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> autore_s:"EINAUDI LUIGI" > anno_i:[1910 TO 1940}
StampaQuotidiana ,
Dopo avere detto dei redditi che occorre denunciare ai fini della imposta complementare sul reddito , è più simpatico , per il contribuente , dire delle detrazioni che si possono fare dal totale dei redditi . Bisogna innanzi tutto distinguere due specie differenti di detrazioni : quelle che si possono sintetizzare nelle parole detrazioni per spese e annualità passive e quelle che si dicono per carichi di famiglia . Il contribuente , il quale tenga sotto gli occhi il modulo di dichiarazione , scriverà le prime a pagina 4 , le seconde a pagina 5 . Importa tener ben separate le due specie di detrazione ; ed il perché cercherò di spiegarlo con un esempio : Tizio Caio 9000 7000 Totale dei redditi Detrazioni della prima specie ( spese ed annualità 3100 1000 passive ) Reddito netto 5900 6000 Detrazioni della seconda specie ( carichi di famiglia ) 3300 Reddito imponibile 5900 2700 Ambo i contribuenti sono esenti , ma per ragioni diverse . Tizio è scapolo od ammogliato senza prole ; non ha persone a carico e non ha quindi diritto ad alcuna detrazione della seconda specie . Però , pur avendo 9000 lire di reddito , ha debiti e paga imposte diverse per 3100 lire all ' anno ( detrazioni della prima specie ) . Il suo reddito netto , risultando di sole lire 5900 , non è tassabile . Chiamasi reddito netto quello che risulta dalla somma dei vari redditi detratte le spese ed annualità passive . Se il reddito netto non raggiunge almeno le 6000 lire ( per esempio è di sole 5999 lire ) , il contribuente è esente . Può darsi che il netto raggiunga le 6000 lire e tuttavia il contribuente sia ugualmente esente . È il caso di Caio , il quale , fortuna o disgrazia volle fosse fornito di numerosa figliuolanza ed avesse genitori e sorelle a carico . In totale egli può dimostrare di avere undici persone a carico . Ha quindi diritto a detrarre dal netto un ventesimo di questo per ogni persona a carico ; epperciò , undici ventesimi di 6000 ossia 3300 lire . Detraendo questa , si ottiene in lire 2700 il reddito imponibile . Il reddito " imponibile " sarebbe quasi un reddito " ultra netto " , ottenuto deducendo dal reddito già netto le detrazioni per carichi di famiglia . Perché , dirà il lettore , fare queste detrazioni una dopo l ' altra e non insieme ? Perché in tal modo il contribuente ha maggiori probabilità di essere esente . Gode dell ' esenzione senz ' altro se , come nel caso di Tizio , il reddito semplicemente netto non raggiunge le lire 6000 . In tal caso non è più necessario di preoccuparsi se vi siano o non vi siano carichi di famiglia . Se poi il netto raggiunge o supera le 6000 lire , c ' è caso di poter godere ugualmente dell ' esenzione , se le persone a carico sono molte . Caio , ad esempio , che ne ha undici , è esente , perché sono immuni coloro il cui reddito ultranetto od imponibile non raggiunge le lire 3000 . Due sono adunque le ragioni dell ' esenzione : non avere un reddito netto di lire 6000 , o non avere un reddito imponibile di lire 3000 . Basta una sola di queste due condizioni per essere esente . Spiegato così il meccanismo generale delle detrazioni , comincio a dire delle detrazioni della prima specie dette per spese ed annualità passive . " Spesa " è una parola che tutti capiscono e che si capirà meglio aggiungendo che essa comprende anche le imposte e tasse . Si può cominciare a dire che il contribuente , dovendo essere tassato sul suo reddito netto , ha diritto di detrarre tutte le " spese " che riducano il reddito medesimo : quando si dice tutte si vuol dire davvero tutte , nessuna esclusa . Per ciò , ad esempio , si porteranno in deduzione tutte le altre imposte e tasse già pagate dal contribuente . L ' imposta " complementare " sul reddito , come dice la parola stessa " complementare " , è un ' imposta aggiunta a tutte le altre imposte e tasse esistenti e vuole colpire il reddito già depurato da esse . Altrimenti sarebbe un ' imposta sull ' imposta . Dopo aver detto che si detraggono tutte le spese ed imposte , bisogna subito fare alcune avvertenze : 1 ) Fa d ' uopo che si tratti di una spesa vera e propria . È spesa quella somma che si è dovuto erogare per ottenere il reddito . Il negoziante che deve spendere 10000 lire per l ' affitto del negozio sopporta una vera spesa perché , senza di essa , non avrebbe potuto ottenere il reddito ; ma se lo stesso negoziante paga poi 10000 lire per l ' affitto del suo appartamento privato , questa non è più una spesa nel senso finanziario . È una erogazione del reddito già ottenuto . Se potesse dedursi , come spesa , la pigione , perché non il vitto e i vestiti e il teatro e i viaggi , ecc . ecc . ? Tutti i redditi si ridurrebbero a zero ; o almeno al fisco rimarrebbe solo da tassare il risparmio . Ma chi confesserebbe ancora di aver fatto un risparmio , se bastasse dire di avere speso il reddito per non pagare l ' imposta ? Sia dunque ben chiaro che le spese sono tutte e sole quelle sostenute allo scopo di ottenere il reddito , escluse quelle che si fanno per spenderlo , quando lo si sia già ottenuto . Nove decimi di contribuenti , quando per la prima volta sono chiamati all ' ufficio delle imposte , cadono a questo proposito in equivoco . All ' agente - chiamiamolo ancora così , sebbene oggi il suo vero nome sia " procuratore alle imposte " - il quale gli afferma che il suo reddito è , ad esempio , di 6000 lire , il contribuente replica , indignato , che si tratta di un ' enormità , che egli non si è mai sognato di avere un tal reddito ; ed eccolo a snocciolare la filza delle sue " spese " : 5000 lire per l ' alloggio , l000 lire al mese alla moglie per la casa , totale 12000 lire all ' anno ; e poi medici e medicine , vestiti , carbone , qualche piccola scampagnata . Egli non se la può cavare con meno di 20 000 lire all ' anno di spesa , a farla stretta stretta . Come può l ' agente asseverare che gli restino 6000 lire all ' anno di reddito ? L ' agente , che lo aspettava al solito notissimo varco , non ha più che da prendere atto della confessione spontanea del contribuente : se questi confessa di spendere 20000 lire , ciò vuol dire che le aveva guadagnate . Guardi , il contribuente , come egli era stato prudente e onesto nel fissargli un reddito di sole 6000 lire ! Complimenti per il successo del negozio , che gli dà 20000 lire all ' anno . È probabile che , chi è cascato una volta nell ' equivoco del significato della parola " spesa " non ci caschi una seconda . Ma è un equivoco frequentissimo per i principianti . 2 ) Fa d ' uopo che la spesa non sia già stata detratta . Nelle detrazioni , come nei redditi , non bisogna fare il bis in idem . Se il contribuente , negoziante , ha già detratto il fitto del negozio quando ha concordato il reddito commerciale da tassarsi con l ' imposta di ricchezza mobile , ed ha fissato in lire 30000 il reddito netto del negozio , non potrà dalle 30000 lire dedurne nuovamente il fitto , quando compila la denuncia per la complementare . Giova osservare che i redditi singoli già tassati dall ' imposta terreni , fabbricati e ricchezza mobile sono già netti dalle proprie spese di produzione ; ed essendo già netti , bisogna denunciarli tali e quali , senza purificarli ulteriormente . Si devono e possono invece detrarre le imposte , per esempio quella di ricchezza mobile , pagate su quel reddito . 3 ) Finalmente è necessario che le spese ed imposte si riferiscano ai redditi denunciati . Riferendomi all ' articolo precedente , dirò che nei casi in cui si deve denunciare il reddito per il 1925 , bisognerà detrarre altresì le spese e tasse pagabili nello stesso anno 1925 , e non quelle pagate nel 1924 . Se si devono invece denunciare i redditi del 1924 , bisognerà detrarre le imposte pagate nello stesso 1924 . Se non si conoscono ancora tutte le imposte pagabili nel 1925 , Si faccia riserva di rettifica od aggiunta . Alla regola dell ' anno , fa eccezione soltanto l ' imposta sul patrimonio . In via di legalità pura , questa non si sarebbe dovuta detrarre affatto , perché essa non si riferisce né ai redditi del 1924 né a quelli del 1925; ma al patrimonio esistente al 1° gennaio 1920 , di cui avrebbe dovuto costituire una amputazione per una volta tanto , sia pure ripartibile , per comodità di pagamento , in dieci o venti annualità . Altro è , però , la legalità stretta ed altro è l ' equità . Il legislatore volle , riflettendo che in realtà l ' imposta patrimoniale è pagata sul reddito , equamente riconoscere il diritto alla detrazione anche di essa . Il contribuente detragga quindi l ' imposta patrimoniale , la quale essendo costante , non importa sia quella del 1924 o del 1925 . Se la tassazione è ancora provvisoria , detraggasi la cifra provvisoria , salvo a chiedere un supplemento di detrazione quando si conosca la valutazione definitiva . Il contribuente , il quale abbia effettuato il riscatto della patrimoniale , conserva il diritto di detrarre per tutto il resto del ventennio o del decennio l ' importo di essa , che avrebbe dovuto pagare , se non avesse effettuato il riscatto . Badisi , non l ' importo pagato a titolo di riscatto , ma quello che avrebbe pagato se il riscatto non fosse avvenuto . Chi abbia effettuato ( non semplicemente richiesto ) il riscatto entro il 31 dicembre 1925 ha inoltre un secondo vantaggio : di potere detrarre per i tre anni 1925 , 1926 e 1927 dal suo reddito complessivo una somma corrispondente al 2% del patrimonio riscattato . Sono due vantaggi cospicui ( detrazione dell ' imposta che si sarebbe pagata e detrazione del 2% ) , i quali dovrebbero indurre molti contribuenti ad effettuare il riscatto .
DIVISIONE DI LAVORO UNIVERSITARIA ( EINAUDI LUIGI , 1922 )
StampaPeriodica ,
Le ultime leggi sull ' istruzione superiore , le quali avevano lo scopo di migliorare la situazione economica dei professori universitari , sono riuscite , come era naturale , un bel monumento di ipocrisia demagogica . Prima della guerra , il professore ordinario partiva da uno stipendio di 7000 lire ed arrivava ad un massimo di 10.000; e poiché queste lire erano lorde di imposte e di ritenuta pensioni , lo stipendio effettivo andava da un minimo iniziale di 6100 ad un massimo finale di 8500 lire nette . Sarebbe bastato moltiplicare per tre queste cifre portando il minimo a circa 18.000 ed il massimo a 25.000 lire nette , perché i professori , pur sopportando una perdita , a cagion dell ' aumento più accentuato nel costo della vita , fossero contenti e non se ne parlasse più . Purtroppo , i professori universitari hanno nel mondo una brutta fama di mangiapani a tradimento : quelle tre ore settimanali di lezione e quei quattro o cinque o sei mesi di vacanze effettive fanno un gran dispetto al resto dei mortali , e specialmente a quei parecchi deputati , che hanno nutrito nei verdi anni l ' aspirazione a diventare anch ' essi professori di università , ma non ci sono riusciti od hanno dovuto fermarsi alla libera docenza , perché la chiacchiera , di cui sono abbondantemente forniti , non è un viatico bastevole per forzare il tempio della Scienza . Di qui l ' antipatia e quasi l ' odio cordiale dei moltissimi deputati per i professori . Siccome tra questi ultimi ci sono sventuratamente anche dei politici sopraffini - e ne sia prova il contingente esagerato che gli universitari danno al Parlamento ed al Governo , peculiarità che non trova riscontro se non forse in qualcuno degli Stati nuovi sorti dalla guerra - fu subito trovata la via per risolvere il conflitto tra l ' antipatia parlamentare , che avrebbe lasciato volentieri morire di fame i professori e le necessità di questi di vivere . Bisognava lasciare agli uomini politici la soddisfazione maligna di far cosa spiacevole agli universitari , pur ottenendo l ' intento di compensare in parte costoro del danno di cui essi , insieme con tutte le altre categorie di impiegati pubblici , erano rimasti vittime da quando cominciarono ad essere pagati in moneta falsa invece che in moneta buona . Si disse : il professore universitario guadagna troppo poco , perché lavora troppo poco . Facciamogli fare tre ore di più di lezione alla settimana e diamogli in più un fisso di 6000 lire all ' anno , più una partecipazione alla tassa variabile da 2500 a 6000 lire . Le tre ore in più le faccia , sia assumendo un secondo insegnamento scoperto nella sua facoltà , o scuola , sia facendo un corso di cosidette esercitazioni ai suoi allievi . Non parlo del fastidio che ne venne e ne verrà agli allievi ; i quali dovrebbero , se questo ordinamento si avverasse sul serio , correre da mane o sera a sentir professori e ad esercitarsi sotto la loro scuola , e non avrebbero più tempo e modo , - parlo degli scolari studiosi ed intelligenti , ché gli altri non vanno a scuola o sarebbe meglio se ne stessero lontani , - di studiare sui libri e meditare le cose sentite e lette . Ma è la concezione medesima del professore universitario , come colui che fa lezione e deve essere premiato se ne fa molte e punito se fa altro , la quale merita di essere esaminata . L ' uomo della strada e quello che fa le leggi considerano il professore universitario sotto la specie delle tre ore settimanali ; e le trovano irragionevolmente poche , perché in 50 o 60 ore annue non si può svolgere un corso " completo " , perché i professori sono tratti dalla brevità del tempo a parlare di un solo " capitolo " della materia ; ed i discepoli escono dall ' università asini in tutto il resto e sono bocciati agli esami di concorso agli impieghi a cui aspirano . L ' ideale medio o comune del professore presso i bravi padri di famiglia sarebbe quello di una persona incaricata di svolgere " tutta " la materia in modo " pratico " , cosicché il rampollo potesse , ricevuta la laurea , senz ' altro esercitare una professione o coprire un impiego . E poiché l ' Università non riesce , non è mai riuscita e non riescirà mai in nessun paese del mondo a questo grottesco risultato e sarebbe un disastro se ci riuscisse , così si grida al fallimento dell ' università e si conchiude che i professori sono fin troppo pagati e bisognerebbe ridurre loro lo stipendio . Bisogna riconoscere che gli universitari hanno contribuito a queste deplorevoli conclusioni dell ' opinione politica e volgare , non reagendo abbastanza energicamente contro la premessa da cui logicamente derivano le 6 e deriveranno le 12 ore : che cioè l ' ufficio per cui essi sono esclusivamente e principalmente pagati sia quello di far lezione . Io dico che invece gli uffici sono tre : di studioso , di insegnante e di esaminatore ; distinti nettamente l ' uno dall ' altro e tali che in un ideale ordinamento degli studi dovrebbero potere essere separati anche nelle persone che li coprono . Viene primo , per valore spirituale , per importanza sociale e per interesse pubblico l ' ufficio di studioso . Direi che è il solo ufficio il quale debba essere rimunerato dallo Stato , perché il solo per cui è impossibile trovare una clientela disposta a pagare il prezzo dei servizi resi in contraccambio alla collettività . Che lo studioso sia utile a questa non v ' è dubbio ; scopre le verità nuove , scientifiche , pure , da cui deriveranno col tempo applicazioni pratiche di gran momento ; crea , con le ricerche storiche filologiche e morali quell ' ambiente avido di sapere in cui soltanto può formarsi una classe dirigente colta , capace di condurre una nazione a grandi destini . Ma nessuno è disposto a pagare la scoperta di una verità di scienza pura . Sono merci senza prezzo , perché il loro pregio è così grande e così diffuso , eleva talmente il tono dell ' intiera società , che nessuno si sente in obbligo in modo particolare di far domanda , offrendo un prezzo , di verità pure filosofiche , matematiche , fisiche , economiche , storiche . La verità pura non può essere oggetto di privativa . Egrave ; come l ' aria , che tutti godono , senza pagarla . Perciò lo scienziato puro , se non è ricco di casa sua , sarebbe destinato a rimanere nudo ed affamato , se la collettività non venisse in suo soccorso . Benedetto Croce fu il maestro della nuova Italia e non ebbe mai alcuna cattedra ; ma avrebbe potuto fare a meno di chiederla , se non fosse stato provveduto di mezzi suoi , che gli consentirono di pensare e di scrivere tranquillamente , senza preoccupazioni materiali ? Quanti sono questi scienziati puri , i quali hanno diritto ad essere mantenuti dalla collettività , perché essi fruttano a questa il mille o il milione per uno ? Evidentemente pochissimi . Forse in ogni paese si possono contare sulle dita ( di una mano ; ed a volere , come del resto è giusto , tener conto non soltanto dei Benedetto Croce o dei Galileo Ferraris , ma anche di quei più modesti indagatori , che scavano in terreni inesplorati , suscitano curiosità , provocano indagini altrui , se pure non giungono propriamente essi alla scoperta della verità nuova , difficilmente si può supporre di superare il centinaio . Cifra elevata quella di cento ; forse non toccata neppure usando larghezza di criteri . Errerebbe gravemente chi pretendesse scegliere questi 100 direttamente con concorsi od a scelta fra i mille e più professori universitari che in ogni momento coprono in Italia una cattedra . E certo che questi 100 sono dappiù degli altri 900 , i quali non hanno la scintilla del genio o , pur essendo ottimi insegnanti od esaminatori , non hanno la virtù di scavare in terreno vergine . Ma sarebbe un disastro creare , ad esempio , accanto a quella dei professori straordinari ed ordinari , una categoria di super - professori meglio pagati , nella illusione che questi potessero per l ' appunto essere i 100 anzidetti . Non ce ne entrerebbe nessuno o pochissimi . Il ministro non li potrebbe scegliere , perché sarebbero preferiti coloro che hanno maggiori influenze politiche e quindi , con tutta probabilità , minori meriti scientifici . I colleghi inevitabilmente darebbero il posto ai più anziani , senza distinzione di meriti . Il concorso tra gli ordinari in carica perpetuerebbe il nefasto sistema della titolografia , per cui ognuno dei 1000 professori seguiterebbe a produrre titoli per tutta la vita , nella speranza di arrivare ad acciuffare uno dei 100 posti di super - professore . Senza volerlo , il sistema attuale per cui il professore , superato il periodo transitorio dello straordinariato , diventa ordinario e quindi inamovibile , non promovibile , uguale in grado a tutti i suoi colleghi , senza superiori e senza inferiori , é il sistema migliore per la scelta dei 100 chiamati a far progredire la scienza . Infatti : 1 ) una volta promosso ordinario , il professore non ha più bisogno di scrivere . E molti piantano lì ; e fanno benissimo . Se scrivessero , perderebbero il tempo essi e lo farebbero perdere agli altri . Giovano meglio agli studi , insegnando o esaminando . E ' un ' ubbia ridicola quella di lamentarsi dei professori , che , una volta ottenuto il bastone da maresciallo dell ' ordinariato , non " producono " più . La sola produzione utile è quella di coloro che hanno qualcosa da dire . Se un tale non scrive più , è chiaro che non ha nulla da dire . Il cielo volesse che la fabbrica di titoli cessasse coll ' ordinariato ! Sarebbe un flagello di meno . Purtroppo , invece , molti continuano inutilmente a " produrre " per abitudine , per ambizione , per erroneo concetto di sè medesimi , per far carriera extra - accademica . 2 ) l ' ordinario non ha più bisogno di fabbricar titoli . Il titolo è una specie particolare di scrittura , in cui lo scrivente non bada tanto alla verità delle cose scritte , quanto all ' effetto che esse faranno sull ' animo di quei cinque o sei che si suppone faranno parte della commissione esaminatrice dei concorsi . Tale prospettiva esercita una influenza dannosa anche sui migliori , simile a quella che produce sui candidati onesti la previsione di ciò che penseranno gli elettori . L ' ordinario tira il fiato e se scrive , può scrivere senza preoccupazioni . Saltano fuori cosidette " ingratitudini " , le quali sono invece umane rivolte di menti compresse dalla paura dei concorsi . 3 ) l ' ordinario può trascurare le lezioni , farle male , non dare importanza agli esami . Se il non scrivere affatto o il non scrivere più titoli è atto lodevole , questo è atto riprovevole moralmente . Lo si ricorda , solo per spiegare come possa essere un ' esigenza di certe menti astratte o distratte non occuparsi di doveri di secondo ordine , come sono le lezioni e gli esami . E ' un inconveniente , insito al sistema , e di cui non giova lamentarsi , perché è condizione necessaria per ottenere tutti quei 100 indagatori e scopritori di cui il paese abbisogna . 4 ) l ' ordinario non ha più speranze di progredire nella sua carriera , non ha superiori , non ha inferiori . Non avendo nulla da sperare né da temere , avendo il pane assicurato , può dedicarsi al suo ufficio , che è di pensare , di scrutare , scoprire . Molti non lo fanno : pensano a diventare senatori o deputati , fanno i professionisti o non fanno niente . Tanto meglio per la scienza , la quale ha tutto da guadagnare ad essere coltivata soltanto da coloro che spontaneamente vi si sentono attratti . Da questo punto di vista , lo stipendio pagato ai 100 scopritori si può definire una pensione vitalizia , pagata dallo Stato , senza obbligo di alcuna diretta controprestazione , allo scopo di dare allo studioso l ' agio di pensare e di lavorare senza le preoccupazioni della vita materiale . Affinché le 100 pensioni siano attribuite a persone degne è assolutamente necessario pagarne altre 900 a chi , privo del dono della scienza pura , ha però attitudine ad insegnare od esaminare o forse anche non ha voglia di far niente . L ' esistenza di 100 cattedre in confronto ai 100 scopritori può essere assomigliata a quella delle molte giocate in confronto ad una vincita al lotto . Per lo Stato è conveniente pagare 20.000 lire all ' anno a 100 detentori di pensioni universitarie , nella speranza che tra i 1000 ce ne siano 100 degni di coprire l ' ufficio di studioso ; è cioè più economico di quanto non sarebbe scegliere questi 100 in altro modo . Non li saprebbe scegliere e sprecherebbe i suoi denari . Nei tempi andati , lo Stato aveva risolto il problema anche in un ' altra maniera : con le accademie . Queste erano società a numero limitato , per es . 40 , eletti per la prima volta dal sovrano ed in seguito per cooptazione . I più anziani 20 o 24 avevano una pensione ; per es . a Torino , di 600 lire all ' anno . Ma nel 1783 a Torino con 600 lire l ' anno si viveva suppergiù come con 10.000 lire oggi . Il socio pensionato non aveva obbligo di lezione o di lavoro qualsiasi . Doveva solo partecipare alle sedute della dotta compagnia , una specie di circolo , i cui soci in amichevoli conversari si comunicavano , se e quando avevano studiato , i risultati dei loro studi . Adesso , le 600 lire sono rimaste tali quali ; anzi , ridotte da vani balzelli a 540 lire , valgono poco più di 540 soldi di una volta e non servono quindi più allo scopo per cui sono state largite , che era di dare comodità di riflettere a una piccola cerchia di uomini amanti della vita contemplativa e contenti di una vita modesta . Nelle vecchie università inglesi , ci sono ancora i fellows o compagni , i quali godono di una pensione vitalizia annua di 100 , 200 lire sterline ; e non hanno nessun obbligo . Possono , volendo , partecipare alla vita collegiale ; hanno stanza , vitto , uso della biblioteca e delle comodità del collegio ; ed in cambio non hanno altro obbligo salvo quello di pensare o di fantasticare , se lo credono . Cento sterline , oggi , sono poche , anche in Inghilterra ; ma ci sono dei frati laici , i quali , pagando alla mensa del Collegio un modesto scotto ed avendo una bella cella con dei bei libri , se ne contentano e danno utili contributi alla scienza . In Italia queste pensioni gratuite sono contrarie allo spirito democratico . Regalare 100 pensioni da 20.000 lire l ' una a gente aristocratica , neppure obbligata a dir grazie ? Ohibò ! Concorsi ci vogliono e titoli e sgobbamento di lezioni e di esami . Non che le lezioni non si debbano fare e che non siano necessari gli esami . Ma per le lezioni , il rapporto fra lo scienziato , lo Stato e lo studente è diverso da quello schizzato sopra . L ' inventore dell ' idea , il dissodatore di terreno vergine deve essere ricco di casa sua ovvero essere pagato dallo Stato , perché nessuno è disposto a comprare la sua merce , la quale acquista pregio solo se divulgata a tutti e quindi divenuta gratuita . Le lezioni invece sono utili a qualcuno ; possono essere impartite in locali chiusi . C ' è lo studente , il quale si avvantaggia a non imparare la scienza solo sui libri , ma a sentirla esporre dalla viva voce del professore , ad essere guidato nelle sue ricerche da qualcuno che ha provato , ha sbagliato ed è riuscito prima di lui ; c ' è il giovane il quale , posto innanzi alla letteratura scientifica , si smarrirebbe gettandosi sui libri più rumorosi , più moderni e meno consistenti ed ha bisogno di chi lo illumini , gli faccia risparmiare tempo e , attraverso ad uno sforzo lieto , perché definito e consapevole , lo conduca alla meta . Può darsi che l ' indagatore della verità sia anche il maestro dei giovani . Non sempre è così : ci sono dei magnifici maestri , per cui il laboratorio è nulla e la scuola è tutto ; i quali vibrano e crescono di statura intellettuale e morale nel comunicare ai giovani le idee create dai grandi pensatori . Vite spese nella formazione di successive generazioni della classe dirigente , sane vite nobilmente e fruttuosamente spese . Ognuno di noi ha aspirato a compiere questo ufficio ; ognuno di noi , non potendo toccare la più alta meta di chi scopre ed addita nuove vie , ha riposto il suo orgoglio nell ' introdurre i giovani nel vasto e grande e magnifico mondo delle idee . Anche per questa seconda categoria la moltiplicazione delle ore di insegnamento o la obbligatorietà delle esercitazioni è una goffaggine demagogica . Lasciamo stare le esercitazioni di laboratorio o di disegno o di clinica che si sono sempre fatte e per cui occorre un apparato di assistenti , di impianti e di materiale scientifico , senza di cui esse sono prive di senso . Nelle scienze astratte ed in quelle morali , letterarie e giuridiche , che cosa sono queste esercitazioni , se obbligatorie ? Io ho avuto la fortuna di avere per maestro di economia il professore Cognetti De Martiis , per cui la scuola consisteva nello stare tutti i giorni dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 19 al Laboratorio di Economia Politica a lavorare in mezzo ai suoi allievi , sempre pronto a dar loro consigli , ad indicar libri , ad addestrarli a maneggiare inchieste e statistiche . Ma egli era un volontario e lavorava senza compenso , con entusiasmo giovanile , perché era insegnante nato . Anche qui bisogna rassegnarsi a giocare al lotto . L ' ufficio dell ' insegnante universitario è scelto da coloro che sanno insegnare , non certo perché più lucroso di altri , ma perché dà l ' assoluta indipendenza , la inamovibilità , la quiete nello studio , le ore di lezione numerate a distanze riposanti e con lunghi intervalli chiamati vacanze . Uomini dotati della capacità intellettuale che si suppone richiesta per coprire quel posto devono godere di certi " ozi " , se debbono rinunciare a maggiori lucri a cui potrebbero aspirare altrimenti . Perciò , bisogna rassegnarsi al fatto che non tutti i professori universitari siano dei maestri o che altri , dopo esserlo stati , stanchi abbiano perso un po ' del fuoco sacro che dianzi li animava . Non occorre che tutti i 10 o 15 professori di una facoltà siano degli animatori . Anche un numero minore basta a rendere fruttuoso un corso di studi . In fondo , il metodo critico necessario per lo studio dell ' economia politica è quello stesso che serve per la statistica o per la finanza ; e colui che si è assimilato in diritto civile o romano il criterio giuridico possiede uno strumento che gli servirà anche nelle altre scienze giuridiche . Ed è necessario che anche i mediocri siano tollerati , senza limiti d ' età , perché la scuola attragga i maestri capaci di formare le nuove generazioni . Né il fine di incitare i giovani allo studio , di formarne la mentalità , di introdurli con ordine nel mondo delle idee si raggiunge meglio moltiplicando il numero delle lezioni , facendone 100 invece che 50 . Solo la superstizione degli orari lunghi e della " materia completa " può spiegare l ' abnegazione delle molto ore . Quei geni , i quali si lamentano perché il professore non ha " svolto " tutta la materia e il loro figlio è stato bocciato agli esami di concorso , non sanno quel che si dicono . La " materia " sta scritta nei libri di testo ; e per svolgerla tutta basterebbe un fonografo messo sulla cattedra , col bidello accanto per mantenere l ' ordine . Il professore universitario ha ben altro da fare : deve inspirare ai giovani l ' amore per certe idee , il gusto per certe ricerche , il senso critico per le cose lette , il metodo per leggere ed imparar bene . A tal fine basta ugualmente trattare di un capitolo della cosiddetta materia , o dare ad essa uno sguardo sintetico o gittar luce di scorcio sui suoi problemi fondamentali . E gli studenti debbono aver il buon senso di comprendere che il corso universitario non è che un avviamento allo studio di certe scienze ; e che se vogliono conoscerle , debbono studiarsele da sé , con quel metodo che a scuola debbono avere imparato . Purtroppo , gli studenti seguono per lo più la linea del minimo sforzo ; e confondono l ' apprendimento della scienza con il superamento dell ' esame . Questa degli esami è una vera piaga , che turba la vita delle due categorie , gli indagatori ed i maestri , di cui ho cercato di schizzare sopra le esigenze . Come gli esami dovrebbero essere tenuti , se orali o scritti , se per materie singole o per gruppi di materie affini , se alla fine di ogni anno od al termine del corso di studi , se universitari o di Stato , sarebbe un discorso lungo a tenere . Qualunque sia il metodo seguito , certo è che essi dovrebbero essere affidati ad una speciale categoria di insegnanti , addestrati e specializzati nell ' ufficio di esaminatori . Maestri insigni sono tenuti in poco conto dagli allievi , o meglio dalla gran massa degli allievi , perché non sanno esaminare o si annoiano nel farlo o sono troppo severi o troppo indulgenti . Ci sono invece uomini che sanno trarre gioia anche da questo compito che ad altri pare seccantissimo ed aridissimo . Forse è il solo ufficio universitario per cui dovrebbero essere stabiliti bassi limiti d ' età . Questa , che è una goffa superstizione italiana , ha ragion d ' essere per gli esami , per cui occorre resistenza fisica , tensione nervosa , attenzione ferrea e seguitata , voglia di ribattere e chiarire gli errori , tutte qualità che coll ' andar degli anni vanno perdendosi , sottentrandovi il fastidio della ripetizione , la noia di rilevare errori le mille volte confutati , la consapevolezza della inutilità dei tentativi di cambiare le teste matte o i cervelli grassi . Coll ' età si accentuano i sentimenti di indulgenza e di compatimento verso le debolezze umane e si affievolisce il senso del dovere di giustizia verso coloro i quali potranno essere danneggiati da un laureato asino . Perciò una delle riforme più utili all ' università sarebbe la creazione di una classe di esaminatori , la quale fosse specializzata in questo ufficio e ne facesse lo scopo della sua vita . Noi economisti siamo portati a far uso del principio della divisione del lavoro ; e ciò che dico si inspira appunto a questo criterio . L ' università può trarre gran partito da uomini che non abbiano e non possano avere l ' ambizione di creatori e di maestri , ma aspirino al più modesto , ma ugualmente utile ufficio di collaboratori di quelli , alleviando ad essi la fatica materiale dell ' interrogare e del fare ripetere . L ' aspirazione di tanti padri di famiglia al Corso " completo " , potrebbe essere soddisfatta da questi " ripetitori " , pagati dagli studenti ed i cui corsi sarebbero probabilmente frequentatissimi dalla grande massa degli studenti , a cui importano poco le idee madri , i metodi di studio , gli strumenti della ricerca originale , ma vogliono invece ridotti in soldoni gli elementi delle discipline di studio . Gli studenti frequenterebbero i corsi privati dei ripetitori , quando questi fossero per l ' appunto corsi istituzionali e generali e quando i ripetitori fossero coloro su cui cadesse il carico precipuo degli esami , divenuti una cosa seria . Adesso gli esami non possono essere una cosa seria laddove gli studenti da esaminare sono centinaia e il tempo è limitato e la fatica è tutta del professore della materia , il quale al decimo interrogatorio praticamente è stordito , ripete senza volerlo le stesse domande , alla cui suggestione gli è impossibile sottrarsi . Gli esami dovrebbero essere organizzati ; né lo possono essere senza un costo piuttosto elevato . Io non credo che abbia importanza effettiva sulla cultura la questione dell ' esame accademico e dell ' esame di Stato , che in Italia sembra essere la sola questione esistente in argomento . L ' esame di Stato , introdotto nel nostro ordinamento scolastico attuale , peggiorerebbe grandemente la situazione , poiché al pappagallismo delle dispense - a cui qua e là si sottraggono gli insegnanti che all ' esame riescono a dedicare cure particolari - si surrogherebbe , peggiore e generalizzato , il pappagallismo dei libri di testo e dei questionari stabiliti per regolamento per i tali e tali diplomi . L ' esame non deve testimoniare che il candidato ha quelle tali nozioni , che lo Stato ha prescritto in un programma : l ' esame di Stato , checché profetizzino i suoi fautori , ha almeno altrettanta tendenza a degenerare come l ' esame accademico . Il diploma conseguito così è una ben meschina cosa . Invece l ' esame dovrebbe rendere testimonianza che il candidato si è impadronito dello spirito dell ' insegnamento , che in quella data scuola , e non in un ' altra , si impartisce . Esso perciò deve essere dato dall ' insegnante che di quella scuola è lo spirito animatore . Ma egli deve avere i mezzi di accertarsi seriamente quanto valga e cosa sappia il suo studente . L ' odierno esame orale , anche se prolungato dai consuetudinari quindici minuti a mezz ' ora o più , non dà nessuna garanzia in merito . L ' esame orale dovrebbe essere l ' ultimo atto di una serie di prove , principalmente scritte , da tenersi secondo un piano prestabilito dal capo di ogni istituto o gruppo di materie e concordato con i suoi colleghi . Chi abbia avuto sotto gli occhi qualcuno dei piani di studi e di esami che devono essere osservati nelle principali università inglesi ed americane per conseguire un qualunque grado , rimane stupito dello stato di anarchia in cui ci troviamo noi . Anarchia la quale dipende dalla circostanza che presso di noi tutto è affidato ad un unica persona , la quale dovrebbe nel tempo stesso scoprire nuovi veri , essere il maestro dei giovani che hanno l ' amore della scienza , il ripetitore e l ' esaminatore della massa degli studenti ordinari . Il che essendo di fatto impossibile , tutti tre i compiti sono adempiuti alla meglio , con risultati spesso deplorevoli . Non si dica che le prove scritte sarebbero la continuazione dei componimenti liceali e si ridurrebbero ad un cattivo riassunto scritto , invece che orale , delle dispense e dei testi stampati . E ' tutta una arte che deve perfezionarsi in materia di conoscere le fonti principali , i libri classici , possegga antologie dei testi fondamentali sulle teorie insegnate e sappia trarne partita . Il cosiddetto " paper " delle università inglesi meriterebbe di essere meglio conosciuto da noi : dal " paper " ossia saggio - scritto preparato tranquillamente a casa , a quello che deve essere composto nell ' aula , in non più di un dato tempo e in non più di tante parole ; prove differenti le quali permettono di giudicare il valore del giovane da differenti punti di vista . Ed il " saggio " di ogni studente deve essere su un argomento diverso da quello di ogni altro ; ed essi debbono essere parecchi per ogni disciplina e cose ben diverse dalla dissertazione originale di laurea . Fatica diabolica , si dirà , per i professori ; ed è perciò appunto che non è possibile farne nulla , prima che sia avvenuta quella suddivisione di funzioni fra lo studioso , il professore e l ' esaminatore che ho voluto delineare nel presente articolo .
ESISTE UNA ECONOMIA ITALIANA? ( EINAUDI LUIGI , 1922 )
StampaPeriodica ,
L ' infortunio capitato alla Banca Italiana di Sconto è stato l ' occasione che fossero ripetute in pubblici comizi parole ben note nella terminologia economica , ma relativamente oscure in quella volgare . Gli studiosi sanno come gli inglesi abbiano dato alla scienza economica il nome di " economia politica " ; nome che i trattatisti tedeschi amarono spesso cambiare in quello di " economia nazionale " , finché , più recentemente ancora , ad accentuare il carattere scientifico dei loro lavori , parecchi scrittori preferirono adoperare semplicemente la parola " Economics " od " Economica " , tale quale dicesi " Fisica " o " Chimica " . Tuttavia , quegli aggettivi " politica " o " nazionale " fanno ancora grande e bella impressione agli occhi di taluno , il quale volentieri , nel pronunciare , posa l ' accento su di essi , quasi a voler dire che la scienza economica merita o non merita rispetto a seconda che essa è più o meno " politica " o " nazionale " . Appunto in certi comizi romani recenti , provocati dalla moratoria della Banca di Sconto , pare si sia distinto tra una politica bancaria " nazionale " ed una " anti - nazionale " non si sa se francofila o tedescofila ed i convenuti si sarebbero dimostrati disposti a far entrare , coi randelli , nella mente dei governanti e dei banchieri l ' idea che ci ha da essere , accanto a banche antinazionali , una banca a cui sia specificamente affidato il compito di fare una politica economica " nazionale " o " italiana " . Prescindo dal fatto concreto , se vi sia tale o tale banca tedescofila o francofila o italianofila , sia perché è difficilissimo per i laici appurare le circostanze delle accuse e delle difese in modo esatto , sia perché qui si vuole soltanto discorrere della esatta definizione dell ' aggettivo " nazionale " od " italiana " aggiunto al sostantivo " economia " o " politica economica " o " banca " . Che cosa vuol dire " economia o banca nazionale , meglio , italiana " di diverso da " economia " o " banca " senza aggettivi ? Una banca - ed assumiamo questa come esempio e tipo delle altre economie esistenti in un paese , cosicché le osservazioni fatte per essa valgono per tutte le altre economie - fa operazioni diversissime , attive e passive , le quali economicamente si distinguono perché le une sono molto redditizie , le altre mediocremente , altre ancora poco o nulla , e le ultime finalmente possono procacciare la perdita di tutto o parte il capitale proprio della banca o dei depositanti . Per dare un esempio in cifre , si sono compiute cinque operazioni , le quali fruttano il +25 , il +10 , il 0 , il -10 ed il -26 per cento del capitale sociale . Quale di queste operazioni è " italiana " e quale " tedesco o franco o anglo - fila " ? Se , invece di una banca privata , si trattasse dello Stato o di un altro ente pubblico , si potrebbe essere in dubbio . Ad uno Stato può convenire compiere un ' operazione che gli cagiona una perdita " finanziaria " di 100.000.000 di lire , piuttostoché un ' altra che gli frutti un lucro finanziario di altrettanto . Anzi , è regola assoluta , che uno Stato deve prima adempiere ad uffici costosi e poi solo , dopo adempiuto ottimamente e con grave dispendio a questi , può , con molti ma molti se , tentare operazioni fruttifere . C ' è forse dubbio , che , sovra ogni altra cosa , lo Stato deve difendere , con l ' esercito e con la flotta , il territorio del paese o pagare i magistrati ed i poliziotti ed i medici della sanità pubblica ed i maestri elementari ? E c ' è dubbio che tutte queste faccende pressanti e necessarie costano molto e non rendono nulla ? Ed è forse dubbio che , tuttavia , uno Stato riscuote lode quando , pur spendendo solo il necessario , adempie al suo ufficio convenientemente ? Né è immaginabile che uno Stato trascuri i suoi uffici costosi per correre dietro alla speranza ed anche alla realtà di guadagni in imprese economiche di ferrovie , banche , navigazione , industrie . Anche ammettendo che il lucro sia scarso , lo Stato non può e non deve cercarlo , se prima non ha adempiuto bene ai suoi fini essenziali . Non essendo un Ente creato allo scopo di ottener lucri , il fatto che esso se li procaccia può essere un argomento per concludere che si è comportato male anziché bene in rapporto ai suoi fini . Sarà " nazionale " od " italiano " quello Stato il quale , a costo di perdite finanziarie , bene raggiunge i fini della collettività italiana ed " antinazionale " od " anti - italiano " quello Stato , il quale , a scopo di ingrassare sé stesso o i suoi cittadini , pospone gli ideali italiani a quelli di un altro paese e ci rende servi , in senso materiale o spirituale , di potenze o di ideali stranieri . Ma una banca ? È dessa creata per perdere o per guadagnare ? Evidentemente per guadagnare . Se perde , essa si suicida , distrugge sè stessa ed impedisce ai proprii dirigenti o soci di conseguire gli scopi per cui la banca sorse . Supponiamo che i fondatori della banca si siano proposto uno scopo qualunque non grettamente egoistico . Essi vogliono promuovere lo sviluppo delle energie del suolo e del sottosuolo nazionale , incoraggiare le iniziative dei cittadini italiani . Si promuove e si incoraggia tutto ciò col perdere denari ? A furia di lucrare il -10 od il -25 % del capitale , questo va in fumo , i depositanti pigliano paura , si determina un panico e vengono meno i fondi con cui incoraggiare e promuovere . Gira e rigira , per una banca non vi è altro metodo per raggiungere fini utili alla collettività nazionale fuorché quello che consiste nel fare affari buoni . In certi casi , e in limiti molto modesti , possono essere buoni " a lunga scadenza " ; ma in ogni modo debbono esser buoni e non cattivi . Il banchiere come l ' industriale non deve proporsi scopi non economici . Se dinanzi al banchiere compare un progettista e gli espone il programma di una iniziativa di miniere di lignite suffragandola " soltanto " col dire che così si contribuirà a liberare il paese dal tributo pagato all ' Inghilterra per l ' acquisto del carbon fossile , il banchiere ha il dovere di mettere con molta gentilezza il progettista alla porta . Costui infatti è uno scemo . Se la tonnellata di carbon fossile straniero costa 200 lire , ossia , per ipotesi , il prezzo di una merce che a noi è costata a produrla 10 giornate di lavoro ; mentre due tonnellate di lignite italiana , aventi lo stesso potere calorifico , costano soltanto 160 lire , ossia 8 giornate di lavoro , e se il lavoro italiano non può impiegarsi meglio che nell ' estrarre lignite , allora conviene coltivare lignite ed il banchiere opererà ottimamente anticipando fondi al progettista . Non perché la lignite sia italiana ; ma perché con sole 8 giornate di lavoro italiano otteniamo lo stesso risultato che otterremo spendendo , per comprar carbone , l ' equivalente di 10 giornate di lavoro medesimamente italiano ; quindi ci avanzano 2 giornate libere per produrre qualche altra cosa o forse anco per divertirci . Ma se le due tonnellate di lignite italiana costano 400 lire , ossia 20 giornate di lavoro italiano , in tal caso pazzo e antiitaliano sarebbe quel banchiere che anticipasse fondi a tale scopo . Egli incoraggerebbe così gli italiani a spendere 20 giornate di lavoro , laddove basterebbe impiegarne 10 a produrre qualche altra cosa che potremmo poi vendere per 200 lire e cosi procacciarci le tonnellate di carbon fossile inglese . Questo , benché inglese , deve essere preferito , nell ' interesse dell ' Italia , alla lignite italiana . Così facendo , noi non preferiamo la produzione inglese del carbone a quella italiana della lignite ; bensì preferiamo la produzione italiana dell ' uva o della seta , o della canapa o di certe macchine o di cappelli ecc . , alla produzione italiana della lignite ; ed a giusta ragione facciamo ciò , perché a produrre cappelli impieghiamo meglio e più fruttuosamente il nostro lavoro e il nostro capitale che a produrre lignite . Dunque , possiamo concludere che l ' aggettivo " italiano " applicato a " banca " , ad " industria " , ad " economia " ha un significato laudativo solo se equivale ad " economico " , e che una banca è italiana in quanto guadagna , antiitaliana ovvero tedesco - franco - anglo - fila in quanto perde . Guadagnare è sinonimo di incoraggiare industrie sane , vitali , rigogliose ; perdere è sinonimo di incoraggiare progetti mal combinati , fantastici , improduttivi . Guadagnare vuol dire rafforzare il paese , arricchirlo , renderlo atto a vincere nella concorrenza internazionale . Perdere vuol dire indirizzare il lavoro italiano in impieghi in cui esso è male rimunerato , in cui si producono cose non desiderate dai consumatori ; vuol dire immiserire il paese e renderlo facilmente servo delle più rigogliose economie straniere . La definizione ora data dell ' aggettivo italiano " dimostra che probabilmente hanno ragione quei trattatisti i quali amano poco le aggiunte " nazionale " o " politica " o " italiana " al sostantivo " Economica " . L ' aggettivo non aggiunge nulla al concetto e serve solo a confondere le idee , perché fa nascere l ' impressione negli inesperti che si debba incoraggiare un ' economia od una banca " nazionale " in contrapposto all ' economia od alla banca " semplice " ; mentre quelle sole banche ad economia sono nazionali od italiane le quali sono vere e semplici banche ed economie ; ossia banche ed economie , le quali adempiono semplicemente al loro fine proprio bancario od economico , senza l ' appiccicatura di nessun altro fine extra - vagante .
IN VACANZE ( EINAUDI LUIGI , 1922 )
StampaPeriodica ,
Mussolini à parlato tre volte da quando è capo del Governo . E l ' ultimo suo discorso , ai senatori , è stato ancor più forte , à più ancora impressionato l ' opinione pubblica . E ’ stato polemico , chiaro , decisivo : conciso ed esauriente : ardito e pur misurato : energico fino all ' irriverenza , ed esplicito per molte questioni che tanto appassionano in questi giorni gli italiani . Lo squadrismo , per esempio ; quanti avversari non lo desideravano " vaporizzato " ? Ora sono serviti . Lo squadrismo rimane a salvaguardia non del Fascismo soltanto , ma della Nazione . " Non avevo 300 mila tessere : sibbene 300 mila fucili ! " ... Quando si parla così franchi , così rudi , in tono tanto imperativo , certo resta poco a ridire , certo la funzione parlamentare viene assai menomata . Ma è poi un male ? Noi apprezziamo nel suo giusto valore il regime costituzionale moderno ; quel regime che l ' Italia copiò di sana pianta dall ' Inghilterra , dove ha fatto per sì lunghi secoli una prova tanto felice . Sappiamo quali siano i suoi vantaggi , i suoi pregi , i suoi meriti . Il parlamento : Un ' accolta di valori tecnici morali culturali ; un pacifico raduno di rappresentanti di tutta la popolazione , che si riunisce serenamente a legiferare , e addita al governo le vie da seguire , gli esprime la volontà popolare , lo coadiuva nel grave compito di reggere le sorti d ' una grande nazione ; e il deputato meridionale prospetta la soluzione del problema demografico ; e il deputato d ' un ' isola propone un sistema di viabilità per la sua isola ; e il deputato dei marinai chiede costruzione e ingrandimenti per questo o quel porto prosperoso . Apprezziamo e abbiamo accettato il sistema parlamentare . " Chi mi impediva di chiudere il parlamento ? Chi mi impediva di proclamare una dittatura di due o tre o cinque persone ? Dove era qualcuno che mi potesse resistere ? " E così abbiamo avuto la breve nonché inutile sessione or ora finita . Con relativo indecente stomachevole spettacolo di servilità . Né poteva accadere diversamente . L ' organo parlamentare fu istituito per tempi normali e deve funzionare osservando lo spirito per cui esiste . Altrimenti si cade nella parodia . In un momento eccezionale , in condizioni eccezionali , con un uomo che domina così sicuro la situazione , il parlamento s ' annulla , inevitabilmente . Il parlamento presume una certa parità di forze , una certa uguaglianza tra i deputati , un senso d ' arrendevolezza reciproco . Quando s ' erge un dominatore , il parlamento diviene un giocattolo nelle sue mani , e per l ' opinione pubblica uno zimbello . Questa volta l ' uomo ch ' è salito al potere è di tal razza da non consentire le estenuanti diatribe , le elucubrazioni faragginose . Mussolini giovine , volitivo , accentratore , lavoratore , insofferente di freni , capace d ' imperio non può essere che un dittatore . Camuffate pure fin che vi piace la realtà . Lasciate pure vivacchiare ancora a lungo quella innocua larva di parlamento che è la 26.a legislatura . Ma l ' unica , solare verità è questa : che mentre è al comando Mussolini , il solo responsabile è lui , il solo capo è lui , il padrone è lui . Perché ormai bisogna riconoscerlo : stavolta a Roma hanno trovato un padrone . E allora a che pro tenere in vita un organo ingombrante , maneggiare delle marionette , perder tempo in compagnia d ' un branco d ' insufficienti ? Gli scopi di Mussolini sono chiari . Ha riaperto la Camera ( certo d ' averla ai suoi piedi , poi che le femmine adorano la maschia prepotenza ) onde servirsi della tribuna parlamentare per far sapere bene a tutti quel che si prefigge e che conseguirà . L ' ha riaperta per gettare l ' offa della regolarità , della legalità , della libertà , nelle tremebonde gole dei gelosi custodi dell ' ordine costituzionale ; e per ottenere i pieni poteri . La riaprirà perché ingoi il rospo del sistema elettorale maggioritario , che deve ucciderla e rinnovarla . Col nuovo sistema elettorale il partito più forte conquista un ' enorme preponderanza . Quindi se le elezioni amministrative di queste domeniche non sono chimere nella Camera che verrà eletta la futura estate o in autunno , i fascisti si conteranno a centinaia . Quando i deputati non dovranno più chiedere favori a nome di servi , quando il cittadino ridivenuto uomo libero , nulla temendo e nulla sperando , volgerà nel rispetto dello Stato il pensiero ai grandi interessi nazionali , soltanto allora si sarà creato lo Stato che un tempo dicevasi liberale e oggi ha nome di fascista ; ma a cui un unico semplice titolo veramente spetta : Stato .
IL DOVERE DEL VIVERE SOBRIO, II ( EINAUDI LUIGI , 1915 )
StampaQuotidiana ,
Quanto più la guerra procede , tanto più cresce l ' importanza della campagna a favore dell ' economia iniziata dai più autorevoli giornali inglesi , fatta propria dal governo di quel paese , ed a cui anche in Italia si rivolge oggi il consenso crescente dell ' opinione pubblica . Dall ' osservanza della più rigida economia ha finora tratto gran giovamento sovratutto la Germania , la quale deve ad essa se ha sentito scarsamente gli effetti del blocco alimentare ordinato ai suoi danni dall ' Inghilterra ; il pane kappa , il razionamento della popolazione , la campagna per utilizzare i rifiuti della cucina e della casa recarono notevole vantaggio alla resistenza economica tedesca contro gli alleati . E poiché le risorse economiche non sono inesauribili in nessun paese , neppure in Inghilterra , è naturale che anche lì si sia ripetuto il grido : fate economia ! Dal successo di questa campagna dipende , più che non si creda , la capacità di resistenza bellica delle nazioni alleate . Se l ' Inghilterra deve mantenersi in grado di aiutare finanziariamente i suoi alleati , uopo è che essa riduca al minimo i suoi acquisti all ' estero a scopo di consumo ed il consumo medesimo delle cose prodotte all ' interno ; così da diminuire il formidabile e crescente sbilancio commerciale , e da frenare l ' ascesa del cambio , che anche là comincia a farsi sentire . Da un calcolo istituito dal signor Hobson nell ' ultimo numero dell ' « Economic Journal » risulta che nei primi nove mesi di guerra l ' Inghilterra dovette vendere circa 125 milioni di lire sterline ( 3 miliardi e 350 milioni di lire nostre ) di titoli stranieri da essa posseduti per provvedere allo sbilancio economico causato dalla guerra . Se non si pone riparo con l ' economia agli eccessivi dispendi , arriverà il giorno in cui le vendite dovranno essere aumentate molto al di là di questa cifra ed il mercato nordamericano sarà incapace di assorbire le enormi partite di titoli venduti . Di qui il fervore con cui uomini di governo , giornalisti , propagandisti vanno inculcando agli inglesi la necessità di porre un freno alle loro abitudini spenderecce . È un appello , il quale deve , anche fra noi , essere rivolto a tutte le classi sociali . Alle classi alte , ricche ed agiate in primo luogo . Non si lascino esse trarre in inganno dal pregiudizio comunemente diffuso che sia loro dovere di spendere molto per dare lavoro alle masse operaie . Questo dello « spendere per dare lavoro » è un pregiudizio erroneo sempre , e massimamente in tempo di guerra . Gli economisti non affermano che gli uomini siano meritevoli di lode solo quando risparmiamo e siano biasimevoli sempre quando spendono il loro reddito . Ognuno impiega i propri redditi nel modo che ritiene più opportuno ; e dal punto di vista economico è fuor di luogo affermare che l ' atto del risparmiare sia più virtuoso dell ' atto del consumare . Per raggiungere il fine di un progresso economico generale , di un miglioramento costante nella produzione della ricchezza e nel tenor di vita degli uomini , è necessario che sia serbato un certo equilibrio fra il consumo ed il risparmio ; fa d ' uopo che , per risparmiare denaro , non si riducano gli uomini alla macilenza fisica ed alla sordidezza intellettuale e morale ; e d ' altro canto non si consumi tutto il reddito in godimenti presenti , occorrendo provvedere all ' avvenire . Queste sono verità ovvie ; ma non è inutile insistere sul punto che il ricco , il quale spende tutto il suo reddito e forse parte del suo patrimonio , non acquista perciò alcuna maggiore benemerenza , verso i poveri , di colui che risparmia . Apparentemente il ricco spendaccione sembra meritevole di maggiore lode dell ' avaro parsimonioso ; ed invero egli è lodato da servitori , camerieri , cocchieri , negozianti , parassiti , come colui che sa spendere i propri denari a beneficio altrui . Costoro guardano con disprezzo al ricco avaro che tesaurizza e pone in serbo i suoi denari , rifiutando di farne partecipe altrui . In realtà , tutti sanno che questa è solo l ' apparenza delle cose . Nel mondo moderno , in cui nessuno tesaurizza in realtà chi usa ancora riporre sottoterra i denari messi in serbo ? ma tutti risparmiano , risparmiare vuoi dire portare i propri denari alla banca o cassa di risparmio o comprare titoli o fare mutui altrui o comprare terre o case . E poiché banche e casse di risparmio non tengono inutilizzati i depositi , ma li dànno a mutuo ad industriali , commercianti , comuni bisognosi di compiere opere pubbliche ecc . ecc . ; risparmiare vuol dire fare « domanda di lavoro » altrettanto e forse più di quanto non accada consumando . Le l000 lire consumate impiegano gli operai che tessono panni o macinano il grano : ma , senza le l000 lire risparmiate , industriali tessitori e mugnai non avrebbero potuto fare le provviste di lana o di frumento , o comprare le macchine senza di cui il lavoro sarebbe stato impossibile . La quale verità acquista maggior forza in tempo di guerra . Supponiamo vi sia taluno in dubbio se gli convenga acquistare un ' automobile ovvero mettere in serbo i denari per la sottoscrizione di cartelle del futuro prestito nazionale . Quali sono le conseguenze delle due diverse maniere di agire ? Dannose alla generalità nel primo caso , utili nel secondo . Se egli acquista l ' automobile , avrà la scelta fra una marca nazionale od una marca estera . È quasi certo che egli non potrà comperare un ' automobile nazionale , tutta la produzione interna essendo accaparrata per le necessità militari . Quando vi riescisse , sarebbe a danno del paese ; il quale ha interesse che tutti gli operai ed i capitali dell ' industria automobilistica siano impiegati a crescere la resistenza contro il nemico . Egli , aumentando la domanda di maestranze e di materiali così necessari , ne aumenterebbe il prezzo e crescerebbe quindi il costo della guerra per lo stato . Né meno dannoso all ' interesse nazionale sarebbe l ' acquisto dell ' automobile all ' estero . Egli dovrebbe pagare all ' estero 10 o 20.000 lire e crescerebbe d ' altrettanto il debito commerciale dell ' Italia verso l ' estero . Colla sua azione egli : 1 ) impedirebbe all ' Italia di acquistare frumento o munizioni da guerra per altrettante somme ; ovvero 2 ) provocando una nuova domanda di divisa estera , farebbe crescere l ' aggio dell ' oro sulla cartamoneta e contribuirebbe al crescere del prezzo dei cereali , delle carni , delle lane , delle munizioni e di tutte le cose le quali noi dobbiamo comperare all ' estero . L ' azione di chi compra un ' automobile all ' estero , come di chi acquista gemme , brillanti , pizzi , vestiti , stoffe di lusso , libri , di cui la lettura è prorogabile , deve dunque essere reputata nociva alla patria . Osservazioni simili si possono fare per i nuovi impianti industriali , edilizi , per i lavori pubblici prorogabili e non ancora iniziati . Crescono , per queste richieste facilmente prorogabili , i prezzi del legname , del ferro , del cemento e di molti altri materiali , di cui il governo ha gran bisogno per le sue occorrenze militari ; si distolgono gli operai dall ' accorrere a quelle fabbricazioni di panni , di materiali bellici ed a quelle colture dei campi che sono necessarie ed urgenti nel momento attuale . Colui , il quale rinuncia all ' acquisto dell ' automobile od a qualunque altra spesa , anche di cibo o di vestito , prorogabile od evitabile , compie invece opera utile al paese . Il suo risparmio , consegnato allo stato in cambio di cartelle del prestito nazionale , è dallo stato impiegato forse ugualmente nell ' acquisto di automobili o nel riattamento di strade , nell ' ampliamento di stazioni ferroviarie o nella costruzione di ponti o di tronchi di ferrovie e quindi è rivolto a richiesta di lavoro nella stessa misura che s ' egli consumasse quella somma . Ma le automobili , le stazioni , le opere pubbliche compiute o comprate dal governo servono al fine pubblico della difesa nazionale e non al fine privato di un godimento personale , che nel momento presente è dissolvitore . Né è minore il dovere di fare economia per le classi più numerose . Purtroppo , la utilizzazione delle varie sostanze alimentari è imperfettissima nelle masse operaie . Nelle campagne si utilizzano discretamente i rifiuti con l ' allevamento di porci , di conigli , di volatili da cortile ; ma nelle città si comincia appena adesso a comprendere quali vantaggi si potrebbero ricavare dall ' allevamento , anche in piccole proporzioni , di conigli per la produzione della carne e delle pelli . Molta strada potrebbe farsi nelle città altresì con la utilizzazione orticola di tutti gli spazi vacanti , delle aree fabbricabili , che ora non dànno alcun frutto a nessuno . Del pari la diffusione di opportune regole di cucina gioverebbe ad insegnare alle madri di famiglia operaie la possibilità di trarre partito da molte sostanze alimentari ora malamente cucinate e di utilizzare gran parte di quelli che sono considerati rifiuti . Si pensi che ogni chilogrammo di farina o di carne consumato in meno o meglio utilizzato è un minor debito del paese , è un prolungamento della nostra capacità di resistenza militare ! Anche nelle file dell ' esercito combattente la campagna per l ' economia potrebbe essere feconda di utili risultati . Da lettere ricevute ho ricavato l ' impressione che la razione di pane e di carne assegnata ai soldati nella zona di guerra sia in molti casi individuali esuberante . Da un punto di vista generale è bene far così : ma ad evitare sprechi costosi , sarebbe saggio consiglio promuovere tra i soldati l ' economia , incoraggiando con opportuni riacquisti l ' utilizzazione delle razioni rimaste da consumare . Il ritorno della pace sarà accompagnato da uno stato di prosperità economica solo se durante la guerra si sarà diffusa ed accentuata l ' abitudine della economia e del risparmio . Ho già altra volta notato come , in tutti i paesi belligeranti , la guerra abbia dato luogo a fenomeni di apparente prosperità economica , dai quali importa non lasciarsi suggestionare . Una parte invero del capitale già risparmiato viene ora mutuata allo stato , il quale la spende di giorno in giorno per la condotta della guerra e la converte così in reddito dei suoi ufficiali , dei suoi soldati , dei suoi fornitori , dei suoi creditori . Ciò che era capitale si trasforma in reddito ; e cresce così la quantità delle cose che gli uomini ritengono di potere spendere . Guai a ritenere che sul serio i redditi sieno aumentati permanentemente e sia aumentata la spesa che gli uomini possono fare senza pregiudizio del loro patrimonio ! Finita la guerra e finite le spese straordinarie dello stato , i redditi torneranno ad essere quelli di prima . Anzi saranno minori , perché fu consumata una parte del capitale che era stato precedentemente risparmiato e questa parte non può più essere impiegata alla produzione di nuove ricchezze . Fa d ' uopo perciò , se non si vuole che il benessere generale scemi al ritorno della pace , che durante la guerra si cerchi di fare la maggiore economia possibile , in guisa da ricostituire i risparmi distrutti per la condotta della guerra . Supponiamo che la guerra costi all ' Italia 6 miliardi di lire . Una parte di questi 6 miliardi sarà coperta con i redditi dell ' anno , i quali , invece di alimentare operai , contadini , redditieri , alimenteranno soldati , ufficiali , lavoratori nelle fabbriche di munizioni . Una parte sarà prelevata però sul capitale già esistente ; ed è questa parte che occorre ricostituire con nuovo risparmio , affinché alla fine della guerra le banche e le casse di risparmio non si trovino nella impossibilità di soddisfare le richieste degli industriali , commercianti , agricoltori bisognosi di capitale circolante . Per fortuna , il rialzo nel saggio dell ' interesse , cagionato dalle fortissime richieste di somme a mutuo da parte degli stati belligeranti , incoraggia a risparmiare di più . Non forse tutti i risparmiatori , ma certamente parecchi di essi sono maggiormente spinti a risparmiare quando sperano di ottenere un interesse del 5% , piuttostoché solo del 3,50% . È questa una delle principali ragioni per cui i mali cagionati dalle guerre del passato si sono curati più rapidamente di quanto non prevedessero i pessimisti . Nel mondo economico molte malattie provocano il proprio rimedio . Grazie al rialzo del saggio dell ' interesse , il risparmio , invece di limitarsi ad un miliardo all ' anno , cresce ad uno e mezzo e forse due ; sicché in breve volgere di anni le ferite della guerra sono rimarginate . Gli uomini si sono stretti un po ' la cintola , hanno cambiato meno frequentemente vestiti e calzari , si sono divertiti di meno ed hanno risparmiato di più . Il ritorno ad abitudini più frugali di vita non deve però essere considerato soltanto una « dolorosa » necessità . Sotto molti rispetti esso è un beneficio economico e morale . Importa persuaderci che , risparmiando , noi non compiamo solo un atto necessario ed economicamente vantaggioso . Così operando , noi adempiamo ad un dovere verso la patria e contribuiamo al perfezionamento morale delle future generazioni .
IL DOVERE DEL VIVERE SOBRIO ( EINAUDI LUIGI , 1915 )
StampaQuotidiana ,
Ora che la guerra è cominciata , diventa concreto il problema , che , già presente agli italiani , non ancora doveva essere risoluto senza indugio : come ci dobbiamo comportare nelle faccende ordinarie della nostra vita materiale ed economica ? Una formula ebbe grande voga in Inghilterra nei primi otto o nove mesi della guerra : operate e vivete come se la guerra non fosse ; attendete tranquillamente ai lavori vostri e continuate serenamente nel vostro genere ordinario di vita e di spese , senza preoccuparvi della guerra . In tal modo voi servirete il vostro paese ; il quale ha d ' uopo che il meccanismo della vita economica funzioni regolarmente e senza scosse , che la terra seguiti a fruttificare , che le industrie lavorino in pieno , che il traffico segua le sue vie , e che il popolo non sia malcontento per la disoccupazione . L ' esperienza dei primi nove mesi di guerra ha dimostrato che la formula , sebbene contenesse una parte di verità , non era compiuta e poteva diventare pericolosa . Nell ' Inghilterra stessa , l ' opinione pubblica ha dovuto persuadersi che la vita ordinaria della popolazione doveva mutare per adattarsi alle necessità urgenti e pressanti della guerra ; e che un non piccolo coefficiente di vittoria stava appunto nella capacità del popolo di adattarsi alle mutate condizioni ed esigenze della vita in tempo di guerra . Sì , fa d ' uopo che ognuno , il quale non sia chiamato sotto le armi , continui a lavorare nel suo mestiere e nella sua professione ; e questo è certo il miglior modo per servire il paese . Gli industriali , i commercianti , i professionisti , gli agricoltori che attenderanno con la consueta cura ai propri lavori e negozi , contribuiranno a far funzionare senza scosse il meccanismo della vita del paese ; e daranno opera alla vittoria ; meglio che non abbandonando il proprio mestiere ed offrendo la propria collaborazione a servizi bellici , od ausiliari , a cui possono essere disadatti . Lavorare come prima tanto meglio si può , in quanto il governo , fin dal primo momento , ha veduto che importava dare opera a promuovere il proseguimento regolare della vita economica . Niente moratoria , la quale avrebbe perturbato grandemente gli affari e gettato il seme del dubbio e dell ' incertezza ; bensì larghe anticipazioni a banche ed a consorzi per consentire loro di effettuare rimborsi e di concedere prestiti su titoli e su merci . Rassicurati e fiduciosi , gli industriali , i commercianti e gli agricoltori , non debbono sostare neppure un giorno dalle consuete faccende e dai lavori ordinari . Ma lavorare come prima non basta . Bisogna lavorare meglio e più di prima . In un momento in cui milioni di uomini robusti e giovani sono chiamati a difendere il paese , occorre che il vuoto lasciato dalla loro chiamata sotto le bandiere non sia avvertito . I comitati di preparazione che sono sorti in tante città e si stanno costituendo nelle campagne fanno e faranno opera benemerita se contribuiranno a far penetrare nella mente e nel cuore di tutti gli italiani il convincimento che ognuno deve lavorare meglio e più di prima . Ognuno stia al suo posto ; ma dia opera con raddoppiato zelo al lavoro di tutti i giorni . Il contadino sappia che se , coll ' aiuto delle donne , dei ragazzi , dei vecchi di casa sua , riuscirà , in assenza del figlio soldato , a portare in salvo il fieno e le messi , a curare le viti , ad allevare il bestiame , egli si sarà reso benemerito della patria . L ' impiegato pensi che le pratiche d ' ufficio debbono ora essere definite ancor più rapidamente di prima , sebbene parecchi suoi colleghi siano stati richiamati . Volendo , è sempre possibile far in modo che il lavoro sia sbrigato : si viene più presto in ufficio , si va via più tardi e non si pensa ad altro che al lavoro che deve essere fatto . Né si chiedano compensi per ore straordinarie . L ' operaio sappia che il successo della nobile e dura impresa nazionale dipende anche dalla diligenza del suo lavoro , dall ' essere egli pronto a sacrificare ogni svago , e talvolta a rinunciare alla domenica , pur che il lavoro si faccia . Lavorare come prima non sempre però è possibile . Vi sono industrie , di cui lo smercio diminuisce o cessa in tempo di guerra . Sono le industrie di lusso , quelle le quali lavorano per le cose non indispensabili all ' esistenza . Sarebbe strano che lo stato , mentre deve rivolgere i suoi sforzi più intensi alla condotta della guerra , disperdesse i suoi mezzi finanziari nella medesima quantità , ad esempio , di lavori pubblici di prima . Gli operai e gli industriali addetti a questi lavori chieggano che sia fatto ogni sforzo affinché sia impedita la loro disoccupazione ; ma si rassegnino a mutare genere e località di lavoro . I servizi ausiliari della guerra , le officine di armamento e di riparazione , le fabbriche di forniture militari avranno tali urgenze di lavoro che i disoccupati potranno facilmente trovar lavoro . Occorre che essi si adattino a compiere quei lavori che sono necessari e non si agitino per ottenere la prosecuzione di opere utilissime in tempo di pace , ma prorogabili in tempo di guerra . La guerra ha messo forzatamente in vacanze molti professori e ridurrà molto il lavoro dei professionisti . Già si sono costituiti comitati di questi « intellettuali » per avvisare ai mezzi di scrivere opuscoli , fogli volanti , di tenere letture e fare propaganda per innalzare il tono e lo spirito di sacrificio del paese . Molte cose utili si possono fare in questo campo , purché non si faccia della rettorica : spiegare ai soldati perché essi sono chiamati a combattere , quali sono le regole igieniche che devono osservare per non cadere vittime di malattie evitabili , organizzare invii di giornali e di libri ai soldati nelle trincee . L ' esperienza fatta da ambe le parti nelle trincee di Francia e del Belgio ha dimostrato che i soldati sono avidissimi di letture e di quanto possa ricordare loro i parenti , gli amici ed i cittadini della patria per cui combattono . Sì , fa d ' uopo che ognuno continui a spendere quanto spendeva prima . Ma non come prima . Sarebbe un delitto verso la patria . Non forse la guerra ha dimostrato la necessità di sopprimere o di ridurre al minimo il consumo di bevande alcooliche ? A tacer della Russia , che ha dato al mondo il magnifico esempio di un governo il quale rinuncia ad un ' entrata netta di forse 1 miliardo e 800 milioni di lire , pur di sopprimere il flagello dell ' alcoolismo ; dappertutto , in Germania , in Francia , in Inghilterra i governi hanno fatto sforzi perseveranti per ridurre il consumo delle bevande alcooliche . E come delle bevande , così sarebbe necessario ridurre il consumo di tutto ciò che non è necessario per l ' esistenza . Ognuno giudichi e valuti per conto suo le necessità della vita . Ma chi spendeva 100 , rifletta che egli ha il dovere di ridurre la spesa , quando lo possa fare senza detrimento della sua salute fisica , a 90 ad 80 a 70 per consacrare il risparmio a spese pubbliche . La spesa più urgente che oggi ogni cittadino consapevole deve fare è quella dell ' imposta . Pagare puntualmente le imposte dovute vuol dire soddisfare oggi ad una spesa altrettanto urgente come quella del pane o della minestra e certamente più urgente di quella da farsi per un vestito nuovo , od una scampagnata domenicale o per la villeggiatura . Chi può , rinunci quest ' anno alla villeggiatura ; e si dia dattorno per fare qualche cosa lungo i mesi estivi . Talvolta , il modo migliore di rendersi utile sarà di attendere alla sorveglianza dei lavori di campagna , quando fattori e contadini siano sotto le armi . In tal caso , quando la collaborazione agricola sia una cosa seria , anche la villeggiatura potrà moralmente essere spiegata . Altrimenti sarebbe una spesa deplorevole e dannosa . Tutto il margine di risparmio ottenuto sulle spese sia dato allo stato . Le guerre costano ; e costerà gravi sacrifici di uomini e di denari anche questa nostra guerra per la liberazione d ' Italia . Un prestito sarà necessario per somma grandiosa . Tutti devono sottoscrivere , anche con piccole quote ; e tutti devono fare ogni sforzo affinché nella spesa dell ' anno entri l ' acquisto di qualche cartella del nuovo prestito nazionale . Nel suo ultimo discorso sul bilancio , il signor Lloyd George disse che quest ' anno gli inglesi devono risparmiare il doppio degli anni scorsi : 800 milioni di lire sterline invece di 400; 20 miliardi invece di 10 miliardi di lire italiane . Così dovrà avvenire , mutate le cifre , anche in Italia . Resecate le altre spese ; ma tenetevi pronti a dare allo stato quanto più potrete ! È in gioco la ragione più alta della nostra vita , e della vita dei nostri figli e nepoti ; ed in confronto a ciò , appaiono ben piccola cosa le rinunce a qualche godimento materiale od intellettuale ! Né si tema , così operando , di favorire la disoccupazione . Senza volere fare discussioni troppo precise e minute , è chiaro che tutto ciò che noi forniremo allo stato a titolo di imposta o di prestito si convertirà immediatamente in domanda di merci e di prodotti utili all ' esercito e quindi in domanda di lavoro . Dopo , ritorneremo ad impiegare i nostri mezzi , gli uni nello spendere , gli altri nel migliorare terre o fabbricare case . Per ora , tutti gli italiani debbono rinunciare a qualunque altra meta che non sia la difesa della patria comune . Così hanno fatto , è d ' uopo dirlo anche ora , i tedeschi ; e ciò ridonda a loro grande onore . Così dobbiamo fare pure noi , se vogliamo dimostrare al mondo che la nostra causa è giusta . Una meta così alta , come il compimento della unità d ' Italia , non si tocca senza dolore e sacrificio . Affrontiamoli con cuore saldo e coi nervi tranquilli ; e la meta sarà raggiunta . Se avremo fiducia in noi stessi , la battaglia sarà vinta ; e sia fiducia senza jattanza , austera e piena .
StampaQuotidiana ,
Gli ultimi , come i precedenti , provvedimenti finanziari hanno avuto in generale una buona stampa e soltanto qua e là si sono elevate alcune voci contro l ' errore che avrebbe commesso il governo , tassando con eccessiva mitezza gli extraprofitti degli industriali e con grande durezza il sale del povero . A questo punto conviene che si metta ben chiaro il problema . Premetto che faccio astrazione dalle imposte che si dovrebbero mettere per motivi « morali » , per ossequio alle « nuove » idee « sociali » e via dicendo . Tutte queste , finanziariamente , sono pure « parole » gettate al vento . Da esse non si cava fuori una lira e neppure un soldo . Il problema finanziario che si deve risolvere dai paesi belligeranti è il seguente : come ottenere nuove entrate per somme variabili , nell ' ipotesi che la guerra finisca entro il 1916 , da forse 700 milioni di lire ( ed è probabilmente il caso dell ' Italia , compresi i maggiori tributi già stabiliti , il cui reddito complessivamente si può valutare in 260 milioni ) a 34 miliardi di lire all ' anno , come è il caso dei maggiori tra i paesi in lotta ? E , badisi , devono essere centinaia di milioni e miliardi di lire effettive , non di « parole » . Non deve trattarsi di imposte del genere di quelle « morali » , « democratiche » , « sociali » , che il signor Lloyd George fece approvare col famoso bilancio del 1909 , che fu l ' origine della rovina della Camera dei lordi , ed il cui unico costrutto sino al 31 marzo 1914 fu di aver costato circa 55 milioni di lire italiane e di aver reso poco più di 15 milioni di lire . No ; da questo genere di imposte nessun aiuto sostanziale può venire ai tesori affamati . Né si può sperare somme sostanzialmente apprezzabili dalle imposte sui profitti di guerra che a gara vanno sorgendo in Inghilterra , Francia , Italia , Germania . Ho già spiegato come il frutto più sostanziale che si può sperare da questa imposta in Italia non sia un suo provento reale vero e proprio , ma la possibilità di benefici duraturi derivanti da alcune apparentemente piccole riforme , che accortamente l ' on . Daneo colse l ' occasione presente di introdurre nell ' organismo della ordinaria imposta di ricchezza mobile . L ' imposta sui profitti di guerra la possiamo concepire costrutta in tre sole maniere : I ) Quella proposta dal comm . Bocca , presidente della Camera di commercio di Torino , di una percentuale ad esempio del 5% , sull ' ammontare lordo delle forniture fatte allo stato . Ignoro se il metodo possa andar bene per l ' industria del cuoio , di cui il Bocca è cospicuo rappresentante . Ma è cosa certissima che il metodo da lui proposto è : sperequato perché vi sono forniture su cui si guadagna il 10 , il 15 od il 20% e su cui l ' imposta del 5% potrebbe essere pagata , e vi sono forniture in cui il margine di guadagno è inferiore al 5% , e può ridursi pur con molto lucro del fornitore al 0,50% . Come pagare in tal caso un balzello del 5% ? Ed è metodo altresì di impossibile applicazione ai guadagni non derivanti da forniture fatte allo stato ; e quindi è metodo che imbroglierebbe stranamente i conti , perché imporrebbe , per ogni azienda , la tenuta di due contabilità , una per le forniture e l ' altra per gli altri guadagni . Cosa impossibile e che metterebbe la finanza di fronte a problemi inesplicabili ed insormontabili . Finalmente , fa d ' uopo notare che una imposta di questo genere esisteva già , sotto il nome di diritto di registro dell'1,35% sul valore dei contratti conchiusi dallo stato . Fu abolita , in seguito alle lagnanze dei fornitori , con la legge ° aprile 1915; ma è stata ripristinata con l ' allegato 5° agli ultimissimi provvedimenti finanziari . Questa tassa era e rimane dell'I,35% del valore della fornitura . Che non è piccola cosa e va in aggiunta all ' imposta sugli extraprofitti di guerra . Mi sia lecito però osservare che il solo effetto suo era prima di indurre gli industriali ad aumentare , arrotondando la cifra , del 2% i preventivi delle forniture . Auguriamoci , pur con molto scetticismo , come farebbero a pagare quelli che guadagnano meno dell'1,35% ? che ciò non abbia più ad accadere in avvenire , e che non si tratti di una pura partita di giro . 2 ) Quella proposta da taluni i quali vorrebbero che l ' imposta assorbisse il 100% dei profitti di guerra , in guisa che , dopo la guerra , nessun italiano dovesse essere più ricco di prima . Io non giudico il concetto dal punto di vista politico - sociale . Ed ammetto volentieri che questa imposta del 100% sarebbe efficace e reale . I contribuenti , salvo la frode , non avrebbero alcun mezzo per sfuggirvi . Ma a che prezzo ? Finché gli uomini sono fatti nel modo che tutti conosciamo , e che non è in potere di alcuno di mutare , un ' imposta siffatta avrebbe un unico effetto : di togliere ogni stimolo agli industriali di produrre un paio di scarpe , un metro di stoffa , un pacco di munizioni di più di quello che producevano prima della guerra . Ottenuto il guadagno di prima , nessuno avrebbe interesse ad andare più in là . Nessuna imposta sarebbe , più di questa , utile al nemico . Chi avanzò una tesi simile certamente non pose mente a questa logica conseguenza della sua proposta . Ma sarebbe conseguenza certa , ineluttabile . 3 ) Quella attuata dal ministro Daneo ; forse con qualche maggiore gravezza di aliquote . Di essa questo si può dire di probabilmente sicuro : che quanto più cresce la gravezza delle aliquote , tanto minore è il provento netto ottenuto dal tesoro . Una imposta tenue può darsi cada solo sulla porzione dei profitti aventi carattere di monopolio e quindi può darsi rimanga sui colpiti e da essi non possa essere trasferita sul cliente , che nel caso nostro è il ministero della guerra . Quanto più invece cresce l ' aliquota , tanto più è probabile che essa cada anche sulla quota normale dei profitti ( di guerra bensì , ma normali , dato l ' aumentato saggio di interesse e di rischio ) e che li colpisca in modo speciale di fronte agli altri profitti . Qui non è il luogo di ripetere i lunghi discorsi che in proposito si possono leggere nei libri degli economisti ; basti dire che i due caratteri , della gravezza su profitti non di monopolio , e delle specialità sono , tra tutti , i caratteri che maggiormente facilitano la traslazione dell ' imposta sul cliente , ossia sullo stato . Se il ministro Daneo non voleva creare una imposta - comparsa , se voleva evitare di istituire una partita di giro , doveva necessariamente tenersi moderato nelle aliquote . Le quali del resto , giungendo al 41,50% paiono alte ; ed in quanto sono alte poco renderanno sul serio al fisco . Il reddito vero , netto , sostanziale si avrà sovratutto dalla revisione straordinaria dell ' imposta di ricchezza mobile e dall ' applicazione dell ' aliquota ordinaria dell'11,50% . Affermano ancora i critici che il governo ha fatto male ad aumentare di 10 centesimi al chilogrammo il prezzo del sale . Ciò è anti - democratico . Io non so che cosa significhi questa parola in materia di imposte ; ma posso andare d ' accordo con i critici nel ritenere che trattasi di imposta condannabile , perché grava in modo sperequato sui contribuenti , a parità di reddito . Dopo aver fatto questa dichiarazione , debbo subito aggiungere che la colpa dell ' aumento del prezzo del sale non è del governo ; ma di quei numerosissimi quasi tutti industriali , commercianti , proprietari agricoli , fittavoli che trascurano di denunciare nome e cognome e salario di quei loro dipendenti impiegati , operai , lavoratori in genere che guadagnano almeno lire 3,50 al giorno ; è di quei lavoratori che , avendone essi direttamente in altri casi per legge l ' obbligo , non fanno la dichiarazione dovuta . È di quei contribuenti in genere che , trovandosi più in su della scala sociale , imitano col silenzio o col parziale occultamento l ' esempio di coloro che si trovano più in giù . Non giova declamare contro i ricchi ed invocare il 30 , 11 40 , il 50% e più contro i loro redditi . Nessuno stato è mai vissuto contro le sole imposte sui ricchi . È utile che i ricchi paghino di persona e di denaro : e paghino più degli altri . Ma non bisogna farsi illusioni . Le imposte sui ricchi possono rendere , anche se seriamente e correttamente accertate e pagate , le unità e le decine di milioni . Ora occorrono invece le centinaia di milioni . E , come dice il signor T . Gibson Bowles , forse il migliore conoscitore e critico del bilancio inglese , nell ' ultimo numero della « Candid Quarterly Review » : « Ogni cancelliere dello scacchiere , il quale abbia saputo qualche cosa del suo mestiere , seppe bene che , se egli doveva riempire la rete della sua imposta sul reddito , doveva fare la maglia abbastanza piccola da poter pescare i molto piccoli , al pari dei pochi grossi pesci » . Finché in Italia i pesci grossi cercheranno , quando vi riescono , di sottrarre agli accertamenti parte dei loro redditi ; fino a quando i pesci medi imiteranno , con discreto successo , il loro esempio ; e fino a quando i pesci piccoli rimarranno quasi completamente fuori delle maglie della rete dell ' imposta di ricchezza mobile ; fino a che tutto ciò non sarà cambiato , il ministro del tesoro , che ha bisogno di denari contanti e non di parole , dovrà raccomandarsi al ministro delle finanze affinché questi applichi o cresca imposte produttive . Abbiamo avuto ora l ' imposta sul sale : ma , se i contribuenti non si emendano necessariamente vedremo imposte anche peggiori . La salute sta in noi , non nei governi . Se i contribuenti chiedessero : 1 ) l ' obbligatorietà della dichiarazione giurata di tutto il complesso e delle singole partite del proprio reddito : con penalità di multe e reclusione comminate ed eseguite a carico degli spergiuri ; e con la maggiore pena del disprezzo dell ' opinione pubblica verso i frodatori ; 2 ) l ' obbligatorietà per tutti i contribuenti non analfabeti della tenuta dei libri di entrata ed uscita ; ed inoltre dei libri - giornale per tutti i commercianti , industriali e professionisti ; con severe penalità per i contravventori , e con opportune garanzie di segreto per coloro a cui recasse danno far conoscere al pubblico i fatti ed i redditi propri ; 3 ) la abolizione delle attuali commissioni delle imposte dirette , presiedute e composte di delegati dei prefetti , dei consigli provinciali e comunali , ossia composte di persone soggette ad ogni influenza politica e controllate da poverelli agenti delle imposte , mobili quali frasche al vento , trasferibili da luogo a luogo , promovibili senza regole fisse ; 4 ) la sostituzione ad esse di nuove commissioni , di cui la figura centrale e dominante fosse il presidente , funzionario finanziario , arrivato al più alto grado della sua carriera , nominato per un periodo fisso di tempo , inamovibile ed impromovibile , salvoché per cooptazione in una suprema magistratura finanziaria centrale ; ed incaricato , con alto stipendio , della unica e stabile mansione di controllare gli accertamenti e decidere sulle controversie relative . Se i contribuenti comprendessero tutto questo ed altro , che per brevità per ora tralascio , non farebbe d ' uopo , per pigliare nella rete i piccoli , alzare il prezzo del sale e per colpire gli agiati ed i ricchi , istituire i centesimi di guerra e le imposte sugli extraprofitti ? Basterebbero le tre « vecchie » come in Francia chiamano le imposte affini alle tre nostre sui terreni , sui fabbricati e sulla ricchezza mobile a procurare all ' erario somme cospicue e crescenti . E si potrebbero istituire quelle due imposte , complementari alle già esistenti imposte sul reddito , la progressiva sul reddito globale e la patrimoniale , che oggi , allo stato attuale degli accertamenti , sarebbero ben poco interessanti dal punto di vista finanziario ; ma domani potrebbero diventare il perno di una feconda trasformazione dei nostri ordini tributari .
E LE RIVENDICAZIONI ECONOMICHE? ( EINAUDI LUIGI , 1919 )
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Il ministro Crespi è stato nominato membro del Consiglio supremo degli approvvigionamenti che risiede a Parigi per regolare la distribuzione delle derrate alimentari e delle materie prime tra le nazioni alleate , neutre e nemiche . A lui è stato affidato pure il compito di dirigere la preparazione e il coordinamento degli studi e degli interessi d ' ordine economico per la conferenza della pace . Accanto ai delegati politici era necessario ci fosse il delegato economico , essendo necessario che l ' opinione pubblica cominci ad interessarsi seriamente alla discussione dei problemi economici , i quali dovranno esser risoluti alla conferenza di Parigi . Molto si scrive e più si discorre delle rivendicazioni politiche che l ' Italia dovrà far sue attorno al tavolo della conferenza ; e si è in ansia sul meno e sul più che l ' on . Sonnino ed i suoi colleghi chiederanno ed insisteranno per ottenere . Ma chi parla delle rivendicazioni economiche o finanziarie che l ' Italia dovrà presentare a Parigi ? Chi si interessa di sapere in qual senso e in qual misura i destini materiali del nostro paese saranno determinati dalle decisioni parigine ? Eppure di sei punti , che sui quattordici del celebre discorso di Wilson dell'8 gennaio 1918 avevano carattere generale diplomazia pubblica , libertà dei mari , uguaglianza di trattamento nelle convenzioni commerciali , riduzione degli armamenti , governo e ripartizione delle colonie , società delle nazioni parecchi hanno un carattere nettamente economico ; il che fa vedere il gran peso che alla soluzione di questi problemi dà il presidente degli Stati uniti . I nostri uomini di governo dànno ad essi un ugual peso ? Quale è la preparazione di studi , di dati , di documenti probanti e seri con cui i delegati italiani si sono avviati alla conferenza , sì da affidare il paese che le sue ragioni saranno efficacemente sostenute ? Confidiamo che quegli studi siano stati intrapresi e condotti a termine per tempo . Il ministro Stringher , che è stato fino a ieri a capo del maggior osservatorio economico esistente nel nostro paese , la Banca d ' Italia , che ha scritto relazioni , le quali sono fra le cose più informative che si abbiano sull ' economia di guerra in Italia , ed è studioso serio , osservatore sagace , non facile a lasciarsi trascinare , e cauto nell ' assumere impegni od avanzare pretese , ha le qualità e i mezzi necessari per sostenere le ragioni dell ' Italia in merito alla pace economica , con competenza , moderazione e fermezza . Sono le qualità , le quali giovano maggiormente quando si ha da fare con uomini , che non si lasciano fuorviare dalle esagerazioni , ma hanno il dovere di consentire alle richieste seriamente documentate e fermamente sostenute . L ' Italia ha parecchie richieste da presentare , serie , anzi di una grande gravità e urgenza per il nostro assestamento economico e finanziario . Dal loro esito dipendono in gran parte la ripresa economica del paese , la sua pace sociale , la sua capacità a partecipare con frutto alla risorta vita internazionale . L ' Italia ha diritto di partecipare agl ' indennizzi che dovranno esser pagati dagli imperi centrali . Anche se calcolati entro i limiti della risposta dell ' intesa al presidente Wilson , la quale servì di base all ' armistizio con la Germania , si tratterà pur sempre di decine di miliardi d ' indennizzo per danni arrecati dal nemico alle cose e alle persone . L ' Italia , che ebbe alcune sue belle provincie soggette ai danni dell ' invasione e molti danni subì a causa delle operazioni di guerra , ha diritto di partecipare a questi indennizzi . Ma chi ce li pagherà ? I nuovi stati che hanno preso la successione dell ' Impero austro - ungarico , di cui alcuni sono divenuti nostri amici ed altri saranno probabilmente insolventi ? La guerra fu condotta per causa comune . Unico fu lo sforzo , e unica deve essere la responsabilità dei nemici verso di noi . Ecco un gravissimo problema che importa sia bene impostato e la cui soluzione più giusta , che è anche quella più favorevole a noi , deve essere vigorosamente sostenuta dal nostro delegato economico . Le spese di guerra non sono giunte alle cifre fantastiche , superiori all ' ammontare della ricchezza nazionale , che alcuni farneticano ; ma è pur certo che i debiti da cui l ' Italia è gravata in conseguenza della guerra , giungono ad altezze quali proporzionalmente non si hanno in nessun altro dei grandi paesi belligeranti dell ' intesa . Se altri trova duro di dover sottostare a debiti bellici uguali al quinto o al quarto o al terzo della ricchezza privata dell ' anteguerra , che dire di noi che , senza contare i vecchi debiti , già ora dobbiamo guardare ad un debito nuovo indubbiamente molto alto in confronto alla ricchezza nostra , quale poteva essere con larghezza calcolata nel 1914 ? Non si impone una perequazione ? La fronte unica finanziaria , rimarrà una frase priva di contenuto ? La proposta del deputato francese Stern , od altra simile , di creazione di un debito internazionale il cui servizio sia poi ripartito in ragione della ricchezza dei vari stati alleati e associati , entrerà nella realtà ? Cadranno nel vuoto le proposte di passar la spugna sui prestiti di guerra fatti agli alleati , che ci vengono da autorevoli voci inglesi e nordamericane ? Tutto dipende dalla vigoria con cui se ne faranno propugnatori i delegati italiani e francesi . Né gli italiani debbono farsi trascinare a rimorchio dai francesi ; ma porre essi il problema , come ce ne dà diritto la grandezza dei sacrifici finanziari sostenuti . Per la ripresa economica l ' Italia ha bisogno urgente di approvvigionamenti cospicui , ed occorre che i privati possano comperare largamente , senza le pastoie dei vincoli governativi ; ma occorre altresì che il governo s ' intenda con gli Stati uniti e con l ' Inghilterra affinché gli acquisti , che debbono essere copiosi e rapidi , non disorganizzino i cambi , perturbando per un altro verso la vita del paese . Non si dice che l ' acquisto venga fatto dai privati e il pagamento dallo stato ; ma che i delegati italiani sappiano ottenere facilitazioni per i pagamenti , sicché il livello attuale dei cambi , mantenuto artificiosamente basso dalla politica suicida di non lasciar comprar nulla , non sia mutato in peggio . Tutti gli stati avranno il proprio fardello di imposte da sopportare . Anche noi . E siamo disposti a pagare . Ma si è a sufficienza ponderato il problema di coloro che non vorranno pagare e andranno alla ricerca dei paesi a tassazione minima ? Non urge che i nostri delegati pongano le fondamenta di accordi internazionali per l ' accertamento dei redditi , per le denuncie in caso di successione , per i titoli al portatore , i quali giovino a diminuire i pericoli di evasione ? Su nessuno di questi punti noi incontreremo ostacoli insormontabili ; bene spesso avremo il consenso di altri stati che hanno i medesimi nostri interessi , e sempre la benevolenza di quelli che debbono riconoscere il nostro diritto ad un aiuto . Ma nulla si fa senza sforzo , senza interessamento vivo , senza solerte preparazione .
LA QUESTIONE PRELIMINARE. ( EINAUDI LUIGI , 1919 )
StampaQuotidiana ,
Le sedute del congresso di Parigi presentano ai nostri occhi uno spettacolo non si sa se più appassionante o più grandioso . Ardui problemi coloniali e territoriali , questioni di confini , creazioni di repubbliche e di regni nuovi vengono dibattuti dinanzi ad un areopago mondiale , in cui seggono , arbitre definitive , due potenze delle quali una non è affatto interessata nella ripartizione delle spoglie della guerra ; e l ' altra lo è mediocremente . Non vi sono interessati gli Stati uniti , i quali nulla chieggono per sé e vogliono giustizia per tutti ; ed i fatti provano come sia giunto oramai al culmine quel movimento di idee , il quale iniziatosi col celebre rapporto indirizzato il 31 gennaio 1839 da Lord Durham alla giovinetta regina Vittoria sugli affari del Canada , ha condotto alla indipendenza praticamente assoluta delle grandi colonie inglesi dalla madrepatria . Talché si può contemplare senza meraviglia , perché logica conseguenza di uno sviluppo storico unico forse al mondo , ma effettivo e stupendo , il fatto di stati facenti parte della costellazione delle comunità anglo - sassoni , i quali vorrebbero annettersi colonie tedesche , ma ne sono impediti dalla madrepatria , associata agli Stati uniti nel proclamare invece spassionatamente l ' appartenenza alla Società delle nazioni . Un nuovo mondo si crea , un nuovo ordine di cose nasce . Per iniziativa dei popoli anglo - sassoni , nei cui domini si sono compiute esperienze fecondissime di creazione di stati nuovi , di trasformazione di territori abitati da barbari e da sparsi coloni in stati sovrani , si tenta la estensione a tutto il globo del medesimo principio , il quale informa di sé la confederazione americana e la comunità britannica delle nazioni . Noi siamo pronti ad accogliere con fede , con speranza viva il nuovo ordine di cose . Anche quando esso , instaurandosi , necessariamente viene a toccare interessi nostri gelosissimi ; anche quando fa d ' uopo rassegnarci a lasciar discutere dei confini nostri , dei nostri monti , dei nostri fiumi , del sangue nostro da potenze marittime ed extraeuropee , la cui politica tradizionale è stata ed è ancora quella delle mani nette da ogni impegno nel torbido groviglio delle lotte nazionali della martoriata Europa continentale . Si sono , alfine , questi isolani e questi trasmarini decisi ad intervenire nelle nostre contese , a segnare il confine giusto tra romeni e serbi , tra polacchi e czecoslovacchi ; partecipano alle commissioni d ' inchiesta sulle faccende più gelose dei vecchi e nuovi stati ; si apparecchiano forse a dire una parola decisiva sulle aspirazioni della Francia sul Reno , sulle rivendicazioni sacrosante dell ' Italia a riunire in un corpo solo le sparse membra della sua famiglia ? Noi siamo pronti a riconoscere che il loro intervento è promettitore d ' un più felice avvenire all ' umanità . Non solo è giusto perché la flotta inglese serbò intatto , durante la guerra , il dominio dei mari come ai tempi di Nelson , costringendo le navi corsare nemiche a rintanarsi nei loro porti , combattendo pertinacemente la minaccia sottomarina , consentendo il vettovagliamento degli eserciti e delle popolazioni ; perché l ' esercito inglese , trasformato da « piccolo spregevole » manipolo in un colossale organismo modernissimo , sostenne la sua parte tremenda dell ' urto germanico ; perché gli Stati uniti ci fornirono armi , munizioni , ferro , carbone , viveri e mandarono in Europa quegli ultimi milioni di uomini , la cui presenza ed il cui timore crescente diede il tracollo alle ultime speranze del nemico . È necessario , come auspicio e come garanzia . È giusto , è necessario , perché solo la contemplazione di un vecchio stato come quello britannico , retto un tempo a forma di governo centrale dominatore su popoli soggetti , il quale , persuaso del pericolo mortale delle vecchie forme politiche , ne fa gitto e da ottant ' anni in qua ogni giorno meglio scopre ed attua nuove forme di governo ed ha già saputo far sorgere , attorno alla madrepatria , tre grandi federazioni e due stati indipendenti , liberi da ogni vincolo di tributo o di servizio personale , eppure accorrenti volonterosamente alla difesa della causa comune nell ' ora del pericolo ; perché solo la visione meravigliosa delle tredici antiche colonie nordamericane , le quali si estendono , per filiazione , su un intiero continente e dal deserto fanno sorgere 46 stati sovrani e 4 territori , autonomi eppure uniti , in cui vivono concordi bianchi e negri , discendenti dei primi coloni olandesi e successivi immigranti anglo - sassoni , da cui vennero in Europa per combattere soldati italiani e slavi , tedeschi e russi , inspirati tutti dall ' uguale desiderio di lotta contro il male e la prepotenza ci possono far sperare che un uguale ordine di cose politiche possa instaurarsi in Europa . Perciò noi accettiamo che gli anglo - sassoni delle due famiglie britannica e nordamericana intervengano nelle cose nostre . Ne ascolteremo con riconoscenza i consigli , ben sapendo che saranno consigli di bene . Non dimentichino però essi che il loro intervento fu anche determinato dall ' interesse proprio e mira a fini comuni . L ' Inghilterra , accorrendo in difesa del Belgio e della Francia , difese le coste della Manica , salvò la propria esistenza come nazione libera , tutelò le sue venture generazioni dal tremare sotto i colpi del cannone tedesco . Gli Stati uniti videro che se non schiacciavano sin dall ' inizio il sorgente impero militare medio - europeo , questo avrebbe in un momento successivo preteso al dominio universale . Oggi essi mirano a costruire la nuova città . Se si arrogano il diritto di decidere dell ' assegnazione di colonie e di territori poco inciviliti , se dànno opera a sbrogliare la matassa dell ' Europa media e dei Balcani , se subordinano al proprio consenso la determinazione dei confini francesi ed italiani , tutto ciò fanno perché è nell ' interesse loro che si formi un ' Europa pacificata , in cui le nazioni tutte libere ed indipendenti , quanto più è praticamente possibile nei loro chiusi territori , possano , senza ricordi di odio ed aspirazioni di rivincita , collaborare all ' opera comune della civiltà . Vogliono i due rami della famiglia anglo - sassone assicurarsi contro il rischio ricorrente di un impero militare , il quale minacci la loro esistenza e li distolga dalle opere di pace . Ed han ragione ; e nessuno più degli italiani , soggetti al medesimo rischio mortale , ha interesse di plaudire all ' opera sapiente e provvida . Ma nessun edificio sorge saldo , il quale non sia costruito sul granitico fondamento della giustizia distributiva . Contro ai vantaggi incommensurabili della distruzione dell ' impero militare tedesco e della costruzione della Società delle nazioni libere ed uguali , stanno costi terribili , in uomini e in denaro . Comune è l ' onore ed il vantaggio . Si è pensato abbastanza che comuni debbono essere i costi ? Purtroppo Francia ed Italia non potranno mai ricevere un compenso per i milioni di uomini giovani e fiorenti che esse hanno offerto in olocausto alla causa comune . Esse si sono dissanguate a dismisura più degli altri grandi stati che ora dirigono l ' areopago delle nazioni . Di ciò Francia ed Italia non si lagnano . Era la loro sorte fatale di sentinelle avanzate della volontà di vivere o morir liberi contro chi pretendeva al dominio universale . Vi sono però i costi valutabili in denaro , di ricchezze sperdute , di terre e case distrutte , di sacrifici eroicamente sopportati , di centinaia di miliardi di debito incontrato per la causa comune . La perequazione , il conguaglio dei costi si impongono come un preliminare necessario innanzi di raccogliere i frutti che solo da quel sacrificio sono stati resi possibili . Nelle sedute del congresso di Parigi si è parlato di molte cose ; ma finora non abbiamo visto , con stupore grande , che sia stato affrontato il problema della ripartizione fra gli alleati del costo della guerra . Eppure questo è il punto preliminare che deve essere risoluto . I particolari delle applicazioni potranno essere rinviati alle commissioni tecniche , È un particolare tecnico anche la ripartizione delle indennità da pagarsi dal nemico . Un particolare incerto ed aleatorio , su cui non è possibile prudentemente fare a fidanza . Il punto essenziale è di affermare il principio che , poiché comune è la causa , poiché comuni sono i benefici che si ritrarranno dalla distruzione del sogno tedesco di egemonia e dalla ricostruzione del mondo , così comuni debbono essere i costi , le fort portant le faible . Chi ha speso molto , ma , per la sua ricchezza , è di gran lunga più capace di sopportare i pesi dei suoi debiti ; chi ha speso poco ed è dovizioso , come può dar consigli e richiedere rinuncie a chi ha speso , in proporzione ai suoi mezzi , smisuratamente di più ? Il costo della guerra , qualunque siano le modalità tecniche di attuazione , deve idealmente essere assunto dalla Società delle nazioni . È l ' apporto che i vari paesi fanno al sodalizio che li unisce ; né sarebbe una società equa quella in cui alcuni soci potessero camminare spediti e liberi , mentre gli altri dovrebbero andar curvi sotto il peso immane . Fermato il principio della società dei costi , si potrà procedere innanzi nella ripartizione degli uffici a cui nella società rinnovata delle nazioni ogni stato dovrà provvedere e dei territori a cui dovranno estendersi i suoi compiti . Come fermare tal punto , se gli stati contraenti non sanno di qual forza economica potranno disporre , di qual margine di bilancio potranno avvantaggiarsi per la ricostruzione delle terre invase o redente e per la civilizzazione dei territori coloniali ricevuti in custodia dall ' ente superiore ? Si vuole che gli stati amministrino le colonie nell ' interesse dei popoli ivi abitanti . Così deve essere . Non Wilson ha inventato questo principio , ché egli lo trasse dallo spirito della rivoluzione americana e dalla pratica costante dell ' Inghilterra dopo il rapporto di Lord Durham . Ma se si vuole applicare quel principio , bisogna essere preparati a sopportare sacrifici a pro delle colonie , senza alcun utile diretto compensativo . Anche la conseguenza è logica ed è giusta . Ma come potrebbero Francia ed Italia , sovraccariche di debiti incontrati per la salvezza propria ed altrui , sobbarcarsi ad un ' opera di civiltà magnifica , l ' unica possibile e veramente a lungo andare remuneratrice , ma negli inizi costosissima ? Moralmente , politicamente ed economicamente è dovere degli uomini i quali dirigono i lavori della conferenza di Parigi di affrontare subito il problema preliminare della ripartizione solidaria dei costi della guerra . Occorre una pronta affermazione di principio . Fatta questa , la conferenza potrà procedere senza che dubbi angoscianti turbino la mente di alcuno degli statisti in essa convenuti . E potranno essere prese , intorno ai singoli problemi della ricostruzione , deliberazioni più serene e più umane .
StampaQuotidiana ,
Il professore L . M . Billia mi comunica alcune sue osservazioni intorno alla tesi dell ' « Economist » , secondo la quale l ' Inghilterra dovrebbe passare la spugna sui crediti di guerra verso gli alleati . Siccome gli appunti son degni di nota , giova sunteggiando , riferirli , nella loro interezza . I doni son doni , i crediti ed i debiti sono debiti e crediti . La prima regola non solo morale , ma anche e principalmente economica di qualunque amministrazione è pagare i debiti , e a tempo ; chi non paga non produce , spende : è un giocatore , non un lavoratore . La funzione del credito si regge sulla fiducia , e quindi condonare un debito si può , si deve per carità a questo o a quell ' individuo ; ma è uno schiaffo a una ditta , è un tagliarla via dalla piazza . La obiezione si afforza , riflettendo che la guerra odierna potrà non essere l ' ultima e l ' Italia potrà ancora avere bisogno di credito dagli alleati . Or chi non vede che perdonare un debito è togliere il credito e chiudere lo sportello per qualunque prestito ulteriore ? Il miglior modo per evitare la seconda e la terza e decima richiesta di cento lire dal giovinetto studente figlio dell ' amico è di non consentirgli di restituire le prime cinquanta . E siccome in politica , diciam pure negli affari , c ' è gente molto meno delicata dello studente , chi vi assicura che il non avere pagato una volta non diventi invece stimolo a lanciarsi nelle avventure ? Doppio pericolo in questa non desiderabile larghezza dell ' « Economist » ; non trovare più credito nelle necessità , trovare l ' incentivo alla temerarietà . L ' osservazione , bisogna riconoscerlo , è sostanziosa . Ma parmi non sia pertinente . Il « condono dei debiti » è la pura forma assunta da un altro fatto , che è il vero e fondamentale : il regolamento dei conti di dare e di avere dell ' impresa comune . Francia ed Italia , che sono i due paesi che han perduto più uomini e consumato maggiori ricchezze , non dicono già : « condonateci i crediti , che noi ci eravamo obbligati a rimborsare » . Se questo soltanto fosse il discorso nostro sarebbe invero , come teme il Billia , distruttivo del credito ed a lungo andare pernicioso alla nazione . Perciò , sia lecito confessarlo , ho veduto anch ' io con repugnanza le domande di conversione dei prestiti inglesi in sussidi a fondo perduto che in Italia si erano elevate fin dal 1915 ed è doveroso ricordare in proposito la campagna del « Momento economico » di Milano perché mi pareva che quelle domande fossero , allora , moralmente insostenibili . Eravamo allora dei semplici debitori , ed avevamo chiesto credito , all ' interno ed all ' estero , in una misura non superiore alle nostre forze . Mi pareva e mi pare ancora adesso che in una società conclusa per fini nazionali ed ideali , come fu la società dell ' intesa , ogni socio ha il dovere di bastare a se stesso , finché ciò non distrugga le sue fonti di vita , finché i sacrifici attuali non rendano troppo difficile alle generazioni venture la consecuzione di quei più alti fini , a cui la guerra fu indirizzata . Fino all ' anno scorso parve a me che fosse un punto d ' onore ed insieme un buon affare per l ' Italia astenersi nel regolamento definitivo dei conti da ogni domanda di aiuto finanziario a fondo perduto . L ' essere capaci , come saremmo stati indubbiamente se i debiti nuovi di guerra , interni ed esteri , si fossero aggirati su una cifra più adatta alla nostra fortuna , a bastare a noi stessi ci avrebbe dato in confronto ad altri paesi meno gravati e più ricchi , un tale prestigio , che il vantaggio futuro di credito e di produttività avrebbe superato di gran lunga il sacrificio del pagamento degli interessi . Il prolungarsi della guerra , il violento crescere delle spese nell ' ultimo periodo , la situazione torbida dell ' Europa orientale e centrale , che richiederanno la prosecuzione di notevoli spese post - belliche ben oltre il previsto hanno messo in evidenza che accanto alla figura del debitore vi è quella del socio . Eravamo soci fin dall ' inizio ; ma non esisteva ancora la necessità dell ' accomunare le risorse ; ed in affari pubblici di questo genere è solo la necessità non la convenienza quella che può legittimare la richiesta del socio povero di essere aiutato dal socio ricco . Ora che tutto fa prevedere che la Francia non uscirà dalla guerra con meno di 15o miliardi di debito nuovo e l ' Italia con non meno di 60-65 , ossia con somme che inseguono da vicino i due terzi od i quattro quinti della ricchezza totale nazionale prebellica , la necessità costringe noi a chiedere ai soci più ricchi un regolamento di conti , o meglio ci costringe a dare il nostro consenso ed il nostro appoggio alle voci più generose e lungiveggenti che in Inghilterra e negli Stati uniti si elevano per dire che è nell ' interesse loro di impedire il nostro disfacimento finanziario . Questo non è un condono di debiti ; è una compensazione fra il debito di una ventina di miliardi che l ' Italia potrà avere alla fine della guerra verso gli alleati e le spese che l ' Italia sostenne , alla pari della Francia , come sentinella avanzata della civiltà oltre l ' apporto massimo che le sue condizioni economiche le permettevano di conferire nella cassa comune . È interesse degli Stati uniti in primo luogo e dell ' Inghilterra secondariamente la spesa di questa poco si allontana dal carico medio far sì che Francia ed Italia possano persistere nella missione di tutrici della pace europea . Sarebbe immorale chiedere che tutta la spesa in denaro sia sostenuta dagli alleati , considerati quasi come soci di capitale ; ma è morale ed è giusto che i soci più doviziosi ripartano le spese comuni in maniera tale che Francia ed Italia serbino almeno quel minimo di capitale senza di cui sarebbe troppo ardua la ripresa del cammino in avanti . Sì , come dice il Billia , proseguendo , « al lavoro , al risparmio , al costume , al carattere domanderemo le fortune » e non alla rimessione dei debiti . Ma non sarebbe incentivo al lavoro , sibbene al malcontento ed a rimpianti verso le antiche funeste alleanze , il dubbio che gli alleati ci abbiano abbandonati col carico di spese non nostre ma loro . Col lavoro provvederemo al servizio di tutto il debito e di qualcosa di più del debito che in una equa liquidazione apparirà come nostra quota ; ma non pare né equo né durevole sobbarcarci a gravami che indubbiamente risultassero spettare altrui . Qui non si vuole pregiudicare la cifra , la quale dovrà essere determinata , con attento studio , da tecnici competenti . Si vuole affermare il principio che non si tratta , salvo che per la modalità accidentale di attuazione , di condono di debiti , sì di compensazione fra debiti e crediti nei rapporti fra associati in un ' impresa comune . Né tema il Billia che le partite compensate siano così grandi da stimolare noi allo spreco : Pensiamo un momento la ripercussione che lo svegliare tale speranza e peggio ottenere tanta fortuna avrebbe all ' interno . Il furore degli appetiti sarebbe più che il vantaggio e lo sperderebbe . Che incentivo alle pretese , al disordine , alle più vergognose inversioni economiche ! Giustissime riflessioni , nelle quali è degno di meditazione il vedere il Billia d ' accordo col pensiero di un sapiente economista inglese , lo Scott , professore a Glasgow . Anche lo Scott teme che poco frutto godrebbero i contribuenti dalla scomparsa del debito di guerra . Le spese inutili e pazze assorbirebbero parte notevole degli interessi risparmiati . Ma lo Scott parla di « scomparsa » del debito ; e le sue conclusioni contrarie ai metodi imposta straordinaria sul capitale con cui da taluno si vorrebbe estinguere il debito di guerra , non si applicano ad una situazione , come la nostra , in cui malgrado la compensazione dei debiti e crediti rimarranno in essere ancora parecchie decine di miliardi di nuovo debito di guerra . La « pressione salutare » , di cui parla lo Scott , del debito di guerra continuerà dunque per molti anni . Non che alleggerimenti , nuove gravi imposte saranno in ogni modo necessarie ; e , se gli uomini serberanno un po ' di ragione , nessuna gazzarra di spese inutili potrà disfrenarsi assumendo a pretesto la giustizia resaci dagli alleati .