Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> anno_i:[1970 TO 2000} > autore_s:"Fallaci Oriana"
Perché Panagulis è stato ucciso ( Fallaci Oriana , 1976 )
StampaPeriodica ,
Invece di mandargli i fiori , ho fatto stampare 5mila manifesti per il giorno del suo funerale . Li ho fatti stampare con la fotografia che a me piace di più , e con una delle sue poesie che a me sono più care , e con una frase che mi venne spontanea quando seppi che lo avevano ammazzato ma ora la ripetono tutti come uno slogan . La fotografia è quella che gli scattarono il giorno in cui fu eletto deputato , e sorride il sorriso di un bambino felice , e alza il pugno in segno di vittoria . La poesia è quella che dice : « Non piangere per me / Sappi che muoio / Non puoi aiutarmi / Ma guarda quel fiore / quello che appassisce ti dico / Annaffialo » . La frase che ora tutti ripetono come uno slogan è questa : « Nel 1968 Alessandro Panagulis fu condannato a morte perché cercava la libertà . Nel 1976 Alessandro Panagulis è morto perché cercava la verità e l ' aveva trovata » . Tu sai di quale verità sto parlando . In Grecia lui la trovò soprattutto a proposito dell ' Esa e delle responsabilità sulla invasione di Cipro . Me ne parlò subito , con gli occhi che gli ridevano di gioia fanciullesca . A Roma , mi pare . « Altro che rapporto Pike , altro che rapporto Church » , mi disse . Erano documenti autografi , firmati dagli stessi responsabili . « Ma come li userai ? » . Rispose : « Pubblicherò un settimanale . Il primo numero avrà in copertina la lettera autografa del personaggio più compromesso . Al secondo numero mi fermeranno , forse . Ma ormai avrò fatto sapere l ' essenziale » . Per un mese non discutemmo d ' altro . Si accorse ben presto che non avrebbe mai trovato quei soldi , o non abbastanza in tempo , e così si decise a dare alcuni documenti a Ta Nea , un quotidiano di Atene . Erano i documenti meno sensazionali , gli hors d ' uvre . Suscitarono lo stesso un inferno , e alla sesta puntata Averoff intervenne : la magistratura proibì di continuare le pubblicazioni . Averoff : il ministro della Difesa . Il suo nemico . Mentre la pubblicazione avveniva , Alekos ( Panagulis , ndr ) era in Italia . Arrivando mi aveva detto d ' esser venuto per scrivere un libro . Ma io avevo capito subito che la ragione era un ' altra , che aveva bisogno di stare qualche settimana lontano dalla Grecia dove si sentiva in pericolo . Non gliene chiesi conferma perché sapevo che non gli piaceva farmi partecipe di certe preoccupazioni e angosciarmi . Abitava a casa mia , naturalmente . Ed era sempre così inquieto . Doveva tornare in Grecia dopo 30 giorni . Al trentesimo giorno disse : « Posso rimandare la partenza di 24 ore » . Al trentunesimo giorno disse : « In fondo posso rimandarla anche di 48» . Al trentaduesimo giorno disse : « Potrei rimandarla anche d ' una settimana » . E allora fui certa che in Grecia stava rischiando davvero la vita . Ma non lo pregai di restare in Italia . Era una di quelle creature che bisogna lasciar morire se hanno deciso di morire . Perché , se l ' hanno deciso , vuol dire che è giusto così . Una dura lezione che avevo imparato quand ' era in esilio in Italia , nel 1973 e nel 1974 , e lottava contro i colonnelli . Ogni tanto spariva . Andava in Grecia , grazie a un passaporto falso . Scendeva all ' aeroporto di Atene , con quei baffi e con quella pipa che lo facevano riconoscere tra mille , e fieramente passava tra le maglie della polizia , sotto gli sguardi di coloro che volevano ammazzarlo . Quando lo accompagnavo all ' aeroporto , non mi chiedevo mai se sarebbe tornato . Mi limitavo a sperare che tornasse . Tornava sempre , ridendo . No , in certi casi anche piangendo . Come la volta in cui aveva trovato tutte le porte chiuse . Gli amici che ora si definiscono tali e piangono lacrime di coccodrillo sfruttando la sua morte ( come quel Papandreu che egli non rispettava ) non gli aprivano dicendo : « Ho famiglia » . Tornò anche dalla Spagna , dov ' era andato con un altro passaporto falso per aiutare la resistenza contro Franco . Tornava sempre . E questa volta non è tornato . Dovevamo vederci a Roma lo stesso giorno in cui avverranno i suoi funerali . A Roma avrebbe portato le fotocopie dei documenti , per metterli al sicuro in Europa . Alla fine di aprile lo chiamai ad Atene da New York . Gli chiesi : « Come va ? » . Rispose : « Molto male » . « Perché ? » . « Sono molto , molto triste . E molto , molto preoccupato » . Per divertirlo gli raccontai che i fascisti di Imperia mi avevano condannata a morte . Invece non si divertì . Rispose : « Anche me » . Replicai , tentando dell ' umorismo : « I fascisti d ' Imperia ? ! » . E lui : « No , i fascisti di qui » . E io : « Per i documenti ? » . « Già » . Da New York lo chiamai di nuovo il giorno in cui partii per rientrare in Italia . Era venerdì 30 aprile , poche ore prima della sua morte . Il suo tono era strano . No , non strano . Triste . No , non triste . Rassegnato . Sussurrai : « Stai attento » . E con quel tono triste , no , rassegnato , replicò : « Tanto , se vogliono farlo , lo fanno » . L ' indomani mattina ero a Roma . Pensai di avvertirlo per confermare il nostro appuntamento . Allungai la mano verso il telefono e , prima che sollevassi il ricevitore , il telefono squillò . Era l ' ex avvocato di Costantino di Grecia . Sembrava sconvolto . Quasi strillò : « Cosa può dirmi sulla morte di Panagulis ? » . Paradossalmente , rimasi calma . Stupidamente risposi : « Panagulis sta benissimo . Ci ho parlato poche ore fa » . E lui : « No , no , sembra proprio che sia morto . In un incidente automobilistico » . Composi due numeri : uno a Milano e uno a Roma . A Milano mi dissero che , in realtà , la voce era corsa ma la radio non l ' aveva confermata . A Roma mi dissero : « Un momento , ora controlliamo » . Erano quelli dell ' Ansa . « Sì , purtroppo è vero » . Allora chiamai un taxi e corsi di nuovo all ' aeroporto . Sull ' aereo sono stati gentili . Mi hanno dato un posto lontano da tutti : perché potessi piangere in pace , suppongo . Invece non ho pianto . Quello è successo dopo , quand ' ero proprio sola . Anche lui faceva così . All ' aeroporto di Atene c ' erano ad aspettarmi i suoi amici . C ' erano anche i fotografi che mi sparavano addosso fucilate di luce , e io mi vergognavo , mi sentivo ridicola , mi sembrava d ' essere la vedova nazionale . Io e gli amici siamo saltati in macchina . Diretti all ' obitorio . Sulla strada che porta in città , a un certo punto , c ' era una grande folla . Ho chiesto perché e mi hanno detto : « È successo lì » . Allora ho fatto fermare la macchina e sono passata attraverso la folla , pentendomi subito perché molti sussurravano : « Fallatzi , Fallatzi » e si scostavano come intimiditi . Il luogo era circondato da un cordone di poliziotti , e al di là del cordone c ' era un mucchio di ferri contorti color verde pisello . Due poliziotti m ' hanno fermato con la brutalità dei poliziotti : mettendomi le mani addosso . Non ricordo bene quel che è successo , ma gli amici dicono che ho buttato un poliziotto per terra , e ho spinto l ' altro molto lontano . Poi sono stata davanti a quel mucchietto di ferri color verde pisello ... E questi erano la sua Primavera , la sua Fiat . Erano tre anni che aspettavo , voglio dire che temevo , questo momento . Erano tre anni che dicevo a me stessa : prima o poi succederà . Aveva sempre avuto fortuna . Era sfuggito alla fucilazione ; era sopravvissuto a torture inumane ; era divenuto un poeta proprio attraverso quelle ; era uscito dopo cinque anni da un carcere atroce dove sembrava dovesse restare tutta la vita o morirci ; era passato indenne attraverso insidie , attentati ; era stato eletto deputato nell ' anniversario della sua condanna a morte ; era amato , venerato , adulato da alcuni fino all ' eccesso . Ma io non mi facevo illusioni . Del resto non faceva nulla per evitarlo . Lo sfidava ogni giorno quel suo destino di finire ammazzato . Forse non riesco a esprimermi . Capisci , non sono molto lucida . Non dormo da quattro notti e anche se cerco di non darlo a vedere perché detesto il dolore esibito , dentro sono un unico urlo . Ciò che cerco di spiegarti è difficile . Ma può riassumersi così : non c ' è stupore in me . O meglio , uno stupore c ' è : quello di non essere anch ' io in una cella frigorifera di quell ' obitorio . E non sono certa di sentirne sollievo . Quante volte , insieme , siamo stati inseguiti da un ' automobile che voleva ammazzarci . La prima volta fu nel settembre del 1973 , dodici giorni dopo ch ' egli era uscito dal carcere di Boyati . Praticamente , m ' ero trasferita ad Atene : non solo perché lui me l ' aveva chiesto , non solo perché volevo stargli vicino , ma perché mi sembrava di aiutarlo con la mia presenza . Mi sembrava che avrebbero esitato a ucciderlo se , per uccidere lui , dovevano uccidere anche me . Abitavo nella sua casa di Glifada . Un giorno gli dissi che non conoscevo Creta . E mi portò a Creta . A Creta dissi che volevo vedere la reggia di Cnosso . E mi portò a Cnosso . Anzi , ci portò un suo amico , avvocato . Con l ' automobile . Ci accorgemmo presto che un ' altra automobile ci seguiva , con due tipi dalla faccia di poliziotto . Dunque questa macchina ci seguiva e , a volte , accelerava buttandosi contro di noi . Noi riuscivamo sempre a cavarcela andando più forte ma a un certo punto quelli presero ad accostarsi sulla nostra fiancata di sinistra , e a spingerci verso il precipizio . Ci salvò , per miracolo , un ' altra macchina della polizia . Salto gli altri episodi per non diventare monotona . Te ne aggiungo uno e basta : quello che avvenne nel settembre dell ' anno scorso . Nel settembre o in estate ? Eravamo andati a cena , io e Alekos , in una trattoria dove si mangia il pesce . Qui ci raggiunse una telefonata . Un ' automobile nera , gli dissero , passava da ore dinanzi al Politecnico e a intervalli buttava una bomba . La polizia non interveniva . Alekos ascoltò con calma e rispose : « Andrò a dare un ' occhiata » . Erano i giorni in cui si temeva un nuovo colpo di Stato . Aveva preso in affitto una Peugeot . Procedeva come un macinino di Stan Laurel e Oliver Hardy . E ciò lo divertiva perché diceva che io ero Stan Laurel e lui Oliver Hardy , cioè due disgraziati che si mettevano sempre nei guai . Tossendo e sputando , la nostra Peugeot giunse dinanzi al Politecnico . Qui ci fermammo e Alekos interrogò gli studenti . Stava interrogandoli quando la macchina nera apparì . Aveva una targa del corpo diplomatico , cd. A bordo c ' erano quattro uomini dal volto di fascisti . Alekos mi ordinò perentorio : « Andiamo » . Risalii sulla Peugeot , e lui con me . Partimmo e l ' automobile nera era ormai lontana . Ma presto riapparve , dietro di noi e ... A un certo punto non fu più chiaro chi seguiva e chi era inseguito . La sola differenza era che loro inseguivano noi per ammazzarci e noi inseguivamo loro per capire chi fossero e portarli dalla polizia . L ' agonia durò due ore e mezzo . L ' automobile nera ci condusse molto lontano , quasi fino al tempio di Sugno . A un certo punto , devo ammetterlo , ebbi molta paura . E non mi vergognai di gridarlo a quest ' uomo che non aveva paura di nulla , mai . Lui non rispose nemmeno . Ma il macinino di Stan Laurel e Oliver Hardy si comportò in modo glorioso . La trappola che ci avevano teso scattò solo alla fine , dopo che uno dei quattro fascisti era sceso dall ' automobile nera per dileguarsi . L ' automobile nera finse di lasciarsi inseguire e , in piena città , imboccò un vicolo cieco . Appena me ne accorsi , dissi ad Alekos : « Siamo in trappola » . Lui rispose freddo : « Lo so » . Allora aggiunsi : « Torniamo indietro » . E lui : « È troppo tardi » . L ' automobile nera entrò dentro un garage , in fondo al vicolo cieco . Si fermò , i tre scesero e si piazzarono in mezzo al garage ad aspettarci . Alekos fermò la Peugeot accanto all ' automobile nera e mi disse : « Tu resta in macchina » . Poi scese andandogli incontro . Lo seguii immediatamente . Alekos si avvicinò al tipo più minaccioso e sempre freddo , sempre calmo , gli tirò la cravatta . Poi mormorò , in greco e in italiano : « Vedi , questi sono fascisti greci . E non hanno coglioni » . L ' uomo col pacchetto posò la mano destra sopra il pacchetto . Poi , all ' improvviso , si buttò in ginocchio e cominciò a implorare pietà : « Alekos , noi ti ammiriamo , ti rispettiamo . Sei Panagulis . È stato tutto un equivoco » . E Alekos : « Meglio . Gli equivoci si chiariscono dinanzi alla polizia » . Non mi crederai ma riuscì a farsi seguire , stavolta , per portarli al Politecnico e consegnarli alla polizia . La targa cd era una targa falsa e ... Vedi , siamo qui nella sua stanza , io sto qui a parlarti distesa sul suo letto , e non riesco a credere che sia morto davvero . Eppure l ' ho visto morto . Non ci riesco , malgrado tutto ciò che ti ho detto prima , perché lui si comportava come se fosse immortale . Eppure parlava sempre di morte . Le sue poesie parlavano sempre di morte , di morti . Quando poi aveva la febbre ... Lo coglievano febbri violente , assai spesso . Le torture subite lo avevano rovinato . Una volta , a Firenze , lo portai a fare una radiografia per vedere se quelle febbri dipendevano dai reni o dai polmoni . E il radiologo , stupefatto , esclamò : « Ma è tutto rotto quest ' uomo ! Non ha nemmeno una costola intatta ! Ma cosa gli hanno fatto ? ! » . Queste febbri arrivavano anche a 41 , 41 e mezzo . Tremando diceva : « Muoio , Stavolta muoio , Oriana » . Però lo diceva ridendo . Temeva la morte o no ? È una domanda che mi sono posta spesso , senza darvi risposta . Ma ora posso dare una risposta . Non temeva la morte . Parlava della morte , ridendo , perché sapeva che sarebbe giunta assai presto : come una beffa . Un giorno gli lessi la mano . Aveva una mano strana , anzi terrificante . Sulle palme c ' erano solo tre segni . Quello del cuore , quello dell ' intelligenza , quello della vita . Quello del cuore e quello dell ' intelligenza erano senza fine , quello della vita si interrompeva bruscamente . Provai un brivido a guardarlo e gli dissi : « Vivrai fino a cent ' anni ! » . Spalancò la bocca immensa in una immensa risata ed esclamò : « Bugiarda ! Io non diventerò mai vecchio e l ' hai visto » . Gli dispiaceva , sai . Perché il sogno di Alessandro Panagulis era diventare vecchio . Vecchio e curvo come Ferruccio Parri che amava e ammirava . Per questo si vestiva quasi sempre da vecchio . Abiti severi , grigi o blu , camicie : bianche o color pastello , e sempre la cravatta . Per questo portava i baffi e fumava la pipa . Con quelle boccate lunghe , lente , da vecchio . Per questo camminava a passi così grevi , cardinalizi . Io lo prendevo in giro . Sapevo quanto gli piacesse Makarios , quanto ne ammirasse la ieraticità , e quando correvo ( tu lo sai , io corro sempre ) gli strillavo con impazienza : « E dai , corri ! Non fare il Makarios ! » . Un giorno mi disse : « Lasciami fare . Ci ho messo tanto a imparare a camminare come un vecchio » . Poi ebbe una pausa e aggiunse : « E a pensare come un vecchio » . Anche la sua saggezza era saggezza da vecchio . E le sue profezie erano le profezie di un vecchio . Te le declamava lentamente , mordendo la pipa , e a volte erano profezie così paradossali che non lo contraddicevi solo per il rispetto che suscita un vecchio . Io sono ... io ero un poco più vecchia di lui , eppure dinanzi a lui , con lui , mi sentivo più giovane di lui . Mi suscitava rispetto , capisci ? Infatti tenevo sempre conto dei suoi rimproveri . Però era anche un bambino , e ora non so come metterla insieme questa storia del bambino e del vecchio . Le sue esplosioni di gioia , ad esempio , erano esplosioni da bambino . Quand ' era felice , saltava e giocava come un bambino : fino a irritarmi . Anche i suoi dispetti erano dispetti da bambino . O da vecchio ? Anche i suoi capricci . E le sue disperazioni erano disperazioni da bambino . O da vecchio ? Così le sue allegrie . Se tu sapessi quant ' era allegro , buffo , divertente . Io non ho mai riso tanto come in questi tre anni con Alekos . Riso o sofferto ? Diventava la stessa cosa con lui . Guardiamo se posso spiegarmi . Non c ' è nulla di più odioso , secondo me , di un eroe . E Panagulis era un eroe . Ma era un eroe che ride . Soprattutto di se stesso . Si prendeva sempre in giro . Questo è il ritratto di un bambino o di un vecchio ; io temo che sia il ritratto di un genio . Ci ho messo tanto a capire che era un genio . Mi rifiutavo di ammetterlo , anche per riuscire a tenergli testa . Avevo dinanzi a me , accanto a me , un mito delle folle . E , sia istintivamente che razionalmente , respingevo quel mito . Cercavo di ridurlo a dimensioni umane che in realtà non aveva . Perché tutto in lui era eccessivo . Di male c ' era così poco in lui . I suoi difetti erano tanto piccoli quanto le sue virtù erano grandi . E quando i suoi difetti ti esasperavano , non avevi che ricordare le sue virtù . Ad esempio la sua bontà , malamente nascosta dietro gli atteggiamenti bruschi . Ricordi quando perdonò ai suoi torturatori e chiese che Papadopulos , Makaresos , Pattakos , Joannidis non fossero condannati a morte ? Era ossessionato dalla libertà , lo sanno tutti , ma anche dalla moralità . E questo non lo sanno tutti . Diceva , pensa , che la politica è moralità . Per questo fece la sua campagna elettorale con poche lire , pubblicizzato soltanto da qualche manifesto grande come un francobollo , e dai suoi discorsi pronunciati senza retorica e senza lusinghe . Parlava alla folla con voce bassa , dicendo che lui non prometteva miracoli perché i miracoli non esistevano . Non ho mai visto qualcuno chiedere d ' essere eletto a quel modo , cioè maltrattando in tal modo i suoi possibili elettori , fustigandoli , rimproverandoli . Era un uomo indulgente con tutti , capiva come nessuno le debolezze e le colpe che nascono con la vita . Eppure diventava rigido come un angelo vendicatore quando toccava il tema della moralità . Io gli dicevo : « Fai la politica come un predicatore » . E lui rispondeva : « No , faccio la politica come un poeta » . Un poeta che ride . Una volta si trovò nel mezzo di una manifestazione di ostetriche che facevano anche lo sciopero della fame . Così ordinò a sua madre di portare alle ostetriche un soccorso di uova sode . Sua madre giunse mentre la polizia le attaccava . Così lui agguantò il cesto delle uova sode e con quelle , una a una , si mise a bombardare i rappresentanti dell ' ordine . Il capo della polizia lo riconobbe . Lo affrontò e gli disse : « Onorevole Panagulis , sono il colonnello Tal dei Tali » . Alekos posò l ' uovo sodo , gli si avvicinò , gli strappò le spalline coi gradi , e rispose : « Ora non lo è più . L ' ho degradato » . Gli intentarono un processo per questo . Ma l ' intero Parlamento votò quasi all ' unanimità perché il processo non avvenisse . Dico « quasi all ' unanimità » perché ci fu un voto contrario : il suo . E lui lo motivò dicendo : « Sì , l ' ho degradato . Ma non era mica legale . Farsi la legge da soli è un dovere quando la legge non c ' è perché la democrazia non esiste . Ma ora la democrazia esiste . Be ' ... comunque esiste un Parlamento » . Mi dicono ( e credo sia vero ) che durante l ' episodio delle ostetriche il presidente del Parlamento gli chiedesse esasperato : « Scusi , onorevole . Ma cosa c ' entra , lei , con le ostetriche ? » . E Alekos : « Mi hanno fatto nascere , signor presidente . E a me piace tanto essere nato . Peccato che abbiano fatto nascere anche lei » . Si divertiva anche a fare il deputato . Si divertiva a fare tutto . Trasformava ogni suo problema personale in una burla da Ulisse . Era Ulisse . La sua Itaca non esisteva . Per lui esisteva soltanto il viaggio . E a interrompere il viaggio , la vita , può essere solo la morte . Il concetto che esprime nella più bella delle sue poesie , Taxidi . Quella che mi ha dedicato . Il concetto , anche , che mi regalò con una frase che ho messo nel mio libro Lettera a un bambino mai nato . Quella che dice : « Benedetto colui che può dirsi : io voglio camminare , non voglio arrivare . Maledetto colui che s ' impone : voglio arrivare fin là . Arrivare è morire , durante il cammino puoi concederti solo fermate » . E sua anche la frase che chiude il libro : « Perché la vita non muore » . Me la gridò una notte , in questa stanza , arrabbiato perché facevo morire la protagonista del libro . Solo con una persona non si divertì mai : col ministro della Difesa Averoff . Quello che ha dichiarato stamani : « Io non permetto nemmeno che il mio nome venga citato nella storia dei documenti scoperti dal signor Panagulis » . Quello che oggi non si è presentato in Parlamento dove l ' intera seduta era dedicata alla commemorazione di Panagulis . Quello che dice : « Voglio quei documenti e li avrò » . Del resto non fu Averoff a sollecitare la sentenza della magistratura che ne interrompeva e ne proibiva la pubblicazione ? L ' inimicizia , mi pare , scoppiò quando Alekos scrisse per L ' Europeo un articolo dove indicava in Averoff l ' elemento più reazionario dell ' attuale governo e l ' uomo più legato alla Cia . Lo indicava anche come l ' ideatore e il direttore del colpo di Stato andato a monte verso la fine del 1975 . Averoff tentò di prenderla sportivamente . Cercò di farlo incontrare e ammansire , si dice , con la sua bella figliola . Una extraparlamentare di lusso , ovviamente di estrema sinistra . Ma il tentativo non riuscì . Allora Averoff attese d ' incontrarlo nei corridoi del Parlamento . Gli andò incontro a braccia spalancate , un sorriso mellifluo sotto i baffetti alla Charlot , e : « Alessandro carissimo , ma cos ' è questa incomprensione tra noi ? Siamo due persone intelligenti , civili , quindi capaci di trovare un punto di intesa . Perché non discuterne ? Parliamone a cena » . E Alekos : « Signor ministro , i problemi del popolo non si discutono a cena . Si discutono in Parlamento » . Incominciò a quel modo la lunga , spietata serie delle sue interrogazioni al signor ministro . Alekos le chiamava domandine . Solo nei casi più gravi , domande . E , nei casi gravissimi , superdomande . Quasi a ogni telefonata mi diceva : « Stamani il domandiere ha fatto arrabbiare di nuovo Averoff » . All ' inizio Averoff rispose con grande indulgenza . Ma poi divenne sempre meno indulgente . Diciamo subito che io non so niente di quel che è successo negli ultimi giorni tra Alekos e Averoff . Non ero ad Atene . Però mi è stato detto che avvenne una telefonata assai drammatica , la settimana scorsa , tra i due . Alekos disse : « Signor ministro , lei mi minaccia . Io non la minaccio , ma lei mi minaccia » . Lo disse tre volte . Me lo ha confermato anche un eminente uomo politico spiegandomi che ad Atene l ' episodio è conosciuto da tutti . L ' eminente uomo politico al quale alludevo poco fa sostiene addirittura che stare in casa di Alekos è follia . Non dimentichiamo che , quando Alekos era vivo , la porta è stata forzata più volte . E più volte vi hanno lasciato minacce scritte o stampate , anche in italiano , con la firma Ordine Nero . L ' eminente uomo politico ha preso l ' iniziativa di chiedere che sul marciapiede sosti , giorno e notte , una guardia in uniforme . Affacciati alla finestra . Guardalo : è quello lì , poveretto . Scommetto che muore di sonno e mi maledice . E poi perché questa sollecitudine viene esibita con tanto ritardo e per me ? Perché non imposero ad Alekos d ' esser protetto da un poliziotto sul marciapiede , anzi da un poliziotto che lo seguisse in automobile per impedire che qualche automobile tentasse di buttarlo fuori strada come a Creta , come a Sugno ? Lo sapevano bene quanto fosse minacciato . No , no , lungi dal sembrarmi follia , stare qui a me sembra un dovere . Bisogna pure che qualcuno dimostri come in questa stanza resti accesa una luce anche ora . Magari , alzando lo sguardo verso queste finestre , chi passa è portato a pensare che Alekos è ancora qui : coi suoi documenti . E comunque , finché resto ad Atene , per i suoi funerali , mi sembra di aiutarlo a ricordare che è vivo . Vivo quanto quei documenti che non ha fatto in tempo a consegnarmi in fotocopia , che non so dove siano , ma che prima o poi verranno fuori . Vedrai . E allora anche in Parlamento se ne dovrà parlare , e nessuno potrà permettersi d ' essere assente : come ha fatto ieri Averoff . A proposito : lo sai che il lunedì 3 maggio Alekos avrebbe rivolto un ' interrogazione a Karamanlis , per quei documenti ? Era la sua ultima carta . E , vedi caso , lo hanno ammazzato proprio la notte tra venerdì e sabato . Ti ripeteranno fino alla nausea che fu un incidente . Te lo dimostreranno con un capro espiatorio . Magari con un giovanottello che piange raccontando d ' aver commesso un errore di guida ed esser colpevole solo di omissione di soccorso . Succede sempre così . Ma non ci credere , mai . Testimoni hanno visto , e le perizie tecniche lo hanno dimostrato . Almeno un ' automobile ( sembra infatti che fossero due ) lo seguiva e lo provocava , mentre lui scappava invano . Era un ' auto che andava più forte della sua . Lo colpì una prima volta di dietro ( è dimostrato dalle perizie ) , poi gli si affiancò sulla sinistra e prese a spingerlo verso il margine della strada : più volte . Lui si trovava nella corsia centrale , fu presto obbligato a buttarsi sulla corsia di destra . E , da questa , sullo spiazzato che si stendeva oltre il marciapiede . Obbligato a spostarsi o buttato ? Diciamo buttato . Alekos tentò di riprendersi . Aveva riflessi prontissimi . Ma lo spazio era stretto , le luci della Texaco abbagliavano , e certo non vide che lo spiazzato s ' interrompeva su un vuoto che era la corsia d ' ingresso a un garage . Una corsia in discesa , ripida , e limitata dal muro contro cui si schiacciò . Si schiacciò con tale violenza che la sua Primavera divenne corta corta . Dicono che sia morto sul colpo . Lo spero . Io continuo a chiedere ai medici e agli esperti : se ne sarà accorto che non sarebbe diventato mai vecchio ? E loro mi rispondono no , non ne ha avuto il tempo , è precipitato e si è schiacciato nel giro di mezzo secondo , un terzo di secondo , è svenuto nello stesso momento in cui questo è avvenuto . Lo spero . Il suo assassino , intanto , girava con una svolta a U , per tornare di nuovo in città . Ed erano le una e 52 del mattino di sabato primo maggio festa dei lavoratori . Lunedì mattina Alekos avrebbe dovuto rivolgere un ' interrogazione a Karamanlis sulla faccenda dei documenti . Per insultarlo anche da morto ti diranno anche quale percentuale di alcool gli hanno trovato nel sangue : omettendo di chiarire , s ' intende , che era una percentuale minima , ancora al di sotto di quella consentita dalla legge . Quella sera aveva bevuto , insieme ad altri quattro , solo una bottiglia di vino . I quattro erano quattro vecchi , amici suoi . Erano rimasti insieme fino a mezzanotte e mezzo , forse di più . Poi lui li aveva accompagnati a casa , uno a uno . La tragedia è successa all ' una e 52 mentre tornava verso Glifada : per dormire a casa di sua madre . Quando temeva d ' esser aggredito , preferiva dormire laggiù . Ho detto tornava perché il ristorante dove aveva mangiato è a Glifada . Ed è lo stesso , all ' aperto , dove andò dopo esser uscito dalla prigione , la prima volta che rientrò in un ristorante . Ci andammo insieme . Scendendo dal taxi diceva : « Sono molto felice , I am very happy » . Poi , quando entrammo , fu chiaro quanto gli costasse ogni piccola felicità . Il fatto di sentirsi riconosciuto , guardato , additato , come l ' attentatore di Papadopulos , l ' eroe del nostro tempo , lo riempiva d ' imbarazzo e di angoscia . Procedeva confuso tra i tavoli , stringendomi forte la mano , quasi vi si volesse aggrappare . Una volta seduto , si mise a fissare la tovaglia . Ci misi tanto a fargli sollevare lo sguardo verso il cielo per dimostrargli che non era più in prigione , e che in cielo c ' eran le stelle . Tu non crederai a ciò che sto per raccontarti , lo so . Dirai che è teatro . Ma tutto ciò che accadeva con lui , e a lui , era anche teatro . A un certo punto , quella sera , cadde una stella . E io feci a tempo a esprimere un desiderio : che vivesse ancora un po ' . Quest ' uomo scomodo , diverso da tutti , dai più accettabile solo da morto . Dopo aver visto la sua Primavera ridotta a un mucchio di ferri contorti , sono risalita in macchina e sono andata all ' obitorio . Anche dinanzi a questo c ' era una gran folla . E , tra la folla , c ' erano i medici e gli avvocati giunti dall ' Italia per una superperizia . Per vederlo ci voleva il permesso del ministro della Giustizia da cui dipendeva l ' arrivo di due funzionari di nonsoché . I due funzionari erano attesi da un ' ora e mezzo . Ho chiesto il numero del signor ministro e sono andata a telefonargli da una cabina . Non sono stata gentile . Gli ho detto che sarei entrata in quell ' obitorio coi suoi funzionari o senza i suoi funzionari . L ' interno dell ' obitorio era una scatola bianca e illuminata da luci vivide , al neon . Da un lato c ' era un cassone di metallo con nove sportelli . Nel primo sportello in basso , a sinistra , c ' era Alessandro Panagulis : hanno detto . Ho sentito una grande stanchezza . Mi sono appoggiata al muro . Mi ha scosso il lampo di un flash . Hanno fatto chiudere la finestra , e poi ci hanno mostrato le fotografie di Alekos dopo l ' autopsia . Così ci avrebbe fatto meno impressione vederlo , si sono giustificati . Nelle fotografie Alekos era disteso sopra una tavola , nudo , come quando lo torturavano nel 1968 alla centrale della polizia militare . La sola differenza , suppongo , era che qui non aveva le mani e i piedi legati . Molte fotografie offrivano particolari raccapriccianti delle sue ferite . Altre , i suoi organi estratti . Il medico greco ci ha spiegato che gli era scoppiato il cuore , che il fegato s ' era rotto in 19 punti , che la milza non esisteva più , che il femore destro s ' era frantumato in mille pezzetti , che il polmone destro era ridotto a uno straccio . E così mi sono ricordata di un ' altra sua poesia . Quella che dice : « Non ti capisco Dio / Dimmi di nuovo / Mi chiedi di ringraziarti / o di scusarti ? » . Mi sono anche ricordata di com ' era quando rideva , e quando saltava , e quando giocava , tutto contento d ' essere nato . E il giorno in cui l ' avevo accompagnato , per la prima volta dopo anni di calvario , a nuotare , nel mare . E il giorno in cui aveva giurato come deputato in Parlamento e dallo scanno si era girato a guardarmi lassù sulle tribune , frenando un sorriso , perché sapevo che le sue suole erano consumate e temevo che alzandosi scivolasse . Ma io mi sono pentita di esser lì e ho avuto tanta voglia di scappare per non vederlo come nelle fotografie dell ' autopsia . Invece loro hanno aperto lo sportello della prima cella frigorifera in basso a sinistra , e hanno tirato fuori una lastra di metallo su cui stava un fagotto insanguinato . E hanno aperto il fagotto e hanno scoperto Alekos che dormiva serio serio , con un visino bianco bianco . Mi sono inginocchiata davanti a lui e gli ho accarezzato i capelli . Erano molto freddi , e ho ritirato la mano . Non posso dirti altro . O forse non voglio . Dovrei raccontarti , altrimenti , qual è l ' odore dell ' odio .
Pasolini ucciso da due motociclisti? ( Fallaci Oriana , 1975 )
StampaPeriodica ,
Esiste un ' altra versione della morte di Pasolini : una versione di cui , probabilmente , la polizia è già a conoscenza ma di cui non parla per poter condurre più comodamente le indagini . Essa si basa sulle testimonianze che hanno da offrire alcuni abitanti o frequentatori delle baracche che sorgono intorno allo spiazzato dove Pier Paolo Pasolini venne ucciso . In particolare , si basa su ciò che venne visto e udito per circa mezz ' ora da un romano che si trovava in una di quelle baracche per un convegno amoroso con una donna che non è sua moglie . Ecco ciò che egli non dice , almeno per ora , ma che avrebbe da dire . Pasolini non venne aggredito e ucciso soltanto da Giuseppe Pelosi , ma da lui e da altri due teppisti , che sembrano assai conosciuti nel mondo della droga . I due teppisti erano giunti a bordo di una motocicletta dopo mezzanotte , ed erano entrati insieme a Pasolini e al Pelosi in una baracca che lo scrittore era solito affittare per centomila lire ogni volta che vi si recava . Infatti non si tratta di baracche miserande come appare all ' esterno : le assi esterne di legno fasciano villette vere e proprie , munite all ' interno dei normali servizi igienici , di acqua corrente , a volte ben arredate e perfino con moquette . Le urla di un alterco violento cominciarono dopo qualche tempo che i quattro si trovarono dentro la baracca . A gridare : « Porco , brutto porco » non era Pasolini ma erano i tre ragazzi . A un certo punto la porta della baracca si spalancò e Pasolini uscì correndo verso la sua automobile . Riuscì a raggiungerla e si apprestava a salirci quando i due giovanotti della motocicletta lo agguantarono e lo tirarono fuori . Pasolini si divincolò e riprese a fuggire . Ma i tre gli furono di nuovo addosso e continuarono a colpirlo . Stavolta con le tavolette di legno e anche con le catene . Ciascuno di loro aveva in mano una tavoletta e i due teppisti più grossi avevano in mano anche le catene . Il testimone che , terrorizzato , si rifiuta di raccontare la storia alla polizia , dice anche che , a un certo punto , vide i tre giovanotti in faccia . Erano circa le una del mattino e le urla dell ' alterco continuarono , udite da tutti , per quasi o circa mezz ' ora . Vide anche che Pasolini cercava di difendersi . Quando Pasolini si abbatté esanime , i due ragazzi corsero verso la sua automobile , vi salirono sopra , e passarono due volte sopra il corpo dello scrittore , mentre Giuseppe Pelosi rimaneva a guardare . Poi i due scesero dall ' automobile , salirono sulla motocicletta , partirono mentre Giuseppe Pelosi gridava : « Mo ' me lasciate solo , mo ' me lasciate qui » . Continuò a gridare in quel modo anche dopo che i due si furono allontanati . Allora si diresse a sua volta verso l ' automobile di Pasolini , vi salì e scappò . La scena sarebbe stata vista non soltanto da chi era nelle " baracche " ma anche da una coppia appartata dentro un ' automobile , poco lontano . E tale versione risolverebbe i dubbi che tutti hanno avanzato fino a oggi sulla possibilità che un uomo robusto e sportivo come Pasolini potesse essere sopraffatto da una persona sola , anzi da un ragazzo di diciassette anni , meno forte di lui . E il caso di sottolineare che in un primo tempo fu detto dalla polizia che nelle unghie di Pasolini erano stati trovati residui di pelle . Secondo la versione ora fornita , Pasolini tentò disperatamente di difendersi . Sul volto e sul corpo di Giuseppe Pelosi non esistono segni di una colluttazione . Tali segni , o tali graffi , si dovrebbero trovare sul volto o sul corpo degli altri due teppisti . Perché il Pelosi non parla e si assume tutta la responsabilità ? È legato anche lui al mondo della droga ? Perché lui stesso ha messo sulla pista la polizia raccontando di avere perso un anello che nessuno , fino a quel momento , sapeva che fosse suo ? È possibile perdere un anello durante una colluttazione ? Oppure l ' anello è stato gettato lì di proposito , e il Pelosi ha parlato , raccontando tutto , e la polizia non ce ne dà notizia ?
Kissinger rivela ( Fallaci Oriana , 1972 )
StampaPeriodica ,
Washington , novembre . - Quest ' uomo troppo famoso , troppo importante , troppo fortunato , che chiamano Superman , Superstar , Superkraut , e imbastisce alleanze paradossali , raggiunge accordi impossibili , tiene il mondo col fiato sospeso come se il mondo fosse la sua scolaresca di Harvard . Questo personaggio incredibile , inspiegabile , in fondo assurdo , che s ' incontra con Mao Tse - tung quando vuole , entra nel Cremlino quando ne ha voglia , sveglia il presidente degli Stati Uniti e gli entra in camera quando lo ritiene opportuno . Questo quarantottenne con gli occhiali a stanghetta , dinanzi al quale James Bond diventa un ' invenzione priva di pepe . Lui non spara , non fa a pugni , non salta da automobili in corsa come James Bond , però consiglia le guerre , finisce le guerre , decide del nostro destino e lo cambia . Ma chi è , insomma , Henry Kissinger ? Qual è il suo vero aspetto , il suo vero carattere , la sua vera personalità ? Cosa pensa , cosa sente , ora che tutti si chiedono ansiosi : « Allora , la pace in Vietnam , la fa o non la fa ? Allora , l ' accordo con Hanoi , lo firma o non lo firma ? Allora , il presidente Thieu , lo abbandona o non lo abbandona ? » . Su di lui si scrivono libri come sulle grandi figure digerite ormai dalla storia . Libri sul tipo di quello che illustra la sua formazione politico - culturale , Kissinger e gli usi del potere , dovuto all ' ammirazione di un collega di università ; libri sul tipo di quello che canta le sue doti di seduttore , Caro Henry , dovuto all ' amore non corrisposto di una giornalista francese . Col suo collega di università non ha mai voluto parlare . Con la giornalista francese non è mai voluto andare a letto . A entrambi allude con una smorfia di sdegno ed entrambi li liquida con un gesto sprezzante della mano cicciuta : « Non capisce nulla » , « Non è vero nulla » . La sua biografia è oggetto di ricerche che rasentano il culto . Chiunque sa che è nato a Furth , in Germania , nel 1923 : figlio di Luis Kissinger , insegnante in una scuola media , e di Paula Kissinger , massaia . Sa che la sua famiglia è ebrea , che quattordici dei suoi parenti morirono nei campi di concentramento , che insieme al padre e alla madre e al fratello Walter fuggì nel 1938 a Londra e poi a New York . A quel tempo aveva quindici anni e si chiamava Heinz , mica Henry , e non sapeva una parola d ' inglese . Ma lo imparò molto presto . Mentre il padre faceva l ' impiegato in un ufficio postale e la madre apriva un negozio di pasticceria , studiò così bene da essere ammesso a Harvard e laurearsi a pieni voti con una tesi su Spengler , Toynbee e Kant , poi diventarvi professore . Si sa che a ventun anni fu soldato in Germania , dove era con un gruppo di GI selezionati da un test e giudicati così intelligenti da sfiorare il genio . Gli affidarono per questo , e malgrado la giovane età , l ' incarico di organizzare il governo di Krefeld , una città tedesca rimasta senza governo . Infatti a Krefeld fiorì la sua passione per la politica : una passione che avrebbe appagato diventando consigliere di Kennedy , di Johnson , e poi assistente di Nixon . Kissinger , oggi , è il secondo uomo più potente d ' America . Sebbene alcuni sostengano che sia molto di più : la storiella che circola a Washington da qualche tempo dice : « Pensa cosa succederebbe se morisse Kissinger : Nixon diventerebbe presidente degli Stati Uniti ... » . Lo chiamano la balia mentale di Nixon . Per lui e per Nixon hanno coniato un cognome malvagio e rivelatore : Nixinger . Il presidente non può fare a meno di lui . Lo vuole sempre accanto : in ogni viaggio , ogni cerimonia , ogni cena ufficiale , ogni vacanza . Soprattutto , in ogni decisione . Se Nixon decide di andare a Pechino sbalordendo la destra e la sinistra , è Kissinger che gli ha messo in testa di andare a Pechino . Se Nixon decide di recarsi a Mosca per confondere Oriente e Occidente , è Kissinger che gli ha suggerito di recarsi a Mosca . Se Nixon decide di venire a patti con Hanoi e abbandonare Thieu , è Kissinger che lo ha convinto a quel passo . La sua casa è la Casa Bianca . Quando non è in viaggio a far l ' ambasciatore , l ' agente segreto , il ministro degli Esteri , il patteggiatore , entra alla Casa Bianca di primo mattino e ne esce di sera . Alla Casa Bianca porta perfino la biancheria da lavare : raccogliendola disinvoltamente in pacchetti di carta che non si capisce bene dove vadano a finire . Nella lavanderia privata di Nixon ? Alla Casa Bianca , spesso , ci mangia . Non ci dorme perché non potrebbe portarci le donne . Divorziato da nove anni , delle sue avventure galanti ha fatto un mito che alimenta con cura : sebbene molti ci credano poco . Attrici , attricette , cantanti , modelle , produttrici , giornaliste , ballerine , miliardarie , gli piacciono tutte . O si comporta come se gli piacessero tutte : cosciente del fatto che ciò aumenta il suo glamour , la sua popolarità , le fotografie sui settimanali . È anche l ' uomo più chiacchierato d ' America , il rubacuori di nuovo tipo . Fanno moda i suoi occhiali da miope , i suoi ricciolini da ebreo , i suoi completi sobri con la cravatta seria , la sua falsa andatura da ingenuo che ha scoperto il piacere . Eppure l ' uomo resta un mistero , come il suo successo senza paragoni . E la ragione di tale mistero è che avvicinarlo per penetrarlo è difficilissimo : di interviste individuali lui non ne dà , parla solo alle conferenze stampa indette dalla presidenza . Quindi non ho ancora capito perché accettasse di vedere me , appena tre giorni dopo aver ricevuto una mia lettera priva di illusioni . Lui dice che è per la mia intervista col generale Giap , fatta ad Hanoi nel febbraio del Sessantanove . Può darsi . Però resta il fatto che dopo lo straordinario « sì » cambiò idea e decise di vedermi a una condizione : star zitto . Durante l ' incontro , a parlare sarei stata io e da ciò che avrei detto egli avrebbe deciso se darmi l ' intervista o no : ammesso che ne trovasse il tempo . Successe alla Casa Bianca , lo scorso giovedì 2 novembre . A mezzogiorno , puntuale , arrivò frettoloso e senza un sorriso mi disse : « Good morning , miss Fallaci » . Poi , sempre senza sorrisi , mi fece entrare nel suo studio elegante e pieno di libri , telefoni , fogli , quadri astratti , fotografie di Nixon , e mi dimenticò : mettendosi a leggere , le spalle voltate , un lungo dattiloscritto . Fu un po ' imbarazzante restarmene lì in mezzo alla stanza , mentre lui leggeva il dattiloscritto e mi voltava le spalle . Fu anche un po ' strano . Però mi permise di studiarlo prima che lui studiasse me . E non solo per scoprire che non è seducente , così basso e tarchiato e oppresso da quel testone di ariete : per scoprire , soprattutto , che non è disinvolto , non è sicuro di sé . Prima di affrontare qualcuno ha bisogno di prendere tempo e proteggersi con la sua autorità . Fenomeno frequente , in fondo , nei timidi che vogliono nascondere d ' essere timidi e in tale sforzo finiscono col sembrare sgarbati . O esserlo davvero . Esaurita la lettura di quel dattiloscritto , meticolosa e attenta a giudicar dal tempo che gli prese , si girò finalmente verso di me e m ' invitò a seder sul divano . Poi sedette sulla poltrona accanto , più alta del divano , e da questa posizione strategica di privilegio cominciò a interrogarmi col tono di un professore che fa l ' esame a un allievo di cui si fida poco . Assomigliava , ricordo , al mio insegnante di matematica e fisica presso il liceo Galilei di Firenze : un tipo che odiavo perché si divertiva a farmi paura , fissandomi con ironia dietro gli occhiali . Di quel professore aveva perfino la voce baritonale , anzi gutturale , e il modo di appoggiarsi alla spalliera della poltrona cingendola col braccio destro , il modo di accavallare le gambe pienotte mentre la giacca si tira sul ventre e rischia di far saltare i bottoni . Se voleva mettermi a disagio , ci riuscì perfettamente . L ' incubo dei miei giorni di scuola mi aggredì al punto che , a ogni sua domanda , pensavo : " Oddio , la saprò questa cosa ? Se non la so , mi boccia " . La prima domanda fu sul generale Giap . « Come le ho detto io non do mai interviste individuali . La ragione per cui mi accingo a considerare l ' eventualità di darne una a lei è che lessi la sua intervista con Giap . Very interesting . Molto interessante . Che tipo è Giap ? » Lo chiese con l ' aria di aver poco tempo a disposizione , così m ' imposi di riassumere tutto con una battuta a effetto e risposi : « Uno snob francese , mi parve . Insieme gioviale e arrogante , in fondo noioso come un professore . Più che un ' intervista però mi dette una conferenza . Mi consentì poche domande . E non m ' impressionò . Però ciò che mi disse risultò davvero esatto » . Minimizzare agli occhi di un americano il personaggio di Giap è quasi un insulto : ne sono tutti un po ' innamorati , come lo furono di Rommel . L ' espressione « snob francese » lo lasciò quindi smarrito . Forse non la capì . La rivelazione che fosse « noioso come un professore » lo disturbò : sa di avere lui stesso le stigmate del tipo noioso e per ben due volte il suo sguardo azzurro lampeggiò in modo ostile . Il particolare che lo colpì maggiormente , però , fu quello che io dessi credito a Giap d ' avermi previsto cose esatte . Infatti m ' interruppe e : « Esatte perché ? » . Perché Giap aveva annunciato nel 1969 ciò che sarebbe successo nel 1972 , replicai . « Ad esempio ? » Ad esempio il fatto che gli americani si sarebbero ritirati a poco a poco e poi avrebbero abbandonato quella guerra che costava sempre più soldi , rischiava perciò di condurli sull ' orlo dell ' inflazione . Lo sguardo azzurro lampeggiò di nuovo . « E quale fu , a suo parere , la cosa più importante che le disse Giap ? » L ' avere sconfessato , in sostanza , l ' offensiva del Tet attribuendola ai soli vietcong . Stavolta lui non commentò . Chiese soltanto : « Ritiene che l ' iniziativa fosse partita dai vietcong ? » . « Forse sì , dottor Kissinger . Lo sanno tutti che a Giap piacciono le offensive coi carri armati , alla Rommel . Infatti l ' offensiva di Pasqua la fece alla Rommel e ... » « Ma l ' ha persa ! » protestò . « L ' ha proprio persa ? » ribattei . « Cosa le fa pensare che non l ' abbia persa ? » « Il fatto che lei abbia accettato un accordo che non piace a Thieu , dottor Kissinger . » E , tentando di strappargli qualche notizia , aggiunsi in tono distratto : « Thieu non cederà mai » . Cadde nel piccolo tranello . Rispose : « Cederà . Deve » . Abbandonato Giap , l ' esame si concentrò su Thieu : il suo terreno minato . Mi chiese cosa pensassi di Thieu . Gli dissi che non m ' era mai piaciuto . « E perché non le è mai piaciuto ? » « Dottor Kissinger , lo sa meglio di me . Lei ci ha sudato tre giorni , con Thieu , anzi quattro . » Ciò gli strappò un sospiro di assenso e una smorfia che a ripensarci stupisce . Kissinger sa controllare in modo perfetto la faccia , ben difficilmente permette alle sue labbra e ai suoi occhi di denunciare un ' idea o un sentimento . Ma in quel primo incontro , chissà perché , si controllò poco . Ogni volta che dissi qualcosa contro Thieu annuì o sospirò leggermente o sorrise con complicità : quasi me ne fosse grato . Dopo Thieu mi interrogò su Cao Ky e Do Cao Tri . Del primo disse che era un debole e chiacchierava troppo . Del secondo disse che gli dispiaceva non averlo conosciuto . « Era davvero un gran generale ? » . Sì , confermai , un gran generale e un generale coraggioso : l ' unico generale che avessi visto andare in prima linea e in combattimento . Anche per questo , suppongo , lo avevano assassinato . « Assassinato ! ? Da chi ? » . « Non certo dai vietcong , dottor Kissinger . L ' elicottero non cadde perché era stato colpito da un mortaio , ma perché qualcuno aveva manomesso le pale . E certo Thieu non pianse , nemmeno Cao Ky . Stava creandosi una leggenda intorno a Do Cao Tri . E inoltre egli parlava così male dei due . Anche durante la mia intervista li aveva attaccati senza pietà . » La cosa lo turbò più del fatto che criticassi più tardi l ' esercito sudvietnamita . Ciò avvenne quando mi chiese dell ' ultima volta che ero stata a Saigon e di ciò che vi avevo visto . Gli dissi di aver visto un esercito che non valeva un fico e , quando motivai tale condanna , il suo volto assunse un ' espressione perplessa . Infatti , sospettando che recitasse , scherzai : « Dottor Kissinger , non mi dica che ha bisogno di me per saper queste cose . Lei che è l ' uomo più informato del mondo ! » . Ma non stette allo scherzo e rimase perplesso . Al quindicesimo minuto di colloquio , quando mi mangiavo le mani per aver accettato quell ' assurda intervista da parte di colui che volevo intervistare , dimenticò un poco il Vietnam e , col tono del reporter zelante , mi chiese quali fossero i capi di Stato che mi avevano impressionato di più . ( Il verbo impressionare gli piace . ) Rassegnata gli feci l ' elenco . Fu d ' accordo soprattutto su Bhutto : « Molto intelligente , molto brillante » . Non fu d ' accordo su Indira Gandhi : « Davvero le è piaciuta Indira Gandhi ? ! ? » . Neanche volesse giustificare la cattiva scelta che aveva suggerito a Nixon durante il conflitto indo - pakistano , quando s ' era schierato a favore dei pakistani che avrebbero perso la guerra e contro gli indiani che l ' avrebbero vinta . Di un altro capo di Stato , su cui avevo detto che non m ' era sembrato intelligentissimo ma mi era piaciuto moltissimo , disse : « L ' intelligenza non serve per fare i capi di Stato . La dote che conta , nei capi di Stato , è la forza . Il coraggio , l ' astuzia , e la forza » . Tengo la frase fra le più interessanti che m ' abbia detto , con o senza il registratore . Illustra il suo tipo , la sua personalità . L ' uomo ama la forza , anzitutto . Il coraggio , l ' astuzia , e la forza . L ' intelligenza lo interessa assai meno , sebbene ne possegga in abbondanza . L ' ultimo capitolo dell ' esame nacque dalla domanda che meno mi aspettavo : « Cosa pensa che accadrà col cessate il fuoco ? » . Presa alla sprovvista , dissi la verità . Dissi che lo avevo scritto nella mia corrispondenza appena pubblicata sull ' « Europeo » : sarebbe avvenuto un bagno di sangue , dalle due parti . « E il primo a incominciare sarà proprio il suo amico Thieu . » Balzò su : « Amico mio ? » . « Be ' , insomma Thieu . » « E perché ? » « Perché prima ancora che i vietcong provvedano alle loro stragi , nelle prigioni e nei penitenziari egli farà una carneficina . Non ci saranno molti neutralisti e molti vietcong a far parte del governo provvisorio dopo il cessate il fuoco ... » Lui aggrottò la fronte , restò un po ' zitto , infine disse : « Anche lei crede nel bagno di sangue . Ma ci saranno i supervisori internazionali ! » . « Dottor Kissinger , anche a Dacca c ' erano gli indiani . Non riuscirono mica a impedire i massacri fatti dai mukti bahini a spese dei bihari » . « Già . Già . E se ... E se ritardassimo l ' armistizio di un anno o due ? » « Come , dottor Kissinger ? » « E se ritardassimo l ' armistizio di un anno o due ? » ripeté . Mi sarei tagliata la lingua , avrei pianto . Credo anzi di aver alzato verso di lui due occhi lucidi : « Dottor Kissinger , non mi dia l ' angoscia di averle messo in testa una cosa sbagliata . Dottor Kissinger , la carneficina reciproca avverrà comunque : oggi , tra un anno , due anni . E se la guerra continua ancora un anno , due anni , oltre ai morti di quella carneficina dovremo contare i morti per i bombardamenti e i combattimenti . Mi spiego ? Dieci più venti fa trenta . Sono meglio dieci morti o trenta morti ? » . Su questa storia , del resto , non dormii per due notti e quando ci rivedemmo per l ' intervista glielo confessai . Lui mi consolò dicendo che non mi facessi turbare da complessi di colpa , che il mio calcolo matematico era esatto : meglio dieci che trenta . Tuttavia l ' episodio mi buca ancora il cuore . È un uomo che ascolta tutto , registra tutto come un computer . E quando sembra che abbia buttato via un ' informazione ormai vecchia e non buona , la ritira fuori come se fosse freschissima e buona . Al venticinquesimo minuto circa , decise che avevo passato gli esami . Forse mi avrebbe dato l ' intervista . Però restava un particolare che lo disturbava un po ' : ero una donna , e proprio con una donna , la giornalista francese che aveva scritto il libretto Dear Henry , egli aveva avuto un ' esperienza infelice . Magari , e con tutte le mie buone intenzioni , anch ' io lo avrei messo in imbarazzo . Mi arrabbiai . Certo non potevo dirgli ciò che mi bruciava le labbra : vale a dire che non avevo alcuna intenzione di innamorarmi di lui , e tormentarlo con una corte spietata . Ma potevo dirgli altre cose , e gliele dissi : che non mi mettesse nella situazione in cui m ' ero trovata a Saigon nel 1968 quando , per la figuraccia fatta da un italiano vigliacco , ero stata costretta ad abbandonarmi ad audacie che non mi divertono affatto . Non ero responsabile allora della viltà di un tale che aveva un passaporto italiano , e non ero responsabile ora del cattivo gusto di una signora che faceva il mio stesso mestiere . Così non dovevo pagarne il prezzo : se era necessario , sarei andata da lui con un paio di baffi . Ne convenne senza abbandonarsi a un sorriso , e mi annunciò che avrebbe trovato un ' ora durante la giornata di sabato . Alle dieci di sabato 4 novembre ero di nuovo alla Casa Bianca . Alle dieci e mezzo entravo di nuovo nel suo ufficio e aprivo il registratore . Ma l ' intervista durò meno di un ' ora : fu interrotta cinque o sei volte da chiamate , telefonate in partenza e in arrivo , note presidenziali . Poi , proprio sul più bello , mentre lui denunciava l ' essenza inafferrabile del suo personaggio , uno dei telefoni squillò di nuovo . Era Nixon e : poteva il dottor Kissinger passare un attimo da lui ? Certo , signor presidente . Scattò in piedi , mi disse di aspettarlo , avrebbe cercato di darmi ancora un po ' di tempo , uscì dalla stanza , e non lo rividi più . All ' una del pomeriggio il suo assistente Dick Campbell venne tutto imbarazzato a spiegarmi che il presidente partiva per la California : il dottor Kissinger doveva partire con lui . Non sarebbe tornato a Washington prima di martedì sera , quando avrebbero incominciato lo spoglio dei voti , ma dubitava fortemente che potessi concludere l ' intervista in quei giorni . Se avessi potuto aspettare la fine di novembre , quando tante cose si sarebbero chiarite ... La fine di novembre era una data che lo stesso Kissinger s ' era lasciata scappare : così denunciando la sua convinzione ( o speranza ) di firmare l ' accordo entro le prossime tre settimane . Ma valeva la pena cercare la conferma di un ritratto che avevo già in mano ? Un ritratto che nasce da una confusione di linee , colori , risposte evasive , frasi reticenti , silenzi irritanti . Sul Vietnam , ovvio , non poteva dirmi di più e mi stupisco che abbia detto tanto : che quella guerra finisca o continui , dipende in fondo da lui , non può permettersi il lusso di compromettere tutto con una parola di più . Su se stesso però non aveva certi problemi e , tuttavia , ogni qualvolta gli rivolgevo una domanda precisa , si irrigidiva e sfuggiva come un ' anguilla . Un ' anguilla più ghiaccia del ghiaccio . Dio , che uomo ghiaccio . Per tutta l ' intervista non mutò mai quella espressione senza espressione , quello sguardo ironico o duro , non alterò mai il tono di quella voce monotona , triste , sempre uguale . L ' ago del registratore si sposta quando una parola è pronunciata in tono più alto o più basso . Con lui restò fermo e , più di una volta , detti un colpo di tosse per accertarmi che tutto funzionasse bene . Sai il rumore ossessionante , martellante , della pioggia che cade sul tetto ? La sua voce è così . E , in fondo , anche i suoi pensieri : mai turbati da un desiderio di fantasia , da un disegno di bizzarria , da una tentazione di errore . Tutto è calcolato in lui , controllato come nel volo di un aereo guidato dal pilota automatico . Pesa ogni frase , fino al milligrammo . Non gli scappa nulla che non intenda dire perché rientra nella meccanica di una utilità . Le Duc Tho deve aver sudato cento camicie in quei giorni e Thieu deve aver piegato la sua astuzia a una prova durissima . Henry Kissinger ha i nervi e il cervello di un giocatore di scacchi . Naturalmente troverai tesi che prendono in considerazione altri lati del suo personaggio : ad esempio , il fatto che sia inequivocabilmente un ebreo e irrimediabilmente un tedesco . Ad esempio il fatto che , come ebreo e come tedesco , trapiantato in un paese che guarda ancora con sospetto agli ebrei e ai tedeschi , si porti addosso un mucchio di modi , di contraddizioni , di risentimenti , e forse di umanità nascosta . Dimenticando che malgrado ciò siede in cima alla piramide , puoi anche trovare in lui gli elementi del personaggio che s ' innamora di Marlene Dietrich nel film L ' angelo azzurro . La sua debolezza per le donne gli è già costata un matrimonio : prima o poi , dicono , perderà la testa per una di quelle bellezze che se lo contendono solo perché si chiama Henry Kissinger e rende in pubblicità . È possibile . Però , ai miei occhi , egli resta il tipico eroe di una società dove tutto è possibile : perfino che un austero professore di Harvard , uso a scrivere barbosissimi libri di storia e saggi sul controllo dell ' energia atomica , divenga una specie di divo che governa insieme al presidente , una specie di playboy che assesta i rapporti fra le grandi potenze e interrompe le guerre , un enigma che si cerca di decifrare senza accorgersi che probabilmente non c ' è nulla o quasi nulla da decifrare . Perché , qui , anche l ' avventura si veste di grigio . Mi chiedo ciò che prova in questi giorni , dottor Kissinger . Mi chiedo se anche lei sia deluso come noi , come la maggior parte del mondo . È deluso , signor Kissinger ? Deluso ? E perché ? Cos ' è successo , in questi giorni , per cui dovrei esser deluso ? Una cosa non allegra , dottor Kissinger : malgrado lei avesse detto che la pace era « a portata di mano » , e malgrado avesse confermato che l ' accordo coi nordvietnamiti era stato raggiunto , la pace non è venuta . La guerra continua come prima e peggio di prima . La pace ci sarà . Siamo decisi ad averla e ci sarà . Ci sarà entro poche settimane e anche meno , cioè subito dopo la ripresa dei negoziati coi nordvietnamiti per l ' accordo definitivo . Così dissi dieci giorni fa e così ripeto . Sì , la pace avverrà in uno spazio di tempo ragionevolmente breve se Hanoi accetta un ' altra seduta prima di firmare l ' accordo , una seduta per definire i dettagli , e se l ' accetta nello stesso spirito e con lo stesso atteggiamento tenuto in ottobre . Quei « se » sono l ' unica incertezza degli ultimi giorni . Ma è un ' incertezza che non voglio nemmeno considerare : lei si lascia prendere dal panico e in queste cose non bisogna lasciarsi prendere dal panico . Neanche dall ' impazienza . Il fatto è che ... Insomma , per mesi abbiamo condotto questi negoziati e voi giornalisti non ci avete creduto . Avete continuato a dire che essi non avrebbero approdato a nulla . Poi , all ' improvviso , avete gridato alla pace già fatta e infine ora dite che i negoziati sono falliti . Così dicendo ci misurate la febbre ogni giorno , quattro volte al giorno . Ma la misurate dal punto di vista di Hanoi . E ... badi bene : io capisco il punto di vista di Hanoi . I nordvietnamiti volevano che noi firmassimo il 31 ottobre : il che era ragionevole e irragionevole insieme e ... No , non intendo polemizzare su questo . Ma vi eravate impegnati a firmare il 31 ottobre ! Io dico e ripeto che furono loro a insistere per questa data e che , per evitare un dibattito astratto su date che allora apparivano addirittura teoriche , dicemmo che avremmo fatto ogni sforzo per concludere i negoziati entro il 31 ottobre . Ma fu sempre chiaro , almeno per noi , che non avremmo potuto firmare un accordo in cui restavano da definire dettagli . Non avremmo potuto osservare una data solo perché , in buona fede , avevamo promesso di fare ogni sforzo per osservarla . Così a che punto siamo ? Al punto che quei dettagli restano da definire e che un nuovo incontro è indispensabile . Loro dicono che non è indispensabile , che non è necessario . Io dico che è indispensabile e che ci sarà . Ci sarà non appena i nordvietnamiti mi chiameranno a Parigi . Ma siamo soltanto al quattro novembre , oggi è il 4 novembre , e posso capire che i nord - vietnamiti non vogliano riprendere i negoziati pochi giorni dopo la data in cui avevano chiesto di firmare . Posso capire questo loro rinvio . Ma non è concepibile , almeno per me , che essi rifiutino un ' altra seduta . Proprio ora che abbiamo percorso il novanta per cento della strada e stiamo raggiungendo la meta . No , non sono deluso . Lo sarò , certo , se Hanoi vorrà rompere l ' accordo , se Hanoi vorrà rifiutare di discutere ogni modifica . Ma non posso crederci , no . Non posso neanche sospettare che si sia giunti così lontano per fallire su una questione di prestigio , di procedura , di date , di sfumature . Eppure hanno l ' aria d ' essersi proprio irrigiditi , dottor Kissinger . Sono tornati a un vocabolario duro , hanno fatto accuse pesanti , quasi insultanti per lei ... Oh , questo non significa nulla . È successo anche prima e non ci abbiamo mai dato peso . Direi che il vocabolario duro , le accuse pesanti , magari gli insulti rientrano nella normalità . Nell ' essenza , nulla è cambiato . Dopo martedì 31 ottobre , cioè da quando qui ci siamo calmati , voi continuate a chiederci se il malato è ammalato . Però io di malattie non ne vedo . E ritengo davvero che le cose si svolgeranno più o meno come affermo . La pace , ripeto , avverrà nel giro di poche settimane dopo la ripresa dei negoziati . Non nel giro di molti mesi . Nel giro di poche settimane . Ma quando riprenderanno i negoziati ? È questo il punto . Non appena Le Duc Tho vorrà rivedermi . Sto qui ad aspettare . Ma senza sentirmi inquieto , glielo assicuro . Perbacco ! Prima , fra incontro e incontro passavano due o tre settimane ! Non vedo perché ora ci si debba angosciare se passano giorni . La sola ragione del nervosismo che vi ha preso tutti è che la gente si chiede : « Ma questi negoziati riprenderanno ? » . Quando eravate cinici e non credevate che accadesse qualcosa , non vi accorgevate mai che il tempo passasse . Siete stati troppo pessimisti all ' inizio , poi troppo ottimisti dopo la mia conferenza - stampa , e ora siete di nuovo troppo pessimisti . Non volete mettervi in testa che tutto sta procedendo come io ho sempre pensato dal momento in cui ho detto che la pace era a portata di mano . Allora calcolai un paio di settimane , mi sembra . Ma anche se dovessero essere di più ... Basta , non voglio parlare più del Vietnam . Non posso permettermelo , in questo momento . Ogni parola che dico diventa notizia . Alla fine di novembre forse ... Senta , perché non ci vediamo alla fine di novembre ? Perché è più interessante ora , dottor Kissinger . Perché Thieu , per esempio , l ' ha sfidata a parlare . Legga questo ritaglio del « New York Times » . Porta la frase di Thieu : « Chiedetelo a Kissinger quali sono i punti che ci dividono , quali sono i punti che non accetto » . Mi faccia leggere ... Ah ! No , non gli risponderò . Non terrò conto di questo invito . Ha già risposto lui , dottor Kissinger . Lo ha già detto lui che il punto dolente nasce dal fatto che , secondo l ' accordo da lei accettato , le truppe nordvietnamite resteranno nel Vietnam del Sud . Dottor Kissinger , crede che riuscirà mai a convincere Thieu ? Crede che l ' America dovrà firmare con Hanoi separatamente ? Non me lo chieda . Io devo attenermi a ciò che ho detto pubblicamente dieci giorni fa ... Non posso , non devo considerare un ' ipotesi che penso non si verificherà . Un ' ipotesi che non deve verificarsi . Io posso dirle soltanto che noi siamo determinati a fare questa pace , e che la faremo comunque , nel più breve tempo possibile dopo il mio nuovo incontro con Le Duc Tho . Thieu può dire ciò che vuole . È affar suo . Dottor Kissinger , se le mettessi una rivoltella alla tempia e le ingiungessi di scegliere tra una cena con Thieu e una cena con Le Duc Tho ... chi sceglierebbe ? Non posso rispondere a questa domanda . E se vi rispondessi io dicendo : mi piace pensare che lei andrebbe più volentieri a cena con Le Duc Tho ? Non posso , non posso ... non voglio rispondere a questa domanda . Può rispondere a questa domanda allora : le è piaciuto Le Duc Tho ? Sì . L ' ho trovato un uomo molto dedicato alla sua causa , molto serio , molto forte , e sempre cortese , educato . Talvolta anche assai duro , anzi difficile da trattare : ma questa è una cosa che ho sempre rispettato in lui . Sì , io rispetto molto Le Duc Tho . Naturalmente il nostro rapporto è stato molto professionale ma credo ... credo di aver avvertito una certa dolcezza dietro alle sue spalle . E vero , ad esempio , che a momenti riuscivamo perfino a scherzare . Dicevamo che un giorno io sarei andato a insegnare relazioni internazionali all ' Università di Hanoi e che lui sarebbe venuto a insegnare marxismo - leninismo all ' Università Harvard . Be ' , definirei buoni i nostri rapporti . Direbbe la stessa cosa per Thieu ? Anche con Thieu avevo buoni rapporti . Prima ... Già , prima . I sudvietnamiti l ' hanno detto che non vi siete salutati come i migliori amici . Che hanno detto ? Sì . Affermerebbe il contrario , dottor Kissinger ? Ecco ... Certo avevamo e abbiamo i nostri punti di vista . E non necessariamente gli stessi punti di vista . Dunque diciamo che ci siamo salutati da alleati , io e Thieu . Dottor Kissinger , che Thieu fosse un osso più duro di quanto si credeva è ormai dimostrato . Dunque , anche nei riguardi di Thieu , sente di aver fatto tutto ciò che v ' era da fare oppure spera di poter fare ancora qualcosa ? Insomma , si sente ottimista sul problema Thieu ? Sì che mi sento ottimista ! Ho ancora qualcosa da fare ! Molto da fare ! Non ho affatto finito , non abbiamo affatto finito ! E non mi sento impotente . Non mi sento scoraggiato . Affatto . Mi sento pronto , fiducioso . Ottimista . Se non posso parlare di Thieu , se non posso dirle ciò che stiamo facendo a questo punto delle trattative , ciò non significa che mi appresti a perdere la fiducia di sistemare ogni cosa entro il tempo che dico . Ecco perché è inutile che Thieu chieda a voi giornalisti di farmi definire i punti su cui non ci troviamo d ' accordo . È così inutile che non mi innervosisco neanche a tale richiesta . Del resto io non sono un tipo che si lascia trascinare dalle emozioni . Le emozioni non servono a niente . Meno che a tutto servono a raggiunger la pace . Ma chi muore , chi sta morendo , ha fretta , dottor Kissinger . Sui giornali di stamane c ' era una fotografia tremenda : quella di un giovanissimo vietcong morto due giorni dopo il 31 ottobre . E poi c ' era una notizia tremenda : quella dei 22 americani morti sull ' elicottero abbattuto da una granata vietcong , tre giorni dopo il 31 ottobre . E mentre lei condanna la fretta , il dipartimento americano della Difesa invia nuove armi e nuove munizioni a Thieu , Hanoi fa lo stesso . Quello era inevitabile . Succede sempre prima di un cessate il fuoco . Non ricorda le manovre che avvennero nel Medio Oriente al momento del cessate il fuoco ? Durarono almeno due anni . Sa , il fatto che noi si mandi altre armi a Saigon e che Hanoi mandi altre armi ai nordvietnamiti installati nel Sud Vietnam non significa nulla . Nulla . Nulla . E non mi faccia parlare ancora del Vietnam , la prego . Non vuol parlare neanche del fatto che , secondo molti , l ' accordo accettato da lei e da Nixon sia praticamente un atto di resa ad Hanoi ? È un ' assurdità ! È un ' assurdità dire che il presidente Nixon , un presidente che dinanzi all ' Unione Sovietica e alla Cina comunista e in vista delle sue stesse elezioni ha assunto un atteggiamento di assistenza e di difesa per il Sud Vietnam contro ciò che egli considerava un ' invasione nordvietnamita ... è un ' assurdità pensare che un simile presidente possa arrendersi ad Hanoi . E perché dovrebbe arrendersi proprio ora ? Ciò che noi abbiamo fatto non è stato arrenderci . È stato dare al Sud Vietnam un ' opportunità di sopravvivere in condizioni che sono , oggi , più politiche che militari . Ora tocca ai sudvietnamiti vincere la gara politica che li attende . Come abbiamo sempre detto . Se lei paragona l ' accordo accettato con le nostre proposte dell'8 maggio , si accorge che si tratta quasi della stessa cosa . Non vi sono grosse differenze tra ciò che noi proponemmo lo scorso maggio e ciò che lo schema dell ' accordo accettato contiene . Non abbiamo posto nuove clausole , non abbiamo fatto altre concessioni . Respingo totalmente e assolutamente il giudizio della « resa » . Ma , e ora basta davvero parlare del Vietnam . Parliamo di Machiavelli , di Cicerone , di tutto fuorché del Vietnam . Parliamo della guerra , dottor Kissinger . Lei non è pacifista , vero ? No , non credo proprio di esserlo . Anche se rispetto i pacifisti genuini , non sono d ' accordo con nessun pacifista e in particolare coi pacifisti a metà : sa , quelli che sono pacifisti da una parte e tutt ' altro che pacifisti dall ' altra . I soli pacifisti con cui accetto di parlare sono coloro che sopportano fino in fondo le conseguenze della non violenza : ma anche con loro ci parlo volentieri solo per dirgli che saranno schiacciati dalla volontà dei più forti e che il loro pacifismo può portarli soltanto a orribili sofferenze . La guerra non è un ' astrazione , è qualcosa che dipende dalle condizioni . La guerra contro Hitler , ad esempio , era necessaria . Con ciò non voglio dire che la guerra sia di per sé necessaria , che le nazioni debbono farla per mantenere la loro virilità . Voglio dire che esistono princìpi per i quali le nazioni devono essere preparate a combattere . E della guerra in Vietnam cosa ha da dirmi , dottor Kissinger ? Lei non è mai stato contro la guerra in Vietnam , mi pare . Come avrei potuto ? Neanche prima di avere la posizione che ho oggi ... No , non sono mai stato contro la guerra in Vietnam . Ma non trova che Schlesinger abbia ragione quando dice che la guerra in Vietnam è riuscita solo a provare come mezzo milione di americani con tutta la loro tecnologia fossero incapaci di sconfiggere uomini male armati e vestiti di un pigiama nero ? Questo è un altro problema . Se è un problema che la guerra in Vietnam sia stata necessaria , una guerra giusta , piuttosto che ... Giudizi del genere dipendono dalla posizione che uno assume quando il paese è già coinvolto nella guerra e non resta che da concepire il metodo per tirarlo fuori . Dopo tutto , il mio , il nostro ruolo è stato quello di ridurre sempre di più la misura in cui l ' America era coinvolta nella guerra , e poi finire la guerra . In ultima analisi la storia dirà chi ha fatto di più : se coloro che hanno lavorato criticando e basta o noi che abbiamo tentato di ridurre la guerra e poi l ' abbiamo finita . Sì , il giudizio spetta ai posteri . Quando un paese è coinvolto in una guerra non basta dire : bisogna finirla . Bisogna finirla con criterio . E questo è ben diverso dal dire che entrare in quella guerra fu giusto . Ma non trova , dottor Kissinger , che sia stata una guerra inutile ? Su questo posso essere d ' accordo . Ma non dimentichiamo che la ragione per cui entrammo in quella guerra fu per impedire che il Sud fosse mangiato dal Nord , fu per permettere che il Sud restasse al Sud . Naturalmente con ciò non voglio dire che il nostro obbiettivo fosse solo questo ... Fu anche qualcosa di più ... Ma oggi io non sono nella posizione di giudicare se la guerra in Vietnam sia stata giusta o no , se entrarci sia stato utile o inutile . Ma stiamo ancora parlando del Vietnam ? Sì . E , sempre parlando del Vietnam , crede di poter dire che questi negoziati sono stati e sono l ' impresa più importante della sua carriera e magari della sua vita ? Sono stati l ' impresa più difficile . Spesso anche la più dolorosa . Ma forse non è neanche giusto definirli l ' impresa più difficile : è più esatto dire che sono stati l ' impresa più dolorosa . Perché mi hanno coinvolto emotivamente . Vede , avvicinarsi alla Cina è stato un lavoro intellettualmente difficile ma non emotivamente difficile . La pace in Vietnam invece è stato un lavoro emotivamente difficile . Quanto a definire quei negoziati come la cosa più importante che ho fatto ... No , ciò che io volevo raggiungere non era soltanto la pace in Vietnam : erano tre cose . Quest ' accordo , l ' avvicinamento alla Cina e un nuovo rapporto con l ' Unione Sovietica . Io ho sempre tenuto molto al problema di un rapporto nuovo con l ' Unione Sovietica . Direi non meno che all ' avvicinamento alla Cina e alla fine della guerra in Vietnam . E ce l ' ha fatta . È riuscito il colpo della Cina , è riuscito il colpo della Russia , è quasi riuscito il colpo della pace in Vietnam . Così a questo punto le chiedo , dottor Kissinger , ciò che chiedevo agli astronauti quando andavano sulla Luna : « What after that ? Cosa farai dopo la Luna , cosa potrai fare di più del tuo mestiere di astronauta ? » . Ah ! E cosa le rispondevano gli astronauti ? Restavano confusi e mi rispondevano : « Vedremo ... Non lo so » . Anch ' io . Non lo so proprio cosa farò dopo . Però , contrariamente agli astronauti , non ne resto confuso . Nella mia vita io ho sempre trovato tante cose da fare e son certo che quando avrò lasciato questo posto ... Naturalmente avrò bisogno di un periodo di recupero , di un periodo di decompressione : non ci si può trovare nella posizione in cui mi trovo io , poi abbandonarla e incominciare subito qualcos ' altro . Però , una volta decompresso , son sicuro di trovare un ' attività per cui valga la pena . Non ci voglio pensare ora : influenzerebbe le mie ... il mio lavoro . Stiamo attraversando un periodo così rivoluzionario che pianificare la propria vita , oggigiorno , è un atteggiamento da piccoli borghesi del 1800 . Tornerebbe a insegnare ad Harvard ? Potrei . Ma è molto , molto improbabile . Ci sono cose più interessanti : e se , con tutte le esperienze che ho avuto , non trovassi un modo di mantenermi una vita interessante ... sarà proprio colpa mia . Del resto , non ho mica ancora deciso di lasciare questo lavoro . Mi piace molto , sa ? Certo . Il potere è sempre seducente . Dottor Kissinger , in quale misura il potere l ' affascina ? Cerchi d ' esser sincero . Lo sarò . Vede , quando si ha in mano il potere , e quando lo si ha in mano per un lungo periodo di tempo , si finisce per considerarlo come qualcosa che ci spetta . Io sono certo che , quando lascerò questo posto , avvertirò la mancanza del potere . Tuttavia il potere come strumento fine a se stesso non ha alcun fascino sopra di me . Io non mi sveglio ogni mattina dicendo perbacco , non è straordinario che possa avere a mia disposizione un aereo , che un ' automobile con l ' autista mi attenda dinanzi alla porta ? Ma chi l ' avrebbe detto che sarebbe stato possibile ? No , un discorso simile non mi interessa . E , se mi capita di farlo , non diviene certo un elemento determinante . Ciò che mi interessa è quello che si può fare con il potere . Si possono fare cose splendide , creda ... Comunque non è stata la ricerca del potere a spingermi verso questo lavoro . Se esamina il mio passato politico , scopre che il presidente Nixon non poteva rientrare nei miei piani . Sono stato contro di lui in ben tre elezioni . Lo so . Una volta ha persino dichiarato che Nixon « non era adatto a fare il presidente » . Le capita mai , dottor Kissinger , di sentirsi imbarazzato per questo con Nixon ? Io non ricordo le parole esatte che posso aver pronunciato contro Richard Nixon . Ma suppongo di aver detto più o meno a quel modo dal momento che si continua a ripeter la frase tra virgolette . Se l ' ho detto , comunque , ciò fornisce la prova che Nixon non faceva parte dei miei piani di scalata al potere . E quanto al fatto di sentirmi imbarazzato con lui ... No , non lo conoscevo , ecco tutto . Verso di lui avevo l ' atteggiamento convenzionale degli intellettuali , ecco tutto . Io avevo torto . Il presidente Nixon ha dimostrato una grande forza , una grande abilità . Anche nel chiamarmi . Non l ' avevo mai avvicinato quando mi offrì questo lavoro . Io ne rimasi sbalordito . Dopo tutto egli conosceva la scarsa amicizia e la poca simpatia che avevo sempre mostrato per lui . Oh , sì : dette prova di grande coraggio a chiamarmi . Non ci ha rimesso , dottor Kissinger . Fuorché nell ' accusa che oggi viene rivolta a lei : quella d ' essere la balia mentale di Nixon . È un ' accusa totalmente priva di senso . Non dimentichiamo che , prima di conoscermi , il presidente Nixon era stato molto attivo in politica estera . Essa era sempre stata il suo interesse divorante . Già prima che egli venisse eletto era risultato come la politica estera fosse per lui una questione importantissima . Ha idee molto chiare in proposito . È un uomo forte . Del resto , non si diventa presidenti degli Stati Uniti , non si è nominati due volte candidati presidenziali , non si sopravvive così a lungo in politica , se si è un uomo debole . Del presidente Nixon lei può pensar quel che vuole , ma una cosa è certa : non si diventa presidente due volte perché si è lo strumento di qualcun altro . Certe interpretazioni sono romantiche e ingiuste . Gli è molto affezionato , dottor Kissinger ? Ho un gran rispetto per lui . Dottor Kissinger , la gente dice che a lei non importa nulla di Nixon . Dice che a lei preme fare questo mestiere e basta . Dice che l ' avrebbe fatto con qualsiasi presidente . Io non sono affatto sicuro , invece , che avrei potuto fare con un altro presidente ciò che ho fatto con lui . Un rapporto così particolare , voglio dire il rapporto che c ' è tra me e il presidente , dipende sempre dallo stile dei due uomini . In altre parole , non conosco molti leader , e ne ho conosciuti parecchi , che avrebbero il coraggio di mandare il loro assistente a Pechino senza dirlo a nessuno . Non conosco molti leader che lascerebbero al loro assistente il compito di negoziare coi nordvietnamiti , di ciò informando solo un minuscolo gruppo di persone . Davvero , certe cose dipendono dal tipo di presidente , ciò che ho fatto è stato possibile perché me lo ha reso possibile lui . Eppure lei fu consigliere anche di altri presidenti . Anzi di presidenti avversari a Nixon . Parlo di Kennedy , Johnson ... La mia posizione verso tutti i presidenti è sempre stata quella di lasciare a loro il compito di decidere se volevano o non volevano conoscere il mio parere . Quando me lo chiedevano , io glielo davo : dicendo a tutti , indiscriminatamente , ciò che pensavo . Non me ne è mai importato del partito cui essi appartenevano . Ho risposto con la stessa indipendenza alle domande di Kennedy , di Johnson , di Nixon . Ho dato loro gli stessi consigli . Con Kennedy fu più difficile , è vero . Infatti si usa dire che non andavo troppo d ' accordo con lui . Be ' ... sì : sostanzialmente fu colpa mia . A quel tempo ero troppo più immaturo di adesso . E poi ero un consigliere a tempo perso , non si può influenzare la politica giornaliera di un presidente se lo vedi due volte la settimana mentre gli altri lo vedono sette giorni la settimana . Voglio dire ... con Kennedy e con Johnson io non fui mai in una posizione paragonabile a quella che ho adesso con Nixon . Nessun machiavellismo , dottor Kissinger ? No , nessuno . Perché ? Perché in alcuni momenti , ascoltandola , vien fatto di chiedersi non quanto lei abbia influenzato il presidente degli Stati Uniti ma quanto Machiavelli abbia influenzato lei . In nessun modo . V ' è davvero molto poco , nel mondo contemporaneo , che si possa accettare o usare di Machiavelli . In Machiavelli io trovo interessante soltanto il suo modo di considerare la volontà del principe . Interessante , ma non al punto di influenzarmi . Se vuoi sapere chi mi ha influenzato di più , le rispondo coi nomi di due filosofi : Spinoza e Kant . Sicché è curioso che lei scelga di associarmi a Machiavelli . La gente mi associa piuttosto al nome di Metternich . Il che addirittura è infantile . Su Metternich io ho scritto soltanto un libro che doveva essere l ' inizio di una lunga serie di libri sulla costruzione e la disintegrazione dell ' ordine internazionale nel diciannovesimo secolo . Era una serie che doveva concludersi con la Prima guerra mondiale . Tutto qui . Non può esserci nulla in comune tra me e Metternich . Lui era cancelliere e ministro degli Esteri in un periodo in cui , dal centro dell ' Europa , ci volevano tre settimane per andare da un continente all ' altro . Era cancelliere e ministro degli Esteri in un periodo in cui le guerre erano fatte da militari di professione e la diplomazia era nelle mani degli aristocratici . Come si può paragonare ciò col mondo d ' oggi , un mondo dove non esiste nessun gruppo omogeneo di leader , nessuna situazione interna omogenea , nessuna realtà culturale omogenea ? Dottor Kissinger , ma come spiega l ' incredibile divismo che la distingue , come spiega il fatto d ' essere quasi più famoso e popolare di un presidente ? Ha una tesi su questa faccenda ? Sì , ma non gliela dirò . Perché non coincide con la tesi dei più . La tesi dell ' intelligenza ad esempio . L ' intelligenza non è poi così importante nell ' esercizio del potere e , spesso , addirittura non serve . Allo stesso modo di un capo di Stato , un tipo che fa il mio mestiere non ha bisogno d ' essere troppo intelligente . La mia tesi è completamente diversa ma , le ripeto , non gliela dirò . Perché dovrei , finché sono nel mezzo del mio lavoro ? Mi dica piuttosto la sua . Sono certo che anche lei ha una tesi sui motivi della mia popolarità . Non ne sono certa , dottor Kissinger . Sto cercandola , una tesi , attraverso questa intervista . E non la trovo . Suppongo che alla radice di tutto vi sia il successo . Voglio dire : come a un giocatore di scacchi , le sono andate bene due o tre mosse . La Cina anzitutto . Alla gente piace chi gioca a scacchi e si mangia il re . Sì , la Cina è stata un elemento importantissimo nella meccanica del mio successo . E tuttavia il punto principale non è quello . Il punto principale ... Ma sì , glielo dirò . Tanto che me ne importa ? Il punto principale nasce dal fatto che io abbia sempre agito da solo , Agli americani ciò piace immensamente . Agli americani piace il cow - boy che guida la carovana andando avanti da solo sul suo cavallo , il cowboy che entra tutto solo nella città , nel villaggio , col suo cavallo e basta . Magari senza neanche una rivoltella perché lui non spara . Lui agisce e basta : dirigendosi nel posto giusto al momento giusto . Insomma , un western . Ho capito . Lei si vede come una specie di Henry Fonda disarmato e pronto a menar botte per onesti ideali . Solitario , coraggioso ... Non necessariamente coraggioso . Infatti a questo cow - boy non serve essere coraggioso . Gli basta e gli serve essere solo : dimostrare agli altri che entra in città e fa tutto da solo . Questo personaggio romantico , stupefacente , mi si addice proprio perché esser solo ha sempre fatto parte del mio stile o , se preferisce , della mia tecnica . Insieme all ' indipendenza . Oh , quella è molto importante in me e per me . Infine , la convinzione . Io sono sempre convinto di dover fare quello che faccio . E la gente lo sente , ci crede . E io ci tengo al fatto che mi creda : quando si commuove o si conquista qualcuno , non lo si deve imbrogliare . Non si può nemmeno calcolare e basta . Alcuni credono che io progetti con cura quali saranno le conseguenze , sul pubblico , di una mia iniziativa o di una mia fatica . Credono che tale preoccupazione non abbandoni la mia mente . Invece le conseguenze di ciò che faccio , voglio dire il giudizio del pubblico , non mi hanno mai tormentato . Io non chiedo popolarità , non cerco popolarità . Anzi , se vuoi proprio saperlo , non me ne importa nulla della popolarità . Non ho affatto paura di perdere il mio pubblico , posso permettermi di dire ciò che penso . Sto alludendo alla genuinità che v ' è in me . Se io mi lasciassi turbare dalle reazioni del pubblico , se mi muovessi spinto soltanto da una tecnica calcolata , non combinerei nulla . Guardi gli attori : quelli veramente buoni non si servono solo della tecnica . Recitano allo stesso tempo seguendo una tecnica e la loro convinzione . Sono genuini come me . Non dico che tutto ciò debba durare per sempre . Anzi , può evaporare con la stessa velocità con cui è venuto . Tuttavia per ora c ' è . Sta forse dicendomi che lei è un uomo spontaneo , dottor Kissinger ? Mio dio : se metto da parte Machiavelli , il primo personaggio con cui mi viene naturale associarla è quello di un matematico freddo , controllato fino allo spasimo . Mi sbaglierò , ma lei è un uomo molto freddo , dottor Kissinger . Nella tattica , non nella strategia . Infatti credo più nei rapporti umani che nelle idee . Uso le idee ma ho bisogno di rapporti umani , come ho dimostrato nel mio lavoro . Ciò che mi è successo , in fondo , non mi è successo per caso ? Perbacco , io ero un professore totalmente sconosciuto . Come potevo dire a me stesso : « Ora manovro le cose in modo da diventare internazionalmente famoso » ? Sarebbe stata pura follia . Volevo essere dove accadono le cose , sì , ma non ho mai pagato un prezzo per esserci . Non ho mai fatto concessioni . Mi son sempre lasciato guidare dalle decisioni spontanee . Uno potrebbe dire : allora è successo perché doveva succedere . Si dice sempre così quando le cose sono successe . Non si dice mai così delle cose che non succedono : non è mai stata scritta la storia delle cose non successe . In un certo senso , però , io sono un fatalista . Credo nel destino . Sono convinto , sì , che ci si debba battere per raggiungere uno scopo . Ma credo anche che vi siano limiti alla lotta che l ' uomo può fare per raggiungere uno scopo . Un ' altra cosa , dottor Kissinger : ma come fa a mettere insieme le tremende responsabilità che si è assunto e la frivola reputazione di cui gode ? Come fa a farsi prendere sul serio da Mao Tse - tung , da Ciu En - lai , da Le Duc Tho , e poi farsi giudicare come uno spensierato seduttore di donne o addirittura un playboy ? Non la imbarazza ? Nient ' affatto . Perché dovrebbe imbarazzarmi quando vado a negoziare con Le Duc Tho ? Quando parlo con Le Duc l ' ho so cosa devo fare con Le Duc Tho e quando sono con le ragazze so cosa devo fare con le ragazze . D ' altronde , Le Duc Tho non accetta mica di negoziare con me perché rappresento un esempio di pura rettitudine . Accetta di negoziare con me perché vuole alcune cose da me allo stesso modo in cui io voglio alcune cose da lui . Guardi , nel caso di Le Duc Tho , come nel caso di Ciu En - lai e di Mao Tse - tung , io penso che la reputazione di playboy mi sia stata e mi sia utile perché ha servito e serve a rassicurare la gente . A dimostrarle che io non sono un pezzo da museo . Comunque , quella reputazione da frivolo mi diverte . E pensare che io la ritenevo una reputazione immeritata , insomma una messa in scena più che una verità . Be ' , in parte è esagerata : ovvio . Ma in parte , ammettiamolo , è vera . Ciò che conta non è in quale misura sia vera o in quale misura io mi dedichi alle donne . Ciò che conta è in quale misura le donne facciano parte della mia vita , ne siano una preoccupazione centrale . Ebbene , non lo sono per niente . Per me le donne sono soltanto un divertimento , un hobby . Nessuno dedica tempo eccessivo agli hobby . E che io dedichi loro un tempo limitato si capisce dando un ' occhiata alla mia agenda . Le dirò di più : non di rado preferisco vedere i miei due bambini . Li vedo spesso , infatti , sebbene non come prima . Di regola ci passo insieme il Natale , le feste importanti , diverse settimane in estate , e vado a Boston una volta al mese . Per trovarli . Certo sa che sono divorziato da anni . No , il fatto d ' essere divorziato non mi pesa . Il fatto di non vivere coi miei bambini non mi dà complessi di colpevolezza . Dal momento che il mio matrimonio era finito , e non finito per colpa dell ' uno o dell ' altra , non c ' era ragione di rinunciare al divorzio . Del resto sono molto più vicino ai miei figli ora di quanto lo fossi quando ero marito della loro madre . Sono anche molto più felice , ora , con loro . Lei è contro il matrimonio , dottor Kissinger ? No . Quello del matrimonio o non matrimonio è un dilemma che può risolversi come questione di principio . Potrebbe accadere che mi risposassi ... sì che potrebbe accadere . Però , sa : quando si è persone serie come lo sono io , dopotutto , coesistere con qualcun altro e sopravvivere a tale coesistenza è molto difficile . II rapporto tra una donna e un tipo come me è inevitabilmente così complesso ... Bisogna andar cauti . Oh , mi è difficile spiegare queste cose . Io non sono una persona che si confida coi giornalisti . L ' ho capito , dottor Kissinger . Non ho mai intervistato qualcuno che sfuggisse come lei alle domande e alle definizioni precise , nessuno che si difendesse come lei dall ' altrui tentativo di penetrare la sua personalità . È timido , lei , dottor Kissinger ? Sì . Abbastanza . Però in compenso credo d ' essere assai equilibrato . Vede , c ' è chi mi dipinge come un personaggio tormentato , misterioso , e chi mi dipinge come un tipo quasi allegro che sorride sempre , ride sempre . Entrambe le immagini sono inesatte . Io non sono né l ' uno né l ' altro . Sono ... Non le dirò cosa sono . Non lo dirò mai a nessuno .