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> anno_i:[1970 TO 2000} > autore_s:"Galli Giorgio"
StampaQuotidiana ,
A una settimana dal voto , una riflessione più pacata può integrare , e in parte correggere , le riflessioni immediate . La prima considerazione è che se l ' insuccesso della sinistra è fuori discussione , la vittoria della destra è meno evidente di quanto i commenti dei primi giorni abbiano lasciato intendere . Non si può dire che gli italiani abbiano scelto Berlusconi : su 48 milioni di elettori solo 8 hanno votato per Forza Italia . Dopo il confronto televisivo con Occhetto , il Cavaliere , in una festa con i suoi sostenitori , deplorando di non poter utilizzare appieno il suo apparato propagandistico aveva detto di temere che un consenso giunto al 40 per cento potesse scendere al 20 . Aggiungeva , però , che gli ultimi sondaggi ( da non rendere pubblici ) gli assicuravano ancora un terzo dei suffragi . Era il 23 marzo . Cinque giorni dopo , Forza Italia si assestava proprio al 21 per cento , solo mezzo punto in più dello sconfitto PDS . Sconfitta , in termini di voti , era anche la Lega , che col suo 8,4 per cento scendeva al di sotto del livello del 1992 , dopo che nel 1993 il suo consenso poteva valutarsi al 20 per cento . Il risultato migliore del Polo della libertà e del Buon governo era quello di Alleanza Nazionale , il cui 13,6 per cento è determinante nel collocare il Polo al di sopra del 40 per cento . Senza la Fiamma lo schieramento , col 29,4 per cento , sarebbe di un solo punto al di sopra dei progressisti , che , senza Rifondazione , inutilizzabile come forza di governo , si collocano al 28,4 . Queste cifre ridimensionano il quadro di una destra trionfante e di una sinistra a pezzi . È un ' immagine rafforzata dal grande divario di seggi alla Camera , conseguenza sia della legge elettorale che di una sua utilizzazione da parte di un elettorato che ha preferito la polarizzazione alla frammentazione : da qui la frana degli alleati non comunisti del PDS e le proporzioni della sconfitta progressista nel lombardo - veneto . Proprio perché è stato il lombardo - veneto , con la Lega , a battere i partiti della Prima Repubblica , si può capire la difficoltà di Bossi . Non è detto che il suo problema sia quello di venir meno all ' impegno di non fare « mai » un governo con i « fascisti » , con la « destra forcaiola » . Se si trattasse solo di modificare una posizione non sarebbe la prima volta nella vita politica . Ma il fatto è che omologandosi a una destra egemonizzata da Forza Italia , la Lega potrebbe ridursi a un soggetto marginale nel giro di un anno , già alle elezioni regionali del 1995 . La distribuzione del 43 per cento dei voti che la Lega aveva raccolto a Milano nello scorso giugno ( oggi 15 alla Lega , 28 a Berlusconi ) è per Bossi un campanello d ' allarme che potrebbe trasformarsi in un rintocco funebre . Egli ha oggi il gruppo parlamentare più numeroso , al quale spetterebbe il primo incarico per la formazione del governo in assenza di una maggioranza precostituita . Ma è un vantaggio temporaneo , in una situazione precaria . Se la Lega non trasforma il federalismo da slogan in progetto preciso , il suo destino potrebbe essere segnato . Quella di Bossi non è una pretattica , come afferma Fini , ma esigenza di sopravvivenza . Ed è questa situazione che offre al PDS una occasione che potrebbe cogliere , se il suo gruppo dirigente passasse la mano , invece di rimanere paralizzato nella rassegnazione . Occhetto e D ' Alema possono uscire onorevolmente di scena e contribuire al ruolo che il partito può svolgere con la loro esperienza di parlamentari . Questo ruolo non si capisce perché debba essere quello di assistere inerti , all ' opposizione , a un governo egemonizzato da Forza Italia . Questo governo potrebbe essere in grado di promuovere quell ' ampio consenso che Berlusconi sperava e che non ha ottenuto , tanto che al Senato manca la maggioranza . Essa sarebbe comunque risicata ( e probabilmente inadeguata ai compiti che l ' attendono ) , anche col voto dei senatori a vita della vecchia DC . Un PDS rinnovato al vertice potrebbe proporsi per il sostegno esterno a una coalizione con forte maggioranza nei due rami del Parlamento , in grado di procedere rapidamente al necessario riassetto istituzionale , con quella larga autonomia di macroregioni che non si vede come Alleanza Nazionale potrebbe accettare . Senza una mossa d ' anticipo , l ' attendere che siano Segni , Pannella e Formigoni ad ampliare l ' orizzonte della destra non aprirebbe la via a una opposizione in grado di essere alternativa ma a una egemonia moderata proiettata verso il Duemila . Un PDS protagonista costituente della Seconda Repubblica potrebbe invece superare la frustrazione del 28 marzo , che in caso contrario potrebbe protrarsi indefinitamente .