Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> autore_s:"Bianciardi Luciano" > categoria_s:"StampaPeriodica"
UN AMICO AUTOREVOLE ( Bianciardi Luciano , 1954 )
StampaPeriodica ,
Eravamo tutti contenti ed orgogliosi , quando Mino fu chiamato a Milano : ed in verità fa sempre piacere che per un lavoro importante , com ' era quello , avessero scelto proprio uno di noi , della provincia , la provincia che tante energie ha dato alla città , alla nazione , senza nulla ricevere o chiedere in cambio . Così , appunto , diceva Mino , ogni volta che la discussione ( e capitava spesso ) cadeva su questo punto . Poi ci dispiacque , perché il vuoto era incolmabile . Ora chi avrebbe ricevuto gli intellettuali , quelli di Firenze o di Roma , quando venivano per una conferenza , per esempio ? Chi ci avrebbe organizzato , in poche parole , la vita culturale ? Mino era stato un personaggio , in città , fin dagli anni del ginnasio ; al liceo addirittura riuscì a fondare una rivista , con un bel nome etrusco sulla copertina , che faceva un bell ' effetto . Una volta , ricordo , non avevo i soldi per comprare il numero due , della rivista . Andai alla redazione , che era in casa di un certo Bianchi , chiesi se me la prestavano , ma loro dissero che non avevano tempo da perdere con i ragazzi ( avevano tutti tre o quattro anni più di me ) e che me ne andassi . Mino , invece , il giorno dopo mi fermò e mi disse : « Scusa , per ieri sera , sai , e passa da me , verso le quattro . Vedremo se si può fare qualcosa » . Così tutti gli volevano bene , anche perché era serio , opportuno , attento a quel che diceva ; mai apriva bocca a caso . Il sindaco lo stimava , e si faceva scrivere da lui i manifesti di maggior impegno , quelli per la festa degli alberi , per esempio . Il federale anche , sebbene non fosse ignoto a nessuno l ' antifascismo dottrinario di Mino . « È un bravo ragazzo » , diceva il federale , « e poi , culturalmente , è un valore . Bisogna lasciarli un po ' stare questi intellettuali . » Così era ovvio che , morendo il vecchio prete bibliotecario , il posto , una volta laureato , toccava a lui ; ed anche qui Mino si distinse , le riviste specializzate gli chiedevano la collaborazione , ai congressi non mancava mai e prendeva ogni volta la parola , preciso , puntuale , breve . Ed intanto preparava il saggio . E poi partì per Milano . Ed era naturale : gente come lui non può restare qui , e poi lassù si sarebbe fatto una posizione , certamente . « Faglielo vedere , tu » , gli dicemmo alla stazione , « che gente nasce in provincia . » Ogni tanto vedo Mino , ed ormai son passati cinque o sei anni da quando se ne andò . Ogni volta lo trovo più pingue , stempiato , ma in fondo è sempre lo stesso . Lo incontro , di solito , negli atri degli alberghi dove si tengono conferenze culturali , dibattiti , convegni , premi letterari . Mi riconosce subito , e mi viene incontro , sorridente , con la mano tesa : « Ciao , caro » , mi dice sempre , « come va ? Cosa fai di bello ? E laggiù da voi cosa fate ? » . Io gli spiego tutto per filo e per segno , e lui mi sta ad ascoltare , assentendo col capo . E quando mi lascia mi stringe ancora la mano : « Ciao , caro , scusami ma ho da fare . Ci vediamo dopo . E scrivimi qualche volta » . Io gli scrivo , infatti , lunghe lettere dove gli racconto quel che succede in provincia , e gli chiedo consigli , per una iniziativa , o gli propongo di venire a fare qualche conferenza , su Graham Greene , per esempio , o su Moravia . E lui risponde sempre . Scusandosi perché è tanto occupato , ha da fare . Prepara il saggio . Di lui sento parlar bene da tutti : « È un giovane critico su cui possiamo contare . Prenderà il posto di Pancrazi » . L ' ho ritrovato quest ' estate in un albergo balneare , dove assegnavano un premio : era nella giuria . Mi venne incontro lui , anche questa volta , sorridente e con la mano tesa : « Ciao , caro , come va ? Tua moglie ? Avete bambini ? E cosa fate , laggiù da voi ? » . Io gli rispondevo puntualmente : sto bene , anche lei sta bene , sì ne abbiamo uno di cinque anni . E laggiù , si sa , la solita vita , la provincia ; almeno fosse tornato lui , qualche volta , a farci una bella conferenza su Moravia o su Graham Greene . « Eh , caro , cosa vuoi farci , gli impegni , il lavoro . Anzi , scusami , ho da fare , ci vediamo dopo » . Rimasi lì tre giorni , e lo vedevo sempre affaccendato per l ' atrio dell ' albergo , guardandosi attorno , sorridente . Prima di partire mi chiamò : era con Diego V . « Permetti , Diego » disse , « ti presento questo giovane , un bravo giovane , un certo ... » e dopo una breve pausa disse il mio nome . Mi fece anche un sacco di elogi , ed io un po ' , per la verità , mi vergognavo e tenevo gli occhi bassi . « È un bravo giovane , che vive in provincia , ha fatto molto bene , laggiù . » E continuava gli elogi . « Eh , caro Diego , noi spesso abbiamo il torto di ignorarlo , un grosso torto , ma in provincia si fanno tante cose belle , veramente » .
LE PENNE DELLA EDISON ( Bianciardi Luciano , 1955 )
StampaPeriodica ,
È in distribuzione , in questi giorni , il numero speciale , natalizio , di Colloqui . E il numero 8 : sin dallo scorso aprile la rivista è giunta nelle case milanesi gratuitamente , una bella rivista , con molte fotografie e scritti interessanti . Piacciono soprattutto , al pubblico , gli articoli dedicati alla vita cittadina , alla Milano di un tempo , agli spettacoli lirici e di prosa . Spesso il pubblico si chiede anche chi invia gratuitamente il fascicolo ogni mese , ma non ha mai trovato una risposta definitiva ; non riesce nemmeno a spiegarsi chi possa avere dato nomi e indirizzi alla direzione . Il valore di mercato dell ' omaggio ( trentaquattro pagine a colori ) non dovrebbe essere di molto inferiore alle cinquanta lire : il suo pubblico comprende almeno duecento o forse trecentomila persone , praticamente tutte le famiglie che usufruiscono dei servizi di luce e gas della Edison . Gli indirizzi , evidentemente , son quelli delle bollette mensili , ed il presunto omaggio ha in realtà un costo invisibile , ma nascosto proprio dentro le sibilline colonne della bolletta . In realtà anche il lettore attento stenta a comprendere la provenienza di Colloqui . Il nome della Edison , con l ' avvertenza che la rivista non è in vendita , compare solo , in minuti caratteri , in fondo al sommario , in seconda di copertina . Al massimo può accadere di imbattersi ( e nel numero 2 ) in una lettera del direttore ad Antonietta , figlia di alluvionati calabresi , una lettera che ricorda le scoperte che la bambina ha fatto « allora » : « la minestra di riso , le magliette di lana azzurra , le docce ( che emozione la prima volta ! ) , i libri delle favole , il cinematografo » . Dove , quando , perché queste scoperte ? Una minuta didascalia , in fondo alla pagina , avverte : « La società Edison ha ospitato , nella sua colonia di Suna , 200 bambini provenienti dalle zone alluvionate della Calabria » . Una caratteristica importante della rivista , dunque , è l ' abilità con cui i finanziatori evitano di mostrarsi allo scoperto , quasi per invitare il lettore a far da sé la sua scoperta , a poco a poco . Anche le connessioni dirette con la precedente attività della Edison , son molto larghe ed approssimative . Un articolo sull ' ufficio reti della Edison ( è nel numero 6 ) , oltre a non citare mai la società , è condotto col tono della cronaca di varietà , vivace , con qualche civetteria letteraria . Ogni numero contiene del resto uno scritto sull ' elettricità o sul gas , e la pagina dell ' arredamento insiste spesso sui criteri e sui mezzi migliori di illuminare la casa : luci indirette , paralumi a parabola e tubi catodici . Ma tutto a piccole dosi e non più di quanto all ' argomento dedichino i normali settimanali illustrati , dei quali Colloqui segue quasi costantemente la falsariga . E la ragione è chiara : il direttore , Enzo Biagi , è anche caporedattore di Epoca e della maggior rivista segue costantemente schemi e criteri . La caratterizzazione specifica è data , semmai , da un più accentuato tono cittadino , non manca mai ( anzi , è quasi sempre quello d ' apertura ) l ' articolo sulla vita di Milano , sulla storia della città , sugli spettacoli alla Scala o negli altri teatri . Ogni numero contiene una novella , di solito ben illustrata . I nomi che ricorrono son piuttosto grossi , sicuri : Corrado Alvaro , Achille Campanile , Alba De Cespedes , e , fra i giovani , Michele Prisco , Vittorio Pozzo e Bruno Roghi hanno lo sport , Domenico Meccoli il cinema , Eligio Possenti il teatro . Gli articoli di cronaca portano firme come quelle di Titta Rosa , Orio Vergani , Giovanni Comisso , Filippo Sacchi , Giorgio Vecchietti , Enrico Emanuelli e , naturalmente , Indro Montanelli . Nell ' ultima pagina c ' è una rubrica fissa , infortunistica . Si intitola Le avventure di Elettrino , un pupazzetto costantemente alle prese con cavi e apparecchi elettrici . Per mezzo di sei o sette vignette con didascalia ritmata si spiega all ' utente , poniamo , che è pericoloso cacciar le dita in una presa di corrente , o addormentarsi con il gas aperto . In questi ultimi tempi i giornali della sera son stati pieni di notizie su gente intossicata dal gas , e la causa , che tutti ammettevano , era una sola : il cattivo stato delle tubazioni , ormai vecchie di decenni . Vero è che quei giornali evitavano di nominare la società che distribuisce il gas ; ma l ' opinione pubblica è , a dir poco , risentita contro la Edison , la quale deve in qualche modo far fronte alle pretese sempre più decise del pubblico . Ma ci son forse altre ragioni , meno contingenti , non dissimili da quelle che hanno indotto molti industriali del nord a farsi mecenati di cultura , a comperare giornali in pura perdita , a elargire premi agli artisti . È insieme un abbozzo di politica culturale , di tipo chiaramente riformistico , e un « magnificent hobby » : i nuovi principi che non possono più comprarsi un blasone , comprano una squadra di calcio , o un mazzetto di intellettuali , per farsene una corte . Da qui il tono generale della rivista . Il lettore non è mai infastidito da problemi veri : anche quando si parla di scienza , il piano è quello della divulgazione piacevole e brillante ; i consigli sulla casa e sull ' allevamento dei bambini hanno un sottinteso fondo ottimistico ; i cenni a esperimenti , scoperte , innovazioni straniere , son sempre scelti dall ' industria e dalla scienza americana . L ' America , anche qui , è il paese di Dio . Quanto all ' altra parte del mondo , non se ne parla mai . La rivistina avrà senza dubbio uno sviluppo , uscirà dalla genericità di oggi , prenderà posizione , abbiamo sempre visto questo cammino , nei vari « digest » ( la formula fondamentale è quella ) ; ma non è facile dire , per ora , quale sarà il suo effetto sugli utenti .
LETTERA DA MILANO ( Bianciardi Luciano , 1955 )
StampaPeriodica ,
Carissimi , dovevo proprio raccontarvi una volta o l ' altra , quel che ho visto e quel che ho capito , in questi primi sei mesi milanesi , soprattutto sentivo e sento il bisogno di esporvi , di questo bilancio , la parte negativa , la più grossa , di dirvi insomma quel che non ho capito , o addirittura non visto . Voi sapete bene che cosa ero e che cosa facevo , prima di venire quassù . Sono nato e sono vissuto in provincia , per trent ' anni , e proprio nel momento in cui un uomo sui trent ' anni si trova di fronte alla solita inevitabile crisi ( di crescenza , speriamo ) ho fatto il salto , sono venuto a lavorare quassù . Posso dire di conoscere e di aver capito la mia provincia , la Maremma . Si è già detto che la provincia , come campo d ' indagine , offre notevoli vantaggi rispetto alla città : è un campo d ' osservazione assai più semplice e ristretto . Le sue linee strutturali sono in genere nette e schematiche , mentre nella città esse sono , innanzi tutto , più numerose , e poi intrecciate , accavallate , coincidenti a volte . Anche per un uomo sostanzialmente comune , quale io sono , non è stato difficile , nella provincia in cui sono nato e cresciuto , capire abbastanza chiaramente , pur senza la scelta d ' un partito politico , come stanno le cose , in Italia , chi ha ragione e chi ha torto . Nel caso mio hanno ragione i badilanti , e hanno ragione i minatori , hanno torto i latifondisti , e ha torto la Montecatini . Basta muoversi appena un poco , vedere come questa gente vive ( e muore ) e la scelta viene da sé . Sui libri si troverà , semmai , la conferma di quel che si è visto e di quel che si è deciso , e si stabilirà , da allora in avanti , di servirsi dei libri per aiutare chi ha ragione ad averla nei fatti , oltre che nei diritti . Non c ' è dubbio . Perciò , quando mi proposero di venire quassù , io mi chiesi se era giusto lasciare i badilanti e i minatori , della cui vicinanza sentivo molto il bisogno e il significato . Non solo , pensai anche che la lotta , quassù , si poteva condurre con mezzi migliori , più affinati , e a contatto diretto con il nemico . Mi pareva anzi che quassù il nemico dovesse presentarsi più scoperto e visibile . A Niccioleta la Montecatini non ha altra faccia se non quella delle guardie giurate , povera gente che cerca di campare , o quella del direttore , un ragazzo della mia età , che potrebbe aver fatto con me il liceo , o giocato a pallone . A Milano invece la Montecatini è una realtà tangibile , ovvia , cioè si incontra per strada , la Montecatini è quei due palazzoni di marmo , vetro e alluminio , dieci , dodici piani , all ' angolo fra via Turati e via della Moscova . A Milano la Montecatini ha il cervello , quindi dobbiamo anche noi spostare il nostro cervello quassù , e cercare di migliorarlo , di farlo funzionare nella maniera e nella direzione giusta . Così ragionavo , e per questo mi decisi . Mi avevano detto che avrei trovato una città dura , chiusa , serrata . Milano è forse l ' unica città d ' Italia in cui i portoni sulle strade si chiudono contemporaneamente e inderogabilmente alle dieci di sera . E si chiudono sul serio , di dentro e di fuori , sì che senza chiave non solo non si entra , ma nemmeno si esce di casa . Milano è la città d ' Italia in cui forse è più difficile che sorgano rapporti umani costanti e profondi : provate a viverci qualche tempo ( diciamo come me , sei mesi ) e vedrete quante poche volte una famiglia di conoscenti vi inviterà a cena , o a prendere il caffè . Anche visivamente : Milano è una sorta di labirinto di griglie scure , fra le quali scorrono lunghe , eguali , monotone le strade . Le strade che quassù , a differenza di tutte quelle d ' Italia , non sono luoghi , ma strumenti , rotaie su cui si viaggia a velocità notevole , è vero , ma uniforme . Ed è questa la ragione per cui il traffico , molto più denso rispetto a quello romano , finisce col non avvertirsi , e col dare la sensazione della solitudine e del silenzio . Ma questo è colore . Altre cose , e più importanti , si vedono assai presto . L ' assenza , palese , degli operai . Gli operai non ci sono , almeno in quella Milano che è compresa nel raggio del movimento mio e dei miei colleghi , non entrano mai nel nostro rapporto di lavoro . Gli ultimi operai che ho visto , nel giugno scorso , erano quelli di Sesto . E inatti sono a Sesto , a Monza , alla Bovisa , a Niguarda , non qui . Qui ci sono i ragionieri . Guardate bene , non è il solito termine folcloristico di comodo . Voglio dire proprio i ragionieri , quelli col diploma : come si spiegherebbe , altrimenti , proprio a Milano , una istituzione come l ' Università Bocconi ? Provatevi a pensarla a Roma : a Roma , semmai , sarebbe pensabile un ' ipotetica università per soli funzionari ministeriali . E sono questi , i ragionieri , che fanno il tono umano della città , quelli che incontrate in tram , per strada , la mattina alle nove , che camminano allineati e coperti , con la loro divisa , il completo grigio , la camicia bianca , la cravatta azzurra . Sono quelli che , borsa di pelle sotto il braccio , la mattina , accanto a voi nel bar , si « tirano su » col bicchierino di grappa , la faccia scavata sotto le occhiaie da un solco diritto che raggiunge gli angoli della bocca ( è la « faccia milanese » , dicono ) . Ma nessuno di loro , fra l ' altro , è milanese . Anche nel parlare voi lo avvertite , in quell ' anonimo birignao assai diverso dall ' asciutto e saporito dialetto che raramente , e con gioia , accade di sentire . Non sono milanesi . Direi che almeno due terzi di questo milione e mezzo di milanesi non sono nati qua , sono venuti dalla provincia , vicina e lontana ( i « napoletani a Milano » sono ormai un luogo comune ) e sono venuti perché a Milano « gh ' è el pan , gh ' è la grana » , i soldi , l ' industria . Loro l ' industria non la vedranno mai , faranno parte della Milano interna ( ripeto , l ' unica che io e i miei amici possiamo toccare con mano , ogni giorno ) , della Milano che non produce nulla , ma vende e baratta . Questi milanesi di accatto , che sono la maggioranza , sono venuti a costituire la burocrazia del commercio , una burocrazia assai poco nota e visibile , ma molto peggiore di quella ministeriale , romana , perché più di questa superciliosa e arrogante : non solo , ma anche superba del suo mito . Quando a Roma la gente , di tipi simili , dice « fanatico » , inavvertitamente mette in chiaro il fondo mentale monologico , religioso , che sostiene il loro costume . Come non ho visto gli operai ( e i preti . Questo anche , già detto fra parentesi , vorrei che gli amici milanesi mi chiarissero : perché a Milano non si vede mai un prete in giro ? Che il rito ambrosiano sia qualcosa di più di una particolare liturgia ? ) , come , dicevo , non ho visto gli operai , così non ho ancora visto gli intellettuali . Li ho visti , s ' intende , e li vedo ogni mattina , come singoli , ma mai come gruppo . Non riescono a formarlo , e ad influire come tale sulla vita cittadina . L ' unico gruppo in qualche modo compatto è quello che forma la desolata « scapigliatura » di via Brera . Gli altri fanno i funzionari d ' industria , chiaramente . Basta vedere come funziona una casa editrice : c ' è una redazione di funzionari , che organizza : alla produzione lavorano gli altri , quelli di via Brera , che leggono , recensiscono , traducono , reclutati volta a volta , come braccianti per le « faccende » stagionali . Vi ho detto che persino quel che mi pareva chiaro , la posizione del nemico nei palazzoni di dieci piani , fra via Turati e via della Moscova , a Milano non mi è parso più tanto chiaro . Perché qui le acque si mischiano e si confondono . L ' intellettuale diventa un pezzo dell ' apparato burocratico commerciale , diventa un ragioniere . Fate il conto di quanti scrittori , giornalisti , pittori , fotografi , lavorano per la pubblicità di qualcosa . Quella pubblicità , guardate bene , che insegna che si ha successo nella vita , e negli affari , usando quel lucido da scarpe e quel rasoio elettrico , comparendo bene , presentandosi bene . Appunto perché questa non è la Milano che produce , ma quella che vende e baratta , e in questa società si vende e si baratta proprio presentandosi col volto ben rasato , le scarpe lucide ecc. Per questo una delle preoccupazioni maggiori degli intellettuali , di questi intellettuali , è proprio quella di ben comparire , di non fare brutte figure . Per questo non si sbilanciano , non danno giudizi definitivi , non si aprono , non dicono sciocchezze ( come tutti amiamo fare , perché è la maniera , o almeno una maniera , per dire anche qualche cosa seria ) . Per questo , qui fra noi , è così frequente la figura dell ' autorevole . E ci sono anche altre cose , peggiori e più tristi , di cui ora non voglio parlare , e di queste cose tristi c ' è persino la teorizzazione . La lotta per la vita , dicono , il rapporto delle forze , resistenza come una grande scacchiera su cui tutti ci muoviamo , e su cui è necessario « mangiare il pezzo » che sta sulla casella che piace a noi . Non li credo in malafede , tutt ' altro . E nemmeno li credo fatui e privi di problemi . Anzi ! In questi sei mesi la parola problema è quella che più di tutte ho sentita dire . Mi è capitato , dopo ore di discussione collettiva , di sentire un collega intervenire osservando : « lo penso che il problema sia un altro » . Esiste insomma persino il problema del problema . Cioè esiste , soprattutto , una notevole confusione . E questo è male , perché , al l ' opposto , chi dirige la burocrazia commerciale milanese , chi dirige ragionieri e funzionari ( anche gli intellettuali , perciò ) sa invece assai bene quello che vuole ; non solo , ma va a nozze quando vede la confusione che c ' è dall ' altra parte . ... E questo è male . È male perché , se le cose continuano così , là dalle mie parti i badilanti continueranno a vivere di pane e cipolla , i minatori a morire di silicosi odi grisou . Ora , mi pare chiaro che non può continuare a essere questa la nostra funzione . In termini politici ( e scusate se li adopero male , ma questo non è il mio linguaggio ) si direbbe : il capitale milanese agisce in senso riformistico e provoca il distacco , non di rado l ' ostilità aperta fra la piccola borghesia e la classe operaia . Compito degli intellettuali moderni , e veri , dovrebbe essere quello di tentare la composizione di queste forze ingiustamente divise . Insomma i ragionieri non dovrebbero più pensare che i tranvieri o gli operai di Sesto hanno torto , quando scioperano . Non dovrebbero più rispondere « mica male » quando chiedete loro come va la vita . E toccherebbe a noi far capire a questa gente che ha torto , e che han ragione gli altri e che la vita va proprio male . Ma se noi continuiamo a vivere nel centro , se continuiamo a vivere accanto ai ragionieri , come i ragionieri , mentre gli operai sono alla Bovisa , o a Niguarda , come potremo fare il nostro lavoro ? lo vorrei proprio che voi , amici romani , mi spiegaste , più semplicemente che potete , come si deve fare . Vorrei che me lo spiegassero gli amici milanesi , soprattutto . E che non mi rispondessero , per carità , cominciando a dire che « il problema è un altro » . No , il problema è proprio questo . Ogni volta che torno a Niccioleta mi convinco che è proprio così .
IL MONOPOLIO DOLCE ( Bianciardi Luciano , 1955 )
StampaPeriodica ,
Il panettone cominciò a diffondersi fuori di Milano dopo il 1930 , e un ' accorta campagna pubblicitaria lo lanciò appunto in quegli anni , che erano anni di autarchia , come « il dolce degli italiani » , uno slogan nazionalistico a cui si affiancava l ' altro , misticheggiante , del bianco natale , col presepe e le pecorelle . Motta riuscì a far questo . Riuscì a far credere agli italiani che il panettone fosse il loro dolce ( tanto vero che potevano concederselo solo una volta l ' anno , a quel prezzo ) e riuscì anche a convincerli che esso faceva parte di una tradizione , che di fatto non esisteva . E il panettone , un dolce inventato nel 1919 e lanciato negli anni trenta , invase il mercato bruciando letteralmente altri dolci , che avevano davvero una loro tradizione : si pensi al panforte senese o alla cassata siciliana . Quanto a Milano , Motta si trovava veramente di fronte a un dolce tradizionale : si parla , quanto alle origini del panettone , di tempi distanti almeno cinque secoli . Solo che il panettone di un tempo aveva forma , aspetto e struttura assai umili e popolari : rotondo , ma basso e poco sfocato , pareva né più né meno , una pagnotta casalinga . Angelo Motta era venuto a Milano negli anni precedenti la Prima guerra mondiale , come garzone di fornaio ; nel dopoguerra si era già fatto un forno proprio ; tutti i forni di allora , sotto le feste di Natale , facevano il panettone , e di solito lo regalavano ai clienti più affezionati . Motta fiutò le possibilità commerciali di questo dolce , e lo rifece di sana pianta . Ne cambiò la forma : fece cuocere la pasta tenendola stretta in una specie di canestro di carta spessa , in modo che , lievitando si sviluppasse in altezza e prendesse quell ' aspetto lussuoso e troneggiante , che ha ancora oggi . Lo arricchì di uvetta e di frammenti di candito : la trovata ebbe successo e Motta cominciò ad aprire un negozio più grande , poi ad acquistarne un altro , poi un altro ancora . La guerra , anzi , il dopoguerra , gli aveva portato fortuna , grazie anche alla sua innegabile abilità di orientarsi nella confusione del mercato nero . Intorno al '30 era in grado di affrontare il mercato nazionale . Aveva industrializzato il panettone , fino ad allora prodotto solo artigianalmente . Molto più recente è la scoperta , da parte di Motta , di un ' altra « tradizione » italiana : quella della colomba pasquale , un prodotto assai simile al panettone ( si tratta in entrambi i casi di pasta lievitata ) . Recentissimi , postbellici , sono invece i gelati da passeggio e le « caramelle col buco » , di cui Motta ha l ' esclusiva per tutta l ' Europa ; non è stato possibile inserire gli uni e le altre in una qualche « tradizione italiana » e oltretutto non sarebbe nemmeno stato troppo utile ; in tempo di inondante americanismo , conveniva meglio di parlare di ice cream e di life savers . Motta , come si è detto , ha in mano il complesso più grande , ma non ancora il monopolio : solo a Milano esistono 95 imprese a carattere industriale , con oltre 6000 dipendenti , e alcune di esse hanno un peso non trascurabile : si pensi a Besana , a Frontini , a Zaini , alla Ligure Lombarda , alla Dulciora e soprattutto ad Alemagna . Alemagna , da buon secondo , ha sempre adottato la strategia di seguire pedissequamente Motta in ogni innovazione : dopo Motta , e sul suo esempio , ha lanciato successivamente il panettone , la colomba , il gelato da passeggio , e la caramella , questa volta senza buco , ma pur sempre di importazione americana : si chiama charms . Alemagna ha in Milano cinque negozi , ma cerca di rifarsi nella qualità e nella mole . Attualmente , per ampliare il suo negozio in Galleria , ha comprato il Vittorio Emanuele , il vecchio bar degli sportivi milanesi , pagando , a quanto si dice , 250 milioni solo per la licenza di esercizio . Gli arredamenti di Alemagna passano , per il pubblico medio milanese , per i più fastosi ed eleganti , non senza qualche pretesa culturale . Per fare un esempio : ora che a Milano è aperta una mostra dell ' arte etrusca , Alemagna ha esposto , nelle sue vetrine di via Manzoni , certe torte glassate con la riproduzione dell ' Apollo di Vejo e di dipinti tarquinesi . Fece un certo rumore a Milano , l ' accesa polemica , con conseguenze giuridiche tuttora in corso , fra Motta e Alemagna a proposito del premio Oren . Fu sotto Natale : la Oren , che è una fantomatica associazione parigina o americana , scrisse prima a Motta e poi ad Alemagna offrendo un premio mondiale per la migliore industria dolciaria . Il premio consisteva nell ' attestato di questa superiorità assoluta : Motta , a quanto pare , fiutò il « bidone » e non abboccò ; Alemagna invece accettò il titolo mondiale e ne fece ampio uso per il lancio natalizio . Motta allora denunciò sulla stampa il fatto e citò la ditta rivale per concorrenza sleale . Ma a ben guardare , se c ' è una lotta dei due grandi contro la produzione minore , e specialmente contro quella artigianale , che lentamente è costretta a vedere ed a partire , tranne che su questo piano minore e con un certo piglio sportivo , sul piano del negozio più bello e del titolo mondiale ( che servono soprattutto alla propaganda ) , Motta e Alemagna finiscono in realtà per agire , se non in perfetto accordo , almeno su linee parallele : non esistono per il momento possibilità di creare il monopolio assoluto , quindi è meglio coesistere e tirare a campare . Basta guardare i prezzi dei prodotti . È difficile calcolare quali siano i profitti del maggiore complesso di produzione dolciaria milanese . Le denunce di Motta sono cresciute in questa misura , negli ultimi anni : 22,23 milioni nel 1949; 30,13 nel '51; 52,62 nel '52; 63 nel '53 . L ' ultima denuncia recava per Motta 112 milioni di lire . Ma tutti sanno che cos ' è in italiano la denuncia dei redditi : nel 1952 Motta destinava al fondo ammortamenti d ' azienda 704 milioni . Una cifra palesemente sproporzionata e contestata dal fisco . Ma anche allora Motta se la cavò , girando 65,4 milioni sotto la voce « fondo di riserva straordinaria » . L ' anno successivo , con 63 milioni di utili denunciati e distribuiti , Motta destinava al fondo ammortamenti 407,2 milioni , girandone poi alla riserva straordinaria 65,7 . Sempre nel '53 , ha investito 640 milioni nell ' impianto di nuovi macchinari , seguendo in questo caso la redditizia tecnica degli auto - finanziamenti . Non molto diverso è il comportamento delle altre grandi aziende . È chiaro che la politica commerciale dei dolciari milanesi mira a realizzare i maggiori utili col minore sforzo . Non impressionino gli 80mila quintali di paste lievitate prodotte da Motta nel 1953 . Nei grossi capannoni di viale Corsica 21 Motta ha gli impianti più moderni e più potenti d ' Europa . Può produrre nelle 24 ore 1.200 quintali di panettone , il che significa che la produzione annua potrebbe essere più che quadruplicata rispetto alla media attuale , se si utilizzassero in pieno tutti gli impianti . In realtà , la produzione piena si ha soltanto per due mesi all ' anno , a Natale e a Pasqua , quando Motta assume dai 1.800 ai 2.000 lavoratori stagionali . Il panettone potrebbe entrare sul mercato a prezzo fortemente inferiore se con la utilizzazione integrale degli impianti si arrivasse a una produzione di massa , e se si riducessero insieme le notevoli spese della confezione . In questo modo cesserebbe la triste condizione degli « stagionali » e il panettone , non più dolce « tradizionalmente natalizio » potrebbe comparire sulle nostre mense almeno una volta al mese . Si pensi per esempio , che il consumo annuo di dolciumi ( genere voluttuario e perciò soggetto a tasse assai gravose ) è in Italia , di chilogrammi 2,7 a persona , quantità irrisoria rispetto ai 28 chilogrammi degli inglesi e ai 35 degli statunitensi . Come si è detto , esistono a Milano 95 imprese dolciarie a carattere industriale , con più di 6000 operai impiegati , oltre ad aziende minori , a carattere artigianale e familiare ; un quinto , insomma , dell ' intera attrezzatura nazionale . I complessi maggiori sono , evidentemente , quelli di Motta e di Alemagna . Il primo impiega mille operai fissi , con regolare contratto , 350-400 assunti con contratto a termine , rinnovabile di tre mesi in tre mesi , e circa 2.000 stagionali , assunti per quaranta giorni a Natale o a Pasqua : in maggioranza si tratta di donne , che provengono da tutte le categorie , ma soprattutto casalinghe . Alemagna impiega 500 operai fissi , 300 con contratto a termine e 1500 stagionali . Le altre imprese hanno maestranze molto inferiori : sui 450 alla Dulciora , sui 200 alla Zaini e alla Ligure Lombarda , poco più di cento alla Befana e alla Frontini . Sulla divisione fra gli operai fissi , quelli a termine e gli stagionali , fa leva soprattutto il padronato : i lavoratori che hanno un vero e proprio contratto di lavoro formano appena un quarto dell ' intera maestranza , e sono perciò un gruppo relativamente privilegiato , rispetto agli altri . Quelli con contratto a termine lavorano sotto la continua e pressante minaccia di non vederselo rinnovare , e nella vana speranza di essere assunti come stabili ; gli altri , gli « stagionali » sono una sottocategoria raccogliticcia , una specie di bracciantato industriale reclutato per le « faccende » natalizie e pasquali . La vita sindacale è sporadica e incerta : lo stabilimento di Motta solo da un anno ha una Commissione Interna , composta di due operai aderenti alla CGIL , tre alla CISL e due eletti su una lista « indipendente » , cioè padronale . Solo dal 1954 c ' è qualche segno di ripresa dopo il famoso sciopero di 75 giorni nell ' estate del '48 . Gli operai erano entrati in agitazione per protestare contro la minaccia di duecento licenziamenti : ebbero la peggio e Motta , per rappresaglia , finì con licenziarne ben 850 . Fu un fatto enorme , che impressionò anche il padronato del settore : dopo di allora per sei mesi non ci fu più un licenziamento nella categoria degli alimentaristi . Del resto Motta ( o forse per lui il consigliere delegato , dr. Ferrante ) si è sempre distinto per la particolare durezza della sua politica aziendale , mentre Alemagna preferisce ricorrere ai metodi paternalistici . Sotto le feste del Natale scorso , mentre la categoria era impegnata nel rinnovo del contratto nazionale di lavoro , gli operai entrarono in agitazione per ottenere un miglioramento salariale . Alemagna ha acconsentito , concedendo spontaneamente aumenti orari dalle 5 alle 25 lire , sia ai lavoratori fissi , che a gran parte di quelli a termine ; ma intanto faceva diffondere la voce che non avrebbe gradito una interruzione del lavoro proprio in quel periodo di punta . Motta , dal canto suo , fece soltanto promesse . I suoi metodi sono improntati alla più rigorosa sorveglianza , alla persecuzione e alla rappresaglia , specialmente a danno degli aderenti alla CGIL , i quali vengono spesso esclusi da eventuali aumenti e migliorie e isolati dagli altri operai , mentre rapide carriere sono aperte ai membri della Commissione Interna eletti nelle liste della cast , o in quelle padronali . Un notevole numero di lavoratori sono impiegati nel settore vendite di Motta e Alemagna , il primo ne ha alle sue dipendenze circa un migliaio inquadrati in un complicato sistema di qualifiche : barista , gelatiere , banconiere , cantiniere , caffettiere , spillatore , ecc. un complesso di quaranta voci che corrispondono ad altrettante gradazioni di stipendio : dalle 17.498 lire mensili dell ' apprendista inferiore ai sedici anni , alle 66.631 del direttore di categoria A . Nel settore vendite la pressione del padronato è ancora più accentuata . Essa si fa forte proprio di questo sminuzzamento della categoria in gruppi minimi che è facile dividere e contrapporre . Il direttore di un bar ha alle proprie dipendenze non più di 20 o 30 persone , delle quali sa tutto e sulle quali può esercitare una vigilanza continua e diretta . Il personale di una bar è composto quasi completamente da ragazze che provengono in generale dalla piccola borghesia o da famiglie operaie esposte quindi , in una città come Milano , alle facili sollecitazioni dei miti dell ' esistenza in una società « moderna » . Gelosie , rivalità , piccoli ricatti , soprusi ; difficile che in un ambiente simile nasca la solidarietà , e di conseguenza il personale è nettamente scoperto , sprovveduto , esposto alle pressioni padronali . Assai scarsa la partecipazione alla vita sindacale : qualche iscritto alla CGIL , le altre organizzazioni sono del tutto assenti . Tanto Motta che Alemagna sono stati denunciati dal Sindacato di categoria per non aver applicato la legge n . 90 del 30/4/1954 , la quale estende ai dipendenti dei pubblici esercizi il godimento delle festività infrasettimanali . La denuncia ha avuto i suoi effetti e le due grandi ditte stanno pagando sia le spettanze arretrate , che la multa per inadempienza . Le punizioni al personale variano dalla multa alla sospensione , fino al licenziamento in tronco . Per fare un esempio : una commessa colpevole di aver mangiato « due tartine gelatinate » ha avuto tre giorni di sospensione . Un fattorino che si è mangiato due marrons glacées è stato licenziato in tronco . Sostengono alcuni che il Duomo di Milano fu costruito con la prospettiva che dovesse servire , un giorno , a far da sfondo al panettone , sui cartelloni pubblicitari , c in qualche misura questo è vero . La produzione dolciaria milanese , che non impegna più di seimila lavoratori , può forse sembrare poca cosa , confrontata coi massicci complessi industriali lombardi . Pure essa è un simbolo compendioso della situazione milanese : è un monopolio giovane in formazione .
METANOPOLI LA CITTÀ PER I TECNICI ( Bianciardi Luciano , 1957 )
StampaPeriodica ,
La periferia di corso Lodi si perde a poco a poco in un disordine di sterrati , depositi di rottami , piccole fabbriche di vernici , concerie , e intanto si profila , sotto la foschia del primo mattino , la campagna lombarda , intirizzita dal gelo : i campi bianchi di brina , i pioppi scheletrici , un fosso d ' acqua sporca e turbinosa , che fuma all ' aria tesa e frizzante . Quel fossaccio che poi , mi dicono , è uno dei canali di scolo delle fogne milanesi , fiancheggia la via Emilia per tutto il nostro viaggio . Il comune di San Donato , il primo fuori di Milano sulla strada di Lodi , non ha l ' aria di un vero e proprio villaggio . S ' incontrano all ' improvviso poche case raccolte attorno a una vecchia chiesa : casette vecchie e povere , uno o due piani al massimo . Una serve da municipio , a un pianterreno c ' è un negozietto che vende un po ' di tutto , dagli alimentari agli utensili domestici . Il nome sulla porta è vecchio e sbiadito . « Posteria » . Si stenta a credere che questo comune di San Donato milanese conti quasi cinquemila abitanti ; ci si chiede dove siano , dove abitino . Eppure è così . San Donato milanese è un grosso comune ; non solo , è un comune in continua crescita . Ecco come si è sviluppata la popolazione in soli cinque anni : 1951 : 2663; 1952 : 2762; 1953 : 2920; 1954 : 3255; 1955 : 3983;1956 : 4954 . Non solo ; si afferma che entro tre anni la popolazione sarà ancora moltiplicata , con l ' insediamento di 10-12 mila nuovi abitanti . Secondo previsioni attendibili , in breve tempo tutta la zona raggiungerà complessivamente i quarantamila abitanti . Qualche frazione vicina ( che un tempo era soltanto un piccolo nucleo di casupole e di cascine ) è repentinamente cresciuta , come gonfiata da un ' improvvisa idropisia edilizia : ecco la Certosa , per esempio , così simile ad una periferia di provincia , con le case che vengono su a fungaia , alte e basse , coi colori degli intonachi balordi e contraddittori , e con la solita proliferazione di baracche e di abitazioni fortunose . Ma San Donato , voglio dire il centro amministrativo , pare rimasto tale e quale . Dov ' è dunque la novità ? Non è difficile rendersene conto : basta fare due e trecento metri , ed ecco Metanopoli , che compare in mezzo alla campagna , improvvisa , come dipinta su di un fondale da un urbanista megalomane . Proprio sulla strada , sulla via Emilia , una serie di box dove sostano macchine ed autocarri carichi di bombole vuote : è , come avverte un gran cartello , la stazione di rifornimento del metano . Poi , poco più avanti , si spalanca un piazzale immenso , tutto lastricato a cubetti di porfido , che disegnano per terra , a perdita d ' occhio , una interminabile serie di volute . Il piazzale è chiuso , giù in fondo , dal basso e lunghissimo edificio che ospita la stazione di servizio per gli autocarri : aria , acqua , garage e riparazioni . E una stazione di sosta per automezzi , un ' enorme stazione , all ' uscita di Milano , dove comincia la via Emilia e dove comincerà la « Strada del sole » . Proprio lì davanti un cartello avvisa che siamo al capolinea milanese della famosa autostrada , che per ora , tuttavia , è solo un cartello , un progetto , un esiguo recinto di filo spinato , con dentro uno sterro sconvolto dai bulldozer . Sul ciglio della strada un cartello dice : « Motel : albergo ristorante Metanopoli » . C ' è tutto : mensa , alloggio , bagno , piscina , lustrascarpe . Motel è voce americana e diffusa in Italia dal film Niagara e dal diario statunitense di Simone de Beauvoir . Sta a indicare l ' albergo di transito sulle grandi strade continentali , formato da una o due stanzette , con annesso il garage per l ' auto e per la roulotte . A rigore questo dunque non è un motel , ma un normale albergo di transito , di ambiziosa fattura , con un atrio lustro e comodo , e dappertutto legno , nichel e materie plastiche . Dovrebbe essere una costruzione « moderna » ; in realtà , essa si limita ad esibire uno stile tra « tirolo » e « far - west » , del tutto incomprensibile nel paesaggio lombardo . Al ristorante si mangia abbastanza bene anche con cinquecento lire . La città è dietro il piazzale : si apre un vialone larghissimo , spalancato al vento tagliente di gennaio , coi pali della luce , che , dai due lati , incombono arditamente verso il centro . Da una parte un lunghissimo muro , dall ' altra tante costruzioni tutte uguali . Il vialone porta il nome di Alcide De Gasperi , le strade minori , fra una fila di edifici e l ' altra , s ' intitolano a Galilei , a Fermi , ai nomi di altri scienziati poco noti ai profani . Ci vuol poco a capire che da questa parte c ' è la zona operante della città . Dalle finestre infatti s ' intravedono strumenti di laboratorio , macchine , tubi . Qui la SNAM ha i suoi centri di studio , alcuni collegati con il Politecnico di Milano . Non zona industriale , dunque , ma centro di ricerca : è probabilmente una città di tecnici , non di operai , e l ' aspetto borghese della zona residenziale ce lo conferma . Percorrendo il vialone Alcide De Gasperi , si trova , in fondo , piazza Santa Barbara , protettrice , come è noto , di minatori , artiglieri , e di tutti coloro che abbiano a che fare con roba esplosiva ; anche quelli del metano , dunque . Un ' altra piazza immensa , interrotta però , questa , da brevi strisce di aiole verdi , molto curate . Ogni pochi metri ecco spuntare da terra un tubo ricurvo , dipinto in giallo ; serve , mi spiegano , per l ' irrigazione delle aiole . La piazza è dominata dalla più straordinaria chiesa che mi sia mai accaduto di vedere . È un edificio monumentale e insieme semplicissimo : una specie di capannone col timpano altissimo e acuto , come per suggerire una elevazione che di fatto non c ' è . Ai quattro lati sorgono altrettante gugliette appuntite , color verde tenero . I colori sono la cosa meno prevedibile di questo duomo di Metanopoli . Pare come se sulla facciata bianca fossero stati applicati dei pannelli rettangolari , quale verde tenero , come le guglie , quale rosa pallido , quale cinerino . Le strade dietro la chiesa , nella zona residenziale , son tutte alberate e divise da aiole verdi . Gli alberi sovente sono dei pioppi : il pioppo è la pianta tipica della pianura padana , di cui rompe la piattezza con la sua acuta spinta al cielo . Ma qui sono pioppi di trapianto in attesa che rinsaldino le radici li hanno legati con quattro filo di ferro , presto arrugginiti all ' aria umida della zona . Le case son tutte belle e tutte uguali , con pochi segni palesi di vita interna . In mezzo alle case , quasi in fondo a via Soresina , la lunga e bassa costruzione che ospita i negozi , alcuni ancora interminati e vuoti . La città di Metanopoli è dunque di Fondazione recentissima , anzi , non è ancora terminata : via Enrico Fermi esiste , per esempio , soltanto di nome , e proprio all ' ingresso della città , quasi stilla strada , sorge lo scheletro di un altissimo edificio poligonale , con le strutture portanti di ferro , rosso di minio fresco , ed i piani di cemento e mattoni forati . il primo dei grattacieli di Metanopoli ; di un secondo si inizierà presto la costruzione . La città è stata fondata dalla SNAM , che è poi una filiazione dell ' ENI sorta per lo sfruttamento del metano . Qui , come si è detto , non vi sono stabilimenti di produzione o di trasformazione , ma soltanto un centro studi . Tanto vero che la SNAM non paga al comune di San Donato l ' Icap , l ' imposta che grava sulle attività industriali , commerciali , professionali e artigiane . Ha preferito edificare la sua città a San Donato per due ragioni : per tenersi vicinissima a Milano , ma fuori dei confini comunali , e pagare così minori imposte , e poi per tenersi al capolinea di due grandi vie di comunicazione , l ' Emilia e la futura strada del sole . Del comune di San Donato la SNAM , cioè l ' ENI , possiede mille pertiche , cioè 654.000 metri quadrati , pari a circa un terzo della superficie totale del comune stesso . Il terreno , in conseguenza di questo acquisto massiccio e dell ' incremento edilizio , è salito enormemente di prezzo . Quasi dieci volte e più : dalle sei - settecento lire al metro quadrato del 1950 siamo ora sulle cinquemila , con punte sulle ottomila lire al metro quadrato . La popolazione di Metanopoli non è mai indigena : la SNAM ha reclutato altrove i suoi dipendenti , che son divenuti suoi abitanti . Dal Veneto , dalla Toscana , dal Lazio , dal Napoletano , dalle Puglie : dalle regioni insomma che tradizionalmente danno la maggior quota di migrazione verso Milano . Gli abitanti vecchi , quelli di San Donato e delle frazioni vicine , li chiamano tutti « terroni » ed hanno ribattezzato , per conto loro , la città nuova col nome di Metanopoli . Ma rapporti , fra gli uni e gli altri , fra i vecchi ed i nuovi , fra i metanopolitani ed i sandonatesi , se ne stabiliscono di rado , i sandonatesi erano in origine salariati , operai della campagna ; qualcuno addirittura giornaliero . Poi hanno cominciato a cambiar mestiere , ed oggi più della metà sono operai ; ma lavorano a Milano . A Metanopoli nessuno di loro è entrato come dipendente stabile e come abitatore delle nuove case . La vita di Metanopoli è chiusa , pertanto , anche fisicamente , all ' ambiente esterno , alla campagna lombarda . Gli abitanti di San Donato , abitano accanto alla città del metano , ma non hanno ancora il gas in casa , nonostante lo chiedano da tre anni . Non ancora , prima e oltre il metano , troppe altre cose che servono a dar la base del vivere civile : basti pensare alle tristissime condizioni igieniche delle vecchie cascine sandonatesi , non è sovrapponendo un ' isola di razionalità ( astratta razionalità ) urbanistica che si fa progredire la civiltà nella campagna milanese .
I CALABRESI A COURMAYEUR ( Bianciardi Luciano , 195 )
StampaPeriodica ,
COURMAYEUR , giugno - È la festa dell ' Ascensione , ma non si direbbe , con queste basse nubi che nascondono persino l ' incombente vetta del Chetif ( non si parla poi del Monte Bianco ) e con la pioggerella fine e ghiaccia che abbassa la colonna di mercurio poco sopra lo zero . Poco meno che inverno , specie per chi è venuto quassù senza cappotto : a quest ' ora i fiorentini vanno per grilli mori alle Cascine . Non si direbbe che è finito maggio , non si direbbe , nel paesino deserto , che è festa , se non fosse per la sparuta banda che passa sotto le finestre dell ' albergo , di buon ' ora . Una dozzina di ottoni , in tutto , e non è gran musica : hanno in testa un berrettino azzurro con la visiera , per il resto son vestiti come tutti i giorni e trascinano i piedi , a tempo , su per il pendio che porta alla chiesa . A guardarli non c ' è nessuno , tranne un gruppetto di giovanotti : piccoli , scuri , le mani nelle tasche dei calzoni , una giacchetta striminzita addosso . Uno ha sui gomiti e sul sedere vistose toppe di diverso colore . Stanno a parlare fra di loro a bassa voce : quello che tiene banco a un tratto tira fuori la borsetta del trinciato , si mette in bocca , per un pizzo , la cartina , si bagna la punta dell ' indice e del pollice , e con un gesto rapido e minuto arrotola una sigaretta . Se non basta vederli , così piccoli , bruni , con la fronte bassa e gli occhi vivaci , le guance mai rasate , a sentirli parlare puoi convincerti che son gente del Sud : calabresi per la precisione . Altri se ne vedono lungo la strada che va alla chiesa , sempre raccolti in gruppo , a volte seduti sui muretti che guardano lo strapiombo della Dora , che laggiù è un vorticoso torrente sassoso . Courmayeur , insomma , alla fine di maggio , il giorno della Ascensione , è un paese di gente del Sud , di calabresi . L ' emigrazione calabrese è un fatto abbastanza normale , in Val d ' Aosta . Ogni anno un centinaio di questi uomini piccoli e scuri lascia la campagna povera di Catanzaro e di Cosenza e viene quassù a far fortuna . Le linee della emigrazione interna , da sud a nord , una emigrazione disperata ( gente che parte senza sapere se e dove troverà lavoro , chiamandosi sudi anno in anno , fratello , cugino , compare , paesano ) si sono delineate con una certa precisione . I pugliesi vanno in Lombardia , a Milano , a riempire baracche , sottoscala , scantinati , in attesa di un lavoro qualsiasi e di un alloggio migliore . I napoletani li troverete a Bolzano e in tutto l ' Alto Adige ; ora ecco i calabresi in Val d ' Aosta . Pare che il Nord sia diventato sul serio il polo magnetico della gente povera , che punta sempre più su , sempre più vicino ai confini . E Courmayeur è a pochi chilometri dalla frontiera francese e da quella svizzera . Quest ' anno il fenomeno è stato più intenso di sempre . Un giovanotto calabrese , si chiama Rocco Cilurzo ed è di Paola , presso Cosenza , ci spiega come sono andate le cose . Dopo la guerra ha lavorato sempre poco ; con cinque fratelli grandi non arrivavano a mettere insieme di che vivere , loro ed i genitori vecchi . Un tempo c ' era l ' emigrazione , l ' America ( suo nonno , per esempio , aveva trovato na ' giobba a Broccolino ) ma oggi gli Stati Uniti hanno « contingentato » gli immigranti . Il Refugee Relief Act fissa la quota a sessantamila , per tre anni . Una cifra assai bassa . Non solo : più della metà dei posti sono riservati a profughi della Venezia Giulia , e per gli altri occorre la richiesta e la garanzia di un parente già stabilito negli Stati e già cittadino americano , non c ' è niente da fare , non si passa l ' Oceano : se si emigra , si emigra a nord , in Lombardia , a Bolzano , in Val d ' Aosta . A Cilurzo , che passava giornate inerti al paese , senza saper che fare , un bel giorno dissero che su , verso i confini , preparavano un lavoro colossale . Lo aveva detto la radio , lo avevano persino fatto vedere con la televisione . Dovevano traforare un grosso monte , il Monte Bianco . Così , lui ed altri amici , e tanti altri , non solo di Paola , ma di tutta la provincia , e di più lontano , specialmente di Catanzaro , erano partiti . Ora son qui , a Courmayeur e ad Entreves , che è più avanti , proprio sotto il Monte Bianco , ma il traforo non si fa , almeno per ora . Così han cercato altro : qualcuno , come appunto Cilurzo , fa il manovale in una impresa edile , altri son dai contadini , a giornata . Dormono dove capita , in un fienile , in una stalla , in un garage , e pochi se la sentono di riprendere la lunga strada del paese , dove li attenderebbe la solita miseria , ed in più lo scorno dei paesani , a vederli tornare con le pive nel sacco . Aspettano che cominci il traforo , si arrangiano per strappare la giornata , fanno la farne peggio che a casa loro , la gente del posto li sta a guardare . La valle della Dora Baltea , stretta e profonda , lunga una settantina di chilometri , costituisce , anche economicamente , la spina dorsale della regione aostana . I paesi sono disposti lungo la vallata , da Pont San Martin , dove nella Dora affluisce il Lys , fino ad Entreves . Aosta e Saint Vincent ne sono i centri maggiori . Se le zone montagnose sono evidentemente incolte , le parti più basse , ricchissime di acque e ben esposte al sole , sono assai fertili e molto ben coltivate : patate soprattutto , poi segale , mais e uva e frutta , soprattutto mele . I prati verdi e foltissimi sono un pascolo ideale per queste vaccherelle pezzate , piccole , mansuete : perciò latte , burro e formaggio . Quasi tutti i contadini sono piccoli proprietari , ciascuno con pochi fazzoletti di terra , magari dispersi , uno a levante ed uno a ponente , distanti ore di strada . Non è gran proprietà , ma nemmeno può dirsi che ci sia miseria . Non solo , ma da qualche anno si è andato incrementando il turismo . Courmayeur ed Entreves sono nomi noti a tutti ; a Saint Vincent c ' è una casa di gioco , un premio cinematografico e giornalistico ; la regione , autonoma , offre certi privilegi ai suoi cittadini , ed ai turisti che vi soggiornino abbastanza a lungo . Il turismo sta diventando la principale risorsa dell ' economia valdostana . Accade che i contadini vendano la loro poca terra e con il ricavato riattino la casetta per darla in affitto durante l ' estate . I cartelli che offrono un appartamento per la « stagione alta » sono frequentissimi a Courmayeur e ad Entreves . Quattrocentosessanta appartamenti a Courmayeur soltanto : un paese di poco più di mille abitanti , durante i mesi di luglio e di agosto raggiunge le sei o settemila « presenze » giornaliere , i villeggianti vengono dal Piemonte , dall ' Emilia , ma soprattutto dalla Lombardia , da Milano . Il milanese , come ci spiega il giovane presidente della Azienda di Soggiorno , è il turista ideale perché è facile a contentarsi , entusiasta di monti , laghi , ghiacciai , perciò disposto a spendere con larghezza . Per non dire poi di Saint Vincente della casa di gioco , che vede arrivare ogni sera decine di milanesi che si riposano dalla dura giornata degli affari - le tratte , le scadenze , le fatture - perdendo qualche biglietto da diecimila al tavolo verde . Ai cittadini della regione è vietato l ' accesso al gioco : i soldi devono venir da fuori , dicono , ma probabilmente c ' è anche un motivo di puritanesimo in questo divieto , il peccato è un affare , ma resta peccato , perciò lasciate che lo compiano gli altri . Incrementandosi il turismo , aumenta anche la costruzione di nuove case , il riattamento delle vecchie , l ' apertura di nuovi alberghi . C ' è un certo bisogno di mano d ' opera , e ne approfittano i contadini calabresi , per salire su a frotte : a Courmayeur ne arrivano un centinaio ogni anno . Ora poi che si parlava del traforo ... Per la Francia e per la Svizzera non esistono trafori automobilistici ; soltanto valichi che nella stagione invernale sono chiusi al transito dalle nevi . Traforando il Monte Bianco si creerebbe una via rapida di comunicazione tra Genova e la pianura padana e il continente europeo . La galleria dovrebbe cominciare poco sotto Entreves e terminare presso Chamonix : sarebbero dodici chilometri di lunghezza , otto metri di larghezza , quanto basta cioè per due piste automobilistiche ; un lavoro di anni e di miliardi , di cui per ora esiste soltanto un abbozzo di progetto ( non sono stati completati nemmeno i rilevamenti geometrici ) . Non ci sono nemmeno i capitali occorrenti . Il maggior fautore del progetto , che è un nobile biellese , arricchitosi con le funivie del Cervino e del Monte Bianco ( si chiama conte Lora Totino ) è disposto a tirar fuori , di suo , duecentocinquanta milioni : una goccia , insomma , rispetto al fiume di milioni che effettivamente occorrerebbero . Il traforo vien visto , da chi lo vuole , in funzione turistica : abbreviando la strada fra il continente e la pianura padana e Genova , si creerebbe una via di traffico nuova , foriera di turisti e di quattrini . E i calabresi ? Abbiamo parlato a lungo con un giovane di Courmayeur , il signore Orazio Bron ( di origine svizzero - tedesca , ci spiega ) , un giovane intelligente appassionato della sua valle , spregiudicato , non certo sospettabile di arretratezza mentale . « Qua da noi » , ci ha detto parlandoci degli immigrati calabresi , « li chiamano sudafricani » , e ci indica il solito gruppetto che se ne sta in disparte a chiacchierare . « In Valle d ' Aosta non c ' è mai stata vera miseria . Lei non vedrà in giro un solo accattone . Abbiamo una economia limitata , se vuole , ma solida , Il turismo ci apre prospettive nuove e larghissime . Abbiamo un ' autonomia regionale . Paghiamo poco più di settanta lire un litro di benzina . Lo zucchero , il cacao e il caffè ci costano la metà che da voi . Gli alcolici , sia quelli di produzione legale che i cognac francesi , ci costano pochissimo . Noi abbiamo il diritto e il dovere di difendere questa nostra condizione , purché sappiamo fare ... Seguire l ' esempio svizzero , insomma . In Svizzera , ottenere non dico la cittadinanza , ma la residenza , è molto difficile . Non basta nemmeno sposare un cittadino , o una cittadina , della confederazione . Occorre avere un lavoro ben preciso , abitarvi da almeno quattro anni , essere proprietari di immobili . Lo stesso dovremmo fare noi : limitare l ' immigrazione , setacciare le domande di residenza . Il forestiero sia benvenuto , ma quando arriva tra noi come turista . Io capisco quel che lei mi obbietta , capisco che questi calabresi al paese loro fanno la fame , ma perché dobbiamo rimetterci noi ? » E una conferma a questo atteggiamento la troviamo leggendo la stampa locale in lingua francese . L ' articolo attacca l ' assessore regionale alla pubblica istruzione , professor Berthiet , il quale aveva dichiarato essere le infiltrazioni straniere una necessità storica ed economica . « Come ? » , sostiene l ' articolo , « Proprio un intellettuale afferma queste eresie ? » « La semilibération administrative et économique ne sera qu ' un feu de paille si les élites ne s ' attaquent pas à la libération intellectuelle par un retour aux traditions linguistiques ancestrales . » E dopo aver riprovato l ' « Invasion méridionale » ( così vien definito l ' annuale afflusso dei calabresi ) l ' articolo se la prende con una maestra « indegna » la quale « parlait le français , mais mal et avec le plus bel accent italien et manifestait des sentiments romains » . Eppure , a nostro avviso , ha ragione il professor Berthiet : l ' invasione meridionale è davvero una « necessità storica ed economica » : in parole povere , e finché le cose andranno come vanno , non c ' è da far nulla per fermare il flusso dei poveri e dei disoccupati verso la Valle d ' Aosta . Verranno ogni anno , perché hanno fame , perché sono vivi , a cercare lavoro , ad aspettare . Ad aspettare anche il traforo del Monte Bianco , questa impresa colossale di cui , se si farà , parleranno i giornali di tutto il mondo in tono di epopea . E il progresso e la ricchezza della valle saranno stati opera anche di questi piccoli uomini scuri , di cui forse nessuno ricorderà il nome .
LA LAMBRETTA DEI MINATORI ( Bianciardi Luciano , 1954 )
StampaPeriodica ,
« Guardi , diceva un minatore muovendo in giro la mano tesa , tutto quello che lei vede è della Montecatini . Non si può sbagliare . » La Montecatini , qua a Niccioleta , possiede le case , le strade , gli spacci aziendali , i mezzi di trasporto , le sedi dei partiti politici , il terreno circostante . Della Montecatini sono i grossi casamenti gialli , sparsi in disordine per le pendici di questi colli scabri , collegati appena da un sentiero scosceso , con larghi improvvisi sterrati nudi ; il palazzotto del dopolavoro , una costruzione pseudo - razionale , di taglio littorio , stile 900 , come si diceva nel ventennio ; e la chiesa , un altro scatolone con una specie di pronao rettangolare , che fa pensare ad una palestra di boxe . Son della Montecatini le grigie e scialbe casette degli impiegati , e la mediocre villa della contadina , ed i più vecchi amano ancora , dopo la miniera , coltivare un pezzetto di terra , per cavarne ortaggi , od allevarvi un coniglio , un paio di galline . Molti operai non abitano qui , ma nei villaggi vicini , a Prata , a Monterotondo , o vengono addirittura da Massa Marittima : tutti su automezzi della Montecatini ; prima della guerra venivano in bicicletta , e non pochi a piedi , dieci chilometri di strada e dopo il lavoro . Al paese alcuni conservano un orto , una vigna , a cui si dedicano nelle ore libere dal lavoro , e persino nei giorni di sciopero . La sovrapposizione delle due economie , e la progressiva scomparsa di quella più antica , l ' agricola , sotto il peso della moderna , la mineraria , qui è palese : qui sta accadendo quel che in Inghilterra si verificò alla fine del Settecento , ed il processo è ancora in corso . L ' agricoltura di collina scompare a poco a poco , poiché la miniera ne ha assorbito la mano d ' opera , ed i giovani non seguono più l ' esempio degli anziani . A Niccioleta abitano circa millecinquccento persone , fra operai e familiari , ma ci sono anche gli scapoli , giù ai « camerotti » , specie di casermette basse ed allungate , divise in tante stanze quadrate ciascuna delle quali ospita sei o sette operai , con le brande e gli armadietti metallici . L ' aria di caserma è evidente anche all ' interno : accenti meridionali , cartoline e ritratti appiccicati al muro , la Madonna di Loreto , il golfo di Napoli , la fidanzata , Togliatti , il calendario dell ' ANPI , Una diva americana . Sopra gli armadietti c ' è sempre una cassetta di legno , col lucchetto : è l ' unica proprietà privata degli operai , il resto , brande , armadietti , ed i camerotti stessi , è della Montecatini . La sensazione insomma è che la Montecatini qui non sia soltanto proprietaria assoluta di ogni cosa , ma goda di una sorta di diritto di extraterritorialità , che governi , insomma , con leggi , costumi , e riti suoi propri . Può accadere , per esempio , che il forestiero si senta chiedere i documenti , non appena scende di macchina ed entra in un bar per prendere il caffè . « Lei , permetta , quale attività svolge ? Può dimenticarla ? Su che cosa intende scrivere ? Quale è il suo giornale ? » Sono domande che un brigadiere dei carabinieri , a Niccioleta , rivolge con estrema naturalezza . La Montecatini , qui , nei suoi locali , ha una stazione dei carabinieri , ha le guardie di pubblica sicurezza , ed ha anche tuia sua milizia privata , di guardie giurate , con una loro divisa nera , che fan servizio dentro la miniera , intorno alla miniera , in paese . La strada che conduce ai pozzi è sbarrata ad un tratto da una traversa bianca e nera ; accanto c ' è una garitta , con dentro la guardia per controllare chi entra e chi esce . Non si passa di là senza il permesso del direttore : alla fine dei turni suona la sirena ed i minatori escono alla spicciolata oltre la barriera . Son diversi dal cliché usuale che del minatore ciascuno di noi , anche inconsapevolmente , si porta in testa , il cliché del minatore grande e membruto , come lo si vede nei manifesti di propaganda . La cronaca recente , fra l ' altro , si è occupata del caso del giovane Milo Malagoli , un ragazzo alto oltre due metri e grosso in proporzione , il « gigante di Niccioleta » , come è stato definito . Ma in realtà nessun minatore somiglia al Malagoli . Quasi tutti di statura inferiore alla media ( le grandi stature , oltre tutto , sono antieconomiche nei lavori del sottosuolo ) son uomini pallidi e curvi , dal passo pesante e stanco : vestiti senza uniformità , portano spesso in testa un elmetto di materia plastica , foggiato come quello d ' acciaio dei soldati inglesi . Al vecchio tascapane si va sostituendo la « panierina » , una cassetta di zinco , con una tracolla di tela , che serve per portare il pasto . Fino ad un paio di anni or sono era caratteristico , in mano agli operai alla fine dei turni , il « tròppolo » , cioè un pezzo di legno , frammento delle armature di galleria , che la società concedeva ogni giorno a ciascun dipendente : doveva servire per gli usi domestici , per il riscaldamento o la cucina . Ora prelevare il « tròppolo » è proibito , e le guardie giurate qualche volta ispezionano persino i tascapane e le panierine , perché dalla miniera non deve uscire niente . E non deve entrare nulla che non sia mano d ' opera e materiale di lavoro . Subito dopo la fine della guerra era relativamente facile accedere ai piazzali , alla laveria , alle officine , persino alla grande galleria di accesso al pozzo maggiore . Ricordo che fu sufficiente la parola di un operaio , e l ' approvazione di un sorvegliante . Oggi non c ' è da sperarlo : il direttore dirà che occorre il permesso della direzione centrale , e farà anche intendere , in tutta confidenza , che è inutile chiederlo . Bisogna contentarsi di raggiungere il ciglio della collina : di fronte , oltre la vallata , sul fianco ripido del colle contrapposto , si addossa tutto l ' apparato della laveria . In alto i rompitori che frantumano il minerale , più giù tutta la serie dei canali e dei traballatori . La pirite è un bisolfuro di ferro , che cristallizza in dodecaedri , di color giallo lucido ; nel passato veniva usata solo per costruire acciarini , ma oggi , con il processo delle camere di piombo , fornisce l ' acido solforico , elemento fondamentale per fabbricare , fra l ' altro , esplosivi e concimi chimici . La miniera di Niccioleta , sul versante meridionale delle Colline Metallifere ( una vasta zona montuosa al confine fra le province di Siena , Pisa e Grosseto ) , è solo una delle cinque che lavorano nella zona : le altre sono a Boccheggiano , Gerfalco , Ravi , Gavorrano e recenti sondaggi , anche superficiali , han dimostrato che la pirite si trova un po ' dappertutto , sì che non è azzardato ritenere che le cinque miniere lavorino su di un unico enorme giacimento , di capacità pressoché inesauribile . Del resto la pirite si estrae anche all ' isola del Giglio , ed al non lontano promontorio dell ' Argentario si è localizzato un giacimento che potrebbe dare non meno di dieci milioni di tonnellate . Allo stato attuale delle cose il giacimento maremmano produce oltre l ' ottanta per cento della pirite italiana , che è quasi completamente nelle mani della Montecatini . La miniera di Niccioleta produce quasi un terzo esatto della pirite maremmana . Nel 1953 la produzione è stata di 436.969,90 tonnellate . Ciò equivale , al netto , a un prodotto di circa 250mila tonnellate « mercantili » , commerciabili . Non è difficile calcolare i costi di produzione . Le maestranze impiegate raggiungono il numero di 1.441 dipendenti . Ecco le loro tabelle salariali : Donne : 16-18 anni , lire 573; 18-20 anni , 650,80; terza categoria , 755,80; seconda categoria , 803,50; prima categoria , 847,20 . Uomini : 16-18 anni , lire 681,80; 18-20 anni , 866,50; manovali adulti , 928,80; operai comuni , 995,20; operai qualificati , 1.055,50; operai specializzati , 1.184,10 . A queste somme va aggiunta un ' indennità di caro - pane variabile da 20 a 60 lire giornaliere , proporzionalmente alle condizioni di lavoro , ed una indennità di sottosuolo ( che spetta solo agli interni ) di 92 lire . Non si è potuto appurare quale sia lo stipendio degli impiegati ; ma un calcolo generale piuttosto largo , e ammesso come verosimile dalla società , ci fa ritenere che il costo complessivo ( retribuzioni ed oneri sociali ) sia , per ogni dipendente , di 2.200 lire per giornata lavorativa . Fa , in tutto , un onere mensile di 79.255.000lire , ed annuo di 951.060.000lire . Gli altri costi , eccedenti la mano d ' opera , non sono , naturalmente , resi noti , ma si possono valutare in non più del 35 per cento dei costi totali , che salgono così a 1.463.169.228 lire . Il calcolo si fa più difficile quando si tratti di mettere a confronto i costi di produzione con il ricavato . La Montecatini dichiara ufficialmente che la pirite si vende a 7 000 lire la tonnellata ; su questa base si deduce un ricavo annuo di 1.712.921 lire dalla sola miniera di Niccioleta ; ciò che dà un profitto che si aggira sul quarto di miliardo . Ma il fatto è che la Montecatini non vende la pirite , ma la utilizza nei suoi stessi stabilimenti , sì che il vero profitto si realizza solo alla fine del ciclo di produzione , nella vendita dei concimi chimici . Il prezzo serve solo per battere l ' eventuale concorrenza di altri produttori di pirite : è il caso della miniera del Giglio , che la Montecatini ha assorbito con quel sistema ; e la Marchi di Ravi , come la STIMA di Gerfalco ( che possiedono , del resto , le miniere più piccole ) reggono solo finché e come la Montecatini vuole . Che il profitto si realizzi solo alla fine del ciclo produttivo è confermato dall ' alto prezzo dei concimi chimici ( fino a 22mila lire il quintale ) e , di conseguenza , dallo scarso uso che ne fa l ' agricoltura italiana : 16 milioni di quintali annui contro una media europea di almeno 50 . Il profitto della Montecatini , a Niccioleta , non dovrebbe essere in realtà inferiore al triplo di quello qui calcolato sui dati ufficiali , ed in tutta la Maremma dovrebbe aggirarsi sui 2 miliardi annui . La miniera , in Maremma , ha preso dall ' agricoltura la mano d ' opera , e sull ' agricoltura preme per realizzare i suoi profitti . Sui minatori e sul loro modo di vita c ' è un altro pregiudizio , assai diffuso nel ceto piccolo borghese paesano e cittadino : lo abbiamo sentito ripetere , anche in buona fede , da oratori di vari partiti , durante l ' ultima campagna elettorale . I minatori sarebbero dei privilegiati , rispetto alle altre categorie di lavoratori maremmani : « Hanno persino la radio , la cucina economica e la " Lambretta " : Dunque ( e questa è la conclusione politica che se ne trae ) perché si lamentano , perché si agitano ? » . Ora , è indubbio che , rispetto all ' anteguerra , e con la potente spinta che seguì la liberazione , i minatori realizzarono grandi progressi : si rivalutarono i salari , e si ebbero , come si hanno oggi , punte che si avvicinano alle 70-75mila lire mensili . Va tenuto presente , però , che tali limiti massimi sono accessibili ad un esiguo drappello di cottimisti , che tiran fuori dal monte quantità di pirite superiori alla norma : un lavoro arduo ed estenuante . I salari fondamentali , che son poi quelli della maggioranza , parlano chiaro : il privilegio non c ' è . C ' è invece il rischio , ed il peso di un lavoro professionalmente assai pericoloso . Gli incidenti non mancano in nessuna miniera , e nel caso della pirite è presente un altro pericolo , quello della silicosi , che attacca immancabilmente tutti gli operai interni . La perforazione delle pareti di « piastra » , cioè degli scisti permici che separano i filoni di pirite , provoca un sottile e denso pulviscolo che , respirato , attacca meccanicamente i polmoni ( lei minatori , provocando irritazione e traumi : conseguenza collaterale , la tubercolosi . La capacità respiratoria ne risulta diminuita ( una percentuale ciel 35 per cento dà diritto alla pensione ) . L ' uso della maschera può attenuarne gli effetti , ma non può impedire il passaggio dei granelli silicei di più minute proporzioni , uno o due micron , che son poi i più pericolosi . Una statistica del settembre 1953 ci dà , fra i tbc del Sanatorio di Grosseto , una percentuale di minatori variante dal 18 al 25 per cento . Si può dire , semmai , che in Maremma il minatore è l ' operaio più moderno ( e la sua retribuzione è quindi superiore a quella dell ' operaio tradizionale , il bracciante ) più evoluto e più combattivo . Staccato a forza dall ' agricoltura , abbandona necessariamente la tipica mentalità del contadino toscano , che ancora permane , in qualche misura , fra gli operai più anziani , e trascina con sé nella lotta anche alcuni gruppi di tecnici . Ecco una ultima serie di cifre . Si tratta dei risultati nella elezione della commissione interna ( sempre nel 1953 ) : su 1168 voti validi degli operai , 887 ( con 7 seggi in commissione ) sono andati alla CGIL , 284 alla UIL ( 2 seggi ) ; su 49 voti validi dei tecnici , 34 alla CGIL , e 15 alla UIL ; su 17 voti validi degli impiegati amministratori , 17 alla UIL ( la CGIL non ha presentato la lista ) . Ed è anche ovvio che un mutamento nel modo di vita si sta in effetti realizzando : se i più anziani non conoscono altra « cultura » che non sia il bicchiere di vino all ' osteria e la partita a briscola , i giovani cercano di allargare il proprio interesse umano e sociale . La tanto deprecata « lambretta » , che agli occhi dei piccoli borghesi rappresenta lo scandalo maggiore , è in fondo una innocente evasione dalla bettola , dall ' abbruttimento ( anch ' esso scandaloso , per la gente per bene ) . Ma dove c ' è maggior coesione , e dove son possibili rapporti umani con i ceti più evoluti , ecco sorgere biblioteche , circoli del cinema , iniziative di carattere culturale . La Montecatini se n ' è accorta , e dal canto suo organizza i suoi circoli , peraltro riservati a dirigenti ed a impiegati . A Massa Marittima , una antica cittadina piena di tesori d ' arte medievale , e che oggi è in certo senso la capitale della Maremma mineraria , gli operai hanno realizzato concreti e solidi rapporti di alleanza con certi gruppi di intellettuali . Il loro circolo ha un ' attiva e ben fornita bibliotechina , e gestisce anche il maggior cinema cittadino . Spesso organizzano conferenze , letture , dibattiti culturali . Il responsabile del circolo , che è un giovane universitario , mi mostra orgoglioso le statistiche delle letture : in testa è Vasco Pratolini , che lo scorso anno venne quassù di persona , per parlare del suo lavoro . Ora che è uscito il film di Lizzani sulle Cronache di poveri amanti , il circolo minatori intende farne una presentazione di gala , invitando il regista e gli attori . Dopo tutto , chissà che a qualcuno non venga in mente di girare un film proprio in quest ' ambiente ?
LANA E SILENZIO ( Bianciardi Luciano , 1954 )
StampaPeriodica ,
Valdagno , aprile - Il palazzotto dei conti di Valdagno è una moderna costruzione massiccia di pietra biancastra , con due avancorpi che sporgono e fan pensare a torri d ' angolo rimaste incomplete , ed una decorazione di falsi merli . Grandi alberi verdi chiudono la corte silenziosa , dove si intravedono due grossi cani che si disputano un osso ed a tratti la divisa di tela coloniale di una guardia giurata . Gira tutto intorno un alto muro , rotto a tratti da cancelli chiusi . Il castello si leva sulla cima di una breve collinetta , che domina il grigio complesso degli stabilimenti , e la cittadina , distesa sulle rive dell ' Agno , un torrentaccio sassoso che percorre tutta la vallata , per gettarsi da sinistra nel Bacchiglione . Valdagno deve il suo nome alla posizione centrale in questa lunga vallata verde , chiusa in fondo alla mole grigia del Pasubio . Sulla destra c ' è il paese vecchio , sulla sinistra la cittadina nuova , tutta lucida , pulita ed anonima . Si chiama Valdagno Nuova : qui sorgono i grossi edifici che capitano le istituzioni sociali di Marzotto , le scuole , tutte intestate a V.E. Marzotto ( fa eccezione il Liceo Classico , che , grazie alle celebrazioni di un centenario , ha avuto in sorte il nome del Trissino ) , lo stadio dei fiori , la tenuta « Favorita » , la grande piazza chiusa in fondo dal cinema Rivoli , di cui scintilla al sole l ' immensa facciata di maiolica verde . Un vento freddo che vien giù dalle piccole Dolomiti infila le strade ed il lungofiume , deserti . I locali pubblici sono vuoti : il vasto salone del circolo ENAL è pieno di tavoli e di poltroncine nichelate , disposte in bell ' ordine geometrico , ma non c ' è nessuno a sedere . Due operai in un angolo , giocano silenziosamente a carte . Di sopra c ' è la palestra e la piscina coperta , da qualche tempo chiusa , e forse per sempre . Un giovane negoziante mi spiega che nessuno la frequenta mai , che con gli incassi non recuperavano nemmeno un decimo delle spese per riscaldare l ' acqua , e perciò han deciso di chiuderla . Anche lo spazio delle bocce è deserto . B mezzogiorno di domenica , ed a Valdagno nuova non si vede nessuno . Da qualsiasi parte il visitatore giunga a Valdagno , non mancherà di scontrarsi con l ' onda circolare del mito dei Marzotto : i loro stabilimenti , le loro previdenze sociali , l ' impresa agricola di Portogruaro , la squadra di calcio in serie D , le rendite immense . La scuderia di macchine da corsa , il premio letterario , gli alberghi Jolly , i saponi di bellezza , l ' alta dichiarazione di redditi , il figlio più giovane che danza con la Pampanini . L ' onda del mito qualche volta ci arriva anche riflessa , ed ecco infatti cosa scrive su di un numero di Le Monde ( 4 novembre '53 ) Marcel Chaminade : « Tutto è chiaro e pulito , immacolato , come un giocattolo nuovo appena tirato fuori dalla scatola . Un giocattolo nuovo , appunto , che non diverte nessuno . Questa cittadina lucida , anonima e triste ci sembra di conoscerla già , di averla letta da qualche parte : ecco , pare una cittadina sovietica , conce la descriverebbe un " liberale di sinistra " . La fortuna di Marzotto cominciò più di cento anni or sono , nel 1838 , quando il fondatore , nonno ed omonimo dell ' attuale conte di Valdagno , mise su una piccola fabbrica di 12 operai , con un capitale di 2.000 lire ; a quel tempo Valdagno era un paesino di 3.000 abitanti . Quarant ' anni dopo la popolazione era raddoppiata , e gli operai erano saliti a 400 . Tre anni più tardi , nel 1879 , un altro stabilimento fu aperto nella frazione di Maglio , ed al principio del secolo l ' industria di Marzotto aveva già una consistenza notevole , con 1.700 operai , che salivano a 3.000 nel 1920 ed a 6.000 nel 1931 , quando si aprirono altri stabilimenti a Manerbio , Brugherio , Mortara . Finalmente , all ' inizio della seconda guerra mondiale , si aprivano anche le fabbriche di Brebbio e di Pisa . Oggi , Valdagno , con le vicine frazioni , è una cittadina di quasi trentamila abitanti , che lavorano tutti , direttamente o no , per i Marzotto . Gli stabilimenti producono diciassette chilometri di tessuti al giorno , impiegando oltre 7000 operai e 500 impiegati . Gli operai sono quasi tutti di recente origine contadina ; molti conservano una loro piccola proprietà al paese di provenienza , Cornedo , Castelgamberto , Trissino , Brogliano , Recoaro : quasi duemilacinquecento in tutto , che ogni giorno vengono al lavoro con il treno di Marzotto , o con gli autobus di Marzotto . Agli inizi del '52 la direzione mise in programma il licenziamento di 1500 operai : impianti più moderni consentivano la stessa produzione con 6.000 operai . I licenziamenti non si fecero , ma in cambio oggi metà del personale lavora ad orario ridotto , 4 o 6 ore : sono i reparti di filatura , cardatura , pettinatura , mentre i tessitori lavorano a pieno regime , anzi , hanno turni quotidiani di nove ore . Il lavoro dei tessitori è pagato in ragione di 46,70 lire per ora , oltre la contingenza , purché sia raggiunta la norma giornaliera di 30mila battiti : sopra la norma si retribuisce il cottimo , sotto la norma si applicano multe . In complesso , lavorando a ritmo di cottimo , l ' operaio qualificato Lorenzo Griffani mi dice che raggiungeva , con moglie ed un figlio a carico , le 45.000 lire mensili . Il giovane Carpanini , che fa i il magazziniere , e che è stato campione veneto dei pesi piuma , mi mostra il foglio paga : mamma e sorella a carico , il totale è di 35.929 lire . Si tratta insomma dei minimi contrattuali . Diversa è la situazione degli impiegati , che si staccano nettamente dagli operai per una sorta di partecipazione agli utili , per mezzo di un premio mensile di produzione . Un impiegato amministrativo , diti categoria , riceve ogni mese circa 60mila lire , oltre al premio che si aggira sulle 15mila . Man mano che si sale nella scala gerarchica dell ' apparato burocratico , che è massiccio , e forse sproporzionato ( 500 impiegati , oltre a 200 guardie giurate ) crescono anche gli stipendi , in misura geometrica , e di conseguenza cresce anche il tono della vita e del costume . Gli impiegati di grado più alto ed i dirigenti di azienda hanno le loro villette , dai nomi esotici ( « Candia » , « Capri » , « Marocco » ) possiedono una macchina , frequentano locali riservati , si cimentano , ogni domenica , nel tiro a volo , in cima al monte Miravalle . Agli operai sono riservate le istituzioni sociali e ricreative , il maggior vanto sociale dei Marzotto . Alcune sono a Valdagno , come la maternità , l ' asilo nido , l ' orfanotrofio , la poliambulanza , la casa di riposo , il ricreatorio femminile , il circolo operaio , la scuola di musica , solfeggio , canto e giardinaggio ; altre sono in montagna , come la colonia alpina « Dolomiti » , od al mare come il villaggio di Fesolo . Grande posto si è fatto alle istituzioni sportive : la palestra , la squadra ciclistica , quella di hockey a rotelle , quella di pallacanestro , il circolo alpinistico , i campi di tennis , la sezione di scherma , il gruppo pugilistico , le due piscine per il nuoto ed i tuffi , le bocce ed il ping - pong . In complesso circa 400 giovani sono interessati a questa attività sportiva . Stranamente limitata è invece la piccola e disorganica biblioteca del CRAL : 4.100 volumi , in gran parte di inferiore od infima narrativa : una recente deliberazione consiliare l ' ha tolta al circolo operaio , per costituire il primo nucleo della Biblioteca Comunale , che si chiamerà , naturalmente , «V.E . Marzotto » . Tutto il complesso di attività sociali e ricreative ha avuto , nel '49-'50 , un bilancio di circa 120 milioni , coperti per due terzi dai rimborsi degli operai , per un terzo dalla direzione . Ogni operaio ha diritto ad un appartamento di quattro o cinque stanze , per cui paga 60.000 lire annue : il licenziamento provoca automaticamente , a distanza di quattro mesi , la rescissione del contratto d ' affitto . Su che cosa si fonda , in definitiva , il mito dei Marzotto , perché tale , ormai , lo possiamo considerare ? Marzotto ha potuto creare la sua industria , con i suoi metodi , in questa lontana valle del vicentino , quasi ai confini con il Trentino ; i suoi esperimenti in altre parti d ' Italia , per esempio in Toscana , hanno dato , e non poteva essere diversamente , risultati negativi . Ha potuto far questo in una provincia italiana storicamente assuefatta alla scarsa autonomia , ed alla soggezione , fosse quella dei Longobardi , dei Da Romano , di Padova , di Venezia , degli Asburgo . L ' infanzia della Controriforma , ed in generale del clero cattolico , si è fatta e si fa sentire in maniera determinante . Le crociate antiblasfeme che ancor oggi si organizzano con successo nel vicentino , sarebbero incomprensibili in altre parti d ' Italia . I cartelli che propongono di sostituire la bestemmia con espressioni foneticamente simili , ma innocue ( Orcocane , Sallustio , Sacripante ) farebbero ridere altrove : qui le prendon sul serio , pro o contro , quasi tutti . E Marzotto non a caso ha affidato a preti e monache la direzione dei suoi istituti sociali . A Valdagno si contano otto parrocchie , ciascuna con almeno tre sacerdoti . l ; arcipretura è una carica assai ambita , anche perché due ex arcipreti sono diventati vescovi a Reggio Emilia ed a Pordenone . La popolazione , come si è detto , è tutta di formazione contadina : ancor oggi si dice , fra gli operai , « andare a far opera » per significare « recarsi in fabbrica » : un ' espressione tolta di peso dal gergo della campagna . « Servo » e « serva » per « operaio « è di uso comune ; e per nulla offensivo . Non c ' è un tono di rimpianto in questa frase , che leggiamo in una pubblicazione ufficiale commemorativa : « L ' arte della lana aveva ottenuto dalla chiesa che i preti raccomandassero dall ' altare il lavoro bel fatto - pena - in caso contrario - un ' ammonizione , una seconda ammonizione e poi addirittura la scomunica , oltre a una multa da portare in chiesa , specialmente se s ' era commesso il reato di annaspare la matassa con più di un filo » . La corporazione della lana appunto : si tende , licenziando un operaio , a sostituirgli un altro membro della sua stessa famiglia , meglio se dell ' altro sesso : la percentuale delle donne supera già largamente la metà , e tende a crescere . Le donne , oltre che economicamente più utili , sono anche più facili a governare ; gli uomini è meglio che restino legati alla terra , a coltivare il poderetto . In seno alla corporazione si tende a creare la casta chiusa : in questo senso vogliono avere le alte retribuzioni degli impiegati , ed i risultati finora raggiunti , cioè l ' isolamento rispetto agli operai , ne sono una conferma . Nell ' interno della categoria si mira a diffondere uno spirito particolare . La direzione ha redatto una sorta di vademecum dell ' impiegata modello , con una serie di consigli , seguiti da un quiz sul quale l ' impiegata può controllare il suo grado di perfezione , e cercare di elevarlo : « Se non ti senti di farlo non elogiare il tuo superiore , perché noi qui non ti si dice di essere ipocrita ; ma se ricorderai che gli elogi schietti fanno sempre piacere a tutti , non lascerai occasione favorevole per parlare bene di lui » . E più avanti : « Se devi rispondere al telefono ricordati che in quel momento tu sei la voce della ditta e quindi devi dare ad essa la massima musicalità » . La norma che riguarda il parlare al telefono è seguita da un ' altra , che raccomanda il silenzio : « Una buona norma per vivere tranquilla è tacere . Taci sui tuoi dispiaceri personali , sui pettegolezzi d ' ufficio e non di ufficio . TACI PRINCIPALMENTE sui segreti del tuo lavoro . Se vieni a conoscenza di qualche notizia o di qualche rapporto confidenziale non divulgarlo . Questa è una buona norma per far carriera e per farsi benvolere » . L ' opuscolo è dedicato « a tutte le impiegate d ' Italia » che desiderano « far carriera e guadagnare » . È l ' unica vera forma di cultura che Marzotto riesca ad elaborare . Del premio letterario che è una manifestazione grossolana , mastoide e culturalmente insignificante , anche se ben dotata di milioni , gli operai non hanno avuto tempo e modo di occuparsi . Ricordano appena che quella sera , sulla piazza principale , c ' erano molte macchine in più e che a notte alta arrivò Alida Valli . Mettere Marzotto sulla stessa linea di Olivetti o di Pellizzari sarebbe un grave errore d ' impostazione . Sugli operai si agisce fomentando un facile campanilismo . Le imprese sociali son quasi tutte ristrette alla valle dell ' Agro , e son tutte di chiaro intento propagandistico : la squadra di calcio che gioca in serie il è ciò che entusiasma i tifosi valdagnesi , e si realizzano infatti incassi da grande città . Quando c ' è la partita con la squadra di Vicenza , comperata di recente dalle lane Rossi , un ' industria concorrente , alla normale onda di tifo della provincia contro il capoluogo si accavallano motivi di rivalità industriale . La fortuna politica di uno dei Marzotto , recentemente eletto alla Camera , si fonda anche su questo : « Se Marzotto non vince , porta via gli stabilimenti » . La campagna fu condotta in maniera che è rimasta proverbiale , a base di fiaschi di vino , pacchetti di sigarette , e democratiche manate sulle spalle . Tutto il resto è magnificenza , che sta fra il fasto di una corte rinascimentale e gli hobbies di un industriale americaneggiante ; chi ritiene che , con la candidatura del figlio Vittorio , il vecchio conte abbia voluto crearsi una piattaforma per sostenere la sua politica industriale , probabilmente sbaglia . Marzotto , che riceve normalmente in casa sua onorevoli , ministri , alti prelati , e persino il presidente della Repubblica , ha ben altre maniglie a portata di mano . La realtà è che il conte ha aspirato invano , per anni , durante e dopo il fascismo , al laticlavio : non ottenendolo , la presenza alla Camera di uno dei figli lo compensa in qualche modo della sua assenza fra i padri coscritti . Anche le prodezze automobilistiche di Giannino , che han scandalizzato la ben pensante borghesia vicentina , a conti fatti sono una forma di magnificenza che si traduce in mito , ed in tanta efficace pubblicità . Un giovane intellettuale di Valdagno , che è consigliere comunale di parte socialdemocratica , mi dice che i bilanci del comune son sempre in sospeso perché non si sa quanto pagherà il maggior contribuente : il conte infatti non riceve , come tutti i cittadini , la normale cartella delle imposte , compilata dall ' ufficio . Lui stesso stabilisce quanto darà ; ed ogni anno aggiunge , munificamente , un regalo extra , per far la scuola nuova , od illuminare una strada . La lotta politica a Valdagno è scialba , ed in pratica i partiti politici , eccettuato quello comunista , che è un gruppo piuttosto piccolo , ma abbastanza attivo , non esistono . La Democrazia cristiana ha il suo punto di forza nell ' azione delle parrocchie : ottenne più di 10mila voti nel '45 , ma il 7 giugno se li vide dimezzare dalla concorrenza dei liberali , e cioè da Marzotto , la cui presenza nella campagna elettorale determinò anche lo sfasciamento dei socialdemocratici , che puntarono nelle amministrative del '51 e avevano avuto più di 3.000 suffragi , e si son ridotti a prenderne 162 . I 5.370 voti di Marzotto sono chiaramente voti padronali ; il Blocco Nazionale , infatti , non ottenne , il 18 aprile , più di 200 voti . I partiti di sinistra hanno ottenuto circa duemila voti , quattrocento in più rispetto al 18 aprile . Ed ecco la situazione sindacale . Nelle ultime elezioni , per la Commissione Interna , si sono avuti 5.605 votanti ( altissimo perciò il numero degli astenuti ) e 4.989 voti validi ( 260 schede nulle e 356 bianche ) . La CISL ha raccolto 2205 voti ; 1941 sono andati alla FIOT ( aderente alla CGIL ) : 343 ad una lista indipendente , chiaramente sostenuta dalla direzione ; per la prima volta , e solo nella sezione elettorale di Valdagno , ha fatto capolino la lista fascista della CISNAL , ottenendo 305 voti . I seggi in Commissione Interna sono così divisi : 10 alla CISL , 9 alla CGIL , 2 agli indipendenti ed 1 alla CISNAL . La lista indipendente , come era da prevedersi , ha avuto largo successo ( quasi la maggioranza ) fra gli impiegati . I poteri della Commissione Interna , come sta accadendo in quasi tutte le industrie italiane , si van restringendo : uno dei membri della vecchia CI , l ' operaio specializzato Lorenzo Griffani , è stato sospeso di recente per aver attaccato la direzione sudi un foglio di partito . Aspetta il licenziamento . Manca qualsiasi forma di direzione operaia nelle istituzioni sociali e ricreative ; al Circolo ENAL non elegge un comitato direttivo sin dal 1945 ed a conti fatti è questa la ragione per cui gli operai non si divertono con il giocattolo n uovo di papà Marzotto . A mano a mano che diventano maggiorenni , decidono di scegliere da sé i loro divertimenti e tutta la loro vita .
IRA E LACRIME A RIBOLLA ( Bianciardi Luciano , 1954 )
StampaPeriodica ,
Sono arrivato a Ribolla la mattina del 4 maggio alle undici . Due ore e mezza dopo la esplosione questo triste villaggio di minatori stenta ancora a credere . Per le strade si aggira una folla stordita , che si muove incerta qua e là , muta , senza saper che fare , dove andare . Non è facile capire quel che realmente è successo . Una piccola folla di donne si accalca dinanzi al cancello dell ' infermeria , ne esce un ' auto con a bordo un uomo svenuto , la testa reclinata sui cuscini : ma non è un ferito . Faceva parte delle prime squadre di soccorso , quelle che son calate giù all ' improvviso , senza mezzi di protezione , e dopo mezz ' ora son tornati fuori così , bianchi come cenci . Carabinieri , poliziotti , guardie giurate cercano di trattenere la gente , che man mano cresce e preme : è stata la prima cura della direzione , quella dell ' ordine pubblico . L ' allarme è venuto solo dopo le undici , e fino ad allora negli altri pozzi si è lavorato , come tutti i giorni . E quasi l ' una quando arrivano i respiratori dei vigili del fuoco , e si organizza il soccorso . Dalla lampisteria un altoparlante chiama a raccolta volontari , e la risposta è immediata : anche dalle altre miniere vengono giù con gli autocarri . Sfila , inquadrato , un gruppo di operai di Niccioleta : scenderanno fra poco , mi dice in fretta uno di loro . Ai pozzi si giunge per un viottolo tortuoso e pieno di fango , che a tratti traversa un campo di grano , e poi costeggia i binari dei décauville , i mucchi di detriti di miniera , dominati dalle alte impalcature scure degli ascensori . Questo è il « Raffo » , ad un chilometro in linea d ' aria si vede il « Camorra » . Qui si lavora febbrilmente : vibrano le corde d ' acciaio , ronzando , calano giù legname da armatura , tubi di aerazione , ed uomini . La gente sta a guardare in silenzio , un gruppo di donne , in piedi su di un greppo , attende . Un maresciallo dei carabinieri vuoi far sgombrare , alza la voce , ma nessuno lo ascolta . Lì accanto si vede un gran cartello giallo , ammonisce che è vietato scendere in miniera senza i pantaloni lunghi e la maglietta « almeno con le mezze maniche » . Un giovane ingegnere del Distretto Minerario è venuto su da Grosseto : gli hanno dato una tuta blu , le scarpe grosse da minatore , l ' elmetto di materia plastica , tutta roba nuova , con ancora le pieghe della stiratura sui pantaloni . Così , e con gli occhiali , è goffo e impacciato . C ' è anche il medico della miniera , con un largo mantello impermeabile , di tela cerata , e gli infermieri accanto all ' ambulanza , pronta , con lo sportellone aperto e la barella lì per terra . Quando suona il campanello dell ' arganista il silenzio si fa ancora più grave , perché vuoi dire che arriva la gabbia . La gabbia , affiorando , sferraglia contro le guide di acciaio e si blocca : ne scende un ragazzo , pallido in volto pur sotto la maschera di polvere nera , qualcuno gli si fa incontro , vuoi sapere cosa succede laggiù , ma la guardia della Montecatini lo afferra sotto il braccio e lo trascina , barcollante , dentro la cabina dell ' arganista , e grida : « Via , via ! » . Ma la voce si è già sparsa , arrivano tre corpi . Gli infermieri si avvicinano alla bocca del pozzo brandendo tre coperte di tipo militare . Il medico dà ordini a bassa voce . Appena la gabbia affiora di nuovo si fanno avanti , coprono qualcosa , è un cadavere , e lo trascinano come un sacco sulla barella . Riesco a vedere appena uno scarpone , uno solo . Dicono che al « Raffo » ne han tirati fuori altri quattro . Quando torno in paese si è scatenata l ' onda del terrore , e le donne son scese in strada , così come si trovavano , con quattro stracci addosso : urlano davanti alla saracinesca abbassata del garage , dove trasportano i cadaveri , man mano che li trovano . Due poliziotti , a tratti , alzano quanto basta perché entri un uomo , una barella . Un vecchio cammina avanti e indietro gridando solo una bestemmia , sempre quella . Fa : « Dio - lùpo , diolùpo , diolùpo » . Il lutto sul viso di tutti : amici , incontrandosi , appena si salutano con un cenno del capo . È arrivato il procuratore della Repubblica , con il giudice istruttore . Gli operai più anziani gli si fanno incontro per raccontare : « L ' avevamo detto tante volte , che doveva succedere , ed è successo » . Un vecchio parla di tempi passati : « Ci s ' aveva i nostri lavori belli comodi , freschi . Si stava tanto bene » . Vuoi dire gli anni della guerra . Cominciano ad arrivare i giornalisti , con le macchine fotografiche : erano nella zona per « Italic Sky » , le manovre di sbarco della NATO , ed hanno i rotolini già per metà impressionati coi reattori , i marines , i generali : chissà se qui in paese troveranno altra pellicola ? A tarda sera arrivano le autorità , visibilmente preoccupate per la grossa grana . Arriva anche il ministro Vigorelli : entra in direzione , fa dichiarazioni di cordoglio ai giornalisti e conclude promettendo « contribuzioni straordinarie e immediate varianti dalle 60 alle 100 mila lire . Naturalmente ciò non incide per niente sul trattamento previdenziale dell ' INAIL che resta invariato » . Dirige i lavori , giù ai pozzi , l ' ing. Carli , con il capo - servizio Marcon . Non si è ancora visto il direttore della miniera : dicono che è ammalato , che è a Milano , che è a Roma . Non si è visto il dott. Riccardi , capo dei servizi assistenziali . Un anno fa , al « Camorra » , arrestarono 45 operai che si erano calati giù e non volevano uscire , per protesta contro un ' ondata di licenziamenti . Riccardi , allora , al « Camorra » , diresse la polizia : volle che dal pozzo gli operai uscissero ammanettati , « per dare l ' esempio » . A notte comincia a piovere , e l ' alba si leva più livida e grigia su Ribolla . Giù ai pozzi han lavorato tutta la notte ed il numero dei cadaveri , nel garage , va crescendo ora per ora . Dopo l ' identificazione li incassano e li portano nel cinema . Son salito in galleria con Antonio Palandri , segretario della Federazione Minatori . Palandri è stato minatore , e qui lo conoscono tutti . Per le scale incontriamo una donna , quando lo vede si mette a piangere e lo abbraccia : « Le nostre lotte , Tonino , le nostre lotte » . Di quassù si vede tutta la sala : sotto lo schermo han montato un altarino , con due candele e un crocifisso , ai lati tutte bandiere rosse . Sopra ogni bara c ' è un mazzo di fiori , e l ' elmetto del minatore ucciso : si direbbe un manipolo di soldati , e forse è davvero così . Il dolore è più composto , qua dentro . Una sposa meridionale sfoga la sua pena con un lungo lamento ritmico , nel quale ricorda le virtù del suo uomo e gli chiede perdono di qualcosa . Quanti modi di piangere a Ribolla ! Una vecchia maremmana sta immobile , con gli occhi arrossati fissi nel vuoto . E sopra , accanto a noi , si addensa tutta la gente di Ravi , di Caldana , di Tatti , di Sassofortino , di Roccatederighi , di Roccastrada , di Montemassi , questi scuri paesi aggrappati alla vetta dei colli circostanti . Di là ogni mattina scendevano per il lavoro questi che son morti . Alla porta fan servizio d ' ordine i minatori , la polizia non c ' è più . Un telegramma del sindaco ha invitato i rappresentanti dei partiti politici , delle organizzazioni sindacali , di vari enti , per costituire un comitato che provveda alle onoranze . Infatti , a sera , arrivano quattro ragazzi : « Dicci » , dicono , « ACLI , CISL , PRI » . Il ragazzo del un giovane avvocato , spiega che i « saragattiani » non son venuti perché forse , a quell ' ora , in federazione non c ' era nessuno . Ha visto l ' avviso del telegramma infilato sotto la porta . Alle onoranze non parteciperà la Montecatini . La società offre « assegni assistenziali » di 500mila lire e di un milione , « secondo i relativi carichi familiari » . Comunica ai giornalisti che le spese dei funerali saranno a suo carico , « secondo una vecchia tradizione » . Ma il governo ha già comunicato che sarà lo Stato a pagare queste spese . Intanto si cominciano a vedere i manifesti listati a lutto : su quello dei repubblicani si legge : « Ancora una volta , nel crudo , necessario , eterno dialogo dell ' Uomo con la Materia , gli oscuri avamposti della insonne fatica son caduti nel puro silenzio dei martiri » . La mattina dei funerali è comparso il sole . La folla delle bandiere , le auto , i fiori , si vanno ammassando per le esequie . Riconosco la voce dell ' altoparlante che dirige ogni spostamento . E Ivo Tocco . Dice , a un certo punto : « I carabinieri tengano sgombro il marciapiede . Si presenti subito un commissario di Pubblica Sicurezza » . Ivo Tocco è un giovane funzionario comunista . Fa caldo , su questa collinetta di detriti della miniera : qua e là il terreno fuma , perché le scorie di minerale , al contatto con l ' aria , si incendiano . Alle spalle , là dietro si vede lontanissimo , il pozzo « Camorra » , davanti c ' è Montemassi . Stamani , venendo su , ho incontrato Bandinelli ! Mi ricordo che a Siena , una volta , Bandinelli parlava a una riunione in palazzo comunale , nella sala dove c ' è l ' affresco di Simone Martini , quello famoso di Guidoriccio da Fogliano che si reca all ' assedio di Montemassi . Mi chiedo perché sto pensando a queste cose . Le parole accorate di Di Vittorio calano sulla gran folla , e mi pare giusto che sia un contadino pugliese a parlare ai minatori maremmani . Non vogliono far parlare Viglianesi . Qua , per i minatori , l ' un , è il sindacato della Montecatini , e la Montecatini non è ai funerali . Nessuno , nemmeno le guardie giurate , ha voluto portare le sue corone . La direzione è presidiata dai carabinieri . Poi la cerimonia si scioglie : le bare partono con i furgoni , seguiti dalle auto piene di donne vestite di nero . La gente se ne va , in una grande confusione di grida , clacson , motori . Le auto nere targate Roma e Milano entrano nei cancelli della direzione : ne scendono industriali , prelati , ministri , sindacalisti liberi . Si torna alla normalità : partono i carabinieri ed arriva la « celere » . Mi trovo solo a girare per le strade polverose , e non riesco a credere che sia proprio tutto finito e che non ci sia niente da fare .
SCIOPERO A SESTO SAN GIOVANNI ( Bianciardi Luciano , 1954 )
StampaPeriodica ,
MILANO , giugno - Sono stati lieti , quasi festosi i giorni di Sesto San Giovanni . L ' annuncio dello sciopero è giunto come una notizia attesa come la conferma di una determinazione che era già maturata negli operai : ne parlavano a voce alta nei loro circoli a pranzo , per strada , nella sala d ' aspetto della stazione e sul marciapiede mentre aspettavano il treno . Si affollavano intorno a noi : gli operai ed i loro dirigenti politici e sindacali sapevano di avere di fronte i « giornalisti di Roma » e volevano che riportassimo a casa , con le notizie , una buona impressione di Sesto San Giovanni . La mattina dello sciopero erano tutti al loro posto di agitazione , durante la notte pochi avevano potuto dormire , perché in poche ore avevano dovuto organizzare i picchetti , stampare i manifesti , fare le scritte . Ma erano contenti : facevano siepe dinnanzi all ' ingresso degli stabilimenti , fronteggiati dallo schieramento della polizia . Non ci furono incidenti : anche per i crumiri sparuti e visibilmente convinti di star facendo una cattiva figura , ci furono solo lunghi , pazienti discorsi , ed appena qualche lazzo . « Venduti , cornuti e sordomuti » gridavano a tratti , e cioè incapaci di sentire e di giustificarsi . Volevano chiarire alcune cose , anche a noi : il ridicolo degli aumenti accettati dai sindacati scissionisti , la grave provocazione politica contenuta nell ' accordo « truffa » , il fatto che l ' accordo si firmasse a Milano , l ' ignobile connubio con i fascisti della CISNAL . « Quel di Loreto » , diceva un vecchio operaio . E per tutto il giorno fu un febbrile spandersi di notizie , un accorrere di staffette improvvisate che venivano al « rondò » da ogni parte di Sesto , dalla Breda , dai Magneti , dalla Ercole Marelli , dalla Falk : i dirigenti raccoglievano le notizie , i dati percentuali ( uno di loro manovrava rapidamente un regolo calcolatore ) e ce ne spiegavano il significato in termini definitivi . Il loro linguaggio , rigidamente politico , e che in altra situazione avrebbe anche potuto apparire schematico , pareva qui perfettamente giustificato . E un linguaggio sorto da questi luoghi , un linguaggio carico di storia . Un secolo fa , Sesto era ancora un borgo di campagna , buono per la villeggiatura della borghesia milanese : il clima era mite , « il beato di Sesto aer sereno » che piacque al Monti ( oggi è diverso , vi domina l ' afa caliginosa di tutti i centri industriali ) . Anche i più giovani ricordano i tempi del tram a cavalli , che proprio qui davanti faceva un largo giro , per rientrare a Milano : ne è rimasta traccia nel nome di questa piazza , che ancor oggi si chiama « rondò » . Il primo inizio dell ' attività industriale è del 1840 , con le filande dei Puricelli Guerra e dei Gaslini . Ma è stato nel ventennio , con due guerre mondiali e l ' autarchia , che Sesto si è enormemente accresciuta : dai 4189 abitanti del 1861 siamo oggi a quasi 50mila : il terzo comune di tutta la provincia , dopo Milano e Monza , più di duemilasettecento abitanti per chilometro quadrato . In quel periodo si formò la fortuna dei Falk , una famiglia di ingegneri tedeschi , sagaci organizzatori di matrimoni a sfondo industriale , dei Breda e dei Marelli . Ercole Marelli si chiama una delle vie cittadine . Le maestranze impiegate raggiunsero persino le 40 mila unità , prima della smobilitazione della Breda : a quel tempo , cioè negli anni successivi al '47 , ci fu una lotta assai dura , di cui restano palesi tracce nelle grandi scritte che ancora restano sui muri : incitano gli operai a salvare la Breda , e con essa l ' economia lombarda . Ne furono licenziati l0mila , che oggi si son riversati nell ' edilizia , o sono stati riassunti a termine ( veri contratti capestro ) o son finiti nella miseranda schiera dei venditori ambulanti e nel declassamento . Ne abbiamo conosciuto uno , un ragazzo della Breda , che ha fatto un po ' tutti i mestieri , ed ora è finito male ; ma lo racconta con una residua fierezza , né diserta il suo circolo , e partecipa moralmente allo sciopero . Gli operai di Sesto son oggi 30 000 circa , di cui seimila donne . Di essi 6946 lavorano alla Falk , che oggi è il complesso più forte , e non solo numericamente . 6700 alla Breda , 5200 alla Ercole Marelli , 4800 alla Magneti . Gli altri son distribuiti nelle fabbriche minori ( minori solo per modo di dire , perché spesso superano i duemila dipendenti , cioè alla OSVA , alla Pirelli , ecc . ) . Non tutti gli operai abitano a Sesto : alla fine del turno prendono il treno per Milano , per Monza , e addirittura per i paesi del Cremasco , del Bergamasco , della Brianza , vanno a Brugherio , Usmate , Agrate . I brianzoli sono gli operai più recenti , quasi tutti ex contadini , e si distinguono facilmente dagli altri , non solo per il loro dialetto cupo ed incomprensibile , ma anche per una sostanziale differenza nell ' aspetto fisico , nel modo di vestire , di muoversi , di gestire . Lavorano quasi tutti alla Falk , nel reparto siderurgico . La Falk infatti ha un ciclo di lavorazione completo , dalla siderurgia alla metallurgia , e produce ghisa , ferro , acciaio , laminati . La Breda ha quattro reparti distinti , anche nella produzione : macchine elettriche il primo , materiale ferroviario il secondo ; il terzo , che si chiama eufemisticamente sezione fucina , è in realtà di produzione bellica , soprattutto proiettili da cannone , mentre il quarto è un reparto siderurgico . Apparecchi elettrici ed elettrodomestici si producono nei due stabilimenti Marelli . Le paghe medie degli operai di Sesto superano spesso quelle di altre maestranze . Un operaio di medio livello , con moglie e due figli , riceve oggi 735 007 lire annue ( nel computo è compreso , oltre alla paga base , il caropane , la gratifica natalizia , gli assegni familiari , l ' indennità di mensa , insomma qualsiasi somma percepita a qualsiasi titolo ) . Confrontata con la paga del primo luglio 1938 , che era di 8095,20 questa ( l ' oggi appare rivalutata nella misura di 90,80 volte . Se alla paga sommiamo gli oneri sociali , troveremo che un operaio medio costa annualmente alla ditta 920 183 lire , contro le 9042 del 1938; la rivalutazione , in questo caso , è di 101,76 volte . Questa differenza di dieci punti significa che la rivalutazione dei salari non è stata congrua , rispetto alle richieste rivalutative degli enti statali di assistenza sociale . Ed ecco la situazione degli impiegati e dei tecnici ( complessivamente circa diecimila dipendenti , a Sesto ) : 13.283,30 lire nel 1938 contro 10.194,65 lire di oggi ( si parla sempre di impiegato medio con carico familiare tipico , cioè moglie e due figli ) . Il costo totale di un impiegato medio , compresi gli oneri sociali , è oggi di 1.297.092 lire , contro le 13.342,72 del 1938 . La rivalutazione degli stipendi si è fatta quindi nella misura di 75,75 volte , quella dei costi totali invece nella misura di 84,54 volte . Lo scarto fra l ' una e l ' altra rivalutazione rimane perciò costante ; ma in linea generale è chiaro che gli impiegati non hanno realizzato i progressi degli operai , e sono proporzionalmente trattati peggio . Ciò dipende dalla loro minore combattività e da un malinteso spirito di categoria , che li stacca spesso dalle lotte delle maestranze : le direzioni degli stabilimenti mirano a conservare e peggiorare questa situazione . Un recente viaggio « d ' istruzione » in America a cui hanno partecipato tecnici ed impiegati della Falk mirava proprio a questo . Questo va tenuto presente , se si vuol comprendere la situazione sindacale di Sesto . Su di essa influiscono numerosi e diversi elementi : l ' origine sociale delle maestranze , la provenienza geografica , il tipo della lavorazione . Diamo una scorsa ai risultati più recenti per la elezione della commissione interna . Cerchiamo di interpretarli : all ' osservatore astratto può forse sembrare strano che l ' UIL , sia quasi sempre assente dalla competizione elettorale per la CI . L ' opinione diffusa è che la socialdemocrazia milanese dovrebbe ottenere ben altri risultati ; ma è un ' opinione astratta . In realtà i voti che Saragat raccoglie nel milanese son voti di bottegai e di impiegati . Il padronato industriale punta sulla CISL , la quale ha alle sue spalle il peso della tradizione cattolica e dell ' appoggio del clero . Non a caso le percentuali più alte son quelle ottenute alla Falk , ed in particolare nei reparti siderurgici , che occupano prevalentemente maestranze della Brianza , cattoliche e di recente origine contadina . I dirigenti della Falk conoscono benissimo l ' importanza di queste cose , e perciò finanziano le parrocchie , ottenendo in cambio pubblici elogi dall ' altare , ogni domenica al momento del Vangelo . Per questo si son preoccupati di far giungere gratuitamente ad ogni operaio una copia di Nuovi martiri cristiani del Pisoni , insieme , naturalmente , a Ho scelto la libertà . La punta massima raggiunta dalla CISL la troviamo alla Falk Ge.Va . : una sigla che significa « servizi generali e vari » , cioè mensa , pulizia dei reparti , magazzinaggio ecc. È insomma il reparto più lontano dalla produzione , meno legato al ritmo del lavoro complessivo , quello che raccoglie in più larga misura raccomandati e confidenti del padrone . Nello schieramento padronale è alla Falk il punto più avanzato , quello su cui si concentra tutta la spinta organizzata di ogni genere di pressioni , della corruzione , della propaganda differenziata . Falk si pone più di ogni altro il problema dei cosiddetti human relations , e lo risolve da par suo : ha creato due villaggi operai , l ' Edison e il Diaz : può minacciare di sfratto gli operai che si rendano sgraditi . Ha organizzato un asilo infantile , di tipo montessoriano : l ' importanza di iniziative verso l ' infanzia non può sfuggire a nessuno , se si pensa che un sesto delle maestranze è costituito da donne . Svolge attività assistenziale e « culturale » , cioè gite , squadre sportive , qualche mostra di pittura . In genere i padroni non si pongono mai seriamente il problema di una vita culturale fra gli operai : la cultura , qualunque essa sia , è sempre in qualche modo rivoluzionaria . A detta di qualche operaio , oggi si fa meno , in quel settore , che sotto il fascismo . La mediocre leggenda della « Stalingrado d ' Italia » ( che , guardata da vicino , non significa assolutamente nulla ) è di elaborazione padronale , ed infatti si è diffusa attraverso la stampa milanese . Gli operai , in qualche misura , han commesso l ' ingenuità di accettarla . L ' azione repressiva si svolge in forme ormai consuete , nelle fabbriche italiane : c ' è il tempo di polizia ( « un reggimento » , dicono gli operai ) organizzato alla militare , con una bella divisa di panno blu ; si convocano le mogli degli operai per premere sui mariti , si punisce e si licenzia per aver propagato « notizie false e tendenziose » , cioè per aver criticato l ' opera delle direzioni . Si taralo firmare , specialmente alle donne , contratti contenenti clausole che impegnano a non partecipare a scioperi , o addirittura a non prendere marito . I Falk sono ormai specializzati , in questo tipo di attività . Per questo , in quei giorni lieti e quasi festosi di Sesto San Giovanni , le notizie che venivano dai cancelli della Falk erano le più attese : le percentuali furono buone sin dal mattino , ma crebbero nel pomeriggio e raggiunsero nell ' ultimo turno punte mai viste . Allora han fatto festa , perché i « falchetti » si eran comportati bene . Siamo rientrati a Milano con il treno : tram ed autobus crumiri passavano rari , tristi ed affollati , col fattorino scortato dalla polizia . Davanti al finestrino scorreva il duro paesaggio di Sesto , le alte muraglie plumbee , i massicci edifici degli stabilimenti , la lunga strada di Monza che taglia in due l ' abitato . È un luogo comune quello che fa di Sesto la periferia industriale di Milano . Forse era vero sino a qualche anno fa : Sesto è cresciuta a casaccio , case e fabbriche accavallate ai fianchi di un ' unica via congestionata di traffico ; la stazione ferroviaria è rimasta quella di un tempo , un casotto giallo , come di villaggio campagnolo . I diretti neppure si fermano , sferragliano fischiando tra le banchine affollate di operai in attesa . Ma qualcosa , e non solo dal punto di vista urbanistico , sta cambiando . Gli amministratori del comune vogliono far di Sesto una cittadina moderna , con una sua precisa fisionomia . Per questo hanno riorganizzato i servizi pubblici , le fognature e le strade , han costruito i marciapiedi ( e questa è stata una grossa novità per tutti ) hanno aperto al pubblico un bel parco verde , ed hanno acquistato la villa Zorn per farne un centro di riposo e di svago . A villa Zorn è ospitata la biblioteca di Sesto , che è una grata eccezione nel panorama generale delle biblioteche italiane ( istituti settecenteschi ancora , nella struttura e nel funzionamento ) . La biblioteca di Sesto , che ha appena tre anni di vita , è un centro di diffusione culturale , dove si tengono conferenze , discussioni , mostre di arte , scuole di pittura , audizioni musicali . Si potrebbe pensare che tutto questo non è poi di grande utilità , visto che la capitale lombarda è a dieci minuti di treno . Ma il bibliotecario , che è un giovane insegnante cattolico , spiega che è giusto ed indispensabile , invece , questo legame culturale degli operai ( e di tutti ) con la vita di Sesto , con il lavoro e la produzione di Sesto . Vogliono creare il centro civico , in una grande nuovissima piazza che farà centro intorno alla casa comunale e che si chiamerà « Piazza della Resistenza » . Stanno per ottenere dal Ministero dell ' Interno il titolo di città , e ne sono orgogliosi . In altra situazione sarebbe ovvio pensare ad una forma provinciale di campanilismo , ma Sesto è diverso . Un giovane funzionario comunista mi fa vedere la raccolta di un settimanale che un gruppo di operai fondò e diresse fino a qualche anno fa . È un foglio agile ed elegante , persino pretenzioso , forse . Sesto Rondò , e cioè vuol alludere sin dal titolo , ad un aspetto antico e tradizionale della vita sestese . Questo non è , ripetiamo , campanilismo o nostalgia assurda , oltre tutto , in uomini giovani e seriamente moderni come son questi . La verità è che Sesto conquista in questo modo la sua maturità , staccandosi , anche nel costume , dal feudo del capitale milanese : ora che si son fatti adulti i cittadini di Sesto vogliono essere tali . Non sono più di periferia di Milano .