Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> anno_i:[2000 TO 2030} > categoria_s:"StampaQuotidiana"
Note di un'antiamericana ( Rossanda Rossana , 2001 )
StampaQuotidiana ,
Non è dei poveri né per i poveri la dirigenza della Jihad , è agita da potentati politici e finanziari che degli States conoscono il funzionamento . Si è sbagliato chi di noi ha pensato che l ' unificazione capitalistica facesse degli Usa un impero (...) Mi si dirà antiamericana ? Sono antimperialista , altra parola che mi sembra bollata di ostracismo . O siete con me o siete con bin Laden , grida Bush , mentre si appresta a punire l ' Afghanistan , talebani , non talebani e popolo inclusi . Conosco il ricatto . Non ci sto . Non mi schiero con Bush e lascio agli stolti di dedurne che sono con bin Laden . Vorrei ragionare su quel che è successo , su quel che può succedere e sul che fare . L'11 settembre non è stata una guerra . Le guerre impegnano le nazioni . E ' stato un atto terroristico e ne possiede tutti i lineamenti : la priorità del simbolo , il colpire inatteso , la segretezza della mano , l ' intreccio omicidio suicidio , destinati a moltiplicare il panico . Il terrore ha per primo fine il terrore . Non tutti i molti attentati della storia sono terroristici , ma questo sì : chi lo ha compiuto conosceva il bersaglio , le debolezze del suo dominio dal cielo , la sicura amplificazione dei media . Grazie ai quali le due Torri sono crollate non una ma diecimila volte sugli schermi , aiutando a gridare : è una guerra e chiamando alla guerra . Gli attentatori lo avevano certamente messo nel conto . Non è stata l ' apocalisse . Non nell ' accezione ingenua della devastazione enorme : altre più massicce devastazioni si sono seguite negli ultimi dieci anni . Ma non abbiamo definito apocalisse quella dei centocinquantamila sgozzati in Algeria , dei sei settecentomila Tutsi uccisi dagli Hutu , dei trecentomila ammazzati nell ' Iraq dall ' operazione " Tempesta nel deserto " e il mezzo milione di bambini che muoiono , si dice , per l ' embargo dei medicamenti . Tanto meno i trentacinquemila morti in Turchia e i settantamila in India , in questo stesso 2001 , anche se la speculazione non è estranea a quelle catastrofi . Dunque alcune stragi pesano come montagne , altre come piume ? Se non è corretto valutare un evento soltanto dal numero delle vittime non è neanche lecito valutarlo soltanto dal vulnus portato all ' idea di sé che ne ha chi ne è ferito , in questo caso gli Stati uniti . Ancora più torbido il richiamo colto all ' Apocalisse : scontro finale fra la Bestia e l ' Agnello . Il Bene siamo noi la Bestia sono loro . Così ha detto Bush e ha aggiunto " Dio è con noi " . Non è stato l ' assalto dell ' Islam alla cristianità , come sulle prime si è detto ( antinomia veneranda , ricorda Bocca ) . Poi ci si è ritratti con imbarazzo : non è l ' Islam ma il fondamentalismo islamico che colpisce l ' occidente cristiano . Ma l ' Islam è un oceano e dimostrare che ha i suoi fondamentalismi è facile quanto dimostrare quelli del cristianesimo e dell ' ebraismo . E tuttavia Ariel Sharon non è " gli ebrei " , Pio XII non è stato " i cattolici " e neppure lo stolto Bush è " gli americani " , anche se di queste aree sono o sono stati i leader designati . Cattiva polemica , confusione . In verità nulla fa pensare che quello alle due Torri sia un attacco al cristianesimo , dubito che sia un attacco alla democrazia , certo non lo è al mondo delle merci e dei commerci contro il quale nessuno nell ' Islam , neanche i talebani , ha nulla . Chi ha colpito ha voluto colpire l ' arroganza degli Stati uniti nel Medioriente e metterne in difficoltà gli stati arabi alleati . Non è stata una vendetta dei poveri . L ' Islam non parla di questione sociale , ma senza questo i poveri non sono in grado di compiere che una jacquerie . L ' attacco alle due Torri è tutto fuorché una jacquerie . Non è dei poveri né per i poveri la dirigenza della Jihad , che traversa tutto l ' Islam senza avere ( ancora ) uno stato proprio e gioca anche sulla disperazione , ignoranza ed oppressione delle masse il cui consenso è necessario alle dittature arabe , costringendo queste ultime a tirare il sasso e nascondere la mano . La Jihad è agita da potentati politici e finanziari che degli States conoscono il funzionamento e i mezzi e in questo senso Osama bin Laden , saudita , già agente della Cia , è un modello . Viene da una famiglia che dal 1940 è il più forte gruppo di costruzione e trasporti dell ' Arabia saudita , ma partecipa a holding dell ' elettricità ( a Rihad e a La Mecca , a Cipro e in Canada ) , nei petroli , nell ' elettronica , nell ' import - export , nelle telecomunicazioni ( Nortel e Motorola ) e nei satelliti ( Iridium ) . Famiglia e Arabia saudita hanno liquidato Osama con due miliardi di dollari che egli gestisce sulle borse e nella miriade di società off shore dei suoi . E alimenta le ong islamiche Relief e Blessed Relief . Questi sono " loro " , la Bestia contro la quale ci leviamo , noi , il Bene . Sono quelli che gli Stati uniti hanno creduto di utilizzare in Afghanistan e nel Medioriente e oggi gli si rivoltano contro . E ' una lotta per il dominio in quello scacchiere . Non è fra i guai minori di Bush che i saudiani siano i maggiori finanziatori della Jihad ma l ' Arabia saudita il paese più intrinsecamente legato agli interessi americani . La vera domanda è perché ora ? Fino a dieci anni fa la Jihad non era così forte e fino a dieci giorni fa agiva solo all ' interno dell ' Islam , ala ortodossa contro le " deviazioni " , l ' Algeria è il più sanguinoso esempio . Finché non ne è stato toccato , l ' occidente non se ne è curato affatto , privilegiando i rapporti d ' affari , massacratori o fondamentalisti che fossero i detentori di gas per l ' Europa , di armi contro l ' Unione sovietica o gli alimentatori di un contenzioso pakistano contro l ' India . Non se ne è curato quando sotto gli occhi di tutti sono affluiti , negli ultimi anni , ad addestrarsi nell ' Afghanistan , i fondamentalisti di ogni provenienza . E invece si doveva vedere come la Jihad assumesse grandi dimensioni da quando il Medioriente ha smesso di essere assieme paralizzato e coperto dal deterrente delle due superpotenze e una sola di essa è rimasta in campo , gli Stati uniti . I quali sono diventati parte in causa , sollecitatori e finanziatori di tutti i conflitti del settore , per i loro immediati interessi o per inintelligenza dei processi . Neanche l ' acuto Noam Chomski si ricorda che prima del 1989 una guerra nel Golfo sarebbe stata impensabile . E che chi negli emirati vi ha chiamato gli States , da tempo non apprezza che essi così pesantemente vi restino . Non apprezza , il mondo arabo , che gli Usa esigano il rispetto delle risoluzioni dell ' Onu dall ' Iraq ma non lo esigano ( e non occorrerebbe una guerra ) da Israele . La Jihad insomma è cresciuta nel venire affine di qualsiasi visione laica di riscatto di quelle popolazioni con la caduta dell ' Urss e col blocco assieme contingente e leonino fra dirigenze arabe e Pentagono . Nazionalismo , fondamentalismo , concretissimi interessi di alcuni e disperazioni di molti hanno fatto della Jihad la miscela esplosiva che oggi è . Azioni e reazioni degli Stati uniti le hanno facilitato il terreno di coltura , come lo accrescerà la dissennata reazione di Bush che farà a pezzi in Afghanistan molti , non bin Laden , e però non oserà invaderlo : i russi gli hanno spiegato che non ce la farebbe . Ma bombarderà a destra e a sinistra Kabul e forse , secondo le abitudini , Baghdad . Si è sbagliato chi di noi ha pensato che l ' unificazione capitalistica facesse degli Usa un impero , sia pur meno colto di quello che già non piaceva a Tacito , ma che sarebbe stato oggettivamente assimilatore e mediatore . Gli Usa non sono questo . Si muovono in modo ancora più arrogante di Francia e Inghilterra , che avevano spartito con l ' ascia la regione , e per di più in tempi che offrono a chi si sente umiliato e offeso i mezzi e i saperi per destabilizzare chi lo umilia o lo offende . Nulla è stato più stupido che allevare il terrorismo e pensare di servirsene . Esso è imprendibile e lo resterà finché non avrà perduto il consenso sul suo proprio terreno . Ma non lo perderà di certo mentre Bush bombarda l ' Afghanistan . Anzi con questa azione gli Stati uniti perderanno anche il sostegno degli stati arabi finora amici . La Lega araba ha già cominciato . Bush si infila in una guerra dalla quale non tirerà fuori i piedi perché l ' ha promessa ai suoi concittadini , che al 92 per cento la vogliono anche loro : ma non dividerà gli stati arabi , e accrescerà il potenziale di vendetta della Jihad . La sola guerra che è in grado di vincere è in casa sua contro la tanto vantata " società aperta " : effetto fatale delle emergenze . Si espone a essere colpito di nuovo , a non vincere da nessuna parte e perdere poco a poco il consenso che la scossa dell'11 settembre gli ha dato . Ci sono errori senza rimedi . Se ne accorge l ' Europa che ora lo sostiene ora ne prende le distanze , firma patti scellerati con la Nato e poi elucubra sull ' articolo 5 , non vuole mandare i ragazzi di leva nelle montagne afghane né complicarsi le cose con i musulmani che si trova in casa , né col Mediterraneo , dove l ' Italia della seconda repubblica - sia detto fra parentesi - fa ancora meno politica della prima . Dovremmo accorgercene anche noi , che pure siamo stretti fra la spada e il muro , perché non c ' è occasione che non sia buona per cercare di massacrare la poca sinistra che resta . Abbiamo anche noi le nostre colpe , non fosse che di omissione . Scrive Pintor che non ci aspettavamo quel che è successo : è vero . Ma non è una virtù . Come gli Usa abbiamo guardato a noi stessi e non al mondo , dove pure nulla era nascosto . Coprendoci il capo con la cenere dei comunismi , abbiamo cessato di guardare a chi era incastrato in condizioni materiali più delle nostre tremende . Prendiamo la Palestina : uno stato confusionale fa oscillare la sinistra fra senso di colpa verso gli ebrei , rigurgiti di antisemitismo e , come ha scoperto Mannheimer , vorremmo tanto che i palestinesi smettessero di agitarsi . Tale è il peso del fallimento dei socialismi reali che alcuni di noi si sono persuasi che nulla ci sia da fare , tanto il male è nel mondo e il mondo è del male , mentre alcuni altri si sono illusi sulle virtù rivoluzionarie di identità arcaiche , che ci sono parse lodevoli perché antimoderniste e tutte si sono involte su sé stesse , fra degenerazione e paralisi . Ora gli eventi ci presentano i conti e bisogna rispondere per quello che siamo . Non siamo tutti americani - io almeno non lo sono . Non apprezzo i " valori " liberisti che gli Stati uniti impongono , mi duole il lutto dei loro cittadini ma non mi piace che si credessero al di sopra delle conseguenze di quel che il loro paese fa . Mi si dirà antiamericana ? Sì lo sono , e mi stupisco che esitino tanto ad esserlo molti amici che più di me in passato lo erano . Considero che gli Stati uniti stiano facendo ancora una politica imperialista che ferisce altre popolazioni e si rivolterà contro loro stessi : sono antimperialista , altra parola che mi sembra bollata di ostracismo . La verità è che siamo deboli . Ma questo non ci assolve dal dire no , Bush è un pazzo pericoloso , non colpirà la Jihad ma molta gente senza colpa , e spingerà gli Stati uniti a vivere assediando il mondo e ad esserne assediati .
L'abc della moralità politica ( Veca Salvatore , 2001 )
StampaQuotidiana ,
Una campagna elettorale decente ? Ecco tre idee che ci possono aiutare . Nel confronto non ci sono nemici , solo avversari . Le regole vanno osservate , anche quando non ci piacciono . E ci vuole rispetto tra i competitori . Negli anni Trenta del secolo scorso Carlo Rosselli si chiede nel suo Socialismo liberale quale fosse la natura del conflitto politico in una democrazia . Si chiedeva anche perché fosse fondamentale l ' osservanza del " metodo liberale o democratico di lotta politica " . Vale la pena di riflettere sulle sue risposte . Il metodo di lotta politica è quel metodo chi " per la intima essenza , è tutto penetrato dal principio di libertà . E ancora : " Sul terreno politico si potrebbe definire come un complesso di regole di giuoco che tutte le parti in lotta si impegnano a rispettare . Prima ancora di essere un sistema di meccanica politica , esso vuol essere una sorta patto di civiltà che gli uomini di tutte le fedi stringono fra loro per salvare nella lotta gli attributi della loro umanità " . Ci sono almeno tre idee importanti in queste parole di Rosselli pensate e scritte al confino di Lipari negli anni terribili del collasso europeo delle democrazie , gli anni del consolidamento e della nascita dei regimi totalitari . Tre idee che possono forse aiutarci a fissare i minima moralia di una campagna elettorale decente . La prima riguarda la mutua compatibilità fra la condivisione di alcuni valori politici di base e la sacrosanta divisione fra idee di società e di agenda politica alternative fra loro . In parole povere , non c ' è alcuna contraddizione fra quanto ci unisce e quanto ci divide . Dividendoci nettamente , radicalmente e duramente su promesse distinte di governo , noi non revochiamo la nostra lealtà civile a quanto in ogni caso ci accomuna . E accettare questa prima idea è solo un atto dovuto per chiunque accetti e sostenga la priorità della libertà delle persone come valore che non è controverso . Come valore che è e deve essere sottratto alla controversia . Questo vuol dire che nel confronto non ci sono nemici : ci sono avversari . Ci sono competitori , punto e basta . Chi si confronti con gli avversari trattandoli come nemici viene meno alla prima regola aurea del metodo e non prende sul serio nei fatti la priorità della libertà delle persone , per quanto liberale si dichiari a parole . Veniamo alla seconda idea : essa chiarisce la natura propriamente controversiale della democrazia che proprio nella fase elettorale assume un carattere di spicco . Non c ' è democrazia senza conflitto . Il patto di civiltà , di cui parlava Carlo Rosselli nei terribili anni Trenta di un secolo in cui , come si dice , chiunque desiderasse una vita tranquilla ha fatto male a nascere , regola il conflitto . A che cosa servono le regole per la competizione , le famose regole del gioco ? Esse stabiliscono quali mosse siano ammesse e quali no . E se i partecipanti vogliono giocare a quel gioco , vogliono vincere quella partita , vogliono prevalere sugli avversari con un punteggio superiore che , fino a prova contraria , consiste nell ' ammontare di fiducia che ottengono dai votanti . Chiunque sgarri rispetto alle regole , le violi o le usi opportunisticamente si tira fuori , defeziona dalla controversia democratica . Contravviene ai fondamentali della moralità politica ed è semplicemente degno di biasimo . L ' insofferenza per le regole è un brutto segnale . E non vale l ' argomento per cui non ci piacciono le regole e , quindi , non siamo tenuti a osservarle . Al critico delle regole si dovrà replicare che c ' è un solo modo nella controversia democratica , per ottenere il cambiamento delle regole o la loro abolizione , se è il caso . E ' quello di far crescere il consenso e la fiducia a favore della propria posizione che deve misurarsi lealmente con quella degli avversari . Osservo di sfuggita che per misurarsi con gli avversari è sfortunatamente necessario che ci si confronti , davanti a un uditorio , con gli avversari . Se no , di che diavolo di confronto democratico parliamo ? E perché tirare in ballo la solenne natura controversiale della democrazia ? Che Berlusconi insista nel rífiutarsi a un confronto con Rutelli è intrinsecamente sbagliato . Uno potrebbe obiettare : perché è sbagliato ? Che male c ' è ? Non è forse libero di scegliere il leader della Casa delle libertà ? Per replicare , ci viene in soccorso la terza idea sui minima moralia di una campagna elettorale decente . La terza idea è quella del mutuo riconoscimento o dell ' eguale rispetto dovuto a chiunque sia un partecipante alla competizione . L ' espressione " eguale rispetto " è terribilmente vaga . E ' curioso che noi sappiamo benissimo spiegare in quali circostanze proviamo l ' esperienza del deficit o della mancanza del rispetto da parte di altri e facciamo più fatica a chiarire le cose in positivo . Rispettare una persona non vuol dire esprimere stima nei confronti di quella persona . La stima è variabile , dipende dal merito o dal valore di mercato di una persona per le sue capacità , le sue competenze o le sue abilità in un qualche campo . L ' egualitarismo con la stima fa dei brutti scherzi . Ma il rispetto deve essere invece distribuito ugualmente : perché , almeno in democrazia , ciascuno vale almeno quanto ciascun altro . Mancare di rispetto allora vuol dire o ritenere che le persone abbiano solo un valore di mercato o ritenere di valere , per qualche misteriosa ragione , più o molto più degli altri . Queste credenze sono del tutto legittime in molti campi della nostra vita individuale e collettiva , in amore , in affari , in cucina e nello sport . Ma non hanno diritto di cittadinanza nella sfera pubblica della controversia democratica . E questo ce lo suggeriscono le nostre tre idee a proposito dell ' abc della moralità politica .
Sinistra, ricominciamo da tre ( Gravagnuolo Bruno , 2001 )
StampaQuotidiana ,
Metti che due filosofi politici , suppergiù coetanei , decidano di sedersi a un tavolo con un registratore . Per raccontare la loro parabola generazionale , cosi come s ' è dipanata negli ultimi decenni . E per tentare di aggiornare la rotta , riassestando le idee sul corso del mondo . Potrebbero venirne fuori sproloqui . O confessioni reducistiche , specie se i due si sono formati in pieno sessantotto . In passato è già accaduto , e con interlocutori illustri . E il tentativo non ha lasciato tracce , se non fiumi di inchiostro malinconici . Invece , nel caso di Angelo Bolaffi e Giacomo Marramao , il tandem ha funzionato . E il verbale merita di essere conservato : Frammento e sistema ( Donzelli , pagine 173 , lire 18.000 ) . Conservati dai più giovani e anche da quelli - che immersi nella medesima temperie - volessero capire quel che hanno pensato , lungo gli anni , due ex giovani neo - marxisti di fine anni sessanta . I quali , pur senza essere « pentiti » , han mutato a fondo il loro modo di pensare . Bolaffi e Marramao sono due filosofi politici , entrambi legati in origine all ' « impero filosofico del Reich » , alla Germania . Studioso di Weimar e di Weber , il primo . Direttore della Fondazione Basso il secondo : ermeneuta del « tempo » e del nesso « potere - secolarizzazione » , studioso di Mondolfo . Allievo di Colletti , il primo . Di Eugenio Garin il secondo . Due marxisti inizialmente , autori vent ' anni fa su Rinascita di un articolo intitolato « Chi , ha paura di Bad Godesberg ? » , che suscitò reprimende . Oggi approdati a un pensiero di sinistra democratica , che fa perno sui diritti in era di globalizzazione . E sull ' universalismo in era di differenze ed « etiche in conflitto . Frammento e sistema sono i due corni del dilemma ricorrente nel libro . Quello profilatosi con la crisi del marxismo già negli anni settanta . E che vedeva il nichilismo decostruttivo opporsi alla grande sintesi ideologica incrinata . Sino al dilemma attuale , che vede sul pianeta lo scontro / incontro tra dimensione globale e dimensione locale ( il « glocale » ) . Con l ' avvertenza però che non di topografia si tratta . Bensì di « sinergia - allergia » . Compenetrazione tra simultaneità dell ' economia mondiale , e « reazione allergica » di identità culturali attivate e schiacciate dal global - market . Prima di entrare in questa sindrome d ' epoca , sprigionata dal 1989 , soffermiamoci sul cammino anteriore dei due studiosi . E ' la crisi del marxismo e del comunismo lo snodo . E poi , in entrambi , la scoperta di alcune questioni capitali . La crisi di rappresentanza democratica . I divieti dei corporativismi incrociati . La paralisi della decisione . Lo svelarsi nichilistico della politica « infondata » , dissolte ormai le filosofie della storia . E perciò , Schmitt e Kelsen . Nietzsche e Heidegger . E la tragedia di Weimar , laboratorio di una democrazia avanzata che collassa , plebiscitariamente , per eccesso di domande nel 1933 . Ma il tutto ben dentro lo scontro Oriente - Occidente , nel cuore d ' Europa . Notazione interessante a due : il totalitarismo è frutto dell ' esplosione moderna del pluralismo . In una realtà « massificata dalla tecnica » ( Marramao ) . E senza più il freno del « diritto naturale » e dello « Ius pubblicum europaeum » ( Bolaffi ) . Cruna d ' ago per scorgere il futuro ­ cioè l ' oggi - è così il balzo nel passato della democrazia , « prima » della catastrofe continentale del '900 . Gli addentellati a ritroso ? Ben prima del fascismo e del comunismo , stanno in due modelli : lo stato nazione « tellurico - continentale » , e lo « stato « oceanico » di tipo anglo - americano . Sovranità territoriale e arcipelago sovrano , secondo la vecchia profezia di Karl Schmitt . E arriviamo all ' altro fulcro della discussione . Si è eclissato il Leviatano , sia nella forma territoriale che in quella « transmarina » ? Marramao propende per il sì , come pure Bolaffi . E qui forse esagerano , benché poi il primo scorga nuovi « Microleviatani » sulla mappa del dopo '89 . Infatti , non solo ci sono le nuove entità nazionaliste , attivate dal crollo comunista . Ci sono anche gli Usa , rimasti unici arbitri . E quanto all ' Europa , ci son gli stati - guida al suo interno , per nulla intenzionati a rinunciare al loro « direttorio » . Poi c ' è la Russia , neo - stato nazionale , in lizza geopolitica . E la Cina . E i fondamentalismi a base etnico - nazionale . Vince un nuovo bellum omnium contro omnes , per giunta planetario ? Bolaffi ne è preoccupato . Al punto da rivalutare l ' istanza del « diritto naturale » - contro il decisionista Schmitt e contro il relativista Kelsen - come garanzia cosmopolita armata di forza . Marramao al contrario diffida di ogni « etica normativa » , da imporre con i ragionamenti duri del « contratto sociale » , e della filosofia analitica anglosassone ( John Rawls ) . E quindi con l ' imperium degli stati più forti , bardati di tornado e « diritto positivo » . E allora ? Qui la filosofia sconta il suo limite sugli scogli del mondo . Come convincere un Talebano ha gli stessi diritti dell ' uomo ? Che l ' « Altro » ha gli stessi diritti dell ' islamico ? E viceversa , come convincere un « leghista » , a dismettere la sua intolleranza ? Insomma , siamo tutti « stranieri morali » nel mondo che ci divide , e che però ci avvicina in tempo reale e simultaneo . Può bastare , come suggerisce Marramao , lo scambio di reciproche narrazioni tra « diversi » ? O una « fusione di orizzonti » , basata sulla medesima « capacità simbolizzante » che tutti ci accomuna sotto ogni latitudine ? Forse no , senza arene internazionali del diritto , legittimate da forza e da consenso . Altra questione , molto dibattuta nel dialogo : il nesso « interessi - valori - identità » . Ebbene , è giusta la proposta di una « politica universalista delle differenze » avanzata da Marramao , inclusiva di una « Magna carta dei diritti biologici » . Ma perché il tutto non si risolva in un « elegante escamotage » o in « deregulation morale » - come teme Bolaffi - non basta denunciare le opposte prigioni del « comunitarismo » e dell ' « individualismo » . Occorre invece isolare un serie di valori davvero portanti e irrinunciabili . A far da filtro , al di sopra delle « differenze » individuali e di gruppo . E perciò , libertà politiche e civili . Diritto all ' « autorealizzazione » , inclusa l ' attuazione della propria specificità culturale . Diritto alla fecondazione assistita , nel rispetto dei nascituri . Limiti alle manipolazioni genetiche del vivente . E diritti economici : lavoro , bisogni di base , welfare . In tal senso è ben vero che l ' « interesse economico » , senza « forme simboliche » , non si esprime ( Marramao ) . E ' cieco ed afono . Ma non per questo il « conflitto distributivo » finisce . Al contrario , proprio l ' esplodere delle « differenze » segnala l ' irruzione dell ' « economia - mondo - ineguale » , che acuisce il conflitto di culture . E impone quindi politiche economiche post - liberiste , per sedare lo « Scontro di civiltà » che insidia dal di dentro e dal di fuori l ' Occidente ( e Huntington non ignora le « faglie interne » all ' Occidente ! ) . Il capitolo finale del libro porta impressa l ' eco delle Twin - Towers . E vi rimbalzano tutti i temi precedenti . Per Bolaffi e Marramao è ormai fine del « Secolo americano » e unipolare . Una fase che impone di rilanciare il dialogo inter - culturale . Assieme a una nuova geopolitica a più attori . A partire - con Walter Benjamin - dall ' « infelicità degli ultimi » , non dal Bene come « Virtù occidentale » . Nondimeno , per capire la tragedia , non basta dire che il primum movens del fondamentalismo è la « nevrosi identitaria » di un certo Islam subalterno ( Marramao ) . La domanda è : da chi , e perché , quell ' Islam radicale , povero e ricco , è stato eccitato ? Per quale disegno geopolitico ed economico ? Per uscire dal nuovo luttuoso disordine mondiale - oltre la guerra al terrorismo - dobbiamo continuare a chiedercelo . Malgrado gli inviti patriottici al silenzio del professor Panebianco .
StampaQuotidiana ,
Una incredibile notte dalle parti di Tuscania , a due passi da Roma , tra raffiche di mitra , bengala che si alzavano in cielo , gracidio di radio portatili , ordini imperiosi gridati in un megafono e l ' allora colonnello dei carabinieri Mori che , a grandi gesti , invitava noi cronisti a buttarsi per terra per non essere presi in pieno dai colpi . Che anno era ? Non lo ricordo più . Un gruppo di fuoco dei brigatisti rossi , ad un posto di blocco della zona , aveva massacrato due giovanissimi e inesperti carabinieri . Rivedo ancora , con gli occhi della memoria , la scarpa di uno di quei ragazzi che si era sfilata , la banda rossa sui pantaloni della divisa e il corpo appoggiato di lato . Nel buio , nel gelo , tra forre , pozzi e alberi , i due gruppi armati avevano cominciato a spararsi tra loro in un caos indescrivibile e con le pallottole che fischiavano da tutte le parti . Ad un tratto , per la sciabolata di luce di una torcia elettrica , avevo visto Paolo Zardo di « Paese Sera » che cercava di traversare una stradina , senza rendersi bene conto di quello che stava accadendo . Allora mi ero messo a gridare come un pazzo : « Paolo , Paolo , buttati giù . Qui sparano tutti » . Il colonnello Mori , mi aveva tirato per il cappotto per mettermi al riparo . Ma io continuavo ad urlare : « Paolo , Paolo , attento » . Per un attimo , mi si erano parati davanti i visi in lacrime di Lilli Bonucci , la « sua ragazzona » e quelli dei loro figli piccolissimi : Piero e Francesco . Allora avevo spiccato la corsa e raggiunto Paolo in mezzo alla stradina . Lo avevo subito acchiappato al volo scaraventandolo a terra in mezzo alla polvere nella quale eravamo rotolati insieme . Ricordo ancora un paio di insulti in veneziano e una specie di grido strozzato : « Ma che cazzo fai ? » . La spiegazione aveva richiesto solo qualche istante affannoso . Quello era il lavoro , di giorno e di notte , di noi cronisti , nel periodo più terribile e angoscioso del terrorismo . Fu l ' ultima volta che lavorai con Paolo Zardo e non riesco che a ricordarlo come lo vidi in quella situazione : calmo , tranquillo , con il loden verde in quella notte maledetta , piena di freddo paura e angoscia . Caro Paolo , quanto lavoro e quanta fatica , in nome della verità , della giustizia . E con la profonda convinzione che stavamo combattendo per una Italia migliore , contro le trame , le stragi , il golpismo imperante e per la democrazia del nostro scassatissimo paese . Ma di quale giornalismo distaccato e freddo si va raccontando ? C ' erano le trame nere e i delitti infami dei brigatisti rossi che , stranamente , sparavano ai magistrati democratici e onesti o a semplici carabinieri e poliziotti da un milione e mezzo al mese . Subito dopo gridavano di aver « colpito al cuore lo Stato » . Ci facevano orrore le loro chiacchiere , i loro documenti di rivendicazione , così ridondanti , difficili , funerei , scritti con la puzza sotto il naso e molto , molto borghesi . Un anno fa , proprio in questi giorni , Paolo Zardo è andato via per sempre e all ' improvviso . Era convinto che , forse , ce l ' avrebbe fatta con quel suo cuore ballerino . Invece proprio lui , il cuore , lo aveva fregato . Ma il cuore , per convenzione , è anche sede di tante cose . Il tuo era quello di uomo coraggioso , di una persona leale e onesta . Onesta e testarda come lo sono tutti i veneziani . Quelli che , quando scelgono , scelgono fino in fondo , costi quel che costi . Viene da ridere a pensare che eri l ' unico cronista e inviato di « Paese Sera » che avrebbe voluto lavorare , come atto di fede , all ' Unità dove , ai vecchi tempi , davano lo stipendio di un operaio metallurgico . Al grande e diffusissimo « Paese Sera » , la paga era , invece , quella sindacale . Insomma , eri uno dei pochi che chiedeva , in nome di quel tuo essere comunista e iscritto al Pci , di guadagnare ancora di meno , lavorando - come si diceva allora - nel giornale di Gramsci e di Togliatti . Ovviamente non ti accontentarono mai . Tra i banconi della tipografia e le grandi stanze a vetrate della vecchia sede di via dei Taurini , eri necessario per « Paese Sera » che aveva bisogno di cronisti con i fiocchi che credevano davvero - senza puzza sotto il naso - in quel che stavano facendo . A volte , negli intervalli del pranzo , ne parlavamo fuori , facendo due passi . Ci raggiungeva Gianni Rodari che , con grande dolcezza , ti diceva di piantarla . Eri un comunista ? Allora dovevi stare dove eri più utile al partito e al giornale . E tu , ovviamente , brontolando a bassa voce come facevi sempre , finivi per dire , ridendo : « Va bene , obbedisco » . Un anno fa , quando Paolo Zardo ci ha lasciati , l ' Unità non era in edicola e non abbiamo potuto ricordarlo come sarebbe stato giusto . Né lui , né il suo lavoro . Lo facciamo ora . Nato nel 1928 , Paolo Zardo , figlio di musicisti , era subito entrato in contatto con i giornali . Era orgogliosissimo di essere un veneziano puro , vero , autentico . Nel 1958 era arrivato a Roma e lo avevano piazzato subito nella cronaca di « Paese Sera » . Era curioso , onesto . Scriveva con misura e senza esagerazioni . Quando aveva in mano una qualche notizia , riusciva sempre ad arrivare fino in fondo . Dopo una certa attesa ( allora non era facile diventarlo ) lo avevano promosso « inviato di cronaca per i grandi fatti » . Così , Zardo aveva seguito , con dolore , orrore e rabbia , la strage di Piazza Fontana , quella di Brescia , quella dell ' Italicus , i neofascisti di Pian di Rascino , il sequestro di Cristina Mazzotti , il terremoto in Friuli , i funerali di Togliatti , l ' assassinio di Moro . Mille volte e a qualunque ora , ci incontravamo sul lavoro . Purtroppo , ricordare un cronista e un inviato , significa sempre ricollegarsi ai grandi « fatti » e alle tragedie di mezzo mondo per raccontare le quali i giornalisti - sia detto senza retorica - spendono tutto il loro tempo , la passione , la fatica e , a volte , persino la vita . Paolo Zardo ha sempre dato con generosità e coraggio . Fare il cronista , per lui , significava semplicemente stare con la gente , aiutarla , capirla , dare una mano . Paolo , nella vita , ha scritto un solo libro . Era intitolato : « Cronaca addio » .
StampaQuotidiana ,
Il governo di un tema delicatissimo come quello delle biotecnologie è una responsabilità dalla quale la sinistra non si può sottrarre . Sino ad oggi , e forse lo sarà ancora nel futuro , il confronto si è animato da posizioni che non comunicano , chiuse nelle reciproche certezze . E l ' attuale codificazione internazionale non è in grado di garantire i consumatori . Così prevalgono i massimalismi e la sfiducia nei processi regolativi , le stesse Organizzazioni internazionali diventano uno strumento discutibile di organizzazione e cade il consenso , prevale nella pubblica opinione il contrasto verso la loro funzione ( Seattle , Ginevra e a Genova ) . Le recenti scelte strategiche adottate dall ' Ue che apre agli Ogm innescano una scelta strategica che rischia di essere irreversibile per l ' intero pianeta . Quale ruolo per il nostro Paese ? Il patrimonio di biodiversità straordinario del nostro paese , da Sud a Nord , il rapporto che essa ha con il territorio , con l ' agricoltura , con i microclimi , con le tecniche di lavorazione , con gli usi e costumi popolari , con le stesse attività agroindustriali moderne sono una risorsa per una moderna applicazione di " biotecnologie sostenibili " . La ricerca , la sperimentazione , l ' applicazione di " biotecnologie sostenibili " per aree di intervento di forte omogeneità ( vegetali su vegetali ) può diventare la scelta italiana valorizzando con ciò il nostro patrimonio di biodiversità . Penso alla riduzione dell ' impatto della chimica , all ' adattamento dell ' agricoltura al cambio climatico , alla capacità che hanno alcuni prodotti vegetali contro la desertificazione , alla resistenza e capacità di eliminazione di elementi patogeni che danneggiano culture mediterranee strategiche come ulivo , pomodoro , e vite attualmente trattati solo con i prodotti di derivazione chimica ; alla possibilità di operare anche in maniera più produttiva sul non food , sulle bio - masse , tutti questi sono solo alcuni aspetti di un uso intelligente delle " biotecnologie sostenibili " ! Occorre dunque orientare lo sviluppo del modello di ricerca in questa direzione , coordinando gli strumenti nazionali , regionali , universitari e privati è indispensabile . Una ricerca pubblica , cioè , finalizzata a tracciare una " via italiana " verso la valorizzazione delle biotecnologie " sostenibili " , caratterizzata da una forte originalità che la differenzi da quella già in essere attualmente in altri paesi . In Europa , Francia , Germania e Gran Bretagna hanno già scelto come azione strategica di impegnarsi da qualche anno sulle biotecnologie , le stesse risorse del quinto programma quadro dell ' Unione Europea , alla luce degli impegni finanziari nazionali di quei paesi , nella ricerca , sono marginali . Di questo passo i ritardi che l ' Italia accumulerà saranno pesantissimi , ed anche la nostra opzione minima , quella della gestione intelligente della biodiversità ed il suo utilizzo sostenibile , rischia di essere una enunciazione di principio . Il patrimonio straordinario del nostro germoplasma non basta solo declinarlo , o prenderlo a riferimento , bisogna rafforzare le iniziative già avviate , quindi catalogarlo , studiarlo , verificarne le potenzialità , considerarlo " res - pubblica " e prepararci con ciò ad una concorrenza internazionale che attraverso anche la rapina dei brevetti e l ' utilizzo del germoplasma non protetto costruisce una nuova concezione di dominio e di negazione delle identità territoriali . L ' Italia , in occasione del recepimento della direttiva dell ' Ue sulle biotecnologie , deve presentarsi con una sua forte proposta , con un suo modello giuridico e con programmi precisi di sviluppo delle biotecnologie sostenibili che modifichi in profondità la direttiva , nonché con un proprio piano strategico sulla ricerca . Guardare all ' Europa con le nostre idee e non dimenticare mai la nostra natura di paese mediterraneo , sono questi i due nessi che devono orientare lo sviluppo del piano sulle " biotecnologie sostenibile nel nostro paese . Ad Ivry , Francia e Germania hanno deciso di costruire un polo misto pubblico - privato di importanza strategica , attraverso un modello scientifico molto avanzato questo polo strategico non può essere sviluppato senza la partecipazione del nostro paese , per altro già sollecitato e richiesto . Nel polo di Ivry il modello della nostra ricerca può influenzare e orientare un nucleo di modello europeo che sta nascendo , molto diverso dallo schema angloamericano che sino ad ora ha condizionato lo sviluppo delle biotecnologie . Nel Mediterraneo e in Africa , avanza la desertificazione e le crisi alimentari sono sempre più forti . I paesi del Nord Africa cercano modelli di sviluppo agroalimentari e spazi di mercato sempre più orientati verso l ' Europa . Al contrario l ' egemonia nei grandi gruppi internazionali del commercio e del modello quantitativo dell ' agricoltura verso quei paesi rischia di essere totale orientando la produzione sull ' uso indiscriminato della chimica residuale alla quale si associa il dumping sociale . Tutto ciò crea una spirale di insostenibilità nello sviluppo agroalimentare di quei paesi ! Il sistema produttivo agricolo del Nord Africa è inoltre privo del supporto scientifico e della formazione - informazione , ed è evidente l ' impatto che si determina sulla sostenibilità e sulle risorse ormai fragili e rarissime come l ' acqua e il suolo . L ' Italia può offrire una sponda fondamentale come principale realtà mediterranea a questi sistemi economico - sociali attraverso il sostegno dei progetti mirati : nella formazione e nella ricerca , ma soprattutto sarebbe davvero innovativo proporre un progetto per la gestione - conservazione e brevettabilità ad uso comune delle risorse di biodiversità nell ' area mediterranea . Un progetto che interscambia e fa vivere al nostro paese una funzione di cerniera tra Nord e Sud del mondo . La nuova legge finanziaria , " quella della ripresa " deve dare segnali importanti a questo nuovo indirizzo . E ' questa la nostra responsabilità !
StampaQuotidiana ,
Il villaggio globale vede circolare alla velocità degli elettroni il denaro , gli ordini di merci , le idee . Ma anche la paura . È una delle lezioni dell'11 settembre . Lezione che ai cristiani , tra le tante , pone anche questa domanda : è possibile globalizzare la speranza ? Dare al mondo motivi per sperare , destrutturando la paura ? Questo pensiero così formulato non c ' è , nel libro di don Mario Toso , Umanesimo sociale ( Edizioni Las , 453 pagine , 48.000 lire ) . Quando ha finito di scriverlo , le Twin Towers erano ancora dritte , ben puntate verso il cielo di Manhattan . Ma questo pensiero è come se ci fosse . Perché alla fine del poderoso volume , con la sua architettura forte e la sua ambizione di essere al tempo stesso analitico e sintetico , rimane questa impressione : il cristianesimo è chiamato a riprendere a produrre cultura , a dare al mondo un progetto di speranza e di pace fondato sull ' uomo , non su un ' ideologia , o una religione ideologizzata . Gli strumenti per farcela li ha . Forse però li ha anche , in parte , dimenticati . Dove sono ? Nella dottrina sociale , che Toso ci fa visitare . Un umanesimo sociale , dunque ; e teocentrico : " Un umanesimo - spiega Toso - aperto alla trascendenza , cosa tutt ' altro che scontata . C ' è chi propone sì un umanesimo , ma di segno diverso , affermando che la democrazia per sostenersi ha bisogno di una " religione civile " , nutrita di un umanesimo fondato su una ragione che prescinda da Dio e faccia " come se Dio non ci fosse " . No . La vera libertà dell ' uomo consiste non nel distaccarsi da Dio , ma nella relazione con Dio . L ' umanesimo in cui crediamo non è immanentista e chiuso , ma aperto a Dio . E proprio tale apertura gli dà respiro , lo fa lievitare " . Toso insegna Filosofia sociale presso l ' Ups ( Università Pontificia Salesiana ) e Magistero sociale presso l ' Istituto di pastorale della Pontificia Università Lateranense . Non è certo la prima volta che sostiene che per un progetto capace di dare speranza al mondo non occorre andare lontano . Basta la dottrina sociale , di cui il suo ultimo libro ripercorre tutti i temi fondamentali , una gigantesca sintesi che finisce per fare da piedistallo all ' umanesimo cristiano , sociale , trascendente . Umanesimo che si propone come pensiero forte . E spinge Toso ad affermazioni controcorrente , come questa : lo scetticismo genera intolleranza . Non il contrario ? " Lo scetticismo nega la possibilità di verità oggettive . Ma in tal modo è costretto a negare pure una verità del bene . L ' uomo perde l ' orientamento e tutti i diritti diventano al tempo stesso " veri " e " falsi " . Dove trovare le ragioni per rispettare l ' altro , se un bene oggettivo non esiste ? In questo modo ci si predispone all ' intolleranza " . Toso conosce le obiezioni . Non sarebbe migliore una democrazia che si basasse sullo scetticismo assoluto ? Non sarebbe intollerante proprio se si basasse , invece , sulla verità ? " Se tutto è relativo , ognuno si tiene la propria opinione e non esiste possibilità di confronto reale , perché , se la verità non esiste , a quale scopo dovremmo confrontarci ? " . D ' accordo , ma per il cristiano con il suo umanesimo che cos ' è il confronto se non il tentativo di persuadere ? Se il cristiano possiede già la verità , non ha bisogno di confrontarsi per cercarla insieme agli altri ... " Sì , la verità ci è stata donata . La " possediamo " , ma come esseri limitati . Ne cogliamo dei barlumi . E accanto alla verità , al singolare , ce ne sono tante altre , al plurale , che vanno conquistate grazie alla ragione " . Quindi il credente non è un despota ? " Nei Parlamenti , il credente fa ricorso non ad argomenti teologici , ma persuasivi . Deve mostrare la ragionevolezza di ciò in cui crede . Un esempio attuale ? Il dibattito sulla famiglia " . E qui siamo al nuovo umanesimo cristiano , verità alla ricerca di altre verità . Una sorta di work in progress ? " In un certo senso , sì . I nuovi modelli di vita ispirati cristianamente vanno realizzati in un contesto multiculturale , in un confronto con le altre religioni e visioni della vita . Di qui la necessità , oggi , di mostrare il volto del proprio umanesimo in termini chiari , comprensibili anche da chi è molto diverso . I contesti cambiano , di conseguenza anche il nuovo umanesimo muta profilo . Sarà forse una nuova cultura popolata di tante culture " . E Jacques Maritain ? Toso non nega di ritenerlo ancora il faro dell ' umanesimo futuro . Non è datato ? " In parte sì , lo è . Ma l ' anima della " città dell ' uomo " a ispirazione cristiana , la città pluralista fondata su una libertà non radicale , non indifferente riguardo al vero e al bene , la città fraterna in cui l ' autorità è a servizio della persona ... Questo nucleo rimane validissimo " . Ma criticato , anche in casa cattolica . L ' idea di pluralismo e apertura , contestano alcuni , nuoce all ' identità cristiana : " Ma no . I credenti , anche quando operano nel sociale , non possono spogliarsi del loro essere . L ' errore consiste nell ' intendere l ' autonomia del credente come distacco dalla comunione della Chiesa . E perché mai ? È proprio all ' interno della Chiesa che il credente trova elementi per il progetto " . L ' umanesimo cristiano è più che mai vivo , dunque . E la sensazione è che farà da fulcro al prossimo compendio di dottrina sociale in preparazione presso il Pontificio Consiglio " Giustizia e pace " . Originali e profetici , capaci di dare speranza a un mondo attanagliato dalla paura : a questo sono chiamati i cristiani . Toso non ha dubbi : ci riusciranno radicandosi nell ' umanesimo trascendente ; nell ' uomo capace di guardare nel modo vero , giusto e buono agli altri uomini e alla storia perché rivolto , con gli occhi dello spirito , verso l ' alto .
StampaQuotidiana ,
La matematica è la scienza che si nasconde . Tutti si dimenticano che esiste . A molti appare come una disciplina astratta , aristocratica e distaccata , coltivata da geni strampalati . Poi d ' improvviso ci si rende conto che quanto di più moderno c ' è nella vita pratica , tante novità che sfrecciano nella cronaca , presuppongono l ' intervento decisivo della matematica . Il bancomat è sicuro grazie a numeri primi e curve ellittiche . Le più travolgenti operazioni di Borsa sono guidate da giovani e brillanti matematici . Parafrasando un pensiero di Italo Calvino , si potrebbe dire : fare matematica è " nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperto " . Ma ci è voluta l ' Unesco , proclamando il 2000 " Anno della matematica " , per indurre il mondo a vincere un ' inveterata pigrizia intellettuale nei confronti di questa disciplina straordinaria . Per spiegare il peso reale della matematica nella società , domani si terrà a Milano una manifestazione a cura dei dipartimenti interessati delle cinque università milanesi . L ' iniziativa dell ' Unesco ha rotto il ghiaccio . Finalmente interpellati , i matematici hanno tanto da raccontare . La matematica si nasconde proprio perché è essenziale . " La verità , secondo me , è la sua ubiquità . La matematica è un po ' come l ' aria : ce ne accorgiamo quando manca " , rileva Giandomenico Boffi , ordinario di Algebra all ' Università di Trieste . È fuori discussione che la matematica sia " nascosta " agli occhi della gente . " Sfugge perfino la natura dinamica della matematica : spesso mi sento chiedere se c ' è qualcosa di nuovo da scoprire , e noto stupore attorno a me se parlo di teoremi nuovi " , nota ancora Boffi . " Sfugge la valenza culturale della matematica : quanti si vantano di apprezzare tutte le espressioni dell ' ingegno umano ( lettere , arti , diritto ) ma confessano , con civetteria , di non capire nulla di matematica ? " . I matematici ci hanno provato a far capire che la matematica è dovunque . Boffi cita " Matematica e cultura " , la manifestazione che dal 1997 si svolge ogni anno a Venezia . Le numerose sessioni hanno titoli come " Matematica e arte " , " Matematica e musica " , " Matematica ed economia " , e via dicendo . " Ma chi riconosce in uno splendido design l ' influsso della geometria frattale ? Chi è al corrente dell ' analisi matematica del suono nella musica moderna ? " . E poi , proprio le persone colte tradiscono la matematica . " Si parla di particelle subatomiche e di spazi intergalattici , di intelligenza artificiale , di telecomunicazioni , di meccanica quantistica . Ma si dimentica che sotto c ' è sempre una teoria matematica . E il trattamento dell ' informazione ? Presenta problemi di natura squisitamente matematica " , sottolinea Boffi . " E poi la matematica è un linguaggio comune agli esseri umani di ogni luogo e di ogni tempo " . Nuove sfide attendono questa scienza , che non ha affatto concluso il suo lavoro . Ma che cosa c ' è ancora da scoprire , in questo campo ? " Moltissimo . Sicuramente molto di più di quanto è stato scoperto finora " , interviene Marco Andreatta , professore di Geometria all ' Università di Trento . " La matematica è una scienza che si occupa dell ' infinito e , per sua natura , ogni volta che risolve un problema contemporaneamente ne apre altri , a quello collegati " . Andreatta avverte che la decisione dell ' Unesco è un riconoscimento da non prendere con indifferenza , un ' occasione da non sprecare , se si vuol dare sempre più slancio alla ricerca matematica e rilanciarne l ' immagine . " Il principio che ogni cosa in natura può essere misurata , tradotta in numeri ( e in altri oggetti matematici ) già appare in Galileo e forse anche prima di lui . Ma attenzione a non ridurre la matematica a soli numeri , magari elaborati al computer . La matematica comprende dell ' altro : l ' intuizione , la bellezza e l ' eleganza ( ci sono dimostrazioni più belle ed eleganti di altre ) " . Il ruolo dell ' educazione matematica è indispensabile allo sviluppo del pensiero razionale . " Uno dei tratti più importanti della nostra disciplina - commenta Andreatta - è la sua grande libertà di pensiero . Un pensiero mosso dalla curiosità della mente umana , spesso senza i vincoli dell ' applicabilità " . Ma , proprio mentre l ' Unesco punta sulla matematica , in Europa , e in particolare in Italia , lo spazio riservato a questa disciplina viene ridotto , nelle scuole superiori e nelle università ( dove , a Scienza e Ingegneria , cala il numero degli iscritti ) . " Ecco , io temo che su questo piano il proposito dell ' Unesco rischi una grave sconfitta " , confessa ancora Andreatta . E invece un ' educazione matematica è oggi più salutare che mai , " in quest ' epoca di faciloneria , in cui dominano l ' irrazionalismo e le pseudoscienze ( si pensi all ' astrologia ) " , prende la parola Claudio Citrini , ordinario di Analisi matematica al Politecnico di Milano . E aggiunge : " La matematica dovrebbe richiamare alla razionalità della logica e alla fantasia dell ' invenzione . Doti che scarseggiano sempre più . Il popolo di Internet dovrebbe essere molto accorto . La matematica potrebbe aiutarlo a non lasciarsi incantare come il villano davanti all ' imbonitore della fiera , a non prendere per verità assoluta tutto quello che incontra nella rete " . La matematica sostiene tutte le grandi tecnologie e permette di affrontare questioni finora invincibili . C ' è l ' analisi numerica dietro strutture complesse o imponenti : si va dalla scocca dell ' auto ai grandi ponti , ai grattacieli , alle piattaforme petrolifere . Questi calcoli coinvolgono centinaia di migliaia , se non milioni , di incognite . Le fenomenologie nuove che s ' incontrano nello studio di sistemi complessi ( come quelli biologici , o il moto dei corpi celesti ) possono essere investigate con tecniche matematiche moderne ( teoria delle catastrofi , frattali , sistemi dinamici ) che conducono a risultati assolutamente inaspettati , spiega Citrini . " La matematica dà certezze ma , vista dal di dentro , appare assai più problematica " , aggiunge Citrini . " I suoi rapporti con le altre scienze sono altrettanto strani " , osserva il professore . Cita Albert Einstein : " Le proposizioni della matematica , se si riferiscono alla realtà , non sono sicure ; se sono sicure , non si riferiscono alla realtà " . E commenta : " A mio parere , il fascino della matematica sta nel fatto che è terreno conquistato palmo a palmo , dopo un continuo combattere per ottenere un nuovo risultato , una nuova verità " . Matematica e fede . Citrini ricorda che molti matematici si sono cimentati in dimostrazioni dell ' esistenza di Dio . " La più famosa è quella probabilistica di Pascal ( la scommessa secondo la quale , per chi crede , il guadagno è di gran lunga superiore all ' eventuale perdita ) . Ma anche Leibniz inferiva l ' esistenza di Dio dal sistema binario ( l ' uno divino che , unendosi al nulla del creato , forma l ' immensa varietà del tutto ) . Ultimo è Gödel , il grande logico dei primi del '900 che matematizzò in termini moderni la dimostrazione ontologica di Sant ' Anselmo . Dimostrazioni interessanti , ma nessuna di esse può convincere chi non crede . Semplicemente , Dio non è un oggetto matematico , come non è un oggetto fisico . E non può essere studiato da nessuna scienza ( né per affermarlo né per negarlo ) . A maggior ragione , non lo è il Dio rivelato
Genoma, a un passo dalla mappa ( Mastrolilli Paolo , 2000 )
StampaQuotidiana ,
Ancora non siamo arrivati alla mappatura completa dei geni umani , ma la notizia annunciata ieri dalla compagnia americana Celera Genomics ci ha portati ad un passo da questo risultato . In sostanza , l ' azienda con sede a Rockville , nel Maryland , ha dichiarato di aver finito la sequenza dell ' intero genoma di un uomo . I suoi studiosi hanno individuato le componenti chimiche del Dna , che costituiscono i nostri geni . Ora devono metterle in ordine , capire le loro funzioni , e definire la mappa vera e propria del genoma . Questo lavoro potrebbe prendere ancora un paio di anni , e avviene in concorrenza con lo Human Genome Project , ossia il progetto di ricerca pubblico condotto dai laboratori di sei paesi , compresa l ' Italia . L ' iniziativa per fare la mappatura era partita 13 anni fa , e ha lo scopo di individuare tutti i geni dell ' essere umano , per capire come fanno funzionare il corpo , e come possono essere trattati per curare gravi malattie . Il Dna ha circa 3,5 miliardi di paia di componenti chimiche , che creano un numero tra 80.000 e 100.000 geni , detentori delle informazioni per tutti i processi del nostro corpo , compreso il colore della pelle o degli occhi . Il consorzio pubblico dello Human Genome Project , che ha avviato l ' impresa , ha l ' obiettivo di mettere i dati a disposizione degli scienziati di tutto il mondo , e pochi giorni fa il presidente americano Clinton e il premier britannico Blair hanno ribadito l ' impegno a seguire questa linea . La Celera Genomics , invece , è un ' azienda privata , che ha lo scopo di ricavare profitti da questa operazione . L ' anno scorso , infatti , i suoi dirigenti avevano offerto al consorzio pubblico di collaborare per accelerare il progetto , in cambio del diritto esclusivo ad utilizzare alcuni risultati , che potrebbero tornare utili sul piano commerciale a sviluppare terapie per le malattie . Ma Francis Collins , direttore del National Human Genome Research Institute , rifiutò l ' offerta , e da allora è cominciata una specie di competizione . Quindi è probabile che l ' annuncio della Celera abbia anche l ' obiettivo di aumentare la pressione sul consorzio pubblico , mentre di sicuro ha già raggiunto lo scopo di far salire il valore delle azioni della compagnia , che ieri a Wall Street è cresciuto subito del 23% . Dopo la presa di posizione di Clinton e Blair , infatti , tutto il mercato delle aziende biotecnologiche aveva sofferto una crisi . Ma mercoledì il capo della Casa Bianca ha chiarito che impegnandosi alla pubblicità dei dati , non voleva ostacolare il lavoro delle aziende private impegnate nello stesso progetto , e subito ieri è arrivato l ' annuncio della Celera . Francis Collins ha detto di essere contento per il risultato raggiunto dai concorrenti , ma i responsabili dello Human Genome Project sostengono che la tecnica usata da loro per raggiungere lo stesso obiettivo è più precisa e affidabile . Il presidente della Celera , Craig Venter , ha detto che la sua compagnia potrà completare una " brutta copia " del progetto nel giro di poche settimane , e anche il consorzio pubblico prevede di raggiungere lo stesso risultato entro l ' anno . La mappatura vera e propria , però , non dovrebbe essere completata prima di due o tre anni . L ' annuncio della Celera , comunque , rende ancora più attuali due problemi chiave : primo , chi ha il diritto di possedere i dati del genoma ; secondo , come bisogna usarli per il bene degli esseri umani . Sul primo tema , la posizione presa da Clinton e Blair dovrebbe garantire la pubblicità della mappatura , che ogni scienziato troverà su internet per utilizzarla liberamente nei suoi studi . Le terapie che verranno scoperte , però , sono un discorso diverso , e qui entreranno in ballo gli enormi interessi economici delle grandi aziende biotecnologiche e farmaceutiche .
Genoma, manipolati o salvati? ( Raineri Paolo , 2000 )
StampaQuotidiana ,
In questi giorni c ' è stato un turbinio di notizie nel campo della genetica umana . Hanno iniziato Clinton e Blair ricordando che il genoma umano non è brevettabile e che l ' iniziativa governativa anglo - americana renderà disponibile la sequenza completa entro poco tempo . Il Nasdaq , il listino di borsa americano che racchiude i titoli tecnologici , ha reagito negativamente all ' annuncio , a testimoniare i legami sempre più stretti tra ricerca biologica e investimenti . Ha fatto seguito il 24 marzo l ' annuncio che il genoma della Drosophila , il moscerino della frutta che riveste una grande importanza nei laboratori di genetica , era stato completamente sequenziato . Dei giorni scorsi l ' annuncio della stessa Celera Genomics di aver terminato una sequenza quasi completa del genoma della nostra specie . Ma ieri il responsabile della fondazione internazionale " Progetto genoma umano " , Francis Collins , ha messo in dubbio il completamento della sequenza . Il tutto mentre si rincorrono voci e smentite sulla clonazione umana . Per questo è necessario non solo che vi sia un ampio dibattito su queste problematiche , ma soprattutto che vi sia una corretta informazione su quanto sta succedendo . Ospitiamo l ' intervento di Paolo Raineri e Paolo Vezzoni , dell ' Istituto di tecnologie biomediche avanzate del Cnr di Milano e collaboratori di Renato Dulbecco , e un ' intervista al decano dei genetisti italiani , il gesuita Angelo Serra . L ' ultimo secolo ha segnato un tumultuoso avanzamento nelle scienze della vita . La genetica , la branca della biologia che studia i meccanismi ereditari , si è imposta all ' attenzione dei ricercatori e poi del grande pubblico non solo come un insieme di conoscenze tese ad interpretare i fenomeni del vivente , ma anche come una serie di tecnologie che incidono fortemente sulla nostra vita quotidiana . Oggi ci si rivolge alla genetica per investigare malattie di grande diffusione come quelle tumorali , per diagnosticare con grande precisione i pazienti affetti da malattie ereditarie o per cercare di affrontare piaghe sociali quale quella dell ' Aida . In tutte queste patologie , il colpevole si trova nel genoma delle nostre cellule , cioè nel Dna , quella molecola di oltre tre miliardi di " lettere " che nel suo insieme racchiude tutte le istruzioni perché il nostro organismo si formi a partire da un ' unica cellula embrionaria e possa poi funzionare nel migliore dei modi . L ' alterazione anche di una sola di queste lettere può segnare fin dalla nascita la sorte dell ' individuo e portarlo a morte o ad invalidità permanente , sottolineando , se ancora ce ne fosse bisogno , quanto aleatorio sia il destino dell ' uomo . Oggi , grazie al Progetto Genoma iniziato poco meno di quindici anni fa , conosciamo quasi per intero tutto il testo racchiuso nel genoma della nostra specie . Si è trattato di un grande sforzo della comunità scientifica internazionale che sta per giungere a compimento non una ma due volte , in quanto all ' impegno del settore pubblico si è contrapposta un ' aggressiva iniziativa privata capitanata da Craig Venter , che da ricercatore degli Istituti nazionali di sanità di Bethesda nel Maryland è passato a dirigere il progetto privato . Questo sta a dimostrare non solo che i benefici sono enormi , ma che essi sono anche potenzialmente sfruttabili in termini commerciali . È intuibile che ogni nuova tecnologia possa portare con sé costi e benefici . Sarebbe ingenuo pensare che le scoperte scientifiche risolvano problemi senza crearne di nuovi . Un ' analisi razionale tuttavia consente in genere di massimizzare i vantaggi e ridurre i danni . Cosa ci può dare la conoscenza dei meccanismi che regolano i geni ottenuta nell ' ambito del Progetto Genoma ? Al momento attuale ci dà essenzialmente i mezzi per diagnosi precise e precoci , e in un futuro , speriamo prossimo , ci darà delle cure , che , bisogna ripeterlo bene per evitare atroci illusioni , non sono proprio dietro l ' angolo . La terapia genica , ad esempio , su cui si poggiano numerose speranze , non si è ancora rivelata utile in nessun paziente . D ' altro canto si deve pensare al fatto che l ' insulina oggi utilizzata per curare milioni di diabetici è insulina umana , cioè il prodotto di uno dei nostri geni , ottenuta con le tecniche dell ' ingegneria genetica . Cosa possiamo aspettarci di brutto dalla genetica ? Molti temono un ' invasione della privacy dell ' individuo . Certamente sarà possibile prevedere la predisposizione dell ' individuo ad alcune malattie e conseguentemente ognuno conoscerà di più sul proprio destino . Prendiamo ad esempio il morbo di Huntington , una grave malattia ereditaria in cui i primi sintomi si manifestano solo verso la quarta decade di vita . Il gene responsabile di questa malattia è stato individuato ed è così possibile predire alla nascita se un bambino si ammalerà o no . Le conseguenze psicologiche dell ' esecuzione del test possono essere drammatiche , perché chi risulterà sano trarrà un sospiro di sollievo , ma chi ne uscirà condannato potrebbe cadere in una grave depressione . La predizione delle malattie però non è una novità in campo medico , anzi è lo scopo principale di una branca della medicina preventiva , basti pensare ai test per identificare i cosiddetti " gruppi a rischio " per una determinata patologia . Con la genetica la precisione aumenterà notevolmente , ma resteranno sempre i criteri fondamentali della pratica clinica , la volontarietà dell ' esame e il segreto professionale , che sono già codificati dalle leggi , che , nel caso , potranno essere rinforzate . Nel caso del morbo di Huntington , ad esempio , ognuno è libero di sottoporsi o meno al test diagnostico e se deciderà di eseguirlo rimarrà l ' unico destinatario dell ' informazione . Lo stesso discorso vale per eventuali discriminazioni nelle assunzioni o nella stipula di assicurazioni , in quanto la legge può proibire la richiesta di esami da parte del datore di lavoro o della compagnia assicuratrice . L ' ultima paura riguarda infine la manipolazione genetica dell ' uomo . Questa può essere di due tipi , quella tesa a ristabilire la normalità , nel caso ad esempio di una malattia genetica ( terapia genica ) , e quella tesa al miglioramento della specie , reale o immaginario . Per quanto riguarda la terapia genica , quella eseguita sul singolo individuo ( terapia genica somatica ) è ormai accettata da tutti , essendo in sostanza uguale a qualsiasi intervento terapeutico di tipo tradizionale : in questo caso la modificazione rimane solamente nel paziente e non viene passata alla progenie . Vi sarebbe tuttavia la possibilità teorica di effettuare una terapia genica sulle cellule germinali o sugli embrioni a uno stadio assai precoce , così che non solo ne verrebbe curato il paziente , ma anche tutta la sua discendenza . Questo approccio , detto di terapia genica germinale , è in questo momento al di là delle nostre possibilità pratiche , e secondo molti sarebbe da vietare in ogni caso . Crediamo tuttavia che , se un domani si superassero gli ostacoli tecnici che la rendono oggi impossibile , essa non debba essere rifiutata a priori , ma attentamente vagliata sulla base dei benefici che essa potrebbe dare . In fondo , non si tratterebbe di un ' alterazione del genoma umano ma semplicemente di una sua " restitutio ad integrum " , che è essenzialmente lo scopo di tutta la scienza medica . Per quanto riguarda invece la possibilità di migliorare ( o peggiorare ? ) selettivamente la specie umana sulla base delle conoscenze acquisite nell ' ambito del Progetto Genoma , la prospettiva è assai più lontana , e per il momento non è ben chiaro neanche come questo potrebbe aver luogo , né con che benefici . Ma a prescindere da ciò , ogni intervento dovrebbe limitarsi a pratiche terapeutiche preventive o all ' eliminazione di difetti ; peraltro non vi sono criteri assoluti e conseguenti vincoli riguardo il concetto di " miglioramento " , che si presterebbe pertanto ad ogni genere di abusi . Possibilità nuove danno origine a problemi morali nuovi e , a volte , inediti . Ci sembra , però , che i tradizionali metodi di valutazione etica siano spesso insufficienti o inadeguati , in ragione soprattutto del loro riferimento a principi o norme troppo astratte e generali . Si ha l ' impressione che vi sia spesso uno iato tra la cultura scientifica biologica e il pensiero cattolico , il quale , pur focalizzandosi su alcuni aspetti peraltro importantissimi , lascia che altri vengano tranquillamente ignorati , come se fossero qualcosa che veramente non ci riguarda .
Credenti, tornate a sant'Ignazio ( Cecchetti Maurizio , 2001 )
StampaQuotidiana ,
" Il confronto con la Riforma ha messo in ombra l ' attenzione alla " forma culturale " . L ' unico a rivalutarla è stato von Balthasar " . " Sono lontano dalle posizioni di Vattimo e di Prini . Sono convinto che occorra riscoprire il rito cercando di liberarsi delle proprie passioni " Uno dei libri più noti del filosofo dell ' estetica Mario Perniola riprende il titolo da una espressione che Walter Benjamin usa nel saggio sulla moda quando parla appunto di " sex appeal dell ' inorganico " . Avendo ben presenti le riflessioni di Leopardi , Benjamin coglie della moda la spinta mortificante , che costringe appunto il corpo dentro un artificio , lo rende cosa morta . Perniola , rovesciando la prospettiva di Benjamin , pensa invece che la " cosa " , proprio perché è inerte , possa costituire una metafora paradigmatica per l ' uomo contemporaneo rispetto a uno sviluppo della tecnica che rompe la barriera tra naturale e artificiale , tra corpo e protesi ; secondo Perniola quello tecnologico è il mondo dove la " cosa " acquista una enigmatica capacità di sentire , mentre l ' uomo si trasforma fino a farsi " cosa " , ovvero si purifica delle sue passioni . Il rimando al " post - organico " , tema di molteplici riflessioni in questi ultimi decenni , è d ' obbligo . Perniola ha scritto un saggio che ci riguarda da vicino : s ' intitola infatti " Del sentire cattolico " , e uscirà nei prossimi giorni dall ' editrice il Mulino . Non è un saggio da " credente " , Perniola si definisce " laico " ma non in quanto ateo , e la prima parte del libro ha un titolo sibillino : " Perché non posso non dirmi " cattolico " " . Richiamo a Croce che , tuttavia , rimanda alla questione storica dello scisma protestante , " è a partire da quella ferita storica - dice Perniola - che io intendo mostrare quali sono i caratteri essenziali del cattolicesimo " . Cattolico , per Perniola , è qualcosa che si spiega solo nel contrappunto con la Riforma . Il cattolicesimo che Perniola intende è ben delineato nel sottotitolo del libro : " La forma culturale di una religione universale " . Inutile nascondersi che la posizione del filosofo è critica verso il cattolicesimo dogmatico e la sua etica , che secondo Perniola si sono " irrigiditi troppo negli ultimi secoli , e penso - dice - alla lettera apostolica del 1998 Ad tuendam fidem , che ribadisce l ' estraneità alla piena comunione con la Chiesa cattolica di chi respinge determinate dottrine attinenti al campo dogmatico o morale " . Per Perniola la forma dogmatica che il cattolicesimo ha assunto dopo il Concilio di Trento è fondamentalmente ideologica , tesa al proselitismo e meno a determinare una cultura capace di arrivare anche a chi non è cattolico . " Pensi - mi dice - al successo culturale del protestantesimo , alla svolta culturale che il protestantesimo ha avuto con l ' illuminismo e quanta influenza ha esercitato sul pensiero ; e dall ' altro al successo culturale dell ' ebraismo dovuto al fatto che l ' ebraismo è una religione senza proselitismo . A mio avviso sarebbe una strada auspicabile anche per il cattolicesimo e nel mio libro cerco di dire che questo è già avvenuto , che fa parte dell ' essenza del cattolicesimo , sta scritto nel XVI secolo tra il 1517 , anno in cui Lutero si distacca dalla Chiesa , e il 1563 , quando si chiude il Concilio di Trento . Il mio punto di vista è che questa potenzialità culturale c ' era già ma è stata emarginata nel tempo con progressivi irrigidimenti dottrinali , secondo un principio di " rivalità mimentica " che la Chiesa ha manifestato verso il protestantesimo , l ' illuminismo , l 'ideologia..." . Perniola usa qui un concetto di René Girard , l ' antropologo e letterato che ha rivisto le teorie del " capro espiatorio " nel sacrificio primitivo mettendo in luce la sostanziale diversità e il capovolgimento radicale portato da Cristo col proprio olocausto ; il concetto è appunto quello della " rivalità mimentica " : " Nel senso - spiega Perniola - dell ' assunzione dei caratteri dell ' avversario per potersi mantenere sullo stesso piano " . Se così stanno le cose , dove sarebbe il limite del cattolicesimo attuale ? Secondo il filosofo consiste nell ' aver sacrificato gli aspetti formali e istituzionali che gli erano propri a vantaggio di quelli dogmatici : come esempio positivo cita sant ' Ignazio e il metodo pedagogico gesuitico . " Quando parlo di " forma culturale di una religione universale " - spiega - intendo una forma che consenta il confronto , per esempio , con le religioni orientali : sant ' Ignazio dice che gli esercizi spirituali possono essere fatti da tutti , credenti e non , anche dai pagani . Il suo , in definitiva , era un metodo per trovare l ' equilibrio spirituale a la propria strada nel mondo . In questo senso sostengo che il cattolicesimo può mettere tra parentesi le affermazioni dogmatiche e morali . E in effetti , guardando bene , si vede che l ' umanismo gesuitico è tattica più che strategia , perché i gesuiti si scoprono filoumanisti in Europa , in India sono filoinduisti , così come in Cina sono filoconfuciani . Il tema fondamentale dei discepoli di sant ' Ignazio è la flessibilità , non la difesa rigorosa dell ' identità che invece è tipica dell ' intellettuale umanista " . Non le pare che un cattolicesimo inteso come metodo o forma meditativa rischi di diventare una religione dell ' esteriorità ? " No , la vera contrapposizione è tra una religione della soggettività , che diventa una esperienza " dal di dentro " tipica della modernità e del protestantesimo , e una religione anti - soggettiva , che esalta appunto il proprio coefficiente di universalità , e produce un ' esperienza " dal di fuori " , cioè consente all ' individuo di liberarsi dalle sue passioni , dalle sue affezioni disordinate , per vedere la differenza nel mondo e nella storia , piuttosto che , come nel protestantesimo , cercare la differenza in Dio " . Uno dei nomi che Perniola evoca nel nostro colloquio è quello del teologo svizzero Hans Urs von Balthasar , l ' unico , secondo Perniola , ad aver riproposto nel nostro secolo la questione della " forma " essenziale del cattolicesimo , forma che Balthasar ritrova più spesso nell ' opera di certi poeti o scrittori che nei teologi . Anche Perniola , se dovesse indicare due nomi che nel Novecento hanno espresso i caratteri essenziali del cattolicesimo , chiamerebbe in causa due scrittori piuttosto che i teologi : sono l ' austriaco Robert Musil e la brasiliana Clarice Lispector . In particolare , a Perniola interessa di von Balthasar il tentativo di mostrare la continuità tra mondanità e sovramondanità , tra ellenismo e cristianesimo . Mi domando se questa interpretazione del pensiero di von Balthasar non sia conseguente con l ' idea di ritrovare nel cattolicesimo una linea di continuità col paganesimo ... Perniola replica secco : " Direi , piuttosto , con lo stoicismo " . Allo stoicismo - aggiunge - " si ricollega l ' idea di una " sensibilità anti - soggettiva " che tende alla liberazione dalle proprie passioni , senza essere per questo mera apatia , piuttosto è la dimensione di una " partecipazione impartecipe " al mondo e alla storia . Il riferimento è ancora Ignazio : non si poteva passare alla seconda settimana degli Esercizi se non si era raggiunto un punto d ' indifferenza ed essere così pronti ad assumere uno stato o un ' altro secondo quale sarà la volontà di Dio , la storia in sostanza . Il cattolicesimo come metodo o come forma può fare a meno della trascendenza ... " . Ma una fede nell ' ordine della pura immanenza , senza escatologia , non le sembra che si riduca a essere un credo per intellettuali , oppure una mera pratica meditativa ? " La mia strada è ben diversa da quella del cristianesimo debole di Vattimo o dallo " scisma sommerso " di Prini . Io metto tra parentesi la dimensione del credere e propongo quella del sentire , di un ' esperienza distaccata , che però è esperienza . Mi chiedo piuttosto se questa esigenza religiosa non possa essere soddisfatta dalla dimensione rituale e cerimoniale che invece mi sembra sia stata messa in disparte negli ultimi decenni ... " . Ma un rito senza contenuto non le pare un ' illusione ? " No , penso invece che sia un interrogativo su come andranno le cose , su quale sarà la volontà di Dio ; è un ' attenzione al problema della storia , e nel caso specifico , proprio per allontanare il sospetto di una religione per intellettuali , credo che il rito possa essere una strada accessibile a tutti " . Il rito però ha come sfondo una comunità ... " Secondo me no . Mi hanno molto aiutato , in questo senso , le riflessioni sul rito di Aldo Natale Terrin ( Il rito . Antropologia e fenomenologia della ritualità , Morcelliana , 1999 , ndr ) . La mia attenzione è diretta a chi sostiene che il rito non ha altra funzione che produrre delle persone ritualizzate , oppure che il rito non ha alcun significato , è , come spiega Terrin , autoreferenziale e autotelico , quindi nei suoi caratteri fondamentali implica il distacco da tutto ciò che è vitalistico , soggettivistico .