Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> autore_s:"De Monticelli Roberto"
IL MIRACOLO LO FA VISCONTI ( De Monticelli Roberto , 1959 )
StampaQuotidiana ,
« Mettete un bel Padre Nostro in fondo a una commedia , poi tirate subito il sipario e avrete un subisso di applausi » potrebbe essere la prima norma di un decalogo dedicato da Diego Fabbri ai giovani commediografi italiani . È avrebbe ragione , visto l ' esito che ha avuto , ieri sera , Figli d ' arte a Milano . Figli d ' arte è un copione che Luchino Visconti ha preso a pretesto per uno spettacolo . Lo spettacolo è vario , vivo , ha il fascino delle immagini riprodotte da una lanterna magica : un po ' di maniera , per chi se ne intenda , ma rivelatrici , per la maggioranza , d ' un mondo sempre affascinante , quello del palcoscenico . La commedia , invece , è irrimediabilmente mancata . Anzi , più che mancata diremmo inconsistente , un ' enorme macchina , un grosso mulino a vento , le cui grandi pale s ' allargano come le braccia di una croce nel cielo del solito spiritualismo di maniera ; e macinano il consueto aneddoto culminante in una conclusione miracolosa e un paio di ideuzze di mistica interpretativa fra Pirandello e Stanislavskij . Riprendendo un tema che gli è evidentemente caro , il Fabbri ha voluto di nuovo raccontare la redenzione di un adultero attraverso la fede . Più che di adultero si tratta , questa volta , di un libertino , ché tale è l ' Osvaldo di questa commedia , capocomico - mattatore d ' una compagnia di prosa che si prepara a presentare ( e le prove si svolgono nel teatro di Cesena , e si finge che sia quello stesso in cui accadde il famoso episodio del Passatore ) il testo di un autore defunto . Costui ha scritto tre atti che si richiamano , secondo modi parodistico - grotteschi , al mito di Don Giovanni ; il protagonista della commedia in prova è infatti un barbiere di paese che , di successo in successo sulla strada della galanteria , arriva a compromettere la moglie di un ambasciatore , ed è costretto a rifugiarsi in un convento dove incontra , suora conversa , una sua antica fidanzata . Il dilemma , per il regista e gli attori che stanno provando , è qui : il perfido Don Giovanni deve uscire dalla commedia con una piroetta blasfema o un miracolo veramente accade e il seduttore se ne andrà convertito ? Nel primo caso , secondo il regista , avremmo un « grottesco » sacrilego , nel secondo un dramma « spirituale » , proprio alla maniera di Diego Fabbri . Il miracolo accade anche sul palcoscenico di quel teatro di provincia dove , intorno al mattatore libertino , ruotano la moglie , da cui vive separato , illustre e patetica attrice , l ' ex - amante , un ' attricetta parigina del « boulevard » , e una ragazzina uscita fresca da una scuola d ' arte drammatica e pronta a lasciare aperta , all ' importante seduttore , la porta della sua camera d ' albergo . Il miracolo avviene , favorito dall ' intervento della madre del capocomico , ostinata visitatrice di santuari ; e dal Pater Noster finale . A furia di impuntarsi sui miracoli , Diego Fabbri s ' è precluso l ' unico miracolo che per un artista conti , quello dell ' ispirazione . In questa commedia tutto è falso , o , per lo meno , convenzionale : il trombonesco libertinaggio del protagonista , il fiducioso attendismo di quella sua moglie pallida e scocciatrice , l ' isterico sentimentalismo della francese , il titubante sperimentalismo del regista . E tutto questo meccanismo , poi , tutto questo artificio complicato , questo spaccare in quattro il capello delle teorie interpretative ( e Stanislavskij e Pirandello e via citando ) , per arrivare a che ? A far cambiare d ' albergo , riportandolo quindi nel talamo legittimo , al protagonista . Sappiamo benissimo che le intenzioni del Fabbri erano diverse e assai più ambiziose : arrivare all ' identificazione del miracolo scenico col miracolo religioso , dimostrare che , non potendo l ' attore veramente incarnarsi col personaggio se non partecipando della sua vita interna , per interpretare un dramma di fede occorre un atto di fede . Ma dietro quale traliccio di approssimazione , di sotterfugi e di ingenuità sentimentali , queste intenzioni si nascondono . Il miracolo vero lo ha fatto , con la sua regia , Visconti , che ha inoltre amplificato le risonanze del testo dando , con acuta sensibilità , le suggestioni di quella vita di palcoscenico , il senso della favola che sempre si rinnova ; e sottolineando gli effettismi comici , le cose migliori della commedia . Aggiungi l ' interpretazione impeccabile , un Paolo Stoppa che , nei toni del grande gigionismo teatrale , fa una felice parodia di tutta una tradizione , la sempre sincera e sensibile Rina Morelli , anche in un personaggio così falso , la bella e ardente Françoise Spira ( che a un certo punto rimane in « dessous » , un po ' di spogliarello non fa male anche in un dramma cattolico ) , la fresca e decisamente maturatasi Ilaria Occhini , Teresa Franchini , Sergio Fantoni , attendibilissimo come giovane regista . Bella la scena di Garbuglia . Dell ' esito , s ' è detto . È comparso anche l ' autore .
SORPRENDENTE PREMESSA AI QUATTRO CAPOLAVORI ( De Monticelli Roberto , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Presentando , con un titolo che assomiglia a quelli di alcuni drammi di Gorki ( per esempio , Egor Buly ? ev e altri ) , quest ' opera giovanile di ? echov , Giorgio Strehler , autore di una non dimenticata regia del Giardino dei ciliegi , e il Piccolo Teatro hanno voluto evidentemente rivalutare , con rigore critico , un testo rimasto per molti anni sconosciuto e poi presentato ai pubblici occidentali in versioni e riduzioni più o meno arbitrarie . Questo dramma , infatti , « apre » in modo impressionante su quelli che saranno i quattro capolavori del teatro cecoviano ; al punto di assomigliare , per certe particolarità dell ' ambiente e certe volute della trama , a uno d ' essi , forse il più alto , Il giardino dei ciliegi . L ' azione di questo Platonov e altri è ambientata in un villaggio della provincia russa , dove il protagonista figura come maestro di scuola . È uno di quei tipici intellettuali di ? echov , falliti a trent ' anni , prosciugati da una vita mediocre , con improvvise rivolte velleitarie cui seguono stati di prostrazione inerte , di deriva . Egli ha però dalla sua una specie di grazia decadente e misteriosa che gli fa crollare ai piedi tutte le donne . Sposato con una ragazza candida e ottusa , ecco che gli sono tutte intorno , le donne di quella provincia grigia e perduta , Anna Petrovna , la ancora attraente vedova d ' un generale , proprietaria d ' una tenuta sommersa dalle ipoteche e dalle cambiali ( personaggio che ha più d ' un punto di contatto , appunto , con la Ljubov ' Andreevna del Giardino dei ciliegi ) ; la moglie del figliastro di costei , Sof ' ja ; Marija Grekova , un ' altra possidente del circondario . Non è da credere , però , che si tratti d ' una commedia di intrecci e di capricci amorosi . È la commedia di un ' alienazione . Come il protagonista di Uomo e Superuomo di Shaw , Platonov non va in cerca dell ' avventura amorosa ma è catturato dalle donne . Questo lasciarsi prendere compiaciuto e inerte gli serve però a crearsi degli « altrove » , delle possibilità fantastiche in cui evadere dalla consapevolezza del proprio fallimento intellettuale e morale ; gli « altrove » erotici si alternano agli « altrove » provocati dal bere e in questo vagheggiamento fra l ' incoscienza dei sogni e una fin troppo consapevole autoironia , il personaggio percorre l ' arco dei cinque atti finché si imbatte nel colpo di rivoltella esploso da Sof ' ja , colei cui aveva promesso la grande fuga romantica ( lei era stata , d ' altronde , un suo amore di gioventù e ora l ' ha ritrovata , moglie d ' un patetico sciocco ) . In realtà , questa vicenda non è che il punto focale di ciò che giustamente , in una nota di regia , Strehler ha definito un « grottesco balletto » . Da quel Trileckij , cognato di Platonov , medico del villaggio , idealista ferito e sognatore deluso , che fa il pagliaccio ubriaco per non pensare , anch ' egli si rifugia in un « altrove » ; a quel Porfirij Glagòlev , vecchio riccone che si accorge di non aver mai vissuto ; a quel Vojnicev , marito tradito e proprietario in dissesto ; è un girotondo di personaggi che ruota intorno a Platonov e ognuno d ' essi può , nel fallimento di costui , rispecchiare il proprio . Una società in crisi vien colta nel suo momento più delicato ( ecco la vendita della proprietà , come nel Giardino ( lei ciliegi ) e in uno dei suoi personaggi più pittoreschi e patetici , la grande donna non più giovanissima , raffinata , indolente , voluttuoso , evoluta e frustrata nelle sue ambizioni , piena di fascino e di desideri , inutilmente innamorata : quella Anna Petrovna , che è forse l ' immagine più riuscita di quest ' opera sconcertante e ineguale , ma già così autentica , già così precisa nei suoi obbiettivi ultimi . Ciò che vi è , infatti , di sorprendente in questo dramma giovanile dello scrittore , nell ' edizione presentata ieri sera dal Piccolo Teatro , è la consapevolezza di quel che fin da allora egli voleva ottenere col teatro : non il dramma indirizzato al pensiero razionale , come nota l ' americano Fergusson , il più moderno indagatore dei modi di Cechov , ma alla sensibilità poetica e istrionica . Cioè : anche qui , come nei grandi dramma dell ' età matura , gli avvenimenti , le battute , il progredire delle scene sembrano casuali . Invece , tutto è calcolato al millimetro ma secondo un ritmo che non è più quello del teatro naturalistico ( o ideologico alla Ibsen ) di fine secolo . Ci si incomincia ad affrancare dalla schiavitù convenzionale dell ' intrigo , il realismo di ? echov inserisce le sue note sommesse , il suo istrionismo delicato . È logico , poi , che , a traduttori e riduttori , la commedia sia parsa soprattutto comica ; o , almeno , parodistica . Perché , pur coi loro difetti , le loro intemperanze , certe sovrabbondanze , qualche squilibrio , questi cinque atti sono del più puro e tipico teatro cecoviano ; teatro cioè di « mutamenti patetici » , con inevitabili risvolti comici , lampi grotteschi , persino insinuazioni satiriche . Giorgio Strehler ha dato un ' alta prova di sé , con questa regia . Egli ha montato lo spettacolo come una grande antologia cecoviana , una specie di ricapitolazione dei motivi ricorrenti nello scrittore , dalla disperazione alla noia all ' inutilità della vita . Le scene di Luciano Damiani rievocano con poetica immediatezza quella provincia fra le betulle . Lo spazio è avaro , per i bravissimi interpreti . Va citata per prima Sarah Ferrati , un ' Anna Petrovna carica d ' un vitalismo assetato e insieme deluso , una morbida figura crepuscolare ; poi Tino Carraro , che , dopo qualche rigidezza iniziale ha ben descritto la sfuggente indeterminatezza del protagonista ; lo splendido , pittoresco e tristissimo Buazzelli ; una patetica Valentina Cortese , alle prese con le velleità sentimentali e l ' isterismo di Sof ' ja ; la perfetta caratterizzazione di Olindo Cristina , l ' ansia roca e canuta di Augusto Mastrantoni . E poi tutti gli altri , dalla Giulia Lazzarini a Cesare Polacco , al Moschin , al Bentivegna , al Dettori , alla Giacobbe , perfettamente fusi in un grande spettacolo che ha avuto un vibrante e meritato successo ; e il torto di finire - esagerati - alle due di notte .
UN DOSTOEVSKIJ RIDOTTO PROPRIO ALL'OSSO ( De Monticelli Roberto , 1959 )
StampaQuotidiana ,
La riduzione scenica di I demoni ( ovvero Gli ossessi ) di Dostoevskij , fatta da Alberto Camus e rappresentata questa sera alla Fenice dal gruppo del Théâtre Antoine , è un grande spettacolo e una scarnificazione del tempestoso romanzo all ' osso dei fatti . Questo , della diminuzione quasi a termini didascalici , a quadri illustrativi , è un destino comune alle riduzioni teatrali delle grandi opere di narrativa . Figuriamoci poi nel caso di Dostoevskij , scrittore quant ' altri mai legato agli ardori e ai geli , agli ideologici inferni e paradisi delle sue pagine . Già la riduzione fatta da Gaston Baty di Delitto e castigo rischiava di ridurre il grande romanzo alle dimensioni di un dramma poliziesco ; e quando Copeau e Croué si misero a rimaneggiare per le scene I fratelli Karamazov si videro costretti a brutalizzare Dostoevskij , a fargli pronunciare , come essi un poco ingenuamente scrissero , le parole estreme , quelle che nel romanzo aveva detto , per il semplice motivo che il loro significato usciva da tutto il contesto . Gli ossessi definito da Gide libro straordinario , « il più potente » del grande romanziere , non è certamente riassumibile . In esso Dostoevskij svolge alcuni dei suoi temi preferiti , il tema dell ' umiltà e dell ' orgoglio , il tema del superuomo , il tema dell ' ateismo , e conseguentemente del suicidio , come manifestazione di libertà , il tema del Cristianesimo più puramente evangelico , staccato da qualsiasi chiesa . Tutti questi motivi vengono inseriti in una sarcastica satira sui rivoluzionari che , intorno al 1871 , caratterizzavano la scena politica russa , quella società colta e inconcludente , orientata verso il liberalismo e il radicalismo , che Dostoevskij aveva già in parte simboleggiato nel Raskolnikov di Delitto e castigo . Ma più che le grandi asserzioni ideologiche e morali contano , come in ogni opera d ' arte realizzata , il gioco , nello scrittore russo quasi sempre terribile , delle passioni e la concreta rappresentazione dei personaggi ; per cui alla satira e alla discussione metafisica s ' aggiunge il dramma . E abbiamo così la figura di Stavrogin , certamente una delle più sconcertanti di Dostoevskij , col suo titanismo , la sua irrequieta disponibilità morale , il suo splendore romantico , la sua dolente lucidità intellettuale ; l ' ambiguo Verchovenskij , l ' « anima nera » dei « nichilisti » ; Kirillov , l ' apostolo dell ' ateismo puro e del suicidio come atto gratuito ; Š atov , il personaggio nel quale è celata la figura storica dello studente Ivanov , che fu veramente assassinato dagli aderenti a un ' associazione segreta . Abbiamo insomma le varie figurazioni degli Ossessi ; cui sono da aggiungere quella patetica e grottesca incarnazione dell ' eloquenza e della viltà che è Stepan Trofimovi ? , l ' inutilmente imperiosa Varvara Petrovna , l ' allucinata inferma Maria Labjadkin . Camus afferma che portare sulla scena questi personaggi era un suo sogno vecchio di vent ' anni . Camus è lo scrittore de Lo straniero , La peste , Il malinteso , Il mito di Sisifo ; di opere cioè in cui i terni del nichilismo e dell ' assurdo , i temi della non - speranza , tipici di alcune filosofie del nostro tempo , sono trattati con una lucidità che tiene forse più del saggista che del poeta . Davanti a Dostoevskij s ' è trovato , come fu giustamente scritto in Francia , davanti al suo mondo intellettuale realizzato fantasticamente ; davanti a qualcuno insomma che lo ha grandiosamente preceduto . Da ciò , forse , diversamente da quanto gli era accaduto con Faulkner ( ricordate Requiem per una monaca ) nasce il rispetto di Camus riduttore davanti al romanziere Dostoevskij . Egli dà l ' impressione di non osare . Sta , nei confronti dell ' opera originale , religiosamente alla lettera . Ma di Dostoevskij mancano l ' ambiguità , la complicità coi personaggi , quel sudore di sangue , quel madore preagonico che pare spremersi dalle pagine . Era inevitabile . Come s ' è detto in principio . Tanto più che il Cristianesimo di Dostoevskij lascia aperto uno spiraglio che non si intravede nell ' esistenzialismo di Camus . Lo spettacolo è perfetto . La serie , dal sapore vagamente didascalico , dei numerosi quadri su cui la riduzione si articola , si svolge con un bel ritmo narrativo sullo sfondo delle ottime scene di Mayo . E poi c ' è un « cast » formidabile di attori , che la regia di Camus , presente allo spettacolo , ha guidato con mano sicura . Basterebbe ricordare la poetica , struggente caratterizzazione di Pierre Blanchar nella parte di Stepan Trofimovi ? ; la figurazione fra elegante e tenebrosa di Pierre Vaneck , che era Stavrogin ; la beffarda lucidità di Michel Bouquet nel personaggio di Verchovenskij ; la bravissima , drammatica Katherine Sellers ( quella di Requiem per una monaca ) che ha accettato la breve parte della sciancata Maria Labjadkin ; e poi , Michel Maurette , il narratore , Roger Blin , che vedemmo l ' anno scorso qui a Venezia in Fin de partie di Beckett , Tania Balachova , Alain Mottet , Marc Eyraud , Nadine Basile , Janine Patrich e tutti gli altri . Lo spettacolo , che è lunghissimo ( è finito , nel caldo soffocante della Fenice , oltre l ' una di notte ) , ha raccolto molti applausi . Camus camminava intanto nervosamente su e giù in Campo San Fantin , davanti all ' ingresso del Teatro .
ZAVATTINI METTE IN SCENA LE PAGINE DEL SUO DIARIO ( De Monticelli Roberto , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Direttore del Piccolo Teatro , Paolo Grassi , presentando questa commedia , primo tentativo di Cesare Zavattini in teatro , ha scritto che non si tratta tanto di una commedia quanto d ' una conferenza biografica , d ' una specie di « mostra personale » dell ' autore . È giusto . Se qualcuno , questa sera , si è recato alla « Fenice » per la prima rappresentazione di Come nasce un soggetto cinematografico aspettandosi di assistere ad una commedia costruita secondo i moduli normali ( la cui gamma varia , naturalmente , dalla tradizione all ' avanguardia ) non può che esserne rimasto deluso . Ma costui dimostrerebbe di non aver capito lo spirito dell ' iniziativa presa dal Piccolo Teatro : che era di portare alla prova del palcoscenico la particolarissima fantasia di questo scrittore : non uno Zavattini drammaturgo , regolarmente inquadrato entro le tecniche ( e le convenzioni ) , uno Zavattini cioè che probabilmente non avremo mai ; ma la sua fantasia , surreale , tenera , crepuscolare , con la lacrima ; stupefacente e un tantino meccanica . Nella sua non folta produzione letteraria Zavattini , lo sanno tutti , ha un versante diaristico , autobiografico . Egli ha il gusto della confessioncella quotidiana , del giornalismo privato . Come nasce un soggetto cinematografico è una lunga pagina di quei suoi diari portata in termini drammatici . Se sfrondiamo lo spettacolo di tutti i particolari accessori ( che sono molti , alcuni funzionali , numerosi altri no ) , esso si riduce a questo : Antonio , scrittore di cinema , che ha raggiunto con il suo lavoro l ' agiatezza , che ha una bella moglie in procinto di dargli un bambino , una comoda casa , insomma una solida posizione borghese , morde il freno della censura e del conformismo , sente la punta della solidarietà sociale , il « dolore del mondo » , insomma , o come volete chiamarlo , che gli arriva , se appena tende l ' orecchio , simile al rombo del mare in una conchiglia . Che può fare ? Come due carabinieri gli stanno ai fianchi , mentre lavora , da una parte il censore , dall ' altra il produttore , voci alleate , quantunque a volte discordi , della convenzione morale e dell ' utile economico . In uno stato di esterrefatto fervore , che si prolunga per una buona metà del primo tempo , egli propone ai due diversi spunti e idee che vengono regolarmente bocciati , finché trova la storia dell ' occhio . Un disoccupato , Giacomo N . , accetta di vendere uno dei propri occhi a un guercio riccone , un grosso industriale che si sente gravemente menomato nella condotta dei propri affari dal fatto di vederci da una parte sola . Sennonché , già pattuito il compenso , dodici milioni , un istante prima che l ' operazione venga eseguita , Giacomo e sua moglie si pentono e fuggono . Vengono inseguiti e ripresi . È la società che non permette loro di uscire dal cerchio di un crudele dare e avere . A una conclusione simile del progettato film sia il produttore che il censore , naturalmente , si oppongono . Ed è allora che Antonio si ribella , abbandona la casa , la comoda posizione borghese , la bella moglie e torna alla sua vecchia abitazione e condizione , di quando ancora non era celebre e ricco , fra la gente del popolo . A questo punto però si rivela la sua insufficienza morale . Perché capitolerà alla fine , Antonio ? Cosa lo piega alla sconfitta ? Sono le insinuazioni dei ricordi , dirà qualcuno , la nostalgia della vita di prima , le memorie e gli affetti abbandonati . Ma altri potrà affermare , con uguali probabilità di non sbagliarsi : è l ' impossibilità di vivere tra gli uomini , lo dice lui stesso . Questa è comunque la parte più confusa della liricizzante sceneggiatura ; inconveniente pericoloso , siamo alla svolta dialettica della vicenda . Antonio finirà con l ' immaginare di uccidersi . In realtà non lo farà , quello della morte sarà , nella commedia , un tetro sogno didascalico per dar la possibilità all ' autore di dire determinate cose . Il falso ribelle tornerà , invece , nel comodo alveo del compromesso , accanto alla moglie esigente e dolce , fra i due angeli custodi della sua condizione economica e sociale : il produttore e il censore . È il film dell ' uomo che doveva vendere un occhio avrà la conclusione ottimistica suggerita da costoro . Questo è il traliccio della sceneggiatura , cui sono appesi , come a un albero , le « gags » , gli « sketches » le « punte secche » , i piccoli fulmini satirici tipici dello Zavattini del cinema ; e , soprattutto , dell ' umorista stupefatto di I poveri matti e Parliamo tanto di me . Un orecchio attento troverà anche , in tutto questo , una certa dose di cattiva letteratura ; ma anche molto coraggio , vedi il quadro del prete che viene per richiamare il protagonista alla coscienza religiosa e si lascia convincere a confessarsi : Io ascoltiamo versare nell ' orecchio del laico i propri sussurri di penitente . Le nostre riserve non sono su certi aspetti formali del poemetto teatrale - cinematografico , sappiamo benissimo che Zavattini è questo , intuizioni e lampi geniali su uno sfondo di sentimentalismo . Il fatto è piuttosto che l ' individuale caso di coscienza messo in scena non riesce a diventare processo per tutti , richiamo a una responsabilità collettiva , come deve essere sempre del teatro impegnato sulle verità morali . Ma sulla felicità inventiva e l ' audacia polemica , specialmente nella prima parte , non ci sono dubbi . Un testo del genere lascia al regista una libertà solo apparente ; in realtà determina la linea stilistica dello spettacolo . Zavattini ha inserito in questo suo lungo monologo proiezioni di diapositive , . un impressionante via vai di « barzellette animate » , alcune canzoni e due minuti buoni di pellicola al finale . Virginio Puecher ha messo ordine nel mobile plasma e lo spettacolo con le scene di Damiani e le musiche di Carpi ha l ' indubbio marchio di fabbrica delle produzioni del « Piccolo » , ma dovrà essere rodato e snellito . Quanto agli interpreti bisognerebbe esaminarli in una occasione più tranquilla : ci limiteremo a sottolineare l ' appassionato impegno di tutto il complesso , nel quale spiccano Tino Buazzelli , il protagonista , per quella sua lirica ironica concitazione , Enzo Tarascio e Andrea Matteuzzi suoi vibranti antagonisti dialettici , il recuperato interprete di Ladri di biciclette , Lamberto Maggiorani , che supera con popolaresca sincerità l ' impaccio dell ' esordiente , la bella Luisa Rossi , Elena Borgo , Lia Rainer , Ottavio Fanfani e Gabriella Giacobbe .
UN ANZIANO STATISTA CONFESSA LE PROPRIE COLPE ( De Monticelli Roberto , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Ogni anno l ' Istituto del Dramma Popolare di San Miniato sceglie un testo di accento cristiano da mettere in scena , tra luglio ed agosto , nell ' antica piazza della cittadina . Quest ' anno la scelta è caduta sull ' ultima opera di T.S. Eliot , Il grande statista ( traduzione piuttosto libera del titolo originale , The Elder Statesman ) , che fu recitata per la prima volta l ' estate scorsa al Festival di Edimburgo . Lo spettacolo diretto questa sera da Luigi Squarzina nella piazza della cittadina toscana può dunque essere considerato come la prima continentale dell ' opera di Eliot . Il grande statista è la rappresentazione simbolica della fine di una vita . Definizione alquanto approssimativa , soprattutto se si pensa alla quantità di significati che si possono attribuire alle vicende , in genere solo apparenti , svolte da Eliot nelle sue pièces teatrali , esemplificazione drammatica della sua poesia . Definizione che ha , qui , uno scopo puramente didascalico , e alla quale potremmo aggiungere , precisando , che tema dell ' opera è una espiazione , una redenzione attraverso il tempo , motivo fondamentale in Eliot . Il vecchio statista è Lord Claverton - Ferry . Raggiunto il culmine degli onori , nella politica e nell ' economia , costretto da incerta salute a ritirarsi a vita privata , egli fa la sua apparizione nel primo atto con in mano un ' agenda le cui pagine sono bianche , più nessun impegno , più nessun gesto da compiere , il tempo è vuoto . Lord Claverton ha accanto una figlia , amorosa e sensibile , e il fidanzato di costei uomo retto e onesto . Ma queste dolci apparenze della vita che continua , vengono ben presto respinte ai limiti di un cerchio d ' ombra . Cala infatti sul vecchio uomo l ' ombra del passato , apportatrice di fantasmi , è dapprima un suo vecchio compagno di Oxford , Fred Culverwell , che ora si presenta sotto il nome di Federico Gomez . Il destino di costui , ragazzo povero e assetato di successo , era stato modificato dalla vicinanza del giovane che sarebbe poi diventato Lord Claverton . Il pernicioso esempio di una intelligente e ironica dissolutezza lo aveva condotto sulla via di compromessi morali . Cosa vuole ? Apparentemente , soltanto l ' amicizia dell ' antico compagno di studi e d ' orgie . In realtà , è venuto a esigere qualcosa di più , la moneta del rimorso che saldi i vecchi conti . La stessa amara moneta chiede , dolcemente sorridendo , come campita in aria esterrefatta , antica , Maisie Batterson , la donna che Claverton - Ferry aveva illuso in giovinezza e poi abbandonata . Essi , i fantasmi , gli porteranno via il figlio , Michael , che è , sì , ribelle al dispotismo paterno , ma che è anche , di giovanili difetti e vizi paterni , una tenera reincarnazione , l ' immagine proiettata in uno specchio , di un ' amata e odiata giovinezza . Ora , rimasto solo , accanto alla figlia fedele e all ' austero fidanzato di lei , il vecchio uomo potrà finalmente riaccettare se stesso , confessare ad alta voce le proprie colpe segrete , e avviarsi , sotto lo sguardo dei due , che continueranno la vita nell ' amore , verso la « tenebra di Dio » , così Eliot stesso chiama la morte in uno dei suoi Quartetti . Tutto ciò avviene , ( secondo e terzo atto ) nel giardino di una clinica o , meglio , di una casa di riposo , di un albergo per ricchi estenuati , luogo evidentemente allegorico . Come sempre nei drammi di Eliot ( Assassinio nella Cattedrale a parte ) il linguaggio è quello della vita quotidiana , i modi sono quelli convenzionali ed eleganti della buona società inglese . La carica simbolica è sotto le parole , rompe qua e là ad opera dei personaggi consapevoli , dei veggenti . A nostro parere il fascino di quest ' opera , specialmente nel terzo atto , il più alto e compiuto , deriva da dati tutti moderni di cultura , non ultimi i contributi della psicoanalisi portati a livello della poesia . Anche per questo la traduzione di Desideria Pasolini , pulita e prosastica , è sembrata insufficiente anche a chi - e sono i più , l ' opera è nuova - non conosce il testo inglese originale . Ciò che appare veramente notevole , invece , , è la regia di Squarzina . Specialmente nel secondo e terzo atto , egli ha saputo sfruttare l ' incanto naturale e architettonico della piazza di San Miniato . In questa cornice l ' apparato scenico di Luciano Damiani , aveva una sua suggestione di incubo , ma un incubo bianco , leggero , nelle sue cadenze geometriche , simili a rime . Ivo Garrani era il protagonista e ha recitato con una pensosa interiorità , Gianrico Tedeschi , plastico , efficiente , è stato un po ' troppo realistico nel personaggio dell ' amico tornato sotto le apparenze del rimorso . Più di tutti ci è piaciuta Laura Adani , che sotto la guida di Squarzina va evidentemente scoprendo una sua nuova , assai fine , personalità . Completavano il gruppo degli interpreti Corrado Pani , Franco Graziosi , la ben caratterizzata Giusy Dandolo e una giovane allieva dell ' Accademia , Giovanna Pellizzi , inevitabilmente acerba ma certamente sincera . Anfiteatro gremito e molti applausi .