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Beirut Ovest . La bambina ( tre o quattro anni ) è come accartocciata sopra una pietra , la testa nella terra , uno squarcio nel braccio sinistro da cui esce una materia nera , strisce di sangue non ancora seccato sulle gambe nude e sui piedini . Accanto alla testa c ' è un piede di donna , con le unghie smaltate di rosso ( la madre ? ) , il resto del corpo è nascosto dietro uno spezzone di parete . Poco più in là , nella casa semidistrutta , ancora due bambini morti , stretti nell ' ultimo abbraccio : del più grandicello , vedo la faccia livida e la bocca incatramata di sangue ; del piccolino , che mi gira le spalle , vedo solo la testolina nera con un buco vicino all ' orecchio . Poi altri cadaveri ; a neanche un metro , un uomo e due donne , irrigiditi in strane posizioni : forse sono caduti mentre cercavano di sfuggire agli assalitori . Il luogo è Chatila , uno dei « campi » dei palestinesi a sud di Beirut , una di quelle casbe di periferia su cui hanno maggiormente infierito le truppe di occupazione israeliane nella loro avanzata verso la capitale , sgretolandola e polverizzandola con l ' artiglieria pesante . I cadaveri che ieri ho visto tra le macerie sono le ultime vittime - forse un centinaio , forse di più - dell ' ultimo atto dell ' operazione « pace di Galilea » , cominciato all ' alba di mercoledì quando i carri armati e la fanteria di Sharon hanno marciato su Beirut Ovest . Ciò che è avvenuto a Chatila è spaventoso . È stato un massacro gratuito contro dei civili inermi , donne e bambini , che nessun obbiettivo strategico potrà mai giustificare . La strage è avvenuta nella notte fra venerdì e ieri , dopo cioè che le autorità militari israeliane avevano annunciato di aver ottenuto il « controllo completo » sulla Beirut musulmana : gli autori dell ' eccidio non sarebbero , secondo le prime testimonianze , i soldati israeliani , ma gli uomini del maggiore Haddad , cioè quei libanesi del Sud che si sono schierati con Israele per combattere l ' OLP e i palestinesi e cacciarli dalla loro terra . Ma se anche non direttamente responsabili - è l ' amaro commento che corre oggi a Beirut - sulle coscienze dei militari israeliani pesa il fatto di non essere intervenuti per impedire l ' esecuzione di una così folle manovra . La prima voce sulla strage di Chatila che parla di 200 morti - era una prima valutazione - ha cominciato a circolare nella mattinata di ieri , e un fotografo francese , Jacques - Marie Bourget , che ha raggiunto il luogo verso le 9 ha potuto contare 63 cadaveri : « C ' erano delle donne con i bambini in braccio » racconta « ammazzati con un colpo al cuore e alla testa . Ho visto degli uomini che erano stati freddati contro le pareti , insomma delle esecuzioni in piena regola . » Un altro giornalista , americano , ha detto di aver fotografato una donna con in braccio due bambini piccolissimi . La donna era stata colpita al cuore , i due bambini avevano un buco nella schiena . Per chi arriva più tardi in questo cimitero di Chatila , le proporzioni dell ' eccidio sembrano minori , perché , nel frattempo , gli israeliani hanno fatto venire una scavatrice che ha aperto una voragine dentro cui sono stati buttati gran parte dei morti . E quando noi arriviamo , in un punto remoto del quartiere , possiamo facilmente notare dove è avvenuta la frettolosa sepoltura , perché c ' è uno strato di terra fresca e rossa segnata dalle ruote del bulldozer che ha compiuto l ' operazione . Altri sono stati caricati su camion militari e portati e interrati chissà dove . Però una ventina di cadaveri sono ancora sparsi qui e là nel raggio di cinquecento metri , esposti a un sole atroce e l ' aria comincia ad essere impregnata dal fetore della morte . Sarà difficile dimostrare che i soldati dell ' esercito israeliano o i libanesi del maggiore Haddad hanno compiuto questa barbara incursione a Chatila per snidare dei guerriglieri superstiti : sembra assai più evidente che si sia trattato di una « vendetta » maturata da tempo e nutrita dall ' odio che quegli uomini del Sud hanno sempre covato nel sangue verso i palestinesi , responsabili - a loro giudizio - di tutti i mali che hanno afflitto e affliggono tuttora il Libano . Ne ho conferma visitando Sabra , un altro enorme quartiere abitato da palestinesi e adesso ridotto a cumulo di macerie , uno scenario impagabile per misurare l ' assurdità della guerra . Quei pochi che erano rimasti se ne stanno andando , caricano figli e masserizie su macchinoni ansimanti e decrepiti . Non se ne vanno soltanto perché , dopo l ' « operazione pulizia » del generale Sharon , non c ' è più la casa : se ne vanno perché - dice uno , avviando una vecchia Ford - « abbiamo paura che tornino gli uomini di Haddad » . Anche a Sabra li ritengono responsabili degli attacchi degli ultimi tre giorni . Anche qui cadaveri per le strade , in fondo ai vicoletti , dentro ciò che è rimasto delle case . Sono morti di ieri e dell ' altro ieri e non hanno avuto ancora il tempo di seppellirli . C ' era ancora resistenza qui ? Faccio il mio macabro sopralluogo in un dedalo di viuzze e trovo , dietro ad un angolo , i cadaveri di due giovani : uno , in una tuta azzurra , appoggiato al muro , quasi sereno ; l ' altro steso bocconi con i riccioli neri impastati di sangue e polvere : tra i due c ' è un fucile . Erano palestinesi dell ' OLP , rimasti a combattere fino in fondo la loro battaglia contro il sionismo ? O appartenevano ai Morabitun filo - nasseriani o ad altri gruppi di sinistra ? Non mi riesce di saperlo . Una donna , che è la madre di uno dei due , improvvisa una specie di danza , agita le braccia e canta e io sono colto da una angoscia insopportabile e me ne vado lasciandola sola nel suo strazio e nella sua follia . L ' « operazione pulizia » decisa da Gerusalemme ha certamente fatto piazza pulita nell ' esistenza di Karema Jasir , 29 anni , cui do un passaggio , nel taxi , da Sabra verso il centro . Una palestinese bionda e con gli occhi celesti , molto graziosa . È salita in macchina con la vecchia madre e piange . La cannonata che le è arrivata giovedì scorso nella finestra di casa le ha portato via , d ' un colpo , il padre , il marito e quattro figli : che avevano 13 , 12 , 9 e 4 anni . Piange e dice che è la volontà di Dio . Noi , che non abbiamo il dono della fede , siamo portati a individuare le responsabilità in zone meno eccelse e vorremmo suggerire a Karema di depositare i suoi quattro bambini , suo padre e suo marito , sulla scrivania di Begin , premio Nobel per la pace . Ora che ha completamente in pugno Beirut Ovest , l ' esercito israeliano ha dato il via alla seconda fase della sua operazione : le perquisizioni o i setacci , di via in via , di casa in casa . Hanno tutto in mano : mappe dettagliate , indirizzi , numeri di telefono . Vanno a colpo sicuro . Un migliaio di persone sono state arrestate e una grande quantità di armi e munizioni confiscate . Sharon ha fatto sapere che le sue truppe resteranno qualche settimana a Beirut Ovest in modo che la « ripulitura » sia completa e che l ' esercito libanese possa svolgere senza difficoltà i suoi compiti di gendarmeria quotidiana , che ora non è in grado di assolvere . Molti a Beirut si chiedono , con legittima perplessità , se fosse veramente necessario questo ultimo , cruento giro di vite che Israele ha dato al Libano . Evacuati i palestinesi , il movimento dei nasseriani indipendenti , Morabitun , restava probabilmente il solo gruppo di resistenza a poter essere preso in seria considerazione : e in effetti sono stati i soli che hanno cercato di arrestare in qualche modo l ' avanzata israeliana nella Beirut occidentale . Ma il loro ruolo e la loro consistenza numerica sono modesti ed è difficile giustificare la massiccia operazione militare decisa da Gerusalemme . In realtà si dice da questa parte della linea verde che divide le due Beirut , dopo l ' elezione a presidente di Bechir Gemayel , c ' è stato anche nel settore occidentale e musulmano della capitale un periodo di « vita idilliaca » . Forse , dopo tante lotte , era stato gettato il seme di una unione tra la comunità cristiano - maronita e la comunità musulmana sciita , e anche Beirut Ovest aveva preso il lutto per la morte di Bechir , dimenticando i tenebrosi trascorsi del passato . Ma Israele decide che l ' assassinio di Gemayel getterà il Paese in un mare di sangue e allora interviene : e così comincia il nuovo martirio di Chatila , il martirio di Sabra , il martirio di questa capitale del lutto infinito .
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Florencia - Nell ' immediata vigilia delle elezioni parlamentari ( che si terranno domani ) , non avrebbe potuto esserci per il governo colombiano maggior disagio e imbarazzo di quelli provocati in questi giorni dal " disastro " militare dell ' esercito , sorpreso , battuto e umiliato nel Sud del Paese dalle forze della guerriglia . I dati sull ' imboscata che la Farc ( Forza armata rivoluzionaria colombiana ) ha teso martedi ' scorso a un distaccamento della brigata mobile numero 3 nelle foreste meridionali del Caqueta ' non godono ancora di conferme ufficiali : i bollettini guerriglieri vantano 80 morti , 30 feriti e 43 prigionieri tra i militari . Ieri mattina il presidente della Colombia , Ernesto Samper , si e ' incontrato nella base aerea di Tres Esquinas del Caguan ( estremo Sud ) con il generale Manuel Jose ' Bonnet - comandante delle forze armate - e con il comandante dell ' esercito , Mario Hugo Galan , per cercare di ottenere un resoconto " obiettivo " sullo scontro tra gli uomini della Farc e la brigata mobile 3 e sul numero delle vittime . Che sarebbero numerose anche dall ' altra parte . Un ' azienda di pompe funebri di Florencia sta facendo gli straordinari per apprestare , quam celerrime , una trentina di bare ordinate dal comando militare . Ma recuperare i cadaveri in una giungla tanto sterminata quanto impenetrabile non sara ' facile . Finora soltanto un paio di uomini sono stati trovati nella selva del Caqueta ' dalle prime squadre di soccorso : un capitano , Wilson Chaverra Ortiz , 27 anni , gia ' sepolto con gli onori militari , e un soldato semplice , ancora senza nome . Mentre le palate di terra cadevano sulla bara del giovane ufficiale , molti si chiedevano con sgomento , a Bogota ' come a Florencia , quale assurdo errore strategico avesse consentito a uno dei piu ' qualificati reparti dell ' anti - guerriglia di essere colto cosi ' di sorpresa , circondato , bersagliato , distrutto . Molte teste , si vocifera , dovrebbero saltare nei prossimi giorni ai vertici delle forze armate . L ' imboscata , lungo gli argini del fiume Gaguan , e ' stata ordita e condotta a termine dal cosiddetto Bloque Sur ( Blocco Sud ) della Farc , la compagine meglio organizzata e piu ' efficiente di tutta la guerriglia nel meridione del Paese : 1.500 uomini circa , distribuiti su 21 Fronti . Almeno undici sono sotto il comando diretto di Milton de Jesus Toncel , detto anche Joaquin Gomez o " Usurriaga " , ex docente dell ' universita ' dell ' Amazzonia , che e ' il capo supremo del Bloque Sur . Nell ' operazione di martedi ' scorso , come in tre altre forse meno clamorose ma che hanno ugualmente inferto fendenti durissimi all ' esercito colombiano , c ' e ' netta e chiara la sua firma , in inchiostro rosso , che e ' da sempre il colore della Farc , la cui matrice ideologica rimane marxista . Milton Toncel ha concentrato i suoi uomini ( 400 circa , anche secondo il numero 2 dell ' esercito , il generale Fernando Tapias ) , a El Billar , uno dei luoghi piu ' tetri e inospitali della foresta , a cinque giorni di cammino dalla piu ' vicina base militare , e li ' ha atteso l ' arrivo della brigata mobile , presumibilmente intenzionata a snidare il nemico e a sorprenderlo nel suo rifugio piu ' recondito . L ' agguato ha interrotto brutalmente la marcia . Nel suo primo bollettino , diretto alla Croce Rossa , " Usurriaga " ha parlato di 70 morti , 30 feriti , 8 prigionieri . Successivamente ha aggiornato i dati , aggiungendo anche quelli del bottino di guerra , 89 fucili Galils , 6 mortai , 6 mitragliatrici , 8 lanciagranate piu ' un sacco di sofisticatissimi congegni di cui il distaccamento era dotato . Con l ' agguato dei giorni scorsi , il Bloque Sur ha confermato quella che un esperto militare definisce " impressionante capacita ' strategica " : e ha anche tentato , con successo , un esperimento nuovo , perche ' , per la prima volta , si e ' trattato di un attacco a truppe in movimento , mentre quelli precedenti erano diretti a postazioni fisse , come avvenne a Las Delicias , a Puerres , a Patascoy . Il Sud e ' cosi ' diventato il tallone d ' Achille dell ' esercito colombiano . Se El Billar rimane finora il massimo successo , anche le altre azioni piu ' note della Farc , sempre basate sulla fulmineita ' e sul fattore sorpresa , hanno conseguito " punteggi " funestamente alti : a Puerres , i morti sono 30; a Las Delicias , 28 le vittime , 60 i prigionieri rimasti poi per nove mesi in mano alla guerriglia ; a Patascoy ( 21 dicembre '97 ) , il risultato e ' di dieci militari ammazzati e 18 tuttora ostaggi . Questi episodi hanno avuto un grave effetto psicologico sull ' esercito e ne hanno offuscato l ' immagine . Dopo l ' assalto di Puerres venne destituito un generale della terza brigata ; e l ' attacco di Patascoy , che mise in rilievo un ' assoluta mancanza di strategia e di coordinamento da parte del comando , costo ' la carriera a due generali e a un colonnello ; in quanto a Las Delicias , la liberazione dei 60 prigionieri dopo nove mesi di trattative fra lo Stato maggiore e i vertici del Bloque Sur fu causa di grande imbarazzo per il potere , sottoposto alla luce dei riflettori internazionali e alla malizia canzonatoria dei media . Per El Billar , l ' umiliazione e ' anche maggiore , perche ' la brigata mobile numero 3 , creata nell ' ottobre del '97 e costituita quasi esclusivamente di soldati di professione (1.500), e ' un corpo d ' elite , un ' unita ' del tutto speciale per combattere la guerriglia ; e ' dotata di equipaggiamenti sofisticati ( come i binocoli infrarossi per i combattimenti notturni ) e dispone di una miniflotta di aerei ed elicotteri . " E ' la nostra risposta al terrorismo " , disse il generale Bonnet alla cerimonia di inaugurazione . Sembra abbia avuto invece piu ' successo la brigata mobile numero 2 , che nel luglio del '95 e ' intervenuta pesantemente sul narcotraffico e sui vari Cartelli , requisendo tonnellate di sostanze chimiche e sfasciando i laboratori della coca . Non puo ' non impensierire il governo di Bogota ' il fatto che la Farc abbia mostrato di avere una straordinaria forza e influenza in una regione dove la droga rappresenta la maggiore ( e inesauribile ) fonte di finanziamento per i guerriglieri : ed e ' improbabile che questi ultimi vengano fatti sloggiare - come e ' avvenuto altrove , come nell ' Uraba ' - dai paramilitari di estrema destra , perche ' i " paras " , non possono minimamente contare sui contadini del Sud , abbondantemente indottrinati dai discepoli del professor Montel . Il Bloque Sur ha pianificato l ' agguato di El Billar a pochi giorni dalle elezioni anche per instaurare un clima di minaccia e scoraggiare l ' affluenza alle urne , che sara ' certamente molto scarsa . Ma dalla base di Tres Esquinas il presidente Samper , il ministro della Difesa e i vertici delle forze armate hanno ribadito che la lotta contro la guerriglia deve continuare : l ' obiettivo finale , ha detto il generale Bonnet , e ' di tenere la zona e , dopo aver recuperato cadaveri , feriti e dispersi , rilanciare un ' offensiva , " duri quanto duri e costi quel che costi " . " La Colombia non e ' il Titanic - ha retoricamente concluso l ' alto ufficiale - e non colera ' a picco in fondo al mare " , sfasciandosi sull ' iceberg della guerriglia . La cronaca racconta un ' altra realta ' . Proprio ieri , la Farc ha preso il controllo di una strada ad alto traffico nell ' est del Paese , bloccando per cinque ore circa 500 veicoli e oltre 600 persone . I guerriglieri hanno ricevuto perfino un gruppo di giornalisti spiegando che l ' azione mirava a " incitare " i colombiani a non recarsi alle urne . Tre poliziotti giunti sul posto - a pochi chilometri da Villavicencio , capitale del dipartimento di Meta - sono stati " accolti " con una raffica di spari che hanno ucciso un agente e ferito gli altri due . I militari della Settima brigata sono arrivati quando i guerriglieri si erano gia ' dileguati .
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Norilsk ( Siberia settentrionale ) - " Voi siete stati portati qui non per vivere , ma per soffrire e morire . Se sopravvivete , una delle due : o lavorate meno del dovuto ; o mangiate di piu ' di quanto vi spetti " . In queste parole , dirette alle migliaia di lavoratori - deportati finiti dopo la meta ' degli anni Trenta nelle miniere dell ' estremo Nord , 320 chilometri sopra il Circolo Polare Artico , c ' e ' tutta la storia di Norilsk e del suo passato . Ma il lugubre messaggio riguarda anche , parzialmente , il presente . " Welcome to Hell " ( Benvenuti all ' inferno ) sta scritto infatti all ' ingresso della fabbrica del rame , incapsulata nel mastodontico complesso minerario - siderurgico : benvenuti all ' inferno . + solo calata la temperatura . Poco tempo fa , rincuorando quanti continuavano a piangere sulla bara vuota dell ' Urss , il ministro russo Victor Orlov diceva , con un buon pizzico d ' orgoglio : " Vi ricordo che in termini di risorse naturali noi siamo ancora il Paese piu ' ricco del mondo " . E la maggior parte di queste ricchezze sta sepolta nelle viscere ghiacciate della Siberia ( carbone , gas , rame , petrolio ) o affiora scintillando in superficie nelle miniere aperte di Norilsk che partoriscono nichel , oro , platino , cobalto , palladio a flusso continuo . La penisola di Taimyr - dove si trova Norilsk - era gia ' stata percorsa dagli esploratori russi nel XV secolo : ma solo negli anni Venti , un team di geologi capitanati da un certo Urvantev scoprira ' nella periferia siderale del mondo quegli enormi , preziosi giacimenti . + il giugno del ' 35 quando Stalin , che ha gia ' fatto rinchiudere nei campi di concentramento dei gulag milioni di persone , decide che non potrebbe esserci posto migliore di Norilsk per edificare il socialismo e " correggere " e raddrizzare l ' uomo secondo il modello sovietico . Si calcola che almeno 350 mila lavoratori , in gran parte detenuti o prigionieri di guerra , abbiano faticato a sangue nel " favoloso " kombinat siberiano durante gli anni della dittatura stalinista : e non sembra gonfiato il dato che fissa a 17 mila i morti sul lavoro . Ma quale morte ! Le cronache del tempo e i brandelli di testimonianze dei pochi , pochissimi sopravvissuti o della gente del luogo che si possono ancora raccogliere per strada fanno rabbrividire e raggelano il sangue non meno del freddo che - a 40 o 50 gradi sotto zero - era alla fine il grande , inconsapevole carnefice degli ergastolani di Norilsk , gia ' morti prima di morire . Norilsk era solo un piccolo punto nero nel bianco della tundra spazzata dal vento ; o un fuoco di bivacco sempre acceso nella lunga notte polare . Raggiungerla era quasi impossibile , un ' impresa da esploratori . Ne ' strade ne ' treni . La maggior parte dei deportati veniva scaricata nel porticciolo di Dudinka , alla foce dello Jenisei e da li ' , come una gran mandria , avviata verso le miniere , cento chilometri a est . Un cammino che Sofia Jakovlevna Diner , un ' anziana signora tedesca del Volga , conosce molto bene . " Dopo l ' arresto - racconta - mi mandarono in Siberia . Lavorai per mesi di pala e piccone alla costruzione della ferrovia Dudinka - Norilsk : e Dio sa quante volte feci a piedi quei cento chilometri . Un freddo bestiale . I cavalli stramazzavano a terra . Morivano piu ' in fretta degli uomini " . " Metallo a ogni costo " , urlano i gerarchi del Cremlino nell ' antivigilia della Seconda Guerra Mondiale . Nel ' 39 , il grande kombinat " Norilsk - Nickel " e ' gia ' in piena funzione e necessita di un numero sempre maggiore di schiavi , che vengono da ogni parte : i 20 - 30 mila dei primi anni diventano 100 - 140 mila dopo il ' 50 . Molti sbarcavano stremati a Dudinka dopo aver affrontato la furia dei mari artici su decrepiti battelli attrezzati a malapena per la pesca a rete . C ' e ' nel bellissimo libro " Siberia " , di Benson Bobrick , l ' agghiacciante testimonianza di K . Stajner , uno dei pochi sopravvissuti all ' olocausto siberiano , che scende da un mercantile insieme ad altri " 4 mila disperati " . Sono intirizziti , affamati e anche oscenamente sporchi : perche ' , durante una tempesta , i barili pieni di escrementi e d ' urina si sono rovesciati , inondandoli . + impossibile , visitando ora i poderosi impianti del " Norilsk - Nickel " , cancellare con un colpo di spugna dalla memoria le tappe della sua tetra infanzia e angosciosa adolescenza : quando si facevano i turni di 12 ore anche nella bufera , con soli 10 minuti d ' intervallo per scaldarsi le mani ; quando , se non rispettavi i ritmi di produzione e le quote fissate dai capi , ti mettevano al muro , cosi ' che il cimitero del kombinat , con circa 30 esecuzioni al giorno , era piu ' grande di quello di una metropoli ; quando tale era la fame che la notte ti alzavi per acchiappare i topi della baracca e cucinarli di nascosto in un barattolo ; quando ti mozzavi le dita congelate con un colpo di scure sperando in qualche giorno di riposo in infermeria : quando i delinquenti comuni uccidevano i detenuti politici ( piu ' di 400 omicidi in un solo inverno ) per andare sotto processo e uscire dal campo ... E via coi ricordi , uno piu ' straziante dell ' altro . Ma accanto agli zeks ( i contadini piu ' poveri fuggiti dai kolkhoz ) , ai cosiddetti kulaki agricoltori benestanti , ai pastori baskiri , tartari e kirghisi , agli anarchici , agli spiriti deboli sentimentali , agli intellettuali delusi e nostalgici del Secolo d ' Argento , che subivano la punizione come una calamita ' naturale , c ' era anche una compagine esigua di giovani esaltati , teste calde e stakanovisti : convinti , questi ultimi , che la Siberia , piu ' di ogni altra regione , avrebbe fatto da trampolino all ' Urss per il suo triplo salto mortale " dall ' aratro alla bomba atomica " nel circo vero della storia . Intanto , i ragionieri del Cremlino potevano gia ' annotare , nei loro brogliacci , che il contributo del kombinat polare alle spese di guerra era stato di 13 miliardi e mezzo di rubli , piu ' " un ' immensa quantita ' di oro , argento , platino " . Sara ' difficile , a questo punto , negare a Norilsk un ruolo storico ( positivo o negativo ) negli ultimi 60 anni dell ' epopea russo - sovietica ; ne ' sottrarla alla definizione , pertinente , cucitale addosso da tempo , di " dinosauro dell ' industrializzazione forzata staliniana " . Privatizzato dopo la dissoluzione del soviet - impero , il dinosauro " Norilsk - Nickel " e ' ora un maxicomplesso minerario - siderurgico a gestione mista col governo federale , che detiene tra l ' altro il primato assoluto per la produzione del nichel nel mondo : inoltre , le sue fauci sprigionano a getto continuo il 58 % del rame estratto in Russia , l ' 80 % del cobalto , il 100 % del platino . Una mammella cosi ' turgida , tenuta al fresco nel gelo polare , non poteva lasciare indifferente un uomo d ' affari come Vladimir Potatin , incontrastato protagonista nel processo di trasformazione dell ' economia e della finanza post - sovietiche : e nel ' 95 , con 260 milioni di dollari ( 480 miliardi di lire ) , si aggiudica attraverso la sua banca - la Oneximbank - il 51 % delle azioni del colosso . Secondo un dato recente ( che pero ' altri contraddicono allargando le cifre ) , i dipendenti del kombinat sarebbero oggi 88 mila : 56 mila adetti alla produzione diretta nelle 5 miniere e nelle fabbriche ; il resto - 32 mila - impegnato nei servizi ausiliari , amministrativi e sociali di supporto . Il dinosauro non riposa mai . Giorno e notte , 24 ore su 24 , il suo gran ventre rumina e brontola e infine espelle tonnellate di materia insieme ai vapori insani e velenosi dell ' intestino : ma le statistiche informano che dal ' 95 in poi la produzione e ' calata fino a quasi il 40 % rispetto all ' 89 . " Ora pero ' - dice il sindaco di Norilsk , Yuri Malanin - c ' e ' stata una grande ripresa , sia nell ' industria che sul piano sociale : qui si vive meglio che in altre zone della Russia , ne sono certo " . Parte della manodopera viene fornita dai detenuti , 1500 in tutto , segregati in una prigione che sorge all ' interno del kombinat , suddiviso a sua volta in due ali : quella residenziale , dove vivono , mangiano e dormono ; e quella del lavoro , agganciate a fornaci e fonderie , oltre che ai piu ' salubri laboratori di falegnameria . Sottoposti a regimi piu ' o meno gravi a seconda delle condanne , nessuno per fortuna e ' piu ' accusato di violazione dell ' articolo 58 ( " attivita ' antisovietiche " ) che permise a Stalin di mandare in galera milioni di innocenti . I turni , adesso , sono regolari e , dopo i turni , c ' e ' la mensa che - sento dire - e ' buona , calda , abbondante . Nel tempo libero hanno ritagliato e dipinto dei pannelli per una chiesuola interna , dove saranno celebrati i loro riti . Hanno anche affrescato la propria speranza in un murale su cui sta scritto : ricordati , ti aspettiamo a casa . Sessant ' anni prima , negli stessi androni , i prigionieri davano la caccia ai topi per mangiarseli . La peculiarita ' di Norilsk , suggeriscono all ' Associazione dei brigadieri , puo ' essere spiegata in due parole : la favolosa ricchezza del sottosuolo e , per contrasto , il rigore estremo di un clima da renderne quasi impossibile lo sfruttamento da parte dell ' uomo . Quasi ... " Vede - mi dice il brigadiere ( che in loco va tradotto semplicemente come capo - fabbrica ) Michail Zastrjalin - , quando alla fine degli anni Cinquanta furono chiusi i campi di lavoro forzati , le nostre miniere hanno continuato a lavorare , come e piu ' di prima . Era il Klondyke della Siberia . La manodopera non e ' mai mancata . Una marea di gente , tra il ' 60 e il ' 70 . Venivano dalla Russia Centrale , dall ' Ucraina , dal Caucaso . I giovani firmavano un contratto per 3 anni ... ma finivano col restarci , per sempre . Il salario era alto , anche sette volte tanto quello che si percepiva altrove , per lo stesso mestiere " . Certo , dopo il trattamento disumano imposto dai gulag , il contratto offerto dal kombinat col suo bel corredo di garanzie doveva sembrare estremamente seducente : la pensione a 40 anni per le donne , a 45 per gli uomini , le vacanze parzialmente pagate , i tre mesi di ferie all ' anno che diventano sei ogni due anni , l ' appartamento ... " Ma nessuno regalava niente a nessuno - avverte l ' amico brigadiere decorandomi con la medaglietta del Norilsk - Nickel - perche ' i disagi erano e sono tremendi : la temperatura che scende anche sotto i 40 , la notte polare che dura sei mesi , il cielo che piove anidride solforosa e altri veleni , la solitudine , le malattie , lo spauracchio dell ' eta ' media a 50 anni . Insomma , com ' e ' che dite voi dalle vostre parti ? Il buco del culo del mondo , ecco " . Quello dei pensionati , ammette Tatiana Bockareva ( assessore al Comune ) , " e ' il nostro problema piu ' grave " . Era nei patti che , fatta l ' ultima discesa agli inferi dopo 15 o 20 anni di lavoro , i dipendenti del kombinat dovessero essere messi in condizione di trasferirsi in localita ' del centro e del sud , dove il clima e ' piu ' mite . Ma i soldi non ci sono . La compagnia avrebbe chiesto alla Banca Mondiale un prestito di 500 milioni di dollari ( oltre 900 miliardi di lire ) per risistemare , nella Russia centrale , 50 mila pensionati . Un solo pensionato costa al kombinat e al Comune , che intendono liberarsene , 10 mila dollari . E nel ' 95 , il totale della spesa sostenuta per i servizi sociali a favore di Norilsk e delle due citta ' satelliti , Talmakh e Kenerkan ( popolazione : 281 mila abitanti ) , e ' lievitato fino a 327 milioni di dollari . Camminando lungo il vialone centrale ( Leninsky Prospect ) tra palazzi tutti uguali di 10 piani , costruiti negli anni Quaranta ( ma ai turisti mostrano la prima casa di legno , abitata dai geologi ) , o scendendo lungo il lago artificiale che separa l ' industria dai quartieri residenziali e fuma in superficie come bollisse , hai l ' impressione di una relativa agiatezza , se non di benessere . In qualche modo , dopo gli anni truci dello stalinismo , il kombinat ha infuso nella citta ' un senso di sicurezza . Anche troppa , avrebbe fatto notare tempo fa un dirigente dell ' azienda , Budargin , quando ha ricordato che l ' operaio di Norilsk " era abituato a pensare che lo Stato gli dava la sveglia , lo nutriva e lo metteva a letto rimboccandogli le coperte " . Ma c ' e ' l ' altra faccia della medaglia , che sfugge al viaggiatore frettoloso , nella quale si riflettono vicende amare e dolorose , storie di solitudine , alienazione , alcolismo , droga , incesti , demenza , follia suicida . Un risvolto inevitabile , comune a tutte le citta ' di frontiera . Ma certamente si riferiva soprattutto all ' inquinamento e alle sue conseguenze Andrej Samokhin , portavoce della Nickel , quando ha detto che " questo luogo " era stato costruito " per lavorare , non per viverci " . + sotto il peso di questa scomoda eredita ' che tenta ora di muoversi il sindaco di Norilsk , Yuri Malanin : " Certo - ammette - non e ' facile gestire l ' amministrazione di una citta ' dove si consiglia alle donne di andare a partorire altrove , se vogliono i figli sani . Ai tempi dell ' Urss non si preoccupavano di queste cose . Ma ora dobbiamo pensarci . Abbiamo gia ' stanziato 20 milioni di dollari per l ' acquisto di impianti nuovi , in grado di ridurre le esalazioni venefiche " . Con questo , cento altri problemi saranno affrontati che Mosca aveva sinora ignorato , perche ' periferici : e c ' e ' da scommettere che da molte parti si guardera ' a Norilsk per scoprire a quale strategia fara ' ricorso una grande industria per liberarsi dall ' eredita ' sovietica . " Dovremo agire da soli - dice Tatiana - , perche ' , da quando e ' crollata l ' Urss , il governo federale non si e ' mai interessato a noi " . Non sono mancate crisi , nel kombinat , che si sono tradotte in agitazioni e scioperi e ancor oggi si contano in zona 11 mila disoccupati . Cio ' che invece resta inspiegabile e ' come mai , nonostante la temperatura , la poverta ' , l ' isolamento , il buio per sei mesi sulla calotta artica , non si sia ancora spezzato il rapporto affettivo che lega la gente - soprattutto i giovani - alla citta ' . " Veramente una spiegazione c ' e ' - dice Natalia Lylina , vicesindaco , bella elegante signora che si e ' molto prodigata per facilitare l ' inchiesta - : quasi tutto cio ' che lei vede e tocca e ' stato fatto dagli " ergastolani " di Stalin . Fra di loro c ' erano artisti , scrittori , musicisti , architetti che , prima di morire ( le loro ossa affiorano ancora adesso , nei campi , dopo lo sgelo ) , hanno inoculato in noi questo germe culturale . E cosi ' oggi abbiamo teatri , scuole di musica e di danza , auditorium , accademie d ' arte : tutto per i nostri ragazzi " . Natalia Lylina parte per Mosca e noi trascorriamo l ' ultima serata a Norilsk in compagnia del passato . Il passato si chiama Jadviga Vikentjivna Malevic e ha le sembianze di una gentile signora polacca , fragile , i lineamenti finissimi come disegnati da un pastello . Ha conosciuto per 10 anni l ' inferno della miniera e guardandola adesso uno si chiede come abbia potuto sopravvivere , con quel fisico . Dietro c ' e ' la storia d ' una ragazza polacca , romantica e ribelle : " Fui arrestata a Varsavia nel ' 45 - racconta - , avevo 18 anni . Ero scesa in strada per manifestare contro i soldati dell ' Urss che spadroneggiavano a casa nostra . Arrestarono anche molti uomini in quell ' occasione , intellettuali soprattutto , finimmo in Siberia ... Questa citta ' e ' stata costruita su un mare di ossa umane . Mi mandarono anche a spalare , nella strada che porta alla fabbrica del rame c ' e ' anche un po ' del mio sudore ... " . Liberata nella seconda meta ' degli anni Cinquanta , viene ufficialmente riabilitata il 30 marzo del ' 57 . Nel frattempo ha sposato il suo carceriere che era " gentile " e che l ' ha lasciata vedova , con un figlio . Ora ci mostra le foto di quand ' era giovane , e ' quasi uguale il colore dei capelli avendo da tempo cosparso la canizie di una leggera polvere d ' oro . Dice : " Quant ' era bella Varsavia prima della guerra , sapesse ... Ho avuto una giovinezza splendida " . ( 2 - Continua . La prima puntata e ' stata pubblicata il 27 ottobre )
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MANILA . Imelda Imelda Imelda for president . Lo gridano per le strade , lo hanno scritto sui muri e sui cartelli . È questa la truce fiaba postnatalizia che è dilagata i giorni scorsi sull ' arcipelago delle Filippine . Ma non è favola , è realtà . Con ottanta capi d ' accusa sulla testa che . se provati . potrebbero costarle da un minimo di 400 anni di carcere a un massimo di 900 , la signora Marcos si è ufficialmente candidata per le elezioni presidenziali dal maggio prossimo . È stata scelta all ' unanimità e lanciata nella mischia dai leader del Kilusan Bagong Lipunan ( K B L ) , il partito del defunto presidente Ferdinando Marcos . Sotto la bandiera dell ' ex First Lady potrebbero schierarsi , oltre ai nostalgici del regime , tutti coloro che sono stati delusi dall ' inefficiente amministrazione di Corazon Aquino . L ' ipotesi di un ritorno di Imelda Marcos all ' attività politica ha preso consistenza subito dopo il rientro nelle Filippine in novembre : ma non sorprende che molti , allora , lo ritenessero improbabile . Perche ' si trattava di riaffidare le redini del potere ad una donna che , per venti anni , insieme al marito , aveva dissanguato il Paese e il cui rimpatrio . dopo quasi sei anni di esilio . era stato consentito alla sola condizione che rispondesse alla giustizia di un cumulo di reati infamanti come evasione fiscale , appropriazione indebita , esportazione di capitali all ' estero e chi più ne ha più ne metta . Una gran Ladra , insomma . Proprio così , con la L maiuscola . Cominciata in sordina col rientro di Ferdinando Jr . ( figlio del defunto dittatore ) il 30 ottobre , la rimpatriata dei Marcos nelle Filippine ha avuto il suo vertice folgorante il 4 novembre scorso , quando l ' ex First Lady è apparsa all ' aeroporto Ninoy Aquino e si è inginocchiata e ha baciato la terra . Il processo L ' umiliazione della fuga ignominiosa nel febbraio dell'86 e la vergogna di dover subire ora un processo pesante non parevano aver incrinato la solare arroganza di Imelda Marcos ( anni 62 ) o inserito nella sua personalità di " farfalla d ' acciaio " il fluido corrosivo del dubbio e del rimorso . Il procuratore generale della Repubblica , Francisco Chavez , ha presentato contro di lei ottanta capi d ' accusa : nella speranza di ricuperare parte delle sostanze ( denaro e immobili ) che l ' ex famiglia reale ha sparso nel mondo , come i 350 milioni di dollari custoditi nelle banche svizzere . Ma quando si presenta al tribunale regionale di Quezon City per ascoltare la lettura delle incriminazioni che la riguardano e che l ' avvocato Chavez elenca imperterrito , Imelda sembra appena uscita da un bagno di schiuma . Il bianco luminoso del vestito che indossa è appena ravvivato da un foulard rosso.blu e le dita delle mani che minuti prima hanno disinvoltamente accettato il rito delle impronte stanno ora avvinghiate ai grani del rosario . Regalmente , Imelda respinge ogni accusa col solo movimento della testa . Poi , ai giornalisti che le chiedono se abbia paura del carcere , risponde cortesemente : " Non c ' è un posto in tutte le Filippine dove mi possano incarcerare . Non ho paura . Credo nella giustizia divina " . Però anche Dio dovrà essere molto paziente e misericordioso con la signora Marcos , col suo defunto marito e coi figli , pure incriminati . Tuttavia , il cospicuo deposito in Svizzera potrà rimanere congelato ed eventualmente restituito ai legittimi proprietari . i filippini . soltanto se Manila riuscirà a provare che è stato illegalmente accumulato . E qui tutti temono la lentezza del locale meccanismo processuale . Certo , l ' elenco circostanziato dei capi d ' accusa lascia sbigottiti e mette a nudo il cinismo e la totale mancanza di scrupoli con cui Marcos e la moglie hanno agito per vent ' anni grazie alla copertura della presidenza , spinti solo da un ' insaziabile ingordigia e dall ' ambizione personale : una diabolica " coppia reale " che incamera milioni di pesos destinati agli scolari poveri delle piantagioni di coconut ; che gioca sul dollaro creando uno " shortage " artificiale , che le frutta in un lampo 75 milioni di dollari ; che induce la Banca Centrale a concedere prestiti favolosi a ditte private , " amiche " del Presidente ; che deposita 25 milioni di dollari nella succursale di New York della Philippine National Bank perche ' la First Lady non sia a corto di liquido quando va a fare lo shopping nella Quinta Strada ; e che infine , dopo aver tanto rubato , fugge dal Paese di notte caricando sull ' elicottero 22 casse di valuta straniera e locale : sfortunatamente , non c ' è posto per le tremila paia di scarpe che Imelda abbandona nel palazzo di Malacanang , affrontando scalza l ' esilio . Dietro l ' aberrante immagine di questa coppia predatrice e sanguisuga , c ' è un altro aspetto , dei Marcos , di cui i tribunali non si stanno ora occupando : ed è l ' invereconda manipolazione del potere politico che ha consentito al dittatore di sopravvivere per tanti anni . Su questo la Storia ha già espresso il suo giudizio , che è pesante . Delitti Ma il ritorno di Imelda nelle Filippine non poteva non evocare lo spettro degli anni di piombo e della legge marziale ; e tuttavia nessuno si meraviglia se , sbarcando all ' aeroporto di Manila dove nell'83 venne trucidato Benigno " Ninoy " Aquino , marito di Corazon e irriducibile avversario di Marcos , l ' ex First Lady non abbia provato alcuna emozione . La " farfalla d ' acciaio " recitava ancora una volta i misteri gaudiosi . Nessuno dubitava che l ' assassinio di Ninoy era stato deciso e " preparato " nei meandri di Malacanang , anche se fu impossibile accertarlo : ma quel momento coincise col risveglio della coscienza popolare e con l ' ascesa di Cory e del " people ' s power " , che avrebbero invaso le Filippine coi vessilli gialli e spazzato via Marcos . Al suo rientro , Imelda , si presenta come la vittima di Corazon e della sua perfidia umano.politica . È povera . È Cenerentola . All ' aeroporto confessa : " Non ho più un soldo , sopravvivo grazie agli oboli degli amici " . Però è appena sbarcata da un Boeing , noleggiato alle Hawaii per 600 mila dollari , e il suo seguito è quello di un capo di Stato . Va ad abitare al Philippine Plaza Hotel , dove requisisce l ' undicesimo piano per sistemare , in 60 stanze , il suo entourage : lei si contenta della Suite Imperiale . Da questo fortino di lusso , pacchianamente superaddobbato per le feste , Imelda dirige la sua campagna elettorale . Blas F . Ople , editoralista di un quotidiano popolare ed ex ministro di Marcos , sostiene che Imelda è la sola persona in grado di mettere insieme l ' Opposizione . Occorrono , tra l ' altro , 37 milioni di dollari per la campagna elettorale , che l ' ex Fist Lady ha nelle preziose borse di pelle , firmate dai migliori stilisti . Nella sua scia , sono in molti adesso . I politici del voltafaccia che , nell'86 , rinnegarono Marcos e si buttarono nel campo dell ' Aquino . Uno squallido personaggio come Salvador Laureal , che divenne vice presidente dell ' attuale governo e poi diede il bacio di Giuda a Cory , andando all ' aeroporto per congratularsi con l ' ex First Lady che tornava ; o come l ' estremo rettile delle Filippine , Juan Ponce Enrile , ex ministro della difesa , che fu uno degli artefici della rivoluzione di febbraio e che vidi arrivare , il mitra in mano , nel campo Aguilaldo dei rivoltosi e che ora ha calato le brache e continua ad agitarsi sui banchi dell ' Opposizione , piccolo e isterico . Enrile sostiene che Imelda ha grosse chances a Manila , nelle regioni settentrionali e nelle Visnayas orientali , sua patria d ' origine . Nessuno sa come andrà a finire . Imelda , che definisce Enrile con le iniziali J.E. ( Judas Escariot ) per il suo tradimento nell'86 , basa le sue speranze sull ' accoglienza che i disperati di baraccopoli immonde e letamai umani come Tondo . delusi dall ' inefficienza dell ' attuale governo . le hanno riservato . La gestione di Corazon Aquino ha certamente deluso , ma il comportamento della signora Marcos rasenta , raggiunge e supera il marchio dell ' infamia . Il suo regno d ' influenza e di vita era vastissimo , ma ne erano esclusi i tagliatori delle canne di zucchero delle Negros o i peones di Mindanao . Era pure escluso il sindaco di Zamboanga , Cesar Climaco , che aveva deciso di non farsi tagliare i capelli fino a quando Marcos non avesse rimosso la legge marziale . Aveva scritto al dittatore , di cui un tempo era amico : " La sola cosa onesta in queste isole sono questo paio di coglioni che mi porto intorno " . Lo uccisero sparandogli nella nuca , mentre stava avviando il motorino . Cosa poteva importare , a Imelda , di Climaco ? Lei andava per shopping allo Harrods di Londra , al Bloomingdal ' s di New York , al Takashimaya di Tokio , alla Liberty House di Honolulu . E poi Bond Street , Fauburg St . Honore ' , via Condotti . Le scarpe da Ferragamo , i gioielli da Bulgari . E aveva il diamante più grosso del mondo ( lo Idol ' s Eye ) , pagato con 5 milioni e 500 mila dollari di puro sangue e sudori filippini . La gente muore per le strade e lei fa costruire a Manila 14 alberghi di lusso . Il suo mito era Hollywood , la sua molla erotica gli eroi dello schermo , come George Hamilton . Ed ecco , dentro questo vuoto immane che è la sua vita , germinare il progetto di un festival cinematografico che oscurasse la gloria di Cannes e di Venezia . Ma occorre costruire . e in fretta . un palazzo del cinema degno dell ' occasione . Ottomila operai ( era l'82 ) lavorano 24 ore su 24 . Ma a un certo punto le impalcature crollano e crollano i muri . Sotto le macerie e il cemento ancora caldo c ' è un cimitero . Nessuno saprà mai quanti sono i morti . Imelda ordina di continuare i lavori , la scadenza va rispettata . E a queste mani , così gentili e rapaci che una parte dei filippini affida ora il proprio destino . E allora buon anno e buona fortuna .
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Peshawar ( di ritorno dall ' Afghanistan ) . Mawli Bismilha passava per uno dalla mira infallibile , dicevano che avrebbe fulminato un passero a trecento metri : ma i tre soldati russi che montavano di sentinella , quella sera , sul ponte di Jalalabad , non lo sapevano e quando son risuonati i tre colpi sono andati giù come birilli , dietro il parapetto . Di Bismilha si diceva anche che avesse un gran fegato e un ' allergia acuta per i carri armati sovietici che gli aravano la terra quando non era più tempo di semina : e così quella mattina , appena il T-62 è sbucato con chiasso tremendo sull ' argine del fiume Sorkhroad , Mawli non ci ha visto più e ha cominciato a sparargli addosso col suo Enfield 303 . È stato l ' inizio di una battaglia che è durata tutta la giornata : entro sera , un carro armato e una APC ( un ' autoblindo per il trasporto truppe ) erano stati messi fuori uso . Ma Bismilha era morto . Il giorno dopo lo han portato nel suo villaggio a tre ore di cammino e lo hanno sepolto nel cimitero in collina con una gran festa funebre di canti , preghiere e bandiere bianche , come si conviene agli eroi . La commozione era grande e ha colpito anche noi « estranei » , venuti qui a curiosare nel cuore della tragedia afghana . La sepoltura di Bismilha è una ( l ' ultima , la più vivida ) delle tante dolorose immagini che ho potuto raccogliere durante un ' escursione ( chiamiamola così ) clandestina nella provincia di Ningrahar , fino alla periferia di Jalalabad , che ne è il capoluogo . Quel che segue è la cronaca di questo viaggio : un viaggio di pochi giorni dentro una specie di esaltazione collettiva , dove la logica non ha più posto . Ti chiedi che senso abbia il colpo di fucile sparato contro il MI-24 che vola basso : tanto vale il tirasassi . Ma per i mujaidin questa è la Jihad , la guerra santa , e niente - neanche la spaventosa inferiorità sul piano dell ' efficienza bellica - li può far desistere . La vita di Bismilha per un carro armato era un ordine di Allah . È una guerra che puoi vedere solo a spizzichi : e , per vederla , puoi solo aggregarti a questo o quel partito - islamico - che hanno i loro uomini su questo o su quel fronte : a Khunar o Paktia o Herat o nelle zone centrali o settentrionali . La base di partenza è Peshawar , in Pakistan , dove i fuorusciti afghani hanno le loro « carbonerie » : e da qui , con un minimo d ' insistenza e di preghiere , ti fai accompagnare over the border , oltre confine , nelle zone calde , dove la terra è ormai seminata di polvere da sparo . Conosco il paesaggio . È stupendo . L ' ho visto d ' estate , l ' ho visto d ' inverno : ora che è primavera è anche più bello , hai intorno una luce soffice che non acceca , afghano è l ' abito , afghano il cappello , afghano lo scialle ed è con questa esotica bardatura che cominci a scarpinare in montagna dopo aver attraversato il Khunar sulla piana di Cama . La marcia nella notte sembra non finire mai , forse hanno sbagliato strada , le otto - nove ore promesse diventano tredici - quattordici e alla fine tutte le tue ossa sono rotte e fracassate . Sono in buona compagnia . All ' escursione , in provincia di Ningrahar , partecipano una cinquantina di mujaidin che vanno a rafforzare í fronti islamici nell ' area calda intorno a Jalalabad . Alcuni hanno in spalla cassette di munizioni e dinamite . Fatico a tenere í1 passo e il capo della spedizione si arrabbia : dice che bisogna arrivare a destinazione in mattinata perché dopo la zona è sorvolata dagli elicotteri russi e non c ' è modo di nascondersi nella calvizie dell ' altopiano . Gli uomini fanno parte dello Hezb - i - Islami di Mawli Khalés , un partito di modesta consistenza numerica che qualche mese fa si è staccato dal massiccio Hezb - i - Islami di Gulbuddin Hekmatyar , troppo « politicizzato » , per dedicarsi esclusivamente alla lotta armata . F . Khalés , infatti , è il solo leader di partito che vive in Afghanistan , in prossimità del fronte , mentre gli altri fanno la politica da seduti , lontani dalle pallottole , nell ' esilio di Peshawar . Khalés ha 60 anni , la barba autorevole che gli ondeggia sul petto , il fucile a portata di mano . Lo incontro di sera , nella sua casa di Kaja , dopo una giornata di camminate . Viene dalla campagna , è un leader molto amato , a differenza dell ' ingegnere Gulbuddin non mantiene le distanze . I suoi uomini lo chiamano Mawli , gli sono sempre attorno , lo abbracciano . Mi dice : « Lo so cosa pensate voi stranieri : che í russi sono troppo forti , che hanno armi sofisticate e potenti e noi fucili del '19 e tirasassi , che siamo destinati a uscire sconfitti da questa guerra e a diventare satelliti di Mosca . Ma voi stranieri vi sbagliate . Voi non vi rendete conto che la popolazione è con noi al 99 per cento , che se io scendo in strada e incontro il più vecchio del villaggio e gli caccio in mano un fucile , quello mi segue fino a Jalalabad cantando e ringiovanisce di trent ' anni sognando di stendere un russo . Qui nella provincia di Ningrahar i mujaidin armati , cioè veramente impegnati nella guerriglia , sono 25 mila » . Gli chiedo qual è il suo principale obiettivo : « Lei è mai stato a Jalalabad ? » mi dice . « È una gran bella città , tutta fiori e giardini . Adesso è in mano ai russi , ce ne saranno migliaia . E all ' aeroporto ci sono centinaia di jet ed elicotteri militari sovietici . Ma i russi si renderanno presto conto che non gli basteranno perché Jalalabad tornerà in mano nostra . Lei vuoi vedere un po ' d ' azione ? Vuol toccare con mano se noi mujaidin facciamo sul serio o ci battiamo solo a parole ? Bene , si faccia quattro passi fino a Jalalabad : vedrà che ogni sera i miei ragazzi aprono il fuoco su tutta la cintura periferica della città e in particolare contro l ' aeroporto . È un ballo che dura tutta la notte e quando finisce , all ' alba , qualche dozzina di soldati russi o afghani ci ha lasciato la pelle » . Sto per fargli un ' altra domanda ma Khalés l ' indovina e mi precede : « Lo so cosa lei vuol sapere , altri giornalisti me l ' hanno chiesto . Ebbene , sì . Questo Enfield qui non lo tengo per bellezza o per farmi fotografare . Sì , vado anch ' io al fronte e credo d ' aver contribuito la mia parte allo sfoltimento della presenza militare sovietica in Afghanistan . Capisce cosa voglio dire ? Duecento miei ragazzi sono morti e sono sparpagliati nei cimiteri di villaggio di Ningrahar . Può capitare anche a me dall ' oggi al domani e non sarà niente di speciale . La nostra religione comanda che un leader debba essere in prima linea , sempre » . È l ' ora di cena e stendono la tovaglia sul tappeto . È una buona cena , con pane , brodo , riso , spinaci , pezzi di pollo , latte cagliato . Le mani , qui , sostituiscono le posate ma la mia tecnica manducatoria è ancora - dopo qualche giorno di pratica - a un livello tale che suscita sorrisi di divertita compassione in Khalés e nei commensali afghani . Peter e Steve ( i colleghi fotografi che mi hanno accompagnato nell ' escursione ) fanno le cose con maggior disinvoltura . Khalés è loquace e sereno , ma a un certo punto si rabbuia . Qualcuno lo ha informato che un paio di sere prima , nel villaggio di Cheperhar , il giornalista amico è stato derubato del portafoglio . « Sono veramente mortificato » mi dice , « lei era un ospite , lei è venuto per raccontare al mondo la nostra tragedia , per darci una mano . Sono pieno di rabbia , d ' amarezza . Non mi sarei mai aspettato che tra i miei ragazzi , i miei mujaidin , ce ne fosse uno capace di tanta bassezza . Ma lo troveremo , lo troveremo . Intanto , lei domattina riavrà i suoi soldi : purtroppo non abbiamo dollari , dovrà contentarsi di moneta afghana . » Spero non abbiano trovato il ladro . Mi auguro che non lo trovino mai : pagherebbe troppo cara la sua ribalderia . Dopo cena chiedo ai mujaidin quale punizione potrebbero infliggergli . C ' è una breve consultazione , poi : « Gli tagliamo la mano » . Ma uno del gruppo , che ha tutto soppesato e ponderato , è più tetro e drastico : « Siamo in guerra » dice « e pertanto vanno applicate le leggi di guerra . Un reato simile va considerato alla stregua del saccheggio e della violenza carnale . Non credo che Khalés la pensi diversamente : a parte il fatto che ha gettato discredito sul nostro partito . Mister Mo , se lo scopriamo lo fuciliamo . È OK ? Le sta bene ? » . I mujaidin di Khalés sono sistemati in una quindicina di villaggi nel distretto di Sorkhroad , che è una bella , verde , ariosa campagna circondata da montagne calve color caffelatte . La marcia è lunga e ogni tanto devi fermarti perché gli elicotteri ti arrivano improvvisamente in testa . La gente , ormai , non ci fa più caso : « Se è destino morire per questi infedeli » senti dire , « va bene ma lo stesso non avranno la nostra terra » . È sera fonda quando arriviamo nel villaggio di Diwalid , bianco nella luce della luna . Jalalabad è a neanche tre chilometri , difesa - da questa parte - dal « fossato » del fiume Sorkhroad , quasi completamente asciutto . I mujaidin sono in azione e puoi sentire qualche colpo di fucile . « Non c ' è gran che stasera » dice il comandante Awskhan Mokhlis , « i nostri uomini rientreranno dopo la mezzanotte . Vi consiglio di riposare , siete stanchi : e domani sera vi organizzo un bello spettacolo , okay ? » Okay okay . Finora abbiamo visto i mujaidin delle retrovie che di eroico hanno solo la nomenclatura . Parlano incessantemente di eventuali attacchi coi russi , abbattono verbalmente elicotteri e jet e non c ' è tank sovietico che possa fare la sua passeggiata vespertina nei campi di grano di Ningrahar senza essere impallinato , bloccato e bruciato dalle cartucce dei 303 . A sentirli , hanno già vinto la guerra . Sono i mujaidin del tè permanente . Pregano cinque volte al giorno e quindici volte prendono il tè , cominciando al mattino presto , quando il sole non è ancora sbucato . Poi li vedi sempre seduti o sdraiati - sui letti o sul pavimento - a parlare dell ' Islam o di guerra . L ' occupazione più frequente è scaricare o ricaricare il fucile o diramare omericamente i bollettini di guerra che vengono rigonfiati di bocca in bocca : perciò non ti devi meravigliare se i soldati russi morti nella tale operazione da dieci diventano cento e carri armati ed elicotteri sono , nel giro di poche ore , triplicati o quintuplicati . Le distanze sono enormi , non c ' è radio e non c ' è telefono , è praticamente impossibile restare aggiornati sulle vicende militari : eppure trovi sempre qualche arcano , alato messaggero che ha fatto trenta chilometri in cinque minuti e ti scarica sul tavolo la bisaccia delle « ultimissime » . « Allora hanno preso Jalalabad ? » « Non ancora , ma è questione di giorni . » « E Kabul ? » « Questione di settimane . » A Diwalid la guerra ce l ' hanno in casa e non si fanno illusioni . Qui la conta è precisa , puntigliosa . Quando uno esce dalla caserma ( chiamiamola così ) col fucile , non sa mai se torna . Ma anche qui trovi i millantatori . Il nostro miles gloriosus è un sellerone alto quasi due metri , la faccia segata imperiosamente dal baffo , il kalashnikov a tracolla . Entra e dice : « Ho fatto fuori tre russi , sul ponte . Un ' ora fa » . Il comandante Moklis non dice niente , anche gli altri tacciono . Ma Peter e Steve vogliono scattare foto dell ' eroe . Com ' è avvenuto ? Hagi racconta , con pacatezza , l ' impresa . Sembra il De bello Gallico , tanto è asciutto . Mi sono appostato , ho visto i tre , mi son detto questa è roba mia , vai . Ho premuto il grilletto . Si accarezza il baffo e guarda giù sulla nostra miseria d ' uomini con aria sovrumana . Gli chiediamo di tornare sul ponte , le tre sentinelle saranno state rimpiazzate . Ma Hagi rifiuta , la sua dose è tre russi al giorno , Allah è d ' accordo . Però domani , se vogliamo , lui ci porta nei campi e ci improvvisa uno show : « Volete un carro armato ? » dice . « Bene . Esco fuori col mio " rocket launcher " e il primo T-62 che si mette in marcia da Jalalabad ve lo schianto in un colpo . Ma dovete esser pronti ragazzi , clic clic . Io lo spacco e voi clic clic . » Il giorno dopo Peter e Steve non hanno fatto clic clic : o lo hanno fatto , ma non per Hagi . Durante la notte il miles gloriosus è stato selvaggiamente ridimensionato : fuori della stanza c ' è una bagarre in piena regola , volano parole e cazzotti ed è veramente un peccato non capire il pushtu ribaltato di bocca in bocca con tanta sonora violenza . Capiremo il mattino seguente che Hagi s ' era abusivamente attribuito il merito dello sterminio sul ponte e che la scarica micidiale era partita da tutt ' altro cecchino : il cecchino Mawli Bismilha . Mawli e l ' ingegnere Mahammood sono rientrati di notte , all ' una , dopo aver a lungo sparacchiato . Adesso hanno già detto la prima preghiera ed è l ' ora del breakfast , mi offrono il tè e il pane e vogliono sapere se a Roma è primavera come qui , con l ' aria dolce e azzurra . L ' ingegnere avrà trent ' anni , parla un inglese soffice e antico , è molto cauto e prudente e tende sempre ( a differenza dei mujaidin del tè ) a minimizzare . Ma tra poche ore vedremo di che scorza è fatto . L ' ingegnere dice che è stato Bismilha a stendere i russi : non ha sprecato un colpo . Mawli è minuto e gracile , ha occhi grandi di un marrone dorato e un naso da boxeur , schiacciato : quando ride - e lo fa spesso - scopre una dentatura aggressiva , una palizzata bianca che si infigge nel labbro inferiore . Non sono riuscito a scoprire la sua età . L ' inglese approssimativo delle nostre guide non fa testo : chi dice venticinque , chi ventisei , chi ventotto . Non importa . Non aveva l ' età per morire . L ' ingegnere cerca di spiegarmi la situazione e mi traccia una « mappa » sul quaderno : qui c ' è la dronta dam , la diga , qui l ' università , qui il ponte Khab , qui la dorasaka , qui qui ... eccetera . « Ogni sera » dice « noi attacchiamo . Jalalabad è difesa da tre , quattromila militari , tra russi e afghani . Avranno da 50 a 60 elicotteri e una decina di jet . I carri armati potrebbero essere da 400 a 600.» « Ma qual è il vostro obiettivo ? » « Prendere l ' aeroporto » dice « e ammazzare più russi possibile . » « Ingegnere , ma che speranze ci sono ? Non avete armi . » Mi guarda con un ' espressione tranquilla , rassegnata . Non riuscirò a scordarmi quello sguardo . Ordina di farci vedere l ' arsenale , che è modesto . Ci mettono davanti agli occhi , oltre agli Enfield 303 , i kalashnikov AK-47 , un rocket projector RPG-7 , una mitragliatrice Guru , una LMG cecoslovacca , dei fucili G 3 tedeschi , un fucile russo della Seconda guerra mondiale . « È molto poco » ammette l ' ingegnere , « abbiamo bisogno di missili per abbattere gli elicotteri , i gunships MI-24 . Ma per il resto , andiamo bene . Sul piano della guerriglia , i russi non ci possono battere . Noi conosciamo il terreno , sappiamo da dove sparare . Ieri , Bismilha ha stecchito tre russi ma quelli non sono neanche riusciti a scoprire da dove venivano i colpi . È solo questo il nostro vantaggio . Ogni sera attacchiamo Jalalabad da un punto diverso . La sola cosa certa , da parte loro , è che noi , a una certa ora , apriamo il fuoco . I russi mettono davanti i soldati afghani e sono quelli i primi a crepare . Quanti siamo ? Non è possibile fare un conto . Varia da sera a sera . Ma ti posso dire che non gli diamo requie . I mujaidin calano giù da tutte le parti , da Mirzayan , da Charbagh , da Saidane - Poladi e da Haji Sahiban , da Koshkak e da Balabagh , solo per parlare del distretto di Sorkhroad : e poi , naturalmente , da Cherperhar e da Cama . » È un bel cielo d ' aprile , quello che vedo sopra Jalalabad . Sono molto vicino al ponte dove , la sera prima , sono stati falciati i russi . Gli elicotteri sovietici passano e ripassano sopra la campagna e scompaiono oltre , nella valle di Khunar . L ' ingegnere dice : « È troppo pericoloso attaccare adesso : aspettiamo stasera . Di giorno , se spari , ti vengono addosso jet ed elicotteri e non hai scampo » . Ma poi qualcosa cambia . Ed è l ' ingegnere che arriva trafelato e dice : « Attacchiamo adesso : ma vi prego andate via , non vogliamo che vi succeda qualcosa » . Peter ed io siamo in un campo di frumento e vedo l ' ingegnere e Bismilha correre piegati in due lungo l ' argine e poi farsi inghiottire dal verde . Subito dopo , un carro armato russo appare sulla sponda del fiume , dalla parte dei mujaidin : e poi un altro , con la stessa minacciosa musica , e poi tre Carriers . Peter inquadra il primo carro armato , un T 62 : « Cristo » dice , « che bella bestia » . Dal verde alla nostra destra partono i primi colpi . Bismilha è allergico ai tank sovietici e così l ' ingegnere . Sono passate da poco le undici e i mujaidin hanno deciso che l ' Armata Rossa non debba profanare oltre , coi cingoli , la terra sacra di Ningrahar . Né l ' ingegnere né Bismilha hanno avuto il tempo di chiedere l ' autorizzazione a Mawli Khalés , ma sanno molto bene che Mawli Khalés farebbe la stessa cosa . E dai cespugli dove sono rintanati partono altre scariche . Ora , lungo l ' argine del Sorkhroad , procedono lentamente - forse con l ' obiettivo d ' un accerchiamento - due T-62 e tre APC : che cominciano a rispondere al fuoco coi cannoni di 75 mm. Non è ancora l ' inferno , ma questa media temperatura bellica non impedisce a una donna di continuare a sciacquare e risciacquare i suoi panni nel torrente e ai contadini di zappare la terra . Cannonate e raffiche di mitraglia passano sopra questi bellissimi campi di frumento e cipolle e papaveri bianchi e ciclamini da cui esce , distillata , la felicità dell ' oppio . È passato da poco mezzogiorno quando Bismilha e un ragazzotto di neanche diciott ' anni spingono fuori dalla macchia , sull ' argine , tre uomini , percuotendoli coi calci dei fucili . Uno avrà trent ' anni , l ' altro quaranta , il terzo , molto vecchio e fragile , è sulla settantina . Gli sono molto vicino e credo di poter dire da che strana luce sono attraversati gli occhi , quando sei preso dal terrore . Il mujaidin di scorta continua a picchiarli e altri , che li incrociano sul cammino , aggiungono la loro dose di percosse , calciandoli in faccia , alle gambe , ai testicoli . Il vecchio è il più pestato . Uno lo fa stramazzare vibrandogli il fucile sulla schiena con un fendente che avrebbe ucciso un mulo , ma lui riemerge dalla caduta senza un lamento , senza gemiti , la faccia di un antico gufo che è da tempo morto e non appartiene più a questa terra . I tre afghani erano su un bulldozer che i carri armati russi scortavano da qualche parte per lavori di sterramento : sorpresi e terrorizzati dalla sparatoria , si son dati alla fuga scegliendo - nella paura - l ' itinerario sbagliato : ed eccoteli capitare , in pochi minuti , davanti ai fucili dell ' ingegnere e di Bismilha . Li hanno portati dal giudice . Il giudice è un tipo robusto con una faccia larga e una barba coranica , ha occhi color mandorla , vivaci , ironici e crudeli , lo chiamano anche Kissinger per via di una sua certa avventurosa politica estera e sostiene di dovermi proteggere a tutti i costi « perché » dice « tu hai faccia da russo ( " rusj rusj " ) e se capiti in mezzo proprio non darei una lira per i tuoi coglioni » . « Rusj rusj » mi dice il giudice , « tu non vuoi morire a Jalalabad . » Io gli dico di no , anche se è bella , c ' ero stato in gennaio e il collega Bernardo Valli , che pure ha tanto peregrinato , sosteneva che un profumo simile non lo aveva mai respirato da nessun ' altra parte . Quando i tre gli arrivano davanti , il giudice li abbraccia : miei cari fratelli islamici , dice . Ma poi il mujaidin di scorta lo informa che sono « collaborazionisti » , grandi figli di troia fottuti e venduti , e il giudice allora fa scendere dall ' alto la sua mano non più benedicente , un colpo di maglio che quasi gli stacca la testa . Li mettono in una specie di stalla . Nessuno dei tre parla . Forse gli hanno già detto che devono morire . Guardo il vecchio . Ha due crateri secchi nelle guance , la bocca senza labbra cucita sulle gengive amare . L ' uomo di mezza età getta un ' occhiata indifferente - certo senza astio - ai fotoreporters che stanno indagando nella sua disperazione . Il più giovane sembra assente . Il comandante gli dice : « Hai dei bei sandali , sono molto più belli dei miei . Sai che ti dico ? Facciamo un cambio : a te non servono più » . Il comandante Mokhlis butta lontano le sue ciabatte sdrucite e calza i sandali del condannato a morte . Fa due o tre passi per provarle . « Belle calzature eh ? » L ' uomo si guarda i piedi nudi . Nei campi , i mujaidin combattono fin a tarda sera . Il giudice si fa passare sotto le narici dei fiori di campo e poi dice : « Domani finito » . Fa anche capire , con un gesto , che i tre non hanno scampo . Alle quattro del pomeriggio arriva la notizia che Mawli Bismilha è morto . Il ragazzo che porta la notizia ha del sangue sulla camicia . Non piange , ma gli costa fatica . « A che ora è morto ? » gli chiedono . « Un ' ora fa » è la risposta . « L ' hai visto ? » « L ' ho visto . » Vai a capirli , questi mujaidin . Bismilha è morto , l ' ingegnere continua a sparare sui carri armati col cadavere vicino e dai campi di frumento che sono lì a cento metri senti i guerriglieri che tra una fucilata e l ' altra invocano Allah , mentre i carri armati sovietici , non ancora annichiliti , vomitano sui campi il fuoco della 75 mm. È un grido di disperati , un grido che fa paura . Allah Akbar , Allah è grande . La battaglia di Jalalabad è finita senza vinti né vincitori . Ma il giorno dopo i russi son passati alle punizioni e l ' artiglieria di terra e gli elicotteri hanno martoriato per ore Sorkhroad . È sera , ormai , quando il giudice decide di trasferire i prigionieri in zona più tranquilla . Una trasferta di oltre quattro ore . La battaglia continua sulla piana mentre noi scappiamo . Mi dicono che i russi stanno tentando una manovra di accerchiamento e non sarebbe prudente farsi trovare . Quando arriviamo sul fiume , è l ' ora della preghiera . Una luce violetta avvolge le montagne . I tre chiedono di poter pregare e gli viene concesso . Li slegano , quelli si inginocchiano e forse non vedrai più mai nella tua vita una preghiera così fervida , così disperata e così intensa . Viene da piangere . Ma forse - pensiamo - c ' è speranza : li hanno lasciati pregare , potrebbero salvarli . Invece no . Li hanno portati in una cava di ghiaia , a Fathiabad , tre buone ore di marcia da Diwalid . Ed è qui che li rivediamo , sempre legati e pronti a morire . Nessuno è in grado di venirci incontro . Nessun interprete che sappia tradurre . Dei tre non sappiamo né il nome né l ' età né perché si son messi coi russi . Ma non ha importanza . Una cosa ci sembra di aver capito . Ed è che erano tre poveri diavoli di contadini , senza la minima possibilità di traviamento da parte di una filosofia estranea e ( per loro ) lunare come il marxismo e che se erano capitati sui bulldozer « russi » lo avevano fatto soltanto per sbarcare il lunario e per quell ' antica irresistibile ragione che è la fame . Sono le dieci del mattino quando entriamo nella cava di Fathiabad . I due più giovani sono ammanettati insieme da una striscia di stoffa celeste ; il vecchio è solo . Li spingono dietro , dove c ' è una specie di cunetta che sarà la loro fossa . L ' intero villaggio s ' è radunato per la cerimonia ma il giudice li tiene lontano . Non c ' è plotone d ' esecuzione vero e proprio , i tre non vengono messi al muro . Due mujaidin hanno l ' incombenza . Il primo colpo è per il vecchio che cade sulle ginocchia , schiantato , e poi si rovescia sul fianco , cadendo nella cunetta , la bocca e gli occhi pieni di sangue . Poi vanno giù gli altri due : il più giovane ha la schiena sfasciata e da un buco esce della materia . L ' uomo di mezzo ha molto pregato prima di morire . Gli ero molto vicino e ho sentito che ripeteva continuamente Allah , Allah , Allah . Il secondo e ultimo colpo gli ha traforato il cranio . Ma non è tutto finito qui . Qualcuno non è soddisfatto , l ' esecuzione non gli è bastata . Ed ecco che tira fuori dai cenci un coltello e comincia a infierire contro i cadaveri , aprendo altri squarci . Il vecchio ha la gola recisa . Mi vedo attorno bambini di nove , dieci anni colti da macabra esultanza che sputano sui morti , giocando a chi centra meglio . Fathiabad era il villaggio di Mawlí Bismilha . Lo hanno portato al cimitero sul suo letto di paglia , sotto una coperta verde . Hanno rimosso la coperta per farmelo vedere . Ha quei suoi dentoni appoggiati sul labbro inferiore e un buchetto nero in mezzo alla fronte . Sua madre non piange , suo fratello non piange . C ' è solo un ragazzo che piange . Se ho ben capito , dice che Mawli gli ha insegnato a sparare .