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Lo straniero concittadino ( Bocca Giorgio , 1963 )
StampaQuotidiana ,
I 30 mila di Milano città più quelli della fascia industriale fanno mezzo milione di analfabeti . Numero grande e parola brutta . Allora si preferisce dire che sono « privi di cultura » , senonché Milano è in Europa e l ' Europa è tanto esigente : uno può saper firmare , mettendocela tutta , e per lei resta analfabeta . Dunque analfabeti , integrali o di ritorno , in gran parte giovani , meglio non pensare alle inutili menzogne statistiche e dire le cose come stanno , per esempio nelle pensioni . Le pensioni del Milanese ospitano , sette su dieci , gli immigrati da meno di un anno . Giratele , chiedete e troverete che il livello di istruzione è il seguente : tredici su cento privi del titolo elementare ; ottanta su cento fermi al titolo elementare ; quindici con qualche anno di scuola media ; quattro diplomati , un laureato . L ' ILSES giunge , nella sua accuratissima inchiesta , a risultati analoghi : privi di qualsiasi istruzione venti su cento ; con il titolo delle elementari sessanta ; di una scuola secondaria undici ; del liceo sei ; laureati poco più di uno . Idem nelle case popolari dello Stato , dove dovrebbero funzionare i Centri sociali di rieducazione . Il professor Leone Diena ne parla in diversi quartieri con diversi inquilini e scopre « che pochissimi ne hanno sentito parlare » . Mezzo milione di analfabeti nella provincia più ricca e progredita d ' Italia . Tagliati fuori dalla cultura tradizionale e spesso anche dalle sottoculture popolari , persino da quella sportiva che ha il merito indubbio di iniziare le moltitudini a un certo stile di vita , a una certa gerarchia dei valori . Su cinquanta inquilini di una pensione in via Moscova solo due hanno assistito a una partita di calcio a San Siro e molti ignorano l ' esistenza di squadre che si chiamano Inter o Milan . La scarsa istruzione scolastica di cui si è detto : e l ' improvviso inaridirsi di ogni vena della cultura popolare , sia favola , sia rito , sia folklore . Roberto Leydi , che compie da anni una preziosa ricerca di canzoni popolari , dice che gli immigrati nel Milanese ricordano quelli nelle Americhe , una voce che si spezza nel trauma della migrazione , lo stesso rifiuto e l ' oblio , la sordità per i temi e i motivi che legano al passato . Fine delle vecchie canzoni , dei vecchi racconti . E uomini stranieri alla cultura che li accoglie come a quella che si sono lasciata alle spalle . Imprevedibili , inspiegabili , casuali . A volte scatenati in manifestazioni di isterismo collettivo , migliaia di persone che assediano il bar di Cinisello dove si è rifugiato il cantante Dallara ; a volte freddi , assenti , poche persone ad ascoltare i cantastorie famosi ; sicché capita un tale che ha la mania di recitare poesie del Trecento , si pensa che la piazza resterà vuota , i carabinieri neppure si scomodano ed ecco migliaia di persone che ascoltano senza capire e applaudono . Gente letteralmente spaesata , che sembra incapace di rappresentarsi il nuovo mondo e di rappresentarsi , di guardarsi dentro e di comunicare . Se si tratta di bimbi , di ragazzini si può ancora rimediare . Anche se arrivano educati in quel modo piuttosto mediocre . Le maestre in qualsiasi centro della fascia , dicono che la quinta elementare degli immigrati dal Sud equivale alla terza di quassù e non esagerano , anche qui meglio non pensare a certe informazioni menzognere sulla pubblica istruzione . Poi si mettono di mezzo i genitori con i loro pregiudizi e l ' orgoglio familiare : « Vengo io dalla maestra , se ti tocca » . « Dicci che si provasse con il figlio di Antonio Cotronei » . E la maestra attenta a non correggere gli strafalcioni del padre in presenza del figlio potrebbero nascere chi sa quali reazioni psicologiche a catena . Ma può capitare che perda la pazienza . Una maestra di Poasco chiama il padre di un alunno per dirgli « Stia attento , ieri ha cercato di rubarmi questo temperino » e il padre « Lei non si permetta , quello ce lo detti io » al che la maestra esce dai gangheri e lo caccia fuori . Con tutto ciò i bambini e i ragazzini fanno presto a rimettersi in corsa , quasi sempre si rinnova il miracolo del fondo civile che riaffiora dopo secoli di ignoranza , la direttrice delle scuole della Certosa dice che i figli degli immigrati , qui da almeno tre anni , superano l ' ammissione alla media come i locali , meglio dei figli dei braccianti e dei mungitori locali . Per gli anziani la faccenda è diversa , spesso irrisolvibile . Non sono stupidi o tardi . Alle prove della civiltà industriale capiscono che l ' istruzione serve . Ma stretti dal bisogno , affamati « come lupi » di ciò che la vita può dare subito , non riescono a superare il criterio dell ' utilità immediata ed è in nome di questa utilità immediata che risultano o accettano l ' istruzione . « Se uno guadagna la paga con i libri i soldi bastano solo a lui » . « Allora è impossibilissimo quanto mai studiare perdendo un ' ora di lavoro perché sarebbero 300 lire » . « Se l ' aumento è sicuro magari studierei » . Così se studiano , studiano quel tanto che basta per poter fare quel tal lavoro che dà il tale aumento del salario e basta . E chi potrebbe chiedergli di più pensando al lungo cammino che hanno percorso , ai traumi che li hanno segnati e al lavoro che li logora ? Forse i loro figli o i nipoti capiranno che il progresso delle macchine impone un ' istruzione permanente , che nella società moderna si va a scuola dall ' asilo infantile alla pensione . A questo punto sembra piuttosto arduo sostenere che la migrazione significa un apporto culturale positivo . Ma qualcuno ci si prova : « Tutti noi abbiamo dovuto porci delle domande , chiederci chi eran costoro che arrivavano . Il nostro mondo si è allargato » . « L ' ansia di imparare è un ' ansia che si riceve ma che si dà . » « Passiamo dalle culture regionali a una cultura unica , le immigrate da Melissa spiegano alle operaie brianzole come si svolse l ' occupazione delle terre , se c ' è mancanza di zucchero le immigrate del Ferrarese , che conoscono l ' industria saccarifera , sanno trovare un perché » . E tutte le altre belle storie che avranno un valore episodico e un sapore letterario , ma poco o nessun riscontro con la situazione generale del Milanese . Sicché l ' unico apporto culturale , inevitabile più che positivo , resta quello della lingua , dei contributi che gli immigrati e gli altri danno al formarsi di una nuova lingua . « Gli immigrati » si legge in molte inchieste « si vergognano a tentare le inflessioni lombarde » . Certo tutti esitano a tentare una lingua nuova , ma non credo che la ragione sia questa , se a Torino gli stessi immigrati il dialetto lo adottano subito . Il fatto è che a Torino il dialetto è necessario , è il linguaggio ufficiale della grande fabbrica , lo parlano negli uffici e nei negozi ; mentre a Milano possono farne a meno , nella gran mescolanza che si è formata dal principio del secolo ci vuole la lingua per capirsi : « Noi stiamo qui a far chiacchiere che io non comprendo voi e voi non comprendete me . Allora diciamocela in italiano , se questo bicchiere è tondo deve essere tondo per tutti » . È la necessità che forma il nuovo italiano : la lingua del ceto egemonico , più qualcosa della lingua del mondo contadino , più le parole e le immagini del progresso tecnico . E ne diamo alcune note sparse che , naturalmente , non pretendono a studio filologico . Gli immigrati , nei primi mesi applicano le parole italiane , frettolosamente apprese , ai costrutti dialettali . E qualcosa resta , come una tendenza a mettere il verbo al fondo della frase , spesso al passato remoto , tipico di culture come quelle del Sud , volte al passato . Ma proprio per questo rimettono nel circuito parole di un italiano arcaico , che può sembrare puro per la diretta derivazione dal latino : locare per affittare , stipare per mettere assieme , conservare per tenere . Dalla civiltà arcaica e contadina , del Sud come del Nord , vengono anche i modi di dire e le immagini che hanno il fascino delle reliquie . Ripetuti per automatismo nella mancanza di altre immagini o sentenze , anche se non hanno più alcun rapporto con la realtà . Nei negozi di oggetti per la casa , si trova , in parecchi centri della fascia , una piastrella maiolicata su cui si legge : « Fare credito è un errore , si perde il denaro e l ' avventore » . E sono negozi che chiuderebbero immediatamente se non vendessero tutto a credito . Poi le sentenze della retorica contadina , suggerita dal paternalismo : « Bisogna dirci papà a chi ti dà da mangiare » . « Poco ma in pace . » « Dove c ' è pace c ' è Dio . » « Casa mia , mamma mia , vita mia . » « Il denaro è la rovina dell 'umanità.» Che potrebbero essere un ' autocritica elegante e ironica se non fossero soltanto pigrizia e povertà mentale . Un regalo a Togliatti « Parleranno dieci dialetti diversi » diceva Giancarlo Pajetta , nel 1962 , « ma sanno dire tutti la parola sciopero » . E ora potrebbe aggiungere : « E votare comunista » . È la verità , l ' aumento dei voti comunisti nel Milanese è dovuto agli immigrati , ci si chiede solo che abbia fatto il partito per meritarselo . Il partito ha creato un ufficio che si occupa come può , con i pochi mezzi che ha del fenomeno migratorio ; ha favorito la formazione di alcuni gruppi regionali prestando sedi e dirigenti , ma sempre una goccia nel mare , intendiamoci ; e in alcune sezioni della fascia , da contare sulle dita di una mano , ha organizzato la custodia dei bimbi perché le madri possono partecipare , di sera alla vita del partito . Tutto qui ? Tutto qui a giudicare dalle critiche che gli stessi comunisti si rivolgevano alla vigilia delle elezioni : « Manca una politica , non abbiamo una piattaforma sicura rispetto gli immigrati » . « Per anni abbiamo ignorato il fenomeno . E mentre il partito si indeboliva al Sud abbiamo trascurato di rafforzarlo al Nord . » « I compagni che vengono al Nord dimenticano il partito e noi non facciamo niente per recuperarli . » Sicché a un convegno del 1962 l ' onorevole Pietro Amendola poteva dire , scandalizzato : « Visitavo una baracca di Magenta e mi sono sentito tirare per una manica . Mi volto e riconosco fra gli altri i migliori compagni di Eboli , quelli che avevano guidato le più dure lotte . Mescolati fra gli altri inutilizzati » . Eppure il voto di molti immigrati va al partito : forse il meno assente fra gli assenti , forse più favorito dai demeriti altrui che dai meriti propri . Si dice che il voto degli immigrati è stato un voto di protesta : i muratori di Milano che conoscono i guadagni di chi specula sui terreni , cioè in pochi mesi ciò che essi guadagneranno in tutta la vita ; quelli di Ispra che costruiscono la cittadella atomica dell ' avvenire abitando in baracche cadenti , quelli che si avventurano nella Milano cara scoprendo dimensioni e valutazioni a distanze astronomiche . « Solo un voto di protesta » si dice « questi scontenti si immaginano rivoluzionari , ma la tensione rivoluzionaria non c ' è , manca una chiara convinzione ideologica , sono altri voti in frigorifero » . Altri però pensano che questo frigorifero incomincia ad essere piuttosto ingombrante e non sono proprio sicuri della pretesa superiorità ideologica degli altri voti , pensano che il voto di certa borghesia agiata è stato altrettanto istintivo e protestatorio . Vedono piuttosto che la borghesia agiata , quella dell ' alternativa liberale , fa niente , assolutamente niente per avvicinare gli immigrati , per aiutarli , per consigliarli . Vedono che ancora una volta gli unici avversari validi del comunismo sono i cattolici che appartengono alle ACLI e non all ' alternativa liberale , essi ad aprire nella fascia i circoli , le cooperative , i doposcuola . I sindaci e la mafia La migrazione rompe gli atteggiamenti di « rispetto verso le autorità indifferenti del Sud ed esalta , al Nord , l ' autorità più impegnata e , apparentemente , più disinteressata , quella del sindaco . Nei villaggi città della fascia il sindaco è la persona più autorevole . Più dell ' onorevole , del parroco , del comandante dei carabinieri . Egli fa parte della triade onnipotente società immobiliare - municipio - ufficio tecnico e ne è spesso l ' arbitro . Raramente a favore suo , spesso a favore del suo partito . Ma queste operazioni di alta finanza comunale interessano relativamente gli immigrati , ad essi basta di aver trovato , per la prima volta dopo secoli , qualcuno che si occupa effettivamente dei loro bisogni e che ha un potere autonomo e sufficiente per soddisfarli . Gli si rivolgono dapprima per avere le carte necessarie alla residenza e al lavoro , poi per la casa e finisce che diventa il loro padre spirituale e magari il loro consigliere sentimentale : la immigrata cui il sindaco ha regolato una spinosa faccenda familiare che ogni volta gli sorride come se fosse « uno della congiura » ; le mogli che gli raccontano i tradimenti dei mariti ; quelli che lo vogliono arbitro di una loro lite . I sindaci quasi tutti settentrionali non riescono a rendersi conto , a volte , del potere acquisito , né a prevedere le conseguenze . Un giorno , a una riunione di immigrati , il sindaco di San Donato dice che effettivamente è vero , quel tale padrone di case si comporta da esoso . E poi deve fermare la corsa al linciaggio , quelli sentendosi approvati dal sindaco , dal signore « della Commune » muovono già alla spedizione punitiva , hanno scambiato un suo giudizio per una autorizzazione a procedere . Come arbitri tra le immobiliari e gli uffici tecnici i sindaci devono fare i conti con l ' organizzazione mafiosa che si è trasferita o ricostruita al Nord . Il « ragioniere » o « la napoletana » o « il barista » che intermediano fra i nuovi arrivano e i proprietari di terreni e di case devono per forza avere qualche « aggancio » nel municipio , sotto questo aspetto qui come nel Sud la mafia rappresenta una degenerazione dell ' amministrazione pubblica . Le organizzazioni mafiose si occupano di mediazioni commerciali e di reclutamento operaio . Per ora non sono arrivate a uccidere , ma usano le minacce , le percosse , la fame . Parecchi gruppi mafiosi spediscono i loro emissari nel Sud per offrire « casa e lavoro » . Chi accetta deve solo firmare un impegno e quasi sempre lo firma senza leggerlo . Poi scoprirà che è un impegno da strozzino , persa la casa alla prima rata non pagata . Il controllo è difficile , molti immigrati non conoscono altra mediazione che quella mafiosa . Alcuni arrivano al punto di rimpiangerla . Un giorno la polizia arresta un certo Fioramonte Panando . Ha ucciso un reclutatore di manodopera . Perché aveva deciso di chiuder bottega e non voleva più occuparsi di trovargli un lavoro . Si tratta di un caso limite , ma anche al limite è una triste faccenda . Ne abbiamo ancora di strada da fare , non vi sembra ?
StampaQuotidiana ,
Milano , dicembre . Qui Milano network , la « televisiun » , privata e pubblica , reti uno , quattro , cinque , Euro TV , Rete A e consideriamo pure a parte Antenna 3 , il cui patron , Renzo Villa , è anche il conduttore dello show festivo , tanto per capire l ' ambiente , un po ' saloon . Fin che la dura , la più ricca , lussuosa , dissipatrice televisione del creato , capace da sola di ingoiare i due quinti della produzione americana e di consumare in un giorno tanti film , telefilm e serial quanto gli USA o la Germania in una settimana . Per via , si sa , della sfida infernale delle private fra di loro e con la RAI che essendo femmina virtuosa si è trovata con la gonna alzata dalla concorrenza a mostrar natiche un po ' rugose e biancheria rattoppata . Reti di un solo proprietario contro reti di affiliati , come i contadini contro i mandriani del West , per disputarsi l ' immensa prateria televisiva , le grasse mandrie pubblicitarie da condurre al santo macello , con lotta all ' ultimo sangue , ossessiva , grottesca per la audience , l ' ascolto pagato con cifre enormi , non sai mai se autentiche o gonfiate : programmi per 500 miliardi e 2000 titoli nei magazzini di Canale 5 e di Rete 4 , Dallas contro Dynasty , quanto a dire serial da un miliardo a puntata , per la produzione , comperati prima a 24.000 dollari a puntata e poi , a forza di rilanci , a 100.000 . E dietro a valanga Flamingo road , Falcon crest , Magnum sino alle vette di Uccelli di rovo e di Venti di guerra in quella euforia , un po ' irresponsabile , che vi prende nei casinò o nel salone delle grida alla Borsa , dicono due miliardi a testa per film come l ' Ufficiale e gentiluomo e Rambo e sicuramente mezzo miliardo per qualsiasi filmetto pornodialettal - comico . Ma chi si ferma davanti all ' ascesa continua della pubblicità ? Le sole private sono passate dai 60 miliardi del '79 , ai 144 dell'80 , ai 255 dell'81 , ai 467 dell'82 , ai 720 dell'83 ai previsti 1400 dell'84 , con crescita a raddoppio . Sì , non sarà tutto oro quello che luce , le cifre sono al lordo , spesso pagate con « cambio merci » cucine , piastrelle , liquori che poi bisogna rivendere e magari quasi al limite del codice , con ristorni , in nero , ai titolari di azienda , se la vedano poi loro con i soci , le banche , gli azionisti , e cospicui gratuiti : se mi paghi cento spot nelle ore di punta , te ne regalo cento nelle altre ore . Non sarà tutto oro , ma tanto oro quanto basta per celebrare , fra addetti , le gesta dei pistoleros tivù : « Giuseppe Lamastra , direttore acquisti di Rete 4 , ha soffiato a Berlusconi tutto lo stock della Publikompass » . Due giorni dopo Silvio Berlusconi risponde « bloccando l ' intero pacchetto della Cineriz , ha scelto fra 250 film il meglio , pagandoli ognuno 36 milioni ( cifre del '79 ) contro i 35 del concorrente » . Allora Formenton , boss di Rete 4 , si fionda in Brasile a mietere telenovelas . Moltiplicando per cento , per mille è un po ' come il boom dei rotocalchi nell ' immediato dopoguerra , con i tipici sviluppi all ' italiana , la rana che si gonfia a rischio di scoppiare . Nessuno ha tempo per studiare , per inventare si fa più presto a comperare il meglio che c ' è , íl direttore che ha avuto successo , la testata fortunata , il genere che va . Il bollettino di guerra risuona per corridoi e uffici . Udite ! Udite ! Lillo Tombolini è passato da Rete uno a Rete 4 con Enzo Papelli in fuga dalla RAI e allora Canale 5 ha sparato a zero sulla Sipra , concessionaria RAI , le ha rubato Longhi , direttore vendite ! Ma di queste lotte stellari fra gli staff televisivi il pubblico sa poco e nulla e poi non se ne cura attonito come è di fronte ai trasferimenti di Mike ( Bongiorno ) di Pippo ( Baudo ) e di Corrado . Come ai tempi eroici dei rotocalchi si torna all ' editore leggendario , al padre padrone come furono l ' Angelo Rízzoli e l ' Arnoldo Mondadori , al boss duro - fraterno , capitalista ma amico del fattorino , tecnico , contabile , grafico , inventore , esperto in tette da copertina , simpatico anche nelle sue « ire funeste » , il factotum che attraversa le aziende in ogni direzione per provvedere a tutto , per tenere assieme questo mondo nuovo che sembra sempre sul punto di sfasciarsi , di dissolversi . Silvio Berlusconi è il padre padrone più noto , conosciuto anche come « mister five » o « il ragazzo della via Gluck » o per antonomasia « quello che trova sempre i soldi , chi sa dove » fulmineo e onnipresente e vorace come un Howard Hughes , speriamo per lui e per noi un po ' meno « cabiria » ; o il Mario Formenton , esitante fra l ' aplomb del grande editore e la grinta del vecchio rugbista , o il re del latte Calisto Tanzi , forse il più temerario dato il finanziamento del « Globo » e l ' Alberto Peruzzo , per antonomasia « ma da dove è spuntato ? » . E al loro seguito i comprimari e le macchinette , i self made man e i portaborracce , i forzuti e le bionde eroine . Ecco Annamaria Frizzi , veneta , moglie di industriale e industriale essa stessa che pianta marito e azienda per mettersi nella pubblicità con Berlusconi e tirar su in un anno , da sola , 15 miliardi . Non male al 15 per cento di interessenza . E papà Balini ? Per anni lo hanno visto fare anticamera nei corridoi della RAI con la sua valigia piena di pizze cinematografiche italo - americane che i signori di via Mazzini non degnavano di uno sguardo . Adesso è miliardario , si è stabilito a Hollywood e siccome la cucina locale non gli va sta aprendo dei ristoranti italiani , mentre procura serial a Berlusconi che lo paga con la metà degli inserti pubblicitari inseriti , come usa dire alla brianzola « dentro la pucetta » dentro lo zabaione del successo . Uno che ricorda un po ' Lombardi , « l ' amico degli animali » della prima televisione , è il Rino Tommasi consulente sportivo e americanista , 1800 libri sullo sport yankee , intervista di un ' ora a Kissinger sul soccer e l ' olimpiade , un tipico « superstat » macchina statistica . A parte mettiamo Carlo Freccero trentasette anni , re dei programmi che hanno fatto la fortuna di Canale 5 e 1 , o meglio dire del palinsesto , che se lo cerchi sullo Zingarellí trovi « pergamena più volte grattata e riscritta » che non è poi molto distante dal significato televisivo . Ci incontriamo alla cafeteria di Milano 2 , che sembra di essere a Santa Monica California , luci tenui , olive e Martini , stangone biondo platino in attesa della prova di balletto , registi che fanno il baciamano . E c ' è anche lui , Carlo Freccero intellettuale sessantottino , raffinato , fra la nostalgia e l ' incubo della stagione utopica . « Lei Freccero come ha sfondato ? » « Mi sono sforzato di capire tre o quattro cose , già molte , no ? La prima è che sul prodotto non puoi bluffare , devi avere il meglio , dunque muoverti sul mercato americano . La seconda l ' avevo scoperta in una mia archeologia delle TV private degli inizi : quella loro rivelazione del prato basso italiano , ignoto ma ricco e vitale , il prato di Portobello , degli spettacoli a premi , partecipati , della gente che parte in pullman dalla provincia per i suoi pellegrinaggi laici , non più ai santuari per chieder la grazia alla Madonna , ma ai teatri televisivi dove si celebra il dio denaro . Poi la RAI , come punto di riferimento obbligatorio , perché la RAI vuol dire venti anni di abitudine , di appuntamenti fissi , magari anche di noie famigliari , ma comunque la televisione . Quando io sono arrivato nella professione , le private avevano già occupato le ore vuote o silenziose o noiose della RAI nel pomeriggio e nella tarda sera . Restava da conquistare il peak point , come lo chiamano , il massimo ascolto delle 8 e 30 di sera . Ce l ' abbiamo fatta con dei programmi omogenei , sempre riferiti all ' immagine dell ' emittente , famigliar - americana di Canale 5 , italiano popolare di Rete uno , e sottraendo alla RAI i Mike e i Corrado , i portavoce o maieutici del " prato basso ".» Ora andiamo al ristorante dove si attende il boss dei boss , Silvio Berlusconi , che ha appena finito di festeggiare non so quale tribù televisiva di venditori o di aficionados . « È vero » gli chiedo « che mandriani e contadini del nostro West televisivo stanno per fare la pace ? Che andate a un ' unica concessionaria di pubblicità già chiamata Sipra 2 , per dire nuovo monopolio in vista ? » « Lei crede che il primo Agnelli o il primo Pirelli potessero davvero autodimensionare le loro aziende ? No e neppure noi delle TV private , anche noi dobbiamo misurarci con il mercato , con le risorse , i quali dicono che solo gli oligopoli possono sopravvivere . » « Allora continuerete a gettare miliardi nella fornace ? » « Spero di no , spero in un gentleman agreement , in una regola di comportamento . Ma non dimenticate i nostri meriti : abbiamo creato una ricchezza pubblicitaria in crescita anche negli anni di crisi » . Il boss di Rete 4 e della Mondadori , Mario Formenton , sta invece meditabondo ai suoi laghi Masuri , pardon , ai laghetti ghiacciati di Segrate ( chi sa le tinche giganti come se la passano sotto il pack ) . « Ho qui una buona notizia » dice , « l ' Associazione degli utenti pubblicitari si è decisa a creare un istituto statistico credibile . Dobbiamo finirla con questi rilevamenti di parte che a sommarli fanno più della popolazione italiana » . « Ma a Canale 5 dicono che il vero parametro è quello delle vendite dei prodotti pubblicizzati » . « Già , come non sapessimo che una campagna pubblicitaria punta su una ventina di media e che è impossibile dire chi ha reso di più per le vendite » . « È il meter , dottor Formenton , l ' aggeggio elettronico che misura l ' ascolto di un apparecchio minuto per minuto ? » . « Sì , il meter , ma lo gestisce la RAI che si riserva il segreto delle postazioni e di certi rilevamenti politici . Se lo immagina lei cosa capiterebbe se facesse sapere che appena è apparso il grande leader la gente è scappata ? » . L ' alluvione televisiva è come quelle del Nilo o del Mississippi : qui distrugge villaggi , là posa limo fecondo . Una rivoluzione benefica l ' ha compiuta abbattendo lo steccato della TV pubblica , storico come quello vaticano . Mettendo fine a una lunga stagione di sonni , di alterigie , di supponenza , vedi la Sipra che metteva i clienti in coda , zitti e buoni . Così , il giorno in cui un suo funzionario di nome Trainetti ha dovuto salire le scale di una agenzia pubblicitaria , lo guardavano increduli come la vergine di Fatima , apparizione divina , ma anche un po ' da prendere per i fondelli : « Come andiamo Trainetti , è vero che non riuscite a raggiungere il tetto pubblicitario ? » . Si è dovuta dare una regolata anche la Sacis , che per anni ha svolto l ' unico ridicolo compito della censura e proibiva negli annunci parole come estro , perché pare che così si dica dei cavalli in calore , oltre i tradizionali membro , sega e , va sans dire , « seghetto alternativo » . Adesso in difesa della RAI e della Sipra italiane si levano i « vespri » patriottici di Flaminio Piccoli e di Gianni Pasquarelli che se la prendono con la colonizzazione dell ' Italia , con l ' americanismo trionfante che mortifica « ogni sforzo onesto di produzione plurima » . Suvvia , lasciamo perdere , diciamo piuttosto , con l ' ingegner Mattucci direttore RAI in Milano , che le private sono passate « dalla cattiva produzione al buon acquisto » ma solo all ' acquisto , incapaci per ora di creare una industria televisiva in crescita armonica , produttiva . L ' antiamericanismo alla Jack Lang , ministro mitterrandiano , del tipo vive la France abbasso les amerlos , gli imitatori dell ' America , ha un senso se lo traduci in capacità produttive , in somma di risorse . Ma siccome le cifre sono quelle che sono e gli investimenti televisivi italiani sono di 3000 miliardi contro i 30.000 delle televisioni americane , siccome a Broadway e a Hollywood ci sono migliaia di registi , scenografi , attori , operatori che da noi non ci sono , comperare bisogna . Certo , come macchina socialculturale , la televisione commerciale può spaventare , ha ragione l ' ingegner Mattucci a dire che essa « può far morire e rinascere il cinema , dominare le comunicazioni di massa , creare nuove professioni , rovesciare i rapporti culturali » . Il boom delle private ha avuto , per dire , effetti massicci nella stampa di intrattenimento sollevando a un milione e seicentomila copie , massima tiratura italiana ( il 25 per cento dei giornali venduti nei centri con meno di cinquemila abitanti ) , « Sorrisi e Canzoni » che segue le trasmissioni , se non di tutte le quattrocento antenne italiane di gran parte , prima redazione computerizzata per tener memoria e ordine nel mare di notizie televisive , mentre crollava a 200.000 copie il « Radiocorriere Tv » che ha pagato la sua fedeltà alla televisione pubblica . La « televisiun » ha anche tolto la puzza sotto il naso degli editori racé . Se uno pensa cosa era lo snobismo della Einaudi al tempo delle vacanze con Vittorini a Bocca di Magra quando unici interlocutori accettabili sembravano il poeta Sereni e i letterati toscani dell ' altra sponda , i Tobino , i Benedetti , i Cancogni ; o ai ricevimenti cattedratici in casa Laterza con i professori e signore in nero e oggi vede Pippo Baudo al centro del premio Strega , adulato , corteggiato assieme al suo dirimpettaio televisivo della domenica , Minà , per il potere televisivo che hanno di farti vendere come niente diecimila copie in più , capisce che se ne è fatta di strada dalle élites alle masse . Carlo Freccero che ha l ' occhio del mestiere mi faceva osservare : « Ha notato che Baudo , adesso , delega a Grillo ed altri attori le parti grottesche satiriche ? Adesso si riserva quelle del talk show autorevole , dell ' amabile cerimoniere ormai entrato nell ' establishment culturale » . La televisione è un ' alluvione di cui pochi conoscono davvero i possibili sbocchi . Per ora , i suoi capitani coraggiosi come Berlusconi e Formenton navigano un po ' a vista , intuiscono le connessioni con i teatri , i giornali , l ' editoria specializzata , la produzione filmistica in proprio , l ' azionariato popolare , l ' informazione , ma senza sapere esattamente cosa c ' è dietro quelle porte aperte o socchiuse . Oggi le prospettive della televisione italiana privata e pubblica oscillano fra previsioni trionfali e rischi sempre più grandi . Si scommette su una crescita senza fine della pubblicità , si preferisce non pensare a cosa accadrebbe se dovesse fermarsi . È in piena angoscia da futuro incerto la televisione pubblica . C ' è una commissione parlamentare che dovrebbe varare la famosa legge per la televisione che va interrogando un po ' tutti , in cerca della pietra filosofale nel Mugnone , capace di cambiar i sassi in oro . Mi confida il dottor Berretta del sindacato pubblicitari : « Hanno convocato anche noi , ma che gli diciamo ? Che quattordicimila dipendenti e quattromila consulenti sono una follia ? Che bisogna tagliarne almeno i due terzi ? Ma se continuano ad assumere giornalisti democristiani , comunisti , socialisti raccomandati dai partiti . Gli proponi un canale sovvenzionato dagli abbonamenti e pulito di pubblicità ? Proprio noi ? Ma le pare ? Eppure sono nei guai , riescono a coprire gli spazi pubblicitari vicini al telegiornale della sera , ma nelle altre ore hanno il fiato lungo » . Per l ' ingegner Luigi Mattucci , direttore della RA1 a Milano , l ' unica soluzione praticabile è quella di una televisione pubblica assistita , ma concorrenziale : « Se molliamo la concorrenza pubblicitaria e dell ' audience siamo morti . Non vedo come riusciremo a sfoltire il personale . Abbiamo bisogno di quattro o cinque anni di assistenza , il tempo necessario per riciclare competenze e funzioni , diventare una azienda che dà servizi e fa ricerca come la SIP , come l ' ENEL » . Allora , altri cinque anni di compromessi ? Di informazione televisiva mutilata , congelata ? Dice Freccero : « C ' è una sola via per vincere tutte le censure e ottenere tutte le interconnessioni . Fare un ' informazione che abbia una grande audience . Allora nessuno si preoccuperà che sia di sinistra o di destra , tutti staranno attenti agli indici di gradimento e ai miliardi di pubblicità » .
Padova, la rabbia e la spranga ( Bocca Giorgio , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Padova , 22 . « Roberto libero » scritto in azzurro dagli autonomi e sotto , « Merda » scritto in nero , dai fascisti . Finisce così , Hegel non deve essere passato per Padova , la dialettica , almeno , è sconosciuta a questi muri . « Bruciamo la città » , in vernice rossa , attraversa una facciata , ma ad ogni buon conto il cartolaio d ' angolo appende il suo cartellino scritto a penna : « Chiuso il sabato » . Gli opposti , a Padova , qualche volta si scontrano , più spesso si ignorano . « Mitra è bello » dichiarano gli autonomi di Psicologia , ma il Circolo di cultura cattolico finge che Padova sia ancora quella dell ' Antonianum , della grande stagione gesuitica fra le due guerre , invita ad ascoltare Giovanni Testori « che leggerà il suo ultimo dramma di meditazione sulla morte » , profumo di ceri e di gigli sfatti . Chi entra da Ponte Corvo vede , a sinistra , una città esotica , in stupenda decomposizione , un ponticello fragile su un rivo sepolto da una vegetazione metà veneta e metà subtropicale ; da cui si alzano nel cielo le cupole e i minareti - campanile del santo , e mura annerite dall ' umidità , quei marroni tenui delle case . Ma a destra condomini altissimi , disegnati da Buzzati , laidi e tragici , nel cielo tempestoso . « Morte alla borghesia » deve essere autonomo , a vernice , ma c ' era , lì accanto , una bacheca vuota e qualcuno con mano notarile , in bella calligrafia ha scritto « Prego , non sporchiamo la città » . Gli amici di Padova - squallidi riformisti , s ' intende - si lamentano dei luoghi comuni giornalistici , dicono che c ' è anche l ' altra Padova . Sarà , ma la Padova dei giovani , dell ' Università è questa : un dodici per cento che vota , in maggioranza democristiano , in maggioranza di reddito medio alto ; poi quelli che non si vedono mai , che capitano solo agli esami , forse settanta su cento e poi gli incazzati , i poveri , quelli che si sentono stranieri a questa scuola . Anche perché non capiscono perché ci sia , a cosa serva : gli autonomi . Perché violenti ? Musatti ci ha detto che è un meccanismo di compensazione , l ' altra faccia del desiderio di onnipotenza che è di ogni uomo . Violenza contro emarginazione . Uno storico come il professor Prandstaller può vederci una storia cattolica , dall ' integralismo dell ' Antonianum al radicalismo giacobino . E il portavoce degli autonomi Emilio Vesce vi dirà , senz ' altro , che tutto dipende « dalla assoluta mancanza di credibilità delle istituzioni , qui sono nate le trame nere , era nera la magistratura , salvo Tamburino , neri i poliziotti » . La storia non è semplice , i rami per cui muove la provincia cattolica sono sempre contorti , sottili , la spaccatura fra le due Padove , la loro incomunicabilità può sembrare arcana , al professor Sabino Acquaviva , quasi una maledizione celeste . Ma oggi la diversità , l ' estraneità hanno la chiarezza di una stratificazione geologica , argilla o granito , senza alcuna possibilità di dubbio ; l ' Italia dei partiti , dei sindacati , degli organizzati , dei raziocinanti , del buon senso , delle compatibilità e l ' Italia insicura e perciò violenta , appena uscita dalla foresta nera e perciò pronta a tutto per non ritornarvi , che nell ' università di massa vive assieme ai ricchi , ne mutua i desideri e i bisogni senza poi avere i mezzi per soddisfarli : ancora un esercito di « spostati » come dicono i sociologi , ancora il vecchio gioco delle élites colte che cercano di cavalcare il fatto sociale per farne uno strumento di potere , nel '21 per fare il fascismo , adesso chi sa . Dove il privato coincide con il politico , dove i bisogni esistenziali si verniciano di ideologie arcaiche o fumose , dove gli uni discutono e spesso cianciano a vuoto di riforme e di razionalità , e gli altri chiedono , subito , posti , ragioni di esistere , di partecipare , che altro può esserci se non la incomunicabilità e l ' ambiguità ? Agli occhi dell ' Italia organizzata , assicurata , la violenza degli altri appare incomprensibile . Se a Venezia mettono una bomba al « Gazzettino » , giornale cattolico , di destra , si pensa , secondo la comune ragione : sarà un attentato di sinistra . Invece sono quelli di Ordine Nuovo . Se a Padova viene sprangato un professore « democratico » , ex partigiano , comunista come Petter o come Longo si dice : « Sarà una provocazione fascista » . Invece gli autonomi rivendicano l ' attentato . Nei quartieri popolari di Padova la violenza scoppia per i più futili pretesti e nelle più imprevedibili direzioni , perché è un bisogno , uno sfogo , qualcosa che sta nella pancia di quelle gioventù e deve uscirne , e noi che nella pancia quella rabbia non ce l ' abbiamo , cerchiamo , smarriti , il perché e il per come politico . La rapina alle casse delle mense universitarie non è razionale , ma la risposta razionale data da certe facoltà - se rapinano le casse , noi le facciamo blindate - appare come una provocazione , come una violenza . Non c ' è comunicabilità perché non c ' è quasi niente da dire . La cultura cattolica e laica , che ha voluto l ' università di massa per sistemarvi in funzioni docenti i suoi figli e nipoti , ha poco o niente da offrire a questi che fanno i neoleninisti o gli helleriani tanto per fare qualcosa , ma vogliono posti , vogliono soldi , vogliono ciò che gli altri non possono dare o non sono capaci di dare . Così la violenza serpeggia imprevedibile , ambigua , indefinibile . In vicolo Ognissanti viene bruciata una sede di Lotta continua e , poco più in là , una agenzia immobiliare . Perché Lotta continua inclina al riformismo ? Perché l ' agenzia immobiliare è uno strumento della speculazione ? Sì , ma come pretesto , come scusa per sentirsi presenti , potenti , minacciosi , vivi . Un giorno irrompono nel negozietto di un verduraio : qualche cesto di frutta , un po ' di insalata , due contadini inurbati , povera gente ; bastonati a sangue , il negozio incendiato « perché era aperto durante una delle festività infrasettimanali rubate al popolo » . Ma non sono popolo due contadini inurbati , due poveri cristi ? Sì , ma i casi personali non contano , conta l ' esempio , l ' azione , la presenza , l ' attivismo . Era così anche il fascismo nascente , ma non cadiamo nella falsa consolazione dei paragoni troppo facili : l ' esercito degli « spostati » è di nuovo in marcia , non si sa dove andrà a parare ; e imprecare , maledire in nome della santa democrazia serve a poco ; anche accorgersi adesso , marzo del 1979 , che alla facoltà di Psicologia di Padova è stato ripetuto lo stesso errore di Trento e di Milano , da cui , si poteva almeno ricordarlo , sono nati Potere Operaio e le Brigate Rosse . La facoltà di Psicologia di Padova viene immaginata , come quella di Trento , come una università di élite : per i nuovi tecnocrati , al servizio del sistema . E di nuovo l ' esercito degli spostati , che attende in ogni provincia italiana , lancia il suo ballali e parte alla conquista del vuoto ; una facoltà che doveva avere mille studenti se ne trova , in breve , novemila . Gli autonomi non sono di aspetto gradevole , come di solito non lo sono í poveri ; i loro metodi sono violenti , spesso il privato si traduce in ferocia stupida , in cinismo da quattro soldi ; il gioco del potere che si fa sulla loro pelle può anche assomigliare a una triste parodia del leninismo . Ma anche vedere la palazzina dove ha sede la facoltà di Psicologia non è un bel vedere , anche vedere degli uffici , dei locali , delle attrezzature che andrebbero in frantumi se gli studenti compissero il loro dovere di venirci a studiare non è un bel vedere . Sono accorsi a migliaia a Psicologia per le stesse ragioni per cui erano andati a Trento : l ' illusione di impadronirsi in qualche modo della chiave per capire gli altri e per comandarli ; ancora il desiderio di onnipotenza pessimamente collocato in una macchina della frustrazione e della impotenza . Che altro era nella vecchia Italia la corsa generale a Giurisprudenza ? La speranza di entrare a far parte di quelli che conoscono le machiavelliche procedure dei dottori . Qui a Psicologia anche la voglia della scorciatoia , di lauree facili con bibliografia ridotta ; e poi di posti di prestigio , in una categoria di moda : gli psicologi , dopo i sociologi , gli urbanisti , gli architetti e le altre onde delle ricorrenti mode sociali . Dicono bene i francesi : un raz de marée , una marea che sale , d ' improvviso ; in una di quelle professioni che fanno saltare i nervi , le professioni - dice Pizzorno - che mettono di fronte i mille che avranno un buon posto e un alto stipendio , agli ottomila che non avranno niente e lo prevedono , lo sanno e si incazzano in anticipo . Certo , le aggressioni a Petter e a Longo sono state ignobili , cretine , al punto che fra gli stessi autonomi ci sarebbero critiche , dissensi aperti se non intervenisse la disciplina neoleninista - carbonara - mafiosa che li tiene assieme . Ma è anche stato mediocre , prima , lasciar gonfiare la facoltà per piazzarci figli e nipoti di professori . Adesso il rettorato cerca una soluzione pratica : arrivare in qualche modo al numero chiuso senza proclamarlo formalmente . Per potere , si può , all ' italiana . Si chiudono gli uffici per le iscrizioni , si mettono a tacere per il primo anno i corsi più importanti , si inizia il decentramento : in Francia è riuscito , in America funziona . Ma sì , a parole si può fare tutto , dire tutto ; ma solo con le parole non si cambia niente e qui , da dieci anni a questa parte , pochissimo è cambiato , salvo il numero degli incazzati e degli emarginati che è in continuo aumento , salvo il numero delle pistole e delle molotov che è in continua moltiplicazione , salvo la prospettiva di una guerriglia diffusa , già in atto e magari capace di allargarsi a guerra civile con conseguenti repressioni di tipo argentino . Perché questa è la contrapposizione tragica : un potere immobile , incapace di uscire dai suoi vizi , e una opposizione che si affida solo alla rabbia , troppo poco per essere l ' alternativa in un paese industriale avanzato .