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> autore_s:"Jemolo Arturo Carlo" > anno_i:[1940 TO 1970}
Lo Stato siamo noi ( Jemolo Arturo Carlo , 1956 )
StampaQuotidiana ,
I bambini non vi penseranno più fino a dicembre ; ma una gran parte d ' italiani continuerà a pensarvi tutti i giorni e ad invocarne i doni ; solo , non lo chiamerà con questo nome , ma con l ' altro , lo Stato . Cresce invero ogni anno , ogni mese , il numero di coloro che attendono qualcosa dallo Stato : la nuova autolinea , la fermata del direttissimo , la nuova pretura , il nuovo ginnasio , l ' inizio della costruzione della strada , l ' acquedotto , ma soprattutto la creazione di nuovi impieghi , ed i miglioramenti economici per i dipendenti , diretti ed indiretti , dello Stato . Né c ' è a stupire od a rammaricarsi . Le condizioni storiche , economiche , ambientali di ogni Paese , nascono da infiniti fattori ; e se può orgogliosamente affermarsi che la storia la fanno gli uomini , occorre subito aggiungere che sono però condizionati da una serie di premesse e di limiti , e che quel che ogni generazione può effettuare è la scelta tra un ventaglio non ampissimo di possibilità . Sarebbe veramente ingiusto rimproverare gl ' italiani del nostro tempo comparandoli agl ' inglesi della generazione di Stuart Mill od ai nord - Americani dell ' inizio di questo secolo , e raccontare loro che ogni operaio ha in tasca la possibilità di divenire un Ford , sol che si getti nella mischia ; che lavorando undici ore , risparmiando all ' osso , ciascuno può capovolgere la sua posizione . Ed ancora non giusto ricordare , come rimprovero , che fino ad alcuni decenni fa c ' erano regioni d ' Italia , le più ricche , dove nessuno domandava nulla allo Stato , i ceti commerciali ed industriali chiedevano soltanto di essere dimenticati e lasciati al loro lavoro , nessun giovane , del popolo o della borghesia , aspirava al pubblico impiego , e quando qualcuno finiva nei suoi ranghi era considerato un caduto dai compagni , operai o commessi viaggiatori . In tutto il mondo con l ' aumentare della popolazione , con l ' accrescersi dei compiti dello Stato , con nuove sacrosante esigenze di giustizia sociale , con una economia di fronte alla quale le frontiere non significano più gran che , ed è ad augurarsi abbiano a significare sempre meno , le cose sono mutate . Lo Stato non può e non deve essere assente , nemmeno là ( ahimè , sono molto pochi questi angoli di elezione ) dove si lavora forte e bene , e si guadagna in modo da consentire profitti , fondi per il rinnovo del materiale e per ampliamenti aziendali , alti salari , misure di previdenza . Né val la pena di rievocare un sogno che feci nella sfera di roveto ardente della primavera del '45 : una specie di " giornata della fede " , in cui ogni comunità italiana offriva qualcosa per il risanamento della vita nazionale , perché venisse speso bene il danaro che viene speso male ; e due Comuni chiedevano di fondersi , perché troppo poveri per avere servizi distinti , un altro Comune rinunciava alla vecchia tranvia , bastandogli l ' autolinea , un terzo offriva la soppressione del ginnasio che non ha mai accolto oltre dieci studenti : miei vaneggiamenti , forse causati dai lunghi digiuni durante l ' occupazione tedesca . Accettato però che lo Stato è la famiglia , ed i cittadini sono i figli , nell ' età in cui non è possibile realizzare nulla fuori della cerchia familiare , li vorrei come quei ragazzi giudiziosi , quali spesso s ' incontrano nelle famiglie povere , che discutono assennatamente con i genitori dove si debba spendere e si possa risparmiare . Perché è certo molto bella la famiglia tutta slanci ed affetti , dove il padre non fuma ed il ragazzo rinuncia ai libri desiderati perché la figlia possa farsi l ' abitino da ballo ; ma è anche confortevole la famiglia dove il bilancio domestico è discusso pacatamente , ed anche i ragazzi di undici anni dicono la loro ed avanzano le loro proposte di economie e di spese ; né mi scandalizzerei se , col dovuto garbo , un ragazzo facesse sentire alla mamma che non si possono spendere anche poche migliaia di lire mensili per la canasta , se le tasse scolastiche del figlio non sono pagate ed i libri non gli sono comprati in tempo . Fuor di metafora , posto che necessariamente gl ' italiani debbono sempre più per l ' economia delle loro famiglie guardare allo Stato , vorrei ricordassero che lo Stato sono loro , che l ' economia dello Stato è la somma delle economie degl ' italiani ; e non si comportassero come la famiglia scervellata , dove ciascuno dà ragione all ' altro quando questi chiede qualcosa per sé - sì , la poltrona per il nonno ; sì , il viaggio di piacere per papà e mamma ; sì , il gioiello per la signorina ; sì , la lambretta per il ragazzo - e nessuno si chiede da dove attingere . Nelle varie agitazioni di categoria , quel che mi dispiace è che viga la regola di non guardare mai nel piatto del vicino e di battere sempre le mani alle rivendicazioni altrui : quasi lo Stato fosse proprio papà Natale , del cui bilancio nessuno si preoccupa . Quella regola che non si fanno spese senza rispondere alla domanda " con che ? " , regola che Einaudi fece includere nella Costituzione e che di tanto in tanto ricordava nei suoi messaggi al Parlamento , vorrei penetrasse nella testa degl ' italiani . Possono esserci leghe di consumatori contro i produttori e di produttori contro ( anche se non lo dichiarino ) i consumatori ; dei cittadini che desiderano lo Stato spenda poco e metta poche tasse , e di chi vuoi l ' opposto ; di quanti vogliono un bilancio che si appoggi di più sulle imposte indirette e di quanti aspirano ad uno che gravi sulle dirette ; di coloro che non ricevono stipendi dallo Stato contrapposti a coloro che ne ricevono , e viceversa ; è perfettamente ragionevole che tra i dipendenti statali gli uni dicano che c ' è un ' altra categoria ingiustamente privilegiata , e questa neghi o difenda il suo privilegio . Tali contrasti d ' interessi sono nella vita , ed occorre il melenso ottimismo delle dittature per pretendere di negarli e di comporli per virtù di formula in un astratto superiore interesse . La fetta più grande per me dev ' essere più piccola per un altro ; e chi vuole negarlo e pretendere che si possa ingrandire la torta senza togliere a nessuno , dovrebbe avere proposte chiare da mettere avanti . Sono molto rispettoso dell ' agitazione di tranvieri che chiedendo aumenti di paghe dicano : ci sono troppe tessere gratuite di libera circolazione ; il costo del biglietto della corsa dev ' essere aumentato ; l ' Azienda acquista energia a prezzo troppo alto e le conviene avere centrali sue ; ci sono troppi impiegati negli uffici ; occorre abolire quel tratto di linea e quelle corse che sono passivi . Rispettoso dell ' agitazione degli assistenti universitari che indicasse capitoli di bilanci di altri Ministeri su cui tagliare per dare a quello della Istruzione , o magari , guardando solo a questo , affermasse : - le economie per venirci incontro si possono realizzare con la fusione di quegli istituti che sono dei doppioni , l ' abolizione di alcune pubblicazioni che non servono a nulla , la decurtazione delle spese per partecipazioni a congressi e missioni all ' estero ; e se non basta , sopprimendo un certo numero di cattedre , magari alcune facoltà , e se non basta ancora , diminuendo un po ' le paghe ai professori ordinari . Naturalmente proposte di questo genere - gli esempi potrebbero protrarsi all ' infinito - darebbero luogo a proteste , repliche e ritorsioni . Che considererei non scandalose , ma benefiche ; giacché anche nei bilanci più magri ci sono spese indifendibili , sperperi : che sarebbe sacrosanto portare alla luce del sole . E soprattutto perché è così che gl ' italiani acquisterebbero finalmente la persuasione che le casse dello Stato sono le loro casse , che lo Stato sono loro . Se non si riuscisse a far comprendere questo , e lo Stato dovesse venir sempre considerato come babbo Natale , cui si può chiedere senza preoccuparsi della provenienza dei suoi doni , occorrerebbe dubitare della intelligenza degl ' italiani .
Il bello e il comodo ( Jemolo Arturo Carlo , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Ero pressocché bambino quando lessi un articolo , « Re Piccone » , ove Domenico Gnoli deplorava gli sventramenti che mutavano il volto delle città italiane ; seguo ora i frequenti articoli di Antonio Cederna sulle devastazioni ai danni dell ' arte , della storia , del paesaggio , che compie quotidianamente la speculazione . Cinquant ' anni : di continue , ininterrotte sconfitte di quanti oppongono valori estetici o storici all ' interesse privato . Ben so come non sia possibile , né in Italia né fuori , mantenere immutato il volto delle città ; conosco i diritti della igiene e della viabilità , e pur il diritto di ogni secolo d ' imprimere una sua orma . Ma , appena si passa la frontiera , si scorge altrove una vigile cura nel distinguere , e considerare sacre certe limitate zone , intoccabili alcuni paesaggi . Fino alla seconda guerra mondiale le città tedesche , sviluppando ad anello intorno ai vecchi nuclei nuove città commerciali , avevano rispettato in ogni dettaglio l ' opera di altri secoli . Nel cuore di Londra si trovano ancora chiese con giardini , antichi cimiteri , su cui nessuno pensa erigere grattacieli . Il centro di Parigi è immutato da ottant ' anni . Da noi solo , nulla riesce a salvarsi , neppure quelle poche cose che senza rettorica potrebbero dirsi patrimonio della nostra civiltà più che dell ' Italia . Dal teatro di Siracusa la vista del mare già è interrotta da una serie di costruzioni industriali . E stato fatto scempio dell ' Aventino , della Via Appia ; irremissibilmente guastata l ' unica opera meritevole , in quest ' ambito , della terza Italia , la passeggiata archeologica , cortina di verde che saldava ricordi classici e chiese medievali ; Venezia è in continuo pericolo . Non griderei contro l ' ingordigia degli speculatori . Trovo umano che chi possiede un giardino nel cuore di Milano o di Venezia o una vecchia villa in Roma , proprietà che non rendono o sono passive , aspiri a ricavarne le centinaia di milioni che danno , vendute come aree edificabili . Penso che il proprietario inglese , tedesco o francese abbia identico desiderio . Ma altrove funzionano i freni ; da noi , no . Se non al primo , al secondo , al terzo attacco , commissioni edilizie , Sovraintendenze ai monumenti , Consiglio Superiore delle Belle Arti , finiscono per cedere . Progetti di transazione , varianti , esecuzione non conforme al progetto , che viene poi sanata : lo scempio è compiuto . Gli uffici pubblici non sono secondi ai privati . Non c ' è direttore generale o ministro che sacrifichi al rispetto del monumento il bisogno degli uffici di allargarsi , di avere più respiro . Scomparsi in Roma per questo bisogno di uffici , i due incantevoli chiostri - giardini ricchi di aranci a San Silvestro ; fino al 1946 l ' antico chiostro agostiniano era il più delizioso giardino : scrosciare sommesso di acque , gorgheggi di uccelli , che in certe ore avevano a sfondo sonoro le campane di Sant ' Agostino ; ma quella è la sede dell ' Avvocatura dello Stato ( che difende in giudizio anche gl ' interessi dell ' arte e del paesaggio ) e quel giardino non consentiva la sosta delle macchine dei funzionari . Ora solo in due angoli alcuni alberelli , ma sostano tante macchine su bella ghiaia spianata . Come non fo colpa ai proprietari che pensano ai loro interessi , ne fo una relativa ai colonnelli che avendo caserme in antichi edifici pensano anzitutto alle esigenze dei soldati , od ai vescovi che curano quelle dei seminaristi o dell ' episcopio ( ma chi passi per Foligno , guardi un po ' cosa l ' autorità vescovile ha combinato nel vecchio centro cittadino ) ; e do le attenuanti anche a sovraintendenti e consiglieri delle Belle Arti , perché , a differenza che in altri Paesi , non hanno dietro di sé il deciso appoggio della opinione pubblica . Manca l ' indignazione . Si sono fatti scioperi generali di anticipata protesta contro la minacciata abolizione di una fermata ferroviaria , contro la minacciata soppressione di un ospedale , agitazioni per il trasferimento di un insignificante ufficio ; nessun agitatore riuscirebbe a far divampare l ' ira popolare contro alcuno scempio di centri cittadini . Ed è altresì significativo , a mostrare il vuoto di certa rettorica , che quei partiti e correnti che più amano insistere sulle grandi memorie e sulle glorie degli avi , siano sempre stati oltremodo distratti allorché si è trattato di cancellare vestigie ; la rovina della Mèta sudante , che aveva attraversato i secoli , fu cancellata dal fascismo per fare una bella spianata dinanzi all ' arco di Costantino , ed il culto dei ricordi sabaudi dei gerarchi piemontesi portò ad incombere su piazza Castello la torre littoria . Sono gl ' italiani più negati al bello , al senso della tradizione , di altri popoli ? Lo negherei recisamente . Ma , qui ancora , gli italiani sentono l ' interesse dell ' uno , non quello di tutti . Pare naturale che si litighi accanitamente perché in un cortile , in una strada , il proprietario di fronte abbia alzato la costruzione di qualche centimetro più che non gli fosse consentito , ed ineccepibile che si faccia demolire se si era tolto un po ' di vista o di sole a chi poteva invocare una disposizione di legge o di regolamento ; ma quando è la popolazione , sono le generazioni avvenire , ad essere spossessate , il metro è diverso . Quante volte un sindaco ordina l ' arresto di lavori , il proprietario ricorre al Consiglio di Stato e chiede la sospensione del provvedimento ; e la causa si decide in fatto nell ' incidente di sospensione ; se l ' ordine del sindaco è sospeso ed i lavori continuano , nulla più a fare . Nemmeno il più appassionato amante di paesaggi romani o napoletani o di ricordi fiorentini o torinesi si sentirebbe di reclamare poi la demolizione dell ' opera ; l ' opinione pubblica direbbe che " esagera " , che non si può rovinare il costruttore in pro del paesaggio o della storia . Siamo sempre al " capo ha cosa fatta " , ai buoni propositi ( in avvenire saremo senza pietà , ma per questa volta ... ) , alla indulgenza . Dove non c ' è in gioco l ' interesse del singolo , ma quello della collettività , la sanzione sembra odiosa . C ' è una nota stazione montana che ho l ' impressione abbia iniziato la sua decadenza , da quando costruzioni di casamenti , col criterio di far rendere le aree di maggior valore , hanno tolto alle vie l ' incantevole vista dei monti e della valle . Da anni questo era paventato , ed era sul tappeto un piano che limitasse le costruzioni in quelle aree ; ma come recar dispiacere a Tizio , Caio , compaesani , a vantaggio di una collettività , sia pure di tre o quattromila persone ? In questa vicenda - danno di tutti per non osar contrastare all ' interesse di pochi - è un po ' la sintesi della nostra vita nazionale .
Non più cappelli per le vie d'Italia ( Jemolo Arturo Carlo , 1957 )
StampaQuotidiana ,
Non più cappelli per le vie d ' Italia . È una delle note visive che contribuisce a rendere inconfondibili i colpi d ' occhio d ' oggi con le immagini della mia infanzia . Nell ' orbita maschile , qualche berrettino su teste di vecchi cadenti , che camminano appoggiandosi al bastone , evoca tristi immagini d ' infermità e di ospizio . Resistono , specie nel mezzogiorno , i cappelli tondi dei preti che or è un secolo sostituirono il tricorno : i giovani preti vanno senza cappello o portano il basco . Anche i copricapo di divise si restringono , accennano a scomparire : non più gli imponenti berretti , alti , adorni di ben cinque galloni , che davano tanta maestà al controllore ferroviario , il quale allora indossava la redingote ; non più i rigidi berretti cari agli ufficiali della prima guerra mondiale ; berretti appiattiti , baschi , bustine : è il declino , il passo verso la scomparsa . A tratti l ' uniformità è rotta : larghissimi cappelli di paglia ordinaria , portati da stranieri , che considerano l ' Italia il Paese del sole : nessuno li guarda . Mi dicono che in Brasile è considerato un insulto al Paese coprirsi col casco coloniale . L ' italiano è superiore a queste suscettibilità e lo straniero si sente intimidito , al secondo giorno lascia in albergo il sombrero . In Alta Italia il copricapo femminile l ' inverno ancora oppone qualche resistenza : da Roma in giù è pressoché scomparso : scialli o cappucci . Mi duole veder mutare anche in questi dettagli il quadro che conobbe la mia giovinezza , quando l ' alternarsi dei copricapo segnava pure l ' ordine che l ' uomo pretendeva d ' imporre alle stagioni . C ' era il giorno in cui s ' inaugurava la paglietta , e se pure il tempo fosse mite era di cattivo gusto portarla dopo il primo di ottobre . Mi duole il declino di un prodotto che ha dato vita ad una grande industria nazionale , ad una industria che si è affermata nel mondo , esportando ampliamente . Non so dolermi della scomparsa di un segno tangibile di distinzione delle classi . Perché tale era . Il copricapo della classe operaia era il cappello a cencio tondo , la caciottella ; che vedete nelle fotografie che riproducono scene dei primi scioperi , dei primi moti , intorno al 1890; si mescolavano berretti di pelo l ' inverno , ed un po ' più tardi , i berretti " da ciclista " , con la visiera di panno . La lobbia segnava il passo dal popolo alla borghesia : cominciavano ad usarla , senza esporsi al dileggio dei compagni o dei più umili , il commesso di negozio , il piccolissimo impiegato ; fu un ' affermazione dell ' operaio specializzato , quando sorse in luogo dell ' artigiano . Il cappello duro significava la rivendicazione di un posto almeno nella media borghesia : il cappello del professionista , del cavaliere . Il cilindro non l ' ho visto che come cappello da cerimonia - un funerale non aveva tono se non c ' era qualche dozzina di cilindri - : qualche vecchio signore ancora lo portava sedendo in carrozza al corso che non mancava in nessuna città , e soprattutto guidando il tilbury . Scomparso presto il cilindro come cappello della vita quotidiana , sopravvissero per un buon decennio ancora i mezzi - cilindri , cappelli rigidi di feltro , mescolanza di cappello duro e di cilindro . Credo che in Piemonte siano durati più che altrove : qualche mio insegnante universitario ancora usava il mezzo - cilindro . Dall ' essere la lobbia ed il cappello duro cappelli borghesi , derivava il loro rifiuto da parte dei vecchi socialisti , che usavano cappelli che non erano quelli dell ' operaio , ma piuttosto il copricapo dei mazziniani risorgimentali : molli , tondeggianti , a larghe tese . Lo portava Enrico Ferri , era il contrassegno socialista di Guido Podrecca , che l ' amore della musica aveva spinto ad accettare la marsina per le sere dell ' opera : tondo e floscio , ma a piccole tese , il cappello di Turati , che appariva accanto al modestissimo cappellino nero della inseparabile Kulisciof : ma Claudio Treves che nella passeggiatina nel primo pomeriggio intorno a Montecitorio si accompagnava con loro , aveva una lobbia non scevra di eleganza . Il cappello era anche altrimenti un simbolo politico . I monarchici tradizionalisti irridevano ai repubblicani , che volevano porre a Capo dello Stato , e pur delle forze armate , un signore in cilindro : gli agnostici intorno alla forma di stato dicevano che non valeva la pena di una rivoluzione per avere un capo in cilindro o in cheppì . Dubito che agli occhi di molti semplici un primo colpo il prestigio della monarchia italiana lo subisse quando intorno al 1905 fu soppresso l ' elmo ed il pennacchio dei generali . Ma il distacco sociale più profondo lo segnava il cappello femminile , c ' era un solco incolmabile tra la donna " in capelli " e quella " che portava il cappello " : strazio della famiglia piccolissimo - borghese , cui mancavano sempre diciannove soldi per fare una lira , se il figlio sposava una ragazza - magari prole di agiati bottegai - che " non portava il cappello " . Grido di rancore di classe quello che risuonava di continuo nei mercati romani quando la moglie del piccolo impiegato voleva tirare troppo , pretendeva eccessivi ribassi : la rivenditrice sdegnata gridava alto : " E ce porta puro la ciavattella " . Angoscie non troppo dissimili da quelle di un ' abiura o almeno di un uso di passaporto falso , allorché l ' agiata popolana , la " minente " romana carica d ' ori come una madonna e dal portamento altezzoso , alla vigilia di un viaggio era persuasa a mettere il primo cappello : perché , le avevano detto , all ' estero o al nord , senza cappello non si è rispettate . Ricordo penoso di poveri cappellini , spennati e rossastri , ultima difesa di vedove , di decadute : che si abbarbicavano a quel simbolo per non confessare che non erano più delle borghesi . Visione così penosa , per visi ben noti che nel ricordo si profilano sotto quelle larve di cappellini , da annullare la gioia che mi darebbe la rievocazione dei buffi cappelli che vidi nella mia infanzia - ceste con ogni sorta di fiori , di erbe , di uccelli , in cima alla testa , mezzi meloni con pennacchio alla bersagliera - o l ' altra visione , che invece mi accarezza l ' occhio , dei larghi ricchi cappelli che ombreggiavano il viso , degli svelti tricorni , delle estive pamele in pizzi o tela e nastri , in voga intorno al 1910 ( gli anni di Gozzano : " La nera chioma ondosa - chiusa nel casco enorme " ) . Il cappello maschile con la sua scomparsa ha eliminato un segno di distinzione di classi . Il cilindro da cerimonia è una divisa che ha sostituito la feluca delle uniformi civili descritte nei decreti della unificazione e , più accuratamente , in quelli dei primi anni del fascismo . Un direttore generale od un capo di gabinetto debbono possedere un cilindro , ma un duca ne può fare a meno . Nell ' ambito femminile le cose sono sempre meno semplici , ed è sempre maggiore la possibilità di ritorni . Scomparsi i cappelli da passeggio , restano quelli dei ricevimenti pomeridiani , per le cerimonie mondane , in genere : cappelli neri piattissimi e larghi tutti eguali tra loro , o semplici decorazioni intorno alla chioma : fiori , arabeschi , piumaggi , minuscole cuffiette , che paiono copiate da ritratti di dame del Settecento . La linea divisoria segnata dal possesso di questi cappelli non coincide con quella ch ' era marcata dal cappello dell ' Ottocento , corre più in alto : non più distinzione tra popolo e borghesia , ma tra alta borghesia e tutto il resto . Gli uomini politici possono trovare argomento di meditazione , ed i partiti di sinistra di compiacimento : la media e la piccola borghesia sono saldate al proletariato . Signore austere , che tengono ad affermarsi per quello che sono , scrittrici o giornaliste o professoresse , le vedo , talora rifiutarsi a questi cappelli rappresentare in un ricevimento la minoranza delle teste né coperte né addobbate . Non credo che neppure questa trincea opposta alla mescolanza delle classi sia destinata a durare : o il cappello da ricevimento scomparirà o si generalizzerà in ogni ceto . Più attendibile la seconda ipotesi . Con altrettanta facilità potessero scomparire le reali trincee , che sono costituite non solo dalle differenze delle fortune , ma da quelle dei gusti , delle abitudini , degli atteggiamenti dello spirito , dei modi di ragionare . Perché , ahimè , a dispetto di ogni logica formale a base di sillogismi , dipende dall ' ambiente in cui ci si è formati ( oltre , va da sé , che dallo spirito di sopraffazione che più o meno vivo è in ogni uomo , almeno nella prima parte della sua vita ) che , troppo spesso , per gli uni due più due faccia quattro , e per gli altri invece cinque .
Libertà e morale ( Jemolo Arturo Carlo , 1960 )
StampaQuotidiana ,
Sospetto di quanti non si dicono fautori della libertà , semplicemente , ma della « ben regolata libertà » o della « libertà di fare il bene o di asserire il vero » . Libertà è quella di asserire ciò che per altri , fosse pure per la maggioranza , è il male , è l ' errore . Detto questo , bisogna pur distinguere tra libertà di far propaganda di idee , libertà di operare , libertà di eccitare impulsi irrazionali . È la prima che va difesa , contrastando ad ogni limite che si tenti di imporle ; perché è quella veramente feconda , che tutte le tirannie temono , assai più che le bombe ed i pugnali . E sempre il buon senso delle masse ha saputo distinguere tesi ardite e follie ; le stravaganze , finché sono state sostenute come dottrine , non hanno mai trovato seguaci . Una completa libertà di operare è impensabile ; non c ' è popolo né regime che non abbia un codice penale . Potrà essere liberale , considerare reato solo ciò ch ' è nella coscienza di tutta una civiltà , od illiberale , e punire colpe che son tali solo per chi segue una certa dottrina politica od una fede religiosa ; ma un codice penale non può mancare . I pericoli maggiori vengono non dalle idee , ma dagl ' impulsi irrazionali ; un paese è esposto ad ogni pericolo quando i suoi cittadini non operano più mossi da idee , ma al suono di fanfare . Le ubriacature delle masse che marciano scandendo certi ritornelli , sillabando certe parole , per vie pavesate di giorno , trasformate da bengala accesi la notte , le ricordiamo . I fanatismi politici e religiosi non nascono dalle dottrine , ma sono esplosioni dell ' irrazionale . Non si può sostenere una libertà di coltivarli . Tutto il regno del sesso appartiene all ' irrazionale ; la morale sessuale , i precetti religiosi in materia , sono tentativi d ' imbrigliare questo ambito dell ' irrazionale , insopprimibile nell ' uomo , elemento di conservazione della specie . Sulla necessità di tale imbrigliamento tutti d ' accordo ; è anzi il lato dove atteggiamenti in ogni altro campo antitetici coincidono ( non è strano che critici cattolici abbiano detto che negli ultimi festival del cinema i loro sguardi avevano riposato sui film sovietici , castissimi ) . Se sul finire del secolo scorso anarchici e socialisti parlavano di libero amore , intendevano con ciò combattere istituti che sembravano loro supporti della società borghese , ma non pensavano davvero ad uno scatenamento dei sensi . Bacchelli nel Diavolo al Pontelungo descrive la purezza della unione tra Bakunin e la sua Antonia ; Martin du Gard ne L ' été 1914 , un socialista rivoluzionario , Meynestrel , che convive senza rapporti con la donna che ama . Esagerazioni letterarie , probabilmente ; ma quando rievochiamo Turati e la Kulisciof , pensiamo a Filemone e Bauci . Ed è su un terreno moralistico che tutti i detrattori di un regime o di una società , li hanno imputati di libertinaggio . L ' accusa di sregolatezza nella vita sessuale è consueta nella polemica politica . Ma non occorre molta finezza per distinguere l ' accusa , anche pesante e massiccia , e l ' erotismo che vorrebbe cercare una propria legittimazione asserendo di castigare mores ; per sapere qual è il linguaggio della sentenza istruttoria che manda a giudizio l ' imputato di certi reati , e quello del cronista che vuole turbare il lettore . Non occorre essere maestri della penna per dire tutto , anche Stato , diritto , costume le cose più scabrose , senza suscitare immagini impure ; né critici acuti per riconoscere il narratore che veramente sente schifo ed orrore per il mondo che narra , che lo considera come l ' inferno in cui è pauroso essere immersi , e quegli che lo mostra come il Venusberg , sicché s ' ignora ciò che di gioia può dare la vita se non vi si è almeno una volta penetrati . Volere che intorno a certi problemi si faccia il silenzio , è tartufismo : non giova ad alcuna struttura sociale . Ma chi li affronta , se pure debba penetrare in dati ambienti inquinati , non può lasciarsene assorbire . Non fariseo che passa turandosi il naso e sollevando il lembo della veste , farà sentire anche ai caduti , ai pervertiti , che sempre li considera fratelli ; ma non potrà adottarne il linguaggio , confondersi con loro . Se il suo è un apostolato , religioso o laico , deve muovere da un intento di sollevare , da una distinzione di alto e di basso , di caduta e di redenzione ; sarebbe contraddizione assumere l ' atteggiamento qualunquistico del " tutti eguali " , che esclude in partenza l ' idea di mutamento . E poi chi esce dall ' anonimo per affrontare problemi morali o sociali o politici , ha il dovere di testimoniare per la sua causa . Se il rigorista è nella vita un peccatore , si profila la figura di Tartufo ; ma se è peccatore che combatte certe leggi , pur in sé discutibili , che pongono limiti all ' uomo , ognuno penserà ch ' egli difenda non una regola di bene universale , ma la propria libertà di commettere quello che per i più è peccato . Gli uomini di lettere , gli artisti che abbiano mosso anche solo il primo passo sulla via della rinomanza , non sono più turba ; chi " vive in vetrina " ha obblighi peculiari di nettezza morale . Al di sotto ed al di fuori dei comportamenti immorali c ' è la scurrilità del linguaggio . Come la bestemmia è per me anzitutto una prova di maleducazione , così la scurrilità è una forma di sciatteria , di poca pulizia mentale . Dimostra che si ha un arsenale scarso di parole , che dietro ci sono solo immagini poco pulite , che non si dispone di altre cui attingere , volendo calcare la mano su un ' affermazione , colorire una frase . Il linguaggio scurrile spontaneo è proprio solo degli strati inferiori , intellettualmente e moralmente . Ma c ' è la scurrilità voluta od acquisita di certe cerchie di cosiddetti intellettuali . Che possa essere usata come pennellata in un quadro , non lo escluderei ; la moralità di un ' opera , in particolare di un film , sta in definitiva nell ' effetto che produce . Ho difeso La dolce vita , perché in ogni uomo normale lascia la nausea per la società dei gaudenti , desta il desiderio della ordinata vita operaia o piccolo borghese , della famiglia sana , del lavoro , della notte fatta pei dormire . Ma guai quando la scurrilità diviene regola , quando l ' artista abdica , e si rivolge solo alla parte più incolta e più rozza del pubblico per far ridere col lazzo plebeo : riso meccanico ; ogni umorismo è assente . Queste considerazioni non vogliono essere un elogio della censura . Resto avverso ad ogni censura . Da quell ' uomo privo di senso pratico , in particolare di senso politico ed economico , che sono , vorrei per il cinema un solo provvedimento : gli aiuti statali elargiti al termine di ciascun anno da una commissione di scrittori e critici ( esclusi i funzionari ed i politici ) che esaminasse la produzione di ogni casa attribuendo punti negativi ai film di cassetta , a quelli spettacolari , o privi di pensiero ed infarciti di lazzi plebei , punti positivi ai film d ' arte ed a quelli che inducono a riflettere sui problemi religiosi , politici , sociali . Non elogio della censura , ma eccitamento nello scrittore , nell ' artista , del suo senso di responsabilità ; invito al pubblico a non indulgere all ' uomo che sta sulla ribalta , come se fosse sciolto dai legami imposti all ' uomo comune , ma ad esigere da lui maggior rigore di vita .
Disobbedire allo Stato? ( Jemolo Arturo Carlo , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Ho sotto gli occhi la lunghissima sentenza con cui la Corte di Firenze , riformando la sentenza di quel tribunale , condanna il padre scolopio Ernesto Balducci ad otto mesi di reclusione , con la condizionale , per istigazione a delinquere , in relazione ad un articolo scritto a proposito della condanna da parte del tribunale militare del giovane cattolico Giuseppe Gozzini , obiettore di coscienza . Accorda le attenuanti generiche che non si negano ad alcuno che sia incensurato , ma rifiuta la diminuente dei motivi di particolare valore morale e sociale . Non è certo questo il luogo per discutere la sentenza . Ma tra le cose che in essa mi colpiscono sono certe affermazioni , come quelle : " secondo il diritto positivo italiano non è ammissibile la ribellione del cittadino contro le leggi o contro una dichiarazione di guerra , nemmeno in nome delle pretese leggi morali e della pretesa giustizia naturale che ne fossero offese " ; " inammissibile è il potere di sindacato sulla giustizia della guerra " . E quando leggo queste frasi , penso che dal processo di Socrate ad oggi siamo sempre - e saremo probabilmente domani , perché certe antitesi sono eterne e non eliminabili - al medesimo punto : come debba superarsi il contrasto che si delinei tra la legge dello Stato e la coscienza dell ' uomo , tra il rispetto agli dèi della patria e quello agli dèi universali , al Dio che ha tutti gli uomini per figli e tutti ama egualmente ed tutti impone di sentirsi fratelli . Eppure qualche direttiva ventiquattro secoli di meditazione , il cristianesimo , con la sua distinzione tra religione e consociazione civile , il liberalismo dovrebbero darla . La parte di Cesare è l ' esteriorità , tutto quello che è denaro , beni terreni , anche il tempo e l ' occupazione del cittadino quando siano tali da non destare problemi morali ; la parte di Dio , cioè della coscienza , è il pensiero , il giudizio , la libertà di parlare . Non sono due ambiti tra cui si possa tracciare una linea nettissima , il pensiero e la parola non sono senza effetti sull ' azione ; tuttavia ciascuno di noi sente che non è mortificante obbedire , anche interamente e fedelmente , il superiore , in quel che comanda , ma avvilente sarebbe dovere fingere di ammirarlo , dover subire la imposizione dei suoi giudizi e dei suoi pensieri . ( Una distinzione chiarissima sempre in me , questa tra l ' obbedienza nell ' agire e la difesa del proprio giudizio ; dovevo avere cinque anni , ed ero un bambino obbediente , ma m ' infuriavo se mi si voleva costringere a fingere di essere persuaso di ciò di cui non lo ero , se non mi si lasciava dire : obbedisco , ma so che voi avete torto ed io ho ragione ) . E sappiamo altresì che tutte le conquiste sono state fatte biasimando le leggi vigenti e chiedendo il loro mutamento , ma altresì criticando il modo con cui i giudici le applicavano , ritenendo errate od aberranti certe interpretazioni . E bene fare questo nel modo più cortese , perché la villania e l ' acredine non giovano mai , ma è doveroso farlo . E pure sapendo che si può compierlo in modo tale da non cadere sotto alcuna sanzione di legge , tutti i reati di vilipendio , di apologia di reato , restano invisi , perché possono essere rèmore all ' esercizio di questa libertà , essenziale e benefica per ogni corpo sociale , sia la Chiesa , sia lo Stato , sia il partito , che sarebbero isteriliti dal supino ossequio . E l ' uomo che affronta una pena certa perché la sua coscienza gli dice di fare così , perché agendo diversamente infrangerebbe la sua legge morale , non può essere considerato alla pari del delinquente , che non afferma nessuna legge universale , che non s ' ispira ad alcuna visione di un mondo migliore . I vecchi criminalisti distinguevano delitti infamanti e non infamanti , con distinte pene ; il codice Zanardelli conosceva la reclusione e la detenzione , quest ' ultima riservata sostanzialmente ai reati che nella coscienza comune non insudiciano l ' uomo . Fu il codice penale Rocco , sempre in vigore nel diciottesimo anno della Repubblica , che non volle più questa distinzione , che proclamò non esserci diversità tra il delitto politico e quello comune ( serbando anzi per il primo i massimi rigori ) . E questa confusione mi sembra proprio la colpa contro lo spirito , l ' offesa alla coscienza . Giacché mi rendo conto che lo Stato possa dover punire chi non vuole osservare la sua legge ; e so anche immaginare come austera , e tale da non ingenerare odio ma reciproco rispetto , la scena in cui il giudice dello Stato dice all ' imputato : - organo di una struttura nei cui principi io credo , che voglio conservata , privo della libertà te , che rifiuti di sottoporti alle sue leggi ; penso che mi comprendi , perché tu pure veglieresti alla conservazione di quel tuo Stato ideale , dai principi opposti a quelli del mio , e mi condanneresti se io ne fossi il cittadino ribelle - . Ma guai se il giudice non abbia la distinzione netta tra le due colpe , se non provi rispetto per chi affronta la pena per non venir meno a quel che la coscienza gli detta . E se il giudice è compenetrato in una struttura liberale sentirà che i reati di vilipendio , di apologia , d ' incitamento a comportamenti politici , sono storture nella sua legislazione , ed in tali materie darà sempre l ' applicazione più liberale alla legge . Temo che non si rifletta abbastanza a tutto il male che reca quella mancata netta distinzione tra infrazione politica ed infrazione alle norme che proteggono la integrità della persona , il buon costume , la proprietà ; tra le due lotte , quella che ogni struttura politica conduce contro chi vorrebbe mutarla ( e che ha in assonanza la lotta che sul terreno amministrativo ogni governo mena contro gli avversari , siano pure avversari che abbiano tutti i crismi della legalità e della costituzionalità ) e quella alla delinquenza . Da quando son nato sento parlare del rispetto che si ha in Inghilterra ed in altri Paesi per la polizia , lamentandosi che questa non goda di un corrispondente affetto in Italia . Ma le polizie che godono di prestigio sono quelle che non sono mai adoperate a scopi politici . Se si riuscisse a stabilire una grande convenzione per cui restassero sempre separati , senza commistioni mai , gli organi dello Stato che debbono asseverare e difendere le basi politiche fissate in una costituzione , e magari anche provocare consensi al governo , aiutarne i sostenitori ( posto che proprio si debba ammettere che ci siano uffici statali aventi tra i loro compiti di orientare i voti degli elettori , politici ed amministrativi ) , e gli altri organi che debbono combattere la delinquenza , quante maggiori simpatie e consensi fluirebbero verso questi ultimi . Il carattere comune delle dittature ( e di tutte le temperie che le anticipano ) è di vedere nell ' avversario il cattivo . In un regime liberale gli avversari saranno teste calde , teste matte , teste pericolose ; ci potranno essere i processi a Mazzini , le detenzioni di Garibaldi ; ed anche giudizi più energici , più sommari , che troviamo nelle corrispondenze e nelle cronache dei generali , degli aristocratici , anche degli uomini di destra ; ma non c ' è mai la confusione del repubblicano , del ribelle con il delinquente . Potrà avere vigore la più rigida obbedienza militaresca , ma c ' è sempre la libertà del giudizio ; cui si accompagna il disprezzo per l ' uomo che è costantemente dell ' avviso del superiore , chiunque questi sia . Certo , nello Stato , nella Chiesa ( persino nel partito ) è indispensabile l ' obbedienza ; certo , non può il cittadino né il credente disobbedire ad ogni regola che non approvi ; quando si tratta dell ' agire , del comportamento esteriore , l ' obbedienza è la norma , che trova solo quel limite di una legge morale in cui il cittadino crede ( e si ammette persino in dati casi un possibile contrasto tra il diritto canonico e la legge di Dio ) . Ma quando si profila quel contrasto di leggi morali , e se anche - come penso - il giudice sia tranquillo ritenendo che l ' etica su cui poggiano le leggi ch ' egli applica sia la vera , dovrà il rispetto ( ed anche quell ' ammirazione che non si nega mai all ' uomo che soffre per la sua fede ) all ' imputato che condanna . E meglio sarà non tocchi quei temi della giustizia naturale e delle leggi morali ; ché fuori del diritto positivo egli non ha autorità . La scelta l ' ha certo compiuta allorché ha indossato la toga e mentre continua ad indossarla , ché quell ' abito deve significare ch ' egli crede nella giustizia delle leggi che applica ; ma quella scelta che ha compiuto nel suo cuore non può imporla ad altri ; questi li potrà condannare , ma come uomo si augurerà di avere la stessa forza il giorno in cui dovesse soffrire per i principî in cui crede .
La giusta via ( Jemolo Arturo Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Vorrei che il raduno della Resistenza non fosse soltanto una cerimonia ufficiale ed un corteo per le vie di Roma ; ma incitasse tutti gli italiani ad una giornata di meditazione . Man mano che gli anni passano , ci è sempre più chiaro che la Resistenza non fu un semplice fatto di lotta interna , la vittoria di una parte sull ' altra . Quando diciamo che la Resistenza è stata una prova positiva data dal popolo italiano , ed un momento saliente della sua storia ( non oso dire un momento felice , pensando ai lutti ed ai dolori senza fine che l ' hanno accompagnata ) , non pensiamo più con rancore a chi era dall ' altra parte , a quelli che sono stati i vinti della Resistenza . Tredici , quattordici anni sono passati , i rancori sono spenti . Pensiamo semplicemente alla prova che il popolo italiano diede di saper scegliere la giusta via , alle testimonianze di coraggio , di bontà , d ' intelligenza ch ' esso fornì . Il popolo italiano scelse una via . Non rende esattamente la storia il dire che si divise . Perché da una legalità , da un regime onnipotente , da strutture saldissime durate venti anni , non sorsero che le gracili impalcature della repubblica sociale e delle sue scarse milizie , fittizie strutture all ' ombra dell ' esercito tedesco ; non una banda , non un ' ombra di guerriglia dove i tedeschi avevano sgombrato . La resistenza contro un nemico ancora forte , a cui favore avrebbe ancora potuto volgersi la sorte delle armi , contro un nemico da cui non si poteva sperare clemenza né pietà , la guerriglia con mezzi rudimentali , con operazioni disperate , si ebbe da una parte sola . E dietro di essa c ' era tutto il popolo italiano , in una infinita gradazione , da quegli che non avrebbe mai ucciso , ma rischiava spargendo chiodi dove dovevano passare le camionette tedesche , a quegli che nulla sapeva se un tedesco od un fascista l ' interrogava , ed avrebbe negato il sole di mezzogiorno pur di non nuocere con una risposta alla resistenza armata , a quegli che nascondeva con un pericolo il ricercato , giù giù , fino a quegli che si limitava ad ascoltare la Radio Londra , o che , neppure rischiando questo , opponeva un viso inespressivo ed uno sconcertante silenzio all ' amico fascista che versava nel suo seno le proprie speranze . Chi rammenta quei giorni , ben sa che l ' anima dell ' Italia la si coglieva tutta nell ' ambito dell ' antifascismo . Vi confluirono movimenti disparatissimi , che mai prima si erano incontrati , e mai più si sarebbero ritrovati concordi . E qui pure vorrei cessasse la gara - oggi , non allora , accesasi - dei meriti reciproci . Riconoscendo lealmente che nelle azioni di guerra ebbero parte soverchiante gruppi e movimenti , di cui il partito oggi dominante non può certo considerarsi l ' erede ; ma soggiungendo subito che la Resistenza non può ridursi all ' azione armata ; e che in opere di bontà , nel nascondere i ricercati , gli ebrei , nello sfamare chi non aveva tessera , tutti concorsero ; ed il clero italiano , secolare e regolare , scrisse una sua pagina bellissima . Le azioni di bontà , ch ' erano anche di coraggio civile , di superamento d ' inibizioni legalitarie , di scoperta d ' un imperativo morale che era diverso da quello di tutte le formule insegnateci e talora ad esse opposto ( penso al giudice , al prete , al vecchio ufficiale , che concorrevano a formare l ' atto notorio falso per dare un documento di riconoscimento od una tessera alimentare al perseguitato ) : meritano di venire ricordate accanto alle gesta di guerra . Ma la Resistenza non era cominciata nel '43; si protraeva dal '22 , qui pure con vari gradi . E se dobbiamo chinare la fronte rispettosi dinanzi a quelli che affrontarono il carcere o la povertà nell ' esilio , ai protagonisti della fuga di Turati e della evasione di Rosselli ; se dobbiamo ricordare con ammirazione i pochissimi che rifiutarono il giuramento di fedeltà al regime ( Martinetti , Raffini padre e figlio , De Sanctis , Levi della Vida , Volterra , Nigrosoli , Buonaiuti , Venturi , De Viti de Marco , Carrara , G . Errera , che lasciavano la cattedra che tanto avevano onorata ) , gli operai che rischiavano tutte le vessazioni per non prendere una tessera , per continuare a festeggiare clandestinamente il 1 . Maggio : dobbiamo anche avere presente che il regime si sentiva debole ed in pericolo perché sapeva che dietro quest ' animosa resistenza ce n ' era un ' altra che portava il suo distintivo , che non voleva rischiare , ma che gli negava la propria anima . Non si possono certo paragonare gli uni agli altri , quelli che generosi osarono e quelli che non vollero cimentarsi . Ma lo storico deve pur cogliere che se il fascismo restò con una intrinseca debolezza , fu perché sempre seppe che tra gli italiani che vestivano i giorni di comando l ' orbace e facevano il saluto romano , moltissimi non erano illusi . Non credevano nell ' impero , non nell ' autarchia , non nella volontà di potenza che spezza le leggi economiche ; e quando sorse l ' Asse , ebbero chiarissima la visione che la sua vittoria sarebbe stata la peggiore delle sventure per l ' Italia e per il mondo . Prova d ' intelligenza , questa di aver saputo resistere ad una propaganda di ogni giorno e di ogni ora , cui purtroppo recavano il loro contributo scrittori ed accademici illustri ( non tutti , ma alcuni sì ) , che aveva a sua disposizione tutta l ' editoria , tutta la stampa , tutti i mezzi di diffusione . Prova di un certo coraggio , morale ed intellettuale , quella di compiere lo strappo rispetto ad un abito mentale , è non augurarsi la vittoria del paese sceso in guerra , intravedendo un ' Italia che ha una storia millenaria e che avrà ancora secoli e secoli di vita , e sapendo distinguerne le sorti da quelle dello Stato uscito da tutta la sua tradizione per contrarre un ' alleanza errata . Ma anche segno di un profondo senso morale , conferma che Manzoni e Mazzini sono carne della nostra carne , la ripugnanza ai sistemi del nazismo ; il dire " no " all ' apoteosi della violenza , alla conquista , ad un sogno di dominazione su riluttanti ; il diniego deciso che la quasi totalità degli italiani ( meno pochissimi , che qui si resero davvero estranei al loro popolo ) opposero alla persecuzione razziale . In questo giorno penso anche ai vinti della Resistenza : con pietà per quelli che furono i loro caduti . Ogni uomo di coraggio , chiunque cade per la sua idea , chiunque accetta rinunce pur di non mutare bandiera , merita un riconoscimento . E distinguiamo moralmente i fascisti che sono rimasti fermi nelle loro posizioni , da quelli che hanno accettato ogni camuffamento , pur di restare a galla . Non possiamo andare più in là ; non cadere in un agnosticismo . Che tutte le cause possano avere dei martiri , non permette di conchiudere che tutte siano eguali . Non si può credere nella fraternità degli uomini , accarezzare l ' ideale di popoli pacifici , che abbiano deposto per sempre le armi della guerra , ritenere superiori ad ogni altro gli ordinamenti liberi , e giudicare fecondo il sacrificio di chi cadde combattendo contro questi ideali . Quanto a quelli che furono uniti tra il 1943 ed il 1945 ed oggi si ritrovano , sarebbe contro la storia e contro le leggi della vita augurarsi che possano promettere di non combattersi . Gli anni sono passati ; le aspirazioni che gli uni e gli altri hanno oggi , sono inconciliabili . Vorrei solo si guardassero come i commilitoni che sono pur stati ; e promettessero di combattersi da soldati : dichiarandosi i propri obiettivi , dando il bando alle reciproche calunnie , non risparmiandosi anche colpi rudi , ma rispettandosi ed ignorando l ' odio .
Unità e Regioni ( Jemolo Arturo Carlo , 1966 )
StampaQuotidiana ,
In quella che Einaudi chiamò " la grande speranza " , la speranza formatasi negli anni della Resistenza , di una Italia rinnovata , dove tutti i cittadini partecipassero alla vita collettiva , si sentissero organi dello Stato , desiderassero un paese pulito , retto da una legge severa , che non lasciasse adito ad arbitrii , le Regioni avevano posto non secondario . Basta con il centralismo , basta con le striminzite strutture provinciali che dalla unificazione non hanno potuto pesare sugl ' indirizzi generali dello Stato ; vengano avanti le Regioni , unità naturali , poste in luce anche da quel dialetto , combattuto dal fascismo , ma che ha dato vita ad opere d ' arte di primo piano - Porta e Belli , un gradino più sotto Pascarella , - che attraverso Trilussa ha aiutato la resistenza al regime , con la cui voce si è espresso il teatro più popolare . Nella prima seduta della commissione per la riforma dello Stato che aveva insediato il presidente Bonomi , con l ' on. Bogianchino ci chiedevamo se non si potesse definire l ' Italia come Stato federale . Non che pensassimo a scindere l ' unità ; non volevamo neppure qualcosa come i Cantoni svizzeri , che hanno magistrature a sé ; meno che mai pensavamo agli ardimenti che furono poi dello statuto siciliano , la polizia alle dipendenze del presidente regionale , una corte paritaria a dirimere i conflitti con lo Stato ; guardavamo piuttosto ai vecchi Laender austriaci , con piccoli Parlamenti , che dettassero leggi in materia agraria , mineraria , di opere pubbliche , d ' igiene e sanità , d ' istruzione primaria e magari anche secondaria . Vedevamo chiaro come si sarebbero formate le Regioni . Una legge avrebbe stabilito quali potessero essere le loro incombenze , lasciando ad ognuna di assumersele tutte od alcune soltanto . E naturalmente la prima attuazione sarebbe stata nelle Regioni settentrionali , che avrebbero costruito il modello . Qui c ' era già l ' embrione con i Comitati di Liberazione Nazionale disposti scalarmente in cerchie di territorio sempre più larghe , ed al vertice quel Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia , così ricco di competenze . Qui c ' era ah antiquo l ' avversione a Roma ed alla burocrazia romana ed il desiderio di fare da sé ; qui c ' erano le migliori tradizioni , bilanci in pareggio , fiducia dei cittadini nell ' amministrazione , non pletora d ' impiegati . Queste regioni - Piemonte , Lombardia , Liguria - dovevano essere la guida . Pensavamo anche che attraverso le Regioni i giovani dell ' Italia settentrionale avrebbero ripreso ad entrare nell ' amministrazione , che da tempo disertavano , e si sarebbe così ripristinata una sana tradizione . Immaginavamo che essere maestro in una di queste Regioni sarebbe stato titolo di cui ci si sarebbe fregiati più assai di quello di " statale " . La prima delusione venne proprio da queste Regioni , nessuna delle quali mostrò di aspirare affatto a formare il nuovo organismo . Le aspirazioni regionali , Valle d ' Aosta e Trentino a parte , furono delle zone dove la tradizione amministrativa era meno brillante , dov ' era ad attendersi che subito si sarebbe formata la pletora degli impiegati . Un duro colpo le speranze ricevettero alla Costituente , quando si decretò il mantenimento delle Province . Nella nostra visione non c ' era l ' idea di un accentramento , che i vecchi capoluoghi di provincia Storia d ' Italia non avessero più uffici a disposizione del pubblico ( se pure tutti noi , regionalisti del 1945 , ricordassimo che le comunicazioni erano alquanto mutate dalla unificazione ) ; ma avremmo voluto la Regione unica persona giuridica con unico patrimonio e bilancio , unica , poco numerosa , burocrazia : decentrata magari anche nei vecchi capoluoghi di circondario , quando fosse opportuno . La Provincia con quelle poche attribuzioni brefotrofi e manicomi , laboratori d ' igiene , strade provinciali , norme sulla caccia - non ci sembrava dovesse continuare , e soprattutto non vedevamo : Province più Regioni . Delusione ancora più grande : il constatare che gli italiani possono dire male della burocrazia statale , che gl ' impiegati dello Stato possono considerarsi vittime , ma che nessuno statale è disposto a divenire dipendente di un ente locale , fosse pure il più ricco , quello circondato dalla migliore fama , quello più generoso . Uomini politici di qualsiasi partito possono anche tenere discorsi a favore dell ' autonomia dei Comuni , del diritto che si debba loro riconoscere d ' imporre tributi fuori dei quadri delle leggi statali , di assumere iniziative in ogni campo ; ma occorre tacciano intorno alla grossissima menomazione che venne portata a quell ' autonomia nel periodo fascista , e che credo non abbia riscontro in alcun regime libero , di porre a capo dei loro uffici un funzionario statale ; debbono tacere , perché tutti i segretari comunali , come tutti i maestri , desiderano restare statali . Ed i giovani dell ' Alta Italia continuano a disertare la burocrazia ; senza spiegazioni economiche ; conosco moltissimi professionisti che guadagnano meno dei loro coetanei entrati nei ranghi governativi ; ma tant ' è , quella diserzione si dà . Ultima delusione . Immaginavamo che nei rami di attività che sarebbero stati affidati alle Regioni i Ministeri non sarebbero rimasti che come organi di coordinamento , che dessero direttive , risolvessero conflitti ; un piccolo stato maggiore . L ' attuale burocrazia passata alle Regioni ; dove c ' erano venti capidivisione , diciannove sarebbero passati alle Regioni , ed uno rimasto al Ministero . Ci rendemmo conto che la burocrazia romana non avrebbe accettato la riduzione di un sol posto , che nessun ministro avrebbe avuto la forza occorrente per allontanare da Roma un solo impiegato . Da quelle speranze sono passati oltre venti anni . Dobbiamo constatare varie cose . Dove si sono costituite le Regioni , malgrado gli inconvenienti che possono essersi verificati , nessuno vorrebbe tornare indietro e rinunciarvi . Il Trentino - Alto Adige , tormentato dalla questione tedesca , dà tuttavia le ottime istituzioni locali ( ad es. casse di malattia ) ch ' era ad attendersi . La Sicilia ha dato una grande prova di patriottismo italiano e di buon senso accettando un tacito adattamento del suo statuto , sì che fosse intatta la sovranità nazionale : con alcune rinunce ed alcuni compensi ( le azioni al portatore ) rispetto a quel ch ' era ivi previsto . Alcune Province , pure restando le loro competenze nel limitato vecchio quadro legislativo , danno , grazie ai loro amministratori , prova di attività , costituiscono coordinamento di energie , collegamento d ' iniziative ; penso a Torino ed a Cuneo , a Bologna ed in genere alle Province emiliane , che si tengono in costante rapporto tra loro per utili studi e progetti . Si costituiranno le Regioni previste dalla Costituzione ? Non lo sappiamo . Se sì , non saranno certo quelle che vagheggiavamo nel '45 , non rappresenteranno quel distacco da Roma , quella reazione al centralismo , quel vivo appello alle energie locali , quel chiamare il popolo a partecipare direttamente ad una politica che si vivificasse applicando ai problemi locali le direttive generali , che avevamo sperato nel '45 , allorché le Regioni sarebbero potute apparire le dirette eredi dei Comitati di Liberazione . Reagiamo come allora alla stolida accusa di chi pensa che le Regioni minerebbero l ' unità nazionale ; ma se non si creeranno , non saremo amareggiati per una nuova delusione . Certo , della " grande speranza " pochissimo si è realizzato ; però si è salvata la conquista essenziale , quella della libertà . E non si deve per le speranze che non si realizzarono , essere ingiusti . Le vecchiaie serene constatano le proprie sconfitte , ma non per questo disconoscono quel che possa esservi di positivo nel presente ; e non dimenticano che la storia la costruiscono , sì , gli uomini , ma la realizzazione dei loro piani è sempre approssimativa , quel che vien fuori non è solo il risultato di componenti diverse , ma avverte anche il tocco dell ' imprevedibile , diciamo pure del caso .
Lo spegnimento del roveto ( Jemolo Arturo Carlo , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Sono uscite quasi contemporaneamente la versione italiana della Storia d ' Italia dal 1861 al 1958 di Denis Mack Smith e le memorie Dalla monarchia alla Repubblica di Giuseppe Romita , di cui ha dato ampia notizia Salvatorelli . Due libri quasi senza punti di contatto tra loro , se pur qualche pagina di Mack Smith tocchi il periodo di Romita . Ma scorrendoli sorgevano in me quasi identici pensieri . Com ' è noto , lo storico inglese ritiene che vizi costituzionali abbiano impedito all ' Italia di diventare una nazione liberale com ' era stato nelle intenzioni di alcuni tra i suoi fondatori ; e pure riconoscendo la genialità di Cavour , il suo antivedere , gl ' inestimabili servizi resi al Piemonte tra il 1850 ed il 1855 con le riforme interne , lo accusa di opportunismo e di machiavellismo ; " in teoria era pronto ad ammettere che i mazziniani fossero meno pericolosi dentro che fuori il Parlamento , ma in pratica costrinse gli estremisti al metodo della cospirazione clandestina , impedendo loro di manifestare liberamente le proprie opinioni " . Con diverse parole , qualcosa di ciò era già nell ' appellativo dato a Cavour di grande realizzatore , nel raffronto tra le figure di Cavour e di Ricasoli che tracciava quarant ' anni or sono Gentile nel suo Gino Capponi . È dato comune che Cavour , pur di profonda cultura , fu l ' antitesi del dottrinario ; mai dominato da preconcetti , da idee fisse . Ma meno si accentua il peso ch ' ebbe in tutta la sua politica l ' avversione intima a ciò che sapesse di giacobinismo e quanto nella fase decisiva , nel biennio miracoloso 1859-61 , pesassero sue preoccupazioni : quella delle gare di campanile atte a minare la unità , che lo portò a proclamare Roma capitale necessaria , ponendo i problemi che nascevano dalla riunione nella stessa città della sede pontificia e del centro della nazione , problemi che dopo un secolo appaiono più reali e complessi che mai ; ed ancora , per questo timore di vedere insidiata l ' unità a mala pena raggiunta , la diffidenza per Garibaldi , l ' affrettata unificazione legislativa ed amministrativa del Mezzogiorno : un ' altra eredità non ancora smaltita . E per quanto sappiamo che son domande che resteranno senza risposta , siamo tratti chiederci : vide sempre bene Cavour ? l ' unità avrebbe davvero pericolato se si fosse nutrita maggior fiducia in Garibaldi , non si fossero preferiti ufficiali e funzionari borbonici a garibaldini , si fosse concesso alle regioni un ragionevole ambito di attività amministrativa , non messa l ' ipoteca su Roma ? e , prima ancora , l ' unità non si sarebbe lo stesso compiuta se le azioni avessero sempre corrisposto ai programmi , se si fosse lasciata piena libertà di parola a mazziniani ed a clericali , non si fossero toccati magistrati e funzionari , che non potevano rassegnarsi a veder legiferare in materia ecclesiastica malgrado le censure pontificie ? Ebbene , analoghi pensieri vo rivolgendo nel rievocare , attraverso le memorie di Romita , il 1944-'47 . Soglio chiamarlo il periodo del roveto ardente ; perché , a parte quello ch ' esso fu per la parte migliore dei partigiani , per i capi della Resistenza , il finire della guerra segnò per i più degl ' italiani un breve stato di grazia ; qualcosa di simile al benessere della convalescenza dopo una lunga malattia , all ' empito di riconoscenza verso Dio di chi sa ora che vivrà mentre aveva visto aperta la tomba . In quel momento si sarebbe forse potuto pur ottenere dal Papa un ritocco del Concordato . Ma certo si potevano porre nuove leggi improntate ad una austerità mazziniana , operare radicali riforme del sistema fiscale , stabilire il giuramento dei redditi con le più gravi sanzioni , ribadire il principio che il funzionario è al servizio del pubblico , ritoccare in pochi giorni il codice penale , dire " basta " a certe pratiche carcerarie e di polizia , sopprimere una sequela di uffici inutili . Per questo non era necessario fare vittime , ma occorreva mutare un certo numero di capi . Nel 1849 si era creduto che per ristabilire il senso della disciplina militare occorresse fucilare il generale Ramorino ; grave errore politico , errore giudiziario , anche , pensano molti storici del Risorgimento . Nel 1945 nessuno voleva ancora sangue ; ma se qualche generale ch ' era passato nel campo opposto a quello del suo re fosse stato degradato nel cortile di una caserma , non si sarebbe ferito il senso militare come lo si ferì riammettendo tutti nei loro gradi , facendo valere per tutti la scusa della coartazione . Penso con rossore alla epurazione ; che non colpì che gli umilissimi , e salvò tutti i potenti . Bonomi aveva stabilito , facendone modesta applicazione , una dispensa per gli alti funzionari ; gli sembrava che un prefetto che aveva presieduto a tutte le manifestazioni del regime , un ambasciatore che aveva reso difficile la vita agli antifascisti esuli , non potessero continuare a coprire i loro uffici , voltando casacca . Questo era sembrato ovvio ad ogni mutamento di regime , anche seguito in circostanze meno tragiche della caduta del fascismo . Ma De Gasperi ammise una opposizione dei colpiti , attraverso cui tutti rientrarono , salvo due o tre che sdegnosi non vollero muovere un passo ( e fu brutto che non li si riammettesse d ' ufficio , ché erano i più stimabili ) . Restò così tutta la vecchia burocrazia , che aveva profondamente assimilato dal fascismo il paternalismo , il principio che non si deve mai abbandonare l ' inferiore quando pure abbia torto marcio , nonché una profonda sfiducia verso le iniziative , municipalizzazioni o cooperative , care ai socialisti del principio del secolo ; un irridere alle " anime belle " , ai moralizzatori , a chi non si rassegna al " si è sempre fatto così " . Non si ridussero università ma si creò una pletora di nuove facoltà ; non si costrinsero i professori ed i magistrati a stare in sede ; si conservò e si accrebbe lo sfarzo negli edifici pubblici , lo sperpero del danaro pubblico in rivoletti infiniti , che non irrorano né fecondano alcuna zolla . ( Creazione di nuove Corti , tribunali , preture e mancanza di ogni attrezzatura , carceri in condizioni penose ; nuove facoltà , e non fondi per le ricerche scientifiche né per stroncare l ' analfabetismo ) . Perché seguiva ciò ? per uno stato d ' animo analogo a quello con cui si conchiudeva il Risorgimento : la sfiducia , la paura . Cavour come De Gasperi pensavano che dei muri maestri sarebbero crollati se si fosse degradato un generale , o semplicemente sostituiti i prefetti ed i direttori generali con elementi non di carriera , posto un Calamandrei a capo della Cassazione ; se si fosse accordata autonomia alle regioni , se i ministri avessero preso a riconoscere pubblicamente le malefatte ( poche e rare , ammettiamolo pure ; ma qualcuna ce ne sarà sempre ) dei loro funzionari . Temevano il caos . Ebbero ragione ? ebbero torto ? inutile domanda . Alcuni di noi penseranno sempre che dove non c ' era occupazione russa il comunismo mai si sarebbe affermato , e sarebbe invece fiorita una sana democrazia . Altri penserà l ' opposto . Ma l ' epilogo dei due risorgimenti ha questo tratto in comune : la mancanza di " pazzi in Cristo " o nella fede nella libertà ; nell ' uno e nell ' altro , uomini che avevano ed avrebbero ancora rischiato la vita , dato quella dei propri figli ; ma che , sia pure pensan do non a sé bensì all ' Italia , non sapevano dire " ogni viltà convien che qui sia morta " .
I valori della Resistenza ( Jemolo Arturo Carlo , 1960 )
StampaQuotidiana ,
Si parla troppo della Resistenza e troppo poco dei suoi valori . Duole di sentirla non tanto elogiare , quanto considerare inserita in un pantheon di divinità patrie , cui il cittadino deve bruciare un granello d ' incenso , da chi nutre in cuor suo avversione per quel periodo , e , anche se non ne serbi un ricordo perché troppo giovane , considera assetto ideale il fascismo : tutto regolato dall ' alto , non scioperi , non agitazioni , pene durissime per i rari ribelli , giornali tutti con gli stessi accenti , un buono , un vero , un bello decretati in un ministero e che ciascuno deve accettare . Si parla troppo della Resistenza e poco si riflette sui suoi valori . Nulla a stupire . In ogni religione è più facile genuflettersi e cantare inni che chinarsi al giogo delle leggi . Ma ammonirei a ricordare ciò che la storia di ogni paese insegna : quanto sia facile seppellire gl ' ideali innalzando marmi a coloro che li asseverarono . Quando ero bambino vivevano ancora i soldati del Risorgimento , quelli che avevano lasciato un braccio a S . Martino od a Custoza . Sotto la retorica ufficiale , non c ' era più un culto per loro ; il garibaldino , il reduce , nella narrativa di Pirandello , od anche nello sfondo di quella di Rovetta , quando non è un profittatore è un ingenuo , cui si guarda con compassione . Più tardi , abbiamo visto portare corone a Garibaldi ed a Mazzini degli uomini politici e sindaci che avevan succhiato col latte l ' avversione al Risorgimento , che detestavano tutti indistintamente i valori asseverati da Garibaldi e da Mazzini . " A egregie cose il forte animo accendono - l ' urne de ' forti " ; sì , ma solo il forte animo , e di chi abbia senso storico e viva in una tradizione . Ed il nostro tempo è poco incline ad inserirsi in tradizioni , ed ama guardare all ' avvenire , non volgersi al passato . Garibaldi , negli ultimi anni di sua vita , aveva avvertito questa necessità di guardare dinanzi . Nulla aveva mai chiesto per i suoi , ma neppure rievocava benemerenze passate ; bensì guardava agli sviluppi di un socialismo umanitario , ai problemi della emigrazione , proponeva leggi per la bonifica dell ' Agro romano . Bisogna asseverare i valori della Resistenza ; non parlandone in blocco , come di cosa nota , bensì discernendoli , mettendoli a fuoco , proiettandoli in ciò che si costruisce , in quanto si vuole realizzare domani . Ricorderemo allora che la Resistenza volle essere fenomeno europeo , avviamento ad una Europa unita nella libertà , dove ci fossero cordiali rapporti di popoli piuttosto che di governi . Conforme a questo ideale l ' Italia , dopo aver dovuto accettare col trattato di pace rinunce penosissime ( ho sempre in mente Capodistria ) , non si è attardata in rimpianti e deplorazioni . Ma era pure nello spirito della Resistenza parlare agli alleati più potenti con la sincerità che l ' amico povero , se vero amico , usa col ricco : non considerare , indifferentemente , Stati liberi e Stati autoritari ; preoccuparsi di un mondo tedesco che pare vada avviandosi a cancellare distinzioni di partiti , per trovarsi tutto unito nella méta di riavere le vecchie frontiere . La Resistenza fu collaborazione fra partiti diversi ; accantonamento di dissensi , guardare alle méte comuni . È tradita dove i contrasti si esasperano senza un perché , dove le maggioranze rifiutano Storia d ' Italia ogni collaborazione delle minoranze , non accettano i loro voti , fanno questione di prestigio nel respingere ogni loro proposta , ogni suggerimento . Fu unione di credenti e di atei ; questi ultimi rispettosi della fede dei primi , pronti a riconoscere l ' opera di bene , il gesto coraggioso del sacerdote o della suora . Sono contro il suo spirito gli ecclesiastici che vogliono imporre direttive ai partiti , come ogni resurrezione di vecchio anticlericalismo , che neghi i valori religiosi . Fu autogoverno locale ; e ne negano lo spirito i ministeri che mortificano la vita locale , che vorrebbero reggere in perpetuo i comuni con commissari , se non sia certa la vittoria del loro partito , che rifiutano la regione . ( Estranee invece a quello spirito le aspirazioni di autonomia proprie a gruppi di funzionari od a ceti di professionisti , cammino a ritroso di quello che portò alla formazione dello Stato moderno ) . La Resistenza fu sacrificio e rinuncia ; il suo spirito , la generosità , l ' accettazione conscia della povertà in omaggio alla solidarietà . Sarebbe stato consono ad esso contenere con l ' arma fiscale le grandi ricchezze od almeno gli alti redditi , i munifici stipendi ; adottare e magari imporre un tenore di vita semplice , di cui le amministrazioni pubbliche dessero l ' esempio con la modestia degli edifici , con i viaggi dei ministri in forma dimessa . Ma il suo spirito avrebbe voluto che pure i più umili volessero servire la cosa pubblica , che impiegati ed operai considerassero l ' azienda pubblica come loro , non già quale l ' avversario più debole cui più si può chiedere ; che accettassero la disciplina , sentissero il bene della collettività più forte della solidarietà di classe , fossero i primi a mostrarsi inesorabili contro i compagni disonesti ed infingardi . Questa era la premessa alle nazionalizzazioni . Si tradisce quello spirito quando si vuole che nel pubblico impiego , nella stessa magistratura , non si selezionino i più capaci , si dia il bando ad esami e concorsi , si leghi la carriera alla anzianità . Lo spirito della Resistenza era di un esercito pronto a tutti i sacrifici , ma espressione di una nazione pacifica , che non conoscesse corpi particolari , arditi o paracadutisti , cui la guerra apparisse bella . Di una magistratura che partisse sempre dalla presunzione dell ' innocenza ed anche della dignità del cittadino , e che non si ponesse come regola che la parola del cittadino non possa mai essere creduta contro quella di chi detiene una parte qualsiasi di potere . Se così si fissasse lo spirito della Resistenza , si vedrebbe quanti realmente lo onorano e quanti lo aborrono ; ed anche rispetto al comunismo sarebbe dato fissare in quali punti sia con esso incompatibile . Certo si assottiglierebbe molto il numero di coloro che oggi inneggiano alla Resistenza . Ma son certo che " se cosa di qua in ciel si cura " , quanti caddero per la Resistenza sarebbero ben lieti di vedere dimenticati i loro nomi , senza un fiore le loro lapidi , pur che restassero vivi ( fosse pure coltivati da una minoranza ) quei valori per cui essi s ' immolarono .
Nel centenario ( Jemolo Arturo Carlo , 1961 )
StampaQuotidiana ,
Sono uno dei pochissimi romani che hanno imbandierato le finestre il primo giorno del '61 . Non per conformismo , ma per schietta adesione alla celebrazione del centenario di questo Stato italiano che ho servito e servo ; che prima di me servirono mio padre , prima ancora figure sbiadite nel ricordo di zii e prozii lontani nel tempo ; che tutti i miei vecchi amarono , non sentendolo il datore di lavoro alle cui vicende il prestatore d ' opera partecipa solo per quel che possano riflettersi su lui , ma come l ' azienda familiare di cui si è parte , pure se si occupi in essa il posto più modesto . Centenario . Non hanno valore i dubbi che talora si affacciano , di distinzione tra nascita dello Stato e formazione dell ' unità . L ' Italia una e lo Stato nacquero ad un tempo nel '60-'61 . Allora si ebbe il grande problema , di fare convivere insieme popolazioni che parlavano la medesima lingua , avevano la stessa religione , tradizioni in gran parte comuni , ma istituzioni , coscienza di ciò che sia vita associata , forma statale , economie , profondamente diverse . Allora sorsero i grossi problemi . L ' annessione del Veneto nel '66 non ne pose alcuno ; quella di Roma nel '70 , la questione delle relazioni con la S . Sede , problema mondiale , ma nessuna difficoltà di amalgamare altri italiani allo Stato già formatosi ; Trento e Trieste posero problemi di popolazioni alloglotte , della vita economica di Trieste , ma non c ' era alcuna difficoltà di fare convivere italiani con altri italiani . Nel '60-'61 si era affrontato il punto cruciale dell ' unificazione . Anche per questo penso che a torto nelle celebrazioni si consideri sempre Massimo d ' Azeglio come personalità di secondo piano : lui ch ' era il piemontese che più si era preoccupato , quando ancora nessuno pensava alla unificazione come a qualcosa di prossimo , di scrutare gl ' italiani di regioni lontane , di comprenderli ed amarli ; e quegli che nel '49 aprì la strada fra gli sterpi , sorresse il re , anche non più ministro , nella crisi del '55 , contro le spinte molteplici ad abbandonare prima il regime costituzionale , poi la strada liberale . Sento dunque questo centenario come una solennità familiare , ciò che non significa che il cuore sia lieto . Nel bilancio dei cento anni , molti elementi favorevoli . Indubbia ascesa in tutti gli strati , in tutti i ceti : anche se non sia agevole istituire la comparazione che sarebbe più interessante , con la contemporanea ascesa degli altri popoli d ' Europa . Ascesa non solo economica , ma nella gentilezza dei costumi , nella cultura , nell ' allargamento degli orizzonti , e direi anche - se pure sappia d ' incontrare parecchi dissensi - nel fondo vero della religiosità , il ricordarsi di essere inseriti in una collettività e di avere gli altri uomini come fratelli che occorre aiutare , anche quando sia difficile amarli . Replicatissimi collaudi dell ' unità . Sì che mi offende come una troppo palese falsità ogni spunto polemico che accenni a possibilità di sue incrinature , ad esempio per l ' istituzione delle regioni . Un affermarsi continuo di nostre attività in paesi ed in campi nuovi , una spinta vitale , per cui chi parla di popoli invecchiati ed esausti ( e sono espressioni su cui fo sempre ampie riserve ) , non include mai tra questi il nostro . Ma se direi rafforzato un senso di solidarietà umana , il senso cristiano , tanto non ripeterei per quella solidarietà - di minor valore agli occhi di Dio , ma che è il cemento delle costruzioni terrene - che chiamo economico - giuridica , e che permette il costituirsi di una società civile . Cento anni or sono ci si poteva dilaniare intorno ai principi ed alle leggi che dovessero reggere lo Stato , intorno alla forma monarchica o repubblicana , e c ' era ancora chi avrebbe voluto vedere rinascere i vecchi Stati come i soli legittimi ; ma tutti erano d ' accordo su certi principi . Che le leggi dovessero essere chiare e comprensibili a tutti , ed una volta emesse dovessero venire rispettate ; che chi mancava avesse ad essere punito ; che fosse compito dei governanti far obbedire alle leggi , proporne il mutamento quando apparissero vecchie o inadeguate , ma non consentire mai fossero eluse ; che i magistrati dovessero applicarle secondo il loro spirito ; che chi spontaneamente s ' inquadrava nei ranghi delle amministrazioni pubbliche assumesse con ciò un più intenso obbligo di fedeltà , promettesse di servire attivamente , avendo in mente il bene dello Stato , ed accettasse altresì una obbedienza più austera di quella degli altri cittadini ; che si dovessero pagare le imposte e non fosse lecito mentire allo Stato : erano punti su cui convenivano Solaro della Margarita come Cavour , D ' Azeglio come Garibaldi , Minghetti come Mazzini . E tutti credevano negli elettori che devono scegliere il più degno , nei capi di un ' amministrazione , pubblica o privata , tenuti a chiamare il più capace , anche a scapito dei propri figli ( c ' è una commovente lettera di Quintino Sella indignato per ciò che , in una società privata , si è nominato ad alto posto un amico ) . Sarebbe falso creare una immagine agiografica del Risorgimento , in cui tutti i grandi della politica o dell ' amministrazione apparissero puri , non tocchi da debolezze umane . Ma credo possa dirsi che non mancava la fede nei principi ; i meno buoni erano nella posizione del prete che pecca , senza che al peccato si accompagni alcun dubbio intorno al valore delle leggi della Chiesa . E questa fede nei principi che mi sembra venuta meno . Direi che oggi si sentano perfettamente a posto con la coscienza i potenti dell ' economia che chiedono trattati internazionali e leggi guardando solo al loro ramo , incuranti degli altri ; i burocrati che allestiscono disegni di legge volutamente oscuri , i quali saranno approvati senza che si comprenda ciò che nascondono tra le righe , gli ampissimi poteri che lasciano a chi applicherà quelle norme ; i grandi capi che preferiscono l ' amico , il compagno di partito , quegli che può dare qualcosa in contraccambio , al più meritevole , e che chiudono gli occhi , perché l ' interesse di partito lo vuole , su mancamenti gravissimi , che sfiorano la legge penale ; i gruppi che vogliono imporre il loro interesse allo Stato anche con l ' arma dello sciopero , noncuranti se il Parlamento non ritenga che quell ' interesse possa venire anteposto ad altri ; gli infiniti evasori dell ' obbligo della testimonianza , o di quello dell ' imposta ; quanti irridono alle norme di circolazione stradale . Ci sono molti credenti , per cui lo Stato è ciò ch ' era la casa chiusa nella mente di parecchi benpensanti : il luogo dove si deve dare sfogo al peccato , per non commetterlo poi altrove . Tutto muta , e non mi allarmerebbe che pure lo Stato , forma storica , s ' indebolisse ed invecchiasse , ove sorgessero altre istituzioni che ne prendessero il posto . Ma nessuna se ne delinea ; non si profila un ideale teocratico , né uno anarchico . C ' è un diffuso egoismo , una diffusa volontà ' di non sacrificarsi ; e su questa nulla si costruisce . Tale la meditazione che mi sembra vada fatta nell ' anno del centenario . Gli economisti insegnano che non possono esserci investimenti non preceduti da risparmio . Anche nell ' ambito delle istituzioni , nulla si può lasciare di sano ai propri figli , se si è dato ad ogni ora sfogo ai nostri egoismi . Prima di affermare ( come mi sento ripetere irosamente ogni volta che tocco questo argomento ) che non si ha alcuna ragione di amare lo Stato , di servirlo con animo diverso da quello di chi porge riluttante le spalle al duro giogo che non può evitare , occorrerebbe chiedersi se non sia dato migliorarlo , se per migliorarlo non necessiti un po ' di amore . E se ancora la risposta sia negativa , avvisare ad un ' altra forma di solidarietà ( non vaga , non tutta interiore ) che lo possa sostituire .