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> autore_s:"Bianciardi Luciano"
SANDRINO MARIOLINO E QUEL NEGHER ( Bianciardi Luciano , 1963 )
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Tanto per cominciare , stamani dal terrazzo si vedeva il Monte Rosa , illuminato a gloria da un impensabile sole novembrino . E poi Inter - Bologna è sempre stata una bella partita : due anni or sono finì sei a quattro , e fu roba da infarto , velocissima , manovrata , pulita . E comunque l ' Inter bisogna vederla sempre : non a caso è già entrata nella storia della poesia contemporanea , insieme alle sole Juve e Triestina ; ha un pubblico fra i più passionali , un po ' simile negli umori ai contradaioli senesi . Insomma , si va . Lo stadio è lustro , riverniciato : danno fastidio le due pubblicità di lancette che chiudono le porte , e quella specie di teepee da pellerossa che al centro parla di « fibra viva » . Cos ' altro non va ? Ecco , ci vorrebbe il cartellone luminoso , per le formazioni delle squadre , tanto più che gli altoparlanti gracchiano , e si capisce poco . Ci vorrebbe anche l ' orologio grande , che segni lo scorrere dei minuti , altrimenti trovi sempre un tifoso che ti domanda di continuo quanto manca . In ogni modo sono entrati : dalla parte nostra c ' è Facchetti , quello dal compasso lungo , e siccome contrasta Perani , che è un ' aletta bassa , speriamo che non faccia come a Mosca . Invece se la cava bene , e il pubblico l ' applaude . Applaude Ricami , incoraggia Mazzola ( lo chiamano « Sandrino » e se sbaglia danno la colpa al rigore che sbagliò domenica scorsa a Roma , e che lo avrebbe demoralizzato ) ; applaude soprattutto Corso , cioè Mariolino , che fa sempre bene , non ne sbaglia una . Quando poi Bulgarelli resta a terra , e i suoi compagni lanciati verso il go1 non buttano fuori la palla , e ci pensa invece lui , allora gli applausi diventano uragano . Bravo , corretto e sportivo : tenace nel gioco , specialmente con Bulgarelli che è il suo più naturale avversario , ma sportivo . Con Jair usano due misure . Se dribbla due avversari è « il negretto » , ma se poi insiste e dribbla anche se medesimo , allora diventa « quel negher lì » . Intervallo : rimettono a posto le lamette e la tenda indiana , ricominciano a vendere boccette di cognac e di amaro ( per la verità dicono di « amarildo » ) entrano in campo certi municipali in divisa e coi rastrelli rattoppano il terreno , da chissà dove compare il Rollamatic , vestito da boscaiolo canadese , va a sedersi sulla panchina di Fulvio Bernardini , e mette ordine nei suoi appunti . Poi sparisce , chissà dove , e sulla panchina c ' è di nuovo l ' allenatore , tranquillo , sorridente , con gli occhiali , come un vero dottore . E pensare che ai suoi tempi era il miglior centrocampista d ' Europa : da quanto era bravo , lo escludevano dalla Nazionale . Gli altri , dicevano , non sarebbero stati in grado di capire le finezze del suo gioco . Ed era vero . Ora il compasso lungo s ' è spostato dall ' altra parte , l ' ombra degli spalti erti ha invaso quasi tutto il campo , il gioco continua velocissimo e a uno a uno si sfiatano tutti , per primo Haller , il biondo tavolone duro come il sasso . La gente si sgola , ma si capisce di già che finisce zero a zero . Hanno accesi i transistors , e gli onnivori del gioco del calcio guardano la partita e ne ascoltano intanto altre sei . Quando il discorso cade sulla nostra , vien fatto di controllare se il cronista dice giusto o se invece tira a indovinare . Dice giusto . Quando l ' arbitro dà il segno della fine , fischiano , ma hanno torto , perché gol non ce ne sono stati è vero , ma la partita vale quella di due anni or sono : veloce , manovrata e pulita . Tutti fanno calca alle sbarre , c ' è un po ' di pigia pigia , ma fra poco siamo liberi : lo stadio si vuota . A guardarlo da lontano , con tutta la gente che scende per la rampa elicoidale , sembra un enorme bullone che tenti di avvitarsi al cielo .
LA FOLLIA LOMBARDA DI WALTER CHIARI ( Bianciardi Luciano , 1963 )
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L ' estate scorsa al mare conobbi Walter Chiari . Gli parlavo e lui accennava di sì con la testa , la stessa faccia di quando sulla scena fa il ciclista tonto : credevo che mi canzonasse . Poi a cena la ragazza che l ' accompagnava rovesciò una bottiglia di vino , e la più parte mi finì sulla camicia : si tolse subito il maglione blu e me lo infilò addosso , quasi di forza . In due giorni gli vidi fare tutto : teneva banco sul peschereccio in gita verso il largo , ballava il « tamouret » inventandoselo , carezzava i bambini , quasi fosse un taumaturgo , a richiesta delle madri , rimase fino alle tre di notte a discutere di politica con Giorgio Ghezzi , romagnolo , di poche e chiarissime idee , mentre lui , Walter , di idee ne ha fin troppe e confuse . Ma soprattutto parlava della sua adolescenza milanese , là fuori porta Magenta , fra piazza Piemonte e via Domenichino , allievo assai scadente eppure prediletto di pugili , « spicciolisti » , pescatori di frodo . A nessuno confessava che suo padre era brigadiere scacciato con ignominia . La figura del padre , poi , gli diventava leggendaria : come quando inseguì un ladro a bordo d ' un tram , perché non aveva né l ' auto né i soldi per pagarsi il tassì . Dubitavo che ci fosse un po ' di mitologia e invece l ' altra sera , quando ha tenuto la « prolusione » ( proprio così diceva l ' invito ) alla prima de La rimpatriala , nella figura di Cesarino c ' erano tante cose che appartengono a Walter : l ' altruismo , il candore quasi musulmano del bigamo , il filo rosso di pazzia lombarda che traspare sempre nei suoi discorsi , la voglia scatenata di regalare sempre qualcosa , una risata , un maglione , un ' avventura . E , finita la proiezione , a tavola non sai più se accanto ti siede Cesarino oppure Walter : abbraccia i camerieri , si preoccupa se qualcuno è rimasto in piedi , cuoce sul fornelletto a spirito un pezzo di carne , lo condisce con misteriose salse inventate dal signor Pino , e poi m ' imbocca , come se fossi un suo fratello maggiore che si trascura per disattenzione . E ancora il padre : « La miseria diventa nobiltà , capisci ? Gli avevo comprato un buco di casa in Riviera , con pochi metri di terra , e lui ci faceva nascere tutto . Col gelo , la notte metteva una coperta sopra le piantine . Perché , vedi , per chi è padrone di un bosco un albero è un albero , ma per chi ha solo l ' orto una pianta diventa come un figliolo , bisogna farlo venire su a tutti i costi , anche perché poi lo mandi al lavoro e ti porta a casa la paga » . Chiama al tavolo i suoi amici di allora , posteggiatori , ex pugili , maschere di cinema , « spicciolisti » forse , e alle quattro del mattino sono ancora lì per strada a ridere , a rincorrersi , a scambiarsi pacche sulla schiena , senza badare alle signore in pelliccia che vorrebbero andare a nanna . La vera « rimpatriata » eccola qua , in una nobile stradetta di Milano che fra qualche mese sparirà . E al momento del congedo non sai se dirgli Walter oppure Cesarino .
FRITTATA ALLA ROVESCIA ( Bianciardi Luciano , 1963 )
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Per mangiare bene , dicono , bisogna andare dove vanno i camionisti . Può darsi , ma è difficile . Più facile mettersi alle calcagna dei librai , che sono i più formidabili banchettatori di Milano , e non perdono un ' occasione . Una strenna - per esempio il libro contenuto nella bottiglia , che tratta scientificamente la questione dei cocktails - basta e avanza per mettere su una cena sontuosa : spuma di gamberetti , brodino di coda di manzo , anatra all ' arancio ; al momento del gelato portano un mulino a vento di marzapane , che muove le pale ma non viene mangiato . Nel gruppo dei librai , solitamente massicci di corporatura , Oriana Fallaci sembra anche più piccolina , ma li tiene a bada benissimo , con la loquela : « Antipatici » , gli dice . E domani saranno di nuovo a cena , per decidere se assegnare il loro premio annuale a Oreste Del Buono , scrittore non facile e mangiatore quasi inesistente . Da un po ' di tempo in qua non si cena più a casa : si va con la Jole , poi con Ugo Tognazzi , poi coi reduci del Curtatone e Montanara . Ma la cena più bella fu martedì alla Bovisa , in casa di Jenkiro , cioè nello stanzone attiguo all ' altro stanzone che gli serve da studio . Servono l ' aperitivo e alla spicciolata arrivano gli altri ospiti : il Duardin Franceschini , con la moglie che si crede grassa , poi un bel ragazzetto col capoccione biondo che a domanda risponde : « Giuliottavo Crippa , anni otto e mezzo . Il mio papà ha preso sei fagiani , Hisachika invece due soltanto . Lo sai che ci hanno regalato un cane da mezzo milione ? » . Hisachika ( di cognome Takahashi ) è un giovanissimo pittore giapponese che lavora da alcuni anni nello studio di Roberto Crippa , invitato anche lui . Entra senza nemmeno il bastone , zoppica un poco ma sta benissimo : mi spiega che quando l ' apparecchio gli precipitò a foglia morta , ebbe trecento fratture alle ossa delle gambe . Una mamma didascalica interroga il suo bambino : « Questi signori , vedi , sono giapponesi . Guardali bene e dimmi che cos ' hanno di diverso da noi ? » . Il piccolo ci pensa un po ' , e conclude : « Sorridono sempre » . Sorridono anche mentre si mangia il sukivaki ; al centro del tavolo c ' è un fornelletto a spirito , e sopra una pignatta di ferro . Con le bacchette ci mettono dentro grasso , pezzi di carne , e man mano cavolfiore , spinaci , carote , porri . Danno un uovo a testa , crudo : bisogna romperlo e sbatterlo nella ciotolina . Poi si pesca nel calderone sempre acceso , si passa il boccone nell ' uovo sbattuto , si condisce con salsa di soia e si mangia . Nell ' altra ciotolina c ' è brodo con bambù : chi vuole può prendere del pesce secco , duro come il legno , che va grattugiato e mischiato al riso . Tutti armeggiano con le bacchette d ' osso , il più bravo è Roberto Crippa , mentre Hisachika ha impugnato la forchetta , e viene accusato di deviazionismo e di occidentalismo decadente . Poi , ecco la definizione , che mi pare calzante , di questo sukivaki : è una frittata di carne e verdura fatta alla rovescia .
StampaQuotidiana ,
Fino a domenica scorsa di questo benedetto film non ne sapevo più d ' un lettore qualunque . E neanche me ne davo pensiero : dopo tutto il cinema è mestier loro , e anzi , meno l ' autore del libro ci mette le mani e meglio è . Poi , invece , sono arrivati in massa da Roma , ed eccoli lì : prima della guerra il produttore recitava parti di bello cattivo , me lo ricordo vestito di nero , aitante . La spada in pugno , attentava alla virtù della primadonna e uccideva l ' amico del protagonista , ma poi gli toccava sempre una brutta fine . Nino Crisman oggi è un bel signore alto , grigio , cordiale , paziente . Alto , ma bruno , nasuto e occhialuto , Carlo Lizzani lo vidi morire vestito da prete nel Sole sorge ancora : adesso scopro che siamo coetanei , che abbiamo pressappoco gli stessi amici , che eravamo sotto le armi lo stesso anno , ma lui granatiere , insieme a Gassman e a Squarzina . Amidei e Vincenzoni , finalmente , mi danno da leggere la sceneggiatura , ed è per me una bella sorpresa constatare il rispetto che hanno avuto per il mio libro . Giuro che non speravo tanto . Mi incuriosiva sapere come avevano battezzato il protagonista , che nel romanzo non ha none . Ebbene , si chiama Luciano . Ancora : certi brani che non sono racconto , ma oratoria , predica , ero convintissimo che dovessero di necessità cadere , e invece no , restano quasi tutti : l ' interprete li dirà , pari pari , guardando in macchina , come rivolto al pubblico . Ci fa vedere con che faccia , e mi si conferma il dubbio che m ' assomigli quest ' altro coetaneo , Ugo Tognazzi . La prima idea del film , l ' ebbe lui , e gliene sono grato , perché ha insistito , fino a trovare il produttore che ci voleva . Le differenze rispetto al libro : nel finale , Luciano , perfettamente integrato , ritorna con la moglie . La sua provincia non è la Maremma , ma l ' Emilia vicina al Po . È giusto , Tognazzi con l ' accento toscano farebbe subito pensare a Bartali . Discutiamo tutti e sei certe situazioni , certe difficoltà di realizzazione , e comincio a capire che il cinema è un ' altra cosa , un mestiere diverso dal mio , e tutto sommato più difficile , ma intanto è arrivato Sergio Cossu per le fotografie : siccome con noi c ' è , silenziosissima , Anna - quella vera - lui la scambia per quella finta , per l ' attrice protagonista , e la prega di posare . Grazie anche a lui .
LA SCALETTA E IL TORMENTONE ( Bianciardi Luciano , 1963 )
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Siano alla scaletta , ma di ferro : quadro comandi stazione , tu entri in campo , lei è al finestrino , le dici via perché non scendi ? Ma niente dramma , il magone l ' ho dentro , quasi sembra che scherzi . E lei niente , muta , una faccia dietro un vetro . Poi c ' è la valigia in testa , io mi volto , guardo in macchina : « Porcaccia miseria che botta . No , dico , che botta quando dopo un anno insieme lei ti lascia ! Magari lo sapevi che era finita , ma quando sei lì e vedi che parte , allora ... » . Il primattore adesso sta davanti al transatlantico , al modellino dell ' atrio e riflette . Comodo per riflettere , il Rex , perché se uno riflette senza nulla davanti , guardate un po ' che faccia ! ... Come minimo gli chiedono se si sente male . Dissolvenza , albergo diurno , lui che si taglia le unghie dei piedi , arrivano cinque o sei di corsa , lei apre , entra e chiude . Però queste unghie dei piedi ... Lo sceneggiatore adesso dubita . Rifacciamo la scaletta così : Luciano sale dalla scaletta del diurno , e viene bene perché Ugo ha la faccia di uno che esce dal bagno , sempre . Un momento , fammi finire : arriva Maria . Cosa c ' entra Maria ? Insomma , arriva Anna , Io piglia per un braccio , farmacia , cachet , bicchiere d ' acqua . Lo beve lei , il cachet serbalo , caso mai ti pigli un ' altra botta in testa . Idrante , schiaffo d ' acqua in faccia a Luciano , oltre tutto Ugo sta bene coi capelli incollati sulla fronte , ed entrano in Duomo . Ci vorrà il permesso ? Sentiremo all ' arcivescovado . Lei gli leva la sciarpa dal collo , se la mette in testa , e per un attimo ritorna devota , nello sguardo . Comunista fin che volete ma sempre italiana , e cioè cattolica . Stacco , subito la latteria . Oggi non si fanno più le barricate , oggi si tira dalle finestre e dai tetti ; di lassù diventa pericoloso anche un vaso da notte . Anzi , facciamoci un bel tormentone . Sul vaso da notte stacco , e siamo nel bagno , io sto seduto sul vaso e leggo . Alzo gli occhi un po ' sopra il foglio e dico che in questo sono sempre stato regolare . Invece Anna deve prendere le pillole , così quando arriva la moglie trova la scatola , e domanda com ' è che prendi le pillole , eppure eri sempre stato regolare . Tormentone di Carlone . Volevo dire di Taccone . Stacco sul torracchione , sempre alle spalle , sempre visibile , questo grattacielo della B.R.S. Tu entri in ascensore , la vedova Viganò t ' aveva comandato di andare in tipografia , e in ascensore chi trovi ? Trovi Taccone , che pigia il bottone degli scantinati , della centrale termica . Però di sopra se ne sono accorti , quelli dell ' FBI , volevo dire quelli della BRS , col fatto della trasmittente tascabile , una penna che porti al taschino e fa bip , bip , bip . La sua lunghezza d ' onda non è quella della tipografia . Lei dottor Bianchi è licenziato . Casa nuova , cambiali , mobili , elettrodomestici , falso benessere , la Seicento , i tafanatori , le telefonate . Tormentone delle telefonate . Pronto dottor Bianchi ? Parlo con il dottor Bianchi ? È in casa il dottor Bianchi ? Dottor Bianchi al telefono . Dottor Amidei al telefono , da Roma . Dottor Lizzani al telefono , da Praga . Dottor Vincenzoni al telefono , da Tokio . Dottor Tognazzi al telefono , da Cremona .
PER LO SCRITTORE IL NATALE VIENE A FERRAGOSTO ( Bianciardi Luciano , 1963 )
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Manoscritto in una bottiglia lo sapevamo : anzi , dopo il celebre racconto di Poe , è tra le immagini che piacciono alla critica letteraria : ma il libro in una bottiglia nessuno l ' aveva mai inteso , prima di questo Natale . Ora eccolo , un libro da tenere sugli scaffali non della biblioteca ma del bar : I cocktails di Luigi Veronelli , lire diecimila . Potrà sembrare la più frivola fra le strenne , e invece è un ' opera scientifica che è costata all ' autore fatiche , ripensamenti , riassaggiamenti , per mettere insieme un colossale fastello di schede , pronte alla fine di aprile . Da maggio a ottobre ci hanno lavorato , con la pazienza certosina dei bibliografi , tre grafici e due redattori , ed a capo dell ' équipe c ' era Giampaolo Dossena , giovane studioso cremonese che notoriamente beve soltanto vini - e talvolta grappe - piemontesi . Carta speciale , due indici analitici ( generale e per « basi » ) , risguardi orientativi , a mo ' d ' illustrazione autentiche etichette di liquori , che vanno attaccate al foglio una per una , con quattro goccioline di colla ai vertici . Divertente , dirà chi lo acquista , ignorando l ' immane opus d ' un manipolo di specialisti . Per chi la compra , dunque , la strenna libraria ha sapore di festa , di caldarroste , vischio e panettone ; a chi la confeziona , ma specialmente a chi la scrive , rievoca invece il solleone , la città che comincia a vuotarsi , la sospirata imminenza delle valigie fatte per andarsene in campagna . Alle strenne di quest ' anno , personalmente ho contribuito con un racconto per ragazzi , che , insieme ad altri undici , forma una antologia intitolata Cuore 1963 . La consegnai all ' editore il 12 di giugno , e con il compenso mi ci pagai la casa alla Polveriera , in Versilia . Lo scorso anno non feci strenne . Nel '61 invece collaborai a un almanacco letterario : siccome m ' era toccato il calendario dei fatti , non ricordo come riuscii ad arrivare sino al mese di ottobre , con la mia cronachetta , e senza sballare un solo turno in tipografia . Nel '60 invece tradussi di gran furia un grosso volume bene illustrato su Roma antica e moderna , di autore anglo - indiano . Ci misi una settimana , consegnai il malloppo , incassai il compenso e senza nemmeno tornare a casa presi il treno per Sarzana , dato che l ' editore , a quei tempi , aveva la sede vicino alla stazione centrale . Nel '58 non andai in vacanza , passai il mese d ' agosto in canottiera , porte e finestre aperte per dare l ' illusione d ' un po ' di brezza , a tradurre un ' altra strenna , che era poi un volumone antologico sulla vita dei cowboys , scritto in buona parte da allevatori e vaccai autentici . Nel '57 me la vidi con le memorie di un soldato al Messico , e fu una brutta strenna : appena l ' ebbi finita , mi consegnarono la lettera di licenziamento . Così feci Natale senza nemmeno i fichi secchi .
ERA BELLA: BIANCOROSSA PAREVA UN TRICOLORE ( Bianciardi Luciano , 1963 )
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Gli mancano tre esami e la tesi per laurearsi medico , entro il prossimo anno accademico , e ce la farà senz ' altro , perché gli preme , perché crede in questa professione come in un modo concreto , anzi manuale , di aiutare chi soffre . Intanto , a ventisette anni , ha trovato il tempo per fare un mucchio di altre cose : recita al « Gerolamo » la parte dell ' allampanato Gervasino , ha studiato armonia e composizione , suonato il pianoforte in orchestrine da ballo , comparirà in un film di produzione romana ma di ambiente milanese , ogni sera ci fa sentire le sue canzoni in un locale notturno . Sono circa due anni che Enzo Jannacci scrive canzoni , da Il cane coi capelli , che era un garbato ( e goliardico ) nonsense , alle ultime cose , che sono le migliori . Nato e cresciuto a Milano , giù verso l ' Idroscalo - è figlio di un aviatore - gli indovini subito nel colorito e nei tratti marcati del viso l ' ascendenza pugliese , e certe sue impennate canore , che paiono astratte , ricordano invece i toni dell ' ambulante , dell ' erbivendolo meridionale da poco inurbato , e tuttora avvezzo a « cantare » la sua merce . Jannacci fa , oltre tutto , un lavoro di recupero culturale per nulla trascurabile . « Non so se è la prima volta che sentite questa storia ... » È il tipico incipit del cantastorie . Oppure : « Dee scusà , ma mi vori canta , d ' un me amis che l ' era andà a fa ' l bagn , su el stradun per andare all ' Idroscalo ; l ' era lì e l ' amore lo colpì » . Qui , come si vede , il dialetto cede alla lingua proprio quando l ' immagine , e il concetto , è di natura « colta » : l ' informazione data a un passante , il ricordo di una frase letta o sentita . L ' amico , in questo caso , è un barbone che portava le scarpe da tennis e parlava da solo , innamorato di una donna « bianca e rossa che pareva il tricolore » . Ma è difficile raccontare una canzone di Jannacci , perché tutte sono legate al suo modo di farle sentire , che è inimitabile : bisogna andarlo a vedere . Tiene la chitarra dritta , orizzontale , sotto il mento , come per isolare una maschera dura e immobile ; inteccherito quasi ligneo il corpo , accenna qualche raro passo , prima della strofa finale : « L ' han truvà sota a un mucc de cartun ; l ' han guardà , el pareva nisun ; l ' han tucà , el pareva che durmiva ; lassa sta che l ' è roba de barbun » . Poi l ' ultimo ritornello gli esce di gola come un urlo rabbioso quel barbone con le scarpe da tennis morto sotto un mucchio di cartone è veramente suo amico . La gente del night sempre un po ' distratta ride , ma intanto non riesce a evitare un brivido lungo la schiena . Ma chi è dunque Jannacci , questo ragazzo che , smessa la maschera delle sue canzoni , ridiventa mite e timido e compito ? A chi somiglia ? Ci pensi e ti viene in mente il nome di Petrolini : nessun altro . Difficile dire , oggi , se Enzo farà altrettanto ; se diventerà per esempio un buon medico e basta . Di sicuro però la stoffa è quella .
CATALOGO DI MOGLI LOMBARDE ( Bianciardi Luciano , 1963 )
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La prima di cui si abbia notizia è la donna lombarda dela celebre canzone , quella che attossica il marito col velen del serpen . Moglie , dobbiamo intendere , e non donna , perché fu coeva , forse , dire Totila , e in ogni caso , secondo la prima redazione di quel canto « domina longobarda » . Ma queste sono cose successe tanto tempo fa , come diceva il parroco di Travale , e lasciamo perdere anche Lucia Mondella in Tramaglino e la bella pigotta , per venire alle più ordinarie e contemporanee . Il catalogo è vasto : c ' era la moglie , anzi la sposa bambina di Alfonso Gatto , e c ' è la moglie di Giorgio Soavi , che notoriamente dorme , mentre lui persegue nelle sue fughe letterarie la ragazza - cane e la ragazza - da - corsa . E per la verità ci sono anche mogli da corsa , per esempio quella di Giorgio De Gaspari , che va in giro vestita come Malabrocca , e con la macchina da autocross . Poi c ' è tutt ' altra categoria - la moglie di Vigevano : l ' ha sposata il pittore siciliano Edoardo Franceschini . Costei legge Proust e soffre di liftofobia , cioè d ' una irrazionale paura degli ascensori , e perciò è capace di fare otto piani di scale . Viene quindi la categoria delle mogli - record ( intendi « disco » ) ; quella a quarantacinque giri , legittimamente coniugata con Vittorio Metz , e quella prebellica , normale , tranquillante e protettiva , insomma a settantotto giri . È il caso della moglie di Marcello Marchesi , che sta a sentire indulgente il marito ( a trentatré giri ) quando attacca la filza delle ultime trovate : brodo scaccia brodo , Oreste Del Buono c ' è ma è sempre quello , nella libreria del finanziere non manchi il dizionario delle buone maniere , la cioccolata è una cosa seria , mangiare è un diritto , digerire un dovere , ho fatto battezzare il gatto , è peccato ? Ci sono le mogli portatili , come quella del play - boy sanremese Mario Acquarone , le mogli alte e le mogli basse , le mogli retroattive e le mogli ipotetiche , le mogli calde , le fredde e le scozzesi , che fan venire il raffreddore se prese con poca cautela . Ci sono infine le mogli incomunicabili . La più perfetta l ' ho vista sabato scorso non in un film di Antonioni , ma in un bar di piazzale Baracca . Sopra i sessanta , modesta nel vestire ma ben ravversata , alla moda dei suoi tempi . Sedeva tacita e immobile accanto a lui , settantenne , ovvio pensionato , coi calzoni lisi ma stirati bene e uno spillo alla cravatta . Immobile e tacito anche lui . Hanno aperto bocca soltanto alle ordinazioni : lei un tè , lui un caffè . Hanno bevuto , appena i gesti indispensabili , poi di nuovo silenzio e rigore . Poi , finalmente , il colloquio , due battute . Lei : « Il tè non fa male , il caffè sì » . Lui : « Mavadaviaipè » .
SPIRITOSI I DONI MA SCARSI ( Bianciardi Luciano , 1963 )
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Pace in terra agli uomini , ma ai bambini un po ' meno : il primo regalo degli amici al pupo è stato un bel completino da bersagliere , con trombetta , mitra , cinturone , due bombe a mano , l ' elmo e il piumetto . Mancava soltanto la cartolina rosa del richiamo alle armi . Tenaci i dolciari coi loro grappoli di lumi e le vetrate a colori , per il resto nessuna luminaria . I vigili condonavano qualche ammenda , e gli autisti di tassì erano meno protervi nella loro rabbia contro una donna al volante anziché come sogliono « Genuvefa » , la chiamavano semplicemente « Befana » , che è in fondo immagine gentile e festiva . Più scarsi i doni , ma concreti e spiritosi . Cioè , bottiglie , oppure storielle buffe . Per esempio , Bruno Munari ha spedito un suo breve saggio , nel quale tra le altre cose descrive i piselli , così come li vedrebbe un « industrial designer » , pillole alimentari di diversi diametri , confezionate in astucci bivalve molto eleganti per forma , colore , materia , semitrasparenza e semplicità di apertura . Basta premere coi polpastrelli e le pillole non cadono , perché trattenute da una puntina di adesivo . Non occorre restituire l ' involucro , lo si può senz ' altro gettare . Emilio Tolaini invece ha regalato un suo bel gioco pisano dell ' oca : alle varie caselle s ' incontrano Kinzica , Bonanno , Vittorio Alfieri furibondo per la pioggia incessante ed Enrico Fermi , che fu già scolaro alla Normale e aveva imparato sin da quei tempi a distinguere i funghi buoni dai velenosi . A proposito di Pisa , in casa di Alfredo Pigna a mezzanotte in punto s ' era sparsa la voce che era caduto il campanile ( la metà alta ) : smentita poi la brutta notizia , Dino Buzzati , Tony Dallara e Rosalina Neri hanno intonato in coro cogli amici la vecchia canzone della torre che pende e mai non vien giù . Prima di tornarsene a Roma i cinematografari sono stati prodighi di abbracci e di baci , tutti quanti , dalla primadonna all ' ultimo macchinista . Soltanto strette di mano , all ' opposto , fra i colleghi più tranquilli e pensosi disposti alle confidenze , ai buoni propositi , agli esami di coscienza . Uno m ' ha detto che vuole scrivere un libro sperimentale , leggibile in due chiavi : sia come storia delle deviazioni sentimentali d ' un giovane nei nostri tempi , sia come vademecum dell ' automobilista nel traffico urbano . Anche il titolo dovrebbe essere a doppio taglio : I sensi vietati .
SAREBBE ORA DI CHIUDERE, RAGAZZI! ( Bianciardi Luciano , 1964 )
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Cominciarono a mitragliare subito dopo Natale : Cosa fate l ' ultimo dell ' anno ? Chi vedete ? Con chi uscite ? Avete qualche idea ? E subito sotto con le idee : si potrebbe cenare giù da Enrico , un po ' caro , quindicimila a testa , oppure andarci , già cenati , e consumare , diecimila a testa , un po ' caro , ma l ' ultimo dell ' anno viene una volta all ' anno , o magari un posticino fuori porta , alla buona , un ' ora di macchina , due ore di macchina , o sennò da Ubezio , ci viene anche Salerno , ci viene anche Cesarina la Pazza , ci viene anche ... ma voi insomma cosa fate l ' ultimo dell ' anno ? Non facciamo niente . Si mette al fuoco la pentola grossa , con dentro gallina , mezzo chilo di biancostato e gli odori , a cuocere pian piano , così per cena c ' è lesso e fior di brodo e avanza anche per rifarci i tortellini domani . Come panettone si prende quello che costa meno , tanto sono tutti eguali , e il formato da mezzo chilo , tanto mezzo il panettone avanza sempre e rinseccolito farà forse bene alla gola , ma più giù della gola , non scende . Si guarda la televisione , un programmino in stretta economia , spezzoni di roba vecchia , con un presentatore anche lui in economia . E si fanno i conti , dare e avere , fatto e malfatto , rammentato e scordato . Non c ' è forse un amico , oramai , al ministero del Bilancio ? A mezzanotte si suona il campanello dei coinquilini , anzi dei casigliani , e si stappa con loro una bottiglia di spumante da 700 lire . E si fiondano dalla finestra le lampadine fulminate . Come botto basta e avanza . Poi a dormire . Sarebbe ora di chiudere ragazzi , dice pressappoco uno dei nostri più valenti poeti nuovissimi . Sicuro , è finito il miracolo , anzi non c ' era mai stato , perché i miracoli , se va bene , li fanno i santi . Comincia l ' anno dell ' austerità e della programmazione , anche spicciola . Allora ragazzi , intesi , non buttate quattrini dalla finestra , dalla finestra casomai si buttano le lampadine fulminate . State buoni e fermi . Chi ha una bella casa non la cambi , e se la goda , non ne fugga come un forsennato a ogni festa del lunario . Chi vuol viaggiare viaggi , ma sul serio : non già tutte le domeniche ai laghi , o in montagna , o in Riviera , bensì un mese filato a Tokio . E poi un mese immobili , a pensare com ' era Tokio , perché se non viaggia il cervello è come se non viaggiasse niente . Usate pure l ' automobile , ma ricordatevi che è una macchina non una persona . Sentimenti e passioni tornate a trasferirli sul giusto oggetto , sulla donna vostra , che se lo merita . E lasciate stare le donne degli altri , soprattutto non cercate di prenderle a prestito . A prestito anzi , se vi riesce , non prendete e non date nulla . Andateci piano , con le rate , e basta con le cambiali . Avete mai letto bene come ci è scritto ? Pagherò . Tempo futuro . Gran brutto tempo .