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> anno_i:[1970 TO 2000} > autore_s:"Bignardi Irene"
Fidia o non Fidia questo è il problema ( Bignardi Irene , 1981 )
StampaQuotidiana ,
Firenze . Sono bellissimi . Non ci vuole l ' occhio dell ' esperto per capirlo . Sono bellissimi , e nella sala angusta e male illuminata che li ospita al Museo Archeologico di Firenze , in mezzo al cicaleccio festoso delle scolaresche portate in visita e subito conquistate , in mezzo alle signore impressionate , alle comitive di giapponesi che commentano tiepidamente « They ' re nice » , belli , ma escono un po ' più silenziosi , in mezzo a chi li disegna ( fotografarli è proibito ) , in mezzo al discutere degli esperti e , sostiene qualcuno , in mezzo ai tedeschi e agli americani coi baffi finti e le microcamere nascoste intenti a valutarli , soppesarli , dargli un prezzo , sono anche più inquietanti : con la loro serenità antica , la loro straordinaria maestà , la loro perfetta armonia . Con buona pace di Rudolf Otto , l ' aggettivo , per loro , è « numinoso » : dall ' antichità , si sono portati dietro qualcosa di sacro . Siamo davanti ai due grandi bronzi rinvenuti casualmente a Riace , in Calabria , otto anni fa . Tutto comincia come in un film di Spielberg , un bel mattino d ' agosto . Due subacquei si stanno immergendo tranquilli al largo di Riace Marina , vicino a Reggio Calabria , a circa trecento metri dalla riva , in un punto dove la profondità del mare non supera gli otto metri . Quando uno dei due vede un braccio umano . Il primo pensiero è : un cadavere . E vengono subito chiamati i carabinieri . I « cadaveri » sono due e sono in realtà due grandi bronzi ( due metri uno , un metro e novantotto l ' altro ) complessivamente in buone condizioni , nonostante il soggiorno di venticinque secoli in quel fondale : con una gran chioma ricciuta e trattenuta da un nastro uno , l ' altro con una bizzarra testa tronca che sicuramente era coperta da un elmo , perduto , come le lance e gli scudi delle due statue . Dopo il recupero ordinato dal sovrintendente Giuseppe Foti e dopo le prime cure , i due guerrieri vengono portati per un restauro conservativo più completo a Firenze . E qui , per cinque anni , una équipe di esperti porta avanti il classico miracolo d ' ingegno all ' italiana , liberando le statue delle incrostazioni marine , proteggendo il bronzo dalle conseguenze dell ' azione corrosiva della salsedine e stabilizzandolo . Le fotografie che documentano la « cura » , esposte alla mostra , sono impressionanti : quasi che sul lettino operatorio dei tecnici se ne stessero sdraiati , con tutta la loro maestà , due dèi . Poi , a restauro ultimato , la mostra quasi clandestina ( senza pubblicità , senza battage di uffici stampa , con pochi o niente manifesti murali , in una sala del Museo Archeologico di Firenze , sotto il titolo pudico I grandi bronzi di Riace . Un restauro archeologico ) , che si è chiusa domenica scorsa . Clandestina forse nelle intenzioni . Perché mai , come in questa occasione , la gente ha parlato , la voce è corsa da amico ad amico ; finché , a furor di popolo , la chiusura della mostra è stata rinviata una prima volta . Poi è venuto il presidente Pertini , esprimendo l ' opinione che la mostra dovesse restare aperta . Poi si è diffusa la voce di una riapertura il 14 febbraio . Poi è arrivato il ministro dei Beni Culturali , e ha promesso un decreto che lascerebbe per qualche tempo ancora le due statue a Firenze ; dove il soprintendente si riprometterebbe , in tal caso , di trasformare l ' avvenimento in una grancassa per il successivo trasferimento a Reggio Calabria ... In realtà , da domenica la sala del Museo Archeologico si è chiusa , forse per sempre . E i due guerrieri di Riace si preparano ad essere imballati e trasportati a Reggio Calabria , alla cui giurisdizione appartengono per legge . E a Reggio Calabria non si sa quando saranno di nuovo visibili : perché bisogna aspettare che attorno a questi due bronzi ( tra i pochi superstiti dell ' antichità greca , insieme al Poseidon del Museo Archeologico di Atene e all ' Auriga di Delfi ) venga creata una struttura adeguata , uno spazio adatto , sistemi antifurto , le indispensabili basi antisismiche . E bisogna soprattutto dare inizio una buona volta agli indispensabili lavori di ricerca . Perché , come per tutte le grandi bellezze greche , anche per gli indubitabilmente greci bronzi di Riace corre il rischio di scoppiare una guerra . In questo caso , la guerra delle attribuzioni e delle identificazioni . Il primo a dire la sua , anche se di fronte al ristretto pubblico di un congresso archeologico a Delfi , è stato l ' illustre studioso tedesco Werner Fuchs . Per lui non ci sono dubbi : si tratta di due eroi del donario di Maratona a Delfi . E cioè del donario che gli Ateniesi offrirono al santuario di Delfi dopo la vittoria contro i Persiani del 490 a.C. E cioè , si tratterebbe di due opere di Fidia , lo scultore del Partenone , il massimo artista della Grecia classica . Della stessa idea è Antonio Giuliano , professore di archeologia e storia dell ' arte antica all ' Università di Roma . « Sono sicuramente originali greci . E per motivi iconografici , formali , stilistici , sono databili tra il 460 e il 450 avanti Cristo . Perché ? Ma per il trattamento dell ' anatomia , delle teste , per certe annotazioni singolari come i capezzoli di rame , i denti d ' argento , gli occhi d ' avorio , che li assimilano all ' Auriga di Delfi . E quanto all ' autore , non ci possono essere dubbi . O siamo davanti a due bronzi di Onatas , lo scultore di Egina , o siamo davanti a due bronzi di Fidia . Io penso a Fidia . Anzi l ' ho anche scritto , più di un anno fa » . Basta leggere Pausania , spiega . Dove ( X . 10.1 ) l ' autore parla del donario , fatto dagli Ateniesi a Delfi con la « decima » della vittoria di Maratona , e « formato da tredici figure , da un ' Atena , da un Apollo , da un Milziade e da dieci eroi attici » , probabilmente gli eroi eponimi delle tribù . « Statue di questa importanza non possono essere state ignorate dalle fonti . Non c ' è che da leggerle , e allora non è necessario essere Sherlock Holmes per scoprire da dove vengono . Si prendono le impronte dei piedi dei due bronzi , e si va in Grecia , dove si ritiene che le statue fossero collocate , e si accerta se aderiscono alle basi » . Elementare . Eppure , a otto anni di distanza dal ritrovamento , questo non è ancora stato fatto , se non altro per mettere un freno alle fantasie . Ma c ' è anche chi getta acqua sul fuoco . Per esempio Enrico Paribeni , professore di archeologia all ' Università di Firenze . Il quale pensa addirittura che i due bronzi non siano coevi ( quello ricciuto sarebbe effettivamente del quinto secolo a.C. , cioè dell ' età di Fidia , ma il secondo sarebbe più recente , e precisamente dell ' inizio del quarto secolo ) . Quanto a Fidia , a Paribeni l ' attribuzione proprio non piace . Perché ? « Per ragioni formali , stilistiche . Perché Fidia non lavorava spesso nel bronzo . Perché in definitiva le cose sono molto più complesse » . Molto pacati e prudenti sono anche a Reggio Calabria , che grazie ai due guerrieri , Fidia o non Fidia , grancassa di Firenze o meno , potrà - se lo saprà - diventare uno dei quattro o cinque centri archeologici più importanti della Magna Grecia , accanto a Paestum , Agrigento , Siracusa . « L ' attribuzione a un autore è molto difficile , ma non è questo il problema principale » minimizzano alla Soprintendenza . Ma intanto le due più straordinarie statue greche rinvenute in Italia fino ad oggi ( e rimasteci , per ora , anziché seguire la brillante carriera californiana del Lisippo acquistato dal Getty Museum di Malibu ) sono ancora oggi « sciaguratamente inedite » come dice Antonio Giuliano . Non sarebbe male se , in questo dramma delle gelosie tra soprintendenze e grandi esperti , il pubblico potesse intanto continuare ad ammirare i due capolavori .