StampaQuotidiana ,
Vivo
a
Milano
dal
1948;
avevo
allora
cinquantadue
anni
.
Perché
ho
scelto
Milano
a
preferenza
d
'
altre
città
?
Molti
amici
,
quando
vado
a
Roma
o
altrove
,
me
lo
chiedono
,
tra
stupiti
e
scandalizzati
.
E
la
mia
risposta
è
sempre
la
stessa
:
perché
a
Milano
ho
trovato
un
posto
di
lavoro
soddisfacente
.
Ma
gli
amici
non
si
arrendono
e
obiettano
:
che
ne
è
del
clima
o
meglio
dell
'
habitat
intellettuale
della
città
?
Non
è
forse
vero
che
l
'
incomunicazione
di
massa
ha
qui
toccato
uno
dei
suoi
vertici
?
E
a
questo
punto
la
mia
risposta
è
sempre
la
stessa
:
1°
)
l
'
incomunicazione
di
massa
può
essere
molto
favorevole
a
uno
scrittore
o
artista
che
non
sia
eterodiretto
,
che
non
dipenda
dagli
alti
e
bassi
della
moda
culturale
;
mentre
sarebbe
disastrosa
per
quei
titani
dell
'
aggiornamento
porno
-
sociologico
che
contestano
«
il
sistema
»
ritraendone
lauti
vantaggi
;
2°
)
anche
mettendo
da
parte
ciò
che
Milano
e
la
Lombardia
rappresentano
nella
vita
economica
del
nostro
Paese
,
anche
se
ci
scordiamo
per
un
momento
la
meravigliosa
stagione
del
romanticismo
lombardo
possiamo
tranquillamente
affermare
che
gli
anni
della
scapigliatura
e
del
primo
naturalismo
hanno
fatto
di
Milano
una
città
civilissima
e
culturalmente
importante
.
Sì
,
hanno
fatto
:
ma
ora
?
Io
posso
riferire
due
episodi
diversissimi
,
ma
forse
significativi
.
Nel
1926
incontrai
a
Milano
Italo
Svevo
,
di
cui
conoscevo
solo
l
'
opera
e
la
fotografia
.
Mi
feci
coraggio
,
mi
presentai
e
lo
condussi
subito
in
via
Borgospesso
,
al
«
Convegno
»
.
Vi
trovai
alcuni
scrittori
ben
lieti
di
rendere
omaggio
al
loro
più
anziano
collega
.
Enzo
Ferrieri
,
naturalmente
,
Carlo
Linati
,
Eugenio
Levi
,
Alessandro
Pellegrini
ed
altri
ancora
.
Qualche
mese
dopo
Svevo
tornò
al
«
Convegno
»
per
leggere
una
sua
conferenza
su
Joyce
:
fu
un
avvenimento
che
oggi
non
potrebbe
ripetersi
.
Secondo
episodio
,
trent
'
anni
dopo
.
Nel
1956
si
dette
alla
Scala
un
dramma
lirico
di
sir
William
Walton
,
Troilo
e
Cressida
.
Io
ero
il
traduttore
del
bellissimo
libretto
.
Musicalmente
,
la
partitura
era
elegantissima
,
la
parte
vocale
non
facile
.
Lo
feci
notare
a
Victor
de
Sabata
,
il
quale
sorrise
e
mi
disse
che
la
Scala
sapeva
il
fatto
suo
.
De
Sabata
,
grande
direttore
d
'
orchestra
,
era
notoriamente
incapace
di
mettere
insieme
un
cast
.
Il
risultato
fu
disastroso
:
l
'
opera
,
eseguita
da
artisti
di
terz
'
ordine
,
finì
tra
fischi
assordanti
.
Alla
fine
dello
spettacolo
né
il
Sovrintendente
,
né
il
De
Sabata
,
né
il
direttore
d
'
orchestra
si
fecero
vedere
dall
'
autore
.
Faceva
freddo
,
nevicava
.
Accompagnai
Walton
sguazzando
nella
neve
e
nelle
pozzanghere
.
Lui
era
tranquillo
,
io
pieno
di
vergogna
.
Nonostante
il
freddo
,
la
nebbia
e
lo
smog
Milano
ha
o
avrebbe
tutto
ciò
che
occorre
per
essere
un
'
importante
città
d
'
arte
e
di
cultura
.
Ha
molte
opere
d
'
arte
,
musei
,
biblioteche
(
eccellente
la
Biblioteca
comunale
)
,
alcune
università
;
possiede
due
grandi
orchestre
,
parecchie
istituzioni
musicali
,
è
sede
dei
maggiori
editori
italiani
,
i
suoi
giornali
e
rotocalchi
raggiungono
alte
tirature
.
Ogni
sera
vi
si
tengono
decine
di
conferenze
e
dibattiti
,
il
Piccolo
Teatro
ha
ottenuto
successi
internazionali
,
la
Scala
fa
quel
che
può
(
meno
di
quel
che
potrebbe
)
per
sopravvivere
,
la
direzione
locale
della
Rai
-
TV
compie
lodevoli
sforzi
,
ma
non
si
è
mai
riusciti
a
dare
alla
città
un
decente
museo
d
'
arte
moderna
.
Tuttavia
la
somma
di
simili
meriti
e
demeriti
è
ben
lontana
dal
dare
un
risultato
positivo
.
Non
mancano
le
apparecchiature
e
i
mezzi
,
è
invece
assente
la
volontà
di
coordinare
gli
strumenti
a
disposizione
e
di
dare
al
pubblico
,
anche
al
pubblico
dei
meno
abbienti
,
quei
«
servizi
»
ch
'
esso
avrebbe
il
diritto
di
pretendere
.
Che
Milano
sia
stata
sempre
una
città
sorda
all
'
intelligenza
non
può
dirsi
in
alcun
modo
.
Anche
senza
essere
un
longobardista
(
com
'
era
il
compianto
Bognetti
)
e
nemmeno
un
lombardista
(
com
'
è
il
valentissimo
Dante
Isella
)
io
so
quanto
Milano
abbia
contato
nella
storia
dell
'
intelligenza
italiana
.
Lo
so
per
averlo
letto
nei
libri
,
non
lo
so
affatto
per
mie
recenti
esperienze
personali
.
Tra
il
'25
e
il
'30
io
venivo
a
Milano
come
si
va
alla
Mecca
:
per
rendere
il
mio
tributo
a
una
città
d
'
eccezione
.
Ma
se
debbo
prescindere
dall
'
enorme
importanza
che
Milano
ha
nel
campo
dell
'
industria
e
dell
'
economia
,
io
amo
questa
città
per
l
'
innegabile
senso
civico
dei
suoi
abitanti
,
l
'
amo
perché
vivendoci
riesco
quasi
a
dimenticarmi
di
essere
in
Italia
(
e
non
è
dir
poco
)
,
l
'
amo
perché
qui
il
sottobosco
politico
e
pseudo
culturale
fa
poca
presa
,
l
'
amo
perché
i
miei
amici
A
B
C
...
Z
non
potrebbero
viverci
e
prosperare
,
l
'
amo
perché
qui
si
può
vivere
senza
vedere
nessuno
,
senza
essere
coinvolto
in
qualsiasi
indecoroso
intrallazzo
mondano
,
senza
vergognarmi
di
essere
al
mondo
,
l
'
amo
con
tutto
il
cuore
ma
non
riesco
ad
amarla
per
la
souplesse
,
l
'
agilità
e
l
'
acume
della
sua
intelligenza
.
Dipenderà
dai
cittadini
di
Milano
un
futuro
e
imprevedibile
mutamento
del
volto
,
del
carattere
della
città
?
Certamente
,
ma
non
dai
suoi
uomini
d
'
oggi
.
Milano
è
una
città
buona
,
ma
non
è
una
città
interessante
.
Gli
stranieri
vengono
qui
per
ragioni
d
'
affari
,
ma
ben
pochi
viaggiatori
sentimentali
(
nel
senso
reso
tradizionale
da
Sterne
)
vengono
a
stabilirvisi
.
Milano
potrà
dunque
,
anzi
dovrà
,
diventare
una
città
di
cultura
rinunziando
(
et
pour
cause
)
a
quanto
non
ha
di
congeniale
:
il
colore
locale
,
la
cattiva
reputazione
,
lo
scandalo
,
la
moda
.
Sarà
possibile
?
Tutto
dipenderà
dai
suoi
uomini
di
domani
.
Se
i
giovani
d
'
oggi
si
tagliassero
la
barba
e
imparassero
a
studiare
senza
far
credito
alle
molte
università
che
vi
sorgeranno
,
numerose
come
i
funghi
,
allora
Milano
potrebbe
acquistare
quella
dimensione
morale
e
culturale
che
altre
città
italiane
,
malgrado
l
'
infuriare
delle
discordie
politiche
,
hanno
saputo
in
qualche
modo
difendere
.
Ricordiamo
però
che
la
cultura
non
si
fabbrica
,
nasce
da
sé
quando
è
giunto
il
momento
propizio
.
E
il
momento
stesso
è
una
grazia
che
bisogna
meritare
.
StampaQuotidiana ,
L
'
uomo
alienato
,
anzi
reificato
come
si
dice
oggi
,
ridotto
a
cosa
e
non
più
individuo
,
è
veramente
infelice
per
la
condizione
in
cui
è
venuto
a
trovarsi
?
Il
problema
è
certamente
mal
posto
perché
dell
'
uomo
libero
,
non
condizionato
che
da
se
stesso
,
la
storia
non
offre
esempi
;
ma
se
vogliamo
ammettere
ch
'
esso
esista
e
sia
anzi
il
problema
d
'
oggi
si
deve
escludere
che
psicologi
sociologi
e
ah
nettali
specialisti
dell
'
uomo
-
uomo
e
dell
'
uomo
-
formica
siano
i
più
idonei
a
risolverlo
.
Gli
artisti
invece
hanno
qualcosa
da
dire
in
proposito
perché
la
loro
vocazione
-
e
più
nell
'
ultimo
secolo
,
da
quando
sono
sorti
verismo
,
naturalismo
e
altre
scuole
affini
-
sembra
essere
quella
di
denunciare
l
'
universale
infelicità
umana
.
Non
sono
però
concordi
nella
prognosi
e
tanto
meno
nella
diagnosi
.
L
'
infelicità
dell
'
uomo
è
costitutiva
,
originaria
oppure
è
l
'
effetto
dei
«
sistemi
»
sociali
sinora
sperimentati
?
Gli
artisti
così
detti
engagés
propendono
per
questa
seconda
ipotesi
ma
sanno
benissimo
che
l
'
utopia
della
città
Felice
non
fu
e
mai
sarà
attuabile
.
Altri
invece
accettano
l
'
infelicità
come
la
sola
possibile
fonte
di
ispirazione
.
L
'
arte
sarebbe
la
vita
di
chi
non
vive
.
E
difficile
immaginare
che
un
uomo
felice
,
un
uomo
«
riuscito
»
,
rinunci
alla
sua
presente
felicità
per
crearsi
una
soddisfazione
post
mortem
scrivendo
opere
letterarie
di
non
probabile
sopravvivenza
.
Non
mancano
,
sono
anzi
numerosi
,
gli
scrittori
che
pur
non
essendo
impegnati
nella
contestazione
socio
-
politica
sentono
il
bisogno
di
giustificare
il
no
da
essi
opposto
alla
vita
dell
'
uomo
d
'
oggi
.
Tra
questi
,
e
tra
i
più
giovani
,
particolarmente
interessante
è
Goffredo
Parise
.
Il
suo
no
non
è
a
senso
unico
:
nel
suo
ultimo
libro
Il
crematorio
di
Vienna
(
Feltrinelli
)
l
'
accusa
non
è
rivolta
alla
vita
intesa
come
istituzione
,
bensì
alla
civiltà
consumistica
,
che
è
la
sua
bestia
nera
,
non
certo
l
'
unica
.
Lo
sguardo
di
Parise
è
stato
sempre
quello
di
un
antropologo
che
abbia
il
capolavoro
di
Darwin
come
livre
de
chevet
.
Non
tanto
lo
interessa
l
'
uomo
come
animale
privilegiato
(
che
pensa
e
modifica
a
piacer
suo
o
distrugge
la
sua
vita
)
quanto
l
'
uomo
animalesco
tout
court
che
continua
a
mostrarsi
nell
'
attuale
uomo
civile
ed
economico
.
Non
so
se
Parise
si
faccia
illusioni
su
ciò
che
potrebbe
essere
l
'
uomo
allo
stato
di
natura
,
il
buon
selvaggio
.
In
ogni
modo
è
la
vita
primordiale
quella
che
attrae
la
sua
attenzione
;
ed
è
per
questo
che
in
un
libro
di
tinte
uniformi
,
volutamente
composto
sullo
schema
di
«
tema
e
variazioni
»
(
una
trentina
di
pezzi
numerati
senza
titoli
)
si
può
trovare
ad
apertura
di
pagina
una
frase
come
questa
:
O
pesci
!
,
in
amore
muto
e
natante
,
in
seminagione
stagionale
,
la
vostra
tecnocrazia
o
sistematica
riproduttiva
non
conosce
le
belle
regole
della
dialettica
:
fate
e
basta
.
Non
conoscete
,
beati
voi
,
la
didattica
delle
convenzioni
ideologiche
(...)
o
pesci
,
fate
,
guizzate
con
l
'
occhio
non
cosciente
,
privo
di
quel
miraggio
,
verso
non
tecnici
miraggi
:
il
vermetto
,
magari
traditore
,
la
libellula
,
il
pesce
femmina
,
gli
infiniti
e
gioiosi
misteri
di
quel
grande
Luna
Park
subacqueo
che
è
la
vita
ittica
,
ottusi
ai
ragionamenti
,
alla
presenza
,
alla
bella
presenza
con
cappello
grigio
,
guanti
grigi
,
soprabito
grigio
dei
marciatori
dall
'
universale
bella
presenza
,
delle
confezioni
,
dei
prodotti
di
bellezza
per
uomo
,
o
pesci
!
Non
dico
che
questo
sia
un
bellissimo
squarcio
di
prosa
;
ma
a
chi
non
conoscesse
Parise
potrebbe
servire
per
comprendere
tanti
altri
motivi
di
lui
.
Il
tema
che
prevale
nel
Crematorio
trovava
già
nel
Padrone
(
il
più
fortunato
romanzo
di
Parise
)
due
personaggi
ancora
individuabili
da
un
punto
di
vista
che
diremmo
vagamente
naturalistico
:
il
padrone
Max
,
pianta
carnivora
che
risucchia
un
suo
dipendente
:
il
quale
,
a
conti
fatti
,
accetta
una
situazione
a
lui
non
del
tutto
sfavorevole
.
Il
motivo
del
consumo
,
della
quasi
perfetta
simbiosi
tra
il
consumante
e
il
consumatore
e
il
consumato
,
dava
luogo
a
un
grottesco
di
forte
interesse
narrativo
.
Qui
invece
,
nel
Crematorio
,
i
personaggi
pure
restando
anonimi
(
portano
soltanto
un
nome
che
è
una
lettera
dell
'
alfabeto
)
vivono
in
ambienti
ben
definiti
,
hanno
caratteri
fisici
e
psicologici
accettabili
ma
perdono
alquanto
in
credibilità
.
Altro
è
trovarsi
nella
condizione
di
robot
,
altro
sapere
di
esserlo
.
Le
figure
di
questo
défilé
pensano
e
riflettono
sulla
loro
condizione
con
una
straordinaria
consapevolezza
,
ciò
che
nella
vita
quasi
mai
accade
.
Nella
vita
l
'
infelicità
non
è
di
entrare
nel
circolo
produttore
-
prodotto
ma
nell
'
uscirne
.
Non
è
psicologicamente
vero
che
l
'
uomo
desideri
la
libertà
:
è
vero
però
ch
'
egli
deve
illudersi
di
desiderarla
.
Solo
in
rari
esempi
la
paranoia
si
affaccia
nei
personaggi
monologanti
di
Parise
.
Tale
è
il
caso
dell
'
uomo
che
uccide
molte
persone
senza
alcun
proposito
criminale
,
ma
per
darsi
prova
della
propria
abilità
nel
tiro
a
segno
.
Ma
in
casi
analoghi
,
e
assai
meno
cruenti
,
il
tema
del
rapporto
tra
divoratore
e
divorato
è
quasi
nascosto
e
si
crea
allora
una
situazione
veramente
poetica
restando
nascosta
la
nuda
e
cruda
motivazione
.
Tale
la
storia
dell
'
innominato
signore
che
vede
in
bianco
e
nero
la
sua
casa
,
la
sua
famiglia
e
se
stesso
,
mentre
ogni
altro
«
esterno
»
conserva
vividi
colori
.
Si
ha
qui
il
tema
dell
'
usura
,
ben
diverso
da
quello
dell
'
uomo
strumentalizzato
.
Là
dove
,
invece
,
prevale
un
implacabile
j
'
accuse
,
una
requisitoria
contro
la
robottizzazione
dell
'
individuo
,
l
'
ossessiva
iterazione
del
motivo
perde
in
efficacia
e
lascia
alquanto
incredulo
il
lettore
-
consumatore
.
Perché
alla
fin
dei
conti
il
paradosso
di
Parise
e
di
tutti
gli
anticonsumisti
(
anch
'
io
ho
peccato
in
questo
senso
in
miei
vecchi
scritti
non
narrativi
)
è
ch
'
essi
stessi
sono
professionali
produttori
e
avidi
consumatori
di
merce
culturale
.
Si
tratta
di
una
contraddizione
di
fondo
presente
in
tutta
la
letteratura
d
'
oggi
.
Contraddizione
più
apparente
che
reale
perché
non
si
può
uccidere
,
artisticamente
,
la
vita
senza
una
forte
carica
di
amor
vitae
.
Questa
volontà
di
vivere
è
sempre
stata
presente
in
tutti
i
libri
di
Parise
e
nei
suoi
reportages
giornalistici
.
Nel
suo
ultimo
libro
essa
sembra
quasi
espunta
come
una
imperdonabile
debolezza
.
Ciò
non
toglie
che
quand
'
essa
trapela
Parise
riacquisti
tutta
la
sua
forza
.
StampaQuotidiana ,
Da
Gerusalemme
divisa
,
5
gennaio
-
Se
è
vero
che
le
forme
verbali
dell
'
aramaico
non
consentono
una
netta
distinzione
tra
passato
,
presente
e
futuro
,
e
lascio
la
responsabilità
dell
'
affermazione
a
Raymond
Aron
,
si
può
comprendere
che
il
continuum
di
un
eterno
presente
abbia
finito
per
imporre
una
certa
iconoclastia
ai
Paesi
di
lingue
semitiche
.
Da
un
lato
concreto
,
la
vita
quotidiana
,
dall
'
altro
ciò
che
non
si
può
né
vedere
né
rappresentare
.
Così
il
Dio
non
effigiato
doveva
prendere
,
presso
gli
ebrei
,
anche
gli
attributi
meno
nobili
dell
'
uomo
:
la
collera
,
la
violenza
.
Mancando
ai
monoteisti
il
conforto
che
ebbero
i
greci
di
popolare
la
Terra
di
divinità
terrene
o
di
subdivinità
in
incognito
,
molto
lento
dovette
essere
il
processo
che
vide
nascere
la
carità
,
in
sostituzione
dell
'
antica
pietas
,
accessibile
solo
a
pochi
privilegiati
.
E
fu
la
rivoluzione
cristiana
,
da
duemila
anni
la
sola
rivoluzione
che
,
anche
incompiuta
come
è
,
dica
ancora
qualcosa
al
cuore
dell
'
uomo
.
Questi
,
ed
altri
meno
peregrini
,
erano
i
sentimenti
che
mi
ispirava
la
strada
quasi
deserta
che
porta
da
Amman
a
Gerusalemme
.
Nella
città
di
Amman
ho
visto
solo
i
quartieri
dei
rifugiati
,
che
formano
una
sorta
di
lebbrosario
edilizio
.
Più
in
là
,
alle
baracche
e
alle
casupole
succedono
tende
di
forma
semiovoidale
,
attaccate
al
suolo
come
sanguisughe
.
Apparvero
poi
due
cammelli
,
uno
sciacallo
con
gli
occhi
accesi
dalle
prime
luci
del
tramonto
e
una
o
due
squadre
dei
mirabili
cavalleggeri
arabi
del
re
Ussein
.
Il
suolo
rossastro
e
ondulato
,
non
ci
si
accorgeva
di
scendere
gradatamente
dai
quasi
mille
metri
dell
'
altipiano
verso
i
quattrocentoquaranta
piedi
sotto
il
livello
del
mare
del
plumbeo
Mar
Morto
.
Sulle
rive
del
quale
sorge
un
Dead
Sea
Hotel
che
offriva
camere
libere
ma
non
riscaldate
.
E
il
freddo
in
terra
era
intenso
,
le
poche
erbe
erano
già
strinate
dal
gelo
.
Una
larva
di
calore
ci
offriva
,
invece
,
a
Gerusalemme
,
un
alberguccio
sul
Monte
degli
Ulivi
.
Ma
in
questi
giorni
un
solo
alloggio
non
bastava
ai
giornalisti
,
perché
la
città
è
divisa
in
due
parti
,
una
giordana
e
una
israeliana
,
e
chi
voleva
vedere
qualcosa
doveva
far
la
spola
dall
'
una
all
'
altra
,
dopo
essersi
imbottite
le
tasche
di
ogni
genere
di
documenti
,
tessere
e
salvacondotti
.
Per
la
prima
volta
in
vita
mia
,
ho
avuto
così
due
alloggi
,
uno
dei
quali
lussuoso
,
a
forse
un
chilometro
di
distanza
.
Che
cosa
pensavano
i
giordani
dell
'
imminente
arrivo
di
Paolo
VI
?
Secondo
re
Ussein
,
il
Papa
potrà
rendersi
conto
delle
condizioni
di
vita
di
un
milione
di
rifugiati
,
ma
non
bisogna
attribuirgli
compiti
di
mediatore
tra
due
Paesi
ancora
su
un
piede
di
guerra
,
seppure
in
regime
di
armistizio
.
Che
cosa
pensano
gli
arabi
del
nostro
coraggioso
Pontefice
?
Lo
abbiamo
chiesto
ad
un
arabo
ed
egli
ci
ha
interrogato
a
sua
volta
:
sa
camminare
sull
'
acqua
il
Papa
?
E
alla
nostra
risposta
se
ne
è
andato
,
deluso
.
Ciò
non
toglie
che
in
questo
Paese
l
'
interesse
per
l
'
inopinato
gesto
di
Paolo
VI
sia
stato
altissimo
.
Mentre
sto
scrivendo
,
levo
gli
occhi
e
guardo
la
mareggiata
umana
che
accoglie
il
Papa
alla
porta
di
Damasco
.
Neppure
il
forte
sbarramento
della
polizia
e
dell
'
esercito
giordano
ha
potuto
impedire
che
,
durante
l
'
ascensione
della
Via
Dolorosa
,
il
Pontefice
dovesse
procedere
tra
una
vera
calca
di
popolo
.
Eppure
la
Via
Crucis
,
quando
l
'
avevo
percorsa
io
,
non
era
che
un
vicolo
in
salita
,
a
zigzag
,
sul
quale
si
aprono
friggitorie
e
piccole
botteghe
.
Era
una
sera
di
luna
,
non
si
vedeva
anima
viva
.
In
un
seminterrato
un
uomo
impastava
coi
piedi
nudi
una
melma
di
olio
di
sesamo
e
il
tanfo
dilagava
intorno
.
La
vera
Via
Crucis
correva
sotto
l
'
attuale
strada
,
pochi
metri
al
di
sotto
;
qualche
traccia
ne
resta
ancora
ed
a
ogni
stazione
c
'
è
un
'
apertura
che
permette
di
scorgerla
.
La
chiesa
del
Santo
Sepolcro
sorge
su
quella
che
doveva
essere
poco
più
di
una
gibbosità
o
verruca
del
suolo
.
È
là
che
Paolo
VI
ha
celebrato
,
nello
storico
4
gennaio
1964
,
la
prima
Messa
di
un
Papa
in
Terrasanta
.
Se
è
lecito
attribuire
pensieri
nostri
a
così
alto
visitatore
,
si
può
credere
che
egli
abbia
invidiato
quei
pellegrini
che
vengono
qui
senza
clamore
di
pubblicità
e
senza
apparire
su
alcuno
schermo
.
Teoricamente
,
la
possibilità
esisteva
,
poiché
né
Giordania
né
Israele
posseggono
la
televisione
:
í
giordani
troppo
poveri
per
pagarsi
questo
lusso
,
gli
israeliani
convinti
che
la
televisione
distragga
dal
lavoro
e
corrompa
i
costumi
.
Ma
la
macchina
diabolica
poteva
essere
importata
per
pochi
giorni
,
e
nessun
uomo
di
prestigio
e
tanto
meno
il
capo
della
ecumene
cattolica
potrebbe
sognarsi
oggi
di
viaggiare
clandestinamente
.
A
Getsemani
poi
,
l
'
ultima
tappa
importante
di
questa
prima
spossante
fatica
del
Papa
,
è
quasi
impensabile
la
folla
.
L
'
orto
ha
ancora
la
ingenuità
dei
quadri
dei
primitivi
,
la
luce
sgronda
dagli
alberi
,
un
uccellino
ammaestrato
dai
francescani
viene
a
posarsi
sulla
vostra
spalla
;
e
nemmeno
il
cuore
più
indurito
può
trattenere
la
commozione
vedendo
la
più
che
bimillenaria
lastra
di
pietra
sulla
quale
il
Salvatore
,
per
lunga
ed
ininterrotta
tradizione
,
si
adagiò
e
pianse
.
Mi
accorgo
di
aver
saltato
a
piè
pari
la
tappa
intermedia
toccata
in
breve
tempo
dal
Papa
:
Betania
,
dove
si
vedono
i
resti
della
casa
di
Lazzaro
,
pure
custodita
dai
francescani
.
Qui
la
chiesa
è
quasi
addossata
a
una
moschea
e
il
suono
dell
'
organo
e
il
canto
rauco
del
muezzin
si
fondono
in
un
unico
stupefacente
concerto
.
Nazaret
,
il
più
famoso
dei
luoghi
santi
,
si
trova
,
invece
,
in
Israele
.
Mentre
continuo
a
scrivere
(
è
l
'
alba
del
5
gennaio
)
il
Papa
vi
giungerà
dalla
frontiera
giordana
di
Jenin
e
a
Megiddo
sarà
incontrato
dal
presidente
della
Repubblica
israeliana
,
pressappoco
lungo
quella
spaccatura
dove
Debora
sconfisse
Sela
(
Giudici
,
5
,
19
)
.
Anche
a
Nazaret
bisogna
scendere
sotto
terra
per
vedere
le
grotte
dove
vissero
a
lungo
Maria
e
Gesù
e
dove
Giuseppe
lavorò
come
falegname
.
Purtroppo
la
chiesa
che
sovrasta
le
grotte
raffredderebbe
la
fede
più
ardente
e
il
paesaggio
circostante
,
assai
deturpato
,
non
giustifica
più
la
sua
reputazione
.
Il
lago
di
Tiberiade
,
il
colle
delle
Beatitudini
,
il
Monte
Tabor
sono
altre
tappe
di
quella
che
qualche
giornale
definisce
the
Pope
'
s
cavalcade
.
Il
lago
resta
ed
è
probabilmente
eguale
a
quello
che
fu
visto
da
Gesù
:
non
vi
sono
che
poche
abitazioni
.
L
'
altro
giorno
questo
piccolo
mare
di
Galilea
era
sferzato
da
un
vento
furioso
,
le
onde
erano
altissime
,
di
un
colore
quasi
nero
.
Siamo
ancora
sotto
il
livello
del
mare
.
Una
piccola
monaca
espone
alla
mia
ammirazione
un
grosso
luccio
che
era
convinta
fosse
destinato
alla
cena
del
Pontefice
.
Di
fronte
è
la
Siria
che
un
tempo
mandava
qui
turisti
e
villeggianti
.
Nel
viaggio
di
ritorno
Paolo
VI
sosterà
a
Cana
,
dove
battezzerà
un
bambino
,
e
a
Ramla
,
dove
nacque
Giuseppe
d
'
Arimatea
.
Si
pensa
che
gli
sarà
mostrato
il
sicomoro
sul
quale
si
arrampicò
Zaccheo
per
vedere
Gesù
.
La
via
del
ritorno
lungo
la
fascia
costiera
,
che
in
qualche
punto
è
larga
appena
dieci
chilometri
,
e
la
strada
che
sale
poi
a
Gerusalemme
mostrano
un
paesaggio
folto
di
agrumeti
,
ben
diverso
da
quello
giordano
.
A
tratti
sembra
di
essere
in
Umbria
e
qualcuno
ha
pensato
alla
Val
Gardena
.
Tutto
il
coltivabile
è
stato
sfruttato
al
massimo
,
abbondano
gli
uliveti
ed
i
cipressi
,
sui
colli
biancheggiano
i
kibbuz
.
Negli
ultimi
chilometri
si
scorgono
i
resti
delle
autoblindo
israeliane
che
nel
'46
tentarono
di
rompere
un
accerchiamento
.
Oggi
vi
sono
appese
ghirlande
di
fiori
.
La
Gerusalemme
ebraica
è
una
città
moderna
dove
esiste
quasi
ogni
confort
,
escluso
un
buon
riscaldamento
.
Israele
conta
ben
sette
università
e
non
ha
analfabeti
.
Il
contrasto
psicologico
con
lo
Stato
giordano
non
potrebbe
essere
più
forte
.
Di
là
l
'
Oriente
con
la
sua
inerzia
e
la
sua
apparente
inoffensività
;
di
qua
uno
Stato
moderno
,
ma
ibridato
incredibilmente
.
Accanto
agli
ortodossi
,
che
portano
lunghe
trecce
e
insultano
chi
si
permette
di
fumare
il
sabato
,
stanno
gli
stessi
uomini
che
possiamo
incontrare
in
via
Montenapoleone
.
Non
mancano
i
cattolici
e
neppure
gli
arabi
,
lo
Stato
è
ufficialmente
laico
,
sette
partiti
si
contendono
il
potere
,
la
ferma
militare
è
obbligatoria
anche
per
le
donne
,
e
le
più
belle
ragazze
sono
quelle
che
portano
la
divisa
.
Di
fronte
alla
vastità
territoriale
degli
Stati
arabi
,
poco
spazio
resta
a
disposizione
di
Israele
.
Potranno
un
giorno
arabi
e
israeliani
convivere
in
pace
?
È
quello
che
si
augura
ogni
uomo
di
buona
volontà
.
Ma
il
solco
è
ancora
profondo
e
le
previsioni
sono
inutili
.
Domani
,
6
gennaio
,
Paolo
VI
visiterà
Betlemme
e
poi
tornerà
ad
Amman
per
riprendere
il
viaggio
di
ritorno
.
Proponendo
e
attuando
rapidamente
questa
sua
visita
egli
ha
compiuto
un
gesto
che
non
ha
precedenti
,
che
ha
creato
difficoltà
di
ogni
genere
,
e
non
solo
di
etichetta
e
di
protocollo
,
un
gesto
del
quale
non
possiamo
valutare
per
ora
le
possibili
ripercussioni
.
La
sua
visita
è
stata
considerata
importante
e
nello
stesso
tempo
è
stata
temuta
.
Religiosamente
,
nessuna
delle
parti
tuttora
in
lotta
appartiene
alla
cattolicità
.
Sul
piano
politico
si
è
trattato
della
visita
di
un
capo
straniero
ai
due
capi
di
Stato
che
lo
hanno
ricevuto
.
Ma
sul
piano
della
storia
esistono
forze
che
agiscono
nel
sottosuolo
e
che
sfuggono
alla
comprensione
dei
contemporanei
.
Forse
io
mi
sono
trovato
come
Fabrizio
del
Dongo
a
Waterloo
:
ho
assistito
a
una
grande
azione
storica
senza
rendermene
conto
.
Più
tardi
attraverso
il
ricordo
ne
prenderò
piena
coscienza
.
Per
fortuna
o
per
disgrazia
noi
uomini
dell
'
Occidente
possediamo
forme
verbali
che
ci
permettono
di
vivere
più
nel
passato
e
nel
futuro
che
nel
presente
.
Posso
concludere
queste
brevi
note
affidate
al
telegrafo
dicendo
con
quale
emozione
di
pellegrino
culturale
ho
rimesso
piede
dopo
anni
nelle
terre
dove
è
nato
il
monoteismo
.
Paesi
come
questi
lasciano
,
come
ha
detto
il
vecchio
re
Abdulla
assassinato
qui
a
Gerusalemme
,
una
impressione
di
eternità
.
Abbiamo
creato
tante
macchine
,
il
progresso
,
sebbene
a
rilento
,
è
giunto
anche
qui
,
eppure
noi
sentiamo
che
la
via
del
progresso
meccanico
non
è
che
una
delle
vie
possibili
e
forse
non
è
neppure
la
via
più
giusta
per
l
'
Oriente
che
noi
possiamo
dire
cristiano
anche
se
i
cristiani
vi
sono
in
minoranza
.
Io
ne
avevo
già
avuto
il
sentore
quando
visitai
rovine
e
santuari
,
oasi
e
città
morte
di
Libano
e
di
Siria
sotto
la
guida
di
Julian
Huxley
:
terre
che
si
possono
amare
o
detestare
,
prendere
o
lasciare
,
ma
che
in
nessun
caso
possono
lasciarci
indifferenti
.
E
per
conto
mio
anche
stavolta
,
vincendo
la
ripugnanza
del
grasso
di
montone
e
delle
sugne
di
olio
di
sesamo
,
posso
dire
che
non
mi
pento
di
aver
deciso
senza
esitazione
di
prenderle
e
di
conservarle
gelosamente
tra
i
miei
ricordi
più
cari
.