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Libertà e morale ( Jemolo Arturo Carlo , 1960 )
StampaQuotidiana ,
Sospetto di quanti non si dicono fautori della libertà , semplicemente , ma della « ben regolata libertà » o della « libertà di fare il bene o di asserire il vero » . Libertà è quella di asserire ciò che per altri , fosse pure per la maggioranza , è il male , è l ' errore . Detto questo , bisogna pur distinguere tra libertà di far propaganda di idee , libertà di operare , libertà di eccitare impulsi irrazionali . È la prima che va difesa , contrastando ad ogni limite che si tenti di imporle ; perché è quella veramente feconda , che tutte le tirannie temono , assai più che le bombe ed i pugnali . E sempre il buon senso delle masse ha saputo distinguere tesi ardite e follie ; le stravaganze , finché sono state sostenute come dottrine , non hanno mai trovato seguaci . Una completa libertà di operare è impensabile ; non c ' è popolo né regime che non abbia un codice penale . Potrà essere liberale , considerare reato solo ciò ch ' è nella coscienza di tutta una civiltà , od illiberale , e punire colpe che son tali solo per chi segue una certa dottrina politica od una fede religiosa ; ma un codice penale non può mancare . I pericoli maggiori vengono non dalle idee , ma dagl ' impulsi irrazionali ; un paese è esposto ad ogni pericolo quando i suoi cittadini non operano più mossi da idee , ma al suono di fanfare . Le ubriacature delle masse che marciano scandendo certi ritornelli , sillabando certe parole , per vie pavesate di giorno , trasformate da bengala accesi la notte , le ricordiamo . I fanatismi politici e religiosi non nascono dalle dottrine , ma sono esplosioni dell ' irrazionale . Non si può sostenere una libertà di coltivarli . Tutto il regno del sesso appartiene all ' irrazionale ; la morale sessuale , i precetti religiosi in materia , sono tentativi d ' imbrigliare questo ambito dell ' irrazionale , insopprimibile nell ' uomo , elemento di conservazione della specie . Sulla necessità di tale imbrigliamento tutti d ' accordo ; è anzi il lato dove atteggiamenti in ogni altro campo antitetici coincidono ( non è strano che critici cattolici abbiano detto che negli ultimi festival del cinema i loro sguardi avevano riposato sui film sovietici , castissimi ) . Se sul finire del secolo scorso anarchici e socialisti parlavano di libero amore , intendevano con ciò combattere istituti che sembravano loro supporti della società borghese , ma non pensavano davvero ad uno scatenamento dei sensi . Bacchelli nel Diavolo al Pontelungo descrive la purezza della unione tra Bakunin e la sua Antonia ; Martin du Gard ne L ' été 1914 , un socialista rivoluzionario , Meynestrel , che convive senza rapporti con la donna che ama . Esagerazioni letterarie , probabilmente ; ma quando rievochiamo Turati e la Kulisciof , pensiamo a Filemone e Bauci . Ed è su un terreno moralistico che tutti i detrattori di un regime o di una società , li hanno imputati di libertinaggio . L ' accusa di sregolatezza nella vita sessuale è consueta nella polemica politica . Ma non occorre molta finezza per distinguere l ' accusa , anche pesante e massiccia , e l ' erotismo che vorrebbe cercare una propria legittimazione asserendo di castigare mores ; per sapere qual è il linguaggio della sentenza istruttoria che manda a giudizio l ' imputato di certi reati , e quello del cronista che vuole turbare il lettore . Non occorre essere maestri della penna per dire tutto , anche Stato , diritto , costume le cose più scabrose , senza suscitare immagini impure ; né critici acuti per riconoscere il narratore che veramente sente schifo ed orrore per il mondo che narra , che lo considera come l ' inferno in cui è pauroso essere immersi , e quegli che lo mostra come il Venusberg , sicché s ' ignora ciò che di gioia può dare la vita se non vi si è almeno una volta penetrati . Volere che intorno a certi problemi si faccia il silenzio , è tartufismo : non giova ad alcuna struttura sociale . Ma chi li affronta , se pure debba penetrare in dati ambienti inquinati , non può lasciarsene assorbire . Non fariseo che passa turandosi il naso e sollevando il lembo della veste , farà sentire anche ai caduti , ai pervertiti , che sempre li considera fratelli ; ma non potrà adottarne il linguaggio , confondersi con loro . Se il suo è un apostolato , religioso o laico , deve muovere da un intento di sollevare , da una distinzione di alto e di basso , di caduta e di redenzione ; sarebbe contraddizione assumere l ' atteggiamento qualunquistico del " tutti eguali " , che esclude in partenza l ' idea di mutamento . E poi chi esce dall ' anonimo per affrontare problemi morali o sociali o politici , ha il dovere di testimoniare per la sua causa . Se il rigorista è nella vita un peccatore , si profila la figura di Tartufo ; ma se è peccatore che combatte certe leggi , pur in sé discutibili , che pongono limiti all ' uomo , ognuno penserà ch ' egli difenda non una regola di bene universale , ma la propria libertà di commettere quello che per i più è peccato . Gli uomini di lettere , gli artisti che abbiano mosso anche solo il primo passo sulla via della rinomanza , non sono più turba ; chi " vive in vetrina " ha obblighi peculiari di nettezza morale . Al di sotto ed al di fuori dei comportamenti immorali c ' è la scurrilità del linguaggio . Come la bestemmia è per me anzitutto una prova di maleducazione , così la scurrilità è una forma di sciatteria , di poca pulizia mentale . Dimostra che si ha un arsenale scarso di parole , che dietro ci sono solo immagini poco pulite , che non si dispone di altre cui attingere , volendo calcare la mano su un ' affermazione , colorire una frase . Il linguaggio scurrile spontaneo è proprio solo degli strati inferiori , intellettualmente e moralmente . Ma c ' è la scurrilità voluta od acquisita di certe cerchie di cosiddetti intellettuali . Che possa essere usata come pennellata in un quadro , non lo escluderei ; la moralità di un ' opera , in particolare di un film , sta in definitiva nell ' effetto che produce . Ho difeso La dolce vita , perché in ogni uomo normale lascia la nausea per la società dei gaudenti , desta il desiderio della ordinata vita operaia o piccolo borghese , della famiglia sana , del lavoro , della notte fatta pei dormire . Ma guai quando la scurrilità diviene regola , quando l ' artista abdica , e si rivolge solo alla parte più incolta e più rozza del pubblico per far ridere col lazzo plebeo : riso meccanico ; ogni umorismo è assente . Queste considerazioni non vogliono essere un elogio della censura . Resto avverso ad ogni censura . Da quell ' uomo privo di senso pratico , in particolare di senso politico ed economico , che sono , vorrei per il cinema un solo provvedimento : gli aiuti statali elargiti al termine di ciascun anno da una commissione di scrittori e critici ( esclusi i funzionari ed i politici ) che esaminasse la produzione di ogni casa attribuendo punti negativi ai film di cassetta , a quelli spettacolari , o privi di pensiero ed infarciti di lazzi plebei , punti positivi ai film d ' arte ed a quelli che inducono a riflettere sui problemi religiosi , politici , sociali . Non elogio della censura , ma eccitamento nello scrittore , nell ' artista , del suo senso di responsabilità ; invito al pubblico a non indulgere all ' uomo che sta sulla ribalta , come se fosse sciolto dai legami imposti all ' uomo comune , ma ad esigere da lui maggior rigore di vita .
Disobbedire allo Stato? ( Jemolo Arturo Carlo , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Ho sotto gli occhi la lunghissima sentenza con cui la Corte di Firenze , riformando la sentenza di quel tribunale , condanna il padre scolopio Ernesto Balducci ad otto mesi di reclusione , con la condizionale , per istigazione a delinquere , in relazione ad un articolo scritto a proposito della condanna da parte del tribunale militare del giovane cattolico Giuseppe Gozzini , obiettore di coscienza . Accorda le attenuanti generiche che non si negano ad alcuno che sia incensurato , ma rifiuta la diminuente dei motivi di particolare valore morale e sociale . Non è certo questo il luogo per discutere la sentenza . Ma tra le cose che in essa mi colpiscono sono certe affermazioni , come quelle : " secondo il diritto positivo italiano non è ammissibile la ribellione del cittadino contro le leggi o contro una dichiarazione di guerra , nemmeno in nome delle pretese leggi morali e della pretesa giustizia naturale che ne fossero offese " ; " inammissibile è il potere di sindacato sulla giustizia della guerra " . E quando leggo queste frasi , penso che dal processo di Socrate ad oggi siamo sempre - e saremo probabilmente domani , perché certe antitesi sono eterne e non eliminabili - al medesimo punto : come debba superarsi il contrasto che si delinei tra la legge dello Stato e la coscienza dell ' uomo , tra il rispetto agli dèi della patria e quello agli dèi universali , al Dio che ha tutti gli uomini per figli e tutti ama egualmente ed tutti impone di sentirsi fratelli . Eppure qualche direttiva ventiquattro secoli di meditazione , il cristianesimo , con la sua distinzione tra religione e consociazione civile , il liberalismo dovrebbero darla . La parte di Cesare è l ' esteriorità , tutto quello che è denaro , beni terreni , anche il tempo e l ' occupazione del cittadino quando siano tali da non destare problemi morali ; la parte di Dio , cioè della coscienza , è il pensiero , il giudizio , la libertà di parlare . Non sono due ambiti tra cui si possa tracciare una linea nettissima , il pensiero e la parola non sono senza effetti sull ' azione ; tuttavia ciascuno di noi sente che non è mortificante obbedire , anche interamente e fedelmente , il superiore , in quel che comanda , ma avvilente sarebbe dovere fingere di ammirarlo , dover subire la imposizione dei suoi giudizi e dei suoi pensieri . ( Una distinzione chiarissima sempre in me , questa tra l ' obbedienza nell ' agire e la difesa del proprio giudizio ; dovevo avere cinque anni , ed ero un bambino obbediente , ma m ' infuriavo se mi si voleva costringere a fingere di essere persuaso di ciò di cui non lo ero , se non mi si lasciava dire : obbedisco , ma so che voi avete torto ed io ho ragione ) . E sappiamo altresì che tutte le conquiste sono state fatte biasimando le leggi vigenti e chiedendo il loro mutamento , ma altresì criticando il modo con cui i giudici le applicavano , ritenendo errate od aberranti certe interpretazioni . E bene fare questo nel modo più cortese , perché la villania e l ' acredine non giovano mai , ma è doveroso farlo . E pure sapendo che si può compierlo in modo tale da non cadere sotto alcuna sanzione di legge , tutti i reati di vilipendio , di apologia di reato , restano invisi , perché possono essere rèmore all ' esercizio di questa libertà , essenziale e benefica per ogni corpo sociale , sia la Chiesa , sia lo Stato , sia il partito , che sarebbero isteriliti dal supino ossequio . E l ' uomo che affronta una pena certa perché la sua coscienza gli dice di fare così , perché agendo diversamente infrangerebbe la sua legge morale , non può essere considerato alla pari del delinquente , che non afferma nessuna legge universale , che non s ' ispira ad alcuna visione di un mondo migliore . I vecchi criminalisti distinguevano delitti infamanti e non infamanti , con distinte pene ; il codice Zanardelli conosceva la reclusione e la detenzione , quest ' ultima riservata sostanzialmente ai reati che nella coscienza comune non insudiciano l ' uomo . Fu il codice penale Rocco , sempre in vigore nel diciottesimo anno della Repubblica , che non volle più questa distinzione , che proclamò non esserci diversità tra il delitto politico e quello comune ( serbando anzi per il primo i massimi rigori ) . E questa confusione mi sembra proprio la colpa contro lo spirito , l ' offesa alla coscienza . Giacché mi rendo conto che lo Stato possa dover punire chi non vuole osservare la sua legge ; e so anche immaginare come austera , e tale da non ingenerare odio ma reciproco rispetto , la scena in cui il giudice dello Stato dice all ' imputato : - organo di una struttura nei cui principi io credo , che voglio conservata , privo della libertà te , che rifiuti di sottoporti alle sue leggi ; penso che mi comprendi , perché tu pure veglieresti alla conservazione di quel tuo Stato ideale , dai principi opposti a quelli del mio , e mi condanneresti se io ne fossi il cittadino ribelle - . Ma guai se il giudice non abbia la distinzione netta tra le due colpe , se non provi rispetto per chi affronta la pena per non venir meno a quel che la coscienza gli detta . E se il giudice è compenetrato in una struttura liberale sentirà che i reati di vilipendio , di apologia , d ' incitamento a comportamenti politici , sono storture nella sua legislazione , ed in tali materie darà sempre l ' applicazione più liberale alla legge . Temo che non si rifletta abbastanza a tutto il male che reca quella mancata netta distinzione tra infrazione politica ed infrazione alle norme che proteggono la integrità della persona , il buon costume , la proprietà ; tra le due lotte , quella che ogni struttura politica conduce contro chi vorrebbe mutarla ( e che ha in assonanza la lotta che sul terreno amministrativo ogni governo mena contro gli avversari , siano pure avversari che abbiano tutti i crismi della legalità e della costituzionalità ) e quella alla delinquenza . Da quando son nato sento parlare del rispetto che si ha in Inghilterra ed in altri Paesi per la polizia , lamentandosi che questa non goda di un corrispondente affetto in Italia . Ma le polizie che godono di prestigio sono quelle che non sono mai adoperate a scopi politici . Se si riuscisse a stabilire una grande convenzione per cui restassero sempre separati , senza commistioni mai , gli organi dello Stato che debbono asseverare e difendere le basi politiche fissate in una costituzione , e magari anche provocare consensi al governo , aiutarne i sostenitori ( posto che proprio si debba ammettere che ci siano uffici statali aventi tra i loro compiti di orientare i voti degli elettori , politici ed amministrativi ) , e gli altri organi che debbono combattere la delinquenza , quante maggiori simpatie e consensi fluirebbero verso questi ultimi . Il carattere comune delle dittature ( e di tutte le temperie che le anticipano ) è di vedere nell ' avversario il cattivo . In un regime liberale gli avversari saranno teste calde , teste matte , teste pericolose ; ci potranno essere i processi a Mazzini , le detenzioni di Garibaldi ; ed anche giudizi più energici , più sommari , che troviamo nelle corrispondenze e nelle cronache dei generali , degli aristocratici , anche degli uomini di destra ; ma non c ' è mai la confusione del repubblicano , del ribelle con il delinquente . Potrà avere vigore la più rigida obbedienza militaresca , ma c ' è sempre la libertà del giudizio ; cui si accompagna il disprezzo per l ' uomo che è costantemente dell ' avviso del superiore , chiunque questi sia . Certo , nello Stato , nella Chiesa ( persino nel partito ) è indispensabile l ' obbedienza ; certo , non può il cittadino né il credente disobbedire ad ogni regola che non approvi ; quando si tratta dell ' agire , del comportamento esteriore , l ' obbedienza è la norma , che trova solo quel limite di una legge morale in cui il cittadino crede ( e si ammette persino in dati casi un possibile contrasto tra il diritto canonico e la legge di Dio ) . Ma quando si profila quel contrasto di leggi morali , e se anche - come penso - il giudice sia tranquillo ritenendo che l ' etica su cui poggiano le leggi ch ' egli applica sia la vera , dovrà il rispetto ( ed anche quell ' ammirazione che non si nega mai all ' uomo che soffre per la sua fede ) all ' imputato che condanna . E meglio sarà non tocchi quei temi della giustizia naturale e delle leggi morali ; ché fuori del diritto positivo egli non ha autorità . La scelta l ' ha certo compiuta allorché ha indossato la toga e mentre continua ad indossarla , ché quell ' abito deve significare ch ' egli crede nella giustizia delle leggi che applica ; ma quella scelta che ha compiuto nel suo cuore non può imporla ad altri ; questi li potrà condannare , ma come uomo si augurerà di avere la stessa forza il giorno in cui dovesse soffrire per i principî in cui crede .
La giusta via ( Jemolo Arturo Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Vorrei che il raduno della Resistenza non fosse soltanto una cerimonia ufficiale ed un corteo per le vie di Roma ; ma incitasse tutti gli italiani ad una giornata di meditazione . Man mano che gli anni passano , ci è sempre più chiaro che la Resistenza non fu un semplice fatto di lotta interna , la vittoria di una parte sull ' altra . Quando diciamo che la Resistenza è stata una prova positiva data dal popolo italiano , ed un momento saliente della sua storia ( non oso dire un momento felice , pensando ai lutti ed ai dolori senza fine che l ' hanno accompagnata ) , non pensiamo più con rancore a chi era dall ' altra parte , a quelli che sono stati i vinti della Resistenza . Tredici , quattordici anni sono passati , i rancori sono spenti . Pensiamo semplicemente alla prova che il popolo italiano diede di saper scegliere la giusta via , alle testimonianze di coraggio , di bontà , d ' intelligenza ch ' esso fornì . Il popolo italiano scelse una via . Non rende esattamente la storia il dire che si divise . Perché da una legalità , da un regime onnipotente , da strutture saldissime durate venti anni , non sorsero che le gracili impalcature della repubblica sociale e delle sue scarse milizie , fittizie strutture all ' ombra dell ' esercito tedesco ; non una banda , non un ' ombra di guerriglia dove i tedeschi avevano sgombrato . La resistenza contro un nemico ancora forte , a cui favore avrebbe ancora potuto volgersi la sorte delle armi , contro un nemico da cui non si poteva sperare clemenza né pietà , la guerriglia con mezzi rudimentali , con operazioni disperate , si ebbe da una parte sola . E dietro di essa c ' era tutto il popolo italiano , in una infinita gradazione , da quegli che non avrebbe mai ucciso , ma rischiava spargendo chiodi dove dovevano passare le camionette tedesche , a quegli che nulla sapeva se un tedesco od un fascista l ' interrogava , ed avrebbe negato il sole di mezzogiorno pur di non nuocere con una risposta alla resistenza armata , a quegli che nascondeva con un pericolo il ricercato , giù giù , fino a quegli che si limitava ad ascoltare la Radio Londra , o che , neppure rischiando questo , opponeva un viso inespressivo ed uno sconcertante silenzio all ' amico fascista che versava nel suo seno le proprie speranze . Chi rammenta quei giorni , ben sa che l ' anima dell ' Italia la si coglieva tutta nell ' ambito dell ' antifascismo . Vi confluirono movimenti disparatissimi , che mai prima si erano incontrati , e mai più si sarebbero ritrovati concordi . E qui pure vorrei cessasse la gara - oggi , non allora , accesasi - dei meriti reciproci . Riconoscendo lealmente che nelle azioni di guerra ebbero parte soverchiante gruppi e movimenti , di cui il partito oggi dominante non può certo considerarsi l ' erede ; ma soggiungendo subito che la Resistenza non può ridursi all ' azione armata ; e che in opere di bontà , nel nascondere i ricercati , gli ebrei , nello sfamare chi non aveva tessera , tutti concorsero ; ed il clero italiano , secolare e regolare , scrisse una sua pagina bellissima . Le azioni di bontà , ch ' erano anche di coraggio civile , di superamento d ' inibizioni legalitarie , di scoperta d ' un imperativo morale che era diverso da quello di tutte le formule insegnateci e talora ad esse opposto ( penso al giudice , al prete , al vecchio ufficiale , che concorrevano a formare l ' atto notorio falso per dare un documento di riconoscimento od una tessera alimentare al perseguitato ) : meritano di venire ricordate accanto alle gesta di guerra . Ma la Resistenza non era cominciata nel '43; si protraeva dal '22 , qui pure con vari gradi . E se dobbiamo chinare la fronte rispettosi dinanzi a quelli che affrontarono il carcere o la povertà nell ' esilio , ai protagonisti della fuga di Turati e della evasione di Rosselli ; se dobbiamo ricordare con ammirazione i pochissimi che rifiutarono il giuramento di fedeltà al regime ( Martinetti , Raffini padre e figlio , De Sanctis , Levi della Vida , Volterra , Nigrosoli , Buonaiuti , Venturi , De Viti de Marco , Carrara , G . Errera , che lasciavano la cattedra che tanto avevano onorata ) , gli operai che rischiavano tutte le vessazioni per non prendere una tessera , per continuare a festeggiare clandestinamente il 1 . Maggio : dobbiamo anche avere presente che il regime si sentiva debole ed in pericolo perché sapeva che dietro quest ' animosa resistenza ce n ' era un ' altra che portava il suo distintivo , che non voleva rischiare , ma che gli negava la propria anima . Non si possono certo paragonare gli uni agli altri , quelli che generosi osarono e quelli che non vollero cimentarsi . Ma lo storico deve pur cogliere che se il fascismo restò con una intrinseca debolezza , fu perché sempre seppe che tra gli italiani che vestivano i giorni di comando l ' orbace e facevano il saluto romano , moltissimi non erano illusi . Non credevano nell ' impero , non nell ' autarchia , non nella volontà di potenza che spezza le leggi economiche ; e quando sorse l ' Asse , ebbero chiarissima la visione che la sua vittoria sarebbe stata la peggiore delle sventure per l ' Italia e per il mondo . Prova d ' intelligenza , questa di aver saputo resistere ad una propaganda di ogni giorno e di ogni ora , cui purtroppo recavano il loro contributo scrittori ed accademici illustri ( non tutti , ma alcuni sì ) , che aveva a sua disposizione tutta l ' editoria , tutta la stampa , tutti i mezzi di diffusione . Prova di un certo coraggio , morale ed intellettuale , quella di compiere lo strappo rispetto ad un abito mentale , è non augurarsi la vittoria del paese sceso in guerra , intravedendo un ' Italia che ha una storia millenaria e che avrà ancora secoli e secoli di vita , e sapendo distinguerne le sorti da quelle dello Stato uscito da tutta la sua tradizione per contrarre un ' alleanza errata . Ma anche segno di un profondo senso morale , conferma che Manzoni e Mazzini sono carne della nostra carne , la ripugnanza ai sistemi del nazismo ; il dire " no " all ' apoteosi della violenza , alla conquista , ad un sogno di dominazione su riluttanti ; il diniego deciso che la quasi totalità degli italiani ( meno pochissimi , che qui si resero davvero estranei al loro popolo ) opposero alla persecuzione razziale . In questo giorno penso anche ai vinti della Resistenza : con pietà per quelli che furono i loro caduti . Ogni uomo di coraggio , chiunque cade per la sua idea , chiunque accetta rinunce pur di non mutare bandiera , merita un riconoscimento . E distinguiamo moralmente i fascisti che sono rimasti fermi nelle loro posizioni , da quelli che hanno accettato ogni camuffamento , pur di restare a galla . Non possiamo andare più in là ; non cadere in un agnosticismo . Che tutte le cause possano avere dei martiri , non permette di conchiudere che tutte siano eguali . Non si può credere nella fraternità degli uomini , accarezzare l ' ideale di popoli pacifici , che abbiano deposto per sempre le armi della guerra , ritenere superiori ad ogni altro gli ordinamenti liberi , e giudicare fecondo il sacrificio di chi cadde combattendo contro questi ideali . Quanto a quelli che furono uniti tra il 1943 ed il 1945 ed oggi si ritrovano , sarebbe contro la storia e contro le leggi della vita augurarsi che possano promettere di non combattersi . Gli anni sono passati ; le aspirazioni che gli uni e gli altri hanno oggi , sono inconciliabili . Vorrei solo si guardassero come i commilitoni che sono pur stati ; e promettessero di combattersi da soldati : dichiarandosi i propri obiettivi , dando il bando alle reciproche calunnie , non risparmiandosi anche colpi rudi , ma rispettandosi ed ignorando l ' odio .
Unità e Regioni ( Jemolo Arturo Carlo , 1966 )
StampaQuotidiana ,
In quella che Einaudi chiamò " la grande speranza " , la speranza formatasi negli anni della Resistenza , di una Italia rinnovata , dove tutti i cittadini partecipassero alla vita collettiva , si sentissero organi dello Stato , desiderassero un paese pulito , retto da una legge severa , che non lasciasse adito ad arbitrii , le Regioni avevano posto non secondario . Basta con il centralismo , basta con le striminzite strutture provinciali che dalla unificazione non hanno potuto pesare sugl ' indirizzi generali dello Stato ; vengano avanti le Regioni , unità naturali , poste in luce anche da quel dialetto , combattuto dal fascismo , ma che ha dato vita ad opere d ' arte di primo piano - Porta e Belli , un gradino più sotto Pascarella , - che attraverso Trilussa ha aiutato la resistenza al regime , con la cui voce si è espresso il teatro più popolare . Nella prima seduta della commissione per la riforma dello Stato che aveva insediato il presidente Bonomi , con l ' on. Bogianchino ci chiedevamo se non si potesse definire l ' Italia come Stato federale . Non che pensassimo a scindere l ' unità ; non volevamo neppure qualcosa come i Cantoni svizzeri , che hanno magistrature a sé ; meno che mai pensavamo agli ardimenti che furono poi dello statuto siciliano , la polizia alle dipendenze del presidente regionale , una corte paritaria a dirimere i conflitti con lo Stato ; guardavamo piuttosto ai vecchi Laender austriaci , con piccoli Parlamenti , che dettassero leggi in materia agraria , mineraria , di opere pubbliche , d ' igiene e sanità , d ' istruzione primaria e magari anche secondaria . Vedevamo chiaro come si sarebbero formate le Regioni . Una legge avrebbe stabilito quali potessero essere le loro incombenze , lasciando ad ognuna di assumersele tutte od alcune soltanto . E naturalmente la prima attuazione sarebbe stata nelle Regioni settentrionali , che avrebbero costruito il modello . Qui c ' era già l ' embrione con i Comitati di Liberazione Nazionale disposti scalarmente in cerchie di territorio sempre più larghe , ed al vertice quel Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia , così ricco di competenze . Qui c ' era ah antiquo l ' avversione a Roma ed alla burocrazia romana ed il desiderio di fare da sé ; qui c ' erano le migliori tradizioni , bilanci in pareggio , fiducia dei cittadini nell ' amministrazione , non pletora d ' impiegati . Queste regioni - Piemonte , Lombardia , Liguria - dovevano essere la guida . Pensavamo anche che attraverso le Regioni i giovani dell ' Italia settentrionale avrebbero ripreso ad entrare nell ' amministrazione , che da tempo disertavano , e si sarebbe così ripristinata una sana tradizione . Immaginavamo che essere maestro in una di queste Regioni sarebbe stato titolo di cui ci si sarebbe fregiati più assai di quello di " statale " . La prima delusione venne proprio da queste Regioni , nessuna delle quali mostrò di aspirare affatto a formare il nuovo organismo . Le aspirazioni regionali , Valle d ' Aosta e Trentino a parte , furono delle zone dove la tradizione amministrativa era meno brillante , dov ' era ad attendersi che subito si sarebbe formata la pletora degli impiegati . Un duro colpo le speranze ricevettero alla Costituente , quando si decretò il mantenimento delle Province . Nella nostra visione non c ' era l ' idea di un accentramento , che i vecchi capoluoghi di provincia Storia d ' Italia non avessero più uffici a disposizione del pubblico ( se pure tutti noi , regionalisti del 1945 , ricordassimo che le comunicazioni erano alquanto mutate dalla unificazione ) ; ma avremmo voluto la Regione unica persona giuridica con unico patrimonio e bilancio , unica , poco numerosa , burocrazia : decentrata magari anche nei vecchi capoluoghi di circondario , quando fosse opportuno . La Provincia con quelle poche attribuzioni brefotrofi e manicomi , laboratori d ' igiene , strade provinciali , norme sulla caccia - non ci sembrava dovesse continuare , e soprattutto non vedevamo : Province più Regioni . Delusione ancora più grande : il constatare che gli italiani possono dire male della burocrazia statale , che gl ' impiegati dello Stato possono considerarsi vittime , ma che nessuno statale è disposto a divenire dipendente di un ente locale , fosse pure il più ricco , quello circondato dalla migliore fama , quello più generoso . Uomini politici di qualsiasi partito possono anche tenere discorsi a favore dell ' autonomia dei Comuni , del diritto che si debba loro riconoscere d ' imporre tributi fuori dei quadri delle leggi statali , di assumere iniziative in ogni campo ; ma occorre tacciano intorno alla grossissima menomazione che venne portata a quell ' autonomia nel periodo fascista , e che credo non abbia riscontro in alcun regime libero , di porre a capo dei loro uffici un funzionario statale ; debbono tacere , perché tutti i segretari comunali , come tutti i maestri , desiderano restare statali . Ed i giovani dell ' Alta Italia continuano a disertare la burocrazia ; senza spiegazioni economiche ; conosco moltissimi professionisti che guadagnano meno dei loro coetanei entrati nei ranghi governativi ; ma tant ' è , quella diserzione si dà . Ultima delusione . Immaginavamo che nei rami di attività che sarebbero stati affidati alle Regioni i Ministeri non sarebbero rimasti che come organi di coordinamento , che dessero direttive , risolvessero conflitti ; un piccolo stato maggiore . L ' attuale burocrazia passata alle Regioni ; dove c ' erano venti capidivisione , diciannove sarebbero passati alle Regioni , ed uno rimasto al Ministero . Ci rendemmo conto che la burocrazia romana non avrebbe accettato la riduzione di un sol posto , che nessun ministro avrebbe avuto la forza occorrente per allontanare da Roma un solo impiegato . Da quelle speranze sono passati oltre venti anni . Dobbiamo constatare varie cose . Dove si sono costituite le Regioni , malgrado gli inconvenienti che possono essersi verificati , nessuno vorrebbe tornare indietro e rinunciarvi . Il Trentino - Alto Adige , tormentato dalla questione tedesca , dà tuttavia le ottime istituzioni locali ( ad es. casse di malattia ) ch ' era ad attendersi . La Sicilia ha dato una grande prova di patriottismo italiano e di buon senso accettando un tacito adattamento del suo statuto , sì che fosse intatta la sovranità nazionale : con alcune rinunce ed alcuni compensi ( le azioni al portatore ) rispetto a quel ch ' era ivi previsto . Alcune Province , pure restando le loro competenze nel limitato vecchio quadro legislativo , danno , grazie ai loro amministratori , prova di attività , costituiscono coordinamento di energie , collegamento d ' iniziative ; penso a Torino ed a Cuneo , a Bologna ed in genere alle Province emiliane , che si tengono in costante rapporto tra loro per utili studi e progetti . Si costituiranno le Regioni previste dalla Costituzione ? Non lo sappiamo . Se sì , non saranno certo quelle che vagheggiavamo nel '45 , non rappresenteranno quel distacco da Roma , quella reazione al centralismo , quel vivo appello alle energie locali , quel chiamare il popolo a partecipare direttamente ad una politica che si vivificasse applicando ai problemi locali le direttive generali , che avevamo sperato nel '45 , allorché le Regioni sarebbero potute apparire le dirette eredi dei Comitati di Liberazione . Reagiamo come allora alla stolida accusa di chi pensa che le Regioni minerebbero l ' unità nazionale ; ma se non si creeranno , non saremo amareggiati per una nuova delusione . Certo , della " grande speranza " pochissimo si è realizzato ; però si è salvata la conquista essenziale , quella della libertà . E non si deve per le speranze che non si realizzarono , essere ingiusti . Le vecchiaie serene constatano le proprie sconfitte , ma non per questo disconoscono quel che possa esservi di positivo nel presente ; e non dimenticano che la storia la costruiscono , sì , gli uomini , ma la realizzazione dei loro piani è sempre approssimativa , quel che vien fuori non è solo il risultato di componenti diverse , ma avverte anche il tocco dell ' imprevedibile , diciamo pure del caso .
Lo spegnimento del roveto ( Jemolo Arturo Carlo , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Sono uscite quasi contemporaneamente la versione italiana della Storia d ' Italia dal 1861 al 1958 di Denis Mack Smith e le memorie Dalla monarchia alla Repubblica di Giuseppe Romita , di cui ha dato ampia notizia Salvatorelli . Due libri quasi senza punti di contatto tra loro , se pur qualche pagina di Mack Smith tocchi il periodo di Romita . Ma scorrendoli sorgevano in me quasi identici pensieri . Com ' è noto , lo storico inglese ritiene che vizi costituzionali abbiano impedito all ' Italia di diventare una nazione liberale com ' era stato nelle intenzioni di alcuni tra i suoi fondatori ; e pure riconoscendo la genialità di Cavour , il suo antivedere , gl ' inestimabili servizi resi al Piemonte tra il 1850 ed il 1855 con le riforme interne , lo accusa di opportunismo e di machiavellismo ; " in teoria era pronto ad ammettere che i mazziniani fossero meno pericolosi dentro che fuori il Parlamento , ma in pratica costrinse gli estremisti al metodo della cospirazione clandestina , impedendo loro di manifestare liberamente le proprie opinioni " . Con diverse parole , qualcosa di ciò era già nell ' appellativo dato a Cavour di grande realizzatore , nel raffronto tra le figure di Cavour e di Ricasoli che tracciava quarant ' anni or sono Gentile nel suo Gino Capponi . È dato comune che Cavour , pur di profonda cultura , fu l ' antitesi del dottrinario ; mai dominato da preconcetti , da idee fisse . Ma meno si accentua il peso ch ' ebbe in tutta la sua politica l ' avversione intima a ciò che sapesse di giacobinismo e quanto nella fase decisiva , nel biennio miracoloso 1859-61 , pesassero sue preoccupazioni : quella delle gare di campanile atte a minare la unità , che lo portò a proclamare Roma capitale necessaria , ponendo i problemi che nascevano dalla riunione nella stessa città della sede pontificia e del centro della nazione , problemi che dopo un secolo appaiono più reali e complessi che mai ; ed ancora , per questo timore di vedere insidiata l ' unità a mala pena raggiunta , la diffidenza per Garibaldi , l ' affrettata unificazione legislativa ed amministrativa del Mezzogiorno : un ' altra eredità non ancora smaltita . E per quanto sappiamo che son domande che resteranno senza risposta , siamo tratti chiederci : vide sempre bene Cavour ? l ' unità avrebbe davvero pericolato se si fosse nutrita maggior fiducia in Garibaldi , non si fossero preferiti ufficiali e funzionari borbonici a garibaldini , si fosse concesso alle regioni un ragionevole ambito di attività amministrativa , non messa l ' ipoteca su Roma ? e , prima ancora , l ' unità non si sarebbe lo stesso compiuta se le azioni avessero sempre corrisposto ai programmi , se si fosse lasciata piena libertà di parola a mazziniani ed a clericali , non si fossero toccati magistrati e funzionari , che non potevano rassegnarsi a veder legiferare in materia ecclesiastica malgrado le censure pontificie ? Ebbene , analoghi pensieri vo rivolgendo nel rievocare , attraverso le memorie di Romita , il 1944-'47 . Soglio chiamarlo il periodo del roveto ardente ; perché , a parte quello ch ' esso fu per la parte migliore dei partigiani , per i capi della Resistenza , il finire della guerra segnò per i più degl ' italiani un breve stato di grazia ; qualcosa di simile al benessere della convalescenza dopo una lunga malattia , all ' empito di riconoscenza verso Dio di chi sa ora che vivrà mentre aveva visto aperta la tomba . In quel momento si sarebbe forse potuto pur ottenere dal Papa un ritocco del Concordato . Ma certo si potevano porre nuove leggi improntate ad una austerità mazziniana , operare radicali riforme del sistema fiscale , stabilire il giuramento dei redditi con le più gravi sanzioni , ribadire il principio che il funzionario è al servizio del pubblico , ritoccare in pochi giorni il codice penale , dire " basta " a certe pratiche carcerarie e di polizia , sopprimere una sequela di uffici inutili . Per questo non era necessario fare vittime , ma occorreva mutare un certo numero di capi . Nel 1849 si era creduto che per ristabilire il senso della disciplina militare occorresse fucilare il generale Ramorino ; grave errore politico , errore giudiziario , anche , pensano molti storici del Risorgimento . Nel 1945 nessuno voleva ancora sangue ; ma se qualche generale ch ' era passato nel campo opposto a quello del suo re fosse stato degradato nel cortile di una caserma , non si sarebbe ferito il senso militare come lo si ferì riammettendo tutti nei loro gradi , facendo valere per tutti la scusa della coartazione . Penso con rossore alla epurazione ; che non colpì che gli umilissimi , e salvò tutti i potenti . Bonomi aveva stabilito , facendone modesta applicazione , una dispensa per gli alti funzionari ; gli sembrava che un prefetto che aveva presieduto a tutte le manifestazioni del regime , un ambasciatore che aveva reso difficile la vita agli antifascisti esuli , non potessero continuare a coprire i loro uffici , voltando casacca . Questo era sembrato ovvio ad ogni mutamento di regime , anche seguito in circostanze meno tragiche della caduta del fascismo . Ma De Gasperi ammise una opposizione dei colpiti , attraverso cui tutti rientrarono , salvo due o tre che sdegnosi non vollero muovere un passo ( e fu brutto che non li si riammettesse d ' ufficio , ché erano i più stimabili ) . Restò così tutta la vecchia burocrazia , che aveva profondamente assimilato dal fascismo il paternalismo , il principio che non si deve mai abbandonare l ' inferiore quando pure abbia torto marcio , nonché una profonda sfiducia verso le iniziative , municipalizzazioni o cooperative , care ai socialisti del principio del secolo ; un irridere alle " anime belle " , ai moralizzatori , a chi non si rassegna al " si è sempre fatto così " . Non si ridussero università ma si creò una pletora di nuove facoltà ; non si costrinsero i professori ed i magistrati a stare in sede ; si conservò e si accrebbe lo sfarzo negli edifici pubblici , lo sperpero del danaro pubblico in rivoletti infiniti , che non irrorano né fecondano alcuna zolla . ( Creazione di nuove Corti , tribunali , preture e mancanza di ogni attrezzatura , carceri in condizioni penose ; nuove facoltà , e non fondi per le ricerche scientifiche né per stroncare l ' analfabetismo ) . Perché seguiva ciò ? per uno stato d ' animo analogo a quello con cui si conchiudeva il Risorgimento : la sfiducia , la paura . Cavour come De Gasperi pensavano che dei muri maestri sarebbero crollati se si fosse degradato un generale , o semplicemente sostituiti i prefetti ed i direttori generali con elementi non di carriera , posto un Calamandrei a capo della Cassazione ; se si fosse accordata autonomia alle regioni , se i ministri avessero preso a riconoscere pubblicamente le malefatte ( poche e rare , ammettiamolo pure ; ma qualcuna ce ne sarà sempre ) dei loro funzionari . Temevano il caos . Ebbero ragione ? ebbero torto ? inutile domanda . Alcuni di noi penseranno sempre che dove non c ' era occupazione russa il comunismo mai si sarebbe affermato , e sarebbe invece fiorita una sana democrazia . Altri penserà l ' opposto . Ma l ' epilogo dei due risorgimenti ha questo tratto in comune : la mancanza di " pazzi in Cristo " o nella fede nella libertà ; nell ' uno e nell ' altro , uomini che avevano ed avrebbero ancora rischiato la vita , dato quella dei propri figli ; ma che , sia pure pensan do non a sé bensì all ' Italia , non sapevano dire " ogni viltà convien che qui sia morta " .
I valori della Resistenza ( Jemolo Arturo Carlo , 1960 )
StampaQuotidiana ,
Si parla troppo della Resistenza e troppo poco dei suoi valori . Duole di sentirla non tanto elogiare , quanto considerare inserita in un pantheon di divinità patrie , cui il cittadino deve bruciare un granello d ' incenso , da chi nutre in cuor suo avversione per quel periodo , e , anche se non ne serbi un ricordo perché troppo giovane , considera assetto ideale il fascismo : tutto regolato dall ' alto , non scioperi , non agitazioni , pene durissime per i rari ribelli , giornali tutti con gli stessi accenti , un buono , un vero , un bello decretati in un ministero e che ciascuno deve accettare . Si parla troppo della Resistenza e poco si riflette sui suoi valori . Nulla a stupire . In ogni religione è più facile genuflettersi e cantare inni che chinarsi al giogo delle leggi . Ma ammonirei a ricordare ciò che la storia di ogni paese insegna : quanto sia facile seppellire gl ' ideali innalzando marmi a coloro che li asseverarono . Quando ero bambino vivevano ancora i soldati del Risorgimento , quelli che avevano lasciato un braccio a S . Martino od a Custoza . Sotto la retorica ufficiale , non c ' era più un culto per loro ; il garibaldino , il reduce , nella narrativa di Pirandello , od anche nello sfondo di quella di Rovetta , quando non è un profittatore è un ingenuo , cui si guarda con compassione . Più tardi , abbiamo visto portare corone a Garibaldi ed a Mazzini degli uomini politici e sindaci che avevan succhiato col latte l ' avversione al Risorgimento , che detestavano tutti indistintamente i valori asseverati da Garibaldi e da Mazzini . " A egregie cose il forte animo accendono - l ' urne de ' forti " ; sì , ma solo il forte animo , e di chi abbia senso storico e viva in una tradizione . Ed il nostro tempo è poco incline ad inserirsi in tradizioni , ed ama guardare all ' avvenire , non volgersi al passato . Garibaldi , negli ultimi anni di sua vita , aveva avvertito questa necessità di guardare dinanzi . Nulla aveva mai chiesto per i suoi , ma neppure rievocava benemerenze passate ; bensì guardava agli sviluppi di un socialismo umanitario , ai problemi della emigrazione , proponeva leggi per la bonifica dell ' Agro romano . Bisogna asseverare i valori della Resistenza ; non parlandone in blocco , come di cosa nota , bensì discernendoli , mettendoli a fuoco , proiettandoli in ciò che si costruisce , in quanto si vuole realizzare domani . Ricorderemo allora che la Resistenza volle essere fenomeno europeo , avviamento ad una Europa unita nella libertà , dove ci fossero cordiali rapporti di popoli piuttosto che di governi . Conforme a questo ideale l ' Italia , dopo aver dovuto accettare col trattato di pace rinunce penosissime ( ho sempre in mente Capodistria ) , non si è attardata in rimpianti e deplorazioni . Ma era pure nello spirito della Resistenza parlare agli alleati più potenti con la sincerità che l ' amico povero , se vero amico , usa col ricco : non considerare , indifferentemente , Stati liberi e Stati autoritari ; preoccuparsi di un mondo tedesco che pare vada avviandosi a cancellare distinzioni di partiti , per trovarsi tutto unito nella méta di riavere le vecchie frontiere . La Resistenza fu collaborazione fra partiti diversi ; accantonamento di dissensi , guardare alle méte comuni . È tradita dove i contrasti si esasperano senza un perché , dove le maggioranze rifiutano Storia d ' Italia ogni collaborazione delle minoranze , non accettano i loro voti , fanno questione di prestigio nel respingere ogni loro proposta , ogni suggerimento . Fu unione di credenti e di atei ; questi ultimi rispettosi della fede dei primi , pronti a riconoscere l ' opera di bene , il gesto coraggioso del sacerdote o della suora . Sono contro il suo spirito gli ecclesiastici che vogliono imporre direttive ai partiti , come ogni resurrezione di vecchio anticlericalismo , che neghi i valori religiosi . Fu autogoverno locale ; e ne negano lo spirito i ministeri che mortificano la vita locale , che vorrebbero reggere in perpetuo i comuni con commissari , se non sia certa la vittoria del loro partito , che rifiutano la regione . ( Estranee invece a quello spirito le aspirazioni di autonomia proprie a gruppi di funzionari od a ceti di professionisti , cammino a ritroso di quello che portò alla formazione dello Stato moderno ) . La Resistenza fu sacrificio e rinuncia ; il suo spirito , la generosità , l ' accettazione conscia della povertà in omaggio alla solidarietà . Sarebbe stato consono ad esso contenere con l ' arma fiscale le grandi ricchezze od almeno gli alti redditi , i munifici stipendi ; adottare e magari imporre un tenore di vita semplice , di cui le amministrazioni pubbliche dessero l ' esempio con la modestia degli edifici , con i viaggi dei ministri in forma dimessa . Ma il suo spirito avrebbe voluto che pure i più umili volessero servire la cosa pubblica , che impiegati ed operai considerassero l ' azienda pubblica come loro , non già quale l ' avversario più debole cui più si può chiedere ; che accettassero la disciplina , sentissero il bene della collettività più forte della solidarietà di classe , fossero i primi a mostrarsi inesorabili contro i compagni disonesti ed infingardi . Questa era la premessa alle nazionalizzazioni . Si tradisce quello spirito quando si vuole che nel pubblico impiego , nella stessa magistratura , non si selezionino i più capaci , si dia il bando ad esami e concorsi , si leghi la carriera alla anzianità . Lo spirito della Resistenza era di un esercito pronto a tutti i sacrifici , ma espressione di una nazione pacifica , che non conoscesse corpi particolari , arditi o paracadutisti , cui la guerra apparisse bella . Di una magistratura che partisse sempre dalla presunzione dell ' innocenza ed anche della dignità del cittadino , e che non si ponesse come regola che la parola del cittadino non possa mai essere creduta contro quella di chi detiene una parte qualsiasi di potere . Se così si fissasse lo spirito della Resistenza , si vedrebbe quanti realmente lo onorano e quanti lo aborrono ; ed anche rispetto al comunismo sarebbe dato fissare in quali punti sia con esso incompatibile . Certo si assottiglierebbe molto il numero di coloro che oggi inneggiano alla Resistenza . Ma son certo che " se cosa di qua in ciel si cura " , quanti caddero per la Resistenza sarebbero ben lieti di vedere dimenticati i loro nomi , senza un fiore le loro lapidi , pur che restassero vivi ( fosse pure coltivati da una minoranza ) quei valori per cui essi s ' immolarono .
Nel centenario ( Jemolo Arturo Carlo , 1961 )
StampaQuotidiana ,
Sono uno dei pochissimi romani che hanno imbandierato le finestre il primo giorno del '61 . Non per conformismo , ma per schietta adesione alla celebrazione del centenario di questo Stato italiano che ho servito e servo ; che prima di me servirono mio padre , prima ancora figure sbiadite nel ricordo di zii e prozii lontani nel tempo ; che tutti i miei vecchi amarono , non sentendolo il datore di lavoro alle cui vicende il prestatore d ' opera partecipa solo per quel che possano riflettersi su lui , ma come l ' azienda familiare di cui si è parte , pure se si occupi in essa il posto più modesto . Centenario . Non hanno valore i dubbi che talora si affacciano , di distinzione tra nascita dello Stato e formazione dell ' unità . L ' Italia una e lo Stato nacquero ad un tempo nel '60-'61 . Allora si ebbe il grande problema , di fare convivere insieme popolazioni che parlavano la medesima lingua , avevano la stessa religione , tradizioni in gran parte comuni , ma istituzioni , coscienza di ciò che sia vita associata , forma statale , economie , profondamente diverse . Allora sorsero i grossi problemi . L ' annessione del Veneto nel '66 non ne pose alcuno ; quella di Roma nel '70 , la questione delle relazioni con la S . Sede , problema mondiale , ma nessuna difficoltà di amalgamare altri italiani allo Stato già formatosi ; Trento e Trieste posero problemi di popolazioni alloglotte , della vita economica di Trieste , ma non c ' era alcuna difficoltà di fare convivere italiani con altri italiani . Nel '60-'61 si era affrontato il punto cruciale dell ' unificazione . Anche per questo penso che a torto nelle celebrazioni si consideri sempre Massimo d ' Azeglio come personalità di secondo piano : lui ch ' era il piemontese che più si era preoccupato , quando ancora nessuno pensava alla unificazione come a qualcosa di prossimo , di scrutare gl ' italiani di regioni lontane , di comprenderli ed amarli ; e quegli che nel '49 aprì la strada fra gli sterpi , sorresse il re , anche non più ministro , nella crisi del '55 , contro le spinte molteplici ad abbandonare prima il regime costituzionale , poi la strada liberale . Sento dunque questo centenario come una solennità familiare , ciò che non significa che il cuore sia lieto . Nel bilancio dei cento anni , molti elementi favorevoli . Indubbia ascesa in tutti gli strati , in tutti i ceti : anche se non sia agevole istituire la comparazione che sarebbe più interessante , con la contemporanea ascesa degli altri popoli d ' Europa . Ascesa non solo economica , ma nella gentilezza dei costumi , nella cultura , nell ' allargamento degli orizzonti , e direi anche - se pure sappia d ' incontrare parecchi dissensi - nel fondo vero della religiosità , il ricordarsi di essere inseriti in una collettività e di avere gli altri uomini come fratelli che occorre aiutare , anche quando sia difficile amarli . Replicatissimi collaudi dell ' unità . Sì che mi offende come una troppo palese falsità ogni spunto polemico che accenni a possibilità di sue incrinature , ad esempio per l ' istituzione delle regioni . Un affermarsi continuo di nostre attività in paesi ed in campi nuovi , una spinta vitale , per cui chi parla di popoli invecchiati ed esausti ( e sono espressioni su cui fo sempre ampie riserve ) , non include mai tra questi il nostro . Ma se direi rafforzato un senso di solidarietà umana , il senso cristiano , tanto non ripeterei per quella solidarietà - di minor valore agli occhi di Dio , ma che è il cemento delle costruzioni terrene - che chiamo economico - giuridica , e che permette il costituirsi di una società civile . Cento anni or sono ci si poteva dilaniare intorno ai principi ed alle leggi che dovessero reggere lo Stato , intorno alla forma monarchica o repubblicana , e c ' era ancora chi avrebbe voluto vedere rinascere i vecchi Stati come i soli legittimi ; ma tutti erano d ' accordo su certi principi . Che le leggi dovessero essere chiare e comprensibili a tutti , ed una volta emesse dovessero venire rispettate ; che chi mancava avesse ad essere punito ; che fosse compito dei governanti far obbedire alle leggi , proporne il mutamento quando apparissero vecchie o inadeguate , ma non consentire mai fossero eluse ; che i magistrati dovessero applicarle secondo il loro spirito ; che chi spontaneamente s ' inquadrava nei ranghi delle amministrazioni pubbliche assumesse con ciò un più intenso obbligo di fedeltà , promettesse di servire attivamente , avendo in mente il bene dello Stato , ed accettasse altresì una obbedienza più austera di quella degli altri cittadini ; che si dovessero pagare le imposte e non fosse lecito mentire allo Stato : erano punti su cui convenivano Solaro della Margarita come Cavour , D ' Azeglio come Garibaldi , Minghetti come Mazzini . E tutti credevano negli elettori che devono scegliere il più degno , nei capi di un ' amministrazione , pubblica o privata , tenuti a chiamare il più capace , anche a scapito dei propri figli ( c ' è una commovente lettera di Quintino Sella indignato per ciò che , in una società privata , si è nominato ad alto posto un amico ) . Sarebbe falso creare una immagine agiografica del Risorgimento , in cui tutti i grandi della politica o dell ' amministrazione apparissero puri , non tocchi da debolezze umane . Ma credo possa dirsi che non mancava la fede nei principi ; i meno buoni erano nella posizione del prete che pecca , senza che al peccato si accompagni alcun dubbio intorno al valore delle leggi della Chiesa . E questa fede nei principi che mi sembra venuta meno . Direi che oggi si sentano perfettamente a posto con la coscienza i potenti dell ' economia che chiedono trattati internazionali e leggi guardando solo al loro ramo , incuranti degli altri ; i burocrati che allestiscono disegni di legge volutamente oscuri , i quali saranno approvati senza che si comprenda ciò che nascondono tra le righe , gli ampissimi poteri che lasciano a chi applicherà quelle norme ; i grandi capi che preferiscono l ' amico , il compagno di partito , quegli che può dare qualcosa in contraccambio , al più meritevole , e che chiudono gli occhi , perché l ' interesse di partito lo vuole , su mancamenti gravissimi , che sfiorano la legge penale ; i gruppi che vogliono imporre il loro interesse allo Stato anche con l ' arma dello sciopero , noncuranti se il Parlamento non ritenga che quell ' interesse possa venire anteposto ad altri ; gli infiniti evasori dell ' obbligo della testimonianza , o di quello dell ' imposta ; quanti irridono alle norme di circolazione stradale . Ci sono molti credenti , per cui lo Stato è ciò ch ' era la casa chiusa nella mente di parecchi benpensanti : il luogo dove si deve dare sfogo al peccato , per non commetterlo poi altrove . Tutto muta , e non mi allarmerebbe che pure lo Stato , forma storica , s ' indebolisse ed invecchiasse , ove sorgessero altre istituzioni che ne prendessero il posto . Ma nessuna se ne delinea ; non si profila un ideale teocratico , né uno anarchico . C ' è un diffuso egoismo , una diffusa volontà ' di non sacrificarsi ; e su questa nulla si costruisce . Tale la meditazione che mi sembra vada fatta nell ' anno del centenario . Gli economisti insegnano che non possono esserci investimenti non preceduti da risparmio . Anche nell ' ambito delle istituzioni , nulla si può lasciare di sano ai propri figli , se si è dato ad ogni ora sfogo ai nostri egoismi . Prima di affermare ( come mi sento ripetere irosamente ogni volta che tocco questo argomento ) che non si ha alcuna ragione di amare lo Stato , di servirlo con animo diverso da quello di chi porge riluttante le spalle al duro giogo che non può evitare , occorrerebbe chiedersi se non sia dato migliorarlo , se per migliorarlo non necessiti un po ' di amore . E se ancora la risposta sia negativa , avvisare ad un ' altra forma di solidarietà ( non vaga , non tutta interiore ) che lo possa sostituire .
La bandiera tricolore ( Jemolo Arturo Carlo , 1961 )
StampaQuotidiana ,
Mi ha commosso la lettera dei monarchici piemontesi che vorrebbero esporre la bandiera il 17 marzo ( il diciassette , non il 27; è del 17 marzo la legge con cui Vittorio Emanuele assume per sé e successori il titolo di re d ' Italia ) , ma a condizione che il drappo recasse lo stemma sabaudo . Mi auguro che la loro richiesta sia accolta ; vi scorgerei soprattutto la tranquilla coscienza di una repubblica che non ha ancora quindici anni di vita , ma che sembra ormai alla quasi totalità degl ' italiani la sola forma statale concepibile , sì che se molti altri ritorni del passato sono da temere , quello al capo dello Stato che è tale solo perché appartiene ad una certa famiglia , sia tra i più impensabili . Se nutro scarsa simpatia per certi monarchici , più persuasi che mai che la monarchia non ritornerà , senza nessun legame con la tradizione sabauda , senza nessun desiderio di provocare crisi di regime , ma che costruiscono piccoli partiti con lo stesso accorgimento con cui in seno alle grandi anonime si possono creare gruppi omogenei , che possedendo un dieci per cento , anche meno , delle azioni , possono negoziare un apporto decisivo nelle assemblee - questi monarchici piemontesi , tutti volti ancora alle glorie sabaude , oltre Vittorio Emanuele II a Vittorio Amedeo , ad Emanuele Filiberto , mi sono veramente simpatici . Così come a Croce finivano di essere cari gli ultimi nostalgici borbonici , e recensiva con qualche compiacimento un dimenticato romanzo di Amilcare Lauria , che raffigurava due antichi ufficiali di Ferdinando II , mai riconciliati con l ' Italia , ma che si entusiasmavano e commuovevano leggendo sui giornali degli eroismi e dei sacrifici italiani nello scontro di Dogali . In un mondo ove tutti guardano all ' avvenire e dimenticano ciò ch ' è alle spalle ( salvo per la piccola parte in cui glorie o rancori siano ancora merce utilizzabile ) , ove il disinteresse delle masse per la storia è generale , a chi ritiene che questo disinteresse sia imbarbarimento non può dispiacere certo tenace attaccamento al passato . Il tricolore ! Quando io nascevo c ' erano ancora , particolarmente a Roma e nell ' antico Stato pontificio , delle famiglie che lo rifiutavano ; in certi palazzi dell ' aristocrazia nera non apparve che con 1'11 febbraio 1929; in altri una prima timida apparizione l ' aveva fatta nel 1915 . Nella stessa Torino del cinquantenario sembrava grosso ardimento che qualche istituto religioso , dinanzi alle cui finestre sfilavano cortei , l ' inalberasse . Ma nessun confronto con ciò ch ' era seguito in Francia , dove per un buon secolo , fino alla prima guerra mondiale , erano rimasti tenaci gli astii contro il tricolore ; dove ancora intorno al 1890 vecchie damigelle chiuse negli aviti castelli di provincia guardavano con sbigottimento i nipoti che militavano sotto il tricolore ; il conte di Chambord aveva rinunciato al trono piuttosto che accettarlo ; nella striscia rossa del suo drappo aristocratici e legittimisti scorgevano ancora tutto il sangue versato dalla Rivoluzione francese . In Italia è apparso segno di convergenza ; quando ancora non era ammesso in chiesa e nelle processioni , i circoli cattolici adornavano con nastri tricolori i loro stendardi bianchi od azzurri ; il partito comunista lo accettò senza esitare , sia pure affiancato alla bandiera rossa del proletariato mondiale . Il fascismo ebbe senso politico sufficiente per comprendere che non era il caso di modificare la bandiera ; nello stemma dello Stato furono inseriti i fasci littori ; la bandiera rimase inalterata . Si sovvertivano tutte le istituzioni , l ' eredità risorgimentale era tutta dispersa , ma si avvertiva che nei cuori degl ' italiani ancora viveva , che occorreva celare quanto possibile quella dispersione , almeno agli occhi dei semplici , non toccare ai simboli . Saggiamente la Repubblica non appose sul tricolore né berretti frigi , né croci , né spade , né libri , né falci ; volle fosse la bandiera di tutti . E tale deve restare ; la concessione che auspico è per un giorno di rievocazione del passato ; non dovrebbe aprire la via all ' uso di due bandiere . Certo , non è una bandiera , non un simbolo , che può attenuare le divisioni profonde , il modo radicalmente diverso di guardare alle mète da raggiungere , al nuovo assetto che ci si deve proporre . Un abbraccio in un giorno di festa non elimina questi distacchi . Può solo giovare a ricordare , anche ai più remoti da ogni senso nazionalista , anche a chi si sente cittadino del mondo , la realtà di questa famiglia italiana , che ha suoi problemi , sue solidarietà ( Torino avverte più che mai , attraverso l ' intensa immigrazione , come i mali di altre regioni assurgano a mali nazionali , come certi germi infetti allignino più prosperosi in un tessuto più ricco : ingenua e fallace speranza , quella che basti il benessere economico a stroncare certe malattie sociali ) . Anche il cittadino del mondo che sia uomo di buona volontà comincerà a cercar di fare il bene tra coloro cui è vicino , di ripulire il giardinetto della sua casa . Non si risolve alcun problema con abbracci e con oblii ; occorre però ben distinguere le nostalgie cui non possiamo aderire ma che non recano in sé alcun pericolo per l ' indomani , da correnti d ' idee gravide di minacce , soprattutto da quei movimenti irrazionalistici , fondati sul culto della razza o del sangue , sulla esaltazione della violenza , suscettibili di minare il mondo della ragione , del lavoro pacifico , che ci sforziamo di edificare . Mi sembra che la Repubblica abbia dato segno di non essere afflitta dai complessi d ' inferiorità , dai timori senza perché , che troppa parte hanno avuto ed hanno nella trama della vita italiana , non volendo dimenticare nelle manifestazioni , nei discorsi del centenario , l ' apporto che diede la monarchia alla formazione della unità . I sintetici ed equilibrati articoli di Salvatorelli hanno rappresentato il giusto terreno su cui ci si deve porre . I riconoscimenti del passato non possono avere alcun peso sulla realtà del presente e dell ' avvenire . Tanto più , come nel caso , quando non danno vita a miti ; se Napoleone ed in una certa misura anche Luigi XIV possono essere ombre che oltr ' Alpe déstino qualche apprensione , è perché il predominio del potere militare , la divinizzazione di un uomo , l ' accentramento dello Stato nelle mani di uno solo , costituiscono pericoli sempre incombenti . La figura del Re Galantuomo non può essere invocata a dare lustro ad alcuna concezione illiberale , ad approntare giustificazioni storiche a qualsiasi colpo di mano ai danni della legalità democratica . Per questo , mi auguro che sia concesso ai monarchici piemontesi , per la celebrazione torinese del centenario , quel che domandano .
Il XX settembre ( Jemolo Arturo Carlo , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Alcuni avvenimenti della storia civile , come la battaglia di Lepanto , furono considerati così lieti per la cattolicità da indurre il Pontefice del tempo ad istituire una festa religiosa in loro ricordo . Mi chiedo se verrà , un giorno , un Papa libero dal peso di ciò che suoi predecessori sentirono , al punto di rendere festivo il giorno di S . Eustachio : il 20 settembre . Perché a distanza di quasi un secolo tutti scorgono che la perdita del potere temporale fu evento sommamente felice per la S . Sede . Non mi pare ci sia più alcuna cerchia cattolica che lo ponga in dubbio . Nel discorso tenuto l ' ottobre scorso all ' Istituto di studi romani , l ' allora cardinal Montini vedeva un disegno della Provvidenza nelle vicende del Papato e dell ' Italia negli ultimi cento anni , e riteneva che bene Cavour avesse affermato poter essere Roma la sola capitale d ' Italia . Sarebbe esagerato l ' attribuire l ' enorme incremento dell ' autorità , del prestigio morale ed anche politico del Papato nel mondo , soltanto alla perdita del potere temporale . Le cause sono molte : una , la rinnovata giovinezza della Chiesa , le generazioni di sacerdoti operosi , entusiasti , che hanno preso il posto di altre , dove gli elementi torpidi o sfiduciati o rassegnati abbondavano ; altresì , il declino , in quello ch ' era l ' ambito tradizionale della cattolicità , del materialismo , della fede incondizionata in una scienza che avrebbe tutto spiegato , non lasciando più posto alcuno al soprannaturale ; altre cause ancora . Ma , pure avverandosi tutte queste , il potere temporale sarebbe sempre rimasto la palla al piede per il Papato ; qualsiasi processo politico , scandalo finanziario , svalutazione di moneta , problema sociale insoluto nello Stato Pontificio ( e come esso avrebbe potuto divenire ad un tratto l ' eldorado ? ) , avrebbe toccato anche il prestigio del capo della cattolicità . Non può affermarsi che il potere temporale fosse sempre stato un peso morto per la Chiesa . Se anche si ricordi il sacco di Roma e , oltre cento anni dopo , le prepotenze dei soldati dell ' ambasciatore francese De Créqui , è difficile pensare che dal Quattrocento al Settecento i pontefici si sarebbero meglio giovati col vivere oggi sui domini di Carlo V , domani su quelli di Francesco I , oggi avere addosso pesante consigliere Filippo Il , domani l ' imperatore Ferdinando . Né in quei secoli un processo politico seguito da una esecuzione capitale in Roma , dava scandalo . Pio IX , guardando ad un passato remoto , non aveva torto ; ma non si rendeva conto di quel che v ' era di mutato , soprattutto dei compiti nuovi , delle nuove possibilità per il Papato , cui il potere temporale contrastava . Questo per la Chiesa . A distanza di quasi cento anni è dato considerare con occhio spassionato anche quel che il 20 settembre rappresentò per l ' Italia . Ciò non implica alcun giudizio sugli uomini che lo vollero . La mia vena moralistica non riesce a guardare con compiacimento quell ' estate del 1870; l ' Italia in luglio ha dichiarato alla Francia di considerare sempre in vita la Convenzione di settembre , cioè l ' impegno di non attaccare e non permettere sia attaccato lo Stato pontificio ; la speranza sempre nutrita di una insurrezione dei romani non si è verificata neppure alla partenza della guarnigione francese ; e tuttavia è il 20 settembre . Ma la monarchia , il gabinetto Lanza , erano veramente coartati ; da nove anni Roma era stata proclamata capitale necessaria d ' Italia ; e la sinistra non dava requie ; all ' aspirazione unitaria s ' erano mescolati l ' anticlericalismo , lo spirito che domina Giambi ed epodi di Carducci , l ' avversione per quello che si riteneva ormai partito conservatore . Gli uomini dello stampo di Sclopis che la sera del 21 settembre indicava nel suo diario la presa di Roma come " una gran bricconata " , erano dei sorpassati . Poste le premesse , non si potevano ormai evitare le conseguenze , la realizzazione del proposito a lungo maturato . Ma quando si considerano gli uomini che posero le premesse , si trova una conferma dell ' umiltà che la storia ispira ; anche i sommi della politica non riescono a prevedere gli sviluppi . Cavour era assillato dai ricordi del '48 , la rivalità tra le città italiane , in specie tra Milano e Torino , ma in fatto dopo il '61 né Napoli , né Milano , né Firenze pretesero a capitale . D ' Azeglio era contrario a Roma per il carattere dei romani , cui preferiva di gran lunga torinesi e fiorentini . Nessuno pensava ai pericoli insiti al grande nome di Roma . Le bellissime pagine di Chabod su L ' idea di Roma li evocano . Per settant ' anni si restò soggiogati dal monito che a Roma non si sta senza una idea universale , e si pensò a volta a volta a Roma capitale del libero pensiero , centro mondiale della scienza , capitale dell ' impero fascista : prima di rassegnarsi alla fatale conseguenza che , accanto alla sede del Papa , quella del capo dello Stato italiano resta seconda . Non cecità di uomini , ma fallacia di ogni previsione ; chi può conoscere il sentire , lo stato d ' animo dei nascituri ? Quella constatazione che a Roma c ' era un seggio che restava più alto del Quirinale riempì d ' amarezza gl ' italiani di due o tre generazioni , lascia oggi indifferenti la maggioranza . Chissà che tra qualche generazione non abbia ad essere segnalata come un vanto , o nel senso che l ' Italia dev ' essere anzitutto paese cattolico , od in quello di una reazione ad ogni forma di orgoglio nazionale . Pio IX non aveva compreso che l ' abbandono del potere temporale apriva alla Chiesa ben più vaste possibilità . Penso che , del pari , i suoi successori tra le due guerre mondiali non si rendessero conto che i concordati - pur avendo costituito in periodo non remoto , in un mondo ostile ma legalitario , una garanzia per la Chiesa - divenivano un inceppo allorché si apriva a questa una prospettiva di vastissima messe tra le anime ; che la religione di Stato , i privilegi , il braccio secolare , l ' invasione di quello ch ' era per l ' innanzi l ' ambito del codice , potevan dar vita a diffidenze e ripugnanze che allontanassero gl ' incerti . Onde la speranza che - al riconoscimento attuale di tutti i cattolici , la perdita di quel potere essere stata evento propizio per la Chiesa - segua un giorno il convincimento che mai la Chiesa sarà tanto amata e rispettata , vedrà affluire più facilmente a sé gli uomini , come quando terrà ben separato ciò che essa deve esigere dai credenti da quel che lo Stato può imporre ai cittadini ; quando cioè non premerà sul legislatore perché la legge religiosa ( così quanto v ' è di peculiare nella concezione cattolica del matrimonio ) , le sanzioni ch ' essa impone ai fedeli , trovino accoglimento nei codici .
Il concordato è immutabile? ( Jemolo Arturo Carlo , 1962 )
StampaQuotidiana ,
La Corte Costituzionale non ha deciso la questione se l ' articolo 5 del Concordato , nella norma per cui " i sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento , in un ufficio od in un impiego , nei quali siano a contatto immediato col pubblico " , resti in vigore sotto l ' impero della Costituzione repubblicana . La Corte ha ritenuto che la questione non le fosse stata sottoposta da un organo giurisdizionale , e quindi non fosse suscettibile di esame secondo la sua legge fondamentale . Non dubito dell ' esattezza dell ' applicazione di questa , compiuta dall ' altissimo organo ; ma credo pure non sia irriverente pensare che i membri della Corte siano stati lieti di non dover emettere una decisione che , quale fosse , sarebbe dispiaciuta ad una notevole parte degl ' italiani . Per molti cattolici tutto ciò che possa apparire scalfittura del Concordato sembra menomazione di una posizione faticosamente raggiunta , e che occorre ad ogni costo conservare intatta . Ad ogni spirito liberale ripugna invece l ' idea di una degradazione civica inflitta per una crisi di coscienza , per un mutamento di convincimenti per la perdita della fede ; e si rende conto della puerilità della giustificazione , che il prete è tale avendo assunto liberamente uno stato che non si può dismettere ; quasi che la libertà dei convincimenti potesse essere compatibile col divieto di mutarli , quasi il diritto dello Stato potesse riconoscere impegni con cui 165 f Arturo Carlo , jemolo alcuno promettesse che non muterà mai d ' idea o di partito , quasi infine che pure i granduchi russi e gli arciduchi austriaci non potessero rinunciare e divenire comuni cittadini . Il giurista sa l ' innegabile contrasto tra l ' art. 5 del Concordato e le norme della Costituzione che garantiscono la libertà di pensiero , bandiscono ogni discriminazione su motivi religiosi , sul terreno giuridico chi difende il vigore dell ' art. 5 parla di un ordine pubblico concordatario che prevale sull ' ordine pubblico della Costituzione ; tesi ostica a chiunque senta poco o molto lo Stato . C ' è una via d ' uscita , tra l ' attaccamento di molti cattolici ad ogni clausola del Concordato ed il sentire liberale : comune anche a molti altri cattolici , che amerebbero più il Concordato se non recasse quell ' articolo ( di cui poi i prefetti hanno ampliato la portata , facendone derivare anche una ineleggibilità a consigliere comunale , che non è ufficio che ponga a contatto immediato col pubblico ) ? Crederei di sì . Trattati internazionali , concordati , leggi , restano cosa viva fino a che abbiano una rispondenza nella coscienza nazionale Si può curarne la vitalità , vigilando su questa rispondenza e modificandoli man mano ; si può avere il culto del documento o , più spesso , la pigrizia , la paura , di rimettere le mani in un lavoro non facile , di muovere acque stagnanti . Nel secondo caso , talora il buon volere delle parti supplisce ; la modifica , l ' adattamento segue in fatto ( sarebbe così possibile una disapplicazione dell ' art. 5 , che seguisse d ' accordo tra autorità statali ed autorità ecclesiastiche , convinte queste che meglio vale non sia applicata una norma che può rendere impopolari i Patti Lateranensi ) . Ma talora nulla si fa ; ed il documento si dissecca , il suo contenuto appare sempre più remoto dal sentire comune ; al momento della prova , la pergamena va in briciole ( la vicenda della Triplice Alleanza ) . Chi scrive è un superstite separatista , convinto che ogni legame giuridico tra Chiesa e Stato nuoccia ad entrambi ; soffrì alla stipulazione del Concordato , anche per ciò che in quel momento significava . Ma sa pure che questa fede separatista siamo ormai in ben pochi ad averla ; che i più degl ' italiani sentono pochissimo il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa , meno che un secondario problema economico . Non ignora che una denuncia del Concordato turberebbe moltissimi ; quasi certamente si accompagnerebbe ad una ripresa di quell ' anticlericalismo becero e povero d ' idee che fioriva agli inizi del secolo , ed il cui ricordo gli è odioso . Mi augurerei quindi che il Concordato non restasse imbalsamato , subisse man mano modifiche ed adattamenti . Il primo potrebbe essere l ' abrogazione di quella parte dell ' art. 5 e la rinuncia dello Stato a quei controlli nelle nomine di vescovi e di parroci che il Concordato gli dà e che non credo usi . Nell ' Italia del 1929 era consono allo spirito del regime non ammettere problemi di coscienza , punire ogni sorta di eresia ( quelle politiche anzitutto ) , ed anche coltivare l ' ideale napoleonico , i vescovi prefetti in sottana . Nel 1962 tutto questo è distaccato dalla realtà , è in contrasto col sentire dei cittadini e dei credenti . Sarebbe un reale successo di un governo democristiano varare una tale modifica del Concordato , che , conchiusa d ' accordo tra i due poteri , andrebbe approvata con legge ordinaria . Amerei vedere questo atto : che ricevesse le sanzioni di Giovanni XXIII , il Pontefice più aperto , più comprensivo , più fiducioso nell ' espansione che può avere la religione su terreno democratico , in paesi liberi , nelle conquiste che può ivi realizzare , e di Segni , cattolico praticante da sempre ( presidente della Unione dei giuristi cattolici ) , e sempre antifascista , senza compromissioni . Al rammarico dei fascisti che vedrebbero modificata quella che resta la struttura più intatta del regime , e della sparuta minoranza di cattolici che ancor crede nella efficacia benefica del braccio secolare , farebbe riscontro il consenso dell ' enorme maggioranza degl ' italiani . Confido che dalle due parti non si disattenda questa possibilità di rinvigorire una struttura cui entrambe tengono .