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> anno_i:[1970 TO 2000} > autore_s:"D'Amico Fedele" > autore_s:"D'Amico Fedele"
Un naïf in casa Marx ( D'Amico Fedele , 1975 )
StampaPeriodica ,
In un ' edizione per ogni verso superba e , come tutti sanno , con successo grandissimo , la Scala ha presentato al Teatro Lirico 1'«azione scenica » di Luigi Nono Al gran sole carico d ' amore : messa in scena , sotto la bacchetta di Claudio Abbado , da un ' équipe sovietica ( Jurij Ljubimov primo regista e David Borovskij primo scenografo del Teatro alla Taganka di Mosca , Leonid Jakobson coreografo del Kirov di Leningrado ) , solisti di canto Slavska Taskova Paoletti , Kristina Goranceva , Franca Fabbri , Luisella Ciaffi Ricagno , Eleonora Jankovic , Mario Basiola , Federico Davià , Gianni Socci , prima ballerina Rosalia Kovacs , maestri del coro Romano Gandolfi e Vittorio Rosetta . Forse a intendere che cosa questo Nono - Ljubimov sia sarà bene chiarire subito che cosa non è : non è quel messaggio « politico » , anzi marxista , che s ' è preteso . Marxismo salvo errore è critica , analisi dialettica , indagine su perché e percome ; e la politica in genere , qualcosa di simile . Ma da questo ci estromette , qui , già la struttura del testo . La quale , nonostante il sottotitolo , non un ' « azione » ci offre ma un collage d ' interiezioni : un seguito di detti , versi , battute ( di Che Guevara , Brecht , Gramsci , Marx , Lenin , Tania Bunke eccetera ) , a evocare immagini della Comune , di Cuba , Viet Nam , Torino postbellica , Russia 1905 ( accuratamente esclusa restandone beninteso , « nel quadro » d ' un asse Giudecca - Mosca , la Cina ) . Ma immagini , appunto , fotogrammi : con oppressori soltanto oppressori di qua , e oppressi soltanto oppressi di là . Nono , è vero , ha dichiarato di proscrivere la « contrapposizione di personaggi positivi e negativi » quale « elemento di schematizzazione estremamente superficiale » ; ma in pratica tale contrapposizione si riscontra anche in questa sua ultima fatica , che pure estremamente superficiale non è . Nell ' interesse dunque della medesima ci permettiamo di correggerlo : non è necessariamente superficiale , soltanto non è marxista ; piuttosto , riuscirà moralistica , forse sentimentale . Il marxismo non sta nel ridurre il « borghese » a un protervo delinquente bensì nel rivelare la parte , complicata alquanto , che la « borghesia » nel processo della storia sostiene . Il che non vuol dire che alla scena in cui la tuba di Thiers , razzisticamente vilipeso come un disgustoso nanerottolo , è presa a calci da un Bismarck cavalcante una specie di tubo Innocenti , ovvero al sarcastico e coreograficamente geniale ballet noir che la segue , l ' inventore del marxismo non si sarebbe divertito . Perfino superflue vengono poi rese queste considerazioni dalla realizzazione musicale , dove novantanove parole su cento non raggiungono lo spettatore e innumerevoli « voci » , estrapolate come sono da personaggi visibili , risultano materialmente irrelate ad alcunché . Come potrebbe Gramsci farcisi presente se non solo la sua unica battuta non arriva al nostro orecchio , ma il suo fisico personaggio non è in scena ? Pensare che tra i capi d ' accusa di quegli assessori milanesi che volevano interdire il lavoro come propaganda di partito era la presenza di Bandiera rossa ; della quale neppure l ' orecchio supersonico di Abbado potrebbe estrarre , dal groviglio della partitura , le parole né le note . Accertare , all ' inizio , che siamo ai giorni della Comune è già difficile ; ma chi poi , nella donna che dopo le prime incomprensibili battute del coro ne intona un ' altra incomprensibile non meno , ravviserebbe mai quel collegamento tra la Comune e la guerrigliera caduta in Bolivia un secolo dopo che l ' autore asserisce di proporci ? Che ora siffatti ermetismi , questo celare le chiavi d ' un significato in allusioni e antefatti affidati al programma di sala , delle liturgie del negativo praticate dall ' avanguardia d ' oggi siano un elemento indispensabile , è ben noto ; sta nelle regole del loro gioco . Ma con i fini di quest ' avanguardia la ferma tendenza di Nono al positivo e all ' immediatezza agitatoria ha ben poco a che fare . Diversamente da coloro , Nono è ciò che appare : stavolta dunque , è il combinato disposto tra ciò che la musica e lo spettacolo sensibilmente ci esibiscono ; ritraendosi le Tanie , i Viet Nam , gli assalti al Moncada , in una nebbia di ipotetiche allusioni . Laddove l ' assunto generale non è nebuloso affatto , consistendo in una serie di variazioni su un tema ben elementare : la povertà insorge contro il potere , ne è brutalmente repressa , piange la sconfitta , torna ad insorgere , è di nuovo conculcata e così via . Allo spettacolo sono affidate le variazioni ; che la fantasia e la scenotecnica di Ljubimov centrano come più icasticamente non si potrebbe . Alla musica invece il tema , l ' invariante , l ' « ostinato » ; ch ' essa fornisce , al suo modo naif , benissimo . Conta infatti , questa musica , su pochissime corde , ognuna tesa a una sua funzione , e immutabile da cima a fondo . Così la « repressione » è nell ' orchestra , che a parte moderate truculenze della percussione si fonda ossessivamente sui clusters ( cioè « grappoli » di note cromaticamente adiacenti ) assegnati , di volta in volta , a timbri omogenei ; mentre gli sfrigolii dei nastri elettronici ( realizzati con la collaborazione di Marino Zuccheri ) suggeriscono ovviamente inquietudine , sventura . Alle voci è affidato invece il pianto degli oppressi : nello sfondo alle lacrimanti , in distinte polifonie da ex voto dei cori , in primo piano alle canore volute delle soliste , sfogate su grandi sbalzi di registro fino alla stratosfera dei sovracuti . E in queste appunto è l ' acme espressiva del tutto : perché nell ' idea della donna come verifica « naturale » dell ' umano , dunque nella voce femminile , è l ' ispirazione prima del lavoro ; e perché quei loro arabeschi non sono melodie compiute ma indeterminati aneliti verso la melodia , struggente gemito di prefiche che va lamentando la sua stessa impossibilità di costituirsi in discorso . Giacché ancora una volta la differenza fra Nono e l ' avanguardia « negativa » è qui ; ciò che in coloro è strangolamento del canto , in lui è ingenua tensione a raggiungerlo . Ma stavolta , collocata come pedale a quella lanterna magica , questa tensione significa , nei suoi limiti , più che mai . A meraviglia l ' organica afasia di Nono , questa « infanzia » in cerca della parola , riflette il disarmante candore con cui vittime sprovvedute aspirano ad un riscatto del quale non riescono a configurarsi i termini . E quanto ai clusters . Si pensi all ' abuso che ne fa un Penderecki . Ma quale differenza . Senza dubbio la maestria di Penderecki sta a quella di Nono come dieci a uno . Ma dei suoi arnesi Penderecki usa al modo dell ' industriale che cinicamente sceglie di produrre mitra o medicinali in base a pure considerazioni di mercato . Invece Nono usa i suoi solo in quanto mezzi adatti ad esprimere quel punto esclamativo che è l ' alfa e l ' omega della sua Weltanschauung ; dunque perché , semplicemente , ci crede . Ora appunto questo crederci , questo aver qui creduto , Nono , in quel che faceva , si comunica allo spettatore , lo riscalda e convince . L ' amore di cui questo suo sole è carico non sarà così sublime come ci vanno raccontando , ma è autentico , una verità . Mentre i vari diavoli di Loudon e passioni secondo san Luca son carichi soltanto di ben costrutte menzogne .