ' idea di farsi un posto al sole e di essere utili al proprio paese al di fuori dell ' ingranaggio della burocrazia o dell ' ambiente parlamentare , è un ' idea quasi ignota alla maggioranza dei giovani cervelli italiani . E ciò , non tanto per un abbassamento intellettuale , quanto per una organica sfiducia in sé stessi , per la quale anche i giovani si credono e si sentono vecchi , e come i vecchi hanno bisogno per camminare di appoggiarsi al bastone del Governo o del favoritismo politico . Qual differenza con altri popoli , dove , - come per esempio nell ' America del Nord - tanto gli impieghi governativi come i posti di deputati non sono ambiti dai giovani , sono anzi lasciati a coloro che non hanno fatto in altro modo carriera ! Là non si crede che un Governo ed un popolo sieno tutti ed unicamente nella burocrazia e nel Parlamento ! Là si sente che le energie individuali e collettive del paese sono fuori da quelle due istituzioni che da noi invece le atrofizzano : i cittadini hanno , cioè , fiducia in sé stessi , hanno , dirò meglio , coscienza di sé stessi , e sanno quindi che i funzionarî non sono altro che dei servitori della nazione , e i deputati dei mandatari - non dei despoti - dell ' opinione pubblica . La nazione vera è nei suoi cittadini indipendenti , che indipendentemente lavorano , pensano e parlano . Ebbene : noi dovremmo imitare questo tipo d ' educazione , e invece di tendere , nelle nostre scuole , all ' uniformità grigia , alla beata mediocrità , alla formazione del gregge docile che seguirà senza ribellioni il pastore , noi dovremmo tendere alla individualità insofferente , ma promettitrice di feconde energie , alla formazione di un popolo libero e sciolto che non s ' acqueti negli stagni degli impieghi , ma navighi ardito il mare tempestoso dell ' esistenza . Se noi sapremo compiere anche la parziale trasformazione della nostra educazione classica in una istruzione professionale , che riconduca una parte della gioventù ai campi , alle officine , ai commerci piuttosto che farla ammuffir negli uffici , e dia ad essa più che l ' erudizione di ciò che è vecchio , il senso pratico della vita moderna , e , più che l ' ammirazione per l ' ingegno , l ' ammirazione per l ' attività e per il carattere , noi formeremo allora veramente un ' anima collettiva degna della potenza che ormai il progresso le ha riconosciuto . Il problema , il pericolo , il bisogno del momento presente consistono appunto in quest ' opera di educazione delle masse : e ne è prova il fatto che là dove le folle rimasero ancor vittime della incoscienza e dell ' ignoranza secolare , incancrenite nei vecchi sistemi di una vecchia educazione , diedero al mondo spettacolo triste di ingiustizie e di violenze collettive , - e là invece dove poterono sollevarsi alla visione serena dei loro diritti , guardare con anima aperta e illuminata il loro destino , diedero un grande magnifico impulso alla formazione di una rinnovata coscienza sociale , - quasi bagliore lontano d ' una vera giustizia che scenderà con luce calma e ferma a sostituire la ipocrita giustizia del tempo nostro . Guardiamoci attorno : e confessiamo che se un ' opera di moralità fu compiuta , rivelando colpe finora prudentemente nascoste , se un ' opera di equità fu tentata , elevando il lavoro alla dignità e alla considerazione che merita , lo si deve , non tanto a questo o a quell ' individuo , quanto allo sviluppo lento , continuo , grandioso dell ' anima collettiva , cui finalmente si osò e si volle far sentire la sua potenza legittima , e che agisce ora come fiamma purificatrice di altruismo ad oscurare e disperdere l ' egoismo individualista da cui eravamo dominati finora . Né si dica che è la semplice forza numerica che ora appare d ' un tratto , e che soverchia brutalmente ogni altra forza , poiché le furon tolti o allentati i freni che la tenevano paurosamente silenziosa . Ciò che oggi impone , fa pensare e per fortuna fa anche provvedere , non è la forza bruta della folla , la quale ha sempre esistito , ma è la coscienza nuova sviluppatasi nella folla , coscienza nutrita di verità e di modernità . Oggi noi non abbiamo dinanzi a noi , come una volta , degli automi che lavorano e soffrono e sono temibili soltanto per il loro numero ; noi abbiamo innanzi a noi degli organismi coscienti che sanno il prezzo del loro lavoro e che si sono formati un ' anima collettiva la quale giovanilmente fronteggia la nostra ancor vecchia e chiedono a noi economicamente quel che noi chiedemmo politicamente , or è un secolo , ad altre classi sociali . Due artisti , i fratelli Goncourt , lanciavano , più di cinquant ' anni fa , uno di quei paradossi letterarî che la storia s ' incarica di tramutare , almeno parzialmente , in realtà positiva . " Ogni quattro o cinquecento anni - essi dicevano - la barbarie è necessaria per rivivificare il mondo . Una volta in Europa , quando una vecchia popolazione d ' una amabile contrada era diventata anemica , le cadevano addosso dal nord dei colossi di sei piedi che rifacevano la razza . Adesso che l ' Europa non ha più selvaggi , sono gli operai che faranno quel lavoro fra una cinquantina d ' anni e ciò si chiamerà la rivoluzione sociale " . Io non ho citato questo brano per il suo contenuto politico : - non voglio occuparmi di politica e ad ogni modo dichiaro che sono ottimista ed evoluzionista e non credo ai funebri minacciatori di cataclismi ! - ho citato questo brano per il suo contenuto psicologico e morale . Ed io penso sia vero , fortunatamente vero , che una grande rivoluzione morale si sta compiendo in noi per l ' avvento e l ' elevazione del popolo , per lo svolgersi ed il fiorire di un ' anima collettiva cui si aveva negato finora la luce e la vita . Da troppo tempo noi eravamo polarizzati nella illusione che tutto quanto di bello e di grande era al mondo fosse il dono di qualche mostruoso cervello individuale : da troppo tempo noi ci curvavamo dinanzi al novissimo despotismo delle supreme facoltà individuali . E l ' adorazione per l ' uomo d ' ingegno era tanta , che gli si perdonava assai più facilmente che agli altri le immoralità e persino i delitti che commetteva . Se era un artista lo si onorava , anche se la sua arte era degenerata e sovvertiva i principî della morale : se era un uomo politico , lo si lasciava libero anche se rubava . Orbene , l ' anima collettiva è sorta a ribellarsi , e a farci ribellare , contro questa teoria superba ed aristocratica : e non soltanto ci ha insegnato , più che l ' ammirazione per qualche cervello superiore , l ' amore vivo e fraterno per la folla degli umili ; ma ci ha rivelato altresì che se i progressi intellettuali sono innegabilmente dovuti al genio di qualche individuo , i progressi morali sono dovuti sempre all ' opera oscura della collettività , cui non sorride speranza di gloria , ma verso cui deve scendere - più giusta e più grande - la nostra riconoscenza . Avviene - per le conquiste morali della folla - ciò che avviene nell ' arte per le maggiori e più mirabili opere architettoniche . Come , dinanzi alla nera cattedrale di Colonia o dinanzi alla candida meraviglia del Duomo di Milano , si dimentica il nome di chi le ideò e di coloro che ne diressero ed eseguirono il lavoro , e solo rimane viva l ' ammirazione per il sentimento religioso che ne fu l ' ispirazione anonima e collettiva , così , dinanzi al progresso morale cui il nostro secolo assiste e che fa suo dogma di dare il benessere , l ' educazione e il potere al maggior numero possibile d ' individui , anziché riserbarli a caste privilegiate , noi dobbiamo dimenticare il nome degli apostoli che quel progresso diressero e fecondarono , e dare il dovuto merito alla grande anima collettiva del popolo che di quel progresso fu l ' origine e l ' istigatrice maggiore . Suprema opera di giustizia , codesta , perché riconduce alla sua vera causa ciò che noi credevamo merito di pochi , - suprema opera di modestia , perché piega i nostri orgogli individuali dinanzi all ' azione oscura della folla , e - come una religione più umana - ci umilia tutti dinanzi alla misteriosa divinità dell ' anima collettiva . CAPITOLO SECONDO L ' arte e la folla L ' arte e la folla sono due nomi che ai più debbono sembrare contradditorî e inassociabili , giacché mentre l ' uno rappresenta l ' aristocrazia del pensiero , l ' altro non significa che la volgarità del numero . Può la folla intendere l ' arte e giudicarla ? È il suo plebiscito una di quelle sentenze contro cui non è ammesso l ' appello , e che pro veritate habentur ? O viceversa , come pretendono molti , l ' arte che piace alla folla non è arte o , tutt ' al più , non è che una forma di arte inferiore ? Ecco il problema non del tutto nuovo , ma che alcuni studî recenti hanno rimesso alla moda ; problema interessante e importante , non solo per le soluzioni che può avere , ma altresì e sopratutto per le analisi psicologiche che , per risolverlo , rende necessarie . È la psicologia collettiva , questo mare immenso , profondo e misterioso , che occorre sondare per scoprire , non la ragione intima ed ultima che è inafferrabile , ma almeno alcune cause dei suoi flussi e riflussi , delle sue calme e delle sue tempeste improvvise . I . Sorridono alcuni dell ' ufficio moralizzatore che il Guyau prima e il Tolstoi poi attribuirono all ' arte , e non ammettono ch ' essa possa avere di mira il miglioramento progressivo dell ' umanità , seguendo volta a volta le riforme che spuntano nell ' ambiente sociale . Negan costoro che vi sia un ' arte conservatrice ed una rivoluzionaria , un ' arte realista ed una repubblicana , un ' arte militarista ed una antiguerresca , perché - essi dicono - tutti questi e molti altri piccoli fenomeni dell ' anima contemporanea sono dall ' arte vera guardati dall ' alto e spesse volte trattati con disprezzo . Può darsi . Io non mi arrogo il diritto di definir l ' arte vera e umilmente confesso di ignorare chi abbia la privativa di questa definizione . Ma sento che l ' arte riflette come uno specchio le correnti religiose , politiche , scientifiche che attraversano la psiche umana , e quindi affermo - con la modestia doverosa in un profano - che l ' arte segue in questo senso i pensieri e i sentimenti diffusi nell ' anima collettiva e , quasi direi , si nutre di essi . L ' arte rappresenta tra i fenomeni umani quello che la sensitiva rappresenta tra gli organismi vegetali . Essa avverte , con una straordinaria dote di percezione che nessun altro ha e che pare prescienza , tutto ciò che avviene intorno a lei , e o reagisce ai fenomeni del mondo esteriore o li assorbe , ma sempre li riassume con una limpida evidenza sintetica . Prova ne sia il problema che oggi ritorna ad occupare lo spirito umano e che io ho posto a tema di questo studio . Questa ricerca dei rapporti tra l ' arte e la folla , questo chiederci se l ' una possa essere giudicata dall ' altra , che cosa è , se non la forma artistica sotto cui si manifesta il gran dissidio fra individualismo e socialismo che turba la coscienza contemporanea ? In questa sdegnosa superbia dell ' artista creatore che nega alla folla il diritto di consacrarlo alla fama o all ' oblio , non vediam noi risorgere e scolpirsi il duello eterno fra l ' individuo e la società , non sentiamo noi agitarsi il grande dubbio - nelle cui nebbie il secolo sorge - se sia cioè il progresso un merito esclusivo di alcuni individui geniali che trascinaron dietro le folle come i pastori le pecore , o non piuttosto la meravigliosa opera incosciente di tutti , una specie di immensa piramide cui ogni uomo che visse portò la sua pietra ? Abbiamo dunque di fronte , nel campo nell ' arte , come in quello della politica , due partiti opposti ed irriducibili : l ' uno esalta la folla , l ' altro la spregia ; l ' uno la crede degna d ' esser giudice d ' ogni opera individuale e quindi anche di governare , l ' altro le nega ogni capacità intellettiva , e la vorrebbe quindi non giudice e despota , ma ancella e schiava , dominata sempre ed in tutto da uno o da pochi . In politica , il partito che spregia la folla è ristretto ormai in assai brevi confini : la tesi superba ed egoista è ormai difficile ad essere sostenuta nella sua rigida purezza , perché urta contro uno stato di fatto che non si può mutare : il diritto di voto . Bisogna aggiungere inoltre che la politica , essendo il fenomeno sociale in cui la sincerità e la franchezza sono più scarse , non permette quella divisione netta e leale di partiti che altrove esiste , e si manifesta piuttosto con gradazioni indecise , che non con colori risolutamente spiccati . È raro infatti trovare nella politica un individualista ad oltranza , cioè un dispotico : come è raro trovare un socialista ad oltranza , cioè un uomo che neghi ogni e qualsiasi influenza o diritto all ' individuo isolato : entrambi sono intimamente rosi da una contraddizione facile ad essere messa a nudo , quantunque non confessata : l ' individualista cercherà quell ' adesione e quel successo nel pubblico , ch ' egli a parole disprezza ; e il socialista lotterà per quel sentimento egoistico di sopravvanzare gli altri e di accumulare per sé , che teoricamente condanna . In arte , il partito che spregia la folla è più numeroso . Senza accennare alla falange estrema dei sostenitori della teoria del superuomo , sono innegabilmente molti coloro che rifiutano alla moltitudine il diritto di giudicare una qualunque manifestazione artistica , e lo accordano tutt ' al più soltanto a un cenacolo di competenti che vanno sotto il nome di critici . Anche qui si riproduce il fenomeno contradditorio per il quale codesti aristocratici del pensiero non sono poi troppo malcontenti se la turba li colma di elogi e di applausi ; ma , pur beandosi dell ' aura popolare che li accarezza , essi non cessano di disprezzarla , e quando quell ' aura è loro contraria anziché favorevole , non se ne sgomentano , ma ne sorridono dall ' alto della loro incontestabile superiorità . Dall ' antico oratore greco che , quando la folla lo applaudiva , si interrompeva per chiedere ironicamente : mi applaudono ? ho dunque detto una sciocchezza ? fino al genio italianamente moderno di Arrigo Boito che , nella memorabile sera della prima rappresentazione del Mefistolele , impassibile sul suo scanno di direttore d ' orchestra , rispondeva ai fischi del pubblico , dicendo sorridente ai vicini : che onore mi fanno ! , - questo supremo disprezzo dell ' individuo - artista verso la folla - beota è uno dei fenomeni più comuni . Ma è altresì sempre un fenomeno logico e giusto ? Ecco finalmente e veramente il problema . II . Si è detto da alcuni e si ripete ormai quotidianamente da tutti , che la folla è moralmente e intellettualmente inferiore all ' individuo . Chi scrive cooperò , anzi fu il primo , a mettere in luce questa verità , ed ebbe il piacere di veder riprodotte spesso le proprie idee . Soltanto , questi riproduttori , o inconscientemente per miopia , o coscientemente per spirito di parte , hanno dimenticato che se io avevo formulato una legge , ne avevo anche constatate le non rare eccezioni . Eccezioni morali , anzitutto . La folla è senza dubbio un terreno in cui il microbo del male si sviluppa assai facilmente , e in cui viceversa il microbo del bene quasi sempre muore , non trovandovi le condizioni di vita . Da una folla voi temete sempre , sperate di rado : tutti sentono e tutti sanno , pur troppo , per esperienza , che l ' esempio di un malfattore o di un pazzo può trascinare la folla al delitto : ben pochi credono , e raro avviene , che la voce d ' un pacificatore possa indurre la folla alla calma . L ' opera della folla fu nella storia più un ' opera di odio e di distruzione che non di creazione e d ' amore , perché la folla , organismo incosciente e impulsivo , fatalmente agisce più cogli istinti del selvaggio e del bruto che non con quelli dell ' uomo civile . Ma non si può negare che talvolta la moltitudine arriva ad altezze psicologiche che l ' uomo isolato non saprebbe raggiungere , o manifesta una generosità così sublime che nessun individuo potrebbe spiegare . " Quando il più grande degli oratori riuscì a convincere gli Ateniesi che l ' uomo il quale aveva attirato su di essi dei disastri irreparabili persuadendoli ad armarsi contro Filippo , meritava non pene ma corone di lauro ; quando egli si gloriò d ' aver salvato a Maratona l ' onore del suo paese , e persuase a dei bottegai e a degli artigiani che l ' onore doveva esser loro più caro della vita , si assistè quel giorno al più bel trionfo che la parola umana abbia mai riportato , e il popolo ateniese provò che una moltitudine non è sempre mediocre e che le grandi ispirazioni sanno trovar qualche volta la strada per penetrare nella sua anima . Ogni cittadino , forse , isolatamente , avrebbe resistito all ' eloquenza di Demostene , ma egli parlava a una folla , e la folla si è arresa " * . Così nella celebre notte del 4 agosto , l ' assemblea di Francia , facendo getto dei suoi diritti ereditari , ha dato prova d ' un altruismo collettivo , il cui equivalente invano si cercherebbe nella storia degli altruismi individuali . Così , la folla briaca dei parigini , all ' epoca della rivoluzione , ebbe dei lampi di dolcezza sentimentale in mezzo all ' oscura bufera della sua ferocia bestiale . Quando Sombreuil , condannato a morte , apparve tra la fila delle baionette , e sua figlia gli si allacciò al collo , scongiurando gli assassini di risparmiarlo , o di uccidere anche lei insieme a lui , un grido di grazia s ' elevò tra la moltitudine . E si accordò alla figlia la vita del padre , al patto orribile ch ' ella immergesse le labbra in una tazza piena del sangue di aristocratici . La figlia prese il bicchiere con mano ferma e lo vuotò alla salute del padre suo . Il gesto supremo operò il miracolo . Vi sono delle sorprese della natura anche nel delitto ; vi sono delle imprevedibili rivoluzioni negli abissi del cuore umano . Quei mostri , ancor tinti di sangue , portarono in trionfo Sombreuil e sua figlia fino al loro palazzo e giurarono di difenderli contro ogni nemico * . Così - per passare dalle tragedie vere e vissute a quelle false e rappresentate - non si può negare che nelle società più equivoche , nelle masse composte dei peggiori elementi , c ' è un sentimento collettivo di onestà e di giustizia che vince l ' istinto individuale più perverso . Ricordo di aver letto l ' indignazione che invase una platea di forzati a una rappresentazione concessa loro dalla Direzione del penitenziario , quando il traditore Golo fa uccidere da due sicari la pia e virtuosa Genoveffa di Brabante col suo bambino . Non c ' è quindi alcun dubbio che pur dovendo affermare in generale che la folla è moralmente peggiore dell ' individuo , bisogna anche riconoscere che talvolta essa lo supera nell ' esplicazione delle più alte facoltà dell ' anima umana . La folla , come la donna , ha una psicologia estrema , capace solo di eccessi , mirabile alle volte di abnegazione , spaventosa spesso di ferocia , mai o quasi mai mediocre e misurata nei suoi sentimenti . Orbene : potremo noi dire che la folla ha - anche , nel campo intellettuale - questo carattere estremo e contradditorio ; potremo noi dire che la sua intelligenza , come la sua psicologia , conosce altezze di vette o profondità di abissi ignoti all ' individuo isolato ? Qui il problema si fa più complesso e difficile . A tutta prima sembra che la legge da me formulata e secondo la quale il prodotto intellettuale d ' una collettività è sempre inferiore a quello che avrebbe dato ciascuno degli individui che la compongono , non soffra eccezioni . Dodici uomini di buon senso , riuniti insieme per formare un giurì , emanano spesso verdetti che non hanno senso comune . Dieci o venti artisti o scienziati riuniti insieme per formare una Commissione emanano spesso decisioni contrarie ai più elementari principî della scienza e dell ' arte . Centinaia di uomini di ingegno riuniti insieme per formare un Parlamento si comportano collettivamente in modo da offrire spesso materia al disprezzo o al sorriso più che al rispetto . La compagnia insomma , indebolisce - riguardo al risultato complessivo - così la forza dell ' ingegno , come quella dei sentimenti buoni e pietosi . Con questa aggravante però , a sfavore del prodotto intellettuale : che mentre la compagnia , se generalmente abbassa il livello morale degli individui può talvolta , come vedemmo , per eccezione innalzarlo , non può mai innalzarne il livello intellettuale . La collettività cioè può essere qualche volta geniale dal punto di vista del sentimento ; non può mai esserlo dal punto di vista del pensiero . Vi sono infatti degli eroismi collettivi ma non vi sono dei capolavori collettivi . La folla può arrivare alle manifestazioni supreme della virtù , ma non può raggiungere le manifestazioni supreme dell ' intelligenza creatrice . Noi non troviamo in nessuna storia politica , scientifica , letteraria , l ' esempio d ' una folla che abbia avuto - essa sola , in un dato momento , e senza che alcuno gliela suggerisse - un ' idea geniale . Chi potrebbe citare un Consiglio di guerra donde sia uscito un piano di battaglia paragonabile a quelli di Napoleone ? Chi potrebbe citare un Consiglio di ministri donde sia uscita una di quelle riforme politiche che fanno la gloria di un ' epoca e che rendono celebri i nomi di un Machiavelli , di un Richelieu e di un Bismarck ? Chi potrebbe citare un Congresso di scienziati donde sia uscita una di quelle scoperte che mutano il mondo e che rendono immortali un Laplace o un Galileo * ? Ecco dunque perché i nemici della folla possono basare su innegabili ragioni scientifiche il loro disprezzo verso la moltitudine . Questa non è soltanto composta generalmente di ignoranti e di incompetenti , ma anche quando è formata da dotti e da competenti , il suo prodotto intellettuale non rappresenta che il prodotto numerico della mediocrità . Il fuoco sacro del pensiero di genio non è mai uscito dall ' anima collettiva : è il dono esclusivo del cervello individuale . III . A questo punto però s ' impone un ' osservazione di grandissima importanza che i più hanno trascurato . Tutto ciò che noi abbiamo detto intorno alla folla , si riferisce soltanto al suo modo di pensare e d ' agire considerato dal punto di vista statico . Quando cioè noi constatiamo che gli uomini riuniti valgono sempre intellettualmente meno dell ' uomo isolato , intendiamo di applicare questo principio unicamente a quelle collettività che si formano più o meno improvvisamente e sporadicamente in un dato momento , quali sono appunto : le moltitudini di piazza , i pubblici dei teatri , i giurì , le Commissioni , i Parlamenti , ecc . ; non intendiamo certo - e sarebbe assurdo - di applicare questo stesso principio alla folla considerata dal punto di vista dinamico , a tutta cioè la società umana nel suo sviluppo storico . È necessario dunque fissare ben chiaramente questa distinzione che per non essere stata compresa dai più , ha dato luogo a moltissimi equivoci : altra cosa è la psicologia della folla quand ' essa agisce quasi per improvvisazione in un dato e breve momento , altra cosa è la psicologia della folla quand ' essa agisce lentamente nel corso dei secoli . Nel primo caso , le sue manifestazioni sono sempre inferiori a quelle dell ' individuo : nel secondo caso invece , non solo non sono sempre inferiori , ma talvolta sono superiori . Se infatti non esistono capolavori collettivi sbocciati quasi per miracolo tutto a un tratto da un ' assemblea di uomini , esistono però delle meravigliose opere create a poco a poco coll ' aiuto del tempo dalla folla alle quali si cercherebbe invano di imporre il suggello d ' un genio unico . Le tele , le statue , i poemi , alcune scoperte scientifiche , possono e debbono individualizzarsi in un nome : Raffaello o Van Dyck , Dante o Shakespeare , Fidia o Michelangelo , Keplero o Newton . Ma certe creazioni complesse e nondimeno d ' una immensa importanza - come per esempio la lingua e la scrittura - non possono aver avuto un autore unico . Esse sono il risultato del lavoro di milioni di uomini , e nessuno avrebbe potuto compierle da solo , perché sorpassano il genio e la vita di qualsiasi individuo . Esse sono un ' opera collettiva , fluttuante e inafferrabile come l ' acqua d ' un fiume , e come questa eterna e formata da un infinito numero di piccoli ruscelli sconosciuti , che pur tuttavia producono , tutti insieme , un effetto colossale . È la folla che ha saputo elevare le prime forme mimiche e imitative della voce umana fino alla nostra straordinaria ricchezza di espressione ; è la folla che , senza avere il sorriso della gloria , concesso solo al genio individuale , ha saputo da pochi vocaboli delle lingue primitive far uscire quel monumento che è l ' ultimo dizionario di Fluegel , contenente 94 mila parole . È la folla che , passando dalla scrittura pictografica alla scrittura fonetica e alfabetica ci ha permesso di scolpire e di dipingere con le gradazioni più sottili i nostri sentimenti e i nostri pensieri e di trasmetterli alla posteriorità con un ' esattezza che vince quella della fotografia * . E che dire delle leggende , dei cicli eroici che ogni popolo possiede quando fa la sua prima apparizione sul palcoscenico della storia ? I poemi omerici della Grecia , le creazioni rapsodiche di ogni paese non sono che lente formazioni intellettuali create o trasmesse dalla folla . Ma non basta . L ' intelligenza della folla , - latente e dispersa in un ' infinità di individui - ha anche altre manifestazioni . La collettività precede spesso , quasi direi che annunzia in modo vago e indeterminato la scoperta precisa e determinata dell ' individuo . Che cosa sono i proverbî , se non l ' esperienza incoscientemente accumulata dalla folla e sinteticamente espressa ? Che cosa sono le preveggenze geniali tanto comuni nel popolo , quantunque tanto poco considerate ? Quando un genio scopre una nuova teoria scientifica si può dire ch ' essa era già stata intravvista e preannunciata dalla folla . Prima che sorgessero la grafologia e i grafologi , la scrittura si chiamava carattere , quasi a significare il rapporto colle facoltà morali della persona . Prima di Lister , nelle montagne della Calabria si guarivano le ferite colla terebentina che sgorga dalla scorza dei pini . Prima che Lombroso avesse enunciato la sua teoria della simbiosi del delitto , un fabliau ne aveva avuto l ' intuizione , raccontando la storia di un astrologo il quale , avendo letto negli astri che un fanciullo sarebbe divenuto un assassino , aveva consigliato il padre di questo fanciullo di farne un chirurgo , per appagare così in una maniera utile a lui e agli altri , il suo istinto di crudeltà * . Il genio è dunque , sotto questo punto di vista , il rivelatore di verità che sonnecchiano nella coscienza di tutti ; è colui che trova la formula e dà la dimostrazione di ciò che l ' anima collettiva ha soltanto abbozzato o intravvisto nel suo lavoro oscuro ed anonimo ; è il grande riflettore ove convergono migliaia e migliaia di raggi e donde la luce si diffonde con un ' intensità centuplicata . I grandi uomini - diceva il Bourdeau - non fanno che compiere una funzione sociale ; essi si agitano , ma è la folla che li conduce ; e nel destino misterioso che li innalza alla gloria e li fa ricadere nel nulla non si deve vedere che l ' insieme delle volontà e delle aspirazioni popolari . Uomini politici , artisti e scienziati , essi credono di dirigere un popolo e di imporgli i propri gusti e le proprie idee ; in realtà essi non fanno che seguire l ' impulso che viene a loro dal popolo . E non soltanto si deve riconoscere che ogni collettività crea il suo genio , come ogni sentimento crea la sua espressione e come ogni idea confusa e diffusa si riassume in un simbolo ; ma bisogna altresì riconoscere che la collettività corregge , sviluppa ed eleva le conquiste del pensiero e del sentimento fatte dal genio individuale . Il genio è il presente , vale a dire il figlio del passato , del lavoro oscuro e collettivo di tutta l ' umanità ; ma appunto come il presente , è non soltanto il figlio del passato , ma altresì il padre dell ' avvenire ; e perciò , come tutti i padri , deve sottomettersi alla fatalità evoluzionista che farà giudicare e modificare le sue idee e le sue conquiste dalla folla dei suoi discendenti . Ed ecco che da queste semplici osservazioni mi pare scaturisca limpidamente una conclusione che non è né incerta né contradittoria come le premesse avrebbero potuto lasciar supporre : la folla , che è inferiore all ' individuo nel momento statico in cui questi enuncia le sue idee o mette in azione le sue energie volitive , è viceversa utile e necessaria all ' individuo , non solo nel passato per formarlo , ma anche nell ' avvenire per correggere e migliorare le sue idee e le sue azioni . Io direi volentieri - e mi si perdonerà il paragone - che la collettività ha nella storia la identica funzione che ha la semente nella vita vegetativa : essa produce dei frutti meravigliosi , i genii ; quando questi frutti imbalsamano l ' atmosfera , voi dovete riconoscere che nulla li uguaglia né per il sapore , né per l ' odore , né per la bellezza : la semente è , in questo minuto , innegabilmente inferiore al suo prodotto : ma nel cielo della vita voi dovete riconoscere che questi frutti sono molto inferiori alla semente , perché essi non esisterebbero senza questa , e perché , se la terra non fecondasse i germi che portano in loro stessi , la loro magnificenza sarebbe inutile , come sarebbe inutile l ' opera del genio , se la folla non ne fecondasse i pensieri . IV . E mi pare anche che tale conclusione apra la via ad illuminare il problema dei rapporti fra l ' arte e la folla , e , più che ad illuminare , a comporre il dissidio tra questi due termini che paion oggi tra loro opposti ed inconciliabili . Questo dissidio non è già - come sembra superficialmente - una questione fra l ' artista e il pubblico , un duello fra l ' uno e i molti : è soltanto , ridotto nei suoi veri termini , una questione di tempo . L ' artista , infatti , può ribellarsi al giudizio della folla contemporanea , ma non può ribellarsi al giudizio della folla dei posteri : egli può spregiare la moltitudine in mezzo alla quale vive : non può spregiare la moltitudine che verrà dopo di lui . Nel mondo non vi è e non vi può essere altro criterio per giudicare qualsiasi manifestazione intellettuale che l ' adesione dei più : adesione senza dubbio lenta e lontana anziché immediata , ma che rispecchia tuttavia un giudizio collettivo , un giudizio della folla . E nessun uomo potrebbe pretendere d ' essere un genio , se i suoi successori non lo riconoscessero come tale , perché la sua superbia sarebbe vana e risibile quando i posteri coprissero il suo nome di silenzio e di oblìo . Nel campo della scienza e dell ' arte non vige il sistema dispotico che aveva vigore in altri tempi nel campo politico : non si può cioè crearsi principî a dispetto e contro il volere della maggioranza . Nel campo della scienza e dell ' arte vige il sistema dei plebisciti , plebisciti tanto più sinceri e coscienti in quanto che , essendo promulgati dai posteri , escludono ogni sospetto di corruzione e di suggestione . E se , come io penso , questa è una verità di evidenza assiomatica , confesso che mi è sempre parso , non solo ingiusto , ma strano , che l ' artista , per il solo fatto che la folla non sa di primo acchito interpretarlo e comprenderlo , lanci contro di essa gli anatemi e le scomuniche della superbia . Sì , lo riconosciamo . Il pubblico molto spesso non intende l ' opera d ' arte che è chiamato a giudicare : fischiò Rossini alla prima rappresentazione del Barbiere di Siviglia , e ha fischiato Wagner a quasi tutte le manifestazioni del suo straordinario genio musicale : lasciò passare sotto silenzio o ferocemente combatté sulle prime , altre opere di pittura , di scultura o di letteratura , che rimasero poi come gemme di eterno splendore nell ' arte . Ebbene , anche ammettendo tutto ciò , e anche tralasciando di notare che talvolta , vicino ai verdetti assurdi della folla , vi sono i verdetti logici e giusti , io voglio soltanto chiedere agli artisti superbi : perché voi soli vi inalberate davanti alla lentezza che la folla adopera per comprendervi , mentre questa lentezza dell ' animo collettivo verso le intuizioni del genio individuale è una fatale e anche una benefica necessità , non solo per quanto riguarda l ' arte , ma per tutte le manifestazioni intellettuali ? Anche nella scienza , anche nella politica , in qualunque ramo dell ' attività umana , non si è mai visto - o si è visto assai raramente per una di quelle eccezioni che confermano la regola - che il pubblico , che la folla , abbraccino d ' un subito , d ' emblée , la nuova idea che qualche veggente ha annunziato o la nuova scoperta che è stata fatta da qualche genio individuale . Napoleone sorrise quando gli fu presentato e descritto il modello di una nave a vapore : Thiers affermò in pieno Parlamento francese che la trazione a vapore e le strade ferrate erano un ' utopia , e che il mondo non avrebbe avuto mai altro mezzo di comunicazione che la diligenza a cavalli ; Aristotile non ammetteva che gli uomini nascessero uguali , e credeva che vi sarebbe sempre stata la divisione fra liberi e schiavi . Eppure nessuno - io credo e spero - vorrà dare del mediocre a Napoleone , a Thiers e ad Aristotile . E perché dunque gli artisti - pittori , scultori , o letterati - si arrogano il diritto di coprire dei loro insulti coloro che non ammirano subito le loro opere e non vanno in estasi al primo momento in cui le vedono , le leggono o le odono ? Perché - sotto pena d ' esser trattata di ignorante - la folla deve avere dinanzi a un ' opera di Wagner quella celerità d ' intuizione che Napoleone e Thiers non ebbero dinanzi alla scoperta di Watt ? La verità è che qualunque idea , prima di riuscir vittoriosa , deve attraversare un periodo di lotta e di avversità . Lo sanno tutti coloro che hanno lottato in politica per il raggiungimento d ' un ideale : lo sanno tutti coloro che hanno lottato nella scienza per la conquista di una parte di quell ' inconoscibile che è ancora infinito . Eppure nel periodo di lotta , né gli apostoli e i martiri , né gli scienziati , osarono trarre dall ' opposizione che trovarono nell ' ambiente che li circondava ragione di insultante disprezzo verso la folla , la quale non sapeva e non poteva a tutta prima comprenderli . Più modesti , appunto perché più forti e più degni , di certi superbi artisti moderni , essi intendevano che nella folla l ' effetto d ' un ' idea o d ' una immagine non può sempre ottenersi immediatamente , come scintilla che si sprigioni da un attrito improvviso , ma deve propagarsi a poco a poco come quando si getta un sasso nell ' acqua e le onde si formano sempre più grandi e più lontane fino alla riva . Essi intendevano che le abitudini ereditarie e il misoneismo - assai più che l ' ignoranza o il cervello ristretto - impediscono al pubblico di far buon viso alla novità che s ' annuncia e che lo turba per un senso indefinibile che è di sorpresa e di paura insieme . E aspettavano pazienti dal tempo quell ' applauso e quell ' adesione che i contemporanei negavan loro , senza per questo bollare di incapacità e di idiozia - come ora pare che s ' usi - coloro che non li comprendevano . Ripetiamolo dunque ancora una volta : non si può pretendere dalla folla una grande celerità di intuizione davanti a un ' opera d ' arte , e non si deve - per questa mancanza di celerità - insultarla . Anche l ' uomo isolato non possiede sempre questa celerità d ' intuizione davanti alle opere d ' arte o ad altre manifestazioni intellettuali o ad altri problemi . Non tutti i poeti sono estemporanei , non tutti gli uomini di ingegno sono oratori improvvisati : ma non per questo si potrà disprezzare chi manca di queste facoltà d ' improvvisazione . Anzi , forse il vero poeta , come il vero scienziato , coloro cioè che resteranno nella storia per opere eterne , sono appunto quelli che mancano di queste doti appariscenti e suggestive . Orbene , la folla è , nella sua immensa anima collettiva , come uno di quegli individui il cui ingegno non sa manifestarsi istantaneamente e che , colto all ' improvviso , fa una figura minore di quella che merita , ma che viceversa - se gli lasciate il tempo e la riflessione - sa darvi il capolavoro . Gli è perciò che invece dell ' antitesi che una gran parte di individui superiori sentono fra essi e la folla , invece del disprezzo con cui la coprono , quasi essa non fosse che il corpus vile su cui i genii possono tentare , come i medici negli ospedali , le loro esperienze , io vorrei si sviluppasse tra gli artisti e la folla un sentimento di amore e di solidarietà . Sentimento di solidarietà che produrrebbe , anziché la mala pianta d ' uno sterile orgoglio , una modestia feconda , insegnando che , come il pensiero non è che l ' opera misteriosa di migliaia di cellule celebrali , ciascuna delle quali isolata nulla potrebbe , così l ' artista geniale e l ' opera sua non sono che la risultante individuale e simbolica del lavoro collettivo di milioni di uomini , ciascuno dei quali , isolato , non potrebbe né pensare , né agire , né vivere . Sentimento di solidarietà , che fugherebbe la nera nube del pessimismo contemporaneo , per cui da certi superuomini si disprezza la folla come un ' accozzaglia di bruti , indegna persino di ricevere il dono di un ' opera d ' arte , e svilupperebbe invece la luce limpida e ferma di un sano ottimismo , in nome del quale si sentirebbe il fraterno dovere di lavorare per l ' elevazione intellettuale e per la redenzione morale di questa folla . Ah ! io non so come vi possano essere ancora taluni scettici e pessimisti i quali sostengono che la vita non vale la pena d ' esser vissuta , giacché l ' uomo di genio non è compreso , e l ' uomo onesto è sopraffatto dal furbo . Ma questo è un calcolo miope e utilitario ! E chi lo fa non può essere che un perverso o un ammalato . Vi sono tante miserie , tanti dolori , tante ignoranze , e non si sente che solo per la divina poesia di alleviare una di queste miserie o uno di questi dolori , per combattere una sola di queste ignoranze , varrebbe la pena di vivere ? E deve essere l ' arte , e devon esser gli artisti che dànno questo triste esempio di superbia e di egoismo , spregiando la folla e allontanandosi da lei come da un ambiente mefitico ? No . Dal campo sereno dell ' arte deve venire e verrà - io ne son certo - ben altro esempio . Gli artisti , questi milionari dell ' ingegno , non devono imitare certi milionari del danaro che tengon tutte le loro ricchezze per sé e sprezzano chi non ne possiede di equivalenti . Essi devono riconoscere , anzitutto , che la loro ricchezza , il genio , è come l ' oro del capitalista , il frutto del lavoro incosciente ed ereditario di migliaia e migliaia di uomini e non un loro esclusivo merito personale : devono sentire inoltre che il loro dovere è di gettare questa ricchezza nel crogiuolo dell ' anima collettiva per farla feconda , come il dovere del ricco è rimettere il suo oro in circolazione , per aumentare la prosperità di un paese . Che importa se sulle prime non saranno compresi , come il ricco che dispensa il suo danaro raccoglie sulle prime , non riconoscenza , ma ingratitudine ? La riconoscenza , che è rara nell ' individuo , è sempre sicura quantunque assai lenta , nella folla , ed ha un nome dinanzi al quale il più rigido degli aristocratici , il più logico degli individualisti , e il più superbo degli artisti si deve inchinare , perché si chiama la Gloria . CAPITOLO TERZO La folla e Gabriele D ' Annunzio Se ci pungesse il desiderio di estrarre dalle opere dei grandi autori le pagine che essi scrissero per insultare e per diffamare la folla , noi compiremmo un ' opera molto lunga e forse vana di erudizione . La folla è sempre stata nella letteratura un oggetto di dispregio e contro di essa furono scagliati sempre dalla superbia degli individui gli strali della più rovente ironia . Pure in questo odio - come forse in tutti gli odî - non era che una trasformazione di un inconfessato amore e di un desiderio inconscio . Della moltitudine esecrata , anche il più egoarchico degli autori ambiva l ' applauso : della plebe diffamata anche il più aristocratico degli uomini non sdegnava il suffragio . E una intima contraddizione annullava quindi il valore di certe pagine , dettate dall ' orgoglio e rinnegate dalla vanità . Vorrei dire , se la similitudine non sembrasse azzardata , che l ' attitudine di molti letterati verso la folla fu eguale a quella di molti filosofi verso la donna . Teoricamente gli uni e gli altri dimostravano un disprezzo che in pratica si risolveva in un desiderio . La folla e la donna sono le due più grandi incognite psicologiche che abbiano affaticato il cervello e turbato i sensi dell ' uomo . Sono le due sfingi che hanno proposto sempre i più insolubili enigmi . E spesso il non saper risolvere questi enigmi persuadeva , per vendetta , all ' ingiuria contro la sfinge . L ' individuo è , di fronte alla folla , nella stessa condizione psicologica dell ' amante dinanzi all ' amata : egli è dominato da un tumulto di sensazioni varie e contradditorie che possono però riassumersi tutte in questa nota fondamentale : il desiderio del possesso e della conquista . L ' amore e l ' ambizione non hanno altro scopo : possedere una donna , conquistare una moltitudine . E come , in ultima analisi , due amanti non sono che due avversarî inconsci dalla cui lotta esce , risultato fisiologicamente fecondo , l ' amore , così l ' individuo e la folla non sono che due nemici fatali dalla cui antitesi esce , risultato socialmente fecondo , il progresso . La vita è sempre e soltanto un duello ; o tra due individui , o tra un individuo e la moltitudine . Forse colui che intuì più profondamente e più genialmente questa condizione necessaria della vita , colui che ebbe la più esatta visione della psicologia amorosa come della psicologia collettiva , fu Gabriele D ' Annunzio . Nell ' opera del poeta io ho visto balenare quella verità scientifica che mi affatico modestamente da tempo a mettere in luce . Altrove * ho già cercato di dimostrare che la Nave è - prescindendo dai meriti letterarî e teatrali della tragedia - una mirabile ricostruzione di psicologia collettiva primitiva , perché l ' anima della folla barbara vi palpita e freme come in pochissime altre opere d ' arte . Ma non una sola tragedia Gabriele D ' Annunzio intendeva dedicare al mistero dell ' anima collettiva . Quando apparve la Nave , io mi risovvenni che alcuni anni innanzi il poeta aveva annunziato fra le sue prossime opere una che portava il titolo : La tragedia della folla , e gli scrissi chiedendogli se per avventura la Nave non fosse , sotto altro titolo , la stessa cosa della Tragedia della folla . Egli rispose così : " Nella Tragedia della folla intendevo di rappresentare per cinque episodi i vasti movimenti dell ' anima innumerevole . I titoli degli episodi basteranno forse a darle un ' idea chiara del mio intendimento : la Fame , la Pestilenza , la Paura , la Ribellione , la Vittoria . Ciascun episodio si svolgeva fra il Protagonista e la Folla . I protagonisti erano : un Condottiere , un Santo , una Sibilla , un Tribuno , un Messo : tipi di grande potenza ideale , ora dominatori , ora inspiratori , ora travolti : una voce e un cuore contro mille e mille voci , contro mille e mille cuori . La rappresentazione doveva esser fatta " sotto la specie dell ' eterno " . Difficile era il còmpito . Ma quale ebbrezza scrivere un poema per grande orchestra ! La mancanza dell ' orchestra ( cioè degli esecutori ) e del teatro adatto mi sconfidò . Una parte dei miei studî e delle mie divinazioni passò in certe scene della Nave " . Appare chiaro , dunque , che non per una fuggevole inspirazione , ma per meditato proposito Gabriele D ' Annunzio volle studiare e studiò " i vasti movimenti dell ' anima innumerevole " . Appare chiaro , altresì , che egli intese appunto la psicologia collettiva come un duello fra il Protagonista e la Folla . Nella Nave non è che un frammento di quest ' opera vasta , non è che un episodio di questa storia . Ma frammento ed episodio bastano a far intendere il concetto dell ' autore . Diceva Baudelaire che fra tutti i diritti di cui troppo si parla uno ve n ' è che è stato dimenticato e alla dimostrazione del quale ognuno è interessato : il diritto di contraddirsi . Gabriele D ' Annunzio ha molto usufruito di questo diritto . Credo , del resto , non esista opera di scrittore nella quale non sia facile cogliere numerose contraddizioni . Confrontando le Vergini delle Rocce col Fuoco - i due romanzi ove il poeta meglio e maggiormente analizza dal lato politico - filosofico e dal lato estetico - psicologico l ' anima collettiva - noi potremmo comporre un ' antologia di pagine ugualmente belle ma il cui significato è perfettamente contrario . Nelle Vergini delle Rocce , - opera compiuta dopo un periodo di vita romana , durante il quale le bassezze e le viltà del mondo affaristico - parlamentare avevano determinato nel poeta una reazione ultra - aristocratica , - la folla è il bersaglio di tutte le critiche , di tutte le ironie , di tutto il profondo disprezzo del superuomo nauseato dalla indegna democrazia invadente . Nel Fuoco - opera compiuta sotto l ' inspirazione di una attrice grandissima " che pareva portare nelle pieghe delle sue vesti raccolta e muta la frenesia delle moltitudini lontane da cui ella aveva sollevato il brivido fulmineo e divino dell ' arte con un grido di passione e con un silenzio di morte " , - nel Fuoco il poeta intese , per virtù dell ' inspiratrice , che cosa veramente fosse la folla ... Non già che mutasse o dovesse mutare il giudizio politico intorno alla moltitudine . Credo che Gabriele D ' Annunzio , malgrado sia stato deputato , giudichi ancora i suoi ex - colleghi come li giudicava nelle Vergini delle Rocce ( pag . 69 ) : - " gli stallieri della Gran Bestia vociferanti nell ' Assemblea " ; e credo ch ' egli abbia ancor fede in questo assurdo assolutista : " essere lo Stato eretto sulle basi del suffragio e dell ' eguaglianza , una costruzione ignobile e anche precaria " ( pag . 73 ) . Ma è mutata - dalle Vergini al Fuoco - la concezione psicologica ed estetica della folla . Ciò che egli riteneva sterile , diventa fecondo . Il contatto colla moltitudine ch ' egli insultava come una degradazione , diventa invece un ' elevazione per l ' individuo . Egli comprende cioè che non solo l ' individuo non s ' abbassa a comunicar colla folla , ma riceve anzi da questa sensazioni e pensieri che nel suo cuore e nel suo cervello solitari non sarebbero sorti mai ; sente insomma aumentarsi , al contatto dell ' anima collettiva , il vigore e il valore della sua cenestesi . Nelle Vergini delle Rocce , questo era il vangelo dell ' Ammonitore : - " A giudicarne dalla qualità dei tuoi pensieri , tu sembri contaminato dalla folla o preso da una femmina . Per aver attraversato la folla che ti guardava , ecco , tu già ti senti diminuito dinnanzi a te medesimo . Non vedi tu gli uomini che la frequentano divenire infecondi come i muli ? Lo sguardo della folla è peggio che un getto di fango : il suo alito è pestifero . Vattene lontano mentre la cloaca si scarica " ( pag . 98 ) . Nel Fuoco , il vangelo è profondamente diverso . Gabriele D ' Annunzio , che aveva rovesciato tutta la dovizia dei suoi più insultanti aggettivi addosso alla plebe , ne riconosce l ' oscura potenza animatrice , e scrive ripetendo la verità profonda enunciata da Riccardo Wagner : " il solo creatore dell ' opera d ' arte è il popolo e l ' artista può soltanto cogliere ed esprimere la creazione del popolo inconsapevole " . Quale abisso tra questa doverosa constatazione e le pagine delle Vergini delle Rocce , ove il popolo non era che un gregge imbelle e idiota contro cui non potevansi e non dovevansi adoperare che fruste sibilanti ! Ma l ' ammenda migliore che il poeta fa delle antiche sue teorie è in questa pagina , della quale non ne conosco una psicologicamente più bella : - " ... il sentimento straordinario di cui egli ( Stelio Effrena ) erasi stupito quando dal trono dei Dogi parlava alla folla , tornò ad occuparlo . Nella comunione tra la sua anima e l ' anima della folla un mistero era sopravvenuto , quasi divino : qualche cosa di più grande e di più forte erasi aggiunto al sentimento ch ' egli aveva della sua persona consueta ; un ignoto potere era parso convergere in lui , abolendo i confini della persona particolare e conferendo alla voce solitaria la concordia di un coro . V ' era dunque nella moltitudine una bellezza riposta donde il poeta e l ' eroe soltanto poteano trarre baleni . Quando quella bellezza si rivelava per l ' improvviso clamore alzato nel teatro o sulla piazza pubblica o sulla trincea , allora un torrente di gioia gonfiava il cuore di colui che aveva saputo suscitarla col verso , con l ' arringa , col segno della spada . La parola del poeta comunicata alla folla era dunque un atto , come il gesto dell ' eroe . Era un atto che creava dall ' oscurità dell ' anima innumerevole un ' istantanea bellezza , come uno statuario portentoso potrebbe da una mole d ' argilla trarre con un sol tocco del suo pollice plastico una statua divina " . Or dunque : quella moltitudine che nelle Vergini delle Rocce era definita " una cloaca " e rendeva gli uomini " infecondi come i muli " , nel Fuoco diventa una miniera " che possiede una sua bellezza riposta " e che suscita nell ' individuo l ' impulso fecondo per creare statue divine ... Riconoscere che nella moltitudine è questo inconscio potere : confessare che essa è necessaria al genio come la terra al seme , come la donna all ' uomo , per creare : rispettarla come la collaboratrice anonima e oscura di ogni cosa grande e bella che sia apparsa nel mondo , - ecco ciò che Gabriele D ' Annunzio afferma nella sua lucida prosa meravigliosa . Ed ecco ciò che io volevo constatare . Null ' altro . CAPITOLO QUARTO L ' opinione pubblica Che cosa è la pubblica opinione ? Tutti , nominandola , si illudono di sapere che cosa sia ; in realtà nessuno saprebbe - e forse potrebbe - definirla esattamente . È , nel mondo , quello che è Dio in cielo : un giudice invisibile impersonale e temuto ; è , come la religione , una potenza arcana , in nome della quale si sono compiuti i più sublimi eroismi e le più abbiette iniquità ; è , come la legge , invocata e interpretata , a torto o a ragione , in ogni momento della vita ; è , come la forza , sostenitrice a volte del diritto , più spesso dell ' errore ; è , infine , come una bandiera , disposta a volgersi sempre dalla parte donde spira il vento . E se si volesse azzardare su di essa una definizione , non si potrebbe che applicarle la frase ironica che Pauline de Grandpré applicava alla donna : on peut dire sur son compte tout ce qu ' on voudra , on trouvera toujours une raison . Forse è per questo suo carattere indefinibile che la pubblica opinione è stata finora così poco studiata . Essa è , socialmente , un fenomeno inafferrabile , direi quasi - se la parola non facesse sorridere - che è psicologicamente un ' anguilla , poiché quando credete di averla presa vi sfugge da tutte le parti . Quali sono le cause che la producono ? Quali le leggi che la governano ? E , anzitutto , di chi e di quanti è composta ? A queste domande noi tenteremo rispondere . I . Ruggero Bonghi , in un memorabile discorso tenuto alla Camera nel 1873 , cercò di mettere a questo studio un principio d ' ordine , scrivendo : " Non bisogna credere o fingere di credere che ogni manifestazione di animo esprima davvero una pubblica opinione . L ' opinione pubblica per avere autorità deve essere vera , certa , ed avere fondamento sul consenso più generale delle menti colte di un paese " . Parole d ' oro , ma parole vane . È sempre possibile - in pratica - distinguere la vera opinione pubblica definita dal Bonghi , da quella che manca dei caratteri che egli ritiene necessarii a formarla ? Chi , e dove sarà il giudice supremo il quale sentenzierà , volta per volta , che una data corrente dello spirito pubblico merita o non merita il nome di pubblica opinione ? Con qual mezzo aritmetico si potrà sicuramente affermare che la maggioranza pensa in un dato modo , e con qual criterio sociologico si potranno sicuramente distinguere le menti colte di un paese dalle menti incolte ? E dato anche , per una ipotesi inverosimile , che questa difficilissima operazione di matematica psicologica fosse possibile , quale ne sarebbe praticamente il frutto ? Vi sono molti casi in cui è notorio che l ' opinione pubblica prevalente non è fondata sul consenso più generale delle menti colte di un paese ; e si può forse , per questo , non tener conto di quella opinione ? Individui o collettività , sudditi o governanti , tutti siamo spesse volte in balìa della cosidetta opinione pubblica , qualunque essa sia e in qualunque modo si sia formata . Pretendere che si cerchi se essa rappresenta davvero la maggioranza delle persone colte , è una ingenuità : la si teme o la si segue anche avendo la certezza che essa non possiede i caratteri di cui Ruggero Bonghi la voleva fornita ; e i governi se ne devono preoccupare , venga essa dall ' ignoranza di migliaia di contadini , o dall ' intelligenza di alcune personalità superiori . Prendiamo due esami relativamente recenti , per spiegar meglio il nostro pensiero . Dopo il disastro di Adua si manifestò in Italia un ' opinione pubblica sul nuovo indirizzo da dare alla nostra politica in Africa , che portò all Ministero , con l ' appoggio degli stessi radicali e dei socialisti , il marchese Di Rudinì . Era quella una vera opinione pubblica ? Noi non osiamo dirlo : ma constatiamo il fatto che essa , due anni dopo , era completamente mutata , tanto è vero che il Ministero Rudinì dovette dare le dimissioni . Orbene : sia stata falsa l ' opinione pubblica del 1896 , o quella del 1898 - e una delle due deve esserlo stata di certo - una cosa è fuori di dubbio : che in entrambi i casi si è ceduto all ' opinione pubblica , senza troppo sottilizzare se essa era o non era costituita dalla maggioranza delle persone colte del paese . Era l ' opinione pubblica - e bastava , perché vi si obbedisse come ad un despota . Il secondo esempio che voglio recare , è ancor più calzante . Si tratta della questione Dreyfus . Qual parte ha giuocato - in questo infame e famoso affare - l ' opinione pubblica francese ? Unanime , prima , nel negare la revisione del processo , quasi unanime , dopo , nel chiederla ad alte grida . L ' opinione pubblica di prima aveva torto : non era né vera , né certa , come la vuole il Bonghi : era il risultato patologico d ' una suggestione imposta dalla perfidia di alcuni e subìta dalla ingenuità patriottica di quasi tutti : eppure sarebbe stato possibile non tener conto di quell ' opinione ? Voi l ' avete visto : in una memoranda seduta - del 7 luglio 1898 - tutta la Camera francese si inchinò pecorilmente a quell ' opinione pubblica , decretando l ' affissione in tutti i comuni della Repubblica del discorso di Cavaignac . E Ruggero Bonghi avrebbe dovuto ammettere che la Camera dei deputati rappresenta le menti colte d ' un paese , e che quindi un suo plebiscito è un plebiscito cosciente e sensato . Io - modestamente - giudico in modo diverso i Parlamenti ma non è qui il luogo di dirne il perché e del resto alla mia tesi attuale , il perché non importa . La conseguenza a cui volevo arrivare , e a cui mi sembra di essere arrivato , è questa : 1° L ' opinione pubblica si impone , anche quando non è formata dal consenso più generale delle menti colte di un paese ; 2° Anche il pensiero degli uomini colti può essere figlio di un ' impressione improvvisa , erronea o rettificabile ( come nel caso della Camera francese ) e quindi non basta - per riconoscere autorità all ' opinione pubblica - il dimostrare che essa è fondata sulla maggioranza delle persone colte . Queste , come gli ignoranti , si possono sbagliare . L ' avvocato G . A . Pugliese - in un breve ma acuto articolo * - s ' accorse che la definizione dell ' opinione pubblica tentata dal Bonghi non era completa , e propose di aggiungere - ai caratteri di cui la voleva fornita il Bonghi - un altro : che essa riposi su un costante stato d ' animo . Così - egli pensava - non si scambierà per vera opinione pubblica quella che in Francia negava la revisione del processo Dreyfus , giacché essa non fu costante . E aggiungeva : " dicesi che in materia di appalti di opere pubbliche il vero collaudo viene dato dal tempo : ebbene , a me pare che anche il battesimo di vera pubblica opinione debba attendersi dal tempo " . La similitudine è bella , ma io son tentato di ripetere a questo proposito : parole d ' oro , ma parole vane . Anzitutto si potrebbe chiedere all ' avvocato Pugliese : quanto tempo occorre ... perché avvenga il collaudo ? Quando si potrà dire che una data opinione pubblica è vera e certa ? Dopo dieci anni , dopo venti , dopo trenta ? In secondo luogo - ammesso che si trovi questo limite di tempo , che a me pare introvabile - non sarebbe ciò una soddisfazione puramente platonica ? Dato , per esempio , che oggi si manifesti una corrente dello spirito pubblico , dovremo , e potremo noi , trascurarla , e pacificamente attendere , per tenerne calcolo , che sia passato ... un quarto di secolo ? In terzo luogo , non è evidente che una simile opinione pubblica non sarebbe più un ' opinione pubblica , ma qualche cosa che assomiglia molto alla tradizione ? Che cosa è , infatti , la tradizione se non un ' opinione pubblica che si è fissata e cristallizzata nel popolo ? Or dunque - s ' io non mi sbaglio - le definizioni tentate dal Bonghi e dal Pugliese non sono complete , né , se lo fossero , sarebbero pratiche . In conclusione , i due autori citati si limitano ad affermare che la vera opinione pubblica è quella che dalle persone di senno , dal tempo , e dagli avvenimenti è stata riconosciuta per giusta . Una definizione , come si vede , che potrebbe portar la firma di Monsieur de la Palisse ; ma che , pur essendo una verità , non è feconda di nessuna conseguenza . Io credo che nel problema che ci occupa , non si debbano cercare a priori delle definizioni - le quali , come diceva argutamente il Lombroso , tolte le geometriche , sono tutte inesatte - ma si debba piuttosto tentar di studiare in qual modo l ' opinione pubblica si forma e da quali strane e oscure leggi psicologiche è governata . La definizione non è che la sintesi della descrizione di un fenomeno : ed è manifestamente un errore il volere esporre la sintesi prima di aver fatto l ' analisi . Distinguere l ' opinione pubblica vera e certa da quella non vera ed incerta , mi sembra impresa molto difficile , prima di avere bene stabilito che cosa è l ' opinione pubblica . E per stabilire che cosa è l ' opinione pubblica , bisogna anzitutto sapere - o per lo meno cercar di sapere - che cosa è il pubblico . Noi , quindi , fedeli a queste idee che son quelle del metodo positivo , analizzeremo in primo luogo l ' ente collettivo che si chiama pubblico e cercheremo di isolarlo dagli altri enti collettivi coi quali generalmente e facilmente lo si confonde ; in secondo luogo studieremo come nel pubblico si vengano formando , a poco a poco o d ' un tratto , fisiologicamente o patologicamente , le varie opinioni ; infine cercheremo di determinare quali siano i caratteri per cui si può riconoscere se una data opinione del pubblico è attendibile , e se quindi deve o non deve essere rispettata e seguita . Questa è , secondo il nostro sommesso parere , l ' unica strada che ci potrà condurre , non a svelare interamente ( l ' affermazione sarebbe superba ) ma almeno a rendere meno nebuloso quel mistero di psicologia collettiva che chiamasi opinione pubblica , e che nel mondo moderno ha una così grande e pericolosa influenza . II . Pubblico è una parola che , come tutte quelle che non indicano un oggetto materialmente definito , ha un significato molto vago ed elastico . Sappiamo , all ' ingrosso , che cosa vuol dire ma saremmo imbarazzatissimi a precisarlo . Si dice : il pubblico di un teatro , d ' un ' assemblea ; - e in questo caso la parola pubblico ha un valore determinato , che si restringe a quelle persone che erano in teatro o assistevano all ' assemblea , ed è sinonimo di folla . Si dice : il tal libro ha avuto un gran successo nel pubblico ; - e in questo caso la parola pubblico ha un valore meno specifico ; non si riferisce più a un dato numero di persone riunite , non è quindi più sinonimo di folla , ma comprende una data parte della popolazione sparsa anziché riunita , che si intende e si interessa di arte , di letteratura o di scienza . Si dice ancora : sulla data questione politica - poniamo una guerra - il pubblico ha la data opinione ; - e in questo caso la parola pubblico ha un valore ancor più generale : non si riferisce soltanto ad una parte della popolazione , a quella o questa classe o casta o scuola o partito , ma comprende tutto il popolo , talvolta molti popoli , talvolta tutto il mondo civile . In quali di questi significati va intesa la parola pubblico ? Per rispondere a tale domanda , bisogna rifarci un po ' indietro ed esaminare l ' evoluzione che ha seguito nel tempo quell ' organismo complesso ed indeterminato che oggi indichiamo col nome di pubblico . Se noi volgiamo uno sguardo ai più bassi regni dell ' animalità , vediamo che in essi il carattere dominante è l ' individualità assoluta . " Des êtres d ' espèces multiples - scrive l ' Espinas - et dont le nombre est prodigieux , vivent dans les eaux , sur la terre et sur les autres animaux à l ' état d ' isolement complet . Un grand nombre de Foraminifères , dont les carapaces ont formé des continents , sont isolés physiologiquement : de tels êtres sont faibles , non seulement parce qu ' ils sont petits , mais encore parce qu ' ils sont seuls " * . In questi infimi stadî dell ' animalità , non essendovi associazione , non vi può evidentemente essere nemmeno l ' embrione lontano del pubblico . Nondimeno , appena si sale un poco sull ' albero della vita , l ' associazione appare . È , sulle prime , un semplice aggregato materiale , puramente fisico . L ' associazione consiste tutta in una azione di presenza : se gli individui si allontanano al punto da non potersi più vedere , o restano distanti fra loro un certo tempo , cessano per questo solo fatto di essere associati . L ' associazione , in una parola , è , in questi casi , sinonimo di contatto fisico . Man mano che dalle forme inferiori si ascende alle forme superiori dell ' associazione fra gli animali , troviamo che il contatto fisico non è più la condizione necessaria per costituire la società : anche se i singoli organismi sono distanti , l ' associazione sussiste : il legame che li tiene uniti non è più soltanto materiale , ma si spiritualizza e diventa morale e intellettuale . Gli animali elevati nella scala zoologica formano quegli aggregati che si potrebbero chiamare tribù o popoli ( le api colla loro regina ) , ed hanno la divisione del lavoro e i segnali a distanza e la voce che - se non è la parola umana - è tuttavia un mezzo possente di comunicazione . In queste società noi possiamo scorgere non solo l ' embrione della folla - ossia di individui fisicamente a contatto - bensì anche l ' embrione del pubblico - ossia di individui fisicamente separati , ma riuniti , secondo la giusta espressione del Tarde , da una coesione mentale . Il fenomeno fisio - psicologico della folla lo si osserva - per esempio - in una volata di uccelli , dove il minimo sbattere di ali di uno solo produce in tutti un panico irresistibile , come il grido di allarme di un uomo in una via o in una piazza affollate induce la paura e la fuga in tutti coloro che gli sono vicini . Il fenomeno di psicologia collettiva cui noi diamo il nome di pubblico , lo si osserva - con più lontana analogia e minore chiarezza - nel contegno che alcune specie di animali tengono verso uno dei loro . Ammirato od odiato , seguìto o sfuggito - anche l ' animale prova il riflesso sociale - se posso dir così - delle sue doti o dei suoi difetti congeniti , e questo riflesso non è che l ' embrione del pubblico . L ' elefante a istinti cattivi sta sempre isolato e non vive mai nella società degli altri : ciò dipende in parte dal suo spontaneo desiderio , in parte perché gli altri vogliono lasciarlo solo . E questo è innegabilmente un giudizio del pubblico . Se dalle associazioni animali passiamo alle associazioni umane , l ' evoluzione del fenomeno che stiamo analizzando ci appare identica quantunque immensamente ingrandita e complicata . Come nelle infime società animali il legame sociale è costituito da un semplice contatto fisico , così nelle prime società umane il cosiddetto pubblico si riduce alla folla , giacché è costituito soltanto da individui fisicamente a contatto . E come nelle società animali più evolute il legame sociale non è soltanto materiale ma anche morale e intellettuale , così nelle più moderne società umane il pubblico è un vero pubblico anziché semplicemente una folla , poiché è costituito non da individui fisicamente riuniti , ma da individui distanti fra loro nello spazio , e nondimeno collegati da un ' idea , da un sentimento comune , da una invisibile coesione mentale . Gli esempî chiariranno il mio pensiero meglio di quanto abbian saputo fare le mie parole . Nell ' antichità greco - romana ( per non perderci in ricerche di tempi più lontani o di popoli barbari ) possiamo noi dire che esistesse un pubblico ? Esistevano delle folle , ma non esistevano pubblici . Tutto ciò che si riferiva alla politica era discusso nel foro , nelle assemblee , nei comizî , - cioè dalla folla : i reggitori di Stati , i tribuni , i novatori , non avevano alcun mezzo per portare a distanza il loro pensiero e per inocularlo negli individui sparsi e isolati : dovevano - per forza - agire sul pubblico riunito e presente , cioè sulla folla . Gesù Cristo non aveva che la parola per diffondere la sua dottrina ; dal primo nucleo di persone cui aveva parlato , sorgevano i discepoli che alla loro volta parlavano ad altri nuclei di persone . Il nuovo verbo si estendeva così - di folla in folla - allargando sempre più il cerchio di coloro che erano istintivamente chiamati ad udirlo , come un sasso lanciato nell ' acqua estende - di onda in onda - l ' effetto prodotto dalla sua caduta . Tutto ciò che si riferisce all ' arte e alla scienza non aveva , allora , un pubblico , nel senso in cui noi oggi lo intendiamo : aveva semplicemente un uditorio ; cioè una folla . I poeti non eran forse degli oratori ... in versi ? I loro poemi non erano forse detti , dinanzi a una moltitudine più o meno numerosa , che non poteva conoscerli se non recandosi in massa ad udirli ? Gli stessi scienziati come diffondevano la loro scienza , se non rivelandola a viva voce ad alcuni discepoli riuniti ? Si dirà - ed è vero - che se questa era la regola generale , non mancava l ' eccezione : non mancavano cioè i lettori singoli dei manoscritti copiati a mano in qualche diecina di esemplari e che contenevano i poemi di Virgilio o d ' Omero , le storie di Tacito o di Cesare ; ma possiamo noi affermare ( e l ' osservazione è di Gabriele Tarde * ) che questi singoli lettori avessero la coscienza di formare un aggregato sociale , come ai nostri giorni i lettori d ' uno stesso giornale o , anche , di uno stesso romanzo alla moda . No , certamente . Essi erano le lontane avanguardie del pubblico : ma non avevano coscienza di esserlo , ed erano troppo pochi . Per il numero e per l ' incoscienza , rappresentavano quindi una quantità trascurabile * . Nel medio evo esisteva un pubblico ? Il Tarde lo nega , sostenendo che non v ' erano che delle fiere , dei pellegrinaggi , delle moltitudini tumultuose nelle quali correvano - volta a volta - delle frenesie religiose o guerresche , delle collere spaventose o delle paure vilissime . Basta pensare alle crociate e ai terrori che precedettero la fine dell ' anno mille , per comprendere che allora qualunque manifestazione del movimento sociale era determinata dalla folla e dalla sua strana psicologia . Ma se è certo che , in quell ' epoca , l ' influenza dell ' individuo sulla massa si esercitava quasi unicamente colla parola parlata , se è certo cioè che i grandi agitatori esercitavano la loro influenza sopratutto su persone presenti , e che - d ' altra parte - gli uomini facevano sentire i loro odî ed i loro amori collettivi , sempre nella forma compatta e brutale della folla , - è anche fuori di dubbio che quell ' avanguardia del pubblico che noi abbiamo riscontrato ai tempi di Grecia e Roma , si faceva poco a poco più cosciente e più numerosa . I lettori isolati dei manoscritti aumentavano ; e sotto il pensiero intermittente e violento delle folle , si andava disegnando il pensiero continuo e pacifico del pubblico ; - pensiero meno visibile , e più trascurato , ma non trascurabile , e che attendeva da una scoperta , ormai prossima , di diventare visibile e importantissimo . Questa scoperta fu la stampa . L ' invenzione della stampa fu per il sorgere del pubblico quello che è una rivoluzione politica per il sorgere di un nuovo ordinamento sociale : il momento storico , cioè , in cui un organo entra in attività e tramuta la sua esistenza , fino allora potenziale , in un ' esistenza di fatto . Questo nuovo organo era la coscienza collettiva che fino allora era stata forzatamente costretta a rinchiudersi nell ' ignoranza o nel silenzio e la cui possibile manifestazione - sia per apprendere il pensiero di chi la dirigeva , sia per approvare o per combattere questo pensiero - era consistita nelle riunioni di parlamenti , di assemblee , di fiere o di folle . La stampa portava a tutti gli uomini civili la voce dei meneurs anche lontani , e offriva - reciprocamente - il modo di far sentire a questi meneurs la volontà o i desiderii del popolo , senza aver bisogno che esso fosse riunito e presente e urlasse sotto le finestre d ' una reggia le sue minaccie , o commettesse eccessi in una via o in una piazza . Noi , nati quando la stampa era già un ' abitudine ereditaria di qualche secolo , non possiamo - senza uno sforzo di volontà - immaginarci il contraccolpo che la sua invenzione ebbe nel mondo . I libri pubblicati e diffusi - per la prima volta - a migliaia di copie davano a chi li leggeva la sensazione di formare una classe nuova di persone ; di persone le quali pur non conoscendosi fra loro ed essendo distanti le une dalle altre , si sentivano nondimeno legate dall ' invisibile filo intellettuale della lettura d ' un identico volume e dalle riflessioni che quella lettura faceva nascere in ognuno di loro . Fino a quel momento gli uomini , per sentire la loro solidarietà e per manifestarla , non avevano che un solo mezzo : riunirsi in folla . La stampa faceva sentire quella loro solidarietà e ne rendeva possibile la manifestazione , senza bisogno che essi si riunissero ; al contatto fisico aveva sostituito il contatto morale : alla folla aveva sostituito il pubblico . Senza dubbio , il pubblico , quando nacque , non era un organismo così complicato e così possente quale è divenuto oggi . Come ogni cosa viva , traversò varie fasi , prima di giungere alla fase odierna . Se si può dire che esso data dal secolo XVI , dopo il grande sviluppo preso dalla stampa , è dovere riconoscere che allora aveva un ' estensione e un ' importanza infinitamente minore di quella che assunse in seguito . Era , sulle prime , un pubblico quasi esclusivamente letterario scientifico o religioso ; e in fondo , sempre formato da una minoranza di persone colte . Nella seconda metà del secolo XVIII sorge il vero pubblico politico , formato non da una minoranza di uomini colti , ma dalla grande maggioranza del popolo , e a poco a poco assorbe tutti gli altri pubblici più o meno speciali e ristretti . La Rivoluzione francese dà a questo pubblico una nuova estensione , poiché è appunto a quell ' epoca che il giornalismo prende uno slancio che , per allora , possiamo dire grandissimo * . La stampa tuttavia , pur avendo creato il pubblico quasi in sostituzione della folla , non aveva saputo offrire al pubblico quel vantaggio che pur la folla possedeva : voglio dire l ' attualità . E mi spiego . Coloro che leggevano i giornali , sapevano bensì quanto accadeva nel mondo , ma lo sapevano forzatamente in ritardo . Tra le molte differenze che esistono tra folla e pubblico , la più grave , allora , era questa : che i membri di una folla erano tutti colpiti contemporaneamente da una notizia , e si sentivano quindi legati fra loro - oltre che dal contatto fisico - dal pensiero che ognuno di loro provava nell ' identico istante le identiche impressioni ; mentre gli individui sparsi che facevano parte del pubblico , oltre che essere distanti nello spazio , lo erano anche nel tempo , giacché apprendevano le notizie , non tutti nello stesso momento , ma chi molte ore , chi qualche giorno , chi , talvolta , una o più settimane dopo . Le comunicazioni non erano né frequenti , né veloci , e le provincie lontane dovevano accontentarsi di sapere con gran ritardo ciò che era accaduto alla capitale . Questa mancanza di contemporaneità nell ' apprendere notizie rendeva meno forte e meno attiva l ' influenza del pubblico : toglieva a questo la grande prerogativa e il maggior segreto della temibilità della folla : l ' unisono . Ma ciò che non poteva dare la invenzione della stampa , venne dato da altre scoperte , non meno gravide di incalcolabili conseguenze sociali : la ferrovia e il telegrafo e , s ' intende , il telefono e il telegrafo senza fili . Colla prima , le distanze si diminuirono e i giornali poterono arrivare in luoghi lontani in un breve spazio di tempo : colle altre le distanze si ridussero quasi al nulla e una notizia poté percorrere centinaia e migliaia di chilometri in pochi minuti . La ferrovia , il telegrafo ed il telefono diedero le ali alla stampa , e dettero al pubblico quel senso di attualità che fino allora non possedeva . È stato detto egregiamente che il trasporto della forza a distanza è un nulla , di fronte a questo trasporto del pensiero a distanza * . Certo il telegrafo ed il telefono han fatto sì che il pubblico di lettori fosse , per la contemporaneità , quasi uguale a una folla di uditori , poiché il tempo che impiegano la parola di un uomo o la notizia di un fatto ad arrivare sotto gli occhi di chi legge un giornale è - nei suoi rapporti sociali - poco più lungo di quello che impiega la voce di un oratore ad arrivare agli orecchi di chi lo ascolta . Oggi , in tutto il mondo civile si può sapere a poche ore di distanza che cosa hanno detto il presidente degli Stati Uniti o lo Czar , ciò che è accaduto a Parigi o a Buenos - Ayres . Il pubblico cioè ha conquistato quell ' unità di tempo che gli mancava , e che lo faceva , in un certo senso , socialmente inferiore alla folla . Inoltre la folla era un aggregato che aveva necessariamente i suoi limiti : non poteva essere composta di un numero di persone che eccedesse una data cifra . Prendiamo pure , come esempio , il Colosseo - il più vasto anfiteatro dell ' antichità - che conteneva , dicesi , 100.000 persone ; prendiamo pure , come esempio , gli innumerevoli individui che formavano - all ' aria aperta - l ' uditorio di un Pier l ' Eremita : per quanto la nostra fantasia sia generosa , potremo arrivare tutto al più alla cifra di due o trecento mila persone : non oltre . Il pubblico , invece - e intendo il pubblico moderno - non conosce limiti ; un sovrano od un genio per mezzo delle grandi scoperte : stampa , ferrovia , telefono e telegrafo - parlano oggi contemporaneamente a milioni di individui , a tutto il mondo che legge . III . Io mi lusingo che il poco che ho detto fin qui sarà bastato a far conoscere - almeno a larghi tratti - l ' evoluzione del pubblico , e a stabilirne le differenze colla folla . Il pubblico non è che una trasformazione della folla , compiuta lentamente dalla civiltà , la quale - mano mano che progrediva - scopriva mezzi sempre migliori per poter tener legati idealmente gli uomini , senza bisogno che essi fossero fisicamente vicini . La folla è un aggregato semplice nella sua formazione e improvviso , quindi in un certo senso animale ; il pubblico è un aggregato più difficile a formarsi e più lento , quindi più umano . La folla non è che una riunione di contatti psichici essenzialmente prodotti da contatti fisici : il pubblico non ha alcun bisogno della vicinanza dei corpi per essere un intricato complesso di comunicazioni da anima ad anima . La folla , insomma , è una collettività eminentemente barbara ed atavica : il pubblico è una collettività eminentemente civile e moderna . Se la similitudine non sembrasse azzardata , direi che tra la folla ed il pubblico passa l ' identica differenza che corre tra l ' orda selvaggia e la società attuale . Il progresso , che ha saputo trasformare a poco a poco l ' orda selvaggia nel tipo dello Stato moderno , ha saputo anche tramutare a poco a poco la folla in pubblico . Si tratta , in entrambi i casi , di aver sostituito all ' informe agglomero umano che sentiva , pensava ed agiva impulsivamente e tumultuariamente , un altro agglomero umano che sente , pensa ed agisce con maggior riflessione e sotto il freno di certe leggi . Le prove di questa differenza tra la folla e il pubblico abbondano . È un assioma che , quanto più un organismo è semplice , tanto più è soggetto alle forze della natura . L ' uomo civile si difende meglio dell ' uomo barbaro dalle intemperie , e il variare periodico delle stagioni ha sulla sua vita sociale un ' influenza minore che sull ' uomo barbaro . Per la stessa ragione l ' uomo barbaro sa e può opporre all ' ambiente fisico una maggior resistenza e una migliore difesa dell ' animale superiore , e questo , a sua volta , dell ' animale inferiore . Orbene , le folle sono organismi semplici e primitivi , perché la loro azione dipende molto dallo stato dell ' atmosfera e delle stagioni . Una giornata di pioggia basta ad allontanare il pericolo d ' un assembramento ; e non per nulla tutti i questori e tutti i prefetti di polizia , seguendo l ' esempio di Bailly , benedicono il brutto tempo che fa vuotare le vie e le piazze e rende difficilissime , se non impossibili , le folle e quindi le dimostrazioni o le sommosse . Il pubblico - organismo più complicato e più civile - non si risente affatto dell ' instabilità dell ' atmosfera : splenda il sole o diluvi , esso rimane identico nella sua sostanza e nella sua efficacia . Così il caldo o il freddo , l ' estate o l ' inverno , che hanno tanta influenza sulle folle , non ne hanno alcuna sui pubblici . Veggansi in proposito le osservazioni del Fournial * e sopratutto quelle del Lombroso e del Laschi * : esse dicono , col linguaggio preciso ed inconfutabile delle cifre , come le folle siano più o meno frequenti e numerose , secondo le stagioni ed i gradi di calore . Per i pubblici , invece , tutto ciò è indifferente ; e prova ne sia , come ha osservato il Tarde , che la crisi più acuta di una sovra - eccitazione del pubblico , quella dell ' affare Dreyfus , è scoppiata e si è diffusa in inverno . Un altro assioma sociologico è che l ' impronta della razza va facendosi sempre più debole , mano mano che gli organismi salgono nella scala sociale . E questo assioma è tanto evidente che non ha quasi bisogno di spiegazione . Più si moltiplicano e si intrecciano le influenze sociali , più è difficile scorgere lo stigma ereditario della razza - nascosto , attenuato o trasformato da cause o da concause ulteriori . Nel regno vegetale e nel regno animale ( escluso l ' uomo ) noi possiamo agire con una relativa sicurezza affidandoci soltanto all ' immancabile efficacia della razza e dell ' ereditarietà . Gli allevatori di piante e di animali lo sanno : coi loro innesti e coi loro incroci , essi ottengono - con precisione quasi matematica - quello che vogliono : le qualità dello stame e del pistillo , del padre e della madre , si combinano e si riproducono nei figli con un ' esattezza meravigliosa . Possiamo noi agire in egual modo sugli uomini ? No , certamente . Per questi , se la razza e l ' ereditarietà valgono molto , vale moltissimo l ' ambiente in cui nascono e vivono , vale cioè moltissimo l ' influenza sociale . Dato - per un ' ipotesi inverosimile - che si potessero conoscere perfettamente nel morale e nel fisico i genitori e i loro antenati , non per questo si potrebbe disegnare a priori l ' aspetto fisico del figlio , e tanto meno descrivere la sua fisonomia morale ed intellettuale . Orbene , trasportiamo quest ' osservazione dall ' organismo individuale all ' organismo collettivo , e chiediamoci se non è evidente che la razza ha maggiore influenza su una folla che non su un pubblico . Chi non saprebbe distinguere una folla italiana da una folla tedesca ? Chi potrebbe confondere un meeting d ' inglesi con un meeting di napoletani ? Chi non sa che una folla veneta non arriverebbe mai agli eccessi di crudeltà cui arrivano le folle calabresi o palermitane ? Basta avere assistito una volta ad una rappresentazione in un teatro tedesco , e aver confrontato il contegno degli spettatori con quello che tengono ordinariamente gli spettatori italiani , per comprendere come le folle siano sotto l ' impero assoluto della razza da cui escono . Calme o entusiastiche , fredde o bollenti , secondo che sono germaniche o latine . I pubblici delle varie nazionalità non offrono certo differenze così spiccate . E non le offrono perché - mentre nelle folle gli individui smussano gli angoli delle loro singole personalità per non lasciar scorgere che il contorno del loro tipo nazionale - nei pubblici invece non c ' è questa neutralizzazione dell ' individuo a intero profitto del carattere di razza , appunto perché nei pubblici - aggregati più civili e moderni - predomina il fattore sociale anziché quello atavico . Un terzo assioma sociologico - anch ' esso di intuitiva evidenza - è che la superiorità d ' un organismo - sia esso individuale o collettivo - si misura dalla maggiore riflessione ch ' esso mette nelle sue manifestazioni . Gli uomini e i popoli sono più o meno civili , secondo che sanno più o meno vincere , col potere d ' inibizione , che la educazione e la civiltà han sviluppato in loro , gli istinti atavici e selvaggi che li trascinerebbero ad agire impulsivamente . Orbene , chi vorrà e potrà negare che le folle sono assai più impulsive e quindi più violente dei pubblici ? Confrontiamo , per esempio , le folle femminili coi pubblici femminili . C ' è , psicologicamente , un abisso fra le une e gli altri . Le folle femminili sono la quintessenza della crudeltà e della barbarie : nei loro eccessi esse superano di gran lunga le folle maschili . Aprite un libro di storia di qualsiasi epoca , voi vi leggerete degli episodi raccapriccianti sull ' inverosimile grado di bestialità cui possono arrivare le donne quando discendono e si riuniscono nelle strade . La Rivoluzione francese offre al riguardo un gran numero di fatti che incutono orrore e terrore : e anche senza risalire a tempi lontani , chi ha assistito alle sommosse di Sicilia nell ' inverno 1893 94 , e alle tristi giornate di Milano nel maggio 1898 , non ha bisogno d ' imparare da altri che le donne , in folla , sono , peggio che selvagge , cannibali . Che cosa v ' ha , invece , di più civile , nel senso buono e anche nel senso cattivo di questa parola , dei pubblici femminili ? Le lettrici dei giornali e dei romanzi alla moda , e quelle dei giornali e delle riviste femministe , sono , è vero , appassionate ed anche talvolta un poco esaltate ; ma la loro passione è sempre sapientemente tenuta in freno da una non trascurabile dose di furberia , e le loro manifestazioni somigliano assai più al modo di agire della volpe che a quello della tigre . Per questo ho detto che i pubblici femminili sono civili anche nel cattivo senso della parola : hanno cioè della civiltà non solo la mitezza , ma altresì - mi perdonino le signore - la doppiezza gesuitica . Ed ora che abbiamo , o almeno crediamo di avere dimostrato l ' inferiorità della folla di fronte al pubblico , poiché l ' una rappresenta un aggregato barbaro ed atavico , l ' altro un aggregato moderno e civile , è necessario domandarsi qual parte abbiano rispettivamente , nel movimento sociale odierno , questi due diversi e indefinibili organismi che riassumono tutta la misteriosa e pur possente psicologia collettiva . Il dottor Le Bon * , ed io con lui * , abbiamo , anni or sono , proclamato che la nostra epoca è " l ' êra delle folle " . Gabriele Tarde invece sostiene che la nostra epoca è " l ' êra dei pubblici " . Ci siamo sbagliati , in parte , tutti . La nostra epoca è , nello stesso tempo , l ' êra dei pubblici e delle folle . Senza dubbio , il sorgere e lo svilupparsi del pubblico ha diminuito la frequenza delle folle , ma non le ha soppresse . Ha aperto , per così dire , una nuova valvola al bisogno del popolo di manifestare i proprî sentimenti e i proprî pensieri , ma non ha chiuso l ' antica . Vi sono oggi - oltre le folle - i pubblici , ma non vi sono soltanto i pubblici . Il progresso modifica e , modificando , migliora ; ma non cancella totalmente le abitudini ataviche . Carlyle ha detto che la civiltà non è che una corteccia entro cui può ardere viva , col suo fuoco infernale , la passione selvaggia dell ' uomo . E la verità di questa affermazione è confermata quotidianamente dai fatti : noi vediamo persone - che si comportano nella vita normale con tutte le forme insegnate dal vivere civile - scoppiare ad un tratto in una azione crudele che rivela in esse la bestia umana . È il così detto delitto passionale . La corteccia della civiltà - dinanzi a una provocazione - si è spezzata per lasciar uscir fuori la linfa della barbarie . Quel che avviene per gli individui avviene per le collettività . La civiltà ha tramutato la folla in pubblico , ma il pubblico a sua volta ritorna folla , quando il sentimento che lo domina è così forte da non sapersi più contenere e da aver bisogno per la sua manifestazione della forma atavica con cui si esplicava una volta . Ogni giorno noi assistiamo a questo fenomeno di un pubblico che produce una folla . Quando , per esempio , l ' idea che muove un partito , ossia un pubblico politico , ha raggiunto un altissimo grado di espansione , da quel pubblico esce , quasi per generazione spontanea , una folla che fa dimostrazioni , sommosse , rivoluzioni . Quando il sentimento religioso diffuso nel pubblico si acutizza nella superstizione , ecco che dal pubblico di fedeli escono le folle religiose peregrinanti a un santuario , o deliranti dinanzi a qualche madonna o a qualche santo miracoloso . Quando l ' amore o la stima - o viceversa l ' odio e il disprezzo per una data persona - oltrepassano nel pubblico certi limiti , ecco che da questo pubblico escono le folle urlanti di entusiasmo e di ammirazione , o di esecrazione e di ferocia , intorno ad un sovrano , a un generale , a un artista . Il pubblico , insomma , in certi casi , ritorna folla , come l ' uomo civile , in certi casi , ritorna barbaro . E in questo senso quindi possiamo dire che la folla non è oggi che una forma acuta e patologica del pubblico . IV . A questo punto , dopo avere , nel modo più breve e più chiaro che per me si poteva , tentato di spiegare che cosa è il pubblico , isolandolo dagli altri enti collettivi con cui potrebbe confondersi , è necessario ed è men difficile ritornare all ' oggetto del nostro studio e chiederci in qual modo si forma l ' opinione pubblica . Da quanto ho esposto , risulta chiaramente che l ' opinione pubblica è , qualche volta , non l ' opinione del pubblico propriamente detto , ma l ' opinione della folla . Il pensiero e il sentimento della collettività , noi lo abbiamo visto , se si esprimono oggi normalmente per mezzo dei giornali e se si diffondono quindi sugli individui sparsi e lontani , si esprimono anche anormalmente per mezzo delle moltitudini , le quali sanno dire ed imporre in modo staticamente violento ciò che i pubblici pensano in modo dinamicamente pacifico . I discorsi , le adunanze , le riunioni elettorali , le dimostrazioni di piazza , sono altrettante forme di folle , che influiscono anche oggi - e molto ! - sulla formazione dell ' opinione pubblica . Dietro queste folle c ' è sempre - siamo d ' accordo - un partito , cioè un pubblico , che è la loro causa e , per dir così , il bozzolo da cui escono : ma ciò non toglie che siano quelle folle che conquistano d ' un tratto - colla suggestione immediata e fortissima che da loro si sprigiona - il cuore e il cervello degli individui i quali , altrimenti , avrebbero impiegato più tempo a convertirsi . Per rispondere dunque alla domanda : in qual modo si determina una data opinione pubblica ? bisognerebbe fare non solo la psico - fisiologia del pubblico , ma anche quella della folla . Senonché , la psico - fisiologia della folla noi l ' abbiamo studiata altrove * e non amiamo ripeterci . Ci resta a studiare quella del pubblico . Ed è ciò che noi tenteremo . Una prima divisione dei pubblici si presenta spontanea quando si voglia considerare , da un lato il diverso grado di coltura , dall ' altro lato i diversi interessi degli uomini . Qui se ressemble s ' assemble , dice un proverbio , e ciò è vero non solo per le folle , ma anche per i pubblici . Una stessa educazione , un identico scopo , riuniscono gli individui in un fascio intellettuale , come un identico sentimento li spinge tutti ad agglomerarsi in una via o in una piazza . Noi abbiamo quindi i pubblici giudiziari , industriali , agricoli , letterari , scientifici , religiosi , politici , secondo che gli individui appartengono alla magistratura , all ' industria , all ' agricoltura , alla letteratura , alla scienza , alla religione , alla politica . Questi pubblici non differiscono fra loro soltanto per lo scopo che perseguono , ma bensì anche per l ' estensione che hanno e per la tecnicità che possiedono . Più il pubblico è ristretto , più è tecnico ; e più è possente e quindi temibile , quanto più l ' interesse che difende è generale . Una volta , la diversità di coltura e di interessi dava luogo nella società a divisioni di altro genere , che si chiamavano corporazioni , mestieri , classi o caste . Erano divisioni più stabili e più ben definite , anzitutto perché si fondavano qualche volta sull ' eredità , in secondo luogo perché chi ne faceva parte non ne poteva uscir facilmente , e chi non v ' era ascritto non vi poteva con facilità penetrare . Erano , in un certo senso , dei campi chiusi nei quali si poteva contare il numero dei soldati e donde l ' emigrazione e dove l ' immigrazione erano quasi impossibili . I pubblici odierni , che hanno sostituito queste divisioni , sono assai meno stabili e assai meno definiti ; sono , se posso dir così , organismi fluttuanti , perché non si può mai precisare la qualità degli individui che li compongono e tanto meno il loro numero . Un pubblico è oggi una specie di nebulosa , di cui se è facile distinguere il nucleo centrale , è difficilissimo determinare i confini . Vi entra e ne esce chi vuole ; e non valgono , o valgono poco , le ragioni ereditarie e tradizionali per costringere l ' una o l ' altra persona a far parte di questo o di quel pubblico . Noi possiamo dire che il pubblico è - per la vita sociale - quello che è per la vista , una cascata d ' acqua , la quale ci fa sempre l ' identica impressione malgrado che le goccie di cui è composta mutino continuamente . Le goccie del pubblico sono gli individui . E non solo vi è una continua variazione nelle goccie che forman la cateratta o - per lasciare la metafora - nelle cellule che formano quell ' organismo collettivo che è il pubblico ; ma anche questo stesso organismo va sempre più perdendo quei caratteri di stabilità e di infrangibilità che presentava una volta . Confrontate - e non solo in Italia - i partiti politici di mezzo secolo fa con quelli attuali . Destra e Sinistra erano allora due nomi che , nella Camera e nel paese , rispondevano a due correnti di idee che seguivano ognuna il loro corso indipendente . Qualunque confusione fra quei due partiti e fra gli uomini che li rappresentavano , sarebbe parsa impossibile , o , se fosse avvenuta , sarebbe stata giudicata come una viltà od un tradimento . La divisione era netta , recisa , intangibile . Le goccie , cioè gli uomini , mutavano necessariamente , ma la cateratta , cioè l ' idea , rimaneva intatta ed immobile . Possiamo noi dire lo stesso dei partiti attuali ? È pietà non rispondere a questa domanda , giacché tutti vedono e sanno , pur troppo quanta poca forza di coesione e quanta poca impermeabilità ( mi si perdoni la parola ) abbiano i partiti politici dei nostri giorni . Essi non sono che una etichetta che l ' uomo tiene appiccicata fin che gli fa comodo , e getta lontano quando gli conviene di farla dimenticare . Tra i vari partiti c ' è oggi in permanenza un fenomeno di osmosi e di endosmosi : le idee dell ' uno penetrano in quelle dell ' altro e viceversa ; e gli uomini che le sostenevano non trovano quindi strano , anzi trovano logico , di allearsi dopo di essersi combattuti . Questa continua mobilità dei partiti o dei pubblici attuali ( che è giustamente , secondo il Tarde , una delle loro caratteristiche principali ) non merita però troppo severo giudizio , giacché le cause da cui dipende , se non la giustificano , la scusano molto . In primo luogo , è evidente che gli uomini non possono essere oggi tenacemente fedeli a un ' idea , come lo potevano essere , e lo erano , una volta . In passato , ogni uomo nascendo aveva già designato non solo la sua carriera e quindi il suo posto nel mondo , ma anche il complesso di teorie cui doveva serbarsi rigidamente attaccato . Occorreva allora un fatto molto grave ( ed era ad ogni modo un fenomeno molto strano ) per vedere , ad esempio , un aristocratico nutrire sentimenti diversi da quelli della sua casta . Oggi , invece , ogni uomo che nasce è , in gran parte , un ' incognita , perché non si può sapere con sicurezza né la carriera che sceglierà , né le idee cui sarà devoto . Non solo : ma mentre una volta , generalmente , si invecchiava e si moriva con idee presso a poco uguali a quelle della gioventù , - oggi è più che probabile di cambiare di idee , o per lo meno di modificarle , coi lustri se non cogli anni . Il progresso che avanza con velocità sempre maggiore rende quasi forzatamente necessario il mutar opinione , e non a torto un filosofo diceva che chi non cambia mai la propria opinione non può essere che colui il quale non vuole o non sa imparar nulla . Un ' altra causa della mobilità dei pubblici , che si riattacca alla prima e non ne è che un diverso aspetto , consiste nel fatto che oggi la opinione di ciascuno è messa a dura prova perché quotidianamente insidiata dal diffondersi di opinioni diverse o addirittura contrarie . Un uomo si conserva più facilmente onesto , quanto minori sono le occasioni che lo tentano : un uomo si mantiene più facilmente d ' un dato parere , quanto minori sono i pareri opposti che egli sente svolgere intorno a lui . Non occorreva certo un carattere adamantino per serbar fede , in addietro , a quel patrimonio di idee in cui si era nati e cresciuti , poiché non era frequente il caso che nuove correnti di idee venissero ad urtare ed a turbare le correnti tradizionali ed ereditarie . E , viceversa , non è sintomo di poca saldezza di carattere , oggi , il mutar opinione , poiché sono infinite le forme di suggestione che la nostra vita sociale offre a ciascuno , per trascinarlo a pensare e a sentire in un senso piuttosto che in un altro . Tra queste forme di suggestione , la più importante , quella che riassume e concentra tutte le altre , è senza dubbio la stampa . Non vi è professione , non partito , non scuola artistica , religiosa o scientifica che non voglia avere il suo giornale o la sua rivista , come non v ' è reggimento che non abbia la sua bandiera . Affermarsi con un giornale è , nel mondo moderno , il primo bisogno di un ' idea che nasce , come di ogni interesse che non vuole essere soffocato da interessi rivali . Ed è perciò che si potrebbe fare una statistica e una psicologia della nostra vita sociale , solo contando ed esaminando i giornali che vengono pubblicati . Il sentire la imperiosa necessità di possedere un proprio giornale , prova implicitamente che ogni partito sa e crede che quello è il modo migliore per formarsi un seguito di fedeli . Sa e crede cioè , che gli uomini si schierano dietro un ' idea , non tanto , come una volta , per ragioni ereditarie e tradizionali , quanto per ragioni attuali , di persuasione immediata . Senonché - a questo punto - ci si presenta formidabile la domanda : è il giornale o il giornalista che forma il pubblico , o viceversa ? Dico formidabile la domanda , non tanto perché , secondo il mio parere , lo sia realmente , quanto perché tale è considerata in genere dagli scrittori . Noi abbiamo in sociologia molte di queste questioni , che si potrebbero tutte ridurre a una questione unica : se cioè sia l ' ambiente che ha maggior influenza sull ' individuo , o l ' individuo sull ' ambiente . Problemi , in fondo , che servono soltanto a mostrare l ' acutezza psicologica dei singoli avversari , i quali , per sostenere la loro tesi , fanno sfoggio di argomenti e di paragoni bellissimi , ma esagerati e paradossali . Prendiamo , ad esempio , la cosidetta teoria del grand ' uomo . Secondo Spencer che la mise in ridicolo , è un errore attribuire socialmente una grande influenza all ' uomo di genio : esso non è che il prodotto necessario dell ' ambiente in cui sorge e , per così dire , un figlio del suo tempo : un uomo non attivo , ma rappresentativo , come lo chiamava l ' Emerson ; un attore , non un autore del dramma storico . Secondo altri , invece - Carlyle il primo - tutto ciò che noi vediamo di buono e di bello nel mondo è dovuto agli eroi , cioè ai grandi uomini : l ' anima della storia intera non è che la loro storia : essi sono , per ripetere l ' espressione di Stuart Mill : " il sale della terra e senza di loro la vita umana diverrebbe una palude stagnante " . Chi ha torto o ragione ? Mi si permetta - prima di rispondere - di ricorrere a una similitudine , certo banale , ma che ha , se non altro , il pregio di essere chiara . Ogni uomo è il prodotto dei suoi genitori ; senza di essi non esisterebbe , e con genitori diversi sarebbe diverso da quello che è . Su ciò ci troviamo senza dubbio tutti d ' accordo . Così ci troviamo certo tutti d ' accordo nel credere che ogni genio sia il prodotto dell ' epoca sua , e che epoche diverse producano genii diversi . Or bene , pur ammettendo queste premesse che a me paiono assiomi , negheremmo noi che ogni figlio - una volta fatto uomo - possa esercitare sui suoi genitori una grande influenza ? O per il solo fatto ch ' egli è il prodotto fisiologico e psicologico di suo padre e di sua madre , dovremmo negare la possibilità di questa influenza ? No , non è vero ? Lo stesso , s ' io non mi sbaglio , deve dirsi del genio . Napoleone e Garibaldi , Dante e Shakespeare , sorsero quando sorsero perché fatalmente dovevano sorgere , e in questo senso è vero che essi sono i figli del loro tempo , lo scorcio incosciente in cui si è , per così dire , simbolizzata l ' umanità di una data epoca ; ma chi vorrà contestare che , pur essendo prodotti necessari della storia , dettero poi essi stessi un nuovo indirizzo alla storia , esercitando nel mondo un grande impero materiale o morale ? Scendiamo ora da queste altezze , ove si parla di genii e di epoche storiche , e ritornando al nostro più modesto argomento , parliamo di giornalisti e di pubblici . I nomi saranno diversi ma il ragionamento non muterà . Senza dubbio , ogni pubblico , produce i giornalisti che hanno i suoi istinti , le sue tendenze , le sue doti ed i suoi difetti ; che sono , in una parola , creature sue ; ma una volta che il pubblico ha , per dir così partorito il suo giornalista , è questo che , come figlio verso i genitori , può cominciare ad avere influenza sul pubblico , a dirigerne e a modificarne le opinioni . In questo caso si può dire che la psicologia del pubblico somiglia a quella della folla . Che cosa sono i meneurs delle folle , se non prodotti incoscienti e istantanei delle folle stesse ? In una moltitudine assembrata e fremente , voi sentite ad un tratto una voce o un grido , dietro il quale corre subito , con cieca ed uniforme credulità , tutta la turba , per dare sfogo ai suoi sentimenti di odio o di amore . Di quella voce o di quel grido non è responsabile l ' uomo che li ha lanciati , ma la misteriosa anima della folla che l ' ha costretto a lanciarli . Il meneur è dunque creato dalla collettività . Ma , appena creato , egli acquista un tal potere dispotico su coloro che lo attorniano , che può condurli ove vuole , ad eccessi ed a delitti che la folla non avrebbe voluto né pensato mai di commettere . Il giornalista non è che un meneur del suo pubblico . Creato da questo , può trascinarlo al di là di dove esso stesso voleva andare . V . Se la logica , dunque , serve a qualche cosa , io credo che essa ci dia il diritto di affermare che l ' opinione pubblica è , se non del tutto creata , certo plasmata , modificata e diretta dai giornalisti . In quale misura ? Ecco il problema . Problema difficilissimo a risolvere , giacché - quantunque i fenomeni di psicologia collettiva somiglino molto , per i loro imprevisti precipitati , ai fenomeni chimici - pur tuttavia è impossibile in psicologia collettiva quel che è possibile in chimica : sapere cioè qual dose occorra delle varie sostanze per ottenere la sostanza nuova . Per uscir di metafora : come si può determinare quanta parte ebbe , nel creare una data opinione pubblica , l ' opera personale di questo o quel giornalista , e quanta parte l ' opera anonima , collettiva ed istintiva del popolo ? Si dice , per esempio * , che la statistica degli abbonamenti è un eccellente termometro - spesso consultato - che avverte i redattori di un giornale della linea di condotta da seguirsi . In questo caso è il pubblico che impone , colla sanzione economica , il suo parere ai giornalisti , non questi a quello . E c ' è in proposito l ' esempio famoso del " Figaro " , che nel 1897 dopo aver pubblicato i primi articoli di Emilio Zola in favore di Dreyfus e di chi lo difendeva , mutò bandiera per non disgustare i suoi abbonati ed i suoi lettori * . Senza ricorrere , del resto , a un fatto tanto noto , e compiuto se non altro con una franchezza che ne potrebbe essere una attenuante , ognuno di noi - per poco che abbia pratica del mondo giornalistico - conosce dei fatti analoghi ; conosce cioè dei giornali e , quel che è peggio , dei giornalisti , che hanno mutato o modificato le loro opinioni perché gli umori del pubblico , e quindi la cifra degli incassi , consigliavano loro utilmente di modificarle . Malgrado questi fatti , io inclino però a credere più frequente e più intensa l ' influenza del giornalista sul pubblico , che non quella del pubblico sul giornalista . E non solo quell ' influenza è , secondo me , più intensa , ma può essere anche moralmente più dannosa . Ed ecco il perché . Il pubblico potrà far mutare indirizzo a un giornale : noi riconosciamo che questa è una brutta cosa per il carattere e l ' indipendenza del giornale giacché è , in fondo , una forma di corruzione . Ma è una corruzione che non fa che una sola specie di vittime : le facili coscienze dei convertiti . Si tratta quindi semplicemente di una questione di morale individuale . Se , per tenerci all ' esempio citato , i lettori del " Figaro " volevano che il loro giornale difendesse lo Stato maggiore francese e ribadisse la catena del relegato dell ' Isola del Diavolo , e se il Consiglio d ' amministrazione del grande giornale parigino ha creduto suo interesse di accontentarli , peggio per quei lettori , e peggio , ripeto , per le coscienze dei giornalisti e per l ' indipendenza del giornale che a quel mutamento si sono adattati . Non c ' è altro da deplorare . L ' influenza , invece , del giornalista sul pubblico può essere moralmente e materialmente assai più dannosa , giacché il giornalista può mentire , può far credere al suo pubblico cose non vere , e quindi traviarne il giudizio ; può , insomma , commettere verso di lui molti delitti , sfruttando la sua credulità e la sua buona fede . C ' è forse il bisogno di portar degli esempi per provare quante imprese losche - finanziarie e politiche - furono gabellate per buone al pubblico dall ' arte sapiente dei giornalisti ? I Panama francese e italiano informino . Del danaro , molto danaro , moltissimo danaro , e si crea l ' opinione pubblica che si vuole . Non parliamo poi dei periodi elettorali , dove , oltre il danaro , sono in gioco mille passioni , non tutte nobili e pure . Come vi sono i candidati o i loro grandi elettori che mentiscono alla folla che ascolta i loro discorsi , e promettono cose che sanno di non poter mantenere e diffamano i loro avversarî , - così vi sono i giornalisti dell ' uno e dell ' altro campo che mentiscono al loro pubblico per trascinarlo a dare il voto a Tizio piuttosto che a Caio . Nel dover constatare questi fatti dolorosi c ' è una sola consolazione : ed è che i giornali , come gli oratori , si servono l ' un l ' altro d ' antidoto e si neutralizzano . Ma non resta men vero che il pubblico è , in moltissimi casi , come la creta molle su cui imprime la sua impronta la mano del giornalista . Gabriele Tarde colla sua abituale acutezza diceva che - quasi a contrappeso psicologico a questi delitti commessi verso il pubblico - vi sono anche i delitti commessi dal pubblico . Ed è vero . Già , quel fenomeno di peggioramento morale collettivo che io ho constatato nella folla avviene fatalmente anche nel pubblico , il quale non è che una folla diffusa . Gli individui che compongono una folla od un pubblico - presi uno per uno - sono , in generale , buone e brave persone : riuniti insieme , si direbbe che le loro qualità migliori si elidono e si nascondono per lasciare scorgere e sopravvanzare le qualità peggiori . Si svegliano , cioè , nelle collettività - siano esse statiche come una folla , o dinamiche come un pubblico - gli istinti più bassi , e delle stratificazioni del carattere salgono alla superficie le prime , le più animali e le più selvaggie . Le folle son più feroci e brutali , nella manifestazione di questi istinti , appunto perché sono organismi atavici ; i pubblici son meno brutali e feroci appunto perché sono organismi moderni e civili . Le une , nel loro parossismo d ' odio , corrono all ' assassinio ; gli altri si limitano all ' ingiuria e alla diffamazione . Le une uccidono materialmente , gli altri si limitano ad uccidere moralmente . Dobbiamo dire - per questo - che tanto le folle come i pubblici sieno incapaci di slanci nobili , generosi ed eroici ? Nemmeno per idea . Ma questi slanci sono rari , e la regola è che , nelle collettività , gli istinti buoni rimangono addormentati . Prendete , come esempio , le forme più ristrette e più comuni del pubblico : i salotti , i clubs , ecc . ; provate in una conversazione a dir bene d ' una persona : qualcuno farà eco , gli altri , se non contraddiranno , rimarranno zitti e il discorso morirà ben presto . Provate invece a dirne male : sarà un coro : ognuno avrà il suo piccolo sassolino da aggiungere alla valanga del pettegolezzo , e l ' argomento , state pur certi , non si estinguerà tanto presto . Bisogna confessarlo : la leggenda biblica è psicologicamente verissima : i frutti dell ' albero del male sono assai più saporiti di quelli dell ' albero del bene . Passiamo dai pubblici ristretti ai pubblici vasti : dal salotto al giornalismo . Nella stampa , se si vuole veramente svegliare l ' interesse e la curiosità del pubblico , occorre creargli non un oggetto d ' amore , ma un oggetto d ' odio . Piacciono , per dir il vero , anche gli idoli , e vi si bruciano incensi con grande prodigalità , ma finiscono per stancare : e d ' altronde non è sempre troppa malignità il supporre che il pubblico crei degli idoli per darsi poi il divertimento di abbatterli . Un ' osservazione che non ho intesa fare a suo tempo da alcuno e che pure mi sembra semplicissima , è che l ' affare Dreyfus ha preso un nuovo slancio ed ha maggiormente appassionato il pubblico dei due mondi quando il fratello dell ' infelice capitano accusò Esterhazy di essere l ' autore del bordereau . Egli aveva trovato l ' oggetto d ' odio da offrire in pascolo al popolo . Fino allora si combatteva per l ' innocenza di un uomo ma non si conosceva . il nome del vero colpevole : era una campagna negativa , la cui nobiltà non poteva essere sentita da tutti , ma soltanto da coloro che si appassionano idealmente per la verità e per la giustizia . Il grosso del pubblico , come le folle a teatro , vuole che i drammi finiscano non solo col trionfo dell ' innocente , ma anche colla condanna del colpevole . E la simpatia per Dreyfus aveva bisogno , per crescere , di riscaldarsi al fuoco dell ' odio contro Esterhazy . Dice benissimo il Tarde : " Scoprire o inventare un nuovo e grande oggetto di odio per l ' uso del pubblico , è ancora uno dei mezzi più sicuri per diventare uno dei re del giornalismo . In nessun paese , in nessuna epoca , l ' apologetica ha avuto tanto successo quanto la diffamazione " . Ed è questa considerazione , e nessun ' altra , che può spiegare l ' enorme successo della stampa diffamatoria , dei Drumont , dei Rochefort , e di tutte le altre tigri letterarie di Francia e di altrove . Il pubblico , quindi , è per sé stesso un po ' delinquente , giacché ha degli istinti e delle passioni basse ed impure . Nei periodi storici , durante i quali il progresso si accelera e si acutizza in forme rivoluzionarie , il pubblico può diventare delinquente davvero . Allora è facile che dalla ferocia verbale passi alla ferocia materiale e che esso voglia colpire , non soltanto a parole , i suoi oggetti d ' odio . Allora è facile che esso applauda chi propone , e spinga anzi a proporre , le leggi di proscrizione , le condanne , i massacri , le persecuzioni di qualunque genere . Senza l ' esistenza e senza le provocazioni di un certo pubblico , gli orrori della Rivoluzione francese , come del resto di tutte le rivoluzioni , non sarebbero stati possibili . Nei periodi storici normali , il carattere delittuoso di certi pubblici è diverso , si vede meno , ma non è per questo meno effettivo . Allora il pubblico , più che autore è complice di delitti ; non li commette , ma sopporta che i suoi capi li commettano , e cerca nasconderli o attenuarli in base a una speciale moralità che non è altro se non un interesse di partito . Da ciò , le congiure del silenzio su azioni non belle compiute da personalità politiche ; da ciò , i tentativi di salvataggio , quando i nodi vengono al pettine e suona l ' ora paurosa delle inchieste . Ma il tema è scabroso , e non è facile né forse bello l ' insistervi . Se vi sono dei pubblici delinquenti , vi sono anche dei pubblici pazzi o , per lo meno , incoscienti . Il pubblico è qualche volta assalito di improvviso da un eccesso di follia , senza che se ne possano spiegare le ragioni : fenomeno codesto che non trova altro paragone se non in quelle folate di vento che turbano d ' un tratto la quiete dell ' atmosfera . Il pubblico greco che or sono alcuni anni impose al suo governo la guerra colla Turchia , era in uno di questi accessi ; e forse anche il popolo italiano traversò una fase di incoscienza dopo il disastro di Adua , nel giudicare la responsabilità della guerra e nel decidere la condotta che i suoi ministri dovevano tenere . Meno gravi e meno importanti , socialmente ma psicologicamente simili , questi engoûments sono anche la caratteristica dei pubblici , non politici , ma artistici e letterari . Viene alle volte un momento in cui un letterato diventa improvvisamente di moda , e per un po ' di tempo non si parla che di lui , non si scrive che di lui ; è il re del giorno . Magari egli non ha prodotto nulla di nuovo , o l ' ultimo suo libro è inferiore ai precedenti : eppure soltanto allora sembra che il pubblico s ' accorga della sua celebrità . In tutti questi casi la psicologia dei pubblici ritorna ad assomigliare alla psicologia delle folle , dove non si sa come o perché nascano certi impulsi e scoppino certe azioni violente , o delittuose o pazzesche , che nessuna forza umana è capace di moderare . E appunto in questi casi ritorna più imperiosa la domanda : dietro ogni pubblico non ci son forse sempre dei pubblicisti che lo aizzano , come dietro ogni folla c ' è sempre una setta che ne è quasi il lievito ? Qualunque sia la risposta che si voglia dare a questa domanda - e una risposta recisa , categorica , sarebbe a mio parere impossibile - essa avrebbe , per lo scopo del nostro studio , una relativa importanza . A noi basta avere constatato che alcune volte - io direi molte volte - è il giornalista che forma l ' opinione pubblica . In questi soli casi si può tentare di proporre qualche suggerimento che serva a rendere più onesta e più utile l ' influenza del giornale , e quindi più cosciente e più vera l ' opinione pubblica . Per i casi in cui - non il giornale esercita il suo potere di suggestione sul pubblico , ma questo su quello , - io non vedo possibilità di rimedî o consigli , se non forse in una vasta e lunga opera di educazione e di istruzione popolare , che trascenderebbe i limiti del nostro lavoro . Se infatti voi credete che una qualsiasi opinione si manifesti nel pubblico , senza che vi abbia influito la voce di alcun pubblicista , per un fenomeno incomprensibile di generazione spontanea , voi potrete tutto al più studiare il modo e le forme con cui questa opinione si è manifestata , ma non potrete consigliare alcun mezzo per cercar di modificare quell ' opinione . Essa sarebbe una fatalità , contro cui è vano lottare . Ma poiché , ripeto , se si potrà discutere sulla misura dell ' influenza della stampa , non si può certo discutere sulla realtà effettiva di questa influenza , noi cercheremo se v ' è un modo di disciplinarla affinché essa adempia con maggior moralità e più coscienza al suo difficilissimo còmpito di creare la pubblica opinione . VI . È un fenomeno , in apparenza , un po ' strano che mentre lo Stato esige delle garanzie intellettuali e morali per lasciare esercitare la professione del medico , dell ' avvocato , dell ' ingegnere , dell ' impiegato , non ne esiga nessuna per esercitare quella del giornalista . Si direbbe - e perdonatemi il paradosso - che lo Stato lasci in balìa degli incompetenti le funzioni più alte e più difficili ; lascia infatti ai giurati ( che non hanno l ' obbligo di essere giuristi o psicologi ) il giudicare della vita e dell ' onore dei singoli cittadini ; lascia ai deputati ( che non hanno l ' obbligo d ' aver fatto studi di sociologia ) il giudicare degli interessi collettivi della nazione ; infine lascia ai giornalisti ( che non debbono dare nessun esame né presentare la fedina criminale pulita ) il terribile potere di formare la pubblica opinione . Con ciò - e mi preme di dichiararlo subito - io non intendo affatto di invocare delle leggi che restringano il diritto di diventar giurato , deputato o giornalista . Io non credo - o per lo meno credo assai poco - alla valutazione ufficiale delle attitudini : credo invece che - sopratutto nel campo intellettuale - imperi la legge di selezione e di sopravvivenza dei più adatti . Lo Stato può distribuire lauree e diplomi : chi , pur avendoli ottenuti , non ne è degno , muore ugualmente di fame o trascina una oscura e faticosa esistenza . Tutto ciò che ha il bollo governativo - laurea , esame , concorso - non è in fondo che un mezzo per la diffusione di quella crisi di mediocrità che si va determinando oggi fra i notabili della borghesia . Parmi però che se sarebbe del tutto inutile - oltre che ridicolo - l ' esigere per il giornalista un diploma , non sarebbe affatto inutile esigere per il giornalista stesso una garanzia della sua moralità e della sua intelligenza . Il diploma è una responsabilità indiretta che si assume lo Stato e che , in pratica , non esiste : l ' obbligo di firmare gli articoli sarebbe - se io non mi illudo - una responsabilità personale e diretta , che avrebbe in pratica une grande e benefica efficacia . Tutti sappiamo il feticismo che il popolo ha per ciò che è stampato : gran parte di coloro che leggono un giornale credono a quello che leggono con fede cieca , lo reputano possibile e probabile , lo ripetono , lo raccontano , lo ampliano , lo svisano . Di ogni notizia stampata si può dire quel che si dice della calunnia : anche se non v ' è nulla di vero , ne resterà sempre qualche cosa . Orbene , a me pare che non bisognerebbe approfittare troppo di questa inconscia credulità del pubblico e che il più elementare sentimento di lealtà dovrebbe consigliare a mettere un nome - ossia una persona che ne risponda - in fondo a ogni articolo . Così il lettore avrebbe , in quel nome , una garanzia , o per lo meno un indice per prestare maggiore o minore fede a quello che legge . Quand ' io vedo sui giornali certi attacchi violenti contro questa o quella persona , contro una società , contro una istituzione , e non trovo in calce all ' articolo un nome , mi vien fatto di pensare - per associazione di idee - a una lettera anonima . Lo so : si può obbiettare che c ' è l ' organismo giornale , il quale risponde di quello che è stampato nelle sue colonne . Ma a che si riduce questa responsabilità ? Nel maggior numero dei casi il processo non si vuol fare o non si può fare perché mancano nell ' articolo gli estremi del reato ; ed è giusto , allora , che si getti la lode o il discredito senza che si sappia chi è colui che loda o diffama ? Nei casi in cui il processo si fa , vi è la magra consolazione e l ' inutilissima sanzione , di veder condannare il gerente che non ha mai nessuna colpa , o il direttore che può non averla , o - ipotesi rarissima - l ' autore dell ' articolo anonimo , se egli sentirà il bisogno di rivelarsi all ' ultima ora , mentre avrebbe dovuto , per lealtà , mostrarsi prima . Ma , si dice , resterebbe ad ogni modo la responsabilità finanziaria dell ' amministrazione del giornale . Prescindendo dal discutere quanto sia effettiva questa responsabilità , io domando : è giusto ed è civile il ridurre a una responsabilità collettiva , anonima e soltanto finanziaria , i delitti che per mezzo della stampa si possono commettere ? Non sarebbe questo un risuscitare l ' epoca longobarda in cui anche gli omicidii si scontavano soltanto in danaro , o , peggio ancora , l ' epoca barbara , in cui rispondeva di un delitto non solo colui che lo aveva commesso , ma tutta la sua famiglia , tutto il suo clan ? Intendiamoci bene : io credo doveroso che l ' amministrazione di un giornale risponda dinanzi alla legge civile di tutto ciò che nel giornale si pubblica : ma non credo che questa responsabilità sia sufficiente , e non credo equo che il pietoso velo di un ' anonima collettività copra la non bella figura dell ' uomo che ha scritte cose degne d ' esser condannate o anche soltanto di essere biasimate . La gogna è , tra le pene più antiche , quella che trasformata civilmente , sembra ancora a me la più giusta . Si sappia pubblicamente da tutti il nome di colui che per vendetta , per invidia , o per altri più bassi motivi ha gettato il discredito su una persona o ha ingannato e traviato i suoi lettori . Questo è , secondo la mia coscienza , il criterio con cui parmi si debba intendere la responsabilità . Senonché i fautori dell ' articolo anonimo hanno degli altri argomenti in favore della loro tesi . L ' articolo anonimo , essi dicono , ha più efficacia sul pubblico , giacché rispecchia non l ' opinione singola d ' uno scrittore , ma quella d ' un partito , e giacché permette al giornale di mantenere unità di indirizzo . Ha più efficacia sul pubblico ? Forse . Ma che genere d ' efficacia ? Io penso che l ' articolo firmato si possa paragonare alla voce d ' un oratore , e l ' articolo anonimo ad uno di quei gridi ignoti che escono spesso dalla folla . Io non nego che questo grido possa suggestionare la moltitudine più di quel che possa persuadere il suo uditorio la parola di un oratore : ma qual è la suggestione più cosciente e più onesta ? Del resto si può affermare , tanto per fare una frase , che l ' articolo anonimo rispecchia , non l ' opinione d ' una persona , bensì quella d ' un intero partito : in realtà l ' articolo è sempre scritto da una sola persona o per lo meno sulla falsariga delle idee suggerite da una sola persona , e quindi il voler far credere che è un ' opera collettiva ... come i poemi d ' Omero , è una finzione . Nessuno più di me riconosce , e l ' ho già detto , che il vero giornalista è , come in un altro campo il vero artista , un uomo che intende , riassume in sé ed esprime bisogni , desiderii e pensieri che giacciono confusi e diffusi nella psiche collettiva ; ma se egli ha questa dote felice di rendersi interprete del sentimento di molti , perché nascondere il suo nome ? Anzitutto egli potrebbe sbagliarsi , e in tal caso è bene si sappia che l ' opinione o il giudizio espresso son l ' opinione ed il giudizio di un solo e non di molti ; in secondo luogo , se egli veramente dice quello che molti pensano , dov ' è il danno che produrrebbe la sua firma ? I giornali possono molto , ma possono molto anche i libri nella formazione e nella trasformazione delle idee e dei sentimenti . E i libri , specialmente i libri che hanno rifatto la gente , non sono anonimi . Quanto al mantenere unità di indirizzo al giornale , riconosco che il sistema di scrivere senza firmare è ... il sistema ideale . Siccome nessuno sa chi è colui che scrive , nessuno può rimproverare a Tizio o a Caio di scrivere oggi in un giornale il contrario di quello che scriveva ieri in un altro . Io invece desidero che gli articoli sian firmati appunto per evitare smistamenti di persone che , lavorando anonimamente , possono , senza cadere in discredito , uniformarsi all ' indirizzo di un giornale che , magari , poco prima , in un altro giornale avevano combattuto . E d ' altra parte , pur riconoscendo che si può onestamente mutare le proprie opinioni , vorrei che queste naturali modificazioni del pensiero politico dei singoli giornalisti fossero compiute alla luce del sole e colla franca lealtà di chi non si vergogna d ' aver cambiato parere . L ' articolo anonimo è una specialità del giornale politico quotidiano : le riviste scientifiche o letterarie , salvo casi rarissimi , portano tutti articoli firmati . Eppure , o appunto , l ' opinione pubblica formata dalle riviste , su una qualsiasi questione tecnica , scientifica o letteraria , è sempre più equa , più misurata , più cosciente dell ' opinione pubblica politica formata dai giornali quotidiani . Perché ? Le ragioni sono evidenti . Anzitutto perché gli scrittori delle riviste sono ritenuti più onesti degli scrittori dei giornali , nel senso che si crede e si sa che essi sostengono sempre la loro opinione sincera , non quella che in un dato momento potrebbe piacere al pubblico , e tanto meno quella che potrebbe essere loro imposta , e magari pagata , da chi avesse interesse a vederla trionfare . In secondo luogo , perché gli scrittori delle riviste sono intellettualmente migliori , cioè più competenti nel soggetto che trattano , e non fanno l ' articolo ( come i giornalisti ) su qualsiasi argomento , ad essi magari ignoto un ' ora prima . Orbene , questa superiorità morale e intellettuale che hanno incontestabilmente le riviste sui giornali quotidiani è , in fondo , dovuta al fatto che nelle riviste gli articoli sono firmati . Esigete la firma anche per gli articoli dei giornali quotidiani , e gli articoli saranno migliorati moralmente e intellettualmente . VII . Arrivato alla fine del mio saggio , sento e prevedo io stesso due critiche . Si dirà , in primo luogo , che se la stampa ha molta importanza nella formazione dell ' opinione pubblica , non ne è però la causa unica : si dirà , in secondo luogo , che il limitarsi ad esigere che gli articoli sian firmati , dato che sia un rimedio , è un rimedio meschino di fronte al male che il giornalismo può fare . Accetto in parte la prima critica , ma rispondo con le seguenti parole di Max Nordau : " L ' uomo di Stato che or sono circa 60 anni diceva che " la stampa è il quarto potere " credeva di dire un paradosso ; inconsciamente pronunziava una profezia . La stampa , senza volerlo , senza saperlo quasi , entra in concorrenza vitale coi poteri costituiti . Essa tende ad impadronirsi dei diritti del Governo , del Parlamento e dell ' Accademia . Naturalmente questi corpi si difendono . Essi odiano la stampa perché sentono in lei la loro erede un poco impaziente . Ma il loro odio sarà impotente . Le stampa sarà la più forte . Poiché essa è la figlia delle condizioni nuove della vita civile , mentre gli altri poteri sono stati creati da una civiltà che non conosceva ancora né ferrovie , né telegrafo , né telefono , né istruzione obbligatoria e universale . La base sociologica di tutte le istituzioni di una democrazia è l ' opinione pubblica , vale a dire il sentimento e la volontà della maggioranza del popolo . Tutto il meccanismo del parlamentarismo : agitazioni elettorali , elezioni , Camera , regolamento delle sedute , discussioni , votazioni , non sono che la messa in opera dell ' opinione pubblica . Ma quanto pesante e fuor di moda è questa macchina ! E quanto elegante , mobile , efficace , al contrario , quella della stampa ! Come incarnazione del suffragio universale , essa è infinitamente più adattata alle invenzioni moderne che il parlamentarismo ! " . È dunque perdonabile se , in questo primo abbozzo d ' uno studio sull ' opinione pubblica , ci siamo fermati a considerare l ' influenza della stampa che è , nello stesso tempo , dell ' opinione pubblica la causa e l ' espressione più profonda e più vera . Alla seconda critica rispondo che , se vi saranno senza dubbio molte riforme più radicali per correggere i difetti e quindi la influenza della stampa periodica , codeste riforme sarebbero per le leggi che governano la stampa , non per gli uomini che la incarnano e la rappresentano , ed io penso modestamente che occorra , oggi sopratutto , mutar piuttosto gli uomini che non le leggi . Le leggi , anche ottime , sono inutili , se non dannose , quando son mediocri o cattivi gli uomini che le applicano . E se anche si potesse , senza ledere i prìncipi di libertà , escogitare un ' ottima legge sulla stampa , essa rimarrebbe inefficace se i pubblicisti non avessero maggiore coscienza e non sentissero maggiore responsabilità della loro missione . Ora , a sviluppare questa coscienza e a far sentire questa responsabilità , io non so spinta maggiore di quella che verrebbe dall ' esigere che il pubblicista mettesse sempre il suo nome a fianco delle sue parole . A poco a poco si eleverebbe - per eliminazione degli indegni e dei mediocri - il livello morale e intellettuale della stampa periodica , e si darebbe la meritata influenza sul pubblico a quella élite della intelligenza che è ancora la sola forma di aristocrazia che possa avere dei diritti sul popolo . Giacché , se è vero che per giudicare della bontà di un ' idea basta contare i voti dei posteri , è vero altresì che occorre pesare quelli dei contemporanei . E per quanto si voglia , e si debba , abbassare e diminuire l ' efficacia dei singoli individui sull ' ambiente che li circonda e attribuire tutto l ' onore del progresso umano alle collettività , bisogna riconoscere che l ' uomo ha ancora un potere di suggestione personale , e che sarebbe dannoso il volerglielo togliere coll ' esigere che egli si nascondesse sempre sotto l ' anonimo . Per comprendere quel che possa - più che l ' idea , il nome di colui che la sostiene e la divulga - basta pensare al famoso Io accuso ! di Emilio Zola . La straordinaria forza di suggestione di quell ' atto superbamente bello , non stava tanto nel sentimento e nel pensiero , quanto nell ' uomo che lo manifestava : e il bene immenso che ha fatto quella lettera alla causa della giustizia e della umanità , capovolgendo un ' opinione pubblica iniqua , dipendeva non dal contenuto della lettera , ma dalla firma . CAPITOLO QUINTO Il Parlamento e la psicologia collettiva " Les Parlements ressemblent à ces ruines que l ' on foule aux pieds , mais qui rappellent toujours l ' idée de quelque temple fameux pour l ' ancienne religion des peuples " . MONTESQUIEU , Lettres Persanes Lettre 92 - Usbeck à Rustan . Io non so se , come molti sperano e alcuni credono , sia vicina l ' ora in cui il sistema parlamentare dovrà trasformarsi o morire . Certo so che non poche accuse vengon lanciate contro di esso da uomini politici e da pensatori , e che la grande massa del pubblico non gli risparmia critiche acerbe e talvolta uno sdegnoso disprezzo . Parmi però che nella severa requisitoria siasi dimenticata l ' accusa più grave . Finora si è combattuto il parlamentarismo soprattutto nelle persone : i deputati - si è detto - non sono , salvo rare eccezioni , i migliori della nazione , sono spesso anzi gente mediocre ; conquistano il seggio , fanno i proprî interessi non quelli degli elettori , o fanno gl ' interessi di questi solo in riguardo al vantaggio personale che ne possono trarre ; manca od è debole la disciplina di partito ove sarebbe necessaria , e la si ritrova invece sotto la forma losca di camorra o sotto la forma ridicola di puntiglio nelle questioni in cui le grandi idee politiche non entrano e gli estremi settori della Camera potrebbero andar d ' accordo senza offendere la logica e l ' integrità del carattere ; il regionalismo e il campanilismo , queste due manifestazioni di meschino e miope egoismo collettivo , dominano e spadroneggiano insieme all ' egoismo individuale , portando l ' immoralità dentro e fuori del Parlamento , e facendo del deputato , che dovrebb ' essere un legislatore conscio del suo altissimo ufficio , un uomo che rende molti favori nella speranza che a lui si ricambino con un solo : eleggerlo nuovamente . E tutto ciò senza accennare al più brutto e pur troppo forse al non meno diffuso fra i vermi che rodono il sistema parlamentare : la compera dei voti nelle elezioni . Nessuno ha creduto , ch ' io mi sappia , di combattere il Parlamento , anziché nelle persone che lo costituiscono , nella sua essenza di organismo collettivo . Nessuno cioè si è posto questo problema : dato anche , per un ' ipotesi inverosimile , che tutti i singoli membri che lo compongono fossero moralmente e intellettualmente gli ottimi della nazione , potrebbe il Parlamento dare ottimi risultati ? In altre parole : nel solo fatto d ' essere una riunione di molti , non è insita la ragione di quasi tutti i suoi difetti ? A questa domanda noi tenteremo di rispondere . I . È un ' idea volgare , - che un ottimista potrebbe attribuire alla modestia umana , e un pessimista al desiderio di non assumere responsabilità , - il credere che più persone sappiano decidere meglio che una persona sola una qualunque questione . Quattro occhi vedono più di due , - dice un proverbio , che è senza dubbio vero in molti casi ma è anche senza dubbio falso in molti altri , come accade in genere di tutti i proverbi , nati dall ' esperienza raccolta su alcuni fatti , e non applicabili perciò a tutti . E allargando il principio contenuto in quel proverbio , che pareva di evidenza assiomatica , si è venuti man mano in ogni ramo della vita civile costituendo la regola che le decisioni importanti dovessero essere prese da un collegio di individui anziché da un solo individuo . La magistratura giudicante , popolare o togata , fu collegiale ; i problemi che riguardano argomenti di arte , di scienza , d ' industria , d ' amministrazione , furono sottoposti al giudizio di Consigli o di Commissioni ; e anche le leggi , che sono i più gravi problemi dei popoli , dovettero sottoporsi al Parlamento , ossia al voto di molte persone . Si credeva con ciò di ovviare ai pericoli che presenta , così dal lato morale come da quello intellettuale , il sistema di lasciar arbitro un solo . Sommando più intelligenze , - dicevasi , - si avrà un risultato migliore di quello che darebbe una intelligenza unica , e unendo più persone , esse si controlleranno a vicenda , evitando così le ingiustizie , altrimenti assai facili . Il ragionamento , - bisogna confessarlo , - era semplice , e in apparenza d ' una logica ferrea . Ma era vero poi nella pratica ? A me pare di no . Anzitutto , per ragioni che chiamerò estrinseche e che ha egregiamente accennate Aristide Gabelli . " Si dice - egli scriveva - che le Giunte , le Commissioni , i Consigli , in una parola i molti che esercitano il potere insieme , sono una guarentigia contro gli abusi . Sarà anche vero . Ma prima bisogna vedere se sono di aiuto all ' uso . Il fine per cui i poteri si dànno , è infatti questo , che si adoperino . Quando le guarentigie contro gli abusi son tali che ne impediscono l ' uso , diventa inutile ancora il darle . Ora i molti sono appunto una guarentigia di questo genere , per le partigianerie e le discordie che generano fra loro gli interessi , le opinioni e gli umori contrarii ; perché , in mancanza di questi , uno viene , uno non viene , uno è ammalato , un altro è in viaggio , e di frequente tutto dev ' esser rimandato con perdita inestimabile di tempo e spesso di opportunità e di efficacia ; perché , se è difficile di trovare in tutti l ' ingegno , assai più difficile è trovare la risoluzione e la fermezza ; perché , non essendovi responsabilità personale , chi può cerca di schermirsi ; perché chi ha il potere e non l ' esercita , non è che un impedimento a chi dovrebbe esercitarlo ; perché infine , senza ripetere ragioni che tutti sanno , le forze degli uomini uniti si elidono e non si sommano . Ciò è tanto vero , che moltissime volte vien fuori una cosa mediocre da un consesso di tal natura che ognuno di quelli che lo compongono sarebbe stato in grado di farla meglio da solo . Gli uomini , diceva Galileo , non sono come cavalli attaccati a un carro che tutti tirano ; ma come cavalli sciolti che corrono e uno dei quali guadagna il pallio " * . Quest ' ultima idea che il Gabelli enuncia soltanto di sfuggita è , secondo me , la più importante e la più profonda . Sta bene il dire : più intelligenze sommate insieme daranno un risultato migliore di quello che darebbe un ' unica intelligenza , ma possiamo noi in sociologia applicare questi criteri puramente ed esclusivamente matematici ? Io non lo credo . " Que de fois j ' ai constaté - scriveva l ' infelice Guy de Maupassant , - que l ' intelligence s ' agrandit et s ' élève dès qu ' on vit seul , qu ' elle s ' amoindrit et s ' abaisse dès qu ' on se mêle de nouveau aux autres hommes ! Les contacts , tout ce qu ' on est forcé d ' ecouter , d ' entendre et de répondre , agissent sur la pensée . Un flux et reflux d ' idées va de tête en tête , et un niveau s ' établit , une moyenne d ' intelligence pour toute agglomération nombreuse d ' individus . Les qualités d ' initiative intellectuelle , de réflexion sage et même de pénétration de tout homme isolé , disparaissent dès que cet homme est mêlé à un grand nombre d ' autres hommes " * . Il Maupassant non faceva che parafrasare due versi di Lamartine : " Il faut se séparer , pour penser , de la fouleEt s ' y confondre pour agir " . La psiche umana , infatti , non è una cifra che possa andar soggetta alle leggi semplici ed elementari della scienza dei numeri ; è piuttosto una strana entità che si governa colle complicatissime leggi della chimica e che nell ' associarsi con altre entità simili dà luogo a quei fenomeni sempre sorprendenti , spesso inspiegabili , che si chiamano combinazioni e fermentazioni . È perciò che il risultato dato da una riunione di uomini non è mai una somma , ma è sempre un prodotto , è un quid ignoto che si sprigiona - quasi improvvisa scintilla psicologica - dai diversi elementi psichici individuali che si incontrano e si urtano . A chi volesse sapere il perché di questo fenomeno - certo da tutti osservato , - a chi volesse conoscere la ragione per la quale , come dice sinteticamente il Gabelli , le forze degli uomini riuniti s ' elidono e non si sommano , noi non potremmo risponder meglio che citando una pagina di Max Nordau , il forte ed acuto scienziato che ha il torto di voler diventare di quando in quando un romanziere mediocre . - " Riunite venti o trenta Goethe , Kant , Helmholz , Shakespeare , Newton , ecc .. , - egli scrive , - e sottomettete al loro giudizio una qualsiasi questione pratica del momento . I loro discorsi saranno forse diversi da quelli che potrebbe pronunziare un ' assemblea di gente comune ( benché io non vorrei rispondere nemmeno di questo ) , ma quanto alle loro decisioni io sono certo ch ' esse non differirebbero in nulla da quelle di un ' assemblea qualunque . E perché ciò ? Perché ciascuno dei venti o trenta eletti , oltre alla propria originalità che fa di lui un individuo eccellente , possiede anche il patrimonio delle qualità ereditate dalla specie , che lo rendono simile non solo al suo vicino nell ' assemblea , ma anche a tutti gli individui sconosciuti che passano per la strada . Si può dire che tutti gli uomini allo stato normale posseggono certe qualità che costituiscono un valore comune , identico , - supponiamo eguale a x , - valore che è aumentato negli individui superiori da un altro valore , per ognuno differente , e che per ciò deve esser indicato in modo diverso per ciascuno di essi : sia , per esempio , eguale a b , c , d , ecc . Ciò ammesso , ne segue che in un ' assemblea di 20 uomini , tutti genii di primo ordine , si avranno 20 x , e soltanto 1 b , 1 c , 1 d , ecc . , e necessariamente le 20 x , vinceranno le b , c , d , isolate ; vale a dire l ' essenza generale umana vincerà la personalità individuale , e il berretto dell ' operaio coprirà completamente il cappello del medico , del pensatore e del filosofo " * . Queste parole , che a me paiono un assioma piuttosto che una dimostrazione , vengono confermate , per chi dubitasse della loro esattezza , da una lunga serie di fatti . A che si devono , se non al fenomeno così acutamente spiegato dal Nordau , i frequentissimi verdetti assurdi dei giurati ? Io ho visto assolvere tre giovani che s ' erano , essi stessi , confessati colpevoli d ' aver fatto subire a una povera ragazza gli ultimi oltraggi e di averla in seguito martirizzata in un modo osceno . Credete voi che i giurati , presi ognuno separatamente , avrebbero assolto quei tre miserabili ? Io mi permetto di dubitarlo . Raffaele Garofalo ricorda un esperimento da lui fatto sopra un collegio di sei distinti medici , i quali , pregati di dare un giudizio su un uomo accusato di furto , lo dichiararono innocente malgrado le prove evidenti di colpabilità , e riconobbero più tardi d ' essersi sbagliati . In questi casi , - e negli infiniti altri che si potrebbero citare , - è appunto il semplice fatto d ' essere in alcuni invece che soli , la causa del verdetto spropositato . L ' unione di più intelligenze diminuisce , anziché accrescere , il valore intellettuale della decisione da prendersi ; e come nell ' assemblea di genii sognata da Nordau è probabile che il risultato sia quale potrebbe darlo il cervello d ' un uomo mediocre , così in questi giurì di uomini di buon senso è facile ottenere un verdetto che scenda non solo al disotto del buon senso , ma anche al disotto del senso comune . L ' identico fenomeno si verifica , - e naturalmente dovuto alle identiche cause , - in seno alle troppe Commissioni artistiche , scientifiche , industriali , che sono una delle piaghe più dolorose del nostro sistema amministrativo . Accade spesso che le loro decisioni sorprendano il pubblico per la loro stranezza . Come è possibile , - si dice - che degli uomini come quelli che facevan parte della Commissione abbiano potuto emettere un giudizio così illogico , così falso ? Come è possibile che dieci o venti artisti , dieci o venti scienziati , diano un verdetto che non è conforme né ai principi dell ' arte né a quelli della scienza ? L ' autore delle " Menzogne convenzionali " risponderebbe che anche qui ... il berretto dell ' operaio copre il cappello del professore . Melchior de Vogüé , colla sua abituale acutezza , diceva un giorno , a proposito d ' uno degli ultimi ministeri francesi : - " Ces ministres , dont je plaisais à constater plus haut la valeur individuelle , ces hommes qui , pour la plupart , montrent dans leurs départemens respectifs d ' éminentes qualités d ' administration , il semble qu ' une paralysie foudroyante les frappe quand ils se trouvent réunis autour de la table du Conseil ou au pied de la tribune , devant une résolution collective à prendre " . Orbene , nei Parlamenti perché non dovrà accadere la stessa cosa ? Il ragionamento del Nordau vale anche se al posto della cifra 20 si mette quella di 100 o di 500 . Anzi l ' aumento del numero non fa che esagerare e rendere più acuto il fenomeno . Lord Chesterfield , in una lettera a suo figlio , constatava questa fatale eliminazione delle qualità migliori dell ' intelligenza in ogni numerosa riunione di uomini . " Dopo di me , - egli scriveva , - prese la parola lord Macclefield che ebbe una grandissima parte nella preparazione del bill e che è uno dei più grandi matematici e astronomi dell ' Inghilterra , e parlò con una conoscenza profonda della questione e una grande chiarezza . Ma , malgrado ciò , la preferenza fu data a me , molto ingiustamente , lo confesso " . Indi aggiunge : " Sarà sempre così . Ogni assemblea è una folla ; qualunque sieno le individualità che la compongono , non bisogna mai pretendere da essa il linguaggio della ragione : una collettività d ' individui non possiede la facoltà di comprendere ... " . L ' esperienza popolare , del resto , aveva già intuito quello che il filosofo tedesco ha dimostrato recentemente e che lord Chesterfield osservava fin dal 1751 . Un vecchio proverbio dice : senatores boni viri , senatus autem mala bestia : e il pubblico oggi ribadisce questo dettato , quando a proposito di certi gruppi sociali afferma che , presi separatamente , gli individui che li compongono sono galantuomini , messi insieme sono birbanti . Enrico Ferri aveva quindi ragione di scrivere che " la riunione di persone capaci non è arra sicura della capacità complessiva e definitiva : dalla riunione di persone di buon senso si può ottenere un ' assemblea che manchi del senso comune , come nella chimica dalla riunione di due gaz si può avere un corpo liquido " * . È doloroso ma è vero : contro le leggi della logica matematica , l ' essere in molti , anche intelligentissimi , non può che condurre a un risultato intellettualmente mediocre . II . Ma dunque , - dirà a questo punto il lettore il quale essendo , secondo Aristotele , un animale politico , vedrà subito le gravissime conseguenze politiche che possono derivare dalle nostre osservazioni , - ma dunque , se voi condannate a priori le decisioni prese da più persone , volete il ritorno alla tirannia personale dispotica , senza sindacato alcuno e senza alcuna garanzia ? Volete far vostra la frase del Casti : meglio fra gli artigli di un leone che fra le unghie di cento topi ? Io non dico questo perché la conclusione sarebbe esagerata e troppo assoluta : io mi limito a criticare quelli che credo difetti del sistema attuale . Questo sistema è nato appunto , - da una parte per la ragione accennata più sopra , che in più ci si vede meglio che in uno , - e dall ' altra parte per reagire al pericoloso vecchio sistema tirannico dell ' arbitrio supremo d ' un solo . Due vizî erano contenuti nelle tirannie antiche : essere ereditarie ed essere individuali . Il primo era senza dubbio più grave del secondo , - e il mezzo migliore ma quasi impossibile per correggerlo , sarebbe stato di attuare il sogno di Carlyle facendo despoti i geni anziché i figli del despota precedente . Si è voluto invece correggere entrambi quei vizî e sopratutto il secondo e si è dato il potere al popolo . Alla tirannia di uno si è sostituita quella di moltissimi ; il pregiudizio del diritto divino dei re , - direbbe Spencer , - è stato sostituito dal pregiudizio del diritto divino dei Parlamenti . Un tempo si era sovrani per nascita , oggi lo si è per numero . L ' aritmetica ha detronizzato l ' eredità . Veramente ci sono ancora alcuni solitarii spiriti aristocratici i quali non sanno vedere la ragione di questo scettro gettato forse imprudentemente alla massa . O perché il voto di 100 calzolai dovrà valere quanto il voto di 100 uomini colti ? - " J ' aime mieux faire ma cour à M . Guizot qu ' à mon portier " , - diceva il Beyle , riassumendo così con la sua rovente ironia l ' apparente paradosso che , mettendo l ' origine del potere in basso , sembra asservire l ' intelligenza al numero . Ed è nota l ' orgogliosa boutade di quell ' oratore che sentendosi applaudir dalla folla esclamò interrompendosi : " Mi applaudono ? ho dunque detto una sciocchezza ? " . Insieme a lui sono molti gli ingegni che , sdegnando l ' opinione del pubblico , fanno proprii i versi superbi del poeta : " Rien ne me plaît , hors ce qui peut déplaireAu jugement du rude populaire " . Ma hanno veramente ragione queste anime sdegnose e sono esse veramente sincere ? Il filisteo tanto disprezzato non è forse il fertile campo su cui esse lavorano , la condizione necessaria della loro stessa esistenza , perché è a lui ch ' esse debbono la palma del trionfo e la consacrazione della gloria ? S ' io non erro , in fondo a questa teoria come in fondo alla teoria di chi sostiene il diritto assoluto della maggioranza , si cela un equivoco . Entrambi , aristocratici e democratici ( chiamiamoli così per brevità ) , hanno in parte ragione e in parte torto . Hanno ragione i secondi se fanno giudice supremo la maggioranza soltanto nel tempo ; hanno ragione i primi se i secondi voglion far giudice la maggioranza . non solo nel tempo , ma anche in ogni dato e attuale momento storico . E mi spiego . Tutto ciò che esiste e che è opera dell ' uomo , - dagli oggetti materiali alle idee , - non è che l ' imitazione o la ripetizione più o meno modificata di un ' idea già inventata da un ' individualità superiore . Come tutte le parole del nostro vocabolario , oggi molto comuni , erano una volta neologismi , così tutto ciò che oggi è comune , era una volta unico e originale . L ' originalità , - fu detto molto spiritosamente , - non è altro che la première della volgarità . Se questa originalità non ha in sé stessa le condizioni di vita , gli imitatori mancano ed essa muore nell ' oblio , come ricade nel nulla una commedia fischiata alla sua prima rappresentazione : al contrario se essa ha in sé un sol germe di utile , un ' anima di verità , gli imitatori aumentano all ' infinito come le rappresentazioni d ' un dramma vitale . Il fondo delle idee che noi disprezziamo oggi come troppo volgari perché corrono su tutte le bocche , è dunque formato dalle intuizioni , - un tempo miracolose , oggi invecchiate , - dei filosofi dell ' antichità , e i luoghi comuni dei discorsi più ordinari hanno cominciato la loro carriera come scintille brillanti d ' originalità . Ciò che non era degno di vivere è morto , e ciò che oggi forma la sapienza e la coscienza della gran massa del pubblico è quanto di meglio i genii hanno inventato nei secoli . È quindi giusto il dire che nel tempo l ' unico giudice d ' ogni idea è la maggioranza . Essa sola col suo lento e tardo verdetto dà la sanzione suprema a quello che i grandi uomini hanno creato o trovato . Ma se da questo punto di vista , che chiamerò dinamico , è necessario il riconoscere nella maggioranza il diritto di giudicare , possiamo noi riconoscere egualmente questo diritto dal punto di vista statico ? In altre parole , la maggioranza che è in grado di giudicare , ed è anzi l ' unico giudice , di un ' idea di cento o di mille anni fa , - è anche in grado di giudicare l ' idea di un pensatore contemporaneo ? Soppressa la distanza nel tempo , in questo fenomeno collettivo del pensiero , possiamo noi dire che le altre condizioni rimangano eguali ? Evidentemente la risposta non può che essere negativa . Coloro stessi che si inchinano al parere dato dalla maggioranza su una questione attuale , non possono disconoscere che questo parere è spesso o per lo meno alcune volte sbagliato , mentre necessariamente tutti si inchinano al parere dato dalla maggioranza , - e in essa formatasi per lenta evoluzione , - su un ' idea che sorse molti secoli addietro . Il numero , insomma , è supremo giudice dal punto di vista dinamico : non lo è dal punto di vista statico . E per esprimermi con una frase , forse in parte inesatta , ma che ad ogni modo intesa in senso relativo scolpisce il mio pensiero , dirò che , se per giudicare di un ' idea basta contare i voti dei posteri , occorre pesare quelli dei contemporanei * . Sostenere che i più , in un dato momento storico , hanno sempre ragione , e i meno hanno sempre torto , è constatare un fatto politicamente innegabile ( e fatalmente necessario ) ma non giusto . Le minoranze invece , nel mondo come nei Parlamenti , sono sempre state la gloria di ogni paese . A priori quindi , il diritto della maggioranza , applicato com ' è alla nostra vita politica , pare urti contro la logica , giacché l ' opinione dei più non è in tutti i casi l ' opinione migliore ; urta specialmente quando si consideri che questo diritto della maggioranza si esplica col mezzo dei Parlamenti , cioè di numerose riunioni di uomini , le quali , - come noi tentammo dimostrare più indietro , - abbassano sempre , per legge fatale di psicologia collettiva , il valore intellettuale della decisione da prendersi . E non solo si abbassa necessariamente il valore dei risultati , ma questi possono dipendere da cause improvvise , inaspettate e sproporzionate all ' effetto che producono . Una parola , un gesto , un atto qualsiasi , mutano repentinamente le tendenze di un ' assemblea come di una folla ; il contagio fulmineo di un ' emozione cambia in un momento il parere di tutti , come una folata di vento che curvi tutte da un lato le cime di un campo di biade ; e quindi , oltre all ' abbassamento del livello intellettuale , un ' assemblea può andar soggetta ad un istantaneo traviamento intellettuale : dare cioè dei risultati non soltanto di valore minore di quello che darebbe ognuno dei suoi membri , ma altresì di valore totalmente diverso . Ciò accade in ogni riunione di uomini : accade tanto più nei Parlamenti , i quali , pel modo come sono formati e per il modo come decidono , rappresentano e riuniscono due fasi di psicologia collettiva le quali si sovrappongono , o , per usare un ' espressione chimicamente più esatta , si combinano . Infatti , non solo le votazioni dei deputati , ma anche le elezioni dei deputati sono dovute al giuoco d ' azzardo della psicologia collettiva . Quali sono i coefficienti più importanti che concorrono all ' elezione di un deputato , tralasciando la compera dei voti sulla quale è inutile insistere , giacché per se stessa mostra il suo danno ? Sono i discorsi e i giornali . Orbene , questi due mezzi di persuasione , o , - dirò meglio , - di suggestione sul pubblico , sono i più forti e nello stesso tempo i meno sicuri : quelli cioè che possono dare l ' esito più impreveduto e più illogico , appunto perché agiscono ( e sopratutto il primo ) approfittando delle sorprese della psicologia collettiva . Senonché , a chiarir bene il mio concetto , qui ho bisogno di chiedere al lettore ch ' egli mi segua in una breve parentesi su quel fenomeno facilmente osservabile ma poco osservato , che è la fisiologia del successo . III . Nel campo intellettuale , la figura che si eleva ha , secondo il genere di arte o di scienza cui s ' è dedicata , diversa celerità nell ' arrivare alla notorietà e alla fama . Prescindendo anche qui dalla réclame che si compera , noi possiam dire che la suggestione sulla massa , e quindi il successo può essere lento o immediato , e generalmente è lento se la suggestione si esercita in modo diffuso , ossia su un individuo alla volta , immediato se si esercita in modo intenso , ossia su una folla di individui insieme . Un libro , per esempio , non è mai giudicato come un dramma ; quello è letto dai singoli studiosi che nella quiete solitaria della loro stanza possono spontaneamente formarsi un ' opinione sincera ; - questo è ascoltato dagli spettatori riuniti , i quali si suggestionano incoscientemente a vicenda , e formano tutti insieme un mostro a mille teste che par voglia intimare al povero autore questo dilemma terribile : divertimi o ti divoro ! Le condizioni del giudizio sono evidentemente diverse . Qual ' è la migliore ? Prima di rispondere , facciamo un ' altra domanda . Avete mai sottoposto ad una analisi di chimica psicologica quelli scoppi infrenabili di entusiasmo che , in un teatro o in una sala , coprono talvolta sotto un uragano di applausi la fine di una scena drammatica o le ultime parole di un discorso eloquente ? In quel momento , il pubblico crede d ' essere giusto e sincero , perché egli prova veramente l ' emozione che manifesta ; ma è proprio tutto merito del dramma o dell ' oratore se gli spettatori sono giunti a quel grado di approvazione frenetica , o non c ' è forse invece qualche altra droga che ha contribuito a far spumeggiare questo inebriante vino dell ' entusiasmo ? Nessuno ignora la legge psicologica , di indiscutibile verità , che l ' intensità di una emozione cresce in proporzione diretta del numero delle persone che risentono quell ' emozione nello stesso luogo e contemporaneamente . Alfredo Espinas nel suo volume Des Sociétés animales , ha dato la prova matematica di questo fenomeno : - " Supponiamo , - egli scrive , - che l ' emozione risentita da un dato oratore quando si presenta al pubblico possa essere rappresentata dalla cifra 10 , e che alle prime parole , ai primi lampi della sua eloquenza , egli ne comunichi almeno la metà ai suoi uditori che saranno , - supponiamo ancora , - 300 . Ognuno reagirà con degli applausi o col raddoppiare la propria attenzione e ciò produrrà quello che nei resoconti dicesi un movimento ( sensazione ) . Ma questo movimento sarà risentito da tutti nello stesso tempo , giacché l ' uditore non è meno preoccupato dell ' uditorio , che dell ' oratore , e la sua immaginazione è immediatamente colpita dallo spettacolo di queste 300 persone in preda tutte ad un ' emozione ; spettacolo che non può non produrre in lui un ' emozione reale . Ammettendo che esso non risenta che la metà di questa emozione , la scossa da lui subìta sarà rappresentata non più da 5 , ma dalla metà di 5 moltiplicata per 300 , vale a dire da 750 " . Orbene , s ' io non m ' inganno , queste parole bastano a dimostrare che tutti i giudizi dati da una folla sono fatalmente esagerati , giacché la singola opinione dell ' uditore si eleva alla ennesima potenza per il solo fatto della presenza di altre persone . Il numero in questo caso , è il coefficiente primo e più importante del successo , il quale non è certo creato da lui , ma è però da lui sviluppato a proporzioni che toccano talvolta le cime dell ' inverosimile . Non per nulla Luigi di Baviera , che era pazzo ma che era anche un grande artista , e una grande coscienza d ' artista , voleva assistere da solo , nel teatro deserto , alle rappresentazioni delle opere di Vagner . Egli sentiva che in tal modo soltanto , libero da qualunque suggestione , avrebbe potuto sinceramente giudicare e godere le manifestazioni del genio . Per uno scienziato o un artista che si diriga al pubblico sparso anziché al pubblico riunito , gli effetti e la misura del successo sono sostanzialmente diversi * . Voi conoscete la lettera che l ' Esther di Balzac - questa fanciulla insensibile e depravata che l ' amore purifica e innalza - scrive al suo amante prima di morire . Ella si uccide perché si è venduta a Nucingen per Rubempré . Lascia al suo poeta settecento e cinquanta mila lire , prezzo di questo mercato , e scherzando sull ' orlo del sepolcro affinché egli rimanga men triste , gli scrive : " Qui est - ce qui te fera comme moi ta raie dans les cheveux ? " Si dice che Balzac , leggendo questa lettera ad alta voce , s ' interrompesse , esclamando colle lagrime agli occhi : " Comme c ' est beau ! " . Quante volte non è accaduto ad ognuno di noi di commoverci - pur troppo non come autori - alla lettura di certe pagine sublimi ? Ma quel fiotto di ammirazione che ci saliva dal cuore e che , se fossimo stati in un teatro o in una sala affollata , avrebbe condotto istantaneamente per sola virtù di contagio al delirio dell ' applauso , si spegneva solitario nell ' anima nostra e fra le pareti del nostro studio . L ' autore di un libro non vede e non sa queste isolate manifestazioni d ' entusiasmo : egli non conosce quel pubblico sparso che lo ammira , e , se ne ode le singole voci , non ne ode però la voce collettiva e grandiosa . Egli non può mai essere come un oratore o come l ' autore d ' un dramma o d ' un melodramma , il fuoco ove convengono in un unico istante tutte le impressioni risentite da centinaia di uditori , centuplicate , - ognuna di esse , - sul suo valore effettivo dal solo fatto della presenza di altri uditori ; ed è perciò ch ' egli non gode mai la voluttà acuta e suprema di veder tutto un pubblico commosso e delirante ai suoi piedi , come lo vedono invece oratori e autori drammatici che valgono - talvolta - assai meno di lui . Altra cosa dunque , è agire su un pubblico riunito , altra cosa è agire su un pubblico diffuso . Quale - ripeto - la condizione migliore ? Soggettivamente , non saprei . La risposta dipende dal temperamento individuale . V ' è chi si compiace d ' essere travolto dalle acclamazioni di una folla ; v ' è chi si accontenta di conoscere per vie indirette l ' ammirazione che il pubblico gli tributa . Mascagni e Zola possono essere ugualmente soddisfatti nella loro vanità o nel loro giusto orgoglio , - l ' uno assistendo a quell ' attacco epilettico d ' entusiasmo che colpì i viennesi alla rappresentazione di Cavalleria Rusticana e dell ' Amico Fritz , - l ' altro apprendendo dal suo editore Charpentier che la Debâcle in pochi mesi aveva raggiunto il 150° migliaio . Sono due plebisciti , diversi nella manifestazione , simili nel significato . Oggettivamente , - non v ' è dubbio che il giudizio del pubblico sparso è il più sicuro e il più vero . Ho già dimostrato che il giudizio di una folla è sempre esagerato per la sola influenza del numero , la quale eleva necessariamente il diapason delle singole opinioni individuali . Credo di poter aggiungere che questo giudizio è anche spesso sbagliato . La psicologia collettiva rare volte è guidata dalla logica e dal buon senso . L ' occasione , il caso fortuito , l ' incosciente , determinano nella maggior parte dei casi le sue manifestazioni . Un grido di un solo , forza a quel grido tutti gli altri . Il contagio dell ' applauso o della disapprovazione , è fulmineo , come in una volata d ' uccelli il minimo sbatter d ' ali produce in tutti un panico irresistibile . E allora , il giudizio che ne esce e che noi crediamo la somma dei giudizi di tutti , non è che il parere d ' un solo il quale , per l ' ignoto fenomeno della suggestione , è divenuto ad un tratto il casuale ed istantaneo despota di tutta la folla . ... " J ' ai l ' horreur des foules , scriveva Guy de Maupassant : je ne puis entrer dans un théâtre ni assister à une fête publique . J ' y éprouve aussitôt un malaise bizarre , insoutenable , un énervement affreux , comme si je luttais de toute ma force contre une influence irrésistible et mystérieuse . Et je lutte en effet contre l ' âme de la foule qui essaye de pénétrer en moi ... " . Il fenomeno più meraviglioso che avviene nelle folle è appunto questo annientamento delle singole personalità in una personalità unica , immensa , diversa da ognuna di quelle che la compongono . Si direbbe che ogni individuo perde la facoltà di sentire e di pensare e diviene strumento cieco di un cervello e di un ' anima ignoti . Nella folla , un uomo applaude , fischia , grida viva o morte , quasi senza saperlo . Togliete quest ' uomo dalla folla , sottraetelo a quel fascino , ed egli pel primo si meraviglierà di quello che ha fatto . S ' aggiunga che dinanzi ad una folla , qualunque manifestazione dell ' ingegno corre dei grandissimi rischi . La psicologia collettiva , - in questo simile alla psicologia femminile ( mi perdonino le signore ) - è fatta di crudeltà e di contraddizioni , e passa , o meglio , salta velocissimamente da un dato sentimento al sentimento opposto . Un attore od un oratore che pronuncino male una parola , possono - suscitando , anche nel momento più serio , una crudele risata - compromettere l ' esito d ' una commedia o di un discorso ; un dramma che cominci con una frase strana o che si presti ad un giuoco di parole , può esser sicuro di non andar più innanzi . Prova ne sia il famoso " O Salamini ! " della tragedia di Alfieri . Il ridicolo - in questi casi - uccide tutto , anche la gloria , checché ne dica M.me de Staël . Il giudizio del pubblico sparso , quello che tocca ai libri , non presenta questi pericoli . Certo , anche per il libro , il verdetto collettivo si forma a poco a poco , giacché tutti i lettori diffusi si comunicano le loro impressioni , e i singoli pareri si fondono insieme come singole note che assurgano ad un unico accordo ; ma è questo un unisono che sorge più gradatamente riunendo opinioni più ponderate e perciò meno facilmente modificabili , anziché esser dovuto a scoppio improvviso di psicologia collettiva incosciente . Analogo all ' effetto che produce un discorso pronunziato innanzi a centinaia di individui riuniti , è l ' effetto prodotto da un ' idea espressa o da una persona lodata in un giornale politico quotidiano . Per la psicologia collettiva si può dire che il giornale - in questi casi - equivale al discorso . Infatti l ' istantaneità dell ' impressione prodotta dall ' oratore su persone riunite , è sostituita da un brevissimo spazio di tempo ( le 2 o 3 ore posteriori all ' uscita del giornale , entro le quali tutti l ' hanno letto ) in cui l ' impressione dell ' articolo o della notizia si diffonde su persone vicine e comunicanti , per necessità di vita , fra loro . Basta aver assistito una sola volta - alla capitale o in provincia , in un caffè o alla farmacia - all ' arrivo di un giornale aspettato , per convincersi quanto sia grande l ' effetto e istantanea la suggestione della notizia che interessa e che era attesa . Il contenuto dell ' articolo passa di bocca in bocca con una celerità quasi eguale a quella con cui le emozioni si propagano in una folla : i commenti favorevoli o sfavorevoli hanno la forza suggestiva dell ' applauso o della disapprovazione che accoglie un discorso , e il pensiero di ognuno subisce , cosciente o incosciente - una vera costrizione , come quella d ' ogni singolo spettatore in un teatro o in una assemblea . In una parola , l ' effetto del giornale è , come quello di un discorso , esagerato e spesso anche fallace . IV . Ora , dopo la digressione , ritorniamo al punto donde siamo partiti . Io dicevo che l ' elezione del deputato è dovuta specialmente alle forze di suggestione sprigionantisi da questi due mezzi : arte oratoria e giornali quotidiani . È dovuta cioè ai due mezzi che più facilmente e più velocemente costruiscono quell ' edificio che si chiama il successo ( edificio poco solido certamente se non è meritato , ma la cui solidità e durata poco importa per gli effetti riguardo ai quali noi lo studiamo ) e che maggiormente turbano , per legge di psicologia collettiva , la indipendente e sincera determinazione dell ' elettore . Che cosa avviene allora ? Avviene che l ' elettore , il quale depone la sua scheda nell ' urna e pare compia un ' azione libera ed isolata , non è altro che un suggestionato , vittima di una suggestione che può essere oggi un discorso , domani un giornale . E pazienza fosse suggestionato da un ' idea o da una persona che valgano qualche cosa , - sarebbe allora socialmente utile la suggestione ! - ma non c ' è bisogno d ' essere scettici per affermare che tali casi son rari . Nel nostro lieto paese della rettorica sono molti quelli che sanno cucire insieme un discorso ad effetto , e la massa è abbastanza ignorante per ammirare coloro che tuonano grandi frasi anche se non sanno far brillare nessun lampo di pensiero . L ' arte oratoria , che è fra le più nobili e le più difficili , si abbassa spesso alla volgarità di un semplice artificio , adoperato per attrarre a sé gli uditori incolti ed ingenui . " Un diluvio di parole sopra un deserto d ' idee " , ecco la frase terribile ma giusta con cui in molti casi si possono definire i discorsi dei candidati e quelli dei loro grandi elettori . E la potenza suggestiva di questi discorsi di secondo o di terzo ordine è dimostrata dal fatto del numero grandissimo di avvocati che giungono a Montecitorio . Quanto alla stampa quotidiana , - o chi non sa quale valore abbiano le lodi ch ' essa tributa ? Queste lodi , o si pagano ( in danaro o con lavori ) , o si ottengono per amicizia di qualche redattore o si scrivono dagli stessi lodati . Il buon pubblico di provincia crede alla sincerità della réclame , e non sospetta le piccole vigliaccherie e le piccole umiliazioni che il candidato ha dovuto subire per far mettere vicino al suo nome un aggettivo laudativo . E laggiù , nel piccolo paesello , quando si legge il giornale , l ' effetto del soffietto è immancabile . Così , purtroppo , si fabbricano i deputati , cui le migliaia di voti in tal modo e con tali mezzi ottenute ( e non parlo dei mezzi delittuosi ) dànno l ' illusione d ' essere dei grandi uomini . Quando poi , in un momento di sincerità e di sconforto , si fa la fisiologia del Parlamento , e si vede ch ' esso è in gran parte composto di personalità ignote o insignificanti , si dice , quasi argomento di meschina soddisfazione : la colpa è del paese : esso è stato interrogato ed ha risposto con quella scelta . La colpa è del paese , siamo d ' accordo ; ma esso risponde così , cioè male , perché lo si interroga e lo si obbliga a dare una risposta col mezzo ingannatore della psicologia collettiva . Se si potesse interrogarlo isolatamente , individuo per individuo , sarebbe , io credo , diverso il risultato , come sarebbero meno frequenti i verdetti assurdi dei giurati , se ognuno di questi dodici valentuomini potesse dare il suo voto senza soggiacere alla mutua suggestione dei colleghi e a quella dell ' accusatore , del difensore e del pubblico . Il guaio è che questo rimedio è inattuabile , o almeno , io non vedo la possibilità d ' attuarlo . Formato una volta il Parlamento , esso funziona , ancora e sempre , a base di psicologia collettiva . E il livello intellettuale di chi lo compone , già basso , scende ancor più per la legge che abbiamo enunciata . Gli uffici , le Giunte , le Commissioni - piccoli Parlamenti nel grande - moltiplicano le probabilità di risultati mediocri e di dolorose sorprese . La ragione politica fa spesso passare sotto la sua bandiera il contrabbando di molte illogicità o di molte ingiustizie . Si sopprimono o si modificano degli articoli di legge , senza pensare che questi sono in relazione con altri che andrebbero alla lor volta soppressi o modificati ; si approva talvolta tutto un progetto sol perché una parte è ottima e deve essere approvata . E non manca mai - nei momenti solenni - l ' appello ai grandi nomi e alle grandi idealità della patria , per strappare al sentimento , e per conquistare d ' assalto , un ' approvazione che il raziocinio forse si rifiuterebbe di dare . Ne segue che il Parlamento può in molti casi paragonarsi a un filtro a rovescio : i progetti di legge , anziché migliorarsi , peggiorano , attraversando tutte quelle fasi cui si vogliono assoggettare . Vedete , per esempio . Un testo di legge arriva in discussione . Non sarà certamente un capolavoro , e si può - a questo proposito - deplorare che i progetti non siano affidati a uno specialista della materia * . Ma , ad ogni modo , il testo di legge è stato redatto da persone competenti e presenta una certa coesione . Ebbene : immediatamente la pioggia degli emendamenti si rovescia su quell ' infelice progetto : alcuni , forse , ispirati dal desiderio sincero di migliorare la legge , i più , certo , dettati da secondi fini politici , e che prendono insidiosamente pretesto da questa legge per tendere un trabocchetto in cui cadrà il Ministero . La seduzione d ' una frase felice , la pressione di qualche giornale , la necessità momentanea di non scontentar gli avversari , mille motivi estranei all ' oggetto vero della discussione , possono far adottare un primo emendamento . Il giorno dopo , dei motivi d ' altro ordine ne faranno accogliere un secondo , spesso contradditorio al primo , e votato da deputati assenti il giorno innanzi e non al corrente perciò della discussione . E così di seguito , fino al momento in cui la legge non sarà che un insieme confuso di articoli eterogenei , un mostro dinanzi al quale la Camera si spaventerà e ch ' essa rimanderà al nulla . La Camera infine è psicologicamente una femmina e spesso anche una femmina isterica . Basterebbe , per provare la verità di questa definizione umiliante , osservare la differenza che esiste fra i deputati quando sono nell ' aula , e i deputati quando sono nei corridoi . La mobilità straordinaria della loro psicologia non ha davvero riscontro altro che nei temperamenti isterici . Gli uomini che voi avevate visto , un minuto prima , minacciarsi colla voce e col gesto , sfidarsi quasi cogli occhi , li vedete ora venirsi incontro col sorriso sulla labbra e stendersi amichevolmente la mano . Se un ministro passa , coloro che lo coprivan d ' ingiurie , l ' accolgono ridendo , si congratulano con lui per la sua replica brillante , forse ( ed ecco il veleno ) trovano il modo di raccomandargli una supplica . I rapporti sono mutati , e più ancora le parole e i giudizi . I discorsi che si applaudirono , la proposta che si appoggiò col proprio voto , diventano l ' oggetto di critiche acerbe . L ' uno parla con ironia della dottrina che ha difeso , con amarezza delle persone che ha sostenuto . Un altro si esprime con grande moderazione sul conto di uomini e di idee che ha violentemente attaccato . Le frasi fatte che , nell ' aula , si tuonavano come fossero assiomi , ora vengon messe in ridicolo . Chi gridava che la salvezza era nella libertà , implora adesso un uomo , cioè una dittatura , per salvare la situazione . Verità - al di qua della porta ; errore - al di là . Da una parte , il palcoscenico , dall ' altra , la realtà delle cose * . Paul Bourget , mi pare , ha detto che la vita è " un volume de Labiche interfolié par du Shakespeare " . Così , e a maggior ragione può dirsi della vita parlamentare . Una farsa nei corridoi , una tragedia nell ' aula . V . Se questi sono i probabili risultati intellettuali di un Parlamento , quali saranno i risultati morali ? La riunione di molti , come diminuisce la forza del cervello , indebolirà anche l ' energia del carattere ? Pur troppo , oggi non si può più discutere se il Parlamento nel suo complesso risponda ai fini più alti della moralità : recenti dolorosissimi fatti vietano il dubbio a questo proposito . La discussione dunque è solo possibile sulle cause di questa immoralità . La prima e la più evidente si rintraccia nel modo con cui molti deputati vengono eletti . Sbalzati al seggio di rappresentanti della nazione coll ' appoggio di Tizio o di Cajo , anziché per meriti proprii riconosciuti dal popolo , essi trascinano necessariamente con sé la catena di una riconoscenza forzata . E questa riconoscenza si traduce in favori che sono parzialità e ingiustizie . Pel deputato è un obbligo contraccambiare le prove di devozione che ha ricevute : per l ' elettore è un diritto ricevere questo contraccambio . Il mandato legislativo viene così a snaturarsi dalla base e prepara il terreno a nuove e più grandi immoralità . Queste - data una tale predisposizione - non si fanno lungamente aspettare . Già è cosa nota che la compagnia , di qualunque genere essa possa essere , aumenta quella piccola o grande tendenza al male che cova latente , come fuoco sotto la cenere , in ognuno di noi . Guardate i bambini : quando si trovano insieme , è allora che diventano più cattivi e più crudeli . Lo scherzo un po ' ardito , il piccolo furto , la scalata d ' un muricciuolo , che nessuno avrebbe ardito commettere e neppur pensare da solo , sono pensati e commessi quando trovansi in alcuni od in molti . Noi stessi - già uomini - dobbiamo riconoscere che se c ' è un caso in cui possiamo venir meno alle leggi della delicatezza o a quelle della pietà , è appunto quando siamo in alcuni , giacché allora spunta in noi il coraggio del male e giudichiamo leggermente l ' azione poco corretta che soli non saremmo stati capaci di compiere . Chi non ha , nella sua giovinezza , qualche episodio che confermi l ' esattezza di quel che siamo venuti dicendo ? Qual ' è il gentiluomo che non ricordi d ' aver commesso con dei compagni - e soltanto perché era con loro - una birichinata che rasentava l ' azione immorale se non il delitto * ? . La ragione di questi fatti , - tanto comuni da non esigere la prova ma soltanto un accenno , - è anzitutto aritmetica . Come la media di alcuni numeri non può evidentemente essere uguale ai più elevati fra questi , così un aggregato di uomini non può riflettere nelle sue manifestazioni le facoltà più elevate proprie ad alcuni soltanto di questi uomini : essa rifletterà soltanto le facoltà morali che si ritrovano in tutti . Giuseppe Sergi direbbe , con una sua bella e biologicamente esatta similitudine , che le ultime e migliori stratificazioni del carattere - quelle che la civiltà e l ' educazione son riuscite a formare in qualche individuo privilegiato - vengono ecclissate dalle stratificazioni medie che son patrimonio di tutti , e nella somma totale queste prevalgono e le altre scompaiono . Avviene cioè dal punto di vista morale ciò che noi osservammo più indietro dal punto di vista intellettuale . La compagnia indebolisce così il talento , come i sentimenti morali . E ciò , anche per un ' altra ragione . Basta che - in un aggregato di uomini - vi sia un malvagio , perché esso faccia dei discepoli , degli imitatori . Gli uomini , diceva il Bagehot , sono guidati da modelli non da ragionamenti , - e diceva bene , ma egli dimenticava di aggiungere che " sono guidati sopratutto dai modelli cattivi " . È la pera guasta che corrompe le sane : non s ' è mai visto che queste migliorino quella . Il microbo del male ha una potenza d ' espansione infinitamente più grande di quella del microbo del bene , dato che quest ' ultimo esista , giacché mentre pur troppo si sa che molte malattie sono contagiose , non è ugualmente provato che sia contagiosa anche la salute . È ben più facile ammalarsi per suggestione , che non guarire . È quindi più facile corrompersi socialmente , che non rafforzare il proprio carattere , tanto più che la corruzione morale presenta la grande attrattiva dell ' interesse . Un minimo strappo alla coscienza può significare un immenso vantaggio economico , - e nell ' epoca borghese che attraversiamo il danaro risplende di troppo vivida luce per non ipnotizzare anche coloro che si credono , e sono fino ad un certo punto , degli uomini onesti . L ' ambiente li circonda come in una spira , ed è veramente un boa constrictor che a poco a poco soffoca la delicatezza , l ' onore , persino il rimorso . Chi può analizzare i modi in cui avviene questa degenerazione ? Anzitutto , la vita del deputato - intendo le ore passate nei corridoi della Camera - non è certo fatta per fortificare il carattere . In mezzo a quei discorsi , che si gabellano per idee politiche e non sono spesso che pettegolezzi , la volontà si fonde in parole . Avvicinando continuamente gli avversari le convinzioni meglio temprate si smussano , si ammolliscono . Il sarcasmo dei colleghi più astuti umilia sulle prime gli ingenui e gli onesti della politica ; le ribellioni spontanee che questi hanno il pudore di fare , trova degli scettici , degli indifferenti , dei canzonatori ; la loro rigida onestà , dinanzi a quel plebiscito contrario , comincia a vacillare , ed essi si chiedono : se gli altri avesser ragione ? E una volta entrato il dubbio - poiché dinanzi all ' onore dubitare vuol dire essere sconfitti , - la vittoria dell ' immoralità è sicura . Un piacere dapprima , una piccolissima ingiustizia in seguito : la breccia è aperta . E mano mano che si procede per questa strada , così ripida da esser certi che una volta messovi il piede si precipita fino in fondo , la coscienza cerca di scusare il suo cambiamento col più gesuitico e più inutile dei conforti : tutti fanno così ! la mia responsabilità , se pur esiste , è infinitesima . E per tal modo , nel fatto d ' essere in molti , oltre la causa della corruzione trovano - ultimo danno - l ' illusione d ' una scusa . I pochissimi che si salvano da questa lebbra - i refrattarii - non possono nulla per diminuire l ' epidemia . Raramente si fanno denunciatori , perché il buono è compassionevole e - mi duole il dirlo - in certi casi è anche vile . Viltà che in lui deriva da una virtù , dall ' esser pietoso . Giudicando gli altri alla sua stregua , egli s ' immagina e si rappresenta il dolore e l ' umiliazione del malvagio che venga svergognato , e non osa gettargli in faccia l ' accusa . Come per essere eroi sul campo di battaglia bisogna essere un po ' crudeli , così per essere coraggiosi e franchi nel mondo politico , bisogna esser privi di una certa delicatezza di sentimento . E solo un alto , imperioso dovere può vincere questo riserbo e far d ' un collega un accusatore . La conseguenza è che i buoni , col loro contegno negativo , facilitano le losche imprese ai malvagi e a tutti quei deboli , quegli uomini arbusti , come direbbe Balzac , che piegano ove il vento spira , e ove vogliono i forti . Si forma così a poco a poco una associazione non confessata , latente , incosciente anche , se vogliamo , la quale stende la sua invisibile rete su tutta la vita pubblica . È una potenza che non si ha il coraggio di nominare , ma che si conosce : è una forza che non si vede , ma che si sente : assomiglia a quelle acque sotterranee che non si sospettano alla superficie ma che costituiscono la causa della vegetazione che cresce sul suolo . E quella vegetazione è il favoritismo , l ' immoralità , il delitto . Il pubblico sa che per ottenere qualche cosa basta rivolgersi a un deputato : sia anche contro giustizia , non importa ; e il deputato chiede , prega , impone ed ottiene . Ottiene dal Governo ipotecando il suo voto ( salvo poi a tradire quando senta l ' odor di cadavere ) - ottiene dalle banche , vendendo il fumo della sua influenza , - ottiene dalla burocrazia , facendo brillare l ' oro della sua medaglietta e il titolo d ' onorevole , così poco meritato . Ai ministeri vi sono volumi che contengono le raccomandazioni dei deputati e nessuno si meraviglia che sia così . E il Governo che sa e tollera tutte queste cose - e le tollera perché ne trae dei vantaggi - non teme certi oppositori alla Camera , giacché sono troppo legati a lui da legami inconfessabili per avere l ' audacia di dire tutta ed intera la verità . Sotto le invettive più forti degli oppositori - fatte pour la galerie , per ingannare gli ingenui - sta l ' accordo e la congiura del silenzio . Essi non possono rivelare tutti i reati degli avversarii perché nella rovina verrebbero travolti come complici anche loro . È questa la vera delinquenza politica moderna , fatta di sotterfugi e di ipocrisie , delinquenza settaria di quei pochi che arrivarono in alto , e che fa degno riscontro alla delinquenza settaria delle infime classi sociali . Queste , più franche , adoperano la violenza , e i loro mezzi di lotta si chiamano l ' assassinio e la dinamite ; quelli , più gesuiticamente civili , adoperano le astuzie , e i loro mezzi di lotta si chiamano l ' appropriazione indebita , il falso , la frode . Immoralità di persona - immoralità di partito - immoralità di governo , - tutto questo è la conseguenza necessaria e fatale di un sistema che pare creato apposta per peggiorare gli uomini anziché migliorarli . Il deputato - prima di diventare tale - stigmatizza il contegno e la condotta di quelli che erano allora deputati ; come i ministri , prima di essere tali , cioè dai banchi dell ' opposizione , gridavano contro il Governo . Gli è che , non essendo ancor presi nei denti della ruota fatale , avevano l ' illusione che vi si potesse resistere . Non sapevano che la politica è una lenta depravazione cui pochissimi sanno sfuggire ; e anche i migliori , quando venivano dalle lontane provincie con alti ideali e con sogni rosei , non sospettavano che alla luce che li attirava avrebbero bruciata la loro onestà . VI . La requisitoria è finita , ed il modesto pubblico ministero che l ' ha pronunciata dovrebbe ora , invece che richieder la pena , indicare i rimedii al male che ha lamentato . Veramente questo male ha cause così profonde e così radicate nella natura umana che l ' eliminarle sembra difficile . Esso potrebbe paragonarsi alla morte , il fenomeno fatale di cui si cerca sempre di attenuare la gravità , ma che non si può sopprimere . Chi oserebbe combattere il diritto supremo della maggioranza e conseguentemente il potere dei Parlamenti ? E qual rimedio è possibile al fatto che ogni riunione , ogni gruppo di uomini è moralmente e intellettualmente inferiore agli elementi che lo compongono , se la vita sociale altro non è che la risultante o il complesso di tutti questi infiniti gruppi che in essa si agitano , e che si chiamano classi , chiese , associazioni , partiti ? Il rimedio evidentemente non c ' è , e la constatazione di questa verità dolorosa è forse l ' ipotesi più pessimista che si sia mai formulata . Unirsi nel mondo umano vuol dire peggiorarsi ; che cosa volete di più desolante ? Gabriele Tarde - quand ' io esposi per la prima volta una tale idea - ne trasse , con quell ' acume logico che non è l ' ultimo dei suoi pregi , una deduzione assai ardita . " Segnalo - egli scriveva - senza insistervi , la portata inattesa di cui quest ' idea è suscettibile se la si estende al di là dell ' umanità . Tutti sanno che gli organismi sono stati considerati a ragione come delle società di cellule , e le cellule come società di molecole . Ora , supponiamo che il nostro principio si applichi a queste società biologiche o chimiche , supponiamo cioè che anche in queste l ' aggregato non sia superiore ai suoi elementi , che gli sia anzi inferiore o tutto al più eguale ; noi vediamo allora l ' Universo intero apparirci sotto un nuovo aspetto , ed è al perfezionamento del microscopio , non del telescopio , che noi dovremo domandare la rivelazione delle più mirabili meraviglie del mondo . Forse , infatti , fu in virtù di un puro pregiudizio ingiustificato che l ' io dell ' atomo si ritenne sempre più semplice , più meschino , più basso dell ' io animale od umano . Forse , nel fondo nascosto degli esseri viventi , nelle loro intimità elementari , vive e si diffonde invisibilmente assai più di intelligenza e di arte che non alla superficie " * . Ma arrestiamoci sulla china di queste congetture paradossali * . La inverosimiglianza della nostra teoria quando vien portata agli estremi nulla toglie alla sua verità quando la si applichi ai casi cui noi l ' abbiamo applicata . Che una riunione di uomini sia nei suoi risultati collettivi peggiore della media dei singoli che la compongono , è un ' affermazione di cui ci lusinghiamo d ' aver portato le prove e di essa ci accontentiamo . Quanto al diritto della maggioranza , pur tralasciando di notare ch ' esso si esplica col mezzo dei parlamenti cioè della psicologia collettiva , fu anch ' esso combattuto teoricamente e praticamente . Infatti è riposta in lui la prima fondamentale ragione della bassezza politica a cui siamo scesi . " Il governo della mediocrità - scriveva lo Stuart Mill - non può essere che un governo mediocre . Nessuno Stato governato dalla democrazia o da una aristocrazia numerosa , ha mai potuto sollevarsi al disopra della mediocrità , né nella sua condotta politica , né nelle sue opinioni e nei suoi costumi , se non là dove il popolo sovrano si è lasciato guidare dai consigli e dall ' influenza di un uomo o di alcuni uomini superiori " * . Stuart Mill adunque , condannava in modo assoluto il governo dei molti , soltanto ammetteva la possibilità di un ' eccezione : " quando il popolo sovrano si lasciasse guidare da un genio " . Ma in tal caso , invece che di un ' eccezione , non si tratta forse di una conferma della regola stabilita ? Sappiamo anche noi che molte volte le assemblee politiche possono sollevarsi ad altezze sublimi di pensiero o di sentimento , quando le infiamma la parola fascinatrice di un Mirabeau o l ' idea grandiosa di un Camillo Cavour , - ma che cosa provano questi fatti in favore del diritto della maggioranza ? Non provano nulla , perché in tali casi non è la voce della maggioranza quella che s ' impone , ma il dispotismo d ' un solo , dispotismo che si fonda , anziché - come un tempo - sulla forza materiale , sulla suggestione incosciente . Tutte le volte che un ' assemblea ha proclamato una verità o conquistato un diritto , tutte le volte insomma ch ' essa non è stata mediocre nelle sue manifestazioni , ha dovuto seguire - come l ' ipnotizzato il suo ipnotizzatore - un uomo che la affascinava e intellettualmente la possedeva . Voi potete dire - in tali casi - che il risultato è dovuto all ' assemblea o alla sua maggioranza . È un ' illusione . Quel risultato fu voluto da un solo , e da lui imposto , per forza suggestiva , a coloro che lo attorniavano * . La vita sociale - e quindi anche la vita politica - si impernia sul fenomeno della suggestione . Felici le epoche e i popoli che posseggono un genio il quale polarizza tutti i desideri , tutti i sentimenti , e si trae dietro ciecamente la folla ! Ma sono casi rari codesti nella vita delle nazioni , e quando il genio non c ' è , quando manca questo fuoco in cui attirare tutte le energie individuali , abbiamo veramente il regno delle mediocrità , perché la forza di suggestione , invece di individualizzarsi , si diffonde e si disperde , dando luogo alle mille sorprese della psicologia collettiva . Gli è in questi casi - che sono i più comuni e i più normali - che si verificano nei Parlamenti gli effetti dolorosi che abbiamo notati , ed è per questi casi che - non un vero rimedio - ma almeno un ' attenuazione del male si troverebbe nel diminuire il numero dei deputati . Se , per esempio , i rappresentanti della nazione fossero ridotti a 100 , è certo che la media di questi 100 sarebbe superiore intellettualmente e moralmente alla media dei 500 deputati attuali . E perché ? Perché limitando il numero , è difficile che rimangano fuori i buoni , ed è invece facile , per fortuna , che siano esclusi i cattivi . Quando i posti sono troppi la zavorra vi entra quasi necessariamente . Bisogna pur eleggere il deputato ! e se non c ' è chi merita d ' essere eletto , bisognerà accontentarsi del primo venuto . Avviene per i seggi al Parlamento , quello che accade per le cattedre alle Università . Fin che queste saranno troppe , vedremo molti professori che non meritano d ' esser tali ; diminuite le cattedre , e i migliori si faranno avanti , occuperanno i posti , e la media del corpo insegnante sarà migliore . Poi , con un numero di deputati più limitato si eviterà un altro inconveniente . Oggi basta che una persona si elevi in qualunque ramo della scienza o dell ' arte , perché la sua provincia , la sua città - che sono un po ' vane del loro concittadino , come le madri del figlio che ha fatto buona riuscita - si credano in obbligo di gettarlo entro la caldaia di Montecitorio . È un uomo d ' ingegno . E sta bene . Ma forse perché fa dei bei versi o dei buoni libri , sarà anche un operoso ed utile uomo politico ? Generalmente è il contrario . E così si crea un deputato mediocre , strappando all ' arte o alla scienza un ottimo artista o un egregio scienziato . No . Alla politica si dedichi chi vuole , e gli elettori mandino in Parlamento chi ha mostrato d ' aver doti politiche . Non crediamo che a reggere il popolo o a far delle leggi basti della gente d ' ingegno . È un ingegno speciale che occorre , come per tutte le professioni . Altrimenti noi vedremo degli avvocati , ministri o viceministri alla marina o al tesoro , degli ingegneri alla grazia e giustizia e dei signori che spropositano allegramente al ministero dell ' istruzione pubblica . Col numero di posti limitato , questi smistamenti saranno più rari e men facili , e ci guadagneranno tutti in omaggio alla legge della specificazione del lavoro . Aggiungete che si renderà finalmente possibile il pagare un ' indennità ai deputati , obbligandoli a non fare che il deputato . La qualità di rappresentante del popolo , che adesso è una sinecura e non serve che per ottenere ovunque scappellate e facilitazioni , diverrà una carica che esige del lavoro ; la responsabilità divisa in 100 invece che in 500 sarà più fortemente sentita , e gli eletti dovranno occuparsi delle cose importanti e di interesse veramente generale , lasciando che ogni provincia provveda autonoma e indipendente ai proprii interessi particolari , lasciando soprattutto ai faccendieri di fare in Roma i commessi e i corrispondenti degli elettori per le loro esigenze meschine e personali . E allora forse un miglioramento ci sarà ; e questo ormai vecchio organismo parlamentare , semplificandosi , potrà vivere senza infamia e forse con lode . Io credo che di esso si possa dire come di certi veleni , i quali uccidono o rinforzano secondo le dosi in cui vengono adoperati . Ora la dose o , per lasciar la metafora , l ' estensione e l ' importanza che il parlamentarismo è andato prendendo , è così grande che minaccia di uccidere la vita pubblica . Chissà che , limitando la dose , non possa , invece che ucciderla , rinforzarla . CAPITOLO SESTO L ' intelligenza e la moralità della folla . POLEMICA . Poiché , come ho detto nella Prefazione , questo libro vuole avere anzitutto un valore di documento per la storia della psicologia collettiva , riproduco qui integralmente una polemica svoltasi parecchi anni or sono intorno al problema dell ' intelligenza e della moralità della folla , fra me , Enrico Ferri , Gabriele Tarde , Pio Viazzi e Silvio Venturi . I . Lettera di Scipio Sighele a Gabriele Tarde . Illustre Signore ed Amico , È una fortuna ed un onore per me , che voi vi occupiate da qualche tempo della criminalità collettiva , tema cui io vado dedicando i miei studi assidui e il mio povero ingegno . Una fortuna , perché , nel difficile lavoro , voi mi siete spesso una guida geniale , sempre un critico acuto e sottile ; un onore , perché l ' interesse che dimostrate per quel soggetto , mi prova che non fece opera inutile chi pel primo attirò su di esso l ' attenzione degli studiosi . In uno dei vostri ultimi articoli * , che sono ricami psicologici deliziosi per la soavità delle tinte , voi vi occupate della folla non solo dal punto di vista morale , ma anche dal punto di vista intellettuale , e poiché su questo argomento parmi d ' aver qualche cosa da dire , mi son permesso di dirigervi questa lettera , che voi leggerete - spero - con quell ' indulgenza che è una dote naturale nelle individualità superiori . Io non so se sia vera la teoria un po ' paradossale sostenuta da alcuni , che il progresso consista nel ritornare all ' antico : certo mi sembra matematicamente perfetta la similitudine di Goethe , il quale diceva che il progresso non è che una spirale : ritorna su se stesso , ma sempre innalzandosi . Se voi applicate questa definizione al diritto penale e più propriamente al tema di cui voglio occuparmi , vedrete quanto sia vera . In tempi lontani erasi intravveduta - in modo confuso , erroneo e anche barbaro - l ' esistenza di una criminalità collettiva ; poi , quel primo barlume da cui potevansi trarre utili e umane applicazioni , era stato oscurato da quella grande crisi d ' individualismo che , come voi dite benissimo , è scoppiata ed ha imperato ovunque , in politica come in economia , in morale come in diritto ; ed oggi soltanto - a distanza di secoli - noi ritorniamo a considerare i delitti come azioni della collettività piuttosto che della persona , seguendo anche noi , nel campo limitato del diritto penale , quell ' onda di reazione sociologica o socialista , che va ad infrangersi con crescente violenza contro l ' illusione egocentrica , forse troppo a lungo durata . Ritorniamo - io dicevo - al concetto della criminalità collettiva , ma - come la spirale - vi ritorniamo innalzandoci . Una volta si estendeva alla famiglia , a tutto il clan , la pena di un delitto di cui un solo erasi reso colpevole . E ciò dipendeva dal fatto che , a quelle epoche primitive , ogni gruppo di formazione naturale - come appunto la tribù o la famiglia - costituiva un ente indissolubile ed indivisibile . L ' individuo era una parte , non un tutto , un organo , non un organismo , e colpire lui solo sarebbe apparso allora un ' assurdità , come parrebbe adesso un assurdo il punire un membro solo dell ' uomo . Questa embrionale concezione del delitto collettivo basavasi su un rapporto famigliare o di casta , ed era ingiusta nelle sue conseguenze , perché sbagliata nelle sue cause : dipendeva da un concetto politico , non da un ' osservazione obbiettiva . Oggi si è corretto l ' errore . Oggi ci siamo accorti che esistono dei delitti collettivi , ma non quali li scorgeva la miope , paurosa e tirannica legge dei tempi andati , bensì quali li rivela la moderna scienza positiva del diritto penale , che si affatica a distinguere la parte che in ogni azione umana - e quindi anche nel delitto - è dovuta all ' ambiente da quella che è dovuta alla costituzione antropologica dell ' individuo . Tale distinzione , facile , se vogliamo , nel reato personale , commesso da un solo , diventa difficile nel reato settario , difficilissimo nel reato della folla , perché in questi ultimi le cause determinanti sono così numerose e così intrecciate da non poterne fare la somma , ma da tentare soltanto di trovarne la risultante , - una specie di diagonale in quel misterioso parallelogramma delle forze psichiche , nel quale non entrano soltanto le energie palesi e a noi note , ma s ' agita anche la vita ignota dell ' incosciente . Io ho tuttavia cercato di studiare questo parallelogramma , di tracciarne , se è possibile , le dimensioni . E col vostro aiuto , ciò mi è riuscito meno arduo e più divertente . Un punto però avevo soltanto di sfuggita toccato , mentre meritava di essere svolto con qualche ampiezza . Polarizzato nello studio della moralità della folla , avevo trascurato di analizzarne l ' intelligenza * . Avevo detto che la folla - come la donna * - ha una psicologia estrema , capace di tutti gli eccessi , forse capace solo di eccessi , mirabile alle volte di abnegazione , spaventosa spesso di ferocia , mai o quasi mai mediocre e misurata nei suoi sentimenti . Avevo dimenticato di soggiungere che se le collettività , nell ' ordine morale , sono suscettibili dei due estremi opposti , della più selvaggia criminalità e del più sublime eroismo , nell ' ordine intellettuale invece , non conoscono che un estremo , l ' infimo , giacché se possono discendere a degli abissi di pazzia o di imbecillità sconosciuti all ' individuo isolato , non sanno elevarsi alla manifestazione suprema dell ' intelligenza e dell ' immaginazione creatrice . Vi sono , - infatti - eroismi collettivi : non vi sono né nell ' arte , né nella scienza capolavori collettivi * . Orbene , per qual motivo - vi chiedete voi , fermandovi su questo fatto che racchiude a tutta prima un ' anomalia , - per qual motivo la altissima manifestazione dell ' ingegno è sconosciuta ai gruppi sociali , mentre la grande e potente manifestazione della volontà e della virtù è a loro accessibile ? " Egli è - dite voi , e traduco le vostre parole - che l ' atto di virtù il più eroico è qualche cosa di molto semplice , e non differisce dall ' atto di moralità ordinaria che per il grado : ora , appunto , la potenza di unisono , che è racchiusa negli assembramenti umani , dove le emozioni e le opinioni si rafforzano rapidamente per il loro contatto moltiplicatore , è per eccellenza outrancière . Ma l ' opera del genio o del talento è sempre complicata e differisce in natura , non in grado soltanto , da un atto d ' intelligenza volgare " . Se mi permettete , io , invece della vostra frase , giusta , ma un poco involuta , avrei detto semplicemente così : l ' uomo , dal punto di vista morale , è una quantità addizionabile ; dal punto di vista intellettuale , non lo è . In altre parole : dei sentimenti si può fare la somma , delle idee non si può far che la media . Questa è la ragione per cui cento uomini di coraggio dànno una collettività coraggiosissima , mentre cento uomini d ' ingegno dànno una collettività intellettualmente mediocre . Senonché , dicendo questo , noi non abbiamo ancora spiegato nulla , e ritorna insistente la domanda : perché le facoltà morali hanno caratteri tanto diversi da quelli delle facoltà intellettuali ? Perché - io credo - l ' ingegno e il genio non hanno quella forza di suggestione che posseggono in grado altissimo le impressioni , le sensazioni , gli affetti . C ' è una frase - nell ' uso comune - che spiega molto bene questa differenza . Si dice che il coraggio s ' infonde , ed è vero : ed è così anche di molte altre doti e di molti altri difetti morali : s ' infonde la paura , l ' odio , la fede , la simpatia ; ma l ' ingegno e tanto meno il genio non si possono infondere . Sono facoltà incomunicabili , appunto perché sono il frutto della eredità piuttosto che dell ' ambiente . Si nasce o non si nasce con esse ; non è possibile acquistarle . Voi mi direte che anche le facoltà morali si ereditano e non si acquistano , che si nasce ottimi o pessimi , come si nasce intelligenti od idioti : ed è vero in gran parte anche questo , e fu anzi la scuola positiva ad affermare categoricamente tale verità . Ma è certo tuttavia che , - salvo , ripeto , le eccezioni , - è più facile formare di un bambino un buon uomo che non un uomo intelligente . Del resto la mia osservazione non vuol essere applicata alle persone che vivono in società allo stato diffuso , bensì alle persone che vivono allo stato riunito . Intendo cioè parlare degli stadii acuti della associazione umana , qual è una folla e , in grado minore , una setta , non già dello stadio normale qual è la quotidiana convivenza sociale . E - applicato a questi stadii acuti - credo davvero che il principio da me esposto non si possa combattere . Ogni dimostrazione sarebbe inutile ; è l ' evidenza che parla . Prendete una riunione qualsiasi di persone : il grido , il gesto , la parola d ' un solo potrà farla vile od eroica , ma nessun grido , nessun gesto , nessuna parola potrà elevare il suo livello intellettuale , potrà dare a quelle migliaia di cervelli la scintilla del genio . Le facoltà intellettuali - dunque - non si possono sommare , come le facoltà morali , perché , a differenza di queste , non possono comunicarsi per suggestione . Ma perché non si possono comunicare per suggestione ? Voi vedete . Le domande si susseguono , avvicinandosi ad una spiegazione . Riusciremo a trovarla ? Io lo spero . La ragione per cui le facoltà intellettuali non si possono comunicare per mezzo della suggestione consiste , secondo me , nel fatto che esse non hanno - al contrario dei sentimenti - mezzi esteriori di manifestazione . Suol dirsi - e non a torto - che la fisonomia rivela la persona d ' ingegno ; ma certo non rivela la forma e la qualità dell ' ingegno , certo non rivela quale idea passi in un dato momento nel cervello d ' un uomo . Invece la fisonomia esprime assai bene le emozioni dell ' anima , e le può esprimere non in un modo vago ed indefinito , ma definito e preciso : si può leggere sul volto di una persona la gioia , la paura , l ' odio , quasi tutti gli affetti del cuore . Ora voi m ' insegnate - ed io stesso ho speso qualche pagina a dimostrarlo - che " è una legge universale in tutto il regno della vita intelligente che la rappresentazione d ' uno stato emozionale provoca la nascita di quest ' identico stato in colui che ne è testimonio " . Dato che quest ' emozione sia , per esempio , di furore o di collera , in un attimo il volto di coloro che la vedono assumerà un ' espressione d ' ira in cui vi sarà un non so che di teso e di tragico . E non solo questa emozione sarà esteriormente manifestata , ma sarà anche intimamente sentita . " La speciale azione muscolare - dice il Maudsley - non è solo l ' esponente della passione , ma eziandio una parte essenziale di essa . Atteggiate la fisonomia ad una particolare emozione , e l ' emozione così imitata non fallirà di destarsi in voi " . Ecco dunque perché i sentimenti si propagano , e si propagano con una celerità spaventosa : ecco perché basta un uomo irritato per rendere irritati tutti coloro che lo attorniano ; ecco perché la collettività che essi compongono può essere la somma dei singoli stati d ' animo di ciascuno e avere quella forza immensa che dà l ' unione , quella terribilità irreparabile che dà l ' unisono psicologico . L ' ingegno e il genio , invece , non hanno - ripeto - mezzi esteriori di comunicazione : non possono quindi diffondersi in grado eguale , e , per così dire , allo stesso livello fra centinaia migliaia d ' individui riuniti , e far sì che la manifestazione intellettuale della collettività sia la somma delle singole facoltà intellettuali . Sento dirmi da voi : però anche l ' ingegno ha un mezzo di suggestione immediata , la parola , e un mezzo di suggestione mediata , il libro . E - per non accennare che al primo di questi mezzi di suggestione , quello che ci riguarda più da vicino - chi non ha assistito a quelle esplosioni di applausi che chiudono talvolta il discorso d ' un oratore eloquente ? Ma potremo noi dire che questa suggestione intellettuale somigli alla suggestione delle emozioni e dei sentimenti ? Potremo noi dire che , in tal caso , gli uditori sono saliti all ' altezza dell ' ingegno dell ' oratore , come - negli altri casi - gli spettatori salgono al grado di odio , di paura , di eroismo manifestato da colui che li suggestiona ? Evidentemente no . Giacché , la distinzione che qui bisogna fare e che a me sembra di capitale importanza , è , che mentre la suggestione dei sentimenti fa degli eguali , la suggestione delle idee non fa che dei discepoli , dei seguaci , vale a dire degli inferiori . Diffondete un ' emozione in mezzo a una folla : in un brevissimo spazio di tempo ogni individuo la risentirà nell ' identico modo in cui voi la risentirete : moralmente , quindi , voi vi sarete creato intorno un popolo di eguali . Diffondete invece un ' idea in mezzo a una folla : tutti - supponiamo - vi applaudiranno e saranno con voi , ma intellettualmente voi vi sarete creato intorno un popolo di seguaci , non di eguali . Nel primo caso avrete riprodotto , per suggestione , il vostro io morale in tanti individui quanti erano coloro che vi ascoltavano e vi vedevano : avevate coraggio , e avete creato 100 coraggiosi ; avevate paura , e avete creato 100 paurosi . Nel secondo caso , il vostro io intellettuale non s ' è trasfuso in nessuno : siete un genio , ma non avete creato nessun genio , avete soltanto costretto , per suggestione , 100 mediocri ad applaudirvi e a seguirvi . Ed ecco perché , nell ' ordine morale , la collettività conosce vette inaccessibili all ' individuo isolato , giacché essa può rassomigliarsi a un ammasso di polvere il cui scoppio , data la miccia , è tanto più fragoroso quanti più sono i grani di polvere che lo compongono , - e nell ' ordine intellettuale non può raggiungere le altezze cui un uomo solo arriva , giacché - anche data la minaccia - il sacro fuoco del pensiero non può propagarsi . Che se , non accontentandoci di rilevare questo fatto innegabile , noi volessimo anche ricercarne la ragione intima , scoprire cioè con curiosità metafisica il perché la natura abbia posto quella differenza fra le facoltà del cervello e le facoltà del cuore , noi potremmo dire che la collettività non sa elevarsi all ' altezza intellettuale dell ' individuo isolato perché , se lo sapesse , farebbe opera inutile o dannosa , e sa invece sorpassare l ' individuo nelle supreme manifestazioni morali , perché l ' opera sua , in questo caso , è più che utile , necessaria . In un dato momento storico , e in qualunque ramo dell ' attività umana , basta infatti che un solo abbia genio , ma non basta che un solo sia eroe . Basta un Garibaldi e mille eroi per vincere una battaglia . Mille Garibaldi sarebbero inutili . In altre parole : staticamente il numero è inutile al genio : è invece utilissimo all ' eroismo come a tutti i sentimenti dell ' uomo . Senonché , - malgrado questo mio tentativo di spiegazione , - è indubitato che la conclusione che sgorga dalle vostre e dalle mie osservazioni è sconfortante . La collettività , si chiami Giurì o Commissione , assemblea o folla , dà un prodotto morale e intellettuale peggiore di quello che darebbe ognuno degli uomini che la compongono . Unirsi nel mondo umano vuol dunque dire peggiorarsi . È questo il principio cui arriviamo , ed è questa l ' ultima formula del pessimismo più acuto . È forse un ' illusione od un paradosso ? A voi non è parsa tale , perché quando io l ' enunciai la prima volta , l ' avete accettata e le avete dato un grande valore . Voi scrivevate : " Segnalo l ' importanza inattesa di cui questo principio è suscettibile se lo si estende al di là dell ' umanità . Sappiamo che gli organismi sono stati considerati , e a ragione , come delle società di cellule , e sappiamo anche che si è potuto vedere nelle cellule stesse delle società di molecole ... Ora supponiamo che quel principio si applichi a queste società biologiche o chimiche , che cioè , anche in queste società l ' aggregato non sia superiore ai suoi elementi , anzi che sia inferiore o tutto al più eguale ; noi vediamo l ' universo intero apparirci sotto un aspetto nuovo ed è ai perfezionamenti del microscopio , non del telescopio , che noi dovremo domandare le rivelazioni delle più grandi meraviglie del mondo . Del resto , è forse in causa di un pregiudizio ingiustificato , che l ' io dell ' atomo è stato sempre ritenuto più semplice , più povero , più basso dell ' io animale od umano . Forse , nel fondo nascosto degli esseri viventi , nelle loro intimità elementari , viene invisibilmente spiegata assai più intelligenza ed arte che non si spieghi alla superficie ... " * . Io vi lascio con questo oscuro problema insoluto . La soluzione verrà data dalla psicologia dell ' atomo , che voi invocate , e che non è altro , in fondo , se non la psicologia dell ' incosciente , ancora così ignota e così misteriosa . Credetemi con ammirazione Vostro SCIPIO SIGHELE . II . Nota di Enrico Ferri . La lettera che precede , veniva pubblicata nel numero del l ° novembre 1894 della " Critica Sociale " . Prima che giungesse la risposta di Gabriele Tarde ( che il lettore troverà più innanzi ) , Enrico Ferri combatteva le mie osservazioni psicologiche con la Nota che qui riproduco , a cui faccio seguire le mie controosservazioni . La psicologia collettiva - come io la battezzai sino dalla 2ª edizione dei Nuovi Orizzonti - ha avuto organismo così rigoglioso dagli studi geniali e meritatamente lodati del mio carissimo Sighele , ed essa risponde troppo al colore del tempo , che mette in luce sempre crescente così i dolori come le forze benefiche e malefiche della collettività umana , perché non debba prestarsi nella infinita varietà poliedrica dei suoi elementi e delle sue manifestazioni , ad una diversità di osservazioni e di induzioni , anche fra chi abbia completo accordo di teorie fondamentali . Tale è il caso della presente Nota alla lettera , sempre acuta e profonda , di Scipio Sighele a Gabriele Tarde . L ' impressione - per dirla subito - che io ho avuto leggendo questa lettera , è un ' impressione di urto mentale . Si legge . Il cervello comincia l ' acceleramento della ideazione , e l ' aumenta via via trascinato con intensità progressiva dalle ben graduate osservazioni dello scrittore e poi , alla fine , quando il moto intellettuale dovrebbe rallentarsi e fissarsi nella conclusione finale , logicamente indotta dalle premesse , si trova invece dinanzi un ' affermazione brusca , ottusa , che vi ricorda l ' urto di un treno a grande velocità contro la sbarra immobile di un binario morto . Ed è veramente un binario morto quello in cui l ' amico Sighele mi pare si sia messo ; in gran parte , io credo , trascinato e quasi direi deraillé dal vagabondaggio metafisico della sociologia del Tarde . Il quale , per quanto gallicamente seducente , mi pare appunto un ricamatore che , presa una idea ( e per solito la prende da altri ) , sa ricamarne delle " variazioni " molteplici , sempre ingegnose e brillanti , ma più spesso unilaterali e sopratutto anarchiche , nel senso che non sono il prodotto logico e necessario del metodo sperimentale di osservazione e di induzione , ma rappresentano piuttosto la fantasia logica , il zig - zag arabescato di un cervello analitico e fecondo , ma scientificamente eslege . Tali sono i caratteri dei lavori più notevoli del Tarde , dopo i suoi primi e più originali articoli pubblicati anni fa nella " Revue philosophique " . Egli prende l ' idea sulla influenza dell ' imitazione , svolta fra gli altri dal Despine in una monografia del 1871 , e vi ricama sopra le sue Lois de l ' imitation , che sono l ' esagerazione unilaterale e inconcludente di un aspetto vero della vita . Così egli prende l ' idea del Pugliese , mia , e del Sighele , sul delitto collettivo ( folla delinquente ) e vi ricama sopra i suoi saggi critici , prima al Congresso di antropologia criminale a Bruxelles , poi nella " Revue des deux Mondes " . Oppure egli prende le osservazioni fondamentali della scuola positiva italiana e vi ricama d ' attorno la Criminalité comparée e la Philosophie pénale , accordandosi , anche per l ' indole dell ' intelletto , con quegli analitici e comparatori e ricamatori italiani , che s ' illudevano d ' aver messa su una " terza scuola " di " naturalismo o positivismo critico " sol perché , per esempio , alle statue michelangiolescamente scolpite da Lombroso , son capaci , a tavolino , di grattare qualche cosa col magistero sottile e miope della lima sillogistica . Non dico per questo che anche gli ingegni critici , malgrado l ' indole loro parassitaria , non abbiano una funzione utile nella scienza e nella vita . Dico invece che bisogna guardarsi , a forza di scorrere qua e là , di non mettersi in un qualche binario morto , come parmi sia il caso di questa nota del Sighele . Egli fa questa lucida osservazione : le forze sentimentali possono comunicarsi e sommarsi dall ' individuo in una folla , mentre le forze intellettive no . L ' osservazione mi pare fondamentalmente esatta ; ma purché si esprima in senso relativo e non assoluto . Io direi che i sentimenti si comunicano e si sommano nella collettività , più che le idee . E quindi non credo esatta l ' affermazione consequenziale del Sighele , che chi comunica un sentimento ad una collettività fa degli eguali a sé , mentre chi comunica un ' idea fa dei seguaci . Sta bene che il coraggio come l ' odio o la vendetta si possono " infondere " da un individuo ad una folla : ma i suggestionati saranno sempre diversi dal suggestionatore . E diversi nel senso del più come del meno . Garibaldi fu giustamente detto " eroe creatore di eroi " : ma i garibaldini che lo seguivano e lo sopravvanzavano nella battaglia , infuocati dalla sua persona , non erano eroi eguali a lui , che , per esempio , doveva conservare sempre un certo sangue freddo , per essere , come fu , così geniale capitano e stratega . Anche l ' artista o l ' oratore comunicano agli uditori la loro passione ; ma nell ' amore o nell ' odio o nella pietà o nell ' ilarità gli uditori sono ben diversi dall ' attore o dall ' oratore . Questi deve serbare il suo sangue freddo , mentre gli uditori tutto dimenticano e arrivano al monoideismo , finché dura la suggestione sentimentale . E come fra i garibaldini ci può essere uno più o diversamente coraggioso di Garibaldi , così fra gli uditori vi può essere uno più o diversamente artista e intelligente dell ' attore o dell ' oratore . Lo stesso avviene per l ' intelligenza della folla . Sighele dice che quando l ' oratore getta una idea nella folla degli uditori , questi , se ne restano suggestionati e applaudiscono , diventano dei seguaci , cioè degli inferiori , non degli eguali . Non è esatto . In iscuola , in un comizio , in tribunale , in un ' assemblea , l ' oratore che dice veramente delle cose , non delle parole soltanto , eleva il livello intellettuale dei suoi uditori , non solo perché accresce il loro patrimonio attuale di cognizioni ma soprattutto perché dà loro per l ' avvenire un metodo , una lente e una bussola per osservare il mondo . E fra gli uditori può esservi chi resta al disotto di lui , se è ingegno potente - e questo è evidente - ma può esservi chi lo superi . Qualche volta il discepolo passerà il maestro , meno nell ' arte , ma più nel metodico lavoro della scienza . Ciò non toglie , ripeto , che realmente i sentimenti ( moralità ) siano più comunicabili che le idee ( intelligenza ) , ed una delle ragioni può essere quella indicata dal Sighele , dei segni di espressione , più precisi e completi e quindi più suggestivi per le emozioni che per le idee . Un ' altra , e più fondamentale , può essere che i sentimenti toccano più da vicino che non le idee la base stessa della vita animale comune ai viventi ; un debole di mente può procacciarsi da vivere , anche allo stato selvaggio ; ma un uomo che non senta il dolore ( questa sentinella della vita ) o l ' istinto di fame , di sete , ecc . , muore inevitabilmente e presto . È quindi sempre questione di grado , nella comunicabilità ed addizionabilità così dei sentimenti come delle idee . Ma poi Sighele e Tarde qui trascurano completamente l ' altro lato del fenomeno , l ' influenza della folla sull ' individuo , non solo per i sentimenti ( ciò che fu fatto appunto colla teoria del delitto collettivo ) ma anche per le idee . Già il proverbio dice che " quattro occhi vedono più di due " . E se l ' opera del genio ( forse anche per la gran parte che vi ha il sentimento e l ' immaginazione , secondo le osservazioni di Huxley ) è opera più individuale di ogni altra , tuttavia né in essa si deve escludere l ' azione della intelligenza collettiva né questa si può disconoscere in quella forza , ben più continua e quotidiana della evoluzione umana , che è l ' opera del talento . Chi sa dire dove e da chi abbia avuta una data immagine il poeta , che la rende immortale coi suoi versi ? Forse da un intelletto mediocre , in una conversazione fugace o insipida per tutto il resto . Io ho provato , dopo le mie lezioni all ' Università , quanto utile mi venga dalle conversazioni e dalle osservazioni fattemi da questo o da quello dei miei uditori e che io non avevo fatto e che a me poi possono servire di scintilla per illuminare tutto un vasto campo di ulteriori osservazioni . " Il y a quelqu ' un qui a plus d ' esprit que M . de Voltaire : c ' est tout le monde " . Ecco la conferma di questa mia affermazione . Il cervello di un genio o artistico o scientifico può riassumere e coordinare e fecondare in sé moltissimi fra i lati dell ' infinito poliedro della vita ; ma migliaia di cervelli , siano pure mediocri , ma pregni di esperienze ed osservazioni , infinitamente diverse e più svariate , sia pure embrionali e frammentarie , abbracciando l ' infinito poliedro da un maggior numero di lati , mettono in luce cose e idee che il cervello di un genio da solo non vede . Il calzolaio vide l ' errore nello stivale scolpito dall ' artista greco , così come si narra del contadino toscano che nel cavallo plasmato da uno scultore di genio scoperse che mancavano quei due bitorzoli senza pelo che stanno alle ginocchia di tutti i cavalli . Bisogna provare , per esempio , in una riunione di studenti , di operai o di contadini : gettate là un ' idea , che vada al midollo delle cose , e ve la sentirete poco dopo rimbalzata dai cervelli di questo o di quell ' uditore , rinforzata , corretta , ampliata da cento altre osservazioni e rilievi parziali , che rimanendo frammentari e isolati nel cervello o denutrito o inesperto o incolto di chi le fa , restano nel vuoto , come seme che non può gettare radici nella rena circostante . Ma , per una parte , quell ' altra idea , specialmente se direttiva e metodica , svolta dall ' oratore , coordina e rafforza le idee frammentarie e deboli degli uditori e quindi eleva il loro diapason intellettuale ; e d ' altra parte , le osservazioni di rimbalzo , fatte dalla collettività , fecondano e rafforzano il meccanismo intellettivo dell ' individuo . Vale a dire , amico Sighele , che è inutile correr dietro alle bolle di sapone , come l ' io dell ' atomo che è una contraddizione in termini , dacché l ' atomo è l ' individuo vero e solo , cioè l ' indivisibile e il semplice , ed io invece significa risultante complessa ( conscia od inconscia ) di molti elementi psichici primordiali . Dove non c ' è collettività non ci può essere l ' io : e la psicologia dei microrganismi fatta dal Binet è possibile solo , perché il più semplice dei microrganismi è sempre una collettività federata e diversa , di cellule viventi . Vale a dire , infine , che la conclusione finale è precisamente l ' opposta : non è che unirsi , nel mondo , voglia dire peggiorarsi o indebolirsi . La realtà è che non si vive se non vi è unione ; perché , come dissi altrove , Robinson Crosuè , che sarebbe l ' ideale umano così dell ' individualismo come della sua logica conclusione , non può essere che una leggenda o un caso patologico . Ma poi , come sarebbe stata possibile l ' evoluzione dal microbo all ' uomo e dall ' uomo selvaggio all ' uomo civile se l ' unione , cioè l ' associazione , volesse dire peggioramento e indebolimento ? ... E non è tutta l ' evoluzione , in sostanza , che un processo di crescente associazione e di riunione ? Vero è che Sighele applica la sua osservazione soltanto alle forme ristrette e più o meno transitorie dell ' associazione umana , anziché al fatto costituente ed universale della società umana . E questa limitazione rende in qualche parte accettabile , cioè rispondente alla realtà delle cose , la sua conclusione . Ma , malgrado questa distinzione necessaria , - già da me fatta fin dai primordii tra psicologia individuale , psicologia collettiva e psicologia sociale , - io credo tuttavia che in ogni e qualsiasi manifestazione della materia inorganica ed organica , dall ' aggregazione e combinazione degli atomi nell ' ordine siderale o chimico sino alla aggregazione e combinazione delle sensazioni ed idee elementari nell ' ordine psicologico individuale e dei sentimenti e delle idee individuali nell ' ordine della psicologia collettiva e sociale , - sempre si deve dire che " l ' unione fa la forza " . E mi parrebbe fare offesa all ' ingegno del Sighele se credessi necessario indicargliene qui le prove , dopo che l ' ho tratto fuori dal binario morto in cui s ' era ficcato col tardigrado io dell ' atomo . La collettività rende più intensa ogni manifestazione psichica . Ecco la conclusione positiva : e più intensa non è sinonimo di più buona . Ma se in un dato momento e in una data collettività prevale un elemento cattivo ( antisociale o immorale ) , questo si rafforzerà come si rafforzerà invece un elemento buono ( sociale o morale ) se avrà la prevalenza . Insomma , io credo sempre esatta la mia prima fondamentale osservazione , che nella psicologia collettiva avviene non già la semplice miscela degli elementi individuali , ma la loro combinazione chimica . Sicché la risultante psichica collettiva non è eguale - tanto per i sentimenti quanto per le idee - alla somma degli elementi psichici individuali : è anzi sempre diversa , in meglio o in peggio , così come dalla combinazione chimica di due o più sostanze si ha nella massa finale una temperatura o più alta o più bassa di quella dei corpi componenti * . Certo , ora più spesso avviene che nella collettività prevalga il meno buono e il meno intelligente ; ma per quale recondita ragione ? Qui , amico Sighele , devi ficcare lo sguardo a fondo , ed il fondo è la lotta antagonistica ed anarchica degli interessi egoistici nel mondo presente , senza la base e la disciplina della solidarietà vera e viva . In un ' accademia come in un comizio , come in un Parlamento , ognuno cercherà sempre di giovare a sé : ma nel mondo individualista l ' utile proprio troppe volte non è conciliabile coll ' utile altrui . Ecco perché , incoscientemente , rebus sic stantibus , nella collettività più spesso avviene il fascio degli egoismi antisociali invece che l ' unione degli egoismi sociali . La conferma se ne ha in certi casi eccezionali . Quando in una battaglia l ' entusiasmo è al colmo o in un ' opera di salvataggio ( inondazioni , incendi , epidemie , ecc . ) l ' elemento della solidarietà sociale prevale su quello dell ' isolamento anti - sociale , la riunione centuplica allora la forza del sacrificio e dell ' eroismo e della virtù , come centuplica quella del delitto , in altre diverse condizioni di tempo e di luogo . Tutto sta adunque nel dare alle collettività umane un ' orientazione tale , per cui l ' egoismo individuale , inseparabile dalla vita ( perché primum vivere deinde philosophare ) non sia costretto ad essere anti - sociale per affermarsi , ma trovi invece nella vita collettiva anche le condizioni di maggiore e miglior vita per sé . Il come di questa orientazione sociale esce dai limiti di questa Nota ed è risolto dal socialismo scientifico . Per ora mi fermo a queste considerazioni di psicologia collettiva , che interessano la giurisprudenza penale come la sociologia criminale . E sarò lieto se il Sighele od altri vorrà continuare la cortese polemica di idee ; dalla quale , appunto perché anche nel campo dell ' intelligenza , unirsi vuol dire rafforzarsi , non potrà che risultare il vantaggio e l ' incremento della nostra scienza positiva . ENRICO FERRI . III . Risposta di Scipio Sighele a Enrico Ferri . Roma , 2 novembre 1894 . Mio carissimo Enrico , Grazie delle parole cortesi ch ' io debbo all ' indulgenza del maestro e all ' affetto dell ' amico ; grazie sopratutto della critica franca e sincera che io cerco e desidero , giacché mi sembra il risultato più utile e la soddisfazione più grande di coloro che scrivono . Tu dici che io " ho urtato contro la sbarra immobile d ' un binario morto " . Un disastro ferroviario e ... intellettuale , dunque . Può darsi . Ma la colpa è veramente e solamente mia ? O non accade spesso alla scienza di incontrare questi binari morti che le vietano la sua corsa a grande velocità , queste sbarre immobili che arrestano la macchina ancora avida di cammino ? Sono io responsabile se il pensiero ha le sue colonne d ' Ercole , se esiste l ' ignoto dell ' incosciente , e se mi dichiaro vinto dinanzi a un problema che nessuno ha saputo risolvere ? E merito io d ' essere tacciato di metafisico perché invoco la psicologia dell ' atomo ? Qualche centinaio d ' anni fa ( anzi qualche diecina ) il buon pubblico avrebbe sorriso se gli avessero detto che esisteva la psicologia dei microrganismi ! Eppure , Binet l ' ha studiata ! Io penso che , se il vero temperamento positivista deve credere soltanto a ciò che vede o a ciò di cui ha le prove , non deve però escludere a priori nessuna ipotesi . Tutto è possibile al mondo , e l ' affermare categoricamente : la scienza non arriverà oltre questo limite , è una forma di ipoteca sull ' avvenire che le meravigliose sorprese del presente e del passato dovrebbero consigliarci di evitare . Del resto , che importa credere o non credere possibile questa psicologia dell ' atomo ? Il mio , era un desiderio , una speranza , un augurio , che gettavo là , alla fine della mia lettera , per attenuare lo sconforto che invade chi , dopo aver molto cercato , s ' accorge di non aver trovato nulla o quasi nulla . La spiegazione ultima mi sfuggiva : la sentivo inarrivabile ed intangibile , ma volevo almeno indicare dove , a parer mio , essa stava racchiusa . Non potendo vedere il tesoro , mi accontentavo di supporre dove era nascosto . Ad altri più fortunati di me il saperlo scoprire . Ho sbagliato ? Può darsi , - ripeto . Ma alla mia ipotesi tu non hai sostituito nessun assioma , al mio dubbio nessuna certezza . Il mistero rimane , e noi ci troviamo almeno d ' accordo nel dover confessare la nostra ignoranza . Senonché , non è su questo incerto ed oscuro problema che vale la pena di soffermarsi a discutere . Noi possiamo continuare più utilmente la nostra polemica intorno a quelle mie osservazioni di psicologia collettiva che tu non accusi di essere metafisiche , e che - se non m ' inganno - pur criticandole , accetti nel fondo interamente . Io avevo detto che le forze sentimentali si sommano in una folla , le forze intellettive no , e che la suggestione dei sentimenti fa degli eguali , mentre la suggestione delle idee fa degli inferiori . Tu trovi troppo assolute queste affermazioni , perché la differenza , secondo te , è di gradi non di sostanza . A rigore di logica tu hai ragione . In natura non esiste nulla di sostanzialmente diverso e distinto : tutto si riannoda e si riallaccia attraverso sfumature infinite : la legge d ' evoluzione lo insegna . Ci sono delle zone neutre che vietano persino di sentenziare se un organismo appartiene al regno vegetale o al regno animale . Perché dunque dovrebbero esistere delle barriere divisionali in psicologia ? Ma la logica troppo severa fa commettere degli errori , come la corda tirata troppo si spezza . Tu stesso mi hai insegnato che , per comodità di studio e per maggiore chiarezza , si usa , nella scienza e nella vita , chiamar con nomi diversi le cose che in ultima analisi non sono che uno sviluppo ulteriore una dell ' altra , - e così io credo che si possano tener distinti in psicologia dei fenomeni che - pur non differendo fra loro sostanzialmente - differiscono però di tanti gradi da far quasi dimenticare l ' origine comune . Orbene , la suggestione dei sentimenti differisce tanto dalla suggestione delle idee , che io ho creduto di poter stabilire fra l ' una e l ' altra questo carattere distintivo : l ' una fa degli eguali , l ' altra dei seguaci , degli inferiori . So bene , - e lo potevi capire anche tu - che quell ' aggettivo eguali non ha il significato che gli si dovrebbe attribuire in una dimostrazione matematica : in psicologia sopratutto ( e anche in natura ) non c ' è nulla di identico , e quando si adoperano certe parole , si lascia a chi legge di interpretarle non alla lettera , ma nel senso che loro si è dato scrivendole . So bene che gli eroi creati da Garibaldi non erano e non potevano essere eguali a lui , e che il grado di passione cui sale il pubblico non è preciso a quello dell ' oratore che lo ha suggestionato - ( l ' anima umana non è una cifra e la psicologia non è l ' aritmetica ) , - ma è certo che quegli eroi e quel pubblico modellavano sé stessi incoscientemente sulla figura morale del loro suggestionatore , e che tutti insieme costituivano un unisono psicologico , che autorizzava la mia affermazione . L ' espressione di un sentimento ha , per coloro che vi assistono , l ' identico effetto della vibrazione d ' una nota sulle corde musicali che si trovano sotto la influenza di questa vibrazione . La persona risponde collo stesso sentimento , come la corda risponde colla stessa nota . Sarà forse un tono più alto o più basso , ma è l ' identico suono , è l ' accordo . Delle idee , invece , non avviene così . Garibaldi può , colla sola virtù dell ' esempio , creare un eroe . Spencer non può , con una sua frase o colla lettura d ' un suo capitolo , creare un genio e nemmeno un ingegno . Non insisto su questa dimostrazione perché l ' evidenza mi par meridiana . Tu dici però - per combattere la mia tesi - che l ' oratore il quale dica veramente delle cose e non delle parole soltanto , eleva il livello intellettuale dei suoi uditori , - e fin qui siamo d ' accordo e l ' ho ammesso anch ' io , scrivendo che l ' oratore , in tal caso , fa dei seguaci , cioè suggestiona e avvicina a sé intellettualmente il suo pubblico ; - e sostieni anche che fra gli uditori può esservi chi superi l ' oratore perché spesso il discepolo sorpassa il maestro . E qui - pur essendo d ' accordo con te nella osservazione ( troppo semplice , del resto , perché si possa combattere ) , - mi permetto di dirti che non modifica in nulla la mia tesi . Verdi ha avuto un maestro di musica , Dante avrà avuto un maestro di letteratura , Raffaello un maestro di disegno . Che cosa significa questo , per la psicologia collettiva ? Significa forse - come tu tenderesti a provare - che le facoltà intellettuali non solo fanno degli eguali , come le forze sentimentali , ma fanno dei superiori ? Qui - mi pare tu abbia dimenticata quella tua felice distinzione fra psicologia collettiva e psicologia sociale , che è stata la scintilla del mio libro sulla Folla delinquente . La psicologia collettiva - quale tu stesso la definisci ed io ho studiata - è la psicologia delle collettività riunite staticamente . Quando dunque io dico che la suggestione delle idee - al contrario della suggestione dei sentimenti - fa , non degli uguali , ma degli inferiori , intendo parlare da un punto di vista statico . Il rispondermi che in un ' aula d ' università dove parla un professore , o in un teatro dove parla un Demostene , vi può essere - nascosto ed ignoto fra il pubblico - uno scienziato o un artista che supererà quel professore o un oratore che supererà quel Demostene , - è un eludere la questione , non un risolverla , è un uscire dal campo della psicologia collettiva per entrare in quello della psicologia sociale . La mia tesi - esposta in un modo esagerato e brutale - è questa : staticamente , cioè in un brevissimo spazio di tempo , per sola virtù di contagio , si può fare d ' un uomo un eroe o un assassino , non si può fare un genio del pensiero . E sfido chiunque a contraddirmi . - Quando tu poi , per provare la forza di suggestione delle idee , mi citi i discepoli che superano i maestri o , per provare che non solo l ' individuo ha influenza sul pubblico , ma anche , e più , il pubblico , sull ' individuo , mi avverti che a un poeta può venire un ' ispirazione da un intelletto mediocre , e che a uno scienziato può balenare un ' idea geniale da una conversazione fugace o insipida , - io ti rispondo che hai ragione , ma che questa è psicologia sociale e non psicologia collettiva . E degli effetti e dell ' importanza della suggestione ( tanto dei sentimenti come delle idee ) da un punto di vista dinamico e non statico , io ho troppo a lungo parlato altrove , perché deva ripetermi qui . Tu scrivi questi periodi limpidi , e inconfutabili : " Non è sempre esatto che la somma collettiva delle idee sia peggiore delle idee genialmente individuali . Nel genio , e anche nell ' ingegno potente , c ' è sempre una qualche esagerazione , un qualche squilibrio nelle premesse più acutamente vedute e ravvicinate , come nelle induzioni più velocemente anticipate . Nella collettività , invece , è vero che domina la media , ma appunto perché tale , questa rappresenta così una elevazione equilibrata e definitiva della intelligenza comune di fronte allo stadio precedente , come un ' attenuazione integratrice delle audacie più o meno squilibrate , ma sempre precoci e perciò meno vitali , del genio individuale . Nella scienza la scuola dei seguaci vale sempre più e meglio del maestro iniziatore , ed hanno - l ' una e l ' altro - due funzioni utilmente diverse . Senza l ' individuo creatore la scuola non si farebbe e la media individuale non si eleverebbe ; ma senza una collettività solidale , l ' intuizione del genio non vive e cade in un torpore e in un oblio talvolta secolare , finché le condizioni più propizie e meglio adatte della collettività , o spontaneamente , o per spinta rinnovata di un altro genio o anche di un talento , non ne fissino definitivamente la struttura e lo sviluppo " . Parole d ' oro , - ma che non levano una virgola a quel che io ho affermato , perché sono parole e concetti applicabili in sociologia e non in psicologia collettiva . Ho ammesso anch ' io , e ho scritto * tutto questo : ho ammesso anch ' io , - e l ' ho scritto - che il genio non è che un simbolo il quale rappresenta le aspirazioni e le tendenze di una data classe e di un dato periodo ; ch ' egli non è se non lo scorcio incosciente di un momento storico , quasi una figura in cui si riassumono e si fissano tutte le suggestioni infinite e diverse che su di lui hanno agito ; - ma riconoscendo che il genio è un parto meraviglioso della collettività , ho inteso e intendo riconoscere soltanto dinamicamente il potere della collettività sull ' individuo . Anche staticamente esiste questo potere , ma produce il male anzi che il bene , abbassa e non eleva l ' intelligenza . Ed è in questo senso , cioè da un punto di vista statico , che io ho osato esporre la frase pessimista che " unirsi , nel mondo umano , vuol dire peggiorarsi " . Da un punto di vista dinamico cioè di psicologia sociale , bisognerebbe essere pazzi per affermare una cosa simile , e tu hai ragione di dire che - allora - bisognerebbe anche rinnegare la teoria dell ' evoluzione e riconoscere che il selvaggio val più dell ' uomo civile , e la scimmia antropomorfa più del selvaggio . Per essere più preciso io avrei dovuto scrivere che - " unirsi nel mondo umano , solo staticamente , vuol dire peggiorarsi " . - Ma all ' esattezza del linguaggio , che ho trascurata , poteva rimediare il senso e l ' intonazione del mio articolo . Io parlavo della folla non della società : io parlavo di suggestione immediata e incosciente , non di suggestione lenta e cosciente ; io - in una parola - parlavo di improvvise rivoluzioni psicologiche , non di graduali evoluzioni ; io non applicavo quindi la mia conclusione a tutto il vasto campo della sociologia , ma soltanto al campo ristretto della psicologia collettiva . Tu mi hai voluto far dire più di quello che avevo in animo di dire , e per combattere una tesi che io non ho sostenuta , hai esagerato . Tu hai scritto che il principio : l ' unione fa la forza è vero sempre in psicologia sociale e in psicologia collettiva . No : in psicologia collettiva l ' unione spesso fa , intellettualmente , non la forza , ma la debolezza : i Giurì , le Commissioni , le assemblee informino : soprattutto i tuoi Nuovi Orízzonti , dove questa verità è stata così genialmente accennata . Ed io non avrei altro da aggiungere se non prevedessi una tua domanda , anzi alcune domande : " quali sono i limiti - tu potresti dirmi - quali i confini tra la psicologia collettiva e la psicologia sociale ? dove finisce l ' una e comincia l ' altra ? non si verificherà anche qui la legge d ' evoluzione , e non si passerà dall ' una all ' altra per fasi e per gradazioni indistinte ? e non sarà allora impossibile o quasi applicare a queste diverse fasi le leggi che tu credi vere per l ' una e che sarebbero quindi false per l ' altra ? " . I problemi racchiusi in queste interrogazioni sono gravi e importanti . Io tenterò di risolverli nel mio prossimo volume : La delinquenza settaria * . La setta è infatti una collettività che potrebbe dirsi il trait - d ' union fra la folla e la società , la zona neutra , per ripetere un ' espressione felice , tra la psicologia collettiva e la psicologia sociale . L ' argomento mi porterebbe molto lontano : ma io non posso abusare della cortesia della " Critica sociale " , alla quale ho già rubato qualche colonna . Altrove e meglio io potrò dire il mio pensiero . Intanto credimi , con l ' affetto e con l ' ammirazione che sai , sempre tuo SCIPIO SIGHELE . IV . Risposta di Gabriele Tarde a Scipio Sighele * . Io sono sempre lieto , e voi , caro Sighele , lo sapete , di rendere la giustizia dovuta ai vostri belli e profondi lavori ; e non solo è il vigore e il raro acume di uno spirito veramente personale , che io ammiro in voi , ma eziandio quella nobiltà naturale di carattere che vi tiene al disopra delle misere questioni d ' amor proprio . Noto questo tanto più volentieri , dacché è pur tempo ch ' io risponda a certi attacchi che se non mi commuovono , non cessano però di sorprendermi , succedendo bruscamente , non so troppo il perché , a numerose testimonianze d ' amicizia e a buoni uffici reciproci . Io non seguirò il Ferri nella via ch ' egli ha battuta a mio riguardo . Un uomo così abile , com ' egli è , all ' adattamento e al volgarizzamento delle idee altrui dovrebbe più di chiunque astenersi dal gettare ad altri epiteti scortesi di parassita di vagabondo e di plagiario ; dovrebbe astenersene e sopratutto verso qualcuno che maturò a lungo , nella più profonda solitudine , il frutto delle sue proprie riflessioni , fino al giorno in cui il suo pensiero schietto e personale si è diffuso con qualche onore nel modo scientifico . Certo , ben io so che in fatto di idee la proprietà individuale deve sempre esser intesa in un senso molto relativo ; che il collettivismo è qui al suo posto , meglio che in qualsiasi altro campo ; e che noi non siamo mai se non i comproprietari comunisti e indivisi delle nostre idee le più originali . Ciononostante , il merito d ' una tal quale originalità mi fu così spesso riconosciuto , da ogni parte e su tutti i toni , e persino dai più acerbi miei critici , che io credo di potere , - senza troppa illusione - attribuirmi la paternità de ' miei scritti a dispetto del mio amabile contradditore . Il deputato Ferri era ancora sulle panche della scuola quando già il mio sistema d ' idee era fissato nelle linee principali . Io non potei quindi toglierlo a prestito né da lui né da alcuno dei suoi e neppure dal Despine , che mai non lessi . Che quest ' ultimo si sia occupato della imitazione , è ben cosa possibile . Lo stesso Platone ne sentì alcun po ' l ' importanza nella sua Repubblica . La questione non è qui . Il pubblico filosofico l ' ha ben compreso ed è esso , in fin dei fini , il solo giudice del merito dei nostri lavori . In ogni caso io posso affermare che quand ' anche io non avessi conosciuta la nuova scuola , io non avrei a cangiar verbo delle mie due opere principali : Le leggi dell ' imitazione e La logica sociale . Quanto alla mia Criminalità comparata e alla mia Filosofia penale , questi due volumi non sono che l ' applicazione pura e semplice del mio punto di vista generale - pubblicato fin dal 1881 nella " Revue Philosophique " e finito assai prima - al lato criminale della Società ; a quel modo ch ' io l ' applicai al lato linguistico , religioso , economico , estetico e giuridico . Questa applicazione criminologica io non l ' avrei fatta nella stessa maniera se non avessi avuto il vantaggio di leggere un giorno l ' Uomo delinquente di Lombroso e gli scritti della scuola . Ma il rimprovero di averli saccheggiati mi sorprende singolarmente ; avrei capito piuttosto quello di averli un tal po ' demoliti : e ancora ciò equivarrebbe a disconoscere tutta la benevolenza ( voi diceste un giorno beneficenza ) della mia critica da amico . Se tutti coloro che criticano il Ferri l ' hanno copiato , i suoi copisti sono legione , cominciando dall ' onorevole Colajanni che gli ha assestato di così bei colpi , e senza dire del Lucchini , del Carnevale , dell ' Alimena e di tanti altri rudi giostratori della terza scuola . Io non so del resto a qual proposito , senza aver nulla di molto particolare da dire , Ferri interviene nella piccola conversazione cortese ed istruttiva che voi impegnaste con me su un punto assai delicato della psicologia delle folle . S ' egli fu il padrino della psicologia collettiva , come a più riprese si vanta , s ' ingannerebbe , ad ogni modo , supponendo di esserne il padre e che nessuno abbia ormai il diritto di toccare a questo soggetto di studi senza il suo consenso . Il difficile non era di trovare il nome , bensì di trovare e approfondire la cosa . È ciò che voi fate , è ciò che io pure ho tentato di fare . E ciò che mi dà qualche fiducia nelle mie ricerche è che mi sembra ch ' esse si accordino spesso con le vostre , anche in quanto concerne il piccolo problema da voi recentemente discusso nella " Critica sociale " . Perciò non ho che qualche riflessione da aggiungere alle vostre fini osservazioni . Io distinsi nello spirito collettivo delle folle il lato intellettuale e il lato morale , e feci notare che , moralmente , esse uguagliano ed anche superano l ' individuo nel bene e nel male , nell ' eroismo e nel delitto , mentre , intellettualmente , esse scendono quanto è più basso di lui nella stoltezza e nella follìa , senza mai elevarsi alla sua altezza nella genialità . Ora , voi reputate vera questa osservazione , ma la spiegazione ch ' io ne dò non vi soddisfa e ne tentate un ' altra . Le due , tuttavia , forse si completano più che non sieno in contrasto , e io credo che voi stesso ve ne avvedrete tosto che io abbia un po ' rettificato il mio pensiero . Qui , mi sembra , si ha da aggiungere alla distinzione già fatta , un ' altra distinzione : quella dell ' aspetto quantitativo e dell ' aspetto qualitativo dei fenomeni psichici , siano intellettuali o morali . La credenza affermativa o negativa , che passa per tanti gradi senza cangiar di natura , è una quantità mentale . Il desiderio , esso pure , positivo o negativo , lo è del pari e per la stessa ragione perché segue una scala continua , dalla più leggera tendenza alla passione più sfrenata , in una stessa determinata direzione . Anche l ' intensità delle sensazioni è , sino a un certo punto , una quantità . Ma un ' idea , in quanto combinazione particolare di percezioni o d ' imagini e indipendentemente dalla più o meno forte adesione dello spirito , è qualcosa di qualitativo , che differisce in natura , e non soltanto in grado , da un ' altra idea . Lo stesso dirò del sentimento , considerato non già sotto l ' aspetto dell ' energia , ma sotto quello della sua composizione e della sua distinta sfumatura , nella quale si fondono mille impressioni , mille pene o piaceri elementari . Ebbene , è notevole che di quanto il lato quantitativo della psicologia individuale , così definito si riproduce amplificato ed esagerato in psicologia collettiva , di altrettanto il lato qualitativo si riflette attenuato e impoverito . Le folle , senz ' alcun dubbio , davanti a uno spettacolo commovente , come una corsa di tori o una carica di cavalleria in sommossa , hanno sensazioni più forti di gioie o di dolori più vivi , che non risentirebbe isolato ciascuno degli individui che le compongono . Esse hanno una capacità di godere e di soffrire , e parimenti di affermare o di negare , di desiderare o respingere , superiore alla capacità analoga dell ' individuo . Ma al tempo stesso , cotesto assembramento , cotesto affollamento effervescente degli individui così adatto a rafforzare in ciascun d ' essi le loro sensazioni espresse , i loro desiderî e le loro convinzioni reciprocamente corroborate pel solo fatto del loro scambio , è assolutamente inadatto a suscitare , ad accelerare nello spirito e nel cuore di questi individui , anche in quelli che hanno più anima e più genio , lo sbocciare di un ' idea davvero nuova e feconda , od anche di un sentimento nuovo e fecondo , di una specie inedita di entusiasmo o di amore . Perché se vi ha delle idee geniali , vi ha pure dei sentimenti geniali . Lungi dall ' affrettarne o dall ' agevolarne l ' apparizione , l ' azione della folla la inceppa o la impedisce . In altri termini , le folle esaltano la facoltà imitativa dell ' individuo , ma ne deprimono la facoltà inventiva . Lamartine in due versi ben coniati , disse qualcosa d ' analogo : Il faut se séparer , pour penser , de la foule , Et s ' y confondre pour agir . Infatti il pensatore si isola , e così il poeta o l ' artista . L ' uno per elaborare le sue nuove e forti concezioni , l ' altro per estrarre dal proprio cuore un aroma più raffinato e complesso dei sentimenti ordinarî , hanno bisogno di raccoglimento e di silenzio . La germinazione del loro cervello è a questo prezzo . Vi hanno senza dubbio eccezioni , ma non sono che apparenti e confermano la regola . Il Nouma Roumestan di Daudet , ad esempio , al quale le idee non venivano che parlando in mezzo a un vasto uditorio . Disgraziatamente le idee che vengono in tal modo , nel chiasso e nella calca , hanno per carattere distintivo di essere semplici luoghi comuni , o tutt ' al più di quei paradossi che non sono se non luoghi comuni rovesciati e ai quali si applica a meraviglia il paragone delle bolle di sapone . Quanto ai veri " nuovi orizzonti " dello spirito , schiusi da un Newton o da un Descartes ; quanto alle nuove tonalità del cuore apportate al mondo da tutti i grandi visionari mistici o patrioti del passato , profeti ebrei , aedi greci , bardi celti , da un Orfeo o un Budda , da un Virgilio o un San Paolo o un San Francesco d ' Assisi o un Dante o un Rousseau o un Chateaubriand - è sempre nel deserto , lunge dalle moltitudini che cotesti germi destinati a una così lontana disseminazione sono creati per la prima volta . Poi vengono i grandi tribuni , i grandi pubblicisti , i missionari che si dedicano all ' apostolato di quelle innovazioni , le seminano dappertutto e le fanno cadere nel pubblico dominio . È così che si formarono tutti i sentimenti maggiori che mossero i popoli , l ' onore della famiglia , l ' onore della città , la religione della patria , la pietà , la fedeltà feudale ... È così , che , ancor più manifestamente , il gusto della tragedia classica nel secolo XVII , la passione dell ' architettura gotica nel medio evo e il disgusto di essa nel secolo XVIII , o , ai dì nostri , il culto entusiasta della libertà e dell ' uguaglianza , divennero successivamente fonti di emozioni nazionali tra i francesi delle varie epoche ; per modo che , adunate nel teatro , nella chiesa , nel museo , sulla pubblica piazza , le folle francesi furono soventi elettrizzate da capolavori che in altre epoche avrebbero fischiati , ed ebbero i più bei slanci d ' eroismo civico o militare per cause che , un secolo prima , le avrebbero lasciate indifferenti o mosse ad orrore . Il contrasto , voi lo vedete , che oggi vi propongo , non è del tutto il medesimo da cui sono partito nell ' articolo che voi citaste . Alla distinzione dell ' intellettuale e del morale io sovrappongo , più ch ' io non sostituisca , quella della quantità e della qualità , dell ' imitativo e dell ' inventivo , distinzione che non è contraria , ma , per così dire , perpendicolare alla precedente . Ora , non trovate voi che , presentato sotto questa nuova luce , il mio pensiero appaia più vero e , insieme , meno scoraggiante ? Ed ora domandiamoci : perché mai le folle , che superano tanto l ' individuo nell ' energia delle loro convinzioni vere o false , come nell ' intensità delle loro passioni buone o cattive e , per conseguenza , nello slancio delle loro azioni eroiche o criminose , sono impotenti a sprigionare dal loro proprio seno quelle verità o quegli errori , quelle forme del bene o del male , la cui iniziativa appartiene sempre all ' individuo ? Egli è che l ' individuo è un ' associazione armonica , e non soltanto un aggregato incoerente , di cellule cerebrali ; e che il lavoro coordinato , logico e teleologico di queste , che esige una profonda pace , è naturalmente suscettivo di produrre frutti di qualità ben diversa dai prodotti d ' una fermentazione tumultuosa . Il giorno in cui si sarà trovata un ' associazione di uomini che funzioni altrettanto armonicamente quanto la società cellulare del nostro cervello , quel giorno la genialità diventerà l ' appannaggio dei corpi costituiti , scambio di essere il privilegio dell ' uomo solitario e si vedranno i lampi di genio sprizzare dalle deliberazioni di un ' assemblea anziché dalla muta meditazione . Fino a quel giorno non si vedrà che il contrario . Si ha un bel dire che quattr ' occhi veggono meglio di due ; non è perciò men vero che in un Parlamento , fosse pure composto di 500 Enrico Ferri , mille occhi appuntati su una questione militare o diplomatica da risolvere , non riescono mai a percepire , senza gli occhiali d ' un ministro circondato da uomini competenti , un ' idea legislativa che stia in piedi . Parimenti , benché mille cuori battano più forte di un solo , non è perciò meno vero che , nei momenti critici in cui il bisogno di una data riforma dei cuori si fa sentire , quando si tratta di suscitare un sentimento salvatore , una emozione speciale e rigeneratrice , è in un cuore solitario che si produce per la prima volta cotesta pulsazione salutare e caratteristica , ripercossa poi da tutti gli altri . Dirò io con voi che v ' è qui una differenza essenziale , che in fatto , " mentre la suggestione dei sentimenti fa degli eguali , la suggestione delle idee fa degli inferiori " , ossia dei discepoli ? Eppure , imitazione vi ha tanto nel primo caso quanto nel secondo . Malgrado tutto , la distinzione che voi stabilite ha la sua parte di vero e giustifica al tempo stesso quella ch ' io avevo stabilita fra l ' intelligenza e la moralità della folla . Perché , in fatto di sentimenti , il difficile e l ' importante non è , abitualmente , di scoprirli , cosa alla fin fine abbastanza facile ; ma è di sentirli collo stesso grado d ' energia , necessario a renderli efficaci ; mentre , in fatto d ' idee , la difficoltà è di trovarle e di formularle , non già di affermarle con una grande intensità di fede ; e le idee le più credute , le più dommatizzate dal fanatismo delle masse , non sono per nulla affatto le più feconde . Un pizzico di scetticismo è un ottimo lievito per la fecondità di un ' idea . Che un sentimento sia nuovo , poco importa , generalmente ; l ' essenziale e il raro è ch ' esso sia molto forte e quindi molto utile . Ma non basta che una idea sia molto vera , bisogna che essa sia nuova ; e il più sovente la sua novità fa , in qualche misura , parte integrante della sua verità , quasi sempre relativa ... Molte altre cose avrei da dire a questo proposito ; ma già mi debbo scusare di essermi tanto diffuso . Il piacere di conversare con voi mi ha trascinato ... Ancora una parola , se consentite . Io non diedi che a titolo di ipotesi , e come tale ho confinato in calce di pagina , il brano sull ' io dell ' atomo , che voi voleste citare . Checché si pensi a questo riguardo , ciò non altera in nulla l ' assieme delle mie idee positive . Queste devono essere distinte con molta cura dalle congetture che spesso io vi ho mescolato , non senza caritatevolmente avvertire il lettore , che , in questi casi , hypotheses fingo . Novembre 1894 . G . TARDE . V . Nota di Silvio Venturi * . I lettori ricordano certo per quali motivi il Sighele conclude : che dei sentimenti si può , per suggestione , fare la somma , delle idee non si può fare che la media ; mentre , pel Ferri , la collettività rende più intensa ogni manifestazione psichica , con ciò intendendo che la comunicazione delle idee alla folla non solo è possibile , ma dalla comunione stessa le idee vengono rinforzate . Ora io vo ' dire non soltanto che sono d ' opinione un po ' dell ' uno e un po ' dell ' altro , e più del Sighele che del Ferri , ma che sovra tutto fra l ' uno e l ' altro sarei quasi di parere contrario . Tale posizione colombiana , che assumo nella discussione , vuol dire semplicemente che io vedo la cosa da un punto di vista differente . Mi sbrigo in due parole . L ' oratore che parla alla folla trova un ' eco perfetta in questa quand ' egli esprima sentimenti o idee che ad essa non solo sieno facili , ma che essa già in qualche modo possegga , ed egli non faccia che evocarle , riassumerle , dimostrarle , illustrarle . Allora la folla , nella sua espressione collettiva , a parte le singole stonature di individualità o eminenti , o inferiori , od estranee , trova nell ' oratore , come nel foco d ' uno specchio , conversa la propria opinione o il proprio sentimento , il quale dall ' oratore stesso , caldo o ingegnoso , vien tradotto intenso , come fosse la somma del sentimento o del pensiero di tutti . Se , al contrario , l ' oratore esprime sentimenti o pensieri , i quali , o per essere esclusivamente suoi , o per essere nuovi , sono come fortemente staccati dallo stato , ordinario dell ' opinione o dei sentimenti del pubblico , egli in tal caso né viene sentito , né viene compreso . Ricordo , al proposito , l ' opinione del Mausdey , il quale divide gli uomini di genio in due categorie : quelli che hanno ingegno da rappresentare in sé stessi ed esprimere i sentimenti o le idee del momento storico in cui vivono ; e quelli che sentono o pensano in modo avanzato , lontano ancora dal comune intendimento . I primi possono aver gloria in vita , per quanto duri poco oltre la tomba , poiché sono uomini del tempo e passano con questo ; gli altri avranno gloria più tardi , quando la comunità , passo passo , avrà conquistato il terreno intermedio , e sarà arrivata ad intendere l ' uomo che l ' ha preceduta . Fra questa classe d ' uomini vi hanno pur gli utopisti , i quali separati che siano dai folli , si può dire che abbiano avuto la sfortuna di gettare nello spazio dell ' avvenire idee traverso le quali , per loro sventura , non è passata la traiettoria dell ' umano progresso , onde furon lasciati da parte , come gente che , anziché precedere il progresso comune , l ' avrebbe deviato . Assistiamo giornalmente alla dimostrazione di quanto io dico . Nelle pubbliche assemblee ( specialmente nelle politiche ) gli oratori festeggiati e che dominano sono coloro che non dicono nulla di nuovo , ma che sanno toccar bene il tasto che muove il pensiero ed il sentimento comune ; al contrario i veri innovatori , gli scienziati sottili ed originali , sia che scrivano , sia che parlino , non soltanto non vengono compresi , ma incorrono necessariamente nell ' ostilità e nel motteggio . Più tardi trionferanno , quando , a poco alla volta , crescendo il numero dei seguaci ( che non saranno ciechi fanatici , ma studiosi ) , questi avranno compiuta , dalla punta alla base , la piramide che li estolla in trionfo . Ricorderà il Ferri , quand ' egli in Parlamento , propugnatore delle nuove idee pel Codice penale , fu soffocato dall ' enorme peso dell ' opinione di presso che tutti i deputati , i quali nel Codice di Zanardelli glorificavano il trionfo della opinione pubblica , che si era arrestata alle vittoriose idealità , già da venti anni diventate , scientificamente , anticaglie . Ecco dunque , secondo me , l ' errore della polemica fra Sighele e Ferri . L ' uno ammette la sola diffusibilità e sommabilità dei sentimenti , e non si accorge che ciò si deve all ' esser i sentimenti e gli atti volitivi che li rispecchiano , fatti psichici di patrimonio comune , onde dall ' oratore essi non vengono seminati , ma solamente evocati , e , per effetto delle leggi dal Sighele stesso così bene illustrate , rinforzati , sommati e , fino a un certo segno , moltiplicati nell ' intensità , non già , intendiamoci , nella qualità e nel numero . L ' altro , il Ferri , dicendo che nello scambio le idee si rinforzano , dice bene , a mio parere , soltanto nel senso che le idee individuali , prodotte da una mente alta e di larghe vedute , rispecchiano sempre un lato solo del prisma , mentre , preso l ' abbrivo e il suggerimento da una opinione , le altre , emesse dagli altri , si svolgono a riguardar nuovi lati del prisma medesimo , onde l ' opinione prima si può modificare , allargare , rinforzare , innalzare e talora anche indebolire . Obbiettivamente considerando gli effetti di una discussione di idee , si rilevano due fatti : il primo , che l ' idea emessa dal proponente , dirò così , viene attenuata o modificata dalla diversa base sulla quale , dopo l ' opinione altrui , essa dovrà poggiarsi ; e l ' altro che il resultato finale dell ' opinione di ciascuno , compresa quella del proponente , non sarà un ' idea acuta , elevata quant ' era quella di prima , la quale tanto più si distendeva in altezza quanto meno s ' allargava alla base , ma sarà un modo più esatto , più largo , per quanto meno geniale , di vedere le cose . Dunque in parte ha ragione il Sighele , a dire che , riguardo ai prodotti intellettuali , lo scambio delle idee ha per effetto una diminuzione d ' intensità e di forza nell ' idea iniziale ; ma viceversa avrebbe ragione il Ferri in quanto la discussione eliminando i pericoli delle unilateralità e delle utopie , infonde vigore ed efficacia all ' idea medesima , migliorata e corretta . Dopo ciò , la distinzione , in proposito , fra i sentimenti e le idee non dovrebbe più esser quella fatta dal Sighele e dal Ferri , poiché , a seconda della coltura o delle speciali condizioni della folla un sentimento d ' ordine comune può venir non compreso ed essere espresso senza efficacia come fosse un ' idea geniale e di peregrina fattura : ed in assemblea diversa un ' idea geniale può destare entusiasmi e muovere ad azioni al pari che se fosse un sentimento universo ed anticamente sentito . E , per valermi di esempi simili a quelli portati dai nominati scrittori , se Garibaldi creò non solo degli eroi , ma mosse un popolo intiero colla magica parola di Italia unita , questa parola non avrebbe avuto efficacia alcuna un secolo innanzi , poiché il 1859 trovava in Italia un popolo nel quale il concetto dell ' unità italiana erasi fatto sentimento , mentre non lo era affatto prima dell ' epoca napoleonica , ed era ancora , come ai tempi di Dante , sogno d ' idealità geniali . Per chiarir meglio il mio concetto e meglio formulare il motivo per il quale vi ha una differente potenza di comunicabilità , non già solo fra sentimenti e idee , ma fra sentimenti e sentimenti , fra idee e idee , ricorderò come il prodotto del genio accenni ad una divergenza nell ' evoluzione civile , e inizii un nuovo ramo nell ' albero delle umane attività ; non altrimenti la varietà , che spunta da una specie , crea nuovi indirizzi di forma e di vita , e segna le origini d ' una specie novella , che più tardi , attraverso i perfezionamenti della nuova varietà , si andrà affermando . Tale significazione biologica del genio che io , primo , ho additato e illustrato in lavori , che già datano da cinque o sei anni , e di cui ho pur fatto applicazione nello studio della psiche sociale e nella storia , chiarisce il fatto per il quale il pensiero dell ' uomo di genio , che spesso crea istantaneamente o per lo meno da poco ha maturato l ' idea geniale , non può trovare nella folla né intendimento né consenso , poiché questa intende e risponde solamente a sentimenti e a idee che le sono materia assimilata . Ma non perciò mancherà nella folla , che ascolta l ' oratore geniale , una piccola punta d ' intenditori i quali , a lui più prossimi per cultura o abbastanza sottili da afferrare fra il misticismo della non sicura dottrina l ' idealità geniale , plaudiranno , nobile e fortunosa claque a colui che sarà dai più o fischiato o deriso . E , per contrapposto , ognuno di noi ricorda di aver udito in piazza e nei pubblici comizî portar a cielo oratori , i quali nulla dissero di nuovo , ma infarcirono i loro discorsi con frasi fatte e di moda , che hanno la immancabile efficacia di muovere il pubblico consenso . Mi sembra ingannevole l ' argomento , che si intravvede tra le righe del Ferri ( chiedo scusa se ho male interpretato ) , che vorrebbe indurre la prova della comunicabilità non solo , ma dell ' effetto diffusivo delle idee , dall ' esempio del discorso a scopo istruttivo che tiene il maestro agli scolari o il conferenziere al pubblico vario dei suoi ascoltatori . Invero , il buon docente è quello che sa tenersi al livello , non solo della intelligenza , ma della coltura dei suoi scolari , un po ' più alto , niente più ; ed ha fama di buon conferenziere colui che , guardandosi dagli alti o peregrini voli , sa con lenocinio fecondo spezzare il pane della sua scienza , così da farla inghiottire alla diversa capacità delle fauci . Dò pur io importanza all ' azione suggestiva delle correlative espressioni fisionomiche e degli atteggiamenti della persona e della voce di colui che , parlando , sente vivamente ciò che dice . Nessuno meglio di Orazio ha espresso una simile cognizione . Da alienista , fo anche notare che fra i sentimenti e le azioni si stringe facile un legame , così che gli uni chiamano gli altri quasi a rifletterli , e ciò tanto più vivamente quanto più i sentimenti siano assimilati agli individui . Un ' analoga correlazione si stabilisce fra idee ed azioni , e ciò in principio dell ' intermedio dell ' emotività , e più innanzi , mano mano che l ' idea si impossessa dell ' individuo , anco senza di essa . Tanto i sentimenti quanto le idee dunque possono suscitare negli uditori lo scoppio delle azioni correlative , onde una parola di odio determina mille ruggiti di rabbia e fa portare mille mani al bastone ; ma perché ciò succeda bisogna che i sentimenti espressi dall ' oratore non gli sieno individuali , ma rispondano ad altrettali od a somiglianti nella folla ; e le idee che esprime sieno o così semplici o così comuni che , o ancora per il tramite di stati emotivi , o direttamente se sieno ancor più mature , trovino nella folla medesima di essere già largamente e vivamente comprese . Oggidì ancora nessun oratore sarebbe capace di entusiasmare una moltitudine di Indù colla parola eguaglianza . La stessa parola trovò tanti ostacoli ad essere accolta quando veniva dalla bocca dei primi cristiani : e , al contrario , sollevò il mondo pubblicata dalla Rivoluzione francese . Non era forse un ' idea prima e dopo ? Ma prima era un ' idea solitaria e lontana dalla comune cognizione ; più tardi un ' idea comune e resa assimilabile , fatta eguale ad un sentimento . Girifalco , 22 novembre 1894 . SILVIO VENTURI . VI . Lettera di Pio Viazzi a Scipio Sighele * Egregio Signore , Ella sa come io abbia sempre avuto grande ammirazione per l ' opera sua di scienziato , e non vorrà credere a petulanza , se mi permetto ora di contrastare a qualche sua asserzione , forse troppo assoluta , a proposito dell ' intelligenza della folla . Ella osserva , con molta giustezza , che bisogna distinguere gli stadî acuti della associazione umana , quale è una folla e , in grado minore , una setta , dallo stadio normale , quale è la convivenza sociale . Ma poi afferma genericamente che " se le collettività ( e più avanti spiega , si chiamino Giurì o Commissioni , assemblea o folla ) nell ' ordine morale sono suscettibili dei due estremi opposti , della più selvaggia criminalità e del più sublime eroismo , - nell ' ordine intellettuale invece non conoscono che un estremo , l ' infimo , giacché se possono discendere a degli abissi di pazzia o d ' imbecillità sconosciuti all ' individuo isolato , non sanno elevarsi alla manifestazione suprema dell ' intelligenza e dell ' immaginazione creatrice . Vi sono , infatti , eroismi collettivi : non vi sono né nell ' arte , né nella scienza capolavori collettivi " . Questa è l ' affermazione sua . E le cagioni del fenomeno , ella dice , sarebbero le seguenti : Si dovrebbe accettare come esatta l ' affermazione del Tarde che " l ' opera del genio e del talento è sempre complicata e differisce in natura , non in grado soltanto , da un atto di intelligenza volgare " . In altre parole : dei sentimenti si fa la somma , delle idee non si può fare che la media ; e ciò perché le facoltà intellettuali non possono comunicarsi per suggestione , in quanto non hanno mezzi per manifestarsi esteriormente . Che se vi ha , pure nelle idee , una forma di suggestione , questa non fa che dei discepoli , dei seguaci , vale a dire degli inferiori , non degli uguali , come avviene per la suggestione dei sentimenti . Concludendo , ella dice addirittura che unirsi nel mondo umano , vorrebbe dire peggiorarsi . Ora , a me pare abbia ragione il Ferri , quando , invitante i volonterosi a discutere la questione , modifica le accennate asserzioni a questo modo : essere vero che i sentimenti si comunicano e si sommano nelle collettività più che le idee , ma che esse pure , le idee , si sommano ; per conchiuderne , da codesta innegabile comunicazione delle idee , al principio d ' ordine generale , che la collettività rende più intensa ogni manifestazione psichica , in senso buono o cattivo , secondo la prevalenza degli uni o degli altri elementi che la compongono . Ed in primo luogo , quando si dimentichi pure un istante la premessa da lei posta alle sue ricerche , che non bisogna confondere le forme ristrette e più o meno transitorie dell ' associazione umana , col fatto costituente ed universale della società umana * , è troppo facile opporre , ad ogni altro ragionamento , che , alla fine , ogni acquisto sul progressivo evolversi dell ' umanità , è opera collettiva , e prodotto di mille cause e di mille influenze e di mille relazioni d ' uomo con uomo , della società con l ' individuo . Ma a parte ciò , e stando anche alle semplici parziali transitorie aggregazioni , o io sbaglio grossolanamente , o nei ragionamenti suoi , egregio amico , intravvedo l ' equivoco . E l ' equivoco sarebbe , che nell ' opera d ' arte o di scienza necessariamente la forma esteriore ai risultati di una più o meno lunga elaborazione psichica è data dall ' individuo , e per questo è facile attribuirla senz ' altro esclusivamente alla personalità di costui , senza risalire alla genesi psicologica del prodotto . La realtà poi è che una grande opera d ' arte ed una potente coordinazione di idee , dovuta nella sua forma ultima concreta esteriore ad un individuo , non solo presuppone un insieme di condizioni mentali derivate dall ' elaborazione collettiva anteriore , e ciò non concluderebbe abbastanza ; ma nella massima parte dei casi ad essa ha concorso potentemente quello stato speciale di elevazione psichica che è determinato dall ' azione suggestiva di un ambiente speciale , atto a facilitare le creazioni dello spirito . Sensazioni , emozioni , pensieri frammentarî , ripercossi in una mente sola ed accumulatisi , convergendo in essa per vie molteplici , fino al momento in cui determinarono la esplosione creatrice . Non so se ho reso l ' idea . Certo ognuno di noi ha provato la enorme differenza di duttilità , spontaneità e felicità nel pensiero e di facilità nell ' estrinsecazione , secondoché l ' abituale conversione è più o meno elevata , secondoché si respira un ' atmosfera intellettuale o materiale . Chi sa dire quanta parte nell ' opera di Donatello o di Michelangiolo abbiano avuto le corti di Cosimo I e di Giulio II ; nell ' opera di qualcuno fra i nostri batteriologi o psicologi il gabinetto di Pasteur e la clinica di Charcot ; nell ' opera dei precursori della rivoluzione francese qualche salotto del secolo scorso ? E la suggestione è evidente nel campo delle idee , per mezzo della parola parlata e scritta : nell ' arte , è addirittura condizione essenziale al godimento estetico . L ' opera d ' arte afferra lo spettatore , lo assorbe , esclude altre sensazioni , provoca uno stato di monoideismo simile all ' ipnosi ed allora il suo contenuto , la sua significazione intellettuale determina nello spettatore rappresentazioni mentali conformi a quelle dello autore , il quale per tal modo sostituisce alle altre la propria personalità . Moltiplicate in una collettività simili reciproche influenze , e i risultati , fermi nelle opere dei singoli , si estrinsecano però in quelle fioriture , apparentemente inesplicabili , che a quando a quando ricorrono nella storia . V ' ha di più . Non mancano esempi di vere e proprie attuazioni concrete di opere elevatissime , dovute a collettività ; e si presentano subito alla mente le compagnie di maestri alle quali dobbiamo le grandiose e talora bellissime costruzioni gotiche . Ma un caso splendido ci è dato dalla fabbrica di Santa Maria del Fiore , una delle cose più organiche , più felici , sorte per opera d ' uomo a rallegrare , sotto il sole rilucente , le generazioni delle anime fini . Il disegno della crociata e delle cappelle posteriori è dovuto all ' opera collettiva di otto maestri e pittori , in concordia , Neri di Fioravante , Benci di Cione , Francesco Salvetti , l ' Orcagna , Taddeo Gaddi , Andrea Bonajuti , Niccolò di Tommaso , Neri di Mone ; esso fu giudicato , nel concorso , migliore , prima dagli operai della chiesa , e poi da tutto il popolo convocato dai banditori . Al giudizio sul disegno pei basamenti e capitelli delle colonne furono chiamati cinque maestri , poi altri quattro , poi altri cinque , ed infine cento cittadini e religiosi . Ad ogni avanzamento della fabbrica poi emerge bensì qualche nome superiore , ma è sempre incombente l ' opera collettiva ed anonima degli operai . A mio parere , dunque , ella , egregio amico , è nel vero quando constata la comune insufficienza delle collettività nelle opere d ' ingegno ; ha torto quando eleva questa constatazione a regola assoluta generale * . E credo con ciò che non si possano accettare tali e quali le ragioni che ella porge d ' inferiorità di risultati nelle opere della intelligenza in confronto alle opere del puro sentimento . I sentimenti si comunicano e si propagano e riflettono con più facilità perché più fondamentalmente uniti alla natura umana , e sostanzialmente conformi nelle varietà degli individui : per gli stati intellettuali manca spesso invece quella affinità che possa permettere l ' incontro delle idee , essendo maggiore infinitamente la differenza fra uomo ed uomo nel campo della intelligenza . Riunite invece intelligenze affini , capacità emozionali conformi - occorre una certa affinità fra i semi perché si fecondino - : allora l ' unione sarà procreazione . Con ossequio , suo PIO VIAZZI . Alessandria , 4 dicembre 1894 .