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> anno_i:[1970 TO 2000} > autore_s:"Abbagnano Nicola"
Arte contro religione ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
A chi abbia anche una scarsa familiarità con l ' arte contemporanea può apparire sorprendente la definizione che György Lukács dà dell ' arte nella sua Estetica ( 1600 pagine ora tradotte presso l ' Editore Einaudi : il solo primo volume dell ' opera che dovrebbe comprenderne altri due ) : l ' arte è il rispecchiamento della realtà . Coloro che visitino qualche galleria o mostra d ' arte contemporanea o siano appena al corrente della varietà di indirizzi , di stili e di gusti che sono proposti , difesi e illustrati da artisti e da critici , si rendono subito conto che « il rispecchiamento della realtà » è ciò di cui l ' arte contemporanea si preoccupa meno , anche quando non lo rifiuta esplicitamente o non lo disprezza come una degradazione dell ' arte . E , d ' altronde , non è quello un altro nome dell ' imitazione ( o mimési ) che già Platone e Aristotele consideravano come la sola funzione dell ' arte e che l ' estetica moderna , da Vico in poi , ha combattuta e respinta ? Lukács ritiene che non solo l ' arte , ma tutta la vita umana , in tutti i suoi aspetti , non fa che rispecchiare la realtà . Solo questa tesi , egli dice , consente di respingere definitivamente l ' idealismo , che considera la realtà come la creazione della coscienza . E solo il rifiuto dell ' idealismo consente di negare alla realtà il carattere sovratemporale o atemporale , cioè « eterno » , e di considerarla come mutamento e divenire , cioè come storia . L ' intera opera di Lukács è stata e rimane diretta soprattutto alla difesa dello storicismo ; cioè di una concezione che vede nel mondo una realtà che si sviluppa e diviene con un ritmo razionale o dialettico e che perciò coincide con lo sviluppo e il divenire della Ragione . Non per nulla egli è stato frequentemente accusato di idealismo da parte dei suoi critici marxisti e non marxisti , nonostante le sue pretese di essere un materialista seguace di Marx e Lenin . Ma , dal suo punto di vista , l ' arte non è rispecchiamento nel senso di essere la copia fotografica della realtà . La realtà è in continuo mutamento per opera del lavoro umano , e della scienza che ne continua e rafforza l ' azione . L ' arte rispecchia a ogni istante questo mutamento , lo simboleggia , quale esso è qui e ora , e ne coglie la radice profonda che sta nella stessa umanità dell ' uomo . Quando Lukács dice che l ' arte rispecchia la realtà , intende per « realtà » il rapporto indissolubile uomo - mondo . Questo rapporto è mediato dal lavoro . Una cosa naturale diventa un oggetto solo in quanto diventa oggetto di lavoro o mezzo di lavoro , sicché solo con il lavoro nasce un autentico rapporto tra l ' uomo e il mondo . Lukács su questo punto non vede alcuna differenza tra Hegel e Marx : afferma che « solo la teoria hegeliano - marxiana dell ' autocreazione dell ' uomo attraverso il proprio lavoro » ha messo in luce il principio che ( secondo le parole di Gordon Childe ) « l ' uomo crea se stesso » . Il rispecchiamento dell ' arte è allora il rispecchiamento di questa autocreazione : e cioè la via , sia pure obliqua , approssimativa e imperfetta , attraverso la quale l ' umanità giunge alla propria autocoscienza . Anche quando l ' arte rappresenta , o si propone di rappresentare , cose o eventi del mondo naturale , pretendendo di esserne la semplice copia fotografica , essa include nel suo prodotto ( sia esso romanzo , poesia o raffigurazione ) un rapporto inscindibile della cosa o dell ' evento con l ' umanità e precisamente con quel momento della storia di essa , cui l ' artista appartiene . « L ' oggetto di questo rispecchiamento - scrive Lukács - deve apparire non soltanto come è in sé , ma anche come momento dell ' interazione fra società e natura , fra le sue cause e le conseguenze nella società . Nella posizione degli oggetti , comprende quindi anche il rapporto umano , la reazione umana agli oggetti stessi . » Non è indispensabile che l ' artista abbia consapevolezza di questo rapporto , che è l ' oggetto autentico della sua arte , giacché anche se lo nega , esso è presente a lui come uomo che vive tra gli altri uomini e nel mondo . Ma se tutta la vita è un rispecchiamento della realtà , in che modo l ' arte si distingue dalle altre forme dell ' attività umana , e per esempio dalla scienza ? Fin dai suoi primordi nel mondo greco , la scienza ha cercato di « disantropomorfizzare » il mondo , cioè di interpretarlo prescindendo da ogni carattere o attività umana . Questo disantropomorfizzare conferisce alla conoscenza scientifica la sua validità oggettiva e ne fa uno strumento indispensabile per l ' esistenza umana nel mondo : ma essa accentua pure il distacco , anzi la frattura , tra il rispecchiamento scientifico e il rispecchiamento estetico . La scienza vede nella natura un oggetto completamente indipendente e staccato dall ' uomo ; l ' arte vede nella natura un oggetto che è in rapporto essenziale con l ' uomo : un rapporto sociale , perché mediato dal lavoro e dalle relazioni tra gli uomini che il lavoro comporta . Perciò l ' oggetto , di cui si occupa l ' arte , non è la natura nella sua universalità né l ' individuo nella sua particolarità : è piuttosto un tipo nel quale il rapporto uomo - natura si specifica in un dato momento della storia . Ma , dall ' altro lato , l ' arte si allea alla scienza contro la religione in quanto entrambe tendono ad eliminare dal mondo il soprannaturale , l ' eterno , il trascendente . La scienza e l ' arte , secondo Lukács , sono gli organi creati dall ' umanità per se stessa , per conquistarsi la realtà , per sottometterla , per trasformarla in un possesso durevole e sempre disponibile del genere umano . Ma la scienza può procedere su questa via solo fino ad un certo punto : si rifiuta di dare una « visione del mondo » , si avvale soprattutto di astratti strumenti o di modelli matematici , e così lascia ancora libero il campo al bisogno religioso . Solo l ' arte può liberare definitivamente l ' uomo da tale bisogno e realizzare la catarsi definitiva . Solo la catarsi estetica rivelerà all ' uomo la sua vera essenza , facendogli vedere che la storia è fatta da lui stesso , e non da una forza trascendente , e dandogli l ' autocoscienza che gli permette di viverla e di parteciparvi in quanto lotta di forze e debolezze umane , di virtù e di vizi umani . Lukács identifica perciò l ' avvenire socialista della società umana con il trionfo dell ' arte . Solo l ' arte porta l ' uomo alla coscienza dei suoi rapporti con gli altri uomini , gli fa scorgere la propria essenza e gli consente di rispondere al vecchio imperativo del « conosci te stesso » . Ma « conoscere se stesso » significa per l ' uomo riconoscersi come l ' unico Soggetto della storia , come la vera e sola divinità che domina e dirige lo sviluppo progressivo della società umana . Come autocoscienza dell ' umanità , l ' arte non solo tende a eliminare il bisogno religioso che fa appello a una Realtà trascendente , sia pure indefinita o indefinibile , ma anche limita e subordina a sé le altre attività umane , il lavoro e la scienza . E perché non l ' economia e la politica ? Questa estetica di Lukács non è un ' analisi dei fenomeni artistici ma un sistema di filosofia che , sulla scia del romanticismo del secolo scorso , scorge nell ' arte il solo strumento adeguato per la conoscenza dell ' Assoluto . Le strutture economiche e sociali , per quanto episodicamente richiamate da Lukács , perdono ogni importanza in questo contesto . Sembra che tutte le speranze dell ' uomo , per uscire dalle strettoie in cui oggi si trova e dai conflitti che lo tormentano , debbano appuntarsi sull ' arte . Ma questa esaltazione dell ' arte , questa specie di delirio idealistico , non è una fuga dalla realtà più che esserne il rispecchiamento ?
L'arte e il caso ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Un bambino galoppa fieramente su un manico di scopa come su di un cavallo : questa è la prima o più lontana radice dell ' arte , secondo Ernst H . Gombrich , uno dei più colti e acuti storici e interpreti contemporanei dell ' arte , un cui volume di saggi è stato ora pubblicato in italiano ( A cavallo di un manico di scopa , Saggi di teoria dell ' arte , ed. Einaudi , 1971 ) . La radice dell ' arte non è ancora l ' arte : il manico di scopa non è ancora un ' immagine artistica , è soltanto un sostituto del cavallo . Ma se il bambino sente il bisogno di aggiungere due occhi , un muso , due orecchie affinché il suo manico di scopa si avvicini alla rappresentazione comune del cavallo , l ' arte comincia a nascere nella sua forma primitiva che è quella appunto dell ' immagine , e non è più un surrogato dell ' oggetto reale , ma qualcosa che lo evoca o lo simboleggia richiamandone i tratti . Nello scegliere e nel segnare questi tratti , l ' artista non è mai l ' occhio innocente che vede il mondo qual è : se fosse tale , sarebbe paralizzato e travolto dal caos di forme e di colori che gli si para dinanzi . Non può allora che assumere come punto di partenza « il vocabolario convenzionale delle forme basilari » , cioè gli schemi o le forme che trova già bell ' e fatti nel mondo comune di percepire e rappresentare le cose e che è proprio del mondo o della civiltà cui appartiene . E così , secondo Gombrich , appena uscita dalla fase del cavalluccio a manico di scopa ( la fase del surrogato ) , l ' arte acquista la libertà di scegliere i tratti da fissare nell ' opera e deve fare appello alla collaborazione di chi la contempla , affinché questi possa evocare , sulla falsariga dei suggerimenti che essa gli dà , l ' immagine concettuale che gli sta davanti . « La macchia che nel dipinto di Manet - dice Gombrich - sta a rappresentare un cavallo , è altrettanto lontana dall ' imitarne la forma esterna quanto lo è il nostro cavalluccio a manico di scopa . Eppure Manet l ' ha congegnata con tanta abilità che essa evoca per noi l ' immagine di un cavallo ; a patto , beninteso , che ci sia la nostra collaborazione . » Il passaggio dal surrogato di un oggetto utilizzabile ( come sarebbe il manico di scopa che fa da cavallo ) ad un ' immagine rappresentativa della realtà veduta o sperimentata ( cioè all ' arte naturalistica ) segna perciò , secondo Gombrich , l ' inizio della libertà dell ' artista . Esso infatti elimina l ' esigenza di incorporare nella sua opera tutti i tratti essenziali dell ' oggetto e fa di essa « un appunto che fissa ciò che l ' artista ha visto o avrebbe potuto vedere » e che lo spettatore , partecipando al gioco , completa con la sua fantasia , aggiungendovi i tratti che l ' oggetto reale possiede . Il che vuol dire che , proprio quando l ' arte si propone di rappresentare la natura o i procedimenti naturali , l ' arte perde la sua passività nei confronti della natura stessa , acquista la libertà di scegliere tra gli infiniti tratti che possono caratterizzare un oggetto e fa appello alla libertà interpretativa dello spettatore . Questa conclusione è solo apparentemente paradossale , perché la psicologia moderna ha mostrato che la percezione degli oggetti naturali non è la registrazione passiva di essi , ma piuttosto una costruzione attiva che utilizza , a seconda dei casi , questo o quel tratto caratteristico ; e che questa costruzione tende a fissarsi in forme convenzionali più o meno accettate da tutti , esattamente come le parole della lingua corrente . Alla psicologia , come alla psicanalisi , allo strutturalismo e alla teoria dell ' informazione , il Gombrich attinge per rispondere in modo non sempre chiaro , ma sempre suggestivo , alle domande cruciali che oggi si pongono sulla natura dell ' arte . È , l ' arte , assoluta libertà creativa ? È l ' espressione del sentimento ? O è invece comunicazione e trasmissione di messaggi ? Alla prima domanda , la risposta è già implicita in quanto si è detto . L ' arte non è , come voleva Schopenhauer , il « puro occhio del mondo » che guarda le cose con perfetta innocenza ; e non è neppure la creazione dal nulla di un mondo nuovo . È , in ogni caso , una costruzione artigianale che attinge dalla natura i suoi materiali , scegliendoli e combinandoli assieme . Ma neppure in questa scelta e combinazione l ' artista è assolutamente libero . Le forme convenzionali che gli oggetti hanno assunto nella percezione comune e nell ' arte del suo tempo lo condizionano , anche se egli tenta di reagire ad esse e di trasformarle . Gombrich cita l ' osservazione di Wòlfflin che tutti i quadri devono di più ad altri quadri che non alla natura ; e per suo conto osserva che anche l ' artista che si strugge dal desiderio di sottrarsi alla convenzionalità rivela , perciò stesso , l ' importanza che la convenzionalità delle forme ha per la sua opera . In secondo luogo , la vecchia definizione romantica dell ' arte come « linguaggio delle emozioni » non rende conto della struttura delle opere d ' arte ; né l ' artista dispone di mezzi infallibili per comunicare le sue emozioni , di un equivalente naturale , quasi mandato da Dio , tra la loro totalità e le forme in cui esse si esprimono . Egli sceglie nella sua tavolozza , fra i colori disponibili , quello che gli sembra che si accosti di più all ' emozione che desidera esprimere ; ma molti degli strumenti tecnici di cui l ' arte si è avvalsa a questo scopo son nati forse per caso e potrebbero essere sostituiti da altri . Così è probabile , ad esempio , che il nero sia interpretato come espressione di tristezza , solo se si sa già che esiste una scelta fra due possibilità di cui una esprime tristezza e l ' altra gioia . L ' esistenza di possibilità diverse , note sia all ' artista che allo spettatore , avvicina l ' opera d ' arte al messaggio di cui parla la teoria dell ' informazione : giacché tali possibilità costituiscono il codice comune all ' artista e allo spettatore . In generale , i messaggi contengono informazioni solo in virtù della loro capacità selettiva : agiscono sulle possibilità alterne che costituiscono il dubbio di chi le riceve . L ' artista può presentare questi messaggi in cifre volutamente imbrogliate fino a renderli inintelligibili e così scuote l ' inerzia delle nostre convenzioni e il torpore delle nostre abitudini . Ma né comunicazione né espressione possono funzionare nel vuoto . « Tanto chi trasmette come chi riceve ha bisogno di essere guidato , nella giusta misura , dice Gombrich , da una schiera di possibilità alterne fra le quali una scelta può diventare espressiva . » O , in altri termini , un artista può infrangere una certa struttura o riformare un certo codice di messaggi solo proponendone altri , seppure in forma approssimata od oscura e suscettibile d ' interpretazioni diverse . Da questa trama concettuale , che regge i saggi di Gombrich , il quale ( è bene notarlo ) non muove da alcuna pregiudiziale contro questa o quella forma dell ' arte contemporanea , emerge una constatazione che Gombrich stesso ha fatto solo di sfuggita : il riconoscimento della funzione del caso nell ' arte . Non è solo la fisica o la biologia , l ' informatica o la teoria dei sistemi , che devono ammettere l ' esistenza del caso : anche la teoria dell ' arte lo esige . Oggi come non mai , l ' arte cerca nuove forme di espressione e di comunicazione , nuove finestre da cui guardare il mondo : procede per tentativi il più delle volte condotti a caso , in tutte le direzioni possibili , cercando di stabilire codici interpretativi più o meno chiari che possano sostituire quelli già esistenti . Come tutti i tentativi , alcuni possono riuscire e altri no : l ' arte si appiglia a tutte le possibilità disponibili e cerca di scoprirne di nuove . Il suo successo non è garantito in anticipo . Giustamente Gombrich si pronunzia contro la credenza nella « marcia inesorabile del progresso » , secondo la quale tutto ciò che è nuovo sarebbe un passo in avanti . Si tratta invece di esplorare e sperimentare , esattamente come si fa nella scienza , anche se il criterio della riuscita non è così preciso come quello che la scienza pretende . Inoltre il successo di un esperimento non sempre coincide con il plauso del pubblico . Ma in ogni caso , per l ' arte come per la teoria dell ' arte , si tratta di trovare possibilità interpretative e espressive che siano realmente tali e ogni opera d ' arte è una specie di test che mette a prova il valore di queste possibilità . Nel mondo del caso , anche l ' arte cerca una qualche struttura o un qualche ordine , che però rimane instabile e non elimina mai del tutto il pericolo dell ' insuccesso e della frustrazione .
Tra stregonerie vecchi e nuove ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Si crede comunemente che la stregoneria sia un insieme di credenze superstiziose , proprie di società primitive o ( come si diceva ) di « popolazioni selvagge » ; e si potrebbe credere che , nel nostro tipo di civiltà , sia un ricordo del passato , oggetto solo di interesse storico o di curiosità svagata . Gli ultimi processi alle streghe furono infatti celebrati in Europa prima della Rivoluzione francese ( circa due secoli fa ) ; e sebbene il maccartismo , per la sua persecuzione indiscriminata contro tutti i sospetti di comunismo , sia stato chiamato « la caccia alle streghe » e come tale rappresentato dal commediografo Arthur Miller ( The Crucible , 1952 ) , l ' espressione si intese in senso metaforico o approssimato . Infatti in un ' epoca come la nostra , dominata dal razionalismo scientifico e tecnologico e in cui autentici prodigi sono realizzati da macchine perfezionate e da procedimenti ingegnosi di cui si conosce esattamente la logica e il funzionamento , sembra assurdo che si continui a credere a influenze o poteri occulti , di cui certi uomini o donne siano dotati e che siano capaci di infliggere agli altri danni immeritati . Ma gli antropologi moderni , a differenza degli antichi viaggiatori , che si limitavano a descrivere i costumi dei popoli visitati e a scandalizzarsi quando li trovavano diversi dai loro , cercano di capire la funzione che credenze e istituzioni esercitano nella società in cui vigono , di scorgerle nella struttura complessiva di tali società e determinare il bisogno a cui rispondono o il fine che , più o meno palesemente , tendono a raggiungere . Così hanno fatto per la stregoneria che , a partire da un ' opera classica di EvansPritchard ( 1937 ) , è stata sottoposta , sulla base di una documentazione sempre più larga , ad analisi e a considerazioni teoriche le quali dimostrano che le sue radici affondano più che in un certo tipo di cultura o di società , nella stessa realtà umana . In primo luogo , si distingue oggi la stregoneria dalla magia , che è un ' arte e una scienza presunta , la quale si può insegnare o imparare e ha quindi i suoi « dottori » . La stregoneria invece consiste in un naturale potere malefico , innato in certe persone , di danneggiare gli altri in modo misteriosamente segreto . Per via di questa segretezza , lo stregone o la strega opera di notte , cioè al buio ; e sempre per malizia o dispetto più che per sete di guadagno . Commette atti che vanno contro tutti i canoni stabiliti nel gruppo umano in cui vive : incesto , bestialità , antropofagia , violazione di tombe . Preferisce andar nudo e deporre i suoi escrementi nel luogo dove abita . Questi e altri particolari pittoreschi si raccontano sulle streghe nei paesi in cui ci credono . Questi paesi sono ancora molti in Africa , in Oceania e in America . Molti Stati africani modernizzati hanno tolto la stregoneria dal novero dei reati legalmente perseguibili ; ma la credenza persiste . Quali ne sono i fondamenti ? In primo luogo , l ' esistenza del male nel mondo ; infatti in un mondo perfettamente ordinato o sorretto da un ' unica forza benefica , la stregoneria non troverebbe posto . In secondo luogo , l ' attribuzione dell ' origine del male al potere occulto di alcune persone . Quest ' attribuzione è l ' aspetto più importante della stregoneria perché consente di esercitare la sua funzione fondamentale , che è quella di salvare l ' ordine morale in cui si crede e in generale il sistema di istituzioni , di tecniche e di credenze in cui esso consiste . Se qualcosa va male nel mondo , la causa del male non risiede nell ' ordine riconosciuto , ma nell ' influenza occulta di individui sospetti . Se uno ha coltivato il suo campo nel modo tradizionale e non ha ottenuto il raccolto sperato , può , attribuendo la causa di questo evento a un potere malefico , esimersi dal sottoporre a critiche e a revisioni il suo metodo di coltivazione . Se una malattia non risponde a un determinato trattamento , la colpa sarà del malocchio o del maleficio lanciato da qualcuno , non dell ' insufficienza del trattamento stesso . Così ogni fallimento o insuccesso non metterà in crisi il sistema delle tecniche e dei valori riconosciuti : quindi , la delusione , l ' odio e l ' ostilità per i danni subiti troveranno , nella stregoneria , un canale di sfogo che lascerà intatta la struttura d ' insieme del gruppo sociale . Allo stesso modo , chi si è visto abbandonare dalla moglie che è fuggita con un altro dirà : « Quell ' individuo l ' ha stregata » piuttosto che riconoscere la sua incapacità di conservarsi l ' affetto della moglie e il suo fallimento di marito . Da un punto di vista più generale e filosofico , si può dire che il ricorso alla stregoneria in una forma o nell ' altra è proprio di tutti i modi di vita che non conoscono alternative e non offrono scelte ; che costituiscono totalità chiuse , di cui nessuna parte o elemento può essere mutata o corretta senza far crollare tutto l ' insieme ; e che perciò sono portati a sacralizzare le credenze su cui si fondano e a considerare con angoscia e terrore ogni comportamento che costituisca per esse una potenziale minaccia . Se tutto questo è vero ( e non c ' è ragione di dubitarne ) , l ' interesse crescente per la stregoneria nel mondo moderno , la reviviscenza , sia pure sporadica , di pratiche e culti diabolici , non sono il segno di una trasformazione radicale della nostra società e della sua fine imminente , ma piuttosto quello di un irrigidimento delle sue strutture tradizionali : cioè un canale di sfogo dello spirito di ostilità o di aggressione che la travaglia , o , in parole povere , una scusa per mantenerla immutata . Ma è dubbio che nella nostra società stia rinascendo la credenza nella stregoneria o ci siano le condizioni per una tale rinascita . Nelle società primitive è questa credenza che conta , perché è essa ad esercitare la funzione di raccolta e di sfogo delle ostilità interurbane e quindi della conservazione della struttura totale . Ciò che la cronaca odierna documenta è , invece , una imitazione reale delle azioni presunte della stregoneria : omicidi gratuiti , attentati , orge sessuali , violenze senza scopo . « Imitazione reale » la chiamo , perché perseguita non per via di misteriosi poteri , ma con mezzi reali , adatti allo scopo . Ciò che quindi veramente rimane della stregoneria nel mondo moderno è una negazione totale che si oppone ad una affermazione altrettanto totale . La stregoneria rappresenta infatti , nelle società in cui è stata ed è un ' istituzione vivente , la negazione totale di tutto il sistema dei valori su cui tali società si fondano ; e provoca pertanto la riaffermazione e la conservazione di tale sistema . Affermazione e negazione totali sono le due facce indivisibili di una stessa realtà : si richiamano e si condizionano a vicenda . Nel loro insieme , costituiscono un ostacolo pressoché insormontabile a ogni novità o sviluppo autentico , perché escludono la ricerca di nuove soluzioni dei problemi umani , delle possibilità reali che una situazione presenta di essere mutata o corretta , delle alternative nuove che si prospettano e di una scelta autonoma e razionale fra tali alternative . Sono pochi ( seppure ci sono ) quelli che credono oggi a misteriosi poteri , a maligne influenze segrete , esercitate da individui determinati . assai improbabile che si tornino ad accendere nelle piazze roghi destinati a bruciare streghe e stregoni . Eppure , la struttura concettuale della stregoneria e la funzione da essa esercitata permangono ancora in molti aspetti e in molte parti della società contemporanea . Quando si condannano come « traditori » tutti coloro che si allontanano da un ' ideologia politica , quando si reprimono con la forza i dissensi e le critiche degli intellettuali o i pacifici sviluppi sociali di certi paesi o di certi ceti , si fa ancora ricorso alla stregoneria . E quando , dall ' altro lato , si condanna in blocco una società che , almeno in certi limiti , è permissiva o tollerante e si crede di poter distruggere senza edificare colla semplice ostentazione della violenza o di comportamenti che si crede incutano scandalo o terrore , si fa ancora della stregoneria , imitandone talora anche i riti . Ciò che in un caso e nell ' altro veramente si distrugge non è l ' ordine stabilito o il pericolo che incombe su di esso , ma la possibilità di mutamenti ordinati , di sviluppi consapevoli e razionali verso ordini o forme di vita più promettenti . E ciò da cui si evade non è la realtà insoddisfacente dell ' oggi , che così continua a rafforzarsi e a incombere , ma la ricerca di alternative reali e la scelta intelligente fra esse : ricerca e scelta che costituiscono il solo privilegio dell ' uomo e l ' impronta della sua dignità .
Mefistofele e Faust ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
La traduzione che Franco Fortini ci presenta del Faust di Goethe ( con testo a fronte , Mondadori , 1970 ) ha lo scopo dichiarato di riuscire utile al lettore : di aiutarlo a portare avanti un suo lavoro di approfondimento e di riflessione . E bisogna dire che questo scopo l ' ha raggiunto perché , fra tutte le versioni italiane , essa è quella che meno sacrifica il testo di Goethe al gusto letterario del traduttore o al suo personale lirismo . La tragedia di Goethe non è , come tutti sanno , un organismo compatto . Se la prima parte ( pubblicata nel 1808 ) ha un ordine e uno sviluppo unitario , la seconda parte , cui Goethe lavorò negli anni successivi e fu pubblicata postuma ( 1832 ) , è sconcertante per la varietà dei suoi motivi , per l ' eterogeneità del materiale adoperato , per l ' andirivieni continuo di personaggi sempre nuovi , reali e fittizi , tolti dalla storia , dalla mitologia , dalla magia o inventati da Goethe , ognuno dei quali porta la sua voce o presenta un tema che difficilmente lascia scorgere la continuità sinfonica dell ' insieme . Ma forse proprio per questo , la seconda parte è per il lettore moderno la più appassionante , quella che costituisce per lui la sfida maggiore e l ' invito più pressante a riflettere . Non si potrebbe oggi condividere il parere di Croce che il secondo Faust sia una specie di libretto d ' opera o il gioco d ' immaginazione di un vecchio artista , che mette a partito la sua sapienza mondana e la sua cultura , rimanendo al di fuori del gioco in una sua serenità imperturbabile . Certamente , né il primo né il secondo Faust sono « tragedia » . Alla fine del primo , una voce dal cielo annuncia la salvezza di Margherita e il secondo si conclude con la salvezza di Faust . Nonostante peccati ed errori , la parte immortale dell ' uomo si salva e la sfida fra Dio e il Diavolo viene , com ' era prevedibile , vinta da Dio . Ma l ' interesse dell ' opera non è in questa conclusione felice . Nel contesto del panteismo di Goethe , che alla fine gli Angeli ribadiscono proclamando : « Chi si affatica sempre a tendere più oltre , noi possiamo redimerlo » , la redenzione dell ' uomo è già implicita nella sua brama dell ' Infinito . Faust è appunto la personificazione di questa brama che con Schopenhauer si potrebbe chiamare volontà di vita . Ha raggiunto il culmine del sapere , ma questo non lo soddisfa : vuol conoscere il mondo , non più attraverso le parole dei libri , ma con l ' esperienza diretta e goderne tutti i piaceri e gli splendori possibili . L ' Infinito cui tende non è nel pensiero ma nell ' azione , non è nella contemplazione ma nel sentimento : cioè nel rapporto immediato , e vissuto nella forma più intensa , con il mondo e con gli uomini . A Faust non importa che le esperienze cui va incontro siano illusorie o reali , buone o cattive , e si concludano nella gloria o nel disastro . Non intende scegliere fra esperienza e esperienza , vuol essere il Microcosmo che abbraccia in sé il Macrocosmo . Per accontentare la sua brama , non può quindi che rivolgersi a Mefistofele , che non è il Principio del male , ma lo Stratega cinico e potente che gli offre i mezzi per realizzarla ma nello stesso tempo gliene dimostra i limiti , le illusioni e la vanità . Ma proprio perché Faust è tale , il suo destino non poteva concludersi nella prima parte del poema di Goethe . Muovendosi , con l ' aiuto di Mefistofele , tra taverne e tregende , fra giardini e caverne , di giorno e di notte , Faust non fa , in questa parte dell ' opera , che alimentare e sfogare la sua passione d ' amore . L ' amore della natura e l ' amore della donna ( la quale è parte della natura e ne compendia la bellezza ) dominano questa prima fase del suo destino . Il sentimento ( Ge f iihl ) è tutto , in questa fase : Faust lo identifica con Dio , quando Margherita gli chiede se è credente . Ma conclusasi , con la morte tragica di Margherita , la sua prima esperienza del mondo , Faust rinasce con nuovo spirito , con la brama di altre esperienze . Come infatti potrebbe bastargli , per essere il Microcosmo , una sola esperienza di amore e di morte ? Faust ora vuole il potere . « Dovranno compiersi cose mirabili » , dice ad un certo punto ; « mi sento forte per imprese temerarie » . E alla domanda di Mefistofele : « Vuoi allora la gloria ? » , risponde : « Voglio avere dominio , possesso . L ' azione è tutto , la gloria è nulla » . É questo lo spirito che domina il secondo Faust . Esso si apre nel palazzo imperiale con Faust al servizio del potere ed egli stesso diventato strumento e volontà di potenza . Con l ' aiuto di Mefistofele , Faust riempie le casse dell ' Imperatore con la carta moneta garantita dai tesori sepolti ; e appare come un Re , nelle vesti di Pluto , il Dio della ricchezza , Illusione e realtà si mescolano , come in tutta l ' opera , anche in questa ricerca di un potere senza limiti . Dalla visione delle Madri , simboli goethiani delle origini delle cose , Faust attinge « nuova forza per la grande impresa » . Creature magiche , mitiche e mitologiche , antichi filosofi e personaggi famosi possono rivivere davanti ai suoi occhi per magia della fiala in cui è racchiuso il ridicolo Homunculus creato da Wagner . L ' amore di Faust è ora Elena , ma è un amore diverso da quello per Margherita : è volontà di potenza : « Conferma il mio potere , le dice Faust , dividendolo con te sul regno tuo illimitato e in una sola persona tu abbia chi ti venera e serve e difende » . Ma da ultimo la volontà di potenza di Faust si rivolge al dominio della natura . È contro le forze e gli elementi naturali che egli vuole combattere la sua ultima battaglia , respingendo le frontiere del mare e diventando il padrone delle terre emerse . Qui appare in piena luce il contrasto tra il primo e il secondo Faust . « Chi vuole comandare - dice Faust - ha da trovare nel comando la sua gioia . » Il potere è fine a se stesso , non uno strumento per procurarsi il godimento . Con l ' aiuto dei demoni di Mefistofele , Faust riesce a far vincere l ' Imperatore contro il suo rivale e ne ottiene in compenso il feudo delle terre emerse . Perfino il piccolo lembo di terra dove vive felice un ' anziana coppia ( Filemone e Bauci ) gli dà fastidio . « Quei pochi alberi non miei , il dominio del mondo mi guastano . » E dà ordine a Mefistofele di scacciarla . Solo alle soglie della morte Faust si accorge che il potere può vincere la Penuria , il Debito , la Miseria , ma non la Cura , cioè la preoccupazione angosciosa , che finisce per accecarlo . Si affretta al suo ultimo grandioso progetto di bonificare una palude dove gli uomini possano vivere liberi e felici ; ma la morte lo coglie proprio nell ' attimo in cui vagheggia questo progetto . Non c ' è dubbio che , nella storia di Faust , Goethe abbia voluto rappresentare il destino dell ' uomo . La volontà di vita e la volontà di potenza , dalle quali Faust è dominato nella prima e nella seconda parte dell ' opera , sono anche oggi assunte , talora mescolate o contrapposte o designate con altri nomi , come le radici o le molle di ogni attività umana . Ma nell ' opera di Goethe , Faust non potrebbe far nulla senza Mefistofele . Mefistofele non è solo lo strumento indispensabile che gli consente di realizzare le sue volontà , ma è anche colui che gli ricorda continuamente i suoi limiti umani , il disordine e l ' incoerenza dei suoi appetiti , il carattere illusorio delle sue realizzazioni ; e , pur aiutandolo , commenta , con ironico cinismo , l ' intera condotta di Faust . Fin dall ' inizio , a Faust che « vuole tutto » ricorda che il Tutto è solo per un Dio . Poi difende la ragione e la scienza , « poteri supremi dell ' uomo » . Rimprovera a Faust di gonfiarsi sino a credersi una divinità per avvoltolarsi nel godimento ; ammonisce i giovani che non si può pensare nulla che non sia stato già pensato . E appare a Faust come « l ' antitesi , l ' amarezza e lo scherno di quello di cui l ' uomo ha bisogno » . Mefistofele vede la vanità del mondo e vorrebbe essere lui stesso « il vuoto eterno » : la morte di Faust è anche la sua sconfitta finale . Non c ' è Mefistofele senza Faust , come non c ' è Faust senza Mefistofele . Il destino dell ' uomo non può identificarsi solo con quello di Faust : è piuttosto rappresentato dal binomio Faust - Mefistofele . Proprio perché è « l ' antitesi , l ' amarezza e lo scherno di ciò di cui l ' uomo ha bisogno » Mefistofele fa parte dell ' uomo . La magia , di cui egli è il depositario , non crea che illusioni o fantasmi che si annunziano o si svelano tali e portano alla tragedia finale .. Certo Faust , o almeno la sua « parte immortale » , si salva per l ' intervento di intermediari potenti , ma soprattutto perché ha incarnato l ' aspirazione dell ' uomo all ' Infinito . Ma questa aspirazione sarebbe rimasta lettera morta e si sarebbe consumata vanamente nello studio professorale di Faust , senza il cinico razionalismo e le subdole arti di Mefistofele . Queste arti non stanno sempre e tutte dalla parte del male : la seconda metà dell ' uomo è intrisa di male e di bene , come quella di Faust ; e non per nulla riceve la sua investitura dall ' alto . Mefistofele , il diavolo che è con l ' uomo o nell ' uomo , non è , dopotutto , un cattivo diavolo . Riflettendo ora sul poema di Goethe , possiamo renderci conto che nell ' uomo c ' è , o può esserci , un diavolo più maligno .
La nostalgia dell'infanzia ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Perché non si dovrebbe vedere nel sole , se non a costo di essere ritenuti pazzi o poeti , un coro di angeli fiammeggianti che annunciano la gloria di Dio ? Perché non si dovrebbe proclamare l ' esistenza di un nuovo cielo e di una nuova terra così vasti e meravigliosi da far apparire squallida e tetra la visione che del mondo ci dà la scienza ? Perché astrarre e generalizzare , meccanizzare e calcolare , rinunziando all ' immaginazione visionaria , al mistero , all ' avventura in un mondo di forme fantastiche e splendenti , in cui ognuno si troverebbe a suo agio ? In altri termini , perché credere allo scienziato invece che allo sciamano ? Perché ridurre il mondo a un insieme di forze oggettive ed impersonali , invece di scorgere in esso un luogo formicolante di personalità potenti e invisibili ma assai simili all ' uomo ? Sono queste le domande che , secondo Roszak , stanno alla radice della controcultura ( La nascita di una controcultura , ed. Feltrinelli , 1971 ) : cioè di un nuovo modo di vivere da cercarsi in direzione opposta a quella in cui finora si è mossa la civiltà occidentale : un modo di vivere che faccia a meno della scienza e della tecnica , eliminando la tecnocrazia e i suoi mali , e coltivi ed esalti nell ' uomo il sentimento del sacro . La scienza sradica questo sentimento e con esso ogni impegno morale , riducendolo ad una retorica superficiale . Solo questo sentimento può consentire all ' uomo di ritornare alla natura e di raggiungere l ' equilibrio autentico dentro se stesso e con gli altri . La controcultura intende così proporre all ' uomo l ' alternativa di una vita diversa , che elimini i rischi dell ' impoverimento dell ' uomo e del suo ambiente che scienza e tecnica fanno incombere su di lui . Ma questa alternativa non è nuova ma antichissima , perché è quella di tutti i popoli primitivi . E in realtà la nostalgia per ciò che è primitivo , naturale , semplice , informe , non ridotto a un modello che implichi previsione , misura e programmazione , è assai diffusa nel mondo contemporaneo e condivisa da molti scienziati . Questi sono certamente più cauti nella loro critica della scienza e si guardano dal raccomandarne la pura e semplice eliminazione . Ma è significativo che in uno dei più seri e togati periodici scientifici americani , che è l ' organo dell ' Associazione americana per il progresso della scienza ( Science , 4 giugno 1971 ) , un professore di chimica proponga una riforma della scienza proprio sulla linea difesa dalla controcultura : si dovrebbe saldare , sul tronco della ricerca obiettiva e razionale , l ' esigenza di un intuizione sensuale , cioè immediata , diretta , concreta delle cose , che è quella difesa dallo sciamanesimo e dalle religioni orientali . Da questo punto di vista , però , non ci sarebbe opposizione fra le due alternative di vita , tra i due modi di conoscere la natura e di entrare in rapporto con essa . Si tratterebbe di modi complementari che si integrano a vicenda : proprio come sono complementari , nella fisica contemporanea , la descrizione dei fenomeni in termini di onde e quella in termini di corpuscoli . Il vantaggio di questa complementarità consisterebbe nell ' eliminare dalla scienza un certo numero di astrazioni inutili , nel considerare gli aspetti concreti , sensibili o estetici delle cose , e nel consentire di vedere nella natura una totalità organica mediante un unico atto di intuizione . Poco o nulla , tuttavia , ci viene detto circa i mezzi per raggiungere questa mèta ambiziosa , che equivarrebbe a una visione esauriente e perfetta del mondo nella sua struttura generale e nei suoi particolari minimi : ad una visione di cui solo Dio può ritenersi capace . Come professore di chimica , l ' autore in questione invita gli studenti a osservare i colori , i sapori , la solidità , i mutamenti delle sostanze che essi si apprestano a sottoporre a qualche elaborato esperimento : il che è troppo poco per una « visione sensuale » del mondo ed è del tutto inutile ai fini dell ' esperimento . Non c ' è dubbio che gli scienziati , imprigionati come ora sono nella loro specializzazione , oppressi dalla quantità enorme e non selezionata di informazioni che piovono loro addosso da tutte le parti , e dalla coscienza del cattivo uso che si può fare delle loro scoperte , anche più meritorie , cerchino una via d ' uscita da questa situazione di disagio e aspirino a una visione del mondo semplice e totale che non sacrifichi né la scienza né le esigenze emotive e morali dell ' uomo . Ma è dubbio se lo sciamanesimo e l ' animismo , cioè la credenza che il mondo è un insieme di esseri spirituali in rapporto simpatetico con l ' uomo , possano aiutarli a uscire dal frangente in cui si trovano . Questa credenza costituisce certo un ' alternativa alla scienza , ma non può conciliarsi con essa e supplire alle sue deficienze . Essa è il fondamento di un ' altra tecnica , quella della magia . Se la natura è un complesso di forze spirituali che , mediante opportuni incantesimi , possono essere comandate , convinte o ingraziate , la scienza non serve a nulla . Che senso ha ingraziarsi la gravità o convincere l ' energia nucleare a non essere dannosa per l ' uomo ? Che senso ha prevedere , calcolare , misurare e progettare in un mondo costituito da spiriti folletti , che fanno quello che vogliono e possono essere addomesticati solo dalle arti subdole dello sciamano ? La ricerca scientifica è oggettiva , cioè conduce agli stessi risultati chiunque sia in possesso della tecnica adatta ; l ' arte dello sciamano è un privilegio concessogli dalle stesse potenze misteriose cui egli fa appello . Non si possono imboccare contemporaneamente le due vie e ritenerle complementari . La scienza non può tutto né fa tutto : i limiti di essa sono sempre presenti a chi la coltiva sul serio . I suoi problemi si moltiplicano con il suo progresso e il suo prezzo naturale e umano si accresce in proporzione . Voler saldare questo prezzo col ricorso all ' animismo e alla magia , al sentimento e alla sensibilità indifferenziata dei primitivi significa pagare con moneta falsa . Può ben darsi che il genere umano , in tutto o in parte , scelga domani di lasciarsi guidare dallo sciamanesimo invece che dalla scienza . Ma la civiltà di cui lo sciamanesimo è parte integrante è fondata sulla caccia , sulla pesca , sulla agricoltura primitiva . Il ritorno a questa forma di vita segnerebbe perciò la condanna a morte della maggior parte del genere umano , per la mancanza del vitto e delle difese indispensabili contro l ' ostilità della natura . La parte sopravvivente dovrebbe cercare di mantenere immutabili i costumi e le forme di vita che ne garantiscono la permanenza . Questo può certo accadere , come può accadere che la civiltà attuale soccomba perché non riesce a soddisfare gli uomini o a salvaguardare le risorse naturali di cui vivono . L ' importante , in ogni caso , è rendersi conto delle conseguenze che la scelta in un senso o in un altro comporta , e non vivere nell ' illusione che si possa conciliare il diavolo con l ' acqua santa . Su questa illusione vive oggi la cosiddetta avanguardia della cultura contemporanea . I mali da essa denunciati sono reali , ma puerili i rimedi proposti . Essa fa come l ' adulto che , disilluso dalle difficoltà della vita e nella incapacità di affrontarle , si rifugia nel mondo delle fiabe che ha ascoltato da bambino e che parlano di fate e di maghi benefici . Ma basta , questo , per farlo ridiventare bambino ?
Perché debbo esser morale? ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Perché debbo esser morale ? Perché debbo obbedire a regole e leggi , adattarmi ad una disciplina , impormi limiti e rinunzie , reprimere i miei istinti , rinunziare a fare quel che mi piace e quando mi piace ? Queste domande non sono puramente teoriche e non sono oggi poste solo da filosofi intenti a trovare un « fondamento » della morale . Sono diffuse tra un gran numero di persone di tutte le età e condizioni e specialmente tra le giovani generazioni in dissenso con la morale tradizionale . Ma esse non mettono in crisi solo la morale tradizionale cioè il codice delle norme morali riconosciute e la tavola dei valori fondata su tale codice . La crisi esiste , certamente , ed investe non solo il costume , ma la legislazione , la politica , la religione , l ' arte e gli spettacoli . In tutti questi campi , non c ' è norma , per quanto riconosciuta e sacralizzata da una lunga tradizione , che non sia posta in dubbio o negata . E anche nel seno di istituzioni secolari che si ispirano a una rivelazione originaria , che avrebbe dovuto stabilire una volta per sempre la tavola dei valori morali , i dissensi si accentuano circa l ' interpretazione di tali valori e si va in cerca di aggiornamenti o modifiche . Ma questo è solo l ' aspetto superficiale della crisi , che è più profonda : perché in essa , e nella confusione babelica che ne deriva , non si affaccia neppure da lontano lo schema di un nuovo codice di norme , di una nuova tavola dei valori che dovrebbero prendere il posto dei vecchi ; e neanche nella forma di quella « inversione di tutti i valori » che era stata preconizzata da Nietzsche . In altri termini , non si mette in dubbio questa o quella morale ma la morale ; non si combattono certi valori in nome di altri , ma i valori come tali ; si mette in dubbio se ci siano o debbano esserci norme , che comunque regolino o disciplinino la condotta degli individui e dei gruppi , e valori relativamente stabili che consentano di giudicare tale condotta . Così i confini tra il bene e il male , tra il lecito e l ' illecito , tendono a sfumare nel nulla ; e ogni condotta può essere giustificata o non giustificata , perché in realtà la cosa è indifferente . Le ragioni che si adducono a giustificarla in un certo caso valgono solo come pretesti che possono essere negati , o addirittura rovesciati , in un caso analogo , con la massima disinvoltura . La morale non esiste più , se non esiste il problema della morale . In questa situazione , i tentativi dei filosofi di trovare un « fondamento » o una « giustificazione » della morale rischiano di rimanere inoperanti . Che la morale sia fondata su un sentimento innato di benevolenza o di simpatia dell ' uomo verso gli altri uomini , su un istintivo amore di tutto il genere umano , sembra cosa smentita dai fatti : i quali mostrano ogni giorno , con le violenze e le lotte che travagliano l ' umanità , come poco affidamento si possa fare su impulsi e sentimenti benefici . Che la morale sia fondata sulla ragione che prescrive all ' uomo , come Kant riteneva , i suoi doveri con il suo comando assoluto , è tesi che urta contro il carattere incerto , debole e problematico della ragione umana ; la quale troppo spesso si presta compiacentemente a tutti gli abusi . Che la morale sia diretta a promuovere la felicità di ciascuno e di tutti , come sostenevano e sostengono gli utilitaristi , è tesi che lascia il tempo che trova . Ciò che per uno è « felicità » non lo è per l ' altro ; e perché non dovrei costruire la mia felicità sull ' infelicità altrui , se questo è il modo più facile per realizzarla ? Comunque si giri e si rigiri , l ' ostacolo maggiore che si oppone alla posizione del problema morale ( qualunque poi ne sia la soluzione ) - cioè la sua considerazione seria e impegnativa da parte di ognuno - è la pretesa dell ' individuo di costituire da solo l ' intero mondo , di negare , a tutti gli effetti pratici , la realtà degli altri individui , vicini o lontani , coi quali convive , di considerarli ombre o apparenze all ' interno del proprio mondo . Si tratta di una pretesa metafisica anche se non è espressa in teoria , ma solo praticamente messa in atto , ma di una metafisica puerile e fantastica , che è smentita dalle più ordinarie esperienze della vita di ogni giorno . Nessun essere umano può venire alla luce , sopravvivere e crescere se non fra gli altri e con gli altri . Nessuno può cominciare ad esercitare la sua intelligenza senza il linguaggio , che è il patrimonio comune delgruppo cui appartiene . Ogni tipo di lavoro , di attività e di divertimento suppone scambi e collaborazione tra individui o gruppi di individui che , quali che siano i loro rapporti , contano sempre , in una certa misura , gli uni sugli altri . Quel che si chiama la « personalità » di un individuo , cioè il suo carattere , le sue costanti di azione , il suo equilibrio interno , è condizionata dai suoi rapporti con gli altri e dal modo in cui reagisce a tali rapporti ; che , se fossero tolti , ridurrebbero a nulla la personalità stessa . In questi stessi rapporti , si radicano successi e insuccessi , frustrazioni e godimenti . La cosiddetta « incomunicabilità » , di cui tanto soffre l ' uomo moderno , è il risvolto negativo della connessione sostanziale che lega gli uomini tra loro . Quando l ' uomo non può riconoscere , in una massa anonima , informe e vociante , il volto dei suoi simili o non può o non sa scorgere , dietro la maschera del suo vicino , l ' umanità di cui ha bisogno , si sente defraudato e solo ; e lo è . Ma da queste elementari esperienze il problema morale emerge soltanto quando si comincia a capire che i rapporti umani , per essere conservati e rafforzati , anziché indeboliti e distrutti , devono essere disciplinati da norme ; e che ogni norma adatta a disciplinarli deve valere per me come per gli altri e reciprocamente . Nei più semplici giochi dell ' infanzia come nelle più complesse attività umane , la presenza di norme impegnative è indispensabile . Chi non le rispetta è « fuori gioco » : non può pretendere che gli altri le rispettino nei suoi confronti . L ' umanità ha finora cercato e tuttora cerca le norme della sua convivenza per tentativi ; e fondatori di religioni , profeti , moralisti e politici le hanno codificate , rinnovandole , sacralizzandole o giustificandole . Ma l ' indifferenza per la morale è oggi il risultato del disprezzo e della diffidenza verso le norme in generale : soprattutto quando la norma colpisce un qualsiasi interesse o desiderio dell ' individuo , che allora recalcitra e reclama l ' eccezione . E disprezzo e diffidenza nascono , ancora una volta , dalla credenza che l ' individuo ( o il gruppo con cui l ' individuo si identifica ) sia l ' intero mondo e che gli altri non esistano o esistano solo per esso . Il bene viene allora tacitamente identificato con il desiderio dell ' individuo e il male con ciò che gli si oppone . La vita morale , e la società civile su cui essa si fonda , può nascere solo quando questo pregiudizio è superato e l ' individuo riesce a considerarsi uno dei molti , soggetto alla stessa norma che vale per gli altri . Una lunga tradizione filosofica , che è stata spesso accusata di pessimismo o peggio , ha insegnato che le norme nascono e vengono accettate , rendendo possibile la convivenza civile , quando l ' individuo si accorge che , senza di esse , la sua sicurezza , la sua vita e la sopravvivenza della sua specie sarebbero a lungo andare impossibili . Platone diceva che anche una banda di briganti deve reggersi in base a norme , se vuole fare qualcosa . Hobbes e Vico parlavano di uomini - lupi o di uomini - bestioni , che vengono a patti tra loro e stabiliscono norme solo per sottrarsi al pericolo della distruzione reciproca . E difatti chi si ritiene un angelo o l ' incarnazione del bene non ha bisogno di norme che lo disciplinino . Sotto l ' apparente pessimismo della società moderna , si nasconde un operante ottimismo : basta abbandonare gli uomini a se stessi perché ognuno cerchi e realizzi il bene . Ma questo ottimismo incomincia a dare oggi i suoi frutti velenosi . Briganti , lupi e bestioni , che siano abbastanza intelligenti e previdenti , possono trovare il modo di convivere , formulando o accettando norme opportune . Ma candidi agnelli imprevidenti o pretesi angeli stupidi sono certamente votati all ' incomprensione reciproca , all ' intolleranza e alla distruzione finale .
I violenti non fanno storia ( Abbagnano Nicola , 1970 )
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La violenza avanza su tutti i fronti . Questo è il fatto più evidente del mondo contemporaneo . La violenza non è più ristretta agli spazi periferici o ai momenti critici della vita ; alla delinquenza , alla pazzia , all ' anormalità e alle crisi di ribellione e di liberazione o di conquista o di soggiogamento ; ma esplode , con manifestazioni imponenti , nella vita di ogni giorno , nella famiglia , nei rapporti sessuali , nelle competizioni sociali , nella politica e nello sport . Solo raramente suscita sdegno o riprovazione ; il più delle volte viene giustificata e talvolta esaltata come soluzione dei problemi , via d ' uscita dalle difficoltà , matrice del progresso . Ma essa esplode per i motivi più futili o senza motivo , come per quelli più seri ; e anche l ' arte , il cinema e i divertimenti sembrano insipidi e fuori del tempo se non se ne fanno lo specchio . Si tratta di un fenomeno passeggero dovuto alla crisi dei valori tradizionali , alle sperequazioni economiche , alle trasformazioni troppo rapide che la società sta subendo ? O si tratta invece di qualcosa che sta venendo ora alla luce in forme più vistose ma ha le sue radici nella stessa natura dell ' uomo ? Certo è che l ' uomo è per l ' uomo ( come diceva Pascal ) un mostro incomprensibile . Nonostante l ' enorme patrimonio di esperienze e dottrine che la psicologia , l ' antropologia , l ' etologia comparata hanno accumulato negli ultimi decenni , le motivazioni ultime , o almeno più costanti , dei comportamenti umani rimangono problematiche . C ' è chi vede nell ' uomo un essere essenzialmente buono , portato dal suo istinto alla contemplazione e alla pace gioiosa . La società , reprimendo questo istinto in misura superiore alle esigenze della sua conservazione , sarebbe allora responsabile della violenza che cerca di ripristinarlo . Questa è la tesi dei filosofi dell ' Eros che ritengono l ' uomo modellato sull ' ideale di Narciso e di Orfeo . Ma ci sono altri che ritengono l ' uomo dominato da un istinto di aggressione , da una tendenza innata alla lotta e al dominio . Costoro partono dall ' osservazione che i comportamenti che chiamiamo « brutali » non si riscontrano affatto nelle bestie , ma sono propri dell ' uomo : l ' uomo è la più crudele e violenta delle specie animali . Questo non è solo un suo aspetto negativo . Proprio perché è il più aggressivo degli animali , l ' uomo riesce a dominare l ' ambiente esterno e a superarne gli ostacoli . È l ' aggressione che consente all ' individuo e alla specie di sopravvivere , anche a costo del pericolo di guerra che le è immanente . Come Giano , l ' aggressione ha due facce , una positiva , l ' altra negativa . Anche quando gli uomini si stringono in una comunità di eguali nella quale si considerano come fratelli , hanno bisogno di opporsi aggressivamente ad altre comunità che si ispirano ad altri principi e contro le quali lottano solidalmente tra loro . In un modo o nell ' altro , l ' aggressione deve sfogarsi . Come animale « territoriale » geloso del proprio dominio , l ' uomo nutre un ' ostilità innata contro il suo vicino . Il bambino sviluppa la sua aggressività opponendosi all ' ordine e alla disciplina che l ' educazione cerca di imporgli . Il maschio sviluppa la sua aggressività nei confronti della femmina ; giacché la sua stessa struttura fisiologica lo porta a dominarla . La femmina sviluppa la sua aggressività contro il maschio non sufficientemente aggressivo che non riesce a dominarla . I vecchi clichés dell ' uomo scimmia con la clava , che suscita l ' ammirazione delle donne , e del piccolo uomo dominato dalla donna forte , che suscita riso e pietà in tutti , rappresentano bene la realtà delle cose . E così l ' aggressione è la condizione necessaria dell ' equilibrio e della vita . Ha scritto uno psichiatra ( Winnicott ) : « Se la società è in pericolo , non lo è per l ' aggressività dell ' uomo , ma per la repressione dell ' aggressività personale degli individui » . La mancanza di aggressività , determinando insuccesso e frustrazione , trasforma l ' istinto di aggressione in odio , abbassa le difese che l ' individuo erge intorno al proprio io contro l ' invadenza degli altri e gli fa odiare gli altri o se stesso , inducendolo talora al suicidio . Umiliazioni e frustrazioni sono anche alla base della schizofrenia e della paranoia , nelle quali l ' odio e l ' incapacità di considerare gli altri come persone dànno origine alle peggiori forme di crudeltà raffinata e gratuita . Tale è il quadro della natura umana che si trova descritto da molti etologi , psicologi e psichiatri contemporanei , e che è stato diffuso e reso popolare da Lorenz e Storr . Ma quali sono le vie d ' uscita ? La trasformazione dell ' aggressione nelle forme « rituali » delle competizioni civili , la ricerca di forme non distruttive da aggressione come gli sport , la diminuzione del numero degli individui umani perché l ' affollamento accresce l ' aggressività . Troppo poco per combattere e controllare un istinto che è la stessa natura dell ' uomo . L ' istinto è infatti un meccanismo innato , automatico , che può scatenarsi alla prima occasione . Anzi , non ha neppure bisogno di un ' occasione , cioè di uno stimolo , per scatenarsi : è come un ' arma che può sparare senza che ne sia toccato il grilletto . E come potrebbero le forme « rituali » della competizione civile , gli sport o altri espedienti controllarne il meccanismo ? Essi non forniscono che altre occasioni per scatenarlo . Inoltre , si può odiare , esser frustrati e portati alla violenza da una famiglia poco accorta , da un matrimonio sbagliato , da una ambizione non soddisfatta , da un risentimento o un ' invidia ingiustificati , dal fanatismo per un ideale non raggiunto o non raggiungibile , e da altri motivi più futili , evanescenti o fittizi . E se l ' aggressione domina ( come deve dominare , se è un istinto ) ogni rapporto umano , ci sarà sempre , in ogni rapporto , un vincitore e un vinto , un dominatore e una vittima : e l ' odio , il risentimento e la violenza saranno inevitabili . Sembra che oggi resti solo la scelta tra il mito del « buon selvaggio » che diventa violento perché viene represso il suo istinto d ' amore e il mito del « cattivo selvaggio » che diventa violento perché viene represso il suo istinto aggressivo . Quest ' ultimo mito non prospetta utopie , ma neppure rende possibili difese efficaci contro la violenza . Se l ' uomo è posseduto dall ' istinto , come da un demone che non può esorcizzare , si sentirà sempre represso , in qualsiasi forma di società , in qualsiasi rapporto anche superficiale con gli altri . Ma è l ' uomo veramente una creatura d ' istinto ? Ed esiste veramente l ' istinto come forza irreprensibile e sostanzialmente benefica , che adatta gli esseri viventi all ' ordine delle cose ? Se ne può dubitare , in base alle indagini della psicologia moderna . Ciò che chiamiamo « istinto » non è un meccanismo immutabile e infallibile ; può essere nocivo , adattarsi e mutare anche nelle specie animali in cui agisce da solo . E nell ' uomo ciò che chiamiamo « istinto » è il più delle volte la forma che certe funzioni biologiche hanno assunto sotto l ' influenza di un determinato ambiente sociale . Se l ' uomo non fosse che istinto ( nel senso proprio del termine ) non avrebbe avuto storia : sarebbe rimasto nella forma di vita ( buona o cattiva ) nella quale apparve per la prima volta sulla Terra . In realtà l ' uomo fa la storia ed è fatto ( cioè condizionato ) da essa . I modi di appagare i suoi bisogni , di trattare se stesso e i propri simili mutano col tempo e sono diversi da una società all ' altra . E di questo mutamento e di questa diversità l ' istinto non è responsabile . Ogni uomo , qualunque sia il suo talento e il suo grado sociale , incontra limiti e resistenze che sfidano la sua ragione e la sua volontà . Può cercare di conoscere tali limiti e trovare i mezzi per venirne a capo ; ma non può farlo da solo . Può anche credere che la violenza gli dia partita vinta e idealizzare nella violenza , o nell ' aggressione che ne è la causa , la fine di tutti i suoi mali . Oggi come ieri , nei momenti cruciali della sua storia , l ' uomo si trova a dovere scegliere . Il gioco della violenza non può prolungarsi all ' infinito perché nessun uomo e nessun gruppo umano può veder garantita dalla violenza la sua vittoria . Se la violenza continuasse ad apparire come la sola alternativa possibile , la scelta sarebbe decisa , il gioco sarebbe fatto . Non ci sarebbe un lungo avvenire per il genere umano .
I profeti dell'istinto ( Abbagnano Nicola , 1970 )
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L ' istigatore della strage di Sharon Tate , Charles Manson , condannato in questi giorni a morte da un tribunale americano , si è costantemente presentato al pubblico e ai suoi giudici come il profeta di una nuova fede . « Se Dio è uno , che cosa è male ? » , aveva detto in un ' intervista : intendendo che , se il male non c ' è , non si può né giudicarlo né punirlo . È questa certo la parodia di una vecchia tesi teologica sul problema del male , una parodia che potrebbe facilmente capovolgersi contro chi la propone : perché , se il male non c ' è , non è un male neppure la condanna di Manson . Ma anche Manson ha i suoi seguaci ; ed hanno i loro seguaci gl ' innumerevoli profeti che spuntano da ogni parte , fondano sètte , raccolgono denaro e talvolta commettono crimini in nome della loro fede . Le loro voci sono così disparate e contrastanti da formare una cacofonia indecifrabile . Alcuni riecheggiano credenze e dottrine antichissime : l ' induismo , il buddismo , la magia , la stregoneria . Altri si presentano come riformatori o rinnovatori del cristianesimo o di qualche sua particolare confessione . Altri ancora si fanno banditori di un paradiso terrestre che si può raggiungere con la violenza o la droga . Il successo di questi profeti , che è maggiore nelle società tecnologicamente avanzate , è in realtà l ' indice di un malessere diffuso e di un ' aspirazione inappagata . Molti oggi cercano la fede , ma pochi la trovano . La cercano , perché essa appare come la via d ' uscita dalle angosce , dai timori , dalle tensioni della vita contemporanea , come il porto sicuro tra le tempeste che imperversano . Ma non si sa a che cosa ancorarla . I porti e gli approdi familiari , cui le vecchie tradizioni la indirizzavano , non sembrano più al riparo dalle tempeste : lo stesso sforzo di rammodernarne o rafforzarne le attrezzature dimostra la perdita della sicurezza che essi un tempo riuscivano a dare . Ma , dall ' altro lato , non si può credere , se non si sa a che cosa credere . E il profeta , per quanto rozzo o maligno sia il suo messaggio , offre , al bisogno della fede , un appiglio o un ' occasione , un contenuto intorno a cui concretarsi : un contenuto che si accetta tanto più volentieri quanto più promette e meno esige , quanto più fa leva sulla debolezza , anziché sulla forza , dell ' uomo . Se si volesse cogliere il tratto che accomuna le fedi disparate che vengono proposte all ' attenzione dei contemporanei , si potrebbe vederlo nella divinizzazione dell ' uomo . Nello stesso ambito del cristianesimo , si insiste sempre meno sulla trascendenza di Dio . Per i « nuovi teologi » , Cristo non è il Figlio di Dio che si è assunto il compito di riportare l ' uomo alla divinità , ma il Figlio dell ' Uomo che si è assunto il compito di portare la divinità all ' uomo . Da questo punto di vista , la divinità vive nell ' uomo e si realizza nella sua storia . Ma se è così , tutto ciò che è umano è divino . È divino , soprattutto , ciò che ogni uomo più intimamente e profondamente desidera : la soddisfazione e il piacere immediato , la liberazione da controlli e da vincoli , il gioco delle sue attività e dei suoi poteri senza impedimenti o repressioni , la liberazione da ogni senso di colpa . L ' uomo divinizzato non può amare la ragione , ma solo l ' istinto , il sentimento , l ' immaginazione creativa , che lo fanno sentire libero da limiti e costrizioni e gli consentono di trasformare l ' intera sua vita in un gioco . Danzare , giocare , godere , questo è il destino dell ' uomo , il paradiso terrestre cui la sua natura lo indirizza . Ma istinto , sentimento , fantasia appartengono al mondo privato dell ' individuo , alla sua coscienza interiore . A differenza della ragione che è obbiettiva , comune a tutti gli uomini , pubblica , essi rinchiudono l ' individuo in se stesso . Il piacere di un altro non è il mio piacere , il mio mondo fantastico mi esclude dagli altri e può essere agli altri comunicato solo attraverso parole o segni , che sono essi stessi inutili e defatiganti artifici . La condanna della ragione ha , come sua conseguenza , un individualismo estremo , una rinuncia preliminare e totale , anche se non dichiarata , alla realtà degli altri uomini . Questi diventano solo immagini o fantasmi del mio sogno privato , oggetti e strumenti del mio desiderio o attrezzi del mio gioco . Spesso i filosofi hanno paragonato la vita ad un sogno : ma se la vita è veramente tale , perché non rendere più attraente il sogno con la droga ? E che differenza porre tra il « mondo normale » in cui crediamo abitualmente di vivere e quello che chiamiamo « anormale » del paranoico ? Questi temi ricorrono frequentemente in tutte le voci profetiche del nostro tempo che amano decorarsi come « nuove » : la nuova politica , la nuova teologia , la nuova sociologia , la nuova psicologia , la nuova psichiatria . Esse si prestano a formulare facili slogans e giudizi inappellabili ; si prestano a condannare in blocco il patrimonio culturale acquisito dal genere umano negli ultimi secoli , e la società che lo incorpora , e ad alimentare la fede nell ' avvento imminente di un nuovo paradiso terrestre . Anzi , per molte di queste voci , il paradiso non è imminente , è già presente nell ' uomo e alla portata della sua mano : può afferrarlo quando vuole . Ma questa fede suppone che l ' uomo possa e debba far tutto ciò che gli piace : che l ' uomo sia la divinità stessa o che la divinità si identifichi con il mondo privato dei suoi desideri . E fin qui tutto ha una certa logica , come d ' altronde ha la sua logica e la sua coerenza il mondo del paranoico . Le difficoltà insorgono quando si tratta di comprendere o almeno di dar conto dei rapporti tra gli uomini . Esistono veramente altri uomini , come realtà autentiche , allo stesso titolo in cui esisto io stesso ? Se io sono istinto , sentimento , fantasia , gli altri uomini sono soltanto strumenti del mio piacere o fantasmi della mia immaginazione . In tal caso le loro sofferenze , le loro miserie , le ingiustizie o i mali di cui sono vittime , fanno parte anch ' esse del mio mondo privato : sono angosce di cui posso liberarmi con l ' immaginazione o con la droga o lo sfondo oscuro su cui posso proiettare il mio libero gioco . Se invece esistono , e sono anch ' essi , come me , istinto , sentimento e immaginazione , i mali di cui soffrono sono inerenti al mondo privato di ciascuno , riguardano loro e non me : essi li creano , creando il loro mondo , come io creo il mio . Nell ' un caso e nell ' altro , i motivi di critica della società attuale , che dànno lo spunto a queste nuove forme di profezia , sono semplici pretesti . Perché preoccuparsi della guerra , della violenza , della delinquenza , del deterioramento dell ' ambiente naturale , della pazzia , delle ingiustizie sociali , se tutto ciò appartiene a una realtà artificiosa e falsificata dalla ragione e dalla scienza , che non tocca o diminuisce la potenza creativa di cui ciascun individuo è naturalmente in possesso ? Perché parlare di amore , di fraternità , di uguaglianza , se ciascun essere umano ha a sua disposizione lo strumento per raggiungere il suo paradiso privato ? E come può la società , nel suo insieme , essere un male o generare il male , se essa stessa non è che il fantasma di un sogno ? Comunque si atteggi , la nuova profezia , che divinizza l ' uomo , disprezza la realtà , volta le spalle alla ragione e abolisce ogni regola di misura , è l ' evasione nel sogno dell ' individualità isolata che crede di essere Dio . Se la realtà è sogno o se il male non c ' è , è inutile affaticarsi e combattere . Nessuno ha colpa di nulla . E la colpa stessa , a chiunque attribuita o da chiunque sentita , è un prodotto dell ' immaginazione . Ma non è tutto questo un semplice armamentario per sfuggire proprio al senso di colpa ? E non è un armamentario fittizio , che lascia le cose come sono , trascurando i fatti e i problemi , e si rifugia in una fede impossibile ?
Lo sportivo che è in noi ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
È lo sport un ' attività marginale , un divertimento , un ' evasione dalle occupazioni quotidiane : o ha una radice profonda in qualche tendenza o bisogno reale dell ' uomo ? La domanda è resa attuale dalla diffusione crescente degli sport nel mondo moderno ; dal numero crescente di attori e di spettatori che partecipano ad essi , nonché dalla crescente quantità di denaro che viene in essi investita e dal volume di affari cui dànno luogo . Lo sport è altresì l ' occasione frequente di entusiasmi fanatici , di conflitti e di rivalità ; induce spesso le moltitudini a esaltarne i campioni come eroi , idoli o semidei . Un qualche movente nascosto ci deve pur essere , alla base di un fenomeno che ha raggiunto una tale massiccia imponenza . La risposta più semplice a questo problema è che lo sport contribuisce alla salute e al benessere del genere umano . È una attività sana e benefica , che fa contrappeso alle condizioni di vita e di lavoro , spesso malsane , in cui la maggior parte di esso trascorre il suo tempo . Contribuisce al benessere fisico , quindi all ' equilibrio mentale : contribuisce a mettere e a tenere in forma l ' organismo e a difenderlo , almeno in certi limiti , contro la decadenza e i malanni . Tutto questo , almeno in parte , è vero , ma vale solo per gli attori , non per gli spettatori dello sport , che sono di gran lunga i più numerosi . Dall ' altro lato , vale solo per gli spettatori , e non per gli attori , la concezione dello sport come divertimento o evasione dalle occupazioni e preoccupazioni quotidiane . Da coloro che lo praticano , lo sport esige una disciplina severa che presuppone sin dal principio un organismo capace di prestazioni eccezionali , che mette a dura prova le capacità di tale organismo per portarlo al punto dovuto e mantenervelo il più a lungo possibile . Da più parti si insiste oggi sulla funzione formativa ed educativa che lo sport esercita sull ' individuo umano , preparandolo ed addestrandolo a vivere nella società dei suoi simili . Lo sport infatti , come ogni giuoco ( anche il più semplice ed infantile ) , ha regole precise che si devono rigorosamente osservare e così impone una disciplina morale , oltre che fisica , educando i giovani che lo praticano a quel rispetto delle norme che è indispensabile ad ogni forma di vita sociale . E alla vita associata prepara pure mediante il rapporto costante in cui mette l ' individuo con gli altri individui . Negli sport che si praticano a squadre , l ' individuo è tenuto ad agire solidalmente colla sua squadra , a coordinare la sua attività con quella degli altri componenti di essa , obbedendo a un piano o progetto comune . Ma anche negli sport in cui l ' individuo si esibisce da solo , il confronto con gli altri è sempre presente , perché deve tener conto delle loro prestazioni e superarle , pur obbedendo alle stesse regole . Da un altro punto di vista , insistono sulla funzione benefica dello sport gli antropologi che ammettono nell ' uomo la presenza di un istinto d ' aggressione che sarebbe a fondamento di tutte le sue attività principali . A tale istinto si dovrebbe lo stato , almeno potenziale , di conflitto che esiste permanentemente tra gli uomini . Ma l ' aggressività naturale troverebbe nello sport una valvola di sicurezza , che , alla lunga , potrebbe diminuire od annullare le sue manifestazioni più perniciose . E in realtà la competizione sportiva non ha i caratteri della guerra ; e la vittoria , che in essa si cerca , non porta alla distruzione o alla sottomissione dell ' avversario , ma è una vittoria accettabile da entrambi i lati e decretata impersonalmente sulla base delle regole stabilite . Non manca infine chi ( come il filosofo americano Paul Weiss che ha scritto qualche anno fa un libro sull ' argomento ) ha dato dello sport un ' interpretazione metafisica , scorgendo in esso una delle vie attraverso le quali l ' uomo cerca di realizzare la perfezione del suo essere , sviluppando al massimo le possibilità del suo corpo . L ' atleta è come un artista riuscito , che ha saputo esprimere e realizzare una forma di eccellenza di cui tutti gli uomini possono essere orgogliosi e di cui perciò gli spettatori godono vicariamente , sentendosene in qualche modo partecipi . In realtà lo sport è cosa umana , troppo umana , per realizzare o simboleggiare questa perfezione o per compiere efficacemente tutte le funzioni che gli si vogliono attribuire . Vanità , interesse , ambizione si mescolano in questo campo , come negli altri , con la generosità , il sacrificio e lo sforzo di perfezionamento . Il compromesso , e talora la truffa , prendono spesso il posto della competizione autentica ; e la vittoria è spesso cercata e raggiunta fuori o contro le regole riconosciute . Gli spettatori non sono sempre vicariamente partecipi dell ' eccellenza dell ' impresa , ma si lasciano spesso andare all ' entusiasmo provinciale o fanatico e traggono motivi di violenza dalla vittoria o dalla sconfitta dei loro campioni preferiti . Ma forse , anche per questi suoi caratteri negativi , lo sport è , nel suo complesso , la rappresentazione dell ' esistenza umana nel mondo e come tale ha il suo fascino . In questa esistenza , ha una parte ineliminabile il caso , cui sono dovute molte delle circostanze che ne determinano la conservazione o la distruzione , la riuscita o l ' insuccesso . E così accade nello sport . L ' intelligenza , la forza fisica e spirituale , il numero , sono , nella vita come nello sport , i fattori che favoriscono la sopravvivenza ed il successo . La vita umana è , a tutti i livelli , una competizione incessante che può assumere la forma della violenza brutale o quella della gara leale che rispetta le regole del giuoco e non si propone la distruzione o l ' umiliazione del vinto da parte del vincitore . Lo sport dovrebbe mantenersi fedele a questa seconda forma della competizione , e così accade quando è autenticamente « sport » e non interferiscono in esso interessi o fattori estranei . Ma nello sport , come nella vita , il pericolo di questa degradazione c ' è sempre . L ' esistenza dell ' uomo , a partire dalla sua prima apparizione sulla Terra , è stata e rimane un continuo processo di selezione , attraverso il quale riescono a sopravvivere o ad avere la meglio i gruppi più organizzati o più previdenti , gli uomini meglio dotati per natura o per educazione , attrezzati a cogliere le occasioni favorevoli che ad essi si offrono , a prevederle e a prepararsi per la loro occorrenza e a riconoscere gli errori commessi per correggerli nel futuro . E così fa , infatti , il buon atleta sportivo . La simpatia degli spettatori gli si rivolge naturalmente perché egli è un esemplare , un campione , non solo di ciò che l ' uomo è nelle circostanze ordinarie della vita , ma anche e soprattutto di ciò che l ' uomo può essere in circostanze particolarmente difficili , che richiedono il pieno impiego delle risorse di cui dispone . L ' ammirazione suscitata dall ' atleta che ha realizzato un record eccezionale è suscitata dal riconoscimento che egli si è posto ai limiti delle possibilità umane o ha mostrato , col fatto , che tali possibilità possono essere estese , perfezionate , o almeno sfruttate , col vigore fisico e con l ' intelligenza , al di là del grado finora raggiunto . Sicché se , da un lato , lo sport è l ' immagine esatta dell ' esistenza , nel suo duro sforzo di sopravvivenza e di progresso , è dall ' altro lato , per l ' esistenza stessa , un motivo di incitamento e di speranza . Purché rimanga sport , s ' intende cioè finché non si abbassi a diventare il luogo di scontro di rivalità violente e meschine , il campo di battaglia di interessi affaristici , di ambizioni smodate , di esibizionismi disgustosi , offrendo ancora all ' uomo un ' immagine della sua esistenza , ma un ' immagine che lo rappresenta nei suoi aspetti peggiori , che la minano alla radice .
Il peso del mondo ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
È l ' individuo solo di fronte al mondo ? Ha la capacità di forgiare , con le sole sue forze , quello che chiama il suo Io , la sua personalità intera , e di crearsi la forma di vita che più gli piace ? Può rompere il contratto tacito che lo lega agli altri ed agire al di fuori di ogni regola , seguendo la sua ispirazione o , più semplicemente , il suo piacere momentaneo ? Sono questi gli interrogativi che dominano da un capo all ' altro il romanzo di Saul Bellow , Il pianeta di Mr . Sammler ( Feltrinelli , 1971 ) , il più filosofico dei nostri giorni , quello che meglio ne esprime l ' incertezza , la disperazione e l ' angoscia . Spettatore disinteressato , eppure coinvolto nelle vicende che narra , Mr . Sammler è privo di amarezza e di odio , è umano e compassionevole : ma la sua analisi della condizione dell ' uomo contemporaneo è lucida e spietata . Ciò di cui Mr . Sammler va in cerca , ciò che vorrebbe salvaguardare e contribuire ad accrescere , è la consapevolezza che l ' uomo può avere di sé , della propria condizione , dei propri limiti . Questa consapevolezza esclude ogni assolutizzazione o esaltazione sia dello stato presente delle cose , sia di uno stato futuro previsto o vagheggiato . Sammler non vuol sentire parlare né della fine imminente del mondo , né della creazione di altri mondi superumani nello spazio cosmico . L ' Io non è solo di fronte all ' Universo . L ' essere umano è condizionato dagli altri esseri umani ma questo condizionamento , per quanto oppressivo o pesante , non lo rende schiavo . L ' individuo non è il giudice supremo di nulla , ma è il giudice intermedio di un ' esistenza che non può essere una volta per tutte giustificata e può assumere solo la forma di un progetto instabile e poco sicuro . « L ' umanità , dice Sammler , non può liberarsi di se stessa se non attraverso un atto di universale autodistruzione . Non spetta a noi neppure votare sì o no . » La consapevolezza dei propri limiti dovrebbe in primo luogo salvare l ' uomo dalla ricerca dell ' originalità ad ogni costo . Questa ricerca è oggi la peggiore degradazione dell ' individualismo , una degradazione che trova le sue radici nella stessa struttura del mondo moderno . « Noi viviamo in un mare sociale e umano . Invenzioni e idee bagnano i nostri cervelli che , a volte , come spugne , devono ricevere qualsiasi cosa portano le correnti e digerire i protozoi mentali ... Ci sono momenti o situazioni in cui soggiaciamo a tutto questo e sentiamo l ' orrendo male della consapevolezza cumulativa , sentiamo il peso del mondo . » Ma cosa si fa per liberarsi di questo peso ? Ci si contorce come clowns , si assumono maniere stravaganti , si accumula l ' odio seguendo puntualmente la routine della vita quotidiana . L ' uomo cerca di far di se stesso una leggenda , un mito , e così di sollevarsi al di sopra delle limitazioni della vita comune . La vita si identifica con l ' arte nella ricerca della originalità ad ogni costo . Come l ' arte , essa rigetta ogni modello , intende fare a meno di ogni imitazione . Ma ci riesce veramente ? In realtà si imitano vecchi modelli o copie a buon mercato di originali lontani , simili agli scenari e alle comparse di Hollywood . Riaffiorano in forma puerile e volgare antiche idee religiose , l ' orfismo , il manicheismo , il mitraismo , lo gnosticismo . Si sente la nostalgia per la preistoria , per lo stato selvaggio e per la ferocia crudele dei primitivi . Si sente persino dire che il vero scopo della civilizzazione è quello di permettere a tutti di vivere come i popoli primitivi e condurre un ' esistenza neolitica in una società automatizzata . E si esalta , per giustificare la ricerca dell ' originalità ad ogni costo , l ' unicità dell ' anima , l ' assoluta singolarità della persona . Ma con quali mezzi si crede di realizzarla ? « Con i capelli , con i vestiti , le droghe e i cosmetici , con i genitali , con i viaggi di andata e ritorno attraverso il male , la mostruosità e l ' orgia , e addirittura con Dio avvicinato per mezzo dell ' oscenità . » La liberazione dell ' individuo da ogni limite o costrizione che gli venga dagli altri , il tentativo di distinguersi ad ogni costo , di uscire dall ' anonimato , di rendersi « interessante » , porta gli uomini ad indossare maschere grottesche , di cui avvertono , più o meno oscuramente , la nullità e la pena . Gli uomini vorrebbero visitare o incarnare tutti i modi d ' essere possibili , tutte le forme di vita , ma senza sceglierne né realizzarne nessuna , per rimanere liberi di andare e venire a loro piacimento . Ma questo andare e venire senza costrutto è il nulla stesso , o almeno il desiderio del nulla . II risultato di questo agitarsi disordinato , di questo vagheggiamento velleitario di possibilità di vita , fra cui non è possibile scegliere e in cui non è possibile calarsi realmente , sono l ' infelicità e la disperazione , che costituiscono i tratti salienti della vita contemporanea e fanno vivere gli uomini nell ' attesa di una catastrofe imminente , del nulla finale . Da tre secoli a questa parte , nel mondo occidentale , l ' individuo ha rivendicato il diritto di pensare con la propria testa , di dissentire dagli altri , di criticare gli ordinamenti sotto cui vive e di cercare di cambiarli , di perseguire la forma di vita e di felicità che preferisce . Questa rivendicazione gli è stata resa possibile da circostanze storiche determinate , da un complesso di condizioni economiche , sociali e politiche che si sono venute determinando in modo e gradi diversi nei diversi paesi . Ma l ' esercizio effettivo di questo diritto è rimasto e rimane allo stadio iniziale . Le stesse condizioni che lo hanno fatto sorgere tendono a limitarlo o a incepparlo . Quando si è liberato dalla schiavitù del bisogno , attraverso un ' organizzazione produttiva efficiente e complessa , l ' individuo è da questa stessa organizzazione destinato a compiti e funzioni che spesso risente come una nuova schiavitù . Di qui la ricerca di un ' evasione , il vagheggiamento di una libertà sconfinata per la quale non ci sia che lui a scegliere la sua forma di vita . Di qui l ' odio e il disprezzo per gli altri , degradati a semplici ostacoli per la realizzazione dei suoi desideri , e il sentimento della sua solitudine di fronte al mondo . Di qui la nostalgia e il rimpianto di forme di vita lontane o diverse , primitive o naturali : di forme di vita in cui , nella realtà , l ' aspirazione alla libertà individuale non può neppur nascere . L ' individuo tende oggi a disconoscere o a obliare i suoi limiti , i suoi condizionamenti naturali e storici : proprio mentre il suo sforzo di liberazione può riuscire efficace solo agganciandosi alle possibilità che tali condizionamenti gli offrono . Ma quando l ' individuo preferisce il « gruppo » alla società , il libero incontro all ' impegno contrattuale , mette in forse le sue stesse possibilità di sopravvivenza perché gruppi o incontri si formano e si dissolvono come nugoli di coriandoli al vento . Una comunità tribale può esistere solo ai margini di una società automatizzata e a spese del surplus che essa produce : se si diffondesse oltre un certo limite , la società automatizzata cadrebbe . La consapevolezza umana di cui parla Mr . Sammler concerne appunto questi limiti e queste condizioni . Uno sfondo ottimistico traluce attraverso la desolata tristezza del romanzo di Bellow , che si conclude con l ' elogio di un personaggio mediocre che « ha rispettato le condizioni del suo contratto » : ha cioè cercato di fare ciò che da lui si aspettavano gli altri . Ognuno , conclude Bellow , conosce nel suo cuore queste condizioni : tutti le conoscono . Ma - ci domandiamo - non è forse troppo anche questo modesto e nascosto ottimismo ?