StampaQuotidiana ,
«
Secondo
lei
uno
che
ha
sete
,
ma
sete
vera
,
che
cosa
beve
,
a
quest
'
ora
?
»
«
Un
whisky
con
molto
ghiaccio
,
e
due
schizzi
di
menta
»
«
Non
si
potrebbe
fare
l
'
inverso
,
una
menta
in
ghiaccio
con
due
schizzi
di
whisky
?
»
«
Non
si
può
.
La
menta
non
fa
base
»
.
Il
barista
Gianni
sorride
,
corretto
ma
inflessibile
.
E
,
interrogato
come
si
deve
,
dà
anche
la
spiegazione
.
Ogni
misura
di
bevande
(
in
inglese
cocktail
)
,
per
quanto
ampia
sia
la
scelta
lasciata
al
barista
,
non
può
evitare
certe
regole
di
ferro
,
anzitutto
la
regola
delle
basi
,
altrimenti
vien
fuori
un
guazzabuglio
senza
sapore
preciso
.
E
le
basi
sono
:
vermut
,
gin
,
cognac
,
whisky
.
Dolce
o
secco
,
forte
o
amabile
,
un
cocktail
deve
poggiarsi
su
uno
(
o
più
)
dei
quattro
elementi
.
Come
l
'
universo
di
Empedocle
.
Esempio
:
vermut
rosso
,
gin
,
bitter
in
parti
eguali
,
scorza
di
arancio
:
è
un
Negroni
.
Oppure
,
due
terzi
di
gin
,
uno
di
vermut
secco
,
appena
uno
schizzo
di
bitter
:
è
un
Cardinale
.
Un
terzo
di
vermut
,
due
di
scotch
,
una
goccia
di
angostura
,
ed
è
Manhattan
.
Il
nome
whisky
,
intanto
,
è
di
origine
gaelica
,
e
significa
,
più
o
meno
,
«
acqua
di
vita
»
.
La
stessa
cosa
vuol
dire
vodka
,
e
ovviamente
anche
il
nostro
«
acquavite
»
.
Una
volta
tanto
i
popoli
si
trovano
concordi
nel
riconoscere
i
benefici
effetti
dello
spirito
,
sia
di
vino
che
di
frumento
.
Per
whisky
appunto
s
'
intende
ogni
fermentato
di
cereali
.
Poi
cominciano
le
differenze
:
lo
scotch
(
scozzese
,
è
chiaro
)
esige
il
frumento
,
il
bourbon
(
americano
)
l
'
avena
,
il
rye
(
canadese
)
la
segale
.
La
qualità
dipende
dalla
stagionatura
,
cioè
dai
recipienti
e
dai
metodi
di
conservazione
.
Difficile
dire
quale
sia
la
miglior
marca
in
commercio
,
dipende
un
po
'
anche
dai
gusti
.
E
lui
,
Gianni
,
s
'
è
mai
provato
a
inventare
una
bevanda
?
Certo
,
ecco
la
prima
ricetta
:
Bacardi
,
vodka
,
curaçao
,
una
goccia
di
angostura
,
è
già
un
azzardo
fuor
delle
regole
canoniche
.
Si
chiama
«
Tiziana
»
.
Oppure
:
vermut
rosso
,
bitter
,
biancosarti
,
seltz
,
ovviamente
più
leggero
:
si
chiama
«
Alfreda
»
.
Il
perché
dei
modi
è
chiaro
:
Tiziana
(
Mischi
)
e
Alfreda
(
Zanega
)
sono
le
due
giovani
e
belle
signore
proprietarie
del
bar
e
dell
'
annessa
trattoria
.
Fino
a
qualche
tempo
fa
attrici
di
prosa
,
hanno
messo
su
bottega
da
un
mese
circa
.
Hanno
rilevato
una
bettola
in
via
Fiori
Chiari
,
hanno
ripulito
tutto
,
via
gli
intonachi
,
via
le
pitture
sul
legno
alle
pareti
,
allo
scoperto
la
colonna
centrale
di
granito
e
i
due
travi
e
l
'
arco
scempio
in
mattoni
,
hanno
rifatto
la
targa
che
dice
:
«
Bar
e
trattoria
dell
'
angolo
»
.
In
quel
punto
Fiori
Chiari
fa
angolo
con
via
Formentini
.
La
conduzione
è
familiare
:
le
due
signore
,
una
parente
che
cucina
,
due
garzoni
e
lui
,
Gianni
il
barista
,
che
è
anche
un
vecchio
amico
.
Lo
trovarono
in
un
bar
di
via
Pontaccio
,
sempre
da
quelle
parti
,
e
lo
convinsero
a
passare
nella
nuova
combinazione
.
Gianni
ha
venticinque
anni
e
da
nove
fa
il
barista
,
ma
non
è
sempre
stato
così
.
Cominciò
a
lavorare
giovanissimo
,
ha
fatto
,
fra
le
altre
cose
,
il
tipografo
,
il
falegname
e
l
'
operaio
in
una
fabbrica
di
giradischi
.
Prima
era
stato
quasi
sempre
in
collegio
,
e
anzi
ne
aveva
cambiati
quattro
,
non
per
suo
capriccio
,
ma
perché
scappava
,
e
ogni
volta
dovevano
chiuderlo
in
un
posto
nuovo
.
Di
quegli
anni
non
parla
molto
volentieri
.
Fra
i
motivi
di
questa
sua
irrequietezza
infantile
c
'
è
il
cognome
:
Gianni
infatti
si
chiama
Pizza
,
e
in
collegio
i
compagni
lo
tormentavano
per
quel
cognome
strano
.
Se
potesse
,
lo
cambierebbe
,
ma
in
fondo
può
anche
andare
così
:
i
clienti
lo
chiamano
Gianni
e
basta
,
come
succede
a
tutti
i
baristi
bravi
.
È
un
giovanotto
alto
e
magro
,
bruno
,
con
le
sopracciglia
folte
e
gli
occhi
neri
,
potrebbe
passare
per
meridionale
,
e
invece
la
madre
è
friulana
,
il
padre
lombardo
e
lui
si
considera
senz
'
altro
milanese
.
Come
sono
i
clienti
?
Quelli
della
zona
,
si
capisce
,
quelli
che
lavorano
o
bazzicano
dalle
parti
di
Brera
,
i
pittori
,
gli
scultori
,
i
giornalisti
,
qualche
industriale
e
qualche
bella
signora
che
ama
il
pittoresco
.
È
gente
che
sa
bere
,
sia
che
chieda
un
calice
di
bianco
,
sia
che
ordini
una
specialità
ignota
ai
più
.
Distingue
il
vino
dall
'
acqua
,
l
'
uva
dai
fichi
secchi
,
l
'
etichetta
nera
dalla
rossa
.
Gente
che
dà
soddisfazione
.
Un
esempio
:
i
più
qua
dentro
evitano
la
pletora
delle
bevande
gassate
e
dolciastre
,
e
chiedono
birra
,
birra
di
buona
marca
e
fresca
di
cantina
:
più
volte
,
nello
stesso
pomeriggio
,
gli
tocca
scendere
nella
cantina
,
che
a
poco
a
poco
attrezzeranno
come
si
deve
.
A
sera
,
insieme
ai
clienti
di
trattoria
(
piccione
con
funghi
e
cipolline
,
questa
la
specialità
da
assaggiare
)
capitano
i
bevitori
seri
,
quelli
corazzati
contro
la
sbronza
,
o
almeno
capaci
di
mascherarla
.
Gianni
potrebbe
scriverci
un
trattato
:
ci
sono
le
sbronze
tristi
e
quelle
allegre
,
le
malinconiche
e
le
violente
,
le
evocative
e
le
programmatiche
,
le
storiografiche
e
le
fantascientifiche
,
le
centripete
e
le
centrifughe
,
le
taciturne
e
le
verbose
.
A
mettere
un
registratore
dietro
lo
scaffale
delle
bottiglie
,
sarebbero
tanti
racconti
già
scritti
:
una
zona
della
letteratura
contemporanea
tuttora
ignota
dagli
storici
classificatori
per
«
generi
»
e
tuttora
inedita
.
Chissà
!
Anche
come
barista
Gianni
ha
cambiato
diversi
posti
,
e
ricorda
con
riconoscenza
il
principale
d
'
un
bar
di
via
Plinio
,
che
sapeva
il
fatto
suo
e
gli
ha
insegnato
non
poche
cose
,
diverse
piccole
raffinatezze
del
mestiere
.
Per
esempio
,
quando
si
prepara
il
Martini
,
anziché
strizzare
sul
gin
e
sul
vermut
la
scorza
del
limone
,
conviene
meglio
strofinarla
col
bastoncino
di
vetro
sul
fondo
del
bicchiere
,
e
poi
toglierla
con
un
gesto
preciso
:
più
pulito
e
il
risultato
è
migliore
.
E
ancora
:
lo
shaker
si
adopera
per
i
liquori
densi
,
oleosi
,
oppure
quando
occorre
aggiungere
zucchero
.
Per
i
liquidi
secchi
,
niente
shaker
,
ma
mixer
e
bastoncino
di
vetro
.
Lo
dice
anche
il
nome
:
nel
secondo
caso
si
mischia
,
nel
primo
si
sbatte
.
Oggi
i
baristi
buoni
son
molto
ricercati
,
perché
scarseggiano
.
Gianni
ha
avuto
una
buona
offerta
da
un
locale
del
centro
,
ma
qui
si
trova
bene
.
Come
paga
,
quella
sindacale
:
il
bar
è
di
terza
categoria
e
quindi
gli
spettano
,
più
o
meno
,
settantamila
lire
mensili
.
Poi
ci
sono
le
mance
,
che
il
cliente
magari
la
prima
volta
non
dà
,
ma
basta
servirlo
a
puntino
e
quello
,
che
è
un
intenditore
,
immancabilmente
ritorna
e
la
seconda
volta
lascia
di
sicuro
qualcosa
nel
piattino
,
anche
mille
lire
.
Per
ora
dorme
ancora
alla
pensione
di
via
Plinio
,
ma
siccome
le
signore
insieme
al
locale
hanno
affittato
cinque
stanze
al
piano
di
sopra
(
vi
si
accede
dal
pianterreno
per
una
scaletta
a
chiocciola
)
presto
avrà
una
camera
tutta
per
sé
,
là
sopra
:
casa
e
bottega
.
Cambierebbe
solo
a
un
patto
,
di
farsi
un
locale
tutto
suo
,
un
baretto
anche
piccolo
ma
ben
messo
,
specializzato
,
un
posto
dove
la
gente
venisse
non
per
«
bere
qualcosa
»
,
ma
per
gustare
una
bevanda
preferita
,
ben
precisa
ed
esatta
,
o
magari
per
lasciarsi
consigliare
da
lui
,
Gianni
,
barista
estroso
ma
di
fiducia
.
StampaQuotidiana ,
Aveva
cominciato
il
mestiere
da
poche
settimane
,
e
già
voleva
smettere
,
dopo
il
fattaccio
.
Eppure
non
fu
colpa
sua
,
il
cliente
che
gli
stava
sotto
il
rascio
s
'
era
messo
a
discutere
con
il
vicino
,
e
,
preso
dal
calore
del
discorso
,
a
un
tratto
voltò
la
faccia
bruscamente
,
lui
non
fu
pronto
a
staccare
il
ferro
,
e
la
guancia
cominciò
a
sanguinare
,
proprio
un
bel
sette
.
Santino
Trimarchi
non
se
l
'
è
ancora
scordato
.
Allora
aveva
diciassette
anni
:
perso
il
padre
in
guerra
,
non
c
'
erano
i
mezzi
,
dopo
i
tre
anni
delle
medie
,
per
continuare
gli
studi
,
e
così
accettò
un
posto
da
garzone
nella
barberia
del
suo
paesino
,
in
provincia
di
Messina
.
Il
padrone
e
il
cliente
stesso
lo
fecero
convinto
che
la
colpa
non
era
stata
sua
e
allora
rimase
.
Anzi
,
come
spesso
accade
ai
siciliani
giovani
e
poveri
,
decise
di
venirsene
al
Nord
,
e
più
a
Nord
di
così
,
in
Italia
,
non
poteva
andare
:
a
Bolzano
trovò
un
lavoro
in
un
reparto
militare
.
Esentato
dal
servizio
di
leva
perché
orfano
primogenito
,
la
sua
naja
fu
questa
:
rapare
le
reclute
,
sbarbare
soldati
e
sottufficiali
.
Di
questo
periodo
ha
un
bel
ricordo
,
specialmente
quando
il
reparto
andava
al
campo
estivo
,
per
esempio
sulla
Marmolada
.
Girando
per
i
paeselli
dell
'
Alto
Adige
,
a
volte
sforniti
di
«
salone
»
,
capitava
di
fare
qualche
barba
e
qualche
taglio
extra
:
gli
ufficiali
chiudevano
un
occhio
,
perché
a
rigore
sarebbe
stato
proibito
,
ma
Santino
si
era
guadagnata
la
stima
e
la
simpatia
di
tutti
.
Al
punto
che
ottenne
di
attrezzare
a
dovere
la
stanza
della
caserma
che
gli
serviva
da
bottega
.
Prima
c
'
erano
soltanto
uno
sgabello
e
una
mensola
,
ma
lui
ottenne
poltrona
,
specchio
e
scalda
-
acqua
,
insomma
poteva
fare
la
sua
figura
,
e
non
soltanto
sotto
la
naja
.
Portava
la
giacca
a
vento
dei
reparti
di
montagna
,
gli
avevano
trovato
un
par
di
calzoni
di
velluto
,
e
gli
scarponi
.
Vitto
e
alloggio
assicurati
,
soldi
forse
pochi
,
ma
un
ragazzo
sotto
i
vent
'
anni
cos
'
altro
può
pretendere
?
Poi
venne
a
Milano
,
e
da
allora
avrà
cambiato
due
,
tre
padroni
al
massimo
.
Adesso
lavora
in
un
negozio
d
'
un
quartiere
buono
in
zona
Magenta
,
poco
oltre
la
Fiera
,
verso
San
Siro
.
Ì
:
un
quartiere
alberato
e
alberoso
,
residenziale
,
con
molti
palazzi
nuovi
di
lusso
o
quasi
.
I
clienti
sono
persone
educate
e
distinte
,
qualcuno
addirittura
celebre
:
l
'
allenatore
dell
'
Inter
Herrera
,
che
abita
quasi
davanti
al
negozio
,
o
l
'
attore
Gino
Bramieri
,
che
sta
anche
lui
in
quella
casa
.
Ebbe
occasione
di
servire
,
una
volta
,
Mario
Sironi
,
il
pittore
.
Da
quelle
parti
c
'
è
anche
una
casa
di
dischi
,
e
ci
vanno
i
cantanti
a
incidere
,
così
può
accadere
che
in
negozio
capiti
Luciano
Virgili
,
o
Nicola
Arigliano
,
il
quale
visto
da
vicino
non
è
poi
così
brutto
come
vuole
la
leggenda
(
e
la
televisione
)
.
Sono
clienti
docili
,
non
fanno
mai
storie
,
accettano
dopo
il
taglio
sciampo
e
frizione
,
anzi
ormai
ci
sono
abituati
e
la
chiedono
da
sé
.
Con
Santino
lavora
un
altro
siciliano
,
Giovanni
Tomaselli
,
che
ormai
si
considera
milanese
,
tanto
più
che
tutti
lo
chiamano
,
alla
lombarda
,
Gianni
.
Il
sabato
e
la
domenica
viene
a
dare
una
mano
anche
il
signor
Peppino
,
un
barbiere
più
anziano
,
di
poca
salute
,
e
che
non
ce
la
fa
più
di
tanto
.
Il
padrone
invece
è
bergamasco
,
il
signor
Antonio
Clementi
,
e
ha
grande
stima
dei
suoi
lavoranti
.
No
non
è
detto
che
per
forza
debbano
essere
meridionali
i
lavoranti
in
gamba
,
ma
siccome
la
maggioranza
sono
loro
,
è
naturale
che
dalla
massa
emerga
prima
o
poi
il
buon
artigiano
,
e
persino
l
'
artista
.
Parlano
proprio
di
arte
alla
scuola
di
Foro
Buonaparte
,
anzi
all
'
Accademia
per
acconciature
maschili
,
che
Santino
ha
frequentato
con
profitto
,
e
continua
a
frequentare
insieme
a
Gianni
.
E
a
rigore
se
diciamo
«
barbiere
»
ormai
questa
è
un
'
inesattezza
,
perché
la
barba
è
l
'
ultima
cosa
che
si
fa
in
un
salone
.
I
rasoi
elettrici
ormai
permettono
a
tutti
di
radersi
con
poca
spesa
e
poca
perdita
di
tempo
,
anche
se
non
viene
fuori
una
guancia
liscia
come
col
rasoio
.
E
i
barbieri
dal
canto
loro
non
se
ne
lagnano
,
perché
una
barba
porta
via
almeno
un
quarto
d
'
ora
di
lavoro
e
le
duecentocinquanta
lire
della
tariffa
a
fatica
coprono
la
spesa
.
Meglio
dunque
specializzarsi
nel
taglio
,
a
fare
la
frizione
e
lo
sciampo
.
Perché
se
ne
son
fatti
di
progressi
in
quest
'
arte
(
diciamolo
pure
anche
noi
)
.
La
scuola
,
per
esempio
,
con
quattro
ore
settimanali
e
due
anni
di
corso
,
comincia
col
taglio
all
'
italiana
,
si
curano
soprattutto
le
basette
e
gli
sgarbi
(
cioè
lo
stacco
intorno
all
'
orecchio
fino
al
termine
della
sfumatura
)
.
Il
lavoro
è
di
forbici
e
pettine
.
Niente
macchinetta
:
la
macchinetta
è
un
'
invenzione
che
già
va
sparendo
,
almeno
nei
negozi
seri
,
al
massimo
serve
per
i
bambini
e
per
i
clienti
frettolosi
,
che
smaniano
sotto
la
mantiglia
(
a
Milano
non
si
dice
«
cappa
»
)
.
Poi
comincia
il
taglio
alla
francese
,
bombé
coi
capelli
tutti
pari
,
da
tre
a
cinquanta
centimetri
,
e
alla
fine
deve
risultare
una
testa
tonda
perfetta
.
In
questo
caso
interviene
anche
il
rasoio
:
è
il
cosiddetto
taglio
scolpito
.
Bisogna
infatti
sapere
che
le
forbici
troncano
il
capello
seccamente
,
come
le
cesoie
d
'
un
giardiniere
il
rametto
da
potare
,
mentre
il
rasoio
lo
sfila
,
funziona
insomma
come
il
temperino
quando
appunta
il
lapis
.
Così
la
punta
del
capello
viene
assottigliata
,
e
poi
con
il
phon
si
tratta
a
piacimento
,
e
viene
bene
,
anche
la
trasformazione
di
fantasia
.
A
questo
punto
entra
in
ballo
il
gusto
del
barbiere
,
e
sta
a
lui
decidere
se
fare
un
'
onda
sul
davanti
,
e
dare
una
bella
piega
a
tutta
la
capigliatura
.
Alla
gara
di
fine
corso
,
che
fu
un
mese
fa
,
Santino
perse
il
terzo
posto
in
classifica
,
per
un
punto
solo
,
proprio
perché
la
trasformazione
non
gli
venne
fatta
come
avrebbe
voluto
lui
.
Ma
anche
quarto
su
trenta
,
con
la
medaglia
di
bronzo
,
non
è
poco
,
e
Santino
tiene
appeso
il
diploma
incorniciato
a
una
parete
del
negozio
.
Gianni
,
del
primo
corso
fu
nono
,
e
per
il
signor
Antonio
è
stata
una
bella
soddisfazione
,
avere
tutti
e
due
i
lavoranti
piazzati
.
Certo
,
non
è
solo
soddisfazione
morale
:
il
lavorante
che
si
distingue
alla
scuola
merita
un
premio
.
Così
alle
quarantacinquemila
lire
mensili
che
spettano
per
contratto
,
il
signor
Antonio
aggiunge
una
regalia
;
poi
ci
sono
le
mance
,
che
ormai
qui
danno
a
tutti
,
e
fatte
le
somme
in
capo
al
mese
Santino
Trimarchi
porta
a
casa
le
sue
ottantacinque
-
novantamila
lire
.
Vive
in
pensione
,
e
gli
resta
di
che
vestirsi
e
svagarsi
.
Come
?
Santino
non
va
spesso
al
cinema
,
leggere
non
legge
,
anzi
dice
che
un
libro
aperto
gli
fa
venire
sonno
,
guarda
la
televisione
quando
fuori
piove
,
altrimenti
preferisce
andare
a
passeggio
,
e
la
domenica
non
perde
mai
la
partita
.
È
tifoso
dell
'
Inter
,
e
quando
capita
Helenio
Herrera
non
si
lascia
sfuggire
l
'
occasione
per
fargli
qualche
domanda
.
Con
tatto
però
.
La
fama
che
hanno
i
barbieri
,
di
chiacchierare
troppo
,
non
è
completamente
falsa
,
e
lui
,
Santino
,
ammette
d
'
essere
un
po
'
chiacchierone
.
Ma
è
convinto
che
bisogna
correggersi
,
capire
se
il
cliente
desidera
oppure
no
la
conversazione
,
e
in
caso
negativo
starsene
zitti
,
che
tutto
sommato
è
meglio
,
perché
si
ha
più
testa
al
lavoro
.
Se
è
faticoso
?
Certo
,
sono
dieci
ore
giornaliere
.
Non
si
lavora
di
continuo
,
d
'
accordo
,
ma
bisogna
stare
molto
in
piedi
:
un
lavorante
che
si
rispetti
non
dovrebbe
mai
accomodarsi
sulle
poltrone
riservate
ai
clienti
in
attesa
.
Al
massimo
può
andare
nel
retrobottega
,
a
fumare
una
sigaretta
,
ma
il
collega
deve
sempre
restare
in
negozio
.
Poi
c
'
è
la
tensione
nervosa
,
continua
,
se
uno
tiene
a
far
bene
il
suo
mestiere
.
Santino
appunto
ci
tiene
;
direi
che
questa
è
la
sua
unica
ambizione
.
Farsi
un
negozio
tutto
suo
,
no
.
Magari
si
trovano
ditte
che
ti
arredano
un
salotto
e
te
lo
fanno
pagare
con
comodo
,
ma
Santino
Trimarchi
non
se
la
sentirebbe
di
fare
debito
,
e
poi
dare
la
settimana
ai
lavoranti
,
e
pensare
ai
contributi
,
alle
tasse
,
a
tutto
da
solo
.
No
,
Santino
Trimarchi
è
un
barbiere
tranquillo
,
e
tranquillo
vuol
dormire
ogni
notte
.
StampaQuotidiana ,
Mosca
-
C
'
è
una
specie
di
parola
d
'
ordine
,
per
noi
altri
a
Mosca
,
in
questi
giorni
:
per
chi
vuole
evitare
la
fila
al
«
Gum
»
,
per
chi
addirittura
vuol
traversare
la
Piazza
Rossa
di
corsa
e
fuori
dalle
strisce
:
«
Italianski
futbalist
»
:
la
gente
ammicca
,
sorride
,
il
poliziotto
fa
un
cenno
bonario
,
che
passino
pure
,
questi
italiani
confusionari
,
con
in
testa
il
colbacco
e
la
balalaica
in
mano
,
i
soli
forse
,
a
Mosca
,
a
portare
questi
copricapo
e
a
maneggiare
questi
chitarroni
triangolari
.
Sentono
la
partita
:
ieri
,
in
visita
all
'
università
,
un
giovanottaccio
biondo
,
col
maglione
verde
,
facoltà
di
scienze
naturali
,
pronosticava
lo
zero
a
zero
,
e
coi
suoi
bravi
argomenti
:
non
gioca
Mazzola
,
diceva
,
e
così
nessuno
segna
.
In
albergo
,
c
'
è
un
cameriere
che
di
italiano
sa
una
parola
sola
,
«
tifoso
»
:
gliel
'
ha
insegnata
un
amico
russo
,
che
la
sentì
,
tempo
fa
,
da
un
suo
amico
italiano
.
Alla
vigilia
,
piccolo
convegno
internazionale
fino
a
mezzanotte
:
italiani
,
jugoslavi
,
pescatori
del
Ghana
in
viaggio
di
istruzione
verso
Odessa
,
e
Bessarione
,
cioè
Vissarion
,
armeno
nero
nero
e
coi
baffetti
.
Quando
il
discorso
cade
sulla
partita
,
scommettiamo
una
bottiglia
di
cognac
del
paese
suo
,
scuro
e
con
un
retrogusto
di
passito
,
carissimo
(
sei
rubli
,
che
al
cambio
ufficiale
fanno
quattromila
lire
e
rotti
)
.
Chi
perde
paga
,
se
si
pareggia
si
fa
alla
romana
.
Alla
partita
si
va
col
pullman
,
e
con
la
ragazza
Ludmilla
,
diligentissima
interprete
,
che
sa
tutto
di
tutto
,
calcio
escluso
;
lei
viene
per
insegnarci
il
«
posto
»
.
Sollecita
che
si
mangi
presto
,
per
essere
là
in
tempo
,
visto
che
ci
sarà
gran
traffico
,
e
folla
intorno
allo
«
stadion
»
.
Invece
è
pressappoco
la
confusione
di
un
,
diciamo
,
Milan
-
Catania
,
non
di
più
.
Gli
altoparlanti
ci
accolgono
con
le
note
di
Chitarra
romana
/
accompagnami
tu
che
dà
il
ritmo
ai
piedoni
del
centravanti
Sormani
.
Lo
stesso
altoparlante
dice
i
nomi
dei
giocatori
,
o
meglio
dice
il
nome
,
il
cognome
e
la
qualifica
:
interno
sinistro
,
Gianni
Rivera
.
Il
cielo
è
grigio
,
a
tratti
vien
giù
una
pioggerellina
d
'
ottobre
,
fredda
e
fina
fina
.
Ma
si
aprono
pochi
ombrelli
;
grigia
la
gente
,
con
qualche
pastellata
cilestrina
,
il
colore
prevalente
fra
gli
impermeabili
.
Dietro
ci
sono
russi
,
davanti
russi
,
accanto
appare
Bessarione
l
'
armeno
,
nero
nero
e
con
i
baffetti
,
ironico
appena
il
centravanti
ha
infilato
nel
sacco
il
primo
pallone
.
La
gente
grida
al
trionfo
,
come
è
giusto
,
ma
non
si
scalmana
troppo
.
Applaude
(
proprio
battendo
le
mani
,
come
a
teatro
)
e
ancor
di
più
fischia
.
Fischia
quando
Pascutti
stende
a
terra
con
un
pugno
il
suo
avversario
,
fischia
quando
Sormani
non
si
alza
e
si
fa
accompagnare
di
peso
fuori
dal
campo
,
fischia
quando
i
suoi
tirano
a
perder
tempo
,
dopo
la
seconda
rete
(
e
Bessarione
guarda
con
l
'
occhio
lustro
e
il
baffetto
ironico
,
pregustando
il
cognaccone
pagato
,
caro
carissimo
,
da
questi
italiani
fessi
,
con
il
colbacco
,
che
hanno
fatto
tremila
chilometri
per
vedere
come
si
fa
a
perdere
per
2-0
)
.
Fischiano
troppo
,
e
allora
è
giusto
che
qualcuno
li
redarguisca
:
l
'
altoparlante
riattacca
e
spiega
come
e
qualmente
questa
sia
la
tattica
di
gioco
preordinata
da
chi
di
dovere
,
appositamente
per
questo
incontro
.
Dunque
non
c
'
è
niente
da
fischiare
.
Macché
!
Al
segnale
della
fine
,
invece
di
esultare
e
abbracciarsi
per
avere
vinto
2-0
contro
la
squadra
,
dicono
,
più
forte
del
mondo
,
questi
moscoviti
fischiano
:
fischiano
l
'
arbitro
,
i
guardalinee
,
gli
undici
italiani
(
più
forti
)
,
gli
undici
sovietici
(
meno
forti
)
e
poi
restano
ad
applaudire
due
squadrette
di
ragazzi
che
sono
entrati
in
campo
dopo
l
'
incontro
maggiore
e
adesso
scarpinano
tutti
contenti
dietro
al
pallone
.
Ora
si
esce
,
e
l
'
altoparlante
ci
dà
il
saluto
intonando
Scapricciatiella
:
«
Come
te
l
'
aggio
a
di
'
ca
non
è
cosa
»
.
Italiano
mio
bello
,
stasera
paghi
da
bere
:
e
che
cosa
ti
credevi
?
Meglio
ritornare
in
albergo
con
la
diligente
Ludmilla
a
far
da
guida
.
È
la
prima
volta
che
vede
una
partita
di
calcio
,
e
giura
che
sarà
l
'
ultima
.
No
,
non
si
è
divertita
per
niente
,
lei
non
è
«
tifuosa
»
di
calcio
.
È
«
tifuosa
»
di
scacchi
.
StampaQuotidiana ,
Ecco
fatto
:
pigliano
uno
che
ha
passato
i
quarant
'
anni
senza
mai
passare
i
confini
del
suo
Paese
,
e
gli
propongono
di
andare
a
Mosca
.
In
treno
,
seconda
classe
,
cinque
giorni
di
viaggio
e
due
di
soggiorno
partita
compresa
,
con
una
comitiva
di
ragazzi
,
il
centro
giovanile
eccetera
.
E
quello
accetta
.
Subito
attaccano
la
solfa
gli
amici
premurosi
:
se
torni
vivo
,
torni
con
le
ossa
rotte
.
Si
sa
come
funzionano
queste
cose
«
giovanili
»
:
per
il
gruppo
italiano
non
c
'
è
mai
niente
di
prenotato
tanto
gli
italiani
hanno
fama
internazionale
di
gente
che
s
'
arrangia
.
Vedrai
.
Settantaquattromila
lire
la
quota
?
Ma
allora
è
chiaro
:
carro
bestiame
e
razioni
dell
'
Armata
rossa
,
in
prima
linea
,
bada
bene
,
e
cioè
un
chilo
di
pane
e
una
targa
di
lardo
.
Sì
,
sì
,
ci
campi
,
di
fame
non
muori
.
Senti
,
scherzi
a
parte
,
fai
una
bella
cosa
:
datti
malato
.
E
invece
proviamo
.
Almeno
fino
a
Venezia
,
dov
'
è
il
raduno
:
una
occhiata
e
siamo
sempre
in
tempo
a
riprendere
il
treno
per
Milano
,
in
serata
.
Alla
stazione
di
Santa
Lucia
già
si
vanno
radunando
,
hanno
la
faccia
e
la
tenuta
di
chi
va
a
Mosca
col
treno
,
ma
giovani
non
direi
che
siano
,
questa
la
novità
:
quasi
tutti
sopra
i
trenta
,
ce
ne
sono
un
paio
che
somigliano
a
mio
padre
,
e
poi
uno
col
bastone
,
e
un
altro
mutilato
,
senza
una
mano
.
Le
cuccette
per
Vienna
sono
ventidue
,
già
prenotate
,
ma
se
ci
va
quella
signora
grassa
,
padovana
,
con
la
barba
,
che
invoca
Mariavergine
e
Santantonio
,
allora
perbacco
ci
vado
anch
'
io
.
Facce
conosciute
non
ne
vedo
,
ma
questo
ragazzo
tarantino
che
mi
chiede
informazioni
mi
pare
il
tipo
di
terrone
giusto
,
e
poi
il
suo
amico
che
è
andato
a
prendere
i
passaporti
risulta
(
sta
scritto
alla
voce
«
professione
»
)
portiere
d
'
albergo
.
Visto
e
preso
:
noi
tre
staremo
insieme
,
e
intanto
offro
io
il
fiaschetto
di
vino
,
per
cenare
prima
che
il
treno
vada
.
Il
capo
della
comitiva
si
chiama
Senatori
,
è
un
bravissimo
fiorentino
,
un
po
'
bietolone
,
che
impartisce
avvertimenti
e
consigli
,
talvolta
un
po
'
ovvii
:
attenti
a
non
perdere
il
passaporto
perché
sarebbe
un
guaio
serio
.
Se
qualcuno
a
Vienna
vi
propone
di
cambiare
moneta
,
non
accettate
.
In
Ungheria
e
in
Russia
,
mai
far
salire
in
camera
amici
e
amiche
del
posto
:
è
vietato
,
anzi
,
«
un
si
pole
»
.
Paese
che
vai
,
legge
che
trovi
,
e
bisogna
rispettarla
.
Domattina
colazione
a
Vienna
,
poi
subito
in
treno
per
l
'
Ungheria
.
Buon
viaggio
e
cerchiamo
di
stare
tranquilli
,
perché
otto
giorni
insieme
sono
parecchi
.
Vabbene
,
stiamo
tranquilli
e
troviamo
posto
:
voi
due
tarantini
saltate
su
appena
il
treno
è
pronto
,
le
valigie
ve
le
passo
io
dal
finestrino
.
Dentro
c
'
è
un
moretto
di
Roma
,
e
una
signora
anziana
con
una
faccia
simpatica
e
la
treccia
folta
dei
capelli
biondi
.
Dice
subito
che
a
casa
lascia
tre
figliole
grandi
.
Quando
hanno
saputo
che
partiva
per
Mosca
sola
,
in
treno
hanno
detto
:
«
Vabbe
'
,
se
la
mamma
è
impazzita
,
bisogna
lasciarla
stare
»
.
Il
romanino
invece
fa
il
giornalista
sportivo
,
e
ha
le
tasche
piene
di
distintivi
della
Federcalcio
.
Dunque
siamo
cinque
,
e
ci
presentiamo
:
il
terrone
giusto
si
chiama
Minimo
,
il
giornalista
Ivano
,
la
signora
bionda
Lucia
,
il
portiere
d
'
albergo
(
gestore
,
precisa
lui
)
Riccio
.
Ci
diamo
ancora
del
lei
,
ma
dopo
Budapest
passeremo
al
tu
,
e
per
tutto
il
viaggio
saremo
il
gruppo
più
efficiente
della
comitiva
.
Temo
una
cosa
sola
:
che
gli
altri
si
addormentino
perché
non
riesco
a
dormire
seduto
,
e
allora
do
fondo
alla
riserva
di
storielle
,
barzellette
,
indovinelli
,
epigrammi
,
ma
a
un
certo
punto
Riccio
e
Mimmo
,
che
vengono
da
Taranto
e
hanno
già
sul
groppone
una
nottata
di
treno
,
cominciano
a
ciondolare
.
Attenti
ragazzi
che
tra
poco
siamo
al
confine
e
vi
svegliano
quelli
della
dogana
.
Infatti
eccoli
,
sono
due
austriaci
grossi
e
inteccheriti
,
due
tavoloni
.
Passe
bitte
.
E
timbrano
.
Ma
poi
,
dopo
l
'
una
,
il
sonno
prevale
,
e
lascio
che
Riccio
si
stenda
.
Per
fortuna
dal
corridoio
arrivano
voci
senesi
.
«
O
Mario
che
fa
?
»
«Piange.»
«
O
perché
?
»
«
Perché
ha
visto
un
binario
morto
.
»
Uno
dei
senesi
è
tabaccaio
,
piccoletto
,
già
un
po
'
grigio
,
diffidente
,
si
preoccupa
per
il
mangiare
.
«
Lei
che
mi
dice
?
»
Ma
non
aspetta
la
risposta
.
«
No
,
stia
a
sentire
,
perché
l
'
altro
giorno
mia
moglie
mi
manda
a
pigliare
una
balletta
di
zucchero
in
cantina
.
Sa
noialtri
abbiamo
tabaccheria
e
bar
,
e
lo
zucchero
serve
.
Prendo
la
balletta
,
sul
mezzo
quintale
,
e
alla
mia
età
,
sa
com
'
è
,
questi
sforzi
...
Ora
bisogna
che
col
mangiare
mi
tenga
regolato
,
ha
capito
?
»
Gli
dico
che
d
'
origine
sono
senese
anch
'
io
,
basta
sentire
il
cognome
.
«
Senti
!
»
fa
lui
,
e
comincia
a
raccontarmi
che
ha
comprato
un
quartierino
verso
Porta
Camollia
,
che
affaccia
sulla
campagna
,
una
bellezza
.
Ma
poi
I
'
Inam
ha
costruito
proprio
davanti
,
e
con
l
'
ala
dell
'
edificio
si
sono
appoggiati
al
muro
suo
.
«
Ora
stia
a
sentire
:
finestre
da
quella
parte
non
ce
ne
sono
,
ma
terrazzi
sì
,
ci
sono
tre
terrazzi
,
ci
sarebbero
tre
affacci
,
e
se
mi
murano
tre
affacci
lei
capisce
il
danno
.
O
stia
a
sentire
:
io
chiamo
subito
il
fotografo
,
non
si
sa
mai
,
e
il
giorno
dopo
i
muratori
si
fermano
.
Viene
al
caffè
il
direttore
e
dice
abbia
pazienza
,
siamo
andati
fuori
misura
.
La
pazienza
ce
l
'
ho
,
ma
i
tre
affacci
chi
me
li
paga
?
O
ce
li
pagate
,
o
smettete
di
murare
.
Così
è
un
anno
che
sono
fermi
,
ma
dice
l
'
avvocato
che
di
questo
passo
si
va
avanti
per
altri
dieci
anni
.
Lei
che
ne
dice
?
»
.
Non
ho
tempo
di
rispondere
,
perché
arriva
un
altro
senese
,
piccoletto
e
nervoso
,
elettricista
,
e
si
mette
a
parlare
del
Palio
.
«
Siamo
tutti
sciaborditi
,
glielo
dico
io
.
Matti
siamo
.
Quando
una
contrada
è
nonna
,
se
vuole
il
Palio
costa
dieci
milioni
almeno
.
È
permesso
tutto
,
nerbate
in
faccia
,
spintonare
,
comprare
i
fantini
»
.
L
'
anno
scorso
quello
della
Torre
restii
al
canapo
.
L
'
avevano
pagato
.
Finita
la
corsa
i
contradaioli
,
come
se
niente
fosse
,
calmi
e
tranquilli
,
lo
presero
in
mezzo
.
«
O
che
hai
fatto
,
Beppino
?
»
Senza
dar
niente
a
vedere
lo
riportarono
in
contrada
,
poi
lo
chiusero
nella
stalla
,
e
giù
botte
.
«
Picchiava
anche
il
prete
Bani
,
con
una
catena
da
biciclette
.
Se
non
veniva
la
polizia
a
levarglielo
di
mano
,
l
'
ammazzavano
.
Sciaborditi
.
Fra
Palio
e
Monte
.
Siena
resta
ferma
,
anzi
va
all
'
indietro
»
.
Comincia
a
far
giorno
,
per
fortuna
,
e
il
treno
corre
in
Austria
,
un
paesaggio
drammatico
di
rupi
e
abeti
,
con
le
case
dai
tetti
spioventi
.
Per
via
della
neve
,
naturalmente
.
A
ogni
stazione
sfila
gente
in
divisa
,
saranno
ferrovieri
,
doganieri
,
postini
,
soldati
,
chi
lo
sa
,
alti
e
grossi
,
duri
di
spalle
,
tavoloni
insomma
.
Man
mano
che
la
luce
cresce
,
anche
il
paesaggio
si
distende
e
s
'
indora
,
cominciano
i
vigneti
,
salgono
sul
treno
belle
ragazze
coi
libri
di
scuola
,
e
parlano
un
tedesco
dolce
.
E
via
via
i
«
giovani
»
si
svegliano
.
C
'
è
un
romano
di
Pietralata
,
piccolo
,
nero
,
un
po
'
storto
,
una
specie
di
bulletto
invecchiato
:
lavora
alla
centrale
del
latte
e
giura
che
i
topi
nelle
bottiglie
non
sempre
ce
li
mette
lui
.
«
Sì
so
crudi
nun
è
robba
nostra
.
Noi
ce
li
mettemo
cotti
,
li
sorci
»
.
La
signora
Lucia
s
'
è
svegliata
e
sta
benissimo
.
«
Lei
invece
ha
una
brutta
faccia
»
,
mi
dice
.
Anche
Riccio
,
anche
Mimmo
,
anche
Ivano
sono
desti
e
si
forma
la
fila
per
andare
alla
toilette
,
qualcuno
protesta
,
tutti
lavorano
di
gomiti
per
farsi
avanti
.
L
'
iniziativa
privata
domina
ancora
,
nella
vita
di
questo
gruppo
casuale
e
forzato
.
Ma
per
fortuna
il
cielo
è
splendido
,
l
'
aria
fresca
ma
dolce
,
Vienna
linda
e
chiara
:
c
'
è
tempo
per
una
passeggiata
,
noi
cinque
,
fino
all
'
Arsenale
,
traverso
un
bel
parco
,
e
con
sopra
il
portone
il
nome
di
Francesco
Giuseppe
.
Discorsi
prevedibili
:
ai
tempi
suoi
,
di
Cecco
Beppe
,
andavi
da
Venezia
a
Cracovia
senza
passaporto
,
era
già
il
MEC
,
l
'
amministrazione
funzionava
,
tutti
ballavano
il
valzer
,
e
non
c
'
era
bisogno
di
far
la
guerra
mondiale
per
disfare
l
'
impero
,
e
poi
faticare
tanto
per
rifare
l
'
Europa
unita
.
Sì
,
funzionava
come
funziona
il
ristoratore
,
i
tavolini
già
pronti
,
per
quattro
persone
:
ma
se
il
gruppo
è
di
cinque
,
perché
non
prendere
una
sedia
e
aggiungerla
alle
altre
?
Infatti
arriva
un
austriaco
,
senza
divisa
,
ma
tavolone
anche
lui
,
e
si
mette
a
brontolare
,
perché
la
marmellata
era
pari
,
per
quattro
,
e
invece
noi
abbiamo
scombinato
ogni
cosa
,
qui
cinque
e
là
tre
.
Come
si
rimedia
?
Rimedia
Riccio
portiere
(
anzi
gestore
)
di
alberghi
,
che
parla
benissimo
il
tedesco
.
Parla
il
tedesco
,
il
francese
,
l
'
inglese
,
lo
spagnolo
e
il
russo
,
spiega
.
Se
è
vero
,
penso
,
ho
avuto
giudizio
a
mettermi
-
anzi
a
metterlo
-
nel
gruppo
:
vedremo
.
Dalla
stazione
sud
ci
hanno
spostato
in
autobus
alla
est
,
e
di
lì
comincia
il
viaggio
verso
l
'
Ungheria
,
verso
il
sipario
di
ferro
che
incontreremo
in
un
posto
chiamato
Hegyeshalom
,
mai
sentito
prima
,
un
nome
assurdo
,
impossibile
,
come
queste
scritte
in
lingua
ungherese
,
pazzesche
.
Non
sembra
neanche
una
lingua
:
sembra
una
trascrizione
in
cifrato
,
ed
è
probabile
che
sia
vero
quanto
mi
dicevano
tempo
addietro
,
di
un
colloquio
fra
ungheresi
:
che
fanno
finta
di
capirsi
,
che
emettono
puri
suoni
,
semplici
fonemi
e
poi
se
ne
vanno
senza
essersi
intesi
.
Più
avanti
scopriremo
la
stazione
Utasellato
.
Ogni
tanto
compare
Senatori
,
il
capogruppo
fiorentino
,
a
darci
utili
avvertimenti
,
e
noi
scopriamo
un
nuovo
gioco
,
quello
di
fargli
il
verso
.
«
Fate
un
minuto
d
'
attenzione
.
Pòle
sembrare
una
sciocchezza
,
ma
guardate
che
appena
passato
il
confine
,
siete
subito
all
'
estero
.
È
un
'
altra
cosa
:
non
perdete
il
portafogli
,
perché
chi
lo
perde
poi
si
ritrova
senza
quattrini
,
e
sarebbe
un
guaio
serio
,
e
noi
,
non
si
pòle
assumere
la
responsabilità
dei
portafogli
persi
»
.
In
territorio
russo
,
spiega
,
viaggeremo
forse
su
vagoni
senza
scomparti
,
con
le
cuccette
ma
senza
scomparti
.
Insomma
una
specie
di
camerone
su
ruote
,
e
io
non
vedo
l
'
ora
di
esserci
,
di
verificare
come
funzionerà
questa
banda
di
ottantotto
italiani
che
bivaccano
,
russano
,
mangiano
tutti
insieme
,
in
pigiama
,
senza
pigiama
,
in
mutande
,
uomini
e
donne
.
Le
donne
non
sono
molte
ma
ci
sono
:
la
nostra
signora
Lucia
,
la
padovana
con
la
barba
(
Mariavergine
e
Santantonio
)
,
le
bolognesi
giovani
coi
calzoni
,
una
grassa
e
una
magra
,
le
mogli
dei
due
architetti
fiorentini
,
altre
tre
o
quattro
che
ancora
non
riesco
a
definire
.
I
senesi
hanno
smesso
di
parlare
del
Palio
e
del
Monte
,
ora
anzi
si
comincia
a
discorrere
di
Russia
.
Nessuno
è
venuto
per
la
partita
(
tanto
valeva
guardarla
alla
televisione
)
.
Hanno
profittato
della
combinazione
,
per
vedere
un
po
'
ciascuno
con
gli
occhi
suoi
,
senza
prevenzioni
,
obiettivamente
.
Nessuno
ha
pregiudizi
politici
.
Tutti
vanno
a
vedere
Mosca
così
,
come
andrebbero
a
vedere
Tokio
o
Caraci
,
una
qualunque
città
lontana
e
sconosciuta
.
Ne
dubito
.
Sincera
mi
pare
soltanto
la
signora
Lucia
.
Mi
fa
:
«
Quando
comandava
quell
'
altro
...
quello
che
c
'
era
prima
di
Krusciov
,
sa
?
Come
si
chiamava
?
Ah
sì
,
bravo
,
Stalin
»
.
La
campagna
non
muta
aspetto
,
le
case
sono
le
medesime
,
coi
tetti
spioventi
(
per
via
della
neve
)
,
il
treno
si
chiama
«
Wiener
Waltzer
»
,
il
valzer
viennese
,
unisce
le
due
capitali
del
vecchio
impero
,
su
un
fiume
chiamato
Donau
,
cioè
Danubio
.
Tutto
sembra
regolare
,
e
invece
siamo
a
Hegyeshalom
,
e
Cecco
Beppe
non
comanda
più
da
un
pezzo
.
Una
brusca
frenata
,
e
fra
la
gente
che
s
'
affaccia
ai
finestrini
per
vedere
il
sipario
di
ferro
,
all
'
improvviso
,
riconosco
una
faccia
,
un
ragazzo
del
paese
mio
.
Ragazzo
quando
Io
lasciai
,
perché
ora
è
un
uomo
.
Si
chiama
Marcello
.
StampaQuotidiana ,
Il
sipario
non
c
'
è
.
Hegyeshalom
,
col
suo
nome
assurdo
,
è
una
stazioncina
qualunque
,
di
diverso
ha
solo
la
stella
rossa
con
sopra
il
tricolore
,
eguale
al
nostro
ma
a
bande
orizzontali
.
Poi
dall
'
edificio
cominciano
a
uscire
quelli
in
divisa
:
blu
,
verdi
,
due
befane
gallonate
,
uno
in
kaki
con
gli
stivaletti
lustri
,
uno
col
mitra
,
un
altro
con
la
pistola
.
In
borghese
c
'
è
solo
un
giovanotto
biondo
,
lungo
e
tentennone
,
che
ha
una
gran
voglia
di
salire
sul
nostro
treno
,
ma
aspetta
chissà
cosa
.
Aspetta
appunto
che
vengano
a
guardare
i
passaporti
.
Sono
tre
,
il
più
alto
e
il
più
biondo
,
con
gli
stivali
più
belli
,
sarà
di
certo
un
ufficiale
,
e
infatti
guarda
lui
,
con
quegli
occhi
chiari
e
diacci
,
fotografia
e
poi
faccia
,
uno
per
uno
.
Se
ne
va
,
crediamo
che
sia
finita
,
e
invece
ecco
Senatori
,
il
capo
-
comitiva
,
che
ritira
i
passaporti
,
tutti
,
allega
un
elenco
e
li
consegna
a
chissà
chi
.
Eccoli
là
sotto
,
i
nostri
passaporti
,
nella
borsa
di
un
soldatino
che
fatica
a
camminare
,
allungando
il
passo
,
sulle
traverse
del
binario
.
All
'
improvviso
il
treno
riparte
.
I
passaporti
saranno
rimasti
alla
stazione
,
e
intanto
abbiamo
perso
un
'
ora
,
già
è
tardi
,
ma
di
mangiare
non
si
parla
nemmeno
.
Per
fortuna
compare
Matias
:
prima
la
voce
,
poi
lui
in
persona
.
È
piccolo
,
coi
denti
di
acciaio
,
un
grembiule
bianco
e
il
baschetto
nero
.
Bercia
in
tedesco
:
«
Italien
Geld
gut
»
.
Va
bene
,
accetta
anche
le
lire
,
ma
cosa
offre
?
Offre
sirup
,
vurtz
,
bonbon
,
cioè
panini
ripieni
,
gazzose
e
cioccolatini
.
«
Sirup
einhundert
»
urla
,
e
anche
il
panino
cento
lire
.
Il
pane
è
raffermo
,
il
salame
buono
,
la
gazzosa
ha
un
sapore
fra
il
limone
e
la
mela
.
Diamo
a
Matias
un
biglietto
da
mille
e
lui
,
desolato
:
«
Ah
,
nein
,
nicht
million
,
nicht
million
»
:
non
ha
da
fare
il
resto
ai
biglietti
da
un
milione
e
ci
vuole
un
bel
po
'
a
fargli
intendere
che
quelle
sono
mille
lire
,
e
che
bastano
appunto
a
pagare
,
esattamente
,
i
cinque
panini
e
i
cinque
siruppi
.
Volendo
,
poi
,
all
'
altro
vagone
cambiano
,
danno
i
fiorini
,
Forint
,
gut
als
Geld
.
E
Matias
ci
strizza
l
'
occhio
,
pensando
ai
fiorini
del
suo
paese
buoni
come
l
'
oro
.
Ora
il
treno
si
ferma
alla
stazione
di
Utasellato
,
stranissimo
nome
,
ma
poi
anche
la
terza
stazione
,
e
la
quarta
,
e
tutte
insomma
,
si
chiamano
Utasellato
:
segno
che
non
è
un
nome
,
ma
cos
'
altro
vorrà
dire
?
Forse
vietato
traversare
i
binari
,
chissà
.
E
ricompaiono
miracolosamente
i
passaporti
,
li
riconsegna
un
soldato
che
si
picca
di
chiamare
lui
i
nomi
,
sbagliandoli
,
e
ride
contento
di
sentirsi
correggere
.
Ne
azzecca
uno
solo
,
quello
di
Ivano
.
«
Russkii
?
»
,
gli
domanda
.
No
,
amico
,
Olas
,
siamo
tutti
Olas
,
noialtri
ottantotto
,
siamo
venuti
in
treno
dall
'
Olasozag
,
che
significa
l
'
Italia
.
Il
paesaggio
s
'
appiattisce
sempre
più
,
ma
le
case
restano
uguali
,
col
tetto
spiovente
,
per
via
della
neve
,
si
capisce
,
anche
qui
deve
nevicare
dieci
mesi
all
'
anno
.
Per
ora
invece
c
'
è
un
cielo
splendido
,
un
'
aria
fresca
e
mite
,
e
si
va
al
finestrino
a
vedere
i
branchi
delle
oche
,
e
poi
la
prima
ansa
verde
,
bellissima
,
del
Danubio
,
un
posto
straordinario
per
venirci
a
far
merenda
con
la
ragazza
.
E
finalmente
la
periferia
di
Budapest
,
coi
casamentoni
,
uno
spiazzo
pieno
di
automobili
nuove
,
e
campi
sportivi
,
di
tennis
,
di
pallavolo
,
ma
soprattutto
di
calcio
.
Ne
contiamo
cinque
,
dieci
,
venti
,
uno
accanto
all
'
altro
,
con
le
squadrette
di
ragazzi
che
palleggiano
,
tirano
in
porta
,
fanno
la
partita
.
«
Molto
positivo
,
un
fatto
molto
positivo
»
,
sento
dire
da
molti
,
quest
'
abbondanza
di
campi
di
calcio
.
Marcello
invece
non
è
d
'
accordo
,
dice
che
sarà
un
fatto
,
senz
'
altro
,
ma
positivo
bisogna
vedere
,
dipende
.
Sono
tutti
distaccati
e
obiettivi
.
«
Lei
faccia
il
confronto
con
le
installazioni
sportive
che
abbiamo
in
Italia
»
,
gli
risponde
lo
spoletino
coi
baffi
neri
:
e
la
discussione
si
spegne
lì
.
In
treno
c
'
è
anche
il
giovane
lungo
,
biondo
e
tentennone
che
avevo
visto
a
Hegyeshalom
:
si
chiama
Giorgio
,
balbetta
,
eppure
s
'
ostina
a
voler
parlare
italiano
perché
è
appunto
il
nostro
accompagnatore
ungherese
.
Alla
stazione
c
'
è
appena
il
tempo
di
caricare
le
valigie
,
leggere
da
qualche
parte
Utasellato
,
e
ricaricarci
sudi
un
autobus
diretto
all
'
albergo
.
«
Mangiare
»
,
fa
Giorgio
il
tentennone
,
«
cambiare
,
comperare
suveniri
,
poi
una
gira
nella
citta
»
.
Intanto
già
indica
qualcosa
strada
facendo
:
«
Monumento
di
ministro
di
ferro
»
.
Come
,
di
ferro
?
«
Pardon
,
ministro
di
ferrovie
Balasz
,
primo
costruttore
di
metropolitana
.
»
Dice
anche
la
data
,
la
sbaglia
,
si
corregge
,
ma
nessuno
gli
dà
retta
perché
siamo
al
Royal
,
l
'
albergo
,
categoria
«
luxus
»
.
Di
lusso
magari
non
è
,
ma
bello
e
comodo
certamente
:
quattro
per
camera
,
noi
abbiamo
perso
Riccio
e
così
la
signora
Lucia
s
'
arrangerà
a
dormire
con
tre
giovanotti
.
Le
sistemiamo
amorosamente
il
letto
nell
'
ingresso
,
poi
,
alle
cinque
suonate
,
si
va
a
cena
.
A
un
tavolo
c
'
è
Giorgio
il
tentennone
,
che
ogni
tanto
ci
sollecita
:
cambiare
,
comperare
suveniri
di
Ungaria
,
bambola
in
costumo
nazionalo
,
bouteille
di
apricot
-
brandy
,
dischi
di
musica
classica
ungaria
.
Non
si
cheta
un
momento
:
«
cambiare
,
comperare
suveniri
»
.
Da
questo
momento
Giorgio
l
'
ungherese
per
noi
è
il
signor
Suveniri
,
anche
se
lui
non
lo
sa
.
Ma
a
fare
la
gira
della
citta
con
il
pullmano
noi
non
ci
andiamo
:
le
cartoline
illustrate
si
comprano
anche
dal
tabaccaio
,
e
una
città
vista
dal
finestrino
vale
poco
più
d
'
una
sfilza
di
cartoline
.
Meglio
restarsene
a
passeggio
su
e
giù
per
il
grande
bulevardo
del
nostro
albergo
,
a
guardare
le
ragazze
carine
,
vestite
così
alla
meglio
,
ogni
tanto
una
coi
capelli
cotonati
;
vedere
i
prezzi
della
roba
in
vetrina
,
comprare
le
cartoline
,
la
bambola
in
costume
nazionale
,
le
sigarette
di
Ungaria
,
le
carte
da
gioco
che
hanno
per
semi
le
ghiande
,
le
bubbole
,
le
foglie
e
i
cuori
,
e
poi
la
bottiglia
di
grappa
d
'
albicocche
.
Sentire
la
signora
anziana
e
rimprosciuttita
che
fa
le
somme
a
voce
alta
,
in
ungherese
:
chi
capita
a
Budapest
non
perda
quest
'
esperienza
uditiva
unica
al
mondo
.
Poi
ritrovo
Riccio
e
andiamo
in
bettola
ad
assaggiare
la
grappa
di
albicocche
che
è
buonissima
,
servita
con
contorno
di
selz
da
una
camerierona
in
grembiule
nero
e
stivaletti
bianchi
,
privi
di
punta
e
di
tallone
,
come
se
avesse
le
caviglie
fasciate
.
Riccio
parla
tutte
le
lingue
,
ma
non
l
'
ungherese
,
la
cameriera
sa
l
'
ungherese
e
basta
,
ci
si
capisce
a
gesti
,
e
lei
accetta
per
mancia
tre
fiorini
,
un
penny
,
venti
lire
e
un
gettone
del
telefono
.
Così
ci
siamo
vuotati
le
tasche
d
'
ogni
valuta
intermedia
e
si
può
andare
a
letto
tranquilli
.
Crolliamo
subito
,
ma
la
mattina
alle
cinque
arriva
,
vestito
di
nero
,
il
presidente
della
Corte
di
Cassazione
:
«
La
vostra
domanda
di
grazia
è
stata
respinta
.
Sappiate
essere
forte
»
.
Invece
,
fuori
del
sogno
,
è
Mimmo
il
terrone
giusto
,
e
sta
dicendo
che
la
sveglia
era
alle
cinque
,
e
che
si
riparte
per
il
confine
.
Prima
però
Giorgio
Suveniri
ci
fa
consegnare
il
cestino
da
viaggio
:
una
pagnotta
,
identica
a
quella
avellinese
,
formaggini
,
caramelle
,
e
una
scatola
di
chissà
cosa
.
In
treno
uno
prova
ad
aprirla
,
l
'
assaggia
,
dice
che
è
un
pasticcio
di
carne
e
cipolla
,
e
la
butta
dal
finestrino
.
Invece
è
il
miglior
fegato
d
'
oca
che
abbia
mai
gustato
:
peccato
che
l
'
apriscatole
ci
sia
,
ma
non
la
forchetta
,
così
bisogna
arrangiarsi
con
le
dita
.
Il
vagone
ungherese
è
il
più
brutto
fra
quelli
visti
finora
,
senza
scomparti
,
coi
sedili
dritti
e
duri
,
e
una
toilette
che
è
proprio
un
cesso
.
Mescolati
a
noi
i
primi
soldati
sovietici
:
di
stanza
a
Budapest
,
se
ne
vanno
in
licenza
,
tutti
contenti
,
alcuni
si
portano
dietro
la
moglie
e
la
prole
.
C
'
è
un
poppante
meraviglioso
,
che
fa
un
rumore
incredibile
succhiando
il
biberon
.
C
'
è
una
bambina
sui
quattro
anni
che
sembra
una
pesca
,
una
mela
,
non
so
.
Ha
il
cappottino
rosso
,
i
capelli
di
spiga
,
papà
e
mamma
se
la
coccolano
,
la
lasciano
libera
di
fare
i
comodi
suoi
,
di
salire
sui
sedili
,
di
frignare
,
di
accettare
i
nostri
regalini
:
una
penna
a
sfera
,
un
pezzo
di
cioccolata
,
un
sacchetto
di
caramelle
,
un
portachiavi
.
Da
brava
,
come
si
dice
al
signore
?
Si
dice
«
pattiba
,
pattiba
,
pattiba
»
.
E
anche
il
soldato
giovane
che
mi
sta
seduto
accanto
accetta
un
pacchetto
di
Pali
Mall
,
e
mostra
la
carta
rossa
,
lustra
,
al
compagno
:
«
Amerikanska
»
,
fa
e
se
lo
ficca
in
tasca
:
piccolo
contributo
agli
scambi
commerciali
e
culturali
fra
le
due
superpotenze
con
la
mediazione
della
Repubblica
italiana
,
e
anche
dell
'
elvetica
,
perché
sono
di
contrabbando
.
Sono
vestiti
bene
:
i
calzoni
ficcati
negli
stivaletti
a
mezza
gamba
,
e
sopra
la
tunica
,
fermata
alla
vita
col
cinturone
,
pieno
di
patacche
smaltate
.
Riccio
sa
davvero
il
russo
e
cerca
di
farsi
spiegare
cosa
significano
quei
distintivi
,
ma
è
una
storia
piuttosto
complicata
.
A
un
tratto
compare
un
fiume
,
ed
è
il
padre
della
bambina
bella
che
ne
dice
il
nome
,
levandosi
in
piedi
con
un
grande
sorriso
:
Tisza
.
Di
certo
è
il
confine
,
perché
è
troppo
contento
il
soldatone
babbo
.
Infatti
di
lì
a
poco
si
scende
.
Siamo
in
un
posto
chiamato
Ciop
,
sono
le
tre
,
ma
gli
orologi
devono
fare
due
passi
avanti
,
intonarsi
col
meridiano
di
Mosca
:
insomma
sono
le
cinque
.
Da
non
so
dove
compare
una
giovinetta
che
cammina
pari
pari
,
ha
il
visto
tondo
e
roseo
,
gli
zigomi
alti
,
un
bel
vestitino
attillato
,
l
'
aria
di
chi
sta
sulle
sue
.
«
Prego
signori
,
venite
da
questa
parte
»
,
fa
,
come
se
lo
leggesse
sul
muro
.
«
Con
le
valigie
?
»
«
Sì
,
con
le
valigie
.
»
Cioè
andiamo
alla
dogana
.
Per
me
a
questo
punto
ci
sono
due
brutte
novità
.
Prima
la
signora
Lucia
,
che
mi
tira
in
disparte
e
mi
dice
a
bassa
voce
di
aver
sentito
Senatori
che
,
a
voce
anche
più
bassa
,
diceva
:
«
Ora
comincia
il
peggio
»
.
Sarà
senz
'
altro
il
camerone
a
ruote
,
ottantotto
italiani
che
bivaccano
tutti
insieme
,
allo
scoperto
,
in
pigiama
chi
ce
l
'
ha
(
e
io
non
cc
l
'
ho
)
.
Peggio
,
quando
la
giovinetta
spiega
che
bisogna
riempire
il
modulo
azzurro
con
la
dichiarazione
della
valuta
straniera
.
Apro
il
portafogli
,
conto
,
e
ci
trovo
cinquanta
dollari
in
meno
.
No
,
non
li
ho
persi
,
me
li
hanno
rubati
e
nel
tempo
che
ci
vuole
ad
aprire
la
valigia
per
l
'
ispezione
ho
già
ricostruito
tutto
;
so
chi
è
stato
.
L
'
uomo
della
dogana
fruga
un
po
'
qua
e
un
po
'
là
,
ritira
tutta
la
roba
stampata
,
ma
la
rende
quasi
subito
.
A
me
prende
un
dotto
studio
sulla
battaglia
di
Custoza
(
ci
sono
carte
topografiche
di
due
metri
per
due
)
e
l
'
agenda
rossa
dove
tutti
i
giorni
segno
qualche
fatterello
mio
.
Il
libro
me
lo
rende
subito
,
l
'
agenda
invece
ritarda
,
e
un
poco
questo
fatto
mi
secca
,
perché
sono
fatterelli
veramente
miei
,
e
se
c
'
è
uno
che
sa
l
'
italiano
,
là
dietro
,
mi
figuro
le
risate
che
si
farà
.
E
poi
i
cinquanta
dollari
partiti
:
forse
mi
sta
bene
,
tra
Venezia
e
Vienna
ho
chiacchierato
troppo
,
ho
fatto
vedere
quanti
erano
i
dollari
,
ho
esagerato
e
ora
mi
puniscono
così
.
Pazienza
:
non
si
può
dire
sempre
male
degli
italiani
,
e
poi
mettersi
a
piangere
quando
si
comportano
da
italiani
.
Anzi
,
meno
male
che
non
me
ne
hanno
presi
di
più
.
Riecco
l
'
agenda
coi
fatterelli
miei
,
e
andiamo
finalmente
sul
camerone
a
ruote
.
Il
peggio
comincia
ora
,
l
'
ha
detto
Senatori
,
no
?
Resto
sulla
banchina
con
le
valigie
di
tutti
,
Riccio
,
Mimmo
,
Ivano
saltano
a
bordo
,
prendono
i
posti
,
issano
i
bagagli
,
tutti
contenti
mi
fanno
cenno
di
salire
.
Alla
faccia
di
Senatori
:
no
,
non
è
un
camerone
.
È
una
casa
,
anzi
una
dimora
.
StampaQuotidiana ,
Ogni
vagone
ha
otto
scompartimenti
,
con
quattro
cuccette
ciascuno
:
in
seconda
classe
,
la
nostra
,
sono
di
legno
,
incavate
a
culla
,
col
materassino
e
il
guanciale
di
piuma
,
più
tardi
viene
un
uomo
a
portare
due
lenzuola
,
la
federa
,
la
coperta
e
la
traversa
,
cioè
una
striscia
di
stoffa
che
si
mette
fra
materasso
e
lenzuolo
inferiore
.
Dovremo
stare
qua
sopra
ventisette
ore
;
perciò
organizziamoci
:
prendere
dalle
valigie
quello
che
serve
più
spesso
,
l
'
occorrente
per
il
bagno
,
un
libro
,
l
'
agenda
,
le
pantofole
,
mentre
le
scarpe
siano
riposte
,
e
le
valigie
ben
sistemate
perché
non
ingombrino
.
C
'
è
molto
spazio
,
sotto
le
cuccette
e
sopra
la
porta
.
Per
terra
tappeti
,
perciò
attenti
alla
cenere
,
ognuno
ha
il
suo
portacicche
e
l
'
adoperi
.
Le
sigarette
stiano
pure
sul
tavolino
,
chi
piglia
piglia
,
ma
il
mazzetto
dei
dollari
spostiamolo
nella
tasca
di
dietro
dei
calzoni
.
Questo
è
il
pacchetto
dei
medicinali
:
garza
,
cotone
idrofilo
,
emostatico
,
alcol
,
pomicetta
solforosa
per
calli
e
duroni
,
tappi
di
cera
auricolari
per
il
troppo
rumore
,
sia
del
treno
sia
di
chi
eventualmente
russa
,
confetti
lassativi
per
chi
non
va
,
pastiglie
per
la
tosse
e
per
il
mal
di
capo
,
cerotti
,
aspirine
e
piramidone
in
caso
di
raffreddore
.
C
'
è
la
luce
centrale
,
al
neon
,
quella
blu
per
la
notte
,
i
lumini
individuali
a
capo
del
letto
,
e
sul
tavolo
,
ampio
e
comodo
per
giocare
a
carte
o
per
scrivere
,
la
lampada
col
paralume
.
Quel
bottone
è
per
regolare
il
volume
della
radio
centralizzata
,
dietro
la
porta
un
grande
specchio
,
e
la
presa
per
la
corrente
,
qui
e
nel
corridoio
.
Andrà
bene
per
le
spine
dei
nostri
rasoi
elettrici
?
La
signora
padovana
ha
già
provato
,
Mariavergine
,
edice
che
vanno
bene
.
Ogni
vagone
ha
il
distributore
dell
'
acqua
fresca
,
col
suo
bicchiere
di
vetro
,
uno
solo
,
e
bisogna
adoperarlo
alla
russa
,
l
'
orlo
del
bicchiere
appoggiato
all
'
attaccatura
del
mento
,
e
le
labbra
peschino
direttamente
nel
liquido
.
La
prima
volta
ci
si
bagna
.
E
c
'
è
anche
il
samovar
acceso
in
continuazione
,
chi
vuole
tè
lo
può
chiedere
all
'
inserviente
,
sempre
.
Il
bagno
naturalmente
è
in
fondo
a
sinistra
e
sulla
porta
sta
scritto
,
in
cirillico
:
tualèt
:
più
chiaro
di
così
.
Sto
per
entrarci
,
ma
sta
per
entrarci
anche
un
soldatino
giovane
giovane
-
dimostra
sedici
anni
-
in
calzoni
e
canottiera
celeste
.
Vai
vai
,
soldatino
,
ma
quando
hai
finito
bussami
,
qui
,
vedi
,
al
sette
.
Capisce
a
volo
.
Il
guaio
semmai
è
il
lavandino
:
perché
venga
l
'
acqua
bisogna
premere
,
da
sotto
in
su
,
uno
zipolo
attaccato
alla
cannella
,
è
scomodo
e
ci
si
bagna
.
Rientro
ed
ecco
la
sorpresa
:
sul
cuscino
c
'
è
la
faccia
barbuta
,
onesta
e
democratica
,
del
generale
Grant
,
stampata
sul
diritto
della
banconota
da
cinquanta
dollari
,
con
allegato
un
biglietto
:
chi
,
dove
,
quando
.
Rispondo
subito
:
a
Budapest
,
tra
le
nove
e
le
dieci
di
ieri
sera
,
mentre
stavo
nel
bagno
.
Esecutore
materiale
,
Ivano
il
giornalista
.
Risposta
esatta
.
Brava
gente
,
però
,
gli
italiani
,
non
dovremmo
dirne
sempre
male
:
si
sta
bene
con
gli
italiani
,
sanno
reggere
gli
scherzi
.
E
allora
vuol
dire
che
la
bottiglia
di
grappa
d
'
albicocche
non
la
porto
a
Milano
,
no
,
e
se
qualcuno
trova
un
cavatappi
ce
la
scoliamo
noialtri
italiani
,
ci
pensa
Riccio
,
ha
già
visto
lo
spoletino
grosso
col
coltello
a
cento
usi
.
Però
vuole
in
compenso
la
sua
sorsata
,
e
neanche
il
soldatino
russo
dice
di
no
.
Comunque
ne
rimangono
tre
quarti
buoni
.
Tutti
e
quattro
in
cuccetta
,
cominciano
i
giri
,
da
sotto
vedi
comparire
un
braccio
armato
di
bottiglia
.
Primo
giro
alla
salute
dell
'
Italia
:
bevi
fratello
.
Secondo
giro
,
urrà
per
tutte
le
Russie
:
bevi
compagno
.
Il
terzo
giro
è
quello
della
buonanotte
.
Buonanotte
a
tutti
.
E
buonanotte
ai
suonatori
.
Anzi
,
ai
Senatori
.
«
Senatores
boni
viri
.
At
senatus
mala
bestia
.
»
Amen
.
Ci
destiamo
a
giorno
fatto
,
col
mal
di
capo
,
e
il
treno
corre
nella
pianura
più
piana
del
mondo
,
la
si
intravede
sterminata
dietro
i
filari
di
piante
che
,
a
mo
'
di
frangivento
,
fiancheggiano
i
binari
.
Ogni
tanto
un
agglomerato
di
casette
,
di
muro
o
di
legno
,
coi
tetti
normali
,
non
più
spioventi
come
nelle
terre
di
Cecco
Beppe
.
Eppure
nevica
anche
qui
,
no
?
I
colori
sono
miti
,
dolci
,
di
pastello
:
azzurro
il
cielo
,
la
campagna
svaria
dal
verdolino
all
'
oro
vecchio
alla
ruggine
,
senza
nulla
di
drammatico
.
Dove
hanno
arato
la
terra
è
nerastra
,
non
per
niente
questa
è
l
'
Ucraina
.
Ieri
sera
ci
hanno
tenuti
leggeri
,
col
mangiare
,
solo
un
piatto
di
gulasch
con
le
patate
,
ma
stamani
la
colazione
è
robusta
:
pane
bianco
,
pane
nero
,
burro
,
tè
,
salsicciotto
e
ancora
patate
.
Le
due
inservienti
sono
bionde
e
traccagnotte
,
con
il
grembiule
nero
e
la
crestina
bianca
messa
un
po
'
storta
come
se
non
ci
fossero
abituate
.
Hanno
le
mani
delle
contadine
,
e
sbattono
le
posate
sui
tavoli
con
fiera
decisione
.
Il
tè
è
gratis
,
chi
vuole
altri
beveraggi
se
li
paga
,
ma
con
che
cosa
?
Qui
sul
treno
non
si
trova
da
cambiare
.
Però
orientiamoci
.
Dunque
:
la
birra
si
chiama
pivo
,
il
vino
come
da
noi
,
ma
con
l
'
accento
sulla
o
,
il
tè
si
dice
ciai
,
la
vodka
naturalmente
è
parola
russa
,
mentre
la
voda
è
soltanto
acqua
.
Il
pane
hlieb
,
le
patate
cartofie
.
Se
dici
spassiba
rispondono
pagiosfie
,
o
roba
del
genere
.
Basterebbe
per
andare
in
capo
al
mondo
,
ma
intanto
,
dopo
colazione
,
facciamo
un
altro
riposino
.
E
dopo
pranzo
la
dormita
vera
e
propria
,
tutti
d
'
accordo
,
con
il
finestrino
chiuso
all
'
ultimo
momento
per
mandar
via
il
fumo
,
le
tende
abbassate
e
i
tappi
nelle
orecchie
.
Tutto
a
posto
:
Mimmo
ha
preso
il
lassativo
,
il
tabaccaio
senese
ha
detto
che
per
ora
sta
bene
e
speriamo
duri
,
con
cauto
ottimismo
.
Senatori
è
scomparso
.
Siamo
un
minuscolo
collettivo
che
funziona
perfettamente
.
Anzi
,
questo
treno
potrebbe
continuare
oltre
Mosca
,
imboccare
la
transiberiana
,
menarci
dritto
a
Vladivostok
,
una
settimana
intera
,
forse
dieci
giorni
di
tatum
tatum
tatum
tatum
sulle
rotaie
che
,
come
è
noto
,
hanno
uno
scartamento
superiore
al
nostro
,
su
questi
vagoni
ben
più
ammortizzati
e
comodi
dei
nostri
.
Sarebbe
un
viaggio
meraviglioso
:
la
gente
mangia
,
beve
e
dorme
,
non
ci
sono
preoccupazioni
per
l
'
indomani
,
tempo
per
guardare
il
panorama
(
unico
nostro
lavoro
)
ce
n
'
è
d
'
avanzo
,
le
sigarette
sono
di
tutti
,
i
medicinali
anche
,
nessuno
si
agita
invano
,
insomma
siamo
nel
paese
del
socialismo
e
lo
percorriamo
seguendo
la
via
italiana
.
Strada
facendo
chi
non
ha
moglie
potrebbe
anche
sposarsi
,
perché
il
capotreno
ha
l
'
autorità
di
congiungere
in
legittimo
nodo
,
tu
,
Mimmo
,
chi
prenderesti
?
La
bolognese
grassa
?
E
tu
?
La
ragazzina
sovietica
che
cammina
pari
pari
,
che
sta
sulle
sue
,
ma
forse
solo
perché
è
timida
?
Si
chiama
Natascia
.
O
invece
Svetlana
,
che
significa
Chiara
,
l
'
altra
accompagnatrice
che
è
comparsa
stamattina
e
sorride
tanto
bene
?
Bisogna
andare
a
trovare
la
signora
Lucia
,
che
alloggia
nell
'
altro
vagone
con
la
padovana
barbuta
,
un
'
altra
donna
e
il
veterinario
dal
pizzetto
grigio
.
È
tutta
contenta
perché
ha
saputo
da
Svetlana
-
Chiara
certe
cose
molto
,
molto
interessanti
.
Per
esempio
,
mi
dice
,
in
Russia
non
c
'
è
più
la
proprietà
privata
,
la
terra
non
è
di
un
padrone
ma
dello
Stato
,
che
la
dà
in
conduzione
alle
cooperative
dei
contadini
,
che
si
chiamano
(
ha
preso
appunti
)
,
si
chiamano
colcos
,
legge
.
Molto
interessante
.
Svetlana
ha
anche
distribuito
un
foglietto
dell
'
Inturist
,
dove
si
comunica
,
anzi
«
si
ha
l
'
onore
di
comunicare
»
agli
ospiti
stranieri
che
sul
territorio
sovietico
possono
fotografare
e
cinematografare
tutto
quello
che
vogliono
.
Con
queste
eccezioni
:
le
installazioni
militari
,
le
ferrovie
,
i
ponti
,
le
strade
e
le
opere
d
'
arte
.
Vale
a
dire
che
fotograferemo
gli
alberi
,
le
nuvole
e
le
cornacchie
.
E
invece
tutti
fotografano
,
in
bianco
e
nero
e
a
colori
,
tutto
quel
che
vogliono
,
saltano
fuori
macchine
a
decine
.
Ormai
il
turista
italiano
si
è
americanizzato
,
in
questo
:
anziché
guardare
le
cose
le
fotografa
,
poi
a
casa
sua
guarderà
le
fotografie
.
Alla
stazione
di
Kiev
,
Riccio
s
'
affaccia
alla
porta
del
vagone
in
pigiama
,
caccia
un
urlo
da
Tarzan
e
rimane
lì
a
dondolarsi
attaccato
alle
maniglie
.
Da
ogni
parte
accorrono
ferrovieri
,
poliziotti
,
colcosiani
e
ridono
,
con
grande
mostra
di
denti
d
'
acciaio
,
e
Ivano
li
riprende
con
la
macchina
cinematografica
.
Riprende
il
treno
fermo
,
noi
in
piedi
vicino
alla
scritta
cirillica
Ciop
-
Mosca
,
Riccio
che
continua
a
fare
Tarzan
sulla
porta
del
vagone
,
ancora
noi
in
gruppo
coi
colcosiani
che
ridono
,
i
cesti
delle
mele
e
delle
rape
,
la
ferrovia
con
la
bandierina
rossa
.
E
mentre
dura
questo
bailamme
italo
-
ucraino
all
'
improvviso
il
treno
se
ne
va
.
Pare
che
l
'
altoparlante
abbia
avvertito
gli
italiani
di
salire
in
vettura
,
ma
Riccio
era
troppo
occupato
a
far
ridere
i
colcosiani
e
non
ci
ha
tradotto
il
messaggio
.
Ed
ecco
che
a
fare
Tarzan
stavolta
siamo
una
ventina
,
aggrappolati
sul
predellino
,
mentre
il
treno
riprende
velocità
,
e
ci
sfila
dinanzi
la
fumigante
periferia
industriale
di
Kiev
,
e
poi
il
Dnieper
grandissimo
,
coi
barconi
,
i
vaporetti
e
le
barche
ferme
a
pescare
.
Nessuno
è
rimasto
a
terra
.
Il
soldatino
in
canottiera
celeste
si
chiama
Tolia
Ivanovic
,
cioè
,
Anatolio
Di
Giovanni
,
e
gli
scompartimenti
se
lo
contendono
,
lo
intontiscono
a
furia
di
sigarette
,
di
manate
sulle
spalle
,
di
meraviglie
occidentali
:
i
rasoi
a
pila
,
l
'
accendino
con
incorporato
l
'
orologio
(
e
funziona
!
)
,
le
forbicette
per
le
unghie
che
paiono
un
arnese
chirurgico
.
Mi
pare
intimorito
,
un
po
'
diffidente
:
la
ferma
in
Russia
è
di
tre
anni
,
dai
diciannove
ai
ventidue
,
lui
viene
naturalmente
da
Budapest
e
va
in
licenza
al
paese
suo
,
dietro
gli
Urali
.
Non
vuol
farsi
fotografare
.
Capisco
perché
solo
quando
all
'
improvviso
domanda
a
Riccio
se
lui
lavora
,
in
Italia
.
Anche
Mimmo
lavora
?
Anche
Ivano
?
Lavorate
tutti
,
insomma
?
Certo
,
soldatino
,
lavoriamo
tutti
,
da
noi
in
Italia
,
non
c
'
è
il
socialismo
,
ma
chi
non
lavora
non
mangia
,
se
è
nato
povero
.
E
quelli
nati
ricchi
non
sperare
di
trovarli
su
una
seconda
classe
Venezia
-
Mosca
,
settantaquattromila
lire
,
poco
più
di
cento
rubli
,
tutto
compreso
.
Gli
spieghiamo
anche
i
nostri
mestieri
:
impiegato
,
albergatore
,
giornalista
,
pisatel
(
sarei
io
)
.
E
se
siamo
tutti
lavoratori
-
finito
il
militare
lui
diventerà
ingegnere
elettrico
-
fotografiamoci
insieme
.
Più
vicini
,
altrimenti
non
ci
entrate
,
così
abbracciatevi
.
«
Mi
presti
il
berretto
?
»
chiede
Riccio
,
e
glielo
leva
,
per
metterselo
in
capo
.
La
tunica
non
me
la
presti
?
Sicuro
,
se
la
leva
,
ridendo
,
e
indossa
il
pigiama
a
righe
di
Riccio
.
I
calzoni
no
.
Coi
fanti
si
può
scherzare
,
ma
ci
sono
dei
limiti
:
dalla
cintola
in
su
.
Lo
ritroviamo
qualche
ora
più
tardi
nel
corridoio
,
dopo
la
cena
,
dopo
l
'
ultima
breve
siesta
,
dopo
rifatte
le
valigie
.
Allora
siamo
intesi
,
soldato
Anatolio
figlio
di
Giovanni
:
saluta
il
padre
tuo
Giovanni
e
tutta
la
famiglia
,
là
dietro
gli
Urali
.
Auguri
:
che
venga
presto
il
giorno
del
congedo
che
tu
diventi
un
bravo
ingegnere
elettrico
.
E
ricordati
sempre
che
in
tutto
il
mondo
la
gente
lavora
,
anche
in
Italia
.
Se
capiti
dalle
nostre
parti
,
vieni
a
trovarci
.
È
l
'
ora
degli
ultimi
dasvidanie
,
perché
quel
triangolo
di
luci
sospeso
nel
buio
è
il
fastigio
dell
'
università
.
Quasi
si
stenta
a
crederlo
,
eppure
siamo
arrivati
a
Mosca
.
StampaQuotidiana ,
Sentiamo
dunque
la
prima
impressione
:
cosa
c
'
è
di
diverso
,
in
Mosca
,
per
questi
italiani
che
ne
vedono
sfilare
una
fetta
periferica
,
da
bordo
dell
'
autobus
diretto
all
'
albergo
?
Le
risposte
sono
:
le
strade
più
larghe
,
almeno
il
doppio
delle
nostre
,
il
traffico
incredibilmente
più
raro
e
tranquillo
;
i
casamentoni
brutti
,
tutti
uguali
,
d
'
un
giallino
sporco
,
peggio
d
'
una
nostra
brutta
periferia
urbana
;
la
città
scura
.
E
quest
'
ultima
è
forse
la
differenza
che
conta
di
più
:
i
lampioni
ci
sono
,
ma
non
c
'
è
il
neon
della
pubblicità
,
quello
appunto
che
dà
il
tono
notturno
a
una
capitale
in
Occidente
.
Manca
il
neon
,
manca
il
fragore
del
traffico
,
mancano
i
grammofoni
a
gettone
,
così
Mosca
,
per
chi
ci
arriva
da
Occidente
,
sembra
prima
di
tutto
una
città
buia
e
silenziosa
:
il
totale
delle
differenze
,
almeno
per
me
,
pare
positivo
,
in
altre
parole
qui
si
potrebbe
vivere
bene
.
A
tratti
nell
'
aria
c
'
è
una
zaffata
d
'
odore
dolciastro
che
sembra
di
menta
:
mi
spiegano
che
dipende
dalla
diversa
qualità
della
benzina
bruciata
nei
motori
.
Ma
abbiamo
tutti
una
gran
voglia
di
sapere
di
più
,
vedere
di
più
,
e
invece
,
all
'
albergo
Turist
,
il
nostro
(
che
è
semmai
un
enorme
ostello
della
gioventù
,
un
intero
villaggio
di
palazzotti
a
quattro
piani
,
dalle
parti
della
fiera
)
,
è
ormai
chiusa
la
cassa
e
non
si
può
cambiare
,
e
in
giro
per
una
città
di
notte
,
senza
quattrini
,
chi
si
azzarda
?
Pare
quasi
sicuro
ormai
che
staremo
a
girellare
dentro
il
villaggio
,
o
a
spedire
una
cartolina
con
la
fotografia
di
Valentina
Vladimirovna
Tereshkova
,
quando
arriva
Riccio
e
fa
segno
che
ha
trovato
-
nessuno
gli
chiede
dove
-
un
rublo
e
mezzo
.
Dovrebbero
bastare
a
portarci
tutti
e
quattro
fino
all
'
albergo
Leningradskaia
,
in
centro
,
dove
stanno
calciatori
e
giornalisti
,
e
lì
qualcuno
che
ci
presti
un
po
'
di
soldi
lo
troveremo
di
certo
.
Allora
via
di
corsa
alla
fermata
dell
'
autobus
.
Differenza
:
non
c
'
è
il
controllore
,
soltanto
il
guidatore
,
che
alle
fermate
prende
il
microfono
e
spiega
dove
siamo
,
e
poi
una
cassettina
di
vetro
,
dove
ciascuno
mette
i
suoi
tre
copechi
e
stacca
il
biglietto
da
solo
.
Lo
spiega
a
Riccio
una
biondina
gentilissima
,
e
anzi
ci
cambia
il
mezzo
rublo
,
perché
possiamo
mettere
in
cassetta
i
dodici
copechi
.
Quindici
anzi
,
perché
siamo
cresciuti
,
sull
'
autobus
dietro
a
noi
è
salito
anche
un
torinese
un
po
'
balengo
,
che
già
avevo
notato
in
treno
.
Ha
gli
occhi
sempre
assonnati
e
parla
a
strascico
.
«
I
quattrini
ce
l
'
hai
?
»
«
No
,
ma
così
,
ecco
,
volevo
vedere
la
cosa
,
qui
no
,
la
città
.
Casomai
ecco
,
potrei
venire
con
voi
,
no
?
»
Riccio
lo
guarda
storto
,
mi
dà
una
gomitata
,
barbotta
:
«
Ma
cosa
vuole
quello
.
Via
,
mandalo
via
.
Piemontese
fesso
»
.
Fessi
invece
siamo
noi
terroni
,
non
ci
regge
il
cuore
di
abbandonarlo
per
una
strada
di
Mosca
,
il
piemontese
balengo
e
così
ce
lo
tiriamo
dietro
fino
alla
stazione
del
metrò
.
La
biondina
è
sparita
,
e
al
suo
posto
c
'
è
un
giovanotto
che
spiega
come
si
fa
:
pezzi
da
cinque
copechi
,
capito
?
Piet
capieca
,
da
mettere
nell
'
apposita
fessura
,
all
'
imbocco
della
scala
mobile
.
C
'
è
una
cellula
fotoelettrica
che
si
blocca
con
quel
soldone
,
e
se
invece
non
ce
l
'
hai
messo
,
fa
scattare
il
cancellino
e
chiude
.
Allora
cinque
da
cinque
,
e
va
bene
,
diamo
la
pieccapieca
anche
al
torinese
.
I
primi
due
o
tre
metri
della
scala
mobile
sono
in
piano
,
poi
all
'
improvviso
ecco
il
pozzo
:
vertiginoso
,
profondo
,
precipita
per
ottanta
metri
sotto
terra
a
velocità
da
infarto
.
Sulla
scala
opposta
salgono
,
altrettanto
veloci
,
e
sembra
che
pendano
in
avanti
,
forse
pendono
davvero
(
angolo
di
45
gradi
)
per
tenersi
in
equilibrio
,
forse
è
un
effetto
della
legge
di
Einstein
,
secondo
la
quale
,
come
è
noto
,
l
'
universo
in
movimento
assume
la
forma
di
una
saponetta
consumata
.
Chi
lo
sa
?
La
stazione
vera
,
quella
interna
,
è
giù
,
meravigliosa
,
sembra
d
'
essere
al
terzo
atto
dell
'
Aida
,
fra
stucchi
,
ori
,
mosaici
,
panoplie
,
colonne
e
bandieroni
.
Il
bello
poi
è
che
il
treno
funziona
,
si
ferma
,
apre
le
porte
,
riparte
fulmineo
,
un
treno
modernissimo
,
efficiente
,
che
per
di
più
corre
dal
terzo
atto
dell
'
Aida
al
primo
del
Nabucco
,
passando
per
la
Vedova
Allegra
,
i
Nibelunghi
e
la
Norma
.
Da
un
momento
all
'
altro
qui
arrivano
le
comparse
con
le
spade
di
latta
,
i
negri
tinti
,
Cleopatra
col
serpente
,
un
paio
di
elefanti
e
le
bighe
.
Con
quel
bel
soldone
da
cinque
copechi
puoi
restare
un
giorno
intero
sotto
terra
,
e
ammirare
le
sessanta
stazioni
tutte
diverse
e
tutte
bellissime
.
Tanto
è
vero
che
ci
siamo
spersi
e
non
si
ritrova
più
il
buco
giusto
della
Leningradskaia
.
Però
,
riecco
la
biondina
dell
'
autobus
,
che
ci
rimprovera
d
'
averla
abbandonata
e
ci
spiega
che
bisogna
prendere
quest
'
altra
linea
,
arrivare
fino
al
secondo
atto
del
Godunov
,
e
scendere
.
Anzi
,
sale
con
noie
ci
accompagna
fino
alla
stazione
,
da
dove
partono
i
treni
per
Leningrado
.
Spassiba
.
La
prima
cosa
che
vediamo
,
nella
strada
buia
che
sa
di
menta
,
è
uno
steso
per
terra
,
ligneo
,
quasi
cianotico
,
livido
,
di
certo
un
ubriaco
allo
stadio
della
cirrosi
spappolante
.
Intorno
c
'
è
un
capannello
che
lo
sta
a
guardare
,
tutti
fermi
,
e
una
guardia
,
ferma
anche
lei
,
immobile
.
Italiani
al
soccorso
!
Il
piemontese
balengo
si
china
a
sentire
il
polso
,
poi
fa
di
no
col
capo
,
come
a
dire
che
questo
ormai
è
buono
solo
per
il
becchino
.
Io
apostrofo
la
guardia
,
in
italiano
,
smanettando
:
«
Che
diavolo
fate
,
qui
?
Non
lo
raccatta
nessuno
,
questo
poveraccio
?
»
.
E
la
guardia
deve
aver
capito
,
perché
smanettando
più
di
me
bercia
qualcosa
in
russo
,
che
interpreto
così
:
«
E
a
te
che
te
ne
importa
?
Perché
non
ti
fai
gli
affari
tuoi
?
»
.
Così
entriamo
nella
stazione
davanti
,
traversata
la
piazza
di
corsa
,
è
la
kazaka
,
mi
pare
,
e
col
rublo
che
ci
resta
ordiniamo
cinque
frappé
,
molto
buoni
perché
al
latte
e
allo
sciroppo
la
donnetta
aggiunge
,
dal
frigorifero
,
marca
Moskava
,
mezzo
panetto
di
burro
.
Uscendo
,
il
capannello
di
gente
immobile
non
c
'
è
più
,
e
nemmeno
il
cirrotico
,
né
la
guardia
.
Si
vede
che
avevano
già
telefonato
,
all
'
ambulanza
,
o
forse
al
cellulare
,
chi
lo
sa
.
Allora
via
al
Leningradskaia
,
che
è
un
albergo
immenso
,
di
stile
assiro
,
con
l
'
atrio
ingombro
di
statue
,
colonne
,
mostri
e
italiani
:
Otturino
Barassi
,
il
vecchio
centravanti
frascatano
,
Amadei
,
tre
giovanotti
con
la
giacca
blu
spacchettata
e
i
capelli
scolpiti
a
rasoio
.
Ivano
si
ferma
a
salutarne
uno
,
che
è
Orlando
,
poi
mi
spiega
che
gli
altri
si
chiamano
uno
Tumburus
e
uno
Janich
;
tutti
e
tre
riserve
,
segno
che
hanno
mandato
a
nanna
i
titolari
,
anzi
i
prestipedatori
.
Evocato
dal
pensiero
compare
Gianni
Brera
,
col
toscano
in
bocca
:
vale
dunque
ancora
l
'
ovvia
constatazione
,
che
si
può
vivere
a
Milano
dieci
anni
senza
incontrare
mai
una
persona
,
che
per
conoscerla
bisogna
andare
fino
a
Mosca
.
Mi
piglia
per
un
braccio
e
mi
tira
su
in
camera
sua
,
al
quinto
piano
,
mi
versa
da
bere
,
mi
tappa
la
bocca
con
un
avana
formidabile
e
attacca
la
lezione
etnico
-
storica
sul
popolo
ungherese
.
Dunque
sta
a
sentire
:
gli
ungheresi
sono
la
pars
alba
,
il
pollone
chiaro
venuto
su
dallo
stesso
ceppo
che
ha
espresso
,
come
pars
nigra
,
li
turchi
.
Smisero
di
lavorare
ai
tempi
di
Attila
.
Tu
prendi
la
lingua
:
il
lessico
campagnolo
-
zappa
,
aratro
,
solco
eccetera
-
è
tutto
di
origine
croata
.
Infatti
,
cosa
facevano
gli
ungheresi
,
dalla
mattina
alla
sera
?
Montavano
a
pelo
,
ballavano
il
valzer
a
Vienna
con
le
mogli
dei
generali
austriaci
(
naturalmente
cornuti
)
e
prendevano
a
calci
nel
sedere
gli
slavi
del
Sud
,
cioè
i
croati
contadini
.
Ora
cosa
gli
è
successo
?
Gli
è
successo
che
i
calci
nel
sedere
li
stanno
prendendo
loro
,
e
proprio
dagli
slavi
.
Slavi
del
Nord
,
ma
sempre
slavi
.
Che
vanno
sulla
luna
,
ma
sempre
contadini
.
Ergo
,
le
facce
rinceppate
che
tu
hai
visto
a
Budapest
.
Tutto
qui
,
il
comunismo
non
c
'
entra
.
Te
capì
?
Ho
capito
,
ma
da
sotto
telefonano
,
così
mi
faccio
prestare
cinque
rubli
dal
professore
,
scendo
nell
'
atrio
assiro
,
recupero
Mimmo
,
Ivano
,
Riccio
e
il
balengo
torinese
,
andiamo
a
prendere
un
altro
frappé
col
burro
alla
stazione
di
fronte
,
la
leningradese
appunto
,
e
poi
è
ora
di
rincasare
,
col
taxi
.
Lo
guida
un
giovanotto
capelluto
,
col
maglione
,
che
prima
di
muoversi
vuole
patti
chiari
:
«
Trit
rublia
,
carasciò
?
»
.
Va
bene
,
tre
rubli
,
autista
ladro
e
teddiboia
,
che
non
hai
nemmeno
fatto
scattare
il
tassametro
,
e
guidi
da
cane
,
metti
dentro
le
marce
peggio
d
'
uno
scimmione
,
tanto
la
macchina
è
dello
Stato
,
vero
?
Domani
ti
faccio
rapporto
.
Tanto
più
che
a
un
certo
punto
si
è
fermato
e
dice
che
il
Turist
Hotel
è
qui
,
Riccio
invece
non
è
convinto
per
nulla
,
ordina
che
non
scendiamo
mentre
lui
va
a
controllare
.
Siamo
al
Turist
,
ma
all
'
entrata
opposta
,
bisognerà
traversare
il
villaggio
a
piedi
,
perché
il
tassista
lavativo
non
vuole
sentir
ragioni
,
più
oltre
non
va
.
Accidenti
a
lui
.
Ormai
sono
quasi
le
due
,
la
maggior
parte
dorme
,
e
andiamo
a
cuccia
anche
noi
:
quattro
letti
di
ferro
,
quattro
sedie
,
un
armadio
con
quattro
stampelle
,
la
bottiglia
con
quattro
bicchieri
e
basta
.
Vetri
doppi
alle
finestre
,
ma
niente
tapparelle
,
niente
persiane
né
scuri
,
così
domattina
siamo
certi
che
il
primo
sole
ci
sveglia
.
Il
primo
sole
e
radio
Mosca
che
dà
il
buongiorno
intonando
«
guai
a
chi
tocca
la
Russia
dei
Soviet
»
:
ogni
camera
ha
il
suo
altoparlante
posato
sullo
spigolo
dell
'
armadio
,
e
ieri
sera
ci
siamo
scordati
di
staccare
la
spina
.
Per
il
corridoio
già
sfilano
diretti
ai
bagni
italiani
,
italiane
,
un
negro
con
addosso
un
barracano
vasto
come
una
tenda
,
di
tessuto
damascato
,
molto
bello
.
Le
docce
invece
sono
al
pianterreno
,
e
già
fanno
la
fila
,
per
tramutare
i
bigliettoni
con
padre
Dante
,
e
gli
altri
con
Lincoln
e
Washington
,
in
bigliettini
microscopici
che
sembrano
i
buoni
-
premio
delle
scatole
di
detersivo
,
e
invece
sono
rubli
.
La
ragazza
fa
i
conti
col
pallottoliere
,
velocissima
,
qualcuno
al
solito
se
ne
meraviglia
,
salta
fuori
il
solito
piccoletto
con
gli
occhiali
,
nero
e
pingue
,
che
in
romanesco
si
mette
a
difendere
,
con
argomenti
da
critica
della
ragion
politica
,
l
'
utilità
del
pallottoliere
,
e
il
suo
inserimento
nella
tradizione
slava
.
A
questo
punto
Marcello
,
che
mi
è
accanto
,
scatta
e
insulta
il
piccoletto
:
non
può
sopportare
i
comunisti
saccenti
di
Roma
,
che
spiegano
il
plusvalore
con
la
calata
di
Trastevere
,
si
abboffano
di
rigatoni
,
fanno
,
quando
possono
,
la
dolce
vita
,
e
poi
la
vituperano
come
un
segno
della
decadenza
occidentale
,
così
mettono
su
pancia
e
salvano
persino
la
buona
coscienza
proletaria
.
Gli
dico
di
stare
calmo
,
perché
qui
l
'
obiettività
tanto
ripetuta
in
viaggio
sta
per
andare
a
farsi
benedire
,
nessuno
è
venuto
a
Mosca
senza
preconcetti
,
tranne
forse
la
signora
Lucia
,
e
già
si
capisce
che
non
sono
disposti
a
cambiarli
.
Unto
più
che
le
due
ragazzine
del
treno
sono
sparite
,
non
vedi
più
Natascia
la
pari
-
pari
,
e
nemmeno
Svetlana
-
Chiara
dal
bel
sorriso
.
Al
loro
posto
c
'
è
una
stangona
magra
,
con
le
occhiaie
livide
,
il
viso
stirato
,
che
sembra
una
supersegretaria
d
'
azienda
.
E
d
'
un
'
azienda
vastissima
,
che
si
chiama
Unione
delle
Repubbliche
Socialiste
Sovietiche
.
Il
nome
della
ragazza
è
invece
Ludmilla
.
StampaQuotidiana ,
La
supersegretaria
Ludmilla
fa
il
suo
mestiere
di
accompagnatrice
con
grande
scrupolo
:
ritta
vicino
al
guidatore
,
faccia
a
noi
,
in
mano
un
microfono
che
gracchia
,
comincia
dall
'
uovo
.
Mosca
era
alle
origini
una
fortezza
sulla
Moscova
,
imprendibile
,
superficie
un
ettaro
.
Oggi
87
ettari
,
sei
milioni
di
abitanti
esclusi
i
sobborghi
,
più
un
milione
di
turisti
che
ogni
giorno
affluiscono
alla
capitale
dallo
sterminato
contado
e
anche
dall
'
estero
;
in
occasione
della
partita
,
cinquemila
italiani
.
Ogni
giorno
si
costruiscono
a
Mosca
trecento
nuovi
alloggi
,
anche
col
sistema
delle
case
prefabbricate
:
l
'
inquilino
paga
in
ragione
di
tredici
copechi
per
metro
quadrato
,
meno
di
cento
lire
.
A
destra
(
sua
,
cioè
alla
nostra
sinistra
)
statua
di
operaio
e
colcosiana
,
altezza
metri
venticinque
,
in
acciaio
inossidabile
,
e
smontabile
:
la
portarono
alla
mostra
di
Parigi
.
Facciata
del
teatro
Bolscioi
,
scendere
per
fotografare
ma
solo
cinque
minuti
.
Stazione
di
Riga
,
e
dal
lato
opposto
chiesa
di
San
Cipollone
,
oggi
conservata
a
mo
'
di
museo
.
Domande
da
fare
?
Sì
,
la
signora
padovana
chiede
se
domattina
è
possibile
andare
a
messa
.
Possibile
,
perché
in
Unione
Sovietica
restano
chiese
aperte
,
israelite
,
ortodosse
e
cristiane
,
ma
«
puoche
puoche
»
perché
popolo
sovietico
«
puoco
puoco
»
religioso
.
E
la
chiesa
cattolica
c
'
è
?
Certo
,
Ludmilla
lo
ignora
,
ma
molti
fra
noi
sanno
che
si
chiama
San
Luigi
dei
Francesi
,
e
la
padovana
domani
andrà
senz
'
altro
da
questo
santo
dei
francesi
,
in
mancanza
di
meglio
.
Ludmilla
però
non
l
'
accompagnerà
:
domani
Piazza
Rossa
.
«
E
mì
vado
a
messa
,
e
quella
lì
vada
al
diavolo
»
,
conclude
indicando
la
giovane
senza
Dio
.
Ecco
i
grattacieli
,
costruiti
con
sistemi
modernissimi
,
cioè
pietra
su
pietra
,
mattone
su
mattone
,
fino
ad
arrivare
,
con
le
guglie
,
ai
non
so
più
quanti
metri
e
mezzo
dell
'
Università
.
È
il
mastodonte
,
che
sorge
sulla
Collina
dei
Passeri
.
Di
qui
si
vedono
le
anse
della
Moscova
,
tutta
la
città
distesa
,
accanto
c
'
è
un
grande
trampolino
per
il
salto
con
gli
sci
.
Appena
scesi
ci
aggrediscono
nugoli
di
ragazzetti
chiedendo
«
biro
,
biro
,
biro
»
,
e
mostrando
in
cambio
distintivi
.
Per
una
penna
a
sfera
danno
anche
quattro
stelle
rosse
.
Sarebbe
bello
discorrere
un
po
'
con
questi
giovanotti
sprovveduti
.
Ludmilla
spiega
solo
che
sono
ragazzi
«
non
molto
buoni
»
e
che
bisognerebbe
-
fa
il
gesto
-
sculacciarli
.
Ci
tira
via
fino
al
mastodonte
,
e
non
ci
risparmia
nulla
:
seimila
studenti
alloggiati
,
trentamila
universitari
in
tutta
Mosca
,
agli
studi
superiori
,
dopo
il
decimo
anno
delle
elementari
,
si
entra
per
concorso
,
e
si
riceve
una
borsa
minima
di
un
rublo
al
giorno
.
Entro
università
mensa
,
pasto
minimo
venticinque
copechi
,
non
granché
buono
ma
«
sufficiente
per
saturarsi
»
.
In
università
sei
ascensori
ultraveloci
portano
fino
al
piano
ventottesimo
,
ci
sono
aule
e
laboratori
,
teatri
e
auditori
,
studenti
di
tutte
le
razze
,
anche
sessanta
italiani
.
Si
può
entrare
dovunque
:
nelle
aule
mentre
fanno
lezione
,
nelle
mense
,
negli
atri
,
nelle
camerette
,
persino
nei
cessi
.
E
siccome
ogni
giorno
deve
essere
un
pellegrinaggio
di
turisti
,
come
faranno
a
studiare
questi
ragazzi
lo
sa
il
diavolo
.
L
'
impressione
è
che
questo
brutto
mastodonte
serva
più
come
simbolo
che
come
strumento
,
che
sia
poco
funzionale
,
che
sarebbe
stato
molto
meglio
fare
una
città
degli
studi
,
con
molti
edifici
staccati
in
mezzo
al
verde
.
Uno
degli
architetti
fiorentini
mi
fa
notare
che
i
corridoi
interni
sono
bui
,
e
infatti
è
acceso
il
neon
in
continuazione
;
che
le
camere
sono
sbagliate
,
se
apri
la
finestra
non
apri
più
l
'
armadio
.
Marcello
si
è
messo
a
bisticciare
con
lo
spoletino
baffuto
:
«
Guardi
le
nostre
università
»
,
dice
quest
'
ultimo
,
«
relegate
nei
vecchi
conventi
,
nei
palazzacci
antichi
.
E
poi
i
risultati
si
sono
visti
,
no
?
L
'
abbiamo
visto
o
no
se
quest
'
università
funziona
?
Ci
sono
andati
o
no
,
primi
nello
spazio
?
»
.
Basta
con
Ludmilla
,
nel
pomeriggio
andremo
in
centro
noi
quattro
da
soli
.
Per
strada
ci
ferma
un
giovanotto
alto
,
gobbo
e
occhialuto
,
parla
in
russo
con
Riccio
,
dice
che
vuol
comprare
roba
italiana
,
vestiti
,
impermeabili
,
maglie
.
È
successo
a
noi
,
come
a
tutti
gli
altri
indistintamente
,
perfino
alla
padovana
coi
baffi
un
'
inserviente
dell
'
albergo
ha
chiesto
un
paio
di
calze
di
nailon
.
«
Mi
carezzava
,
mi
carezzava
,
quasi
mi
faceva
piangere
,
povera
!
Le
ho
detto
tieni
le
calze
,
e
va
'
a
farte
benedire
,
Mariavergine
»
.
In
taxi
il
giovanotto
nostro
,
l
'
occhialuto
spiega
che
aspetterà
fuori
del
villaggio
,
andiamo
dentro
noi
a
prendere
la
roba
e
ci
ritroviamo
lì
fra
un
quarto
d
'
ora
.
Entrare
lui
è
proibito
,
specialmente
al
blocco
due
,
il
nostro
,
«
a
very
bad
block
»
,
spiega
.
Questo
lumacone
deve
passare
le
giornate
a
trafficare
in
impermeabili
empolesi
.
Cos
'
abbiamo
da
vendergli
?
Mimmo
tira
fuori
un
par
di
mutandoni
di
lana
che
gli
aveva
comprato
la
mamma
per
viaggiare
in
Russia
(
andranno
bene
?
Quanto
posso
chiedere
?
)
;
poi
ci
sono
le
maglie
,
col
collo
e
senza
,
una
decina
fra
tutti
,
d
'
ogni
colore
,
da
riempirne
la
borsa
dell
'
Alitalia
.
Stiamo
per
uscire
di
camera
col
malloppo
quattro
magliari
penso
,
oltre
tutto
piove
,
ci
pentiamo
quasi
contemporaneamente
,
e
che
il
lumacone
rimanga
pure
sotto
l
'
acqua
ad
aspettarci
che
ben
gli
sta
.
La
mattina
dopo
Ludmilla
,
puntuale
e
tenace
,
riattacca
con
le
cifre
,
al
Cremlino
vedremo
il
campanone
crollato
prima
ancora
di
arrivare
in
vetta
al
campanile
,
lei
sa
quanto
pesa
,
quanto
ha
di
diametro
,
quanto
di
altezza
,
vedremo
il
«
re
dei
cannoni
»
,
un
enorme
pezzo
di
artiglieria
che
forse
non
ha
mai
sparato
,
e
casomai
ha
sparato
solo
a
mitraglia
,
perché
le
quattro
palle
,
da
due
tonnellate
ciascuna
,
lì
davanti
,
sono
dell
'
Ottocento
,
e
a
fine
decorativo
.
Dentro
il
Cremlino
c
'
è
anche
l
'
unico
edificio
davvero
moderno
veduto
a
Mosca
,
il
palazzo
dei
Congressi
,
ardito
col
suo
vetro
e
cemento
in
mezzo
a
tante
cipollone
.
Ludmilla
spara
le
sue
cifre
,
e
sarà
meglio
squagliarsela
per
andare
a
comprare
,
da
buon
italiano
,
il
colbacco
e
la
balalaica
.
Sulla
Piazza
Rossa
c
'
è
un
omone
,
un
armadio
che
cammina
,
e
si
tira
dietro
sei
balalaiche
;
gli
chiedo
dove
l
'
ha
comprate
,
lui
si
volta
ed
è
il
Rollamatic
.
I
poliziotti
ci
fischiano
dietro
,
ma
lui
dice
«
italianski
futbalisti
»
e
ci
lasciano
passare
,
di
corsa
,
fuori
delle
strisce
.
Così
andiamo
al
Gum
,
e
il
Rollamatic
-
armadio
è
efficientissimo
,
si
fa
largo
senza
nemmeno
sgomitare
,
per
pura
forza
intimidatoria
-
pagiostie
,
pagiostie
-
e
gli
acquisti
si
sbrigano
in
un
baleno
.
Tutti
e
due
incolbaccati
torniamo
sulla
Piazza
Rossa
,
il
Rollamatic
si
congeda
,
io
ritrovo
la
comitiva
con
Ludmilla
,
e
senza
fare
la
fila
entriamo
al
mausoleo
rosso
e
nero
,
coi
soldatini
imberbi
dal
fucilino
lustro
che
pare
un
giocattolo
,
immobili
,
consapevoli
.
Saranno
anche
«
puoco
puoco
»
religiosi
,
questi
russi
,
ma
la
fila
è
interminabile
,
avanza
lenta
lenta
,
perché
non
si
sosta
davanti
alla
mummia
,
le
si
gira
attorno
.
C
'
è
buio
,
solo
tre
lampade
che
illuminano
il
viso
di
cera
e
le
mani
,
una
aperta
,
una
stretta
a
pugno
.
Alla
fine
del
giro
incontro
lo
sguardo
di
Marcello
,
e
per
poco
non
ci
mettiamo
a
ridere
.
So
quello
che
pensa
:
che
è
finto
,
che
sembra
d
'
essere
al
miracolo
di
san
Gennaro
,
che
il
cielo
ci
scampi
dalla
sorte
d
'
essere
imbalsamati
,
dopo
morti
,
e
conservati
in
cantina
per
ricordo
ai
nipoti
.
«
O
vieni
un
po
'
a
vedere
com
'
era
fatto
il
tu
'
nonnino
!
»
Ma
basta
col
sacrilegio
.
Pensiamo
a
fare
il
tifo
per
l
'
Italia
.
Lo
stadione
è
bello
,
l
'
altoparlante
alterna
canzoni
italiane
e
russe
,
il
tabellone
luminoso
dà
le
informazioni
in
cirillico
(
non
pare
,
ma
c
'
è
scritto
proprio
Negri
,
Facchetti
,
Maldini
)
,
c
'
è
l
'
orologio
che
segna
i
minuti
trascorsi
,
e
quelli
del
recupero
,
per
il
tempo
perso
fra
incidenti
,
moine
e
pugni
in
faccia
.
Una
figura
da
ladri
,
e
grazie
,
grazie
al
pubblico
sovietico
che
non
ci
ha
sbeffeggiati
,
alla
fine
,
come
meritavamo
,
con
la
nostra
sicumera
del
mattino
,
quando
dall
'
autobus
facevamo
segno
con
le
mani
,
che
gliele
avremmo
suonate
.
Dopo
lo
stadio
devo
andare
al
Leningradesc
per
telefonare
,
Ludmilla
mi
insegna
dove
scendere
e
dove
prendere
il
3
,
che
però
arriva
solo
alla
Komsomolskaia
,
poi
fare
un
tratto
a
piedi
.
Non
ci
capisco
più
niente
,
nessuno
parla
altro
che
russo
,
io
non
riesco
a
dire
bene
Lieningradscaia
,
anche
perché
la
parola
è
sdrucciola
.
Per
fortuna
un
brav
'
uomo
scende
con
me
e
mi
indica.Di
sopra
il
professore
ha
già
avuto
in
linea
Milano
:
«
...
e
Dubinsky
ci
mette
il
piedone
,
va
bene
?
...
e
Sormani
incorna
,
va
bene
?
...
e
rimedia
il
Trap
,
va
bene
?
»
.
Al
piano
di
sotto
c
'
è
Manlio
Cancogni
in
crisi
,
il
Rollamatic
mi
ci
accompagna
,
lo
abbraccio
e
per
consolazione
viene
sopra
anche
lui
a
far
merenda
con
caviale
,
champagne
,
salmone
e
vodka
.
Mi
piacerebbe
star
lì
a
discutere
,
e
magari
scendere
nell
'
atrio
assiro
per
sfottere
un
po
'
i
prestipedatori
,
gli
abatini
che
l
'
hanno
prese
dai
cavalli
della
steppa
,
ma
la
tradotta
aspetta
e
a
mezzanotte
in
punto
salpiamo
.
Alla
stazione
di
Kiev
ci
sono
ucraini
fierissimi
che
ridono
con
noi
della
partita
,
e
donne
che
si
caricano
sul
groppone
sacchi
e
casse
.
Poi
c
'
è
una
comitiva
ungherese
che
intona
un
coro
,
gli
italiani
rispondono
col
mazzolino
di
fiori
,
e
tutti
insieme
si
canta
Marina
,
Ludmilla
è
sparita
,
riecco
Svetlana
e
Natascia
,
e
il
treno
accenna
a
muoversi
.
Comincia
l
'
anabasi
.
StampaQuotidiana ,
Ieri
alla
partita
,
fermo
sotto
l
'
acquerugiola
fredda
,
uno
degli
architetti
fiorentini
s
'
è
raffreddato
malamente
e
,
siccome
sua
moglie
non
aveva
più
aspirina
nella
borsetta
,
si
sono
rivolti
a
Ludmilla
.
La
solerte
nostra
accompagnatrice
lo
ha
portato
dal
medico
del
villaggio
-
albergo
,
che
gli
ha
fatto
prendere
una
sua
pillola
:
il
raffreddore
è
passato
dopo
mezz
'
ora
,
ma
stanotte
lui
tribola
,
ha
il
vomito
e
un
'
eruzione
su
tutta
la
pelle
.
Nel
vagone
accanto
c
'
è
il
veterinario
con
pizzetto
,
e
dice
subito
che
si
tratta
di
un
'
allergia
:
purtroppo
non
ha
il
rimedio
.
Ma
ci
pensa
Svetlana
:
va
dal
capotreno
e
fa
radiotelefonare
a
Kiev
che
sul
nostro
vagone
,
scompartimento
tale
,
c
'
è
un
italiano
malato
,
e
che
tengano
pronto
un
medico
.
Infatti
ecco
Kiev
,
ed
ecco
il
medico
:
una
donna
più
larga
che
lunga
,
vestita
da
cuoca
,
la
quale
monta
trafelata
sul
vagone
,
visita
l
'
infermo
,
ribadisce
la
diagnosi
dell
'
allergia
,
e
conclude
che
bisogna
senz
'
altro
ricoverarlo
nell
'
ospedale
cittadino
.
«
No
,
no
,
no
»
,
dice
la
moglie
dell
'
architetto
,
«
da
da
da
»
ribatte
la
cuoca
,
ma
la
signora
non
cede
.
Pazienza
,
allora
,
e
ordina
che
il
treno
sosti
in
stazione
qualche
minuto
di
più
,
per
fare
un
'
iniezione
:
accorre
infatti
un
'
altra
cuoca
con
la
siringa
e
buca
l
'
architetto
sul
braccio
,
a
regola
d
'
arte
,
senza
il
minimo
dolore
.
Poi
radiotelefonano
alla
stazione
successiva
:
sia
pronto
un
altro
medico
con
il
farmaco
così
e
così
,
per
un
allergico
italiano
che
non
vuol
farsi
ricoverare
e
che
bisogna
curare
strada
facendo
.
Pronta
la
medicina
alla
prossima
stazione
,
la
terza
cuoca
ordina
espressamente
al
ferroviere
del
nostro
vagone
che
controlli
:
ogni
quattro
ore
,
pillola
al
malato
.
E
ogni
quattro
ore
l
'
omino
gentilissimo
bussa
e
s
'
accerta
.
Presa
la
medicina
?
Bravo
.
Terza
visita
,
per
un
ultimo
controllo
,
alla
frontiera
(
stavolta
è
un
cuoco
)
.
Tutto
a
posto
:
cessato
il
vomito
,
va
scomparendo
a
vista
d
'
occhio
l
'
eruzione
cutanea
,
resta
solo
una
gran
fatica
addosso
all
'
architetto
fiorentino
che
ci
ha
dato
modo
di
constatare
,
sulla
pelle
sua
,
come
funzioni
l
'
assistenza
sanitaria
sui
treni
sovietici
:
ottimamente
.
A
Ciop
la
dogana
è
anche
più
sbrigativa
che
all
'
andata
,
chi
vuole
può
riconvertire
i
rubli
in
moneta
occidentale
(
era
una
diceria
,
che
non
lo
facessero
)
,
si
fanno
gli
ultimi
acquisti
di
distintivi
e
stelle
rosse
,
molti
completano
la
collezione
di
monetino
,
dal
copeco
al
rublo
.
Al
bar
c
'
è
una
macchina
per
gli
espressi
di
fabbricazione
ungherese
,
e
decidiamo
di
osare
,
dopo
una
settimana
di
astinenza
:
quasi
buono
.
Le
tre
del
mattino
,
intonandoci
sul
meridiano
nostro
,
diventano
le
cinque
,
ci
stiamo
caricando
sul
vagone
ungherese
,
che
è
lo
stesso
di
prima
,
cioè
brutto
,
poi
quando
è
il
segno
di
partire
ecco
gli
italiani
tutti
che
intonano
Ciao
,
ciao
ciao
bambina
,
per
le
due
ragazze
sovietiche
ferme
lì
davanti
.
Svetlana
-
Chiara
sta
alla
parte
,
smette
il
suo
bel
sorriso
e
fa
finta
di
piangere
;
Natascia
la
pari
-
pari
invece
si
mette
a
piangere
davvero
,
proprio
lei
che
finora
era
rimasta
sempre
sulle
sue
,
e
a
me
pare
di
aver
capito
per
chi
di
noi
-
fortunato
!
-
sta
piangendo
.
Però
,
come
fanno
presto
i
popoli
,
a
intendersi
!
Sul
brutto
treno
ungherese
c
'
è
un
bel
vagone
ristorante
,
coi
camerieri
alti
e
distinti
che
servono
una
meravigliosa
frittata
al
prosciutto
.
Si
chiamano
tutti
Utasellato
-
lo
hanno
scritto
sul
taschino
della
giacca
-
ma
anche
i
piatti
e
i
tovaglioli
di
carta
sono
Utasellato
.
In
questo
modo
si
chiarisce
il
mistero
:
quell
'
incredibile
parola
significa
,
pressappoco
,
«
servizio
ristorante
»
.
A
Budapest
,
inevitabile
come
una
tassa
,
c
'
è
Giorgio
Suveniri
,
che
stavolta
però
non
ci
sollecita
a
cambiare
.
Anzi
,
è
l
'
architetto
fiorentino
convalescente
che
vorrebbe
riconvertire
in
soldi
nostri
i
duecento
e
passa
fiorini
che
gli
sono
rimasti
in
tasca
,
ma
Suveniri
pare
sordo
a
questo
discorso
.
Forse
cambieremo
alla
frontiera
.
E
invece
anche
lì
fanno
orecchi
da
mercante
al
discorso
del
cambio
di
moneta
,
e
così
l
'
architetto
fiorentino
se
ne
torna
nella
città
del
fiore
coi
duecento
e
passa
fiorini
:
li
terrà
per
ricordo
e
per
ammonimento
al
viaggiatore
sprovveduto
in
terra
magiara
.
Piccola
inchiesta
tra
i
compagni
di
viaggio
.
Di
che
cosa
avete
sentito
più
la
mancanza
,
in
questi
giorni
?
Le
risposte
sono
,
nell
'
ordine
:
caffè
,
vino
,
tapparelle
,
bidet
.
Che
cosa
vi
è
piaciuto
di
più
?
La
metropolitana
,
l
'
università
,
la
piscina
coperta
,
lo
stadio
.
E
che
cosa
di
meno
?
Le
donne
che
lavorano
pesante
,
le
file
davanti
ai
carrettini
,
troppi
uomini
in
divisa
.
Acquisti
?
Tutti
la
balalaica
,
molti
il
colbacco
,
alcuni
il
caviale
,
nessuno
la
vodka
,
che
costa
meno
da
noi
che
a
Mosca
,
perché
a
Mosca
vogliono
scoraggiare
gli
alcolisti
.
II
tabaccaio
senese
porta
appesa
al
collo
una
stupenda
macchina
fotografica
,
da
settanta
rubli
.
Non
si
preoccupa
più
per
il
mangiare
,
ma
per
la
nostra
dogana
,
che
forse
gli
farà
pagare
il
balzello
.
Avventure
galanti
?
Zero
via
zero
.
Qualcuno
ha
cambiato
parere
su
qualcosa
?
Nessuno
,
su
niente
.
Tutti
sapevano
già
tutto
,
e
hanno
trovato
conferma
:
che
va
bene
,
oppure
che
va
male
,
oppure
che
va
così
e
così
.
La
verità
è
che
a
Mosca
,
nessuno
va
con
animo
obiettivo
,
come
andrebbe
a
Tokio
o
a
Carachi
;
ognuno
ha
in
testa
le
sue
idee
precise
(
anzi
le
sue
idee
fisse
)
e
non
si
sposta
d
'
un
palmo
.
Diffusa
tra
tutti
la
tendenza
a
generalizzare
,
a
dedurre
dai
minimi
particolari
di
questi
due
vertiginosi
giorni
moscoviti
(
il
gesto
di
un
taxista
,
la
cortesia
d
'
un
passante
,
una
frase
colta
a
volo
)
conclusioni
amplissime
,
perfino
universali
.
Ma
su
una
cosa
sono
concordi
tutti
quanti
,
nella
simpatia
per
la
gente
di
Russia
:
buona
,
cordiale
,
tollerante
,
un
po
'
approssimativa
,
un
po
'
pelandrona
,
simile
a
noi
,
migliore
di
noi
.
Simpatia
e
gratitudine
,
mi
dice
Marcello
mentre
si
fa
buio
e
Vienna
si
avvicina
.
«
Quelle
donne
che
sgobbano
,
le
hai
viste
,
sgobbano
anche
per
noi
,
sì
,
per
te
e
per
me
.
Tengono
in
piedi
un
Paese
,
un
ideale
e
un
mito
.
Se
il
socialismo
oggi
in
certi
paesi
è
una
sostanza
,
e
in
altri
un
lievito
,
e
cioè
una
continua
spinta
verso
il
meglio
,
il
merito
va
soprattutto
a
loro
,
e
il
nostro
debito
è
grande
.
Ci
pensi
?
In
quarantacinque
anni
hanno
avuto
due
guerre
mondiali
,
la
rivoluzione
,
la
carestia
,
e
poi
Stalin
,
hanno
perso
milioni
di
uomini
,
eppure
sulle
loro
spalle
,
sulla
loro
pazienza
,
il
socialismo
ha
retto
.
Ti
confesso
che
a
questa
gente
auguro
di
cuore
un
mucchio
di
bene
,
perché
se
lo
meritano
»
.
C
'
è
da
chiedersi
semmai
quale
bene
augurargli
.
Gli
impermeabili
empolesi
?
Le
penne
a
sfera
,
che
tanto
ci
chiedevano
giovanotti
e
ragazzi
,
i
cittadini
di
domani
,
per
le
strade
di
Mosca
?
«
Anche
quelli
.
Saranno
sciocchezze
,
in
sé
,
ma
valgono
come
simbolo
:
vogliono
più
gioia
,
più
fantasia
,
più
agio
.
Dopo
gli
impermeabili
chiederanno
la
nostra
musica
,
la
nostra
arte
,
i
nostri
libri
,
i
nostri
film
(
non
hanno
forse
già
premiato
Fellini
?
)
,
insomma
maggiori
scambi
con
noialtri
.
Stanno
comprando
il
grano
,
lo
sai
,
ma
già
dicono
che
non
si
vive
di
solo
pane
,
veramente
...
Ma
guarda
quanta
luce
,
a
Vienna
!
»
E
veramente
sembra
d
'
essere
usciti
da
un
lungo
tunnel
:
la
stazione
è
lucida
,
razionale
,
le
strade
sfavillanti
di
pubblicità
luminosa
,
il
traffico
denso
e
alacre
,
la
gente
vestita
bene
,
le
donne
eleganti
.
C
'
è
poco
da
dire
,
è
già
casa
nostra
.
Tutto
quel
che
di
solito
rimproveriamo
alle
nostre
metropoli
,
adesso
ci
accorgiamo
d
'
averlo
ormai
nel
sangue
.
E
i
nostri
compagni
di
viaggio
sono
già
diversi
:
è
finita
la
distensione
un
po
'
pigra
e
ottimistica
dei
giorni
passati
,
pare
che
tutti
abbiano
ritrovato
l
'
argento
vivo
di
sempre
,
e
si
muovono
a
vanvera
,
pur
di
andare
dove
c
'
è
più
luce
,
più
lustro
,
più
colore
,
come
tanti
farfalloni
.
Ivano
,
Riccio
,
Mimmo
,
appena
ingozzata
la
cena
,
mi
trascinano
al
tabellone
degli
orari
,
e
poi
al
nostro
binario
,
dove
ancora
il
treno
non
si
vede
perché
manca
più
di
un
'
ora
alla
partenza
,
e
poi
al
chiosco
delle
sigarette
,
e
a
quello
dei
giornali
,
e
sul
piazzale
davanti
alla
stazione
,
e
al
bar
per
l
'
ultimo
bicchierino
.
Ricomincia
a
prevalere
l
'
iniziativa
privata
,
quel
lavorare
di
gomiti
della
nostra
esistenza
quotidiana
,
la
furia
d
'
arrivare
,
la
paura
di
non
farcela
.
A
trovare
le
cuccette
,
per
esempio
sul
treno
austriaco
dagli
scompartimenti
a
sei
,
e
il
giaciglio
stretto
,
scomodo
,
senza
lenzuola
,
e
il
bagno
così
razionale
che
non
ci
si
entra
quasi
,
e
si
sbatte
la
testa
,
i
gomiti
,
i
ginocchi
,
a
tentare
di
lavarsi
.
Dobbiamo
prendere
con
noi
altri
due
compagni
di
viaggio
,
uno
per
fortuna
è
Marcello
,
l
'
altro
un
bottegaio
ligure
che
avrà
di
certo
passato
la
sessantina
.
Senza
pietà
lo
releghiamo
nella
cuccetta
più
bassa
,
più
scomoda
perché
è
arrivato
ultimo
,
lo
chiamiamo
vigliaccamente
«
nonno
»
,
gli
diamo
del
tu
,
e
intanto
sgomitiamo
apprestandoci
all
'
ultima
dormita
su
ruote
.
È
inutile
che
io
raccomandi
di
stare
calmi
,
di
mettere
le
valigie
al
posto
,
di
non
ingombrare
il
poco
spazio
libero
che
c
'
è
:
non
mi
danno
più
retta
.
«
È
finito
il
socialismo
,
vero
?
»
mi
fa
Marcello
ridendo
dalla
sua
cuccetta
.
«
Non
sei
più
il
presidente
del
vagone
cooperativo
,
caro
mio
.
Buona
notte
,
piccolo
padre
»
Al
mattino
non
c
'
è
nemmeno
bisogno
di
affacciarsi
per
capire
che
siano
in
Italia
:
basta
la
fila
davanti
al
bagno
,
le
voci
che
salgono
di
tono
,
qualche
primo
insulto
che
ricomincia
a
circolare
.
E
a
Venezia
ci
salutiamo
in
fretta
,
già
quasi
estranei
:
il
tabaccaio
senese
con
la
bella
macchina
fotografica
nuova
,
le
due
bolognesi
coi
calzoni
,
la
padovana
barbuta
,
il
piemontese
balengo
che
finalmente
apre
bene
gli
occhi
e
non
parla
più
con
quello
strascico
della
prima
notte
a
Mosca
.
Siamo
nel
Paese
dell
'
iniziativa
privata
,
dell
'
individualismo
,
e
ognuno
bada
soltanto
a
non
farsi
fare
fesso
.
Ma
noi
quattro
ci
scambiamo
un
abbraccio
,
la
promessa
di
scriversi
,
di
rivedersi
.
Spero
proprio
che
sia
vero
,
che
Ivano
,
Minimo
e
Riccio
non
si
scordino
tanto
presto
la
tradotta
per
Mosca
,
nell
'
ottobre
del
'63
.
StampaQuotidiana ,
«
Oramai
il
sabato
qua
non
ci
si
Intra
più
»
.
È
facile
il
gioco
di
parole
,
ma
vero
.
In
fondo
a
via
Montebianco
,
fermano
sempre
più
numerose
le
macchine
;
soci
e
ospiti
del
«
Derby
»
.
Fino
all
'
anno
scorso
era
arredato
a
scuderia
,
con
staffe
,
barbazzali
,
coperte
da
cavallo
,
e
ci
suonavano
ottimo
jazz
:
con
Enrico
Intra
,
Pupo
De
Luca
(
«
the
best
drummer
in
Europe
»
)
e
Pallino
Salonia
«
au
contrebas
»
.
Ora
è
diverso
:
arredamento
barbarico
-
rinascimentale
,
arricchita
la
compagine
del
jazz
da
Franco
Cerri
chitarrista
e
da
Barigozzi
flautista
,
aggiunto
il
cabaret
.
L
'
unico
locale
italiano
che
faccia
di
queste
cose
.
Certe
sere
lo
spettacolo
dura
fino
a
due
ore
,
e
poi
si
ripete
,
dopo
che
ha
servito
gli
spaghetti
al
dente
.
Stipata
la
sala
,
neanche
al
bar
c
'
è
più
un
posto
libero
.
Franco
Nebbia
è
indispensabile
:
riceve
gli
ospiti
,
presenta
i
colleghi
,
racconta
le
storie
del
Fagioli
(
massimo
autore
inedito
del
Novecento
)
,
canta
la
sua
disavventura
col
grammofono
che
non
funziona
,
perché
è
di
sesso
femminile
,
è
una
grammofona
,
e
nemmeno
ad
alta
fedeltà
.
Ha
finito
l
'
altro
giorno
di
musicare
:
Ma
il
commendator
mio
non
muore
,
valzerone
all
'
italiana
che
comincia
così
:
«
Ha
trasferito
i
capitali
in
Svizzera
per
me
»
.
Dopo
di
lui
Enzo
Jannacci
:
storie
di
barboni
,
di
papponi
,
di
sprovveduti
che
perdono
l
'
ombrello
.
Il
pubblico
ne
sa
alcune
a
memoria
e
fa
coro
sul
ritornello
:
«
El
purtava
i
scarp
de
tennis
,
e
parlava
deperlù
»
.
Basterebbe
,
e
invece
c
'
è
un
giovane
chitarrista
classico
,
Augusto
Righetti
,
e
dopo
di
lui
-
in
breve
licenza
premio
-
un
altro
chitarrista
,
ma
moderno
,
che
canta
bossanove
in
dialetto
genovese
,
assai
simile
,
come
suono
,
al
portoghese
.
Si
chiama
Bruno
Lauzi
.
Via
la
chitarra
,
al
pianoforte
va
Gino
Negri
e
suona
,
naturalmente
in
piedi
,
la
storia
della
donna
barbuta
,
che
è
sempre
piaciuta
.
Che
gente
ci
capita
?
Un
po
'
di
tutto
:
Mike
Bongiorno
tirato
a
lucido
,
Paola
Penni
col
faccino
dispettoso
,
i
sociologi
Guiducci
,
moglie
e
marito
,
del
circolo
Turati
,
Naka
Skoglund
,
Lucio
Mastronardi
,
Tino
Buazzelli
col
barbone
di
Galileo
,
Fausto
Cardini
,
Ornella
Vanoni
che
se
non
è
stanca
del
Rugantino
prende
il
microfono
e
canta
,
Nicola
Arigliano
,
il
pittore
Casella
incompreso
e
ingrugnato
,
Carletto
Colombo
.
In
sala
ora
c
'
è
silenzio
perché
Corti
e
Barcellini
stanno
mimando
una
seduta
dal
dentista
.
Al
bar
la
signora
Angela
,
vigile
e
materna
,
zittisce
certi
giovani
senza
cravatta
,
che
hanno
fatto
crocchio
e
intonano
certe
canzoni
mai
registrate
alla
SIAE
.
Il
cabaret
di
via
Montebianco
è
così
ricco
,
così
pieno
,
che
si
può
permettere
una
opposizione
interna
,
di
sinistra
naturalmente
:
«
Quando
che
muore
un
prete
,
suonano
le
campane
...
»
.