StampaQuotidiana ,
Tanto
per
cominciare
,
stamani
dal
terrazzo
si
vedeva
il
Monte
Rosa
,
illuminato
a
gloria
da
un
impensabile
sole
novembrino
.
E
poi
Inter
-
Bologna
è
sempre
stata
una
bella
partita
:
due
anni
or
sono
finì
sei
a
quattro
,
e
fu
roba
da
infarto
,
velocissima
,
manovrata
,
pulita
.
E
comunque
l
'
Inter
bisogna
vederla
sempre
:
non
a
caso
è
già
entrata
nella
storia
della
poesia
contemporanea
,
insieme
alle
sole
Juve
e
Triestina
;
ha
un
pubblico
fra
i
più
passionali
,
un
po
'
simile
negli
umori
ai
contradaioli
senesi
.
Insomma
,
si
va
.
Lo
stadio
è
lustro
,
riverniciato
:
danno
fastidio
le
due
pubblicità
di
lancette
che
chiudono
le
porte
,
e
quella
specie
di
teepee
da
pellerossa
che
al
centro
parla
di
«
fibra
viva
»
.
Cos
'
altro
non
va
?
Ecco
,
ci
vorrebbe
il
cartellone
luminoso
,
per
le
formazioni
delle
squadre
,
tanto
più
che
gli
altoparlanti
gracchiano
,
e
si
capisce
poco
.
Ci
vorrebbe
anche
l
'
orologio
grande
,
che
segni
lo
scorrere
dei
minuti
,
altrimenti
trovi
sempre
un
tifoso
che
ti
domanda
di
continuo
quanto
manca
.
In
ogni
modo
sono
entrati
:
dalla
parte
nostra
c
'
è
Facchetti
,
quello
dal
compasso
lungo
,
e
siccome
contrasta
Perani
,
che
è
un
'
aletta
bassa
,
speriamo
che
non
faccia
come
a
Mosca
.
Invece
se
la
cava
bene
,
e
il
pubblico
l
'
applaude
.
Applaude
Ricami
,
incoraggia
Mazzola
(
lo
chiamano
«
Sandrino
»
e
se
sbaglia
danno
la
colpa
al
rigore
che
sbagliò
domenica
scorsa
a
Roma
,
e
che
lo
avrebbe
demoralizzato
)
;
applaude
soprattutto
Corso
,
cioè
Mariolino
,
che
fa
sempre
bene
,
non
ne
sbaglia
una
.
Quando
poi
Bulgarelli
resta
a
terra
,
e
i
suoi
compagni
lanciati
verso
il
go1
non
buttano
fuori
la
palla
,
e
ci
pensa
invece
lui
,
allora
gli
applausi
diventano
uragano
.
Bravo
,
corretto
e
sportivo
:
tenace
nel
gioco
,
specialmente
con
Bulgarelli
che
è
il
suo
più
naturale
avversario
,
ma
sportivo
.
Con
Jair
usano
due
misure
.
Se
dribbla
due
avversari
è
«
il
negretto
»
,
ma
se
poi
insiste
e
dribbla
anche
se
medesimo
,
allora
diventa
«
quel
negher
lì
»
.
Intervallo
:
rimettono
a
posto
le
lamette
e
la
tenda
indiana
,
ricominciano
a
vendere
boccette
di
cognac
e
di
amaro
(
per
la
verità
dicono
di
«
amarildo
»
)
entrano
in
campo
certi
municipali
in
divisa
e
coi
rastrelli
rattoppano
il
terreno
,
da
chissà
dove
compare
il
Rollamatic
,
vestito
da
boscaiolo
canadese
,
va
a
sedersi
sulla
panchina
di
Fulvio
Bernardini
,
e
mette
ordine
nei
suoi
appunti
.
Poi
sparisce
,
chissà
dove
,
e
sulla
panchina
c
'
è
di
nuovo
l
'
allenatore
,
tranquillo
,
sorridente
,
con
gli
occhiali
,
come
un
vero
dottore
.
E
pensare
che
ai
suoi
tempi
era
il
miglior
centrocampista
d
'
Europa
:
da
quanto
era
bravo
,
lo
escludevano
dalla
Nazionale
.
Gli
altri
,
dicevano
,
non
sarebbero
stati
in
grado
di
capire
le
finezze
del
suo
gioco
.
Ed
era
vero
.
Ora
il
compasso
lungo
s
'
è
spostato
dall
'
altra
parte
,
l
'
ombra
degli
spalti
erti
ha
invaso
quasi
tutto
il
campo
,
il
gioco
continua
velocissimo
e
a
uno
a
uno
si
sfiatano
tutti
,
per
primo
Haller
,
il
biondo
tavolone
duro
come
il
sasso
.
La
gente
si
sgola
,
ma
si
capisce
di
già
che
finisce
zero
a
zero
.
Hanno
accesi
i
transistors
,
e
gli
onnivori
del
gioco
del
calcio
guardano
la
partita
e
ne
ascoltano
intanto
altre
sei
.
Quando
il
discorso
cade
sulla
nostra
,
vien
fatto
di
controllare
se
il
cronista
dice
giusto
o
se
invece
tira
a
indovinare
.
Dice
giusto
.
Quando
l
'
arbitro
dà
il
segno
della
fine
,
fischiano
,
ma
hanno
torto
,
perché
gol
non
ce
ne
sono
stati
è
vero
,
ma
la
partita
vale
quella
di
due
anni
or
sono
:
veloce
,
manovrata
e
pulita
.
Tutti
fanno
calca
alle
sbarre
,
c
'
è
un
po
'
di
pigia
pigia
,
ma
fra
poco
siamo
liberi
:
lo
stadio
si
vuota
.
A
guardarlo
da
lontano
,
con
tutta
la
gente
che
scende
per
la
rampa
elicoidale
,
sembra
un
enorme
bullone
che
tenti
di
avvitarsi
al
cielo
.
StampaQuotidiana ,
L
'
estate
scorsa
al
mare
conobbi
Walter
Chiari
.
Gli
parlavo
e
lui
accennava
di
sì
con
la
testa
,
la
stessa
faccia
di
quando
sulla
scena
fa
il
ciclista
tonto
:
credevo
che
mi
canzonasse
.
Poi
a
cena
la
ragazza
che
l
'
accompagnava
rovesciò
una
bottiglia
di
vino
,
e
la
più
parte
mi
finì
sulla
camicia
:
si
tolse
subito
il
maglione
blu
e
me
lo
infilò
addosso
,
quasi
di
forza
.
In
due
giorni
gli
vidi
fare
tutto
:
teneva
banco
sul
peschereccio
in
gita
verso
il
largo
,
ballava
il
«
tamouret
»
inventandoselo
,
carezzava
i
bambini
,
quasi
fosse
un
taumaturgo
,
a
richiesta
delle
madri
,
rimase
fino
alle
tre
di
notte
a
discutere
di
politica
con
Giorgio
Ghezzi
,
romagnolo
,
di
poche
e
chiarissime
idee
,
mentre
lui
,
Walter
,
di
idee
ne
ha
fin
troppe
e
confuse
.
Ma
soprattutto
parlava
della
sua
adolescenza
milanese
,
là
fuori
porta
Magenta
,
fra
piazza
Piemonte
e
via
Domenichino
,
allievo
assai
scadente
eppure
prediletto
di
pugili
,
«
spicciolisti
»
,
pescatori
di
frodo
.
A
nessuno
confessava
che
suo
padre
era
brigadiere
scacciato
con
ignominia
.
La
figura
del
padre
,
poi
,
gli
diventava
leggendaria
:
come
quando
inseguì
un
ladro
a
bordo
d
'
un
tram
,
perché
non
aveva
né
l
'
auto
né
i
soldi
per
pagarsi
il
tassì
.
Dubitavo
che
ci
fosse
un
po
'
di
mitologia
e
invece
l
'
altra
sera
,
quando
ha
tenuto
la
«
prolusione
»
(
proprio
così
diceva
l
'
invito
)
alla
prima
de
La
rimpatriala
,
nella
figura
di
Cesarino
c
'
erano
tante
cose
che
appartengono
a
Walter
:
l
'
altruismo
,
il
candore
quasi
musulmano
del
bigamo
,
il
filo
rosso
di
pazzia
lombarda
che
traspare
sempre
nei
suoi
discorsi
,
la
voglia
scatenata
di
regalare
sempre
qualcosa
,
una
risata
,
un
maglione
,
un
'
avventura
.
E
,
finita
la
proiezione
,
a
tavola
non
sai
più
se
accanto
ti
siede
Cesarino
oppure
Walter
:
abbraccia
i
camerieri
,
si
preoccupa
se
qualcuno
è
rimasto
in
piedi
,
cuoce
sul
fornelletto
a
spirito
un
pezzo
di
carne
,
lo
condisce
con
misteriose
salse
inventate
dal
signor
Pino
,
e
poi
m
'
imbocca
,
come
se
fossi
un
suo
fratello
maggiore
che
si
trascura
per
disattenzione
.
E
ancora
il
padre
:
«
La
miseria
diventa
nobiltà
,
capisci
?
Gli
avevo
comprato
un
buco
di
casa
in
Riviera
,
con
pochi
metri
di
terra
,
e
lui
ci
faceva
nascere
tutto
.
Col
gelo
,
la
notte
metteva
una
coperta
sopra
le
piantine
.
Perché
,
vedi
,
per
chi
è
padrone
di
un
bosco
un
albero
è
un
albero
,
ma
per
chi
ha
solo
l
'
orto
una
pianta
diventa
come
un
figliolo
,
bisogna
farlo
venire
su
a
tutti
i
costi
,
anche
perché
poi
lo
mandi
al
lavoro
e
ti
porta
a
casa
la
paga
»
.
Chiama
al
tavolo
i
suoi
amici
di
allora
,
posteggiatori
,
ex
pugili
,
maschere
di
cinema
,
«
spicciolisti
»
forse
,
e
alle
quattro
del
mattino
sono
ancora
lì
per
strada
a
ridere
,
a
rincorrersi
,
a
scambiarsi
pacche
sulla
schiena
,
senza
badare
alle
signore
in
pelliccia
che
vorrebbero
andare
a
nanna
.
La
vera
«
rimpatriata
»
eccola
qua
,
in
una
nobile
stradetta
di
Milano
che
fra
qualche
mese
sparirà
.
E
al
momento
del
congedo
non
sai
se
dirgli
Walter
oppure
Cesarino
.
StampaQuotidiana ,
Per
mangiare
bene
,
dicono
,
bisogna
andare
dove
vanno
i
camionisti
.
Può
darsi
,
ma
è
difficile
.
Più
facile
mettersi
alle
calcagna
dei
librai
,
che
sono
i
più
formidabili
banchettatori
di
Milano
,
e
non
perdono
un
'
occasione
.
Una
strenna
-
per
esempio
il
libro
contenuto
nella
bottiglia
,
che
tratta
scientificamente
la
questione
dei
cocktails
-
basta
e
avanza
per
mettere
su
una
cena
sontuosa
:
spuma
di
gamberetti
,
brodino
di
coda
di
manzo
,
anatra
all
'
arancio
;
al
momento
del
gelato
portano
un
mulino
a
vento
di
marzapane
,
che
muove
le
pale
ma
non
viene
mangiato
.
Nel
gruppo
dei
librai
,
solitamente
massicci
di
corporatura
,
Oriana
Fallaci
sembra
anche
più
piccolina
,
ma
li
tiene
a
bada
benissimo
,
con
la
loquela
:
«
Antipatici
»
,
gli
dice
.
E
domani
saranno
di
nuovo
a
cena
,
per
decidere
se
assegnare
il
loro
premio
annuale
a
Oreste
Del
Buono
,
scrittore
non
facile
e
mangiatore
quasi
inesistente
.
Da
un
po
'
di
tempo
in
qua
non
si
cena
più
a
casa
:
si
va
con
la
Jole
,
poi
con
Ugo
Tognazzi
,
poi
coi
reduci
del
Curtatone
e
Montanara
.
Ma
la
cena
più
bella
fu
martedì
alla
Bovisa
,
in
casa
di
Jenkiro
,
cioè
nello
stanzone
attiguo
all
'
altro
stanzone
che
gli
serve
da
studio
.
Servono
l
'
aperitivo
e
alla
spicciolata
arrivano
gli
altri
ospiti
:
il
Duardin
Franceschini
,
con
la
moglie
che
si
crede
grassa
,
poi
un
bel
ragazzetto
col
capoccione
biondo
che
a
domanda
risponde
:
«
Giuliottavo
Crippa
,
anni
otto
e
mezzo
.
Il
mio
papà
ha
preso
sei
fagiani
,
Hisachika
invece
due
soltanto
.
Lo
sai
che
ci
hanno
regalato
un
cane
da
mezzo
milione
?
»
.
Hisachika
(
di
cognome
Takahashi
)
è
un
giovanissimo
pittore
giapponese
che
lavora
da
alcuni
anni
nello
studio
di
Roberto
Crippa
,
invitato
anche
lui
.
Entra
senza
nemmeno
il
bastone
,
zoppica
un
poco
ma
sta
benissimo
:
mi
spiega
che
quando
l
'
apparecchio
gli
precipitò
a
foglia
morta
,
ebbe
trecento
fratture
alle
ossa
delle
gambe
.
Una
mamma
didascalica
interroga
il
suo
bambino
:
«
Questi
signori
,
vedi
,
sono
giapponesi
.
Guardali
bene
e
dimmi
che
cos
'
hanno
di
diverso
da
noi
?
»
.
Il
piccolo
ci
pensa
un
po
'
,
e
conclude
:
«
Sorridono
sempre
»
.
Sorridono
anche
mentre
si
mangia
il
sukivaki
;
al
centro
del
tavolo
c
'
è
un
fornelletto
a
spirito
,
e
sopra
una
pignatta
di
ferro
.
Con
le
bacchette
ci
mettono
dentro
grasso
,
pezzi
di
carne
,
e
man
mano
cavolfiore
,
spinaci
,
carote
,
porri
.
Danno
un
uovo
a
testa
,
crudo
:
bisogna
romperlo
e
sbatterlo
nella
ciotolina
.
Poi
si
pesca
nel
calderone
sempre
acceso
,
si
passa
il
boccone
nell
'
uovo
sbattuto
,
si
condisce
con
salsa
di
soia
e
si
mangia
.
Nell
'
altra
ciotolina
c
'
è
brodo
con
bambù
:
chi
vuole
può
prendere
del
pesce
secco
,
duro
come
il
legno
,
che
va
grattugiato
e
mischiato
al
riso
.
Tutti
armeggiano
con
le
bacchette
d
'
osso
,
il
più
bravo
è
Roberto
Crippa
,
mentre
Hisachika
ha
impugnato
la
forchetta
,
e
viene
accusato
di
deviazionismo
e
di
occidentalismo
decadente
.
Poi
,
ecco
la
definizione
,
che
mi
pare
calzante
,
di
questo
sukivaki
:
è
una
frittata
di
carne
e
verdura
fatta
alla
rovescia
.
StampaQuotidiana ,
Fino
a
domenica
scorsa
di
questo
benedetto
film
non
ne
sapevo
più
d
'
un
lettore
qualunque
.
E
neanche
me
ne
davo
pensiero
:
dopo
tutto
il
cinema
è
mestier
loro
,
e
anzi
,
meno
l
'
autore
del
libro
ci
mette
le
mani
e
meglio
è
.
Poi
,
invece
,
sono
arrivati
in
massa
da
Roma
,
ed
eccoli
lì
:
prima
della
guerra
il
produttore
recitava
parti
di
bello
cattivo
,
me
lo
ricordo
vestito
di
nero
,
aitante
.
La
spada
in
pugno
,
attentava
alla
virtù
della
primadonna
e
uccideva
l
'
amico
del
protagonista
,
ma
poi
gli
toccava
sempre
una
brutta
fine
.
Nino
Crisman
oggi
è
un
bel
signore
alto
,
grigio
,
cordiale
,
paziente
.
Alto
,
ma
bruno
,
nasuto
e
occhialuto
,
Carlo
Lizzani
lo
vidi
morire
vestito
da
prete
nel
Sole
sorge
ancora
:
adesso
scopro
che
siamo
coetanei
,
che
abbiamo
pressappoco
gli
stessi
amici
,
che
eravamo
sotto
le
armi
lo
stesso
anno
,
ma
lui
granatiere
,
insieme
a
Gassman
e
a
Squarzina
.
Amidei
e
Vincenzoni
,
finalmente
,
mi
danno
da
leggere
la
sceneggiatura
,
ed
è
per
me
una
bella
sorpresa
constatare
il
rispetto
che
hanno
avuto
per
il
mio
libro
.
Giuro
che
non
speravo
tanto
.
Mi
incuriosiva
sapere
come
avevano
battezzato
il
protagonista
,
che
nel
romanzo
non
ha
none
.
Ebbene
,
si
chiama
Luciano
.
Ancora
:
certi
brani
che
non
sono
racconto
,
ma
oratoria
,
predica
,
ero
convintissimo
che
dovessero
di
necessità
cadere
,
e
invece
no
,
restano
quasi
tutti
:
l
'
interprete
li
dirà
,
pari
pari
,
guardando
in
macchina
,
come
rivolto
al
pubblico
.
Ci
fa
vedere
con
che
faccia
,
e
mi
si
conferma
il
dubbio
che
m
'
assomigli
quest
'
altro
coetaneo
,
Ugo
Tognazzi
.
La
prima
idea
del
film
,
l
'
ebbe
lui
,
e
gliene
sono
grato
,
perché
ha
insistito
,
fino
a
trovare
il
produttore
che
ci
voleva
.
Le
differenze
rispetto
al
libro
:
nel
finale
,
Luciano
,
perfettamente
integrato
,
ritorna
con
la
moglie
.
La
sua
provincia
non
è
la
Maremma
,
ma
l
'
Emilia
vicina
al
Po
.
È
giusto
,
Tognazzi
con
l
'
accento
toscano
farebbe
subito
pensare
a
Bartali
.
Discutiamo
tutti
e
sei
certe
situazioni
,
certe
difficoltà
di
realizzazione
,
e
comincio
a
capire
che
il
cinema
è
un
'
altra
cosa
,
un
mestiere
diverso
dal
mio
,
e
tutto
sommato
più
difficile
,
ma
intanto
è
arrivato
Sergio
Cossu
per
le
fotografie
:
siccome
con
noi
c
'
è
,
silenziosissima
,
Anna
-
quella
vera
-
lui
la
scambia
per
quella
finta
,
per
l
'
attrice
protagonista
,
e
la
prega
di
posare
.
Grazie
anche
a
lui
.
StampaQuotidiana ,
Siano
alla
scaletta
,
ma
di
ferro
:
quadro
comandi
stazione
,
tu
entri
in
campo
,
lei
è
al
finestrino
,
le
dici
via
perché
non
scendi
?
Ma
niente
dramma
,
il
magone
l
'
ho
dentro
,
quasi
sembra
che
scherzi
.
E
lei
niente
,
muta
,
una
faccia
dietro
un
vetro
.
Poi
c
'
è
la
valigia
in
testa
,
io
mi
volto
,
guardo
in
macchina
:
«
Porcaccia
miseria
che
botta
.
No
,
dico
,
che
botta
quando
dopo
un
anno
insieme
lei
ti
lascia
!
Magari
lo
sapevi
che
era
finita
,
ma
quando
sei
lì
e
vedi
che
parte
,
allora
...
»
.
Il
primattore
adesso
sta
davanti
al
transatlantico
,
al
modellino
dell
'
atrio
e
riflette
.
Comodo
per
riflettere
,
il
Rex
,
perché
se
uno
riflette
senza
nulla
davanti
,
guardate
un
po
'
che
faccia
!
...
Come
minimo
gli
chiedono
se
si
sente
male
.
Dissolvenza
,
albergo
diurno
,
lui
che
si
taglia
le
unghie
dei
piedi
,
arrivano
cinque
o
sei
di
corsa
,
lei
apre
,
entra
e
chiude
.
Però
queste
unghie
dei
piedi
...
Lo
sceneggiatore
adesso
dubita
.
Rifacciamo
la
scaletta
così
:
Luciano
sale
dalla
scaletta
del
diurno
,
e
viene
bene
perché
Ugo
ha
la
faccia
di
uno
che
esce
dal
bagno
,
sempre
.
Un
momento
,
fammi
finire
:
arriva
Maria
.
Cosa
c
'
entra
Maria
?
Insomma
,
arriva
Anna
,
Io
piglia
per
un
braccio
,
farmacia
,
cachet
,
bicchiere
d
'
acqua
.
Lo
beve
lei
,
il
cachet
serbalo
,
caso
mai
ti
pigli
un
'
altra
botta
in
testa
.
Idrante
,
schiaffo
d
'
acqua
in
faccia
a
Luciano
,
oltre
tutto
Ugo
sta
bene
coi
capelli
incollati
sulla
fronte
,
ed
entrano
in
Duomo
.
Ci
vorrà
il
permesso
?
Sentiremo
all
'
arcivescovado
.
Lei
gli
leva
la
sciarpa
dal
collo
,
se
la
mette
in
testa
,
e
per
un
attimo
ritorna
devota
,
nello
sguardo
.
Comunista
fin
che
volete
ma
sempre
italiana
,
e
cioè
cattolica
.
Stacco
,
subito
la
latteria
.
Oggi
non
si
fanno
più
le
barricate
,
oggi
si
tira
dalle
finestre
e
dai
tetti
;
di
lassù
diventa
pericoloso
anche
un
vaso
da
notte
.
Anzi
,
facciamoci
un
bel
tormentone
.
Sul
vaso
da
notte
stacco
,
e
siamo
nel
bagno
,
io
sto
seduto
sul
vaso
e
leggo
.
Alzo
gli
occhi
un
po
'
sopra
il
foglio
e
dico
che
in
questo
sono
sempre
stato
regolare
.
Invece
Anna
deve
prendere
le
pillole
,
così
quando
arriva
la
moglie
trova
la
scatola
,
e
domanda
com
'
è
che
prendi
le
pillole
,
eppure
eri
sempre
stato
regolare
.
Tormentone
di
Carlone
.
Volevo
dire
di
Taccone
.
Stacco
sul
torracchione
,
sempre
alle
spalle
,
sempre
visibile
,
questo
grattacielo
della
B.R.S.
Tu
entri
in
ascensore
,
la
vedova
Viganò
t
'
aveva
comandato
di
andare
in
tipografia
,
e
in
ascensore
chi
trovi
?
Trovi
Taccone
,
che
pigia
il
bottone
degli
scantinati
,
della
centrale
termica
.
Però
di
sopra
se
ne
sono
accorti
,
quelli
dell
'
FBI
,
volevo
dire
quelli
della
BRS
,
col
fatto
della
trasmittente
tascabile
,
una
penna
che
porti
al
taschino
e
fa
bip
,
bip
,
bip
.
La
sua
lunghezza
d
'
onda
non
è
quella
della
tipografia
.
Lei
dottor
Bianchi
è
licenziato
.
Casa
nuova
,
cambiali
,
mobili
,
elettrodomestici
,
falso
benessere
,
la
Seicento
,
i
tafanatori
,
le
telefonate
.
Tormentone
delle
telefonate
.
Pronto
dottor
Bianchi
?
Parlo
con
il
dottor
Bianchi
?
È
in
casa
il
dottor
Bianchi
?
Dottor
Bianchi
al
telefono
.
Dottor
Amidei
al
telefono
,
da
Roma
.
Dottor
Lizzani
al
telefono
,
da
Praga
.
Dottor
Vincenzoni
al
telefono
,
da
Tokio
.
Dottor
Tognazzi
al
telefono
,
da
Cremona
.
StampaQuotidiana ,
Manoscritto
in
una
bottiglia
lo
sapevamo
:
anzi
,
dopo
il
celebre
racconto
di
Poe
,
è
tra
le
immagini
che
piacciono
alla
critica
letteraria
:
ma
il
libro
in
una
bottiglia
nessuno
l
'
aveva
mai
inteso
,
prima
di
questo
Natale
.
Ora
eccolo
,
un
libro
da
tenere
sugli
scaffali
non
della
biblioteca
ma
del
bar
:
I
cocktails
di
Luigi
Veronelli
,
lire
diecimila
.
Potrà
sembrare
la
più
frivola
fra
le
strenne
,
e
invece
è
un
'
opera
scientifica
che
è
costata
all
'
autore
fatiche
,
ripensamenti
,
riassaggiamenti
,
per
mettere
insieme
un
colossale
fastello
di
schede
,
pronte
alla
fine
di
aprile
.
Da
maggio
a
ottobre
ci
hanno
lavorato
,
con
la
pazienza
certosina
dei
bibliografi
,
tre
grafici
e
due
redattori
,
ed
a
capo
dell
'
équipe
c
'
era
Giampaolo
Dossena
,
giovane
studioso
cremonese
che
notoriamente
beve
soltanto
vini
-
e
talvolta
grappe
-
piemontesi
.
Carta
speciale
,
due
indici
analitici
(
generale
e
per
«
basi
»
)
,
risguardi
orientativi
,
a
mo
'
d
'
illustrazione
autentiche
etichette
di
liquori
,
che
vanno
attaccate
al
foglio
una
per
una
,
con
quattro
goccioline
di
colla
ai
vertici
.
Divertente
,
dirà
chi
lo
acquista
,
ignorando
l
'
immane
opus
d
'
un
manipolo
di
specialisti
.
Per
chi
la
compra
,
dunque
,
la
strenna
libraria
ha
sapore
di
festa
,
di
caldarroste
,
vischio
e
panettone
;
a
chi
la
confeziona
,
ma
specialmente
a
chi
la
scrive
,
rievoca
invece
il
solleone
,
la
città
che
comincia
a
vuotarsi
,
la
sospirata
imminenza
delle
valigie
fatte
per
andarsene
in
campagna
.
Alle
strenne
di
quest
'
anno
,
personalmente
ho
contribuito
con
un
racconto
per
ragazzi
,
che
,
insieme
ad
altri
undici
,
forma
una
antologia
intitolata
Cuore
1963
.
La
consegnai
all
'
editore
il
12
di
giugno
,
e
con
il
compenso
mi
ci
pagai
la
casa
alla
Polveriera
,
in
Versilia
.
Lo
scorso
anno
non
feci
strenne
.
Nel
'61
invece
collaborai
a
un
almanacco
letterario
:
siccome
m
'
era
toccato
il
calendario
dei
fatti
,
non
ricordo
come
riuscii
ad
arrivare
sino
al
mese
di
ottobre
,
con
la
mia
cronachetta
,
e
senza
sballare
un
solo
turno
in
tipografia
.
Nel
'60
invece
tradussi
di
gran
furia
un
grosso
volume
bene
illustrato
su
Roma
antica
e
moderna
,
di
autore
anglo
-
indiano
.
Ci
misi
una
settimana
,
consegnai
il
malloppo
,
incassai
il
compenso
e
senza
nemmeno
tornare
a
casa
presi
il
treno
per
Sarzana
,
dato
che
l
'
editore
,
a
quei
tempi
,
aveva
la
sede
vicino
alla
stazione
centrale
.
Nel
'58
non
andai
in
vacanza
,
passai
il
mese
d
'
agosto
in
canottiera
,
porte
e
finestre
aperte
per
dare
l
'
illusione
d
'
un
po
'
di
brezza
,
a
tradurre
un
'
altra
strenna
,
che
era
poi
un
volumone
antologico
sulla
vita
dei
cowboys
,
scritto
in
buona
parte
da
allevatori
e
vaccai
autentici
.
Nel
'57
me
la
vidi
con
le
memorie
di
un
soldato
al
Messico
,
e
fu
una
brutta
strenna
:
appena
l
'
ebbi
finita
,
mi
consegnarono
la
lettera
di
licenziamento
.
Così
feci
Natale
senza
nemmeno
i
fichi
secchi
.
StampaQuotidiana ,
Gli
mancano
tre
esami
e
la
tesi
per
laurearsi
medico
,
entro
il
prossimo
anno
accademico
,
e
ce
la
farà
senz
'
altro
,
perché
gli
preme
,
perché
crede
in
questa
professione
come
in
un
modo
concreto
,
anzi
manuale
,
di
aiutare
chi
soffre
.
Intanto
,
a
ventisette
anni
,
ha
trovato
il
tempo
per
fare
un
mucchio
di
altre
cose
:
recita
al
«
Gerolamo
»
la
parte
dell
'
allampanato
Gervasino
,
ha
studiato
armonia
e
composizione
,
suonato
il
pianoforte
in
orchestrine
da
ballo
,
comparirà
in
un
film
di
produzione
romana
ma
di
ambiente
milanese
,
ogni
sera
ci
fa
sentire
le
sue
canzoni
in
un
locale
notturno
.
Sono
circa
due
anni
che
Enzo
Jannacci
scrive
canzoni
,
da
Il
cane
coi
capelli
,
che
era
un
garbato
(
e
goliardico
)
nonsense
,
alle
ultime
cose
,
che
sono
le
migliori
.
Nato
e
cresciuto
a
Milano
,
giù
verso
l
'
Idroscalo
-
è
figlio
di
un
aviatore
-
gli
indovini
subito
nel
colorito
e
nei
tratti
marcati
del
viso
l
'
ascendenza
pugliese
,
e
certe
sue
impennate
canore
,
che
paiono
astratte
,
ricordano
invece
i
toni
dell
'
ambulante
,
dell
'
erbivendolo
meridionale
da
poco
inurbato
,
e
tuttora
avvezzo
a
«
cantare
»
la
sua
merce
.
Jannacci
fa
,
oltre
tutto
,
un
lavoro
di
recupero
culturale
per
nulla
trascurabile
.
«
Non
so
se
è
la
prima
volta
che
sentite
questa
storia
...
»
È
il
tipico
incipit
del
cantastorie
.
Oppure
:
«
Dee
scusà
,
ma
mi
vori
canta
,
d
'
un
me
amis
che
l
'
era
andà
a
fa
'
l
bagn
,
su
el
stradun
per
andare
all
'
Idroscalo
;
l
'
era
lì
e
l
'
amore
lo
colpì
»
.
Qui
,
come
si
vede
,
il
dialetto
cede
alla
lingua
proprio
quando
l
'
immagine
,
e
il
concetto
,
è
di
natura
«
colta
»
:
l
'
informazione
data
a
un
passante
,
il
ricordo
di
una
frase
letta
o
sentita
.
L
'
amico
,
in
questo
caso
,
è
un
barbone
che
portava
le
scarpe
da
tennis
e
parlava
da
solo
,
innamorato
di
una
donna
«
bianca
e
rossa
che
pareva
il
tricolore
»
.
Ma
è
difficile
raccontare
una
canzone
di
Jannacci
,
perché
tutte
sono
legate
al
suo
modo
di
farle
sentire
,
che
è
inimitabile
:
bisogna
andarlo
a
vedere
.
Tiene
la
chitarra
dritta
,
orizzontale
,
sotto
il
mento
,
come
per
isolare
una
maschera
dura
e
immobile
;
inteccherito
quasi
ligneo
il
corpo
,
accenna
qualche
raro
passo
,
prima
della
strofa
finale
:
«
L
'
han
truvà
sota
a
un
mucc
de
cartun
;
l
'
han
guardà
,
el
pareva
nisun
;
l
'
han
tucà
,
el
pareva
che
durmiva
;
lassa
sta
che
l
'
è
roba
de
barbun
»
.
Poi
l
'
ultimo
ritornello
gli
esce
di
gola
come
un
urlo
rabbioso
quel
barbone
con
le
scarpe
da
tennis
morto
sotto
un
mucchio
di
cartone
è
veramente
suo
amico
.
La
gente
del
night
sempre
un
po
'
distratta
ride
,
ma
intanto
non
riesce
a
evitare
un
brivido
lungo
la
schiena
.
Ma
chi
è
dunque
Jannacci
,
questo
ragazzo
che
,
smessa
la
maschera
delle
sue
canzoni
,
ridiventa
mite
e
timido
e
compito
?
A
chi
somiglia
?
Ci
pensi
e
ti
viene
in
mente
il
nome
di
Petrolini
:
nessun
altro
.
Difficile
dire
,
oggi
,
se
Enzo
farà
altrettanto
;
se
diventerà
per
esempio
un
buon
medico
e
basta
.
Di
sicuro
però
la
stoffa
è
quella
.
StampaQuotidiana ,
La
prima
di
cui
si
abbia
notizia
è
la
donna
lombarda
dela
celebre
canzone
,
quella
che
attossica
il
marito
col
velen
del
serpen
.
Moglie
,
dobbiamo
intendere
,
e
non
donna
,
perché
fu
coeva
,
forse
,
dire
Totila
,
e
in
ogni
caso
,
secondo
la
prima
redazione
di
quel
canto
«
domina
longobarda
»
.
Ma
queste
sono
cose
successe
tanto
tempo
fa
,
come
diceva
il
parroco
di
Travale
,
e
lasciamo
perdere
anche
Lucia
Mondella
in
Tramaglino
e
la
bella
pigotta
,
per
venire
alle
più
ordinarie
e
contemporanee
.
Il
catalogo
è
vasto
:
c
'
era
la
moglie
,
anzi
la
sposa
bambina
di
Alfonso
Gatto
,
e
c
'
è
la
moglie
di
Giorgio
Soavi
,
che
notoriamente
dorme
,
mentre
lui
persegue
nelle
sue
fughe
letterarie
la
ragazza
-
cane
e
la
ragazza
-
da
-
corsa
.
E
per
la
verità
ci
sono
anche
mogli
da
corsa
,
per
esempio
quella
di
Giorgio
De
Gaspari
,
che
va
in
giro
vestita
come
Malabrocca
,
e
con
la
macchina
da
autocross
.
Poi
c
'
è
tutt
'
altra
categoria
-
la
moglie
di
Vigevano
:
l
'
ha
sposata
il
pittore
siciliano
Edoardo
Franceschini
.
Costei
legge
Proust
e
soffre
di
liftofobia
,
cioè
d
'
una
irrazionale
paura
degli
ascensori
,
e
perciò
è
capace
di
fare
otto
piani
di
scale
.
Viene
quindi
la
categoria
delle
mogli
-
record
(
intendi
«
disco
»
)
;
quella
a
quarantacinque
giri
,
legittimamente
coniugata
con
Vittorio
Metz
,
e
quella
prebellica
,
normale
,
tranquillante
e
protettiva
,
insomma
a
settantotto
giri
.
È
il
caso
della
moglie
di
Marcello
Marchesi
,
che
sta
a
sentire
indulgente
il
marito
(
a
trentatré
giri
)
quando
attacca
la
filza
delle
ultime
trovate
:
brodo
scaccia
brodo
,
Oreste
Del
Buono
c
'
è
ma
è
sempre
quello
,
nella
libreria
del
finanziere
non
manchi
il
dizionario
delle
buone
maniere
,
la
cioccolata
è
una
cosa
seria
,
mangiare
è
un
diritto
,
digerire
un
dovere
,
ho
fatto
battezzare
il
gatto
,
è
peccato
?
Ci
sono
le
mogli
portatili
,
come
quella
del
play
-
boy
sanremese
Mario
Acquarone
,
le
mogli
alte
e
le
mogli
basse
,
le
mogli
retroattive
e
le
mogli
ipotetiche
,
le
mogli
calde
,
le
fredde
e
le
scozzesi
,
che
fan
venire
il
raffreddore
se
prese
con
poca
cautela
.
Ci
sono
infine
le
mogli
incomunicabili
.
La
più
perfetta
l
'
ho
vista
sabato
scorso
non
in
un
film
di
Antonioni
,
ma
in
un
bar
di
piazzale
Baracca
.
Sopra
i
sessanta
,
modesta
nel
vestire
ma
ben
ravversata
,
alla
moda
dei
suoi
tempi
.
Sedeva
tacita
e
immobile
accanto
a
lui
,
settantenne
,
ovvio
pensionato
,
coi
calzoni
lisi
ma
stirati
bene
e
uno
spillo
alla
cravatta
.
Immobile
e
tacito
anche
lui
.
Hanno
aperto
bocca
soltanto
alle
ordinazioni
:
lei
un
tè
,
lui
un
caffè
.
Hanno
bevuto
,
appena
i
gesti
indispensabili
,
poi
di
nuovo
silenzio
e
rigore
.
Poi
,
finalmente
,
il
colloquio
,
due
battute
.
Lei
:
«
Il
tè
non
fa
male
,
il
caffè
sì
»
.
Lui
:
«
Mavadaviaipè
»
.
StampaQuotidiana ,
Pace
in
terra
agli
uomini
,
ma
ai
bambini
un
po
'
meno
:
il
primo
regalo
degli
amici
al
pupo
è
stato
un
bel
completino
da
bersagliere
,
con
trombetta
,
mitra
,
cinturone
,
due
bombe
a
mano
,
l
'
elmo
e
il
piumetto
.
Mancava
soltanto
la
cartolina
rosa
del
richiamo
alle
armi
.
Tenaci
i
dolciari
coi
loro
grappoli
di
lumi
e
le
vetrate
a
colori
,
per
il
resto
nessuna
luminaria
.
I
vigili
condonavano
qualche
ammenda
,
e
gli
autisti
di
tassì
erano
meno
protervi
nella
loro
rabbia
contro
una
donna
al
volante
anziché
come
sogliono
«
Genuvefa
»
,
la
chiamavano
semplicemente
«
Befana
»
,
che
è
in
fondo
immagine
gentile
e
festiva
.
Più
scarsi
i
doni
,
ma
concreti
e
spiritosi
.
Cioè
,
bottiglie
,
oppure
storielle
buffe
.
Per
esempio
,
Bruno
Munari
ha
spedito
un
suo
breve
saggio
,
nel
quale
tra
le
altre
cose
descrive
i
piselli
,
così
come
li
vedrebbe
un
«
industrial
designer
»
,
pillole
alimentari
di
diversi
diametri
,
confezionate
in
astucci
bivalve
molto
eleganti
per
forma
,
colore
,
materia
,
semitrasparenza
e
semplicità
di
apertura
.
Basta
premere
coi
polpastrelli
e
le
pillole
non
cadono
,
perché
trattenute
da
una
puntina
di
adesivo
.
Non
occorre
restituire
l
'
involucro
,
lo
si
può
senz
'
altro
gettare
.
Emilio
Tolaini
invece
ha
regalato
un
suo
bel
gioco
pisano
dell
'
oca
:
alle
varie
caselle
s
'
incontrano
Kinzica
,
Bonanno
,
Vittorio
Alfieri
furibondo
per
la
pioggia
incessante
ed
Enrico
Fermi
,
che
fu
già
scolaro
alla
Normale
e
aveva
imparato
sin
da
quei
tempi
a
distinguere
i
funghi
buoni
dai
velenosi
.
A
proposito
di
Pisa
,
in
casa
di
Alfredo
Pigna
a
mezzanotte
in
punto
s
'
era
sparsa
la
voce
che
era
caduto
il
campanile
(
la
metà
alta
)
:
smentita
poi
la
brutta
notizia
,
Dino
Buzzati
,
Tony
Dallara
e
Rosalina
Neri
hanno
intonato
in
coro
cogli
amici
la
vecchia
canzone
della
torre
che
pende
e
mai
non
vien
giù
.
Prima
di
tornarsene
a
Roma
i
cinematografari
sono
stati
prodighi
di
abbracci
e
di
baci
,
tutti
quanti
,
dalla
primadonna
all
'
ultimo
macchinista
.
Soltanto
strette
di
mano
,
all
'
opposto
,
fra
i
colleghi
più
tranquilli
e
pensosi
disposti
alle
confidenze
,
ai
buoni
propositi
,
agli
esami
di
coscienza
.
Uno
m
'
ha
detto
che
vuole
scrivere
un
libro
sperimentale
,
leggibile
in
due
chiavi
:
sia
come
storia
delle
deviazioni
sentimentali
d
'
un
giovane
nei
nostri
tempi
,
sia
come
vademecum
dell
'
automobilista
nel
traffico
urbano
.
Anche
il
titolo
dovrebbe
essere
a
doppio
taglio
:
I
sensi
vietati
.
StampaQuotidiana ,
Cominciarono
a
mitragliare
subito
dopo
Natale
:
Cosa
fate
l
'
ultimo
dell
'
anno
?
Chi
vedete
?
Con
chi
uscite
?
Avete
qualche
idea
?
E
subito
sotto
con
le
idee
:
si
potrebbe
cenare
giù
da
Enrico
,
un
po
'
caro
,
quindicimila
a
testa
,
oppure
andarci
,
già
cenati
,
e
consumare
,
diecimila
a
testa
,
un
po
'
caro
,
ma
l
'
ultimo
dell
'
anno
viene
una
volta
all
'
anno
,
o
magari
un
posticino
fuori
porta
,
alla
buona
,
un
'
ora
di
macchina
,
due
ore
di
macchina
,
o
sennò
da
Ubezio
,
ci
viene
anche
Salerno
,
ci
viene
anche
Cesarina
la
Pazza
,
ci
viene
anche
...
ma
voi
insomma
cosa
fate
l
'
ultimo
dell
'
anno
?
Non
facciamo
niente
.
Si
mette
al
fuoco
la
pentola
grossa
,
con
dentro
gallina
,
mezzo
chilo
di
biancostato
e
gli
odori
,
a
cuocere
pian
piano
,
così
per
cena
c
'
è
lesso
e
fior
di
brodo
e
avanza
anche
per
rifarci
i
tortellini
domani
.
Come
panettone
si
prende
quello
che
costa
meno
,
tanto
sono
tutti
eguali
,
e
il
formato
da
mezzo
chilo
,
tanto
mezzo
il
panettone
avanza
sempre
e
rinseccolito
farà
forse
bene
alla
gola
,
ma
più
giù
della
gola
,
non
scende
.
Si
guarda
la
televisione
,
un
programmino
in
stretta
economia
,
spezzoni
di
roba
vecchia
,
con
un
presentatore
anche
lui
in
economia
.
E
si
fanno
i
conti
,
dare
e
avere
,
fatto
e
malfatto
,
rammentato
e
scordato
.
Non
c
'
è
forse
un
amico
,
oramai
,
al
ministero
del
Bilancio
?
A
mezzanotte
si
suona
il
campanello
dei
coinquilini
,
anzi
dei
casigliani
,
e
si
stappa
con
loro
una
bottiglia
di
spumante
da
700
lire
.
E
si
fiondano
dalla
finestra
le
lampadine
fulminate
.
Come
botto
basta
e
avanza
.
Poi
a
dormire
.
Sarebbe
ora
di
chiudere
ragazzi
,
dice
pressappoco
uno
dei
nostri
più
valenti
poeti
nuovissimi
.
Sicuro
,
è
finito
il
miracolo
,
anzi
non
c
'
era
mai
stato
,
perché
i
miracoli
,
se
va
bene
,
li
fanno
i
santi
.
Comincia
l
'
anno
dell
'
austerità
e
della
programmazione
,
anche
spicciola
.
Allora
ragazzi
,
intesi
,
non
buttate
quattrini
dalla
finestra
,
dalla
finestra
casomai
si
buttano
le
lampadine
fulminate
.
State
buoni
e
fermi
.
Chi
ha
una
bella
casa
non
la
cambi
,
e
se
la
goda
,
non
ne
fugga
come
un
forsennato
a
ogni
festa
del
lunario
.
Chi
vuol
viaggiare
viaggi
,
ma
sul
serio
:
non
già
tutte
le
domeniche
ai
laghi
,
o
in
montagna
,
o
in
Riviera
,
bensì
un
mese
filato
a
Tokio
.
E
poi
un
mese
immobili
,
a
pensare
com
'
era
Tokio
,
perché
se
non
viaggia
il
cervello
è
come
se
non
viaggiasse
niente
.
Usate
pure
l
'
automobile
,
ma
ricordatevi
che
è
una
macchina
non
una
persona
.
Sentimenti
e
passioni
tornate
a
trasferirli
sul
giusto
oggetto
,
sulla
donna
vostra
,
che
se
lo
merita
.
E
lasciate
stare
le
donne
degli
altri
,
soprattutto
non
cercate
di
prenderle
a
prestito
.
A
prestito
anzi
,
se
vi
riesce
,
non
prendete
e
non
date
nulla
.
Andateci
piano
,
con
le
rate
,
e
basta
con
le
cambiali
.
Avete
mai
letto
bene
come
ci
è
scritto
?
Pagherò
.
Tempo
futuro
.
Gran
brutto
tempo
.