StampaQuotidiana ,
Il
bucato
di
massa
Versione
moderna
dei
vecchi
lavatoi
pubblici
,
ecco
il
«
Lavaget
»
,
«
supercentro
del
bucato
»
.
Da
dodici
a
ventiquattro
lavatrici
automatiche
a
gettoni
per
ventisette
minuti
di
lavatura
,
cioè
per
quattro
chili
e
mezzo
di
biancheria
,
si
pagano
duecento
lire
.
L
'
acqua
è
speciale
,
depurata
,
e
speciale
il
detersivo
,
che
un
'
altra
macchina
a
gettone
distribuisce
nella
dose
giusta
,
per
cinquanta
lire
.
Altre
cinquanta
lire
,
e
funziona
l
'
asciugatrice
.
In
tutto
sono
trecento
lire
,
e
trentadue
minuti
di
tempo
,
con
nessuna
fatica
:
la
massaia
intanto
può
anche
andare
a
fare
la
spesa
.
A
Milano
cc
ne
sono
sessanta
,
e
lavorano
dalle
sette
del
mattino
alle
dieci
di
sera
,
ininterrottamente
.
È
sempre
più
raro
che
i
panni
sporchi
si
lavino
in
famiglia
.
Uomo
di
giugno
Ogni
mese
alcune
signore
di
Milano
(
fra
le
altre
spiccano
Bianca
Toccafondi
,
Fanny
Branca
,
Biki
e
Germana
Marucelli
)
,
nominano
,
durante
una
cena
alla
«
brasera
»
l
'
uomo
del
giorno
,
scelto
fra
i
più
meritevoli
e
famosi
.
In
maggio
il
premio
toccò
a
Luchino
Visconti
.
Stasera
,
per
il
mese
di
giugno
,
la
palma
andrà
a
Dino
Buzzati
.
Il
premio
è
puramente
simbolico
.
StampaQuotidiana ,
Al
livello
(
dicono
)
dell
'
arte
Dicono
le
statistiche
che
l
'
americano
consuma
in
media
duecentodieci
libbre
di
carta
soltanto
per
imballare
,
impacchettare
,
involgere
.
Non
abbiamo
dati
italiani
,
ma
almeno
come
tendenza
siamo
su
quella
strada
.
L
'
uomo
moderno
incarta
,
e
quello
è
ormai
uno
dei
suoi
gesti
fondamentali
e
vitali
.
Perché
dunque
non
sublimare
fino
al
livello
dell
'
arte
questo
costante
dato
attivo
del
nostro
esistere
?
Ci
ha
pensato
il
giovane
bulgaro
Christo
(
forse
Cristoforo
,
di
cognome
Javaceff
)
.
Ventisettenne
,
abita
a
Parigi
e
sta
esponendo
alla
galleria
Apollinaire
di
via
Brera
,
diretta
dal
signor
Guido
Lo
Noci
,
pugliese
.
L
'
impacchettamento
,
dice
il
suo
esegeta
Pierre
Restany
,
è
un
gesto
di
appropriazione
che
ricoprendo
l
'
oggetto
in
un
involto
chiuso
(
carta
o
stoffa
che
sia
)
ce
lo
fa
vedere
«
altrimenti
»
.
Ce
lo
fa
vedere
se
l
'
involto
è
al
cellofan
:
per
esempio
quel
manichino
di
donna
appeso
di
traverso
al
muro
,
oppure
quel
materasso
piegato
,
con
carrozzella
da
bambini
,
su
un
portapacchi
d
'
auto
,
il
tutto
assicurato
da
spaghi
di
diverso
spessore
e
robustezza
.
Se
invece
l
'
involto
è
carta
da
pacchi
,
oppure
stoffa
,
allora
non
si
vede
quel
che
c
'
è
dentro
,
e
il
bello
sta
nel
dubbio
circa
il
contenuto
.
Come
da
bambini
la
calza
della
Befana
.
Il
pittore
Lucio
Fontana
ha
comperato
il
manichino
,
un
altro
avventore
ha
preso
il
pacchetto
-
non
grande
-
che
contiene
,
dentro
cellofan
legato
con
spaghi
,
un
settimanale
illustrato
.
La
mostra
rimane
aperta
anche
in
luglio
.
Fantascienza
in
burrasca
La
pubblicazione
di
Robot
e
il
Minotauro
e
il
festival
triestino
dei
film
di
fantascienza
,
con
tavola
rotonda
e
dibattito
sui
problemi
relativi
,
dimostrano
che
la
«
science
fiction
»
ha
in
Italia
i
suoi
cultori
attivi
,
specialmente
a
Milano
.
Addirittura
esistono
quattro
correnti
,
o
scuole
,
spesso
in
polemica
fra
di
loro
:
gli
«
ortodossi
»
di
«
Galaxy
»
,
che
esigono
rigoroso
rispetto
per
la
verosimiglianza
scientifica
,
i
«
decadenti
»
di
«
Urania
»
,
con
alla
testa
Carlo
Fruttero
,
autore
di
un
racconto
avveneristico
sotto
lo
pseudonimo
di
Obstbaum
,
i
«
dissidenti
»
di
«
Interplanet
»
(
Janda
,
Staffilano
,
Aldani
,
Della
Corte
)
.
I
«
protezionisti
»
di
«
Futuro
»
(
Inisero
Cremaschi
e
Gilda
Musa
)
,
i
quali
sostengono
la
necessità
di
una
fantascienza
nazionale
.
Ci
sono
poi
gli
isolati
:
Giorgio
De
Maria
,
che
fra
l
'
altro
ha
tradotto
i
lirici
greci
in
dialetto
piemontese
,
Roberto
Vacca
e
Umberto
Eco
.
Formano
la
cosiddetta
«
piccola
Borghesia
»
,
dal
nome
del
loro
modello
ideale
,
«
Borges
»
.
Basta
la
vasca
e
un
po
'
di
fortuna
È
il
metodo
Salmanoff
,
subito
accolto
con
entusiasmo
dai
milanesi
attenti
alle
novità
,
dopo
l
'
uscita
del
suo
libro
(
Segreti
e
saggezza
del
corpo
)
da
Bompiani
.
Il
traduttore
,
Mario
Mancini
,
è
anche
impegnatissimo
seguace
del
Maestro
,
e
ha
inventato
lui
lo
slogan
:
«
Basta
una
vasca
da
bagno
»
.
Basta
,
cioè
,
per
guarire
ogni
malattia
.
La
teoria
del
Salmanoff
(
quasi
novantenne
,
operante
a
Parigi
,
ma
già
medico
personale
di
Lenin
e
riorganizzatore
dei
servizi
termali
e
antitubercolari
nella
Russia
rivoluzionaria
)
si
basa
su
due
punti
:
che
vada
curato
il
corpo
e
non
l
'
organo
malato
,
e
che
tutte
le
malattie
dipendono
da
una
disfunzione
dei
vasi
capillari
.
Rimedio
sovrano
il
bagno
,
caldo
o
freddo
.
Impacchi
al
torace
per
la
tracheite
,
compresse
fredde
sul
collo
per
la
sinusite
,
immersione
degli
avambracci
per
l
'
influenza
,
bagni
di
fieno
per
il
raffreddore
.
Borsa
calda
e
cachet
vascolari
prevengono
e
curano
l
'
infarto
.
Aereo
per
la
foce
Bocca
di
Magra
fu
scoperta
venticinque
anni
or
sono
dai
letterati
,
che
tenacemente
,
dopo
di
allora
,
l
'
hanno
difesa
dalla
«
valorizzazione
»
turistica
,
anche
contro
la
volontà
di
parte
della
popolazione
indigena
.
Purtroppo
sembra
che
cemento
,
go
-
kart
e
juke
-
boxe
stiano
per
prevalere
.
Sorgono
nuove
ville
,
come
«
Nido
del
gatto
»
inaugurato
alla
Punta
Bianca
del
celebre
couturier
parmense
Luciano
Zanini
.
Agli
ospiti
-
alcuni
son
giunti
in
aereo
da
Parma
-
è
stato
offerto
pesce
allo
spiedo
.
Infermiere
volanti
La
benemerita
Clinica
Mutua
Sanitaria
Resnati
,
che
funziona
dal
1924
ed
assiste
47mila
300
fra
dipendenti
comunali
,
artigiani
,
piccoli
imprenditori
e
liberi
professionisti
,
per
soddisfare
le
esigenze
dei
suoi
assistiti
ha
presentato
al
pubblico
il
nuovo
corpo
delle
infermiere
disponibili
a
domicilio
.
Entreranno
in
servizio
il
1°
luglio
:
le
dirige
la
dott.
Costa
.
Il
calzolaio
cantato
Diventano
sempre
più
consueti
i
rapporti
fra
scrittori
e
cantanti
.
La
settimana
scorsa
Maria
Monti
è
andata
apposta
a
Vigevano
per
conoscere
Lucio
Mastronardi
.
L
'
incontro
è
stato
cordialissimo
,
e
Mastronardi
ha
subito
accettato
di
scrivere
i
versi
per
una
canzone
nuova
di
ambiente
vigevanese
.
Già
ne
sappiamo
il
ritornello
:
«
Un
calzolaio
/
attacca
il
cuoio
/
alla
tomaia
/
con
il
collante
.
/
Il
poverino
/
grida
io
muoio
/
e
sull
'
istante
/
tira
le
cuoia
»
.
L
'
infernale
cura
del
caldo
Bisogna
andarci
con
un
amico
esperto
,
che
consigli
e
guidi
.
Entri
,
affitti
lo
spogliatoio
,
col
suo
bel
lettino
di
vegetale
.
Indossi
l
'
accappatoio
,
e
tenendo
in
mano
la
salvietta
vai
alla
doccia
.
Poi
ti
pesi
,
entri
in
una
cabina
,
premi
un
pomo
nichelato
e
da
sotto
la
panca
di
marmo
scaturisce
un
getto
di
vapore
caldissimo
,
che
serve
ad
aprire
i
pori
.
Ora
sei
pronto
a
entrare
nella
prima
sala
,
la
grande
.
Pannelli
di
legno
grezzo
,
odoroso
,
alle
pareti
,
gradoni
dello
stesso
legno
su
cui
ti
siedi
o
ti
sdrai
:
più
in
alto
fa
più
caldo
,
ma
già
al
primo
piano
siamo
sui
sessanta
gradi
,
la
temperatura
della
baia
di
Assali
Eppure
l
'
amico
esperte
)
spiega
che
così
serve
a
poco
.
Ci
vuol
la
fornace
.
Dunque
altra
doccia
,
e
via
nella
stanzina
piccola
,
che
ha
da
una
parte
un
forno
come
quelli
all
'
antica
per
il
pane
.
Tre
gradoni
di
legno
:
sull
'
ultimo
sono
cento
gradi
precisi
.
Cominci
a
ruscellare
,
senti
nel
naso
odor
di
bruciaticcio
,
e
una
strana
acquolina
gelida
in
bocca
.
Dieci
minuti
bastano
,
poi
l
'
esperto
attinge
acqua
da
un
mastello
e
ne
butta
nel
forno
tanti
mestoli
per
quanti
sono
i
presenti
più
uno
:
come
per
fare
il
tè
.
È
il
«
colpo
di
vapore
»
,
un
clima
che
non
esiste
in
alcuna
parte
della
terra
,
nemmeno
nel
Kuwait
.
Ti
pizzica
la
pelle
,
e
allora
esci
e
ti
butti
in
una
piscina
di
acqua
fredda
e
corrente
.
(
A
rigore
ci
vorrebbe
una
bella
nuotata
nel
fiume
.
)
Poi
torni
nel
camerino
e
ti
metti
a
letto
,
con
tre
coperte
addosso
,
e
ricominci
,
incredibile
,
a
sudare
.
Talvolta
t
'
addormenti
.
Al
risveglio
vai
nel
tepidario
ottagonale
:
anziani
grassi
in
accappatoio
,
come
tanti
senatori
romani
,
giovani
snelli
che
si
coprono
appena
le
vergogne
maggiori
,
o
neanche
quelle
,
come
soldati
spartani
.
Uscendo
dalla
sauna
ti
par
d
'
essere
in
Svizzera
.
Ti
senti
fresco
,
leggero
.
Infatti
hai
perso
almeno
un
chilo
.
E
speso
1800
lire
.
Il
prezzo
del
vitello
,
prima
scelta
.
StampaQuotidiana ,
Si
chiama
e
si
firma
proprio
così
:
nei
rapporti
con
L
'
ATM
,
Si
capisce
.
In
una
azienda
così
grossa
capitano
frequenti
gli
omonimi
,
fra
i
dipendenti
di
ieri
e
quelli
di
oggi
,
perciò
conviene
,
per
intendersi
,
dar
loro
un
numero
progressivo
.
Si
sa
per
esempio
di
un
Rossi
duecentonovantasette
.
Lorini
Quattro
invece
non
esiste
,
e
per
adesso
è
lui
l
'
ultimo
della
dinastia
:
Lorini
Due
era
suo
padre
,
mentre
di
Lorini
Uno
si
son
perse
le
tracce
.
Ma
il
suo
vero
nome
è
Franco
:
un
uomo
di
poco
sopra
i
quaranta
,
col
viso
asciutto
,
i
capelli
castani
,
un
po
'
stempiato
,
gli
occhi
fermi
e
chiari
,
il
sorriso
difficile
e
un
po
'
stirato
,
come
tutti
quelli
che
soffrono
allo
stomaco
.
L
'
ho
incontrato
in
un
bar
vicino
alla
grande
rimessa
di
Baggio
,
in
via
delle
Forze
Armate
,
e
intorno
altri
colleghi
,
incuriositi
,
stavano
a
sentire
,
uno
ha
azzardato
un
parere
,
e
a
poco
a
poco
tutti
intervenivano
a
correggere
,
precisare
,
aggiungere
.
Mi
ci
ha
portato
un
giovanotto
avellinese
di
nome
Spirito
,
anzi
Spirito
Uno
,
prova
,
se
occorresse
,
dell
'
immissione
dei
meridionali
in
questo
vecchio
mestiere
milanese
con
tradizioni
antiche
di
quasi
un
secolo
.
Spirito
Uno
è
appunto
allievo
di
Lorini
Tre
,
e
fa
il
bigliettario
(
«
si
dice
così
,
siete
voialtri
che
dimenticate
sempre
la
erre
»
)
ma
con
un
mese
di
corso
può
passare
guidatore
,
o
manovratore
,
come
sta
scritto
sulla
targhetta
,
che
t
'
ammonisce
di
non
parlargli
,
perché
altrimenti
si
distrae
.
Ma
è
poi
difficile
condurre
,
guidare
,
manovrare
,
pilotare
,
comunque
si
dica
,
un
tram
?
In
sé
non
è
difficile
,
spiega
Lorini
,
i
comandi
sono
due
,
cioè
il
«
controller
»
(
questo
è
il
nome
tecnico
ma
tra
loro
dicono
«
manetta
»
)
e
il
freno
.
Il
campanello
si
suona
col
piede
.
Svoltare
svolta
da
sé
,
naturalmente
,
questo
bestione
più
pesante
d
'
un
carro
armato
,
che
costa
venticinque
milioni
,
ed
è
mosso
da
quattro
motori
di
650
volts
ciascuno
.
Portarlo
di
qui
a
San
Siro
,
mettiamo
,
con
la
città
sgombra
,
riuscirebbe
facile
anche
a
me
.
Le
cose
cambiano
se
pensiamo
che
le
strade
sono
ingombre
di
mezzi
e
di
pedoni
,
che
la
gente
sale
e
scende
,
che
bisogna
star
bene
attenti
agli
orari
.
I
ritardi
sono
giustificabili
(
se
c
'
è
un
ingorgo
,
se
manca
la
corrente
)
ma
gli
anticipi
,
sopra
il
minuto
,
mai
,
allora
c
'
è
il
rapporto
e
la
multa
.
Sono
dalle
tre
alle
quattro
doppie
corse
giornaliere
,
in
un
turno
di
sei
ore
e
mezza
continuato
,
tranne
che
per
gli
anziani
,
ai
quali
tocca
l
'
orario
speciale
.
Può
sembrare
comodo
e
non
lo
è
affatto
.
Se
ne
accorgono
appunto
i
nuovi
arrivati
come
Spirito
:
hanno
fatto
il
militare
nel
Nord
,
questi
meridionali
,
oppure
hanno
sentito
dire
che
quassù
la
vita
è
tutta
rose
,
i
salari
alti
,
gli
svaghi
infiniti
,
la
libertà
,
le
ragazze
,
ma
poi
,
quando
sono
entrati
nell
'
ATM
,
e
agli
inizi
prendono
cinquantamila
al
mese
,
e
devono
pagarsi
la
camera
,
il
mangiare
,
la
lavatura
,
le
sigarette
,
allora
s
'
accorgono
che
non
c
'
è
proprio
da
scialare
.
E
nemmeno
ci
sono
grandi
possibilità
di
far
carriera
:
entri
bigliettario
,
e
se
non
fai
il
corso
di
guidatore
,
bigliettario
rimani
.
Altrimenti
puoi
diventare
controllore
,
controllore
capo
,
vice
ispettore
,
ispettore
,
e
qui
ti
fermi
.
Ogni
passaggio
è
subordinato
all
'
esame
di
concorso
,
severo
.
Franco
Lorini
entrò
nelle
tranvie
nell
'
immediato
dopoguerra
.
Classe
1921
,
ha
digerito
la
sua
bella
fetta
di
naja
,
è
tornato
con
in
tasca
appena
il
diploma
di
terza
avviamento
,
e
a
quei
tempi
trovare
un
posto
non
era
facile
,
e
poi
l
'
esempio
paterno
finì
per
convincerlo
.
Ora
c
'
è
e
ci
resterà
fino
alla
pensione
,
che
arriva
a
sessant
'
anni
,
ma
se
potesse
tornare
indietro
,
e
avere
vent
'
anni
con
le
possibilità
di
oggi
,
farebbe
volentieri
l
'
operaio
meccanico
specializzato
.
Con
moglie
e
un
figlio
,
compresi
gli
assegni
familiari
,
prende
al
netto
poco
più
di
sessantamila
lire
.
Altri
suoi
colleghi
si
cercano
un
secondo
lavoro
,
dopo
il
turno
di
servizio
,
ma
lui
no
:
il
tempo
libero
lo
dedica
al
figlio
Claudio
,
che
ha
tanto
bisogno
di
aria
aperta
.
E
potendo
lo
farà
studiare
,
perché
già
mostra
buona
disposizione
a
imparare
.
Gli
domando
come
sono
,
dal
punto
di
vista
suo
,
i
rapporti
col
pubblico
.
«
Prenda
l
'
esempio
di
Roma
»
(
sempre
il
solito
paragone
,
anche
lui
)
.
«
A
Roma
è
differente
,
in
tram
parlano
tutti
,
così
il
bigliettario
si
sfoga
,
il
guidatore
anche
.
Magari
ci
scappa
lo
sfottò
,
il
mezzo
insulto
,
ma
è
roba
che
si
scorda
subito
,
e
fa
bene
ai
nervi
.
Qui
invece
chiacchierano
poco
e
covano
dentro
,
e
il
bigliettario
incassa
,
il
guidatore
incassa
.
Le
proteste
di
chi
ha
fretta
,
la
muta
ostinazione
di
chi
sosta
sulla
piattaforma
di
dietro
,
(
e
quel
«
portarsi
avanti
»
che
tanto
mi
irrita
,
spiega
Lorini
,
non
è
per
malanimo
:
anche
se
la
piattaforma
è
sgombra
,
il
regolamento
parla
chiaro
,
e
il
bigliettario
deve
dire
sempre
così
,
perché
può
essere
l
'
ispettore
in
incognito
,
in
borghese
,
che
annota
e
poi
fa
il
suo
bel
rapporto
)
,
i
clacson
irritati
degli
automobilisti
.
Però
sono
uomini
anche
loro
,
incassano
incassano
,
e
a
un
certo
punto
sbottano
e
magari
ne
fa
le
spese
il
passeggero
che
aveva
ragione
.
Ci
vorrebbe
più
comprensione
,
più
bonomia
,
certo
,
ma
qui
a
Milano
è
facile
dirlo
,
assai
meno
facile
arrivarci
:
hanno
tutti
fretta
,
hanno
tutti
i
guai
per
la
testa
,
hanno
la
grana
,
e
la
grana
si
capisce
,
l
'
ansia
di
arrivare
a
farla
,
tanta
e
presto
,
oppure
poca
e
tutti
i
giorni
,
quella
poca
che
serve
per
non
andare
sotto
,
che
come
risultato
è
lo
stesso
,
anche
per
i
tranvieri
:
ecco
perché
tanti
casi
di
epatite
,
di
mal
di
fegato
.
E
poi
l
'
ulcera
gastrica
,
che
dipende
anche
dai
turni
,
dal
dovere
ogni
giorno
mettersi
in
giro
col
pasto
sullo
stomaco
.
E
poi
i
reumatismi
e
le
artriti
,
specialmente
il
guidatore
,
che
ha
la
porta
davanti
proprio
a
un
metro
dal
lungo
umido
inverno
milanese
.
Ma
insomma
,
vien
fatto
di
chiedere
a
Lorini
Tre
,
ci
sono
aspetti
positivi
,
qualcosa
che
valga
la
pena
nel
suo
mestiere
?
Ci
pensa
un
po
'
,
con
gli
occhi
sempre
fissi
,
un
po
'
duri
,
e
finalmente
ecco
.
C
'
è
la
solidarietà
fra
compagni
di
lavoro
,
gran
bella
cosa
(
però
il
pubblico
,
precisa
,
quando
scioperano
sembra
che
non
li
consideri
lavoratori
come
tutti
gli
altri
)
,
c
'
è
la
sicurezza
del
lavoro
e
della
pensione
,
che
scoccati
i
sessant
'
anni
è
pari
al
92
per
cento
della
paga
.
Che
altro
?
Un
bel
centro
climatico
a
Ospedaletti
,
che
in
pratica
è
un
albergo
di
lusso
,
purtroppo
piccolo
per
accogliere
tutti
;
e
infatti
lui
c
'
è
stato
due
volte
solo
.
Poi
le
colonie
per
i
bambini
,
e
la
banda
musicale
,
che
è
fra
le
migliori
d
'
Italia
,
e
anzi
di
recente
si
è
classificata
sesta
a
un
concorso
internazionale
in
Germania
:
ma
qui
,
a
parte
l
'
orgoglio
,
la
soddisfazione
è
di
chi
ci
suona
,
e
ha
un
'
ora
di
abbuono
giornaliero
per
le
prove
.
Poi
la
squadra
di
calcio
che
gioca
in
serie
D
,
i
gruppi
di
pesca
,
di
caccia
,
di
bocce
.
Lo
sport
anzi
ha
sempre
dato
buoni
frutti
,
all
'
ATM
:
dai
pugili
dilettanti
sono
usciti
fior
di
campioni
,
come
Giancarlo
Garbelli
,
beniamino
del
pubblico
milanese
,
che
un
tempo
puliva
i
tram
proprio
nella
rimessa
lì
accanto
.
Anche
Lorini
un
tempo
faceva
,
e
bene
,
dello
sport
:
era
lottatore
nei
pesi
piuma
,
e
poi
fu
per
dieci
anni
arbitro
di
calcio
.
Oramai
però
basta
:
lo
sport
lo
legge
sui
giornali
(
libri
purtroppo
non
ne
compra
,
costano
cari
,
dice
)
,
e
il
tempo
libero
lo
dedica
quasi
tutto
alla
persona
che
gli
è
più
cara
al
mondo
:
Claudio
.
Gli
piacerebbe
che
diventasse
Lorini
Quattro
?
No
,
sinceramente
no
.
StampaQuotidiana ,
Qualcuno
dice
ancora
,
all
'
antica
,
brumista
,
ma
oramai
sono
pochi
.
I
più
,
anche
fra
i
clienti
,
hanno
accettato
,
insieme
all
'
esito
in
«
ista
»
sempre
più
comune
ai
nomi
di
mestiere
,
qua
al
Nord
,
lo
scontro
,
sconosciuto
invece
nella
lingua
e
nei
dialetti
,
fra
gutturale
e
sibilante
.
Sicché
,
mentre
a
Roma
si
dice
tassì
e
tassinaro
,
a
Milano
sentiamo
,
anche
in
bocca
al
popolo
,
taxi
e
taxista
,
ossia
«
tàcsi
»
e
«
tàcsista
»
.
Con
le
nuove
licenze
che
di
recente
ha
concesso
il
Comune
,
i
tacsisti
o
taxisti
che
dir
si
voglia
sono
ormai
più
di
tremilacinquecento
.
E
fra
questi
predominano
i
padroncini
,
cioè
i
conducenti
padroni
del
loro
mezzo
,
per
i
quali
l
'
incasso
,
tolte
le
spese
,
è
guadagno
netto
.
Che
tengano
molto
al
mestiere
lo
dimostra
il
continuo
crescere
delle
grosse
cilindrate
,
delle
marche
di
pregio
(
Taunus
,
Oldsmobile
,
ma
soprattutto
Opel
)
,
delle
carrozzerie
vistose
,
addirittura
con
le
pinne
:
insomma
la
macchina
all
'
americana
.
Vanno
scomparendo
,
all
'
opposto
,
i
vecchi
mezzi
all
'
europea
,
antichi
e
talvolta
scassati
.
Per
tutto
questo
,
le
tariffe
più
basse
d
'
Italia
:
venti
lire
ogni
280
metri
di
corsa
,
venti
lire
ogni
minuto
di
sosta
;
con
cinquecento
lire
vai
da
piazza
Amendola
alla
stazione
Centrale
,
e
ci
scappa
anche
la
mancia
.
Mario
P
.
è
padroncino
,
e
si
lascia
intervistare
a
patto
che
non
faccia
il
suo
nome
:
non
crede
alla
pubblicità
,
e
risponde
per
semplice
cortesia
,
perché
è
un
giovanotto
ben
educato
.
Sulla
trentina
,
alto
e
biondo
,
piuttosto
taciturno
ma
preciso
,
abita
con
la
moglie
e
il
figlio
in
una
sola
stanza
,
con
la
cucina
ricavata
dietro
un
tramezzo
e
il
gabinetto
nel
sottoscala
.
C
'
è
ordine
e
pulizia
,
la
radio
e
la
televisione
,
ma
non
c
'
è
spazio
per
stare
comodi
;
trovare
almeno
due
vani
ad
affitto
ragionevole
in
questo
momento
è
il
suo
problema
più
serio
.
Un
tempo
Mario
era
camionista
,
mestiere
che
ricorda
assai
malvolentieri
,
faticoso
,
ingrato
,
pieno
di
responsabilità
mai
abbastanza
,
niente
affatto
romantico
,
se
non
nelle
canzoni
di
Yves
Montand
.
Ma
anche
fare
il
padroncino
di
taxi
non
è
tutt
'
oro
.
Si
mette
a
farmi
i
conti
sotto
gli
occhi
.
Ha
comprato
una
Seicento
,
il
mezzo
meno
costoso
,
e
la
pagherà
un
milione
tondo
,
a
rate
che
sembrano
comode
:
quarantamila
mensili
per
venticinque
mesi
.
Quaranta
di
rata
,
trentacinque
di
benzina
,
dieci
fra
rimessa
e
olio
,
dieci
di
tasse
,
quindici
fra
assicurazione
e
riparazioni
:
si
parte
ogni
mese
da
meno
centodieci
,
e
per
vivere
da
padroncino
bisogna
arrivare
a
più
centodieci
.
Siccome
non
si
lavora
tutti
i
giorni
(
altrimenti
uno
finisce
all
'
ospedale
)
bisogna
far
uscire
le
duecentoventi
mensili
da
venticinque
giorni
di
lavoro
,
se
tutto
va
bene
.
Se
lavorasse
sotto
padrone
non
avrebbe
spese
,
né
tanti
pensieri
,
il
guadagno
sarebbe
sicuro
anche
se
minore
dell
'
attuale
.
Allora
perché
farsi
padroncino
,
lui
e
tanti
come
lui
?
È
più
amore
d
'
indipendenza
che
desiderio
di
puro
guadagno
:
il
padrone
,
si
sa
,
è
sempre
padrone
,
meglio
la
libertà
coi
pensieri
che
la
dipendenza
spensierata
.
E
i
pensieri
ci
sono
.
«
Durante
la
corsa
tenersi
agli
appositi
sostegni
»
avverte
immancabilmente
la
targhetta
dentro
.
E
la
ragione
c
'
è
:
le
frenate
inevitabili
viaggiando
in
città
.
Il
passeggero
sbadato
può
abbattere
la
testa
sul
vetro
,
e
allora
ti
fa
causa
e
vuole
i
danni
:
è
successo
più
d
'
una
volta
.
Come
sono
i
clienti
qui
a
Milano
?
In
generale
corretti
,
ma
i
piantagrane
non
mancano
mai
,
quelli
che
«
rugano
»
sul
percorso
scelto
dall
'
autista
,
che
sembra
arbitrario
e
vizioso
anche
quando
è
solamente
inconsueto
,
e
magari
più
breve
,
sensi
vietati
a
parte
.
Insomma
il
cliente
non
vuole
«
esser
fatto
fesso
»
,
dubitare
che
tu
l
'
abbia
ingannato
.
E
invece
l
'
esperienza
dimostra
che
mai
un
taxista
milanese
ricorre
al
trucco
del
tourbillon
fasullo
per
far
salire
il
conto
sul
tassametro
.
Mario
P
.
me
lo
spiega
:
chi
gabba
il
cliente
ha
poco
da
lucrare
e
molto
da
scalpitare
;
poche
decine
di
lire
non
ripagano
la
scontentezza
di
lui
,
che
alla
fine
negherà
senz
'
altro
la
mancia
,
ormai
quasi
consueta
a
Milano
.
Il
guadagno
cresce
in
un
modo
solo
,
aumentando
il
numero
delle
corse
quotidiane
,
facendole
salire
da
venti
a
venticinque
.
Ecco
dunque
la
ragione
dell
'
altra
accusa
che
si
sente
fare
contro
i
taxisti
,
specialmente
dai
tranvieri
e
dagli
altri
autisti
:
che
corrono
troppo
,
che
si
sentono
troppo
sicuri
della
loro
bella
patente
di
terzo
grado
,
e
vogliono
fare
la
gimcana
in
mezzo
al
traffico
milanese
.
Non
è
vero
:
se
corrono
la
ragione
è
l
'
altra
,
di
far
presto
,
di
beccare
una
corsa
in
più
,
di
strappare
altre
mille
lire
,
perle
rate
,
per
le
spese
,
per
vivere
.
Il
lavoro
dei
taxisti
è
diviso
in
turni
di
dieci
ore
ciascuno
,
stabiliti
dal
Comune
,
e
contraddistinti
dal
triangolo
,
o
dal
quadrato
,
o
dal
disco
di
lamiera
a
colori
che
ogni
vettura
ha
sul
tetto
.
Lo
si
può
cambiare
,
previa
autorizzazione
del
Comune
e
sostituzione
del
segnale
:
cedere
per
esempio
il
triangolo
verde
,
che
indica
il
turno
dalle
sei
alle
sedici
,
e
prendere
il
quadrato
rosso
,
da
mezzogiorno
alle
ventidue
,
oppure
il
disco
bianco
barrato
,
che
indica
turno
di
notte
,
dalle
diciassette
alle
due
del
mattino
.
Non
ci
sono
obblighi
circa
i
posteggi
,
ciascuno
può
scegliere
quello
che
vuole
,
purché
naturalmente
si
metta
in
fila
ed
aspetti
il
suo
momento
:
l
'
autodisciplina
in
questo
caso
è
perfetta
,
non
sorgono
mai
contestazioni
fra
colleghi
cioè
fra
concorrenti
.
Un
taxi
può
anche
ottenere
,
oltre
al
turno
del
triangolo
verde
(
è
il
caso
attuale
di
Mario
P
.
)
anche
il
quadrato
giallo
canarino
,
e
fare
servizio
nottetempo
alla
stazione
,
purché
la
macchina
sia
affidata
a
un
secondo
autista
.
Ed
è
giusto
così
perché
altrimenti
sarebbero
venti
ore
di
guida
filate
,
pericolosissime
per
via
della
stanchezza
.
Il
quadrato
giallo
canarino
è
il
segno
dei
cosiddetti
«
marziani
»
:
non
possono
imbarcare
passeggeri
strada
facendo
,
debbono
correre
,
pendolarmente
dalla
stazione
al
domicilio
del
cliente
,
e
poi
tornare
subito
in
Centrale
.
Scoperti
in
contravvenzione
-
e
per
questo
può
bastare
il
rapporto
,
documentato
,
di
un
collega
,
-
perdono
la
licenza
,
cioè
il
pane
,
per
qualche
settimana
.
Le
malattie
professionali
?
Sono
le
solite
della
circolazione
stradale
:
stomaco
e
fegato
,
a
sfondo
nervoso
.
Ecco
perché
tu
cliente
li
senti
tanto
spesso
-
e
ti
irriti
-
sbraitare
contro
l
'
universo
su
quattro
ruote
,
e
contro
i
pedoni
,
e
contro
i
tranvieri
,
e
contro
i
vigili
,
e
ti
par
sempre
che
vogliano
coinvolgere
anche
te
in
questa
astiosa
,
continua
,
logorante
e
sterile
polemica
.
Lo
fanno
soprattutto
per
sfogarsi
:
sempre
meglio
così
che
covare
la
rabbia
in
corpo
e
allevarsi
l
'
ulcera
gastrica
.
Certo
,
conclude
Mario
P
.
,
sempre
meglio
padroncino
che
camionista
.
La
responsabilità
è
minore
,
la
fatica
più
tollerabile
,
il
mestiere
più
vario
:
a
volte
capita
di
far
quattro
chiacchiere
con
un
cliente
simpatico
,
a
volte
d
'
incontrarne
,
di
conoscerne
uno
famoso
:
Josephine
Baker
,
per
esempio
,
che
fu
una
sua
cliente
un
pomeriggio
e
si
dimostrò
molto
cortese
,
oppure
Vittorio
Gassman
,
o
Mike
Bongiorno
.
Se
dimostri
di
averli
riconosciuti
,
se
attacchi
discorso
e
poi
magari
domandi
l
'
autografo
sono
contentissimi
,
certo
.
Si
potrebbe
scrivere
un
capitolo
sulla
vanità
umana
come
appare
nello
specchietto
retrovisore
,
volendo
.
Ma
intanto
Mario
P
.
segue
un
corso
per
corrispondenza
,
di
radiotecnica
.
Non
si
sa
mai
.
StampaQuotidiana ,
«
Secondo
lei
uno
che
ha
sete
,
ma
sete
vera
,
che
cosa
beve
,
a
quest
'
ora
?
»
«
Un
whisky
con
molto
ghiaccio
,
e
due
schizzi
di
menta
»
«
Non
si
potrebbe
fare
l
'
inverso
,
una
menta
in
ghiaccio
con
due
schizzi
di
whisky
?
»
«
Non
si
può
.
La
menta
non
fa
base
»
.
Il
barista
Gianni
sorride
,
corretto
ma
inflessibile
.
E
,
interrogato
come
si
deve
,
dà
anche
la
spiegazione
.
Ogni
misura
di
bevande
(
in
inglese
cocktail
)
,
per
quanto
ampia
sia
la
scelta
lasciata
al
barista
,
non
può
evitare
certe
regole
di
ferro
,
anzitutto
la
regola
delle
basi
,
altrimenti
vien
fuori
un
guazzabuglio
senza
sapore
preciso
.
E
le
basi
sono
:
vermut
,
gin
,
cognac
,
whisky
.
Dolce
o
secco
,
forte
o
amabile
,
un
cocktail
deve
poggiarsi
su
uno
(
o
più
)
dei
quattro
elementi
.
Come
l
'
universo
di
Empedocle
.
Esempio
:
vermut
rosso
,
gin
,
bitter
in
parti
eguali
,
scorza
di
arancio
:
è
un
Negroni
.
Oppure
,
due
terzi
di
gin
,
uno
di
vermut
secco
,
appena
uno
schizzo
di
bitter
:
è
un
Cardinale
.
Un
terzo
di
vermut
,
due
di
scotch
,
una
goccia
di
angostura
,
ed
è
Manhattan
.
Il
nome
whisky
,
intanto
,
è
di
origine
gaelica
,
e
significa
,
più
o
meno
,
«
acqua
di
vita
»
.
La
stessa
cosa
vuol
dire
vodka
,
e
ovviamente
anche
il
nostro
«
acquavite
»
.
Una
volta
tanto
i
popoli
si
trovano
concordi
nel
riconoscere
i
benefici
effetti
dello
spirito
,
sia
di
vino
che
di
frumento
.
Per
whisky
appunto
s
'
intende
ogni
fermentato
di
cereali
.
Poi
cominciano
le
differenze
:
lo
scotch
(
scozzese
,
è
chiaro
)
esige
il
frumento
,
il
bourbon
(
americano
)
l
'
avena
,
il
rye
(
canadese
)
la
segale
.
La
qualità
dipende
dalla
stagionatura
,
cioè
dai
recipienti
e
dai
metodi
di
conservazione
.
Difficile
dire
quale
sia
la
miglior
marca
in
commercio
,
dipende
un
po
'
anche
dai
gusti
.
E
lui
,
Gianni
,
s
'
è
mai
provato
a
inventare
una
bevanda
?
Certo
,
ecco
la
prima
ricetta
:
Bacardi
,
vodka
,
curaçao
,
una
goccia
di
angostura
,
è
già
un
azzardo
fuor
delle
regole
canoniche
.
Si
chiama
«
Tiziana
»
.
Oppure
:
vermut
rosso
,
bitter
,
biancosarti
,
seltz
,
ovviamente
più
leggero
:
si
chiama
«
Alfreda
»
.
Il
perché
dei
modi
è
chiaro
:
Tiziana
(
Mischi
)
e
Alfreda
(
Zanega
)
sono
le
due
giovani
e
belle
signore
proprietarie
del
bar
e
dell
'
annessa
trattoria
.
Fino
a
qualche
tempo
fa
attrici
di
prosa
,
hanno
messo
su
bottega
da
un
mese
circa
.
Hanno
rilevato
una
bettola
in
via
Fiori
Chiari
,
hanno
ripulito
tutto
,
via
gli
intonachi
,
via
le
pitture
sul
legno
alle
pareti
,
allo
scoperto
la
colonna
centrale
di
granito
e
i
due
travi
e
l
'
arco
scempio
in
mattoni
,
hanno
rifatto
la
targa
che
dice
:
«
Bar
e
trattoria
dell
'
angolo
»
.
In
quel
punto
Fiori
Chiari
fa
angolo
con
via
Formentini
.
La
conduzione
è
familiare
:
le
due
signore
,
una
parente
che
cucina
,
due
garzoni
e
lui
,
Gianni
il
barista
,
che
è
anche
un
vecchio
amico
.
Lo
trovarono
in
un
bar
di
via
Pontaccio
,
sempre
da
quelle
parti
,
e
lo
convinsero
a
passare
nella
nuova
combinazione
.
Gianni
ha
venticinque
anni
e
da
nove
fa
il
barista
,
ma
non
è
sempre
stato
così
.
Cominciò
a
lavorare
giovanissimo
,
ha
fatto
,
fra
le
altre
cose
,
il
tipografo
,
il
falegname
e
l
'
operaio
in
una
fabbrica
di
giradischi
.
Prima
era
stato
quasi
sempre
in
collegio
,
e
anzi
ne
aveva
cambiati
quattro
,
non
per
suo
capriccio
,
ma
perché
scappava
,
e
ogni
volta
dovevano
chiuderlo
in
un
posto
nuovo
.
Di
quegli
anni
non
parla
molto
volentieri
.
Fra
i
motivi
di
questa
sua
irrequietezza
infantile
c
'
è
il
cognome
:
Gianni
infatti
si
chiama
Pizza
,
e
in
collegio
i
compagni
lo
tormentavano
per
quel
cognome
strano
.
Se
potesse
,
lo
cambierebbe
,
ma
in
fondo
può
anche
andare
così
:
i
clienti
lo
chiamano
Gianni
e
basta
,
come
succede
a
tutti
i
baristi
bravi
.
È
un
giovanotto
alto
e
magro
,
bruno
,
con
le
sopracciglia
folte
e
gli
occhi
neri
,
potrebbe
passare
per
meridionale
,
e
invece
la
madre
è
friulana
,
il
padre
lombardo
e
lui
si
considera
senz
'
altro
milanese
.
Come
sono
i
clienti
?
Quelli
della
zona
,
si
capisce
,
quelli
che
lavorano
o
bazzicano
dalle
parti
di
Brera
,
i
pittori
,
gli
scultori
,
i
giornalisti
,
qualche
industriale
e
qualche
bella
signora
che
ama
il
pittoresco
.
È
gente
che
sa
bere
,
sia
che
chieda
un
calice
di
bianco
,
sia
che
ordini
una
specialità
ignota
ai
più
.
Distingue
il
vino
dall
'
acqua
,
l
'
uva
dai
fichi
secchi
,
l
'
etichetta
nera
dalla
rossa
.
Gente
che
dà
soddisfazione
.
Un
esempio
:
i
più
qua
dentro
evitano
la
pletora
delle
bevande
gassate
e
dolciastre
,
e
chiedono
birra
,
birra
di
buona
marca
e
fresca
di
cantina
:
più
volte
,
nello
stesso
pomeriggio
,
gli
tocca
scendere
nella
cantina
,
che
a
poco
a
poco
attrezzeranno
come
si
deve
.
A
sera
,
insieme
ai
clienti
di
trattoria
(
piccione
con
funghi
e
cipolline
,
questa
la
specialità
da
assaggiare
)
capitano
i
bevitori
seri
,
quelli
corazzati
contro
la
sbronza
,
o
almeno
capaci
di
mascherarla
.
Gianni
potrebbe
scriverci
un
trattato
:
ci
sono
le
sbronze
tristi
e
quelle
allegre
,
le
malinconiche
e
le
violente
,
le
evocative
e
le
programmatiche
,
le
storiografiche
e
le
fantascientifiche
,
le
centripete
e
le
centrifughe
,
le
taciturne
e
le
verbose
.
A
mettere
un
registratore
dietro
lo
scaffale
delle
bottiglie
,
sarebbero
tanti
racconti
già
scritti
:
una
zona
della
letteratura
contemporanea
tuttora
ignota
dagli
storici
classificatori
per
«
generi
»
e
tuttora
inedita
.
Chissà
!
Anche
come
barista
Gianni
ha
cambiato
diversi
posti
,
e
ricorda
con
riconoscenza
il
principale
d
'
un
bar
di
via
Plinio
,
che
sapeva
il
fatto
suo
e
gli
ha
insegnato
non
poche
cose
,
diverse
piccole
raffinatezze
del
mestiere
.
Per
esempio
,
quando
si
prepara
il
Martini
,
anziché
strizzare
sul
gin
e
sul
vermut
la
scorza
del
limone
,
conviene
meglio
strofinarla
col
bastoncino
di
vetro
sul
fondo
del
bicchiere
,
e
poi
toglierla
con
un
gesto
preciso
:
più
pulito
e
il
risultato
è
migliore
.
E
ancora
:
lo
shaker
si
adopera
per
i
liquori
densi
,
oleosi
,
oppure
quando
occorre
aggiungere
zucchero
.
Per
i
liquidi
secchi
,
niente
shaker
,
ma
mixer
e
bastoncino
di
vetro
.
Lo
dice
anche
il
nome
:
nel
secondo
caso
si
mischia
,
nel
primo
si
sbatte
.
Oggi
i
baristi
buoni
son
molto
ricercati
,
perché
scarseggiano
.
Gianni
ha
avuto
una
buona
offerta
da
un
locale
del
centro
,
ma
qui
si
trova
bene
.
Come
paga
,
quella
sindacale
:
il
bar
è
di
terza
categoria
e
quindi
gli
spettano
,
più
o
meno
,
settantamila
lire
mensili
.
Poi
ci
sono
le
mance
,
che
il
cliente
magari
la
prima
volta
non
dà
,
ma
basta
servirlo
a
puntino
e
quello
,
che
è
un
intenditore
,
immancabilmente
ritorna
e
la
seconda
volta
lascia
di
sicuro
qualcosa
nel
piattino
,
anche
mille
lire
.
Per
ora
dorme
ancora
alla
pensione
di
via
Plinio
,
ma
siccome
le
signore
insieme
al
locale
hanno
affittato
cinque
stanze
al
piano
di
sopra
(
vi
si
accede
dal
pianterreno
per
una
scaletta
a
chiocciola
)
presto
avrà
una
camera
tutta
per
sé
,
là
sopra
:
casa
e
bottega
.
Cambierebbe
solo
a
un
patto
,
di
farsi
un
locale
tutto
suo
,
un
baretto
anche
piccolo
ma
ben
messo
,
specializzato
,
un
posto
dove
la
gente
venisse
non
per
«
bere
qualcosa
»
,
ma
per
gustare
una
bevanda
preferita
,
ben
precisa
ed
esatta
,
o
magari
per
lasciarsi
consigliare
da
lui
,
Gianni
,
barista
estroso
ma
di
fiducia
.
StampaQuotidiana ,
Aveva
cominciato
il
mestiere
da
poche
settimane
,
e
già
voleva
smettere
,
dopo
il
fattaccio
.
Eppure
non
fu
colpa
sua
,
il
cliente
che
gli
stava
sotto
il
rascio
s
'
era
messo
a
discutere
con
il
vicino
,
e
,
preso
dal
calore
del
discorso
,
a
un
tratto
voltò
la
faccia
bruscamente
,
lui
non
fu
pronto
a
staccare
il
ferro
,
e
la
guancia
cominciò
a
sanguinare
,
proprio
un
bel
sette
.
Santino
Trimarchi
non
se
l
'
è
ancora
scordato
.
Allora
aveva
diciassette
anni
:
perso
il
padre
in
guerra
,
non
c
'
erano
i
mezzi
,
dopo
i
tre
anni
delle
medie
,
per
continuare
gli
studi
,
e
così
accettò
un
posto
da
garzone
nella
barberia
del
suo
paesino
,
in
provincia
di
Messina
.
Il
padrone
e
il
cliente
stesso
lo
fecero
convinto
che
la
colpa
non
era
stata
sua
e
allora
rimase
.
Anzi
,
come
spesso
accade
ai
siciliani
giovani
e
poveri
,
decise
di
venirsene
al
Nord
,
e
più
a
Nord
di
così
,
in
Italia
,
non
poteva
andare
:
a
Bolzano
trovò
un
lavoro
in
un
reparto
militare
.
Esentato
dal
servizio
di
leva
perché
orfano
primogenito
,
la
sua
naja
fu
questa
:
rapare
le
reclute
,
sbarbare
soldati
e
sottufficiali
.
Di
questo
periodo
ha
un
bel
ricordo
,
specialmente
quando
il
reparto
andava
al
campo
estivo
,
per
esempio
sulla
Marmolada
.
Girando
per
i
paeselli
dell
'
Alto
Adige
,
a
volte
sforniti
di
«
salone
»
,
capitava
di
fare
qualche
barba
e
qualche
taglio
extra
:
gli
ufficiali
chiudevano
un
occhio
,
perché
a
rigore
sarebbe
stato
proibito
,
ma
Santino
si
era
guadagnata
la
stima
e
la
simpatia
di
tutti
.
Al
punto
che
ottenne
di
attrezzare
a
dovere
la
stanza
della
caserma
che
gli
serviva
da
bottega
.
Prima
c
'
erano
soltanto
uno
sgabello
e
una
mensola
,
ma
lui
ottenne
poltrona
,
specchio
e
scalda
-
acqua
,
insomma
poteva
fare
la
sua
figura
,
e
non
soltanto
sotto
la
naja
.
Portava
la
giacca
a
vento
dei
reparti
di
montagna
,
gli
avevano
trovato
un
par
di
calzoni
di
velluto
,
e
gli
scarponi
.
Vitto
e
alloggio
assicurati
,
soldi
forse
pochi
,
ma
un
ragazzo
sotto
i
vent
'
anni
cos
'
altro
può
pretendere
?
Poi
venne
a
Milano
,
e
da
allora
avrà
cambiato
due
,
tre
padroni
al
massimo
.
Adesso
lavora
in
un
negozio
d
'
un
quartiere
buono
in
zona
Magenta
,
poco
oltre
la
Fiera
,
verso
San
Siro
.
Ì
:
un
quartiere
alberato
e
alberoso
,
residenziale
,
con
molti
palazzi
nuovi
di
lusso
o
quasi
.
I
clienti
sono
persone
educate
e
distinte
,
qualcuno
addirittura
celebre
:
l
'
allenatore
dell
'
Inter
Herrera
,
che
abita
quasi
davanti
al
negozio
,
o
l
'
attore
Gino
Bramieri
,
che
sta
anche
lui
in
quella
casa
.
Ebbe
occasione
di
servire
,
una
volta
,
Mario
Sironi
,
il
pittore
.
Da
quelle
parti
c
'
è
anche
una
casa
di
dischi
,
e
ci
vanno
i
cantanti
a
incidere
,
così
può
accadere
che
in
negozio
capiti
Luciano
Virgili
,
o
Nicola
Arigliano
,
il
quale
visto
da
vicino
non
è
poi
così
brutto
come
vuole
la
leggenda
(
e
la
televisione
)
.
Sono
clienti
docili
,
non
fanno
mai
storie
,
accettano
dopo
il
taglio
sciampo
e
frizione
,
anzi
ormai
ci
sono
abituati
e
la
chiedono
da
sé
.
Con
Santino
lavora
un
altro
siciliano
,
Giovanni
Tomaselli
,
che
ormai
si
considera
milanese
,
tanto
più
che
tutti
lo
chiamano
,
alla
lombarda
,
Gianni
.
Il
sabato
e
la
domenica
viene
a
dare
una
mano
anche
il
signor
Peppino
,
un
barbiere
più
anziano
,
di
poca
salute
,
e
che
non
ce
la
fa
più
di
tanto
.
Il
padrone
invece
è
bergamasco
,
il
signor
Antonio
Clementi
,
e
ha
grande
stima
dei
suoi
lavoranti
.
No
non
è
detto
che
per
forza
debbano
essere
meridionali
i
lavoranti
in
gamba
,
ma
siccome
la
maggioranza
sono
loro
,
è
naturale
che
dalla
massa
emerga
prima
o
poi
il
buon
artigiano
,
e
persino
l
'
artista
.
Parlano
proprio
di
arte
alla
scuola
di
Foro
Buonaparte
,
anzi
all
'
Accademia
per
acconciature
maschili
,
che
Santino
ha
frequentato
con
profitto
,
e
continua
a
frequentare
insieme
a
Gianni
.
E
a
rigore
se
diciamo
«
barbiere
»
ormai
questa
è
un
'
inesattezza
,
perché
la
barba
è
l
'
ultima
cosa
che
si
fa
in
un
salone
.
I
rasoi
elettrici
ormai
permettono
a
tutti
di
radersi
con
poca
spesa
e
poca
perdita
di
tempo
,
anche
se
non
viene
fuori
una
guancia
liscia
come
col
rasoio
.
E
i
barbieri
dal
canto
loro
non
se
ne
lagnano
,
perché
una
barba
porta
via
almeno
un
quarto
d
'
ora
di
lavoro
e
le
duecentocinquanta
lire
della
tariffa
a
fatica
coprono
la
spesa
.
Meglio
dunque
specializzarsi
nel
taglio
,
a
fare
la
frizione
e
lo
sciampo
.
Perché
se
ne
son
fatti
di
progressi
in
quest
'
arte
(
diciamolo
pure
anche
noi
)
.
La
scuola
,
per
esempio
,
con
quattro
ore
settimanali
e
due
anni
di
corso
,
comincia
col
taglio
all
'
italiana
,
si
curano
soprattutto
le
basette
e
gli
sgarbi
(
cioè
lo
stacco
intorno
all
'
orecchio
fino
al
termine
della
sfumatura
)
.
Il
lavoro
è
di
forbici
e
pettine
.
Niente
macchinetta
:
la
macchinetta
è
un
'
invenzione
che
già
va
sparendo
,
almeno
nei
negozi
seri
,
al
massimo
serve
per
i
bambini
e
per
i
clienti
frettolosi
,
che
smaniano
sotto
la
mantiglia
(
a
Milano
non
si
dice
«
cappa
»
)
.
Poi
comincia
il
taglio
alla
francese
,
bombé
coi
capelli
tutti
pari
,
da
tre
a
cinquanta
centimetri
,
e
alla
fine
deve
risultare
una
testa
tonda
perfetta
.
In
questo
caso
interviene
anche
il
rasoio
:
è
il
cosiddetto
taglio
scolpito
.
Bisogna
infatti
sapere
che
le
forbici
troncano
il
capello
seccamente
,
come
le
cesoie
d
'
un
giardiniere
il
rametto
da
potare
,
mentre
il
rasoio
lo
sfila
,
funziona
insomma
come
il
temperino
quando
appunta
il
lapis
.
Così
la
punta
del
capello
viene
assottigliata
,
e
poi
con
il
phon
si
tratta
a
piacimento
,
e
viene
bene
,
anche
la
trasformazione
di
fantasia
.
A
questo
punto
entra
in
ballo
il
gusto
del
barbiere
,
e
sta
a
lui
decidere
se
fare
un
'
onda
sul
davanti
,
e
dare
una
bella
piega
a
tutta
la
capigliatura
.
Alla
gara
di
fine
corso
,
che
fu
un
mese
fa
,
Santino
perse
il
terzo
posto
in
classifica
,
per
un
punto
solo
,
proprio
perché
la
trasformazione
non
gli
venne
fatta
come
avrebbe
voluto
lui
.
Ma
anche
quarto
su
trenta
,
con
la
medaglia
di
bronzo
,
non
è
poco
,
e
Santino
tiene
appeso
il
diploma
incorniciato
a
una
parete
del
negozio
.
Gianni
,
del
primo
corso
fu
nono
,
e
per
il
signor
Antonio
è
stata
una
bella
soddisfazione
,
avere
tutti
e
due
i
lavoranti
piazzati
.
Certo
,
non
è
solo
soddisfazione
morale
:
il
lavorante
che
si
distingue
alla
scuola
merita
un
premio
.
Così
alle
quarantacinquemila
lire
mensili
che
spettano
per
contratto
,
il
signor
Antonio
aggiunge
una
regalia
;
poi
ci
sono
le
mance
,
che
ormai
qui
danno
a
tutti
,
e
fatte
le
somme
in
capo
al
mese
Santino
Trimarchi
porta
a
casa
le
sue
ottantacinque
-
novantamila
lire
.
Vive
in
pensione
,
e
gli
resta
di
che
vestirsi
e
svagarsi
.
Come
?
Santino
non
va
spesso
al
cinema
,
leggere
non
legge
,
anzi
dice
che
un
libro
aperto
gli
fa
venire
sonno
,
guarda
la
televisione
quando
fuori
piove
,
altrimenti
preferisce
andare
a
passeggio
,
e
la
domenica
non
perde
mai
la
partita
.
È
tifoso
dell
'
Inter
,
e
quando
capita
Helenio
Herrera
non
si
lascia
sfuggire
l
'
occasione
per
fargli
qualche
domanda
.
Con
tatto
però
.
La
fama
che
hanno
i
barbieri
,
di
chiacchierare
troppo
,
non
è
completamente
falsa
,
e
lui
,
Santino
,
ammette
d
'
essere
un
po
'
chiacchierone
.
Ma
è
convinto
che
bisogna
correggersi
,
capire
se
il
cliente
desidera
oppure
no
la
conversazione
,
e
in
caso
negativo
starsene
zitti
,
che
tutto
sommato
è
meglio
,
perché
si
ha
più
testa
al
lavoro
.
Se
è
faticoso
?
Certo
,
sono
dieci
ore
giornaliere
.
Non
si
lavora
di
continuo
,
d
'
accordo
,
ma
bisogna
stare
molto
in
piedi
:
un
lavorante
che
si
rispetti
non
dovrebbe
mai
accomodarsi
sulle
poltrone
riservate
ai
clienti
in
attesa
.
Al
massimo
può
andare
nel
retrobottega
,
a
fumare
una
sigaretta
,
ma
il
collega
deve
sempre
restare
in
negozio
.
Poi
c
'
è
la
tensione
nervosa
,
continua
,
se
uno
tiene
a
far
bene
il
suo
mestiere
.
Santino
appunto
ci
tiene
;
direi
che
questa
è
la
sua
unica
ambizione
.
Farsi
un
negozio
tutto
suo
,
no
.
Magari
si
trovano
ditte
che
ti
arredano
un
salotto
e
te
lo
fanno
pagare
con
comodo
,
ma
Santino
Trimarchi
non
se
la
sentirebbe
di
fare
debito
,
e
poi
dare
la
settimana
ai
lavoranti
,
e
pensare
ai
contributi
,
alle
tasse
,
a
tutto
da
solo
.
No
,
Santino
Trimarchi
è
un
barbiere
tranquillo
,
e
tranquillo
vuol
dormire
ogni
notte
.
StampaQuotidiana ,
Mosca
-
C
'
è
una
specie
di
parola
d
'
ordine
,
per
noi
altri
a
Mosca
,
in
questi
giorni
:
per
chi
vuole
evitare
la
fila
al
«
Gum
»
,
per
chi
addirittura
vuol
traversare
la
Piazza
Rossa
di
corsa
e
fuori
dalle
strisce
:
«
Italianski
futbalist
»
:
la
gente
ammicca
,
sorride
,
il
poliziotto
fa
un
cenno
bonario
,
che
passino
pure
,
questi
italiani
confusionari
,
con
in
testa
il
colbacco
e
la
balalaica
in
mano
,
i
soli
forse
,
a
Mosca
,
a
portare
questi
copricapo
e
a
maneggiare
questi
chitarroni
triangolari
.
Sentono
la
partita
:
ieri
,
in
visita
all
'
università
,
un
giovanottaccio
biondo
,
col
maglione
verde
,
facoltà
di
scienze
naturali
,
pronosticava
lo
zero
a
zero
,
e
coi
suoi
bravi
argomenti
:
non
gioca
Mazzola
,
diceva
,
e
così
nessuno
segna
.
In
albergo
,
c
'
è
un
cameriere
che
di
italiano
sa
una
parola
sola
,
«
tifoso
»
:
gliel
'
ha
insegnata
un
amico
russo
,
che
la
sentì
,
tempo
fa
,
da
un
suo
amico
italiano
.
Alla
vigilia
,
piccolo
convegno
internazionale
fino
a
mezzanotte
:
italiani
,
jugoslavi
,
pescatori
del
Ghana
in
viaggio
di
istruzione
verso
Odessa
,
e
Bessarione
,
cioè
Vissarion
,
armeno
nero
nero
e
coi
baffetti
.
Quando
il
discorso
cade
sulla
partita
,
scommettiamo
una
bottiglia
di
cognac
del
paese
suo
,
scuro
e
con
un
retrogusto
di
passito
,
carissimo
(
sei
rubli
,
che
al
cambio
ufficiale
fanno
quattromila
lire
e
rotti
)
.
Chi
perde
paga
,
se
si
pareggia
si
fa
alla
romana
.
Alla
partita
si
va
col
pullman
,
e
con
la
ragazza
Ludmilla
,
diligentissima
interprete
,
che
sa
tutto
di
tutto
,
calcio
escluso
;
lei
viene
per
insegnarci
il
«
posto
»
.
Sollecita
che
si
mangi
presto
,
per
essere
là
in
tempo
,
visto
che
ci
sarà
gran
traffico
,
e
folla
intorno
allo
«
stadion
»
.
Invece
è
pressappoco
la
confusione
di
un
,
diciamo
,
Milan
-
Catania
,
non
di
più
.
Gli
altoparlanti
ci
accolgono
con
le
note
di
Chitarra
romana
/
accompagnami
tu
che
dà
il
ritmo
ai
piedoni
del
centravanti
Sormani
.
Lo
stesso
altoparlante
dice
i
nomi
dei
giocatori
,
o
meglio
dice
il
nome
,
il
cognome
e
la
qualifica
:
interno
sinistro
,
Gianni
Rivera
.
Il
cielo
è
grigio
,
a
tratti
vien
giù
una
pioggerellina
d
'
ottobre
,
fredda
e
fina
fina
.
Ma
si
aprono
pochi
ombrelli
;
grigia
la
gente
,
con
qualche
pastellata
cilestrina
,
il
colore
prevalente
fra
gli
impermeabili
.
Dietro
ci
sono
russi
,
davanti
russi
,
accanto
appare
Bessarione
l
'
armeno
,
nero
nero
e
con
i
baffetti
,
ironico
appena
il
centravanti
ha
infilato
nel
sacco
il
primo
pallone
.
La
gente
grida
al
trionfo
,
come
è
giusto
,
ma
non
si
scalmana
troppo
.
Applaude
(
proprio
battendo
le
mani
,
come
a
teatro
)
e
ancor
di
più
fischia
.
Fischia
quando
Pascutti
stende
a
terra
con
un
pugno
il
suo
avversario
,
fischia
quando
Sormani
non
si
alza
e
si
fa
accompagnare
di
peso
fuori
dal
campo
,
fischia
quando
i
suoi
tirano
a
perder
tempo
,
dopo
la
seconda
rete
(
e
Bessarione
guarda
con
l
'
occhio
lustro
e
il
baffetto
ironico
,
pregustando
il
cognaccone
pagato
,
caro
carissimo
,
da
questi
italiani
fessi
,
con
il
colbacco
,
che
hanno
fatto
tremila
chilometri
per
vedere
come
si
fa
a
perdere
per
2-0
)
.
Fischiano
troppo
,
e
allora
è
giusto
che
qualcuno
li
redarguisca
:
l
'
altoparlante
riattacca
e
spiega
come
e
qualmente
questa
sia
la
tattica
di
gioco
preordinata
da
chi
di
dovere
,
appositamente
per
questo
incontro
.
Dunque
non
c
'
è
niente
da
fischiare
.
Macché
!
Al
segnale
della
fine
,
invece
di
esultare
e
abbracciarsi
per
avere
vinto
2-0
contro
la
squadra
,
dicono
,
più
forte
del
mondo
,
questi
moscoviti
fischiano
:
fischiano
l
'
arbitro
,
i
guardalinee
,
gli
undici
italiani
(
più
forti
)
,
gli
undici
sovietici
(
meno
forti
)
e
poi
restano
ad
applaudire
due
squadrette
di
ragazzi
che
sono
entrati
in
campo
dopo
l
'
incontro
maggiore
e
adesso
scarpinano
tutti
contenti
dietro
al
pallone
.
Ora
si
esce
,
e
l
'
altoparlante
ci
dà
il
saluto
intonando
Scapricciatiella
:
«
Come
te
l
'
aggio
a
di
'
ca
non
è
cosa
»
.
Italiano
mio
bello
,
stasera
paghi
da
bere
:
e
che
cosa
ti
credevi
?
Meglio
ritornare
in
albergo
con
la
diligente
Ludmilla
a
far
da
guida
.
È
la
prima
volta
che
vede
una
partita
di
calcio
,
e
giura
che
sarà
l
'
ultima
.
No
,
non
si
è
divertita
per
niente
,
lei
non
è
«
tifuosa
»
di
calcio
.
È
«
tifuosa
»
di
scacchi
.
StampaQuotidiana ,
Ecco
fatto
:
pigliano
uno
che
ha
passato
i
quarant
'
anni
senza
mai
passare
i
confini
del
suo
Paese
,
e
gli
propongono
di
andare
a
Mosca
.
In
treno
,
seconda
classe
,
cinque
giorni
di
viaggio
e
due
di
soggiorno
partita
compresa
,
con
una
comitiva
di
ragazzi
,
il
centro
giovanile
eccetera
.
E
quello
accetta
.
Subito
attaccano
la
solfa
gli
amici
premurosi
:
se
torni
vivo
,
torni
con
le
ossa
rotte
.
Si
sa
come
funzionano
queste
cose
«
giovanili
»
:
per
il
gruppo
italiano
non
c
'
è
mai
niente
di
prenotato
tanto
gli
italiani
hanno
fama
internazionale
di
gente
che
s
'
arrangia
.
Vedrai
.
Settantaquattromila
lire
la
quota
?
Ma
allora
è
chiaro
:
carro
bestiame
e
razioni
dell
'
Armata
rossa
,
in
prima
linea
,
bada
bene
,
e
cioè
un
chilo
di
pane
e
una
targa
di
lardo
.
Sì
,
sì
,
ci
campi
,
di
fame
non
muori
.
Senti
,
scherzi
a
parte
,
fai
una
bella
cosa
:
datti
malato
.
E
invece
proviamo
.
Almeno
fino
a
Venezia
,
dov
'
è
il
raduno
:
una
occhiata
e
siamo
sempre
in
tempo
a
riprendere
il
treno
per
Milano
,
in
serata
.
Alla
stazione
di
Santa
Lucia
già
si
vanno
radunando
,
hanno
la
faccia
e
la
tenuta
di
chi
va
a
Mosca
col
treno
,
ma
giovani
non
direi
che
siano
,
questa
la
novità
:
quasi
tutti
sopra
i
trenta
,
ce
ne
sono
un
paio
che
somigliano
a
mio
padre
,
e
poi
uno
col
bastone
,
e
un
altro
mutilato
,
senza
una
mano
.
Le
cuccette
per
Vienna
sono
ventidue
,
già
prenotate
,
ma
se
ci
va
quella
signora
grassa
,
padovana
,
con
la
barba
,
che
invoca
Mariavergine
e
Santantonio
,
allora
perbacco
ci
vado
anch
'
io
.
Facce
conosciute
non
ne
vedo
,
ma
questo
ragazzo
tarantino
che
mi
chiede
informazioni
mi
pare
il
tipo
di
terrone
giusto
,
e
poi
il
suo
amico
che
è
andato
a
prendere
i
passaporti
risulta
(
sta
scritto
alla
voce
«
professione
»
)
portiere
d
'
albergo
.
Visto
e
preso
:
noi
tre
staremo
insieme
,
e
intanto
offro
io
il
fiaschetto
di
vino
,
per
cenare
prima
che
il
treno
vada
.
Il
capo
della
comitiva
si
chiama
Senatori
,
è
un
bravissimo
fiorentino
,
un
po
'
bietolone
,
che
impartisce
avvertimenti
e
consigli
,
talvolta
un
po
'
ovvii
:
attenti
a
non
perdere
il
passaporto
perché
sarebbe
un
guaio
serio
.
Se
qualcuno
a
Vienna
vi
propone
di
cambiare
moneta
,
non
accettate
.
In
Ungheria
e
in
Russia
,
mai
far
salire
in
camera
amici
e
amiche
del
posto
:
è
vietato
,
anzi
,
«
un
si
pole
»
.
Paese
che
vai
,
legge
che
trovi
,
e
bisogna
rispettarla
.
Domattina
colazione
a
Vienna
,
poi
subito
in
treno
per
l
'
Ungheria
.
Buon
viaggio
e
cerchiamo
di
stare
tranquilli
,
perché
otto
giorni
insieme
sono
parecchi
.
Vabbene
,
stiamo
tranquilli
e
troviamo
posto
:
voi
due
tarantini
saltate
su
appena
il
treno
è
pronto
,
le
valigie
ve
le
passo
io
dal
finestrino
.
Dentro
c
'
è
un
moretto
di
Roma
,
e
una
signora
anziana
con
una
faccia
simpatica
e
la
treccia
folta
dei
capelli
biondi
.
Dice
subito
che
a
casa
lascia
tre
figliole
grandi
.
Quando
hanno
saputo
che
partiva
per
Mosca
sola
,
in
treno
hanno
detto
:
«
Vabbe
'
,
se
la
mamma
è
impazzita
,
bisogna
lasciarla
stare
»
.
Il
romanino
invece
fa
il
giornalista
sportivo
,
e
ha
le
tasche
piene
di
distintivi
della
Federcalcio
.
Dunque
siamo
cinque
,
e
ci
presentiamo
:
il
terrone
giusto
si
chiama
Minimo
,
il
giornalista
Ivano
,
la
signora
bionda
Lucia
,
il
portiere
d
'
albergo
(
gestore
,
precisa
lui
)
Riccio
.
Ci
diamo
ancora
del
lei
,
ma
dopo
Budapest
passeremo
al
tu
,
e
per
tutto
il
viaggio
saremo
il
gruppo
più
efficiente
della
comitiva
.
Temo
una
cosa
sola
:
che
gli
altri
si
addormentino
perché
non
riesco
a
dormire
seduto
,
e
allora
do
fondo
alla
riserva
di
storielle
,
barzellette
,
indovinelli
,
epigrammi
,
ma
a
un
certo
punto
Riccio
e
Mimmo
,
che
vengono
da
Taranto
e
hanno
già
sul
groppone
una
nottata
di
treno
,
cominciano
a
ciondolare
.
Attenti
ragazzi
che
tra
poco
siamo
al
confine
e
vi
svegliano
quelli
della
dogana
.
Infatti
eccoli
,
sono
due
austriaci
grossi
e
inteccheriti
,
due
tavoloni
.
Passe
bitte
.
E
timbrano
.
Ma
poi
,
dopo
l
'
una
,
il
sonno
prevale
,
e
lascio
che
Riccio
si
stenda
.
Per
fortuna
dal
corridoio
arrivano
voci
senesi
.
«
O
Mario
che
fa
?
»
«Piange.»
«
O
perché
?
»
«
Perché
ha
visto
un
binario
morto
.
»
Uno
dei
senesi
è
tabaccaio
,
piccoletto
,
già
un
po
'
grigio
,
diffidente
,
si
preoccupa
per
il
mangiare
.
«
Lei
che
mi
dice
?
»
Ma
non
aspetta
la
risposta
.
«
No
,
stia
a
sentire
,
perché
l
'
altro
giorno
mia
moglie
mi
manda
a
pigliare
una
balletta
di
zucchero
in
cantina
.
Sa
noialtri
abbiamo
tabaccheria
e
bar
,
e
lo
zucchero
serve
.
Prendo
la
balletta
,
sul
mezzo
quintale
,
e
alla
mia
età
,
sa
com
'
è
,
questi
sforzi
...
Ora
bisogna
che
col
mangiare
mi
tenga
regolato
,
ha
capito
?
»
Gli
dico
che
d
'
origine
sono
senese
anch
'
io
,
basta
sentire
il
cognome
.
«
Senti
!
»
fa
lui
,
e
comincia
a
raccontarmi
che
ha
comprato
un
quartierino
verso
Porta
Camollia
,
che
affaccia
sulla
campagna
,
una
bellezza
.
Ma
poi
I
'
Inam
ha
costruito
proprio
davanti
,
e
con
l
'
ala
dell
'
edificio
si
sono
appoggiati
al
muro
suo
.
«
Ora
stia
a
sentire
:
finestre
da
quella
parte
non
ce
ne
sono
,
ma
terrazzi
sì
,
ci
sono
tre
terrazzi
,
ci
sarebbero
tre
affacci
,
e
se
mi
murano
tre
affacci
lei
capisce
il
danno
.
O
stia
a
sentire
:
io
chiamo
subito
il
fotografo
,
non
si
sa
mai
,
e
il
giorno
dopo
i
muratori
si
fermano
.
Viene
al
caffè
il
direttore
e
dice
abbia
pazienza
,
siamo
andati
fuori
misura
.
La
pazienza
ce
l
'
ho
,
ma
i
tre
affacci
chi
me
li
paga
?
O
ce
li
pagate
,
o
smettete
di
murare
.
Così
è
un
anno
che
sono
fermi
,
ma
dice
l
'
avvocato
che
di
questo
passo
si
va
avanti
per
altri
dieci
anni
.
Lei
che
ne
dice
?
»
.
Non
ho
tempo
di
rispondere
,
perché
arriva
un
altro
senese
,
piccoletto
e
nervoso
,
elettricista
,
e
si
mette
a
parlare
del
Palio
.
«
Siamo
tutti
sciaborditi
,
glielo
dico
io
.
Matti
siamo
.
Quando
una
contrada
è
nonna
,
se
vuole
il
Palio
costa
dieci
milioni
almeno
.
È
permesso
tutto
,
nerbate
in
faccia
,
spintonare
,
comprare
i
fantini
»
.
L
'
anno
scorso
quello
della
Torre
restii
al
canapo
.
L
'
avevano
pagato
.
Finita
la
corsa
i
contradaioli
,
come
se
niente
fosse
,
calmi
e
tranquilli
,
lo
presero
in
mezzo
.
«
O
che
hai
fatto
,
Beppino
?
»
Senza
dar
niente
a
vedere
lo
riportarono
in
contrada
,
poi
lo
chiusero
nella
stalla
,
e
giù
botte
.
«
Picchiava
anche
il
prete
Bani
,
con
una
catena
da
biciclette
.
Se
non
veniva
la
polizia
a
levarglielo
di
mano
,
l
'
ammazzavano
.
Sciaborditi
.
Fra
Palio
e
Monte
.
Siena
resta
ferma
,
anzi
va
all
'
indietro
»
.
Comincia
a
far
giorno
,
per
fortuna
,
e
il
treno
corre
in
Austria
,
un
paesaggio
drammatico
di
rupi
e
abeti
,
con
le
case
dai
tetti
spioventi
.
Per
via
della
neve
,
naturalmente
.
A
ogni
stazione
sfila
gente
in
divisa
,
saranno
ferrovieri
,
doganieri
,
postini
,
soldati
,
chi
lo
sa
,
alti
e
grossi
,
duri
di
spalle
,
tavoloni
insomma
.
Man
mano
che
la
luce
cresce
,
anche
il
paesaggio
si
distende
e
s
'
indora
,
cominciano
i
vigneti
,
salgono
sul
treno
belle
ragazze
coi
libri
di
scuola
,
e
parlano
un
tedesco
dolce
.
E
via
via
i
«
giovani
»
si
svegliano
.
C
'
è
un
romano
di
Pietralata
,
piccolo
,
nero
,
un
po
'
storto
,
una
specie
di
bulletto
invecchiato
:
lavora
alla
centrale
del
latte
e
giura
che
i
topi
nelle
bottiglie
non
sempre
ce
li
mette
lui
.
«
Sì
so
crudi
nun
è
robba
nostra
.
Noi
ce
li
mettemo
cotti
,
li
sorci
»
.
La
signora
Lucia
s
'
è
svegliata
e
sta
benissimo
.
«
Lei
invece
ha
una
brutta
faccia
»
,
mi
dice
.
Anche
Riccio
,
anche
Mimmo
,
anche
Ivano
sono
desti
e
si
forma
la
fila
per
andare
alla
toilette
,
qualcuno
protesta
,
tutti
lavorano
di
gomiti
per
farsi
avanti
.
L
'
iniziativa
privata
domina
ancora
,
nella
vita
di
questo
gruppo
casuale
e
forzato
.
Ma
per
fortuna
il
cielo
è
splendido
,
l
'
aria
fresca
ma
dolce
,
Vienna
linda
e
chiara
:
c
'
è
tempo
per
una
passeggiata
,
noi
cinque
,
fino
all
'
Arsenale
,
traverso
un
bel
parco
,
e
con
sopra
il
portone
il
nome
di
Francesco
Giuseppe
.
Discorsi
prevedibili
:
ai
tempi
suoi
,
di
Cecco
Beppe
,
andavi
da
Venezia
a
Cracovia
senza
passaporto
,
era
già
il
MEC
,
l
'
amministrazione
funzionava
,
tutti
ballavano
il
valzer
,
e
non
c
'
era
bisogno
di
far
la
guerra
mondiale
per
disfare
l
'
impero
,
e
poi
faticare
tanto
per
rifare
l
'
Europa
unita
.
Sì
,
funzionava
come
funziona
il
ristoratore
,
i
tavolini
già
pronti
,
per
quattro
persone
:
ma
se
il
gruppo
è
di
cinque
,
perché
non
prendere
una
sedia
e
aggiungerla
alle
altre
?
Infatti
arriva
un
austriaco
,
senza
divisa
,
ma
tavolone
anche
lui
,
e
si
mette
a
brontolare
,
perché
la
marmellata
era
pari
,
per
quattro
,
e
invece
noi
abbiamo
scombinato
ogni
cosa
,
qui
cinque
e
là
tre
.
Come
si
rimedia
?
Rimedia
Riccio
portiere
(
anzi
gestore
)
di
alberghi
,
che
parla
benissimo
il
tedesco
.
Parla
il
tedesco
,
il
francese
,
l
'
inglese
,
lo
spagnolo
e
il
russo
,
spiega
.
Se
è
vero
,
penso
,
ho
avuto
giudizio
a
mettermi
-
anzi
a
metterlo
-
nel
gruppo
:
vedremo
.
Dalla
stazione
sud
ci
hanno
spostato
in
autobus
alla
est
,
e
di
lì
comincia
il
viaggio
verso
l
'
Ungheria
,
verso
il
sipario
di
ferro
che
incontreremo
in
un
posto
chiamato
Hegyeshalom
,
mai
sentito
prima
,
un
nome
assurdo
,
impossibile
,
come
queste
scritte
in
lingua
ungherese
,
pazzesche
.
Non
sembra
neanche
una
lingua
:
sembra
una
trascrizione
in
cifrato
,
ed
è
probabile
che
sia
vero
quanto
mi
dicevano
tempo
addietro
,
di
un
colloquio
fra
ungheresi
:
che
fanno
finta
di
capirsi
,
che
emettono
puri
suoni
,
semplici
fonemi
e
poi
se
ne
vanno
senza
essersi
intesi
.
Più
avanti
scopriremo
la
stazione
Utasellato
.
Ogni
tanto
compare
Senatori
,
il
capogruppo
fiorentino
,
a
darci
utili
avvertimenti
,
e
noi
scopriamo
un
nuovo
gioco
,
quello
di
fargli
il
verso
.
«
Fate
un
minuto
d
'
attenzione
.
Pòle
sembrare
una
sciocchezza
,
ma
guardate
che
appena
passato
il
confine
,
siete
subito
all
'
estero
.
È
un
'
altra
cosa
:
non
perdete
il
portafogli
,
perché
chi
lo
perde
poi
si
ritrova
senza
quattrini
,
e
sarebbe
un
guaio
serio
,
e
noi
,
non
si
pòle
assumere
la
responsabilità
dei
portafogli
persi
»
.
In
territorio
russo
,
spiega
,
viaggeremo
forse
su
vagoni
senza
scomparti
,
con
le
cuccette
ma
senza
scomparti
.
Insomma
una
specie
di
camerone
su
ruote
,
e
io
non
vedo
l
'
ora
di
esserci
,
di
verificare
come
funzionerà
questa
banda
di
ottantotto
italiani
che
bivaccano
,
russano
,
mangiano
tutti
insieme
,
in
pigiama
,
senza
pigiama
,
in
mutande
,
uomini
e
donne
.
Le
donne
non
sono
molte
ma
ci
sono
:
la
nostra
signora
Lucia
,
la
padovana
con
la
barba
(
Mariavergine
e
Santantonio
)
,
le
bolognesi
giovani
coi
calzoni
,
una
grassa
e
una
magra
,
le
mogli
dei
due
architetti
fiorentini
,
altre
tre
o
quattro
che
ancora
non
riesco
a
definire
.
I
senesi
hanno
smesso
di
parlare
del
Palio
e
del
Monte
,
ora
anzi
si
comincia
a
discorrere
di
Russia
.
Nessuno
è
venuto
per
la
partita
(
tanto
valeva
guardarla
alla
televisione
)
.
Hanno
profittato
della
combinazione
,
per
vedere
un
po
'
ciascuno
con
gli
occhi
suoi
,
senza
prevenzioni
,
obiettivamente
.
Nessuno
ha
pregiudizi
politici
.
Tutti
vanno
a
vedere
Mosca
così
,
come
andrebbero
a
vedere
Tokio
o
Caraci
,
una
qualunque
città
lontana
e
sconosciuta
.
Ne
dubito
.
Sincera
mi
pare
soltanto
la
signora
Lucia
.
Mi
fa
:
«
Quando
comandava
quell
'
altro
...
quello
che
c
'
era
prima
di
Krusciov
,
sa
?
Come
si
chiamava
?
Ah
sì
,
bravo
,
Stalin
»
.
La
campagna
non
muta
aspetto
,
le
case
sono
le
medesime
,
coi
tetti
spioventi
(
per
via
della
neve
)
,
il
treno
si
chiama
«
Wiener
Waltzer
»
,
il
valzer
viennese
,
unisce
le
due
capitali
del
vecchio
impero
,
su
un
fiume
chiamato
Donau
,
cioè
Danubio
.
Tutto
sembra
regolare
,
e
invece
siamo
a
Hegyeshalom
,
e
Cecco
Beppe
non
comanda
più
da
un
pezzo
.
Una
brusca
frenata
,
e
fra
la
gente
che
s
'
affaccia
ai
finestrini
per
vedere
il
sipario
di
ferro
,
all
'
improvviso
,
riconosco
una
faccia
,
un
ragazzo
del
paese
mio
.
Ragazzo
quando
Io
lasciai
,
perché
ora
è
un
uomo
.
Si
chiama
Marcello
.
StampaQuotidiana ,
Il
sipario
non
c
'
è
.
Hegyeshalom
,
col
suo
nome
assurdo
,
è
una
stazioncina
qualunque
,
di
diverso
ha
solo
la
stella
rossa
con
sopra
il
tricolore
,
eguale
al
nostro
ma
a
bande
orizzontali
.
Poi
dall
'
edificio
cominciano
a
uscire
quelli
in
divisa
:
blu
,
verdi
,
due
befane
gallonate
,
uno
in
kaki
con
gli
stivaletti
lustri
,
uno
col
mitra
,
un
altro
con
la
pistola
.
In
borghese
c
'
è
solo
un
giovanotto
biondo
,
lungo
e
tentennone
,
che
ha
una
gran
voglia
di
salire
sul
nostro
treno
,
ma
aspetta
chissà
cosa
.
Aspetta
appunto
che
vengano
a
guardare
i
passaporti
.
Sono
tre
,
il
più
alto
e
il
più
biondo
,
con
gli
stivali
più
belli
,
sarà
di
certo
un
ufficiale
,
e
infatti
guarda
lui
,
con
quegli
occhi
chiari
e
diacci
,
fotografia
e
poi
faccia
,
uno
per
uno
.
Se
ne
va
,
crediamo
che
sia
finita
,
e
invece
ecco
Senatori
,
il
capo
-
comitiva
,
che
ritira
i
passaporti
,
tutti
,
allega
un
elenco
e
li
consegna
a
chissà
chi
.
Eccoli
là
sotto
,
i
nostri
passaporti
,
nella
borsa
di
un
soldatino
che
fatica
a
camminare
,
allungando
il
passo
,
sulle
traverse
del
binario
.
All
'
improvviso
il
treno
riparte
.
I
passaporti
saranno
rimasti
alla
stazione
,
e
intanto
abbiamo
perso
un
'
ora
,
già
è
tardi
,
ma
di
mangiare
non
si
parla
nemmeno
.
Per
fortuna
compare
Matias
:
prima
la
voce
,
poi
lui
in
persona
.
È
piccolo
,
coi
denti
di
acciaio
,
un
grembiule
bianco
e
il
baschetto
nero
.
Bercia
in
tedesco
:
«
Italien
Geld
gut
»
.
Va
bene
,
accetta
anche
le
lire
,
ma
cosa
offre
?
Offre
sirup
,
vurtz
,
bonbon
,
cioè
panini
ripieni
,
gazzose
e
cioccolatini
.
«
Sirup
einhundert
»
urla
,
e
anche
il
panino
cento
lire
.
Il
pane
è
raffermo
,
il
salame
buono
,
la
gazzosa
ha
un
sapore
fra
il
limone
e
la
mela
.
Diamo
a
Matias
un
biglietto
da
mille
e
lui
,
desolato
:
«
Ah
,
nein
,
nicht
million
,
nicht
million
»
:
non
ha
da
fare
il
resto
ai
biglietti
da
un
milione
e
ci
vuole
un
bel
po
'
a
fargli
intendere
che
quelle
sono
mille
lire
,
e
che
bastano
appunto
a
pagare
,
esattamente
,
i
cinque
panini
e
i
cinque
siruppi
.
Volendo
,
poi
,
all
'
altro
vagone
cambiano
,
danno
i
fiorini
,
Forint
,
gut
als
Geld
.
E
Matias
ci
strizza
l
'
occhio
,
pensando
ai
fiorini
del
suo
paese
buoni
come
l
'
oro
.
Ora
il
treno
si
ferma
alla
stazione
di
Utasellato
,
stranissimo
nome
,
ma
poi
anche
la
terza
stazione
,
e
la
quarta
,
e
tutte
insomma
,
si
chiamano
Utasellato
:
segno
che
non
è
un
nome
,
ma
cos
'
altro
vorrà
dire
?
Forse
vietato
traversare
i
binari
,
chissà
.
E
ricompaiono
miracolosamente
i
passaporti
,
li
riconsegna
un
soldato
che
si
picca
di
chiamare
lui
i
nomi
,
sbagliandoli
,
e
ride
contento
di
sentirsi
correggere
.
Ne
azzecca
uno
solo
,
quello
di
Ivano
.
«
Russkii
?
»
,
gli
domanda
.
No
,
amico
,
Olas
,
siamo
tutti
Olas
,
noialtri
ottantotto
,
siamo
venuti
in
treno
dall
'
Olasozag
,
che
significa
l
'
Italia
.
Il
paesaggio
s
'
appiattisce
sempre
più
,
ma
le
case
restano
uguali
,
col
tetto
spiovente
,
per
via
della
neve
,
si
capisce
,
anche
qui
deve
nevicare
dieci
mesi
all
'
anno
.
Per
ora
invece
c
'
è
un
cielo
splendido
,
un
'
aria
fresca
e
mite
,
e
si
va
al
finestrino
a
vedere
i
branchi
delle
oche
,
e
poi
la
prima
ansa
verde
,
bellissima
,
del
Danubio
,
un
posto
straordinario
per
venirci
a
far
merenda
con
la
ragazza
.
E
finalmente
la
periferia
di
Budapest
,
coi
casamentoni
,
uno
spiazzo
pieno
di
automobili
nuove
,
e
campi
sportivi
,
di
tennis
,
di
pallavolo
,
ma
soprattutto
di
calcio
.
Ne
contiamo
cinque
,
dieci
,
venti
,
uno
accanto
all
'
altro
,
con
le
squadrette
di
ragazzi
che
palleggiano
,
tirano
in
porta
,
fanno
la
partita
.
«
Molto
positivo
,
un
fatto
molto
positivo
»
,
sento
dire
da
molti
,
quest
'
abbondanza
di
campi
di
calcio
.
Marcello
invece
non
è
d
'
accordo
,
dice
che
sarà
un
fatto
,
senz
'
altro
,
ma
positivo
bisogna
vedere
,
dipende
.
Sono
tutti
distaccati
e
obiettivi
.
«
Lei
faccia
il
confronto
con
le
installazioni
sportive
che
abbiamo
in
Italia
»
,
gli
risponde
lo
spoletino
coi
baffi
neri
:
e
la
discussione
si
spegne
lì
.
In
treno
c
'
è
anche
il
giovane
lungo
,
biondo
e
tentennone
che
avevo
visto
a
Hegyeshalom
:
si
chiama
Giorgio
,
balbetta
,
eppure
s
'
ostina
a
voler
parlare
italiano
perché
è
appunto
il
nostro
accompagnatore
ungherese
.
Alla
stazione
c
'
è
appena
il
tempo
di
caricare
le
valigie
,
leggere
da
qualche
parte
Utasellato
,
e
ricaricarci
sudi
un
autobus
diretto
all
'
albergo
.
«
Mangiare
»
,
fa
Giorgio
il
tentennone
,
«
cambiare
,
comperare
suveniri
,
poi
una
gira
nella
citta
»
.
Intanto
già
indica
qualcosa
strada
facendo
:
«
Monumento
di
ministro
di
ferro
»
.
Come
,
di
ferro
?
«
Pardon
,
ministro
di
ferrovie
Balasz
,
primo
costruttore
di
metropolitana
.
»
Dice
anche
la
data
,
la
sbaglia
,
si
corregge
,
ma
nessuno
gli
dà
retta
perché
siamo
al
Royal
,
l
'
albergo
,
categoria
«
luxus
»
.
Di
lusso
magari
non
è
,
ma
bello
e
comodo
certamente
:
quattro
per
camera
,
noi
abbiamo
perso
Riccio
e
così
la
signora
Lucia
s
'
arrangerà
a
dormire
con
tre
giovanotti
.
Le
sistemiamo
amorosamente
il
letto
nell
'
ingresso
,
poi
,
alle
cinque
suonate
,
si
va
a
cena
.
A
un
tavolo
c
'
è
Giorgio
il
tentennone
,
che
ogni
tanto
ci
sollecita
:
cambiare
,
comperare
suveniri
di
Ungaria
,
bambola
in
costumo
nazionalo
,
bouteille
di
apricot
-
brandy
,
dischi
di
musica
classica
ungaria
.
Non
si
cheta
un
momento
:
«
cambiare
,
comperare
suveniri
»
.
Da
questo
momento
Giorgio
l
'
ungherese
per
noi
è
il
signor
Suveniri
,
anche
se
lui
non
lo
sa
.
Ma
a
fare
la
gira
della
citta
con
il
pullmano
noi
non
ci
andiamo
:
le
cartoline
illustrate
si
comprano
anche
dal
tabaccaio
,
e
una
città
vista
dal
finestrino
vale
poco
più
d
'
una
sfilza
di
cartoline
.
Meglio
restarsene
a
passeggio
su
e
giù
per
il
grande
bulevardo
del
nostro
albergo
,
a
guardare
le
ragazze
carine
,
vestite
così
alla
meglio
,
ogni
tanto
una
coi
capelli
cotonati
;
vedere
i
prezzi
della
roba
in
vetrina
,
comprare
le
cartoline
,
la
bambola
in
costume
nazionale
,
le
sigarette
di
Ungaria
,
le
carte
da
gioco
che
hanno
per
semi
le
ghiande
,
le
bubbole
,
le
foglie
e
i
cuori
,
e
poi
la
bottiglia
di
grappa
d
'
albicocche
.
Sentire
la
signora
anziana
e
rimprosciuttita
che
fa
le
somme
a
voce
alta
,
in
ungherese
:
chi
capita
a
Budapest
non
perda
quest
'
esperienza
uditiva
unica
al
mondo
.
Poi
ritrovo
Riccio
e
andiamo
in
bettola
ad
assaggiare
la
grappa
di
albicocche
che
è
buonissima
,
servita
con
contorno
di
selz
da
una
camerierona
in
grembiule
nero
e
stivaletti
bianchi
,
privi
di
punta
e
di
tallone
,
come
se
avesse
le
caviglie
fasciate
.
Riccio
parla
tutte
le
lingue
,
ma
non
l
'
ungherese
,
la
cameriera
sa
l
'
ungherese
e
basta
,
ci
si
capisce
a
gesti
,
e
lei
accetta
per
mancia
tre
fiorini
,
un
penny
,
venti
lire
e
un
gettone
del
telefono
.
Così
ci
siamo
vuotati
le
tasche
d
'
ogni
valuta
intermedia
e
si
può
andare
a
letto
tranquilli
.
Crolliamo
subito
,
ma
la
mattina
alle
cinque
arriva
,
vestito
di
nero
,
il
presidente
della
Corte
di
Cassazione
:
«
La
vostra
domanda
di
grazia
è
stata
respinta
.
Sappiate
essere
forte
»
.
Invece
,
fuori
del
sogno
,
è
Mimmo
il
terrone
giusto
,
e
sta
dicendo
che
la
sveglia
era
alle
cinque
,
e
che
si
riparte
per
il
confine
.
Prima
però
Giorgio
Suveniri
ci
fa
consegnare
il
cestino
da
viaggio
:
una
pagnotta
,
identica
a
quella
avellinese
,
formaggini
,
caramelle
,
e
una
scatola
di
chissà
cosa
.
In
treno
uno
prova
ad
aprirla
,
l
'
assaggia
,
dice
che
è
un
pasticcio
di
carne
e
cipolla
,
e
la
butta
dal
finestrino
.
Invece
è
il
miglior
fegato
d
'
oca
che
abbia
mai
gustato
:
peccato
che
l
'
apriscatole
ci
sia
,
ma
non
la
forchetta
,
così
bisogna
arrangiarsi
con
le
dita
.
Il
vagone
ungherese
è
il
più
brutto
fra
quelli
visti
finora
,
senza
scomparti
,
coi
sedili
dritti
e
duri
,
e
una
toilette
che
è
proprio
un
cesso
.
Mescolati
a
noi
i
primi
soldati
sovietici
:
di
stanza
a
Budapest
,
se
ne
vanno
in
licenza
,
tutti
contenti
,
alcuni
si
portano
dietro
la
moglie
e
la
prole
.
C
'
è
un
poppante
meraviglioso
,
che
fa
un
rumore
incredibile
succhiando
il
biberon
.
C
'
è
una
bambina
sui
quattro
anni
che
sembra
una
pesca
,
una
mela
,
non
so
.
Ha
il
cappottino
rosso
,
i
capelli
di
spiga
,
papà
e
mamma
se
la
coccolano
,
la
lasciano
libera
di
fare
i
comodi
suoi
,
di
salire
sui
sedili
,
di
frignare
,
di
accettare
i
nostri
regalini
:
una
penna
a
sfera
,
un
pezzo
di
cioccolata
,
un
sacchetto
di
caramelle
,
un
portachiavi
.
Da
brava
,
come
si
dice
al
signore
?
Si
dice
«
pattiba
,
pattiba
,
pattiba
»
.
E
anche
il
soldato
giovane
che
mi
sta
seduto
accanto
accetta
un
pacchetto
di
Pali
Mall
,
e
mostra
la
carta
rossa
,
lustra
,
al
compagno
:
«
Amerikanska
»
,
fa
e
se
lo
ficca
in
tasca
:
piccolo
contributo
agli
scambi
commerciali
e
culturali
fra
le
due
superpotenze
con
la
mediazione
della
Repubblica
italiana
,
e
anche
dell
'
elvetica
,
perché
sono
di
contrabbando
.
Sono
vestiti
bene
:
i
calzoni
ficcati
negli
stivaletti
a
mezza
gamba
,
e
sopra
la
tunica
,
fermata
alla
vita
col
cinturone
,
pieno
di
patacche
smaltate
.
Riccio
sa
davvero
il
russo
e
cerca
di
farsi
spiegare
cosa
significano
quei
distintivi
,
ma
è
una
storia
piuttosto
complicata
.
A
un
tratto
compare
un
fiume
,
ed
è
il
padre
della
bambina
bella
che
ne
dice
il
nome
,
levandosi
in
piedi
con
un
grande
sorriso
:
Tisza
.
Di
certo
è
il
confine
,
perché
è
troppo
contento
il
soldatone
babbo
.
Infatti
di
lì
a
poco
si
scende
.
Siamo
in
un
posto
chiamato
Ciop
,
sono
le
tre
,
ma
gli
orologi
devono
fare
due
passi
avanti
,
intonarsi
col
meridiano
di
Mosca
:
insomma
sono
le
cinque
.
Da
non
so
dove
compare
una
giovinetta
che
cammina
pari
pari
,
ha
il
visto
tondo
e
roseo
,
gli
zigomi
alti
,
un
bel
vestitino
attillato
,
l
'
aria
di
chi
sta
sulle
sue
.
«
Prego
signori
,
venite
da
questa
parte
»
,
fa
,
come
se
lo
leggesse
sul
muro
.
«
Con
le
valigie
?
»
«
Sì
,
con
le
valigie
.
»
Cioè
andiamo
alla
dogana
.
Per
me
a
questo
punto
ci
sono
due
brutte
novità
.
Prima
la
signora
Lucia
,
che
mi
tira
in
disparte
e
mi
dice
a
bassa
voce
di
aver
sentito
Senatori
che
,
a
voce
anche
più
bassa
,
diceva
:
«
Ora
comincia
il
peggio
»
.
Sarà
senz
'
altro
il
camerone
a
ruote
,
ottantotto
italiani
che
bivaccano
tutti
insieme
,
allo
scoperto
,
in
pigiama
chi
ce
l
'
ha
(
e
io
non
cc
l
'
ho
)
.
Peggio
,
quando
la
giovinetta
spiega
che
bisogna
riempire
il
modulo
azzurro
con
la
dichiarazione
della
valuta
straniera
.
Apro
il
portafogli
,
conto
,
e
ci
trovo
cinquanta
dollari
in
meno
.
No
,
non
li
ho
persi
,
me
li
hanno
rubati
e
nel
tempo
che
ci
vuole
ad
aprire
la
valigia
per
l
'
ispezione
ho
già
ricostruito
tutto
;
so
chi
è
stato
.
L
'
uomo
della
dogana
fruga
un
po
'
qua
e
un
po
'
là
,
ritira
tutta
la
roba
stampata
,
ma
la
rende
quasi
subito
.
A
me
prende
un
dotto
studio
sulla
battaglia
di
Custoza
(
ci
sono
carte
topografiche
di
due
metri
per
due
)
e
l
'
agenda
rossa
dove
tutti
i
giorni
segno
qualche
fatterello
mio
.
Il
libro
me
lo
rende
subito
,
l
'
agenda
invece
ritarda
,
e
un
poco
questo
fatto
mi
secca
,
perché
sono
fatterelli
veramente
miei
,
e
se
c
'
è
uno
che
sa
l
'
italiano
,
là
dietro
,
mi
figuro
le
risate
che
si
farà
.
E
poi
i
cinquanta
dollari
partiti
:
forse
mi
sta
bene
,
tra
Venezia
e
Vienna
ho
chiacchierato
troppo
,
ho
fatto
vedere
quanti
erano
i
dollari
,
ho
esagerato
e
ora
mi
puniscono
così
.
Pazienza
:
non
si
può
dire
sempre
male
degli
italiani
,
e
poi
mettersi
a
piangere
quando
si
comportano
da
italiani
.
Anzi
,
meno
male
che
non
me
ne
hanno
presi
di
più
.
Riecco
l
'
agenda
coi
fatterelli
miei
,
e
andiamo
finalmente
sul
camerone
a
ruote
.
Il
peggio
comincia
ora
,
l
'
ha
detto
Senatori
,
no
?
Resto
sulla
banchina
con
le
valigie
di
tutti
,
Riccio
,
Mimmo
,
Ivano
saltano
a
bordo
,
prendono
i
posti
,
issano
i
bagagli
,
tutti
contenti
mi
fanno
cenno
di
salire
.
Alla
faccia
di
Senatori
:
no
,
non
è
un
camerone
.
È
una
casa
,
anzi
una
dimora
.
StampaQuotidiana ,
Ogni
vagone
ha
otto
scompartimenti
,
con
quattro
cuccette
ciascuno
:
in
seconda
classe
,
la
nostra
,
sono
di
legno
,
incavate
a
culla
,
col
materassino
e
il
guanciale
di
piuma
,
più
tardi
viene
un
uomo
a
portare
due
lenzuola
,
la
federa
,
la
coperta
e
la
traversa
,
cioè
una
striscia
di
stoffa
che
si
mette
fra
materasso
e
lenzuolo
inferiore
.
Dovremo
stare
qua
sopra
ventisette
ore
;
perciò
organizziamoci
:
prendere
dalle
valigie
quello
che
serve
più
spesso
,
l
'
occorrente
per
il
bagno
,
un
libro
,
l
'
agenda
,
le
pantofole
,
mentre
le
scarpe
siano
riposte
,
e
le
valigie
ben
sistemate
perché
non
ingombrino
.
C
'
è
molto
spazio
,
sotto
le
cuccette
e
sopra
la
porta
.
Per
terra
tappeti
,
perciò
attenti
alla
cenere
,
ognuno
ha
il
suo
portacicche
e
l
'
adoperi
.
Le
sigarette
stiano
pure
sul
tavolino
,
chi
piglia
piglia
,
ma
il
mazzetto
dei
dollari
spostiamolo
nella
tasca
di
dietro
dei
calzoni
.
Questo
è
il
pacchetto
dei
medicinali
:
garza
,
cotone
idrofilo
,
emostatico
,
alcol
,
pomicetta
solforosa
per
calli
e
duroni
,
tappi
di
cera
auricolari
per
il
troppo
rumore
,
sia
del
treno
sia
di
chi
eventualmente
russa
,
confetti
lassativi
per
chi
non
va
,
pastiglie
per
la
tosse
e
per
il
mal
di
capo
,
cerotti
,
aspirine
e
piramidone
in
caso
di
raffreddore
.
C
'
è
la
luce
centrale
,
al
neon
,
quella
blu
per
la
notte
,
i
lumini
individuali
a
capo
del
letto
,
e
sul
tavolo
,
ampio
e
comodo
per
giocare
a
carte
o
per
scrivere
,
la
lampada
col
paralume
.
Quel
bottone
è
per
regolare
il
volume
della
radio
centralizzata
,
dietro
la
porta
un
grande
specchio
,
e
la
presa
per
la
corrente
,
qui
e
nel
corridoio
.
Andrà
bene
per
le
spine
dei
nostri
rasoi
elettrici
?
La
signora
padovana
ha
già
provato
,
Mariavergine
,
edice
che
vanno
bene
.
Ogni
vagone
ha
il
distributore
dell
'
acqua
fresca
,
col
suo
bicchiere
di
vetro
,
uno
solo
,
e
bisogna
adoperarlo
alla
russa
,
l
'
orlo
del
bicchiere
appoggiato
all
'
attaccatura
del
mento
,
e
le
labbra
peschino
direttamente
nel
liquido
.
La
prima
volta
ci
si
bagna
.
E
c
'
è
anche
il
samovar
acceso
in
continuazione
,
chi
vuole
tè
lo
può
chiedere
all
'
inserviente
,
sempre
.
Il
bagno
naturalmente
è
in
fondo
a
sinistra
e
sulla
porta
sta
scritto
,
in
cirillico
:
tualèt
:
più
chiaro
di
così
.
Sto
per
entrarci
,
ma
sta
per
entrarci
anche
un
soldatino
giovane
giovane
-
dimostra
sedici
anni
-
in
calzoni
e
canottiera
celeste
.
Vai
vai
,
soldatino
,
ma
quando
hai
finito
bussami
,
qui
,
vedi
,
al
sette
.
Capisce
a
volo
.
Il
guaio
semmai
è
il
lavandino
:
perché
venga
l
'
acqua
bisogna
premere
,
da
sotto
in
su
,
uno
zipolo
attaccato
alla
cannella
,
è
scomodo
e
ci
si
bagna
.
Rientro
ed
ecco
la
sorpresa
:
sul
cuscino
c
'
è
la
faccia
barbuta
,
onesta
e
democratica
,
del
generale
Grant
,
stampata
sul
diritto
della
banconota
da
cinquanta
dollari
,
con
allegato
un
biglietto
:
chi
,
dove
,
quando
.
Rispondo
subito
:
a
Budapest
,
tra
le
nove
e
le
dieci
di
ieri
sera
,
mentre
stavo
nel
bagno
.
Esecutore
materiale
,
Ivano
il
giornalista
.
Risposta
esatta
.
Brava
gente
,
però
,
gli
italiani
,
non
dovremmo
dirne
sempre
male
:
si
sta
bene
con
gli
italiani
,
sanno
reggere
gli
scherzi
.
E
allora
vuol
dire
che
la
bottiglia
di
grappa
d
'
albicocche
non
la
porto
a
Milano
,
no
,
e
se
qualcuno
trova
un
cavatappi
ce
la
scoliamo
noialtri
italiani
,
ci
pensa
Riccio
,
ha
già
visto
lo
spoletino
grosso
col
coltello
a
cento
usi
.
Però
vuole
in
compenso
la
sua
sorsata
,
e
neanche
il
soldatino
russo
dice
di
no
.
Comunque
ne
rimangono
tre
quarti
buoni
.
Tutti
e
quattro
in
cuccetta
,
cominciano
i
giri
,
da
sotto
vedi
comparire
un
braccio
armato
di
bottiglia
.
Primo
giro
alla
salute
dell
'
Italia
:
bevi
fratello
.
Secondo
giro
,
urrà
per
tutte
le
Russie
:
bevi
compagno
.
Il
terzo
giro
è
quello
della
buonanotte
.
Buonanotte
a
tutti
.
E
buonanotte
ai
suonatori
.
Anzi
,
ai
Senatori
.
«
Senatores
boni
viri
.
At
senatus
mala
bestia
.
»
Amen
.
Ci
destiamo
a
giorno
fatto
,
col
mal
di
capo
,
e
il
treno
corre
nella
pianura
più
piana
del
mondo
,
la
si
intravede
sterminata
dietro
i
filari
di
piante
che
,
a
mo
'
di
frangivento
,
fiancheggiano
i
binari
.
Ogni
tanto
un
agglomerato
di
casette
,
di
muro
o
di
legno
,
coi
tetti
normali
,
non
più
spioventi
come
nelle
terre
di
Cecco
Beppe
.
Eppure
nevica
anche
qui
,
no
?
I
colori
sono
miti
,
dolci
,
di
pastello
:
azzurro
il
cielo
,
la
campagna
svaria
dal
verdolino
all
'
oro
vecchio
alla
ruggine
,
senza
nulla
di
drammatico
.
Dove
hanno
arato
la
terra
è
nerastra
,
non
per
niente
questa
è
l
'
Ucraina
.
Ieri
sera
ci
hanno
tenuti
leggeri
,
col
mangiare
,
solo
un
piatto
di
gulasch
con
le
patate
,
ma
stamani
la
colazione
è
robusta
:
pane
bianco
,
pane
nero
,
burro
,
tè
,
salsicciotto
e
ancora
patate
.
Le
due
inservienti
sono
bionde
e
traccagnotte
,
con
il
grembiule
nero
e
la
crestina
bianca
messa
un
po
'
storta
come
se
non
ci
fossero
abituate
.
Hanno
le
mani
delle
contadine
,
e
sbattono
le
posate
sui
tavoli
con
fiera
decisione
.
Il
tè
è
gratis
,
chi
vuole
altri
beveraggi
se
li
paga
,
ma
con
che
cosa
?
Qui
sul
treno
non
si
trova
da
cambiare
.
Però
orientiamoci
.
Dunque
:
la
birra
si
chiama
pivo
,
il
vino
come
da
noi
,
ma
con
l
'
accento
sulla
o
,
il
tè
si
dice
ciai
,
la
vodka
naturalmente
è
parola
russa
,
mentre
la
voda
è
soltanto
acqua
.
Il
pane
hlieb
,
le
patate
cartofie
.
Se
dici
spassiba
rispondono
pagiosfie
,
o
roba
del
genere
.
Basterebbe
per
andare
in
capo
al
mondo
,
ma
intanto
,
dopo
colazione
,
facciamo
un
altro
riposino
.
E
dopo
pranzo
la
dormita
vera
e
propria
,
tutti
d
'
accordo
,
con
il
finestrino
chiuso
all
'
ultimo
momento
per
mandar
via
il
fumo
,
le
tende
abbassate
e
i
tappi
nelle
orecchie
.
Tutto
a
posto
:
Mimmo
ha
preso
il
lassativo
,
il
tabaccaio
senese
ha
detto
che
per
ora
sta
bene
e
speriamo
duri
,
con
cauto
ottimismo
.
Senatori
è
scomparso
.
Siamo
un
minuscolo
collettivo
che
funziona
perfettamente
.
Anzi
,
questo
treno
potrebbe
continuare
oltre
Mosca
,
imboccare
la
transiberiana
,
menarci
dritto
a
Vladivostok
,
una
settimana
intera
,
forse
dieci
giorni
di
tatum
tatum
tatum
tatum
sulle
rotaie
che
,
come
è
noto
,
hanno
uno
scartamento
superiore
al
nostro
,
su
questi
vagoni
ben
più
ammortizzati
e
comodi
dei
nostri
.
Sarebbe
un
viaggio
meraviglioso
:
la
gente
mangia
,
beve
e
dorme
,
non
ci
sono
preoccupazioni
per
l
'
indomani
,
tempo
per
guardare
il
panorama
(
unico
nostro
lavoro
)
ce
n
'
è
d
'
avanzo
,
le
sigarette
sono
di
tutti
,
i
medicinali
anche
,
nessuno
si
agita
invano
,
insomma
siamo
nel
paese
del
socialismo
e
lo
percorriamo
seguendo
la
via
italiana
.
Strada
facendo
chi
non
ha
moglie
potrebbe
anche
sposarsi
,
perché
il
capotreno
ha
l
'
autorità
di
congiungere
in
legittimo
nodo
,
tu
,
Mimmo
,
chi
prenderesti
?
La
bolognese
grassa
?
E
tu
?
La
ragazzina
sovietica
che
cammina
pari
pari
,
che
sta
sulle
sue
,
ma
forse
solo
perché
è
timida
?
Si
chiama
Natascia
.
O
invece
Svetlana
,
che
significa
Chiara
,
l
'
altra
accompagnatrice
che
è
comparsa
stamattina
e
sorride
tanto
bene
?
Bisogna
andare
a
trovare
la
signora
Lucia
,
che
alloggia
nell
'
altro
vagone
con
la
padovana
barbuta
,
un
'
altra
donna
e
il
veterinario
dal
pizzetto
grigio
.
È
tutta
contenta
perché
ha
saputo
da
Svetlana
-
Chiara
certe
cose
molto
,
molto
interessanti
.
Per
esempio
,
mi
dice
,
in
Russia
non
c
'
è
più
la
proprietà
privata
,
la
terra
non
è
di
un
padrone
ma
dello
Stato
,
che
la
dà
in
conduzione
alle
cooperative
dei
contadini
,
che
si
chiamano
(
ha
preso
appunti
)
,
si
chiamano
colcos
,
legge
.
Molto
interessante
.
Svetlana
ha
anche
distribuito
un
foglietto
dell
'
Inturist
,
dove
si
comunica
,
anzi
«
si
ha
l
'
onore
di
comunicare
»
agli
ospiti
stranieri
che
sul
territorio
sovietico
possono
fotografare
e
cinematografare
tutto
quello
che
vogliono
.
Con
queste
eccezioni
:
le
installazioni
militari
,
le
ferrovie
,
i
ponti
,
le
strade
e
le
opere
d
'
arte
.
Vale
a
dire
che
fotograferemo
gli
alberi
,
le
nuvole
e
le
cornacchie
.
E
invece
tutti
fotografano
,
in
bianco
e
nero
e
a
colori
,
tutto
quel
che
vogliono
,
saltano
fuori
macchine
a
decine
.
Ormai
il
turista
italiano
si
è
americanizzato
,
in
questo
:
anziché
guardare
le
cose
le
fotografa
,
poi
a
casa
sua
guarderà
le
fotografie
.
Alla
stazione
di
Kiev
,
Riccio
s
'
affaccia
alla
porta
del
vagone
in
pigiama
,
caccia
un
urlo
da
Tarzan
e
rimane
lì
a
dondolarsi
attaccato
alle
maniglie
.
Da
ogni
parte
accorrono
ferrovieri
,
poliziotti
,
colcosiani
e
ridono
,
con
grande
mostra
di
denti
d
'
acciaio
,
e
Ivano
li
riprende
con
la
macchina
cinematografica
.
Riprende
il
treno
fermo
,
noi
in
piedi
vicino
alla
scritta
cirillica
Ciop
-
Mosca
,
Riccio
che
continua
a
fare
Tarzan
sulla
porta
del
vagone
,
ancora
noi
in
gruppo
coi
colcosiani
che
ridono
,
i
cesti
delle
mele
e
delle
rape
,
la
ferrovia
con
la
bandierina
rossa
.
E
mentre
dura
questo
bailamme
italo
-
ucraino
all
'
improvviso
il
treno
se
ne
va
.
Pare
che
l
'
altoparlante
abbia
avvertito
gli
italiani
di
salire
in
vettura
,
ma
Riccio
era
troppo
occupato
a
far
ridere
i
colcosiani
e
non
ci
ha
tradotto
il
messaggio
.
Ed
ecco
che
a
fare
Tarzan
stavolta
siamo
una
ventina
,
aggrappolati
sul
predellino
,
mentre
il
treno
riprende
velocità
,
e
ci
sfila
dinanzi
la
fumigante
periferia
industriale
di
Kiev
,
e
poi
il
Dnieper
grandissimo
,
coi
barconi
,
i
vaporetti
e
le
barche
ferme
a
pescare
.
Nessuno
è
rimasto
a
terra
.
Il
soldatino
in
canottiera
celeste
si
chiama
Tolia
Ivanovic
,
cioè
,
Anatolio
Di
Giovanni
,
e
gli
scompartimenti
se
lo
contendono
,
lo
intontiscono
a
furia
di
sigarette
,
di
manate
sulle
spalle
,
di
meraviglie
occidentali
:
i
rasoi
a
pila
,
l
'
accendino
con
incorporato
l
'
orologio
(
e
funziona
!
)
,
le
forbicette
per
le
unghie
che
paiono
un
arnese
chirurgico
.
Mi
pare
intimorito
,
un
po
'
diffidente
:
la
ferma
in
Russia
è
di
tre
anni
,
dai
diciannove
ai
ventidue
,
lui
viene
naturalmente
da
Budapest
e
va
in
licenza
al
paese
suo
,
dietro
gli
Urali
.
Non
vuol
farsi
fotografare
.
Capisco
perché
solo
quando
all
'
improvviso
domanda
a
Riccio
se
lui
lavora
,
in
Italia
.
Anche
Mimmo
lavora
?
Anche
Ivano
?
Lavorate
tutti
,
insomma
?
Certo
,
soldatino
,
lavoriamo
tutti
,
da
noi
in
Italia
,
non
c
'
è
il
socialismo
,
ma
chi
non
lavora
non
mangia
,
se
è
nato
povero
.
E
quelli
nati
ricchi
non
sperare
di
trovarli
su
una
seconda
classe
Venezia
-
Mosca
,
settantaquattromila
lire
,
poco
più
di
cento
rubli
,
tutto
compreso
.
Gli
spieghiamo
anche
i
nostri
mestieri
:
impiegato
,
albergatore
,
giornalista
,
pisatel
(
sarei
io
)
.
E
se
siamo
tutti
lavoratori
-
finito
il
militare
lui
diventerà
ingegnere
elettrico
-
fotografiamoci
insieme
.
Più
vicini
,
altrimenti
non
ci
entrate
,
così
abbracciatevi
.
«
Mi
presti
il
berretto
?
»
chiede
Riccio
,
e
glielo
leva
,
per
metterselo
in
capo
.
La
tunica
non
me
la
presti
?
Sicuro
,
se
la
leva
,
ridendo
,
e
indossa
il
pigiama
a
righe
di
Riccio
.
I
calzoni
no
.
Coi
fanti
si
può
scherzare
,
ma
ci
sono
dei
limiti
:
dalla
cintola
in
su
.
Lo
ritroviamo
qualche
ora
più
tardi
nel
corridoio
,
dopo
la
cena
,
dopo
l
'
ultima
breve
siesta
,
dopo
rifatte
le
valigie
.
Allora
siamo
intesi
,
soldato
Anatolio
figlio
di
Giovanni
:
saluta
il
padre
tuo
Giovanni
e
tutta
la
famiglia
,
là
dietro
gli
Urali
.
Auguri
:
che
venga
presto
il
giorno
del
congedo
che
tu
diventi
un
bravo
ingegnere
elettrico
.
E
ricordati
sempre
che
in
tutto
il
mondo
la
gente
lavora
,
anche
in
Italia
.
Se
capiti
dalle
nostre
parti
,
vieni
a
trovarci
.
È
l
'
ora
degli
ultimi
dasvidanie
,
perché
quel
triangolo
di
luci
sospeso
nel
buio
è
il
fastigio
dell
'
università
.
Quasi
si
stenta
a
crederlo
,
eppure
siamo
arrivati
a
Mosca
.