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SOCIALISMO LIBERALE ( ROSSELLI CARLO , 1928 )
Saggistica ,
PREFAZIONE Questo libro ha una piccola storia che vale a spiegarne le più evidenti lacune e la mancanza di note e di corredo bibliografico . Lo scrissi nascostamente a Lipari , isola di deportazione fascista , pochi mesi prima della mia evasione . Risente quindi dello stato di particolare tensione in cui io venni scrivendo , costretto com ' ero a tutte le astuzie per sottrarlo alle frequenti perquisizioni ( un vecchio pianoforte lo ospitò lungamente ) . Più che un libro organico vuol essere la confessione esplicita di una crisi intellettuale ch ' io so molto diffusa nella nuova generazione socialista . Questa crisi è pur sempre la crisi del marxismo , ma ad uno stadio infinitamente più acuto che non fosse trent ' anni or sono quando apparve il noto libro di Bernstein . Sono in giuoco ormai i fondamenti primi della dottrina , e non le sole pratiche applicazioni . È la filosofia , la morale , la stessa concezione politica marxista che ci lascia profondamente insoddisfatti e ci sospinge per nuove strade verso più ampi orizzonti . Ho espresso il mio pensiero con franchezza assoluta , convinto che solo la coraggiosa revisione delle sue premesse morali e intellettuali potrà ridonare al socialismo quella freschezza e quella forza espansiva che da troppi anni gli mancano . Nella parte ricostruttiva del libro mi sono proposto di offrire , sia pure di scorcio , il quadro di una rinnovata posizione socialista che io amo chiamare socialista liberale . Dal punto di vista storico questa formula sembra racchiudere una contraddizione , poi che il socialismo sorse come reazione al liberalismo - - soprattutto economico - - che con traddistingueva il pensiero borghese ai primi dell ' ottocento . Ma dall ' Ottocento ad oggi molto cammino si è fatto e molte esperienze si sono accumulate . Le due posizioni antagonistiche sono andate lentamente avvicinandosi . Il liberalismo si è investito progressivamente del problema sociale e non sembra più necessariamente legato ai principi della economia classica , manchesteriana . Il socialismo si va spogliando , sia pure faticosamente , del suo utopismo ed è venuto acquistando una sensibilità nuova per i problemi di libertà e di autonomia . È il liberalismo che si fa socialista , o è il socialismo che si fa liberale ? Le due cose assieme . Sono due visioni altissime ma unilaterali della vita che tendono a compenetrarsi e a compenetrarsi . Il razionalismo greco e il messianismo d ' Israele . L ' uno domina l ' amore per la libertà , il rispetto delle autonomie , una concezione armoniosa e distaccata della vita . L ' altro una giustizia tutta terrena , il mito della eguaglianza , un tormento spirituale che vieta ogni indulgenza . Nella sua prefazione all ' Histoire du peuple d ' Israel , Renan , grandissimo ammiratore della civiltà greca , confessa che « Le libéralisme ( grec ) ne sera plus seul à gouverner le monde . L ' Angleterre et l ' Amérique garderont longtemps des restes d ' influence biblique , et , chez nous , les socialistes , élèves sans le savoir des prophètes , forceront toujours la politique rationnelle à compter avec eux » . Ma è possibile qualificare una politica come razionale , se non tien conto in primissimo luogo dell ' idea di giustizia ? CAPITOLO I IL SISTEMA MARXISTA L ' orgoglioso proposito di Marx fu quello di assicurare al socialismo una base scientifica , di trasformare il socialismo in una scienza , anzi nella scienza sociale per definizione . Di qui il disdegno per i predecessori e il ripudio d ' ogni posizione moralistica . Con le due grandi scoperte , dice l ' Engels in Evoluzione del socialismo dall ' utopia alla scienza , della concezione materialistica della storia ed il segreto della produzione mediante il plus valore , « il socialismo divenne una scienza , che occorre adesso elaborare più ampiamente in tutti i suoi particolari » . Al socialista Marx non chiedeva più atti di fede e romantiche dedizioni : anzi egli diffidava dei cavalieri dell ' ideale . Al socialista chiedeva il sano impiego della fredda ragione , il coraggioso riconoscimento della realtà storica . Il socialismo era nei fatti , nel meccanismo intimo della società capitalistica : non nei cuori degli uomini . Doveva avverarsi , non poteva non avverarsi ; e si sarebbe avverato non per opera di una immaginaria volontà libera degli uomini , ma di quelle forze trascendenti e dominanti gli uomini e i loro rapporti che sono le forze produttive nel loro incessante svilupparsi e progredire . Il socialismo scientifico , usava dire Antonio Labriola , autorevolissimo interprete del marxismo , afferma l ' avvento della produzione comunista non come un postulato o un oggetto di libera scelta , ma come il risultato del processo immanente della storia . I principî di cotesta scienza marxista sono così universalmente noti che qui basterà farne un semplice richiamo : Marx assume come fondamentale negli uomini il bisogno economico . Per la progressiva soddisfazione di questo gli uomini sono costretti a ricorrere a metodi e rapporti di produzione che sono indipendenti dalla loro volontà . Le forze produttive sono il fattore determinante del processo storico . Tutti i fenomeni della vita sociale , politica , spirituale , hanno carattere derivato , relativo , storico , in quanto sono un prodotto del modo e dei rapporti di produzione . Il processo storico è la risultante di una immanente legge dialettica , di un ritmo delle cose ; si svolge cioè in virtù e attraverso un perenne contrasto , che nei momenti critici si fa drammatico , tra le forze espansive della produzione e le forze conservatrici simbolizzate dai preesistenti rapporti sociali . Il passaggio da una fase produttiva all ' altra si avvera per una ferrea intrinseca necessità ad opera di leggi storiche , correlative ai vari sistemi produttivi . Espressione di questo contrasto tra forze di produzione e forme cristallizzate di vita sociale è la lotta di classe . Tutta la storia si risolve in una indefinita serie di lotte di classi . Questa lotta è sempre terminata col trionfo delle esigenze della produzione , cioè con la vittoria politica della classe che queste esigenze , anche inconsapevolmente , impersona . Il sistema capitalistico di produzione è anch ' esso lacerato da una contraddizione intima insuperabile tra il carattere sempre più collettivo del sistema produttivo e quello individuale e monopolistico del sistema di appropriazione dei mezzi di produzione e di scambio . I rapporti borghesi di produzione , di traffico e di proprietà , condizione della vita e del dominio della classe borghese , urtano sempre più fortemente contro le necessità di vita e di sviluppo delle forze produttive . Questa contraddizione , per effetto della legge dinamica che presiede allo svolgimento capitalistico , condurrà necessariamente alla negazione del regime borghese ( categoria del valore che genera quella del plusvalore , che a sua volta genera l ' accentramento dei capitali , l ' immiserimento progressivo dei proletari , la scomparsa dei ceti medi , la sovraproduzione , la crisi ) . Manifestazione di questo contrasto è la lotta sempre più risolutiva tra proletariato e borghesia . Essa terminerà necessariamente - - a meno di una catastrofe sociale - - con la vittoria del proletariato che si fa portatore delle esigenze espansive delle forze di produzione . Il proletariato conquisterà violentemente il potere politico e abolirà il modo borghese di appropriazione , contraddittorio con le necessità di una produzione sempre più collettiva , socializzando i mezzi di produzione e di scambio . Lo Stato e tutte le differenze di classe scompariranno . Dalle rovine della società borghese sorgerà una società di liberi e di eguali in cui lo sviluppo prodigioso della produzione , non più ostacolato dal sistema monopolistico dei rapporti sociali , fornirà a ciascuno la possibilità di soddisfare pienamente i suoi materiali bisogni e libererà l ' umanità dalla schiavitù delle forze materiali . Questo , in succo , il pensiero costante di Marx , proclamato nel Manifesto dei Comunisti ( 1847 ) , riaffermato con frasi lapidarie nella prefazione alla Critica dell ' economia politica ( 1859 ) , svolto e illustrato nel Capitale ( 1867 ) , riconfermato sino alla morte . Pensiero nettamente deterministico , rispetto al quale gli sforzi interpretativi di un Sorel , di un Labriola , di un Mondolfo per avvalorare una interpretazione che faccia posto ad una autonoma funzione degli uomini nella storia , sono sempre naufragati . Il sistema marxistico è determinista , o non è . Non è , intendo , come sistema organico di pensiero . Ogni qualvolta Marx ha voluto di proposito riassumere i suoi intendimenti e la portata delle sue tesi , lo ha fatto con parole che non lasciano adito a dubbi . Tralascio il famoso brano del 1859 nella prefazione alla Critica dell ' economia politica che anche i più modesti cultori di studi marxistici hanno presente per ricordare che Marx , nella prefazione al Capitale , avverte che la società moderna non può saltare e sopprimere con decreti niuna delle fasi del suo sviluppo naturale ; può solo accorciare il periodo della gestazione e del parto . A queste fasi presiedono leggi naturali e tendenze che si adempiono con ferrea necessità . Sul carattere necessario , addirittura fatale , della evoluzione delle forze produttive e di tutto il processo storico , Marx ritorna meditatamente con lo squarcio famoso contenuto nell ' ultimo capitolo del I volume del Capitale che termina con la frase « ... la produzione capitalistica genera essa stessa la propria negazione con la fatalità che presiede alle metamorfosi della natura » . Proprio in questa pagina conclusiva Marx sente il bisogno di richiamare , a prova della sua perfetta coerenza , le pagine parallele del Manifesto , fornendone così , a venti anni di distanza , una interpretazione decisiva . Sei anni dopo , rendendo conto di una lunga geniale recensione della sua opera , fu sua esplicitamente la frase del finissimo critico russo : « Marx considera il movimento sociale come una naturale concatenazione di fenomeni storici , concatenazione sottoposta a leggi che non solo sono indipendenti dalla volontà , dalla coscienza e dai disegni dell ' uomo , ma che invece determinano la sua volontà , la sua coscienza e i suoi disegni ... » Bernstein certo protesterebbe in modo veemente contro questa sintetica interpretazione . Ma Marx , che è l ' unico e più vero giudice in materia , non solo non protestò , ma la fece sua con compiacenza , lodando l ' autore per la sua acutezza . Si potrebbero citare innumeri brani di Marx a conforto di questa interpretazione deterministica . Ma più che le parole vale lo spirito generale che pervade l ' opera sua , la impostazione di tutti i problemi che egli ebbe ad affrontare . Le necessità della polemica contro gli utopisti e gli ideologi borghesi , potranno avere indotto Marx - riteneva Engels nella sua vecchiaia - ad accentuare l ' aspetto deterministico del sistema : non mai però a capovolgerne l ' aspetto essenziale . Certo il determinismo marxista ha un valore tutto convenzionale e relativo . Quando Marx dichiara le forze materiali di produzione fattore determinante del processo storico , egli si arresta consapevolmente ad un anello della catena deterministica . Ma non è che ignori le maglie antecedenti : Marx ha insistito più volte sull ' influsso dei fattori naturali e ambientali , e , in special modo , sulla razza . Solo che assume questi dati come costanti . Ciò che lo interessa sono le variazioni dei fenomeni sociali all ' interno di questo ambiente che assume come fisso , e la legge di queste variazioni . Ad esempio : i caratteri naturali e antropologici della regione britannica possono a buon diritto considerarsi come costanti nel periodo 1760­1830 . Si domanda a che sono dovute le profondissime trasformazioni seguite nei rapporti sociali inglesi , e , più in generale , i fondamentali eventi storici del periodo . Marx senza esitazione risponde : alla trasformazione del modo di produzione . È ben noto quale enorme influenza esercitò su di lui e su tutti gli scrittori del periodo l ' esperienza della rivoluzione industriale , in cui veramente la macchina e il sistema di fabbrica si rivelarono come i demiurghi . Ma è anche ben noto come Marx non azzardò mai la dimostrazione della sua tesi storiografica generale , la quale è frutto di una arbitraria estensione analogica delle conclusioni cui era pervenuto nella possente analisi dei primordi del sistema capitalistico . Ora il problema centrale del marxismo , come dottrina del moto proletario , sta nel ruolo che esso assegna all ' elemento umano , al fattore volontà . Nel periodo giovanile Marx , sotto l ' influsso di Feuerbach , aveva rivendicato il carattere puramente umano della storia contro ogni alienazione a favore di forze trascendenti . Ma questa rivendicazione , dapprima piena e sostanziale , perde via via di contenuto e di significato col precisarsi della sua dottrina , sino a ridursi ad un residuo tutto polemico e formale . Nel sistema marxista abbiamo a che fare con una umanità sui generis , composta di uomini per definizione non liberi , operanti sotto la spinta del bisogno , costretti a ricorrere a metodi produttivi indipendenti dal loro volere e ad accedere a rapporti sociali imperativi . Essi hanno un solo titolo per essere considerati fattore efficiente del processo storico : l ' essere parte integrante del meccanismo produttivo . Gli altri aspetti sono derivati e secondari , funzione dello sviluppo delle forze produttive . E solo acquisteranno pieno valore e autonomia funzionale in una società comunista , perché allora , e solamente allora , si libereranno dalla schiavitù verso le forze materiali . Psicologicamente parlando , l ' uomo di Marx non è che l ' homo oeconomicus di Bentham . Questa è la sua costante psicologica , allo stesso modo della razza , del clima , ecc . Le reazioni che questo homo oeconomicus offre non sono reazioni spontanee ed autonome , ma determinate dal modificarsi dei rapporti produttivi e quindi dei rapporti sociali . È appunto partendo da questa costante psicologica che Marx assume come pacifico che i proletari si rivolteranno non appena si saranno loro rivelati lo stato di soggezione in cui versano e le cause di questa soggezione . Ma è chiaro che la causa determinante di questa rivoluzione interiore non risiede in loro , ma nel meccanismo esteriore della produzione capitalistica . L ' intimo fuoco del marxismo sta tutto in questo concetto della necessità storica dell ' avvento della società socialista , in virtù di un processo obbiettivo e fatale di trasformazione di cose . ( Anche le coscienze si modificheranno , ma secondo una linea necessaria e prestabilita dalla « costante » psicologica ) . Togliere o attenuare questo concetto significa far crollare l ' intero sistema . Se davvero Marx avesse assegnato alla volontà umana una influenza autonoma nello svolgersi del processo storico ; se , come vogliono i revisionisti , avesse affermato che tra forze materiali di produzione e coscienza sociale il rapporto è di interdipendenza e non di causa e effetto - - come avrebbe potuto enunciare con tanta categorica certezza la sua legge di sviluppo del capitalismo ? ( Per farlo avrebbe dovuto possedere una eguale categorica certezza intorno alle leggi dominanti la vita intima e il meccanismo psicologico degli uomini . Ma donde avrebbe tratto questa certezza ? La psicologia sperimentale è una scienza giovane ; e anche oggi siamo ben lungi dal possedere certezze categoriche in materia . Mentre Marx si è sempre disinteressato dei problemi di psicologia individuale e collettiva . ) Sarebbe assurdo che Marx avesse dedicato tutta la sua vita a studiare una faccia del problema - - quella relativa al mondo esteriore - - e si fosse invece totalmente disinteressato dell ' altra faccia , relativa al mondo della coscienza . È chiaro che l ' introduzione del fattore « volontà umana » nel processo storico , significa escludere a priori ogni valore scientifico a una previsione sociologica . Infatti o si ammette una sfera di libertà , per quanto condizionata , nella vita dello spirito , nel modo d ' essere della coscienza , o non la si ammette . Se la si ammette cade il concetto di necessità storica , e sorge l ' alternativa . Si introduce cioè quell ' elemento di dubbio che nel sistema marxista difetta totalmente . O non si ammette questa sfera di libertà , cioè si ritiene che la volontà umana , date le circostanze , debba dirigersi in un senso determinato e allora la volontà umana , nel suo manifestarsi , viene ricacciata al rango di effetto e non più di concausa . In ambo i casi il tentativo di conciliare il sistema marxista con una interpretazione non deterministica , cade . Ci sono inoltre varie altre prove indirette del determinismo implicito nel sistema marxista . Se Marx avesse assegnato una influenza autonoma e determinante alla volontà umana , non si spiegherebbe il suo scherno per tutti coloro che appoggiavano le rivendicazioni proletarie sul terreno della morale e del diritto . Se la volontà deve intervenire , tutti gli stimoli che concorrono a volgerla nel senso auspicato debbono essere potentemente incoraggiati . Invece egli considera come profondamente errata e pericolosa una propaganda socialista facente appello a un principio di giustizia . In Marx è sempre presente la preoccupazione di tradire , nell ' impeto della polemica , il fondo storicistico del suo pensiero . Egli ha sempre cura di avvertirci che il suo punto di vista « meno di qualsiasi altro » può rendere l ' individuo responsabile dei rapporti dai quali egli socialmente deriva , « checché faccia per districarsene » . Le leggi immanenti della produzione capitalistica si impongono ai capitalisti come « leggi coercitive esterne » . La loro volontà è fuori giuoco . È bene anzi che essi non tentino di ribellarsi al ruolo che loro impone la dialettica storica . Perderebbero il loro tempo e ritarderebbero i futuri svolgimenti . Il proletariato , dal suo canto , non può accusare il capitalismo in linea morale e giuridica . Morale e diritto sono categorie storiche , puri riflessi delle correlative strutture economiche . I capitalisti hanno le carte in regola con la morale e il diritto propri dell ' era capitalistica . Se sfruttano i proletari , cioè se pagano loro solo una frazione del valore che producono , non fanno che obbedire alle « leggi immanenti » di scambio in regime capitalistico . Per essere a posto coi principi economici , giuridici e morali del capitalismo il capitalista non ha che da fornire al salariato i mezzi - - in moneta - - per vivere e riprodursi . Se si comportasse diversamente egli verrebbe meno alla sua funzione sociale di « fanatico agente dell ' accumulazione » . Il lavoratore non può protestare . Se egli perde il soprappiù di valore che il lavoro umano - - e solo esso - - ha la virtù di produrre , lo perde per una necessità storica inderogabile . Il profitto è altrettanto naturale , in questa fase storica , quanto il macchinismo , la divisione del lavoro , il sistema di fabbrica , il salariato , il mercato mondiale , le crisi ... I borghesi , scrive sempre Marx , hanno perfettamente ragione di sostenere che l ' odierna ripartizione è « giusta » , perché in realtà « essa è l ' unica « giusta » ripartizione sulla base della odierna forma di produzione » . Non a torto si definì il Capitale la più intransigente apologia del Capitalismo ! Il Manifesto dei Comunisti , commenta il Labriola , è tutto prosaico ; non v ' è in esso né retorica né proteste . Esso è ora una scienza . Non lamenta sul pauperismo per eliminarlo . Non sparge lacrime su niente . Le lacrime delle cose si sono trasformate per se stesse in forza rivendicatrice spontanea . L ' etica e l ' idealismo consistono ormai nel mettere il pensiero scientifico al servizio del proletariato . In verità Marx è così convinto del fatale avvento della società comunista ad opera della legge di sviluppo del capitalismo che , allo stesso modo dello scienziato nei suoi esperimenti , sommamente si preoccupa di eliminare dal giuoco sociale tutti i fattori capaci di turbare o rallentare il pieno esplicarsi di quella legge . E , in primo luogo , i residui sentimentali e moralistici . Tutte le norme tattiche e tutto il programma pratico da lui consigliato ai partiti socialisti rispondono a quello scopo fondamentale : accelerare , facilitare , il processo di sviluppo capitalistico . Il suo discorso sul libero scambio fornisce un esempio tipico . Una sola forte obbiezione si oppone alla interpretazione deterministica del marxismo : la teoria della lotta di classe . Come si spiega lo sforzo di Marx per svegliare la coscienza di classe nei proletari , la sua stessa invocazione rivoluzionaria , se la parte riservata agli uomini nel processo storico è puramente passiva ? Qui è d ' uopo distinguere tra la formulazione generale della teoria della lotta di classe - - in nulla contraddicente alla linea deterministica del suo pensiero - - e la applicazione particolare che egli ne ha fatto al caso della lotta tra proletariato e borghesia . In linea generale Marx si limita ad affermare che la lotta di classe è il risultato necessario del contrasto esistente nelle cose stesse ; la faccia umana della dialettica immanente nelle cose . Egli avverte che la rivoluzione formale , esteriore , nei rapporti sociali , scoppia solo quando quella sostanziale , nel modo e nella tecnica produttiva , è già avvenuta . Per Marx la reazione psicologica è un posterius , segue il fatto economico come l ' ombra la luce ; e il fatto economico , ricordiamolo , non è il frutto di una volontà libera , ma di una volontà istintiva , schiava , dominata dal bisogno . Sarà una concezione psicologica molto semplicista e volgare , ma indubbiamente essa sta alle radici della costruzione marxista . E Marx vi annette tanta poca importanza che mai ne parla di proposito . Nella applicazione della teoria generale al caso particolare della lotta tra proletariato e borghesia , non si può invece negare che Marx abbia abbandonato talvolta , specie negli scritti di propaganda , la posizione deterministica , salvo tornarvi nelle esposizioni più pacate e riassuntive del suo sistema di pensiero . Ma ciò , oltre che esser dovuto all ' intimo contrasto tra la sua natura di scienziato e di agitatore , era in funzione anche del dubbio che egli nutriva intorno alle conseguenze della lotta che appena cominciava a disegnarsi . Mentre per il passato egli poteva sicuramente affermare che il contrasto era sempre terminato col trionfo della classe che , interpretando le esigenze produttive , esplicava una funzione rivoluzionaria , per l ' avvenire il suo senso storico gli vietava una ipoteca troppo assoluta . Cosicché a lato della ipotesi normale egli affacciava anche l ' ipotesi che la lotta potesse risolversi con l ' esaurimento dei due contendenti , magari per difetto di consapevolezza storica nel proletariato . Con questo dubbio si concorreva a legittimare lo sforzo per la propaganda , l ' organizzazione e l ' azione insurrezionale ; e in questo dubbio - - dovuto a cause ben complesse - - sta invero l ' unico momento volontaristico del sistema . Si osservi inoltre che questo momento finale volontaristico è , psicologicamente , il prodotto della assiomatica credenza di Marx che l ' ora ultima del capitalismo , almeno in Inghilterra , stesse per suonare : cioè che si fossero maturati in seno alla vecchia società , sempre più incapace a risolvere i massimi problemi della vita sociale , gli elementi obbiettivi che soli avrebbero assicurato le possibilità di vita alla società comunista . Lo stimolo fondamentale del processo rivoluzionario , anche nella sua ultima drammatica fase , non sta davvero nella propaganda e nel progressivo schiarirsi della coscienza proletaria , ma nel drammatico cozzo degli elementi contraddittori che il capitalismo rinserra . È il catastrofismo , - - cioè il fenomeno della universale proletarizzazione , del progressivo immiserimento , dell ' accentramento dei capitali in poche mani , delle crisi sempre più incontenibili - - che provoca eccita esaspera la ribellione proletaria e consente al profeta una sicurezza messianica . La propaganda ha l ' ufficio di accelerare il processo , eliminare gli ostacoli ; non mai di determinarlo . È il coronamento di un complesso di cause anteriori e da essa indipendenti : senza di che risulterebbe impotente e sterile . Il posto che Marx fa all ' elemento volontà è quindi limitatissimo ; è più un suggello formale che una impronta sostanziale . ( Ripeto : il sistema marxistico è deterministico o non è . Per lo meno come sistema organico di pensiero . ) CAPITOLO II DAL MARXISMO AL REVISIONISMO [ La religione marxista . ] La letteratura socialista , ricca a migliaia di volumi , difetta di una seria storia ideologica del socialismo contemporaneo ; vale a dire di una storia del marxismo e delle correnti revisionistiche , su su sino alle posizioni attuali di critica e di superamento . I marxisti puri questa storia l ' hanno sempre trascurata , et pour cause ; ma non possiamo rimproverare gli ortodossi di non averci dato la storia dell ' eresia . Essi son fermi come l ' ostrica allo scoglio , si illudono di possedere la verità assoluta , integrale , intangibile , hanno l ' occhio sempre e solo rivolto alla « sottostante struttura economica » e ostinatamente negano vi sia nulla di sostanziale da rivedere nel corpus dottrinario marxista . Ma lo strano si è che questa storia non ce l ' hanno saputa fornire neppure i revisionisti , ancorché tanto ansiosi , come di regola gli eretici , di negare la loro eresia rivendicando una stretta parentela marxistica . Eppure sarebbe una storia singolarmente ironica e suggestiva , specie se la si conducesse sulla scorta dei criteri storiografici marxistici : giacché costringerebbe il marxismo , in quanto dottrina del moto socialista , a divorar se stesso , riabilitando il tanto bistrattato revisionismo . Ammesso infatti per un istante che le posizioni ideologiche siano il riflesso dello stato di sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di classe , ne viene che dopo le profonde trasformazioni economiche avveratesi dal tempo di Marx ai giorni nostri , anche la sua dottrina sul moto proletario reclama una sostanziale revisione . A meno di ritenere che il relativismo marxista a tutto s ' applichi - - economia , diritto , arte , politica e morale - - dottrina marxista esclusa ... Nella storia del marxismo si possono distinguere tre fasi : la fase religiosa , la fase critica e la fase attuale di netto superamento . Nella prima che si può arrestare intorno al 1900 , il sistema marxista , nella sua interezza , ricevette la quasi unanime ed entusiastica adesione della élite socialista continentale . Per i Bebel , i Kautsky , i Liebknecht , i Guesde , i Lafargue , i Plekhanoff , ecc . , il rapporto tra socialismo e marxismo si fece presto di identità completa . Il marxismo appariva loro come un tutto monolitico , come una visione nuova del mondo e della vita , come la filosofia specifica del moto socialista . Non si faceva allora questione di interpretazione , ma di applicazione . Il movimento , ancora alle prime armi e nel periodo della predicazione messianica , si distingueva per una intransigente orgogliosa professione di fede intesa a segnarne il distacco e la superiorità su tutte le altre scuole sociali e socialiste . Nonostante il suo prepotente realismo , la nuova dottrina esercitava una suggestione quasi religiosa . Essere marxisti era come appartenere a un ' altra razza , alla razza eletta per la quale il mistero della vita era squarciato . L ' umanità si trovava ancora avvolta nelle nebbie delle false ideologie bandite da falsi pastori per interesse di classe , ignara del suo essere e del suo avvenire . Solo il marxista vedeva chiaro nel passato e nel presente , ed era in grado , per la conoscenza che aveva delle leggi di sviluppo della società capitalistica , di sollecitare razionalmente l ' avvento dei tempi nuovi . Il marxismo era come una seconda coscienza , ma una coscienza tutta critica , lucida , razionale , che affidava con matematica certezza della bontà e dell ' inevitabile trionfo dell ' ideale socialista . Il marxismo trionfava non tanto per gli intrinseci contributi recati alla conoscenza del mondo capitalistico , quanto per la sicurezza che riusciva a instillare nei militanti della natura razionale della loro fede e per il suo appello a quel metodo positivo allora tanto in onore . Tutto in Marx e nell ' opera di Marx congiurava a questo fine : l ' estrema difficoltà di penetrare i suoi scritti , la mancanza di un ' opera sistematica e riassuntiva , la sua cultura ad un tempo enciclopedica ed aristocratica , il suo stile apodittico ed astruso , la misteriosità della vita , il lungo esilio , ma soprattutto la coscienza che egli aveva , ad un grado senza precedenti , della propria grandezza e della verità inconfutabile della propria dottrina . Basta rileggere il Manifesto , uno dei più potenti pamphlets della storia , per comprendere le ragioni della sua immensa fortuna . Difficile resistergli e addirittura impossibile per uno spirito semplice che acquisti per la prima volta la nozione dello stato di soggezione in cui versa . Nessun volontarista , nessun uomo d ' azione , mai , seppe suscitare più ribellioni e fanatiche dedizioni di questo iroso topo di biblioteca con le sue venti pagine famose . Egli vi imprigiona con la sua dialettica seducente e , quando vi ha tra le sue mani , vi percuote il cervello con sentenze degne del Dio della vendetta . Il Manifesto , che fu poi il solo mediatore tra lui e le folle , possiede in grado eminente tutti i caratteri della rivelazione . Premesse apodittiche , concatenazione logica formidabile e trascinante , sincerità brutale e fremente , fede travestita in scienza e scienza trasformata in macchina polemica , visione ciclopica della vita e del ritmo sociale . Nel Manifesto Marx parla il linguaggio della Nemesi . Nulla è più drammatico di quella sua volutamente fredda analisi del sistema capitalistico di sfruttamento che termina con la visione della catastrofe inevitabile dalla quale solo potrà sortire la società nuova , di liberi e di eguali , la società socialista . Un sogno romantico in nome della ragione ! La giustizia alleata con la scienza , anzi la scienza che è di per sé giustizia ! Quale potere di attrazione ! Come resistergli , perché resistergli ? D ' altronde bisogna riconoscere che i canoni marxistici di propaganda e di tattica mirabilmente rispondevano al compito immediato delle prime avanguardie socialiste , che era poi quello di svegliare il grande dormiente - - il proletariato - - per dargli una prima rudimentale coscienza di sé , della sua forza , del suo diritto a non vivere servo e affamato . Che importavano il determinismo fatalistico , la erronea visione apocalittica , la dolorosa irrisione degli eterni valori morali , contrassegno e impotenza , dicevasi , dei socialisti « piccoli borghesi » ? Che importavano , quando Marx , come Giosuè dinanzi alle mura di Gerico , lanciava l ' annuncio dell ' imminente trionfo ? Quale pace , quale certezza dava il suo linguaggio profetico ai primi apostoli perseguitati ! Batti ma ascolta , essi potevano dire alla società borghese . Ascolta , perché noi possediamo il segreto della tua vita mortale . Noi non ci erigiamo contro di te in una negazione cieca e totale ; anzi riconosciamo , come nessuno mai per l ' innanzi , la tua grandiosa , indispensabile funzione storica . Anzi vogliamo che tu conduca sino in fondo la tua esperienza , svolga intero il ciclo che il Dio della produzione ti ha assegnato . Ciò è necessario per la nostra stessa vittoria . Ma ricordati che dopo , che presto , dallo sconquasso immane che segnerà la tua fine , saremo noi i tuoi unici legittimi eredi . Tu stessa ci fornirai il materiale umano per la nostra battaglia - - il proletariato - - assieme a tutte le condizioni che renderanno la tua fine inevitabile ; tu stessa ti scaverai la fossa ingigantendo all ' infinito le contraddizioni che già sottilmente ti rodono ; tu stessa accumulerai la ricchezza , la potenza produttiva , la sapienza tecnica , che consentiranno a quella che oggi è utopia di farsi realtà . Inutile la ribellione , vano ogni sforzo per sottrarsi alle inderogabili leggi dello sviluppo capitalistico . Noi parliamo il linguaggio del Fato ; e il Fato nel nostro secolo si chiama Scienza . Con straordinaria rapidità , per un processo psicologico elementare , le nuove supposte verità si tramutarono in dogmi cui tutti professarono generico ossequio , ben convinti che il genio di Marx ne avesse consegnato nei libri famosi la irrefutabile dimostrazione . Le masse si impadronirono della parte più caduca , antiscientifica , ma terribilmente suggestiva del pensiero di Marx ( rigida contrapposizione delle classi , visione catastrofica , apocalissi ) e ne fecero altrettanti canoni di fede che era peccato grosso discutere . I pochi che si incaricarono di ripercorrere tutte le tappe della laboriosissima dimostrazione marxista o rimasero vittime , prigionieri del sistema , troppo deboli per confutarlo e troppo timidi per criticarlo , o , ribellandosi , si misero fuori automaticamente dal movimento . La feroce persecuzione borghese attestava che si procedeva nel giusto solco , avvalorava gli articoli della nuova religione marxista . Sulle barricate , nei carceri , la fede si rinsaldava , i principi si irrigidivano , la speranza che il gran sogno fosse per avverarsi , si ingigantiva . Invece ... , invece fu ben altro , come i più cauti e lungimiranti avevano avvertito . Anziché la rivoluzione sociale espropriatrice venne al mondo il movimento operaio . E col movimento operaio le libertà politiche , la legislazione sociale , i partiti di massa . Il movimento operaio . La prassi riformista - - meglio direbbesi : antimarxista - - del movimento operaio socialista , si è affermata in tutti i paesi quasi in sordina , più per forza maggiore e per la lezione delle cose , che per consapevole elezione ; e sovente contro i disegni dei teorici . I quali , a cominciare da Marx , che quasi lo ignorò , hanno sempre diffidato un poco del movimento sindacale . Nel sistema marxista la sfera di azione utile assegnata al sindacato è ristrettissima e vale solo per i suoi riflessi politici . In tutta Europa , esclusa l ' Inghilterra dove il partito sorse come espressione politica delle Trade ­ Unions , si verificò sin dagli inizi un contrasto tra partiti e sindacati , a spese apparentemente del moto sindacale che si volle subordinare al partito , ma in realtà a tutto danno dei partiti che si videro costretti a conciliare l ' inconciliabile : cioè il momento pratico col teoretico , il semplicismo messianico del loro programma finalistico con le concrete rivendicazioni sindacali , la tattica rivoluzionaria e la pratica intransigente della lotta di classe , con i quotidiani fenomeni di transazione e di collaborazione dei sindacati . In nome dei fini ultimi i partiti socialisti si vedevano costretti a intervenire a favore di modeste frazioni operaie o di rivendicazioni di dettaglio , compromettendo la loro purezza rivoluzionaria per una indefinita serie di piatti di lenticchie . Ma non v ' era possibilità di scelta . La marea proletaria , cadute le dighe reazionarie , era salita incontenibile , invadendo territori sconosciuti , abbattendo muraglie teoretiche , superando tutti gli ostacoli logici , i non possumus , le scomuniche e i sinaistici bagliori del Manifesto . O accompagnare questo moto , sacrificando le formule , o restarne travolti . Saggiamente anche i marxisti più intransigenti si appigliarono al primo corno del dilemma , salvo nascondere nell ' equivoco verbale la resa avvenuta . In sostanza il movimento sindacale non ha mai aderito al programma e , più che al programma , allo spirito e alla forma mentis marxistica . Di tutte le tesi marxistiche non ha salvato - - coi dovuti temperamenti - - che il principio della lotta di classe e della autoemancipazione proletaria . Principio tattico e pedagogico certo fondamentale , che Marx più di ogni altro scrittore ha contribuito ad illustrare , ma che non può considerarsi monopolio della scuola marxista ( Marx rubò di peso la formula a Blanqui ) , non foss ' altro perché fu sempre regola istintiva delle organizzazioni operaie . Per il resto esso ha rinnegato implicitamente tutte le tesi marxiste affermando la possibilità e la desiderabilità di una trasformazione graduale della società borghese con le armi del voto , della contrattazione , dell ' agitazione , cioè col ricorso al metodo democratico . Pur facendo leva sulla forza del numero e sul peso degli interessi , si è guardato bene dall ' irridere , secondo vuole il marxismo , la vecchia piattaforma giusnaturalistica e moralistica ; e non in vano ha fatto appello agli innati diritti della personalità e a un principio superiore di giustizia . Lungi dal legittimare in linea storica il potere e la funzione borghese , e dall ' inchinarsi di fronte alla necessità , sia pur transeunte , delle leggi di scambio della forza lavoro in regime capitalistico , ne ha contestato la validità in sede etica e ne ha iniziata la erosione in sede contrattuale . Alla visione drammatica e pessimistica del processo sociale ha sostituito una visione ottimista , costruttiva , repugnante dai semplicismi e dalle contraddizioni lineari in cui si compiaceva il marxismo . Al posto dei piccoli clan rivoluzionari , vegetanti nell ' ombra in attesa della crisi finale , sono subentrate le possenti organizzazioni sindacali muoventesi alla luce del sole , dirette da uomini dal cervello quadro e dalle capacità realizzatrici , che hanno dato il colpo di grazia alle figure romantiche del cospiratore e del rivoluzionario ; uomini che , provenendo dalle stesse fila operaie , si rifiutano ad ogni astratta contemplazione del moto sociale , ad ogni eccessiva idealizzazione delle virtù proletarie . Avvocati delle masse , espressione dei valori , delle speranze , dei bisogni medi , e non alfieri di piccoli gruppi d ' eccezione , si battono per fini concreti e immediati , come l ' aumento salariale , la diminuzione della giornata lavorativa , l ' allargamento del suffragio , la democratizzazione del regime di fabbrica ; e così facendo vanno talvolta anche troppo oltre nel loro pragmatismo . Dal partito politico non attendono più il comando per l ' insurrezione , ma pretendono invece la organica azione in Parlamento e nei corpi pubblici per la difesa di una atmosfera di piena libertà e il conseguimento di una legislazione protettrice del lavoro . La progressiva consapevolezza dei limiti dell ' azione sindacale , il contatto con la realtà economica , l ' abito del contraddittorio e della responsabilità , la stessa imponenza dei risultati via via conseguiti , che creano una inattesa anche se parziale solidarietà col mondo circostante , tutto coopera così a spegnere nel movimento operaio le facili illusioni sulla possibilità e soprattutto sulla convenienza di un rivolgimento improvviso e violento . Il proletariato , dopo il sorgere del moto sindacale e cooperativo e la conquista delle libertà politiche , sente sempre più chiaramente che non è più vero che abbia tutto da guadagnare e nulla da perdere da una catastrofe sociale . Specie nei paesi più progrediti esso sa di essersi assicurato un tenore di vita e un complesso di istituti e di diritti che si conservano solo preservando l ' organismo sociale da scosse violente e soprattutto mantenendo immutato il livello di produttività e il ritmo del progresso . E ' , in una parola , il capovolgimento della posizione marxista , ciò che gli estremisti chiamano la « degenerazione » riformistica dei sindacati . Ma è una « degenerazione » che dura da più di mezzo secolo , che si accentua ogni anno che passa , una « degenerazione » con la quale ormai sono costretti a fare i conti i più puritani . A questa decisa deviazione nella sfera pratica ne corrispose un ' altra in sede ideologica . Il blocco dottrinale marxista che era rimasto saldissimo sotto la furia delle persecuzioni , rivelò ben presto , in una atmosfera di libera critica , profondissime crepe . Sorgeva il revisionismo , commento critico di tutta la nuova imponente fenomenologia . Il revisionismo Il revisionismo , più che sforzo sistematico di critica e di integrazione del marxismo ad opera di una corrente solidale di scrittori , deve considerarsi come la protesta , variamente atteggiata e motivata , della nuova generazione socialista contro il piatto conformismo dei marxisti puri incapaci di adattare la teoria alla nuova prassi operaia e di concepire un socialismo non strettamente legato alla posizione materialista in filosofia . Tra Bernstein , Sorel , Jaurès , Croce , Labriola , Mondolfo - - per limitarsi ai più noti - - il rapporto è più d ' ordine psicologico e polemico , che positivo : l ' esigenza che li spingeva era comune , ma le conclusioni cui pervennero intorno all ' essenza e al significato dell ' insegnamento marxista spesso divergevano e financo si contraddicevano . Ciascuno di questi scrittori avanzò una propria personale interpretazione , non di rado dando vita a una « tendenza » e a una « scuola » , come il Bernstein in Germania e il Sorel in Francia e in Italia . Pure , nonostante la tanta discordanza di voci , un quid comune li lega e ci permette di parlarne come di un movimento unitario . Tutto il revisionismo , sia di destra che di sinistra , può infatti riassumersi nello sforzo di far posto , nel sistema marxista , alla volontà e all ' ottimismo del moto operaio . Anche i rivoluzionari sono dominati dallo stesso motivo : romperla col concetto di necessità storica , così severamente affermato da Marx , o ridurlo ad una formula così elastica da piegarlo alle esigenze di un volontarismo blanquista . Lo stesso leninismo , pure tanto rispettoso per la lettera marxista , non ha fatto che sviluppare in modo autonomo e originale tutti gli aspetti volontaristici dei sistema , vale a dire la dottrina relativa ai periodi di transizione e alla funzione della dittatura e del terrore . Non sempre i revisionisti furono consapevoli della portata delle loro critiche . Bisogna anzi riconoscere che agli inizi i loro propositi erano stati più che modesti . Si trattava solo di correggere alcune unilateralità , di combattere atteggiamenti troppo assoluti in materia di tattica e soprattutto di dare un valore relativo e secondario al catastrofismo . Nessuno pensava di attentare ai fondamenti del sistema cui tutti professavano ossequio . Bernstein non ha mai pensato di contrapporsi a Marx . La revisione voleva mantenersi interna al sistema e procedere cautamente con l ' aiuto di innumeri citazioni marxiste , per sostituire al Marx tutto angoli e spigoli della tradizione ortodossa , un Marx più complesso ed umano . Non bisogna credere che a questo risultato essi siano giunti solo per abilità dialettica , attraverso aprioristiche interpretazioni . Essi furono potentemente aiutati - - e sino a un certo punto giustificati - - dalla straordinaria complessità della personalità di Marx , il cui svolgimento intimo ebbero il merito di rivelare . Marx non si esaurisce nel marxismo e per molti lati anzi lo confuta . In tutta la vita di Marx - - e di riflesso anche nei suoi scritti - - fondamentale è il contrasto tra sentimento e ragione , scienza e fede . C ' è in Marx uno spirito eternamente giovane e ribelle - - spirito di moralista , di apostolo , di combattente - - che pare prendersi beffe del gelido scienziato . Secondo il classico dramma di tutti gli intellettuali cui è preclusa l ' azione , gli stimoli repressi reagirono sulla sfera teoretica , degenerandola . Nonostante la condanna d ' ogni slancio etico e d ' ogni impeto di fede , Marx non pervenne mai , anche nei ragionamenti più aridi e astrusi del Capitale , a celare il calore religioso di una fede preesistente al sistema . Col risalire dal sistema all ' autore , col ricostruire le fasi attraverso le quali il suo pensiero passò , coll ' insistere abilmente sulle esperienze e influenze giovanili , e coll ' interpretare poi , alla luce di questi più complessi elementi , i secchi teoremi marxisti , non riuscì difficile ai revisionisti dimostrare il semplicismo e l ' unilateralità della interpretazione sino allora corrente . Vagliando ogni parola , richiamando ogni precedente , gli stati d ' animo , le concrete situazioni storiche , finirono per complicare inverosimilmente le discussioni ; e dove Marx aveva usato parole lapidarie e proposizioni perentorie , introdussero il bacillo del dubbio . Ma ... chi gladio ferit , gladio perit . Il marxismo è una costruzione dogmatica , non sopporta il bacillo critico . Anche il revisionismo , nonostante tutte le cautele , attenuazioni , riserve , non poté sottrarsi al fato di tutte le eresie : che cominciano appunto con riserve di carattere marginale per finire con la totale sovversione . Ciò che conta in questi casi non è il proposito , ma il metodo . E il metodo impiegato dai revisionisti fu singolarmente distruttivo . In poco tempo le divergenze , che erano secondarie , si fecero insuperabili . Dalle questioni d ' ordine pratico e tattico fu giuocoforza passare alle questioni più generali fino a che non si giunse ad impugnare la stessa teoria del materialismo storico , perno del sistema . Invano i revisionisti tentarono di attenuare la profondità dall ' erosione compiuta , rifiutandosi di erigere un bilancio conclusivo e continuando a proclamare il loro sostanziale conformismo . Il bilancio lo fecero gli ortodossi e specialmente gli scrittori borghesi : ed era un bilancio quasi fallimentare . Per rendersi conto della gravità della frana basterà fare un cenno sommario della posizione che vennero assumendo intorno al '900 i due più tipici esponenti del movimento revisionistico : Bernstein e Sorel . Bernstein iniziava il suo libro famoso ( Die Voraussetzungen des Sozialismus ) dichiarando di condividere le premesse filosofiche del marxismo e rivendicandone il carattere altamente scientifico . Suo scopo era solo quello di « chiarirne » ed « allargarne » la portata , fondando su basi infrangibili i principi della nuova scienza socialista . In questa scienza marxista distingueva una parte pura , intangibile - - il materialismo storico - - da una parte applicata , la quale invece era suscettibile di modificazioni senza danno ai principi . Quando però passò alla determinazione di questa parte pura cominciarono i guai . Col pretesto che Marx era stato talvolta tradito dall ' espressione e che , come tutti i novatori , aveva esposto in modo troppo unilaterale la nuova teoria , la adulterò siffattamente da renderla irriconoscibile . Bernstein ad esempio affermava « la necessità di rendere piena ragione , accanto alle forze e ai rapporti produttivi , alle idee di diritto e di morale , alle tradizioni storiche e religiose , agli influssi geografici , a quelli della natura e del tempo in cui rientrano » - - si noti l ' abilità di questa inclusione in sordina - - « la natura e le tendenze spirituali dell ' uomo » . Sosteneva inoltre che nella società moderna va ognora crescendo la capacità di guidare lo sviluppo economico , appunto per la maggiore conoscenza che abbiamo di questo sviluppo ; così che individui e gruppi riescono a sottrarre una parte sempre maggiore della loro esistenza all ' influsso di una necessità affermantesi contro o senza il loro volere . E concludeva asserendo che in fatto di ideologia , altrettanto reale dell ' economia , la società moderna è più ricca delle società preesistenti , appunto perché il nesso causale tra sviluppo tecnico ­ economico e sviluppo delle tendenze sociali si fa sempre più indiretto . Osservazioni sacrosante , ormai accettate tacitamente da tutti i socialisti contemporanei ; ma verità che davvero non possono dedursi dalle premesse marxiste . Ma non basta . Bernstein , che pure si professava , nella sostanza , marxista al cento per cento , patrocinava nel suo libro nientemeno che l ' abbandono ... dell ' idea di necessità storica . Di quella idea , egli commentava , che dà l ' illusione che il mondo cammini verso un regime predestinato . E la sosteneva , naturalmente , sulla base di quelle troppo famose note giovanili di Marx a Feuerbach , che sono il punto di partenza e d ' arrivo di tutto quanto il revisionismo . La ingenuità di Bernstein rasentava addirittura l ' incredibile quando faceva mostra di credere che la sua non era che « una interpretazione diversa , una forma attenuata di esposizione , che non intaccava in nulla l ' unità del sistema e anzi ne aumentava la « scientificità » ( sic ! ) « Il problema starebbe ormai solo - - così egli concludeva - - nell ' assodare con precisione il rapporto quantitativo dei fattori , delle forze storiche predominanti » . Caspita , ma se era proprio questo il problema che Marx si vantava di aver risolto categoricamente . Sorel ( mi riferisco al Sorel gradualista , prima dei suo passaggio al sindacalismo ) è ancora più franco e radicale . Egli addirittura negava l ' esistenza di un « sistema » marxista e si prendeva beffe dei credenti nel socialismo « scientifico » . Respingeva l ' interpretazione deterministica della dottrina materialistica della storia , non accettava la teoria della omogeneità della classe proletaria - - anzi negava che le classi fossero due e necessariamente contrastanti - - insisteva sulle influenze della razza , delle condizioni storiche , dello sviluppo intellettuale , si rifiutava di credere ad una incorreggibile anarchia capitalistica , negava la teoria catastrofica , stimava erronea la teoria del valore , rivendicava la somma importanza dei problemi morali , rivelava i residui utopistici nelle previsioni marxiste , giudicava Marx storico deficientissimo dal lato metodologico e psicologico e addirittura metteva in dubbio l ' originalità del Maestro ... Anch ' egli stimava di poter fare queste critiche nel nome stesso di Marx , o per lo meno in nome dello spirito della sua dottrina , incompreso dagli sciocchi scolari . Era contrario allo « spirito » di Marx voler determinare , in modo universale , l ' influenza delle forze produttive nella storia . Tanto più che il marxismo nulla spiega intorno allo sviluppo della tecnologia , la cui storia è piena di contingenza e di azzardo . Ma quando pure si possedessero tali principi , essi non servirebbero gran che , perché bisognerebbe poi scoprire gli altri principi in virtù dei quali le forze produttive fanno la loro apparizione . Non bisogna dimenticare - - egli ammoniva - - che le forze produttive sono generate dagli uomini . Per Sorel il valore del materialismo storico era solo d ' ordine pratico , tattico . Volendo essere una filosofia dell ' azione , era utile che esagerasse l ' importanza delle cose obbiettive , onde evitare le false manovre dei rivoluzionari . Marx , dice Sorel , voleva dare un consiglio di prudenza ai rivoluzionari . Per ragioni tattiche e psicologiche , per raggiungere cioè il massimo effetto , gli dette « la forma di una legge assoluta che governa la storia » . Spiegazione indubbiamente ingegnosa che Marx avrebbe fatto assai bene a fornirci : se non altro per risparmiarci una intera biblioteca esegetica . Ma che - - sia detto con tutto rispetto per Sorel - - convince assai poco . In verità codesta assurda « spiegazione » , al pari delle altre molte di cui è ricca la letteratura revisionistica , sta a documentare in modo evidente l ' impaccio e il disagio sempre più gravi in cui era venuta a trovarsi la nuova generazione , posta di fronte al problema di una incondizionata accettazione dell ' eredità marxista . [ È opportuno non trascurare , accanto alla critica dei filosofi e dei sociologi , quelle degli economisti , da Böhm - Bawerk a Pareto . Essi attestano i numerosi errori , sofismi e contraddizioni del Capitale , e anche la parte importante avuta da Rodbertus nell ' elaborazione delle più famose teorie . Si mise in discussione la definizione del valore come funzione del solo lavoro ; si provò l ' insanabile contraddizione inerente alla fondamentale tesi marxista ( cioè che il capitale variabile produca da solo il plusvalore ) ; si negò che i salari fossero connessi al minimo di sussistenza . In apparenza le critiche degli economisti qualificati in blocco come « borghesi » , non provocarono mai altro che sdegni e ironie nel campo dei socialisti « scientifici » . Ma in realtà nessun socialista serio , dopo queste critiche riprese da Bernstein , osò più fare suoi i teoremi economici di Marx . La critica era stata così decisiva , che nella sua Prefazione alla miseria della filosofia Engels giunse fino ad ammettere che il principio del plusvalore non era essenziale alla concezione scientifica del socialismo , dal momento che Marx aveva fondato la rivendicazione comunista sulla rovina necessaria del sistema di produzione capitalista . La nuova scuola dell ' utilità marginale , ignorata da Marx benché nata molto tempo prima della sua morte , aveva convertito la maggior parte degli economisti socialisti . Tuttavia Engels fini con l ' ammettere che era ugualmente possibile costruire il socialismo sulla teoria del grado dell ' utilità finale . Si contentava di aggiungere che si trattava di un socialismo volgare . ] Che rimaneva in piedi , dopo l ' ondata critica , del sistema marxista ? L ' unità del sistema risultava spezzata . Il materialismo storico era trasformato in una eclettica quanto generica teoria storiografica che abbracciava tutto e non stringeva nulla , il cui valore , come guida del concreto moto socialista si riduceva pressapoco a pzero . Il revisionismo rigettava il determinismo , dichiarava gli uomini , nella totalità del loro essere - - e non quali meri elementi del processo produttivo - - al centro del processo storico ; sostituiva al rapporto di dipendenza tra economia e ideologia e , più precisamente , tra forze e rapporti produttivi e rapporti sociali , un legame di complessa interdipendenza , pur riconoscendo , specie per le epoche trascorse , la estrema importanza del fattore economico ; rigettava la teoria del valore pur in sede di stretta economia pur difendendone l ' assunto in sede etica e giuridica ; non credeva alla fatalità dell ' avvento , né alla funzione levatrice della violenza e della dittatura ; statistiche alla mano dimostrava errate le famose leggi di concentramento della ricchezza in poche mani , di immiserimento crescente , di proletarizzazione ; negava l ' inasprirsi dei rapporti sociali e anzi segnalava in tutti i paesi una trasformazione in senso democratico cui non rimaneva estranea la borghesia , vieppiù aperta alle necessità nuove . La socialdemocrazia , diceva Bernstein in conclusione , dovrà preoccuparsi più dei compiti prossimi che dei fini ultimi ; i quali fini ultimi - - conquista del potere politico , espropriazione dei capitalisti - - non sono per nulla fini ultimi , ma semplici mezzi per il conseguimento di determinate mete e aspirazioni . La nuova formula è : il moto è tutto , il fine è nulla . « Occorre - - egli scriveva - - che la socialdemocrazia abbia il coraggio di emanciparsi dalla fraseologia del passato per voler apparire ciò che essa è in realtà : un partito di riforme democratiche e socialiste » . Questo per il revisionismo di destra . V ' era poi - - anche se meno profondo e originale - - un revisionismo di sinistra . Insomma il marxismo come sistema organico , dal significato categorico e univoco , era finito . Ormai molteplici correnti politiche e culturali potevano legittimamente richiamarsi a Marx ; l ' attributo « marxista » si faceva sempre più generico e vago . Deterministi e volontaristi , riformisti e rivoluzionari , si contendono aspramente l ' eredità del Maestro . Più accessibili allo stretto determinismo gli economisti ; più disposti alle tesi volontaristiche i filosofi e gli agitatori . Marxista Loria , marxista Sorel ; marxista Lenin , marxista Turati , marxista il politico che addita nella teoria della lotta di classe il contributo essenziale , marxista lo storico e il sociologo che accetta il materialismo storico spoglio d ' ogni connessione con la fede nell ' avvento socialista . Per gli uni si tratta di una concezione che illumina di nuova luce tutti i lati della speculazione umana , dando vita a una filosofia , una economia , una storia , un diritto , una estetica ... marxisti ; per altri di un mero canone storiografico oppure di un insieme di osservazioni e di previsioni tendenziali non degne di assurgere al rango di filosofia . Una piccola torre di Babele che ha permesso a tesi e a correnti contraddittorie di ornarsi della paternità illustre di Marx , alimentando una polemica ognora più sterile e inconcludente . Per noi , della generazione successiva , venuti al socialismo e al marxismo attraverso tutta una letteratura critica e con la precisa nozione di una somma grandiosa di esperienze , ciò riesce tutt ' altro che nuovo e non suscita né smarrimenti né crisi . Ma per i vecchi conformisti del tempo , usi a ragionare solo e sempre con la mediazione marxista , fu una mezza rivoluzione spirituale . Essi non potevano adattarsi a rivedere quel patrimonio intellettuale che aveva formato la gloria della loro giovinezza ; e anche quando convenivano nel loro intimo della necessità di una sia pur cauta revisione , si sentivano rattenuti , prigioni della propaganda iniziale , necessariamente mitica secondo il bisogno delle folle ancor vergini . Di fronte alla frana così minacciosa reagirono energicamente col Kautsky alla testa . Sostenuti dal conservatorismo ideologico e , più che ideologico , fraseologico , dei militanti presso i quali immenso era il prestigio di Marx , accusarono i revisionisti di attentare al mito , compromettere i fini ultimi , cancellare ogni sostanziale differenza col radicalismo borghese , spegnere la fede e l ' entusiasmo delle masse col rimandare alle calende greche la possibilità della emancipazione integrale , condividere le critiche interessate degli scrittori « borghesi » , dando così nuova vita a quelle correnti degenerate del socialismo piccolo borghese , già tanto aspramente fustigate da Marx . I revisionisti , travolti , specie in Germania , Mecca del marxismo , dalla condanna quasi unanime dei congressi , e sinceramente desiderosi di mantenere l ' unità del movimento operaio - - che era poi ciò che loro più premeva , ben sapendo che esso si sarebbe presto incaricato di fare le loro vendette - - ripiegarono su posizioni teoriche meno attaccabili e si arresero disciplinatamente al verdetto della maggioranza . Anziché proseguire la battaglia sino alle conseguenze ultime per liberare il socialismo politico dall ' incapsulamento marxista , preferirono tacere o nascondere le loro gravi riserve entro le pieghe sottili di una mera quistione interpretativa . Dal loro canto i marxisti puri , pur dominando nei congressi , sentivano chiaramente che era impossibile scomunicare il moto operaio e la nuova realtà economica su cui questo si innestava ; né conveniva abbandonare a loro stessi i giovani , col rischio di farli precipitare nella eresia più completa . Anche agli occhi loro la conciliazione si imponeva . Urgeva la saldatura . Se non bisognava avvalorare la tesi peccaminosa che la dottrina marxista fosse superata nei suoi fondamenti essenziali , non bisognava neppure restare tetragoni alle nuove esperienze . Le posizioni revisionistiche ed ortodosse vennero così artificiosamente riavvicinandosi . Gli uni e gli altri consentirono nel riconoscere che il marxismo non era una teoria perfettamente definita e rifinita in tutti i suoi particolari . C ' era un nocciolo fondamentale intangibile che nessuno si incaricava di fissare chiaramente ; ma da esso potevansi derivare conclusioni pratiche discordanti che non impegnavano i principi . Si era predicata alle masse la rivoluzione a breve scadenza , l ' intransigenza , la sfiducia nelle armi legali e nelle riforme in nome di Marx . Ebbene ora si predicherebbe il gradualismo , la fede nelle istituzioni democratiche e nelle riforme , in nome di Marx , di un Marx riveduto , integrato , ammansito . L ' importante era pur sempre potersi richiamare a Marx : salvare la tradizione , evitare che gli estremisti potessero monopolizzare il suo nome , dimostrare ai fedeli che nulla di sostanziale era mutato , che si sacrificava talvolta la lettera , ma per salvare lo spirito immortale . Ciò avveniva nei primi anni del nuovo secolo per un processo talmente spontaneo e diffuso che evidentemente rispondeva a profonde ragioni d ' essere del movimento che vano sarebbe qui criticare troppo acerbamente . Solo è lecito considerarne sinteticamente gli effetti . E gli effetti furono che i frutti della battaglia revisionistica andarono in gran parte perduti . Quando proprio sembrava che la élite della nuova generazione fosse per emanciparsi dalla servitù marxista , essa rientrava , solo armata di qualche riserva formale , nel solco tradizionale . Fu una conciliazione ( tra teoria e realtà , e tra revisionisti e ortodossi ) tutta esteriore , apparente , in funzione delle contingenze e del prevalere delle tendenze : e non il superamento di una crisi che avrebbe dovuto svolgersi , prima e soprattutto , nell ' intimo delle coscienze . Nei rivoluzionari fu un fenomeno di ipocrisia o di cecità ; nei riformisti di debolezza . Fu imboccata la via della minor resistenza , la via equivoca degli adattamenti e della casuistica . La querela si fece scolastica , scontentò e allontanò i migliori , diseducò , o meglio , non educò le masse , e vietò per troppi anni ancora quella coraggiosa chiarificazione ideologica che è oggi condizione sine qua non per una gagliarda ripresa socialista . CAPITOLO III MARXISMO E REVISIONISMO IN ITALIA Il socialismo italiano nasce , come moto di masse , tra il '90 e il '900 , nel segno di Marx . Prima s ' erano avuti conati di rivolta tra le miserabilissime plebi rurali e una larga , tumultuosa propaganda internazionalistica a carattere anarchicheggiante in molti centri italiani , specie del meridione . Il moto operaio , aspramente perseguitato e incompreso , solo nel nord aveva compiuto qualche progresso fornendo , col partito operaio , una prima timida esperienza di movimento politico autonomo della classe operaia . Eccettuata l ' infanzia , si può dire che la storia ideologica del socialismo italiano si svolga sulla medesima linea dei movimenti socialisti d ' oltr ' Alpe , di quello germanico in particolare . Con questo notabile : che il marxismo in Italia fu , tutto sommato , fenomeno di artificiosa importazione che mai riuscì ad impregnare nel profondo il moto socialista . Nel moto italiano vi fu sempre un distacco tra teoria e pratica , programmi e azione ; e quando finalmente si adeguò l ' una all ' altra , ci si avvide che la teoria si era volatizzata e la pratica tendeva a risolversi in un riformismo fiacco e analitico , viziato da una paternalistica concezione dello Stato . L ' eresia si alimentò dapprima nelle cose , nel moto , in quello contadino in specie ; e solo col nuovo secolo investì - - attraverso violente ed inesauste polemiche - - la teoria , spezzando la compagine del socialismo politico . L ' Italia male si prestava ad un innesto di socialismo marxista . Immensa plebe rurale , legata ancora alla gleba e al prete , con vastissime oasi artigiane e rare avanguardie proletarie e capitaliste , il problema per essa non consisteva nell ' avviamento al socialismo , ma nell ' avviamento al capitalismo e alla vita moderna . Il popolo , corrotto da servitù secolari , rimasto estraneo a tutto il processo del Risorgimento , galleggiava al livello della sussistenza fisica e morale . Difettava nel cittadino , costretto a una lotta asprissima con la natura , il senso primordiale della dignità e della libertà , e la adesione attiva , per via di lunghe esperienze e fecondi contrasti , alla vita collettiva . La stessa élite intellettuale del tempo , ricca di valori originali , era viziata da una educazione prevalentemente letteraria ed era costretta , dai troppo chiusi e miseri quadri provinciali , ad una vita stentata . Economia , psicologia , tradizione , tutto opponevasi ad una comprensione piena e ad una fruttuosa applicazione del socialismo marxista . Garibaldi assertore del materialismo storico , ecco il socialismo marxista trasportato in Italia ! Garibaldi è l ' ultima generazione romantica , l ' epigone di quella larga schiera di giovani che si ricollegavano idealmente alla epopea del Risorgimento , il combattente di tutte le « cause » da Roma a Digione a Domokos , dove morirono volontari socialisti , il prototipo dell ' italiano generoso , ribelle , squattrinato ed utopista , che a vent ' anni sputa sul mondo e sulla vita che non gli concedono la degna causa per la bella morte . Il materialismo storico è Marx , la scienza , la sapienza , la disciplina tedesca , la ragione armata di tutti i diritti , Bentham e Ricardo , Feuerbach e Hegel , l ' economia classica e l ' aritmetica utilitaria , il determinismo e la dialettica ; ma più ancora che Marx è il quadro dell ' Inghilterra vittoriana , industriale e potente , che avea fornito a Marx gli elementi induttivi per la sua costruzione . È da cotesto impasto che nacque il socialismo politico italiano , ad opera di un gruppo di giovani universitari di grandissimo ingegno e generoso cuore , raccolti attorno a una rivista - - « La Critica sociale » - - che fu per trent ' anni l ' autorevole divulgatrice del verbo marxista e certo una delle più belle riviste sociali d ' Europa . Eran venuti al socialismo per impulso sentimentale , offesi dalle ingiustizie e bassezze della vita italiana ancora avvolta nelle spire di un feudalesimo economico e politico , e dal rapido corrompersi degli uomini e degli ideali del Risorgimento ; ed eran bramosi di una luce dall ' alto , di un fuoco per le loro anime , di un fine che avesse valore universale ed etico . Ma erano altrettanto ansiosi di giustificarsi razionalmente in omaggio allo scientificismo e positivismo di moda , e per la repulsione che in loro provocava il facilonismo e la demagogia dei rivoluzionari allora imperanti . Non li poteva soddisfare l ' angusta ed empirica visione che aveva dominato il piccolo partito operaio e tanto meno l ' utopismo libertario dei seguaci di Bakunin ; Mazzini era morto da un pezzo , e il suo astratto moralismo , reso insopportabile dal settarismo degli scolari e dalla tragedia fisica e morale in cui versava la più gran parte dei lavoratori , non reggeva alla loro critica realistica scaturente dai fatti ; la piccola nobile vena del socialismo maloniano , con la sua onesta povertà di motivi e la eccessiva ecletticità e vacuità di contorni , non era certamente fatta per acquetare palati cosi fini e scaltriti , aperti alle nuove correnti della cultura . Il marxismo , riassumendo in sé i più audaci sviluppi del pensiero del secolo , soddisfece ampiamente la loro sete . Esso portava nella piccola vita italiana l ' eco viva e sovvertitrice dei problemi e delle lotte europee , colmando , almeno nel regno delle idee , quel penoso distacco tra Italia ed Europa che esisteva nel regno dei fatti e della ricchezza . Darsi al marxismo equivaleva a tuffarsi in mare aperto dopo aver starnazzato nello stagno , tanto sostanzioso riusciva quello spregiudicato realismo dopo tutto il fumo ideologico e patriottardo . Come sempre avviene degli ideali che la loro effettuazione contamina , alla grande fiammata del Risorgimento aveva tenuto dietro in Italia una delusione immensa . Per la nuova generazione l ' unità era un dato acquisito di cui ogni giorno di più si criticavano il processo e i risultati : altr ' esca , altro ideale , si richiedeva in quegli anni . L ' ideale universale del socialismo permetteva di trascendere i magri confini dell ' orizzonte italiano per ricollegarsi tangibilmente alle più solenni esperienze sociali e socialiste in corso , a quella germanica in specie , che la lotta vittoriosa contro le leggi di eccezione cingeva in quegli anni di fulgida aureola . Si aggiunga inoltre una certa tal quale disposizione italica ad accogliere con straordinario interesse i prodotti spirituali stranieri e non sarà difficile spiegarsi la conversione clamorosa al marxismo di tutto il meglio della giovane generazione . Benedetto Croce , nella Storia d ' Italia , ha dato di questa conversione un quadro inobliabile . Egli ha reso un alto omaggio al marxismo che venne in quegli anni a riempire il vuoto che vaneggiava nel pensiero e negli ideali italiani , contribuendo possentemente alla rinascita morale e culturale del paese . A quarant ' anni di distanza , evoluto verso un conservatorismo illuminato , egli non esita a confessare che pur non accettando oggi il marxismo , è lieto di esserci passato attraverso e che , se non vi fosse passato , avvertirebbe come una lacuna nella mente . Si comprende quindi agevolmente come tutta la nuova generazione si convertisse d ' emblée al marxismo . Ma mentre in lui l ' esperienza marxista ebbe soprattutto un valore critico e si risolse in una lezione di realismo storico , per gli altri , militanti entusiasti , assurse al rango di filosofia ultima , definitiva , al servizio di un programma di partito . Il bandolo dell ' umana matassa sembrava ritrovato una volta per sempre , ogni dubbio eliminato . Non si trattava ormai che di passare alla pratica applicazione , di lavorare in una direzione ben nota . Grado a grado anche i migliori si abituarono a ragionare sempre con la mediazione marxista e persero ogni vera autonomia e originalità di pensiero . Coll ' inserirvi preoccupazioni e metodi che vi repugnavano si perse gradualmente anche l ' intimo contatto con la realtà del paese ; e si ruppe bruscamente quella sia pur scarna tradizione socialista paesana che aveva avuto nel Mazzini e nel Cattaneo i suoi principali esponenti . Nella furia dell ' ora e delle persecuzioni i giovani , sopraffatti dalle necessità dell ' apostolato , che fu davvero mirabile in quegli anni , non ebbero modo di approfondire i nuovi valori . La fantasia , sollecitata dalle sciabole e dalle manette durante la duplice reazione di Crispi e di Pelloux ( '94 , '98 ) , precipitò naturalmente agli estremi del mito , al sogno di una trasformazione apocalittica nel breve spazio di una generazione . Era , se si vuole , un marxismo spurio , codesto ; ma la degenerazione , se vi fu , non fu certo nel senso di una maggiore elasticità ed indulgenza nell ' applicazione ; ché anzi si basò gran parte della propaganda sul tallone d ' Achille del sistema , il catastrofismo . Ciò che colpiva le menti non era la nota relativistica , storicista ; bensì l ' aspetto messianico , la certezza nel rapido inevitabile trapasso . Anche il Turati accedette sin verso il '98 a questa visione schematica e ingenua ; e quando poi tentò di placare tanto ardore di illusioni , si trovò ad urtare contro la incrostazione pseudo ­ teoretica e la messianica attesa che egli stesso , in perfetta buona fede , aveva concorso a creare . La crisi del '900 , dopo la uccisione di re Umberto , pose fine drammaticamente a un eccezionale stato di tensione che assai aveva contribuito ad alimentare l ' assolutezza del mito . L ' orizzonte che pareva chiuso , si squarciò ; il moto operaio , sino allora compresso e perseguitato , ricevette , col memorando sciopero di Genova , consacrazione quasi ufficiale ; le libertà politiche parvero definitivamente assicurate . Dal 1900 sin verso il 1904 si assiste in Italia a un dilagare di agitazioni e di scioperi , mentre una febbre di vita invade il paese . Le orribili condizioni di esistenza dei lavoratori grandemente migliorano , una nuova coscienza sorge in ceti sino allora abbrutiti , parlamenti e comuni si aprono alle nuove forze prementi , la borghesia si mostra sensibile alle esigenze dei tempi . Il partito passa quasi di colpo dal bando e dall ' ostruzionismo al ministerialismo . Nello spazio di pochi anni Filippo Turati , condannato alla galera per quattordici anni , si vede sollecitato ad assumere il potere ; e Andrea Costa , da habitué di guardine , viene promosso alla vicepresidenza della Camera . Il mutamento di clima fu tale che non poté non determinare fortissimi squilibri e contraccolpi , specie tra i giovani improvvisamente disincantati e , com ' è naturale , restii a far proprio , senza le dovute esperienze , il subitaneo ottimismo e legalitarismo à tout prix del Turati e dei capi del moto operaio . Una generazione che aveva impostato la lotta su un terreno semplicistico , intransigente , rivoluzionario , si trovava posta alla testa , per miracoloso concorso di eventi , del più grande movimento di masse con la prospettiva di salire al governo . Quel che in Inghilterra era costato un secolo di battaglie dure e pazienti in un ambiente già inciso dalle rivoluzioni del secolo XVII e dalle riforme del '32; quel che in Francia era frutto della formidabile ondata dell'89 e delle successive crisi rivoluzionarie o morali del '30­'48­'71­'93­'900 ( una rivoluzione , in sostanza , ogni generazione ) ; quel che in Germania si ottenne solo nel 1918 dopo lo sconquasso immane della guerra ; in Italia si era ottenuto - - o ci si illudeva di avere ottenuto - - nell ' éspace d ' un matin con la complicità di un sovrano che si diceva aperto ai tempi nuovi e di un paio di ministri coraggiosi . In questo contrasto nel tempo , che costringeva i pionieri a far opera di raccoglitori , in questa fatale immaturità psicologica e tecnica a fronteggiare i compiti nuovi e positivi - - immaturità di cui non si saprebbe accusare nessuno - - sta probabilmente la prima ragione della crisi che , a cominciare dal 1907­908 circa , roderà sempre più gravemente il socialismo italiano . Io mi occupo qui della crisi intellettuale . Revisionismo . Anche la storia , breve ma intensa , del revisionismo italiano , ha il suo inizio intorno al '900 . Per l ' innanzi si erano avuti notevoli contributi , ma per lo più da parte di elementi estranei al movimento , che non influirono gran che sulla communis opinio socialista del tempo , ancora pienamente aderente alla lettera del sistema marxista . Il filosofo napoletano Antonio Labriola si fece in Italia , in due memorabili saggi , l ' apologista del materialismo storico . Egli ebbe soprattutto riguardo agli aspetti filosofici della dottrina , e i suoi lavori , più che a rivelare o a superare una crisi del marxismo di cui cominciavasi a discorrere in quegli anni , furono diretti a spazzar via gli equivoci ( Loria ) , le grossolane interpretazioni ( la materialistica ) , i fallaci raccostamenti ( con Darwin e Spencer ) . La sua fu una lezione di aristocratica prudenza ai neofiti del marxismo che credevano di possedere nella teoria del materialismo storico un facile talismano . Egli ammonì che la famosa sottostruttura economica , determinatrice di tutti gli altri fenomeni sociali , non è un semplice meccanismo dal quale emergono , quasi fossero effetti meccanici immediati , le istituzioni , le leggi , i costumi , i pensieri , i sentimenti , le ideologie . Con molta finezza dimostrò come il processo di derivazione e di mediazione fosse assai complicato , spesso sottile e tortuoso , non sempre decifrabile . Persuaso di essere l ' unico marxista rigido e conseguente che contasse l ' Italia , nella sua corrispondenza con l ' Engels non risparmiò strali ai suoi compagni di partito accusati di non penetrare lo spirito della dottrina . Il che non gli vietò più tardi di annoverarsi tra i precursori dell ' espansionismo coloniale italiano , spostando sul piano nazionale l ' interesse che aveva portato per un decennio ai problemi della lotta di classe ; e giustificandolo con la tesi , molto diffusa in Germania , che il colonialismo fosse una fase necessaria dello sviluppo capitalistico , a sua volta premessa sine qua non dell ' avvento socialistico . La sua influenza si accrebbe assai dopo la morte prematura e dei suoi fini - - forse troppo fini e talora formali - - contributi esegetici , si ritrovano ampie le tracce negli studi posteriori , specie del Mondolfo . La critica più profonda al marxismo è dovuta in quegli anni ai filosofi ( Croce , Gentile , Chiappelli ) che preferirono , alla discussione logorante sui testi , lo studio sulle derivazioni ideologiche del Marx ( Feuerbach , Hegel ) e sull ' intrinseca natura della sua posizione . Benedetto Croce , maestro della nuova generazione e simpatizzante col nascente movimento , rimane indubbiamente lo spirito più vigoroso che si sia occupato di problemi marxisti . Col Bernstein e col Sorel ( che introdusse in Italia ) egli costituisce la triade che massimamente contribuì al progressivo sgretolamento del sistema . Avendo spogliato il materialismo storico d ' ogni sopravvivenza di finalità e di disegni provvidenziali , e ridottane la portata a quella di un semplice canone interpretativo , ancorché ricco di suggestione , dimostrò come esso non potesse dare appoggio né al socialismo né a qualsiasi altro indirizzo pratico della vita . Per diventare azione - - sosteneva Croce - - esso abbisognava di una serie di complementi etici e sentimentali , di giudizi morali ed entusiasmi di fede : e giustamente criticò l ' assurdo relativismo morale professato dai socialisti . Egli smantellò le posizioni Loriane , tanto in voga in Italia negli ambienti socialisti , corresse arditamente alla luce della filosofia idealistica la teoria della lotta di classe ( la storia è lotta di classi quando vi sono le classi e hanno coscienza dei loro interessi antagonistici ) , e recò una serie di classici saggi alla comprensione e alla critica della teoria del valore , a cui negò giustamente valore scientifico . La revisione crociana , che il suo autore stranamente si ostinò a considerare pura e semplice interpretazione , anticipò in sintesi quasi tutti gli svolgimenti posteriori della critica marxista in Italia e all ' estero ; e , specie dopo il 1900 , contribuì ad allontanare dal movimento , ancora ufficialmente aderente al vangelo marxista e materialista , non pochi elementi di élite . Mentre , in ragione stessa della sua arditezza , del suo carattere non sistematico , e soprattutto della non ortodossa sua provenienza , non incise , come logicamente avrebbe dovuto , lo stato maggiore socialista . Nessuno parve anzi preoccuparsi delle ripercussioni che quel forte pensiero avrebbe avuto sui giovani ; nessuno si attentò a rispondere al critico suggestivo e dissolvente ; era idealista ... e tanto bastava . E così avvenne che i suoi scritti , diffusissimi in Italia , siano restati a tutt ' oggi inconfutati , probabilmente perché inconfutabili . I due tentativi revisionistici di qualche importanza che si ebbero dopo il '900 , furono il riformista e il sindacalista rivoluzionario , che , a malgrado le profonde discordanze pratiche , erano mossi da preoccupazioni di ordine simile . Entrambi - - ma più il secondo che il primo - - dichiaravano necessaria una profonda revisione che per certi lati equivaleva ad un abbandono ; entrambi , antideterministi , tendevano ad una rivalutazione delle forze e dei valori morali . Ma entrambi troppo politici , troppo settari , troppo in funzione delle accanite lotte di tendenza , troppo preoccupati di ricavare ad ogni costo dal marxismo elementi di conforto delle proprie tesi pratiche . In una prima fase , sotto l ' impressione della libertà di fresco conquistata e del prorompente moto operaio , si tentò di affermare , ad opera dei migliori elementi della vecchia guardia socialista ( Bissolati , Bonomi , Cabrini e , solo in parte , il Turati ) una revisione di stile bernsteiniano , con qualche accenno a una possibile esperienza laburista che adeguasse più strettamente il movimento alla realtà della situazione italiana . Ma , se si prescinde da studi pregevoli su questo o quell ' aspetto della dottrina e da una lodevole preoccupazione per i problemi pratici , si deve riconoscere che la revisione riformista italiana , professata a mezza bocca , e accompagnata , specie dai capi politici , da prudenti riserve e distinzioni , non solo non aggiunse nulla di sostanziale a quanto già aveva detto il Bernstein , ma non incise menomamente le masse . Trattenuta dal timore di crisi disincantatrici e di speculazioni estremiste , si ostinò , ancor più del Bernstein , in una insostenibile rivendicazione della propria purità marxista , rifiutando di condurre le critiche alla loro logica conclusione . Sul terreno pratico , forse indebolita dal rumoroso e sterile atteggiamento negativo dei rivoluzionari , finì per adattarsi ad una azione frammentaria di riforme , ad una politica di compromessi e transazioni , perdendo ognora più di vista i fini più generali e lontani della lotta . D ' altronde per trionfare essa avrebbe necessitato l ' adesione di larghe correnti giovanili ; mentre i giovani , in quegli anni , se socialisti , gravitavano quasi tutti verso l ' ala rivoluzionaria e , in particolar modo , verso quella sindacalista . Inoltre il Bissolati , il Bonomi e il Salvemini , che della revisione erano stati i più decisi esponenti , si allontanarono o furono espulsi dal partito e persero ogni influenza sulle masse . Rimase quasi unico il Graziadei , fedele alle tesi revisionistiche anche quando , dopo vent ' anni , passerà al comunismo . Il merito di una larga ripresa di studi marxistici risale in quegli anni soprattutto ai sindacalisti rivoluzionari , e ai due giovanissimi leaders del movimento , Arturo Labriola ed Enrico Leone . Sulle pullulanti riviste dilagarono gli scritti esegetici e le discussioni che , se pur viziate da troppo evidente apriorismo e disinvoltura di metodi , innegabilmente rivelarono indipendenza di giudizio e genialità di spunti . Labriola più d ' ogni altro si sforzò , con le risorse di un ingegno brillantissimo , di coniare una interpretazione nettamente volontaristica volta a fare di Marx un precursore delle tesi sindacaliste . Ma se fu eloquente fu assai poco convincente , e mai riuscì a dimostrare che Marx avesse , non dico scritto , ma anche solo pensato , ciò che egli così audacemente attribuivagli in materia di idealismo rivoluzionario , azione diretta , federalismo , ecc . Purtroppo il movimento si risolse , in pratica , in una disordinatissima avventura di intellettuali disoccupati che non sapevano piegarsi alla necessaria disciplina di un moto di masse ; fuoco fatuo di importazione , come rapidamente fiorì , cosi rapidamente decadde , lasciando scarse tracce , all ' infuori di una travolgente rivendicazione della libertà umana nella storia , comprensibile reazione al piatto fatalismo dei marxisti puri . Molte giovani energie che vi avevano entusiasticamente aderito , anche per certo suo garibaldinismo e fede nella violenza creatrice , andarono alla deriva o passarono ad altri movimenti di estrema , come l ' anarchico e il sindacalistico . Svalutato dal clamoroso insuccesso pratico e dal volgare arrivismo di troppi suoi capi , cadde così nel vuoto questo unico tentativo revisionistico condotto su ampio fronte senza infingimenti e calcoli meschini ; e di tanto ne sortì rivalutato il vecchio conformismo che additava nella scapigliatura teoretica le ragioni del fallimento in sede pratica . Dopo di esso , cioè dopo il 1908 , non è più il caso di parlare di movimenti revisionistici ; quella vivacità di studi marxisti che si era avuta sino allora decadde ; e solo di tanto in tanto è dato imbattersi in qualche libro , come ad esempio quello del Salucci , che riprendeva i motivi del revisionismo bernsteiniano con maggiore aderenza alle cose italiane , tentando una conciliazione tra Marx e Mazzini , tra economia e morale . Dal 1910 ai giorni nostri un solo nome di vero rilievo si incontra nel campo della esegesi marxista : Rodolfo Mondolfo , tempra serena e conciliativa di studioso , cui è doveroso dedicare qualche pagina meno frettolosa per due motivi egualmente importanti : che egli riassume in sé tutti i motivi della critica anteriore e che la sua esegesi costituisce tuttora lo strumento massimo , per non dire unico , della educazione marxista delle nuove generazioni italiane . Anche il Mondolfo non si è saputo sottrarre al difetto tipico di tutti gli scrittori revisionisti : di confezionare un Marx di maniera , estremamente riveduto e corretto , di far rientrare di contrabbando nel suo pensiero - - mercè dialettiche acrobazie e sfoggio di erudizione - - le proprie idee e le nuove esigenze , rinunciando a priori ad ogni sviluppo originale ; di rivedere quel pensiero alla luce unilaterale della posizione giovanile del suo autore , rigettando tacitamente tra le « scorie » quanto non quadra nel nuovo schema interpretativo , ancorché Marx , a quelle « scorie » , mostrasse di annettere fondamentale importanza . Al pari di tutti i revisionisti , Mondolfo risolve il marxismo nella teoria materialistica della storia , e questa nel concetto centrale di rovesciamento della prassi . Teoria del valore , catastrofismo , sono gettati ad bestias . Lo scopo di Mondolfo è quello di estrarre dal marxismo una filosofia del socialismo che si concili pienamente con una visione attivistica del processo storico , senza cadere negli eccessi del volontarismo estremo . Il rapporto tra l ' uomo e il suo ambiente storico ­ sociale , egli dice in sostanza , non è un rapporto tra due cose esterne l ' una all ' altra , ma è un rapporto di azione ­ reazione , rapporto dialettico , all ' interno di un ' unica realtà . Il soggetto conosce l ' oggetto in quanto lo produce ; il soggetto è l ' uomo sociale che , spinto dai suoi bisogni , da una perpetua insoddisfazione della realtà in cui vive , si sforza di mutare le forme e i rapporti sociali dapprima esistenti . È in questo sforzo , e solo mercè questo sforzo , che egli acquista coscienza della realtà e della sua insufficienza . Per interpretare il mondo , diceva appunto Marx in una delle sue glosse a Feuerbach , bisogna cangiarlo . Il concreto processo storico consiste nello svolgersi della attività umana in una continua lotta interiore , in cui l ' avverarsi continuo di contraddizioni da superare costituisce la condizione e l ' essenza stessa della storia . L ' attività precedente , nei suoi risultati , diventa condizione e limite dell ' attività successiva , che si afferma come opposizione a ciò che preesiste e tende a superarlo dialetticamente . Il passato condiziona il presente e questo l ' avvenire , ma al tempo stesso è anche stimolo e impulso all ' azione ulteriore modificatrice . L ' umanità lotta dapprima contro le condizioni naturali e poi contro le condizioni sociali da essa stessa create che divengono col tempo impedimento allo sviluppo ulteriore . La lotta si svolge tra forze di espansione e forze di conservazione , sotto l ' aculeo del bisogno . Quali sono queste forze di espansione ? Sono , risponde Mondolfo , tutte le energie e attività degli uomini e si possono ricondurre tutte ( ecco il punto delicato mai dimostrato , e l ' artificioso allacciamento a Marx ) al concetto di forze di produzione . Le forze di conservazione sono invece rappresentate dai gruppi ceti classi interessati alla conservazione delle forme e dei rapporti sociali esistenti . La lotta assume perciò nella realtà l ' aspetto di un urto di classi contro classi ; in questo senso può dirsi che la lotta tra le classi sia l ' essenza della storia . Lo sviluppo storico risulta dunque dalla confluenza e dal contrasto insieme di due elementi : le condizioni reali e la volontà umana . Nella storia non c ' è posto così per azioni e creazioni arbitrarie : l ' azione ha contro di sé le sue condizioni e i suoi limiti . Lo stesso scoccare dell ' ora delle rivoluzioni è segnato da una intrinseca necessità , la quale , allo stesso modo che le rende inevitabili quando siano mature , le rende impossibili quando manchi la pienezza delle loro condizioni . Questo concetto di necessità storica - - conclude Mondolfo - - è il concetto stesso del rovesciamento della praxis , ed è il nucleo essenziale del materialismo storico . Disgraziatamente però la posizione del Mondolfo non e conciliabile con quella di Marx . Finché Mondolfo si limita a porre in luce la visione genericamente dialettica del processo storico insita nel marxismo , non v ' è nulla da obbiettare . Ma tutto da obbiettare quando tenta di introdurre , tra i termini della opposizione , la volontà umana , facendo degli uomini , in quanto esseri consapevoli , volenti ed operanti , i veri attori della storia . Perché nel sistema marxista i termini di opposizione sono puramente e semplicemente lo sviluppo tecnico ( in senso lato ) e i rapporti sociali . Se manca il contrasto tra questi due elementi dell ' ambiente , viene anche meno , negli uomini , la volontà di opporsi alla forma sociale in cui vivono ( Longobardi ) . Per avvalorare la tesi contraria - - che in sé è perfettamente accettabile , ma non è conforme al pensiero marxista - - Mondolfo è costretto a sforzare sino all ' inverosimile le formule marxiste , sostituendo alle espressioni « forze produttive » , « sistema di produzione » - - inequivocabili in Marx - - gli « uomini » nella totalità del loro essere . Lo fa con grande apparato erudito e lusso di svolgimenti , sulla base di rare frasi faticosamente carpite , di tardive resipiscenze dell ' Engels , e soprattutto delle famose quattordici glosse a Feuerbach , due paginette di appunti giovanili che Marx mai pubblicò in vita , e che fissavano una sua interessantissima ma poi superata posizione ; ma la dimostrazione manca , e non può che mancare , dato che Marx è sordo ad ogni appello in questo senso . Un tipico esempio di questo metodo lo si ha nel tentativo del Mondolfo di conciliare quel benedetto Capitale , tetragono alle più modeste sollecitazioni volontariste , col concetto della praxis che si rovescia , appunto affermato da Marx giovane . Dice Mondolfo : Marx , scrivendo che i rapporti di produzione sono indipendenti dalla volontà degli uomini , intendeva riferirsi alle singole fasi della vita economica , nelle quali gli uomini trovano precostituiti i rapporti stessi , e non possono modificarli e foggiarli a loro talento . Ma non appena , da simile considerazione anatomica e separata delle età singole Marx passa a considerare la continuità del processo storico di sviluppo , ecco che i già definiti « rapporti di produzione necessari » , base e condizione determinante della vita sociale e spirituale , si convertono non in demiurghi della storia , ma in materia cristallizzata e inerte , contro la quale si svolge la vera forza viva in movimento e bisogno continuo di sviluppo , cioè l ' uomo ( Sulle orme di Marx , 3a ed . , vol . II , p . 221 ) . Di dimostrazione neppur l ' ombra . Affermazione gratuita . Marx non ha mai lasciato lontanamente supporre di far propria una simile incomprensibile concezione . Quasi potesse darsi una legge vera pel generale e non più vera pel particolare , un uomo libero in astratto e non nel concreto , nell ' eternità e non nell ' attimo . D ' altronde se questa del Mondolfo dovesse essere l ' autentica interpretazione del marxismo ; se davvero tutto il marxismo stesse nel concetto della prassi che si rovescia , a me par chiaro che esso si risolva nel liberalismo . Al marxismo , così come lo interpreta Mondolfo , e con lui tutto il revisionismo , repugna infatti sempre più ogni elemento finalistico ; o meglio , da quella interpretazione , non ne discende alcuna conclusione pro o contro la soluzione socialista . Si può accettare la teoria della lotta di classe come un fatto e ritenere che avrà uno sbocco diverso da quello previsto da Marx o che costituirà in eterno il lievito della vita associata . Viene meno cioè quello che era ed è - - in realtà - - il fulcro e la ragion d ' essere di tutto il sistema : vale a dire la scientifica dimostrazione della necessità storica di una soluzione socialista . La necessità del socialismo si trasforma nella necessità del moto socialista , della lotta tra proletariato e borghesia e questa lotta appare ormai aperta a tutte le possibilità e a tutte le conclusioni . La crisi intellettuale . Col Mondolfo si chiude - - speriamo provvisoriamente - - la storia del revisionismo italiano . Storia triste , ahimè , perché la doppia corrente critica che , in un primo tempo , era sembrata affermarsi , non riuscì a pervenire a risultati conclusivi , a influenzare le masse , e tanto meno a impregnare le tavole programmatiche del partito . Come certe correnti desertiche essa finì per perdersi per misteriose vie sotterranee , che non di rado erano poi le vie dell ' ignoranza , dell ' indifferenza , dell ' insincerità , o di un piatto utilitarismo . Liberato il partito dalla doppia eresia di destra e di sinistra , concorde in una spregiudicata valutazione del marxismo , eliminate cioè le forze più giovani , vivaci e spiritualmente indipendenti , della crisi marxista non si parlò più , quasi fosse stata definitivamente risolta . Si continuò a discorrere allegramente di « socialismo scientifico » , si avvalorarono ancora le proprie tesi con indistinte citazioni marxiste , si dichiarò pur sempre il Capitale libro magno e intangibile del socialismo , ma reale approfondimento , consapevole accettazione , non si ebbero più . Nei rivoluzionari fu un fenomeno di ipocrisia o di superficialità ; nei riformisti di debolezza . L ' élite socialista , in così breve lasso di tempo sortita dalle tenebre delle congiure alla luce delle tribune parlamentari , si sentiva prigioniera della propaganda iniziale e del bisogno religioso delle folle . Ciascuno si abbandonò passivamente al moto che ormai procedeva con leggi sue , ben diverse da quelle codificate nella dottrina , e ci si guardò bene dal « fare il punto » , all ' uso dei navigatori , rivelando con la propria , l ' altrui crisi . Si costruirono tanti « marxismi puri » quante erano le tendenze ; ci si accapigliò periodicamente sui testi : e si inventarono formule sapienti più o meno « integralistiche » , « centristiche » , « unitaristiche » per evitare scismi e controbattere le minoranze rivoluzionarie nei congressi ; i quali congressi , da rassegne di forze vive ed operanti vennero sempre più riducendosi ad accademie nelle quali di tutto discutevasi fuorché dei problemi vitali del movimento . In meno di venti anni si era passati dalla tonante rivelazione di Marx a un coro monotono di ripetitori . Le parole continuavano a frullare , ma i fatti erano scarsi e lo spirito sempre più utilitario e meschino . Alle apocalittiche previsioni quasi nessuno , nel suo intimo , credeva più . il Verbo s ' era trasformato in lettera , la fede in rito , il ribelle in prete . Dopo il 1908 la crisi intellettuale e morale aveva assunto un carattere così allarmante da richiamare invano l ' attenzione di alcuni tra i migliori , come Rigola , Salvemini , Modigliani , e lo stesso Turati , che avvertiva essere le forze del partito scemate d ' importanza e di numero , la vita dei circoli anemica , le idee incerte , il fervore dei propagandisti sbollito e generale il senso di rilassamento . Era la paralisi generale , progressiva ; lo sciopero dei pochi cervelli ancora in funzione . La gioventù - - intendo la intelligencija - - corse tutte le esperienze , fuor che quella socialista che , nella serra calda giolittiana , appariva intellettualmente conclusa e priva di vera passione . La gioventù fu volta a volta crociana , vociana ( dal giornale « La Voce » ) , liberale , futurista , nazionalista , cristiana , ma non fu più socialista . Il socialismo non interessava più . Quando ne chiesi la spiegazione ad uno dei rappresentanti più cospicui del movimento socialista del tempo , n ' ebbi una risposta ultradeterministica che dimostra la incapacità di molta gente a rendersi ragione delle cause prime e più profonde della sconfitta subita . I giovani intellettuali - - così mi rispose - - quasi sempre di provenienza borghese ( al pari , del resto , del mio interlocutore ) disertarono le nostre fila , per essere il socialismo passato dalla fase ingenua , romantica , entusiasta , ma inefficiente , alla fase molto prosaica ma positiva e realizzatrice della lotta per i salari incidente i portafogli dei loro papà . Non diversamente si pronuncia il Longobardi , anche se con maggiore complessità di analisi , nel suo volume sulla Conferma del marxismo . Ora questo giudizio è assurdo : può essere un motivo di ripicco , non la conclusione di una serena valutazione del problema . Non ha senso immaginare che solo tra il '90 e il '900 siano esistiti giovani entusiasti , capaci di sacrificare a una idealità il loro personale interesse , la loro carriera . Il Risorgimento vide profondi sommovimenti e folla di sacrifici tra i giovani , e non fu davvero presieduto da una visione meschina dell ' interesse della borghesia all ' unificazione . E dopo il '900 mancarono proprio fenomeni di dedizione a cause che in nessun modo si spiegano ricorrendo a mobili egoistici ? Ma al contrario , è opinione quasi unanime che nella generazione intellettuale che doveva immolarsi nella guerra , si notasse un crescente stato di insoddisfazione e di insofferenza morale ; il bisogno , buono o cattivo che fosse , di sortire da quella vita raffinata e cerebralizzante , di immolarsi corpo e anima ad una causa - - quale si fosse - - purché capace di trascendere i meschini motivi della vita d ' ogni giorno . Se i giovani intellettuali disertarono il socialismo non si fu perché essi divenissero tutti d ' un tratto utilitari e filistei . Si fu all ' inverso perché proprio il movimento socialista , nelle persone di troppi suoi dirigenti , nello spirito che presiedeva all ' opera sua , andò perdendo gran parte del fuoco etico primitivo . Non è da credere che sfuggisse ai giovani lo stato di profondo disagio e insincerità dei leaders del movimento , la superficialità colpevole con la quale avevano creduto di superare la cosiddetta « crisi del marxismo » . I giovani hanno bisogno di credere alla nobiltà , alla purezza , alla chiarezza degli ideali professati . Il transigere , che troppi fecero , con la propria coscienza , o il sottrarsi ai richiami e reclami della ragione seppellendo l ' interno affanno sotto la formula equivoca , desta in loro repulsione profonda . E repulsione profonda destò in loro il balbettio dei giornali e libri socialisti in cui era venuto meno il vigore del pensiero e la fiamma morale . A questa insofferenza morale si accoppiava una crescente insofferenza d ' ordine intellettuale contro il marxismo dogmatico e materialista , e più ancora contro le posizioni mentali e culturali che distinguevano gli esponenti massimi del socialismo ufficiale e lo stesso partito . La nuova generazione tutta idealista , volontarista , pragmatista , non capiva il linguaggio materialistico , positivistico , scientificistico dei vecchi . I quali , anziché sforzarsi di penetrare le ragioni intime di questa reazione , si chiusero in una incomprensione cieca e settaria , e irrisero i nuovi atteggiamenti , negando a priori un socialismo non positivistico e definendo semplicisticamente i filosofi idealisti servi della borghesia . Già dal Congresso di Roma si era dichiarato solennemente che il programma portava « l ' impronta specifica del socialismo democratico e positivista » , cosicché l ' aderirvi significava implicita accettazione di quella determinata filosofia . Accanto alla tessera amministrativa si richiedeva la tessera filosofica : e chi non avesse avuto tutti i timbri in regola , chi non avesse mostrato di nutrire ammirazione piena per Comte o Spencer , Darwin o Ardigò , eran tirate d ' orecchi , larvati boicottaggi , denegata cittadinanza , finché l ' interessato , sentendosi pesce fuor d ' acqua , filava via verso più aereati lidi e vasti orizzonti . E almeno la posizione intellettuale della vecchia generazione fosse stata salda , fresca , professata con vera passione e profonda convinzione . Mentre era tutta rosa e corrosa da una critica sostanziale di cui la gioventù era perfettamente consapevole . Ora non si giunge alla fede attraverso la critica ; e quella critica , quelle poderose confutazioni del marxismo ortodosso e del positivismo nessuno s ' era mai preoccupato di controbattere con solidi argomenti , oltre che con facili ironie e stupide accuse . Così fu che i vecchi non compresero nulla del segreto travaglio dei giovani , e i giovani abbandonarono la vecchia gloriosa corrente , segnando un distacco che fu fatale alle fortune del socialismo italiano ; fatale , dico , perché contiene in potenza molte delle ragioni della futura sconfitta . L ' unico tentativo pratico di rinnovamento avutosi all ' interno del partito innanzi la guerra è dovuto al Mussolini . Avventuriero nel mondo della cultura non meno che in quello della politica , in lui difettava un pensiero saldo e coerente e una onesta preoccupazione intellettuale ; alla sua frenetica volontà d ' azione e di comando una cosa sola premeva : l ' affermazione della sua persona . Le idee , i valori , le fedi in tanto valevano in quanto potevano farsi strumento della sua ambizione . Ma , dotato di intuito non comune , egli - - quasi unico - - sentì come la vecchia posizione socialista non soddisfacesse il bisogno dei giovani e si dette tutt ' uomo a rinfrescarla facendo larga parte all ' idealismo da un lato e al volontarismo pragmatista e bergsoniano dall ' altro . Malgrado la sua intrinseca immoralità e la estrema superficialità della sua posizione rivoluzionaria egli riuscì in breve a trascinarsi dietro gran parte della gioventù socialista e a impadronirsi clamorosamente del partito . La vittoria di Mussolini fu dovuta in buona parte alla costituzionale incapacità di rinnovamento dei vecchi quadri dirigenti del movimento ; i quali condannavano bensì questo improvviso quanto assurdo ritorno all ' insurrezionismo blanquista , ma non erano poi in grado di contrapporgli un programma costruttivo che fosse animato da una visione ampia e lungimirante dei problemi della vita italiana . Il loro riformismo , guasto dalla tabe elettoralistica e dalla lotta per riforme sociali di dettaglio , echeggiava , o pareva proprio echeggiare , un profondo scetticismo , come di gente che non crede più negli ideali della propria giovinezza , ma non osa confessarlo . Né è a dire che difettassero in quegli anni tra i giovani sane correnti realistiche capaci di alimentare un riformismo virile e realizzatore . Ma esse furono sistematicamente compresse e eliminate . L ' esempio più tipico resta « l ' Unità » del Salvemini che riuscì a raccogliere attorno a sé un autentico stato maggiore di giovani tendenzialmente socialisti : fornendo così la riprova che la decadenza non era dovuta alla fuga della nuova generazione dal socialismo , ma piuttosto alla incapacità del partito a farsi eco delle sue esigenze . Si affermava la urgente necessità di un programma d ' azione che sostituisse alle lotte per le riforme prevalentemente economiche che interessavano solo ristrette categorie di lavoratori , la lotta per una serie di grandi riforme politiche di interesse generale ( riforma tributaria , doganale , comunale , militare ) solo capaci di creare nel popolo quella coscienza politica che è la premessa indispensabile per il nascere di una moderna democrazia . Il Salvemini esagerò spesso nelle sue critiche e finì per cadere , per amore di concretezza , in un puro problemismo . Ma è indubbio che egli , più acutamente d ' ogni altro , diagnosticò la crisi che rodeva alla base il socialismo italiano . In verità negli ultimi anni innanzi la guerra il socialismo italiano era , intellettualmente , una cosa morta . Se da un stimolo parve esso animato , fu , se mai , quello della autodistruzione , tanto esso fece per coalizzare contro di sé tutte le correnti giovanili . Esso fece sì che la reazione intellettuale antimarxista si incontrasse con quella convergente antidemocratica , antiparlamentare , che in Italia significava poi antigiolittismo . Il socialismo riformista , non realista ma transazionista , venne esso pure identificato col parlamentarismo degenerante ; influendo su questa reazione e traendone nuovo vigore e giustificazione , si alimentarono le correnti rivoluzionarie , da Sorel a Mussolini , e le correnti nazionaliste ; le quali poi , convergendo il dì della guerra , dettero potenzialmente vita al fascismo . L ' atteggiamento del partito durante la guerra , con la infelice formula « né sabotare né consentire » conferma la incertezza e lo spirito compromissorio che l ' animavano . La guerra travolse come valanga il già fragile edificio intellettuale . Il febbrile dopoguerra , col suo ciclo vorticoso di esperienze , venne vissuto alla giornata , con un drenaggio a rovescia che polarizzò le scorie ed eliminò gli elementi più vitali . Accanto ai pochi ma saldi rappresentanti del vecchio gruppo dirigente non si intravide neppur l ' ombra di qualche autentica energia giovane . Si marciava ormai stancamente nei vecchi solchi , presentendo il pantano finale , incapaci di sortirne . E ora da sette anni non si marcia più e sui campi deserti spesseggia la gramigna e neppure le fioche voci antiche riescono a giungerci . Occorre finalmente una rude scossa intellettuale che sottragga i socialisti italiani al loro passivismo ideologico , costringendoli a pensare autonomamente e a conquistare con duro personale travaglio di ricerca , di dubbi e di contrasti i nuovi valori da sostituire alla fede cieca nelle virtù taumaturgiche degli specifici marxisto ­ materialisti . Tempo è venuto . Anche la Chiesa socialista reclama la ribellione del libero esame e la fine di tutti i catechismi . 5 CAPITOLO IV CONCLUSIONE DEL REVISIONISMO Da quanto si è detto nei capitoli precedenti appare che se il revisionismo ebbe il merito di rompere la incrostazione dogmatica , sforzandosi di adeguare la teoria alla nuova prassi del moto operaio e sceverando nel marxismo gli aspetti ancor vivi e fruttuosi da quelli sterili e superati , non seppe o non osò condurre il processo di revisione alle sue logiche conclusioni e finì per arenarsi in una polemica interpretativa che annullò gran parte dei benefici che aveva apportato . Quel che esso non fece è compito della nuova generazione di fare , con piena sincerità e indipendenza di giudizio , senza tema di infrangere idoli di cartapesta o stampata e senza illusioni di larghi immediati consensi . Il materiale critico accumulatosi nel trentennio è tale - - così nel regno dei fatti che delle idee - - che non si tratta tanto di dir cose nuove o di avanzare una ennesima interpretazione di Marx ; quanto di mettere in chiaro i risultati obbiettivi e in gran parte concordanti cui era giunto il revisionismo . In breve , si tratta di erigere un bilancio del marxismo in rapporto al movimento socialista . Il compito è urgente , urgentissimo . Particolarmente in Italia . Da troppi anni le posizioni ideologiche del socialismo si sono cristallizzate rompendo con la pratica . Siamo oggi ancora a Bernstein , alle posizioni e alle discussioni del '900 . Mentre il mondo , dal '900 ad oggi ha , più che camminato , precipitato . È sorto , o si è fatto formidabile , il moto operaio ; i partiti socialisti stanno trasformandosi in partiti di governo e sono sulla via di strappare maggioranze ; la democrazia politica è ormai patrimonio non esclusivo ma certo fondamentale delle masse lavoratrici ; lo Stato è andato perdendo progressivamente il suo carattere di classe ; l ' economia borghese si è andata organizzando e razionalizzando ; la ricchezza è moltiplicata , anche per le classi operaie ; una guerra e una rivoluzione immani sono sopravvenute fornendo formidabili esperienze nuove ... Tutto è mutato intorno a noi . Tutto , fuorché il programma e l ' ideologia socialista , che si vorrebbero sbocciate complete e perfette nei secoli , per opera del profetico genio di Marx . La scissione comunista in tutto il mondo ha certo concorso non poco a chiarire la fisionomia socialista , se non altro per la necessità reciproca di distinguersi e di affermarsi su posizioni del tutto autonome ; ma il chiarimento fu tutto d ' ordine pratico e polemico , imposto dalle circostanze , e non vi corrispose davvero una egualmente chiara sistemazione ideologica . I dirigenti dei partiti socialisti d ' Europa - - Inghilterra esclusa - - rivendicano oggi ancora col Kautsky una del tutto inesistente e risibile purità marxistica . Si direbbe anzi che la scissione e le sopravvenute responsabilità di governo abbiano accentuato nei capi - - sotto l ' assillo della concorrenza comunista - - un equivoco conservatorismo ideologico che li rende più riluttanti che per il passato ad un serio esame ideologico . È incredibile il timore che pervade i più di fronte alla eventualità di doversi discostare apertamente dalla tradizione marxista , e il sabotaggio più o meno consapevole d ' ogni sia pur timida corrente non marxista . Marx è il tabou . Meno se ne parla meglio è . Ci si affida alla pratica , maestra di vita , e si tira a campare . Il cervello socialista oscilla tra la ortodossia formale e il piatto empirismo . Io conosco molti socialisti , anche giovani , che condividono nel loro intimo le punte più estreme del pensiero revisionista ; che riconoscono la necessità di un serio sforzo di rinnovamento ideologico ; che giungono financo a proclamare Marx superato . Ma ciò sono disposti normalmente a concedere in camera charitatis , tra quattro mura e pochi amici . Ché non appena si tratti di assumere una posizione responsabile si fanno reticenti ed equivoci e scivolano via volentieri sulla superficie liscia del solito ordine del giorno standardizzato . Pigrizia ? Insincerità ? Timore di perdere le masse ? Sensazione oscura e vile dei pericoli e delle responsabilità che ci connettono ad una più autonoma e quindi più soggettiva , faticosa e critica posizione ? Probabilmente tutte queste cose assieme . Il fatto è , insomma , che coloro che dovrebbero esercitare funzione dirigente , coloro cui spetta il compito di pensare per gli altri infiniti troppo assorbiti dal problema dell ' esistenza , han finito per ridursi prigionieri dell ' ingenuo feticismo delle masse , da essi stessi creato , e che , con non molta fatica , si potrebbe distruggere . Basterebbe volere . E pazienza ancora se ciò seguisse in modo particolare là dove il moto socialista è in progressivo ordinato sviluppo , sulla via di conquistare o rassodare posizioni di comando : ché là è più scusabile il desiderio di evitare discussioni troppo accese nell ' ora delicata del trapasso dalla critica negativa all ' azione positiva . Ma il grave si è che ciò si avvera soprattutto in Italia dove il moto socialista è stato letteralmente spazzato , e dove domani si dovrà ricominciare ab ovo , con animo nuovo adeguato alla grande esperienza vissuta e alla generazione mutata . Bisogna ribellarsi a questo fatale andare - - che non è un « andare » , ma un retrocedere o un agonizzare - - ; e combattere ogni forma di ipocrisia intellettuale , di debolezza senile , ogni fuga per la linea di minor resistenza , e di massima diseducazione . Ai giovani , di anni o di spirito , corre l ' obbligo di imporre una decisa chiarificazione ideologica che abbatta finalmente tutti i rami secchi che impacciano assurdamente il cammino , che ci liberi di tutto il vecchio pesante bagaglio catechistico che tanto concorse alla nostra sconfitta . Saremo dapprima in pochi , e molto ci sarà da lottare . Ma la lotta è vitale ed assurge addirittura ad obbligo di coscienza per chi creda di avere identificato nello spirito di compromesso e nella pavidità dei teorici e dei capi una delle ragioni massime della crisi che il socialismo attraversa . , La conclusione logica cui conduce il revisionismo è la rottura tra socialismo e marxismo . Il revisionismo ha difatti confutato o tacitamente abbandonato tutte le tesi marxiste che più strettamente si collegavano alla posizione socialista ; mentre ha valorizzato le tesi più propriamente filosofiche o sociologiche ( materialismo storico , lotta delle classi ) che , per il valore sempre più universale e obbiettivo che vanno assumendo , non possono essere monopolio di nessuna parte politica . Dalla interpretazione che del marxismo dànno i revisionisti , discendono logicamente queste conseguenze : 1 ) che si può essere marxisti senza essere socialisti ; 2 ) che si illudono quei socialisti che ancora credono di ritrovare nel marxismo il principio informatore , la guida , del concreto movimento socialista . La dimostrazione di queste tesi apparentemente paradossali non è difficile . Vedemmo già come la vera originalità della posizione marxista rispetto alle altre posizioni socialiste non stesse né in una diversa prospettazione del fine né in una sostanziale divergenza di metodi , ma nel concetto della necessità storica dell ' avvento socialista per effetto della legge intima di sviluppo della società capita ­ lista . Mentre il socialista premarxista denuncia le ingiustizie sociali e postula la società socialista in nome di un principio astratto e assoluto di giustizia , Marx , storicista , si sforza di dimostrare che questa soluzione socialista vive già in potenza nella società attuale e costituisce la necessaria sintesi superatrice della contraddizione che mina alle basi il sistema capitalistico di produzione . A questa conclusione egli arriva attraverso lo studio obbiettivo del processo storico , con l ' ausilio del metodo materialistico di interpretazione della storia . La catena del pensiero marxista , ricostruita logicamente - - a posteriori - - diventa : metodo materialistico , applicazione di esso allo studio della società capitalistica , previsione oggettiva della necessità della soluzione socialista . Il marxista veramente conseguente è dunque socialista per deduzione . Se cade la premessa - - cioè la teoria del materialismo storico - - o se mutano i risultati cui porta l ' applicazione del metodo - - cade automaticamente la conclusione socialista . Ora quale è stato il senso della reazione revisionista ? Essa ha detto : c ' è nel marxismo un nucleo primo fondamentale , il materialismo storico . Attorno a questo nucleo si è formata una incrostazione pseudo teoretica che non è che il risultato di una prima grossolana applicazione del metodo materialistico fatta da Marx alla società del suo tempo . Essa era piena di significato allora ; ma oggi , dopo il perfezionamento apportato al metodo e tutte le trasformazioni seguite , non resiste più alla critica . In questa incrostazione , in queste scorie , rientrano la teoria della crisi , dell ' immiserimento progressivo , della concentrazione delle ricchezze in poche mani , dell ' esasperarsi delle lotte di classi sino al violento cozzo finale . Abbandoniamo le incrostazioni , cioè le fallaci applicazioni del metodo , e salveremo il nucleo primo , il nucleo puro del marxismo . Ma abbandonare la incrostazione equivaleva buttare a mare la conclusione socialista del marxismo : e siccome il marxismo è una teoria socialista solo per le conclusioni , significava relegare il marxismo fuori dal novero delle teorie socialiste . In verità così era . Da quel giorno il marxismo perse l ' attributo socialistico . Ma un risultato così paradossale non era davvero dichiarabile , data la strettissima identificazione che si era ormai abituati a fare tra socialismo e marxismo . Caduta la conclusione socialista , bisognava reintrodurre il socialismo nelle premesse . Ed ecco i revisionisti affannarsi a far posto nel materialismo storico al momento della libertà , ad una visione attivistica del processo storico . Ed ecco sorgere o risorgere la teoria del rovesciamento della praxis . La quale non è in sé socialista , non contiene nulla che accrediti una soluzione socialista . Ma facendo posto alla volontà umana nella storia , fa posto al socialismo . È chiaro però che il rapporto tra materialismo storico e socialismo veniva ad essere capovolto . Ciò che per l ' innanzi costituiva una conclusione necessaria diventa ora una premessa eventuale . I revisionisti hanno fatto a ritroso il cammino di Marx e dalla scienza socialista sono tornati alla fede , cioè alla posizione delle scuole premarxiste . È appena necessario dire che di questo capovolgimento non hanno avuto chiara coscienza ; e hanno continuato a sostenere assurdamente il marxismo come la teoria socialista per eccellenza facendo del principio del rovesciamento della prassi il pilastro essenziale del loro socialismo . Col melanconico risultato che non appena il socialista approfondisce i fondamenti teorici della sua posizione sente sfuggirsi il terreno sotto ai piedi e si trova ad oscillare tra il vuoto e il dogmatismo . Per passare infatti dalla teoria del rovesciamento della prassi alla prassi ... immobile della società socialista , i socialisti revisionisti debbono rinnegare se stessi accedendo a quel determinismo economico volgare e a quella estrema semplificazione di diagnosi sociologica contro cui giustamente avevano reagito . Cioè debbono a ) ricondurre tutte le contraddizioni sociali a quell ' unica tra sistema di produzione e sistema di appropriazione ; b ) imporre un ruolo obbligato alla volontà umana ; c ) fissare una direzione categorica all ' evoluzione produttiva ; d ) postulare uno stato sociale statico e perfetto . Vale a dire debbono rinnegare quella visione dialettica della storia - - indefinita serie di lotte , non solo e sempre di classi , e non solo e sempre economiche - - che è alla base della loro revisione e che , anche per Marx ­ Engels , è l ' unica legge a priori della storia . Cioè negare la storia stessa . In verità al marxismo dei revisionisti ripugna ogni preciso elemento finalistico ; o meglio , dalla loro posizione teoretica non discende alcuna conseguenza pro o contro il socialismo . Si può accettare la storia come eterno contrasto di classi , e ammettere una pluralità di sbocchi o addirittura non considerare la funzione borghese come funzione di sola conservazione . Per una conclusione socialista si richiede l ' intervento di dati empirici ( catastrofismo marxista ) o di un elemento di fede . D ' altronde occorre tener presente che nella dialettica storica il momento della tesi non è meno importante di quello dell ' antitesi ; anzi l ' uno non è pensabile senza l ' altro . Una concezione politica che voglia derivarsi dalle posizioni del materialismo storico deve far proprie , giustificare e comprendere assieme e la funzione conservatrice borghese e la funzione rivoluzionaria proletaria , ponendosi sempre sulla diagonale delle forze . Io reputo sterile il tentativo di voler collegare troppo strettamente le posizioni filosofiche con quelle pratiche . Ma se questo collegamento si vuol fare per la teoria del materialismo storico , con la interpretazione revisionista non è nel socialismo che si sbocca , ma in pieno liberalismo . In un liberalismo più concreto e realistico , che guarda alla sostanza del moto sociale e alla dialettica delle cose , che identifica con maggior precisione e realismo gli agenti del progresso , le forze animatrici del movimento , che fa i conti con i gruppi e con le classi e che oggi , in questo stato sociale , con questa forma di produzione , questa psicologia , questi bisogni , questa sedimentazione ideologica , dà un posto preminente al problema sociale , alla lotta tra proletari e capitalisti , ma pur sempre nel liberalismo . Col revisionismo viene dunque meno quello che era il carattere distintivo del sistema marxista : cioè la dimostrazione obbiettiva e rigorosa di una soluzione socialista . Dal marxismo si passa al revisionismo , e dal revisionismo al liberalismo . Queste tappe sono fatali . Già Bernstein , trent ' anni fa , lasciò intendere che questa sarebbe stata la conclusione . Il moto socialista è tutto , egli disse , e il fine è nulla . ( O il fine in tanto vale in quanto alimenta il moto . ) La sua formula era quella di un socialista liberale . Parve scandalo allora . Si avvia oggi ad essere la posizione caratteristica di tutta la nuova generazione socialista . Intorno al valore del materialismo storico si è molto discusso in questi ultimi anni . Molti scrittori marxisti sono disposti a concedere che esso non fornisce appoggio ad una tesi finalistica socialista ; ma tutti però insistono nel rilevare il valore immenso che esso ha come guida , come « bussola » del moto socialista , tanto che parlano di esso come della filosofia specifica del moto socialista . Solo il materialismo storico , solo il concetto del rovesciamento della praxis , proclama Mondolfo , può conciliare i due estremi del materialismo fatalistico e del volontarismo antistorico e salvare il movimento così dal facilonismo rivoluzionario come dall ' impaludamento riformista . Esso solo dà al rivoluzionario la consapevolezza delle possibilità e dei limiti dell ' azione in ogni momento dato . Mondolfo non esita a dichiarare che il fondamentale difetto dei socialisti italiani è consistito nella incongruenza delle premesse filosofiche , nella mancanza di una coerente orientazione teorica , nella trascuranza del principio essenziale di quel realismo storico , al quale pure han creduto appoggiarsi , che consiste nel rovesciamento della praxis . Ora io confesso che in tutte le formule famose care ai revisionisti marxisti , dalla « prassi che si rovescia » alla « realtà condizionante e condizionata » , dall ' « uomo creatore della sua storia nei limiti delle condizioni preesistenti che sfuggono al suo controllo » , al « presente figlio del passato e padre dell ' avvenire » , non vedo nulla di specifico capace di soddisfare le esigenze del moto socialista , nulla che possa guidare l ' azione socialista in ogni concreta situazione storica . In essa non vedo che una generica trasposizione del principio dialettico dalla sfera concettuale a quella del reale e un consiglio generico di prudenza ai rivoluzionari , infinitamente meno suadente di quello che viene dai fatti e dalle libere esperienze . Osservo però che mentre nel sistema marxista questa dialettica di cose aveva un significato perfettamente chiaro e una direzione ( soluzione socialista ) ben precisata , nel revisionismo essa assume un valore sempre più vago ed evanescente . La bussola tanto decantata è uno strumento che , all ' atto pratico , si rivela sordo alle influenze magnetiche della storia che si fa . Per applicare , in ogni concreta situazione storica , il metodo materialistico , tutto sta , evidentemente , nella valutazione dello stato delle cose ( meccanismo produttivo ) e delle coscienze ( uomini che lottano contro l ' ambiente fisico ed economico ) . Ora questa interpretazione sarà sempre , entro certi limiti , viziata da soggettivismo e apriorismo . L ' antitesi tra volontarismo e fatalismo che si crede di aver superata in sede teoretica col concetto della prassi che si rovescia , risorge in pieno nella pratica . Anche il volontarista sfrenato , quando proclama tesi semplicistiche e invoca salti miracolosi può , in buona fede , reputarsi pieno di senso storico . Se nel processo storico si fa posto alla volontà , il volontarista può sempre , nella maestà della sua intuizione , ritenere non vano l ' appello alla volontà . E magari pensare che occorra esagerare volutamente il ruolo della volontà per forzare gli uomini , pigri e ciechi , a farne un uso ragionevole . Quando si entra nei regni complessi della psicologia , il materialismo storico si rivela impotente . In sostanza tutto il materialismo storico , dopo la sostituzione dell ' interdipendenza al determinismo , si risolve in sede pratica in una lezione di realismo storico , in una verità banale che fu acquisita da secoli per gli uomini d ' azione : non fare il passo più lungo della gamba . Quando questa lezione fu impartita , cioè al tempo di Marx , fu veramente salutare , perché reagì alle orge utopistiche e a tutti i disegni aprioristici di palingenesi sociale , frutto del razionalismo astratto del secolo XVIII ; ma oggi tende a farsi nociva . Tutti i movimenti socialisti europei , sotto l ' incubo di questa necessità che tanto hanno concorso a rivelare , hanno perso ogni fiducia nello slancio creativo delle masse . È forse venuta l ' ora di mettere l ' accento sul momento della libertà , di ricordare che in ogni caso è ai partiti riformatori che spetta esagerare l ' elemento volontaristico , mentre è a quelli conservatori che spetta di esagerare le resistenze . Il determinismo marxista , e anche la interpretazione corretta che di esso dànno i revisionisti , induce alla accettazione o per lo meno a un eccessivo rispetto a priori della realtà esistente , appunto perché esistente . Esso umilia l ' umanità ricordandole di continuo la sua pochezza di fronte alle formidabili forze ambientali , naturali e sociali ; e può facilmente condurre a forme di rassegnazione sul tipo di quella cattolica . Tutti gli dei sono pericolosi , compreso quello delle forze produttive . Dirò una cosa che può sembrare paradossale ; ma a me sembra che , nello stadio attuale dei rapporti sociali , il materialismo storico è filosofia che assai meglio si addice alla classe capitalistica , che alla classe proletaria . Il capitalista , in particolare l ' imprenditore , essendo alla testa del processo produttivo , dominandone e combinandone gli elementi , prendendo una parte attiva al progresso tecnico , possiede la coscienza della sua attiva partecipazione alla trasformazione del processo produttivo ; riesce cioè a concretamente inserire la sua volontà nella storia , e il suo rapporto con la vita economica è tipicamente di azione ­ reazione . Il proletario ( e per lui l ' intellettuale che aderisce alla causa dei lavoratori ) , subendone invece solo i contraccolpi o essendo obbligato ad aderire passivamente al processo produttivo , non vede nelle forze di produzione che delle determinanti contro le quali , oggi , è impotente a reagire . Il materialismo storico diventa nelle sue mani non una filosofia liberatrice , ma una filosofia che gli disvela le sue catene e , disvelandogliele , lo induce a vani conati per liberarsene . Può servire in periodi di eccezionale esaltazione per calmare troppo ardore di illusione ; ma non può essere la filosofia base di un movimento operaio che è ancora in stato di minorità nella direzione dell ' economia . Psicologicamente parlando è fatale che il materialismo storico assuma , presso le masse , un colorito deterministico . Più in generale si può dire che a tutti i dominatori occorre ricordare continuamente i limiti , mentre a tutti i soggetti bisogna negarli o ridurne la portata . Il partito comunista in Russia ha sete di materialismo storico ; gli scientifici partiti socialisti marxisti europei hanno sete di volontarismo . Di un volontarismo non parolaio , beninteso , che sia nutrito da una fede virile nella capacità costruttrice e sostanzialmente rinnovatrice della volontà . Le esperienze del socialismo italiano costituiscono ahimè la più lampante conferma di quanto sopra . I filosofi del materialismo storico lamentano la insufficiente preparazione teoretica e filosofica e la scarsa consequenziarità dei socialisti italiani ; e credono di ritrovare in ciò una delle cause della sconfitta . Io oserei lamentare il contrario . Troppa preoccupazione teoretica o pseudoteoretica , troppa cura di mettersi in regola coi « canoni » marxistici , troppa paura di mostrarsi empirici , risoluti e pragmatisti . Insopportabile alle volte , soprattutto nei periodi in cui s ' imporrebbe l ' azione e la rapida decisione , insopportabile quella falsa preoccupazione storicistica che ci viene da Marx e , ancor più che da lui , da tutta la coorte marxista . Si teme sempre di essere antistorici , di uscire dalla grande rotta segnata sulle carte marxiste , di non aderire perfettamente alla fisionomia storica del proprio tempo . Storici quando si tratta di far della cronaca , cronisti quando si tratta di far della storia . Di qui analisi , studi , discussioni , lambiccamenti , per fissare con esattezza chimerica e scolastica lo « stato civile » del proprio tempo , diagnosi e prognosi dei fenomeni cui si assiste . Mentalità professorale , che non ha nulla a che fare con quella degli uomini d ' azione che si propongono di attivamente collaborare al processo storico . In Italia la casa comune bruciava , le fiamme degli edifici operai arrossavano il cielo , e gli inquilini - - i socialisti - - si accapigliavano tra loro per stabilire se quello era proprio un incendio , da quali cause fosse originato , se rientrasse in questa o quella categoria , se fosse stato o meno previsto nei testi sacri , se fosse limitato all ' Italia . ecc , ecc . Nei periodi dinamici soprattutto ci si avvede quanto illusoria e fatale sia la pretesa di voler seguire il filo conduttore fornito dal materialismo storico . Una vera condanna all ' impotenza . L ' azione richiede tempestività , intuizione , adattamento , creazione . Il concreto processo storico , così come lo delineano i cultori del materialismo storico , è una storia non vissuta , una storia a posteriori , una storia da professori . La famosa bussola serve solo quando si è raggiunto il porto . Potrà rendere grandi servigi allo storico ; ma è spesso inutile , e talvolta dannosa , al facitore di storia . I grossolani errori di previsione in cui incorse Marx nella applicazione del suo metodo , confermano quanto sopra . Il materialismo storico ha troppo radicato nella mente dei più la tesi che il processo storico sia un processo meccanico , composizione automatica di forze ben determinate , quantitativamente stimabili e non modificabili per azione volontaria dell ' uomo . Ricordate Bernstein che ammonisce stare ormai il problema solo nell ' assodare con precisione il rapporto quantitativo dei fattori , delle forze storiche preponderanti ! L ' atteggiamento di troppi socialisti eminenti di fronte al fenomeno fascista nascente , fu o buddistico o stoico . Essi allargarono le braccia desolatamente e si disposero al martirio , convinti che poco o nulla vi fosse da opporre all ' avanzarsi del fatto che avevano analizzato in tutti i suoi elementi componenti . Essi avevano già razionalmente giustificata la loro sconfitta , quando gli altri non si illudevano neppure di vincere . È tanto facile rassegnarsi alla sconfitta quando essa pare venire dalla « forza delle cose » , dalla « immaturità di sviluppo capitalistico » , dalla « fase di necessaria crescenza borghese » , ecc . ecc . E quando queste formule reggono poco , allora serve egregiamente l ' hegelianesimo di basso rango con la sua razionalizzazione del reale , di tutta la realtà , anche di quella realtà che , contraddicendo alla legge intima dello sviluppo storico , dovrebbe espellersi dalla realtà . Di nuovo torna opportuno il paragone col cattolico . Il credente colpito nell ' affetto dei suoi cari attribuisce la prova anche la più atroce a segreti motivi del Signore . Allo stesso modo parla il materialista storico che si inchina al Dio tenebroso del capitalismo . Soprattutto grave è la costante sottovalutazione che i marxisti fanno delle ideologie e dei cosiddetti fattori « irrazionali » ( le passioni ) . Basti riflettere al grado veramente notevole con cui il nazionalismo resiste alle necessità economiche . In tempi di bonaccia il danno di cotesta sottovalutazione è relativo ; ma in tempi dinamici , di crisi o di rivoluzione , le conseguenze possono essere decisive . La vita politica si trova allora come in stato di incandescenza e si presta ad essere plasmata nei sensi più contraddittori , appunto per il ruolo immenso che vi giuocano gli elementi « irrazionali » . Al materialista storico ciò normalmente sfugge , talché finisce per giungere a un apprezzamento erratissimo delle forze in giuoco . Ciò si verificò in modo tipico agli inizi del movimento fascista . I primi nuclei fascisti non si può dire che si muovessero per esclusivo interesse o suggestione di classe , e neppure erano composti da soli borghesi . Erano gruppi di spostati , di allucinati , di idealisti ( di criminali anche ) , in preda a un delirio patriottardo e romantico . Solo più tardi essi diverranno strumento della reazione agrario ­ plutocratica . I materialisti storici ( o presunti tali ... ) , abituati a commerciare con l ' uomo ­ tipo , il processo storico ­ tipo , le cause prime e le grandi onde del moto storico ; accostumati a considerare le idee come travestimenti degli interessi e rapporti di classi , non quando si tratta di far della cronaca , cronisti quando si tratta di far della storia . Di qui analisi , studi , discussioni , lambiccamenti , per fissare con esattezza chimerica e scolastica lo « stato civile » del proprio tempo , diagnosi e prognosi dei fenomeni cui si assiste . Mentalità professorale , che non ha nulla a che fare con quella degli uomini d ' azione che si propongono di attivamente collaborare al processo storico . In Italia la casa comune bruciava , le fiamme degli edifici operai arrossavano il cielo , e gli inquilini - - i socialisti - - si accapigliavano tra loro per stabilire se quello era proprio un incendio , da quali cause fosse originato , se rientrasse in questa o quella categoria , se fosse stato o meno previsto nei testi sacri , se fosse limitato all ' Italia . ecc , ecc . Nei periodi dinamici soprattutto ci si avvede quanto illusoria e fatale sia la pretesa di voler seguire il filo conduttore fornito dal materialismo storico . Una vera condanna all ' impotenza . L ' azione richiede tempestività , intuizione , adattamento , creazione . Il concreto processo storico , così come lo delineano i cultori del materialismo storico , è una storia non vissuta , una storia a posteriori , una storia da professori . La famosa bussola serve solo quando si è raggiunto il porto . Potrà rendere grandi servigi allo storico ; ma è spesso inutile , e talvolta dannosa , al facitore di storia . I grossolani errori di previsione in cui incorse Marx nella applicazione del suo metodo , confermano quanto sopra . Il materialismo storico ha troppo radicato nella mente dei più la tesi che il processo storico sia un processo meccanico , composizione automatica di forze ben determinate , quantitativamente stimabili e non modificabili per azione volontaria dell ' uomo . Ricordate Bernstein che ammonisce stare ormai il problema solo nell ' assodare con precisione il rapporto quantitativo dei fattori , delle forze storiche preponderanti ! L ' atteggiamento di troppi socialisti eminenti di fronte al fenomeno fascista nascente , fu o buddistico o stoico . Essi allargarono le braccia desolatamente e si disposero al martirio , convinti che poco o nulla vi fosse da opporre all ' avanzarsi del fato che avevano analizzato in tutti i suoi elementi componenti . Essi avevano già razionalmente giustificata la loro sconfitta , quando gli altri non si illudevano neppure di vincere . È tanto facile rassegnarsi alla sconfitta quando essa pare venire dalla « forza delle cose » , dalla « immaturità di sviluppo capitalistico » , dalla « fase di necessaria crescenza borghese » , ecc . ecc . E quando queste formule reggono poco , allora serve egregiamente l ' hegelianesimo di basso rango con la sua razionalizzazione del reale , di tutta la realtà , anche di quella realtà che , contraddicendo alla legge intima dello sviluppo storico , dovrebbe espellersi dalla realtà . Di nuovo torna opportuno il paragone col cattolico . Il credente colpito nell ' affetto dei suoi cari attribuisce la prova anche la più atroce a segreti motivi del Signore . Allo stesso modo parla il materialista storico che si inchina al Dio tenebroso del capitalismo . Soprattutto grave è la costante sottovalutazione che i marxisti fanno delle ideologie e dei cosiddetti fattori « irrazionali » ( le passioni ) . Basti riflettere al grado veramente notevole con cui il nazionalismo resiste alle necessità economiche . In tempi di bonaccia il danno di cotesta sottovalutazione è relativo ; ma in tempi dinamici , di crisi o di rivoluzione , le conseguenze possono essere decisive . La vita politica si trova allora come in stato di incandescenza e si presta ad essere plasmata nei sensi più contraddittori , appunto per il ruolo immenso che vi giuocano gli elementi « irrazionali » . Al materialista storico ciò normalmente sfugge , talché finisce per giungere a un apprezzamento erratissimo delle forze in giuoco . Ciò si verificò in modo tipico agli inizi del movimento fascista . I primi nuclei fascisti non si può dire che si muovessero per esclusivo interesse o suggestione di classe , e neppure erano composti da soli borghesi . Erano gruppi di spostati , di allucinati , di idealisti ( di criminali anche ) , in preda a un delirio patriottardo e romantico . Solo più tardi essi diverranno strumento della reazione agrario ­ plutocratica . I materialisti storici ( o presunti tali ... ) , abituati a commerciare con l ' uomo ­ tipo , il processo storico ­ tipo , le cause prime e le grandi onde del moto storico ; accostumati a considerare le idee come travestimenti degli interessi e rapporti di classi , non si resero conto della forza autonoma e potentissirna che la passione , bella o brutta che fosse , destava negli animi dei loro rivali . Non intesero che nell ' urto non è tanto il grado di consapevolezza critica che conta , quanto la spontaneità , la forza viva , la interna persuasione , lo spirito attivo di lotta e di sacrificio . Così avvenne che mentre da un lato si potenziava sino all ' inverosimile la forza esplosiva del movimento fascista , dall ' altro prevaleva nei dirigenti una mera capacità critica . Tra i lottatori e gli storici la partita non fu dubbia : vinsero i primi . In conclusione , l ' affidarsi che i socialisti fanno alla bussola storico ­ materialista è una ingenua illusione e una contraddizione . Illusione , perché con essa , nella migliore delle ipotesi , si potrà tracciare una generalissima linea di sviluppo avente riguardo alla vita non di una ma di molte generazioni ; e sempre la si dovrà accompagnare da fortissime riserve , non fosse altro perché nessuno è in grado di stabilire quali saranno i futuri sviluppi della tecnica , e quindi i caratteri del « sistema produttivo » . Ogni previsione che noi faremo , essendo una mera proiezione nel futuro delle condizioni attuali , che certamente si modificheranno , è errata . Nel migliore dei casi il fedele lettore della bussola storico ­ materialistica riuscirà a tracciare una rotta virtuale , non una rotta reale : quella rotta cioè che la società eseguirebbe rebus sic stantibus , con questo grado di tecnica , di rapporti sociali , cultura , ideologia , sensibilità , ecc .. Quindi una previsione generica ed errata incapace di fornire serio aiuto nell ' azione concreta . E magari fosse sempre una proiezione del presente nel futuro ! Che troppo spesso invece si tratta di una proiezione del passato nel futuro , di quel passato sulle cui esperienze Marx , ottanta anni fa , costruì il suo sistema e le sue previsioni . Ma l ' affidarsi alla bussola storico ­ materialistica è per dei socialisti anche una contraddizione . Essi vorrebbero portare una coscienza tutta critica e razionale nel moto , e nel metodo che presiede al moto , e non nel fine . Il quale fine , il socialismo , postulano sentimentalmente e spesso in modo affatto dogmatico in base a un principio di fede . Se vogliono applicare una visione critica comincino coll ' applicarla al fine , e poi al metodo . Scomodare tutta la filosofia per decidere questioni pratiche che l ' empiria e il buon senso son chiamati a risolvere , salvo poi guardarsi bene dal conservare questa coscienza critica quando si tratti dei massimi problemi finalistici del socialismo , è un grottesco bello e buono . Ma il colpo di grazia alle posizioni del socialismo marxista non è venuto peraltro dalla teoria . In teoria tutte le tesi , anche le meglio fondate , sono opinabili ; e tutte le soluzioni possono riuscire accettabili . Quand ' anche fossimo riusciti a dimostrare in modo categorico che il revisionismo ha rotto il legame logico tra socialismo e marxismo , vi sarà pur sempre chi , attraverso esegesi abili e sapienti , tenterà di sostenere il contrario . Ma la rude smentita è venuta invece dalla pratica , dalla progressiva erosione di due miti che stanno alla base di tutta la propaganda marxista e che ne hanno costituito la ragione massima di successo : 1 ) il comunismo imposto da una inderogabile necessità del sistema produttivo , conclusione fatale delle contraddizioni e delle crisi che minano l ' organismo capitalistico ; 2 ) il comunismo considerato come il solo assetto sociale capace di assicurare , per il suo razionale ordinamento produttivo e distributivo , un immenso aumento di produttività e di benessere , sottraendo l ' umanità alla schiavitù dei bisogni materiali . Il primo mito è stato fortemente intaccato dalle profonde trasformazioni subite dal capitalismo dai tempi di Marx ai giorni nostri . Il secondo dall ' accumularsi di una serie grandiosa di esperienze operaie in sede economica e politica . La razionalizzazione capitalista , da un lato , e la esperienza russa dall ' altro , non hanno fatto che accentuarne l ' erosione . Cominciamo dal primo . Marx aveva fissato nelle sue opere una fase tipica dello sviluppo capitalistico : la fase anarchica ed esplosiva degli inizi , come si disegna in Inghilterra : con l ' individualismo sfrenato , la libera concorrenza , il feroce sfruttamento della manodopera . In questa fase la produzione è terribilmente sregolata , il sistema di fabbrica funziona con sprechi e attriti enormi , a prezzo di sofferenze inenarrabili delle masse spogliate violentemente dei loro mestieri e strumenti di lavoro , ridotte al rango di merce , vittime delle crisi economiche ricorrenti e di una disoccupazione che appare una necessità funzionale del capitalismo . L ' errore di Marx fu di aver scambiato il prologo con l ' intero svolgimento , di aver prolungato nel tempo fenomeni transitori , di aver fatto dell ' immiserimento progressivo delle masse e della accumulazione della ricchezza in poche mani la « legge generale e [ assoluta » dell ' accumulazione capitalistica , compromettendo l ' intera sua concezione con un apriorismo teoretico e con lo schematismo dialettico caro agli hegeliani . Il capitalismo riuscì difatti a superare la posizione senza uscita a cui sembrava condannato . Il movimento operaio , la legislazione sociale , le infinite forme di intervento della società posero fine , nei paesi più progrediti , agli abusi più rivoltanti ; il perfezionarsi della produzione e della mentalità capitalistica dimostrò che l ' incremento del profitto chiedeva operai più qualificati , meglio nutriti , meglio pagati , capaci , oltreché di produrre , anche di consumare le sempre più gigantesche masse di prodotti che inondavano i mercati ; le società per azioni democratizzarono , entro certi limiti , il capitale , e le coalizioni capitalistiche reagirono ai danni di una produzione affidata al capriccio del profitto e del criterio individuale . Dalla politica di astensione dello Stato in materia economica si passò , per gradi insensibili , a una politica di intervenzionismo intenso e progressivo : nazionalizzazione di servizi pubblici essenziali ( ferrovie , poste , banche , assicurazioni , ecc . ) , controllo sui prezzi di molti generi ( illuminazione , pane , acqua , alloggi , ecc . ) , controllo su mercati , corpi professionali , commercio estero , premi e sovvenzioni , espropriazioni per pubblica utilità , lavori pubblici , regolamentazione coattiva dei salari e delle condizioni di lavoro ... fu tutto un fiorire di iniziative da parte degli enti pubblici di cui non si possiede una idea adeguata . Tipica l ' esperienza dell ' Inghilterra , Mecca del liberismo individualistico . Abbiamo là attualmente un servizio grandioso di opere sociali che assorbe quasi metà del bilancio , sussidi ai disoccupati e ai proprietari di miniere , tariffe doganali , fissazione di salari , ecc . ; un complesso di imprese per 315 miliardi di lire , equivalenti a due terzi circa del capitale totale delle grandi imprese inglesi , fa parte ormai delle imprese nazionalizzate , seminazionalizzate o controllate dallo Stato . Ma ancora più caratteristico è il processo che ha condotto - - nei più importanti rami industriali - - alla sostituzione delle imprese private individuali con le grandi aziende anonime , gigantesche coalizioni di capitali e di competenze , collegate tra loro da nessi orizzontali o verticali ( trusts , cartelli , ecc . ) su scala internazionale , costrette assai più spesso di quanto non si creda a ricercare l ' aumento del profitto nella riduzione dei costi attraverso la produzione in massa e il progresso vertiginoso dei metodi produttivi . In America soprattutto il processo di razionalizzazione economica ha assunto in questi ultimi anni un ritmo così accentuato da eliminare i peggiori effetti della concorrenza sfrenata e dell ' atomismo , realizzando un livello altissimo di produttività . Il vecchio argomento marxista contro gli sprechi colpevoli del capitalismo ha perduto , con questi progressi , buona parte della sua presa . La produttività raggiunta da molte imprese americane o germaniche è tale che difficilmente è concepibile possa superarsi con forme statali o collettivistiche di gestione . Si pensi ad esempio ad una socializzazione brusca dell ' industria chimica tedesca . Il massimo sperabile da una socializzazione sarà di poter mantenere inalterato il livello della produzione e il ritmo del progresso . I salari operai beneficierebbero solo di quella parte del profitto che non viene reimpiegata nell ' industria e che si dirige a consumi voluttuari . Certamente questo processo di riorganizzazione cui è stata costretta la grande industria capitalistica conferma la acutezza di molte critiche marxistiche , e in genere di tutte le scuole riformatrici del secolo scorso , al regime anarchico della concorrenza , e rappresenta un notevole pas so verso una produzione razionale non più dominata dal cieco egoismo di una infima minoranza ; ma appunto perciò è fatale che perdano in efficacia ed attualità le adusate requisitorie di Marx , al pari della sua concezione del moto socialista che da quella anarchia capitalista , dichiarata inguaribile , prendeva le mosse . Le stesse esperienze della guerra e del dopoguerra hanno capovolto le previsioni marxiste . La rivoluzione sociale è scoppiata nel paese più arretrato , la Russia ; mentre il paese più progredito , gli Stati Uniti , superava la crisi col minimo di scosse . Altro esempio , l ' Inghilterra : da dieci anni un decimo della sua popolazione lavoratrice è disoccupata . Fenomeno mostruoso , che ai tempi di Marx avrebbe provocato il caos sociale , o un tentativo di rivoluzione espropriatrice . Invece nulla di tutto ciò . L ' alto tenore di vita della popolazione - - cioè la emancipazione dal margine di sussistenza che Marx negava potesse effettuarsi - - ha permesso all ' Inghilterra di fronteggiare la crisi . Questo non toglie che il regime capitalistico riveli tuttora gravissimi inconvenienti e non solo dal lato economico : la guerra e le lotte di classe sono ombre fosche nel quadro . Ma bisogna abituarsi a considerare l ' insieme del quadro , e non solo le ombre . Ora invece la mentalità dei marxisti è troppo dominata dal pregiudizio critico : essi inevitabilmente ricercano nel mondo moderno solo gli aspetti negativi che permettano di confermare il pessimismo di Marx . Si veda ad esempio la loro attitudine di fronte al fenomeno della razionalizzazione . Essi non si rendono conto che le forme veramente progredite del capitalismo tecnicizzato e razionalizzato non sono ormai molto lontane dalle forme che assumerebbe un socialismo applicato all ' industria . Le differenze non stanno più ( come in Marx ) nella sfera della produzione , ma in quella della distribuzione e della morale . La razionalizzazione capitalista contiene in sé molti elementi di quella socialista ; le distanze , grandissime nello spirito e nelle intenzioni , si attenuano assai nei pratici risultati . Oggi è possibile concepire che il passaggio dall ' una all ' altra si compia con processo graduale e pacifico : con un processo che , salvando i pregi ormai assicurati dell ' una , li rafforzi progressivamente coi pregi dell ' altra . Ma perché il processo si compia occorre che i socialisti abbandonino la vecchia posizione aprioristicamente critica e prendano seria nota della nuova realtà capitalistica . Per chi anela ad un compito costruttivo è un errore pericoloso l ' ostinarsi a contrapporre una forma sociale pura , ideale ( la società socialista ) ad una forma tutta e solo applicata ( la società capitalista attuale ) . Per definizione tutte le forme pure sono superiori alle applicate . In teoria anche il liberismo assoluto - - la armonia newtoniana degli egoismi individuali , celebrata da Bentham - - è capace di assicurare il maximum di benessere collettivo . Bisogna passare dalla teoria alla realtà e rassegnarsi alle inevitabili delusioni . La vita è ricolma di attriti e di incognite , e non produce che valori relativi . La forma sociale ideale cui si riferiscono i socialisti marxisti scaturì per contraccolpo critico e sentimentale dalle analisi delle deficienze e delle miserie morali e materiali di una fase superata del capitalismo nei paesi più progrediti . Nella misura in cui il capitalismo ha risolto i problemi e le contraddizioni segnalate da Marx , o ha realizzato postulati della scuola socialista , la critica marxista è superata . Cento anni fa il quadro di una produzione razionalizzata , sottratta al capriccio degli egoismi individuali , era altamente suggestivo . Oggi , di fronte alla razionalizzazione delle grandi industrie capitalistiche , il fascino è immensamente diminuito ; e solo l ' affezione a vecchi luoghi comuni e la ignoranza della nuova realtà economica può conservarlo agli occhi dei socialisti europei . In una discussione tra Marx e un filatore di cotoni del Lancashire o un produttore di caldaie di Birmingham , Marx avrebbe riportato indubbiamente la palma . Nonostante le esagerazioni , lui e non il suo avversario precorreva i tempi ed era sulla linea del progresso economico . Ma immaginate oggi un marxista ortodosso alle prese con Ford e sentirete come tutte le sue rivendicazioni e requisitorie nell ' ordine produttivo si spuntino contro le realizzazioni di Ford . Il marxista si trova infatti costretto a spostare la sua requisitoria sul piano dei fattori morali , a ri vendicare , contro la spaventosa uniformità e la disciplina livellatrice di una produzione standardizzata , i valori qualitativi , i fattori morali , i diritti all ' autonomia e alla intelligenza degli operai ; a farsi , in una parola , liberale , a risuscitare le vecchie formule del socialismo utopista e della rivolta libertaria . L ' ironia della storia non ha mai fine ... ! La grande debolezza dei socialisti contemporanei consiste appunto nel restare tetragoni all ' evoluzione della realtà , nel riferirsi sempre , anche nella illustrazione della loro forma ideale di società , ad elementi di fatto superati , nell ' impiegare vecchie e consunte argomentazioni che hanno ben scarsa presa sulla realtà della vita economica moderna . Bisogna si convincano che i vecchi latinetti sulla superiorità indiscutibile di una produzione sottratta allo stimolo del profitto non bastano più . Bisogna che scendano all ' analisi dettagliata e adeguino le soluzioni ai problemi , gli ideali ai fatti . Bisogna infine che prendano atto dele infinite esperienze operaie che si sono compiute in questi decenni , e soprattutto della esperienza russa . In Russia , dodici anni dopo la rivoluzione , si è raggiunto a malapena il livello di produzione prebellica nell ' industria ; mentre in agricoltura la produzione vi resta ancora inferiore . Anche nelle aziende industriali meglio organizzate siamo lontanissimi dai livelli di produttività e di retribuzione delle corrispondenti aziende nei paesi capitalistici . La psiche operaia non è certo mutata - - per confessione stessa dei Soviet - - con la rapidità desiderata e prevista , tanto che dopo un primo periodo di rigida applicazione delle formule comunistiche , si è stati costretti a ristabilire buona parte del vecchio meccanismo disciplinare , con le conseguenti differenziazioni gerarchiche e salariali . Ci si è dovuti convincere , insomma , che la previsione ottimista dei vecchi socialisti potrebbe avverarsi solo se la sua realizzazione dipendesse dall ' opera di quelle esigue minoranze nelle quali la trasformazione delle aziende da private in sociali determina il sorgere di uno squisito senso di responsabilità , di quel senso che gli anglosassoni chiamano del « servizio sociale » . Ma le sorti della produzione dipendono invece dal livello medio di sensibilità e capacità delle grandi masse : livello che si modifica con estrema lentezza , attraverso una profonda e diuturna opera di educazione . Del che d ' altronde fanno riprova le molteplici interessantissime esperienze italiane in materia di cooperazione rurale . Per dieci esperimenti fortunati , dieci almeno fallirono . E i dieci che riuscirono , riuscirono per meravigliosa abnegazione di dirigenti , attraverso sforzi e sacrifici di decenni , ai quali tutta indistintamente la massa fu chiamata a partecipare . Dopo la esperienza russa non è più permesso a un socialista di considerare la razionalizzazione socialista con gli occhi ingenui ed utopisti di un tempo . Essa chiaramente rivela - - anche indipendentemente dalla dittatura - - quale enorme peso vi abbiano gli elementi politici e psicologici . Il piano quinquennale russo è dominato dal criterio tutto politico di favorire l ' industria , e con l ' industria lo sviluppo del proletariato , nerbo del regime , a danno dell ' agricoltura e della immensa maggioranza della popolazione . I prezzi dei prodotti industriali sono fissati a un livello artificiosamente superiore a quelli agricoli , così da grandemente ridurre la capacità d ' acquisto dei ceti rurali . La stessa ripartizione delle risorse è fatta con criteri politici , in vista di uno sviluppo dell ' industria pesante e delle risorse di materie prime . Mai più deliberatamente si sacrificarono gli evidenti interessi dell ' economia a un dogma politico ; e mai più artificiosamente si costruì un conflitto che ha bene il diritto di chiamarsi di classi . Il contadino non è più sfruttato dal grande proprietario terriero , a cui doveva consegnare una parte del raccolto ; ma oggi quella parte del raccolto la deve consegnare ai rappresentanti dello Stato e dei ceti urbani , sotto forma di una brutale riduzione del suo potere d ' acquisto . Dalla esperienza russa - - esperienza comunque fondamentale per la storia del socialismo mondiale - - sgorga una grande lezione che nessuno potrà contestare : e cioè che una rivoluzione violenta e uno sconvolgimento subitaneo dell ' intero sistema produttivo , se consente apparentemente di riedificare ex novo l ' organizzazione produttiva in base a un principio razionale , porta di conseguenza una tremenda crisi , tanto più tremenda quanto più sviluppato e perfezionato è il meccanismo finanziario e industriale , che impone sacrifici e sofferenze senza nome alla generazione rivoluzionaria . Il Paradiso è vietato alla generazione rivoluzionaria . Essa lavorerà e si sacrificherà per i figli . Ma - - e qui sta il punto cruciale - - la massa proletaria in Russia è andata incontro ai sacrifici coscientemente ? Quando gli operai conquistarono le officine intuivano che cosa li avrebbe attesi ? E se lo avessero intuito , se avessero avuto dinanzi ai loro occhi - - come hanno invece oggi gli altri proletariati dopo la loro esperienza - - il quadro inenarrabile delle sofferenze avvenire avrebbero sostenuto attivamente il movimento rivoluzionario , il partito della socializzazione integrale e subitanea ? Per rispondere sì , bisogna ammettere che la classe operaia russa fosse dotata di una sublime forza morale , di una eroica volontà di immolazione - - propria in genere solo di pochi spiriti privilegiati - - , avesse insomma aderito ad una concezione della vita risolutamente antitetica a quella che instilla il marxismo . Il che torna a dire che dopo l ' esperienza russa non sarà più consentito ai facili propagandisti della rivoluzione di muovere e commuovere le masse con la visione del paradiso comunista a portata di mano . Dovranno ripetere il proclama di Garibaldi innanzi Aspromonte - - io vi prometto fame , dolori , morte - - e , abbandonando la vecchia piattaforma marxista , fare appello prima e soprattutto alle idealità morali . CAPITOLO V IL SUPERAMENTO DEL MARXISMO Il titolo del capitolo non deve trarre in inganno . Quando noi diciamo che Marx è superato non intendiamo davvero dire con questo che nulla rimanga di vivo e di vitale del suo pensiero . Al contrario . Nessuno può sognarsi di patrocinare un totale quanto assurdo rinnegamento di Marx , per un ritorno all ' utopismo , o a correnti solidaristiche , o a teorie storiografiche , giustamente obliate per il loro formalismo . L ' esperienza secolare del moto proletario non si cancella . Il figlio si emancipa , ma non può rinnegare il proprio padre . I socialisti moderni sono figli di Marx , anche se oggi si rifiutano di ricevere la sua eredità senza un larghissimo beneficio d ' inventario . Dirò di più e cioè che non si concepisce oggi un uomo moderno , dotato cioè del senso vivo dei problemi del suo tempo - - che non sia , entro certi limiti , marxista ; che non abbia fatte proprie , sangue del suo sangue , tutto un insieme di verità che , se al tempo di Marx potevano apparire giustamente rivoluzionatrici , sono oggi quasi banali tanto sono acquisite alla scienza e coscienza moderna . Così la importanza preminente riconosciuta alle forze economiche e , tra queste , alle forze di produzione e loro organamento ; gli stretti legami esistenti tra sistema produttivo e rapporti sociali , e conseguente loro relatività storica ; lo sviluppo organico del modo di produzione e la impossibilità di saltare fasi essenziali dello sviluppo economico ; il progressivo prevalere del macchinismo e dell ' industrialismo ; la realtà delle lotte di classe , la parte che queste lotte hanno avuto per il passato , l ' avanzarsi del proletariato per effetto dello sviluppo capitalistico e la preminenza del contrasto tra capitalisti e proletari , il frequente modellarsi delle ideologie sulla base degli interessi di classe o di ceto , ecc . In fondo il più vero trionfo di Marx sta proprio qui : nell ' aver permeato del suo pensiero , del suo prepotente realismo tutta quanta la scienza sociale moderna ; di contare tra i suoi scolari i suoi stessi più acerrimi avversari , di veder trattati come luoghi comuni molte delle sue intuizioni divinatrici . Fatte le debite proporzioni , si può dire che egli occupi nella scienza sociale il posto di Kant nella filosofia . Come dopo Kant , così dopo Marx talune posizioni sono superate per sempre e l ' indirizzo degli studi subisce una svolta decisiva . Ma c ' è più uno storico che possa scrivere di storia senza tener sempre presenti e le forme della produzione , e il grado della tecnica , e i rapporti economici , e la struttura della classe ; cioè senza rintracciare , oltre gli aspetti politici , morali , religiosi , quella che Marx chiamava la struttura economica ? E c ' è più un politico che possa prescindere dalla sua visione realistica e dialettica della vita sociale , e veramente illudersi di chiudere , col sussidio di declamazioni solidaristiche e di repressioni poliziesche , le cateratte della lotta o delle lotte di classe ? Anche la reazione antiproletaria , oggi , si fa nello spirito di Marx , cioè con una ben più perfetta conoscenza delle forze che si vogliono incatenare . E la polemica politica è ancor oggi intessuta per tre quarti intorno a posizioni che del pensiero di Marx recano il potente suggello . Ma , ecco il punto , queste verità , appunto perché verità , non possono più dirsi monopolio socialista , e ancor meno possono valere a caratterizzare il moto socialista e a indirizzarlo . Sono verità , e come tali non sono né borghesi né proletarie . Il problema vero per i socialisti non consiste dunque nel rinnegare Marx , ma nell ' emanciparsene . Accettare ciò che è vitale : respingere , apertamente , definitivamente , quanto nel marxismo v ' ha di erroneo , di utopistico , di contingente . Il richiamarsi , che ancora tanti socialisti fanno , a Marx , come al faro supremo che dovrà guidarli , saecula saeculorum , lungo la travagliata rotta negli oceani della storia , è supremamente equivoco ed anacronistico : perché , se intendono richiamarsi agli aspetti più propriamente tattico ­ politici , cioè alla sua specifica teoria del moto e dell ' avvento socialista , non fanno che richiamarsi agli errori già confutati da trent ' anni di critica e , più che di critica , di prassi socialista ; e se intendono invece richiamarsi alla sua teoria centrale del materialismo storico , si richiamano ad una posizione che non è più specificatamente socialista , o , per lo meno , ad una posizione che , per la sua genericità , non è più in grado di fornire una guida precisa nell ' azione concreta . , Marx per primo riderebbe di questa buffa pretesa degli epigoni suoi di voler arrestare la storia della dottrina sociale in genere , e socialista in specie , ai parti del suo cervello : ( egli , che negava anche a Mosè e a Giosuè gli « arresti » più sensazionali della storia ) egli , che fornì l ' esempio più tipico di ribellione contro le posizioni tradizionali , acquisite , del suo tempo . L ' esempio di Marx giovinetto , ecco la migliore difesa contro coloro che ci accuseranno di lesa patria marxista . È proprio a lui , alla sua prosa corrosiva , alla sua feroce intransigenza , che si deve il disprezzo tuttora imperante per tutte le correnti socialiste non marxiste ( e quel sistema così settario e violento di combatterle che così bene hanno ereditato i comunisti . Nessuno , mai , fu più crudele , dimentico , ingiusto di lui . ) Dopo aver pescato a larghe mani nei suoi predecessori e nei suoi rivali , non esitò , pur di imporre il suo deciso superamento , ad ingigantire le antitesi , a raddoppiare in violenza polemica , affinché in un deserto colmo solo di macerie , meglio sovrastasse in tutto il suo splendore il suo scientifico edificio . [ Che tutto ciò sia umano è comprensibile ; che , in fin dei conti , in un uomo del suo genio questo orgoglio prepotente ed esclusivo sia stato magari utile , è possibile ammettere ; ma che proprio s ' abbiano a prendere ancora per oro colato tutte le sue fantasie e bizze e ripicchi e incomprensioni di polemista malizioso , è stupefacente . In Europa , per fortuna , non tarda a disegnarsi una reazione ; e l ' amore per Marx non è più un amore cieco e va anzi trasformandosi in un lento ma inesorabile distacco . Ma in Italia l ' adorazione per lui , almeno sino a pochi anni or sono , faceva il paio con quella per la Vergine di Pompei o la reliquia di san Gennaro ; né mancava chi pretendeva che l ' ampollina marxista avesse a bollire eternamente , in ogni caso ed occasione , quando dentro ormai c ' era rimasto ben poco di bollibile ... Quanti giovani ho io conosciuto che senza conoscere l ' abc dell ' economia politica si perdevano ancora nei garbugli della teoria del valore ; o che allo studio della realtà attuale preferivano l ' esegesi sottile degli infiniti e contraddittori passi dell ' opera marxista o che tutto il loro studio ponevano nell ' ereditare non il suo spirito ma il suo stile , fatto di opposizioni saisissantes e di giudizi tranchants ... Ma ciò , speriamolo , appartiene ormai al passato . Concludendo : il Marx socialista è un Marx confutato nella teoria e progressivamente abbandonato nella pratica ; esso appartiene a una fase certo essenziale ma oltrepassata nella storia del movimento socialista . ] Il suo pensiero costituisce uno dei filoni - - forse il più prezioso - - del sottosuolo intellettuale socialista ; e sui suoi dati ci sarà sempre chi continuerà a costruire ; ma non può più aspirare a quella posizione esclusiva e monopolistica che lo contraddistinse sino ai giorni nostri . Egli ha fatto fare al moto socialista il primo gigantesco passo , avviandolo sulla strada maestra della politica , fornendogli la piattaforma di partenza , additandogli la materia prima , gli strumenti e la tattica essenziali . Il triplice denominatore tattico dei partiti socialisti - - lotta di classe , autoemancipazione proletaria , conquista del potere politico - - Marx più d ' ogni altro agitatore contribuì a diffonderlo . Ma la sua resta pur sempre una posizione di partenza : richiamarsi ancor oggi a lui è avvolgersi in un cerchio chiuso , arrestando il processo storico a uno stadio superato . Il marxismo fu la pedagogia elementare del proletariato , la dottrina appropriata per la sua infanzia tormentata , quando il porro unum et necessarium consisteva nel risveglio delle masse abbrutite e derelitte . Indubbiamente esso rispondeva in modo mirabile a quelle esigenze preliminari . L ' edonismo , il materialismo , l ' utopismo che tutto lo penetrano , riflettevano esattamente lo stato materiale e mentale delle masse . Nessun tentativo di forzare l ' angusto ambito in cui la vita della massa era costretta ; nessuno sforzo di spalancarle più vasto e adeguato orizzonte spirituale ; ma , al contrario , assunzione in pieno della forma mentale proletaria , teorizzazione ed estensione all ' universale degli interessi e degli stati d ' animo proletari , linguaggio visuale sensibilità proletari . Le due faccie dell ' animo vergine e ribelle delle folle - - indistinta religiosità e appetiti materiali - - trovavano pieno riconoscimento nella dottrina . Da un lato una visione mitica , apocalittica , col balenio di una società felice e ricca , senza lotte e senza storia . Dall ' altro un brutale realismo di premesse , una critica spietatamente negativa di un mondo già segnato dal fato . Elementi tutti che concorrevano ad accrescere il senso dell ' oppressione e quindi della ribellione . Sappiamo , sì , che nella mente dei dioscuri la sollevazione proletaria acquistava un valore altissimo e simbolico , talché essi usavano parlare negli anni giovanili di un proletariato erede della filosofia classica tedesca , cioè di un proletariato che nel suo moto di emancipazione avrebbe progressivamente realizzata l ' idea di libertà . Ma questa loro posizione era comprensibile solo a piccole minoranze di iniziati , non mai alle masse . Dileggiando tutte le categorie dell ' etica , sconoscendo i problemi della coscienza , rinviando i problemi di educazione all ' indomani della rivoluzione ( cioè della trasformazione ambientale ) , negando financo un principio di libertà , il marxismo precludeva alle masse ogni slancio idealistico , ogni sforzo di perfezionamento interiore , ogni capacità di intuire in un ordine più elevato il vaticinato paradiso . Coloro che si ostinano a contestare il carattere intrinsecamente materialistico , deterministico , edonistico del marxismo , e si dànno a ogni sorta di sforzi interpretativi per dimostrarci che l ' umanismo marxista lascia posto ad una valutazione etica , bisogna bene riconoscano che per lo meno nella propaganda la posizione marxista corre fatalmente alla degenerazione : l ' inevitabile equivoco che si stabilisce tra propagandista e propagandati fa sì che questi ultimi , nonostante tutte le riserve e gli avvertimenti , valorizzino , nel corpus dottrinario marxista , soprattutto gli aspetti più volgari , unilaterali ed erronei che più facilmente si riconnettono alla loro sensibilità inferiorizzata ; cioè quelle famose « scorie » ( determinismo economico , catastrofismo , teoria del plusvalore ) che i revisionisti invano si sforzano di eliminare . Basta avere assistito a conferenze di propaganda marxista per comprendere qual sorte sia riserbata ad esempio al meschino che si proponga di spicciolare una concezione così cerebrale e complessa come la teoria della prassi che si rovescia . Io vi assistetti e ne rimasi erudito . Ora è chiaro che il marxismo che a noi veramente interessa , non è il marxismo più o meno puro di una eletta di iniziati , ma quello spurio dei gregari . Ciò che conta , in ultima analisi , è quel tanto di verità , di stimoli , di idealità , che si riesce , con l ' ausilio di una dottrina , a far giungere a una massa . Il marxismo non è la dottrina della contemplazione platonica . È la dottrina del moto proletario . E , come tale , deve far fronte alla psicologia , ai bisogni , e alle deficienze proletarie . Che importa a me , dopo tutto , che le quattordici glosse al Feuerbach o la Critica alla filosofia del diritto di Hegel siano l ' antitesi della posizione meramente materialistica e fatalistica e schiudano l ' orizzonte del filosofo ai più aurei campi della speculazione ? Che importa ? Le masse leggono e intendono il Manifesto , non le glosse . E il Manifesto si spiega da sé , senza tanti commenti . E chi infine cercasse di presentare il Manifesto attraverso la mediazione delle glosse , compirebbe opera vana . Marx depennato del catastrofismo , del determinismo , del profetismo , non è più mezzo di propaganda , ma oggetto di studio . Il Manifesto seduce cento volte di più le masse di tutti i libri esegetici ed equilibristici dei marxisti revisionisti , in cui a forza di dialettica delle cose , di praxis capovolgentesi , di naturalismo antropologico - - concezioni intravasabili , impropagandabili , generiche , incerte - - il bel mito a portata di mano si dissipa come neve d ' agosto ... Insomma il marxismo non è più ai giorni nostri una forza benefica . Fu un tempo l ' unica leva efficiente per sottrarre la povera gente al suo passivismo e incanalarla in un civile organico moto di liberazione . Ma oggi la sua influenza si è fatta deviatrice e diseducatrice . Deviatrice , perché aggancia le fantasie e i cervelli ad una realtà di fatto superata ; diseducatrice , perché fa appello ad una concezione volgare della vita , a moventi d ' ordine inferiore - - tipici di masse cui sia ancora preclusa ogni luce spirituale - - in antitesi assoluta a quelli che una società socialista presuppone . Evocato il demone utilitario , non riesce a scacciarlo : più se ne vale e più schiavo si fa . Il demone corrompe i proletari , annulla gli sforzi liberatori , imborghesisce - - nel senso peggiore della parola - - il movimento imprigionandolo progressivamente nelle posizioni avversarie . Henry De Man , nel suo celebre libro Au delà du marxisme ha dato di questa nemesi un quadro che non potrebbe essere più suggestivo e potente . In verità si potrebbe applicare alla ideologia marxista il suo principio della praxis che si rovescia . Anche essa ideologia , un tempo elemento di propulsione , si è andata trasformando in ostacolo e in freno . La filosofia marxista - - proclama De Man - - non è che il risultato dello stato sociale proletario , l ' indice della sua inferiorità e della sua soggezione allo spirito del capitalismo . L ' etica marxista - - in realtà inesistente , ché di etica ve n ' è una sola , senza aggettivi : l ' etica di Socrate , di Cristo e di Kant - - non è che l ' etica liberale ( utilitaristica ) fondata sull ' homo oeconomicus . La religione mascherata del cinismo e del materialismo proletario non è che un capitalismo di segno contrario . I marxisti non hanno mai capito che il rafforzamento del movente economico , cui conduce fatalmente la loro dottrina , se dapprima ha risposto pienamente al suo ufficio , oggi impedisce la costruzione di una civiltà nuova e porta il movimento alla corruzione . In troppi casi la élite operaia socialista , sotto l ' influsso del materialismo marxista , anziché esser l ' annunciatrice di una civiltà nuova , di nuovi valori culturali , corre il rischio di trasformarsi in una nuova borghesia in potenza , assai in ritardo , quanto a gusti intellettuali , al grosso dell ' esercito borghese . Non voglio dire che a questo risultato ci abbia condotti solo e solamente l ' ideologia marxista . Prima dell ' ideologia sta la bestia uomo , proletaria o borghese che sia , col suo bagaglio triste di debolezze e di miserie . Ma certo la dottrina marxista , via via che il moto socialista passava dalla fase ingenua , utopistica , negativa a quella positiva e realizzatrice , anziché aiutare il proletariato ad innalzarsi spiritualmente e a sprigionare dei valori originali e puri , lo ha rattenuto , impedito , fornendo al suo istintivo grossolano materialismo , un alibi razionale di straordinaria suggestione . Conclusione di questo discorso ? È semplice . Il socialismo deve correggere , pena la paralisi , la sua piattaforma nazionale , materiale , determinista , economicistica . Deve tornare alle origini e ridiscendere nel cuore delle masse e abbeverarsi di nuovo a quella che è la linfa vitale del movimento . Gradualista o rivoluzionario che sia - - ha bisogno di una integrazione etica , di una impostazione volontaristica . Ha parlato sinora quasi esclusivamente di interessi , di diritti , di benessere materiale . Deve ora parlare più spesso di idealità , di doveri , di sacrifici . Si è troppo divinizzato il proletariato , facendone il rappresentante di tutte le più pure virtù ; e troppo semplicisticamente si sono fatte risalire tutte le sue deficienze e miserie alla malvagia organizzazione sociale . L ' uomo allo « stato di natura » di Rousseau è diventato , nel secolo XIX , il « popolo » di Mazzini e il « proletariato » di Marx . Il « proletariato » è assurto al rango di categoria filosofica ; la Storia è diventata un epico poema in cui l ' eroe proletario abbatte il mostro borghese ; i proletari sono apparsi tutti naturalmente buoni e giusti , corrotti solo dall ' ambiente e dalle ingiustizie sociali . Ragionando per astrazione si è perso il contatto con l ' umanità concreta , coi viventi proletari . Accanto alla organizzazione sociale - - senza dubbio grandemente responsabile - - si è dimenticato che la imperfezione , limitatezza , debolezza del proletario , prima e indipendentemente da ogni stato sociale o divisione di classe , deriva dalla sua qualità di uomo . L ' homo homini lupus ha radici ben più profonde di quel che non supponga l ' ingenua psicologia marxista ignorante tutti i problemi di coscienza e di educazione morale . Illusione che lo si possa vincere sul solo piano esteriore , con riforme puramente ambientali . Il marxismo , facendo delle formule deterministiche - - che voglion l ' uomo in funzione dell ' ambiente - - la base di tutta la sua propaganda , ha finito per non vedere che il problema dei mezzi e delle trasformazioni materiali , e ha così troppo spesso scambiato i mezzi coi fini , compromettendo o annebbiando quello che è l ' autentico finalismo socialista . Da cinquant ' anni in qua tutto il socialismo sembra risolversi nel dogma socializzatore . Tanto di socializzazione e tanto di spirito socialista . Non si vuole ammettere il dubbio che possa darsi socializzazione senza che necessariamente ne segua la trasformazione psichica e morale . Eppure non v ' è più socialista e anche comunista che seriamente pensi alla possibilità di una integrale soppressione della proprietà privata nell ' ordine della produzione . Ma tant ' è , si continua a ripetere la formula mitica quasi contenga in sé racchiuso l ' ideale supremo . Come per il fine , anche per il mezzo . Come il socialismo si è risolto nella socializzazione , così il moto socialista si risolve troppo facilmente nel principio della lotta di classe , in cui si sostanzierebbe , secondo taluni , tutto il processo di emancipazione proletaria . Anche qui si è scambiato un principio tattico di indubbio valore pedagogico e strumentale con l ' essenza del moto che sta in qualcosa di più profondo e positivo che non sia l ' opposizione , la lotta , sia pur consapevole . Si è rinserrato il più gran moto di massa della storia entro il quadro limitato di una breve esperienza storica eternandone i dati e motivi contingenti ; e non ci si è avvisti che il gran fiume plebeo , nel suo avanzare verso la foce arricchito da sempre nuove correnti , non è più in grado di scorrere negli angusti limiti del letto antico . Occorre . insomma , una riaffermazione libera , alta e schietta della essenza della idealità socialista , fuori da ogni pregiudizio di scuola e di metodo . Il socialismo non è né la socializzazione , né il proletariato al potere e neppure la materiale eguaglianza . Il socialismo , colto nel suo aspetto essenziale , è l ' attuazione progressiva della idea di libertà e di giustizia tra gli uomini : idea innata che giace , più o meno sepolta dalle incrostazioni dei secoli , al fondo d ' ogni essere umano ; sforzo progressivo di assicurare a tutti gli umani una eguale possibilità di vivere la vita che solo è degna di questo nome , sottraendoli alla schiavitù della materia e dei materiali bisogni che oggi ancora domina il maggior numero ; possibilità di svolgere liberamente la loro personalità , in una continua lotta di perfezionamento contro gli istinti primitivi e bestiali e contro le corruzioni di una civiltà troppo preda al demonio del successo e del denaro . [ Ma - - si dirà - - tutto ciò non è socialismo . Il socialismo vuole l ' abolizione delle classi e l ' uguaglianza economica . Qui invece , per superare il marxismo , si scivola nel vago , si riesumano delle posizioni estrose , non si fissa che una sola cosa : delle tendenze . Non abbiamo nessuna difficoltà ad ammettere che la posizione sopra illustrata non permette più la fede ingenua come quella nelle invariabili repubbliche o città del sole . L ' adepto di questo finalismo categorico e utopistico non può che escludersi dal seno del socialismo . Ma si scomunicherebbe soltanto qualche infelice non conformista , o non piuttosto tutto il socialismo ? Perché questa è la domanda che si pone . Se invece di affidarci a una definizione astratta del socialismo , ci sforziamo di giungervi per induzione sulla scorta di un secolo di esperienze , a quale definizione arriveremo ? Se invece del socialismo analizziamo i partiti socialisti concreti , le organizzazioni concrete , le esigenze e gli stimoli effettivi delle masse , la mentalità dei capi politici e sindacalisti , siamo ben sicuri di poterci riallacciare alla definizione classica del socialismo ? A mio avviso la domanda porta in sé la risposta . Il semplicismo utopistico dei partiti è proporzionale al livello di educazione delle masse . Le masse non potevano destarsi che in virtù di una propaganda estremamente elementare . Ma , attualmente , una gran parte delle masse , almeno in Germania , in Francia e in Inghilterra , si trova in condizioni di potere aderire a una concezione meno primitiva della lotta politica . I comunisti sono oggi ciò che erano i socialisti cinquant ' anni fa , con questa differenza : allora la massa era ineducata ed estremamente miserabile , mentre oggi solo una parte lo è ancora . Nella misura in cui il progresso economico e l ' educazione politica di questa parte , ancora notevole , potranno realizzarsi , il movimento comunista perderà di forza , e il movimento socialista potrà liberarsi dai suoi residui utopistici . ] Anche per i socialisti , l ' ultimo e solo fine appare l ' uomo , l ' individuo concreto , cellula prima e fondamentale ; ovvero la società , ma solo in quanto con questo nome si designi un aggregato di individualità e si abbia riguardo al maggior numero . Ché la società in quanto organizzazione , è mezzo a fine , è strumento al servizio degli uomini , e non di entità metafisiche , siano esse la Patria , o il Comunismo . Non esistono fini della società che non siano , al tempo stesso , fini dell ' individuo , in quanto personalità morale ; anzi questi fini non hanno vita se non quando siano profondamente vissuti nell ' intimo delle coscienze . La giustizia , la morale , il diritto , la libertà non si realizzano se non per quel tanto che si realizzano nelle singole individualità . Uno Stato giusto non è quello le cui leggi si ispirano a un astratto criterio di giustizia , ma quello in cui i suoi componenti si ispirano nella loro attività concreta a una regola di giustizia . Uno Stato libero vuole prima e soprattutto uomini liberi . E uno Stato socialista spiriti socialisti . Io non esito a dichiarare che la rivoluzione socialista sarà tale , in ultima analisi , solo in quanto la trasformazione della organizzazione sociale si accompagnerà ad una rivoluzione morale , cioè alla conquista , perpetuamente rinnovantesi , di una umanità qualitativamente migliore , più buona , più giusta , più spirituale . Il problema che confronta tutti i moti riformatori è proprio tutto in questa alternativa : trasformazione delle cose o delle coscienze ? Il marxismo che , per la sua visione edonistica e deterministica , ha sempre posto in primo piano il problema del mezzo , risponde categoricamente : trasformazione delle cose , trasformazione dell ' assetto produttivo e distributivo . Del fine ultimo quasi si disinteressa . Il suo storicismo combinato col suo utopismo gli fanno teorizzare il mezzo - - la socializzazione - - e dispregiare il fine : l ' umanità . I problemi di educazione e di cultura li rimanda tutti a potere conquistato , a trasformazione avvenuta . Perché allora solo comincerà la vera storia , allora solo si verificherà il famoso passaggio « dal regno della necessità a quello della libertà » , e gli uomini diventeranno padroni della loro storia , che non sarà più storia ma stasi . Prima non v ' è che il problema della lotta e del riscatto , l ' educazione del combattente . Niente di più utopistico e meccanico di questo improvviso rovesciarsi di posizione filosofica che si spiega solo col carattere messianico del profetismo marxista . Ma noi che coi problemi della trasformazione d ' ordine materiale ci troviamo confrontati , noi che vediamo la trasformazione , sia pur lentamente , svolgersi sotto gli occhi nostri , noi non possiamo più aderire a questa soluzione negativa e semplicista e sentiamo tutto il tormento e la attualità dei problemi di moralità e di coltura . La trasformazione delle cose deve procedere di pari passo con quella delle coscienze ; ché ben poco valgono le conquiste materiali , soprattutto quando impongono responsabilità nuove e gravi ai vittoriosi , senza una adeguata preparazione spirituale . In questa reazione al marxismo tutto sta , come è evidente , a non oltrepassare il giusto segno ; a non cadere a nostra volta nelle esagerazioni etiche degli utopisti e dei socialisti cristiani - - spesso inconsapevoli alleati dei ceti reazionari - - che annullarono ogni differenza tra fine e mezzo col ridurre tutta la questione sociale ad un problema morale . Occorre trovare il giusto mezzo , la fusione tra i due punti di vista , l ' equilibrio armonico tra fine e mezzo . Accettiamo la realistica critica marxista della società capitalista , con le riserve che le sopravvenute trasformazioni ci impongono ; ma non dividiamo il suo finalismo e affermiamo la necessità di una integrazione morale che corregga le degenerazioni cui conduce un attaccamento troppo assoluto al canone della lotta di classe . Se in sede politica - - o tecnica - - il problema della distinzione tra mezzo e fine è essenziale , e anzi il successo di ogni movimento dipende dalla esatta scelta dei mezzi , in sede morale la distinzione non ha ragione di essere posta , dappoiché il mezzo si confonde col fine . Il mezzo non solo deve essere conveniente al fine ( problema tecnico ) , ma esserne penetrato . Questo principio , che è l ' abc dell ' idealismo , fu svolto con somma maestria dal Lassalle e , oggi , dal De Man . Esso porta di conseguenza a riconoscere che il principio della lotta di classe - - nel quale , secondo molti socialisti moderni , starebbe tutto il moto socialista - - non è di per sé sufficiente a dare una intuizione del fine ; specie quando predicato in forma troppo assoluta . La universalità del fine , ecco ciò che assicura del valore etico . Ora la rigida contrapposizione di classe può da sola dare ai proletari l ' intuizione del valore universale , etico , del socialismo ? È per lo meno dubbio . Per le masse , non accostumate a queste proiezioni nei cieli della filosofia , è probabile che il linguaggio strettamente classistico determini un abbassamento , una contaminazione del fine . Il concetto di classe sorge in loro più da una comunanza di interessi e di destino , che di ideali . La classe è , nel fatto , qualche cosa di palpabile , di distinguibile dalla umanità tutta quanta . Difficile per chi ne fa parte e partecipa alle sofferenze connesse alla sua appartenenza , idealizzare la classe sino a comprendervi , in uno slancio idealistico , l ' umanità intera . È interessante a questo proposito notare come i laburisti si siano sempre rifiutati di fare della lotta di classe quel punto programmatico assoluto che invece tipicamente contraddistingue i partiti socialisti continentali . Essi non fanno attore il solo proletariato , ma la società , che tutta e in tutte le sue parti si sforzano di trasformare . E ciò tanto più facilmente perché il concetto della separazione di classe non è e non può essere , tra gli inglesi , cosi assoluto come da noi , per il sussistere di un patrimonio religioso e morale comune tra uomini di classi diverse . Il De Man va così oltre nella sua dimostrazione , da negare addirittura l ' importanza del fine ultimo , in sé considerato ; o da riconoscergliela solo per quel tanto che esso fine riesce a vivere attualmente . « È il movente presente , e non il fine futuro - - egli scrive - - il solo decisivo . Ciò non implica nessuna negazione del fine finale ; perché questo , per quel tanto di valore che ha , è rappresentato allo stato di motivo nel movente attuale ; ora esso , in questo caso , non vale se non quello che valgono le azioni che esso determina . Io sono socialista - - egli conclude - - non davvero perché creda a una visione socialista dell ' avvenire piuttosto che a quella di un qualunque altro ideale , ma perché sono convinto che il mobile socialista rende gli uomini più felici e migliori » . Egli esce a questo punto in una meravigliosa sentenza : « L ' uomo non può calmare la sua nostalgia più profonda , la vittoria sul tempo , che trasformando i suoi fini futuri in mobili attuali incorporando così un frammento dell ' avvenire nel presente » . Proprio così . De Man ha detto bene e ha perfezionato , innalzandola , la famosa formula di Bernstein : il moto ètutto , il fine è nulla . Sì . Il moto socialista è tutto , in quanto però le volizioni , i motivi che vi presiedono siano tutti penetrati dal fine socialista . Il fine vive così nelle nostre azioni presenti . Ciò equivale a dire che il socialismo non è un ideale statico e astratto , che potrà un giorno compiutamente realizzarsi . È un ideale limite irraggiungibile che si realizza per quel tanto che riesce a permeare la nostra vita . Il socialismo , più che uno stato esteriore da realizzare , è , per il singolo , un programma di vita da attuare . CAPITOLO VI SOCIALISMO LIBERALE La lenta ma fatale erosione del socialismo marxista non si è accompagnata , putroppo , ad un vigoroso sforzo ricostruttivo . La vecchia fede è scossa , ma la nuova non è sorta . Si è andati lentamente alla deriva ; e quando si è trattato di fissare la nuova posizione , i più sono arretrati , spaventati dal cammino compiuto . La vecchia guardia si è riafferrata con gli uncini dialettici ai sacri testi ; i giovani hanno oscillato tra un mortificante dogmatismo e la più penosa delle incertezze . Il monopolio goduto dal marxismo per quasi mezzo secolo ha disabituato troppa gente dal ripensare originalmente , in piena indipendenza di giudizio , i problemi del socialismo . Sicché oggi l ' emancipazione forzata dà le vertigini . Ancora una volta la critica si dimostra più facile della ricostruzione . Ma che valore ha una critica che non si accompagni per lo meno ad un tentativo di ricostruzione ? Qui non siamo nei regni della scienza pura . Il moto socialista è , prima e indipendentemente da ogni teoria e da ogni teorica giustificazione . Venticinque milioni di uomini sono organizzati sotto le bandiere del socialismo e in nome del socialismo lottano per la loro emancipazione . Non basta negare , bisogna ricordarsi sempre di questa positiva grandiosa realtà . In breve : sino a che noi non sapremo sostituire alla vecchia consunta posizione marxista una posizione nuova che soddisfi egualmente , sia pure con le necessarie correzioni , le fondamentali esigenze delle masse lavoratrici , avremo fatto opera , se non vana , per lo meno di interesse assai relativo . Ora questa più fresca e fruttuosa e attuale posizione non ha bisogno di essere inventata attraverso cerebrali meditazioni . Essa vive già in potenza nella critica revisionista e si attua progressivamente nel moto operaio . Il problema consiste piuttosto nel rendere esplicito ciò che è implicito , di liberarsi di troppi residui che ancora gravano sulla ideologia , di avere il coraggio di chiamare le cose col loro vero nome . Neomarxismo revisionista e prassi operaia sono la faccia teorica e la faccia pratica di una nuova concezione socialista liberale in cui i problemi di giustizia sociale e di vita associata possono e debbono porsi sullo stesso piano di quelli di libertà e di vita individuale . Il socialismo deve tendere a farsi liberale e il liberalismo a sostanziarsi di lotta proletaria . Non si può essere liberali senza aderire attivamente alla causa dei lavoratori ; e non si serve efficacemente la causa del lavoro senza fare i conti con la filosofia del mondo moderno , fondata sull ' idea di svolgimento per via di contrasti eternamente superantisi , nei quali celasi appunto il succo della posizione liberale . Tutta la socialdemocrazia europea , e non solo europea , si muove verso una forma di rinnovato liberalismo , che riassorbe in sé i motivi di movimenti apparentemente opposti ( illuminismo borghese e socialismo proletario ) . Dovunque essa si batte per le libertà individuali , politiche , di voto e di coscienza . Gli aspetti messianici , finalistici , passano al secondo piano , mentre si impongono i problemi del concreto moto di emancipazione operaia . L ' ideale di una società perfetta di liberi e di eguali , senza classi , senza lotta , senza Stato , si trasforma ogni giorno di più in un ideale limite che vale non in sé , quanto come stimolo e fuoco dello spirito . La nuova fede si alimenta nel fatto della lotta e della ascensione proletaria , nello sforzo della società tutta quanta per superare i termini angusti ed ingiusti della società borghese , nella perenne sete di giustizia e ansia di libertà . E , più in generale - - elevandosi ad una contemplazione distaccata del moto sociale - - nella visione della vita come inesausto cozzo di forze e ideologie che negandosi si superano per accedere a forme superiori di assetto sociale e di attività spirituale . La formula socialismo liberale suona all ' orecchio di molti , usi alla terminologia politica corrente , come una stonatura . La parola liberalismo ha servito purtroppo a contrabbandare merci di così varia specie e natura , e fu a tal punto per il passato orto borghese , che mal si piega oggi il socialista ad impiegarla . Ma qui non è che si voglia proporre una nuova terminologia di partito . Si vuol solo ricondurre il moto socialista ai suoi principi primi , alle sue origini storiche e psicologiche . Si vuol solo dimostrare come il socialismo , in ultima analisi , sia filosofia di libertà . Passò d ' altronde il tempo in cui politica borghese e politica liberale ­ liberista si identificavano . In tutto il mondo le borghesie non sono più liberiste e non sono più necessariamente liberali . Quanto più il moto proletario s ' afferma e si rafforza nelle masse il senso attivo della libertà , e tanto più la borghesia , nelle sue frazioni più retrive , tenta di sottrarsi alla disciplina e al metodo della libertà . Gli stessi nuovi orientamenti della produzione moderna - - razionalizzata meccanicizzata teocratica - - sacrificatrice della personalità umana nell ' operaio , costringono i socialisti a una funzione , anche nel senso tradizionale della parola , liberale . Verrà giorno in cui questa parola , questo attributo , sarà rivendicato con orgogliosa consapevolezza dal socialista : [ sarà quello il giorno della sua maturità , della sua conseguita emancipazione almeno nella sfera dello spirituale . ] Nella sua più semplice espressione il liberalismo può definirsi come quella teoria politica che , partendo dal presupposto della libertà dello spirito umano , dichiara la libertà supremo fine , supremo mezzo , suprema regola della umana convivenza . Fine , in quanto si propone di conseguire un regime di vita associata che assicuri a tutti gli uomini la possibilità di un pieno svolgimento della loro personalità . Mezzo , in quanto reputa che questa libertà non possa essere elargita od imposta , ma debba conquistarsi con duro personale travaglio nel perpetuo fluire delle generazioni . Esso concepisce la libertà non come un dato di natura , ma come divenire , sviluppo . Non si nasce , ma si diventa liberi . E ci si conserva liberi solo mantenendo attiva e vigilante la coscienza della propria autonomia e costantemente esercitando le proprie libertà . La fede nella libertà è al tempo stesso una dichiarazione di fede nell ' uomo , nella sua indefinita perfettibilità , nella sua capacità di autodeterminazione , nel suo innato senso di giustizia . Il liberale veramente tale è tutt ' altro che uno scettico . È un credente , anche se combatte ogni affermazione dogmatica ; è un ottimista , anche se ha della vita una concezione virile e drammatica . Questo in sede astratta . In sede storica il discorso si complica perché il liberalismo ha una storia ideale e pratica che , nel suo svolgersi , ha dato vita a una straordinaria messe di esperienze e di provvisorie teorizzazioni . Nato dal pensiero critico moderno , ebbe la sua prima affermazione con la Riforma religiosa . Nelle atroci guerre di religione , in cui gli uomini si dilaniarono in nome delle opposte fedi e degli opposti dogmi , nacque , come il fiore sulle rovine , la libertà di coscienza religiosa . Cattolici e protestanti , incapaci di sterminarsi a vicenda , acconsentirono alla tregua e riconobbero a tutti gli uomini il diritto di professare il culto che più loro conveniva . Il principio di libertà si allargò alla vita della cultura nei secoli XVII e XVIII per effetto del progresso scientifico e di quel movimento di ascensione economica e intellettuale della borghesia che culmina nell ' Enciclopedia ; e trionfò finalmente in sede politica con la rivoluzione dell'89 e la sua Dichiarazione dei diritti dell ' uomo ; per tendere infine ai tempi nostri ad informare di sé tutta la vita sociale , in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue parti , nella sfera economica in particolare , per far sì che la libertà , teorica proclamazione universale , rispondente in fatto all ' interesse di pochi , diventi veramente patrimonio di tutti . Il socialismo non è che lo sviluppo logico , sino alle sue estreme conseguenze , del principio di libertà . Il socialismo , inteso nel suo significato più sostanziale e giudicato dai risultati - - movimento cioè di concreta emancipazione del proletariato - - è liberalismo in azione , è libertà che si fa per la povera gente . Dice il socialismo : l ' astratto riconoscimento della libertà di coscienza e delle libertà politiche a tutti gli uomini , se rappresenta un momento essenziale nello sviluppo della teoria politica , ha un valore ben relativo quando la maggioranza degli uomini , per condizioni intrinseche e ambientali , per miseria morale e materiale non sia posta in grado di apprezzarne il significato e di valersene concretamente . La libertà non accompagnata e sorretta da un minimo di autonomia economica , dalla emancipazione dal morso dei bisogni essenziali , non esiste per l ' individuo , è un mero fantasma . L ' individuo in tal caso è schiavo della sua miseria , umiliato dalla sua soggezione ; e la vita non può avere per lui che un aspetto e una lusinga : il materiale . Libero di diritto , è servo di fatto . E il senso di servitù aumenta in pena ed ironia non appena il servo di fatto acquista coscienza della sua libertà di diritto e degli ostacoli che la società gli oppone per conseguirla . Ora di questi individui , dice il socialista , era piena la società moderna allorquando il socialismo nasceva ; di questi individui ancor oggi è composta in regime capitalistico buona parte della classe lavoratrice , priva d ' ogni diritto sui suoi strumenti di lavoro , d ' ogni compartecipazione alla direzione della produzione , d ' ogni senso di dignità e di responsabilità sul lavoro - - dignità e responsabilità primi scalini della scala che conduce dalla schiavitù alla libertà . È in nome della libertà , è per assicurare una effettiva libertà a tutti gli uomini , e non solo a una minoranza privilegiata , che i socialisti chiedono la fine dei privilegi borghesi e la effettiva estensione all ' universale delle libertà borghesi ; è in nome della libertà che chiedono una più equa distribuzione delle ricchezze e l ' assicurazione in ogni caso ad ogni uomo di una vita degna di questo nome ; è in nome della libertà che parlano di socializzazione , di abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio , della sostituzione del criterio di socialità , dell ' utile collettivo , al criterio egoistico , dell ' utile personale , nella direzione della vita sociale . Tra una libertà media estesa all ' universale , e una libertà sconfinata assicurata ai pochi a spese dei molti , meglio , cento volte meglio , una libertà media . Etica , economia , diritto concordano in questa conclusione . Il movimento socialista è dunque il concreto erede del liberalismo , il portatore di questa dinamica idea di libertà che si attua nel moto drammatico della storia . Liberalismo e socialismo , ben lungi dall ' opporsi , secondo voleva una vieta polemica , sono legati da un intimo rapporto di connessione . Il liberalismo è la forza ideale ispiratrice , il socialismo la forza pratica realizzatrice . La borghesia fu , un tempo , l ' antesignana di questa idea di libertà , la depositaria della funzione liberale : quando , rompendo il quadro chiuso e gelido della vita feudale , vi portò germi fecondi di vita . Nella sua lotta contro il dogmatismo della Chiesa e l ' assolutismo dei re , contro i privilegi dei nobili e i privilegi del clero , il mondo morto di una produzione immobile e coatta , la borghesia impersonò per una lunga teoria di secoli le esigenze di progresso della intera società . Oggi non più . La borghesia ha trionfato , ha conquistato tutte le posizioni dominanti ; ma per il suo stesso trionfo la sua funzione rivoluzionaria , di levatrice del progresso , volge al tramonto . Essa non è più incalzata da una perpetua ansia di libertà , di progresso , di superamento delle posizioni acquisite ; né la assiste più un ideale universale , come nell'89 , che trascenda il suo interesse di classe . Il sedicente liberalismo borghese si è forgiato un sistema rigido , chiuso , puntellato da quell ' insieme di principî economici , giuridici , sociali , che si riassumono sinteticamente con la formula : Stato capitalistico borghese . Esso si richiama ancora ai vecchi principî della Rivoluzione francese , ma questi principi appaiono come cristallizzati , mummificati , privati del loro intimo significato , contraddicenti a quello che era lo spirito animatore di coloro che , in un impeto di generoso entusiasmo , cotesti principî proclamarono . Il liberalismo borghese tenta di arrestare il processo storico allo stadio attuale , di eternare il suo dominio , di trasformare in privilegio quello che fu un tempo un diritto derivante da una incontestabile opera novatrice ; e si oppone all ' ingresso sulla scena della storia delle nuove forze sociali prementi . Col suo dogmatico attaccamento ai principi del liberismo economico ( proprietà privata , diritto di eredità , piena libertà di iniziativa in tutti i campi , lo Stato organo di polizia e di difesa ) ha come imprigionato lo spirito dinamico del liberalismo entro lo schema transeunte di un sistema sociale . Il liberalismo è invece per definizione storicista e relativista , vede nella storia un perpetuo fluire , un eterno divenire e superamento ; nulla è più repellente alla sua essenza della stasi , della immobilità , della categorica certezza , della fede nel possesso di verità assolute , definitive , che contraddistingue i liberali borghesi . Il liberalismo borghese è impotente a intendere il problema sollevato dal movimento socialista : non comprende cioè che la libertà politica e spirituale non è in grado , da sola , di realizzare l ' esigenza liberale . Arbitrariamente estende la propria esperienza storica al proletariato , e assurdamente ritiene che il problema della libertà possa porsi in modo eguale per tutte le classi . È chiaro ad esempio che mentre la conquista della libertà politica costituì per la borghesia la sublimazione , il coronamento della sua potenza , già affermatasi in sede economica e culturale ; per il proletariato , privato d ' ogni effettiva influenza sulla direzione della vita economica , la rivendicazione e successiva conquista della libertà politica [ nulla ] rappresentò se non l ' inizio della lotta per la emancipazione anche economica . Il processo è nettamente inverso . E in ciò probabilmente sta una delle ragioni massime della crisi che tormenta tutti i movimenti socialisti europei , specie nel dopoguerra : in questa terribile sproporzione tra forza economica , capacità tecnica , livello culturale , e forza politica ; nell ' essersi trovato , il proletariato , a disporre di un ' arma politica formidabile , cui non corrispose a tempo ( e ancora non corrisponde ) un adeguato braccio per impugnarla . Solo alcune frazioni della borghesia esercitano ancora una utile , diciamo anzi , pressoché indispensabile funzione progressista . E quali ? Quelle che , indipendentemente dal privilegio della nascita , realizzano nella vita nuovi valori nella sfera della intelligenza pura e del lavoro di direzione : gli intellettuali , gli scienziati , la parte più sana e più attiva della borghesia industriale ed agraria , e quelle figure formidabili del mondo moderno che sono gli imprenditori , i grandi capitani di industria , i politici dell ' economia ; coloro che , in qualunque regime economico , avranno il compito di coordinare i vari fattori produttivi e di mantenere inesausto il ritmo del progresso economico . Riprova di questa funzione liberale che ancora esercitano alcune frazioni borghesi è l ' esistenza , presso tutte le democrazie moderne , di partiti di democrazia borghese che non restano sordi alle esigenze del progresso e dànno la mano , sia pure una cauta e dubbiosa mano , al movimento di ascensione della classe lavoratrice . Ma la borghesia come classe , come quella classe ( che più che classe è categoria sociale e categoria mentale ) che ricava la maggior parte dei suoi redditi da capitali e privilegi accumulati , o che comunque questo sistema privilegiato difende considerandolo come il più adeguato alla conservazione del proprio dominio e il più favorevole allo svolgersi della vita sociale , non è più liberale , non può più essere liberale . Perché la borghesia potesse ancora oggi rivendicare in modo persuasivo la funzione liberale , bisognerebbe che essa e il sistema economico che ai suoi interessi si ricollega , si dimostrassero capaci , per virtù intrinseca dei principî animatori , di soddisfare le esigenze della nuova classe , del Quarto Stato . Bisognerebbe che la borghesia si dimostrasse capace , pur di restare fedele alla sua grande tradizione storica , di sacrificare le posizioni di ricchezza e di comando conquistate , per far posto volontariamente alle nuove forze sociali prementi . Ma quale disinteresse , quale eroismo , pretenderemmo da essa ! Una simile sete di autoimmolazione potrà ritrovarsi in qualche raro spirito superiore , distaccato dal destino della propria classe al punto da pervenire alla serena obbiettività del filosofo , meglio ancora , ad abbracciare la causa degli oppressi ; non mai in una classe , saldamente afferrata ai suoi beni , ai suoi privilegi , e al potere . Dove vive , dove si attua dunque il liberalismo ? In tutte le forze attive , rivoluzionarie ( nel senso sostanziale della parola ) della storia ; in tutte le forze sociali che - - sia pure senza averne sempre piena consapevolezza - - esercitano una funzione rinnovatrice , in tutte le forze che intendono superare lo stato sociale attuale e aprire alla libertà e al progresso sempre nuovi territori , sempre nuovi orizzonti . I poveri , gli oppressi , coloro che non possono adattarsi allo stato attuale , perché in questo stato soffrono e si sentono come limitati , mutilati , e hanno coscienza della loro mutilazione ; ecco il formidabile campo di reclutamento del liberalismo . La classe lavoratrice nella moderna società capitalistica , ecco la classe che sola , come classe , può essere rivoluzionaria ; il socialismo che ne interpreta le esigenze , che lotta contro l ' assetto attuale in nome dei bisogni del maggior numero e di un principio superiore di libertà e di giustizia , che risveglia le masse dalla servitù antica dando loro coscienza della inferiorità in cui si trovano , ecco il movimento politico liberale e liberatore . « Il proletariato - - scrive uno tra i più acuti rappresentanti del nuovo socialismo italiano - - Saragat - - non ricrea la storia dalle fondamenta , ma al contrario non fa che portare a compimento un vecchio lavoro iniziato da quando esiste la società umana ... L ' idea di libertà non nasce col proletariato ma con la nascita dell ' uomo , col primo bagliore di autocoscienza nello spirito dell ' uomo . Al proletariato spetta di portare più alto e più avanti questa fiaccola che ha ricevuto nel moto drammatico della storia dalle classi che lo hanno preceduto ... » Il proletariato può dirsi dunque l ' erede della funzione liberale . A una condizione però : che i poveri , che la classe lavoratrice , che il movimento socialista , in tanto reclamino la trasformazione della società borghese in quanto si pongano in grado , e per la teoria cui si richiamano e per le capacità che posseggono , di effettivamente migliorarla . La lunga opposizione ha troppo abituato i socialisti a concepire il socialismo in termini polemici e in termini di pura forza . La società borghese è marcia , la società borghese è ricolma di attriti , di vizi , di ingiustizie : quindi , la si abbatta . Piano . In materia sociale abbatte solo chi sa costruire , anzi si abbatte solo nella proporzione in cui si è ricostruito , non foss ' altro perché la vita sociale non può conoscere soste e regressi ; soste e regressi dei quali i primi a soffrire sono i proletari . Non basta più dimostrare sulla carta che la società socialista è più giusta e razionale . Bisogna farla funzionare in pratica : e per farla funzionare occorrono le capacità ; e le capacità non si improvvisano , e neppure basta che esistano in una esigua minoranza . Il socialismo da problema astratto di giustizia sta trasformandosi ogni giorno di più in un problema di capacità . Torna Proudhon ... Contro questo tentativo di esprimere il socialismo in termini di libertà , di riconoscere nel movimento socialista l ' erede della funzione liberale , si è obbiettato che il liberalismo male si concilia col programma ricostruttivo così preciso e categorico che distingue i partiti socialisti moderni . I liberali , si dice sempre , non possono per definizione sapere come si determineranno gli equilibri a venire . Al pari dei conservatori borghesi , sedicenti liberali , anche i socialisti finirebbero per imprigionare il liberalismo entro i limiti di un sistema chiuso e predeterminato , entro i limiti del sistema collettivistico . Ora lo spirito liberale è essenzialmente dialettico e storicista ; per esso la lotta è l ' essenza stessa della vita ; la storia è la risultante di un perpetuo confluire ed urtarsi di forze ; nulla quindi di più illiberale ed utopistico che volerle assegnare un percorso obbligato . Per il liberale nessun principio , nessun programma , per quanto mitico e lontano nel tempo , può assumere quel sapore assoluto , categorico , che assume invece nei socialisti il loro programma finalistico . Il prevedere e , addirittura , lo stesso auspicare che essi fanno , di un futuro regno di Dio su questa terra , di un regno di giustizia , di pace e di eguaglianza , di uno stato sociale , cioè , statico e perfetto , repugna profondamente alla concezione liberale della vita . L ' obbiezione è giustissima se si rivolge contro la vecchia posizione mitica e utopistica socialista e contro la mentalità ancora assai diffusa nelle fila socialiste . Il Manifesto dei Comunisti , pur avendo tanto contribuito a diffondere l ' esigenza emancipatrice , e quindi liberale , nelle masse , è in sé , nel pensiero messianico che lo informa , profondamente illiberale . Lo stesso dicasi per la concezione marxista tradizionale e per la più gran parte dei programmi finalistici e ricostruttivi dei partiti socialisti . Ma qui occorre distinguere , e ricordare che una cosa è il concreto moto socialista , un ' altra cosa il suo programma , anzi il suo vecchio programma . Quel che si vuole qui sostenere è che il moto socialista , per i suoi effettivi moventi e i risultati che sino ad ora ha avuti nello sviluppo sociale , esercita ordinariamente oggi , nella concreta società in cui viviamo , una indubbia funzione liberale . Il proletariato può dichiarare nei suoi programmi ciò che vuole ; ma , sino a tanto che esso continuerà a trovarsi in una situazione di inferiorità morale e materiale e sentirà prepotente il bisogno di liberarsene , e , nel liberarsene , farà uso di mezzi , di strumenti adeguati , cioè posti sulla via del progresso , compierà - - lo voglia o non lo voglia , lo sappia o non lo sappia - - opera sostanzialmente liberale . Nessuno può negare che in tutti i paesi il moto operaio abbia dato prova , passato il periodo di disperata ribellione degli inizi , di una notevole comprensione delle esigenze del progresso . Non solo esso non lotta più contro la introduzione di metodi più perfezionati di produzione e contro le macchine , ma arriva addirittura a reclamarne la introduzione , ben comprendendo che le possibilità di miglioramento e di ascensione sono strettamente collegate a una più alta produttività sociale . [ Marx ha sempre ammonito i socialisti che la società socialista non sorgerà da una riforma interna della società capitalistica , del suo sistema di distribuzione , ma dalla evoluzione delle forze di produzione . Sviluppare queste forze di produzione , svilupparle il più rapidamente e integralmente , ecco il mezzo migliore per avvicinare la società nuova . Marx però riteneva che questo processo di sviluppo fosse rapidissimo e determinasse in breve volgere di tempo una crisi catastrofica nel sistema dei rapporti capitalistici ; mentre la realtà ha dimostrato come questo sviluppo non conducesse necessariamente a conclusioni socialiste . Di qui la crisi della dottrina socialista , la sensazione che la macchina economica non segna una direzione obbligata , la revisione dei programmi , il subentrare di una visione più complessa e realista in tutti i movimenti socialisti . Come il viandante che in distanza scorge sull ' orizzonte la montagna con contorni netti e regolari e poi , avvicinatosi , la scopre sinuosa e tormentata , tutta pieghe e ondulazioni , così il socialista , seguendo da presso la vita economica e sociale , si è reso conto dell ' eccessivo semplicismo e unilateralità dei programmi iniziali . ] In tutta Europa stiamo assistendo in questi anni a una profonda trasformazione del movimento socialista , nel senso di una sempre maggiore aderenza alla realtà , di una sempre più decisiva prevalenza riconosciuta al moto operaio e ai programmi concreti , immediati . Uno dopo l ' altro i residui utopistici e messianici , che tanto posto occupavano ai primordi , vengono abbandonati ; mentre nella letteratura cadono nel giusto oblio i vecchi libri catechistici o apocalittici che si proponevano di delineare l ' ipotetico Stato socialista nei più risibili dettagli . Anche per i socialisti le formule semplicistiche , le ricette univoche e miracolose che dovevano fornire il segreto dell ' avvenire , hanno fatto il loro tempo . Ormai sono molti i socialisti che concedono che solo per grandissime linee si può fissare la meta , anzi una meta , una tappa ; che occorre adattarsi alle circostanze e a un mondo in continua vertiginosa trasformazione ; che è necessario adeguarsi all ' esperienza , tenendo presenti solo alcuni punti saldi di orientamento ; perché solo dal moto , dalla esperienza liberamente attuata , scaturiranno le indicazioni per il domani . Le esperienze della guerra e del dopoguerra - - la russa in specie - - hanno condotto all ' abbandono del vecchio programma accentratore , collettivista , che faceva dello Stato l ' amministratore , il gerente universale , il controllore dei diritti e delle libertà universali . Non si pensa più , come un tempo , che il semplice fatto della espropriazione , il passaggio delle attività produttive alla collettività , determinerà una trasformazione apocalittica - - produzione e ricchezza moltiplicate , lavoro ridotto e reso gioioso , l ' uomo libero alfine dalla schiavitù della materia , soppresse automaticamente le lotte , le classi , le guerre ; trionfanti la fratellanza , la giustizia , la pace ... Per i socialisti seri , colti , preparati - - dirò di più : per tutta la élite dirigente - - coteste sono ormai favolette delle quali è più igienico non parlare . A tutti appaiono , oltretutto , chiari , i pericoli della elefantiasi burocratica , della invadenza statale , della dittatura dell ' incompetenza , dello schiacciamento d ' ogni autonomia e libertà individuale , del venir meno dello stimolo nei dirigenti come negli esecutori . Non parliamo poi del problema della felicità . Ormai la tendenza predominante , nel campo socialista , è in favore di forme di conduzione per quanto possibile autonome , sciolte , correlative ai vari tipi di imprese , che ne rispettino le tanto varie esigenze : forme municipali , cooperative , sindacali , gildiste , trustiste , forme miste , con innesto dell ' interesse generale sul particolare , forme individuali e famigliari , a seconda delle tradizioni , della tecnica , dell ' ambiente , ecc . Dello Stato industriale , commerciante , agricoltore , tutti hanno uno scarso concetto , a meno non si tratti di servizi pubblici essenziali . Diciamo di più : nessun socialista si attenta più a sostenere a priori , in forma generale , la formula socializzatrice . Comincia a farsi strada in molti studiosi eminenti ( vedi la recente clamorosa conversione di G . D . H . Cole , uno dei più acuti socialisti britannici ) la convinzione che per certi rami di industria il problema più importante è quello della democratizzazione del regime di fabbrica e del controllo della direzione tecnica e sociale nell ' interesse della collettività . E anche per quei rami più progrediti e routiniers in cui è evidente sin d ' ora la possibilità e la utilità di una socializzazione , si ha anche cura di avvertire che non vi si potrà giungere comunque di colpo , ma gradualmente , a passi mediati , con adeguato corredo di esperienze e di capacità . Insomma pare a me che quella giusta riserva che , in nome del liberalismo , si poteva avanzare contro l ' astrattismo e l ' utopismo degli antichi programmi socialisti , sia sulla via di essere superata per il trionfare del buon senso , dell ' esperienza , delle lezioni pratiche del moto , e soprattutto per le sopravvenute responsabilità di governo . Si è detto che la posizione liberale è contrassegnata dalla fede nella libertà non solo come fine , ma anche come mezzo . La libertà non saprebbe conseguirsi attraverso la tirannia o la dittatura , e neppure per elargizione dall ' alto . La libertà è conquista , autoconquista , che si conserva solo col continuo esercizio delle proprie facoltà , delle proprie autonomie . Per il liberalismo , e quindi per il socialismo , è fondamentale la osservanza del metodo liberale o democratico di lotta politica ; di quel metodo che , per la sua intima essenza , è tutto penetrato dai principio di libertà . Esso può riassumersi con una sola parola : autogoverno . Il metodo liberale vuole che i popoli e le classi , al pari degli individui , si amministrino da sé , con le loro forze , senza interventi coercitivi o paternalistici . La sua grande virtù pedagogica consiste appunto nell ' assicurare un clima che sospinga tutti gli uomini ad esercitare le loro più alte facoltà nell ' approntare istituti che li inducano a partecipare attivamente alla vita sociale . Esso reca come premessa fondamentale il principio che la libera persuasione del maggior numero allo stesso modo che è il miglior mezzo per raggiungere la verità , così è il miglior mezzo per garantire progresso sociale e assicurare la libertà . Sul terreno politico si potrebbe definire come un complesso di regole di giuoco che tutte le parti in lotta si impegnano a rispettare ; regole dirette ad assicurare la pacifica convivenza dei cittadini , delle classi , degli Stati , a contenere le lotte fatali e anzi desiderabili , entro limiti tollerabili , a consentire la successione al potere dei vari partiti , ad incanalare nella legalità le forze innovatrici via via insorgenti . Prima ancora di essere un sistema di meccanica politica , esso vuol essere una sorta di patto di civiltà che gli uomini di tutte le fedi stringono fra loro per salvare nella lotta gli attributi della loro umanità . Per quanto non sia suscettibile di definizione rigida , si può dire che si concreti nel principio della sovranità popolare , nel sistema rappresentativo , nel rispetto dei diritti delle minoranze ( in pratica nel diritto all ' opposizione ) , nel solenne riconoscimento di taluni diritti fondamentali della persona definitivamente acquisiti alla coscienza moderna ( libertà di pensiero , di riunione , di stampa , di organizzazione , di voto , ecc . ) , nel rinnegamento esplicito del ricorso alla violenza . Il metodo liberale di lotta politica non tollera attributi ; esso non è e non può essere né borghese né socialista , né conservatore né rivoluzionario , per quanto la sua natura lo porti a favorire le forze del progresso . Vincolo anteriore ad ogni tendenza politica , richiede in coloro che vi accedono , la fede nella ragione , il rispetto sacro dell ' uomo , il riconoscimento di una sfera invarcabile di autonomia nel cittadino , la convinzione radicata che nulla di saldo e durevole si edifica con la forza brutale , ancorché posta al servizio di grandi ideali . Come tutti gli strumenti perfezionati , esso implica naturalmente un alto grado di civiltà ; anzi , è il prodotto stesso della civiltà . Basta infatti il sabotaggio di una sola delle parti in giuoco per impedire il retto funzionamento del metodo . Ne viene però la conseguenza che la violenza che usassero le altre per ridurre all ' ordine quell ' una , sarebbe pienamente legittima . La violenza cui si vedesse ad esempio costretto a ricorrere un proletariato che si vedesse attaccato da forze reazionarie all ' indomani di una grande vittoria elettorale che gli aprisse le vie del potere , sarebbe una sacrosanta e liberalissima violenza . Il liberalismo non esclude la violenza : solo la trasforma in forza , dandole la sanzione della morale e del diritto . Il riconoscimento del metodo liberale , la fedeltà al metodo , ecco in che si sostanzia praticamente il liberalismo politico . Purtroppo non sono rari i casi di socialisti che svalutano o irridono il metodo democratico . Facendo pompa di real ­ politik , essi ricordano che tutte le grandi trasformazioni storiche furono accompagnate dalla violenza , e che è ingenuo illudersi che la classe borghese si lasci spogliare senza offrire resistenze , in omaggio al dogma liberale . Aggiungono che il metodo democratico è il metodo proprio alla società borghese , rispondente agli interessi di conservazione e di governo della borghesia . Che sì , il proletariato può e deve servirsi delle istituzioni democratiche fintanto che è debole e ha bisogno di farsi le ossa ; ma il giorno in cui esso sarà sufficientemente forte per affrontare la battaglia , dovrà saper dare un bel calcio a tutto l ' armamentario democratico , utopistico , umanitario , e fare ricorso alla violenza , unica risolutrice nei periodi supremi di crisi e di trapasso . Questo discorso che i socialisti democratici si sentono ripetere da trent ' anni dimostra , in chi lo tiene , una completa incomprensione dello spirito e dell ' essenza del metodo liberale , una fisiologica incapacità a sortire da posizioni che se avevano una ragione d ' essere ai primordi del moto socialista , quando il proletariato era privo dei diritti politici e non aveva da perdere altro che le sue catene , non hanno più ragione d ' essere oggi che il proletariato ha conquistato in tutti i paesi la sua maggiorità politica . La classe operaia si trova oggi , in Europa , di fronte ad una borghesia che , trascinata dalla logica dei suoi principi e soprattutto dalla irresistibile pressione proletaria , è stata costretta a darsi - - ché non l ' aveva originariamente - - una costituzione democratica . La borghesia ammette oggi esplicitamente che l ' unica fonte di legittimità del potere risiede nel popolo , in tutto il popolo , il quale esprime il suo volere nei parlamenti , attraverso il suffragio universale . Il partito e i partiti che hanno la maggioranza governano ; e , forti del consenso dei più , hanno , in principio , il diritto di modificare a loro talento la costituzione sociale , con la sola riserva che si rispetti il diritto di opposizione . Non occorre sapere in questa sede se la borghesia aderisca oggi in buona o mala fede , per convinzione o per necessità , a questo principio . Ciò che sappiamo in modo preciso è che questo principio non può non venire accolto con gioia profonda dai socialisti . Non dicono essi di voler servire l ' interesse della grande maggioranza della popolazione ? Non rivendicano essi la rappresentanza specifica delle esigenze e delle idealità della intera classe lavoratrice ? Come dunque possono esitare nell ' accettazione piena di un criterio di lotta politica che è diretto , tosto o tardi , a dar loro il potere nelle mani , e che a priori legittima tutte le loro rivendicazioni ? Nessuna riforma sarà abbastanza audace , pur che riceva l ' adesione della maggioranza , sollecitata coi mezzi della propaganda . Nessuna trasformazione sarà troppo radicale , purché si appoggi su uno stabile consenso . Il problema dei problemi , per tutti i partiti socialisti , diventa ormai quello di darsi un programma che possa soddisfare le necessità di una maggioranza organica delle popolazione dei rispettivi paesi . Coll ' affidarsi al metodo democratico nessuno crede di espellere miracolosamente la violenza dalla storia , né si culla nella illusione che la borghesia si rassegni placida al tramonto . Non è all ' indomani di una così tragica guerra , non è all ' indomani dell ' esperienza fascista , che si può pensar questo . Nessuno può escludere che la borghesia , o la frazione più retriva di essa , terrorizzata dalla marea proletaria che sale implacabile , stretta nella morsa di un moto operaio reso formidabile proprio dal suo gradualismo , dalla saggia adesione alla realtà del suo tempo e dal rispetto dei metodi legali , ricorra alla sopraffazione armata . Ma , si badi : 1 ) la borghesia non è un blocco uniforme ; molto più spesso di quanto non si creda la sua pretesa unità è un sogno di astrattisti . È proprio questa dicotomia volgare di molti socialisti , che concorre a creare in momenti di crisi un artificioso blocco borghese ; 2 ) queste armi vogliono delle coscienze , delle volontà che le impugnino . Sino a prova in contrario , esercito e polizia , sono popolo , proletariato , non borghesia ; 3 ) in questa eventualità proprio la più ortodossa dottrina liberale , da Blackstone a Mill , non solo legittima l ' impiego della forza da parte della maggioranza , ma addirittura glielo impone . Dunque , niente serafico sogno di cherubini che vivono nel segno dell ' utopia , ma consapevolezza del peso della morale e del diritto nei grandi urti delle classi e dei popoli . Ciò che a noi preme è di legittimarla questa eventuale violenza , di mettersi in condizione di non essere noi i trasgressori del patto di civiltà , di ricorrere alla violenza solo se costretti , e di ricorrervi in nome di quel principio di legalità , di maggioranza , che i nostri stessi avversari , finché di una maggioranza disponevano , avevano dichiarato di accettare e anzi imponevano di rispettare . Non son rari coloro che a questo punto sorridono e accusano i « formalisti » del metodo democratico di perdersi in distinzioni bizantine . Ma col far ciò dimostrano di essere ancora di là del bene e del male ; non sanno che in queste distinzioni sta precisamente tutto il diritto , e neppure lontanamente immaginano la suggestione che circonda il diritto violato , e quale energia esso sappia ispirare ai suoi difensori . [ Il bello si è poi che coloro che tanto amano riempirsi la bocca di sonanti invocazioni all ' insurrezione , alla violenza parificatrice , necessaria , storica , sono normalmente i più incapaci , anche per la loro educazione e i moventi umani rari che li sospingono , a seriamente organizzare un moto rivoluzionario . La loro mentalità barricadiera è per lo più un ricordo libresco , una sentimentale tradizione romantica , giacobina , tratta dai fasti della Rivoluzione francese , quando pure non è una astrazione di filosofi cerebralizzanti . Ché non appena la borghesia , abilmente profittando delle loro dichiarazioni sconvolgitrici , passa all ' azione illegale , essi non sanno ordinariamente far nulla di meglio che appellarsi alle sacre carte costituzionali violate , ai diritti innati calpestati , al senso di umanità rinnegato , solennemente rimproverando i randelli borghesi - - ahimè troppo spesso manovrati da autentici proletari - - di non restar fedeli allo spirito della loro civiltà che deve - - chi sa poi perché - - essere sempre e solo fedele al metodo democratico . ] Pare impossibile , ma da parte di molti socialisti non si è ancora compreso che la riserva con cui essi sogliono accompagnare l ' adesione al metodo democratico - - riserva per la quale dichiarano di valersene sin tanto che tornerà loro comodo , salvo poi rinnegarlo - - non serve altro che ad autorizzare i ceti reazionari a ricorrere subito ai mezzi illegali per stroncare tempestivamente un movimento operaio che minacci di farsi pericoloso . L ' esempio italiano del 1919­20 è dolorosamente probante . Il partito socialista , pur avendo ottenuto un grandissimo successo elettorale , aveva raccolto non più , e anzi meno , di un terzo dei voti : non disponeva perciò della maggioranza , malgrado le elezioni si fossero svolte , per la prima e ultima volta in Italia , in guisa del tutto regolare . Pure esso dichiarò solennemente alla borghesia che l ' ora sua ultima era suonata , che si preparasse a scomparire , che la rivoluzione nelle strade stava per scoppiare , che alla rivoluzione sarebbe seguita la dittatura , con la soppressione morale e fisica di tutte le minoranze dissenzienti . È vero che si limitò poi , salvo sporadici episodi , ad erigere barricate di schede e di ordini del giorno . Ma intanto fece in pieno il giuoco degli elementi reazionari i quali , facendosi forti delle scioccherie degli estremisti , riuscirono a travestirsi da agnellini restauratori delle libertà offese e del diritto violato . Con quali conseguenze è inutile dire . Che la lezione almeno serva , che la si smetta di fare i machiavellici , i filosofi della storia ; che ci si astenga nell ' avvenire dal voler inserire nei programmi socialisti di tutto un po ' - - legalità e violenza , pace e guerra , democrazia e dittatura - - pur di non farsi trovare « impreparati » . In politica bisogna parlare sempre chiaro , anche a costo di far la figura di semplicisti . E che la si smetta anche di fare gli eterni scettici , di credere che la legge di Caino , la legge della violenza e del sangue , debba in eterno regnare tra uomini di una stessa terra . Agli eterni scettici si può domandare quale risposta dessero in Grecia , in Roma , nelle stesse colonie schiaviste del Sette ­ Ottocento i proprietari di schiavi , i sociologi e gli schiavi stessi sulla possibilità che un giorno l ' istituto della schiavitù sparisse ; e quale risposta avrebbero dato l ' ugonotto di Francia e l ' ebreo di Spagna a chi avesse loro profetato che il giorno sarebbe venuto per una pacifica convivenza dei culti . Facili sorrisi di scherno , lezioni di realismo . Eppure l ' umanità può oggi registrare queste due sublimi vittorie : abolizione della schiavitù , libertà di coscienza . [ Certo se si fossero ascoltate le voci degli scettici di tutti i tempi nessuno sforzo , mai , si sarebbe compiuto per superare le vecchie posizioni . E così oggi , se dovessimo dar peso all ' aprioristico scetticismo di molti estremisti reazionari e rivoluzionari , dovremmo perdere la speranza nella definitiva conquista di quel minimo di civiltà che è il metodo democratico . Ma nulla è più grottesco di questo pessimismo ostinato e radicale in coloro che , come i socialisti intransigenti , si propongono nientemeno che la realizzazione del socialismo , l ' attuazione di una perfetta eterna giustizia tra gli uomini . L ' ottimismo nel fine dovrebbe rendere un poco meno pessimisti sui metodi . ] Ma a risolvere le ultime tergiversazioni e i machiavellismi dei teorici è ormai sopravvenuto in questi ultimi anni il fatto sovrano . La forza delle circostanze , più ancora che una esplicita adesione , ha fatto sì che i socialisti diventassero in tutta Europa i più intransigenti difensori delle istituzioni democratiche . Essi si trovano a difendere tutto un gigantesco patrimonio materiale , giuridico e morale acquistato in lunghi decenni di lotte e sacrifici ; il loro movimento trova le sue più solide basi non nel partito politico ma in una gigantesca rete di interessi ( leghe , cooperative , società mutue , ecc . ) che chiedono e impongono costante vigilanza e tutela . I socialisti bene intendono che , non ottemperando a questa funzione tutelatrice , finirebbero per essere soppiantati da altre correnti verso cui fatalmente graviterebbero le forze sindacali e cooperative . Inoltre , nelle esperienze dell ' immediato dopoguerra , si sono resi conto che , comunque la si pensi in argomento , il momento di sfidare la borghesia sul terreno della forza è ben lontano dall ' essere giunto ; essendo il proletariato , come forza politica , ancora una minoranza , meglio vale richiamarsi esplicitamente ai diritti che il liberalismo borghese riconosce alle minoranze . Ma il più grande ammonimento è venuto ai socialisti dall ' esperienza comunista . Il sorgere , alla loro estrema ala sinistra , di un movimento che nega ogni diritto di espressione e di vita alle forze socialiste in nome della dittatura , e la persecuzione che i socialisti hanno subito in Russia , ha dimostrato loro froebelianamente il valore essenziale , intrinseco , non solo come strumento , ma come clima , della libertà e delle istituzioni democratiche . Trotsky , dal suo forzato esilio turco , che impreca contro la tirannia di Stalin e la dittatura di un pugno di burocrati , dopo aver irriso per tanti anni le libertà « borghesi » e i metodi democratici , non è forse la più consolante riprova della vitalità insopprimibile della esigenza liberale ? Qualche anno ancora e l ' adesione socialista al metodo e al clima liberale - - adesione esplicita , integrale , definitiva - - sarà un fatto compiuto . Rimarrà allora un ultimo passo da compiere perché i socialisti entrino nella logica e nello spirito del liberalismo ; passo anche questo inevitabile , ma che richiederà lungo lavoro di educazione presso le masse : e cioè che i socialisti riconoscano che il metodo democratico e il clima liberale costituiscono una conquista così fondamentale della civiltà moderna , che dovranno rispettarsi anche e soprattutto quando sarà padrona del governo una stabile maggioranza socialista , anche quando i punti essenziali del programma riformatore saranno sulla via di essere realizzati . Ciò non significa davvero rinuncia al finalismo socialista , ma solo rispetto per alcune forme essenziali di vita associata . Anche i socialisti dovranno impegnarsi a rispettare i diritti delle minoranze dissenzienti , il diritto di opposizione , a qualunque titolo compiuto . Col riconoscerlo non temano di apparire scettici o deboli . Al contrario . Nessuna fede è tanto solida come quella che non teme la critica degli avversari , e che anzi questa critica sollecita come stimolo e limite ad un tempo . Nessun partito , nessun movimento è tanto forte come quello che riconosce il diritto alla vita dei suoi avversari e che dichiara di non voler rinnegare , nel giorno della vittoria , lo spirito di quel metodo liberale che permise ad esso , da piccola debole minoranza , di crescere e di dominare . [ Il socialismo sarà liberale il giorno in cui saprà dire una alta definitiva parola su questo argomento . ] Concludendo , se si chiedesse di illustrare in sintesi le conseguenze pratiche che sgorgano dalle osservazioni svolte nel corso di questi due capitoli , io mi esprimerei così : Sinora l ' azione socialista ebbe carattere prevalentemente economico . Ciò fu probabilmente necessario , giacché è utopia l ' andar cianciando di morale , di autonomia spirituale , di doveri , di adesione e rispetto al metodo democratico , a chi versa nella miseria e riesce a malapena , con un lavoro logorante e abbrutente , a soddisfare i bisogni primari della vita . Conditio sine qua non è la conquista permanente di un grado relativo di benessere . Tutto cozza contro la miseria . La miseria è la gran nemica , né più né meno come la ricchezza privilegiata . Le plebi miserabili furono sempre serve dei potenti . La fame equivale a sordità morale e gli appelli moralistici si risolvono fatalmente in prediche . Ma via via che le condizioni economiche migliorano - - e si sono grandemente migliorate - - via via che la classe operaia procede nella sua affermazione politica , via via che lo Stato si apre alle esigenze nuove , e la stessa borghesia , nelle sue frazioni più progressiste , non contrasta più con l ' ostinazione tradizionale il processo di emancipazione proletaria , i problemi di cultura e di moralità debbono salire al primo piano , pena lo smarrirsi e il corrompersi del movimento . Il socialismo non può più limitarsi alla riforma degli aspetti esteriori della vita associata . Una emancipazione che mirasse solo a eliminare o ridurre la oppressione ambientale ; una libertà che fosse tutta e solo negativa , e non si accompagnasse con la riaffermazione dei valori eterni dello spirito , sarebbe la liberazione da una schiavitù in nome di un ' altra schiavitù . L ' emancipazione o sarà integrale - - corpo e anima - - o non sarà . È consolante perciò rilevare come in questi ultimi anni queste esigenze d ' ordine spirituale siano venute , sia pure timidamente , affacciandosi nel seno stesso della classe operaia , per merito di quello stesso moto sindacale che sembrava sensibile alle sole quistioni di orario e di salario . La richiesta sempre più insistente per il controllo operaio , per la compartecipazione alla direzione della produzione , per la costituzionalizzazione del regime di fabbrica , le battaglie su questioni di principio e di dignità , rivelano il sorgere di una dignità nuova nell ' operaio medio , che non si accontenta più dei soli miglioramenti materiali , ma intende affermare la sua personalità autonoma entro e fuori la fabbrica , non solo come cittadino ma anche come produttore . La stessa tesi socializzatrice non viene più prospettata in termini puramente utilitari e produttivistici . La critica che dalle fila socialiste si leva contro la concezione tradizionale del socialismo accentrato e collettivista , documenta le esigenze nuove di autonomia e di libertà . Il nostro compito deve consistere nello svolgere queste prime oscure intuizioni dell ' anima proletaria , rivelandone tutto il grande valore ai fini di una revisione della impostazione teorica del moto socialista . Aiutare il proletariato a conoscer se stesso , rivelargli le vere cause e gli effettivi rimedi allo stato penoso di inferiorità psichica e sociale in cui versa , concretare in formule politiche il risultato di questo processo di introspezione nell ' ordine collettivo . Insistere perché al movimento socialista sia sempre più di guida un ideale di autonomia e di libertà . Spiegare che , affinché una rivoluzione sia fruttuosa , non basta la conquista dei centri di comando . Procedere non dall ' alto al basso , ma inversamente . Concepire il socialismo non come risultato di imposizione di una minoranza illuminata , ma come risultato di persuasione attraverso una lunga catena di esperienze positive . Non avere troppa fede nelle leggi . Si possono fare tutte le leggi , ma se esse non sanzionano uno stato di fatto in via di affermazione e non riposano già sul costume , si risolvono troppo spesso in conati infruttuosi . Avere più fede nelle proprie forze , lavorare , sperimentare , lottare , senza pregiudiziali e programmi troppo rigidi , solo conservandosi fedeli ad alcune direttive fondamentali . Ciò che in ultima analisi veramente importa è il processo di elevazione della massa e la riforma dei rapporti sociali in base a un principio di giustizia che si armonizzi col rispetto delle libertà degli individui e dei gruppi ; e davvero il rispetto convenzionale verso un programma ormai vecchio di cent ' anni è in troppe parti superato . Prima di chiudere questo breve saggio sul socialismo liberale vorrei indicare sommariamente quelli che mi appaiono come gli estremi dell ' abito mentale e dello stato d ' animo del socialista liberale . Il socialista liberale , fedele alla grande lezione che sgorga dal pensiero critico moderno , non crede alla dimostrazione scientifica , razionale , della bontà delle empiriche soluzioni socialiste e neppure alla storica necessità dell ' avvento di una società socialista . Non si illude di possedere il segreto dell ' avvenire , non si crede depositario della verità ultima , definitiva , in materia sociale , non china la fronte dinanzi a dogmi di nessuna specie . Non crede che il regime socialista sarà e si affermerà nei secoli per una legge trascendente la volontà degli uomini . Anzi , considerata la cosa freddamente , può anche ammettere in via di ipotesi che le forze del privilegio , della ingiustizia , della oppressione dei molti nell ' interesse dei pochi , possano continuare a prevalere . Il suo motto è : il regime socialista sarà , ma potrebbe anche non essere . Sarà se noi lo vorremo , se le masse vorranno che sia , attraverso un consapevole sforzo creatore . In questo dubbio , in questo virile relativismo , che spinge prepotente all ' azione e vuole fare ampio posto alla volontà umana nella storia ; in questo demone critico che obbliga di continuo a rivedere , alla luce delle nuove esperienze , la propria posizione ; in questa fede nei valori supremi dello spirito , e nella meravigliosa forza animatrice della libertà , fine e mezzo , clima e leva , sta lo stato d ' animo di un socialista sortito fuor dal pelago marxista alla riva liberalistica . L ' azione è la sua più vera divisa . Egli è socialista per tutto un insieme di principî e di esperienze ; per la convinzione tratta dallo studio dei fenomeni sociali ; ma lo è soprattutto per fede , per sentimento , per adesione attiva - - ecco il punto , ecco il vaglio - - alla causa dei poveri e degli oppressi . Chiunque questa causa faccia propria non può muoversi nello spirito del liberalismo e nella pratica del socialismo . CAPITOLO VII LA LOTTA PER LA LIBERTÀ Il problema italiano è , essenzialmente , problema di libertà . Ma problema di libertà nel suo significato integrale : cioè di autonomia spirituale , di emancipazione della coscienza , nella sfera individuale ; e di organizzazione della libertà nella sfera sociale , cioè nella costruzione dello Stato e nei rapporti tra i gruppi e le classi . Senza uomini liberi , nessuna possibilità di Stato libero . Senza coscienze emancipate , nessuna possibilità di emancipazione di classi . Il circolo non è vizioso . La libertà comincia con l ' educazione dell ' uomo e si conchiude col trionfo di uno Stato di liberi , in parità di diritti e di doveri , in uno Stato in cui la libertà di ciascuno è condizione e limite alla libertà di tutti . Ora è triste cosa a dirsi , ma non per questo meno vera che in Italia l ' educazione dell ' uomo , la formazione della cellula morale base - - l ' individuo - - , è ancora in gran parte da fare . Difetta nei più , per miseria , indifferenza , secolare rinuncia , il senso geloso e profondo dell ' autonomia e della responsabilità . Un servaggio di secoli fa sì che l ' italiano medio oscilli oggi ancora tra l ' abito servile e la rivolta anarchica . Il concetto della vita come lotta e missione , la nozione della libertà come dovere morale , la consapevolezza dei limiti propri ed altrui , difettano . Gli italiani hanno più spesso l ' orgoglio della loro persona , nei suoi valori e rapporti esterni , che della loro personalità . La loro vita intima è ricchissima , ma unilaterale ; ricchissima soprattutto nella sfera sentimentale in cui erompe in forme istintive ed esasperate . La pacata riflessione sui massimi problemi della vita , l ' abitudine al commercio col proprio foro interno , quel fecondo tormento spirituale che crea lentamente tutto un prodigioso inondo interiore che solo può dare la coscienza di sé come unità distinta e autonoma , mancano nei più . L ' educazione cattolica - - pagana nel culto e dogmatica nella sostanza - - e la lunga serie dei paterni governi hanno esentato per secoli gli italiani dal pensare in persona prima . La miseria ha fatto il resto . Ancor oggi l ' italiano medio abbandona alla Chiesa la sua autonomia spirituale ; ed ora si vede costretto ad abbandonare allo Stato , elevato al rango di fine , anche la sua dignità di uomo , degradato a semplice mezzo . Disposto alla servitù nel dominio della coscienza , lo si forza ora alla servitù nel dominio sociale e politico . Logica conclusione di un processo di passive rinunzie . Il dolce far niente degli italiani - - leggenda insultante nell ' ordine materiale - - ha purtroppo qualche fondamento nell ' ordine morale . Gli italiani sono pigri moralmente , c è in loro un fondo di scetticismo e di machiavellismo di basso rango che li induce a contaminare , irridendoli , tutti i valori , e a trasformare in commedia le più cupe tragedie . Abituati a ragionare per intermediari nei grandi problemi della coscienza - - un vero appalto spirituale - - è naturale che si rassegnino facilmente all ' appalto anche nei grandi problemi della vita politica . L ' intervento del Deus ex machina , del duce , del domatore - - si chiami esso papa , re , Mussolini - - risponde sovente ad una loro necessità psicologica . Da questo punto di vista il governo mussoliniano è tutt ' altro che rivoluzionario . Si riallaccia alla tradizione e procede sulla linea del minimo sforzo . Il fascismo è , contro tutte le apparenze , il più passivo risultato della storia italiana . Gigantesco rigurgito di secoli e abbietto fenomeno di adattamento e di rinunzia . Mussolini trionfò per la quasi universale diserzione , attraverso una lunga rete di sapienti compromessi . Solo alcune ristrette minoranze di proletari e di intellettuali ebbero l ' ardire di affrontarlo con radicale intransigenza sin dagli inizi . Mussolini fornisce la misura della sua banalità quando considera il problema della autorità e della disciplina come il problema pedagogico essenziale per gli italiani . Vivaddio , non è questo che occorre insegnare agli italiani ! Da secoli si piegarono a tutti i domini e servirono tutti i tiranni . La nostra storia non offre sinora nessuna vera rivoluzione di popolo . In tutte le epoche della sua storia il popolo italiano ha sprigionato dal suo seno punte altissime , solitarie , inaccessibili ; minoranze eroiche , ferrei caratteri ; ma non ha saputo mai realizzare se stesso . L ' Italia fu la grande assente nelle lotte di religione , lievito massimo del liberalismo , atto di nascita dell ' uomo moderno . Il cattolicesimo italico , ammorbato dalla corte romana e dalla passiva unanimità , rimase estraneo anche al processo di purificazione che seguì la Riforma . Il cattolicesimo in terra di monopolio non ha nulla a che fare col cattolico in terra di concorrenza . Per secoli vivemmo , nel mondo della politica , di luce riflessa e stanche e frastagliate ci arrivarono le grandi ondate della vita europea . La stessa lotta per l ' indipendenza fu opera di una minoranza , non passione di popolo . Solo alcuni centri urbani del settentrione parteciparono attivamente alla rivolta contro lo straniero . Nel centro e nel meridione i Savoia , passato il primo periodo di entusiasmo , equivalsero al Lorena e al Borbone . La burocrazia piemontese avvolse nelle sue spire ordinate ma soffocatrici tutta quanta l ' Italia , spegnendo gli estremi aneliti di autonomia . Il trionfo della corrente monarchica e diplomatica valse , come in Germania , a separare violentemente il mito unitario da quello libertario . Mazzini e Cattaneo furono i grandi battuti del Risorgimento . La stessa libertà politica , che verrà lentamente col passare dei decenni , sarà figlia di transazioni e taciti accomodamenti . La conquista della libertà non è legata in Italia a nessun moto di masse capace di adempiere ruolo mitico e ammonitore . La massa fu assente . Il proletariato non si conquistò le sue specifiche libertà di organizzazione , sciopero , voto , a prezzo di prolungati sforzi e sacrifici . Il suo tirocinio , attorno al '900 , fu troppo breve ; e il suffragio universale apparve , e fu , calcolata elargizione paternalista . La regola secondo cui non si ama e non si difende se non ciò per cui molto si è lottato e sacrificato , ha avuto la sua riprova più tipica nella esperienza fascista . L ' edificio liberale crollò come cosa morta al suo primo urto e le classi lavoratrici assistettero inerti alla negazione di valori estranei ancora alla loro coscienza . Quando Mussolini elenca oggi le cifre delle sue greggia e delle sue mute di cani e vanta la unanimità , il partito unico , la scomparsa d ' ogni sostanziale contrasto , d ' ogni libera iniziativa di minoranze combattive , in nome di una rivoluzione carnevalesca , in realtà non fa che rinnovare i fasti del borbonismo , senza neppure lasciarci la consolazione di saperlo straniero e padrone per virtù di milizie preponderanti . È bensì vero che la sua faziosità romagnola lo porterebbe alla battaglia ; ma la battaglia egli non sa concepirla che in termini di forza bruta ; l ' orgoglio dispotico del dittatore lo costringe a spegnere sistematicamente ogni ardore di contrasto e di lotta . Pure la sua intransigenza settaria serve la causa della libertà . Coi randelli e le manette , con le raffinate persecuzioni , Mussolini sta costruendo a diecine di migliaia gli italiani moderni , volontari della libertà . La sua furia persecutrice e la logica tremenda degli strumenti repressivi di cui è ormai prigioniero , stanno diventando i nostri migliori alleati . Per la prima volta nella storia d ' Italia la rivendicazione dei diritti inalienabili della persona e del principio dell ' autogoverno , si pone come problema di popolo , e non più come problema di una setta di iniziati . Nessun italiano , per incolto e misero che sia , può ignorare il fascismo e i problemi di vita e di morte dal fascismo sollevati . L ' ultimo infelice bracciante della Calabria può oggi soffrire e sperare per la stessa causa che fa soffrire e sperare il più raffinato intellettuale e lo stesso industriale moderno del settentrione . Attraverso tanti patimenti e umiliazioni la coscienza del valore della libertà sta sorgendo in modo drammatico in vaste zone del popolo italiano . Gli italiani sono forse psicologicamente più liberi oggi , in questa lotta disperata per la conquista delle autonomie essenziali , di quel che non fossero ieri con lo pseudo Stato costituzionale giolittiano e le migliaia di associazioni indipendenti . Ciascuno vede il problema - - com ' è giusto - - attraverso la lente del suo interesse e del suo partito , ma il fuoco va diventando unico : la libertà . Gli stessi comunisti , nonostante tanti facili schemi , si vedono costretti a spiegare la dittatura in termini di libertà . L ' oppressione fascista prepara l ' unità morale del popolo italiano . Qual è la posizione dei socialisti di fronte al problema della libertà ? La dottrina marxista cui in maggioranza ancora aderiscono permette loro di giungere ad una visione integrale della questione italiana , con quella assolutezza ideologica ed etica che è premessa indispensabile per un serio moto rinnovatore ? Non direi . Il socialismo marxista ignora la libertà . Esso assegna alla libertà un valore tutto relativo e storico . Scambiando la sua essenza esterna e immutabile con le sue transeunti manifestazioni , nega addirittura la libertà e non vede che le singole , concrete , provvisorie libertà di classe , truccature più o meno sapienti degli interessi di classe . Per esso il problema , fondamentalissimo , della libertà morale dell ' uomo , non esiste neppure o è tutto e solo in relazione alla soggezione degli uomini al meccanismo economico . Gli uomini di Marx sono , dicevamo , uomini per definizione non liberi , operanti solo e solamente sotto la spinta del bisogno economico , costretti a ricorrere a metodi produttivi e a darsi rapporti politico ­ sociali ­ spirituali imperativi . L ' intimo fuoco del marxismo sta nel concetto della necessità storica dell ' avvento della società socialista in virtù di un processo obbiettivo e fatale di trasformazione di cose . La volontà umana compare con ruolo secondario , per non dire determinato . I problemi di coscienza , di autonomia , di formazione di libere personalità , non esistono per Marx . Essi sono rimandati all ' indomani della trasformazione sociale . Niente è più utopistico e antiliberale di questo rovesciamento brusco e messianico di posizioni di questo passaggio da un regno dove la necessità domina inesorabile a un regno dove la libertà trionfa sovrana . La morale , come la libertà , sarebbero prodotti storici , meri riflessi della evoluzione del mondo esteriore . Tanto di libertà nel mondo esterno della produzione , e tanto di libertà nel mondo interiore . Solo emancipando gli uomini dalla schiavitù dei rapporti capitalistici essi diventerebbero liberi . Togliete il monopolio nel campo della proprietà , abolite il sistema attuale dei rapporti sociali - - dice Marx - - e voi vedrete sorgere automaticamente una generazione di uomini liberi . Errore e illusione , o per lo meno grandissima unilateralità . Come sempre accade alle tesi innovatrici , il marxismo ha posto in risalto un dato , sia pure essenziale , del problema ; ma per affermare quello ha sacrificato tutti gli altri . Vi sono dei valori essenziali nella vita così degli uomini come della società che non dipendono da una semplice trasformazione ambientale , che si pongono sempre e dovunque ci si innalzi sopra la vita animale , e che richiedono , per essere compresi , l ' educazione e gli sforzi di una lunga serie di generazioni : anzi si può dire che essi costituiscono il presupposto indispensabile per quella stessa trasformazione ambientale dai socialisti auspicata . Se gli uomini non hanno radicato né il senso della dignità né quello della responsabilità , se non sentono la fierezza della loro autonomia , se non si sono emancipati nel loro mondo interiore , non si fa il socialismo . Si fa lo Stato caserma , lo Stato prussiano , uno Stato che è libero nell ' etichetta , ma schiavo nella sostanza . Senza la tappa del libero esame e la tappa dell'89 , tappe che ad ogni generazione spetta peraltro di ripercorrere , il socialismo si riduce ad un melanconico sogno di burocrati . L ' impotenza del socialismo marxista di fronte ai problemi di libertà e di moralità , si rivela anche nella sua relativa incapacità a penetrare il fenomeno fascista . Esso non vede nel fascismo altro che un fatto brutale di reazione di classe , la forma moderna , tipica , di reazione capitalistica . Il fascismo è , tout court , la borghesia che ricorre alla violenza per opporsi all ' ascesa proletaria . Tutto il resto è fumo ideologico , dicono i marxisti . Con un facile semplicismo che vorrebbesi gabellare per realismo , si sorvola su tutto il lato morale della questione , su tutto ciò che di caratteristicamente italiano rivela il fenomeno fascista . Ma l ' errore è grossolano . Col solo interesse di classe il fascismo non si spiega . Le squadre d ' azione non sorsero solo per l ' ira cieca dei ceti retrivi sovvenzionatori . Faziosità , spirito d ' avventura , gusti romantici , idealismo piccolo borghese , retorica nazionalista , reazioni sentimentali della guerra , inquieto desiderio del nuovo , qualunque esso fosse , - - senza questi motivi il fascismo non sarebbe stato . Dalle sedimentazioni nascoste della razza , dalle esperienze delle generazioni , il fenomeno fascista è venuto fuori quasi per esplosione , stimolato da un evidente interesse di classe , ma profondamente inciso da caratteri che sono indipendenti dai criteri di classe . Nel bolscevismo diciannovista molti degli aspetti non solo estrinseci del fascismo si ritrovavano in pieno . Il fascismo va innestato sul sottosuolo italico , e allora si vede che esso esprime vizi profondi , debolezze latenti , miserie ahimè del nostro popolo , di tutto il nostro popolo . Non bisogna credere che Mussolini abbia trionfato solo per la forza bruta . La forza bruta , da sola , non trionfa mai . Ha trionfato perché ha toccato sapientemente certi tasti ai quali la psicologia media degli italiani era straordinariamente sensibile . Il fascismo è stato in certo senso l ' autobiografia di una nazione che rinuncia alla lotta politica , che ha il culto dell ' unanimità , che rifugge dall ' eresia , che sogna il trionfo della facilità , della fiducia , dell ' entusiasmo . Lottare contro il fascismo non significa dunque solo lottare contro una feroce e cieca reazione di classe , ma lottare contro un certo tipo di mentalità , di sensibilità , di tradizione italiana che sono proprie , purtroppo , inconsapevolmente proprie , di larghe correnti di popolo . Perciò la lotta è difficile e non può consistere in un semplice problema di meccanico rovesciamento del regime . È innanzitutto problema di educazione morale e politica nostra e altrui , dei nostri avversari soprattutto , in ogni caso di tutti gli italiani , indipendentemente da ogni divisione di classe . Ben lungi dal terminare il giorno della rovina fascista , è anzi solo allora che si porranno i problemi costruttivi ... Ma perciò la lotta è bella , la lotta è vitale , la lotta è degna veramente di tutti i sacrifici . Ora non sono rari i socialisti che , fisso lo sguardo alla sottostante « struttura economica » , ci tengono ad ignorare puramente e semplicemente questi problemi . Che cosa diventa ai loro occhi la lotta per la libertà ? Una lotta strumentale , una lotta per la conquista di istituzioni e di posizioni tattiche che hanno un valore transitorio , di convenienza , perché saranno poi negate con l ' avvento della società socialista . L ' abitudine a considerare il problema economico come il problema chiave , il problema determinante , e a misurare tutti i valori in termini utilitari , fa sì che sfuggano loro i valori profondi e permanenti che solo un regime di libertà è capace di suscitare . Ciò che ad essi interessa è unicamente la forma della lotta politica , e non la sostanza del clima liberale . Quando i marxisti rivendicano la libertà non lo fanno per il suo valore in sé , ma solo perché ritengono che essa favorisca il risveglio proletario e lo stesso sviluppo capitalistico . Posti così in contrasto tra il liberalismo nei metodi e l ' illiberalismo del fine , è fatale che si sentano a disagio nella lotta per la libertà , e vi partecipano con una infinità di riserve , attenuazioni , sottili interpretazioni , che tolgono alla loro rivendicazione , utilitaria e transitoria , ogni forza di suggestione e di proselitismo . Come si fa infatti ad incitare la classe lavoratrice alla lotta rivoluzionaria in nome della libertà , quando nel momento stesso la si ammonisce che la libertà non esiste , che il metodo democratico è utile oggi ma potrà negarsi domani , che la lotta che facciamo non è , se non molto indirettamente , una lotta socialista ? Una vera quadratura del circolo . Da che c ' è storia non si sono mai fatte rivoluzioni coi valori relativi . La tattica , il calcolo , possono bensì alimentare una disputa accademica , non mai una battaglia nelle strade . Senza il balenio di un ideale supremo che permei nel profondo la sostanza e i fini della lotta attuale , senza una coscienza vivissima e abbagliante del valore dei beni pei quali si combatte , non si crea una temperatura rivoluzionaria . Finché i socialisti non affermeranno il valore assoluto , in sé , del clima liberale , delle istituzioni democratiche , delle stesse concrete libertà di stampa , di riunione , di pensiero , saranno impotenti ad affrontare vittoriosamente la lotta per la libertà . Trattenuto da mille perplessità anche per questo motivo si spiega come il socialismo italiano , nonostante disponga delle leve massime per determinare una sollevazione antifascista , non sia riuscito ancora a ottenere un serio risveglio tra le masse . Gli manca la fede profonda nella libertà , e si consuma nella contraddizione tra mezzo e fine . La superiorità della posizione socialista liberale delineata nel capitolo precedente , pare a me che stia in ciò : che per essa noi ci sentiamo perfettamente a posto in questa lotta per la libertà , che in nulla dobbiamo rinunziare o transigere sul nostro programma , prendendo a prestito motivi propri alla ideologia borghese . Per noi il mito della libertà impregna tutto il nostro programma , perché anche le più avanzate trasformazioni sociali , le sollecitiamo e le giustifichiamo in nome di un principio di libertà : di libertà piena , effettiva , positiva , per tutti gli esseri umani , in tutti gli aspetti dell ' esistenza . Libertà politica e spirituale oggi , perché costituisce la premessa , lo strumento , l ' atmosfera indispensabile per la nostra battaglia , anzi un momento immanente della nostra battaglia ; e libertà , autonomia nell ' economia e nello Stato , domani . Libertà come mezzo e come fine . Lottiamo per il mezzo - - il metodo democratico - - in quanto esso è tutto penetrato dal fine . La nostra posizione non è che lo svolgimento logico , sino alle ultime conseguenze , del principio di libertà . Il socialista liberale non ha programmi da sospendere , dottrine da tenere in riserva , rivendicazioni da sottacere , perché in contrasto con la impostazione attuale della lotta . Pare a me di scorgere una mirabile armonia , una perfetta rispondenza tra fini e mezzi , tra pensiero e azione , tra lotta di oggi e lotta di domani . E mai come oggi - - in cui ogni parvenza di libertà è morta in Italia - - io sento la suprema bellezza di una lotta che si svolge intorno ai principi primi della nostra vita e della nostra fede . Si leva a questo punto la voce del « praticone » , del vecchio socialista positivo , realista , ad annunciarci che questi son tutti bei sogni di poeti e di intellettuali ; che l ' ideale di una lotta per la libertà può animare contro il fascismo solo una piccola minoranza di aristocratici ; che la massa , oppressa dal problema del vivere e abituata a guardare al sodo , all ' utile , al positivo , si muoverà solo per ragioni economiche ; che se le sorti della battaglia antifascista potessero dipendere dall ' azione di infime minoranze avremmo forse ragione noi ; ma dipendono invece dalla riscossa della massa e quindi è ai bisogni e alla psicologia della massa che è necessario riferirsi ; che dunque occorre dare alla opposizione al fascismo un fondamento soprattutto economico , dimostrando che in tanto si reclama la libertà in quanto solo con la libertà i lavoratori vedranno migliorare le loro condizioni di vita e rispettati i loro diritti fondamentali . In questo ragionamento , in apparenza suadente , si cela una gravissima debolezza ed una contraddizione . Nessuno evidentemente nega la necessità di spiegare in termini positivi il contenuto e le conseguenze della lotta per la libertà , apportatrice di maggiore benessere , di più pane e di più companatico . Solo attraverso il reale si arriva all ' ideale , ricordava Jaurès . Quanto più premono le condizioni sociali e ambientali e tanto più si è negati ad una contemplazione pura dell ' ideale . Ma da questo elementare riconoscimento ad arrivare al cliché di una massa sensibile solo agli aspetti materiali dell ' esistenza , ci corre ; giacché nel passaggio si perde tutto il valore ideale , tutto l ' aspetto finalistico della lotta per la libertà . Bisogna spezzare il facile ricatto della Massa , che si vorrebbe elevare al rango di nuovo Moloch , sacrificatore della nostra migliore umanità ; tanto più che esso nasconde , assai più spesso che non si creda , un comodo alibi per la propria impotenza spirituale o uno stupido orgoglio . Sono proprio i presunti avvocati della massa , che vorrebbero impartirci lezioni di umiltà , a peccare per aristocraticismo . Con che diritto essi affidano ad una piccola minoranza - - alla quale beninteso si ascrivono - - il monopolio di tutti i sentimenti disinteressati ? Con che diritto operano questo taglio feroce , ponendo da un lato i pochi , gli eletti ; e dall ' altro i molti , i paria dello spirito ? Non capiscono che così facendo condannano precisamente il diritto della massa , il diritto della maggioranza , che verrebbe automaticamente a cedere di fronte a quello degli eletti , della minoranza , appunto perché essa minoranza esprime dei valori qualitativi superiori ? Il giudizio pessimistico sulla massa è un giudizio pessimistico sull ' uomo , dappoiché la massa non è che una somma di concreti individui . Quando si dichiara la massa incapace di affermare , sia pure attraverso rozze e primitive intuizioni , il valore della lotta per la libertà , si dichiara l ' uomo chiuso ad ogni istinto che non sia di natura strettamente utilitaria ; ma si taglia contemporaneamente alle radici ogni sogno di palingenesi e di redenzione sociale e si scuote la stessa fede negli istituti democratici , fede che è fondata sulla tesi di una fondamentale identità degli uomini e su un ragionevole ottimismo nell ' uomo . Oppongono i moderni utilitari che è solo nella misura in cui si riescono ad emancipare gli uomini dalla schiavitù dei bisogni materiali che sorge l ' apprezzamento per i valori ideali . Ma il ragionamento è falso e pericoloso assieme . Falso , perché per il passato , quando il livello medio di esistenza era infinitamente inferiore all ' attuale e la pressione dell ' ambiente assai superiore , si ebbero giganteschi fenomeni di esaltazione collettiva per cause religiose , politiche , sociali , che non si spiegano assolutamente col solo motivo economico . Pericoloso , perché ciò equivarrebbe a riconoscere che la borghesia , che è dotata di assai maggiore autonomia economica del proletariato , dovrebbe essere assai più disposta alla professione di fedi disinteressate . Il che , è quasi ozioso dirlo , urta clamorosamente con la verità e con tutto il pensiero socialista . In verità la massa non è vero sia negata ad ogni appello che faccia leva su motivi non strettamente utilitari . Nella vita di tutti gli uomini , anche i più poveri , anche i più abbrutiti , c ' è posto per momenti di riscatto e di catarsi . Nell ' ambito familiare questi momenti idealistici tutti li riconoscono : è assurdo negarli nella sfera sociale . La storia di tutti i popoli conosce attimi , sia pure , ma di sublime bellezza , in cui folle intere si apersero ad una visione elevata e disinteressata . Il movimento operaio e la stessa guerra ce ne fornirono degli esempi . Perché supporre che la classe lavoratrice non giunga a sentire la bellezza di una lotta per la libertà , di una lotta che implica come primo sentimento il rispetto di sé e dei propri simili ? Non v ' è maggiore schiavitù di coloro che , raggiunta la consapevolezza della loro condizione servile , vi si rassegnano . Non v ' è maggiore impotenza di quella di coloro che , intuito il valore ideale della libertà , si inducono a contaminarla , a farne una rivendicazione tutta solo prosaica e utilitaria , in omaggio a una pretesa insensibilità delle masse . Se davvero le masse ( cioè l ' uomo medio ) fossero così negate al senso del valore superiore della libertà , sarebbe questa la migliore ragione per reagirvi con una opera paziente di educazione e di proselitismo . I marxisti invece hanno sempre trovato un particolare diletto a spengere in germe i motivi idealistici , sprezzandoli e riconducendoli sempre alle loro pretese origini utilitarie . Ma nella posizione dei marxisti di fronte al problema della libertà si rivela , oltretutto , una contraddizione . Sostengono da un lato che la massa si potrà muovere solo per interessi materiali ; mentre dall ' altro le chiedono oggi , nella concreta situazione italiana , di rovesciare violentemente il fascismo . Non intendono che con la molla dell ' interesse nessuno sarà indotto ai sacrifici indispensabili di una battaglia rivoluzionaria . Non basta dimostrare alle masse che da un regime di libertà ricaveranno dei vantaggi ; bisogna dimostrar loro che i sacrifici di prigione , di esilio , di sangue saranno compensati nell ' atto stesso in cui saranno compiuti anche per coloro che li compiono . Il che è manifestamente assurdo . Una lotta rivoluzionaria , a qualunque fine indirizzata , richiede nella massa una disposizione altruistica e idealistica , la capacità di esprimere dal suo seno una minoranza eroica che si sacrifica . Ora in nome di che si sacrificherà la massa se davvero non può muoversi che sul piano assegnatogli dai nostri utilitari ? Mistero dei misteri . È doveroso dirlo , i socialisti che si mantengono ancora legati alla concezione formalistica e strumentale della lotta per la libertà , sono fatalmente tagliati fuori dalla battaglia e precipitano al compromesso . A un compromesso che potrebbe magari assicurare l ' apparenza della libertà ma ne ucciderebbe in germe la sostanza animatrice . Noi intendiamo dunque chiamare il popolo italiano , la massa , a una lotta rivoluzionaria in nome del principio di libertà . Questo principio di libertà non esclude , anzi include , rivendicazioni di carattere più positivo e ardite riforme sociali ; la lotta per il pane e più umane condizioni di vita si identifica per tutte le classi e soprattutto per la classe operaia , con la lotta per la libertà ; ma il mito animatore della rivoluzione italiana sarà rappresentato dal principio di libertà . Coloro che ci rimproverano il carattere intransigente dato alla lotta ricordino che nella vita degli individui come dei popoli vi sono ore drammatiche in cui il cozzo di due principi e di due mondi morali reciprocamente escludentisi vieta ogni posizione di compromesso . La regola pratica del liberalismo , la regola del giusto mezzo , cade , potendosi essa applicare solo laddove regna un accordo sui fondamenti essenziali della vita sociale . Il fascismo per primo ha spazzato via il terreno da tutte le comode e quietistiche posizioni intermedie , irrigidendosi in una settaria e categorica proclamazione di principi , scavando un abisso ideologico e pratico tra italiani e italiani , tra Italia fascista ed Europa moderna . Il fascismo è , prima e soprattutto , antiliberalismo : impossibile quindi transigere . In tutti i paesi la libertà è figlia di rivoluzione . L ' Inghilterra col 1648 , la Francia col 1798 , la Germania e la Russia con le rivoluzioni del '17 e del '18 , conquistarono il loro definitivo atto di emancipazione . Sembra quasi che una fatalità storica leghi , attraverso i secoli , la emancipazione dei popoli . Se il popolo d ' Inghilterra - - ebbe a dire una volta Gladstone - - avesse obbedito al precetto della esclusione della violenza e del mantenimento dell ' ordine , le libertà d ' Inghilterra non sarebbero mai state ottenute . Coloro che appartenendo a popoli liberi che hanno nel sangue da molte generazioni la religione della libertà , ci invitano al compromesso , non intendono nulla della lotta che si svolge in Italia e sono , inconsapevolmente , i migliori alleati del fascismo . Il fascismo non teme le mezze fedi e le posizioni di transazione imposte dalla sua intransigenza ; in otto anni di pratica di governo ha sempre trionfato di tutti i tentativi di aggiramento e di corruzione . Ciò ch ' esso teme sono le coscienze rettilinee e la fede pura nei principi ; ciò ch ' esso ha colpito , barbaramente colpito , sono gli uomini che tutta la loro vita stoica e puritana indicava come i simboli di quest ' opera di rigenerazione . È senza dubbio molto disturbante avere in Europa un problema così tragico come quello italiano ; ma è inutile illudersi : esso sarà eliminato solo quando sarà risolto . Esiste ormai in Italia o fuori d ' Italia una generazione di uomini che hanno scelto il loro destino e per nulla al mondo rinunceranno a condurre la battaglia sino al suo logico sbocco . Sono essi ormai che impongono rotta obbligata alla dittatura e imprigionano il fascismo nella logica orribile del suo sistema repressivo ; [ il giorno che il fascismo concederà loro uno spiraglio , essi da quello spiraglio faranno passare un esercito . ] Nulla questi uomini chiedono agli stranieri , all ' infuori di quella comprensione e solidarietà morale che dovrebbero sentirsi come dovere nella comunità dei popoli liberi . CAPITOLO VIII PER UN NUOVO SOCIALISMO I . L ' ideologia . Nel precedente capitolo abbiamo per sommi capi delineata quella che dovrebbe essere la impostazione della battaglia antifascista da parte di un socialismo penetrato da una più alta esigenza di moralità e di libertà . In questo cercheremo di stabilire qualche punto di orientamento per il movimento socialista di domani . La questione è tutt ' altro che bizantina . Il domani vaticinato non può essere lontano e giungerà comunque improvviso ; e la storia non ammette previsioni e dilazioni . Se i problemi della ripresa socialista non verranno sin d ' ora virilmente affrontati , il movimento socialista correrà il rischio , come dopo la guerra , di restar travolto dal ciclone demagogico improvvisatore . Ma prima ancora di scendere all ' esame di codesti problemi , è utile chiedersi quale carattere assumerà questo ritorno alla vita del socialismo . Ripresa pura e semplice nei solchi tradizionali , oppure fresca e originale rinascita ? Coloro che la vita intera spesero sempre nel movimento non si rendono conto della gravità della crisi che stiamo attraversando e si illudono che nulla di sostanziale sia mutato . Consapevoli della profonda penetrazione operata dal socialismo in Italia , e dei vasti residui sentimentali che sono nelle masse , non vedono soluzione di continuità . Pare a loro che i problemi di ieri saranno ancora quelli di domani , che la continuità , assicurata dalle loro persone , sarà confermata dalle cose ... A questa conclusione sono tratti dalla stessa considerazione del fenomeno fascista - - che definiscono parentesi irrazionale dovuta a fattori estrinseci e superficiali - - e una vena scettica e fatalistica . Ciò che è avvenuto , essi dicono , doveva avvenire . Il movimento socialista è stato quello che è stato non per volontà di uomini , ma per forza di cose e di imperscrutabili eventi . Le « cose » non si processano . Se lungo il suo glorioso cammino il socialismo ha subito questo brusco colpo d ' arresto , ciò non significa che lo si potesse evitare o che i socialisti ne portino colpa . È l ' alterna vicenda della lotta tra proletariato e borghesia . Se la reazione ha vinto non è per gli errori commessi dai suoi avversari , ma per gli immensi progressi compiuti e consolidati ; progressi che han determinato la reazione con la stessa fatalità con cui la condensazione atmosferica determina la pioggia . Nulla perciò di sostanziale da rivedere Attendere , sperare , e riprendere coraggiosamente il cammino a via di nuovo aperta . Il fascismo non è che un episodio , I vinti di oggi saranno i vittoriosi di domani . Non così la pensa la nuova generazione . I giovani non amano le comode autoassoluzioni coi ricorso a un determinismo a posteriori . Essi pretendono un virile esame delle cause della sconfitta , un serio processo di revisione e di autocritica . Credenti nel ruolo della volontà umana nella storia , non son disposti ad attribuire la sconfitta alla inimicizia degli dei o al ritmo delle forze produttive . Essi sentono chiaramente che il fascismo è ormai una esperienza che lascerà il suo solco nella vita italiana ; non può trattarsi alla stregua di un mero accidente o di una semplice parentesi sospensiva . Combatterlo non significa annullarlo . Anzi , tanto meglio lo si combatte e lo si supera , quanto meglio lo si è compreso . Comprendere è superare . Il fascismo è quasi del tutto sfornito di valori costruttivi ; ma ha un valore di esperienza , di rivelazione degli italiani agli italiani , che non può trascurarsi . Pur non risolvendoli o risolvendoli male , il fascismo inoltre ha sollevato problemi che non si possono ignorare . Il problema dei rapporti tra socialismo e nazione , il problema del governo in regime di democrazia , il problema dell ' autonomia politica , si porranno , a fascismo caduto , con una intensità e uno stile affatto nuovi . Ma più ancora che l ' esperienza fascista - - tremendamente negativa , ma pur sempre incisiva - - il deciso rinnovamento sarà imposto al movimento socialista dall ' esistenza delle nuove generazioni con le quali sarà necessario prepararsi a fare i conti . Lo stesso prolungarsi del fenomeno fascista - - che vieta sotto qualsiasi forma un allacciamento al passato - - e le fondamentali esperienze della guerra e dopoguerra , hanno creato nei giovani una mentalità nuova e un penoso distacco cogli elementi della vecchia generazione . Questo distacco è di tutti i tempi e di tutti i luoghi ; ma la guerra lo ha reso in Europa più acuto ; e in Italia - - per le ragioni accennate nel capitolo sul socialismo italico - - addirittura drammatico . [ Per chi alla guerra partecipò nel fiore degli anni , o nella sua arroventata atmosfera si formò , la guerra è il tragico punto di partenza , la cresima , la impronta indelebile . Per noi , innanzi il '14 , non v ' è storia vissuta , ma solo storia appresa sui libri , che non suscita in noi echi profondi . Per i nostri vecchi , invece - - tolto qualche raro spirito eternamente giovane - - il fulcro della loro vita utilmente vissuta è tutto compreso nel venticinquennio 1890­1915 . Dopo vengono le tenebre . La violenta negazione successiva , culminata nel fascismo , si presenta necessariamente come una offesa recata al meglio di loro stessi e all ' opera tenace e paziente in cui cercarono di estrinsecarsi . Il domani si presenta loro non come lo sboccare fremente verso un avvenire ricolmo di azzardo e di ignoto , ma come un ritorno , dopo tanto deviare , alle esperienze della loro giovinezza . Il loro sguardo accorato si volge così nostalgicamente a un passato che non può tornare e che è fatalmente muto pei giovani . La rottura è stata troppo brusca . Il cozzo delle mentalità vieta ogni stretto rapporto . Vecchi e giovani socialisti possono amarsi , stimarsi , lavorare assieme ; ma non si comprendono più . È fatale che non si comprendano più . Parlano due lingue diverse . In questo stato d ' animo dei giovani c ' è probabilmente anche molta ingiustizia verso la vecchia generazione ; e quando verrà il tempo di fare la storia , la correzione si imporrà e l ' allacciamento per qualche via si compierà . Ma per intanto non è male che li assista questa aspra volontà di rinnovamento e di purificazione ; la fede - - fosse pure illusoria - - di fare per l ' avvenire meglio di quel che si fece per il passato , ricavando dalla dura lezione di questi anni tutto l ' insegnamento ch ' essa contiene . ] Definiamoci dunque in funzione d ' avvenire . Il problema ideologico . Sul problema ideologico abbiamo già detto l ' essenziale nel capitolo sui socialismo liberale , perché occorra qui ripetersi . Il socialismo europeo si avvia decisamente verso una concezione e una pratica laburista liberale e verso responsabilità di governo . In Italia seguirà altrettanto . È desiderabile che questo movimento sia consapevole , cioè preveduto e voluto , e non appaia dettato dalle circostanze ; e si accompagni a un serio sforzo di rinnovamento ideologico . Il marxismo non può più aspirare a conservare il ruolo che ebbe per il passato . Se continuasse ad esercitarlo ciò avverrebbe per pigrizia e insincerità . Nessuno , più , tra i capi socialisti , aderisce intimamente al marxismo ; o , se vi aderisce , lo fa con tali riserve e distinzioni da togliergli gran parte del valore pedagogico e normativo . Queste cose vanno dette , alte e forti , senza tema di provocare disincantamenti . E chi non si sente di dirle tolleri in buona pace che altri le dica , senza per questo espellerlo dal socialismo . Bisogna farla finita coll ' assurdo timore reverenziale verso tutto ciò che si riferisce a Marx . Dissociare - - o per lo meno concedere che si possa dissociare - - socialismo e marxismo , riconoscendo nel marxismo una delle molteplici e transeunti teorizzazioni del moto socialista ; di un moto che si afferma spontaneamente e indipendentemente da ogni teoria , e che riposa su motivi e bisogni elementari dell ' uomo . Tocco un punto che reputo fondamentale . Si parla di libertà , ci si batte per la libertà . Ma la prima libertà che occorre instaurare è quella all ' interno del movimento , rompendo le incrostazioni dogmatiche e i grotteschi monopoli . Il moto socialista deve avere la coerenza di applicare prima di tutto a se stesso le regole ideali che lo ispirano nella riforma della società tutta quanta . La disciplina è propria dell ' azione , ma guai a imporla nel dominio delle idee e delle ideologie . La pretesa di voler imporre , attraverso il partito , un abito intellettuale a serie , è quanto di più mortificante e pericoloso si possa immaginare . Ho già avuto occasione di dire quale gelo , quale paralisi avesse arrecato al partito socialista italiano il monopolio marxista . Questo monopolio - - sì , d ' accordo , sovente più formale e fraseologico che sostanziale , perché i più restano , in fatto di marxismo , al di là del bene e del male - - ha bisogno urgente di essere spezzato , per favorire il più libero estrinsecarsi di tutte le correnti onde si è alimentato per il passato il gran moto di emancipazione sociale . Tra i socialisti italiani si sono andate perpetuando divisioni e incomprensioni che non hanno più ragione di esistere quando l ' adesione ai principi marxistici non sia più considerata come testo di fede , e quando accanto alla concezione tradizionale del socialismo si ammetta la vitalità o per lo meno la utilità di altre correnti particolarmente sensibili ai problemi morali ( socialisti mazziniani , etici , cristiani ) , o ai problemi di autonomia e di forma politica ( repubblicani , autonomisti ) , o ai problemi di libertà e di dignità individuale ( socialisti liberali e non pochi sedicenti socialisti anarchici ) , ecc . ecc . Negli ultimi trent ' anni il movimento socialista italiano si è come cristallizzato e ha perduto progressivamente ogni virtù di assorbimento e di intera ricomposizione . Esso si è ritagliato una fetta , certo cospicua , nel panorama sociale italiano ; ma ha finito per accontentarsi di lavorare su quella , rinunziando implicitamente ad estendere la propria influenza e a rinnovarsi ; e ha così favorito singolarmente il trionfo di altri movimenti , come tipicamente quello democratico cristiano , o ha allontanato da sé ogni fervore di vita culturale . Un movimento socialista italiano che sapesse imporsi la fatica di una profonda revisione di valori , son certo riuscirebbe a convogliare seco - - nonostante le diversità di origine - - tutte le forze giovani che aderiscono e ancor più aderiranno , in una Italia libera alfine , alla causa dei lavoratori ; e a determinare nello stesso suo seno un impetuoso rigoglio di vita e di discussioni , necessità ineliminabile dei giovani che , entrando nel mondo delle idee , hanno il dovere di fare i conti coi problemi del loro tempo . Il discorso sulla necessità di un rinnovamento ideologico e di un maggiore liberalismo all ' interno del movimento , si allarga a tutto quanto il problema della cultura . I socialisti in genere , e quelli italiani in particolare , sono terribilmente in ritardo in fatto di cultura ; in ritardo - - intendo - - sulle posizioni in cui trovasi il meglio della nuova generazione . Ciò deriva in parte dalla pesantezza dei movimenti di massa , assai conservatori in fatto di ideologia e di cultura ; ma in parte , in somma parte - - almeno in Italia - - dall ' attaccamento feticistico alle posizioni del materialismo positivista che contrassegnava la élite socialista trent ' anni fa . Essa ha sempre violentemente combattuto ogni deviazione dal socialismo ateo , materialista , positivista ; e ha dispregiato come borghesi tutte le correnti giovanili che non aderivano allo schema abituale . Nel suo misoneismo c ' era , in verità , oltre a una notevole incomprensione , una discreta dose di presunzione . Perché essa non solo non aveva innovato , al tempo della sua formazione , le posizioni culturali della borghesia tutte dominate dai pontefici positivisti ; ma le aveva anzi abbracciate entusiasticamente , seguendo a molti decenni di distanza l ' esempio di quelle correnti democratiche borghesi che si accingeva a soppiantare in sede politica . Non avrebbe quindi dovuto meravigliarsi che le nuove couches giovanili socialiste evolvessero in rapporto ai tempi . Ma no . Si trasportò in sede culturale lo stesso abito dogmatico che si portava in politica , e si pretese d ' esser giunti in filosofia a verità assolute , definitive , senza possibilità di ritorni e di contraddizioni . La dialettica , tanto celebrata nel moto sociale , si negò nel mondo delle idee , o vi si rimbalzò in una forma meccanica . Il socialista doveva essere e non poteva che essere , positivista ! L ' idealismo e lo spiritualismo erano degenerazioni « borghesi » ! Ebbene , bisogna che i socialisti , vecchi e nuovi , si convincano che alcune posizioni dello spirito umano , per contraddittorie che siano , sono insuperabili , eterne come il pensiero , connaturate alla nostra intelligenza , e sfuggono a ogni e qualsiasi rapporto di classe . Non è vero che il socialismo stia in una relazione necessaria con le filosofie materialistiche e positiviste . È ridicolo pensare che verrà giorno in cui gli uomini , concordi sui massimi problemi della vita e dell ' essere , abbatteranno religioni e metafisiche per vivere solo e sempre nel regno dell ' esperienza sensibile . Quel giorno , che per fortuna non verrà mai , sarebbe un gran brutto giorno . Da che mondo è mondo , questa varietà , questo alternarsi , questo perenne procedere per contraddizioni e per sintesi , è sempre esistito , e non c ' è uomo non volgare che non l ' abbia provato in se medesimo . I socialisti troppo audacemente trasportano in sede culturale e spirituale la terminologia politica e le divisioni di classe . Altro frutto del determinismo marxista , altro grossolanissimo errore . La cultura non è né borghese né proletaria ; solo la non cultura è tale , o taluni aspetti estrinseci o secondari della vita culturale . Si possono avere dei riflessi di classe sull ' arte , ma non un ' arte di classe . La cultura di un ' epoca , di una nazione , è un patrimonio di valori che trascende il fenomeno economico della classe , per affermarsi come universale . E anche per quanto si attiene a quegli aspetti estrinseci e secondari , a quei riflessi di classe nella cultura , ai socialisti si impone molta prudenza . Perché , è doloroso dirlo , in fatto di attaccamento alla tradizione , al costume , ai gusti , alla morale corrente , il proletario medio non si distingue dal borghese medio . Il proletariato , come tale , si è dimostrato sinora incapace di dar vita a seri movimenti rinnovatori nella sfera della cultura ; esso non fa che seguire , a distanza di una o due generazioni , le mode letterarie , artistiche , filosofiche della borghesia colta . Per trovare dei movimenti o dei tentativi seriamente emancipatori nella sfera intellettuale , è piuttosto alle avanguardie di provenienza borghese che bisogna rivolgersi . Di provenienza borghese , non borghesi esse stesse ; giacché esse , meno di chiunque altro , aderiscono alla mentalità e ai pregiudizi propri della borghesia . Tanto è vero che è dal loro seno che proviene quasi tutta la élite socialista . Il lungo discorso comporta una precisa conclusione . Questa : il movimento politico socialista deve adottare , per quanto si attiene all ' indirizzo filosofico e culturale , un principio di larga intelligente tolleranza ; se per il singolo è comprensibile , anzi doveroso , ogni sforzo per collegare teoria e pratica , pensiero e azione , lo stesso proposito , riferito al movimento nel suo complesso , è un fatale errore . Guai a legare un moto dallo svolgimento secolare e dalla molteplicità insopprimibile dei motivi , a un dato credo filosofico . Guai a voler fissare , come altra volta si fece , una filosofia « ufficiale » del socialismo . Significa o far sorgere tanti socialismi quante sono le correnti o , ipotesi più verosimile , inceppare , inaridire , isolare il movimento . Significa non rendersi conto della straordinaria complessità e intensità di vita del mondo moderno , dove continuo è l ' alternarsi delle posizioni , delle scuole , dei metodi , dove rapidissimo è il logoramento di credenze ritenute incontrovertibili , dove neppure si concepiscono posizioni di riposo . Significa soprattutto dimenticare che l ' onda del pensiero , della scuola , dei gusti culturali è assai più corta e frastagliata dell ' onda del moto sociale e socialista ; o che per lo meno l ' una non coincide con l ' altra . Le premesse da cui scaturisce il moto socialista sono così elementari ed universali da non implicare nessuno specifico e necessario rapporto con questa o quella filosofia . Una vera filosofia , appunto perché filosofia , potrà sempre giustificare , secondo i casi , e la conservazione e la rivoluzione e la restaurazione . Il caso di Hegel prova per tutti . La impossibilità , oltre che l ' errore , di legare il grande moto socialista a un determinato indirizzo teoretico e , in particolar modo , all ' indirizzo marxista , si rivela chiaramente attraverso l ' analisi del socialismo contemporaneo . Esso non solo si va emancipando dalla servitù marxista , ma , col crescere in estensione e profondità , si viene colorando in modo diverso nei rispettivi ambienti nazionali . Anche i più ciechi credenti nell ' internazionalismo assoluto della classe proletaria - - tipico dei bohémiens e dei perseguitati , proprio di una fase romantica iniziale - - sono costretti a riconoscere le sostanziali differenze tra i principali movimenti socialisti del mondo . Differenze che non si spiegano davvero col diverso grado di sviluppo economico dei vari paesi - - secondo vorrebbe il marxismo - - ma col ricorso a complesse serie causali , la cui sintesi trovasi nella fisionomia delle singole collettività nazionali . Di tutti i grandi movimenti socialisti , solo la socialdemocrazia austro ­ germanica si dichiara ancora formalmente aderente al marxismo , nonostante la netta correzione in senso democratico apportata dalla rivoluzione del 1918 e il diffondersi dell ' eresia nel movimento giovanile . La tradizione socialista francese - - romantica , umanistica , libertaria - - è sempre rimasta estranea all ' influenza marxista . La conciliazione fallì sempre , anche nei più grandi , come Jaurès , che sol nell ' impeto oratorio riuscì a superare il dualismo dei motivi . Nei socialisti francesi non si smarrirono mai il culto dell ' individualità , la fede nella libera iniziativa operaia , la adesione alla realtà nazionale , il riconoscimento dei fattori morali , il rispetto per la piccola proprietà rurale e artigiana . Proudhon , Sorel , Jaurès , e non Lafargue e non Guesde , sono i legittimi rappresentanti della mentalità socialista francese . Ancora più spiccata la originalità del socialismo britannico , decisamente antimarxista , antideologo , antilaico , insensibile o quasi alle lotte di tendenze , amante , per la mentalità empirica così tipica negli inglesi , dei problemi concreti . Il partito laburista - - geniale sintesi federativa di tutte le forze che si battono per la causa della giustizia e del lavoro - - pratica la lotta di classe , ma si è sempre rifiutato di elevarla a supremo canone tattico . Esso mira alla riforma graduale e pacifica della società tutta quanta , senza tragiche opposizioni e soluzioni di continuità . Non intende il socialismo britannico e il fiasco che vi hanno incontrato tutte le correnti a tipo continentale - - da Rousseau a Lenin - - chi non ponga mente , oltre all ' insularità , al cemento religioso che lega tutti i britanni . L ' interesse che tutti portano ai problemi dello spirito favorisce la mutua comprensione e tolleranza , e delimita strettamente la divisione e l ' urto di classe nella sfera materiale , ammortizzandola . La Camera dei Comuni vede spezzarsi i partiti e ricomporsene dei nuovi , indipendenti dal criterio economico , non appena debba discutere di questioni religiose ... I socialisti italiani - - parlo specialmente dei leaders politici - - nel loro zelo internazionalistico e nella loro pedissequa accettazione dei canoni marxistici ( il marxismo ignora le frontiere e conosce solo la classe ) , hanno invece troppo spesso forzate le caratteristiche inconfondibili dell ' ambiente e della storia italiana . [ La sia pur scarna tradizione socialista italiana ( Pisacane , Cafiero , Ferrari , Mazzini ) fu quasi del tutto trascurata . Se non fosse per il movimento sindacale e cooperativo che viene arricchendosi , specie nelle campagne , di magnifiche originali esperienze , bisognerebbe quasi negare al socialismo politico italiano ogni seria aderenza alla vita italiana . ] Il socialismo italiano dovrà in avvenire preoccuparsi assai di più degli specifici problemi nazionali , rompendo l ' assurdo monopolio patriottardo dei partiti cosiddetti nazionali . Nel progressivo specificarsi e individualizzarsi dei vari movimenti socialisti europei , non si deve scorgere il sintomo del fallimento dell ' ideale universalistico del socialismo . Al contrario , vi si deve riconoscere il segno del trapasso dall ' astratto al reale , un momento fondamentale e ineliminabile nel cammino ascensionale delle masse , le quali non sono in grado di passare di colpo dallo spirito di categoria e di campanile , alla comprensione piena e vissuta di una solidarietà mondiale . La comunità dei popoli postula i popoli come entità a sé stanti , coi loro originali motivi di sviluppo : solo una sintesi organica delle varie comunità nazionali porterà un giorno alla federazione delle nazioni . Tutto il resto è utopia . La negazione iniziale dei valori nazionali da parte dei precursori socialisti fu la naturale reazione allo stato di profonda inferiorità e oppressione fatta alle masse . Il loro internazionalismo fu soprattutto polemico e non costruttivo . La classe lavoratrice , accostumata a vedere nello Stato lo strumento di una oppressione di classe , coinvolse fatalmente nella condanna e nell ' odio anche quella patria che è invece espressione simbolica di una comunanza innegabile di storia e di destino . Oggi che le masse , nei paesi più progrediti , si vedono riconosciuta piena parità di diritti politici , e sono venute in possesso di mezzi potentissimi per permeare di sé , dei propri bisogni materiali e ideali , lo Stato ; oggi , il vieto internazionalismo che nega o rinnega la patria è un controsenso , un errore , una delle tante palle di piombo che il feticcio marxista ha appeso al piede dei partiti socialisti . La guerra ha dimostrato di quale forza il mito nazionale sia dotato . Popoli nolenti sono stati lanciati contro popoli nolenti in una guerra atroce durata degli anni , senza che nei paesi democraticamente organizzati si sia verificato un solo serio tentativo di ribellione . E più che il mito vale troppo spesso il pregiudizio nazionale . Basta una partita di football o uno scontro pugilistico , ahimè , per dimostrare quanto può sulle masse , anche le più disincantate , l ' istinto patriottardo . Esse si trovano in una fase ancora primitiva e pericolosissima di patriottismo che le rende facili prede d ' ogni avventura che si ammanti del falso orpello dell ' onore nazionale et similia . Se i socialisti , pur di combattere queste forme primitive o degenerate o interessate di attaccamento al paese , si ostineranno a ignorare i valori più alti della vita nazionale , non faranno che facilitare il giuoco delle altre correnti che sullo sfruttamento del mito nazionale basano le loro fortune . II . La pratica . Il socialismo italiano ha bisogno - - che dico ? - - necessità estrema di un bagno di realismo , di una più intima presa di contatto col paese , rinunziando alla mediazione per troppi lati deformatrice dello schema marxista . Indubbiamente la teoria materialistica della storia rese inizialmente preziosi servigi col reagire alle considerazioni troppo formalistiche e unilaterali del processo storico ; ma , esaurito il suo compito critico , e costretta a servire troppo pedissequamente una tesi preconcetta , finì per condurre a sua volta ad esagerazioni funeste . Assai più spesso che non si creda il realismo dei marxisti è un falso realismo . Esso inganna sul peso delle varie forze in giuoco , sui loro rapporti relativi e soprattutto sullo svolgimento storico cui assegna un tema e uno sbocco fissi . Il socialismo marxista ha superato l ' utopismo nel fine , rinunciando ai piani di società perfette : ma lo ha trasportato nello svolgimento . Lo svolgimento deve essere sempre necessariamente verso forme di economia collettiva , attraverso una esasperazione progressiva dei contrasti di classe . Variazioni sostanziali nel programma non ne contempla , o , se si verificano , tutto lo sforzo è diretto a svalutarle riducendole al rango d ' eccezione . La storia è un gigantesco dramma a tesi , a ruoli obbligati . L ' attenzione del socialista marxista è sempre polarizzata sui problemi del capitalismo industriale . Le uniche forme veramente legittime di produzione sono quelle della grande industria razionalizzata e della grande agricoltura razionalizzata . L ' unica categoria lavoratrice all ' altezza dei tempi è il salariato . Popolo e salariato sono sinonimi nel pensiero marxista . Le altre forme di produzione e le altre categorie lavoratrici sono forme e categorie anfibie , transitorie , retaggio di un mondo economico destinato a scomparire rapidamente ; il marxista le considera già sin d ' ora come acquisite , assorbite dal grande capitalismo e dall ' esercito proletario . Solo il salariato dell ' industria è il degno milite della battaglia socialista , perché egli solo può assurgere a una perfetta coscienza di classe e dei suoi compiti rivoluzionari . Il grado del progresso è fornito dal grado di proletarizzazione . Da questa visione pregiudiziale e sommaria della evoluzione economica sorgono gravi inconvenienti per il moto socialista , specie in paesi agrario ­ industriali a lenta trasformazione economica , come tipicamente l ' Italia . Il più grave è l ' incapacità di darsi un programma costruttivo in questa fase cosiddetta di trapasso , che pure chiede essa pure di essere vissuta in tutta la sua pienezza . Quel che sorridendo si dice dei grandi pensatori negati ai piccoli problemi della vita d ' ogni giorno , si può ripetere per il socialista marxista : abituato a commerciare con le « categorie economiche » , i « modi di produzione » , il « capitalismo » e il « socialismo » non riesce più a comprendere i meschini ma pur vitali problemi che si riferiscono alla piccola industria , piccola proprietà agraria , mezzadria , artigianato , fittanza . È un nuovo aspetto del suo illiberalismo , questa volta diretto non più contro le ideologie ma contro le cose ; e non è certo l ' ultima causa della rapida fortuna che riuscirono ad avere in Italia altri movimenti politici - - come ad esempio il cristiano ­ sociale - - assai meno legati a formule rigide aprioristiche . Sombart ha posto in luce l ' errore di coloro che prevedono nel futuro l ' esclusivo dominio di un unico sistema economico . Tutta l ' esperienza del passato e la natura stessa della evoluzione economica vi contrasta . Nel corso della storia il numero delle forze economiche simultaneamente viventi è andato costantemente aumentando , anche se si è modificata la posizione rispettiva . Sombart prevede che nell ' avvenire coesisteranno , accanto a economie di tipo capitalistico , economie cooperative , collettiviste , individuali , artigiane , e la piccola proprietà rurale . Egli pensa - - e qui si può discutere - - che il capitalismo dominerà ancora a lungo importanti rami della vita economica , specie quelli che ancora si trovano in uno stadio di rivoluzione tecnica , e quelli che sono rivolti alla fabbricazione di prodotti complicati . Ma egli per primo prevede notevoli modificazioni . È probabile che il capitalismo debba rinunciare alla sua egemonia , sottomettendosi sempre più a limitazioni e interventi da parte dei pubblici poteri ; mentre si andranno estendendo le forme di economia regolata , nelle quali il principio del soddisfacimento del bisogno prevale sul principio del lucro . Queste grandi imprese non dominate dai capitalisti si affermeranno soprattutto là dove il bisogno è stabilizzato , la tecnica della fabbricazione è uscita dallo stadio rivoluzionario iniziale , e quindi la vendita e la produzione si aggirano su vie ben note ; onde sempre più superfluo diviene lo spirito d ' iniziativa . Questa concezione così variegata della vita economica del prossimo avvenire , è assai meno brillante di quella di Marx , ma è assai più rispondente alle linee su cui si sviluppa effettivamente la realtà attuale . Si potrà discutere sulla rapidità della evoluzione , sul peso delle forme rispettive , e sul grado dell ' intervento ; ma non sui fenomeni in sé . I socialisti che vogliono incidere sul serio la realtà del loro tempo e influire su questa evoluzione , non possono continuare a isterilirsi in una critica a priori e lineare , contrapponendo alla evoluzione di fatto una evoluzione ideale che in nessun luogo , Russia compresa , si realizza . La ignoranza , voluta o non voluta , dei fatti può ammettersi ancora per coloro che credono a una rivoluzione prossima di tutto intero l ' ordinamento produttivo : non per coloro che hanno una visione organica dello sviluppo , e per coloro cui spettano ormai responsabilità positive . Questo ragionamento , dicevamo , si applica particolarmente all ' Italia . Se v ' è un paese in cui le formule facili ed univoche si spuntano contro la insormontabile varietà dei climi , delle culture , delle forme e delle forze economiche , questo paese è l ' Italia , madre di almeno due Italie : di un ' Italia moderna , cittadina , industriale , e di un ' Italia antica e rurale , ancora straniata alla civiltà occidentale , dalle masse ancor vergini e serve , che vive fuori , ostinatamente fuori da quelle condizioni di esistenza che sono premessa indispensabile per il sorgere e l ' affermarsi di un solido movimento socialista a carattere marxista . Anche a prescindere da ogni intrinseca valutazione del marxismo , è indubbio che esso si presta a fornire la base solo a un movimento politico che faccia pernio sulle categorie operaie della grande e media industria e su una parte del bracciantato rurale . Cioè , per tornare all ' Italia , a un movimento politico che per lungo tempo ancora interesserà solo una frazione , una minoranza della classe lavoratrice italiana , per di più concentrata in un terzo del territorio . Secondo i dati del censimento del '21 , tuttora valevoli , risulta : a ) che il 56 per cento della popolazione classificata come lavoratrice , era addetta all ' agricoltura , e solo il 33 per cento all ' industria e commercio ; b ) che più della metà degli occupati nell ' agricoltura costituiscono l ' esercito imponente dei piccoli proprietari , fittavoli e mezzadri ; c ) che almeno un terzo degli occupati nell ' industria e commercio sono proprietari , conduttori o gerenti - - proporzione altissima , che attesta le piccole dimensioni della maggior parte delle industrie ; d ) che la trasformazione dell ' Italia da paese prevalentemente agricolo in paese agricolo industriale si è svolta senza sensibile aumento della quota della popolazione occupata nell ' industria e nei commerci ( 227 / 000 nel 1882 , 219 / 000 nel 1901 , 200­210 / 000 attualmente ) . Risulta cioè che , sulla base del programma e della tattica marxista , non si conquista una maggioranza in Italia . O rassegnarsi allo stato di minorità per un numero indefinito di anni e fors ' anco di generazioni , o invocare la dittatura . I comunisti italiani , attaccati alla lettera del marxismo , sono logici al pari dei russi nel reclamare la dittatura della avanguardia del proletariato e la fine della libertà . Dove sono meno logici è quando pretendono di dare ad intendere che la loro dittatura risponda all ' interesse di tutta la classe lavoratrice . Il mito socializzatore e il fato proletarizzatore non sorridono infatti a due terzi dei concreti lavoratori italiani . In questi settori l ' appello comunista , e anche il socialista vieux style è fatale che risuoni a vuoto , salvo periodi di crisi e di orgasmo . Soprattutto in materia agraria i socialisti marxisti non sono mai riusciti ad interpretare le aspirazioni profonde della gran massa dei contadini italiani . Dominati da pregiudiziali politiche e da pregiudizi economici , essi finirono per infeudare tutto il movimento socialista agli interessi delle categorie operaie del Nord , sollevando le proteste vivacissime dei socialisti meridionali . Ora i socialisti italiani debbono decidersi . Vogliono rimanere in eterno i rappresentanti specifici di una frazione del proletariato italiano , attendendo buddisticamente che l ' evoluzione economica trasformi l ' Italia in una Germania o in una Inghilterra con l'80 per cento di salariati industriali ? Oppure vogliono mettersi in grado sin da ora , con un programma adeguato e realistico , di cattivarsi la fiducia di tutti , o per lo meno di una grande maggioranza dei concreti lavoratori italiani , onde attuare finalmente loro una politica decisamente favorevole agli interessi del lavoro , della pace e della libertà ? Se essi tengono più ai programmi che ai fatti , ai fini astratti che al moto , alle promesse mitiche che alle realizzazioni , non hanno che da proseguire per la vecchia strada : stiano pur certi che l ' ora delle responsabilità positive di governo non suonerà mai per loro , o , almeno , per il loro partito . Anche se saliranno al governo sarà più per compiervi opera negativa che costruttiva , più per controllare e prevenire che fare ; e , senza volerlo , finiranno al rimorchio dei gruppi borghesi progressisti , non legati da formule rigide e da pregiudiziali estemporanee . In ogni caso essi tradiranno per questa via la loro più vera missione : perché il movimento socialista deve , per definizione , investirsi degli interessi e dei problemi della intera classe lavoratrice e non di una frazione , grande o piccola che sia . Se viceversa sentono che anch ' essi non potranno sottrarsi nel vicino domani a quella che è ormai una necessità per tutti i partiti socialisti del mondo - - vale a dire la responsabilità del potere - - si preparino sin d ' ora ad una profonda revisione del loro programma , della loro tattica , della struttura stessa del movimento , in guisa da crearsi la possibilità di conquistare una salda maggioranza . Col dir ciò non si chiede ai socialisti di rinunziare ai loro ideali , di gettare tra i ferrivecchi della propaganda il sogno di una società regolata su un principio di giustizia e di libertà . Tutt ' altro . Si chiede anzi di non compromettere la possibilità di reali progressi in quel senso con l ' attaccamento morboso a formule , a programmi , a metodi superati ; si chiede di non trasformare i mezzi tecnici , strumentali , in fini , ovvero di usare mezzi sempre adeguati ai fini parziali che ci si propone di raggiungere ; si chiede insomma di mettersi al passo con la realtà economica e psicologica del loro paese , di non baloccarsi coi sogni delle apocalittiche trasformazioni e di non contare su improvvise quanto inconcepibili conversioni di masse . Sostituire al vecchio programma marxista un programma anche dal lato finalistico più ampio , meno storicamente e socialmente condizionato , che facendo appello a motivi e ideali universali sia capace di avvincere non questa o quella frazione di lavoratori , ma tutti indistintamente i lavoratori italiani . Al mutamento del programma dovrà corrispondere un mutamento nelle forme organizzative . L ' antico dualismo tra partito e movimento operaio non potrà prolungarsi . Quanto più si porranno al primo piano i problemi del moto , e tanto più dovrà farsi sentire il peso anche politico delle organizzazioni operaie . La democrazia operaia vive nei sindacati , non nel partito : il partito tende sempre in una certa misura alla dittatura in nome di una ideologia e di fini lontani che si vogliono imporre non per la loro concordanza col sentimento dei più , ma per la loro presunta bontà intrinseca . Io sono esplicitamente favorevole ad una riorganizzazione del movimento socialista su basi affini a quelle del partito del lavoro britannico : far centro cioè sul moto operaio , tendente per legge fisiologica all ' unità ed efficacissimo smorzatore degli urti interni , specie se di origine ideologica ; e accompagnar quello con una costellazione di gruppi politici , di associazioni culturali , di organismi cooperativi , mutualistici , ecc . Concepire cioè il partito di domani con uno spirito ben più largo e generoso di quel che ieri non fosse , come sintesi federativa di tutte le forze che si battono per la causa del lavoro sulla base di un programma costruttivo di lavoro . Esso dovrebbe aver riguardo soprattutto ai compiti immediati , ai fini conseguibili in uno spazio ragionevolmente breve di anni . Un solo punto dovrebbe restar fermo : e cioè accettazione nel fatto ( sui libri si sbizzarriscano pure i filosofi della storia ) del metodo liberale di lotta politica . Qui non saprebbero ammettersi equivoci o contraddizioni . Non si può organizzare la rivoluzione e pretendere contemporaneamente dagli avversari che si rassegnino a una graduale penetrazione dello Stato sino alla pacifica conquista del potere . Una riorganizzazione del movimento socialista italiano sulle linee più sopra accennate - - riorganizzazione che vive già in potenza nella alleanza delle sinistre italiane nella lotta per la libertà e la repubblica del lavoro - - contribuirebbe immensamente a risolvere quello che sarà il più delicato problema del domani postfascista : assicurare un saldo governo all ' Italia . Non c ' è dubbio che una delle cause del trionfo fascista fu dovuta alla degenerazione della vita parlamentare , alla impossibilità di raggruppare attorno a un programma costruttivo un nucleo omogeneo di forze . I socialisti , che saranno inevitabilmente al centro del governo di domani , dovranno mettersi in grado di valorizzare con un programma realista e una organizzazione elastica i vasti consensi che certamente avranno in larghi strati della popolazione . Dico di più : il passaggio alle responsabilità di governo imporrà ai socialisti di attenuare il troppo rigido concetto di classe , incompatibile con un normale funzionamento delle istituzioni democratiche . I partiti , quando salgono al potere , non debbono governare per sé , ma per tutti , acquistando un valore di universalità . Sulla base di un programma di classe il socialismo in Italia né avrà una maggioranza , né avrà il potere . Esso dovrà prepararsi a dilatare il suo fronte a tutta quanta la classe lavoratrice , e a governare in nome di un valore - - il lavoro - - [ che a buon diritto può dirsi interessi tutti gli uomini , poi che tutti gli uomini , o quasi , concorrono , in un modo o nell ' altro , all ' opera della produzione . Anche da questo punto di vista sarebbe augurabile il sorgere di una nuova formazione politica . Non essendo più legata formalmente al passato , essa sarebbe assai più sciolta da ogni obbligo di coerenza coi programmi e metodi antichi , e potrebbe più liberamente elaborare , sulla base delle straordinarie esperienze del quindicennio , un programma rinnovatore . ] APPENDICE I MIEI CONTI COL MARXISMO Li vado facendo da parecchi anni sotto la scorta di molti nemici e carabinieri dottrinali , in compagnia di pochi eretici amici . Voglio renderne conto qui prima di tutti a me stesso , poi a quei miei compagni di destino che non credono terminate alle Alpi le frontiere del mondo . Sarò chiaro , semplice , sincero e , poi che i libri mi mancano , procederò per chiaroscuri senza i famosi « abiti professionali » e i non meno famosi « sussidi di note » . Intanto , chi sono . Sono un socialista . Un socialista che , malgrado sia stato dichiarato morto da un pezzo , sente ancora il sangue circolar nelle arterie e affluire al cervello . Un socialista che non si liquida né con la critica dei vecchi programmi , né col ricordo della sconfitta , né col richiamo alle responsabilità del passato , né con le polemiche sulla guerra combattuta . Un socialista giovane , di una marca nuova e pericolosa , che ha studiato , sofferto , meditato e qualcosa capito della storia italiana lontana e vicina . E precisamente ha capito : Che il socialismo è in primo luogo rivoluzione morale , e in secondo luogo trasformazione materiale . Che , come tale , si attua sin da oggi nelle coscienze dei migliori , senza bisogno di aspettare il sole dell ' avvenire . Che tra socialismo e marxismo non v ' è parentela necessaria . Che anzi , ai giorni nostri , la filosofia marxista minaccia di compromettere la marcia socialista . Che socialismo senza democrazia è come volere la botte piena ( uomini , non servi ; coscienze , non numeri ; produttori , non prodotti ) e la moglie ubriaca ( dittatura ) . Che il socialismo , in quanto alfiere dinamico della classe più numerosa , misera , oppressa , è l ' erede del liberalismo . Che la libertà , presupposto della vita morale così del singolo come delle collettività , è il più efficace mezzo e l ' ultimo fine del socialismo . Che la socializzazione è un mezzo , sia pure importantissimo . Che lo spauracchio della rivoluzione sociale violenta spaventa ormai solo i passerotti e gli esercenti , e mena acqua al mulino reazionario . Che il socialismo non si decreta dall ' alto , ma si costruisce tutti i giorni dal basso , nelle coscienze , nei sindacati , nella cultura . Che ha bisogno di idee poche e chiare , di gente nuova , di amore ai problemi concreti . Che il nuovo movimento socialista italiano non dovrà esser frutto di appiccicature di partiti e partitelli ormai sepolti , ma organismo nuovo dai piedi al capo , sintesi federativa di tutte le forze che si battono per la causa della libertà e del lavoro . Che è assurdo imporre a così gigantesco moto di masse una unica filosofia , un unico schema , una sola divisa intellettuale . Il primo liberalismo ha da attuarsi all ' interno . Le tesi sono tredici . Il tredici porta fortuna . Chi vivrà vedrà .