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> autore_s:"Bocca Giorgio" > anno_i:[1970 TO 2000}
StampaPeriodica ,
Mi chiedono una dichiarazione sul digiuno di Marco Pannella . La faccio qui pubblicamente . Il digiuno di Marco Pannella ha per me un chiaro significato demistificatorio , ricorda al rivoluzionarismo lagnoso e mitomane di casa nostra questo fatto incontrovertibile ma così spesso dimenticato : noi stiamo fra i ricchi della terra , la civiltà industriale , il capitalismo industriale , privato o di Stato , sarà quel " sistema di merda " che dicono i nostri supersinistri , ma in due secoli ha fatto ciò che non si era fatto nei millenni , quel non fatto per cui nel mondo muoiono ancora ogni anno quindici milioni di persone per fame . Diciamo che il digiuno di Marco Pannella ci restituisce un minimo di senso della proporzione e ci consiglia a smetterla con le varie mode luddiste , esotiche , antindustriali . Un amico economista mi scrive da Londra : " Leggo ogni tanto sui giornali italiani le tirate antindustriali e anticapitalistiche dei vostri rivoluzionari . Vorrei ricordargli quanto segue : l ' Europa ha impiegato ottocento anni per ritornare al tenore di vita del quinto secolo , alla fine dell ' impero romano e fino alla rivoluzione industriale inglese il tasso annuale di crescita è stato poco più di zero . Ancora nel 1800 in Francia quattro persone su cinque spendevano tutto il loro salario per l ' acquisto del pane e in tutta la Germania non c ' erano mille persone con un reddito pari a sei milioni di oggi . Le più grandi nazioni comuniste , la Russia e la Cina hanno dovuto inchinarsi all ' evidenza , hanno dovuto reintrodurre i meccanismi e i valori del capitalismo industriale . " Nei paesi dell ' Occidente " , prosegue l ' amico economista , " la crescita economica del 1945 ad oggi è stata sbalorditiva con aumenti annui del 4,2 per cento di investimenti superiori al 20 per cento . Lo strumento del benessere c ' è , l ' uomo lo ha finalmente trovato dopo i millenni della fame . Si tratta di farlo funzionare con un minimo di intelligenza e con un minimo di giustizia " . Sì , io credo che il gesto di Marco Pannella abbia proprio questo significato : di ricordarci che cosa è il mondo dei poveri veri , dei diseredati veri , degli affamati veri e che cosa siamo noi al confronto . A volte sembra di assistere , in questo nostro paese che pure ha i suoi problemi e magagne e sofferenze reali , a una sorta di culto o di revival delle piaghe che ci siamo lasciati alle spalle . Abbiamo smesso di fare stupide guerre ? In questa Europa che sembra rinsavita , austriaci , jugoslavi , francesi non desiderano più di spostare i segnali di confine al prezzo di milioni di morti ? Noi non abbiamo più delle Trento e delle Trieste da liberare con montagne di cadaveri , insomma non ci sono più i nemici ? Ce li inventiamo , ci spariamo l ' uno contro l ' altro . " Chi assiste alle assemblee " proletarie sa bene che i giovani di certe zone metropolitane hanno una vita grama , poche prospettive ; ma il modo barbone straccione in cui si vestono , gli abiti e le sciarpe , le barbe da lumpenproletariato appartengono in qualche modo al desiderio di un riflusso preindustriale , ai bei tempi in cui il proletariato aveva da perdere " solo le sue catene " . Non è più così , per fortuna , il proletariato italiano oggi ha da perdere molto , tutto ciò che gran parte del mondo gli invidia , quel livello di vita che i nostri sovversivi dicono " di merda " , ma di una merda che il Terzo mondo spalmerebbe volentieri sul suo pane . I giovani , rivoluzionari o meno , diranno che queste sono chiacchiere da guru rincoglionito . Può darsi : ma saremmo dei pazzi , degli stupidi , se rompessimo la macchina del benessere che abbiamo messo assieme con i sacrifici e le fatiche terribili di non so quante generazioni . In mancanza di argomenti più seri ogni tanto i nostri sovversivi dilettanti , nemici del capitalismo industriale , ci ricordano che esso fa ogni anno tremila morti sul lavoro . Perché non contano quanti morivano di fame , di stenti , di malattie nelle società preindustriali ? E a scanso di equivoci direi ancora : capitalismo industriale non significa i padroni delle ferriere , può voler dire società riformata e socialista .
StampaQuotidiana ,
Milano , dicembre . Qui Milano network , la « televisiun » , privata e pubblica , reti uno , quattro , cinque , Euro TV , Rete A e consideriamo pure a parte Antenna 3 , il cui patron , Renzo Villa , è anche il conduttore dello show festivo , tanto per capire l ' ambiente , un po ' saloon . Fin che la dura , la più ricca , lussuosa , dissipatrice televisione del creato , capace da sola di ingoiare i due quinti della produzione americana e di consumare in un giorno tanti film , telefilm e serial quanto gli USA o la Germania in una settimana . Per via , si sa , della sfida infernale delle private fra di loro e con la RAI che essendo femmina virtuosa si è trovata con la gonna alzata dalla concorrenza a mostrar natiche un po ' rugose e biancheria rattoppata . Reti di un solo proprietario contro reti di affiliati , come i contadini contro i mandriani del West , per disputarsi l ' immensa prateria televisiva , le grasse mandrie pubblicitarie da condurre al santo macello , con lotta all ' ultimo sangue , ossessiva , grottesca per la audience , l ' ascolto pagato con cifre enormi , non sai mai se autentiche o gonfiate : programmi per 500 miliardi e 2000 titoli nei magazzini di Canale 5 e di Rete 4 , Dallas contro Dynasty , quanto a dire serial da un miliardo a puntata , per la produzione , comperati prima a 24.000 dollari a puntata e poi , a forza di rilanci , a 100.000 . E dietro a valanga Flamingo road , Falcon crest , Magnum sino alle vette di Uccelli di rovo e di Venti di guerra in quella euforia , un po ' irresponsabile , che vi prende nei casinò o nel salone delle grida alla Borsa , dicono due miliardi a testa per film come l ' Ufficiale e gentiluomo e Rambo e sicuramente mezzo miliardo per qualsiasi filmetto pornodialettal - comico . Ma chi si ferma davanti all ' ascesa continua della pubblicità ? Le sole private sono passate dai 60 miliardi del '79 , ai 144 dell'80 , ai 255 dell'81 , ai 467 dell'82 , ai 720 dell'83 ai previsti 1400 dell'84 , con crescita a raddoppio . Sì , non sarà tutto oro quello che luce , le cifre sono al lordo , spesso pagate con « cambio merci » cucine , piastrelle , liquori che poi bisogna rivendere e magari quasi al limite del codice , con ristorni , in nero , ai titolari di azienda , se la vedano poi loro con i soci , le banche , gli azionisti , e cospicui gratuiti : se mi paghi cento spot nelle ore di punta , te ne regalo cento nelle altre ore . Non sarà tutto oro , ma tanto oro quanto basta per celebrare , fra addetti , le gesta dei pistoleros tivù : « Giuseppe Lamastra , direttore acquisti di Rete 4 , ha soffiato a Berlusconi tutto lo stock della Publikompass » . Due giorni dopo Silvio Berlusconi risponde « bloccando l ' intero pacchetto della Cineriz , ha scelto fra 250 film il meglio , pagandoli ognuno 36 milioni ( cifre del '79 ) contro i 35 del concorrente » . Allora Formenton , boss di Rete 4 , si fionda in Brasile a mietere telenovelas . Moltiplicando per cento , per mille è un po ' come il boom dei rotocalchi nell ' immediato dopoguerra , con i tipici sviluppi all ' italiana , la rana che si gonfia a rischio di scoppiare . Nessuno ha tempo per studiare , per inventare si fa più presto a comperare il meglio che c ' è , íl direttore che ha avuto successo , la testata fortunata , il genere che va . Il bollettino di guerra risuona per corridoi e uffici . Udite ! Udite ! Lillo Tombolini è passato da Rete uno a Rete 4 con Enzo Papelli in fuga dalla RAI e allora Canale 5 ha sparato a zero sulla Sipra , concessionaria RAI , le ha rubato Longhi , direttore vendite ! Ma di queste lotte stellari fra gli staff televisivi il pubblico sa poco e nulla e poi non se ne cura attonito come è di fronte ai trasferimenti di Mike ( Bongiorno ) di Pippo ( Baudo ) e di Corrado . Come ai tempi eroici dei rotocalchi si torna all ' editore leggendario , al padre padrone come furono l ' Angelo Rízzoli e l ' Arnoldo Mondadori , al boss duro - fraterno , capitalista ma amico del fattorino , tecnico , contabile , grafico , inventore , esperto in tette da copertina , simpatico anche nelle sue « ire funeste » , il factotum che attraversa le aziende in ogni direzione per provvedere a tutto , per tenere assieme questo mondo nuovo che sembra sempre sul punto di sfasciarsi , di dissolversi . Silvio Berlusconi è il padre padrone più noto , conosciuto anche come « mister five » o « il ragazzo della via Gluck » o per antonomasia « quello che trova sempre i soldi , chi sa dove » fulmineo e onnipresente e vorace come un Howard Hughes , speriamo per lui e per noi un po ' meno « cabiria » ; o il Mario Formenton , esitante fra l ' aplomb del grande editore e la grinta del vecchio rugbista , o il re del latte Calisto Tanzi , forse il più temerario dato il finanziamento del « Globo » e l ' Alberto Peruzzo , per antonomasia « ma da dove è spuntato ? » . E al loro seguito i comprimari e le macchinette , i self made man e i portaborracce , i forzuti e le bionde eroine . Ecco Annamaria Frizzi , veneta , moglie di industriale e industriale essa stessa che pianta marito e azienda per mettersi nella pubblicità con Berlusconi e tirar su in un anno , da sola , 15 miliardi . Non male al 15 per cento di interessenza . E papà Balini ? Per anni lo hanno visto fare anticamera nei corridoi della RAI con la sua valigia piena di pizze cinematografiche italo - americane che i signori di via Mazzini non degnavano di uno sguardo . Adesso è miliardario , si è stabilito a Hollywood e siccome la cucina locale non gli va sta aprendo dei ristoranti italiani , mentre procura serial a Berlusconi che lo paga con la metà degli inserti pubblicitari inseriti , come usa dire alla brianzola « dentro la pucetta » dentro lo zabaione del successo . Uno che ricorda un po ' Lombardi , « l ' amico degli animali » della prima televisione , è il Rino Tommasi consulente sportivo e americanista , 1800 libri sullo sport yankee , intervista di un ' ora a Kissinger sul soccer e l ' olimpiade , un tipico « superstat » macchina statistica . A parte mettiamo Carlo Freccero trentasette anni , re dei programmi che hanno fatto la fortuna di Canale 5 e 1 , o meglio dire del palinsesto , che se lo cerchi sullo Zingarellí trovi « pergamena più volte grattata e riscritta » che non è poi molto distante dal significato televisivo . Ci incontriamo alla cafeteria di Milano 2 , che sembra di essere a Santa Monica California , luci tenui , olive e Martini , stangone biondo platino in attesa della prova di balletto , registi che fanno il baciamano . E c ' è anche lui , Carlo Freccero intellettuale sessantottino , raffinato , fra la nostalgia e l ' incubo della stagione utopica . « Lei Freccero come ha sfondato ? » « Mi sono sforzato di capire tre o quattro cose , già molte , no ? La prima è che sul prodotto non puoi bluffare , devi avere il meglio , dunque muoverti sul mercato americano . La seconda l ' avevo scoperta in una mia archeologia delle TV private degli inizi : quella loro rivelazione del prato basso italiano , ignoto ma ricco e vitale , il prato di Portobello , degli spettacoli a premi , partecipati , della gente che parte in pullman dalla provincia per i suoi pellegrinaggi laici , non più ai santuari per chieder la grazia alla Madonna , ma ai teatri televisivi dove si celebra il dio denaro . Poi la RAI , come punto di riferimento obbligatorio , perché la RAI vuol dire venti anni di abitudine , di appuntamenti fissi , magari anche di noie famigliari , ma comunque la televisione . Quando io sono arrivato nella professione , le private avevano già occupato le ore vuote o silenziose o noiose della RAI nel pomeriggio e nella tarda sera . Restava da conquistare il peak point , come lo chiamano , il massimo ascolto delle 8 e 30 di sera . Ce l ' abbiamo fatta con dei programmi omogenei , sempre riferiti all ' immagine dell ' emittente , famigliar - americana di Canale 5 , italiano popolare di Rete uno , e sottraendo alla RAI i Mike e i Corrado , i portavoce o maieutici del " prato basso ".» Ora andiamo al ristorante dove si attende il boss dei boss , Silvio Berlusconi , che ha appena finito di festeggiare non so quale tribù televisiva di venditori o di aficionados . « È vero » gli chiedo « che mandriani e contadini del nostro West televisivo stanno per fare la pace ? Che andate a un ' unica concessionaria di pubblicità già chiamata Sipra 2 , per dire nuovo monopolio in vista ? » « Lei crede che il primo Agnelli o il primo Pirelli potessero davvero autodimensionare le loro aziende ? No e neppure noi delle TV private , anche noi dobbiamo misurarci con il mercato , con le risorse , i quali dicono che solo gli oligopoli possono sopravvivere . » « Allora continuerete a gettare miliardi nella fornace ? » « Spero di no , spero in un gentleman agreement , in una regola di comportamento . Ma non dimenticate i nostri meriti : abbiamo creato una ricchezza pubblicitaria in crescita anche negli anni di crisi » . Il boss di Rete 4 e della Mondadori , Mario Formenton , sta invece meditabondo ai suoi laghi Masuri , pardon , ai laghetti ghiacciati di Segrate ( chi sa le tinche giganti come se la passano sotto il pack ) . « Ho qui una buona notizia » dice , « l ' Associazione degli utenti pubblicitari si è decisa a creare un istituto statistico credibile . Dobbiamo finirla con questi rilevamenti di parte che a sommarli fanno più della popolazione italiana » . « Ma a Canale 5 dicono che il vero parametro è quello delle vendite dei prodotti pubblicizzati » . « Già , come non sapessimo che una campagna pubblicitaria punta su una ventina di media e che è impossibile dire chi ha reso di più per le vendite » . « È il meter , dottor Formenton , l ' aggeggio elettronico che misura l ' ascolto di un apparecchio minuto per minuto ? » . « Sì , il meter , ma lo gestisce la RAI che si riserva il segreto delle postazioni e di certi rilevamenti politici . Se lo immagina lei cosa capiterebbe se facesse sapere che appena è apparso il grande leader la gente è scappata ? » . L ' alluvione televisiva è come quelle del Nilo o del Mississippi : qui distrugge villaggi , là posa limo fecondo . Una rivoluzione benefica l ' ha compiuta abbattendo lo steccato della TV pubblica , storico come quello vaticano . Mettendo fine a una lunga stagione di sonni , di alterigie , di supponenza , vedi la Sipra che metteva i clienti in coda , zitti e buoni . Così , il giorno in cui un suo funzionario di nome Trainetti ha dovuto salire le scale di una agenzia pubblicitaria , lo guardavano increduli come la vergine di Fatima , apparizione divina , ma anche un po ' da prendere per i fondelli : « Come andiamo Trainetti , è vero che non riuscite a raggiungere il tetto pubblicitario ? » . Si è dovuta dare una regolata anche la Sacis , che per anni ha svolto l ' unico ridicolo compito della censura e proibiva negli annunci parole come estro , perché pare che così si dica dei cavalli in calore , oltre i tradizionali membro , sega e , va sans dire , « seghetto alternativo » . Adesso in difesa della RAI e della Sipra italiane si levano i « vespri » patriottici di Flaminio Piccoli e di Gianni Pasquarelli che se la prendono con la colonizzazione dell ' Italia , con l ' americanismo trionfante che mortifica « ogni sforzo onesto di produzione plurima » . Suvvia , lasciamo perdere , diciamo piuttosto , con l ' ingegner Mattucci direttore RAI in Milano , che le private sono passate « dalla cattiva produzione al buon acquisto » ma solo all ' acquisto , incapaci per ora di creare una industria televisiva in crescita armonica , produttiva . L ' antiamericanismo alla Jack Lang , ministro mitterrandiano , del tipo vive la France abbasso les amerlos , gli imitatori dell ' America , ha un senso se lo traduci in capacità produttive , in somma di risorse . Ma siccome le cifre sono quelle che sono e gli investimenti televisivi italiani sono di 3000 miliardi contro i 30.000 delle televisioni americane , siccome a Broadway e a Hollywood ci sono migliaia di registi , scenografi , attori , operatori che da noi non ci sono , comperare bisogna . Certo , come macchina socialculturale , la televisione commerciale può spaventare , ha ragione l ' ingegner Mattucci a dire che essa « può far morire e rinascere il cinema , dominare le comunicazioni di massa , creare nuove professioni , rovesciare i rapporti culturali » . Il boom delle private ha avuto , per dire , effetti massicci nella stampa di intrattenimento sollevando a un milione e seicentomila copie , massima tiratura italiana ( il 25 per cento dei giornali venduti nei centri con meno di cinquemila abitanti ) , « Sorrisi e Canzoni » che segue le trasmissioni , se non di tutte le quattrocento antenne italiane di gran parte , prima redazione computerizzata per tener memoria e ordine nel mare di notizie televisive , mentre crollava a 200.000 copie il « Radiocorriere Tv » che ha pagato la sua fedeltà alla televisione pubblica . La « televisiun » ha anche tolto la puzza sotto il naso degli editori racé . Se uno pensa cosa era lo snobismo della Einaudi al tempo delle vacanze con Vittorini a Bocca di Magra quando unici interlocutori accettabili sembravano il poeta Sereni e i letterati toscani dell ' altra sponda , i Tobino , i Benedetti , i Cancogni ; o ai ricevimenti cattedratici in casa Laterza con i professori e signore in nero e oggi vede Pippo Baudo al centro del premio Strega , adulato , corteggiato assieme al suo dirimpettaio televisivo della domenica , Minà , per il potere televisivo che hanno di farti vendere come niente diecimila copie in più , capisce che se ne è fatta di strada dalle élites alle masse . Carlo Freccero che ha l ' occhio del mestiere mi faceva osservare : « Ha notato che Baudo , adesso , delega a Grillo ed altri attori le parti grottesche satiriche ? Adesso si riserva quelle del talk show autorevole , dell ' amabile cerimoniere ormai entrato nell ' establishment culturale » . La televisione è un ' alluvione di cui pochi conoscono davvero i possibili sbocchi . Per ora , i suoi capitani coraggiosi come Berlusconi e Formenton navigano un po ' a vista , intuiscono le connessioni con i teatri , i giornali , l ' editoria specializzata , la produzione filmistica in proprio , l ' azionariato popolare , l ' informazione , ma senza sapere esattamente cosa c ' è dietro quelle porte aperte o socchiuse . Oggi le prospettive della televisione italiana privata e pubblica oscillano fra previsioni trionfali e rischi sempre più grandi . Si scommette su una crescita senza fine della pubblicità , si preferisce non pensare a cosa accadrebbe se dovesse fermarsi . È in piena angoscia da futuro incerto la televisione pubblica . C ' è una commissione parlamentare che dovrebbe varare la famosa legge per la televisione che va interrogando un po ' tutti , in cerca della pietra filosofale nel Mugnone , capace di cambiar i sassi in oro . Mi confida il dottor Berretta del sindacato pubblicitari : « Hanno convocato anche noi , ma che gli diciamo ? Che quattordicimila dipendenti e quattromila consulenti sono una follia ? Che bisogna tagliarne almeno i due terzi ? Ma se continuano ad assumere giornalisti democristiani , comunisti , socialisti raccomandati dai partiti . Gli proponi un canale sovvenzionato dagli abbonamenti e pulito di pubblicità ? Proprio noi ? Ma le pare ? Eppure sono nei guai , riescono a coprire gli spazi pubblicitari vicini al telegiornale della sera , ma nelle altre ore hanno il fiato lungo » . Per l ' ingegner Luigi Mattucci , direttore della RA1 a Milano , l ' unica soluzione praticabile è quella di una televisione pubblica assistita , ma concorrenziale : « Se molliamo la concorrenza pubblicitaria e dell ' audience siamo morti . Non vedo come riusciremo a sfoltire il personale . Abbiamo bisogno di quattro o cinque anni di assistenza , il tempo necessario per riciclare competenze e funzioni , diventare una azienda che dà servizi e fa ricerca come la SIP , come l ' ENEL » . Allora , altri cinque anni di compromessi ? Di informazione televisiva mutilata , congelata ? Dice Freccero : « C ' è una sola via per vincere tutte le censure e ottenere tutte le interconnessioni . Fare un ' informazione che abbia una grande audience . Allora nessuno si preoccuperà che sia di sinistra o di destra , tutti staranno attenti agli indici di gradimento e ai miliardi di pubblicità » .
Padova, la rabbia e la spranga ( Bocca Giorgio , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Padova , 22 . « Roberto libero » scritto in azzurro dagli autonomi e sotto , « Merda » scritto in nero , dai fascisti . Finisce così , Hegel non deve essere passato per Padova , la dialettica , almeno , è sconosciuta a questi muri . « Bruciamo la città » , in vernice rossa , attraversa una facciata , ma ad ogni buon conto il cartolaio d ' angolo appende il suo cartellino scritto a penna : « Chiuso il sabato » . Gli opposti , a Padova , qualche volta si scontrano , più spesso si ignorano . « Mitra è bello » dichiarano gli autonomi di Psicologia , ma il Circolo di cultura cattolico finge che Padova sia ancora quella dell ' Antonianum , della grande stagione gesuitica fra le due guerre , invita ad ascoltare Giovanni Testori « che leggerà il suo ultimo dramma di meditazione sulla morte » , profumo di ceri e di gigli sfatti . Chi entra da Ponte Corvo vede , a sinistra , una città esotica , in stupenda decomposizione , un ponticello fragile su un rivo sepolto da una vegetazione metà veneta e metà subtropicale ; da cui si alzano nel cielo le cupole e i minareti - campanile del santo , e mura annerite dall ' umidità , quei marroni tenui delle case . Ma a destra condomini altissimi , disegnati da Buzzati , laidi e tragici , nel cielo tempestoso . « Morte alla borghesia » deve essere autonomo , a vernice , ma c ' era , lì accanto , una bacheca vuota e qualcuno con mano notarile , in bella calligrafia ha scritto « Prego , non sporchiamo la città » . Gli amici di Padova - squallidi riformisti , s ' intende - si lamentano dei luoghi comuni giornalistici , dicono che c ' è anche l ' altra Padova . Sarà , ma la Padova dei giovani , dell ' Università è questa : un dodici per cento che vota , in maggioranza democristiano , in maggioranza di reddito medio alto ; poi quelli che non si vedono mai , che capitano solo agli esami , forse settanta su cento e poi gli incazzati , i poveri , quelli che si sentono stranieri a questa scuola . Anche perché non capiscono perché ci sia , a cosa serva : gli autonomi . Perché violenti ? Musatti ci ha detto che è un meccanismo di compensazione , l ' altra faccia del desiderio di onnipotenza che è di ogni uomo . Violenza contro emarginazione . Uno storico come il professor Prandstaller può vederci una storia cattolica , dall ' integralismo dell ' Antonianum al radicalismo giacobino . E il portavoce degli autonomi Emilio Vesce vi dirà , senz ' altro , che tutto dipende « dalla assoluta mancanza di credibilità delle istituzioni , qui sono nate le trame nere , era nera la magistratura , salvo Tamburino , neri i poliziotti » . La storia non è semplice , i rami per cui muove la provincia cattolica sono sempre contorti , sottili , la spaccatura fra le due Padove , la loro incomunicabilità può sembrare arcana , al professor Sabino Acquaviva , quasi una maledizione celeste . Ma oggi la diversità , l ' estraneità hanno la chiarezza di una stratificazione geologica , argilla o granito , senza alcuna possibilità di dubbio ; l ' Italia dei partiti , dei sindacati , degli organizzati , dei raziocinanti , del buon senso , delle compatibilità e l ' Italia insicura e perciò violenta , appena uscita dalla foresta nera e perciò pronta a tutto per non ritornarvi , che nell ' università di massa vive assieme ai ricchi , ne mutua i desideri e i bisogni senza poi avere i mezzi per soddisfarli : ancora un esercito di « spostati » come dicono i sociologi , ancora il vecchio gioco delle élites colte che cercano di cavalcare il fatto sociale per farne uno strumento di potere , nel '21 per fare il fascismo , adesso chi sa . Dove il privato coincide con il politico , dove i bisogni esistenziali si verniciano di ideologie arcaiche o fumose , dove gli uni discutono e spesso cianciano a vuoto di riforme e di razionalità , e gli altri chiedono , subito , posti , ragioni di esistere , di partecipare , che altro può esserci se non la incomunicabilità e l ' ambiguità ? Agli occhi dell ' Italia organizzata , assicurata , la violenza degli altri appare incomprensibile . Se a Venezia mettono una bomba al « Gazzettino » , giornale cattolico , di destra , si pensa , secondo la comune ragione : sarà un attentato di sinistra . Invece sono quelli di Ordine Nuovo . Se a Padova viene sprangato un professore « democratico » , ex partigiano , comunista come Petter o come Longo si dice : « Sarà una provocazione fascista » . Invece gli autonomi rivendicano l ' attentato . Nei quartieri popolari di Padova la violenza scoppia per i più futili pretesti e nelle più imprevedibili direzioni , perché è un bisogno , uno sfogo , qualcosa che sta nella pancia di quelle gioventù e deve uscirne , e noi che nella pancia quella rabbia non ce l ' abbiamo , cerchiamo , smarriti , il perché e il per come politico . La rapina alle casse delle mense universitarie non è razionale , ma la risposta razionale data da certe facoltà - se rapinano le casse , noi le facciamo blindate - appare come una provocazione , come una violenza . Non c ' è comunicabilità perché non c ' è quasi niente da dire . La cultura cattolica e laica , che ha voluto l ' università di massa per sistemarvi in funzioni docenti i suoi figli e nipoti , ha poco o niente da offrire a questi che fanno i neoleninisti o gli helleriani tanto per fare qualcosa , ma vogliono posti , vogliono soldi , vogliono ciò che gli altri non possono dare o non sono capaci di dare . Così la violenza serpeggia imprevedibile , ambigua , indefinibile . In vicolo Ognissanti viene bruciata una sede di Lotta continua e , poco più in là , una agenzia immobiliare . Perché Lotta continua inclina al riformismo ? Perché l ' agenzia immobiliare è uno strumento della speculazione ? Sì , ma come pretesto , come scusa per sentirsi presenti , potenti , minacciosi , vivi . Un giorno irrompono nel negozietto di un verduraio : qualche cesto di frutta , un po ' di insalata , due contadini inurbati , povera gente ; bastonati a sangue , il negozio incendiato « perché era aperto durante una delle festività infrasettimanali rubate al popolo » . Ma non sono popolo due contadini inurbati , due poveri cristi ? Sì , ma i casi personali non contano , conta l ' esempio , l ' azione , la presenza , l ' attivismo . Era così anche il fascismo nascente , ma non cadiamo nella falsa consolazione dei paragoni troppo facili : l ' esercito degli « spostati » è di nuovo in marcia , non si sa dove andrà a parare ; e imprecare , maledire in nome della santa democrazia serve a poco ; anche accorgersi adesso , marzo del 1979 , che alla facoltà di Psicologia di Padova è stato ripetuto lo stesso errore di Trento e di Milano , da cui , si poteva almeno ricordarlo , sono nati Potere Operaio e le Brigate Rosse . La facoltà di Psicologia di Padova viene immaginata , come quella di Trento , come una università di élite : per i nuovi tecnocrati , al servizio del sistema . E di nuovo l ' esercito degli spostati , che attende in ogni provincia italiana , lancia il suo ballali e parte alla conquista del vuoto ; una facoltà che doveva avere mille studenti se ne trova , in breve , novemila . Gli autonomi non sono di aspetto gradevole , come di solito non lo sono í poveri ; i loro metodi sono violenti , spesso il privato si traduce in ferocia stupida , in cinismo da quattro soldi ; il gioco del potere che si fa sulla loro pelle può anche assomigliare a una triste parodia del leninismo . Ma anche vedere la palazzina dove ha sede la facoltà di Psicologia non è un bel vedere , anche vedere degli uffici , dei locali , delle attrezzature che andrebbero in frantumi se gli studenti compissero il loro dovere di venirci a studiare non è un bel vedere . Sono accorsi a migliaia a Psicologia per le stesse ragioni per cui erano andati a Trento : l ' illusione di impadronirsi in qualche modo della chiave per capire gli altri e per comandarli ; ancora il desiderio di onnipotenza pessimamente collocato in una macchina della frustrazione e della impotenza . Che altro era nella vecchia Italia la corsa generale a Giurisprudenza ? La speranza di entrare a far parte di quelli che conoscono le machiavelliche procedure dei dottori . Qui a Psicologia anche la voglia della scorciatoia , di lauree facili con bibliografia ridotta ; e poi di posti di prestigio , in una categoria di moda : gli psicologi , dopo i sociologi , gli urbanisti , gli architetti e le altre onde delle ricorrenti mode sociali . Dicono bene i francesi : un raz de marée , una marea che sale , d ' improvviso ; in una di quelle professioni che fanno saltare i nervi , le professioni - dice Pizzorno - che mettono di fronte i mille che avranno un buon posto e un alto stipendio , agli ottomila che non avranno niente e lo prevedono , lo sanno e si incazzano in anticipo . Certo , le aggressioni a Petter e a Longo sono state ignobili , cretine , al punto che fra gli stessi autonomi ci sarebbero critiche , dissensi aperti se non intervenisse la disciplina neoleninista - carbonara - mafiosa che li tiene assieme . Ma è anche stato mediocre , prima , lasciar gonfiare la facoltà per piazzarci figli e nipoti di professori . Adesso il rettorato cerca una soluzione pratica : arrivare in qualche modo al numero chiuso senza proclamarlo formalmente . Per potere , si può , all ' italiana . Si chiudono gli uffici per le iscrizioni , si mettono a tacere per il primo anno i corsi più importanti , si inizia il decentramento : in Francia è riuscito , in America funziona . Ma sì , a parole si può fare tutto , dire tutto ; ma solo con le parole non si cambia niente e qui , da dieci anni a questa parte , pochissimo è cambiato , salvo il numero degli incazzati e degli emarginati che è in continuo aumento , salvo il numero delle pistole e delle molotov che è in continua moltiplicazione , salvo la prospettiva di una guerriglia diffusa , già in atto e magari capace di allargarsi a guerra civile con conseguenti repressioni di tipo argentino . Perché questa è la contrapposizione tragica : un potere immobile , incapace di uscire dai suoi vizi , e una opposizione che si affida solo alla rabbia , troppo poco per essere l ' alternativa in un paese industriale avanzato .