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Il giorno della civetta ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
E ' certo troppo presto per una valutazione di ciò che la crisi aperta dall ' iniziativa socialista di fine d ' anno potrà significare nella tormentata storia della nostra democrazia . Anche se il mondo politico italiano sembra avere ormai esaurito gran parte delle sue risorse come classe di governo , resta però intatta , la sua capacità di produrre soluzioni a sorpresa , atte a sconvolgere ogni previsione . Forse anche questo contribuisce a spiegare il curioso atteggiamento dell ' opinione democratica , italiana e straniera , davanti alla crisi : diviso com ' è tra la fatalistica attesa del « compromesso storico » e delle sue inevitabili risultanti totalitarie , e una sorta di spensierata fiducia che ancora una volta si sia fatto molto rumore per nulla , e che tutto debba continuare più o meno come prima , grazie a un ' altra di quelle « combinazioni » di cui è sempre stata feconda la mente italiana . Ciò che invece sembra indubitabile è la riprova del livello gravissimo di degradazione del nostro sistema democratico che viene offerta da una crisi come questa , con le responsabilità che stanno alle sue origini e le alternative che ne derivano . L ' iniziativa socialista si colloca infatti sulla linea del processo avviato con l ' uscita del Psi dal governo dopo le elezioni del maggio 1968 , e sboccato l ' anno successivo nella seconda scissione socialista . Dopo di allora i socialisti hanno rifiutato sempre più nettamente il ruolo di garanti dell ' area democratica sulla sinistra , che avevano svolto nei governi precedenti ; e hanno invece cercato di presentarsi come mediatori autorizzati dell ' ingresso del Pci nell ' area del potere . Sulla sincerità di questa vocazione sono lecite le più ampie riserve : ma il nuovo indirizzo della politica del Psi mostra l ' entità dei rischi politici che i partiti democratici si erano assunti nel tentativo di allargare a sinistra lo spazio democratico . Non sarebbe giusto sottovalutare le particolari difficoltà che al Psi derivano dall ' esistenza in Italia di un così vasto schieramento comunista , senza confronti nel mondo occidentale ; intorno al quale si aggregano larghissimi consensi delle classi operaie e dei lavoratori in genere . La soluzione offerta ai socialisti dal primo centro sinistra era stata quella di una politica di moderno riformismo , atto a consolidare ed estendere i suoi consensi fra le masse attraverso un ' incisiva azione di rottura in grado di affrontare i molti problemi insoluti , rimasti sulla scia del tumultuoso sviluppo del paese : ma anch ' essa si risolse in un fallimento , certo per le inadempienze della Dc , ma anche per lo scarso mordente e la mancanza di aggressività dell ' azione socialista negli anni facili dei primi governi presieduti dall ' on. Moro . Nella fase successiva il Psi non ha certo rinunciato a mettersi in concorrenza col Pci : ma per esercitarla ha scelto un terreno che ha finito più volte per metterlo in opposizione con gli interessi generali del paese . Siamo tutti d ' accordo sul fatto che la democrazia italiana farebbe addirittura un « salto di qualità » se alla testa dell ' opposizione di sinistra vi fosse un forte partito socialista invece che un Pci le cui professioni di democrazia sono ancora soggette a tante riserve . Ma in vista di questo obiettivo , il Psi ha sostituito alla politica delle riforme moderne e democratiche , che è propria dei grandi partiti socialisti occidentali , una ricerca spesso irresponsabile di consensi , tanto più accentuata quanto più il Pci tendeva invece ad esibire la sua nuova fisionomia di partito serio ed efficientista . Sul terreno sindacale e su quello dell ' ordine pubblico , sul piano della politica economica e su quello della finanza e dei diritti civili , per non parlare delle prese di posizione dottrinali e di principio , il Psi ha così svolto un ruolo che ha finito per associare il suo nome a molti dei più gravi processi degenerativi che si siano lamentati negli ultimi anni : non escluse le forme più screditate di clientelismo e di lottizzazione partitica . La constatazione che è tanto difficile governare l ' Italia senza i socialisti quanto lo è governarla con loro , non ci lascia margine che a speranze più o meno platoniche . All ' interno del Psi dovrebbe aver luogo un rinnovamento profondo perché si possa contare che esso sostituisca una politica di grandi riforme , compatibili con il sistema produttivo , alla facile concorrenza con i comunisti sul terreno della demagogia . Ma l ' esperienza del passato , con la pratica inveterata della doppia assunzione di ruoli , di governo e di opposizione , di cui i socialisti hanno dato tante prove , non ci permette di farci molto assegnamento . Da parte sua l ' alternativa comunista , in termini di compromesso storico o di più ampie formazioni di governo , non è , nelle condizioni attuali , carica di incognite , ma solo di catastrofiche certezze . E quindi non si vede proprio a quale gancio certi italiani appendano il loro ostinato ottimismo . La verità è che il tempo delle « combinazioni » e dei papocchi è finito per sempre . Siamo oramai al « giorno della civetta » . Per affrontare le eventualità che l ' avvenire riserva al paese , una condizione sembra in ogni caso prioritaria : che le forze democratiche , pur nella ricerca di tutte le possibili e inevitabili collaborazioni , conservino intera la propria autonomia e la propria saldezza ideale e politica . Solo a questo patto il rapporto coi comunisti non si tramuterà automaticamente in sudditanza e asservimento .
Rivoluzione in soffitta ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Com ' è giusto , la nostra stampa ha dedicato molta attenzione al discorso tenuto da Berlinguer al congresso del Pcus a Mosca . Qualcuno ci ha visto una coraggiosa presa di posizione per una « via italiana al socialismo » ; qualche altro un ben concertato « giuoco delle parti » fra i nostri dirigenti e quelli moscoviti per facilitare la conquista del potere in Italia . Noi non abbiamo elementi per pronunciarci . Ci contentiamo di una notazione che va alquanto al di là delle circostanze , ma che ci sembra condizionarle . Nel dibattito sempre più largo e , purtroppo , sempre più attuale sulla « questione comunista » è finora mancata , mi pare , la dimensione storica . Si è molto discusso della nuova politica delle alleanze del Pci e , sul piano ideologico , si è cercato di precisare in che senso si possa parlare in termini nuovi ( rispetto alla tradizione leninista ) dei rapporti tra i concetti di socialismo e di democrazia . Ma , sebbene l ' auspicato compromesso sia detto « storico » non si è cercato di vedere seriamente in che misura la nuova impostazione berlingueriana sia coerente con la visione della storia del nostro paese sulla quale il Pci ha cercato di fondare la sua strategia e di giustificare la sua funzione nel paese . La prospettiva di Gramsci era la rivoluzione degli operai e di contadini come sbocco ultimo e risolutivo delle secolari contraddizioni della storia italiana . Nella spaccatura fra città e campagna , Gramsci aveva visto il limite più grave della rivoluzione comunale ; ed essa a suo giudizio era stata alla radice della ritardata formazione dello Stato nazionale in Italia , del carattere cosmopolitico e non nazionale della cultura italiana , della mancata rivoluzione agraria , che aveva privato il Risorgimento del significato radicale e « giacobino » che era stato proprio della Rivoluzione francese . Lo stesso antagonismo tra Nord e Sud , in questo quadro , si configurava in termini di contrapposizione tra città e campagna . Responsabili di tutto questo erano le tare storiche della borghesia e in genere della classe dirigente italiana antesignane della rivoluzione antifeudale e tuttavia incapaci di portarla sino in fondo . Il revisionismo gramsciano degli anni sessanta ha contestato duramente l ' ispirazione « meridionalista » e « contadina » di queste tesi : ma si è trattato in genere di una revisione da sinistra , volta a recuperare , al di là della politica gramsciana della alleanze , le condizioni di una rivoluzione proletaria e classista . Che è il contrario dell ' impostazione berlingueriana , protesa alla ricerca di nuove alleanze , non più con i contadini spazzati via dal miracolo economico , ma con i ceti medi gli intellettuali e una parte della borghesia imprenditoriale . Che cosa rimane in questa impostazione , dell ' originario rapporto con la visione dell ' irreparabile arretratezza della società italiana , superabile solo attraverso una rottura rivoluzionaria ? Si dirà che il Pci guarda a un rivolgimento democratico nei metodi ma rivoluzionario negli obiettivi : ma l ' ammissione che i grandi problemi della società italiana siano risolubili per via democratica è già una negazione della premessa gramsciana . L ' obiettivo di controllare democraticamente i problemi derivanti dallo sviluppo industriale , di superare il permanente ritardo delle campagne , di assicurare alla classe lavoratrice un peso accresciuto nella direzione dello Stato e della società , è un obiettivo comune a tutti i partiti socialisti dei paesi avanzati : e soltanto nei paesi avanzati il processo democratico ha raggiunto l ' ampiezza necessaria ad assicurare la realizzazione di una politica di grandi trasformazioni senza traumi e senza crisi di regime . Chi ricorda l ' insistenza di Togliatti sull ' inevitabilità della reazione fascista come ultimo atto della risposta borghese all ' avanzata proletaria può misurare quale distanza corra fra quelle posizioni e la prospettiva democratico - pluralista di stampo berlingueriano . Ammettere che questo sia possibile in Italia significa riconoscere che la società italiana ha raggiunto le dimensioni di una grande società moderna , atta a risolvere nel quadro democratico i suoi problemi : e dunque relegare in soffitta la rottura rivoluzionaria che Gramsci teorizzava come inevitabile . Ma con essa occorrerà abbandonare anche la visione gramsciana della storia d ' Italia , sostenuta e sviluppata in un trentennio di studi dalla cultura di sinistra , la cui logica interna appare irrimediabilmente compromessa quando essa viene amputata delle sue conclusioni storico - politiche . Senza questa revisione ampia e certo dolorosa , il compromesso storico , la politica delle alleanze , la rinuncia alla dittatura del proletariato conservano , malgrado le indubbie qualità oratorie di Berlinguer , un carattere di precarietà che le abbassa al livello di espedienti propagandistici a breve termine sempre rinnegabili quando abbiano esaurito la loro utilità . Un ' operazione alle cui spalle resta una visione della storia del paese in pieno contrasto con gli obiettivi che la politica dichiara di perseguire è poco credibile . E non sembra che di questa contraddizione la cultura di sinistra abbia finora preso seria coscienza .
I comunisti e l'Università ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Questo giornale ha già preso posizione , nel suo « Osservatorio scolastico » , sulle recenti proposte del Pci per l ' università , con analisi precise che ne hanno messo in luce gli aspetti principali . La serietà degli studi e della scuola , la fine dello chienlit ( come diceva De Gaulle ) , la lotta contro la « dequalificazione » dell ' università e della ricerca scientifica , hanno costituito il tema di ripetuti interventi dei massimi dirigenti comunisti : e hanno contribuito non poco ad accreditare , in vasti strati della società italiana , l ' immagine nuova del Pci , partito d ' ordine e moderato . La bozza di proposta comunista of tre l ' occasione di saggiare che cosa valgono dichiarazioni e atteggiamenti di questo tipo . Secondo il progetto comunista l ' università verrebbe divisa in dipartimenti , ciascuno dei quali destinato ad abbracciare un vasto settore del sapere ( fisica , storia ecc . ) . Sarebbe invece soppressa la denominazione disciplinare delle cattedre , così che ciascun docente non verrebbe più chiamato a insegnare la materia della quale è specialista ( per esempio storia medioevale , fisica sperimentale ) , ma quella cui gli organi di governo del dipartimento lo destinerebbero di volta in volta . Tutti i docenti , dai più anziani titolari di cattedra agli assistenti , sarebbero inquadrati in un ' unica funzione , con una distinzione in due livelli che ha però rilievo solo ai fini della retribuzione . Di fatto viene dunque introdotta la figura del famigerato « docente unico » : e di conseguenza ai medesimi organi di governo spetterà di decidere , di anno in anno , quale debba essere il compito , di professore , assistente o « esercitatore » , assolto da ciascun docente all ' interno dell ' unica funzione . Tra gli organi di governo un posto centrale verrà occupato dal Consiglio di dipartimento , dai quale emaneranno tutti gli altri , e che sarà formato tutt ' insieme da docenti , collaboratori tecnici , personale amministrativo e subalterno , e da studenti nella misura di un quinto del totale . A un organo così composto si attribuisce il coordinamento dell ' attività didattica e scientifica , e dunque l ' approvazione dei corsi da svolgere , dei docenti che li svolgeranno e con quale funzione , e la determinazione dei programmi di ricerca . Solo per la chiamata di nuovi docenti un emendamento dell ' ultima ora riserva il voto deliberativo ai docenti di ruolo : ma la relativa discussione sarà comunque effettuata in assemblee comuni a tutto il personale , e l ' indipendenza dei votanti risulterà già per questo gravemente menomata . Nel progetto abbondano le dichiarazioni a favore della libertà d ' insegnamento : ma son solo parole , prive di ogni vero presidio giuridico , se se ne toglie , per il dissenziente , la facoltà di tenere corsi liberi o di ardersene , se trova qualcuno disposto a chiamarlo altrove . Ma non sarà facile che lo trovi , perché il meccanismo predisposto dal progetto comunista è volto precisamente ad assicurare che le medesime condizioni di monopolio totalitario del potere si realizzino dovunque e in ogni settore . Con rappresentanze studentesche in gran parte dominate da comunisti ed extraparlamentari , e con la presenza massiccia nei Consigli di dipartimento del personale non docente , inquadrato e controllato dalle organizzazioni sindacali , il Pci mira ad assicurarsi il controllo su tutte le strutture di ricerca e anzi su tutti gli insegnamenti , uno per uno , impartiti nelle università . Questa minaccia è anche più immediata nei dipartimenti di scienze sperimentali , dove il gran numero di collaboratori tecnici di vario livello , infermieri ecc . , assicura ai gruppi di potere sindacale una maggioranza automatica nei rispettivi Consigli di dipartimento : e se si considera che in questi settori la ricerca scientifica nella grandissima parte non è attuabile se non nei laboratori universitari , è facile intendere che per questa via ogni ricercatore scientifico sarà costretto a subire la legge di queste maggioranze o a rinunciare all ' attività di ricerca . In tal modo l ' intero settore della ricerca scientifica , con tutto ciò che essa significa nel mondo moderno , cadrà sotto il controllo del Pci . Ma non c ' è da illudersi che possa andare diversamente nei dipartimenti umanistici , di tanto maggiore rilievo ai tini del dominio ideologico e politico del paese . Le rappresentanze degli attivisti comunisti mascherati da studenti basteranno a determinare la maggioranza nei Consiglio di dipartimento unendosi ai docenti di sinistra , che sono appunto i teorici e i leader del totalitarismo intellettuale . E , una volta soppressa , come il progetto prevede , ogni garanzia individuale per il singolo docente ( per il quale non si ha neppure il rispetto della « qualifica » professionale , rivendicata invece per il personale subalterno ) , queste maggioranze saranno in grado di determinare anno per anno che cosa il docente insegnerà e a che cosa dedicherà le sue ricerche , e se svolgerà tali attività in qualità di professore , di assistente o altro . Per questa via saranno date possibilità infinite di rendere inconciliabile , per i dissenzienti , la propria presenza nell ' università con il rispetto di se stessi . Certo , la differenza dei livelli retributivi garantisce ai professori che restano in servizio , il mantenimento dello stipendio . Ma chi ha detto che si tratti solo o principalmente di stipendio ? Si tratta , in realtà , della libertà della scuola , del pensiero e della ricerca , che non interessano solo sparute minoranze di studiosi ma investono la formazione delle nuove generazioni nell ' insegnamento medio , l ' applicazione della legge , i riflessi della ricerca scientifica e tecnologica sulla vita produttiva del paese . Con questo progetto il Pci fa proprie , dopo tanta ostentata differenziazione , le posizioni più estreme dell ' agitazione extraparlamentare nelle università , mirando ad assicurarsi , attraverso di esse , il controllo della mente e dell ' anima del paese , nella certezza che il resto verrà di conseguenza . Il tutto , magari , nel quadro di rinnovate professioni di un pluralismo che , quando sarà stato soppresso nella società italiana , potrà ben restare sulla facciata dei discorsi e delle proclamazioni di principio . Dopo tutto , chi ha dimenticato che anche Stalin aveva raccolto la bandiera delle libertà borghesi ?
StampaQuotidiana ,
Dopo tante esitazioni e tante dispute tra i fautori del « filo diretto » con Berlinguer e i sostenitori dell ' « accordo guerreggiato » con i socialisti , i partiti di centro sono giunti a un risultato che non potrebbe essere più fallimentare . I socialisti e i comunisti sono più vicini tra loro di quanto lo siano mai stati negli ultimi quindici o vent ' anni ; si va alle elezioni in uno stato di confusione e di incertezza che ha pochi confronti ; la pressione comunista sull ' area democratica è più massiccia e più pericolosa che mai . Si sarebbe tentati di dire che nelle polemiche dei mesi scorsi tutti i disputanti avessero ragione : sia che sostenessero l ' opportunità di preferire l ' infida alleanza socialista al rapporto con il micidiale apparato di potere comunista ; sia che indicassero nelle concessioni alla demagogia dei socialisti il battistrada più sicuro dell ' avvento del Pci al potere . E la tentazione ulteriore sarebbe di prendere atto di questa realtà , di riconoscere la pratica impossibilità di stabilire un rapporto accettabile e con 1 uno e con l ' altro dei due partiti marxisti , e di invitare dunque i partiti democratici a far quadrato in uno sforzo supremo di difesa . Ma in queste materie non sono lecite conclusioni precipitose . I partiti democratici devono dunque muovere dalla considerazione di una serie di ipotesi realistiche sulle prospettive post - elettorali : nella fiducia che le elezioni si svolgeranno in un quadro di sufficiente normalità , e che le scelte post - elettorali potranno essere effettuate , almeno in un primo tempo , secondo le regole del processo democratico . Una prima ipotesi , resa purtroppo assai probabile non dai meriti delle sinistre ma dai demeriti dei partiti democratici , è che i partiti marxisti riescano ad ottenere una maggioranza sufficiente a governare anche senza l ' apporto della Dc e dei suoi alleati . E verosimile che in questo caso l ' offerta del « compromesso storico » , e addirittura di un governo di « emergenza » , esteso a tutto l ' « arco costituzionale » , venga mantenuta . Occorre ribadire , senza troppe parole , che se l ' offerta venisse accettata la democrazia italiana avrebbe i giorni contati . Già sarebbe difficile parlare , dopo un terzo insuccesso politico - elettorale della Dc , di un vero « compromesso » che in realtà sarebbe solo illusorio tra un Pci più forte che mai e una Dc umiliata e indebolita da un ' ulteriore sconfitta . Di fatto , avrebbe allora inizio il graduale assorbimento dei partiti democratici nell ' apparato di potere comunista : e ogni tentativo di costituire un ' opposizione , di creare o salvaguardare un ' alternativa al comunismo , verrebbe subito paralizzato o reso assai più arduo dalla facile assimilazione all ' opposizione della destra , non a caso tenuta in piedi per l ' opportunità che essa offre di qualificare ogni opposizione come « fascista » ; e si sa che « ammazzare un fascista non è reato » . Diremo ancora una volta che non si tratta di fare il processo alle intenzioni dei dirigenti comunisti : ma solo di prendere atto che nelle tensioni provocate dallo sforzo di avviare il socialismo , il Pci si vedrà presto costretto a scegliere tra l ' abbandono della democrazia e l ' abbandono del potere ; e l ' esperienza di tutti i processi rivoluzionari insegna quale sia , in questi casi , l ' alternativa destinata a prevalere . 1; anche chiaro che nessun confronto è possibile con il precedente del centrosinistra , nel quale la Dc si è trovata a convivere , e a che prezzo , con un Psi che raggiungeva appena un quarto delle sue dimensioni elettorali . Adesso si dovrebbe rinnovare l ' esperienza con un partito di struttura assai diversa , burocratico - militaresca , qual è il Pci , che dispone di una forza elettorale pressoché pari e forse , dopo le elezioni , superiore a quella della Dc ; senza contare l ' apporto di un Psi verosimilmente ancora cresciuto dopo la prova elettorale . Si può invece supporre , e ci si deve augurare , che la Dc e i suoi alleati si rifiutino a questo tipo di alleanze miranti alla decapitazione preventiva dell ' opposizione ; e anzi non è affatto escluso che sull ' onda del successo elettorale i partiti marxisti siano essi stessi ad abbandonare la politica del compromesso e dell ' « arco costituzionale » , e puntino invece direttamente all ' alternativa di sinistra . Di questa , i socialisti si sono fatti , negli ultimi anni , i più attivi sostenitori : ma è probabile che proprio dalle loro file vengano le remore più gravi . La pratica attuazione dell ' alternativa di sinistra è stata infatti sottoposta , nei deliberati congressuali e nelle dichiarazioni ultime dei dirigenti socialisti , a condizioni irrealizzabili , che sembrano fatte apposta per consentire al partito di De Martino di rinviare indefinitamente ogni decisione . Si è messa avanti l ' esigenza che il rapporto di forza tra i due partiti marxisti si sposti sensibilmente a favore del Psi , che è cosa praticamente fuori della realtà ; e sul piano internazionale si è chiesto insistentemente che il Pci « chiarisca » i suoi rapporti con l ' Urss , che al punto in cui sono le cose equivale a una richiesta di rottura che il Pci non può prendere in considerazione . In tal caso il quadro post - elettorale si riaprirebbe su una nuova prospettiva di collaborazione fra cattolici e socialisti , non troppo mutata rispetto alla situazione degli ultimi anni . Non è una prospettiva brillante , date le esperienze : ma molto dipenderà , e lo diremo tra poco , dal modo come l ' affronteranno i partiti di centro . Se poi i socialisti entrano nel governo di alternativa , egemonizzato - qualunque sia la distribuzione dei portafogli - dai comunisti , essi si troveranno a condividere le responsabilità di una politica costantemente al limite della degenerazione totalitaria . Chi non ha perduto la fiducia nelle tradizioni di democrazia che sono tanta parte delle tradizioni socialiste , deve augurarsi che la concreta esperienza di ciò che significa il potere comunista abbia per i socialisti quella efficacia pedagogica che le esortazioni e gli ammonimenti degli altri partiti democratici finora non hanno avuto . Non è neppure escluso , del resto , che i partiti di centro riescano a conservare la maggioranza . Ma ciò non elimina il problema di un qualche rapporto con l ' opposizione : e lo mostra l ' esperienza degli ultimi anni di questa legislatura , nella quale era tuttavia disponibile sulla carta una maggioranza centrista . Può essere , dunque , che i partiti di centro siano chiamati a fronteggiare la pressione comunista senza sostanziali apporti da parte socialista : che i socialisti alla prova ( lei fatti rifiutino l ' alternativa e che sia dunque possibile riprendere l ' esperienza di centrosinistra ; che si abbia un governo di « compromesso storico » o di « arco costituzionale » , o che anche si realizzi l ' alternativa di sinistra , e che tuttavia i socialisti riescano in un secondo tempo , e prima che sia troppo tardi , a svincolarsi dall ' abbraccio comunista . Può anche essere che nessuna di questa ipotesi si realizzi e che gli eventi prendano altre vie . Ma se i partiti di centro vogliono conservare reali prospettive politiche , e garantirsi qualche margine per la difesa dei loro princìpi irrinunciabili , occorre che essi abbandonino le ubbìe della « irreversibilità » , e facciano intendere ben chiaro che la difesa delle posizioni democratiche continuerà , se necessario , anche dall ' opposizione . Una grande opposizione democratica , in un paese come il nostro , a struttura sociale così complessa e per tanti fili legati all ' Europa e all ' occidente , ha ancora molto spazio , se solo avrà la coerenza e la chiarezza di idee necessarie per difenderlo : e il terrorismo della polizia segreta e delle squadre armate di partito non arriva in un giorno . I comunisti lo sanno , e per questo hanno escogitato la formula del compromesso storico . E ' troppo sperare che lo capiscano , chissà quando , i socialisti ? Ed è troppo chiedere ai partiti di centro che i loro esponenti chiariscano agli elettori la loro posizione su questi temi vitali , in modo che ciascuno sappia a chi dà realmente il proprio voto , al di là delle etichette ?
L'Università totalitaria ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Giuseppe Chiarante non ha ancora capito che le vecchie astuzie , di stampo togliattiano non servono più ; e che non basta fare sfoggio di serietà e di rigore intellettuale a parole per trarre in inganno lettori ed ascoltatori . Ormai , sulla vera natura e sugli obiettivi del Pci si è venuta accumulando una mole imponente di fatti e di esperienze ; e nel confronto le cortine verbali reggono poco . Non basta dunque proclamare , come ha fatto Chiarante ne « L ' Unità » del 19 maggio , la purezza dei propri intenti , o appellarsi a disposizioni isolate e interpretate a rovescio , per negare la logica totalitaria del progetto comunista per l ' università . Non basta dire che i dipartimenti ci sono in tutto il mondo occidentale , per contrabbandare come centri d ' insegnamento e di ricerca scientifica gli organismi politico - sindacali a carattere intimidatorio previsti dal progetto comunista ; e anche meno serve ricordare che i docenti di ruolo sarebbero in maggioranza nelle Giunte di Dipartimento , quando esse sono soltanto organi di esecuzione dei deliberati di assemblee nelle quali bidelli , borsisti e infermieri sono chiamati a votare su questioni di ricerca e d ' insegnamento allo stesso titolo e con lo stesso voto dei docenti e ricercatori . Non parliamo poi della foglia di fico delle « chiamate » di nuovi professori riservate ai docenti , secondo un emendamento dell ' ultima ora , nel quale del resto si ribadisce che anch ' esse saranno discusse in assemblee comuni di tutto il personale , in cui la Cgil avrà solo la scelta degli strumenti per imporre le proprie decisioni . Ed è vergognoso che Chiarante rimproveri a una non meglio specificata « maggioranza governativa » la liberalizzazione degli accessi all ' università o la moltiplicazione insensata del personale insegnante a tutti i livelli . La liberalizzazione porta il nome del non onorevole Tristano Codignola , esponente del Psi , alleato d ' elezione del Pci ; ed essa , al pari della campagna per la sistemazione in ruolo , a ogni costo e con tutti i mezzi , di ogni sorta di aspiranti , fu una richiesta portata avanti anzitutto dai comunisti e dalle loro organizzazioni sindacali . Ila dimenticato , Chiarante , l ' agitazione condotta per anni sulla base di assurdi e pretestuosi raffronti tra il rapporto docenti - studenti in America e in Italia ? Ignora forse i regolamenti liberticidi di cui i sindacati comunisti nell ' ultimo anno si sono fatti promotori nelle università di Torino e di Firenze , di Bologna e di Roma ? Qualche settimana fa , nel Consiglio della Facoltà di Lettere di Roma una mozione mirante a sottoporre a deliberazioni assembleari di tutto il personale docente e non docente il controllo dell ' attività didattica e persino dell ' attività di ricerca dei « singoli docenti » è stata presentata da Alberto Asor Rosa , membro del direttivo della federazione comunista della capitale , e votata da tutti i comunisti presenti . I comunisti sono stati alla testa di tutte le azioni volte a distruggere le strutture della nostra università , a privare i responsabili scientifici e didattici dei mezzi atti a controllare l ' agitazione e a dirigerla verso obiettivi di rinnovamento e non di mera e nichilistica distruzione . Adesso i vari Chiarante vorrebbero rovesciare le parti e presentarsi come vittime dei guasti che hanno scientemente alimentato e provocato . Ma queste son cose note a chiunque lavora nell ' università , e chi le nega è solo un mentitore . Sarebbe utile che anche chi opera in altri settori confrontasse le parole dei comunisti con l ' esperienza di ogni giorno . Ne verrebbe , probabilmente , un quadro d ' insieme atto a disingannare profondamente gli ingenui che davvero sono disposti a scambiare gli incendiari con i pompieri , e a riporre le loro speranze d ' ordine negli autori e responsabili dell ' aggressione e del disordine .
Mammuth dell'ideologia ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Alla vigilia delle ultime elezioni l ' accordo su alcune candidature comuni da parte dei tre partiti minori e una significativa dichiarazione di Giovanni Agnelli parvero imprimere nuovo slancio alla tematica già un po ' stanca dell ' alleanza laica . Si trattava , beninteso , di cose assai diverse . Le candidature nascevano infatti su un terreno di ordinaria cucina elettorale , stilla base del calcolo dei voti ottenuti in precedenza dai tre alleati ( provvisori ) in alcuni collegi ; mentre la simpatia espressa da Agnelli per l ' iniziativa documentava l ' interesse che una prospettiva del genere aveva suscitato in un settore importante della società italiana come quello imprenditoriale , che molti considerano politicamente sottorappresentato . Anche i risultati delle elezioni hanno dunque un significato diverso come elemento di giudizio nei due casi . L ' esperimento elettorale non ha avuto , nell ' insieme , risultati molto persuasivi , anche se essi sono stati pesantemente condizionati dalla crisi che ha investito tutte le forze di democrazia laica ( con la parziale eccezione del Pri ) , anche fuori dell ' alleanza , e dell ' atteggiamento di netto distacco di due almeno dei tre partiti nei confronti dell ' iniziativa . Resta invece da vedere quale sia il significato permanente dell ' interesse che la proposta ha suscitato al di fuori delle strutture dei partiti , e che è documentato da una serie di manifestazioni sorte a fianco della campagna elettorale e dalle dichiarazioni di disponibilità che si sono raccolte nei più vari settori . Va detto subito che l ' interesse mostrato dai ceti imprenditoriali e di borghesia produttiva per l ' alleanza non può significare che essa sia destinata a proporsi come un ipotetico partito dei produttori . In un paese classista come l ' Italia , industrializzatosi - ed è un caso quasi unico - senza un ' « ideologia dell ' industrializzazione » , il partito dei produttori verrebbe subito identificato col partito dei « padroni » , e questa non sarebbe solo una caratterizzazione negativa sul piano della propaganda ma l ' espressione di un errore di sostanza . Nel mondo moderno non è infatti sopportabile che all ' enorme potere economico dell ' impresa capitalistica si sommi addirittura l ' esercizio diretto del potere politico ; ed è invece necessario , per un corretto funzionamento del sistema , che un potere politico indipendente sia in grado di dialogare , condizionare , dirigere a finalità di interesse generale le incomparabili capacità di realizzazione dell ' impresa privata . Ma ciò non toglie che all ' origine di queste sollecitazioni spontanee alla convergenza di forze storicamente e ideologicamente così diverse , in apparenza , come sono quelle liberali , socialdemocratiche e repubblicane , vi sia comunque l ' intuizione immediata , a livello popolare se si vuole , di una realtà complessa che finora le forze politiche si sono mostrate incapaci di cogliere : la realtà , cioè , del processo che durante il XX secolo ha condotto le grandi forze storiche nelle quali si era divisa la società ottocentesca a confluire su politiche e obiettivi largamente comuni , ai quali si deve la fisionomia dell ' Europa moderna . Liberalismo e socialismo , divisi e contrapposti da conflitti drammatici nel XIX secolo , hanno conosciuto un processo di reciproca integrazione che si è tradotta in acquisizioni durature e irrinunciabili della nostra civiltà . Il processo si è realizzato in modo assai diverso in paesi come la Gran Bretagna e la Germania , nelle regioni del Benelux e in quelle scandinave : ma attraverso queste diversità , che hanno visto il ridimensionamento e talora la scomparsa di alcune grandi forze storiche , dal liberalismo inglese al comunismo tedesco , certi fatti fondamentali sono venuti alla luce . Lo sviluppo dei diritti e dei valori dell ' individuo , in un quadro intangibile di democrazia formale , è diventato obiettivo primario e irrinunciabile nelle nuove forme di socialità realizzate dalle grandi socialdemocrazie ; e a sua volta il riformismo liberale , una volta sorpassata la fase della conquista di garanzie dello Stato con cui s ' identifica la storia delle libertà moderne , ha preso la forma di una serrata battaglia per la realizzazione di strutture sociali atte a dare più vasto spazio e più concreta verità all ' esigenza liberale di assicurare la piena espansione della personalità e della creatività individuale . E storia ormai vecchia , e l ' emblematica adesione al partito liberale di sir William Beveridge , autore del programma di sicurezza sociale che doveva tradursi nel Welfare State laburista , è cosa di trent ' anni fa . E tuttavia , da noi si è sentito parlare anche di recente di contrapposizioni insuperabili fra socialdemocratici e liberali riformisti , e di contrasti inconciliabili tra la liberal - democrazia dei repubblicani e la socialdemocrazia dei socialdemocratici : da parte di chi sarebbe poi assai imbarazzato se dovesse indicare , in Europa , paesi e società liberal - democratiche che non siano quelle socialdemocratiche e viceversa . Tanto la realtà dei fatti ha sopravanzato la scolastica di pregiudizi programmatici invecchiati di mezzo secolo . Se un ritardo c ' è , e vistoso , nella cultura politica del nostro paese , non sul piano accademico e dottrinario ma su quello dei valori concretamente fatti propri dalle forze politiche , esso sta in questa incapacità di prender atto dei mutamenti che intanto sono avvenuti nelle cose da parte di chi avrebbe maggior interesse a farlo . La fedeltà alle bandiere e alle tradizioni ha fatto schermo , in questo come in tanti altri casi , alla pigrizia mentale . Naturalmente , liberalismo e socialismo restano , sul piano teorico , cose diverse , e la tematica dell ' assoluto egualitarismo e quella dell ' assoluto individualismo non sono sempre e chiaramente conciliabili . Ma questo , che è alimento fecondo e irrinunciabile della riflessione critica , non va confuso con la valutazione storica e politica della presente fase di sviluppo delle società industriali avanzate , e tanto meno dev ' essere abbassato a strumento di tendenze che in concreto servono solo a frenare l ' ascesa delle forze reali maturate nella società civile e politica del nostro paese durante gli ultimi decenni . Sarebbe tuttavia troppo facile , se bastasse constatare l ' esistenza di queste realtà altrove per vederne garantito lo sviluppo anche in Italia : dove , a non dir altro , il partito comunista ha catturato gran parte del movimento operaio , che invece ha avuto un ruolo fondamentale nella costruzione delle più avanzate democrazie dell ' Europa moderna . Il problema , naturalmente , non si pone per chi è convinto di avere già trovato , nel Pci , l ' autentico partito socialdemocratico di cui l ' Italia aveva bisogno . Ma questo è vero solo per chi ha deciso di chiudere gli occhi a ciò che accade ogni giorno nella vita di tutti noi . Per chi non ama né apprezza questi esercizi dell ' arte consolatoria la questione è e rimane quella della costruzione di una vera e solida alternativa democratica nel paese più minacciato dal comunismo tra quelli del mondo occidentale . Questa alternativa non può ignorare che il centro dello schieramento democratico è tuttora occupato dall ' area cattolica , che ne ha costituito per trent ' anni il fondamento , e che nelle ultime elezioni ha dimostrato una vitalità che molti non sospettavano . Il successo elettorale della Dc , accompagnato dal gravissimo cedimento dei laici , può anzi sollevare l ' interrogativo se costoro non abbiano ormai smarrito la loro specifica funzione , e non debbano invece rassegnarsi al trionfo di un bipartitismo che anche ai più prudenti appare di tipo quanto meno anomalo . Ma appunto l ' incapacità del sistema politico italiano a realizzare altro che un bipartitismo anomalo ripropone il problema dei laici anche in una situazione in apparenza così brutalmente semplificata dopo il 20 giugno . Anche ai più calorosi simpatizzanti della Dc sarà difficile negare che una larga parte del successo elettorale democristiano è derivato da elementi , per così dire , negativi , di rifiuto del comunismo che non comportano alcuna adesione ai valori specifici di cui la Dc dovrebbe essere portatrice . Il divario tra quei valori e la nuova realtà della società italiana come società industriale è venuto allargandosi negli ultimi decenni , ed è diventato sempre più palese dopo il referendum . Sarebbe un grave errore se il successo elettorale del 20 giugno facesse dimenticare alla Dc la difficoltà che il partito e le sue organizzazioni trovano ogni giorno a stabilire un vero dialogo con strati vastissimi e importanti della società italiana , a proporre soluzioni accettabili di una serie di problemi fondamentali nella vita del mondo moderno . Sarebbe un errore anche più grave sottovalutare le risultanze di inchieste come quella di cui il « Giornale » ha dato notizia qualche giorno fa , e che ha documentato come le vocazioni religiose vengano ormai dalle sole zone rurali , e non abbiano invece più posto nella realtà urbana , che è poi realtà dell ' Italia moderna . Sono problemi da affrontare , se si vuole che il precario equilibrio garantito dal 20 giugno non diventi in avvenire anche più precario . Le risposte saranno certo diverse , a seconda della direzione che nel futuro prenderanno le forze ancora una volta riunitesi dietro lo scudo crociato ; e , in misura non minore , a seconda della evoluzione come sempre imprevedibile del mondo socialista . Ma è indubbio che a questi temi converrà rivolgere una più meditata attenzione , nella pausa di respiro che sembra esserci concessa dopo la vicenda elettorale .
Matrimonio all'italiana ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Tra coloro che in anni recenti sono volati nelle grandi braccia del Pci non pochi fanno appello , per giustificarsi , alle superiori virtù politiche che avrebbero consentito ai comunisti di evitare i tanti errori di cui invece si sono resi responsabili i partiti democratici . I comunisti vincono , si proclama , perché hanno ragione : e i loro successi sono lì a dimostrarlo . E una forma di quel deteriore storicismo che già in altri tempi fu chiamato a giustificare i cedimenti nei confronti dei potenti del giorno : sacrificando ai superiori diritti della storia quelli della coscienza individuale e facendo in tal modo , come i fatti si incaricarono di dimostrare , un cattivo servizio anche alla storia . Ma le giustificazioni restano ugualmente inconsistenti . Perché se proprio si vuol fare la caccia agli errori , non v ' è dubbio che il primo posto spetta proprio ai comunisti , senza contrasto . La scelta stalinista nell ' epoca peggiore , al tempo del processo dei medici , di Popov inventore della radio , della biologia materialistico - dialettica di Lysenko ; l ' insistenza sulla terra ai contadini , quando l ' Italia si avviava al miracolo economico , che avrebbe tolto ogni radice alle impostazioni di quel tipo ; un meridionalismo contraddetto a ogni passo da rivendicazioni di settore a carattere nettamente antimeridionale ; il rifiuto dell ' Europa , quando il nostro paese si avviava a compiere un salto di qualità di vera portata storica con l ' inserimento nell ' Europa : sono queste le risposte che il Pci ha dato ai problemi fondamentali che l ' Italia ha dovuto affrontare nel dopoguerra ; e ciascuna di esse denuncia una netta inferiorità politico - culturale in confronto alle scelte effettuate dai partiti democratici . La superiorità dei comunisti sta invece nella disciplina , nell ' unità di vedute e nella compattezza che li distingue : ma su questo terreno ogni partito a struttura autoritaria e totalitaria può vincere facilmente il confronto con partiti d ' opinione e a basso grado di militanza quali sono i partiti democratici ; senza che questo dimostri poi gran che . Certo , i comunisti parlano oggi un linguaggio « diverso » : ma questa revisione , a livello meramente tattico , senza spessore ideologico ed effettuata mentre si accentua l ' infiltrazione comunista in tutti i settori della società italiana , può essere rovesciata senza lasciar traccia appena lo vorranno le esigenze della tattica ; e il metodo leninista fornisce giustificazioni di ogni tipo per questo genere di operazioni . Indizio di superiorità vera , che un ' analisi davvero storicista deve mettere in primo piano , è piuttosto la tenacia con la quale il Pci ha saputo tener fede ai suoi obiettivi strategici anche nei momenti più oscuri , dopo la grande sconfitta elettorale del 1948 e quando il successo iniziale dell ' operazione di centrosinistra lo aveva isolato e costretto in un angolo dello schieramento politico italiano . Allora furono rarissime e assai sommesse le voci che in campo comunista suggerirono di adattarsi alla situazione , apparentemente senza prospettive , che sembrava destinata a caratterizzare gli anni avvenire ; e fu quello invece il periodo in cui si elaborò la strategia che , alternando l ' attacco seminsurrezionale della contestazione universitaria e dell ' estremismo sindacale con l ' azione restauratrice del Pci , ha condotto i comunisti all ' attuale posizione di forza . Giustizia vuole , del resto , che l ' elaborazione di questo tipo nuovo di strategia si attribuisca non tanto ai dirigenti ufficiali del Pci quanto a quelle frange intellettuali che , dapprima messe al margine e in più casi espulse dal partito , hanno poi finito per determinare la linea di condotta e del partito e di buona parte del movimento sindacale . Al contrario , proprio questa tenacia e la connessa capacità di revisione delle strategie tradizionali è mancata ai partiti democratici : i quali , davanti alla nuova linea d ' azione adottata dalle sinistre , hanno oscillato e tuttora oscillano fra le suggestioni populistico - trasformistiche dei cattolici e le velleità contraddittorie dei laici , perduti dietro il miraggio di una mediazione non richiesta e alla quale in ogni caso le loro forze sono di gran lunga insufficienti . Ogni serio ripensamento della strategia dello schieramento democratico e dei rapporti fra i partiti che per trent ' anni hanno operato nel suo ambito , deve muovere , in primo luogo , dalla rinuncia a questo miraggio . In un blocco clerico - comunista e , peggio , in uno schieramento egemonizzato dai soli comunisti , per i laici non c ' è posto . Non sarà certo la cultura liberal - democratica a cementare la precaria unione - carica di ogni sorta di pericoli - tra comunisti e cattolici ; e in uno schieramento di stampo prevalentemente comunista i laici non possono né dare garanzie , che non è in loro potere di fornire , né assolvere un ' autonoma funzione culturale , che l ' omogeneità del blocco ideologico di ispirazione marxista tende intrinsecamente a rifiutare . La revisione delle strategie democratiche può trarre invece vantaggio dalle stesse difficoltà della situazione attuale , nella misura in cui esse impongono una più realistica considerazione degli affari interni ai partiti democratici e della funzione che essi sono chiamati a svolgere nel paese . Per anni , questa considerazione è stata offuscata dal trionfalismo dei cattolici e dai rancori malcelati dei laici . Ma la Dc ha oggi seri motivi per rinunciare all ' illusione di poter governare da sola l ' Italia per altri cinquant ' anni ; e i laici hanno motivi altrettanto seri per capire che le minacce più gravi all ' avvenire dell ' Italia non vengono dall ' inesistente ipoteca clericale sulla cultura del paese . Su questa base un discorso serio può e deve essere aperto tra forze che per trent ' anni sono state solidali nella lotta per la democrazia , e che non si vede perché non debbano esserlo ancora . Non si tratta , neppure adesso , e ora anzi meno che mai , di chiedere transazioni impossibili fra cultura laica e cultura cattolica : ma di riconoscere l ' essenziale importanza di una concreta collaborazione sul terreno politico , da porre su nuove e più solide basi , senza strumentalizzazioni da una parte e senza pretese egemoniche dall ' altra . Vi sono settori del mondo cattolico , legati a una tematica politico - religiosa di tipo ancora confessionale e integralista , che non sono certo disponibili per un discorso del genere : e nessun laico di spirito liberale negherà la legittimità e la funzione di queste forze . Ma ogni osservatore non pregiudicato deve anche ammettere che se esse esprimono componenti di rilievo della presente realtà italiana , non possono tuttavia aspirare a rappresentare le istanze più generali e più diffuse : perché nella società industriale moderna questo compito non può più essere svolto da forze caratterizzate prevalentemente in senso religioso . In questi termini il discorso è probabilmente destinato ad assumere un rilievo crescente nella crisi italiana : e nessuno più dei laici ha interesse a sollecitarlo . Nello schieramento democratico spetta ad essi una funzione che non possono assolvere le sole forze di estrazione cattolica : ed è qui che essi possono identificare il loro ruolo autonomo e conforme ai grandi interessi del paese , che è invece impensabile in un quadro condizionato dalla preliminare accettazione dell ' egemonia comunista .
Un altro modo di far politica ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Con i suoi 14 milioni di voti la Dc ha dato il 20 giugno una nuova prova della sua forza elettorale . Il significato di questo successo non va sottovalutato . E ' l ' ennesima riprova che al messaggio cristiano è riservato un grande spazio tra le forze destinate a modellare la realtà in cui viviamo . In una società così fortemente competitiva come quella capitalistica , dove la solitudine esistenziale nella folla senza nome è per molti una esperienza drammatica , e dove sfide sempre nuove nascono ogni giorno dalla scienza , dalla tecnologia , dalla crisi dei vecchi valori e dalle dimensioni accresciute della vita sociale , il riferimento religioso è per molti irrinunciabile , sul piano individuale e su quello collettivo . Solidarietà e carità cristiana acquistano per i deboli e per i meno fortunati un significato che si traduce in un livello d ' impegno sociale e politico spesso ignoto alle formazioni « laiche » e che conferisce un preciso contenuto alla caratterizzazione « popolare » della Dc . Ma se queste sono realtà innegabili , va però sottolineato anche che la Dc ha riscosso il grosso dei consensi in settori della società italiana assai più estesi , che le hanno affidato la propria rappresentanza politica al di fuori di ogni motivazione religiosa . Il voto di questi settori per la Dc è solo un ' espressione della loro scelta per il modello civile occidentale , con i suoi ordinamenti economici fondati sull ' impresa e la sua esaltazione della libera personalità individuale . Non è cosa nuova , e su questa scelta la Dc ha sempre fondato le proprie fortune elettorali . Ma adesso le esigenze della società sono cresciute , e le risposte della vecchia Dc non bastano più . Un paese dove il reddito reale per abitante è tre volte superiore a quello del 1951 , con una popolazione residente nei centri con oltre 50 mila abitanti pari al 40 per cento del totale , e con un tasso di scolarità e d ' informazione incomparabilmente più alto , pone alla classe politica problemi assai diversi da quelli affrontati al tempo di De Gasperi . Più elevate disponibilità di reddito significano infatti maggiore larghezza e varietà di vita , possibilità più diversificate , attese e prospettive più ampie di accesso ai beni e ai valori del mondo : che sono poi i contenuti di una società « secolarizzata » con i quali vengono a più diretto contatto le grandi masse investite dai moderni processi di sviluppo economico . E questa Italia nuova , l ' Italia davvero europea , che alla Dc chiede oggi l ' acquisizione di un modo diverso di far politica , meno legato ai moduli della vita parrocchiale e più a quelli dell ' azienda e della produzione , e insieme meglio adatto ad accettare e a promuovere i valori e il costume che son propri della nuova realtà . Riconoscere che questa è la sfida che la Dc è chiamata a fronteggiare non significa auspicarne la trasformazione in un partito laico e « liberale » . Ci piaccia o non ci piaccia , l ' ultimo mezzo secolo di storia italiana ha relegato i partiti laici non socialisti a un ruolo minoritario e assegnato un peso determinante al partito cattolico . Ma la Dc deve ugualmente raccogliere quella sfida , se vuole restare fedele alla sua vocazione interclassista in termini adeguati alle esigenze di oggi . E potrà farlo senza chiedere nessuna rinuncia a quelli fra i suoi militanti che derivano dalla coscienza religiosa le motivazioni ultime del proprio impegno politico . Nel quadro di un ' ispirazione cristiana i valori della società libera e democratica trovano giustificazioni certamente diverse da quelle che si richiamano invece alla cultura laica : ma è proprio nell ' ispirazione religiosa che le forze più autentiche del cristianesimo hanno trovato durante gli ultimi decenni le motivazioni più profonde della loro scelta per la libertà e contro il totalitarismo , al di qua e al di là della cortina di ferro . Certo , questi sono problemi interni al mondo cattolico e , più in particolare , al partito della Dc . Ma sono problemi ai quali non può restare indifferente il mondo laico : che ha un innegabile interesse a tutto ciò che tende a conferire una fisionomia di maggiore modernità al più grande partito dello schieramento democratico , e dunque a tutto il sistema politico del paese . Nell ' ineliminabile differenza delle motivazioni ultime sul piano culturale , esiste un vasto terreno comune sul quale le forze democratiche di ogni estrazione ideologica sono chiamate a incontrarsi . Ed è stato un errore assai grave delle forze laiche non avere finora guardato con la necessaria attenzione a quei settori del mondo cattolico che sono più aperti ai valori di cui la cultura liberal - democratica si vanta di essere portatrice . Il « dialogo » con i cattolici è così rimasto monopolio dei comunisti , da sempre campioni di ineguagliata spregiudicatezza in questa materia . Non è affatto detto che questa linea risulterà vincente nella Dc . E possibile che i suoi dirigenti , dall ' alto della propria forza elettorale , ritengano invece che nulla vi sia da mutare nelle vecchie ricette politico - ideologiche ; e che di fatto esse bastino ad assicurare al partito cattolico , anche in avvenire ( se non interveranno fattori eccezionali di crisi ) , successi analoghi a quelli del passato . Resta tuttavia da vedere se un voto con valore meramente numerico , non sostenuto da quel concreto e fattivo ricambio con la società civile in cui si concreta una moderna vita politica , possa essere sufficiente oggi , quando il Pci è ormai a un soffio dal traguardo del potere .
Il comunismo come restaurazione ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Democrazia e pluralismo sono il pezzo forte della grande « operazione sorriso » lanciata negli ultimi anni dal Pci : ma l ' opinione democratica , alla quale è in primo luogo rivolta questa campagna pubblicitaria , dovrebbe guardare con attenzione il contenuto della scatola che le viene offerta con tanta generosità . Potrebbe rivelarsi intriso di contenuti inquinanti , e di autentici veleni . Un buon punto di partenza può essere l ' esame del duplice atteggiamento del gruppo dirigente comunista verso l ' ondata di contestazione iniziata nel 1968 . Dopo una fase di incertezza , condanne e deplorazioni si sono moltiplicate : il movimento è stato bollato come espressione di estremismo infantile e di spontaneismo incontrollato ; la sua debolezza organizzativa , l ' inconsistenza delle sue posizioni teoriche , la povertà delle sue mitologie - non ultima il maoismo - sono state duramente denunciate e non di rado fatte oggetto di impietose derisioni . Sono queste le posizioni alle quali attinge fiducia e sicurezza il pubblico democratico e borghese , vittima per tanti anni di ogni sorta di aggressioni materiali e morali , e tentato alfine di vedere nel Pci quella forza d ' ordine e di restaurazione di cui la sua stanchezza gli fa avvertire così vivamente il bisogno . Non v ' è alcuna necessità di mettere in discussione la buona fede di chi adesso si fa paladino di tesi così rassicuranti . Viene piuttosto in mente il « bispensiero » di orwelliana memoria - se il riferimento è consentito a proposito di un partito che si presenta agli italiani con la figura rispettabile di Giorgio Amendola e con quella , un po ' più ambigua , di Enrico Berlinguer . E tuttavia , quale immagine più adatta a designare l ' intreccio fra le ampie assicurazioni date ai pavidi e ai timorosi , e la spregiudicata utilizzazione che il Pci continua a fare delle spinte eversive così duramente condannate in altra sede ? Di fatto , le spinte eversive vengono condannate dai comunisti sino a quando sono controllate dai « gruppuscoli » dell ' ultrasinistra ; ma vengono invece levate al cielo , ed esaltate come grande moto democratico dei lavoratori , dei giovani e delle donne , quando il Pci riesce ad assoggettarle alla propria guida . Che è ciò che in misura sempre più ampia è accaduto negli ultimi anni , grazie alla superiore efficienza dell ' organizzazione comunista ufficiale . In tal modo le spinte contestatrici e le loro emanazioni sono venute ad assumere un posto centrale nelle nuove strategie del Pci : e il non averlo inteso è all ' origine di non pochi errori di alcuni dei più noti leader democratici . Del movimento sessantottesco il Pci ha infatti ritenuto e fatto propria soprattutto la spinta al regime assembleare , che i gruppuscoli avevano promosso per imporre la propria volontà di minoranza alle maggioranze disorganizzate . Nella versione controllata dal Pci , alla violenza dei gruppuscoli si sostituisce l ' azione ben più vasta e penetrante del partito e delle organizzazioni parallele ad esso collegate . Esautorati i poteri legali creati dal voto espresso dalle maggioranze democratiche , le loro funzioni vengono di fatto trasferite ad assemblee che si presumono unitarie , ma di cui i comunisti sono certi di acquistare il controllo grazie ad una organizzazione politico - sindacale di tipo capillare alla quale i partiti democratici , proprio perché democratici , non hanno nulla di equivalente da contrapporre . Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti . Sul terreno sindacale , opportune disposizioni dello statuto dei lavoratori , riecheggiate in decine di provvedimenti legislativi , escludono dalla rappresentanza le organizzazioni diverse dalla Triplice , anche quando sono di fatto maggioritarie . Nelle università e nelle scuole è in corso già da qualche anno una vasta manovra tendente ad affidare il controllo ad assemblee di tutto il personale docente e non docente dominate dai sindacati confederali , senza alcun riguardo ai livelli tecnici e di competenza . Operazioni , queste , agevolate dagli errori di valutazione della direzione democristiana , ancora vittima dell ' illusione che la società italiana rimanga , a livello « antropologico » , fondamentalmente cattolica . Su queste premesse Berlinguer può dichiarare tranquillamente , come ha fatto nella sua ultima relazione al Comitato Centrale del Pci , che i comunisti non vogliono « fare da soli né con i soli partiti di sinistra » , e che anzi considerano « essenziale il ruolo e l ' iniziativa di ogni altra forza politica democratica e popolare » . Gli strumenti in possesso del Pci garantiscono infatti che queste iniziative resteranno confinate a un ruolo nettamente subordinato e che il potere di controllo sarà affidato a mani sicure . E chiaro che in questa fase i comunisti , ancora ai margini del potere , dovranno allargare i propri consensi anche facendo concessioni a ogni sorta di richieste : ma esse diverranno superflue nel secondo tempo , quando il Pci disporrà di « argomenti » più efficaci . E non si tratta di un processo limitato ai livelli intermedi e di base . La nuova struttura di potere destinata a governare la società italiana in regime di compromesso storico dovrebbe estendersi , nei disegni del Pci , sino ai vertici dello Stato . Quale essa debba essere a livello costituzionale è stato autorevolmente indicato in uno studio recente dell ' on. Natta , presidente del gruppo parlamentare comunista alla Camera ( « Critica marxista » , 1975 , n . 6 ) : e le sue vedute sono state subito avallate dai soliti intellettuali organici alla Luigi Berlinguer . Nel nuovo regime , chiariscono i costituzionalisti del berlinguerismo , maggioranza parlamentare e maggioranza di governo potranno essere cose diverse ; e anzi a livello parlamentare si potrà anche rinunciare alla distinzione fra maggioranza e opposizione , e affidare invece le funzioni di controllo e d ' opposizione ai canali « interni » della partecipazione ai vari livelli , regionale , sindacale , locale . Il Parlamento assumerebbe in tal modo la fisionomia di una sorta di stanza di compensazione , chiamata a mediare le spinte diverse che vengono dai vari organismi - sempre , peraltro , « unitari » - nei quali si articola il corpo sociale . Naturalmente , i nuovi teorici abbondano in fatto di professione di fede nelle validità della tradizione garantista , e ammoniscono anzi solennemente sulla necessità di evitare che in Italia si ripeta quel che negli Stati socialisti è capitato quando da quelle tradizioni ci si è discostati . Quasi che non capitino tuttora , e quasi che il regime così delineato non assomigli pericolosamente , al di là di tutte le buone intenzioni , a quello sovietico ( anche dei tempi più oscuri ) , dove pure si pretende che il regime unanimistico e l ' assenza di opposizione venga compensato , e largamente , dalla partecipazione delle masse , mobilitate a comando , tutte le volte che serve , ad approvare democraticamente le decisioni dei dirigenti . « Pluralismo » e « democrazia » per i teorici dell ' eurocomunismo hanno dunque un significato ben diverso da quello che ad essi attribuiscono i democratici . Intanto , una rete dalle maglie sempre più strette viene stendendosi su tutto il paese : e ciascuno può constatarlo nell ' ambito della propria esperienza . I soli a non vederlo sono quei politici che , nonostante i leali ed espliciti avvertimenti di Berlinguer , continuano a considerare il compromesso storico come un semplice incontro di vertice , che addirittura servirebbe alla democrazia .
Liberi o austeri ( Romeo Rosario , 1977 )
StampaQuotidiana ,
Avremmo preferito una maggiore schiettezza nel discorso dell ' on. Enrico Berlinguer sull ' austerità . Le prospettive di cui egli ha parlato solo in parte , e in parte minore , nascono infatti da straordinarie circostanze , dipendenti da sviluppi internazionali o dalla interna fragilità del sistema economico italiano . In misura assai più grande la paralisi del « modello di sviluppo » finora esistente , la violenza e il disordine che attanagliano la vita del nostro paese , tutte quelle « traversie » , insomma , che il Pci si propone di trasformare in « opportunità » , sono il risultato dell ' aggressione che per anni i comunisti hanno condotto contro le istituzioni politiche e sociali della democrazia italiana , in accordo più o meno dichiarato con l ' estremismo extraparlamentare . Non si vede , del resto , perché un partito che si propone di cambiare la società debba nascondere la parte ch ' esso ha avuto nella demolizione del vecchio ordine di cose : ed è verosimile che in sede storica i comunisti non mancheranno di sottolineare questo loro contributo . Ma per adesso non si tratta di fare storia ma di sviluppare un ' azione politica in corso : e che in politica la « simulazione » e la « doppia verità » siano assai redditizie non è l ' ultimo insegnamento che i comunisti abbiano tratto dai loro sempre più stretti commerci con certo cattolicesimo « di sinistra » . Ma ciò che conta è il contenuto specifico della proposta berlingueriana . Non è impossibile vedervi , e vi si è vista , una larga coincidenza con tesi politiche che per anni sono state proprie della sinistra democratica . Una correzione dello sviluppo nel senso della destinazione di una quota sempre più ampia delle risorse disponibili agli investimenti sociali , volta a riequilibrare l ' eccessivo incremento dei consumi privati , è stata da anni riconosciuta necessaria ad assicurare alle grandi masse degli italiani una più autentica partecipazione ai vantaggi del progresso economico e civile del paese . Che ciò debba comportare il contenimento dei consumi a favore degli investimenti , e che in taluni casi possa essere opportuna l ' adozione dei meccanismi atti a soddisfare con forme sociali e collettive bisogni la cui soddisfazione su scala individuale sarebbe assai meno efficace e più costosa , è parimenti indiscusso . Ma nel pensiero democratico queste misure hanno solo un valore strumentale e subordinato al fine del migliore funzionamento di un tipo di sviluppo nel quale il consumo e il consumatore individuale rimangono i destinatari principali dei beni prodotti e delle opportunità offerte dal progresso civile . Non v ' è posto , in una concezione democratica del rapporto tra consumi individuali e consumi pubblici , per l ' erezione del momento sociale e collettivo a ideale politico e morale . Che è proprio ciò che invece caratterizza l ' austerità berlingueriana , di cui sarebbe grave errore sottovalutare le implicazioni a lungo termine in vista di parziali coincidenze con gli obiettivi delle forze democratiche nel breve e nel medio termine . L ' austerità proposta dal Pci vuol essere infatti la realizzazione di un modello di vita ispirato a una scala di valori profondamente diversa e al limite opposta a quella che presiede a ogni società libera e democratica . Tra questi valori il momento collettivo occupa un posto assai più alto del momento individuale , e finisce di fatto per coincidere col momento etico in quanto superamento dell ' individualismo , sempre qualificato come « eccessivo » ed « esasperato » : che è poi la motivazione con la quale si vorrebbero giustificare l ' indigenza e la mancanza di prospettive personali e individuali che caratterizzano i felici paesi del socialismo e della democrazia popolare . E possibile che nell ' accezione berlingueriana questi valori si colorino anche di un ' esaltazione dell ' istanza pauperistica di cui è facile individuare l ' origine , ancora una volta , nelle frequentazioni cattoliche del leader comunista : e certo , l ' insistenza sul tema del sacrificio quale connotazione etica della nuova società , in contrapposizione all ' egoismo e al materialismo che caratterizzerebbero la nostra realtà capitalistica e borghese , conferisce al programma di austerità ambizioni di riforma di grande respiro , sociale e morale : alle quali è doveroso dare risposta sullo stesso terreno . Occorre dunque ricordare che per la cultura liberale e democratica - quella autentica , rimasta fedele ai princìpi da cui è nata la libertà moderna - l ' individuo non è un disvalore ma il fine stesso alla cui esaltazione e al cui sviluppo sono ordinate tutte le attività economiche e culturali della società . Che l ' uomo abbia diritto a un proprio individuale destino e a riempire la propria vita dei contenuti che liberamente vorrà scegliere e riuscirà a conseguire è il principio sul quale si regge l ' insieme di garanzie che il mondo libero ha eretto a difesa della persona umana . In questo senso , l ' abbondanza dei beni di consumo e la possibilità della loro appropriazione individuale nella misura più larga possibile offrono una sempre più vasta e più varia gamma di alternative tra le quali si opera la libera scelta di ognuno : e quanto più ampia sarà questa possibilità di scelta tanto più concreta e più ricca di contenuti sarà la libertà di ciascuno . Gli italiani della generazione presente hanno sperimentato ciò che questo può significare per la vita dei singoli e delle collettività nel suo insieme : con la possibilità , incomparabilmente maggiore che in passato , che dopo il « miracolo economico » si è offerta a ciascuno di accedere a nuove forme di svago e di cultura , dai viaggi alle letture agli spettacoli e non meno alla possibilità di impiegare le proprie energie ' ad attività di lavoro che , nonostante tutti i discorsi sull ' alienazione , sono assai più diversificate e significative di quelle consentite nella vecchia società rurale e pauperistica . In tal senso va denunciato l ' equivoco contenuto nelle affermazioni dei Berlinguer , Lama o Barca sull ' austerità come momento caratterizzante di tutte le fasi creative della storia . Perché certo anche nell ' economia di mercato vi è un momento di « astinenza capitalistica » di smithiana memoria , nella misura in cui la limitazione del consumo è ineliminabile da ogni processo di accumulazione . Ma nella società libera , che i marxisti chiamano borghese , l ' astinenza e l ' austerità sono preliminari al conseguimento di quella abbondanza di beni al servizio dei bisogni individuali che resta la finalità ultima di tutto il processo produttivo . Non l ' austerità ma l ' edonismo » è l ' asse su cui ruotano i sistemi capitalistici : quelli attuali non meno di quelli delle origini , ai quali si deve l ' abbattimento del modo di produzione preindustriale . Edonismo da intendere nel senso , che i vecchi trattatisti ritenevano appena necessario chiarire , che i « piaceri » da soddisfare possono essere i più diversi , dai minori e triviali ai più alti . Vi sono state e vi sono , in questi sistemi , distorsioni che è doveroso correggere con misure atte ad assicurare la necessaria priorità ai bisogni riconosciuti prioritari , e ad affinare e qualificare sempre meglio i bisogni di cui la domanda presente sul mercato chiede la soddisfazione . Ma nelle società libere questo compito è affidato alle capacità di progresso interne alla società stessa , attraverso la crescita della cultura e della coscienza civile quali forze chiamate a orientarla e a dirigerla verso nuove e più alte finalità . Vi sono anche altri modi per affrontare questi problemi : quelli , per esempio , che affidano ai poteri pubblici e alle istanze collettive le scelte che le società libere riservano invece agli individui . Allora , sarà il consumatore collettivo , espresso dalle istituzioni sociali , a indicare quali beni , quali servizi o quale tipo di svaghi siano da preferire agli altri , magari designati dalle preferenze individuali . Sono modi nei quali si realizza il ricorrente bisogno di dare un ordine ( che spesso è solo la proiezione dei propri criteri e valori ) all ' apparente disordine e al caos delle molteplici scelte degli individui . Tra i due modi siamo tutti chiamati a fare , in qualche modo , la nostra scelta . Ma chi sceglie lo faccia avendo ben chiaro che l ' alternativa è tra la società libera dell ' Occidente e lo squallido universo senza speranza che abbiamo imparato a conoscere nei paesi dell ' orbe sovietico : che restano , nonostante tutte le acrobazie dialettiche , il solo e unico modello al quale siano capaci di guardare i nostri « eurocomunisti » . In nome di scelte collettive e di « austerità » destinate a realizzare un mondo migliore si sono a lungo considerati gli individui alla stregua di pietre sulle quali passa il cammino della storia . Al di là delle intenzioni personali ( che sono anche in questo caso irrilevanti ) l ' austerità berlingueriana è figlia della stessa matrice .