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Parole ai giovani ( Romeo Rosario , 1974 )
StampaQuotidiana ,
Una serie di presunti portavoce delle nuove generazioni ci assicura che i giovani di oggi sono assai severi nei confronti dei propri genitori . Ai più anziani l ' insofferenza giovanile muoverebbe , anzitutto , l ' accusa di ipocrisia , per avere creato , dopo tante professioni di tolleranza e di democrazia , un mondo nel quale sono ancora visibili forme pesanti di autoritarismo e discriminazioni rivoltanti . La società moderna apparirebbe , agli occhi dei giovani censori , eminentemente ingiusta , squilibrata a favore dei privilegiati del censo e della nascita , e sorda invece ai mali di tante categorie deboli e indifese . La competizione esasperata della società capitalistica , si dice , finisce per estraniare l ' uomo dall ' uomo , e ne fa un ingranaggio diretto al fine supremo della produzione di oggetti spesso privi di vera utilità , e solo funzionali al profitto dei potenti dell ' economia . Ma gli esponenti della rivolta giovanile , avendo ormai compreso il gioco e scoperto l ' inganno , sono ben decisi a non farsi più prendere nella trappola . Appartenendo alla prima fra le generazioni della storia a cui sia toccato di vivere nella società opulenta , resa possibile dal progresso tecnologico , essi intendono sottrarsi all ' etica « protestante » del lavoro , e impegnarsi invece nella ricerca di una vera felicità , fatta di abbandono al libero spiegarsi degli istinti , in vista del miraggio ormai non troppo lontano della società « orgiastica » di Herbert Marcuse . Non sarebbe difficile replicare . La generazione ipocrita contro la quale si volgono tanti rimproveri è in realtà quella che ha combattuto la più grande guerra di religione della storia , sacrificando cinquanta milioni ( li vite nella lotta per il trionfo dei grandi princìpi della libertà , della nazionalità , della democrazia ; ed è quella che sull ' Europa devastata e annichilita del 1945 ha eretto la prosperità senza precedenti di cui oggi godono le giovani generazioni . La società uscita dalla guerra e dai successivi decenni di ricostruzione e di sviluppo è certo carica di ingiustizia : ma lo è meno di tutte quelle che l ' hanno preceduta , e al suo passivo non ha nulla di simile alle tragedie allucinanti che hanno accompagnato le rivoluzioni collettiviste . E come non vedere , poi , la palese contraddizione in cui si dibatte chi pretende da un lato di godere delle inaudite opportunità offerte dalla società industriale moderna , ma si rifiuta poi di adottare la cultura razionalistica e scientifica che l ' ha resa possibile ? Se il controllo delle macchine , destinate a produrre la prosperità per tutti restasse nelle mani di pochi specialisti , a essi toccherebbe sugli altri un potere mostruoso e tirannico ; e se invece si pensasse a un più articolato sistema di alternative tra lavoro e svaghi , che preveda anche scambi più frequenti di occupazioni e di responsabilità , ciò sarebbe solo un organico sviluppo delle conquiste della moderna civiltà industriale . Ma replicare non mette conto : già solo per la ragione che quelle posizioni non esprimono affatto , come si vorrebbe , la contestazione del mondo giovanile , ma solo i complessi di gruppi intellettuali che si richiamano a una cultura psico - pedagogica sorta su basi scientifiche presso che inesistenti , e gonfiatasi a dismisura su una strada cosparsa di fallimenti e di delusioni . Un ' inchiesta condotta nel 1970 dall ' istituto Doxa rilevava che solo l'11 per cento dei giovani italiani intervistati auspicava la « rivoluzione » ; e quella cifra , già così deludente per i teorici della « rivolta generazionale » , va a sua volta scomposta e qualificata perché acquisti un qualche significato . Non tutti i giovani compresi in quell ' 11 per cento erano infatti veri rivoluzionari ( un terzo solamente di essi auspicava il ricorso alla violenza ) ; e non tutto il restante 89 per cento era formato da pigri conformisti . E ' vero piuttosto che una aliquota vastissima dei giovani , specie nelle grandi città , partecipa in certa misura e in forme diversissime , a seconda del contesto sociale , del reddito , della situazione locale , ai problemi che si pongono a tutti coloro giovani e anziani , che entrano in contatto con le tensioni della moderna società industriale ; e la risposta che essi danno a quei problemi varia secondo una gamma assai diversa di posizioni , in parte riducibili alla specifica condizione giovanile , ma che in parte rinviano a una tematica più generale , comune a ogni gruppo di età e a ogni condizione . I soliti psico - pedagogisti sono riusciti a divulgare la convinzione che la risposta esemplare ed emblematica del mondo giovanile ai problemi della società moderna è quella che si esprime , in forme estreme , nella cultura della droga , negli hippies , nei grandi festival di musica pop . Si ammette , per nostra ventura , che qui si tratta di manifestazioni parossistiche e di minoranza : ma la direzione dell ' avvenire sarebbe questa , verso un sempre più radicale individualismo di tipo anarcoide , e verso la liberazione della realtà istintuale del profondo dalle coazioni imposte da una secolare civiltà di tipo repressivo . Nel festival colossale di Woodstock qualcuno ha visto addirittura l ' embrione di un nuovo modello di società politica . E ' vero invece il contrario . Le risposte di questo genere sono infatti di tipo meramente negativo , risultante passiva di pressioni e condizionamenti imposti dalla difficile realtà del mondo moderno ; e in quanto tali esse sono importanti come sintomo o come testimonianza , ma non certo come indicazione della via da percorrere per uscire dalla crisi . E i protagonisti di quei fenomeni meritano comprensione e interessamento , ma non vanno in alcun modo eretti , come si è fatto e si fa da certa cultura irresponsabile , a modelli di comportamento per le nuove generazioni . Nelle quali le forze autentiche a cui appartiene l ' avvenire vanno invece cercate tra coloro che ai condizionamenti dell ' ambiente contrappongono una meditata e consapevole risposta , fondata sugli strumenti del razionalismo che è gloria della cultura occidentale , e sostenuta da quella generosità che al limite consente di « dar la vita per i propri amici » , secondo il detto di San Giovanni , e che è l ' opposto del chiuso egoismo degli istinti . Giovani come questi si contano anche fra i migliori esponenti della rivolta giovanile che , quando è riuscita a sollevarsi al di sopra del folclore e dello chienlit , ha assunto forme organizzate e disciplinate in vista di precisi ideali politici : e il disfacimento dei gruppi che avevano innalzato « l ' immaginazione al potere » nel confronto con le organizzazioni della sinistra marxista - leninista è anche una riprova della diversa consistenza dei due atteggiamenti morali . Ma l ' avvenire appartiene soprattutto a quei giovani che alle parole d ' ordine e agli stati d ' animo collettivi hanno saputo opporre la vigilanza dello spirito critico , e salvare in tal modo la propria libertà interiore . Le mode culturali correnti ci hanno abituati a liberarci assai presto di loro , relegandoli sprezzantemente nel ghetto del conformismo borghese : che è invece popolato dalla folla dei ribelli di maniera , fabbricati a un unico stampo , vittime dei medesimi slogans , privi di ogni cultura che vada al di là delle formulette e delle frasi fatte .
I notabili del frontismo ( Romeo Rosario , 1974 )
StampaQuotidiana ,
Bisogna onestamente riconoscere a Francesco De Martino di non avere mai fatto mistero delle sue riserve nei confronti dell ' impostazione originaria del centrosinistra . Riserve relative non tanto al programma , che anche l ' esponente socialista ha sempre definito nei termini consueti di superamento degli squilibri , incremento dei consumi pubblici , riforme , sviluppo democratico ; quanto alla formula politica . A giudizio di De Martino , infatti , gli strati conservatori che fanno capo alla Democrazia cristiana sono troppo estesi e troppo solidamente abbarbicati a posizioni di potere perché una politica davvero incisiva di riforme possa essere realizzata senza l ' apporto delle forze organizzate nell ' opposizione comunista . Da ciò la richiesta insistente di una sostanziale immissione di queste forze nell ' area del potere , sempre rinnovata sotto le formule mutevoli , ma di fatto equivalenti , degli « equilibri più avanzati » , dei « nuovi rapporti con l ' opposizione » , delle « integrazioni » miranti a dare al governo una supposta maggiore rappresentatività . Una volta realizzato , questo disegno riuscirebbe con ogni probabilità fatale alla sopravvivenza dell ' Italia come paese libero , a meno che non si voglia coltivare l ' illusione che il potere comunista in Italia sarebbe , e chissà perché , tutt ' altra cosa da quel che è sempre stato altrove . Ma non si può negare che esso sia comunque un disegno politico di vasto respiro , sostenuto da una determinata visione di quel che l ' Italia e gli italiani debbono essere ; e non resterebbe , a questo punto , che riconoscere al segretario socialista di avere fatto in tal modo la sua parte di leader di una delle grandi forze politiche del paese . Bisogna tuttavia chiedersi perché mai politici così navigati come quelli democristiani si siano prestati fino a ieri , e si mostrino ancor oggi disposti , a collaborare alla realizzazione di questo disegno : che , in qualunque versione lo si voglia immaginare , passa necessariamente attraverso una drastica riduzione del potere della Democrazia cristiana e , al limite , attraverso la sua eliminazione come forza significativa dalla scena politica italiana . E la sola risposta plausibile è , semplicemente , che essi non ci hanno mai creduto , e non hanno preso il gran disegno demartiniano troppo sul serio . Hanno avuto torto ? Non del tutto , a giudicare il De Martino dai fatti e non dalle parole . A sentir queste certamente , i socialisti si sono sempre schierati per le soluzioni più radicali , dal disarmo della polizia alla demagogia scolastica , alla prepotenza sindacale , alle forme più viscerali di contestazione culturale : ma , di fatto , il segretario socialista ha sempre evitato di compiere passi decisivi , rifiutandosi all ' alleanza di governo e mettendo così veramente in questione , la possibilità che la Democrazia cristiana riesca a conservare il potere . Qualche volta De Martino ha capeggiato manovre che per qualche tempo hanno tenuto i socialisti fuori del governo ; ma sempre conservando con la Democrazia cristiana estesi rapporti di sottogoverno , come premessa di un immancabile sollecito ritorno . Persino nella crisi di questi giorni , più grave di tutte le precedenti , in confronto alla spensieratezza del vecchio Nenni , De Martino ha finito per impersonare posizioni più caute e possibiliste . E allora ecco che il grande disegno si immeschinisce alle sue vere dimensioni : che son quelle di una politica di provincia , mirante solo a un allargamento della propria fetta di potere e , se possibile , a un aumento di suffragi elettorali , attraverso pressioni e minacce di tipo ricattatorio , esercitate fino a quando appaiono produttive di concrete utilità , e ritirate poi quando si profila il rischio che esse vengano raccolte , e che i socialisti debbano trovarsi davvero a fronteggiare la responsabilità di una effettiva trasformazione della società italiana . Prospettiva , questa , di fronte alla quale De Martino ha sempre mostrato di esitare ; non tanto perché gli pesi la misura di quella responsabilità , ché in materia egli ha sempre dato prova di grande disinvoltura : ma per il timore che una effettiva assunzione dei comunisti al potere , anche in forme più o meno larvate , significhi la fine della propria autonomia politica e il proprio declassamento a notabile di secondo piano dello schieramento frontista . E ' già triste che uomini e politiche di questo livello possano esercitare una così grande influenza nel nostro paese . Ma ancora più gravi sono le conseguenze effettive di quella politica . De Martino ha rivelato infatti di non essere in grado di controllare e dosare adeguatamente , come pur sarebbe stato necessario ai fini della sua tecnica di potere , gli intralci da lui sistematicamente creati all ' azione di governo della Democrazia cristiana e le facilitazioni così offerte al dispiegarsi delle forze dell ' opposizione . Ogni volte che si è determinata una crisi nella vita del paese , l ' intervento del socialismo demartiniano è sempre valso a paralizzare ogni ragionevole azione di governo , ogni politica che seriamente mirasse a dare dei problemi una soluzione ispirata in qualche modo agli interessi generali del paese . In una situazione come quella italiana , carica di tante tensioni e minata da tante debolezze , ciò ha provocato devastazioni materiali e morali davvero ingiustificabili : col risultato di rendere concretamente possibile quell ' ascesa dei comunisti al potere che De Martino e i suoi hanno tante ragioni di paventare . Disgraziatamente , la posta in gioco va molto al di là del destino di costoro , e del posto che a loro sarà riservato nella gerarchia dei notabili della sinistra frontista .
Le radici della violenza ( Romeo Rosario , 1974 )
StampaQuotidiana ,
Bisogna dunque decidersi ad abbandonare l ' ottimismo di origine liberale e illuministico , e rinunciare per sempre alla speranza che l ' esercizio della libertà e la graduale distribuzione del benessere e dell ' istruzione rendano gli uomini migliori e più adatti alla convivenza civile ? La tentazione è forte , davanti a ciò che succede intorno a noi : ma è necessario resistere , se non vogliamo venir meno alle nostre migliori tradizioni culturali e civili e ricadere in braccio a cupe suggestioni repressive , senza prospettive e senza avvenire . La nostalgia e la rivolta contro le difficili condizioni di vita delle società industriali tendono a rappresentare sotto una luce idilliaca , le antiche società rurali , fondate sull ' autorità e sulla tradizione : ma non possono e non devono farci dimenticare la carica di brutalità e di violenza che povertà e autoritarismo alimentato nel loro seno , e che il progresso civile ha contribuito a superare e a dissolvere . Non è affatto vero che industria e benessere economico siano inevitabilmente condannati a trascinare con sé la scia ripugnante della criminalità e della violenza : e anzi occorre fermamente reagire ai tentativi di accreditare siffatte credenze , in cui si esprime soltanto il conformismo di pseudo - scienziati sociali e la cattiva coscienza di uomini politici alla ricerca di alibi immeritati . Davanti allo spettacolo che oggi offrono le nostre città e le nostre strade sempre più spesso insanguinate è piuttosto da ricordare che da troppi anni la violenza è tollerata e finanche protetta nella lotta politica , nelle scuole , nelle fabbriche e nelle strade . Una classe dirigente incapace di realizzare una politica di efficaci riforme ha preferito scaricare sul diretto confronto tra le classi e i gruppi sociali la risoluzione dei problemi e dei contrasti da cui è travagliata la nostra società . Ne è derivata una situazione di permanente e non sempre metaforica conflittualità che ha finito per esasperare situazioni e rapporti , senza dare alcun reale contributo alla soluzione dei problemi e dunque senza alcun vero allentamento delle tensioni . E tutto ciò a costo di un generale indebolimento delle autorità preposte alla tutela dei deboli e dei non organizzati , ormai per gran parte rassegnate a lasciare che la sola legge ancora valida sia quella della prepotenza e dell ' intimidazione . Sulla scia aperta dalla violenza politica si è poi instradata quella della criminalità comune , che dalla prima ha tratto in molti casi modelli e incoraggiamenti . Ma questa è solo una parte della verità . In questo come in altri settori l ' Italia non fa che vivere in modo più drammatico , grazie alla debolezza delle sue istituzioni , problemi che sono comuni a tutte le società moderne . L ' interpretazione dei rapporti sociali in termini esclusivamente utilitaristici e materialistici , lo scadimento delle antiche idee dell ' uomo , un tempo concepito a immagine e somiglianza di Dio e oggi diventato , in tanta parte della cultura moderna , poco più che un fantoccio intessuto di motivazioni brutali e idee degradanti , hanno fatto ben poco , bisogna confessarlo , per accrescere il rispetto dell ' uomo per i propri simili , e per sviluppare i sentimenti e i legami di solidarietà ; e lo svuotamento dei valori che ne deriva ha lasciato ben poco per cui si creda di poter vivere e lottare al di là delle immediate e basse passioni . Su questo terreno la ricerca del denaro , la suggestione della droga , persino la follia del delitto gratuito , della violenza per la violenza , di cui si sono avuti esempi agghiaccianti , trovano un alimento che appare inesauribile . Ma tutto ciò non ha nulla a che fare con le strutture che sono proprie delle società industriale . In realtà , per molti decenni l ' industria e il progresso civile sono cresciuti parallelamente in gran parte del mondo occidentale . La crisi è sopravvenuta piuttosto con la resa graduale del mondo di princìpi e di idee da cui erano nati , insieme , industrialismo e società liberale , davanti a una cultura antiumanistica che nel primo ventennio del dopoguerra si atteggiò , nelle università e nella pubblicistica , nell ' arte , nello spettacolo e nel costume , a sola voce autorizzata del mondo occidentale . Su questo terreno la cultura e la società moderna sono dunque chiamate a una severa revisione delle troppo facili illusioni a cui esse si sono abbandonate negli ultimi decenni . Problema da non risolvere certo con provvedimenti a effetto immediato : ma la cui esistenza non autorizza chi ha la responsabilità di provvedere all ' immediato a invocarne la complessità e sottrarsi ai compiti , educativi e politici insieme , che sono di sua spettanza .
Cittadini di serie B ( Romeo Rosario , 1974 )
StampaQuotidiana ,
Per i più , il 1968 richiama alla mente il maggio francese , la Sorbona occupata , i dieci milioni di scioperanti , i tre minuti di De Gaulle alla Televisione , la grande marcia ai Champs - Elysées : dimostrazione drammatica di ciò che possa , in un momento decisivo della vita di un grande paese , la statura eccezionale di un uomo , l ' energia di una classe dirigente , la maturità politica di una società risoluta a difendere i valori primari della propria tradizione civile . E tuttavia , quella data ha un significato assai maggiore per l ' Italia che per la Francia . Perché in Francia si trattò di un episodio , non privo certo di conseguenze , e che anzi ebbe parte nel determinare , l ' anno successivo , la caduta dello stesso De Gaulle ; ma esso non modificò nel profondo la fisionomia della vita politica e della società francesi , mentre da noi gli eventi di quell ' anno tagliano in due la storia del dopoguerra , e aprono la nuova fase che viviamo tuttora . Ricordiamo . Tutto cominciò nelle università , dietro lo schermo dell ' antico privilegio che si voleva escludesse la forza pubblica dalla sede degli studi . Si videro allora i più dichiarati progressisti , i fautori dell ' università di massa , gli assertori di una totale rottura col passato , farsi paladini all ' estremo della medioevale tradizione immunitaria . Dietro quello schermo , il campo fu libero all ' azione di gruppi organizzati , decisi a imporre comunque la propria volontà , ad assumere il controllo fisico delle sedi universitarie , a impedirne il funzionamento sino alla soppressione di ogni dissenso . Dalle università il metodo si estese alle fabbriche , agli uffici pubblici , alle banche , agli aeroporti ; e l ' amnistia per i ventiquattromila reati denunciati in occasione dell ' autunno caldo ne consacrò e generalizzò la legittimità . Non che si possa parlare di ricorso permanente alla violenza fisica , all ' aggressione e al pestaggio , che non sono certo mancati , ma in un dosaggio oculato che , unito all ' intimidazione sistematica e a una serie di minori ma ininterrotte vessazioni , nella più parte dei casi si è rivelato sufficiente allo scopo . E non è neppure che dall ' altra parte mancassero dissensi e volontà di resistenza : ma , nella mancanza di ogni leadership politica , e nella totale latitanza dei partiti democratici di centro , l ' accusa di fascismo , agevolata dalla presenza di movimenti di estrema destra sempre pronti ad assumersi la paternità di ogni opposizione alle sinistre , è bastata quasi sempre a eliminare dalla scena tutti coloro , ed erano la grande maggioranza , che semplicemente aspiravano a garantirsi l ' esercizio dei propri diritti e l ' osservanza , persino , dei propri doveri . In tal modo si è avuto , in ogni settore della vita del paese , non tanto il rovesciamento del vecchio ordine di cose quanto la proliferazione di una serie di organismi di fatto che si affiancano e si contrappongono a quelli legalmente competenti a esercitare i poteri decisionali : senza riuscire , nella più parte dei casi , a sostituirli , ma forti abbastanza da paralizzarli , da bloccare l ' attuazione di ogni direttiva generale che non sia approvata dai detentori del potere in loco , da contrapporre , alla legge che si dice risultante della volontà generale . l ' altra più concreta che si traduce nella imposizione di norme e comportamenti ai diretti interessati . Realizzazione estrema e in certo modo emblematica di questo processo i recenti episodi di disobbedienza civile , nei quali la sostituzione del nuovo tipo di legge alla vecchia ha assunto forme più visibili agli occhi di tutti . Nel linguaggio di certi settori politici ciò è diventato la « crescita democratica del Paese » . Ma per vedere di che democrazia si tratti sarà opportuno allargare il discorso al significato di queste novità nei rapporti tra le forze politiche e , anzi , nei rapporti dei cittadini tra loro . Anzitutto , si è avuto un vistoso spostamento nei rapporti di forza tra i partiti politici , del tutto indipendente dal numero dei suffragi elettorali che essi riuscivano a raccogliere . I partiti o movimenti , parlamentari ed extraparlamentari , che possono disporre di una efficiente « organizzazione di massa » , e cioè della capacità di assicurare la presenza attiva sul luogo della vertenza - scuola , fabbrica , ospedale o ufficio pubblico che sia - di gruppi di propri aderenti decisi a prevalere senza troppo badare ai mezzi , hanno visto crescere in modo determinante il proprio peso politico ; mentre gli altri , spesso organizzati in vista di finalità meramente elettorali , hanno subito uno scadimento senza precedenti , che in un secondo tempo non ha mancato di avere i prevedibili effetti anche sul piano elettorale . La dissociazione di potere e responsabilità in Italia ha assunto negli ultimi anni dimensioni macroscopiche , talora vicine alla condizioni limite dell ' assoluta separazione . Lasciamo da parte la vicenda propriamente sindacale , dove l ' elemento economico gioca un ruolo che spesso modifica profondamente le linee del quadro . Ma sul piano politico è chiaro che la massima secondo la quale per ottenere l ' approvazione di una legge una dimostrazione di piazza conta più di qualunque discorso del più grande oratore parlamentare ( Burdeau ) ha avuto da noi verifiche che minacciano di ridurre a una lustra la sovranità dei cittadini espressa dal Parlamento . E , infatti , lo stesso fondamento della democrazia a suffragio universale che ha finito per essere incrinato in modo sempre più vistoso , come da anni hanno rilevato i più attenti osservatori della nostra vita pubblica . Il principio del suffragio universale vorrebbe infatti che la volontà politica della maggioranza , impersonata dal governo liberamente eletto , giungesse attraverso la pubblica amministrazione a reggere gli affari comuni . Ma è chiaro che una pubblica amministrazione paralizzata o impotente tutte le volte che si scontra con gli interessi particolari , e ridotta anzi essa stessa a una congerie di gruppi e di privilegi sezionali , non è in grado di tradurre in atto alcun genere di volontà politica : col risultato di annullare e render privo di efficacia l ' esercizio stesso del diritto di voto da parte di estesissime categorie di cittadini , e cioè di annullarne di fatto i diritti politici , che nella gran parte si riducono per essi appunto all ' esercizio del voto . Si è dunque finito col discriminare di fatto i cittadini in due grandi categorie , delle quali una soltanto dotata di diritti politici , nella misura in cui dispone di strumenti atti a esercitarli nel contesto della nostra società ; e l ' altra pervasa invece da un sentimento profondo di deprivazione e d ' ingiustizia , per la confusa sensazione di essere stata spossessata di una serie di poteri e di diritti che un tempo le appartennero , e dei quali peraltro si continua a proclamare da ogni parte l ' intangibile sacralità . Non è detto che la spinta nata dai fatti del 1968 non possa tradursi , alla lunga , in forme di vera democrazia . Quel che è certo è che non potrà mai essere qualificata democratica la negazione dei diritti politici a intere categorie di cittadini . Riportare questi cittadini in seno alla società politica , quali membri attivi in grado di parteciparvi efficacemente e di farvi valere la propria presenza e il proprio diritto , è oggi il compito primario di chi si proponga , di fatto e non a parole , di realizzare una democrazia moderna nel nostro paese .
«Steccati» fuori dal tempo ( Romeo Rosario , 1975 )
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Nessuno « steccato » si è mostrato più tenace nel mondo politico italiano di quello che segna il confine tra i partiti di democrazia laica e lo schieramento cattolico . Trent ' anni di stretta collaborazione politica non sono bastati a superarlo , e in occasione del referendum esso è riapparso ( o almeno così è sembrato ) più netto che mai . Nei cattolici , quella separazione si richiama al ricordo di decenni di minorità politica , alla difficile sopravvivenza nel quadro di uno Stato sorto nel segno della civiltà laica e razionalista , eretto sulle rovine del potere temporale e intinto di massoneria . Per i laici , è in gioco un patrimonio ideale certo non minore , formatosi in due secoli di battaglie civili che sono tanta parte della nostra storia . Uguaglianza dei cittadini di tutte le confessioni davanti alla legge , libertà di pensiero , sviluppo di una concezione della vita tutta protesa a costruire su questa terra , e solo su di essa , il destino e l ' avvenire dell ' uomo , emancipazione dalle forme più pesanti e visibili di autoritarismo nella vita morale e nel costume : nessun italiano potrebbe far getto di tutto ciò senza negare la propria appartenenza al mondo e alla civiltà moderna . Ma proprio l ' universalità di questi convincimenti induce a chiedersi se quella separazione e contrapposizione abbia ancora un ' attualità politica e morale , o se non sia piuttosto uno dei tanti avanzi del passato che proiettano la loro ombra su una realtà che non ha ancora saputo prendere coscienza del loro superamento . Nell ' Italia di oggi la libertà di pensiero , la tolleranza religiosa , la laicità della scuola sono problemi già risolti da un pezzo a livello delle istituzioni , e una profonda trasformazione del costume in senso laico si avverte in strati sempre più larghi della società . Non solo lo schieramento pressoché unanime della cultura e dei mezzi d ' informazione in occasione del referendum ha mostrato l ' assoluta prevalenza che le tesi laiche hanno ormai conquistato in quegli ambienti : ma gran parte delle forze cattoliche più significative , fuori e dentro le strutture ecclesiastiche , hanno ormai fatto propri quei princìpi , con motivazioni diverse certamente , ma in maniera da giungere in concreto a posizioni analoghe e spesso coincidenti . Lo scontro sul divorzio è stato in effetti aggravato da evidenti riflessi politici : ma lo stesso tono di civiltà su cui esso è avvenuto mostra come anche le divergenze che rimangono su questo terreno siano attenuate da uno sfondo di reciproca tolleranza . I progressi più significativi della vita democratica nel nostro Paese sono dovuti alla collaborazione inauguratasi dopo il 1945 fra laici e cattolici sotto la guida di Alcide De Gasperi . Essa è stata un fatto di enorme rilievo , che costituisce la riprova migliore del successo di portata storica ottenuto dall ' idea laica della separazione dello Stato dalla Chiesa , e che consente a forze diverse di convergere sui temi concreti della realtà politica senza alcun riferimento a problemi religiosi , che restano fondamentali , ma riservati al terreno , che è loro proprio , dell ' intimità delle coscienze . Ora , la democrazia italiana è alla vigilia di scadenze di estrema gravità sul terreno della politica economica , dell ' ordine pubblico , della scuola , che richiedono la stretta collaborazione di tutte le forze autenticamente democratiche , laiche e cattoliche . Una profonda crisi di fiducia ormai investe da ogni parte la Democrazia cristiana . Chi scrive non ne auspica certamente la spaccatura . Ma è innegabile che molti cattolici sono profondamente delusi del partito che per tanti anni li ha rappresentati , e si sentono di fatto più vicini alle posizioni tenute dai partiti laici . Sarebbe un errore gravissimo , da parte di questi partiti , condizionare l ' adesione dei cattolici a inammissibili rinunce ideali e di coscienza , continuando a insistere su contrapposizioni polemiche che varrebbero solo a respingere molti di essi su posizioni estreme , di destra o di sinistra . Il problema che si pone oggi in Italia non è infatti la costruzione di una democrazia laica , che si può considerare ormai acquisita nel nostro paese , ma la difesa e lo sviluppo di una democrazia liberale di tipo occidentale , nella quale le forze politiche si distinguono solo in relazione a problemi politici : come da tempo accade non solo nel mondo anglosassone , ma anche in un paese di tradizioni cattoliche e anticlericali insieme come la Francia .