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> autore_s:"SERAO MATILDE" > categoria_s:"Saggistica"
LEGGENDE NAPOLETANE ( SERAO MATILDE , 1881 )
Saggistica ,
LA CITTÀ DELL ’ AMORE Mancano a noi le nere foreste del Nord , le nere foreste degli abeti , cui l ’ uragano fa torcere i rami come braccia di colossi disperati ; mancano a noi le bianchezze immacolate della neve che dànno la vertigine del candore ; mancano le rocce aspre , brulle , dai profili duri ed energici ; manca il mare livido e tempestoso . Sui nostri prati molli di rugiada non vengono gli elfi a danzare la ridda magica ; non discendono dalle colline le peccatrici walkirie , innamorate degli uomini ; non compaiono al limitare dei boschi le roussalke bellissime ; qui non battono i panni umidi le maledette lavandaie , perfide allettatrici del viandante ; il folletto kelpis non salta in groppa al cavaliere smarrito . Lassù una natura quasi ideale , nebulosa , malinconica , ispiratrice agli uomini di strani delirî della fantasia : qui una natura reale , aperta , senza nebbie , ardente , secca , eternamente lucida , eternamente bella che fa vivere l ’ uomo nella gioia o nel dolore della realtà . Lassù si sogna nella vita ; qui si vive in un sogno che è vita . Lassù i solitarî e tristi piaceri della immaginazione che crea un mondo sovrasensibile ; qui la festa completa di un mondo creato . E le nostre leggende hanno un carattere profondamente umano , profondamente sensibile che fa loro superare lo spazio ed il tempo . Soltanto , per ascendere ad una suprema idealità , hanno bisogno del misticismo : di quel misticismo che è la follia dell ’ anima , inebbriata omicida del corpo , di quel misticismo che è fede , pensiero , amore , arte , attraverso tutti i secoli , in ogni paese ; di quel misticismo che è il massimo punto divino a cui può giungere un ’ esistenza eccessivamente umana . Ma a questo dramma , a questa vittoria cruenta dello spirito sul corpo , vien dietro un altro dramma , più umano , più potente , dove il pensiero ed il sentimento non vincono la vita , ma vi si compenetrano e vi si fondono ; dove l ’ uomo non uccide una parte di sé per la esaltazione dell ’ altra , ma dove tutto è esistenza , tutto è esaltazione , tutto è trionfo : il dramma dell ’ amore . Le nostre leggende sono l ’ amore . E Napoli è stata creata dall ’ amore . Cimone amava la fanciulla greca . Invero ella era bellissima : era l ’ immagine della forte e vigorosa bellezza che ebbero Giunone e Minerva , cui veniva rassomigliata . La fronte bassa e limitata di dea , i grandi occhi neri , la bocca voluttuosa , la vivida candidezza della carnagione , lo stupendo accordo della grazia e della salute in un corpo ammirabile di forme , la composta serenità della figura , la rendevano tale . Si chiamava Parthenope , che nel dolce linguaggio greco significa Vergine . Ella godeva sedere sull ’ altissima roccia , fissando il fiero sguardo sul mare , perdendosi nella contemplazione delle glauche lontananze dello Ionio . Non si curava del vento marino che le faceva sbattere il peplo , come ala di uccello spaventato ; non udiva il sordo rumore delle onde che s ’ incavernavano sotto la roccia , scavandola a poco , a poco . L ’ anima cominciava per immergersi in un pensiero ; oltre quel mare , lontano lontano , dove l ’ orizzonte si curva , altre regioni , altri paesi , l ’ ignoto , il mirabile , l ’ indefinibile . In questo pensiero la fantasia si allargava in un sogno senza confine , la fanciulla sentiva ingrandire la potenza del suo spirito e , sollevata in piedi , le pareva di toccare il cielo col capo e di potere stringere nel suo immenso amplesso tutto il mondo . Ma presto questi sogni svaniscono . Ora ella ama Cimone , con l ’ unico possente , imperante amore della fanciulla , che si trasforma in donna . Nella notte di estate , notte bionda e bianca di estate , Cimone parla all ’ amata : – Parthenope , vuoi tu seguirmi ? – Partiamo , amore . – Tuo padre ti rifiuta al mio talamo , o soavissima : Eumeo vuole egli per tuo sposo e suo figliolo . Ami tu Eumeo ? – Amo te , Cimone . – Lode a Venere santa e grazie a te , suo figliola ! Pensa dunque quale nero incubo sarebbe la vita , divisi , lontani – e come , giovani ancora , aneleremmo alle cupe ombre dello Stige . Vuoi tu partire meco , Parthenope ? – Io sono la tua schiava , amore . – Pensa : dimenticare la faccia di tuo padre , cancellare dal tuo volto il bacio delle sorelle , fuggire le dolci amiche , abbandonare il tuo tetto ... – Partiamo , Cimone . – Partire , o dolcissima , partire per un viaggio lungo , penoso , sul mare traditore , per una via ignota , ad una meta sconosciuta ; partire senza speranza di ritorno ; affidarsi ai flutti , sempre nemici degli amanti ; partire per andare lontano , molto lontano , in terre inospitali , brune , dove è eterno l ’ inverno , dove il pallido sole si fascia di nuvole , dove l ’ uomo non ama l ’ uomo , dove non sono giardini , non sono rose , non sono templi ... Ma nei grandi occhi neri di Parthenope è il raggio di un amore insuperabile e nella sua voce armoniosa vibra la passione : – Io t ’ amo – ella dice – , partiamo . Sono mille anni che il lido imbalsamato li aspetta . Mille primavere hanno gittata sulle colline la ricchezza inesausta , rinascente , dalla loro vegetazione – e dalla montagna sino al mare si spande il lusso irragionevole , immenso , sfolgorante di una natura meravigliosa . Nascono i fiori , olezzano , muoiono perché altri più belli sfoglino i loro petali sul suolo ; milioni e milioni di piccole vite fioriscono anche esse per amare , per morire , per rinascere ancora . Da mille anni attende il mare innamorato , da mille anni attendono le stelle innamorate . Quando i due amanti giungono al lido divino un sussulto di gioia fa fremere la terra , la terra nata per l ’ amore , che senza amore è destinata a perire , abbruciata e distrutta dal suo desiderio . Parthenope e Cimone vi portano l ’ amore . Dappertutto , dappertutto essi hanno amato . Stretti l ’ uno all ’ altra , essi hanno portato il loro amore sulle colline , dalla bellissima , eternamente fiorita di Poggioreale , alla stupenda di Posillipo ; essi hanno chinato i loro volti sui crateri infiammati , paragonando la passione incandescente della natura alla passione del loro cuore ; essi si sono perduti per le oscure caverne che rendevano paurosa la spiaggia Platamonia ; essi hanno errato nelle vallate profonde che dalle colline scendevano al mare ; essi hanno percorso la lunga riva , la sottile cintura che divide il mare dalla terra . Dovunque hanno amato . Nelle stellate notti di estate , Parthenope si è distesa sull ’ arena del lido fissando lo sguardo nel cielo , carezzando con la mano la chioma di Cimone che è al suo fianco ; nelle lucide albe di primavera hanno raccolto , nel loro splendido giardino , fiori e baci , baci e fiori inesauribili ; ne ’ tramonti di porpora dell ’ autunno , nella stagione che declina , hanno sentito crescere in essi più vivo l ’ amore ; nelle brevi e belle giornate invernali hanno sorriso senza mestizia , pur anelando alla novella primavera . La pianta secolare ha prestata la sua ombra benevola a tanta gioventù ; la contorta e bruna pietra dei campi Flegrei non ha lacerato il gentil piede di Parthenope ; il mare si è fatto bonario ed ha cantata loro la canzoncina d ’ amore , la natura leale non ha avuto agguati per essi ; sugli azzurri orizzonti ha spiccato il profilo bellissimo della fanciulla , il profilo energico del garzone . Quando essi si sono chinati ed hanno baciato la terra benedetta , quando hanno alzato lo sguardo al cielo , un palpito ha loro risposto e fra l ’ uomo e la natura si è affermato il profondo , l ’ invincibile amore che li lega . Napoli , la città della giovinezza , attendeva Parthenope e Cimone ; ricca , ma solitaria , ricca , ma mortale , ricca , ma senza fremiti . Parthenope e Cimone hanno creata Napoli immortale . Ma il destino non è compito ancora . Più alto scopo ha l ’ amore di Parthenope . Ecco : dalla Grecia giunsero , per amor di lei , il padre e le sorelle e amici e parenti che vennero a ritrovarla ; ecco : sino al lontano Egitto , sino alla Fenicia , corre la voce misteriosa di una plaga felice dove nella bella festa dei fiori e dei frutti , nella dolcezza profumata dell ’ aria , trascorre beatissime la vita . Sulle fragili imbarcazioni accorrono colonie di popoli lontani che portano seco i loro figliuoli , le immagini degli dèi , gli averi , le comuni risorse ; alla capanna del pastore sorge accanto quella del pescatore ; la rozza e primitiva arte dell ’ agricoltura , le industrie manuali appena sul nascere compiono fervidamente la loro opera . Prima sorge sull ’ altura , il villaggio a grado a grado guadagna la pianura ; un ’ altra colonia se ne va sopra un ’ altra collina ed il secondo villaggio si unisce col primo ; le vie si tracciano , la fabbrica delle mura , cui tutti concorrono , rinserra poco a poco nel suo cerchio una città . Tutto questo ha fatto Parthenope . Lei volle la città . Non più fanciulla , ma ora donna completa e perfetta madre : dal suo forte seno dodici figliuoli hanno vista la luce , dal suo forte cuore è venuto il consiglio , la guida , il soffio animatore . È lei la donna per eccellenza , la madre del popolo , la regina umana e clemente , da lei si appella la città ; da lei la legge , da lei il costume , da lei il costante esempio della fede e della pietà . Due templi sorgono a dèe , invocate protettrici della città : Cerere e Venere . Ivi si prega , ivi , attraverso gli intercolunni , sale al cielo il fumo dell ’ olibano . Una pace profonda e costante è nel popolo su cui regna Parthenope ; ed il lavorìo operoso dell ’ uomo non è che una leggiera spinta alla natura benigna . La più bella delle civiltà , quella dello spirito innamorato ; il più grande dei sentimenti , quello dell ’ arte ; la fusione dell ’ armonia fisica con l ’ armonia morale , l ’ amore efficace , fervido , onnipossente è l ’ ambiente vivificante della nuova città . Quando Parthenope viene a sedere sulla roccia del monte Echia , quando essa fissa lo sguardo sul Tirreno , più fido dello Ionio , l ’ anima sua si assorbisce in un pensiero . La regione ignota è raggiunta , il mirabile , l ’ indefinibile , ecco , è creato , è reale , è opera sua . E mentre la fantasia si allarga , si allarga in un sogno senza confine , Parthenope sente giganteggiare il suo spirito e sollevata in piedi le pare di toccare il cielo col capo e di stringere il mondo in un immenso amplesso . Se interrogate uno storico , o buoni ed amabili lettori , vi risponderà che la tomba della bella Parthenope è sull ’ altura di San Giovanni Maggiore , dove allora il mare lambiva il piede della montagnola . Un altro vi dirà che la tomba di Parthenope è sull ’ altura di Sant ’ Aniello , verso la campagna , sotto Capodimonte . Ebbene , io vi dico che non è vero . Parthenope non ha tomba , Parthenope non è morta . Ella vive , splendida , giovane e bella , da cinquemila anni . Ella corre ancora sui poggi , ella erra sulla spiaggia , ella si affaccia al vulcano , ella si smarrisce nelle vallate . È lei che rende la nostra città ebbra di luce e folle di colori : è lei che fa brillare le stelle nelle notti serene ; è lei che rende irresistibile il profumo dell ’ arancio ; è lei che fa fosforeggiare il mare . Quando nelle giornate d ’ aprile un ’ aura calda c ’ inonda di benessere è il suo alito soave : quando nelle lontananze verdine del bosco di Capodimonte vediamo comparire un ’ ombra bianca allacciata ad un ’ altra ombra , è lei col suo amante ; quando sentiamo nell ’ aria un suono di parole innamorate ; è la sua voce che le pronunzia ; quando un rumore di baci , indistinto , sommesso , ci fa trasalire , sono i suoi baci ; quando un fruscìo di abiti ci fa fremere al memore ricordo , è il suo peplo che striscia sull ’ arena , è il suo piede leggiero che sorvola ; quando di lontano , noi stessi ci sentiamo abbruciare alla fiamma di una eruzione spaventosa , è il suo fuoco che ci abbrucia . È lei che fa impazzire la città : è lei che la fa languire ed impallidire di amore : è lei la fa contorcere di passione nelle giornate violente dell ’ agosto . Parthenope , la vergine , la donna , non muore , non ha tomba , è immortale , è l ’ amore . Napoli è la città dell ’ amore . VIRGILIO Oggi , domenica , festa degli Ulivi . Cristo entra in Gerusalemme portando in mano il ramoscello della pace . Oggi , buon lettore , si fa la pace . Vi è chi ha litigato con l ’ amico e chi con l ’ innamorata : vi è chi ha litigato con la persona indifferente , chi con quella che odia , chi con quella che ama di più : l ’ impiegato ha litigato col suo capo di ufficio , il marito con la moglie , l ’ artista ha detto molti improperi all ’ arte , lo scrittore si è accapigliato con la forma , il portinaio ha litigato col padron di casa . Tutti sono in bizza con qualcuno . Ma oggi una fogliolina , un ramoscello di olivo e la pace è fatta . Anche io ho litigato , e da tanto tempo , con una carissima persona , mentre ho continuato ad amarla piamente , nel segreto del cuore , mentre la sua assenza ha resa deserta e triste la mia casa , mentre la mancanza del suo alito soave ha reso arido e secco come la pomice quanto ho scritto . Questa carissima persona , la poesia , è da tanto tempo che non vuole saperne di me , quando io la desidero ardentemente e per orgoglio mi taccio . Oggi che l ’ orgoglio si smorza in una infinita tenerezza , voglio tentar di far la pace con la poesia mandandole una fogliolina di ulivo . Dopo Parthenope , mito e donna , vergine e sirena , misto singolare di fantastico , di ideale , di umano e di divino , cui Napoli deve la sua poetica origine ; dopo la poesia di Parthenope , quasi - Dea , creatrice , sorge la poesia di Virgilio , creatore , quasi - Divino . Noi conosciamo Virgilio il poeta delle “ Egloghe ” , delle “ Georgiche ” e dell ’ “ Eneide ” ; conosciamo poco Virgilio Mago che ha prodigato alla città diletta fra tutte i miracoli del suo potere magico . Noi siamo ingrati verso colui che esclama : Illo Virgilium me tempore dulcis alebat Parthenope .... . eppure molte cose che allettano ed incantano noi moderni e c ’ incatenano nella indolente ammirazione di questa bella ed oziosa città , molte cose la cronaca attribuisce alla magia di Virgilio . La cronaca è ingenua , semplice ed in buona fede . La cronaca farà sogghignare gli scettici , poiché essi non hanno più la consolazione di sorridere . La cronaca sarà qualificata una sciocchezza – e tira via . Ma l ’ oscuro traduttore e commentatore della cronaca gode specialmente di queste ingiurie e di questi sogghigni . Sentite dunque quello che la cronaca dice . Virgilio veniva di lontano , dal nord forse , dal cielo certamente ; egli era giovane , bello , alto nella persona , eretto nel busto , ma camminava con la testa curva e mormorando certe sue frasi , in un linguaggio strano che niuno poteva comprendere . Egli abitava sulla sponda del mare dove s ’ incurva il colle di Posillipo , ma errava ogni giorno nelle campagne che menano a Baia ed a Cuma ; egli errava per le colline che circondano Parthenope , fissando , nella notte , le lucide stelle e parlando loro il suo singolare linguaggio ; egli errava sulle sponde del mare , per la riva Platamonia , tendendo l ’ orecchio all ’ armonia delle onde , quasi che elle dicessero a lui solo parole misteriose . Onde fu detto Mago e molti furono i miracoli della sua magia . In allora Parthenope era molestata da una grande quantità di mosche , mosche che si moltiplicavano in così grande numero e davano tanto fastidio , da farne fuggire i tranquilli e felici abitatori . Virgilio , per rimediare a così grave sconcio , fece fare una mosca d ’ oro , qualmente egli prescrisse – e dopo fatta , le insufflò , con magiche parole , la vita : la quale mosca d ’ oro se ne andava volando di qua e di là ed ogni mosca vera che incontrava faceva morire . Così in poco tempo furono distrutte tutte le mosche che affliggevano la bella città di Parthenope . Altro miracolo fu questo : le molte paludi che allora si trovavano nella città , erano dannose , e perché i miasmi che esalavano guastavano l ’ aria producendo febbri , pestilenze ed altre morie , e perché erano infestate da pericolosissime sanguisughe , il cui morso feroce produceva la morte . Fatto un potente scongiuro , Virgilio fece morire le sanguisughe , asciugò le paludi dove sorsero case e giardini e l ’ aria vi divenne la più pura che mai respirar si potesse . Così , giovandosi del suo potere che era infinito , un giorno egli salì sopra una collina e chiamò alla sua obbedienza i venti ed ordinò al Favonio che spirava nella città nel mese di aprile e col suo caldo soffio abbruciava le piante , i fiori , di mutare direzione : e la flora primaverile crebbe più bella e più rigogliosa . Laggiù nel quartiere che noi moderni chiamiamo Pendino , annidava un formidabile serpente che era lo spavento di ogni uomo avendo già morsicato e strozzato bambini e fanciulle , e quando si mettevano in molti per combatterlo , esso scompariva rapidamente nelle viscere della terra per poi ricomparire più terribile che mai . Chiamato Virgilio in soccorso , egli si avviò tutto solo , ricusando ogni compagnia , al luogo dove s ’ annidava il mostro e con le sue formule magiche l ’ ebbe subito domato e morto . Anzi è da notarsi che , sebbene la città fosse eretta sopra un ’ altra città , nera e malsana , fatta di caverne , sotterranei e cloache , dove potrebbero allignare simili rettili , da quel tempo sinora , mai più ve ne furono . Quando un morbo fierissimo invase la razza dei cavalli , Virgilio fece fondere un grande cavallo di bronzo , gli trasfuse il suo magico potere e ogni cavallo condotto a fare tre giri intorno a quello di bronzo , era immancabilmente guarito , non senza molta collera di maniscalchi ed empirici che si vedevano superati e sbugiardati . Certi pescatori della spiaggia napoletana e propriamente quelli che dimoravano nel punto chiamato in seguito Porta di Massa , andarono a Virgilio , lagnandosi della scarsa pesca che vi facevano e chiedendo a lui un miracolo . Virgilio li volle contentare e in una grossa pietra fece scolpire un piccolo pesce , disse le sue incantagioni e piantata la pietra in quel punto , il mare fruttificò mai sempre di pesci innumerevoli . Virgilio fece mettere sulle porte di Parthenope , verso le vie della Campania , due teste augurali ed incantate , una che rideva e l ’ altra che piangeva : onde colui che capitava a passare sotto la porta dove la testa rideva ne traeva buon augurio per i suoi affari che sempre riuscivano a bene ed il contrario colui che passava sotto la testa piangente . Fu Virgilio che in poche notti fece eseguire da esseri sovrannaturali la grotta di Pozzuoli , per facilitare il viaggio agli abitanti di quei villaggi che venivano in città ; fu Virgilio che , per la sua virtù magica , fece sorgere un orto di erbe salutari per le ferite ed ottime come condimento alle vivande ; fu Virgilio che insegnò ai giovani i giuochi delle melarance e delle piastrelle che s ’ ignoravano ; fu Virgilio che di notte incantò le acque sorgive della riva Platamonia e della riva di Pozzuoli , dando loro singolare potenza per guarire ogni specie di malattia ; fu Virgilio che applicando certi suoi rimedii e proferendo gli scongiuri , sanò molti e molti ammalati ; fu Virgilio che volendo salvare la campagna del suo discepolo Albino , svelò il mistero dell ’ antro cumano dove i sacerdoti ingannavano il popolo coi responsi falsi , prodotti da una naturale combinazione di suoni . La cronaca soggiunge che Virgilio Mago fu amato , rispettato , idolatrato quasi come un Dio , poiché giammai rivolse la sua magia a scopo cattivo , sibbene sempre a vantaggio della città e dell ’ uomo . La cronaca non dice quando e dove morisse Virgilio : molti allora credettero alla sua immoralità ; qualcuno alla sua morte su quel colle presso Avellino che chiamasi Montevergine , dove s ’ era ridotto a studiare ed era diventato vecchissimo . Ad ogni modo gli abitanti di Parthenope gli eressero un grande monumento che poi fu distrutto ; quello che sorge all ’ imboccatura della gotta essendo un semplice colombario . Ma non ebbero alcuna sicuranza di fatto il sito e il modo e l ’ epoca della sua morte . Ebbene poc ’ anzi ho errato dicendo che noi non conoscevamo Virgilio Mago . Non vi è che un solo Virgilio : quello che la favolosa cronaca delinea nelle ombre della magia è proprio il poeta . Invero egli non ha avuto che una magia sola : la grandiosa poesia del suo spirito . Nella cronaca è il poeta . Il poeta con le sue lunghe peregrinazioni per quella orrida , bella e straziata campagna che sono i Campi Flegrei , donde egli fantasticava dell ’ Averno e dello Stige ; con le sue lunghe peregrinazioni nella Campania Felice , dove egli ha acquistato quell ’ amore profondo della natura , l ’ amore dei campi ubertosi che si stendono all ’ infinito sotto il sole , dei prati verdeggianti dove pascola quietamente il bove dai grandi occhi nei quali il cielo si riflette , l ’ amore dei boschi oscuri e silenziosi dove l ’ anima si calma e s ’ assopisce nella pace , l ’ amore dei colli aprichi , dove i liberi venti fanno ondeggiare tutta una coltivazione di fiori ; l ’ amore dell ’ uccello che canta e vola via , dell ’ insetto dorato che ronza , della foglia che il turbine si porta , della forte quercia che nulla scuote : quell ’ amore profondo della natura che è il sentimento più alto del suo poema , che è la magia per cui ancora c ’ incanta , che è – con una parola troppo moderna , ma vera – la nostalgia del suo cuore che lo fa esclamare ... “ fortunatos agricolas ” , che dà alla sua descrizione tanto colore , tanta luce , tanta vita . È il poeta che cerca ed interroga ogni angolo oscuro della natura ; è lui che parla alle stelle tremolanti di raggi nelle notti estive ; è lui che ascolta il ritmo del mare , quasi fosse il metro per cui il suo verso scandisce ; è il poeta che conosce la virtù dei semplici , è lui che ha scoverte certe leggi naturali , ignote a tutti ; è il poeta civile che uccide le bestie , fa rasciugare le paludi e fa sorgere a quel posto palagi e giardini ; è il poeta che insegna ai giovani i giuochi dove il corpo si fortifica e l ’ anima si serena ; è lui , sublime fantastico , che stabilisce l ’ augurio della buona o della mala ventura ; è lui che come calamita fortissima attrae a sé l ’ amore , l ’ ossequio , il rispetto ; è Virgilio poeta . E nulla si sa della sua morte . Come Parthenope , la donna , egli scompare . Il poeta non muore . IL MARE Voi errate lontano di qua , anima settentrionale e vagabonda , e le brume in cui si affissa il vostro malinconico occhio , vi mettono intorno quell ’ ambiente monotono e triste in cui si acqueta ogni agitazione . Ma nelle tranquille divagazioni dove il vostro spirito amareggiato si disacerba , nella sorridente mestizia che aleggia in quello che scrivete , io veggo ogni tanto una divagazione vivace . Voi non avete dimenticato il nostro mare , il nostro bel mare di Napoli . Ancora vi appare e scompare rapidissima innanzi agli occhi una visione azzurra ; ancora un molle suono , quasi indistinto e fuggente , vi lusinga l ’ orecchio ; un profumo sottile come un ricordo lontanissimo vi fa dilatare le nari . Il mio bel golfo voi non lo avete dimenticato . Io leggo quello che scrivete , ma indovino quello che pensate . Dovete soffrire di una segreta nostalgia che non osate confessare , voi , esiliato volontario . E come l ’ eco dolorosa si ripercuote sul mio fedele e forte cuore d ’ amica , così io risponderò a quello che nascondete invece che a quello che palesate , e vi narrerò non la storia , ma la leggenda del mio poetico golfo . Ognuno sa che Iddio , generoso , misericordioso e magnifico Signore , ha guardato sempre con occhio di predilezione la città di Napoli . Per lei ha avuto tutte le carezze di un padre , di un innamorato , le ha prodigato i doni più ricchi , più splendidi che si possano immaginare . Le ha dato il cielo ridente ed aperto , raramente turbato da quei funesti pensieri scioglientisi in lagrime che sono le nubi ; l ’ aria leggera , benefica e vivificante che mai non diventa troppo rude , troppo tagliente ; le colline verdi , macchiate di case bianche e gialle , divise dai giardini sempre fioriti ; il vulcano fiammeggiante ed appassionato , gli uomini belli , buoni , indolenti , artisti e innamorati ; le dame piacenti , brune , amabili e virtuose ; i fanciulli ricciuti , dai grandi occhi neri ed intelligenti . Poi , per suggellare tanta grazia , le ha dato il mare , ha saputo quel che si faceva . Quello che sarebbero i napoletani , quello che vorrebbero , egli conosceva bene e nel dar loro la felicità del mare , ha pensato alla felicità di ognuno . Questo immenso dono è saggio , è profondo , è caratteristico . Ogni bisogno , ogni pensiero , ogni corpo , ogni fantasia , trova il suo cantuccio dove s ’ appaga , il suo piccolo mare nel grande mare . Del passato , dell ’ antichissimo passato è il mare del Carmine . Poco distante dalla spiaggia è l ’ antica porta di mare che introduce alla piazza ; sulla piazza storicamente famosa si eleva il bruno campanile , coi suoi quattro ordini a finestruole che lo fanno rassomigliare stranamente al giocattolo grazioso di un bimbo gigante ; le casupole attorno sono basse , meschine , dalle finestre piccole , abitate da gente minuta . Il mare del Carmine è scuro , sempre agitato , continuamente tormentato . Sulla spiaggia semideserta non vi è l ’ ombra di un pescatore . Vi si profila qua e là la linea curva di una chiglia ; la barca è arrovesciata , forse si asciuga al sole . Dinanzi alla garitta passeggia un doganiere che ha rialzato il cappuccio per ripararsi dal vento che vi soffia impetuoso . Presso la riva una barcaccia nera stenta a mantenersi in equilibrio ; dal ponte per mezzo di tavole è stabilita una comunicazione con la terra ; vi vanno e vengono facchini , curvi sotto i mattoni rossi che scaricano a riva . Ma non si canta né si grida . Il mare del Carmine non scherza . In un temporale d ’ estate portò via un piccolo stabilimento di bagni ; in un temporale di inverno allagò la Villa del Popolo , giardino infelice , dove crescono male fiori pallidi e alberetti rachitici . Qualche cosa di solenne , di maestoso vi spira . Il mare del Carmine era l ’ antico porto di Parthenope dove approdavano le galee fenicie , greche e romane , ma era porto malsicuro ; esso ha visto avvenimenti sanguinosi e feste popolari . È un mare storico e cupo . Sulla piazza che quasi esso lambiva , dieci , venti volte sono state decise le sorti del popolo napoletano . Le onde sue melanconiche hanno dovuto mormorare per molto tempo : Corradino , Corradino . Le onde sue tempestose hanno dovuto ruggire per molto tempo : Masaniello , Masaniello . È il mare grandioso e triste degli antichi che sgomenta le coscienze piccine dei moderni . La sola voce del flutto rompe il silenzio che vi regna e qualche coraggioso , solitario e meditabondo spirito , vi passeggia , curvando il capo sotto il peso dei ricordi , fissando l ’ occhio sulla vita di quelli che furono . Ma ferve la gente e ferve la vita sul mare del Molo . Non è spiaggia , è porto queto e profondo . L ’ acqua non ha onde o appena s ’ increspa ; è nera , a fondo di carbone , un nero uniforme e smorto , dove nulla si riflette . Sulla superficie galleggiano pezzi di legno , brandelli di gomene , ciabatte sformate e sorci morti . Nel porto mercantile si stringono l ’ una contro l ’ altra le barcacce , gli schooners , i brigantini carichi di grano , di farina , di carbone , d ’ indaco , non vi è che una piccola linea di acqua sporca tra essi . Sul marciapiede una grua eleva nell ’ aria il suo unico braccio di ferro , che s ’ alza e s ’ abbassa con uno stridore di lima . Uomini neri dal sole , di fatica e di fumo , vanno , vengono , salgono e scendono . Un puzzo di catrame è nell ’ aria . Sulla banchina nuova , nel terrapieno , sono infissi pennoni a cui s ’ attorcigliano intorno grossissime gomene che danno una sicurezza maggiore ai vapori postali ancorati in rada . A destra c ’ è il porto militare , medesimo mare smorto e sporco , dove rimangono immobili le corazzate . Dappertutto barchette che sfilano , zattere lente , imbarcazioni pesanti ; le voci si chiamano , si rispondono , si incrociano . Il sole rischiara tutto questo , facendo brulicare nel suo raggio polvere di carbone , atomi di catene , limature di ferro ; la sera l ’ occhio del faro sorveglia il Molo . Il mare del Molo è quello dei grossi negozianti , dei grossi banchieri , degli spedizionieri affaccendati , dei marinari adusti , degli ufficiali severi che corrono al loro dovere , dei viaggiatori d ’ affari che partono senza un rimpianto . È per essi che il Signore ha fatto il lago nero del Molo . Del popolo e pel popolo è il mare di Santa Lucia . È un mare azzurro - cupo , calmo e sicuro . Una numerosa e brulicante colonia di popolani vive su quella riva . Le donne vendono lo spassatiempo , l ’ acqua solfurea , i polpi cotti nell ’ acqua marina ; gli uomini intrecciano nasse , fanno reti , pescano , fumano la pipa , guidano le barchette , vendono i frutti di mare , cantano e dormono . È un paesaggio acceso e vivace . Le linee vi sono dure e salienti , il sole ardente vi spacca le pietre . Si sente un profumo misto di alga , di zolfo e di spezierie soffritte . I bimbi seminudi e bruni si rotolano nella via , cascano nell ’ acqua , risalgono alla superficie , scuotendo il capo ricciuto e gridando di gioia . Sulla riva un ’ osteria lunga lunga mette le sue tavole dalla biancheria candida , dai cristalli lucidi , dall ’ argenteria brillante . Di sera vi s ’ imbandiscono le cene napoletane . Suonatori ambulanti di violino , di chitarra , di flauto improvvisano concerti ; cantatori affiochiti si lamentano nelle malinconiche canzonette , il cui metro è per lo più lento e soave e la cui allegria ha qualche cosa di chiassoso o di sforzato che cela il dolore ; accattoni mormorano senza fine la loro preghiera ; le donne strillano la loro merce . Di estate un vaporetto scalda la sua macchina per andare a Casamicciola , la bella distrutta , i barcaiuoli offrono con insistenza , a piena voce , in tutte le lingue , ai viaggiatori il passaggio fino al vaporetto . Dieci o dodici stabilimenti di bagni a camerini piccoli e variopinti ; si asciugano al sole , sbattute dal ponente , le lenzuola ; le bagnine hanno sul capo un fazzoletto rosso e fanno solecchio con la mano . Una folla borghese e provinciale assedia gli stabilimenti , scricchiolano le viottole di legno . Salgono nell ’ aria serena canti , suoni di chitarra , trilli d ’ organino , strilli di bimbi , bestemmie di facchini , rotolio di trams , profumi e cattivi odori ; rifuggono i colori rabbiosi e mordenti ; fiammeggiano le albe riflesse sul mare ; fiammeggiano meriggi lenti e voluttuosi , riflessi sul mare ; s ’ incendiano i tramonti sanguigni riflessi sul mare che pare di sangue . È il mare del popolo , mare laborioso , fedele e fruttifero , mare amante ed amato , per cui vive e con cui vive il popolo napoletano . Eppure , a breve distanza , tutto cangia d ’ aspetto . Dalla strada larga e deserta si vede il mare del Chiatamone . La vista si estende per quel vastissimo piano , si estende quasi all ’ infinito , poiché è lontanissima la curva dell ’ orizzonte . Quel piano d ’ acqua è desolato , è grigio . Nulla vi è d ’ azzurro e la medesima serenità ha qualche cosa di solitario che rattrista . Le onde si rifrangono contro il muraglione di piperno con un rumore sordo e cupo ; lontano , gli alcioni bianchi ne lambiscono le creste spumanti . A sinistra s ’ eleva sulla roccia il castello aspro , ad angoli scabrosi , a finestrelle ferrate ; il castello spaventoso dove tanti hanno sofferto ed hanno pianto ; il castello che cela il Vesuvio . Contro le sue basi di scoglio le onde s ’ irritano , si slanciano piene di collera e ricadono bianche e livide di rabbia impotente . Quando le nuvole s ’ addensano sul cielo e il vento tormentoso sibila fra i platani della villetta , allora la desolazione è completa , è profonda . Di lontano appare una linea nera : è una nave sconosciuta che fugge verso paesi ignoti . Alla sera passa lentamente qualche barca misteriosa che porta una fiaccola di luce sanguigna a poppa e che mette una striscia rossa nel palpito del mare : sono pescatori che stordiscono , con la fiaccola , il pesce . In quelle acqua un giovanetto nuotatore bello e gagliardo , vinto dalle onde , invano ha chiamato aiuto ed è morto affogato ; in una notte d ’ inverno una fanciulla disperata ha pronunciata una breve preghiera e si è lanciata in mare , donde l ’ hanno tratta , orribile cadavere sfracellato e tumefatto . È il mare che Dio – come dice la vecchia leggenda – ha fatto per i malinconici , per gli ammalati , per i nostalgici , per gl ’ innamorati dell ’ infinito . Invece ride il mare di Mergellina ; ride nella luce rosea delle giornate stupende ; ride nelle morbide notti di estate , quando il raggio lunare pare diviso in sottilissimo fili d ’ argento , ride nelle vele bianche delle sue navicelle che paiono giocondi pensieri aleggianti nella fantasia . Sulla riva scorre la fontana con un cheto e allegro mormorio ; i fanciulli e le fantesche in abito succinto vengono a riempirvi le loro brocche . Uno yacht elegante , dall ’ attrezzeria sottile come un merletto , dalle velette candide orlate di rosso , si culla mollemente come una creola indolente , porta il nome a lettere d ’ oro , il nome dolce di qualche creatura celestiale e bionda : Flavia . Uno stabilimento di bagni , piccolo ed aristocratico , si congiunge alla riva per una breve viottola , sulla viottola passano le belle fanciulle vestite di bianco , coi grandi cappelli di paglia coperti da una primavera di fiori , cogli ombrellini dai colori splendidi che si accendono al sole ; passano le sposine giovanette , gaie e fresche , attaccate al braccio dello sposo innamorato ; i bimbi graziosi , dai volti ridenti e arrossati dal caldo . E nel mare , giù , è un ridere , uno scherzare , un gridio fra il comico spavento e l ’ allegria dell ’ acqua fredda , e corpi bianchi che scivolano fra due onde e braccia rotonde che si sollevano e volti bruni dai capelli bagnati . È la festa di Mergellina , di Mergellina la sorridente , fatta per coloro cui allieta la gioventù , cui fiorisce la salute , fatta pei giovani che sperano e che amano , fatta per coloro cui la vita è una ghirlanda di rose che si sfogliano e rinascono sempre vive e profumate . Ma il mare dove finisce il dolore è il mare di Posillipo , il glauco mare che prende tutte le tinte , che si adorna di tutte le bellezze . Quanto può ideare cervello umano per figurarsi il paradiso , esso lo realizza . È l ’ armonia del cielo , delle stelle , della luce , dei colori , l ’ armonia del firmamento con la natura , mare e terra . Si sfogliano i fiori sulla sponda , canta l ’ acqua penetrando nelle grotte , l ’ orizzonte è tutto un sorriso . Posillipo è l ’ altissimo ideale che sfuma nella indefinita e lontana linea dell ’ avvenire ; Posillipo è tutta la vita , tutto quello che si può desiderare , tutto quello che si può volere . Posillipo è l ’ immagine della felicità piena , completa , per tutti i sensi , per tutte le facoltà . È la vita vibrante , fremente , nervosa e lenta , placida e attiva . È il punto massimo di ogni sogno , di ogni poesia . Il mare di Posillipo è quello che Dio ha fatto per i poeti , per i sognatori , per gl ’ innamorati di quell ’ ideale che informa e trasforma l ’ esistenza . Quando il Signore ebbe dato a noi il nostro bel golfo , udite quello che la sacrilega leggenda gli fa dire : uditelo voi , anima glaciale e cuore inerte . Egli disse : Sii felice per quello che t ’ ho dato , e se non lo puoi , se l ’ incurabile dolore ti traversa l ’ anima , muori nelle onde glauche del mare . LA LEGGENDA DELL ’ AMORE In questo pomeriggio lungo di luglio un grande silenzio regna intorno ; nelle vie abbruciate dal sole non passa alcuno ; ed i cittadini dormono nel pesante assopimento dell ’ estate ; vicino , sotto la finestra , in un tegame dove bolle lo strutto , scoppiettano e friggono certi peperoncini verdi ed arrabbiati ; lontano , in una via trasversale , un organino suona un valtzer languido e malinconico ; un moscone sussurra e dà di testa contro i vetri più alti della finestra socchiusa . Noi siamo tristi , ed il sangue che monta al capo , ci dà la vertigine : noi abbiamo l ’ anima di piombo e la bocca amara ; noi abbiamo il desiderio dell ’ ombra profonda e delle bevande ghiacciate – perché invero ci è intorno la violenza di una passione secca e rude , perché ci sembra assistere allo spasimo e udire i singhiozzi convulsi della natura che muore nell ’ amore del sole . Le vie sono bianche , polverose e fulgide ; le case gialle , rosse e bianche rifulgono ; i colli sono splendidi di luce ; il mare brilla tutto come un migliaio di specchi ; sulla punta del cratere qualche cosa abbrucia e fuma ed il cielo è cupo nella sua serenità . Tutto è luce vivida , tutto è intensità di colore , ogni cosa si condensa ; pare che si debbano spaccar le pietre , che le case debbano sbuzzar fuori , che le colline vogliano slanciarsi al cielo , che il mare voglia cangiarsi in metallo liquefatto e che la montagna voglia eruttare lave di fuoco – e tutto rimane immobile , tetro e grave . È per l ’ amore : voi certamente sapete che tutte le cose in Napoli , dalle pietre al cielo , sono innamorate . Non conoscete la storiella dei quattro fratelli ? Io ve la narrerò . Una volta , allora , allora , nel tempo dei tempi , v ’ erano quattro fratelli che s ’ amavano di cordialissimo amore e non si staccavano mai l ’ uno dall ’ altro . Erano belli , giovani , freschi , aitanti nella persona e sulle giovani teste ben s ’ addicevano le ghirlande di rose . Ognun di loro arse in segreto per una fanciulla , né se ne confidarono il nome ; ma la sorte malaugurata riunì tutti gli amori dei quattro fratelli in una donna sola . Ella nessuno di quelli voleva amare . Asperrima guerra sarebbe sorta tra loro e sangue fraterno sarebbe stato sparso , se una notte la loro bella non fosse sparita per sempre . Ma essi , pazienti ed innamorati , l ’ aspettano da migliaia di anni : sono cangiati in quattro colli ameni e fioriti che dal loro nome si chiamano Poggioreale , di Capodimonte , di San Martino , del Vomero – e l ’ uno accanto all ’ altro , immobilmente innamorati , aspettano il ritorno di colei che amano . Fioriscono le primavere sul loro capo , s ’ infiamma l ’ estate , piange l ’ autunno , s ’ incupisce la nera stagione ; ed i poggi non si stancano d ’ aspettare . Ma l ’ amore della bella assente è scarso al confronto dell ’ amore per una bella sempre presente e crudele . La sapete voi la seconda storiella ? Vi fu una volta un giovanetto leggiadro e gentile , nel cui volto si accoppiava il gaio sorriso dell ’ anima innocente al malinconico riflesso di un cuore sensibile ; egli era nel medesimo tempo festevole senza chiasso e serio senza durezza . Chi lo vedeva lo amava ; e la gente accorreva a lui come ad amico , per allietarsi della sua compagnia . Ma il bel giovanetto fu molto infelice , molto infelice ; gli entrò nell ’ anima un amore ardente , la cui fiamma , che saliva al cielo , non valse ad incendere il cuore della donna che egli amava . Era costei una donna di campagna , cui era stato dato in dono la bellezza del corpo , ma a cui era stata negata quella dell ’ anima : ella era una di quelle donne incantatrici , fredde e sprezzose che non possono né godere , né soffrire . Paiono fatte di pietra , di una pietra levigata , dura e glaciale ; vanno in pezzi ma non si ammolliscono ; cadono fulminate ma non muoiono . Tale era Nisida , colei che fu invano amata dal giovanetto , poiché nulla valse a vincerla . Allora lui che si chiamava Posillipo , amando invano la bella donna che viveva di faccia a lui , per sfuggire a quella vista che era il suo tormento e la sua seduzione , decise di precipitarsi nel mare e finire così la sua misera vita . Decisero però diversamente i Fati e rimasto a mezz ’ acqua il bel giovanetto , vollero lui mutato in poggio che si bagna nel mare e lei in uno scoglio che gli è dirimpetto : lui poggio bellissimo dove accorrono le gioconde brigate , in lui dilettandosi , lei destinata ad albergare gli omicidi ed i ladri che gli uomini condannano alla eterna prigionia – così eterno il premio , così eterno il castigo . E vi è anche l ’ amore che è un prodigioso abbagliamento , un miraggio fatale , l ’ acciecamento di colui che , ardito e folle , ha voluto fissare il sole . Era un pescatore abile e fortunato , colui di cui vi narro , e l ’ intiero suo giorno passava fra l ’ amo e le reti , lieto quando la pesca era abbondante , incollerito quando la tempesta che intorbida le acque , rendeva inefficace le sue fatiche . Era uomo semplice e buono , silenzioso ed ignorante d ’ amore : quando un giorno , mentre sedeva a riva ed immergeva l ’ amo nell ’ onda , dalle glauche acque , dinanzi a lui sorse una Ninfa marina , dal corpo bianco e provocante , dai lunghi e biondi capelli che il vento sollevava , dallo sguardo verde e terso come il cristallo ; ella cantava soavemente e le sue candide dita volavano sulla cetra . Era così lusinghiero , così attraente il suo canto che il povero pescatore sentì struggersi il cuore e non avendo che l ’ ardente desiderio di raggiungere la sirena e morire in un supremo abbraccio , precipitò nel mare . Tre volte venne a galla , tre volte scomparve nel mare – e lui fortunato se potette con la morte pagare così infinito godimento . Il sito dove egli precipitò fu chiamato Mergellina dal suo nome e dicesi ancora , nelle fosforescenti notti d ’ estate , vi ricompaia la sirena . V ’ è poi la pietosa istoria dell ’ amore felice che è combattuto e vinto dalla morte : una storiella ingenua come tutte le altre . Vi si narra di un ricco signore chiamato Sebeto , che abitava in una campagna presso Napoli , in un palazzo tutto di marmo . Egli per amore aveva menato in moglie una donna chiamata Megera che lo ricambiava con egual tenerezza . Egli teneva cara questa sua moglie sopra tutte le cose e profondeva per lei tutte le sue ricchezze : accadde che in un giorno ella volle andare a diporto sopra una feluca pel golfo di Napoli . Verso la riva Platamonia , dove il mare è sempre tempestoso , mentre i marinari volevano far forza contro il vento , la feluca si capovolse e Megera si annegò diventando uno scoglio . Alla orribile nuova Sebeto sentì spezzarsi il cuore e per molto tempo si sciolse in amarissime lagrime in modo che tutta la sua vita si disfece in acqua , correndo a gettarsi nel mare dove Megera era morta . E tutte le fontane di Napoli sono lagrime : quella di Monteoliveto è formata dalle lagrime di una pia monachella che pianse senza fine sulla Passione di Gesù ; quella dei Serpi sono le lagrime di Belloccia , una serva fedele innamorata del suo signore ; quella degli Specchi è fatta delle lagrime di Corbussone , cuoco di palazzo e folle di amore per la regina cui cucinava gli intingoli ; quella del Leone è il pianto di un principe napoletano , cui unico e buon amico era rimasto un leone che gli morì miseramente ; e quella di fontana Medina sono le lagrime di Nettuno , innamorato di una bella statua cui non arrivò a dar vita . Ma la passione è nell ’ ultima storiella che ascolterete . Vi si parla di un nobile signore , appartenente ad uno dei primi seggi della città , e che s ’ innamorò perdutamente di una fanciulla di casa nemica ; era il cavaliere di carattere violento , di temperamento focoso , pronto al risentimento ed all ’ ira . Pure , per ottenere la donna che amava , sarebbe diventato umile come un poverello cui manca il pane . Ma l ’ amore dei due giovani , anziché diminuire e lenire le collere di parte , valse a rinfocolarle – e per preghiere ed intercessioni che venissero fatte , la nobile famiglia Capri non volle accettare il matrimonio . Anzi per trovar rimedio all ’ amore dei due , fu deciso imbarcare la fanciulla sopra una feluca e mandarla in estranea contrada . Ma essa che si sentiva strappar l ’ anima , allontanandosi dal suo bene , come fu fuori del porto , inginocchiatasi e pronunciata una breve preghiera , si slanciò nell ’ onde , donde uscì isola azzurra e verdeggiante . Ma non si chetava l ’ amore nel cuore del nobile Vesuvio , quale era il nome del cavaliere e la collera gli bolliva in corpo : quando seppe della nuova crudele , cominciò a gittar caldi sospiri e lagrime di fuoco , segno della interna passione che lo agitava ; e tanto si gonfiò che divenne un monte nelle cui viscere arde un fuoco eterno d ’ amore . Così egli è dirimpetto alla sua bella Capri e non può raggiungerla e freme d ’ amore e lampeggia e s ’ incorona di fumo e il fuoco trabocca in lava corruscante … . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . O anime trafitte , o anime sconsolate , o voi che per l ’ amore portate nel cuore sette spade di dolore , non vi sorrida la speranza di guarirvi qui . Qui amano anche le pietre : gli uomini sani s ’ ammalano d ’ amore e gli infermi ne muoiono . IL PALAZZO DONN ’ ANNA Il bigio palazzo si erge nel mare . Non è diroccato , ma non fu mai finito ; non cade , non cadrà , poiché la forte brezza marina solidifica ed imbruna le muraglie , poiché l ’ onda del mare non è perfida come quella dei laghi e dei fiumi , assalta ma non corrode . Le finestre alte , larghe , senza vetri , rassomigliano ad occhi senza pensiero ; nei portoni dove sono scomparsi gli scalini della soglia , entra scherzando e ridendo il flutto azzurro , incrosta sulla pietra le sue conchiglie , mette l ’ arena nei cortili , lasciandovi la verde e lucida piantagione delle sue alghe . Di notte il palazzo diventa nero , intensamente nero ; si Serena il cielo Sul suo capo , rifulgono le alte e bellissime stelle , fosforeggia il mare di Posillipo , dalle ville perdute nei boschetti escono canti malinconici d ' amore e le monotone note del mandolino : il palazzo rimane cupo e sotto le sue vòlte fragoreggia l ’ onda marina . Ogni tanto par di vedere un lumicino passare lentamente nelle sale e fantastiche ombre disegnarsi nel vano delle finestre : ma non fanno paura . Forse sono ladri volgari che hanno trovato là un buon covo , ma la nostra splendida povertà non teme di loro ; forse sono mendicanti che trovarono un tetto , ma noi ricchi di cuore e di cervello , ci abbassiamo dalla nostra altezza per compatirli . E forse sono fantasmi e noi sorridiamo e desideriamo the ciò sia ; noi li amiamo i fantasmi , noi viviamo con essi , noi sogniamo per essi e per essi noi moriremo . Noi moriremo per essi , col desiderio di vagolare anche noi sul mare , per le colline , sulle rocce , nelle chiesette tetre ed umide , nei cimiteri fioriti , nelle fresche sale dove il medioevo ha vissuto . Fu una sera e splendevano di luce vivida quelle finestre ; attorno attorno il palazzo , sul mare , si cullavano barchette di piacere adorne di velluti che si bagnavano nell ’ acqua , vagamente illuminate da lampioncini colorati , coronate di fiori alla poppa ; i barcaiuoli si pavoneggiavano nelle ricche livree . Tutta la nobiltà napoletana , tutta la nobiltà spagnuola , accorreva ad una delle magnifiche feste che l ' altiera Donn ' Anna Carafa , moglie del duca di Medina C œ li , dava nel suo palazzo di Posillipo . Nelle sale andavano e venivano i servi , i paggi dai colori rosa e grigio , i maggiordomi dalla collana d ' oro , dalle bacchette di ebano : giungevano continuamente le bellissime signore , dagli strascichi di broccato , dai grandi collari di merletto , donde sorgeva come pistillo di fiore la testa graziosa , dai monili di perle , dai brillanti che cadevano sui busti attillati e seducenti ; giungevano accompagnate dai mariti , dai fratelli e qualcuna , più ardita , solamente dall ' amante . Nella grande sala , sulla soglia , nel suo ricchissimo abito rosso , tessuto a lama d ’ argento , con un lieve sorriso sulla bocca , il cui grosso labbro inferiore s ' avanzava quasi in atto di spregio , inchinando appena il fiero capo alle donne , dando la mano da baciare ai cavalieri grandi di Spagna di prima classe come lei , stava Donna Anna di Medina C œ li . L ' occhio grigio dal lampo d ' acciaio , simile a quello dell ’ aquila , rivelava l ’ interna soddisfazione di quell ' anima fatta d ' orgoglio : ella godeva , godeva senza fine nel vedere venire a lei tutti gli omaggi , tutti gli ossequi , tutte le adulazioni . Era lei la più nobile , la più potente , la più ricca , la più bella , la più rispettata , la più temuta , lei duchessa , lei signora , lei regina di forza e di grazia . Oh poteva salire gloriosa i due scalini che facevano del suo seggiolone quasi un trono ; poteva levare la testa al caldo alito dell ' ambizione appagata che le soffiava in volto . Le dame sedevano intorno a lei , facendole corona , minori tutte di lei : ella era sola , maggiore , unica . In fondo al grande salone era rizzato un teatrino destinato per lo spettacolo . Tutta quella eletta schiera d ' invitati dovevano dapprima assistere alla rappresentazione di una commedia ed a quella di una danza moresca ; poi nelle sale si sarebbero intrecciate le danze sino all ' alba . Ma la grande curiosità della rappresentazione era che gli attori , per una moda venuta allora di Francia , appartenessero alla nobiltà . Donn ' Anna Carafa di Medina disprezzava i facili costumi francesi che corrompevano la rigida corte spagnuola , ma scrutatrice dei cuori e apprezzatrice del favore popolare com ' era , s ' accorgeva che quelle molli usanze piacevano ed erano adottate con trasporto . Solo per questo ella aveva consentito che Donna Mercede de las Torres , sua nipote di Spagna , sostenesse una parte nella rappresentazione . Donna Mercede , giovane , bruna , dai grandi occhi lionati , dai neri capelli , le cui trecce le formavano un elmo sul capo , era una spagnuola vera . Ella rappresentava nella commedia la parte di una schiava innamorata del suo padrone , una schiava che lo segue dappertutto , e lo serve fedelmente sino a fargli da mezzana d ' amore , sino a morire per lui d ' un colpo di pugnale destinato al cavaliere da un padre crudele . Ella recitava con un trasporto , con un tale impeto che tutta la sala si commuoveva allo sventurato e non corrisposto amore della schiava Mirza : tutti si commuovevano , salvo Gaetano di Casapesenna che faceva la parte del cavaliere . Ma così dal poeta era stata ispirata ogni parola del cavaliere , ed egli , freddo , indifferente , inconscio , non faceva che rimaner fedele al carattere che rappresentava . Solo , alla fine della commedia , quando la sventurata Mirza ferita a morte , s ' accomiata con parole d ' affetto da colui che fu la sua vita e la sua morte , allora , egli , cui appare finalmente la verità qual luce diffusa meridiana , preso dall ' amore , s ' abbandona in ginocchio dinanzi al corpo della poveretta morente e copre di baci quel volto pallido d ' agonia . Invero , egli fu così focoso in tale slancio , così patetica ed improntata di dolore la sua voce , così disordinato ogni suo gesto , che veramente parve superiore ad ogni vero attore , e parve che la verità animasse il suo spirito , sino al punto che la sala intera scoppiò in applausi . Sola , sul suo trono , tra le sue gemme , sotto la sua corona ducale , Donn ' Anna impallidiva mortalmente e si mordeva le labbra . Non era lei la più amata . Le due donne s ' incontravano nelle sale del palazzo Medina ; si guardavano , Donna Mercede fremente di gelosia , l ' occhio nero covante fuoco , smorta , rodendo un freno che la sua libera anima aborriva ; Donna Anna , pallida di odio , muta nella sua collera ; si guardavano , impassibile e fredda Donn ' Anna , agitata e febbrile Donna Mercede . Scambiavano rade ed altere parole . Ma se la gelosia scoppiava irresistibile , l ' ingiuria correva sul loro labbro : – Le donne di Spagna sono esse le prime ad abbandonarsi all ' amante – diceva Donn ' Anna , con la sua voce dura e grave . – Le donne di Napoli si gloriano del numero degli amanti – rispondeva vivamente Donna Mercede . – Voi siete l ' amante di Gaetano Casapesenna , Donna Mercede . – Voi lo foste , Donn ' Anna . – Voi obliaste ogni ritegno , ogni pudore , dandoci vostro amore a spettacolo , Donna Mercede . – Voi tradiste il duca di Medina C œ li , mio nobile zio , Donn ' Anna Carafa . – Voi amate ancora Gaetano Casapesenna . – Voi anche lo amate ed egli non vi ama , Donn ' Anna . Vinceva la bollente spagnuola e Donna Anna si consumava dalla rabbia . Ma egualmente l ' odio glaciale della duchessa contro cui s ' infrangeva ogni slancio di Donna Mercede , tormentava la spagnuola . Esse avevano nel cuore un orribile segreto ; esse portavano nelle viscere il feroce serpente della gelosia , esse morivano ogni giorno di amore e di odio . Donn ' Anna celava il suo spasimo , ma Donna Mercede lo rivelava nelle convulsioni del suo spirito e del suo corpo . La duchessa agonizzava sorridendo ; Donna Mercede agonizzava , piangendo e strappandosi i neri capelli . Fino a che ella scomparve d ' un tratto dal palazzo Medina C œ li e fu detto che presa da improvvisa vocazione religiosa , avesse desiderato la pace del convento e fu narrato del misticismo ond ' era stata presa quell ' anima , e delle lunghe giornate passate in ginocchio dinanzi al Sacramento , e del fervore della preghiera e delle lagrime ardenti : ma non fu detto né il convento , né il paese , né il regno dove era il convento . Invano Gaetano di Casapesenna cercò Donna Mercede in Italia , in Francia , in Ispagna ed in Ungheria , invano si votò alla Madonna di Loreto , a San Giacomo di Campostella , invano pianse , pregò , supplicò . Mai più rivide la sua bella amante . Egli morì giovane , in battaglia , quale a cavaliere sventurato si conviene . Altre feste seguirono nel palazzo Medina , altri omaggi salutarono la ricca e potente duchessa Donn ' Anna ; ma ella sedeva sul suo trono , con l ' anima amareggiata di fiele , col cuore arido e solitario . Quei fantasmi sono quelli degli amanti ? O divini , divini fantasmi ! Perché non possiamo anche noi , come voi , spasimare d ' amore anche dopo la morte ? BARCHETTA - FANTASMA Li conosci tu ? Li conosci tu questi giorni fangosi e sporchi , quando la Noia immortale prende il colore bigio , l ' odore nauseante , la pesantezza opprimente della nebbia invernale , quando il cielo è stupidamente anemico , il sole è una lanterna semispenta e fumicante , i fiori impallidiscono ed appassiscono , le frutta imputridiscono , le guance delle donne sembrano di cenere , la mano degli uomini pare di sughero , la città patisce di acquavite e la campagna di siero ? È in questi giorni che la fantasia del mondo , esaltata nella sua febbre , senza trovare più pascolo , senza avere più refrigerio , si nutre orribilmente di se stessa , arroventandosi o disseccandosi . In questi giorni la poesia , la delicata ed esile fanciulla , irrimediabilmente ammalata , s ' illanguidisce , declina il capo e muore senza un gemito , senza un respiro – e l ' arte , la robusta fanciulla , colpita mortalmente , agonizza , torcendosi le braccia , effondendo in lugubri lamenti la sua disperazione . Invano l ' artista cerca immergersi nel suo sogno prediletto : il sogno è scomparso . Invano egli tenta tutte le corde della bionda lira : sotto la sua mano tremante le corde si spezzano , con un suono che si prolunga nell ' aria come un triste presagio . O giorni , o giorni scombuiati , feroci e maledetti . Ma perché in questi giorni non amiamo noi , sino a morirne ? Perché non chiudiamo gli occhi , lasciandoci rotolare in un abisso senza fondo dove è cosi dolcemente doloroso finire la vita ? Perché non parliamo noi di amore sino a che la voce si esaurisca nella gola riarsa e la parola diventi un mormorio indistinto ? Vieni dunque ad ascoltarmi . Narrerò a te d ' amore . A te , fantasma fuggevole ed inafferrabile , essere divinamente malvagio , umanamente buono , infinitamente caro , bello come una realtà , orribile come una illusione , sempre lontano , sempre presente , che vivi nelle regioni sconosciute , che sei in me : chimera , persona , nebulosa , nome , idea odiosa ed adorabile da cui parte ed a cui ritorna ogni minuto la mia vita ! L ' hai tu mai vista la barchetta - fantasma ? L ' hai tu vista , amor mio ? .... . Odimi . Io non so quando avvenne la storia d ' amore che ti narro ; l ' anno , il giorno e l ' ora , non li conosco . Ma che importa ? Oggi , ieri , domani , il dramma dell ' amore è multiforme ed unico . Batta il cuore sino a spezzarsi sotto una toga di lana , una corazza di acciaio o un abito di velluto , il suo palpito precipitoso non rovinerà meno o diversamente una esistenza ; siano le braccia dell ' amata cinte di bende sacre , nude , sotto le fasce dei braccialetti , chiuse nelle stoffe seriche , o seminascoste nei merletti , esse non abbracceranno con minore o diversa passione . Che importa una cifra ? Tecla era bella . Il suo volto era di quel candore caldo e vivo che diventa cereo sotto i baci ; nei grandi e voluttuosi occhi di leonessa si accendevano strane scintille d ' oro ; le labbra arcuate erano fatte per quel sorriso lungo , profondo e cosciente che poche donne conoscono ; le trecce folte , brune , s ' incupivano in un nero azzurro . Si chiamava Tecla , un nome duro e dolce , che nel fantasioso vocabolario dei nomi significa cuore colpevole . Hanno la loro fatalità anche i nomi . Fanciulla , Tecla aveva ignorato l ' amore , orgogliosa ed indifferente ; sposa a Bruno , Tecla aveva ignorato l ' amore , moglie superba e glaciale . Eppure aveva veduto struggersi , consumarsi d ' amore il forte cuore di Bruno , un ruvido ed aspro cuore che non aveva mai amato , ma quel soffio ardente di passione non l ' aveva riscaldata , quella voce ansiosa ed appassionata non l ' aveva commossa , l ' amore di Bruno era rimasto inutile , inutile . Bruno se lo sapeva , Tecla glielo aveva detto . Ella non mentiva mai . Era sposa a lui , senza odio , ma senza trasporto . Bruno non si rassegnava , no . Tecla era il cruccio insoffribile della sua vita , il chiodo irrugginito , ficcato nel cervello , il tronco di spada spezzato ed incastrato nel cuore . La ruga della sua fronte , la crudeltà del suo sguardo , il sogghigno del suo labbro , l ' amarezza della sua bocca , il fiele del suo spirito era Tecla . Avrebbe dovuto morire , ma quando s ' ama non se ne ha il coraggio . Avrebbe potuto uccidere Tecla , ma non vi pensava . Non si uccide una donna virtuosa : Tecla era virtuosa , di una virtù alta e fiera . Ma come ogni altezza ne trova un ' altra che la superi e la vinca , fino a che non si arrivi all ' invincibile ed all ' incommensurabile , così dinanzi alla virtù di Tecla giganteggiò , immenso , l ' amore . Fu una grande sconfitta ; fu un gran trionfo . D ' un tratto la fierezza si annegò nella umiltà , l ' orgoglio fu ingoiato , trovolto . Era singolarmente bello Aldo , un fascino irresistibile vibrava nella sua voce armoniosa , le sue parole struggevano come fuoco liquido , il suo sguardo dominava , vinceva , metteva nell ' anima uno , sgomento pieno di tenerezza ; ma se tutto questo non fosse stato , per Tecla egli era sempre , unico , l ' amore . Fu una notte in una sala fulgida di lumi che si videro . Nulla seppero dirsi . Pure fra quei due esseri che si separarono senza un saluto , senza un sorriso , un legame indissolubile era sorto . Camminavano uno verso l ' altro , dovendo inevitabilmente incontrarsi . – Che fai tu alla finestra , Tecla ? È un ' ora che guardi nel buio , quasi vi scorgessi qualche cosa . – Guardo il mare , Bruno , rispondeva lei con la infinita mestizia di chi comincia ad amare . – La brezza della sera ti fa male , Tecla . Tu sei pallida come un cadavere . – Lasciami qui , te ne prego . – Tu sei triste , Tecla . A che pensi ? – Io non penso , Bruno . – Dimmi , chi ti rattrista ? – Nessuno può rattristarmi . – Tecla , la tua mano è gelata e le tue labbra sono , ardenti ; tu soffri , tu tremi , tu vacilli ... – Muoio ... Ma in una notte cupa e profonda , dopo venti notti che l ' insonnia tormentosa si assideva al suo capezzale bagnato di lagrime , Tecla sentì scuotersi tutta , come se un appello possente la chiamasse . – Eccomi – mormorò . E muta , rigida , con l ' incesso uniforme e continuo di un automa , col lungo abito bianco che le si trascinava dietro come un sudario , col passo ritmico che appena sfiorava il suolo , coi lunghi capelli disciolti sugli omeri , con gli occhi spalancati nell ' oscurità , ella attraversò la casa ed uscì sul terrazzo che dava sul mare . Aldo era là . Ella andò a lui . Stettero a guardarsi , nell ' ombra . Non un detto , non un sospiro . L ' amore condensato , potente , sdegnoso di espansione , li soffocava . O indimenticabili notti create per l ' amore ! O eternamente bello golfo di Napoli , dall ' amore e per l ' amore creato ! Nelle notti di primavera , quando il fermento della terra conturba i sensi e tenta l ' anima , quando nell ' aria vi è troppo profumo di fiori , si può discendere al mare , entrare nella barca , fuggire la costiera , e sdraiati sui cuscini contemplare l ' azzurro cupo del cielo , l ' ondeggiamento voluttuoso del flutto , il palpito vivo delle stelle che pare si vogliano staccare per precipitare nell ' immenso aere . Nelle torbide notti estive che seguono le giornate violente e tormentose , quando la terra si riposa , sfiaccolata , da una passione di quattordici ore col sole , felice colui che può farsi cullare in una barca , come in un ' amaca , mentre il forte profumo marino gli fa sognare il tropico , la sua splendida e mostruosa vegetazione , e le svelte fanciulle brune che discendono sotto gli archi dei tamarindi . Nelle meste e bianche notti autunnali , quando la luna malaticcia si unisce alla candida malinconia del cielo , al languido pallore delle stelle , alla nebulosità ideale delle colline , quando tutto il mondo diventa fioccoso di spuma , vi è chi presceglie il mare per confidente e va a narrargli il disfacimento della sua vita che inclina a perdersi nel nulla , mentre la morbida curva di Posillipo pare che si abbassi anche essa desiderosa di scomparire nel mare . Nelle notti tempestose d ' inverno , quando il temporale della città ha tutta la grettezza e la miseria delle stradicciuole strette e delle grondaie piagnolose , quando l ' anima sente il bisogno imperioso di una mano che l ' afferri , che delizioso ed infinito terrore , che impressione incancellabile trovarsi in alto mare , in un ambiente nero , dove il pericolo è tanto più grande in quanto è indistinto . Ma più felice di tutti colui che godette queste notti carezzando i capelli morbidi di una donna adorata , che stringendola al cuore , potette sognare di rapirla nel paese sconosciuto desiderato dagli amanti , che potette sperare di morire con lei , sotto il cielo che s ' incurva , nel mare che li vuole . Più di tutti colpevolmente felici e colpevolmente invidiati Aldo e Tecla . – Aldo , il mare è troppo nero . – Io t ' amo , Tecla . – Io t ' amo , Aldo . Sostienimi col tuo valido braccio , amore . Perché quel barcaiuolo tace ? – Il suo lavoro è duro , forse . Gli daremo del denaro – .... . mi amerai sempre , sempre , Tecla ? – Sempre . Aldo , quella fiaccola gitta una luce sanguigna sui nostri volti e sul mare . Pare che illumini due cadaveri ed una tomba , amore . – Che temi tu dalla morte ? – Dividermi da te . – Giammai . Dio deve castigarci egualmente . Un silenzio si prolungò . Si guardavano , mentre alla loro passione si univa la nota dolce di una tenerezza grave come un presentimento . La barca volava sull ' acqua ; il barcaiuolo vogava con grande forza , senza volgere il capo a guardare gli amanti . – Non ti sembra , Aldo , che siamo lontani assai dalla sponda ? – Tanto meglio , dolcezza mia . – Perché quel barcaiuolo non parla ? – C ' invidia forse , Tecla . È giovane , amerà senza speranza . – Interrogalo , Aldo . Domandagli perché nasconde il suo volto . D ' un tratto il barcaiuolo si volse . Era Bruno . Era la figura dell ' odio . Aldo e Tecla si baciarono . E la barca si capovolse sul bacio degli amanti , sul grido di furore di Bruno . Tre volte vennero a galla gli amanti , abbracciati , stretti con una celestiale beatitudine nel viso , tre volte venne a galla una faccia contratta dalla collera . .... . Odimi , amore . In una certa ora della notte , sulla bella riva di Posillipo , su quella gaia di Mergellina , su quella cupa del Chiatamone , su quella fragorosa di Santa Lucia , su quella sporca del Molo , su quella tempestosa del Carmine , la barchetta fantasma appare , corre veloce sull ' acqua , gli amanti si baciano lentamente , la figura dello sposo si erge sdegnata , la barchetta si capovolge . Ancora tre volte si rivede quell ' eterno bacio , quell ' eterno odio . Ogni notte la barchetta - fantasma appare . Ma non tutti la vedono . Dio permette che solamente chi ama bene , chi ama intensamente possa vederla . Apparisce solamente per gli innamorati , i quali impallidiscono a quell ’ aspetto . È la pruova infallibile e singolare . L ’ hai tu vista ? L ’ hai tu vista , la barchetta - fantasma ? O sciagurata me , se fui sola a vederla ! IL SEGRETO DEL MAGO Nell ' anno 1220 della salutifera Incarnazione regnando in Palermo ed in Napoli il grande e buon re Federico secondo di Svevia , accadde in Napoli un caso bellissimo che non vi sarà discaro ascoltare , trattandosi di piacevole argomento . Simil novella non troverete né in istorici , né in eleganti narratori ; io stessa la raccolsi rozza ed informe dalla tradizione popolare e voglio , narrandola a voi , consacrarla in questa scrittura , affinché ne possano avere disadorna ma chiara notizia i più tardi nepoti , per cui lavora e s ’ affatica ogni scrittore disdegnoso del facile plauso contemporaneo . Ma senza più intrattenervi in preliminari , avendo spiegata chiaramente la mia intenzione , ecco il caso . Nello stretto vico dei Cortellari . che come ognuno sa , apparteneva al seggio di Portanova , v ' era una casuccia magra ed alta , dalle piccole finestre , aventi i vetri sporchi ed impiombati . La porta d ' entrata era bassa e oscura ; sporca e ripida la scala ; di rado si aprivano le finestruole . La gente vi passava dinanzi frettolosa , dando uno sguardo fra il collerico ed il pauroso , e borbottando fra i denti non so se una preghiera o una maledizione . In verità , nella casuccia abitava gente malfamata ; al primo piano v ' era un maledetto giudeo , degno discendente di coloro che crocifissero nostro signore Gesù Cristo , un giudeo ladro che dava il denaro ad usura e tosava le monete d ' oro ; al secondo una giovane bella , di quelle che sono la tentazione e la dannazione dell ' uomo ; al terzo un marito ed una moglie , brutti ceffi che il giorno eran fuori di casa a qualche ignoto ed equivoco mestiere e quando rincasavano , a notte piena , si battevano come la lana . Quello che formava lo sgomento dei viandanti non era specialmente l ' ebreo cane , lo sguardo provocante della donna , o gli strilli della moglie bastonata dal marito , ma era tutto questo insieme e principalmente il pensiero che all ' ultimo piano della casa indiavolata abitava Cicho il mago . Le anime timorate di Dio si facevano il segno della croce che è anche quello della nostra salvazione e passavano oltre ; gli spiriti mondani facevano le corna con la mano , si tastavano il ginocchio , pronunziavano qualche scongiuro e simili cose operavano che volgarmente si credono atte a disperdere il malocchio . Sebbene Cicho uscisse molto raramente e raramente spalancasse le imposte della sua finestruola , il popolo sapendo della sua magia , del suo potere sovrumano , n ' avea timore grandissimo . Senza dubbio i misteriosi andamenti di Cicho davan fede di verità a quanto di lui si dicea . Chi fosse non si sapea , né donde venisse ; sempre chiuso in casa ; in apparenza privo di amici e di parenti : curvo nell ' incedere , lento il passo , l ' occhio fisso a terra mormorando parole greche , latine o di qualche lingua demoniaca ; parco nel conversare , ma non aspro nei modi , anzi sorridente nella fluente barba bianca ; scuri ma netti i vestimenti . Invano , quando venne ad abitare nel vico Cortellari , le femminette d ' intorno s ' informavano di lui , chiesero , osarono interrogarlo , fermarono il suo servo e adoperarono i mille mezzi che mai sempre consiglia alla donna , la gran maestra e signora , la curiosità . Nulla potettero sapere e Cicho , la sua origine , la sua famiglia , la sua vita rimasero nelle tenebre dello sconosciuto . Ma in seguito , spiando , osservando , escogitando , si seppe che Cicho intendeva a opere magiche ; durante la notte , mai si spegneva la lampada della stanzuccia dove egli studiava su grossi volumi di manoscritti a fermaglio , tolti da una polverosa scansia , mai cessava d ' uscire , dalla cappa nera del suo focolare , un filo di fumo e la sua stanza era piena di storte , di lambicchi , di fornelli , di singolari coltelli in tutte le forme e di altri istrumenti in ferro destinati ad usi paurosi . Si dicea che spesso Cicho passava ore intere curvato sopra un pentolino che bolliva , bolliva e dove sicuramente danzavano le maledette erbe infernali che cagionano malsania , follìa e morte , sebbene il servo non comperasse in piazza che le erbe di cucina , come maggiorana , pomidoro , basilico , prezzemolo , cipolle , agli ed altro . Ma si sa che gli stregoni vanno sui prati , nella notte del sabato , incantano la luna , chiamano il diavolo e colgono le erbacce malefiche . Si diceva altresì che Cicho venisse fuori sul suo piccolo terrazzino , scuotendo dalle mani e dall ' abito una polvere bianca che certo doveva avvelenare l ' aria ; che spesso andasse a lavarsi le mani macchiate di rosso in un tinello di cui l ' acqua si corrompeva . Quelle mani macchiate di rosso davano autorità a orribili sospetti ; tanto più che si soggiungeva esservi spesso , nel laboratorio di Cicho , sul pavimento , larghe macchie di rossobruno , simili a pozze di sangue e che quello sciagurato stregone di Cicho si occupasse , nella notte , a tagliare coi sottili coltelli , sopra una grande tavola di marmo bianco , non so che di delicato . Membra di bambini , o gambe di rana , o pelli di serpentelli – ripeteva la gente . E quando camminava nella via , le comari ammiccavano e si davano delle gomitate nei fianchi , dicendo : – Cicho il mago , Cicho il mago ! – Cerca il modo di ridiventare giovane , il secchione ! – Vuol trovar l ’ oro , forse . – O quella pietra per cui s ’ ha virtù , saggezza e lunga vita . – Che ! ! Chiama il diavolo per diventare Gran Turco . Cicho ascoltava e tirava via sorridendo . In fondo le comari , avendone paura , non osavano maledirlo che sottovoce ; a ammonivano i bimbi ad usargli rispetto . lo stregone , malgrado le voci temerarie , aveva rispetto di galantuomo e quella tale aria di soddisfatto raccoglimento di chi medita una bella e feconda idea . Parea dicesse : verrà , verrà il giorno mio , o gente ingrata . A chiarirvi un poco il mistero ed a denudare la sua vita di quella parte sovrumana che Dio non permette più sulla terra , poiché Dio fa miracoli solamente per l ’ anima e non più per il corpo , vi dirò quanto segue . Cicho era stato a suo tempo ricco e gagliardo e bel giovanotto : aveva saputo goder bene della salute , della gioventù e della ricchezza ; amante , era stato amato ; aveva avuto palazzi , corridori di nobil sangue , pietre preziose , vestimenta intessute d ’ oro ; aveva goduto feste , conviti , balli , tormenti , giostre ; aveva assaporato col più vivo piacere baci di donne , colpi di spada di cavaliere e vini poderosi . Quando la sua ricchezza cominciò a dileguare , come sempre accade , si allontanarono donne ed amici ; ma Cicho che aveva fatta sugli scrittori antichi buona e larga provvista di filosofia , non se ne accorò . Sibbene rimasto solo , con niuna opera da compiere , gli venne vaghezza di rendersi utile agli uomini . E dopo aver escogitato tutti i mezzi , ricordando i suoi godimenti ed i suoi piaceri , entrò nella persuasione dover lui ritrovare qualche cosa che concorresse specialmente alla felicità del suo simile , felicità instabile e passeggera a cui egli voleva dare un qualche solido fondamento . Raffermato in questa intenzione comperò pergamene e volumi , studiò lungamente , tentando e ritentando ogni giorno prove novelle , sbagliando , ricominciando da capo , consumando le sue notti , il suo denaro ed il carbone dei suoi fornelli . Per molto tempo la mala fortuna lo perseguitò e le sue esperienze riuscirono sempre fallaci , ma non per questo venne meno la sua costanza . Ei lavorava per la felicità dell ’ uomo e cotale altissimo scopo gli era innanzi agli occhi come visione animatrice ; alla fine , dopo molti anni di travaglio , si poté dire di aver raggiunto la sua meta , gridando anche lui la parola del greco Archimede , di fronte a tanta scoperta . Poi , come usano gli inventori , s ’ occupò a vezzeggiare al sua scoperta , a carezzarla , a darle forme variate e seducenti , a perfezionarla , in modo da poter dire agli uomini : Eccola qui ; io ve la dono bella e completa . Ora accade che sul terrazzino di Cicho il mago sporgesse anche una porticina di una stanzuccia dove abitava con suo marito Jovannella di Canzio . Era costei maliziosa , astuta e linguacciuta quanto mai femmina possa essere ; e sua dilettosa occupazione era conoscere i fatti del vicinato o per trarne personale vantaggio o per malignarvi su . non è a dire se la malvagia Jovannella spiasse continuamente Cicho il mago ; ché anzi s ’ arrovellava di giorno e non aveva tregua nelle lenzuola alla notte , per la inappagata curiosità ; e più non riusciva a saper nulla , più , per dispetto , lacerava la riputazione delle vicine e tormentava il marito Giacomo , guattero di cucina al real palazzo . Ma non senza saviezza corrono dettami popolari esprimenti che la donna ottiene sempre quello che vuole fortemente – e malgrado le precauzioni di segretezza adoperate da Cicho il mago , malgrado le porte chiuse , le finestre sbarrate , la Jovannella seppe il segreto dello stregone . Fosse stato per buco di serratura , per fessura di porta , per foro nel muro , o per altro , io non so . Ma è certo che un giorno la trionfante Jovannella disse al guattero marito : – Giacomo , se hai ardire di uomo , la fortuna nostra è fatta . – Sei tu diventata strega ? Io mel sapeva . – Malann ’ aggia la tua bocca sconsacrata ! Ascolta . Vuoi tu dire al cuoco di palazzo che io conosco una vivanda di così nuova e tanto squisita fattura da meritare l ’ assaggio del re ? – Femmina , tu sei pazza ? – Dio mi sradichi questa lingua che ho tanto cara , s ’ io mento ! E con molte sue persuasioni lo indusse a parlarne col cuoco , che a sia volta ne discusse col maggiordomo , il quale ne tenne parola con un conte , che osò dirne al re . Piacque al re la novella e dette ordine che la moglie del sguattero si recasse nelle reali cucine e componesse la prelibata vivanda : infatti la Jovannella accorse prontamente e in tre ore ebbe tutto fatto . Ecco come : prese prima fior di farina , lo impastò con poca acqua , sale e uova , maneggiando la pasta lungamente per raffinarla e per ridurla sottile sottile come una tela ; poi la tagliò con un suo coltellaccio in piccole strisce , queste arrotolò a forma di piccoli cannelli e fattane un a grande quantità , essendo morbidi ed umidicci , li mise a rasciugare al sole . Poi mise in tegame strutto di porco , cipolla tagliuzzata finissima e sale ; quando la cipolla fu soffritta vi mise un grosso pezzo di carne ; quando questa si fu crogiolata bene ed ebbe acquistato un colore bruno - dorato , ella vi versò dentro il succo denso e rosso dei pomidoro che aveva spremuti in uno straccio ; coprì il tegame e lasciò cuocere , a fuoco lento , carne e salsa . Quando l ’ ora del pranzo fu venuta , ella tenne preparata una caldaia di acqua bollente dove rovesciò i cannelli di pasta : intanto che cuocevano , ella grattugiò una grande quantità di quel dolce formaggio che ha nome da Parma e si fabbrica a lodi . Cotta a punto la pasta , la separò dall ’ acqua ed in bacile di maiolica la condì mano mano con una cucchiaiata di formaggio ed un cucchiaio di salsa . Così fu la vivanda famosa che andò innanzi al grande Federigo , il quale ne rimase meravigliato e compiaciuto ; e chiamata a sé la Jovannella di Canzio , le chiese come avesse potuto immaginare un connubio così armonioso e stupendo . La rea femmina disse che ne aveva avuto rivelazione in sogno , da un angelo : il gran re volle che il suo cuoco apprendesse la ricetta e donò alla Jovannella cento monete d ’ oro dicendo che era molto da ricompensarsi colei che per una così grande parte aveva concorso alla felicità dell ’ uomo . Ma non fu questa solamente la fortuna di Jovannella , poiché ogni conte ed ogni dignitario volle avere la ricetta e mandò il proprio cuoco ad imparare da lei , dandole grosso premio ; e dopo i dignitarii vennero i ricchi borghesi e poi i mercati e poi i lavoratori di giornata e poi i poveri dando ognuno alla donna quel che poteva . Nel corso di sei mesi tutta Napoli si cibava dei deliziosi maccheroni – da macarus , cibo divino – e la Jovannella era ricca . Intanto Cicho il mago , solo nella sua cameruccia , modificava e variava la sua scoperta . Pregustava il momento in cui , fatto noto agli uomini il segreto , gliene sarebbe venuta gratitudine , ammirazione e fortuna . Infine , non vale più la scoperta di una nuova pietanza che quella di un teorema filosofico ? che quella di una cometa ? che quella di u nuovo insetto ? Bene , dunque : e lodato senza fine sia l ’ uomo che la fa . Ma un giorno che il termine era vicino , Cicho il mago uscì a respirare per la via del Molo : arrivato presso la porta del Caputo , un noto odore gli ferì le nari . Egli tremò e volle rincorarsi , pensando che era inganno . Ma roso dall ’ ansietà , entrò nella casa donde l ’ odore era venuto e domandò ad una donna che badava ad un tegame : – Che cucini tu ? – Maccheroni , vecchio . – Chi te lo insegnò , donna ? – Jovannella di Canzio . – Ed a lei ? – Un angiolo , dicono . Ella ne cucinò al re ; ne vollero i principi , i conti , tutta Napoli . In qualunque casa entrerai , o vecchio pallido e morente , troverai che vi si cucinano maccheroni . Hai fame ? Vuoi tu cibartene ? – No . Addio . Entrato in varie case , trascinandosi a stento , Cicho il mago ebbe certezza dell ’ accaduto e del tradimento di Jovannella ; il custode del palazzo reale gli ripeté la storiella . Allora , disperato d ’ ogni cosa , tornatosene alla sua casetta , rovesciò lambicchi , storte , tegami , forme e coltelli ; ruppe , fracassò tutto ; abbruciò i libri di chimica . E partissene solo ed ignorato , senza che mai più fosse veduto ritornare . Come è naturale , la gente disse che il diavolo aveva portato via il mago . Ma venuta a morte la Jovannella dopo una vita felice , ricca ed onorata , come la godono per lo più i malvagi , malgrado le massime morali in contrario , nella disperazione della sua agonia , confessò il suo peccato e morì urlando come una dannata . Neppur tarda giustizia fu resa a Cicho il mago : solamente la leggenda soggiunge che nella casa dei Cortellari , dentro la stanzuccia del mago , alla notte del sabato , Cicho il mago ritorna a tagliare i suoi maccheroni , Jovannella di Canzio gira la mestola nella salsa del pomodoro ed il diavolo con una mano gratta il formaggio e con l ’ altra soffia sotto la caldaia . Ma diabolica o angelica che sia la scoperta di Cicho , essa ha formato la felicità dei napoletani e nulla indica che non continui a farla nei secoli dei secoli . DONNALBINA , DONNA ROMITA , DONNA REGINA La leggenda di Donnalbina , Donna Romita , Donna Regina , corre ancora per la lurida via di Mezzocannone , per le primitive rampe del Salvatore , per quella pacifica parte di Napoli vecchia che costeggia la Sapienza . Corre la leggenda per quelle vie , cade nel rigagnolo , si rialza , si eleva sino al cielo , discende , si attarda nelle umide ed oscure navate delle chiese , mormora nei tristi giardini dei conventi , si disperde , si ritrova , si rinnovella – ed è sempre giovane , sempre fresca . Se voi volete , o miei fedeli ed amati lettori , io ve la narro . Se volete per un poco dimenticare le nostre folli passioni , i nostri odi di taciturni , i nostri volti pallidi , le nostre anime sconvolte , io vi parlerò di altre passioni diversamente folli , di altri odii , di altri pallori , di altre anime . Se volete io vi narrerò la leggenda delle tre sorelle : Donnalbina , Donna Romita , Donna Regina . Erano le tre figlie del barone Toraldo , nobile del sedile di Nilo . La madre , Donna Gaetana Scauro , di nobilissimo parentado , era morta molto giovane : il barone si crucciava che il suo nome dovesse estinguersi con esso : pure , non riprese moglie . Ottenne come special favore dal re Roberto d ' Angiò che la sua figliuola maggiore , Donna Regina , potesse , passando a nozze , conservare il suo nome di famiglia e trasmetterlo ai suoi figliuoli . E nel 1320 si morì , racconsolato nella fede del Cristo Signore . Donna Regina aveva allora diciannove anni , Donnalbina diciassette , Donna Romita quindici . La maggiore , dal superbo nome , era anche una superba bellezza : bruni e lunghi i capelli nella reticella di fil d ' argento , stretta e chiusa la fronte , gravemente pensosi i grandi occhi neri , severo il profilo , smorto il volto , roseo - vivo il labbro , ma parco di sorrisi , parchissimo di detti ; tutta la persona scultorea , altera , quasi rigida nell ' incesso , composta nel riposo . E lo spirito di Regina , per quanto ne poteva ricavare l ' indiscreto indagatore , rassomigliava al corpo . Era in quell ' anima un ' austerità precoce , un sentimento assoluto del dovere , un ' alta idea del suo còmpito , una venerazione cieca del nome , delle tradizioni , dei diritti , dei privilegi . Era lei il capo della famiglia , l ' erede , il conservatore del nobil sangue , dell ' onore , della gloria ; era nel suo fragile cuore di donna che dovevano trovare aiuto e sostegno queste cose – ed ella nel silenzio , nella solitudine , si adoperava ad invigorire il suo cuore : a farvi nascere la costanza e la fermezza , a cancellarvi ogni traccia di debolezza . A volte nel suo spirito , sempre freddo , sempre teso , passava un soffio caldo e molle – e le sorgevano in cuore vaghi desiderii di amore , di profumi , di colori abbaglianti , di sorrisi ; ma ella cercava vincersi , s ' inginocchiava a pregare , leggeva nel vecchio libro dove erano scritte le storie di famiglia e ridiventava l ' inflessibile giovinetta , Donna Regina , baronessa di Toraldo . Donnalbina , la seconda sorella , veniva chiamata cosi dalla bianchezza eccezionale del volto . Era una fanciulla amabile , sorridente nel biondo - cinereo della chioma , nel fulgore dello sguardo intensamente azzurro , nei morbidi lineamenti , nella svelta e gentile persona . I tratti duri , fieri , di Donna Regina diventavano femminilmente graziosi in Donnalbina . E veramente ella era la dolcezza di casa Toraldo . Era lei che presenziava i lunghi lavori delle sue donne sul broccato d ' oro , alle trine di lucido filo d ' argento , agli arazzi istoriati , andando da un telaio all ' altro , curvandosi sul ricamo , consigliando , dirigendo ; era lei , che , in ogni sabato , attendeva alla distribuzione delle elemosine ai poveri , curando che niuno fosse trattato con , durezza , che niuno fosse dimenticato , ritta in piedi sul primo scalino della porta , vivente immagine della misericordia terrestre . Era lei che portava alla sorella Regina le suppliche dei servi infermi , dei coloni poveri , di chiunque chiedesse una grazia , un soccorso . Nella sua affettuosa e gaia natura , si doleva del silenzio di quella casa , della austera gravità che vi regnava , dei corridoi gelati , delle sale marmoree che niun raggio di sole valeva a riscaldare ; si doleva del freddo cuore di Regina che niun affetto faceva sussultare – se ne doleva per Donna Romita . Perché Donna Romita era una singolare giovinetta , mezzo bambina . Così il suo aspetto : i capelli biondo cupo , corti ed arricciati , il viso bruno , di quel bruno caldo e vivo che pare ancora il riflesso del sole , gli occhi di un bel verde smeraldo , glauco e cangiante come quello del mare , le labbra fini e rosse , la personcina esile e povera di forma , bruschi i moti , irrequieta sempre . Ora appariva indifferente , glaciale , gli occhi smorti , le nari terree , quasi la vita fosse in lei sospesa ; ora si agitava , una fiamma le coloriva il volto , le labbra fremevano di baci , di parole , di sorrisi , l ’ angolo delle palpebre nascondeva una scintilla , scivolata dalla pupilla viva ; ora diventava irritata , superba , il viso chiuso , sbiancato da una collera interna . Nei giorni d ' inverno , quando la pioggia sferza i vetri , il vento sibila per le fessure delle porte , urta nel camino , del largo focolare , Donna Romita si rannicchiava in un seggiolone come un uccello pauroso ed ammalato ; nelle caldissime ore di estate , non lasciava le ombre del giardino , errando pei viali . A volte rimaneva lunghe ore pensosa . Pensava forse di sua madre , cui le avevano detto rassomigliasse . Pure , le tre sorelle menavano placida vita . Erano regolate le ore dell ' abbigliamento , della preghiera , del lavoro , dell ' asciolvere e della cena ; erano stabilite equamente le occupazioni di ogni settimana , di ogni mese . Dappertutto Donna Regina andava innanzi e le sorelle la seguivano ; ella aveva il seggiolone con la corona baronale , ella aveva le chiavi dei forzieri dove erano rinchiuse le insegne del suo grado ed i gioielli di famiglia ; a mensa , ella presiedeva , le due sorelle una a diritta l ' altra a sinistra , su ’ seggi più umili ; all ' oratorio ella intonava le laudi . La mattina e la sera le due sorelle minori salutavano la maggiore , inchinandosi e baciandole la mano : ella le baciava in fronte . Di rado le chiamava a consiglio , essendo , in lei il senno superiore alla età ed al sesso : ma se accadeva , le due attendevano pazienti di essere interrogate . Era in tutte tre profondo ed innato il sentimento dello scambievole rispetto : in Donnalbina e in Donna Romita un ossequio affettuoso per Donna Regina . Le sue parole erano una legge indiscutibile , cui non si sarebbero giammai ribellate . In fondo l ' amavano , ma senza espansioni . Ed essa era troppo rigida per mostrar loro il suo affetto , se le amava . Un giorno re Roberto si degnò scrivere di suo pugno a Donna Regina Toraldo che le aveva destinato in isposo Don Filippo Capece , cavaliere della corte napoletana . Imbruniva . Nel vano di un balcone sedeva Donna Regina , col libro delle ore fra le mani . Ma non leggeva . – Mi è lecito rimanere accanto a voi , sorella mia ? – chiese timidamente Donnalbina . – Rimanete , sorella – disse brevemente Regina . Regina era più smorta dell ' usato , un po ' abbassata la testa , errante lo sguardo . E Donnalbina cercava indovinare il pensiero segreto di quella fronte severa . – Mi ricercavate di qualche cosa , Donnalbina ? – chiese infine Regina , scuotendosi . – Voleva dirvi che la nostra sorella Donna Romita mi pare ammalata . – Non me ne addiedi . Mandaste per la medesima Giovanna ? – No , sorella , non mandai . – E perché ? – Ahimè ! sorella , dubito che i farmachi possano guarire Donna Romita . – E qual malore grave e strano è il suo , che non trovi rimedio ? – Donna Romita soffre , sorella mia . Nella notte è angosciosa la veglia ed agitati i suoi sonni ; nel giorno fugge la nostra compagnia , piange in qualche angolo oscuro ; passa ore ed ore nell ' oratorio inginocchiata , col capo su le mani . Donna Romita si strugge segretamente . – E sapete voi la causa di tanto struggimento , Donnalbina ? – chiese con voce aspra Donna Regina . – Io credo saperla – rispose , facendosi coraggio , la sorella minore . – Ditela , dunque . – Ma la vedete voi ? – Ve la chieggo . Tardaste troppo . – Donna Romita si strugge d ' amore , o mia sorella . – D ' amore , diceste ? – gridò Regina balzando sul seggiolone . – D ' amore . – E che ? Debbo io udire da voi queste parole ? Chi vi parlò prima d ' amore ? Chi vi ha insegnato la triste scienza ? Di chi io debbo crucciarmi , di Donna Romita che me lo cela , o di voi , Donnalbina , che lo indovinate e me lo narrate ? Come furon turbati il cuore dell ' una , la mente dell ' altra ? Sono stata io così poco provvida , cosi incapace da lasciare indifesa la vostra giovinezza . – L ' amore è nella nostra vita – rispose con dolce fermezza Donnalbina . Regina tacque un momento . Aveva corrugate le sopracciglia , quasi a ristringere ed a condensare il suo pensiero . – Il nome dell ' uomo ? – chiese poi duramente . Donnalbina tremò e non rispose . – Il nome dell ' uomo ? – insistette l ' altra . – È un giovane cavaliere , un cavaliere di nobil sangue , bello , dovizioso . – Il suo nome ? – Donna Romita è stata affascinata dalla eloquente parola , dallo sguardo di fuoco . Amò certo senza saperlo … – Il suo nome , vi dico . Debbi io pregarvi ? – Oh ! no , sorella . Ma voi le perdonerete , voi le perdonerete , non è vero ? E cercava prenderle le mani . – Che cosa debbo perdonarle ? Ditemi il nome del cavaliere . – Pietà per lei . Ella ama don Filippo Capace . – No ! ! – Lo ama , lo ama , sorella . Chi non l ’ amerebbe ? Non è egli valoroso , galante con le donne , seducente nell ’ aspetto ? Quando egli mormora una parola d ’ amore , il cuore della fanciulla deve struggersi in una dolcissima felicità ; quando il suo labbro sfiora la fronte della fanciulla , può ella invidiare le gioie degli angeli ? Essere sua ! Sogno benedetto , aura invocata , luce abbagliante ! Pietà per nostra sorella ! Essa lo ama – e cadde ginocchioni , balbettando ancora vaghe parole di preghiera . – Ma per chi mi chiedi pietà ? – gridò Donna Regina , rialzando bruscamente la sorella in un impeto di collera – per chi me la chiedi ? – Per Donna Romita … – rispose l ’ altra smarrita . – Chiedila anche per te . Tu , come lei , ami Filippo Capace . – Io non lo dissi ! – esclamò Albina folle di terrore . – Tu l ’ hai detto . L ’ ami . Ed io non posso , non posso perdonare . Io amo Filippo Capace – dice con voce disperata Regina . Le ombre della notte involgevano la casa Toraldo : una notte senza speranza di alba . Profondo è il silenzio nell ' oratorio . La lampada di argento , sospesa davanti ad una Madonna bruna , brucia il suo olio profumato , diradando il buio con una luce piccola ed incerta . Brilla una sola scintilla nella veste d ' argento della Vergine . Se si tende bene l ' orecchio , si ode un respiro lieve lieve . Non sul velluto rosso del cuscino , non sulla balaustra di legno lavorato dell ' inginocchiatoio , ma sul marmo gelido del pavimento è mezza distesa una forma umana ; l ' abito bianco e lungo in cui è avvolta ha qualche cosa di funebre . Donna Romita è là da più ore , dimentica di tutto , nell ' abbandono di tutto il suo essere , nel profondo assorbimento dell ' idea fissa . Ella non sente . il freddo dell ' ambiente , non vede l ' oscurità , non sa nulla del tempo , non sente lo spasimo delle sue ginocchia , non sente lo spasimo di tutta la sua vita ; ella non sente che il suo pensiero tormentoso , onnipresente , onnipotente . – Madonna santa , toglimi questo amore ! Madonna santa , strappami il cuore ! Madonna santa , fammi morire , fammi morire , fammi morire ! Toglimi questo amore ! E le invocazioni si moltiplicano ; essa stende le braccia alla immagine sacra e torna a chiedere la morte . La fronte ardente si curva sino al suolo , le labbra baciano il marmo , tutto il corpo si torce nella disperazione . Ad un tratto un singhiozzo interrompe il silenzio . Chi piange presso di lei ? È forse l ' eco del suo dolore ? È forse la sua ombra , quest ' altra fanciulla vestita di bianco che piange e prega in un angolo ! Sì , è l ' eco del suo dolore , è la sua ombra che si desola ; è Albina . Donna Romita fugge , fugge invasa dal terrore e dalla vergogna , lasciando nell ' oratorio un amore ed una sciagura simile alla sua . In quell ' ora medesima , nella vasta camera da letto , sola , seduta presso il tavolo di quercia , veglia Donna Regina . Sta immobile , non prega , non piange , non trasalisce . Tutto il volto pare scolpito nel granito , solo ardono gli occhi di un fuoco consumatore . Passano le ore sul suo capo altero , passano le ore sul suo cuore straziato , ma pel loro passaggio non si cangia il suo strazio . Allegre le vie della vecchia Napoli nella primavera novella dell ' anno , per la gioia degli uomini ; lieto lo scampanìo delle chiese . È la Pasqua di Risurrezione . La pace dal cielo scende sulla terra , nei fiori e nella luce primitiva . Il mondo rivive , rinasce la sua gioventù , un istante sopita . Nell ' aria si respira amore . Le due sorelle minori hanno chiesto a Donna Regina un colloquio particolare ed essa lo ha accordato ; era tempo che le tre sorelle non si vedevano , l ' una fuggendo le altre , mettendo la mestizia e il duolo nella loro casa , lo scompiglio tra i famigliari . Donna Regina è nella grande sala baronale , dove in antico si teneva corte di giustizia ; è splendidamente vestita ; ha indosso i gioielli magnifici di casa Toraldo , ha daccanto , sovra un cuscino , la corona ingemmata di zaffìri , di rubini e di smeraldi , lo scettro baronale ; sul volto un ' austerità calma , quasi decisa . Entrano Donnalbina e Donna Romita . Sono vestite di bruno , senza ornamenti . La gaia giovinezza di Donnalbina è svanita , è svanito il suo soave sorriso , è perduta la sua bionda bellezza . Donna Romita china il capo , abbattuta ; ancora non ha avuto il tempo di esser giovane e già si sente irresistibilmente attirata dalla morte . Esse s ’ inchinano a Donna Regina ed ella rende loro il saluto . – Parlate anche per me , Donnalbina – mormora a bassa voce Donna Romita . – Veniamo a dirvi , sorella nostra – prende a dire Donnalbina – che dobbiamo dividerci . Regina non trasalisce , non batte palpebra , aspetta . – È mia intenzione , è intenzione di Donna Romita , dare una metà della nostra dote ai poveri e l ’ altra parte dedicarla alla fondazione di un monastero , dove prenderemo il velo . – Ogni monaca di casa Toraldo ha diritto di diventare badessa nel monastero che ha fondato – rispose Regina con tono severo . – Sia pure . Attendiamo le vostre risoluzioni , sorella . Ella non rispose . Pensava , raccolta in se stessa . – Siateci generosa del vostro consenso , Donna Regina . Troppo vi offendiamo , è vero … – Desistete – fece quella con un moto di fastidio . – Non desistiamo , no – riprese Donnalbina , affannandosi . – Dio e voi offendemmo . Grave il peccato , grave l ’ espiazione . Ecco , ancora non giunsero per noi i venti anni e noi abbandoniamo questo mondo così bello , così ridente ; noi lasciamo la nostra casa , le nostre dolci amiche , e care abitudini ; lasciamo voi , sorella amata , per quanto offesa . Il chiostro ne aspetta . a voi l ’ onore di conservare il nostro nome , a voi le liete nozze , l ’ amore dello sposo , il bacio dei figliuoli … – Voi v ’ ingannate , o sorella – rispose Donna Regina lentamente . – È da tempo che ho deciso prendere il velo in un convento da me fondato . Un silenzio tristissimo segue le infauste parole . – Io non posso sposare Filippo Capace – riprese ella , mentre una vampa di sdegno le correva al viso . – Egli mi odia . – Ahimé ! io gli sono indifferente – mormorò Donnalbina . – Io anelo al chiostro . Egli mi ama – pronunziò con voce rotta Donna Romita . E le due sorelle baciarono Donna Regina sulla guancia e ne furono baciate . – Addio , sorella mia . – Addio , sorella mia . – Addio , sorelle . Donna Regina si alzò , prese lo scettro d ’ ebano torchiato d ’ oro , e lo franse in due pezzi . E rivolgendosi al ritratto dell ’ ultimo barone Toraldo , gli disse inchinandolo : – Salute , padre mio . La vostra nobile casa è morta ! Non hanno parole le brune vòlte dei monasteri , la pallida luce dei cere trasparenti , il profumo eccessivo e pesante dell ’ incenso , la profonda voce dell ’ organo , le bige pietre sepolcrali ; non han parola le fredde celle , il nudo e duro letto dove è scarso il sonno , il cilicio sanguinoso , le pagine distrutte dalle lagrime , i crocefissi distrutti dai baci ; non han parola i volti ingialliti , gli occhi cerchiati di nero , i corpi consunti , ma rianimati sempre da una fiamma rinascente ; non han parola le convulsioni spasmodiche , le allucinazioni , le estasi dolorose . Altrimenti storie meravigliose e drammatiche sarebbero narrate al mondo ; altrimenti noi sapremmo tutta la vita delle tre sorelle ; altrimenti noi sapremmo il giorno che finì la loro tortura . Ma il giorno , che importa ? Sappiamo noi se dopo non si ami ancora ? Finisce , forse , l ’ amore ? Noi non possiamo , non possiamo segnare il suo ultimo giorno , né la sua ultima parola . ‘ O MUNACIELLO La quale istoria fu così . Nell ’ anno 1445 dalla fruttifera Incarnazione , regnando Alfonso d ’ Aragona , una fanciulla a nome Caterina Frezza , figlia di un mercante di panni , si innamorò di un nobile garzone , Stefano Mariconda . E com ’ è usanza d ’ amore , il garzone la ricambiò di grandissimo affetto e di rado fu vista coppia d ’ amanti egualmente innamorata e fedele . E ciò non senza molto loro cordoglio , poiché per la disparità delle nascite che proibiva loro il nodo coniugale , grande guerra ferveva in casa Mariconda contro Stefano – e la Catarinella , in casa sua , era con ogni sorta di tormenti dal padre e dai fratelli torturata . Ma per tanto e continuo dolore , che si può dire mangiassero veleno e bevessero lagrime , avevano ore di gioia inestimabile . A tarda notte , quando nei chiassuoli dei mercanti non compariva viandante veruno , Stefano Mariconda avvolto dal bruno mantello , che mai sempre protesse ladri ed amanti , penetrava in andito nero ed angusto , saliva per una scala fangosa e dirupata , dove era facile il pericolo della rottura del collo , si trovava sopra un tetto e di là scavalcando , terrazzo per terrazzo , con una sveltezza ed una sicurezza che amore rinforzava , arrivava sul terrazzino dove lo aspettava , tremante dalla paura , Catarinella Frezza . Lettor mio , se mai fremesti d ’ amore , immagina quei momenti e non chiederne descrizione alla debole penna . Ma in una notte profonda , quando più alle anime loro si schiudeva la celestiale beatitudine del paradiso , mani traditrici e borghesi afferrarono Stefano alle spalle , e togliendogli ogni difesa , dalla ferriata lo precipitarono nella via , mentre Catarinella gridando e torcendosi le braccia , s ’ aggrappava ai panni degli assassini . Il bel corpo di Stefano Mariconda giacque , orribilmente sfracellato , nella fetida via per una notte ed un giorno : fino a che lo raccolse di là la pietà dei parenti , dandogli onorata sepoltura . Ma invero fu quella morte ignobilmente violenta ; e perché vi è dubbio sul destino di quell ’ anima , strappata dalla terra e mandata innanzi all ’ Eterno carica di peccati , e perché a gentiluomo non conviensi altra morte violenta che di spada . La Catarinella fuggì di casa , pazza di dolore , e fu piamente ricoverata in un monastero di monachelle . In un giorno , quando ancora il tempo assegnato dalla ragion divina e dalla ragion medica non era scorso , ella dette alla luce un bimbo piccino piccino , pallido e dagli occhi sgomentati . Per pietà di quel piccolo essere , le suore lasciarono la madre a nutrirlo e curarlo . Ma col tempo che passava , non cresceva molto il bambino e la madre , cui rimaneva confitta nella mente la bella ed aitante persona di Stefano Mariconda , se ne crucciava . Le suore la consigliarono di votarsi alla Madonna perché desse una fiorente salute al bambino ; ed ella votossi e fece indossare al bimbo un abito nero e bianco da piccolo monaco . Ma ben altro aveva disposto il Signore nella sua infinita saggezza e la Catarinella non s ’ ebbe la grazia chiesta . Il figliuoletto suo , crescendo negli anni , non crebbe che pochissimo nel corpo e fu simile a quei graziosi nani di cui si allietano molte corti di sovrani potenti . Sibbene ella continuò a vestirlo da piccolo monaco ; onde è che la gente chiamava in suo volgare il bambino ; ‘ o munaciello . Le monache lo amavano , ma la gente della via , ma i bottegai delle strade Armieri , Lanzieri , Cortellari , Taffettanari , Mercanti , si mostravano a dito il bambino troppo piccolo , dalla testa troppo grande e quasi mostruosa , dal volto terreo in cui gli occhi apparivano anche più grandi , anche più spaventati , dall ’ abituccio strano : e talvolta lo ingiuriavano , come fa spesso la plebe contro persona debole ed inerme . Quando ‘ o munaciello passava innanzi la bottega dei Frezza , zii e cugini uscivano sulla soglia e gli scagliavano le imprecazioni più orribili . Non è dato a me indagare quanto comprendesse ‘ o munaciello degli sgarbi e delle disoneste parole che gli venivano dirette , ma è certo che egli riedeva alla madre triste e melanconico . A volte un lampo di collera gli balenava negli occhi e allora la madre lo faceva inginocchiare e gli dettava le sante parole dell ’ orazione . A poco a poco in quei bassi quartieri dove egli muoveva i passi , si divulgò la voce che ‘ o munaciello avesse in sé qualche cosa di magico , di soprannaturale . Ad incontrarlo , la gente si segnava e mormorava parole di scongiuro . Quando ‘ o munaciello portava il cappuccetto rosso che la madre gli aveva tagliato in un pezzetto di lana porpora , allora era buon augurio ; ma quando il cappuccetto era nero , allora cattivo augurio . Ma come il cappuccetto rosso compariva molto raramente , ‘ o munaciello era bestemmiato e maledetto . Era lui che attirava l ’ aria mefitica nei quartieri bassi , che vi portava la febbre e la malsania ; lui che , guardando nei pozzi , guastava e faceva imputridire l ’ acqua , lui che toccando i cani li faceva arrabbiare , lui che portava la mala fortuna nei negozi ed il caro del pane , lui che , spirito maligno , suggeriva al re nuovi balzelli . Appena ‘ o munaciello scantonava , a capo basso , con l ’ occhio diffidente e pauroso , correndo o nascondendosi fra la folla , un coro di maledizioni lo colpiva . Il fango della via gli scagliavano a insudiciargli la tonacella ; le bucce delle frutte troppo mature lo ferivano nel volto . egli fuggiva , senza parlare , arrotando i denti , tormentato più dall ’ impotenza della piccola persona che dal villano insulto di quella borghesia . Catarinella Frezza era morta ; non lo poteva consolar più . Le monache lo impiegavano ai minuti servizi dell ’ orto ; ma , anche esse , a vederlo d ’ improvviso , in un corridoio , nella penombra , si sgomentavano come per apparizione diabolica . S ’ avvalorava il detto della faccia cupa del munaciello , dal non averlo mai visto in chiesa , dal trovarlo in tutti i luoghi a poca distanza di tempo . Finché una sera ‘ o munaciello scomparve . Non mancò chi disse che il diavolo lo avesse portato via pei capelli , come è solito per ogni anima a lui venduta . Ma per fede onesta di cronista , mi è d ’ uopo aggiungere che furono molto sospettati , e forse non a torto , i Frezza d ’ aver malamente strangolato ‘ o munaciello e gittatolo in una cloaca lì presso , da certe ossa piccine e da un teschio grande che vi fu trovato . Il discernere le cose vere dalle false , e lo speculare quale sia favola , quale verità , lascio e raccomando specialmente alla prudenza e saggezza del lettore . Questa qui è la cronaca . Ma nulla è finito – soggiungo io , oscuro commentatore moderno – con la morte del munaciello . Anzitutto è ricominciato . La borghesia che vive nelle strade strette e buie e malinconicamente larghe senza orizzonte , che ignora l ’ alba , che ignora il tramonto , che ignora il mare , che non sa nulla del cielo , nulla della poesia , nulla dell ’ arte ; questa borghesia che non conosce , che non conosce se stessa , quadrata , piatta , scialba , grassa , pesante , gonfia di vanità , gonfia di nullaggine ; questa borghesia che non ha , non può avere , non avrà mai il dono celeste della fantasia , ha il suo folletto . Non è lo gnomo che danza sull ’ erba molle dei prati , non è lo spiritello che canta sulla riva del fiume ; è il maligno folletto delle vecchie case di Napoli , è ‘ o munaciello . Non abita i quartieri aristocratici di Chiaia , di S . Ferdinando , del Chiatamone , di Toledo ; non abita i quartieri nuovi di Mergellina , Rione Amedeo , Corso Salvator Rosa , Capodimonte : la parte ariosa , luminosa , linda della città non gli appartiene . Ma per i vicoli che da Toledo portano giù , per le tetre vie dei Tribunali e della Sapienza , per la triste strada di Foria , per i quartieri cupi e bassi di Vicaria , Mercato , Porto e Pendino il folletto borghese estende l ’ incontrastato suo regno . Dove è stato vivo , s ’ aggira come spirito ; dove è apparso il suo corpo piccino , la testa grossa , la faccia pallida , i grandi occhi lucenti , la tonacella nera , la pazienza di lana bianca ed il cappuccetto nero , lì ricomparve ; nella medesima parvenza , pel terrore delle donne , dei fanciulli e degli uomini . Dove lo hanno fatto soffrire , anima sconosciuta e forse grande in un corpo rattrappito , debole e malaticcio , là egli ritorna , spirito malizioso e maligno , nel desiderio di una lunga e insaziabile vendetta . Egli si vendica epicamente , tormentando coloro che lo hanno tormentato . Chiedete ad un vecchio , ad una fanciulla , ad una madre , ad un uomo , ad un bambino se veramente questo munaciello esiste e scorazza per le case , e vi faranno un brutto volto , come lo farebbero a chi offende la fede . Se volete sentirne delle storie , ne sentirete ; se volete averne dei documenti autentici , ne avrete . Di tutto è capace il munaciello … Quando la buona massaia trova la porta della dispensa spalancata , la vescica dello strutto sfondata , il vaso dell ’ olio riverso e il prosciutto addentato dalla gatta , è senza dubbio la malizia del munaciello che ha schiusa quella porta e scagionato il disastro . Quando alla serva sbadata cade di mano il vassoio ed i bicchieri vanno in mille pezzi , colui che l ’ ha fatta incespicare è proprio lui , lo spiritello impertinente ; è lui che urta il gomito della fanciulla borghese che lavora all ’ uncinetto e le fa pungere il dito ; è lui che fa traboccare il brodo dalla pentola ed il caffè dalla cogoma ; è lui che fa inacidire il vino dalle bottiglie ; è lui che dà la iettatura alle galline che ammiseriscono e muoiono ; è lui che pianta il prezzemolo , fa ingiallire la maggiorana e rosicchia le radici del basilico . Se la vendita in bottega va male , se il superiore dell ’ uffizio fa una rimenata , se un matrimonio stabilito si disfà , se uno zio ricco muore lasciando tutto alla parrocchia , se al lotto vien fuori 34 , 62 , 87 invece di 35 , 61,88 , è la mano diabolica del folletto che ha preparato queste sventure grandi e piccole . Quando il bambino grida , piange , non vuole andare a scuola , scalpita , corre , salta sui mobili , rompe i vetri e si graffia le ginocchia , è il munaciello che gli mette i diavoli in corpo ; quando la fanciulla diventa pallida e rossa senza ragione , s ’ immalinconisce , sorride guardando le stelle , sospira guardando la luna , e piange nelle tranquille notti di autunno , è il munaciello che le guasta così la vita ; quando il giovanotto compra cravatte irresistibili , mette il profumo nel fazzoletto , e si fa arricciare i capelli , rincasa a tarda notte , col volto pallido e stanco , gli occhi pieni di visioni , l ’ aspetto trasognato , è il munaciello che turba la sua esistenza ; quando la moglie fedele si ferma a guardar troppo il profilo aquilino ed i mustacchi biondi del primo commesso di suo marito e , nelle fredde notti invernali , veglia con gli occhi aperti nel vuoto e le labbra che invano tentano mormorare la salvatrice Avemmaria , è il munaciello che la tenta , è il diavolo che ha preso la forma del munaciello , è il diavoletto che dà la marito il vago desiderio di dare un pizzicotto alla serva MariaFrancesca ; è il folletto che fa cadere in convulsioni le zitellone . È il munaciello che scombussola la casa , disordina i mobili , turba i cuori , scompiglia le menti , empiendole di paura . È lui , lo spirito tormentato e tormentatore , che porta il tumulto nella sua tonacella nera , la rovina nel suo cappuccetto nero . Ma la cronaca veridica lo dice , o buon lettore : quando il munaciello portava il cappuccetto rosso , al sua venuta era di buon augurio . È per questa sua strana mescolanza di bene e di male , di cattiveria e di bontà , che il munaciello è rispettato , temuto ed amato . È per questo che le fanciulle innamorate si mettono sotto la sua protezione perché non venga scoperto il gentile segreto ; è per questo che le zitellone lo invocano a mezzanotte , fuori il balcone , per nove giorni , perché mandi loro il marito che si fa tanto aspettare ; è per questo che il disperato giuocatore di lotto gli fa scongiuro tre volte , per averne i numeri sicuri ; è per questo che i bambini gli parlano , dicendogli di portar loro i dolci e di balocchi che desiderano . La casa dove il munaciello è apparso è guardata con diffidenza , ma non senza soddisfazione ; la persona che , allucinata , ha visto il folletto , è guardata compassionevolamente , ma non senza invidia . Ma colei che lo ha visto – apparisce per lo più a fanciulle ed a bimbi – tiene per sé il prezioso segreto , forse apportatore di fortuna . Infine il folletto della leggenda rassomiglia al munaciello della cronaca napoletana : è , vale adire , un ’ anima ignota , grande e sofferente in un corpo bizzarramente piccolo , in un abito stranamente piccolo , in un abito stranamente simbolico ; un ’ anima umana , dolente e rabbiosa ; un ’ anima che ha un pianto e fa piangere ; che ha sorriso e fa sorridere ; un bimbo che gli uomini hanno torturato ed ucciso come un uomo ; un folletto che tormenta gli uomini come un bambino capriccioso , e li carezza , e li consola come un bambino ingenuo ed innocente . IL DIAVOLO DI MERGELLINA Assisa innanzi allo specchio , ella lasciava che la sua acconciatrice passasse il pettine nella ricchezza dei capelli biondo - fulvi , di un colore acceso e voluttuoso . Si guardava attentamente nello specchio : sul volto di una candidezza abbagliante , che parea fosse fulgido , non compariva traccia di roseo ; nei grandi occhi glauchi , cristallini , il lampo dello sguardo era verde e freddo ; le labbra carnose , rosse , come il granato , dovevano essere dolci ed amare quanto il frutto che ricordavano ; il collo superbo , pieno e rotondo palpitava lentamente . Ella si guardò le mani attraverso la luce , mani candide quanto il viso ; si guardò le braccia sode e rasate come un frutto maturo in cui si possa mordere . Si trovava seducente , bellissima ; ed un eroico sorriso le sfiorò le labbra . Ella si adorava ; idolatrava la propria bellezza e vi abbruciava ogni giorno un copioso incenso che si univa a quello di tutti coloro che l ’ amavano . – Una lettera per madonna Isabella – disse un paggio ricciuto , inchinandosi e porgendo il biglietto sopra un vassoio d ’ argento . Madonna Isabella scórse la lettera . Messer Diomede Carafa le scriveva ancora d ’ amore , una lettera piena di fuoco che a volte scoppiava nell ’ impeto della disperazione , a volte si allentava e s ’ illanguidiva nelle divagazioni di una mestizia insanabile . Messer Diomede Carafa sapeva amare : la sua anima nobile ed eletta era aperta a tutte le squisite sensibilità dell ’ affetto , la sua forte anima comprendeva tutti gli slanci di una passione umana e potente ; le orgogliose dame spagnole della Corte vicereale avrebbero volentieri abbandonato la loro fierezza castigliana per esser amate da lui e per amarlo ; le fanciulle dell ’ aristocrazia napoletana , brune fanciulle dagli occhi azzurri , lo avrebbero amato se egli avesse voluto amarle . Ma messer Diomede non amava che madonna Isabella che aveva fama di donna crudele e disamorata ; difatti ella non fece che sorridere appena alle frasi amorose che messer Diomede le scriveva . Nel grande salone del suo palazzo , madonna Isabella , vestita di broccato rosso che faceva risaltare il pallore del volto , con una reticella di perle sulle fulve trecce , sedeva a conversazione con messer Diomede . Il giovane innamorato era seduto alquanto discosto dalla sua donna , ma la fissava con l ’ occhio intento e cupido , senza mai distogliere lo sguardo da quella figura ; a seconda che la donna parlava , sul viso del giovane passavano onde di sangue che lo coloravano , o un terreo pallore vi si diffondeva ; come il giovane si lasciava trasportare dall ’ amore , la sua voce tremava , ed in essa passava la nota tenera e grave dell ’ affetto , la vibrazione profonda della gelosia , l ’ ondulazione indefinita della mestizia , la nota stridula dell ’ ironia , tutte le variazioni che ha l ’ amore . La dama , placida , tranquilla , sorridente , agitando il leggiero ventaglio di piume , giocherellava amabilmente e ferocemente col cuore del giovane . Ella , a sua posta , creava in lui lo sconforto desolato o l ’ inesauribile speranza , la cupa gelosia o l ’ estrema fiducia , la collera senza nome e senza limiti o la gioia senza confine . Abituata a questi sottili e malvagi godimenti , ella si compiaceva stringere quel cuore innamorato in una mano di ferro che lo soffocava a poco a poco e poi ridonargli la vita , carezzandolo con una mano leggiera e vellutata ; si dilettava far sussultare di dolore quell ’ anima , gittandola bruscamente nella disperazione ; gioiva facendola esaltare grado a grado , sempre più , fino a farla impazzire nella vertigine dell ’ altissimo pinnacolo . Furono tali donne , sono e saranno . Il mondo le maledice , le disprezza , paiono fatte estranee alla soave comunanza femminile , paiono odiate , esecrate . Ma il mondo le ama , ma l ’ uomo le ama . Così è sempre , così sempre sarà . Pace a voi , giovanette gentili , dalle anime buone che rischiarano come luce di lampada familiare il corpo delicato ; pace a voi , donne il cui destino unico è l ’ amore , è il sagrifizio : giammai sarete amate come quelle donne lo saranno . Virtù , dolcezza , abnegazione , serenità , calma , felicità sono vani nomi : l ’ acre e malsano desiderio dell ’ uomo corre verso la misteriosa e temuta sirena . Pace a voi ; amate , soffrite , morite : giammai sarete amate come quelle donne lo saranno . Eppure fu un giorno in cui Diomede Carafa credette di arrivare al culmine inaccessibile della sua vita , al momento fatale in cui ogni facoltà , ogni potenza fisica , ogni luce di ragione , ogni festa di fantasia , ogni robustezza di fibra , si riuniscono in una sola , profonda , alta armonia che è l ' amore . Fu il giorno in cui madonna Isabella , all ' impensata , dopo una lotta d ' un anno in cui essa non aveva ceduto di una linea sola , presa da un subitaneo abbandono e dominata da una strana causa , disse d ' amarlo . Oh ! chi ha amato la conosce questa stagione calda ed esuberante , colorita dal sole , nell ' azzurro sconfinato , nell ' infiammato meriggio dove tutto arde e si consuma in una grande voluttà , quando i fiori nascono presto , vivono una vita rapida e soverchiante , esalano profumi grevi e violenti e muoiono per aver troppo vissuto ; la stagione fremente dove tutto è luce , tutto è fulgore , tutto è febbre che precipita il sangue ; la benedetta stagione , la eccelsa stagione dopo la quale tutto è cenere e fango . Chi ha amato sa la stagione d ' amore di Diomede Carafa e non aspetta dalla scialba parola del freddo e disanimato cronista una descrizione . Chi ha amato evochi tutti , tutti suoi ricordi di amore , riviva in quel passato pieno di una gioia e di un dolore che non hanno l ' eguale , palpiti , s ' agiti , abbia la convulsione ed il delirio di quell ' amore e saprà di Diomede Carafa . Le storie d ' amore non si raccontano , non si descrivono che miseramente : l ' arte istessa , la divina arte che tutto scopre , tutto rivela , non può che dare una sola e fuggevole immaginazione del proteiforme amore . Breve stagione . Se durasse , il cuore morirebbe nella esagerazione di un sentimento che è la follia . A poco a poco , con gradazioni impercettibili , madonna Isabella fu meno felice , meno innamorata ; il sorriso fu più scarso sulla bocca , le braccia più fiacche nell ' abbraccio , le labbra più gelide nel bacio , il palpito meno frequente nell ' arrivo e nel distacco . Diomede Carafa , cieco , pazzo d ' amore , non vedeva , non comprendeva . Madonna Isabella discendeva sempre più verso l ' indifferenza che poi era il suo stato abituale e la sua naturale ferocia rinasceva per la tortura di quell ' uomo . Ma Diomede Carafa soffriva e s ' inebriava di quella sofferenza , piangeva e s ' ubriacava di quelle lagrime , era ammalato e si consolava di quel morbo ora gelido , ora infuocato che gli consumava la vita ; era tormentato , oppresso , disperato . ma si estasiava di ciò come i martiri cristiani del sangue che usciva dalle loro vene esauste . Isabella si mostrava con lui chiusa , dura , sprezzante e lui l ' amava anche così , massimamente così ; Isabella si faceva volubile , leggiera , accogliendo in casa i più bei cavalieri napoletani e lui , morendo di gelosia , amava Isabella per la gelosia che aveva di lei . Egli gettava pazzamente i suoi averi , obliava le prerogative della sua nobiltà , non conosceva più amici , non conosceva più parentado , non sapeva più nulla di obblighi o di diritti : Isabella , Isabella , amare Isabella . Fino a che un giorno tutta la verità gli fu palese come parola di Dio e seppe del proprio avvilimento , seppe del tradimento di Isabella con Giovanni Verrusio , amico suo e suo compagno d ' infanzia . Egli nascose a tutti il dramma del suo spirito , sdegnoso di compianto . Il crollo immenso della sua felicità , la rovina tragica e nera dello splendido edificio non ebbero testimonio . Meglio così . Che vale il rimpianto ? Che cosa è la parola compassionevole e glaciale ? Foglie morte che il vento si porta via , ed il dolore rimane eterno . Invano egli errò , viaggiatore solitario e noncurante , per fiorenti paesi , invano chiese alle ricchezze , al lusso , ad altri amori , a feste stupende , l ' oblio ; invano egli volle innamorarsi delle vaghe creazioni dell ' arte per ritrovare la pace . Dappertutto , in ogni paese , in ogni donna , in ogni fiore , al fondo dei vini generosi , nelle figure dei quadri , nelle figure delle statue , negli ondeggiamenti della musica , egli ritrovava Isabella . Il suo dolore non era più acuto e straziante , ma lento , lungo , stupefacente . egli sentiva la sua anima gonfiarsi di affetto ed i suoi occhi gonfiarsi di lagrime ; egli provava il bisogno del sagrificio , del culto , dell ' estasi ... – Dio , Dio – ripetette un giorno la stanca amica sua . Diomede Carafa fu vescovo di Ariano , prelato esemplare e amatore dell ' arte . Leonardo da Pistoia , pittore , fu suo amico . Per sua ordinazione e per la chiesa di Piedigrotta dove giace il Sannazaro , il Leonardo fece il quadro bellissimo di S . Michele che atterra Lucifero . Lucifero vinto e bello e ancor folgorante , ha il volto di madonna Isabella . Ed è una donna il diavolo di Mergellina . MEGARIDE Là , dove il mare del Chiatamone è più tempestoso , spumando contro le nere rocce che sono le inattaccabili fondamenta del Castello dell ' Ovo , dove lo sguardo malinconico del pensatore scopre un paesaggio triste che gli fa gelare il cuore , era altre volte , nel tempo dei tempi , cento anni almeno prima la nascita del Cristo Redentore , un ' isola larga e fiorita che veniva chiamata Megaride o Megara che significa grande nell ' idioma di Grecia . Quel pezzo di terra s ' era staccato dalla riva di Platamonia , ma non s ' era allontanato di molto : e quasi che il fermento primaverile passasse dalla collina all ' isola , per le onde del mare , come la bella stagione coronava di rose e di fiori d ' arancio il colle , così l ' isola fioriva tutta in mezzo al mare come un gigantesco gruppo di fiori che la natura vi facesse sorgere , come un altare elevato a Flora , la olezzante dea . Nelle notti estive dall ' isola partivano lievi concenti e sotto il raggio della luna pareva che le ninfe marine , ombre leggiere , vi danzassero una danza sacra ed inebriante ; onde il viatore della riva , colpito dal rispetto alla divinità , torceva gli occhi allontanandosi , e le coppie di amanti cui era bello errate abbracciati sulla spiaggia davano un saluto all ' isola e chinavano lo sguardo per non turbare la sacra danza . Certo l ' isola doveva essere abitata , ne ’ suoi cespugli verdi , nei suoi alberi , nei suoi prati , nei suoi canneti , : dalle Nerèidi e dalle Drìadi : altrimenti non sarebbe stata così gaia sotto il sole , così celestiale sotto il raggio lunare , sempre colorita , sempre serena , sempre profumata . Era divina , poiché gli dèi l ' abitavano . Ma Lucullo , il forte guerriero , l ' amico dei letterati , primo fra gli epicurei , abituato a soddisfare ogni capriccio , amava le ville circondate da ogni parte dall ' acqua : egli era mortalmente stanco della sua casa splendida di Roma , della sua villa di Baja , della sua dimora di Tuscolo , della sua villa di Pompeja . Volle quella di Megaride e l ' ebbe . Egli violò la dimora delle ninfe oceanine per farsene la propria dimora ; egli volle per sé i prati , i boschetti di rose , i margini che digradavano lievemente nel mare ; scacciò le sirene e vi mise le sue bellissime schiave . Fu un pianto solo per le grotte di corallo tra le alghe verdi ; e le ninfe si lamentarono con Poseidone che non dette loro ascolto . Fu costruita la magnifica villa , sorsero per incanto i giardini degni di un imperatore , nei vivai diguazzarono le murene dalla brutta testa di serpente e dalla carne delicata , nelle uccelliere saltellarono i più rari uccelli , pasto di stomachi finissimi : sotto i portici della villa suonarono le cetre e le tiorbe in onore di Servilia sorella di Catone , moglie di Lucullo , bellissima fra le donne romane . Ivi danze festose , luminarie magiche , giuochi , banchetti , come solo Lucullo sapeva darne . Ivi profumi di nardo , coppe di nitido cristallo , nel cui vino generoso si scioglievano le perle : ivi toghe di porpora , pepli di bisso , gemme splendide , corone di rose ; l ' eterno cantico alla bellezza ed all ' amore . Ivi accorrevano per riscaldarsi alla luce degli occhi di Servilia i giovanotti timidi che non osavano pronunziar parola dinanzi a lei , i gagliardi garzoni la cui parola superava d ' audacia lo sguardo , gli uomini maturi e gravi che sorridevano ancora all ' amore , i vecchioni che sospiravano la gioventù : e Servilia rideva , giovane e gaia , di questo incenso d ' amore , rideva sempre , lusinghiera e crudele , come una sirena ; e Lucullo , placido filosofo e ancor più placido sposo , godeva dei trionfi di Servilia . Egli amava le feste sontuose che durano dalla sera sino ai primi albori , i pranzi lunghissimi dove nèttare s ' alterna a nèttare , dove la fantasia del cuoco vince quella di un poeta e fonde nel suo crogiuolo le ricchezze di un re ; egli amava conversare coi letterati cui donava vasi d ' oro , animali preziosi , case e giardini per provar loro la generosità di un privato . Servilia saliva la china ridente del piacere ed egli discendeva , tranquillo , verso la pace della vecchiaia . Per divertirsi , faceva scavare un canale d ' acqua viva , faceva elevare una palazzina , scacciava lontano il mare , allargando i limiti dell ' isoletta Megaride ; Servilia si lasciava profumare dalle ornatrici , prendeva bagni di latte d ' asina , portava alle gentili orecchie due pesanti perle che le laceravano la carne , le sue tuniche parevano tessute d ' aria , i suoi sandali costavano prezzi favolosi ; ed ella , assisa davanti alla spera , di acciaio , si contemplava . Ella era nel trionfo della bellezza e della gioventù . Gli occhi ardenti di coloro che l ' amavano , le davano una aureola di fuoco in cui ella camminava , graziosa salamandra , senza scottarsi : i sospiri di coloro che l ' amavano , formavano attorno a lei una nuvola in cui le piaceva di respirare . Il mare batteva dolcemente sulle sponde di Megaride e non osava tumultuare ; il sole la carezzava senza violenza e le aure leggiere ne facevano ondeggiare i fiori ; nella placida luce lunare , l ' isola sembrava tutta bianca , morbida e nevosa , in una infinita dolcezza d ' aria e di tinte . E Servilia distesa sul lettuccio , vestita di stoffa tessuta d ' oro , lasciandosi sventolare dalle schiave fremendo di piacere alla brezza marina , guardando distrattamente la ridda delle danzatrici , mormora fra sé , sono io , sono io la sirena ! E l ' aria mormora anch ' essa , dopo aver scherzato con le chiome olezzanti : è lei , è lei la sirena . Servilia quando solleva un cespo di fiori è bella come Flora ; Servilia , quando sceglie in un cestello la pesca matura , è bella quanto Pomona ; Servilia quando porta sui capelli la brillante mezzaluna e al fianco la faretra , è bella quanto Diana ; quando senza ornamenti , coi capelli disciolti , uscendo dal bagno , tutta stillante profumi , si lascia asciugare dalle schiave e s ' avvolge nella tunica bianca , è ... – … bella come Venere – sussurra lo schiavo innamorato . – Più bella di Venere – dice , col suo olimpico orgoglio , Servilia . Il che è udito dalle attente ninfe oceanine e Venere sa che Servilia l ' ha offesa e Poseidone questa volta dà ascolto alla preghiera della sua bella amante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Rosicchia , rosicchia , o polpo molle , grigio , rassomigliante ad un cencio ! Incrostati , incrostati ostrica , per minare le fondamenta ! Piantati , piantati , alga , per strappar via una zolletta di terreno ! Scavate , scavate , o piccoli animaletti del corallo ! Rodi la roccia , o costante onda marina , fa un buco coperto di arena , coperto di piante , un buco perfido , nero e profondo ! Rodete , rodete , piccole e pazienti potenze del mare ! Piansero le Nerèidi , piansero le Sirene , Venere fu offesa e Poseidone è in collera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Libiamo agli Dei infernali – disse tranquillamente Lucullo , nella sua villa di Tuscolo , al funesto annunzio , e sparse sul terreno alcune gocce dell ' inebriante liquore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Vuoi tu scandagliare la profondità dei mare , o ardito palombaro ? Sei tu stanco delle sirene della terra ? Va sulla spiaggia brulla del Chiatamone , raccogli il tuo respiro e precipitati nelle acque : in un momento giunto al fondo , vedrai gli archi della villa , i giardini di Lucullo e la bellissima moglie , che è diventata la Sirena del mare . Ma non ti lasciar sedurre dalla visione e ritorna a galla , o palombaro ardito : sulla terra troverai sirene come Servilia che non ti possono amare e ti facciano morire dal dolore . IL CRISTO MORTO La cappella è glaciale . Pavimento di marmo , marmo alle pareti , tombe di marmo , statue di marmo alle pareti , tombe di marmo , statue di marmo . Un marmo scuro , che ha preso una tinta malaticcia ed umida pel tempo che è trascorso , pel sole che manca , per la scialba luce che piove dalle vetrate . Non ornamenti di oro , non candelabri , non lampade votive , non fiori : invece fregi , ornamenti , mosaici , iscrizioni , palme , volute , capitelli in pietra bianca , grigia o nera , non altro che pietra . Tutto vi è gelido , tranquillo , serenamente sepolcrale . Altrove è vita la voce del prete che prega , la tenue fiammella delle candele , lo squillo del campanello , lo scricchiolio di una sedia , il fumo sottile dell ' incenso ; qui non si prega , non ardono lumi , non sedie , non suonano campanelli , non fumano incensi . Non si vive per pregare , si muore nello sfinimento della preghiera che s ' arresta sulle fredde labbra . Non è una chiesa , è una tomba . – Volete vedere il Cristo morto ? – chiede la guida , con la sua voce strascicata Quella voce umana e volgare mi scuote . Eppure mi parla ancora di morte . – Vediamo la prima cappella – mormoro , quasi vergognandomi di parlare . Coloro che vi giacciono , quieti ed immobili , le braccia in croce sul cuore morto , appartengono alla nobilissima fra le famiglie ; Grandi di Spagna di prima classe , due volte principi , due volte duchi , tre volte conti , cinque o sei volte marchesi . Sulla porta di entrata è la tomba dell ' antichissimo antenato che andò alle crociate : ferito o svenuto in un combattimento , fu creduto morto e portato a seppellire , ma risvegliatosi d ' un tratto , saltò fuori dalla bara più animoso e sbaragliò e sconfisse il gruppo dei nemici . Tombe dappertutto . Pompose iscrizioni latine in cui il sentimento ed il carattere s ' affogano nella monotona convenzionalità dell ' elogio . Solo le cifre hanno un malinconico significato : la vita non è lunga nella nobile casa Vi muoiono presto le fanciulle , vi muoiono presto i giovanetti . Ogni tomba ha la statua grande di colui che vi è sepolto , o almeno un medaglione su cui si disegnano e si rilevano certi profili soavi , certe linee serenamente altiere , certi ondeggiamenti marmorei di chiome disciolte . Nella famiglia è tradizionale una pura bellezza , più d ' espressione che di plastica . Ogni tomba ha la sua statua , ogni tomba ha il suo medaglione . – Volete vedere il Cristo morto ? – insiste il custode . – Finiamo di veder la cappella – ripeto io , singolarmente infastidita e colpita da quella insistenza . Fra una tomba e l ' altra , statue e gruppi allegorici , sempre in quell ' interno e freddo marmo . Ecco il Pudore col volto coperto da un velo , ecco la Fortezza , ecco la Temperanza , ecco la Gloria , ecco l ' Educazione , ecco l ' Amor filiale , vuote allegorie che non chiudono più alcuna idea . Ultimo , poeticamente ultimo , è il Disinganno , un uomo che cerca con uno sforzo supremo districarsi da una fitta rete che l ' avviluppa tutto . Singolare chiusura della vita , termine singolare di tutte le sublimità , di tutte le passioni , di tutti gli amori . Il Disinganno – e più altro . – Perché questa tomba non ha medaglione ? – domando al custode . Egli non m ' ha udita , perché ricomincia a dire : – Il Cristo morto … – Vediamo l ' altar maggiore – ripeto io , ostinandomi . Sì , l ' ultima tomba a dritta non ha medaglione . Manca il ritratto della nobile principessa che vi è sepolta , che è morta anch ' essa così giovane . Il medaglione è liscio , vuoto , bianco , come se ne avesse raspata , cancellata l ' immagine . Ed è triste come nella sala ducale , a Venezia , il ritratto di Faliero , coperto da un velo nero . L ' altar maggiore è nudo , severo . Sulla parete , in fondo , n alto v ' è un quadro , una Vergine della Pietà , scolorita , che sostiene sulle ginocchia il livido corpo di Gesù . La pittura è guasta , bruna , tetra ; un sorcio ha fatto un buco nero nel costato di Gesù . Più giù , proprio dall ' altar maggiore , un grande gruppo in marmo che rappresenta la Deposizione della Croce . Sempre lo stesso soggetto , sempre la morte . – Ed ecco – ripete trionfalmente il custode , staccandosi dall ' altar maggiore – il Cristo morto . Sta ai piedi dell ' altar maggiore , a sinistra . Sopra un largo piedistallo è disteso un materasso marmoreo ; sopra questo letto gelato e funebre giace il Cristo morto . È grande quanto un uomo , un uomo vigoroso e forte . Nella pienezza dell ' età . Giace lungo disteso , abbandonato , i piedi diritti , rigidi , uniti , le ginocchia sollevate lievemente , le reni sprofondate , il petto gonfio il collo stecchito , la testa sollevata sui cuscini , ma piegata , sul lato diritto , le mani prosciolte . I capelli sono arruffati , quasi madidi del sudore dell ' agonia . Gli occhi socchiusi , alle cui palpebre tremolano ancora le ultime e più dolorose lagrime . In fondo , sul materasso , sono gettati , con una spezzatura artistica , gli attributi della Passione , la corona di spine , i chiodi , la spugna imbevuta di fiele , il martello . Sul piedistallo , sotto i cuscini , questa iscrizione : Joseph Sammartino , Neap . , fecit , 1753 . E più nulla . Cioè no : sul Cristo morto , su quel corpo bello ma straziato , una religiosa e delicata pietà ha gettato un lenzuolo dalle pieghe morbide e trasparenti , che vela senza nascondere , che non cela la piaga ma la molce , che non copre lo spasimo ma lo addolcisce . Sopra un corpo di marmo , che sembra di carne , un lenzuolo di marmo che la mano quasi vorrebbe togliere . Niente manca , dunque , in questa profonda creazione artistica : e vi è il sentimento che fa palpitare la pietra , turbando il nostro cuore , e v ' è l ' audacia del creatore che rompe ogni regola , e v ' è il magistero di una forma eletta , pura , squisita . Quel corpo morto era poc ' anzi vivo , si contorceva nelle angosce di un ' agonia spaventosa , giovane e robusto si ribellava al male , si ribellava alla morte . Non vi era sfinimento , non vi era abbattimento : le fibre non volevano morire , il corpo non voleva morire . Ma sotto le pieghe del lenzuolo la testa ha un carattere stupendo : la fronte liscia ha un vasto pensiero ; piangono gli occhi , è vero , pel cruccio fisico , ma le labbra schiuse hanno una traccia di sorriso che è una indefinita speranza . È vero . è vero , il dolore è passato dal corpo all ' anima ; è vero , l ' anima è contristata , ma non è disperazione , ma non è desolazione . L ' anima come la bocca è abbeverata di fiele , ma una goccia di consolazione vi è stata . Tutto quel Cristo è un dolore supremo , ma è anche una suprema speranza ; ma il mistero di quella testa divina è così grandioso , ma l ' ammirazione per la meravigliosa opera d ' arte è così sconfinata , ma la pietà del bellissimo estinto è così invadente che il pensatore si scuote e non frena più le acute indagini dalla sua mente , l ' artista s ' inchina nella esaltazione del suo spirito ed il credente non può che abbandonarsi , piangendo , sui piedi del morto , cospargendoli di lagrime e di baci . Singolare anima d ' artista doveva esser quella dello scultore che ha dato all ' arte questo Cristo morto . Nell ' opera sua vi è tutto il suo spirito . Uno spirito dove sorgevano uguali , immensi , due amori : quello per una donna , quello per l ' arte . Infelicissimo , terribilmente doloroso il primo . Solamente chi ha conosciuto il furore acuto di una sofferenza senza nome può far passare tutta la poesia di questa sofferenza nel marmo senza vita ; solamente chi è vissuto nelle lagrime , nell ' angoscia , nella esaltazione di un ' anima innamorata e solitaria , può infondere nel marmo il solitario e cupo dolore di questo Cristo . Lo scultore ha saputo , ha sentito . Ha saputo , ha sentito che cosa fosse il tormento sottile che stride come una sega piccina ed inesorabile ; la desolazione grigia , lunga , monotona , dove tutto è cenere , tutto è nausea , tutto è disgusto : la disperazione larga e vasta e lenta come una fiumana di pianto ; la disperazione fragorosa e tumultuante come un torrente che tutto trascina . Chi ha fatto quel Cristo ha spasimato d ’ amore ; ha amato ed ha pianto ; ha amato ed un fremito mortale gli ha travolto le fibre ; ha amato ed una convulsione ha contorta e spezzata la sua vita ; ha amato senza speranza , senza gioia , senza diletto , abbruciando la propria esistenza nella tormentosa voluttà del dolore . Solo un uomo che ama può creare quel Cristo morto ; solo colui che soffre col trasporto , con la passione delle sofferenze , può mettere in una statua tutta la sublime epopea del dolore . Ogni colpo di scalpello che scheggiava , rompeva , carezzava , curvava , ammorbidiva il marmo , era una parola , un gemito , un lamento , un grido , uno scoppio furente di questo amore . La passione dell ' uomo vivo creava la passione del Cristo morto . E ne veniva fuori un ' anima d ' artista che imprimeva il suo carattere in un capolavoro dell ' arte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Perché quella tomba non ha ritratto ? – chiesi di nuovo uscendo dalla chiesa , mentre il custode faceva tintinnire le chiavi . – Lo scultore non ebbe tempo di finirlo ... – Quale scultore ? – Il Sammartino . – Ah ! ... – ... Morì prima di finirlo . Fu trovato in una straduccia buia , di notte , con un pugnale nel petto . – Fu ucciso o s ' uccise ? – Si crede che si fosse ucciso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Come nello strazio dell ’ ignota agonia , la testa del morto scultore doveva rassomigliare a quella del Cristo morto ! PROVVIDENZA , BUONA SPERANZA Sono belli i bimbi napoletani e ridono e giocano come tutti gli altri bimbi del mondo ; ma non vogliono alla sera stare quieti sotto il lume della lampada , se la giovane madre , o la gentile sorellina , o la nonna dagli occhiali d ’ oro , o la zia che lavora di calza , non racconta loro una storia , una bella e lunga storia che faccia spalancare i loro occhioni , sino a che il sonno li faccia diventare piccoli piccoli . Sono così tutti i bimbi del mondo ? Io non lo so : io conosco solamente i miei bimbi napoletani che amano le storielle della sera . Vorrei essere io la madre ancora gaia come una fanciulla , la grande sorella nel cui animo di giovinetta si forma la madre , la nonnina che ricorda il suo giocondo passato , la zia che non ha avuto passato d ’ amore , che non ha presente e la cui mano tremante di emozione si appoggia timidamente sul capo di bimbi non suoi : narrerei loro la storia di Provvidenza , buona speranza . La vorranno essi ascoltare da me , che narro grosse e cattive storielle agli uomini grandi e buoni ? I bimbi sono belli , amano le storielle e sono indulgenti col narratore … V ’ era dunque una volta , nella nostra carissima Napoli , un uomo molto strano . Io non vi dico l ’ epoca precisa in cui egli visse la sua vita singolare , poiché a voi , bambini ridenti , non importa nulla una data , voi che avete la fortuna di obliare ; poiché a voi non interessano le cifre , voi la cui vita è tutta una poesia . L ’ epoca io la so , poiché noi grandi abbiamo l ’ infelicità di sapere troppe cose inutili , di accumulare nella nostra testa tante notizie che a nulla ci valgono – lo so e non velo dico . A voi sicuramente interessa di più sapere come era fatto questo uomo strano , come vestiva , che cosa mangiava , quali erano le sue abitudini ed in che consisteva la sua stranezza . Uditemi tutti attentamente che qui comincia il buono : questo uomo di cui vi parlo era lungo lungo come mai uomo può essere lungo , in modo che il popolo diceva sempre che egli era cresciuto all ’ umido e che la mamma aveva sempre avuto cura ad annaffiarlo , perché crescesse , quasi che egli fosse un alberetto e non un uomo . L ’ uomo lungo era anche molto magro , con certe gambe che ballavano nei calzoni , come un fodero troppo largo , con certe braccia che sembravano due aste sottili di mulino sempre in moto . I mulini li avete visti , nevvero ? Si ? Va bene ; tiro innanzi . L ’ uomo lungo e magro non era molto vecchio , poiché aveva tutti i capelli neri senza un filo bianco e gli occhi suoi , bruni come il carbone , brillavano come quelli di un giovanetto , ma la pelle del viso era gialla come la cartapecora dei libri di vostro nonno e si piegava tutta in mille rughe ; il collo in cui i tendini erano salienti , rassomigliava alla zampa secca di una gallina morta . Egli era vestito sempre di nero , con certi pantaloni lucidi dal grande uso , troppo corti sul piede , lasciando scoperti gli scarponi di cuoio grosso e le calze bucate ; aveva un lungo soprabito , le cui falde svolazzavano , che gli si adattava male alla vita , alle spalle , al collo , di cui il primo bottone era sempre ficcato nel secondo occhiello e così di seguito . Portava al collo come cravatta un fazzoletto bianco ; in testa un cappellaccio , rosso dalla vergogna , tutto ammaccature e sassate , in mano un bastone nodoso , dal pomo grosso come quello di un capo - tamburo . Questo uomo non si sapeva da nessuno chi fosse , donde venisse , dove andasse ; ma tutti lo conoscevano poiché il giorno e la notte girava per le strade di Napoli , figura allampanata e fantastica che al lume dei lampioni assumeva proporzioni inverosimili ed alla luce del sole pareva uno spettro che avesse smarrita la via del cimitero . L ’ uomo si fermava a tutte le porte , si fermava sotto tutti i balconi e metteva fuori il suo grido , aspettava un momento , poi andava via . Egli conosceva tutte le case dove erano bambini e , arrestandosi lì sotto , gridava con la sua voce stridula : Provvidenza ! Allora il bambino veniva , salutava l ’ uomo e gli dava un soldetto , o un frutto , o un pezzo di pane . Egli conosceva bensì tutte le case dove non erano bambini e vi si fermava sotto , gridando : Buona speranza ! La sua voce suonava come un augurio e tutti coloro che hanno il desiderio vano pei figli , tutti coloro che li aspettano , tutti coloro che amano i bimbi , davan l ’ elemosina al mendico . Solo i cuori duri , quelli che sono egoisti , che non hanno mai voluto bene ad alcuno , non gli davano nulla ; il mendico ne conosceva le case e non vi si fermava . Egli , tra il frastuono dei carri , delle carrozze , dei mestieri rumorosi , dei venditori che strillano il prezzo della merce , gittava sempre il suo grido alto , a tutti superiore : Provvidenza , buona speranza ! Lo si udiva nelle cantine profonde , dalle soffitte altissime , dai giardini , dalle terrazze : il suo grido metteva allegria . Il povero ammalato che , confitto nel letto , guarda volare le mosche , conta i fiorami delle pareti ed i travicelli del tetto , sentiva volentieri quelle parole che dalla via pareva gli dessero promessa di una pronta guarigione : Provvidenza , buona speranza ! L ' operaio che nella sua bottega , nei calori soffocanti dell ' estate suda a tirare la sega su e giù , si rialza più vigoroso , quasi animato da una vaga fiducia che il lavoro diventasse meno duro , il padrone meno esigente ed il pane meno caro : Provvidenza , buona speranza ! La madre solitaria che di notte agucchia presso il tavolino , al lume temperato di una lampada e pensa al figliuolo marinaio , imbarcato su una nave che viaggia nei lontani mari del Giappone , e trema al soffio del vento , e ha gli occhi pieni di lagrime allo scroscio della pioggia , sorrideva a quella voce che nell ' ombra le diceva sperare : Provvidenza , buona speranza ! Ma il mendico singolare che non parlava mai d ' elemosina , s ' intratteneva volentieri coi bimbi di Napoli , ne conosceva dappertutto , ne sapeva i nomi e talvolta anche i piccoli segreti . Nella strada di Santa Lucia dove i bimbi sono bruni , magri e nervosi e rassomigliano ai pesciolini svelti del mare , egli si fermava a guardare i tonfi che essi fanno nel mare , animandoli con la voce , agitando il bastone , eccitando i più bravi , applaudendo ai salti migliori : i bimbi salivano a ridere con lui , soffregandosi alle sue lunghe gambe , mentre a lui un riso bonario spianava le rughe e rischiarava il volto . Nei quartieri nobili di Chiaia , di Toledo , della Riviera , egli guardava lungamente i bimbi vestiti di velluto e di trine , coi riccioli ben pettinati , gli stivalini nuovi fiammanti , le manine inguantate , i bimbi che vanno a passeggiare in carrozza o guidati dalla mamma : i bei bimbi non avevano paura né ribrezzo del mendico e talvolta gli davano un confetto o un pezzettino di cioccolatto che egli , che nessuno aveva mai veduto a mangiarne , divorava con una letizia sorridente , col capo riverso indietro , con gli occhi lucidi di contentezza . Nei quartieri bassi del Pendino e del Mercato , dove i bambini sono pallidi e malaticci pel cibo di frutta acerbe , egli , di nascosto , dava loro dei soldetti e fuggiva via con le sue lunghe gambe , gridando ed agitando il bastone . Su pei giardini delle colline , dove i bimbi sono floridi di ciera hanno i capelli gialli pel sole ed i piedi nudi nella polvere , egli li chiamava a frotte intorno a sé , faceva le capriole , si buttava per terra come un pazzo e se li faceva camminare sulle gambe , sulla pancia , sullo stomaco , ridendo e strillando , poi ne agguantava un paio , li baciava disperatamente e scappava via per le viottole , simile ad uno spaventa - passeri . Di notte girava per le vie della città dietro ai bimbi che cercano i mozziconi dei sigari e tastando in terra col bastone , coi suoi occhi di gatto che bucavano l ' oscurità , ne trovava , anche lui dei mozziconi e li buttava tacitamente nel cestino del piccolo trovatore ; si fermava sulle soglie delle chiese dove giacciono in terra a dormire , arrotondate come cani , tante miserabili creaturine senza tetto e sollevandole se ne metteva un paio col capo in grembo , coprendole con le falde del suo soprabitone , rimanendo immobile al freddo , seduto sugli scalini , guardando i ricchi e gli agiati che rincasano e vanno a baciare i bimbi che dormono nel calduccio del letticciuolo . Provvidenza , buona speranza , andava al mattino ed al pomeriggio sulla porta delle scuole a vedere i bambini che vanno o escono dalla scuola ; negli otto giorni di ogni anno in cui l ' ospizio dell ' Annunziata è aperto al pubblico , il mendico passeggiava gravemente nelle sale mirando i trovatelli , parlando loro , baciucchiandoli , palleggiandoli e canticchiando loro misteriose canzoni . Era singolare come il mendico intendesse il linguaggio fatto a balbettìi dei piccini piccini e le domande incoerenti dei più grandetti ed i bimbi comprendevano lui che non era compreso dagli uomini . Una notte Provvidenza , buona speranza , scomparve e non si seppe più nulla di lui , né fu più visto . Un ortolano di Capodimonte narrò di averlo visto , nella notte , sopra un masso , disperarsi , salutare , mandar baci alla città immersa nel sonno , buttarsi per terra col capo nella polvere , piangere , strapparsi i capelli , poi rialzarsi e partire . Quelli che lo conoscevano , si dispiacquero di non vederlo più , di non udire quel suo grido che rallegrava , i bimbi di Napoli ci pensarono un par di volte , e più altro . Fu detto poi che Provvidenza , buona speranza era un grande medico di un paese lontano come la Svezia , Norvegia o la Danimarca , che si fosse fatto amare dall ' unica figliuola del re , l ' avesse sposata segretamente e ne avesse avuto un bellissimo bambino – che il re , saputo il fatto , fosse montato in una grande collera , avesse esiliato per sempre il medico , carcerata la figliuola in un appartamento e messo a balia il bimbo – che il re vecchio , morto , il medico fosse chiamato accanto al re nuovo , suo cognato , a prendere il suo posto a corte presso la moglie ed il figlio . Fu detto questo , ma in Napoli , fra le madri ed i figliuoli , fra i bimbi ed i popolani , è rimasta tradizionale la figura di Provvidenza , buona speranza e l ' annuncio del suo arrivo serve ancora a calmare gli strilli dei piccoli impertinenti , ad asciugare le lagrime dei piagnolosi ed a far addormentare quelli troppo vivaci che hanno la pessima abitudine di vegliate tardi , senza sapere che il sonno ... I bimbi dormono . LEGGENDA DI CAPODIMONTE Lassù , sul colle , vive il bosco verdeggiante dalle fresche ombrie . I sentieri si allungano a perdita d ' occhio sotto i grandi alberi ; sulla terra scricchiolano lievemente le foglie morte . La vegetazione sbuca possente dal suolo , s ' ingrossa nei tronchi nodosi , si espande nei rami che si intrecciano , nelle innumerevoli foglie lucide e brune ; ai piedi degli alberi cresce l ' erba morbida e minuta , dalle foglioline piccine . Nelle siepi fiorisce l ' anemone , e sfoglia al suolo i suoi petali la rosa selvaggia . Schizzano , sfilano le lucertoline grigio - verde , dalla testolina mobile ed intelligente , dalla coda nervosa . Sotto gli archi dei grandi . alberi : penetra temperata la luce ; tra foglia e foglia il sole getta , sulla terra dei cerchielli ridenti e luminosi ; raggi sottili e biondi passano tra i rami . Il silenzio è profondo ; è lontana , lontana la rumorosa città . Un profumo vivificante si espande ; ogni tanto il garrito allegro di un uccello fa ondeggiare le conche rosee dell ' aria . Non è , non è la piccioletta e magra natura dei giardini tagliati ad angoli retti , squadrati , polverosi e malinconici ; non sono le aiuole di fiorellini variopinti che non dànno freschezza , non dànno ombra , tirati su con cure infinite ; non è la natura corretta e riveduta , sfacciata e pomposa che si stende al sole senza vergogna , riarsa , secca . È la forte e possente natura che irrompe dalla terra vera , e allaga , e inonda la campagna come oceano di verdura ; è la natura pudica e grande del bosco , che si ammanta di foglie , che vela il volto divino , che molce la passione delle sue nozze nell ' ombre discrete nei placidi silenzi , nei recessi ignoti . È nell ' immenso bosco che si sogna ; nei quadrivi lontani trapassa rapidissimo un lieve fantasma ; nei bruni tronchi apparisce qualche leggiadro volto di donna ; la foglia che cade sembra il rumore di un bacio scoccato . È nel discreto e amabile bosco che s ' ama … Egli errava nei viali , solo , pallido e triste . La città lo stancava ; era incurabile la malattia che gli corrompeva l ' anima . L ' occhio vitreo s ' affisava sopra ogni cosa bella senza piacere , senza dolore ; né festa di colori , né capolavoro d ' arte , né donna bellissima valevano a trargli un sorriso sulle labbra . Nella città una fanciulla sottile e pensosa si struggeva lentamente per lui d ' amore : egli non l ' amava . Altrove , altrove era il suo amore . Lassù , forse nelle incomparabili e lucide stelle , gioielli glaciali del cielo ; laggiù , forse nelle bianche e verdi onde , il cui fragore rassomiglia al metro di una poesia monotona ed uniforme ; al polo , forse , negli albori nevosi , nelle atmosfere frigide , dove il sole non riscalda e non illumina ; nella nera ed orrenda Africa , forse , fra le liane rosse e gigantesche e fra i serpenti azzurri dagli occhi ammaliatori . Egli amava lontano in un punto indefinito , in un paese sconosciuto , con un amore sconfinato ed ignoto , una creatura misteriosa che egli aveva creata . Non la chiamava , non la voleva , non la desiderava : l ' anima sua nulla sapeva di volontà e di desideri . Amava . Il suo palazzo rimaneva vuoto , la madre si desolava nella solitudine , i servi dormivano nelle anticamere , i nobili cavalli scalpitavano invano nelle vaste scuderie . Egli non si ricordava più di tutto questo . Trascinava la sua vita vagando nelle viottole di campagna , vagando nei viali del bosco , dove ritrovava la pace ; trascinava la lenta vita consumandosi nell ' amore . Il corpo s ' illanguidiva , le gote scarne avevano il colore della morte , non mandavano più lampi di vitalità le pupille . È questa la funesta malattia che uccide gli umani ; è il fatale ed insanabile amore dell ' ideale . Nella nebulosità di un viale , dove si elevava un velo opalino ed iridescente , in un mattino d ' inverno , egli la vide . Era una forma snella , senza contorni , fatta d ' aria , ondeggiante ; fu un balenìo lieve , un luccicare , un istante solo di luce . Egli corse , ansioso , rinvigorito ; nulla ritrovò , la forma gentile era scomparsa . Ma come il suo cuore si pose a desiderare ardentemente di rivedere il fuggevole fantasma , con la possanza della volontà lo evocò di nuovo . Sempre lontano , sempre un ' ombra vana . Qualche cosa di bianco e di lucido che tremolava , che non toccava il suolo , che si dileguava nelle linee indefinite dell ' aria . Quello , quello era il suo amore : giunto sul punto dove gli era apparso , egli s ' inginocchiava e baciava la terra , adorando così la immagine fuggitiva . Ogni giorno la divina creatura si concedeva sempre più : gli appariva meno lontana , distinta , più chiara . Era una creatura celestiale , una fanciulla bianca bianca , le cui forme quasi infantili si velavano in un abito candido . Ella compariva e nel volto circonfuso di luce , gli sorrideva ; agitando il capo , lo salutava . Poi cominciava a camminare , e lui la seguiva con gli occhi intenti , movendo i passi macchinalmente , concentrato tutto nell ' attenzione ; ella radeva appena la terra , abbandonava i sentieri noti , penetrava tra gli alberi , appariva e scompariva , voltandosi a sorridere , lasciando che il lembo bianco del suo abito radesse l ' erba , con un piccolo e lusinghiero mormorìo . Egli non osava parlarle , tremava , la voce gli moriva nella gola ; bastava alla sua felicità contemplare ardentemente , con la fissità della follia , con gli occhi aridi che gli bruciavano , il suo amore che fuggiva dinanzi a lui . Ella girava , girava pel bosco , arrestandosi soltanto un minuto , chinandosi a carezzare i fiori , ma non cogliendoli , non lasciando traccia sull ' erbetta calpestata ; appena egli la raggiungeva , ella riprendeva la sua corsa . Lui dietro , senza sentire la stanchezza delle sue gambe che diventavano pesanti come il piombo ; lui dietro , sostenuto dall ' indomita volontà , eccitato , esaltato , sospinto all ' ultima e più acuta vibrazione dei nervi . Fino a che , approssimandosi al castello , il celeste fantasma cessava di sorridere , ed una malinconia si effondeva dal volto gentile ; poi , entrato nel cupo androne , volgevasi per l ' ultima volta , salutava , agitando la mano , e scompariva . Lui non osava gridarle : rimani , rimani ! e s ' abbandonava sopra un banco , spossato , abbattuto , morto . – Perché non siedi a me daccanto , o dolce amor mio ? Perché non mi ti accosti ? Non temere , non mi appresserò troppo . Sai che t ' amo , so che m ' ami ; so che dobbiamo troppo avvicinarci . E neppure puoi parlarmi : così vuole il destino . Ma io t ' amo ; tu sei il mio cuore . L ' anima mia è fatta di te ; non sono io , sono te ; se io muoio , tu morrai ; se tu muori , io muoio . Come sei bianca , o divina fanciulla ! I tuoi occhi sono trasparenti e chiari , non mi guardano ; le tue guance hanno appena una trasparenza rosea , le tue labbra sono pallide pallide , le tue mani sono candide come la neve , ed un fiocco di neve è il tuo manto . Hai tu freddo , cuor mio ? Non sai che io ho la febbre , che il , sangue schiuma e bolle nelle mie vene , come un ' onda impetuosa ? Sorridi ? Puoi calmarmi così . Quest ' ardor che m ' infiamma , questo incendio che divampa in me , solo la carezza della tua gelida mano potrebbe domarlo , solo il tocco delle tue gelide labbra potrebbe assopirlo . No ! Non allontanarti , resta , resta per pietà di chi t ' ama . Non ti chiederò più nulla , creatura bianca ed innocente . Tu leggi in me , vedi che sono puro , che il mio cuore è candido come la tua veste , che non lo macchia desiderio di fango . Non fuggirmi , non rivolgere il , volto celestiale ; quando tu m ' abbandoni , ecco , la vita declina , in me : tutto diventa buio , tutto diventa muto , ed io piango sul mio sogno distrutto , sul mio cuore desolato . Donde vieni tu ? Dove vai , quando mi lasci ? E perché mi lasci ? T ' amo , non lasciarmi . Non parlava la fanciulla nei colloqui i d ' amore . Ella ascoltava immobile , bianca , pronta sempre a partire ; ogni tanto un sorriso indefinito le sfiorava le labbra , una mestizia le compariva in volto ; ma sorriso e mestizia erano spostamento di linee , non corrugamento di fronte o espansione di labbra ; era espressione , luce interna , quasi una lampada soave s ' accendesse dietro un velo . Non parlava la fanciulla , ma ogni giorno ella restava più a lungo con colui che l ' amava . Egli le parlava lungamente , poi stanco , la voce gli si abbassava a poco a poco , poi taceva . La contemplava , estatico . Ella si muoveva per andarsene . – Non partire , non partire ! – supplicava lui . Ella restava ferma innanzi a lui , i piedini bianchi come ale di colombo , appena posati a terra , coi capelli vagamente adorni di rose bianche , con un lembo di abito sostenuto da rose bianche . – Siedi , siedi accanto a me ! Ella non sedeva , immota , guardando dinanzi a sé coi grandi occhi senza pupilla . – Parlami , parlami – mormorava lui . Ella non aveva voce , non si muovevano le labbra . Invano egli la pregava , la scongiurava , s ' inginocchiava , ella non gli rispondeva . Era inflessibile e serena . Ma in un crepuscolo d ' autunno , egli trovò le frasi più eloquenti per esprimere la propria disperazione : batté la fronte a terra , sparse le lagrime più cocenti , adorò la fanciulla . Ella parea si trasformasse ; dietro il candore della pelle pareva che cominciasse a correre il sangue . Egli , folle , morente di amore , le offerse la sua vita per una parola . – M ' ami ? – Sì – parve un sussurrìo . Allora , in un impeto di passione , egli l ' abbracciò . Un orribile scricchiolìo s ' intese e la divina fanciulla cadde al suolo , frantumata in tanti cocci di porcellana candida . Nella notte profonda , quando i custodi dormivano , nella deserta sala delle porcellane cominciò un mormorìo , un bisbiglio , un ' agitazione . Correvano fremiti da una scansia all ' altra , attraverso i cristalli ; voci irose e sommesse si urtavano , fieri propositi , progetti di vendetta cozzavan l ' un contro l ' altro . Poco a poco la calma si ristabilì : tutto era deciso . La sfilata cominciò . Prima fu l ' Aurora bianca sul suo carro tirato da quattro cavalli candidi ; e discesa nel giardino dove lui giaceva svenuto accanto al suo idolo infranto , maledisse per sempre le sue albe ; la seguirono le ventiquattro fanciulle che sono le Ore , e sfogliarono rose avvelenate sullo svenuto ; dopo vennero gli Amorini , e gli conficcarono nel cuore i dardi acuti e dolorosi . Il gruppo passò . Secondi vennero i sette re di Francia , bianchi , sui cavalli bianchi , Carlomagno , S . Luigi , Francesco I , Enrico II , Enrico IV , Luigi XIII , Luigi XIV ; galoppando pei viali , toccarono con lo scettro , con la spada l ' infelice , ed ogni colpo gli rintronò nel cervello . Poi ogni statuina s ' avviò , gli sputò in viso , lo insultò , lo calpestò ; ogni tazza fu piena per lui di cicuta , ogni vassoio di cenere , ogni coppa da fiori contenne per lui fiori malefici e crudeli . Ed infine si mosse il grande gruppo dei Titani che vogliono scalare l ' Olimpo : Giove , seduto sull ' aquila , fulminò il moribondo , ed i Titani lo seppellirono sotto enorme sepolcro di massi . Poi ognuno riprese la sua via , i gruppi rientrarono nelle scansie e vi rimasero immobili . Fu questa la vendetta della fredda e candida porcellana su colui che aveva frantumata la fanciulla immortale . È questa la storia eterna e fatale . L ' ideale raggiunto , toccato , va in pezzi – – l ' arte si vendica sulla vita – e l ' anima muore sotto un immane sepolcro . LEGGENDA DELL ’ AVVENIRE Tu , buona e baldanzosa fanciulla , giunta al termine delle mie fantastiche storie , sorridi . Ed io , poveretto autore , condannato a leggere nel volto del suo lettore presente o ad indovinare l ' animo del lettore assente , cerco di spiegare che significhi il lampo del tuo occhio nero e l ’ arco ironico del tuo labbro rosso come il fiore del granato . E quasi o mia bella ed impenetrabile sfinge , dal viso puro e colorito come il granito di quelle statue , quasi comprendo il senso del tuo riso muto ed intelligente . Le fantastiche , istorie dove tanta parte della vita napoletana si riflette , non t ' hanno spaventata ; e se il tuo spirito è corso dietro all ' inafferrabile fantasma , al folletto piccolino , tu non ne hai avuto paura . Queste storielle sono antiche , alcune antichissime , appartengono al lontanissimo passato che non ritorna più ; furono vita e morirono ; furono dramma umano e sono parole vane , tradizione oscura e scorretta . Rimane di esse talvolta un quadro , una statua , una chiesa una tomba , un bosco , talvolta una semplice idea , talvolta un , semplice nome , ma è il passato . Tu , orgogliosa giovinetta sorridi nel presente , sorridi all ' avvenire , non puoi volgerti indietro , guardi innanzi , dove è la tua bella realtà di luce e di profumi . Tu leggi le storie del passato , ma le sirene , i cavalieri , le dame , i monaci , i grassi borghesi , i pallidi poeti non ti destano che un sorriso di pietà ; essi sono morti e vive Napoli bella ed immortale , vive la gioventù gioconda , vive il glauco mare , vivono i ridenti poggi . Immenso si svolge l ' avvenire . Lo so . Ma pel sarcastico sorriso con cui tu ti burli delle mie care larve , evocate dalla tradizione o dalla fantasia popolare , io voglio castigarti , cattiva fanciulla . Io voglio far un ' opera crudele e disonesta : voglio , narrandoti la fiammeggiante leggenda dell ' avvenire , distruggere il tuo mordente sorriso , farti impallidire le guance e farti fremere ogni fibra del corpo , ogni piega dell ' anima , pel raccapriccio e per l ' orrore . Oggi la città è bella perché così Iddio la volle , mentre poco la vogliono così gli uomini . Ma quando nella morbida e indolente natura dell ' uomo sarà entrata quella vivacità attiva ed operosa che non si perde in vuoto cicaleccio , in vaghe aspirazioni ed in sogni grandiosi ; quando alla lenta coscienza che si addorme volentieri nell ' ammirazione sarà subentrata l ' operosa coscienza che tenta vie migliori e di niuna s ' appaga e cerca raggiungere l ' alto scopo con ogni sforzo ; quando alla fantasia che crea , alla mente che trova , alla intelligenza che indovina , non rimarrà più disubbidiente ed inerte il braccio che opera ; quando accanto all ' artista che sogna sorgerà il popolo che intende , il borghese che pensa e l ' aristocratico che sente : allora solamente la città sarà stupenda . Ora ella s ' adorna di fiori , ma è povera ; ora ella sorride , ma appena appena il lacero vestito , che fu di porpora , copre le belle membra ; ora ella è gaia , ma spera solo dalle piogge benefiche il lavacro , che terge le sue strade nere e sporche , ora balla e canta sulle sue sponde odorose , dove il mare accompagna le sue danze e le sue canzoni , ma nel suo porto non accorrono ancora le navi dai gonfi fianchi carichi di mercanzie ; ora . biancheggiano le ville di cui s ' adornano i suoi colli , ma non sale ancora al cielo , incenso gradito , il fumo grigio dei mille opifici . Che importa ! Questo giorno verrà ed allora la città sarà santa . Pensa , o poetica amica , al felice connubio dell ’ arte con la natura , pensa alla celeste armonia fra l ' uomo che crea ed il mondo da lui creato , pensa alla città che sarà bella e buona , tutta bianca e colorita dal sole , senza macchie , senza cenci : oh , allora , allora ! O lontano avvenire , o giorno splendido che come quello di Faust meriteresti di essere fermato ... Ma la divina città che amiamo deve morire ; la crediamo immortale ed è sacrata alla morte ; la crediamo eterna e la sua vita è tenue come quella di un bambino . Deve morire . morrà ; si dovrà dire al viandante pensoso e malinconico : qui fu Napoli . Tutto le potremo dare : il lavoro che la nobiliti , il commercio che l ' arricchisca , l ' acqua che la lavi , il sole che penetri nelle larghe vie , ma non la sottrarremo alla morte . Sarà ninfa ridente , azzurra , rosea , bionda di sole , piena di gioventù , fremente di vita , ma sarà morente . Lo dice la profetica leggenda , ripetuta di bocca in bocca , che circola nelle vie , che entra nelle botteghe , che sale nei salotti della nobiltà . Verrà il novissimo giorno . Vedi tu quella montagna ai cui piedi si stendono i bei villaggi bagnati dal mare , sui cui fianchi verdi cresce la vigna del vino generoso ; vedi quella montagna striata da lugubri fasce nere ? È lei che farà morire Napoli : così dice la leggenda profetica . Arde il fuoco liquido , bolle e schiuma nei fianchi della montagna e si accumula da secoli pel giorno funesto ; di fuori appena una nuvoletta di fumo bianco ed innocente rivela il profondo lavorio . Correvano le bighe e le quadrighe per le vie di Pompeja la bella . Amavano al sole i leggiadri garzoni dalle tuniche bianche e le fanciulle dai candidi pallii , si vestivano di bisso e si profumavano di nardo le seducenti etere , correvano giovani e vecchi al foro , alle terme , ai teatri , sulle porte delle case erano sospese corone di rose olezzanti : la montagna volle e Pompeja morì . Quando la montagna vorrà , Napoli sarà distrutta : e il terribile e bel vicino che noi guardiamo con ammirazione e quasi con affetto , poiché egli è tanta parte della bellezza napoletana , sarà il carnefice . E nessuno ne saprà l ' ora , né il giorno . Nella città la gente tumultuosa andrà ai consueti uffici , correrà dove il piacere la chiama , dove la chiama il dolore , amerà , odierà , godrà , piangerà , vivrà insomma come se nulla fosse . Nel cielo sereno brilleranno le stelle ; nell ' aria calma s ' eleverà la sottile penna di fumo . Poi , sul cratere , comparirà une punto rosso , come un lumicino acceso lassù , come un carboncino ; i napoletani si stringeranno nelle spalle e mormoreranno : solite storie . L ' eruzione crescerà con molta lentezza e gli uomini di scienza d ' allora ne constateranno i fenomeni e ne annunzieranno la prossima fine ; ma l ' eruzione crescerà sempre , continuamente . Un rombo sotterraneo comincerà a far tremare i vetri delle case ; tre strisce vivide di lava scorreranno lungo i fianchi della montagna ; il cielo cupo si tingerà di rosso , il fondo del mare sarà rosso ; giungeranno i forestieri a contemplare il mirabile spettacolo , i napoletani si affolleranno sul molo , a S . Lucia , a Mergellina , sui terrazzi , sulle colline , compresi di ammirazione . Ma dai villaggi che sono sotto il monte principierà a fuggire la gente spaurita e si riverserà nella città , dove sarà accolta a braccia aperte – e la lava procederà sempre . Nuove bocche si apriranno . La lava è a Resina . Ma i napoletani non temono : il Vesuvio è loro vecchio amico , vuole scherzare , è un brontolone , ma presto tacerà . Poi vi è San Gennaro , che con le dita sollevate in atto d ' imperio , comanda alla lava di non avanzarsi ; le donne pregano il parroco della cattedrale a portare in piazza San Gennaro di argento o il prezioso suo sangue che è conservato nelle ampolline . In qualche chiesetta si prega . Una mattina il sole non viene fuori , una fitta nube grigia nasconde il cielo , piove cenere ; i napoletani sorridono ancora e vanno ai loro affari sotto quella strana pioggia . Ma il giorno seguente il rombo diviene tumultuoso , le scosse di terremoto si succedono l ' una all ' altra , orribili convulsioni squassano il monte , sui cui fianchi si aprono dappertutto bocche di fuoco , le lave si uniscono , si fondono , sono una lava sola , è una montagna di lava che cammina verso la città coi suoi ruscelli di fuoco ; soffocanti fetori di zolfo ammorbano l ' aria , piove cenere calda e pesante , acqua bollente , piovono lapilli infuocati sulla città : riuniti al grande vulcano corrispondono , con pauroso miracolo ridestati , le eruzioni dei monte Echia , dell ' Epomeo e di Pozzuoli . Piove la morte . Nel clamore disperato dei morenti , nel fragore delle case che nel tuono del terremoto , nella spaventosa tempesta del mare che si rizza incollerito o ribelle , nel bagliore sanguigno che capovolge la natura e le cose , la lava entra in Napoli e Napoli finisce di morire in un incendio colossale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . E che ? Tu sorridi ancora , orgogliosa creatura ? Ti comprendo : leggo nel tuo pensiero come in un libro dalle pagine aperte . Tu pensi quello che io penso ; tu sorridi a quella morte ; questa Napoli che fu creata dall ’ amore , che visse nella passione della luce , dei colori smaglianti , dei profumi violenti , delle notti innamorate , visse nel lusso grandioso della natura e nella espansione superba del sentimento , questa città appassionata morirà bene , morirà degnamente nell ’ altissima e fiammeggiante apoteosi di fuoco .
IL VENTRE DI NAPOLI ( SERAO MATILDE , 1884 )
Saggistica ,
I – – – BISOGNA SVENTRARE NAPOLI Efficace la frase , Voi non lo conoscevate , onorevole Depretis , il ventre di Napoli . Avevate torto , perchè voi siete il Governo e il Governo deve saper tutto . Non sono fatte pel Governo , certamente , le descrizioncelle colorite di cronisti con intenzioni letterarie , che parlano della via Caracciolo , del mare glauco , del cielo di cobalto , delle signore incantevoli e dei vapori violetti del tramonto : tutta questa rettorichetta a base di golfo e di colline fiorite , di cui noi abbiamo già fatto e oggi continuiamo a fare ammenda onorevole , inginocchiati umilmente innanzi alla patria che soffre ; tutta questa minuta e facile letteratura frammentaria , serve per quella parte di pubblico che non vuole essere seccata per racconti di miserie . Ma il governo doveva sapere l ' altra parte ; il governo a cui arriva la statistica della mortalità e quella dei delitti ; il governo a cui arrivano i rapporti dei prefetti , dei questori , degli ispettori di polizia , dei delegati ; il governo a cui arrivano i rapporti dei direttori delle carceri ; il governo che sa tutto : quanta carne si consuma in un giorno e quanto vino si beve in un anno , in un paese ; quante femmine disgraziate , diciamo così , vi esistano , e quanti ammoniti siano i loro amanti di cuore , quanti mendichi non possano entrare nelle opere pie e quanti vagabondi dormano in istrada , la notte ; quanti nullatenenti e quanti commercianti vi sieno ; quanto renda il dazio consumo , quanto la fondiaria , per quanto s ' impegni al Monte di Pietà e quanto renda il lotto . Quest ' altra parte , questo ventre di Napoli , se non lo conosce il Governo , chi lo deve conoscere ? E se non servono a dirvi tutto , a che sono buoni tutti questi impiegati alti e bassi , a che questo immenso ingranaggio burocratico che ci costa tanto ? E , se voi non siete la intelligenza suprema del paese che tutto conosce e a tutto provvede , perchè siete ministro ? * * * Vi avranno fatto vedere una , due , tre strade dei quartieri bassi e ne avrete avuto orrore . Ma non avete visto tutto ; i napoletani istessi che vi conducevano , non conoscono tutti i quartieri bassi . La via dei Mercanti , l ' avete percorsa tutta ? Sarà larga quattro metri , tanto che le carrozze non vi possono passare , ed è sinuosa , si torce come un budello : le case altissime la immergono , durante le più belle giornate , in una luce scialba e morta : nel mezzo della via il ruscello è nero , fetido , non si muove , impantanato , è fatto di liscivia e di saponata lurida , di acqua di maccheroni e di acqua di minestra , una miscela fetente che imputridisce . In questa strada dei Mercanti , che è una delle principali del quartiere Porto , v ' è di tutto : botteghe oscure , dove si agitano delle ombre , a vendere di tutto , agenzie di pegni , banchi lotto ; e ogni tanto un portoncino nero , ogni tanto un angiporto fangoso , ogni tanto un friggitore , da cui esce il fetore dell ' olio cattivo , ogni tanto un salumaio , dalla cui bottega esce un puzzo di formaggio che fermenta e di lardo fradicio . Da questa via partono tante altre viottole , che portano i nomi delle arti : la Zabatteria , i Coltellai , gli Spadari , i Taffettanari , i Materassari , e via di seguito . Sono , queste viottole - questa è la sola differenza - molto più strette dei Mercanti , ma egualmente sporche e oscure ; e ognuna puzza in modo diverso : di cuoio vecchio , di piombo fuso , di acido nitrico , di acido solforico . Varie strade conducono dall ' alto al quartiere di Porto : sono ripidissime , strette , mal selciate . La via di Mezzocannone è popolata tutta di tintori : in fondo a ogni bottega bruna , arde un fuoco vivo sotto una grossa caldaia nera , dove gli uomini seminudi agitano una miscela fumante ; sulla porta si asciugano dei cenci rossi e violetti ; sulle selci disgiunte , cola sempre una feccia di tintura multicolore . Un ' altra strada , le così dette Gradelle di Santa Barbara , ha anche la sua originalità : da una parte e dall ' altra abitano femmine disgraziate , che ne hanno fatto un loro dominio , e , per ozio di infelici disoccupate , nel giorno , e per cupo odio contro l ' uomo , buttano dalla finestra , su chi passa , buccie di fichi , di cocomero , spazzatura , torsoli di spighe . e tutto resta , su questi gradini , così che la gente pulita non osa passarvi più . Vi è un ' altra strada , che dietro l ' educandato di San Marcellino , conduce a Portanova , dove i Mercanti finiscono e cominciano i Lanzieri : veramente non è una strada , è un angiporto , una specie di canale nero , che passa sotto due archi e dove pare raccolta tutta la immondizia di un villaggio africano . Ivi , a un certo punto , non si può procedere oltre : il terreno è lubrico e lo stomaco spasima . * * * In sezione Vicaria , vi siete stato ? Sopra tutte le strade che la traversano , una sola è pulita , la via del Duomo : tutte le altre sono rappresentazioni della vecchia Napoli , affogate , brune , con le case puntellate , che cadono per vecchiaia . Vi è un vicolo del Sole , detto così perchè il sole non vi entra mai ; vi è un vicolo del Settimo Cielo , appunto per l ' altitudine di una strisciolina di cielo , che apparisce fra le altissime e antiche case . Attorno alla piazzetta dei SS . Apostoli vi sono tre o quattro stradette ; Grotta della Marra , Santa Maria a Vertec œ li , vicolo della Campana , dove vive una popolazione magra e pallida , appestata dalla fabbrica di tabacco che è lì , appestata dalla propria sudiceria ; e tutti i dintorni di Castelcapuano , di questa grande e storica Vicaria , sembrano proprio il suo ambiente , vale a dire putridume materiale e morale , su cui sorge l ' estremo portato di questa società povera e necessariamente corrotta : la galera . La sezione Mercato ? Ah , già : quella storica , dove Masaniello ha fatto la rivoluzione , dove hanno tagliato il capo a Corradino di Svevia ; sì , sì , ne hanno parlato drammaturghi e poeti . Se ne traversa un lembo , venendo in carrozza , dalla Ferrovia , ma si esce subito alla Marina . Al diavolo la poesia e il dramma ! In sezione Mercato , niuna strada è pulita ; pare che da anni non ci passi mai lo spazzino ; ed è forse la sporcizia di un giorno . Ivi è il Lavinaio , la grande fonte , dove si lavano i cenci luridi della vecchia e povera Napoli : il Lavinaio , che è il grande ruscello , dove il luridume viene a detergersi superficialmente ; tanto che per insultare bonariamente un napoletano , sul proprio napoletanesimo , gli si dice . - Sei proprio del Lavinaio . Nella sezione Mercato , vi sono i sette vicoli della Duchesca , in uno dei quali , ho letto un dispaccio , vi sono stati in un ' ora trenta casi ; vi è il vicolo del Cavalcatoio ; vi è il vicolo di Sant ' Arcangelo a Baiano . Io sono una donna e non posso dirvi che sieno queste strade , poichè ivi l ' abbiezione diventa così profonda , così miseranda , la natura umana si degrada talmente , che vengono alla faccia le fiamme della vergogna . * * * Sventrare Napoli ? Credete che basterà ? Vi lusingate che basteranno tre , quattro strade , attraverso i quartieri popolari , per salvarli ? Vedrete , vedrete , quando gli studi , per questa santa opera di redenzione , saranno compiuti , quale verità fulgidissima risulterà : bisogna rifare . Voi non potrete sicuramente lasciare in piedi le case che sono lesionate dalla umidità , dove al pianterreno vi è il fango e all ' ultimo piano si brucia nell ' estate e si gela nell ' inverno ; dove le scale sono ricettacoli d ' immondizie ; nei cui pozzi , da cui si attinge acqua così penosamente , vanno a cadere tutti i rifiuti umani e tutti gli animali morti ; e che hanno tutto un pot - bouille , una cosidetta vinella , una corticina interna in cui le serve buttano tutto ; il cui sistema di latrine , quando ci sono , resiste a qualunque disinfezione . Voi non potrete lasciare in piedi le case , nelle cui piccole stanze sono agglomerate mai meno di quattro persone , dove vi sono galline e piccioni , gatti sfiancati e cani lebbrosi ; case in cui si cucina in uno stambugio , si mangia nella stanza da letto e si muore nella medesima stanza , dove altri dormono e mangiano , case , i cui sottoscala , pure abitati da gente umana , rassomigliano agli antichi , ora aboliti , carceri criminali della Vicaria , sotto il livello del suolo . Voi non potrete sicuramente lasciare in piedi i cavalcavia che congiungono le case ; nè quelle ignobili costruzioni di legno che si sospendono a certe muraglie di case , nè quei portoncini angusti , nè vicoli ciechi , nè quegli angiporti , nè quei supportici ; voi non potrete lasciare in piedi i fondaci . Voi non potrete lasciare in piedi certe case dove al primo piano è un ' agenzia di pegni , al secondo si affittano camere a studenti , al terzo si fabbricano i fuochi artificiali : certe altre dove al pianterreno vi è un bigliardo , al primo piano un albergo dove si pagano tre soldi per notte , al secondo una raccolta di poverette , al terzo un deposito di cenci . Per distruggere la corruzione materiale e quella morale , per rifare la salute e la coscienza a quella povera gente , per insegnare loro come si vive - essi sanno morire , come avete visto ! - per dir loro che essi sono fratelli nostri , che noi li amiamo efficacemente , che vogliamo salvarli , non basta sventrare Napoli : bisogna quasi tutta rifarla . II QUELLO CHE GUADAGNANO Eppure la gente che abita in questi quattro quartieri popolari , senz ' aria , senza luce , senza igiene , diguazzando nei ruscelli neri , scavalcando monti d ' immondizie , respirando miasmi e bevendo un ' acqua corrotta , non è una gente bestiale , selvaggia , oziosa ; non è tetra nella fede , non è cupa nel vizio , non è collerica nella sventura . Questo popolo , per sua naturale gentilezza , ama le case bianche e le colline : onde il giorno di Ognissanti , quando da Napoli , tutta la gente buona porta corone ai morti , sul colle di Poggioreale , in quel cimitero pieno di fiori , di uccelli , di profumi , di marmi , vi è chi l ' ha intesa gentilmente esclamare : o Gesù , vurria murì , pe sta ccà ! Questo popolo ama i colori allegri , esso che adorna di nappe e nappine i cavalli dei carri , che si adorna di pennacchietti multicolori nei giorni di festa , che porta i fazzoletti scarlatti al collo , che mette un pomodoro sopra un sacco di farina , per ottenere un effetto pittorico e che ha creato un monumento di ottoni scintillanti , di legni dipinti , di limoni fragranti , di bicchieri e di bottiglie , un monumentino che è una festa degli occhi : il banco dell ' acquaiuolo . Questo popolo che ama la musica e la fa , che canta così amorosamente e malinconiosamente , tanto che le sue canzoni dànno uno struggimento al core e sono la più invincibile nostalgia per colui che è lontano , ha una sentimentalità espansiva , che si diffonde nell ' armonia musicale . Non è dunque una razza di animali , che si compiace del suo fango ; non è dunque una razza inferiore che presceglie l ' orrido fra il brutto e cerca volenterosa il sudiciume ; non si merita la sorte che le cose gl ' impongono ; saprebbe apprezzare la civiltà , visto che quella pochina elargitagli , se l ' ha subito assimilata ; meriterebbe di esser felice . * * * Abita laggiù , per forza . È la miseria sua , costituzionale , organica , così intensa , così profonda , che cento Opere Pie non arrivano a debellare , che la carità privata , fluidissima , non arriva a vincere ; non la miseria dell ' ozioso , badate bene , ma la miseria di colui che fatica quattordici ore al giorno . Questo lavoratore , quest ' operaio non può pagare un affitto di casa , che superi le quindici lire il mese : e deve essere un operaio fortunato , vi è chi ne paga dieci , chi ne paga sette , chi ne paga cinque ; questi ultimi formano la grande massa del popolo . Anni fa , una compagnia cooperativa edificò , verso Capodimonte , un falansterio di case operaie , chiare , pulite , strettine , ma infine igieniche : per quanto restringesse i prezzi , non potette dare i suoi appartamentini , a meno di trentaquattro lire al mese . Nessuno operaio vi andò . Vi andarono degli impiegati con le famiglie , qualche pensionato , gli sposetti poveri , insomma una mezza borghesia che vuol nascondere la sua miseria e avere la scaletta di marmo . Quel grandissimo edificio resta lì a far prova della miseria napoletana : anzi , gli scrupolosi e borghesi che vi abitano , punti nel loro presuntuoso amor proprio , da coloro che li accusavano di abitare le case operaie , hanno fatto dipingere a grandi caratteri questa scritta sull ' ingresso maggiore : le case della Cooperativa non sono case operaie . Iscrizione crudele e superba . Trentaquattro lire ? Queste trentaquattro lire un lavoratore napoletano le guadagna in un mese : chi porta una lira di giornata a casa , si stima felice . Le mercedi sono scarsissime , in quasi tutte le professioni , in tutt ' i mestieri . Napoli è il paese dove meno costa l ' opera tipografica ; tutti lo sanno : gli operai tipografi sono pagati un terzo meno degli altri paesi . Quelli che guadagnano cinque lire a Milano , quattro a Roma , ne guadagnano due a Napoli , tanto che è in questo benedetto e infelice paese , dove più facilmente nascono e vivono certi giornaletti poverissimi , che altrove non potrebbero pubblicare neppure tre numeri . I sarti , i calzolai , i muratori , i falegnami sono pagati nella medesima misura ; una lira , venticinque soldi , al più , trenta soldi al giorno per dodici ore di lavoro , talvolta penosissimo . I tagliatori di guanti guadagnano novanta centesimi al giorno . E notate che la gioventù elegante di Napoli , è la meglio vestita d ' Italia : che a Napoli si fanno le più belle scarpe e i più bei mobili economici ; notate che Napoli produce i migliori guanti . Altri mestieri inferiori stabiliscono la mercede a settantacinque centesimi , a dodici soldi , a dieci soldi . Per questo essi non possono pagare più di cinque , sette , dieci lire il mese di pigione e come la miseria incombe , la donna , la moglie , la madre , tutte quelle che hanno già molto partorito , che hanno allattato , tutte quelle che dovrebbero lavorare in casa , cercano lavoro , fuori . Fortunate quelle che trovano un posto alla Fabbrica del tabacco , che sanno lavorare e arrivano ad allogarsi , come sarte , come modiste , come fioraie ! La mercede è miserissima , quindici lire , diciassette , venti lire il mese ; pure sembra loro fortuna . Ma sono poche : tutto il resto della immensa classe povera femminile , si dà alla domesticità . La serva napoletana si alloga per dieci lire il mese , senza pranzo : alla mattina fa due o tre miglia di cammino , dalla casa sua alla casa dei suoi padroni , scende le scale quaranta volte al giorno , cava dal pozzo profondo venti secchi di acqua , compie le fatiche più estenuanti , non mangia per tutta la giornata e alla sera si trascina a casa sua , come un ' ombra affranta . Ve ne sono di quelle che pigliano due mezzi servizi , a sei lire l ' uno e corrono continuamente da una casa all ' altra , continuamente rimproverate per le tardanze . Ne ho conosciuta una , io , si chiamava Annarella , faceva tre case al giorno , a cinque lire : alla sera era inebetita , non mangiava , morta dalla fatica , talvolta non si svestiva , per addormentarsi subito . Queste serve trovano anche il tempo di dar latte a un bimbo , di far la calza , ma sono esseri mostruosi , la pietà è uguale alla ripugnanza che ispirano . Hanno trent ' anni e ne dimostrano cinquanta , sono curve , hanno perso i capelli , hanno i denti gialli e neri , camminano come sciancate , portano un vestito quattro anni , un grembiule sei mesi . Non si lamentano , non piangono : vanno a morire , prima di quarant ' anni , all ' ospedale , di perniciosa , di polmonite , di qualche orrenda malattia . Quante ne avrà portate via il colera ! E tutti gli altri mestieri ambulanti femminili , lavandaie , pettinatrici , stiratrici a giornata , venditrici di spassatiempo , rimpagliatrici di seggiole ( mpagliaseggie ) , mestieri che le espongono a tutte le intemperie , a tutti gli accidenti , a una quantità di malattie , mestieri pesanti o nauseanti , non fanno guadagnare a quelle disgraziate più di dieci soldi , quindici soldi al giorno . Quando guadagnano una lira , le miserelle , fanno economia e si maritano . Sono brutte , è vero : si trascurano , è verissimo : fanno schifo , talvolta . Ma chi tanto ama la plastica , dovrebbe entrare nel segreto di quelle esistenze , che sono un poema di martirio quotidiano , di sacrifici incalcolabili , di fatiche sopportate senza mormorare . Gioventù , bellezza , vestiti ? Ebbero un minuto di bellezza e di gioventù , furono , amate , si sono maritate : dopo , il marito e la miseria , il lavoro e le busse , il travaglio e la fame . Hanno i bimbi e debbono abbandonarli , il più piccolo affidato alla sorellina , e come tutte le altre madri , temono le carrozze , il fuoco , i cani , le cadute . Sono sempre inquiete , agitate , mentre servono . Me ne rammento una : aveva tre figli , un piccolino , specialmente , bellissimo . Il bimbo aveva già due anni ed essa gli dava ancora il latte , non aveva altro da dargli da mangiare : questo bimbetto l ' aspettava , ogni sera , seduto sullo scalino del basso . Diceva il medico dell ' assistenza pubblica : « Levagli il latte , chè ti si ammala . » Ella chinava il capo : non poteva levargli il latte . Si ammalò di tifo , il bimbo ; le morì . Ella mondava le patate , in una cucina , e si lamentava , sottovoce : « figlio mio , figlio mio , io t ' aveva da accidere , io t ' aveva da fa murì ! O che mamma cana che ssò stata ! Figlio mio , e chi m ' aspetta cchiù , la sera , mocc ' a porta ? » Il lavoro dei fanciulli ? Ahimè , le madri sono molto contente , quando un cocchiere signorile vuol prendere per mozzo un fanciullo di dodici anni , dandogli solo da mangiare ; sono molto contente , quando un mastro di bottega lo piglia , facendolo lavorare come un cane e dandogli solo la minestra , la sera ; la pietosa madre gli dà un soldo per la colazione , la mattina . Le sarte , le modiste , le fioraie , le bustaie , prendono per apprendiste delle fanciullette dodicenni , che sono , in realtà , delle piccole serve e che guadagnano cinque soldi la settimana . Ma , per lo più , queste creature restano a casa o nella strada , tutto il giorno . Nelle campagne , il figlio è una gioia , è un soccorso , è una sorgente di agiatezza ; in Napoli rappresenta una cura di più , una pena materna , una sorgente di lagrime e di fame . Ascoltate un poco , quando una operaia napoletana nomina i suoi figli . Dice : le creature , e lo dice con tanta dolcezza malinconica , con tanta materna pietà , con un amore così doloroso , che vi par di conoscere tutta , acutamente , la intensità della miseria napoletana . III QUELLO CHE MANGIANO Un giorno , un industriale napoletano ebbe un ' idea . Sapendo che la pizza è una delle adorazioni cucinarie napoletane , sapendo che la colonia napoletana in Roma è larghissima , pensò di aprire una pizzeria in Roma . Il rame delle casseruole e dei ruoti vi luccicava , il forno vi ardeva sempre ; tutte le pizze vi si trovavano : pizza al pomidoro , pizza con muzzarella e formaggio , pizza con alici e olio , pizza con olio , origano e aglio . Sulle prime la folla vi accorse , poi andò scemando . La pizza , tolta al suo ambiente napoletano , pareva una stonatura e rappresentava una indigestione ; il suo astro impallidì e tramontò , in Roma ; pianta esotica , morì in questa solennità romana . * * * È vero , infatti : la pizza rientra nella larga categoria dei commestibili che costano un soldo , e di cui è formata la colazione o il pranzo , di moltissima parte del popolo napoletano . Il pizzaiuolo che ha bottega , nella notte , fa un gran numero di queste schiacciate rotonde , di una pasta densa , che si brucia , ma non si cuoce , cariche di pomidoro quasi crudo , di aglio , di pepe , di origano : queste pizze in tanti settori da un soldo , sono affidate a un garzone , che le va a vendere in qualche angolo di strada , sovra un banchetto ambulante e lì resta quasi tutto il giorno , con questi settori di pizza che si gelano al freddo , che si ingialliscono al sole , mangiati dalle mosche . Vi sono anche delle fette di due centesimi , pei bimbi che vanno a scuola ; quando la provvista è finita , il pizzaiuolo la rifornisce , sino a notte . Vi sono anche , per la notte , dei garzoni che portano sulla testa un grande scudo convesso di stagno , entro cui stanno queste fette di pizza e girano pei vicoli e dànno un grido speciale , dicendo che la pizza ce l ' hanno col pomidoro e con l ' aglio , con la muzzarella e con le alici salate . Le povere donne sedute sullo scalino del basso , ne comprano e cenano , cioè pranzano , con questo soldo di pizza . Con un soldo , la scelta è abbastanza varia , pel pranzo del popolo napoletano . Dal friggitore si ha un cartoccetto di pesciolini che si chiamano fragaglia e che sono il fondo del paniere dei pescivendoli : dallo stesso friggitore si hanno per un soldo , quattro o cinque panzarotti , vale a dire delle frittelline in cui vi è un pezzetto di carciofo , quando niuno vuol più saperne di carciofi , o un torsolino di cavolo , o un frammentino di alici . Per un soldo , una vecchia dà nove castagne allesse , denudate della prima buccia e nuotanti in un succo rossastro : in questo brodo il popolo napoletano vi bagna il pane e mangia le castagne , come seconda pietanza ; per un soldo , un ' altra vecchia , che si trascina dietro un calderottino in un carroccio , dà due spighe di granturco bollite . Dall ' oste , per un soldo , si può comperare una porzione di scapece ; la scapece è fatta di zucchetti o melanzane fritte nell ' olio e poi condite con aceto , pepe , origano , formaggio , pomidoro , ed è esposta in istrada , in un grande vaso profondo , in cui sta intasata , come una conserva e da cui si taglia con un cucchiaio . Il popolo napoletano porta il suo tozzo di pane , lo divide per metà , e l ' oste vi versa sopra la scapece . Dall ' oste , sempre per un soldo , si compera la spiritosa : la spiritosa è fatta di fette di pastinache gialle , cotte nell ' acqua e poi messe in una salsa forte di aceto , pepe , origano e peperoni . L ' oste sta sulla porta e grida : addorosa , addorosa , ' a spiritosa ! Come è naturale , tutta questa roba è condita in modo piccantissimo , tanto da soddisfare il più atonizzato palato meridionale . * * * Appena ha due soldi , il popolo napoletano compra un piatto di maccheroni cotti e conditi ; tutte le strade dei quartieri popolari , hanno una di queste osterie che installano all ' aria aperta le loro caldaie , dove i maccheroni bollono sempre , i tegami dove bolle il sugo di pomidoro , le montagne di cacio grattato , un cacio piccante che viene da Cotrone . Anzi tutto , quest ' apparato è molto pittoresco , e dei pittori lo hanno dipinto , ed è stato da essi reso lindo e quasi elegante con l ' oste che sembra un pastorello di Watteau ; e nella collezione di fotografie napoletane , che gl ' inglesi comprano , accanto alla monaca di casa , al ladruncolo di fazzoletti , alla famiglia di pidocchiosi , vi è anche il banco del maccaronaro . Questi maccheroni si vendono a piattelli di due e di tre soldi ; e il popolo napoletano li chiama brevemente , dal loro prezzo : nu doie e nu tre . La porzione è piccola e il compratore litiga con l ' oste , perchè vuole un po ' più di sugo , un po ' più di formaggio e un po ' più di maccheroni . Con due soldi si compera un pezzo di polipo bollito nell ' acqua di mare , condito con peperone fortissimo : questo commercio lo fanno le donne , nella strada , con un focolaretto e una piccola pignatta ; con due soldi di maruzze , si hanno le lumache , il brodo e anche un biscotto intriso nel brodo : per due soldi l ' oste , da una grande padella dove friggono confusamente ritagli di grasso di maiale e pezzi di coratella , cipolline , e frammenti di seppia , cava una grossa cucchiaiata di questa miscela e la depone sul pane del compratore , badando bene a che l ' unto caldo e bruno non coli per terra , che vada tutto sulla mollica , perchè il compratore ci tiene . Appena ha tre soldi al giorno per pranzare , il buon popolo napoletano , che è corroso dalla nostalgia familiare , non va più dall ' oste per comperare i commestibili cotti , pranza a casa sua , per terra , sulla soglia del basso , o sopra una sedia sfiancata . Con quattro soldi si compone una grande insalata di pomidori crudi verdastri e di cipolle ; o un ' insalata di patate cotte e di barbabietole , o un ' insalata di broccoli di rape ; o un ' insalata di citrioli freschi . La gente agiata , quella che può disporre di otto soldi al giorno , mangia dei grandi piatti di minestra verde , indivia , foglie di cavolo , cicoria , o tutte queste erbe insieme , la cosidetta minestra maritata ; o una minestra , quando ne è tempo , di zucca gialla con molto pepe ; o una minestra di fagiolini verdi , conditi col pomidoro ; o una minestra di patate cotte nel pomidoro . Ma per lo più compra un rotolo di maccheroni , una pasta nerastra , e di tutte le misure e di tutte le grossezze , che è il raccogliticcio , il fondiccio confuso di tutti i cartoni di pasta , e che si chiama efficacemente monnezzaglia : e la condisce con pomidoro e formaggio . * * * Il popolo napoletano è goloso di frutta : ma non spende mai più di un soldo , alla volta . A Napoli , con un soldo si hanno sei peruzze un po ' bacate , ma non importa : si ha mezzo chilo di fichi , un po ' flosci dal sole : si hanno dieci o dodici di quelle piccole prugne gialle , che pare abbiano l ' aspetto della febbre ; si ha un grappolo di uva nera , si ha un poponcino giallo , piccolo , ammaccato , un po ' fradicio ; dal venditore di melloni , quelli rossi , si hanno due fette , di quelli che sono riusciti male , vale a dire biancastri . Ha anche qualche altra golosità , il popolo napoletano : lo spassatiempo , vale a dire i semi di mellone o di popone , le fave e i ceci cotti nel forno ; con un soldo si rosicchia mezza giornata , la lingua punge e lo stomaco si gonfia , come se avesse mangiato . La massima golosità è il soffritto : dei ritagli di carne di maiale cotti con olio , pomidoro , peperone rosso , condensati , che formano una catasta rossa , bellissima all ' occhio , da cui si tagliano delle fette : costano cinque soldi . In bocca , sembra dinamite . * * * Questionario : Carne in umido ? - Il popolo napoletano non ne mangia mai . Carne arrosto ? - Qualche volta , alla domenica , o nelle grandi feste , ma è di maiale o di agnello . Brodo di carne ? - Il popolo napoletano lo ignora . Vino ? - Alla domenica , qualche volta : l ' asprino , a quattro soldi il litro , o il maraniello a cinque soldi : questo tinge di azzurro la tovaglia . Acqua ! - Sempre : e cattiva . IV GLI ALTARINI Vi meravigliate degli altarini ? Vi scandalizzate della piccola processione di donne scalze e scapigliate , che portano una immagine della Madonna e salmodiano ? La superstizione del popolo napoletano - oh , povera gente che è vissuta così male e con tanta bonarietà , che muore in un modo così miserando , con tanta rassegnazione ! - la superstizione di questo popolo ha fatto una dolorosa impressione a tutti . La credevate cessata la superstizione ? Come potevate crederlo ? Non vi rammentate più nulla , dunque ? Nel colera del 1865 vi furono processioni e pubbliche preghiere ; nel colera del 1867 , più tremendo , più straziante , che veniva dopo la guerra , da tutte le parrocchie uscirono le immagini della Vergine e quelle dei santi protettori , le processioni s ' incontravano per le strade , si mescolavano : era tutto un mistero mediovale e meridionale . Come oggi Umberto di Savoia le ha incontrate , diciassette anni fa , le ha incontrate il gran re Vittorio Emmanuele . Nella spaventosa eruzione del 1872 , per tre giorni di seguito una lava ha minacciato Napoli : le popolane sono andate al Duomo per avere la testa di san Gennaro : la volevano portare in giro , per far arrestare la lava . Per un momento i nobili custodi delle reliquie e i canonici della cattedrale , non la dettero loro . Al quarto giorno non uscì il sole ; una nuvola fittissima di cenere copriva Napoli , cominciava a piovere cenere , come a Pompei ; le popolane , in tutti i quartieri , fecero delle processioni , piangendo , gridando in una tenebra lugubre . Nel colera del 1873 , più mite certo , ma sempre vivissimo , nei quattro quartieri popolari , fu portata in processione la Madonna dell ' Aiuto ai Banchi Nuovi , la Madonna di Portosalvo a Porto , il Gesù alla Colonna , della chiesa nel vicolo dell ' Università . O che memoria labile abbiamo tutti ! E la vita quotidiana ? Solo a guardarsi attorno , a osservare quello che accade , anche superficialmente , nessuno poteva lusingarsi che la esaltazione religiosa del popolo napoletano fosse cessata . Di questi altarini , con un paio di ceri innanzi , ve ne sono ad ogni angolo di strada , nei quartieri popolari , in certe tali feste . Li fanno i bimbi è vero : ma le madri sorvegliano , le sorelle grandi chiedono l ' obolo ai passanti , un po ' ridendo , un po ' pregando . Per le feste più grandi , con lampioncini alla Ottino e festoni variopinti , il popolino si quota per un anno , e un vicolo la vuol vincere sull ' altro : accadono risse , corrono coltellate per questa emulazione . Queste emulazioni sono pittoresche e fanno andare in estasi gli artisti - razza di egoisti - che se ne stanno immersi nella contemplazione del loro Buddha , che è l ' arte . Ancora : quando una donna si salva da una grande infermità , per ringraziare Dio , scioglie il voto di andare cercando l ' elemosina , per tutte le case del suo quartiere ; sale , scende , con le gambe malferme , con la faccia scialba , ricevendo rifiuti secchi e porte battute in faccia . Non importa , bisogna sopportare , è il voto . Tutto quello che raccoglie , va alla chiesa . Quando un bimbo è malato , lo votano a san Francesco : quando risana , lo vestono da monacello , con una tonaca grossolana , col cordone , coi piedini nudi nei sandali , con la chierichetta rasa . Chi non ne ha incontrati , nei quartieri popolari ? * * * Del miracolo di san Gennaro , fate le alte meraviglie ? Quelle vecchie abitanti del Molo che si pretendono sue discendenti , che invadono l ' altare maggiore , che non lasciano accostarsi nessuno , gridano il Credo , mentre si attende il miracolo , e ogni volta che ricominciano , alzano il tono , sino all ' urlo , che si dimenano come ossesse , che lo gratificano di vecchio dispettoso , vecchio impertinente , faccia verde ; vi stupiscono ? Vi è il piede di sant ' Anna che si mette sul ventre delle partorienti , che non possono procreare il figlio ; vi è l ' olio che arde nella lampada , innanzi al corpo di san Giacomo della Marca , nella chiesa di Santa Maria la Nuova , che fa guarire i mali di testa ; vi è il Crocifisso del Carmine che ha fatto sangue dalle piaghe ; vi è il bastone di san Pietro che si venera nella chiesa sotterranea di Sant ' Aspreno , primo vescovo di Napoli , ai Mercanti ; vi è l ' acqua benedetta di San Biagio ai Librai che guarisce il mal di gola ; vi sono le panelle , pagnottine di pane benedette di San Nicola di Bari , che buttate in aria , nel temporale , scampano dalle folgori . Vi sono centinaia di ossicini , di pezzetti di velo , di pezzetti di vestito , di frammenti di legno , che sono reliquie . Ogni napoletana porta al collo o sospeso alla cintura , o ha sotto il cuscino , un sacchettino di reliquie , di preghiere stampate : questo sacchettino si attacca alle fasce del bimbo , appena nato . Credete che al napoletano basti la Madonna del Carmine ? Io ho contati duecentocinquanta appellativi alla Vergine , e non sono tutti . Quattro o cinque tengono il primato . Quando una napoletana è ammalata o corre un grave pericolo , uno dei suoi , si vota a una di queste Madonne . Dopo scioglie il voto , portandone il vestito , un abito nuovo , benedetto in chiesa , che non si deve smettere , se non quando è logoro . Per l ' Addolorata il vestito è nero , coi nastri bianchi ; per la Madonna del Carmine , è color pulce coi nastri bianchi ; per l ' Immacolata Concezione , bianco coi nastri azzurri ; per la Madonna della Saletta , bianco coi nastri rosa . Quando non hanno i danari per farsi il vestito , si fanno il grembiule ; quando mancano di sciogliere il voto , aspettano delle sventure in casa . E il sacro si mescola al profano . Per aver marito , bisogna fare la novena a san Giovanni , nove sere , a mezzanotte , fuori un balcone , e pregare con certe antifone speciali . Se si ha questo coraggio , alla nona sera si vede una trave di fuoco attraversare il cielo , sopra vi danza Salomè , la ballerina maledetta : la voce che si ode , subito dopo , pronunzia il nome del marito . Anche san Pasquale è protettore delle ragazze da marito e bisogna dirgli per nove sere l ' antifona : O beato san Pasquale - mandatemi un marito - bello , rosso , colorito - come voi tale e quale - o beato san Pasquale ! - Anche san Pantaleone protegge le ragazze , ma in diverso modo : dà loro i numeri del lotto , perchè si facciano la dote , e si possano maritare . Nove sere bisogna pregarlo , a mezzanotte , in una stanza , stando sola , col balcone aperto e la porta aperta , e dopo gli Ave e i Pater dirgli questa antifona : san Pantaleone mio - per la vostra castità - per la mia verginità - datemi i numeri , per carità ! Alla nona sera si ode un passo , è il santo che viene , si odono dei colpi , sono i numeri che dà . Alla quarta o quinta sera di questi strani riti , le ragazze sono tanto esaltate , che hanno delle allucinazioni e cadono in convulsioni . Alcune affermano di aver visto e di aver udito qualche cosa , alla nona sera : ma che mancò loro la fede e il miracolo non è riuscito . Tutte le superstizioni sparse pel mondo , sono raccolte in Napoli e ingrandite , moltiplicate . Noi crediamo tutti quanti alla jettatura . Non parliamo dell ' olio sparso , dello specchio rotto , del cucchiaio in croce col coltello , della sottana posta alla rovescia che porta sfortuna , dei soldi mercati ( gobbi ) , dei ragni , degli scorpioni , della gallina : superstizioni vecchie , chi se ne occupa ? I napoletani credono ancora alle sibille : vi è una Chiara Stella alle Cento Strade , verso il Corso Vittorio Emmanuele , vi è una siè Grazia al Vicolo Mezzocannone , famosissime ; e molte altre minori . Si compensano cinquanta centesimi , due lire , cinque lire . I napoletani credono agli spiriti . Lo spirito familiare napoletano che circola in tutte le case , è il monaciello , un bimbetto vestito di bianco quando porta fortuna , vestito di rosso , quando porta sventura . Una quantità di gente mi ha affermato di averlo visto . In piena Napoli , alla salita di Santa Teresa , una bellissima palazzina non si affitta mai : per vent ' anni l ' ho vista chiusa , poichè è abitata dagli spiriti . Il napoletano crede agli spiriti che dànno i numeri , crede agli assistiti : gli assistiti sono una razza di gente stranissima , alcuni in buona fede , alcuni scrocconi , che mangiano poco , bevono acqua , parlano per enigmi , digiunano prima di andare a letto e hanno le visioni . Vivono alle spalle dei giuocatori : non giuocano mai . Talvolta i giuocatori delusi bastonano l ' assistito , poi gli chiedono perdono . Anche i monaci hanno le visioni . Ve n ' era uno famoso , a Marano presso Napoli : vi andava la gente in pellegrinaggio . Un altro giovane , era al convento di San Martino : anche famoso . Talvolta i giuocatori sequestrano il monaco , lo battono , lo torturano . Uno ne morì . Prima di spirare , pronunziò dei numeri : li giuocarono , uscirono , mezza Napoli vinse al lotto , poichè un giornale aveva riportati questi numeri . Il popolo napoletano , specialmente le donne , crede alla stregoneria . La fattura trova apostoli ferventi : le fattucchiere , o streghe , abbondano . Una moglie vuole che suo marito , che va lontano , le resti fedele ? La strega le dà una cordicella a nodi , bisogna cucirla nella fodera della giacchetta del marito . Si vuole avere l ' amore di un uomo ? La fattucchiera brucia una ciocca di capelli vostri , ne fa una polverina , con certi ingredienti : bisogna farla bere nel vino , all ' uomo indifferente . Si vuol vincere un processo ? Bisogna legare , moralmente , la lingua dell ' avvocato contrario : fare quindici nodi ad una cordicella , chiamare il diavolo , uno scongiuro terribile . Si vuol far morire un amante infedele ? Bisogna colmare un pignattino di erbe velenose , metterle a bollire innanzi alla sua porta , nell ' ora di mezzanotte . Si vuol far morire una donna , una rivale ? Bisogna conficcare in un limone fresco tanti spilli che formino un disegnino della sua persona , e attaccarvi un brano del vestito della rivale e infine buttare , questo limone , nel suo pozzo . La fattura ha uno sviluppo larghissimo ; letteratura strana , talvolta ignobile , di scongiuri , e di preghiere ; ha una classificazione , per le anime timide e per le anime audaci : ha una diffusione in tutti i quartieri ; ha un soccorso per tutte le necessità sentimentali e brutali , per tutti i desideri gentili e cruenti . Ecco tutto . Cioè , non è tutto . Esagerate venti volte quello che vi ho detto : forse , non sarete nel vero . Questo guazzabuglio di fede e di errore , di misticismo e di sensualità , questo culto esterno così pagano , questa idolatria , vi spaventano ? Vi dolete di queste cose , degne dei selvaggi ? E chi ha fatto nulla per la coscienza del popolo napoletano ? Quali ammaestramenti , quali parole , quali esempi , si è pensato di dare a questa gente così espansiva , così facile a conquidere , così naturalmente entusiasta ? In verità , dalla miseria profonda della sua vita reale , essa non ha avuto altro conforto che nelle illusioni della propria fantasia : e altro rifugio che in Dio . V IL LOTTO Ebbene , a questo popolo eccezionalmente meridionale , nel cui sangue s ' incrociano e si fondono tante gentili , poetiche , ardenti eredità etrusche , arabe , saracene , normanne , spagnuole , per cui questo ricco sangue napoletano si arroventa nell ' odio , brucia nell ' amore e si consuma nel sogno : a questa gente in cui l ' immaginazione è la potenza dell ' anima più alta , più alacre , inesauribile , una grande fantasticheria deve essere concessa . È gente umile , bonaria , che sarebbe felice per poco e invece non ha nulla per essere felice ; che , sopporta con dolcezza , con pazienza , la miseria , la fame quotidiana , l ' indifferenza di coloro che dovrebbero amarla , l ' abbandono di coloro che dovrebbero sollevarla . Felice per l ' esistenza all ' aria aperta , eredità orientale , non ha aria ; innamorata del sole , non ha sole ; appassionata di colori gai , vive nella tetraggine ; per la memoria della bella civiltà anteriore , greca , essa ama i bianchi portici che si disegnano sull ' azzurro , e invece le tane dove abita questa gente , non sembrano fatte per gli umani , e dei frutti della terra , essa ha i peggiori , quelli che in campagna si dànno ai maiali ; e vi sono vivande che non assaggia mai . Ebbene , il popolo napoletano rifà ogni settimana il suo grande sogno di felicità , vive per sei giorni in una speranza crescente , invadente , che si allarga , si allarga , esce dai confini della vita reale : per sei giorni , il popolo napoletano sogna il suo grande sogno , dove sono tutte le cose di cui è privato , una casa pulita , dell ' aria salubre e fresca , un bel raggio di sole caldo per terra , un letto bianco e alto , un comò lucido , i maccheroni e la carne ogni giorno , e il litro di vino , e la culla pel bimbo e la biancheria per la moglie e il cappello nuovo per il marito . Tutte queste cose che la vita reale non gli può dare , che non gli darà mai , esso le ha , nella sua immaginazione , dalla domenica al sabato seguente ; e ne parla e ne è sicuro , e i progetti si sviluppano , diventano quasi quasi una realtà , e per essi marito e moglie litigano o si abbracciano . Alle quattro del pomeriggio , nel sabato , la delusione è profonda , la desolazione non ha limiti : ma alla domenica mattina , la fantasia si rialza , rinfrancata , il sogno settimanale ricomincia . Il lotto , il lotto è il largo sogno , che consola la fantasia napoletana : è l ' idea fissa di quei cervelli infuocati ; è la grande visione felice che appaga la gente oppressa ; è la vasta allucinazione che si prende le anime . * * * Ed è contagiosa questa malattia dello spirito : un contagio sottile e infallibile , inevitabile , la cui forza di diffusione non si può calcolare . Dal portinaio ciabattino che sta seduto al suo banchetto innanzi al portoncino , il contagio del lotto si comunica alla povera cucitrice che viene a portargli le scarpe vecchie da risuolare ; da costei passa al suo innamorato , un garzone di cantina ; costui lo porta all ' oste che lo dà a tutti gli avventori , i quali lo seminano nelle case , nelle officine , nelle altre osterie , fino nelle chiese . La serva del quinto piano , a destra , giuoca , sperando di non far più la serva ; ma tutte le serve , di tutti i piani , giuocano , tanto la cameriera del primo che ha le trenta lire al mese , quanto la vajassa del sesto , che ne prende otto , con la dolce speranza di uscir dal servizio , così duro ; e si comunicano i loro numeri , fanno combriccola sui pianerottoli , se li dicono dalle finestre , se li telegrafano a segni . La venditrice di frutta , che sta sotto il sole e sotto la pioggia , giuoca , e dal suo angolo di strada , in giù , la moglie del sarto , che cuce sulla porta , la moglie dello stagnino affogata dal fetore del piombo , la lavandaia che sta tutto il giorno con le mani nella saponata , la venditrice di castagne che si brucia la faccia e le mani al vapore e al calore del fornello , la venditrice di noci che ha le mani nere sino ai polsi per l ' acido gallico , tutte queste donne credono nel lotto , giuocano fedelmente , ardentemente , al lotto . Nella stanza stretta , dove otto o dieci ragazze lavorano da sarte , e il bimbo della sarta dorme nella culla e in un angolo frigge il lardo nel tegame sul focolare , una dà i numeri , una seconda ne ha degli altri , la maesta sa i veri , tutte costoro giuocano . Le pettinatrici del popolo , le cosidette capere , dal grembiule arrotolato attorno alla cintura , dalla testa scapigliata , dalle mani unte , che pettinano per un soldo al giorno , portano in giro i numeri alle loro clienti , ne ricevono in cambio degli altri , sono il gran portavoce dei numeri . In tutte le officine dove gli operai napoletani sono riuniti a un lavoro lunghissimo , così male retribuito , il lotto mette radici profonde ; in tutte le scuole popolari giuocano le maestre e giuocano le alunne grandicelle , in comitiva , riunendo i soldi della colazione . Dove sono riunite , a vivere di peccato , le disgraziate donne di cui Napoli ha così grande copia , il lotto è una delle più grandi speranze : speranza di redenzione . * * * Ma non credete che il male rimanga nelle classi popolari . No , no , esso ascende , assale le classi medie , s ' intromette in tutte le borghesie , in tutti i commerci , arriva sino all ' aristocrazia . Dove vi è un vero bisogno tenuto segreto , dove vi è uno spostamento che nulla vale a riequilibrare , dove vi è una rovina finanziaria celata ma imminente , dove vi è un desiderio che ha tutte le condizioni dell ' impossibilità , dove la durezza nascosta della vita più si fa sentire , e dove solo il danaro può esser rimedio , ivi il giuoco del lotto prende possesso , domina . Segretamente , giuocano tutte le ragazze da marito che non hanno un soldo di dote ; giuocano tutti i numerosi impiegati al Municipio , alle Banche , all ' Intendenza , al Dazio Consumo ; tutti i pensionati che non possono vivere con la pensione e che non avendo nulla da fare fanno la cabala , studiano la scienza negromantica del lotto , giuocano disperatamente e hanno sempre il libretto in pegno ; tutti i commessi di negozio , che guadagnano quaranta lire al mese , sanno i numeri certi e li giuocano ogni settimana . Grande reddito , al lotto , lo dànno i magistrati : pagati miserevolmente , essi che rappresentano la più grande equità morale , esposti a tentazioni che respingono con una inflessibilità degna di maggior premio , provvisti di molti figli , rovinati dai traslocamenti , la loro debolezza , la loro speranza consiste nel lotto . I piccoli commercianti che si dibattono continuamente con le cambiali e fanno una lotta quotidiana col fallimento , finiscono per aggrapparsi a questa tavola così incerta del lotto ; i grandi giuocatori di borsa , che vivono sopra il taglio di un rasoio e son capaci di ballarvi sopra un waltzer , a furia di febbre del giuoco , assaggiano volentieri la speranza del lotto . Tutti questi sintomi del male saliente alle classi dirigenti , mi constano , per aver visto , udito , compreso e intuìto . Le signore dell ' aristocrazia giuocano , un po ' per burletta , un po ' con la speranza di un nuovo braccialetto , un po ' per l ' oppressione di una nota di sarta che il marito non salderà mai . Anche quelli che dovrebbero esserne salvi , perchè abituati al male , perchè ci stanno sempre in mezzo , gli impiegati dei banchi - lotto , i postieri , non possono resistere alla tentazione . Onde , alle quattro del sabato , tutti quelli che sono più ammalati , non possono più aspettare , e si recano all ' Impresa , in una stretta strada fra la via Pignatelli e la via di Santa Chiara , per assistere alla estrazione dei numeri . Ma tutte le serve , le venditrici , le operaie e gli operai , le ragazze e gl ' impiegati non possono muoversi di dove sono . E allora un monello parte , va al più vicino posto del lotto e prende i numeri : tutti aspettano . Le persone più franche si fanno sulla porta e alle finestre , le vergognose restano dentro , tendendo l ' orecchio . Il ragazzo torna correndo , affannato , si pianta alla bocca del vicolo e grida i numeri , con voce stentorea : " Vintiquatto ! " " Sissantanove ! " " Quarantanoie ! " " Otto ! " " Sittantacinche ! " Silenzio universale : tutti impallidiscono . * * * Ma come tutti i sogni troppo pronunziati , il lotto conduce alla inazione ed all ' ozio : come tutte le visioni , esso porta alla falsità e alla menzogna ; come tutte le allucinazioni , esso conduce alla crudeltà e alla ferocia ; come tutti i rimedi fittizi che nascono dalla miseria , esso produce miseria , degradazione , delitto . Il popolo napoletano , che è sobrio , non si corrompe per l ' acquavite , non muore di delirium tremens ; esso si corrompe e muore pel lotto . Il lotto è l ' acquavite di Napoli . VI ANCORA IL LOTTO Il lotto ha una prima forma letteraria , rudimentale , analfabeta , fondata sulla tradizione orale come certe fiabe e certe leggende . Tutti i napoletani che non sanno leggere , vecchi , bimbi , donne , specialmente le donne , conoscono la smorfia , ossia la Chiave dei sogni a memoria e ne fanno speditamente l ' applicazione a qualunque sogno o a qualunque cosa della vita reale . Avete sognato un morto ? - quarantasette - ma parlava - allora quarantotto - e piangeva - sessantacinque - il che vi ha fatto paura - novanta . Un giovinotto ha una coltellata da una donna ? - diciassette , la disgrazia - diciotto , il sangue - quarantuno , il coltello - novanta , il popolo . Cade una casseruola dal suo chiodo , ammala un bimbo , fugge un cavallo , compare un grosso sorcio : numeri , subito . Tutti gli avvenimenti , grandi e piccoli , sono considerati come una misteriosa sorgente di guadagno . Muore una fanciulletta di tifo ; la madre giuoca i numeri , escono , ella esclama : m ' ha fatte bbene pure murenne ! Una moglie parla dell ' amore che le portava suo marito , che è morto ; poi soggiunge malinconicamente , che se questo amore fosse stato grande , egli le sarebbe comparso in sogno , per darle i numeri ; e se n ' è scordato , è un ingrato , poichè egli lo sa che essa è poveretta e dovrebbe aiutarla . Salvatore Daniele squarta la Gazzarra : biglietto ; il popolo dice : chella è mmorta , mo , almeno ce refrescasse a nnuie , che simmo vive . Salvatore Misdea ammazza sette soldati : biglietto . La legge ammazza Misdea : biglietto . Su le porte , nei bassi , alle cantonate , i numeri sono discussi da comitati e sottocomitati ; il biglietto è stabilito . Non esce : avevano sbagliato , dovevano mettere questo numero e quest ' altro , che sono usciti . Questa scienza della smorfia è così profonda , così abituale , che per dare del pazzo a qualcuno si dice : è nu vintiroie ( ventidue , matto ) , e crescendo man mano la collera , tutte le ingiurie avendo un numero relativo , si dicono in gergo del lotto . Una donna dà un pugno ad un ' altra , e le rompe la faccia ; davanti al giudice , si scolpa , dicendo : m ' ha chiammata sittantotto ; il giudice deve prendere la smorfia e vedere a che corrisponde di oltraggioso quel numero . * * * La cabala esiste più per le classi superiori che per le inferiori : ma essa vi discende . Certo , nel popolo non si comprano giornali cabalistici , settimanali , dagli strani titoli : il Vero amico , il Tesoro , il Fulmine , il Corno d ' abbondanza , che costano dieci lire all ' anno di abbonamento , compilati da una redazione ignota ; nè il popolo corrisponde con quei professori di matematica che abitano al vico Nocelle dodici , o a San Liborio , quarantotto , o a vico Zuroli , tre , e che dànno , nelle quarte pagine , la fortuna a chi paga le dieci lire . Ma qualche cosa vi trapela : il tal signore sa i numeri , lo aspettano nella strada , gli mettono in mano un paio di lire e quello si contenta : è un piccolo affare . L ' assistito ( dagli spiriti ) è un cancro che rode le famiglie borghesi , un convulsionario pallido che mangia molto , che finge di avere o ha delle allucinazioni , che non lavora , che parla per enigmi , che fa credere a delle macerazioni crudeli e che vive alle spalle di coloro che lo venerano . Ma , dalla casa borghese , per mezzo della cameriera , del servo , della lavandaia , la reputazione dell ' assistito arriva nel popolo ; e l ' assistito vi estende la sua azione mistica , vi raccoglie dei guadagni piccoli , ma insperati , vi fa degli adepti e finisce per camminare nelle vie , circondato sempre da quattro o cinque persone , che lo corteggiano e studiano tutte le sue parole . * * * Ma il grande aiutatore del popolo , la provvidenza del popolo , la sua fede , la sua credenza incrollabile , è il monaco . Il monaco sa i numeri : questo è il domma . Se non li dice , è perchè il Signore gli ha proibito di aiutare i peccatori ; se li dice , e non escono , è perchè nel giuocatore è mancata la vera fede ; se li dice e vengon fuori , la novella si spande in un minuto , il povero monaco diventa afflitto da una popolarità pericolosa . È come l ' artista che ha fatto un capolavoro : guai se non continua a farne , egli è perduto . Il monaco che ha solamente fatto prendere un ambo , ha speranza di viver quieto : ma colui che ha dato tre numeri e sono usciti tutti tre , stia in guardia . Cercheranno di sedurlo in tutti i modi , coi doni , coi regali di denaro , con le offerte , con le messe , con le elemosine ; lo faranno pregare dai bimbi , dalle donne , dalle nonne vecchie ; l ' aspetteranno in istrada , alla porta della chiesa , presso il confessionale , alla porta del convento ; andranno a raccomandarsi a sua madre , a suo fratello , a sua zia ; lo assedieranno mattina e sera ; lo bastoneranno ; lo sequestreranno , torturandolo ; lo lasceranno morire di fame , perchè almeno in agonia dia i numeri . Sono cose accadute . Spesso , per salvarsi , un monaco si fa mandare da un paese all ' altro , dal suo superiore ; scompare , il popolo dice che se lo ha portato via la Madonna . * * * Il popolo napoletano giuoca per quanto più ha denaro . Per quanto sia povero , trova sempre sei soldi , mezza lira , al sabato , da giuocare ; ricorre a tutti gli espedienti , inventa , cerca , finisce per trovare . La sua massima miseria non consiste nel dire che non ha pranzato , consiste nel dire : Nun , m ' aggio potuto jucà manco nu viglietto ; chi ascolta , ne resta spaventato . Fra il venerdì sera e il sabato mattino , è tutto un agitarsi di gente che vuol giuocare e che non ha denaro ; gli operai si fanno anticipare una giornata , le serve rubano orrendamente sulla spesa , i mendicanti nelle vie crescono smisuratamente dal venerdì al sabato , quello che si può ancora vendere , si vende , quello che si può impegnare , si impegna . Anzitutto vi sono i biglietti popolari da giuocare , quelli che si giuocano sempre , perchè è una tradizione , perchè è un obbligo , perchè non se ne può fare a meno : l ' ambo famoso , sei e ventidue ; il terno famoso , cinque , ventotto , e ottantuno ; il terno della Madonna , otto , tredici e ottantaquattro . Questi terni , per fortuna del governo , non escono che ogni venti anni : quando è uscito , dopo moltissimi anni di attesa , l ' ambo sei e ventidue , il governo ha pagato due milioni di piccole vincite , di cinque e di dieci lire l ' una ; e tutta Napoli si è coperta di tavolelle , vale a dire che tutti hanno pranzato o cenato con la vincita , per ricominciare a giuocare , la settimana dopo , con maggior ardore . E ognuno ha il suo biglietto speciale , che gioca ogni settimana , da anni ed anni , con una fede che mai non crolla : un lustrascarpe ne giuocava uno da trent ' anni e glielo aveva lasciato in eredità suo padre , morendo , insieme con la cassetta per lustrare ; erano usciti degli ambi , tre o quattro volte , in trent ' anni ; il terno , mai . Un portinaio ne giuocò uno , per quarantacinque anni , senza prender mai nulla : la prima settimana che per un caso singolare , se ne scordò , il terno uscì - il portinaio morì di dolore . E vi è sempre il biglietto del grande avvenimento , rissa o suicidio , revolverata o veleno ; e infine vi è il biglietto cabalistico , quello strappato all ' assistito o al monaco . Questi quattro biglietti bisogna giuocarli a ogni modo ; rappresentano una media variabile da cinquanta centesimi a due lire la settimana . Quando il napoletano non ha più che due soldi , li va a giuocare al gioco piccolo , o lotto clandestino . * * * Per lo più le mezzane di questa grande frode , sono le donne . Una di queste , sudicia , lacera , porta in una lunga tasca , sotto la gonnella , un registro : viene il giuocatore o la giocatrice , deposita due soldi e dice i numeri : in cambio ha un pezzetto di carta sporca , dove sono scritti col lapis i numeri e la promessa , invariabile : uno scudo l ' ambo ... quaranta scudi il terno . La donna compie il suo giro nel quartiere , tutti la conoscono , tutti sanno che mestiere fa , tutti l ' aspettano : denunziarla ? Nessuno l ' oserebbe , è una benefattrice . Questi introiti sono larghi naturalmente ; a furia di due soldi si arriva a centinaia e centinaia di lire : i tenitori di gioco piccolo arricchiscono quasi tutti . Alla Riviera s ' incontrano degli equipaggi di ricchi borghesi , arrivati a questa ricchezza col lotto clandestino ; si conoscono perfettamente le persone , ma esse non compaiono , hanno i loro agenti . Il popolano ha una cieca fede in questi tenitori di gioco piccolo : ma bene spesso , nel pomeriggio del sabato , se il tenitore ha da pagare molte vincite , si affretta a sparire , con tutti i suoi registri , e non paga nessuno . Che importa ? La settimana appresso un ' altra donna ricomincia il suo giro e la gente ci capita di nuovo , come attratta , invincibilmente . Che delizia per chi giuoca e per chi prende i quattrini , frodare il governo ! Ogni tanto la questura arresta quattro o cinque di questi agenti , di queste mezzane , essi sono condannati al carcere , alla multa ; che importa ? Scontano la pena , pagano la multa , escono , ricominciano da capo , con più ardore . Vi è chi è stato condannato cinque volte per gioco piccolo : e ha un palazzo , e si lagna della persecuzione del governo , e la sua condanna la chiama na disgrazia . L ' aver messo il biglietto a due soldi , non è valso a nulla , pel governo : la frode ha continuato , più fiorente , appoggiata su questa grande allucinazione . * * * Ora la statistica porta : che nei giorni di giovedì , venerdì e sabato , avvengono maggiori furti domestici ; che in questi tre giorni si fanno più pegni al Monte di Pietà , che in questi tre giorni le agenzie private di pegni , sono affollatissime ; che in questi tre giorni , ma specialmente nel pomeriggio del sabato , avvengono maggiori risse ; che infine le cose più brutte , più laide , più ignobili e più violente avvengono in questo fatale periodo , e che in questi giorni il popolo napoletano si mette nelle mani dell ' usura : il vero cancro , di cui muore . VII L ' USURA Una povera donna che ha bisogno di cinque lire per pagare il padrone di casa , va a cercarle in prestito da donna Carmela , che dà il denaro cu a credenza . Prima di andarci , esita molto , ha paura e vergogna , ma visto che non può fare diversamente si decide . Donna Carmela è una donna grassa e grossa che esercita per lo più una professione di lusso , rammenda merletti , trapuntisce le grandi coltri di bambagia che si usano in Napoli , d ' inverno ricama in oro sul velluto : infine una professione per la forma , che lascia godere di lunghi ozii ; ma la sua vera professione è il prestar quattrini alla povera gente . Donna Carmela è verbosa e affettuosa in questo primo colloquio con la povera donna : la rincora , la compatisce , se occorre , le confessa di essere stata egualmente alle strette , e la manda via , tutta racconsolata , con le cinque lire , - vale a dire con quattro lire e mezzo . Il prestito è fatto per otto giorni , l ' interesse è di due soldi per lira . Si paga anticipato : quindi , sulle cinque lire , la povera donna lascia cinquanta centesimi . Gli otto giorni passano , le cinque lire da restituire la povera donna non le ha , allora , tutta rossa di vergogna , prega donna Carmela di contentarsi di un ' altra settimana d ' interesse , cinquanta centesimi : donna Carmela non dice nulla e intasca i dieci soldi . Così passano quattro , cinque , fino a dieci settimane , senza che la povera donna abbia mai potuto riunire le cinque lire : e ogni lunedì le tocca pagare l ' interesse del dieci per cento per settimana , e dopo la quinta settimana donna Carmela è diventata una iena , bisogna pregarla perchè non gridi , perchè non faccia delle scene , essa vuole il suo denaro , vuole il sangue suo , l ' interesse non le serve , le servono i quattrini del capitale . Sulla soglia delle porte , alle porte delle officine , ogni sabato , ogni lunedì , si ode la voce irosa di donna Carmela : essa , dal mattino , è in giro per esigere , ricoglie , e fa tremare uomini e donne , con il suo tòno alto e imperioso . In un posto ha da esigere una lira , in un altro due , in un altro cinque : e non osano ribellarsi a lei , non avendo da pagarla , non osano ribellarsi , potendo aver sempre bisogno di lei . Quella donna grassa è implacabile : sa la sua potenza : se una serva non paga , essa minaccia di fare uno scandalo con la padrona , se una donna non paga , essa minaccia di dirlo al marito , se un operaio non paga , essa sa l ' indirizzo del capo officina , e cui va a denunciarlo . Ella è astuta e cauta , audace e sboccata : ella resta sempre nella posizione di una benefattrice , a cui codesti ingrati rodono le fibre e bevono il sangue . E infatti nessuno le dà una coltellata , nessuno la bastona , nessuno la insulta , e quel che è più forte ancora , nessuno ha il coraggio di negarle i quattrini : l ' onestà del popolo napoletano non è neppur capace di truffare una usuraia . Non le danno neppure torto nelle sue escandescenze : e cercano sempre di mansuefarla . Quando una povera donna napoletana ha bisogno di un grembiule , di un vestito , di un fazzoletto da collo , di un paio di camicie , non avendo quattrini per comperarle , si decide ad andare da donna Raffaela che dà la robba cu a credenza . Quest ' altra usuraia prende , a basso prezzo , tela e percallo e fazzoletti di cotone dai negozi : e li rivende alla povera gente . Ogni oggetto , naturalmente , è pagato molto più caro del suo valore : primo guadagno . Poi , come all ' altra usuraia , bisogna pagare l ' interesse del dieci per cento alla settimana , sulla somma . Questi debiti , complicati continuamente , pesano sulla esistenza delle povere donne , per mesi e mesi : talchè , molto spesso , il grembiule si è consumato , la veste è lacera , le camicie sono bucate , e la povera donna ne ha pagato tre volte il valore , e il debito rimane uguale : donna Raffaela è furibonda , ella grida come una energumena , vuole strappare dal collo della donna il fazzoletto che le ha venduto , vuole sciogliere dai fianchi il grembiule e va gridando : Chesta è robba mia ! T ' aie arrobbato lu sango mio ! Come l ' altra , ella finisce per incassare quattro o cinque volte il capitale ; come l ' altra , ella è necessaria alla povera gente , la quale non reagisce mai contro queste violenze ; come l ' altra , ella non arrischia mai che piccoli capitali , preferendo di far piccoli e molti affari , dove non vi sono rischi , a grossi affari che offrono sempre dei pericoli . Le agenzie private di pegni rappresentano l ' usura organizzata in modo legale . Queste agenzie non sono succursali del Monte di Pietà , che debbano conformarsi alle tariffe del grande istituto di misericordia ; ma sono speculazioni debitamente autorizzate e viventi con capitali proprii . Per lo più sono esercitate da donne , profondamente sottili nella loro volgarità , nella loro ignoranza , e vengono messe su con pochi capitali . Anzitutto , in queste agenzie , l ' oggetto è deprezzato vilmente , specie se non è oro : e il primo guadagno è su questo . Vi si paga un fantastico diritto di registro , poi un tanto per la cartella , poi l ' interesse anticipato per un mese , tutto questo così complicato , così bene salvaguardato , così apparentemente legale , che queste agenzie esigono il cinque per cento d ' interesse al mese , senza che nessuno abbia il diritto di lagnarsi . So di una moglie di impiegato che dovette impegnare il suo unico vestito di seta , il vestito delle nozze , che era costato duecentocinquanta lire , in una di queste agenzie , tenuta da una grossa donna Gabriela : n ' ebbe trentasei lire , di cui ritirò soltanto trent ' una , lasciandone cinque per interesse , per la cartella ed il diritto di registro . Per sei mesi , tremando che non le vendessero il suo vestito e non avendo le trentasei lire , le toccò pagare , ogni mese , cinque lire , vale a dire che restituì i quattrini presi : al settimo non ebbe neppure quelle cinque lire ed il vestito fu venduto . Accorse , per vedere di prendere il di più , poichè il vestito era nuovo , e si era dovuto vendere bene : invece era stato liberato per trenta lire ; almeno così apparve dal libro . Ebbe poi il piacere d ' incontrare donna Gabriela al teatro col suo vestito indosso e carico di oro e di gioielli , ricomprati dall ' agenzia . Poichè molte di queste amano di sovraccaricarsi degli oggetti che hanno in deposito , e più di una popolana vede passare l ' impegnatrice che va alla passeggiata , portando al collo il laccetto d ' oro che ella ha dovuto impegnare , alle orecchie gli orecchini di una vicina , e sulle spalle il mantello di velluto della signora del terzo piano : e dietro le porte , dietro le finestre , quando l ' impegnatrice passa , vi sono dei sospiri repressi , delle lagrime inghiottite , dei pallori subitanei : l ' impegnatrice sembra un idolo indiano a cui si sacrifichi oro e sangue . Alcune impegnatrici , più astute e più calcolatrici , impegnano di nuovo , ma al Banco , gli oggetti di oro e di valore , guadagnandoci ancora , poichè il Banco dà onestamente il terzo del valore ed esse neppure il quinto : così aumentano i loro capitali , e mettono gli oggetti al sicuro . Ma perchè - si domanda - la povera gente non si rivolge ai due Banchi dello Spirito Santo e di Donnaregina ? Perchè si fa spogliare da queste agenzie ? Gli è che a questi Banchi governativi , il tramite è molto lungo - e molta gente non ha pazienza , non sa come fare , vuole sbrigarsi presto , è presa da una necessità urgentissima e preferisce entrare in una delle prime agenzie che trova dove la servono subito , senza formalità e senza parole ; gli è che in questi Banchi governativi , la pubblicità è sempre grande , e una persona timida vi arrossisce di vergogna e preferisce entrare nella penombra discreta delle agenzie private , dove tutto sembra fatto con grande segretezza ; gli è che il venerdì e il sabato , poichè il popolo napoletano deve giuocare al lotto , e ha giuocato , la folla è così grande che i Banchi governativi non bastano più e il popolo si riversa nelle agenzie private . Ora , calcolate . Ogni vicolo ha la sua donna Carmela , ogni strada la sua donna Raffaela , ogni angolo di piazza ha la sua agenzia autorizzata ; e in certe strade nere , ogni tre botteghe , s ' impegna . Calcolate , moltiplicate , pensate alla miseria , pensate al lotto : da un lato l ' avidità e la furberia : dall ' altro l ' onestà e l ' ingenuità , il bisogno , la miseria . Di questo cancro , l ' usura , agonizza in una infelicità infinita la gente napoletana . VIII IL PITTORESCO Alla mattina , se avete il sonno leggiero , fra i tanti rumori napoletani , udirete uno scampanio in cadenza , che ora tace , ora ricomincia dopo breve intervallo : e insieme un aprir e chiuder di porte , uno schiuder di finestre e di balconi , un parlare , un discutere a voce alta , dalla strada o dalle finestre . Sono le vacche che vanno in giro per un paio d ' ore , condotte , ognuna , da un vaccaro sudicio , per mezzo di una fune : le serve comprano i due soldi di latte , attardandosi sulla soglia del portone , litigando sulla misura ; molte , per non avere il fastidio di far le scale , calano dalla finestra un panierino dove è un bicchiere vuoto e un soldo , e da sopra protestano che è troppo poco , che il vaccaro è un ladro e fanno risalire il panierino con molta precauzione , per non versare il latte ; poi sbattono rabbiosamente le finestre . Queste vacche si fermano innanzi a ogni porta , nel loro giro mattinale : dove le serve dormono ancora , il vaccaro grida forte , acalate o panaro ; se non sentono , batte forte il campanaccio della vacca . È un quadro pittoresco , mattinale ; quelle vacche tutte incrostate di fango , quel vaccaro dalle mani nere che sporcano il bicchiere , quelle serve scapigliate e discinte , quelle comari dalla camiciuola macchiata di pomidoro . L ' altro lato del quadro , è nel pomeriggio ; dalle quattro alle sei , uno scampanellìo acuto e fitto : sono le mandre di capre che scorazzano per tutte le vie della città , ogni branco guidato da un capraro , con un bastone . A ogni portone il branco si ferma , si butta a terra , per riposarsi , il capraro acchiappa una capra , e la trascina dentro il portone , per mungerla innanzi agli occhi della serva , che è scesa giù ; talvolta la padrona è diffidente , non crede nè all ' onestà del capraro , nè a quella della serva ; allora capraro e capra salgono sino al terzo piano , e sul pianerottolo si forma un consiglio di famiglia , per sorvegliare la mungitura del latte . Il capraro e la sua capra ridiscendono , galoppando , dando di petto , contro qualche infelice che sale e che non aspetta questo incontro : giù , alla porta , è un combattimento fra il capraro e le sue capre per farle muovere , fino a che queste prendono una corsa sfrenata , massime quando si avvicina la sera e sanno che ritornano sulle colline . In tutte le città civili , queste mandre di bestie utili ma sporche e puzzolenti , queste vacche non si vedono per le vie : il latte si compra nelle botteghe pulite e bianche di marmi . A Napoli , no : è troppo pittoresco il costume , per abolirlo . Nessun municipio osa farlo . La gran riforma , in venticinque anni , è stata che non potessero girare per la città i maiali , come era prima permesso . * * * Un ' altra cosa molto pittoresca , è il sequestro delle strade , fatto per opera dei piccoli bottegai o dei rivenditori ambulanti . Che quadri di colore acceso , vivo , cangiante , che bella e grande festa degli occhi , che descrizione potente e carnosa , potrebbero ispirare a uno dei moderni sperimentali , troppo preoccupati dell ' ambiente ! Per via Roma , la più importante strada della città , il tratto da San Nicola alla Carità , fino alle Chianche della Carità , vale a dire , due piazze , due lunghi marciapiedi , sino alle otto della mattina , è abbandonato ai rivenditori di frutta , di erbaggi , di legumi : un contrasto di fichi e di fave , di uva e di cicoria , di pomidori e di peperoni ; e un buttar acqua , sempre , uno spruzzare , uno scartare la roba fradicia ; dopo le otto , quel tratto è un campo di battaglia di acque fetenti , di buccie , di foglie di cavolo , di frutta marcite , di pomidori crepati , tanto che , come la mano fatale di lady Macbeth , che tutte le acque dell ' Oceano non potevano lavare , quel tratto di strada , via Roma , malgrado le premure degli spazzini , non arriva mai a detergersi . Intanto il grande mercato di Monteoliveto lì presso , resta semi - vuoto , con la malinconia dei grandi fabbricati inutili ; quello di San Pasquale a Chiaia , è addirittura chiuso ; il venditore napoletano non vuole andarci , vuol vendere nelle strade . Tutto il quartiere della Pignasecca , dal largo della Carità , sino ai Ventaglieri , passando per Montesanto , è ostruito da un mercato continuo . Vi sono le botteghe , ma tutto si vende nella via ; i marciapiedi sono scomparsi , chi li ha mai visti ? I maccheroni , gli erbaggi , i generi coloniali , le frutta , i salami ed i formaggi , tutto , tutto nella strada , al sole , alle nuvole , alla pioggia ; le casse , il banco , le bilancie , le vetrine , tutto , tutto nella via ; vi si frigge , essendovi una famosa friggitrice ; vi si vendono i melloni , essendovi un mellonaro famoso per dar la voce ; vanno e vengono gli asini carichi di frutta ; l ' asino è il padrone tranquillo e potente della Pignasecca . Qui il romanzo sperimentale potrebbe anche applicare la sua tradizionale sinfonia degli odori , poichè si subiscono musiche inconcepibili : l ' olio fritto , il salame rancido , il formaggio forte , il pepe pestato nel mortaio , l ' aceto acuto , il baccalà in molle . Nel mezzo della sinfonia della Pignasecca , vi è il gran motivo profondo e che turba ; la vendita del pesce , specialmente del tonno , in pieno sole , su certi banchi inclinati , di marmo . Alla mattina il tonno va a ventisei soldi e il pescivendolo grida il prezzo con orgoglio : ma , come la sera arriva , per il declinare dell ' ora e della merce , il tonno scende a ventiquattro , a una lira , a diciotto soldi ; quando arriva a dodici soldi , la gran nota sinfonica del puzzo ha raggiunto il suo apogeo . La Pignasecca non può mai essere pulita ; nessun Municipio ha mai osato dichiararla via di sbarazzo . Il quartiere del Sangue di Cristo , detto piuttosto ' o sanghe d ' e galline , per rispetto al nome del Redentore , se ne ride del Municipio . Del resto , tutto questo è bellissimo , pel pittore e pel novelliere . * * * Nulla di più pittoresco che la strada di santa Lucia , di esclusiva proprietà dei signori pescatori e marinai , intrecciatori di nasse e venditori di ostriche ; nonchè delle loro signore mogli , venditrici di acqua sulfurea e di ciambellette , cucinatrici di polipi e friggitrici di peperoni ; nonchè dei loro signori figliuoli , in numero indefinito , nudi e bruni come il bronzo . In quella strada , all ' aria aperta , tutto si fa : il bucato e la conserva di pomidoro , la pettinatura delle donne e la spulciatura dei gatti , la cucina e l ' amoreggiamento , la partita a carte e la partita alla morra . La strada di santa Lucia appartiene ai luciani , che fanno il loro comodo . Le quattro viottole cieche che salgono da santa Lucia verso la collina , valgono i fondaci del quartiere Mercato , per il luridume : i cavalcavia uniscono le case pencolanti e sbuzzanti , le cordicelle vanno da un balcone all ' altro , un lumicino innanzi a una Madonnina nera illumina soltanto la viottola , dove va a cadere tutto il sudiciume di quella gente . Non vi è più marciapiede , verso il mare : i luciani se lo pigliano tutto , per le nasse , e per le fiasche dell ' acqua sulfurea . Nell ' estate , anzi , dormono sul marciapiede o sul parapetto e brontolano contro colui che osa passare e svegliarli . Verso le case , non vi si accosta nessuno : lì per scherzo , volano i torsi di spighe e le buccie di fichi e le cantine mettono le tavolelle dei bevitori , nella via . I luciani sopportano che il tram passi per la loro via , ma vi bestemmiano contro , spesso e volentieri , poichè è una usurpazione della loro strada : le venditrici di acqua sulfurea paiono tanti uomini vestiti da donne , con gli zoccoli dal tacco alto , la gonna corta legata sullo stomaco , le rosette di perle sostenute con un filo all ' orecchio , perchè non si spezzi il lobo , pel peso . Sono naturalmente rissose e brutali : vi dànno a bere l ' acqua per forza , litigano fra loro , rubandosi gli avventori . Sono indomabili : per poterle governare , il delegato del quartiere deve essere anche un luciano , che le pigli a male parole . Una volta , due di esse , bastonarono fino all ' estenuazione , una guardia municipale che voleva loro assegnare una contravvenzione : è vero , però , che il giorno seguente si quotarono per aiutarne la vecchia madre , mentre il figlio era all ' ospedale . Ma santa Lucia , tutta pittoresca , resta sempre fuori delle leggi dell ' edilizia e d ' igiene : è un borgo fortificato . Forse il colera non vi avrà fatto strage ; vi è il mare e vi è il sole . Ma che mare nero , untuoso ! Ma qual putrefazione , non illumina quel sole ! * * * È pittoresco , per un amante del colore , veder girare , di sera , per via Roma , un carretto disposto a mensa , su cui , in tanti piattelli , vedi dei castelletti di fichi d ' India , sbucciati : un uomo spinge il carretto , una lampada a petrolio vi fumiga , il carretto si ferma ogni tanto . Riparte , lasciando dietro di sè le bucce spinose e sdrucciolevoli . È pittoresco , assai , per un novelliere , girare dopo mezzanotte : e trovare degli uomini che dormono sotto il porticato di san Francesco di Paola , col capo appoggiato alle basi delle colonne : degli uomini che dormono sui banchi dei giardinetti , in piazza Municipio ; dei bimbi e delle bimbe , che dormono sugli scalini delle chiese di san Ferdinando , santa Brigida , la Madonna delle Grazie , specialmente quest ' ultima , che ha una larga scala e certi poggiuoli ampli , nel centro di via Roma . Può piacere all ' uno e all ' altro , che giusto a due passi da via Roma , vi sia il Chiostro di San Tommaso d ' Aquino , dove non vi sono più monaci , ma che è un piccolo fondaco , una piccola Corte dei Miracoli , con le sue vanelle , e le sue botteghe brulicanti di ombre e le case brulicanti di poveri e d ' infelici . Ma in realtà è molto , molto crudele che tutto questo esista ancora , e che creature umane lo subiscano , e che uomini di cuore sopportino che questo sia . IX LA PIETÀ Quando una popolana napoletana non ha figli , essa non si addolora segretamente della sua sterilità , non fa una cura mirabile per guarirne , come le sposine aristocratiche , non alleva un cagnolino o una gattina o un pappagallo , come le sposette della borghesia . Una mattina di domenica ella , si avvia , con suo marito , all ' Annunziata , dove sono riunite le trovatelle , e fra le bimbe e i bimbi , allora svezzati o grandicelli , ella ne sceglie uno con cui ha più simpatizzato , e , fatta la dichiarazione al governatore della pia opera , porta con sè , trionfante , la piccola figlia della Madonna . Questa creaturina , non sua , ella l ' ama come se l ' avesse messa al mondo ; ella soffre di vederla soffrire , per malattia o per miseria , come se fossero viscere sue ; nella piccola umanità infantile napoletana , i più battuti sono certamente i figli legittimi ; di battere una figlia di Maria , ognuno ha un certo ritegno ; una certa pietà gentilissima fa esclamare alla madre adottiva : puverella , non aggio core de la vattere , è figlia della Madonna . Se questa creatura fiorisce in salute e in bellezza , la madre ne va gloriosa come di opera sua , cerca di mandarla a scuola o almeno da una sarta per imparare a cucire , poichè certamente , per la sua bellezza , la bimba è figlia di un principe ; in nessun caso di miseria o infermità , la madre adottiva riporta , come potrebbe , la figliuola all ' Annunziata . E l ' affezione , scambievole , è profonda , come se realmente fosse filiale ; e a una certa età il ricordo dell ' Annunziata scompare , e questa madre fittizia acquista realmente una figliuola . * * * Ma vi è di più : una madre ha cinque figli . Il più piccolo ammala gravemente , ella si vota alla Madonna , perchè suo figlio guarisca ; ella adotterà una creatura trovatella . Il figlio muore ; ma la pia madre , portando il fazzoletto nero che è tutto il suo lutto , compie il voto , lagrimando . Così , a poco a poco , la creatura viva e bella consola la madre della creatura morta , e vi resta in lei solo una dolcezza di ricordo e vi fiorisce una gratitudine grande per la figlia della Madonna . Talvolta , il figlio guarisce : il primo giorno in cui può uscìre , la madre se lo toglie in collo e lo porta alla chiesa dell ' Annunziata , gli fa baciare l ' altare , poi vanno dentro a scegliere la sorellina o il fratellino . E fra i cinque o sei figli legittimi , la povera trovatella non sente mai di essere un ' intrusa , non è mai minacciata di essere cacciata , mangia come gli altri mangiano , lavora come gli altri lavorano , i fratelli la sorvegliano perchè non s ' innamori di qualche scapestrato , ella si marita e piange dirottamente , quando parte dalla casa e vi ritorna sempre , come a rifugio e a conforto . * * * Un caso frequente di pietà è questo : una madre troppo debole o infiacchita dal lavoro ha un bimbo , ma non ha latte . Vi è sempre un ' amica o una vicina o qualunque estranea pietosa , che offre il suo latte ; ne allatterà due , che importa ? Il Signore penserà a mandarle il latte sufficiente . Tre volte al giorno la madre dal seno arido , porta il suo bambino in casa della madre felice : e seduta sulla soglia , guarda malinconicamente il suo figlio succhiare la vita . Bisogna aver visto questa scena e aver inteso il tono di voce sommessa , umile , riconoscente , con cui ella dice , riprendendosi in collo il bambino : o Signore t ' o renne , la carità che fai a sto figlio . E la madre di latte finisce per mettere amore a questo secondo bimbo e , allo svezzamento , soffre di non vederlo più : e ogni tanto va a ritrovarlo , a portargli un soldo di frutta , o un amuleto della Vergine : il bimbo ha due madri . Io ho visto anche altro : una povera donna andava in servizio , non poteva tenere presso di sè il suo bimbo ; lo lasciava a un ' altra povera donna , che orlava gli stivaletti , e lavorava in casa , cioè nella strada . Ella metteva i due bimbi , il suo e quello della sua amica , nello stesso sportone ( culla di vimini ) , attaccava una funicella all ' orlo dello sportone e dall ' altra parte al proprio piede , e mentre orlava gli stivaletti , canticchiava la ninna nanna per i due bimbi ; mentre orlava gli stivaletti , mandava avanti e indietro il piede , per cullare i due bimbi nello stesso sportone . A un ' altra donna che stava in servizio , un ' amica teneva il bimbo ; ma veniva a portarglielo da molto lontano , per farlo succhiare , sudando , sotto il sole , con quel bimbo pesante in collo . L ' intervista accadeva sul pianerottolo o in cucina : e accadevano questi piccoli dialoghi : - S ' è stato cuieto , almeno ? - Cuieto sì , ma tene sempe famme . - Core de mamma soia ! Poi l ' allattamento finiva , l ' amica riprendeva il bimbo non suo , dicendogli : - Iammocene , a ' casa , ja ' ; core de la zia , saluta a mammà . E se ne andava , tranquillamente , senza mormorare , mentre la madre , dal finestrino della cucina , guardava ancora una volta suo figlio . * * * È naturale che il popolo non possa far carità di denaro , al più povero di lui , non avendone ; ma si vedono e si sentono carità più squisite , più gentili . Una cuoca si metteva sempre di malumore quando la padrona ordinava il brodo : era soltanto felice quando si ordinavano maccheroni o legumi , o risotto , grosse nutrienti minestre . Fu lungamente sospettata di ingordigia , sebbene alla sua personcina malandata , fosse più necessario il brodo che i maccheroni : in realtà ella dava la sua minestra , ogni giorno , ai due bimbi della portinaia , e preferiva dar loro un grosso piatto , anzichè tre cucchiaiate di brodo : ella rimaneva senza . Alla sera , quando vanno via , tutte le serve portano un fagottino degli avanzi del pranzo , quando la padrona ha la bontà di darli loro : e non servono per sè , sono per un fratellino , o per un nipote o per una madre vecchia o per qualche povera donna che non ha altro . Nessuna serva mangia mai tutto quello che le date : tre quarti , una metà , talvolta tutto , è destinato a un ' altra persona . E gli ammalati degli ospedali , la gente carcerata , trovano sempre una sorella , una zia , una comare , un amica , un ' amante che si torturano una settimana , per poter comperare al giovedì o alla domenica , quattro aranci da sollevare la sete dell ' infermo o della inferma , che lavano di notte , in fretta e in furia , la camicia del carcerato , per potergliela portare il giorno seguente , lavata e stirata . Bisogna andare a vedere che cosa sono le porte degli ospedali , nei giorni di visita : e che folla femminile vi si accalca , pallida e ansiosa ! Io ho visto una moglie , a cui il marito era morto all ' ospedale , in un giorno , andare dal direttore , da quanti medici potette avere l ' indirizzo , dalla direttrice delle suore , dalle suore , dagli inservienti , e piangere , e pregare , e scapigliarsi e scongiurarli , in nome di Cristo , che non le squartassero il marito . L ' idea della morte la sopportava , ma l ' autopsia la esasperava . * * * Nessuna donna che mangi , nella strada , vede fermarsi un bambino a guardare , senza dargli subito di quello che mangia : e quando non ha altro , gli dà del pane . Appena una donna incinta si ferma in una via , tutti quelli che mangiano o che vendono qualche cosa da mangiare , senza che ella mostri nessun desiderio , gliene fanno parte , la obbligano a prenderlo , non vogliono avere lo scrupolo . E i poveri che girano , sono aiutati alla meglio , da quella gente povera : chi dà un pezzo di pane , chi due o tre pomidoro , chi una cipolla , chi un po ' d ' olio , chi due fichi , chi una paletta di carboncini accesi : una donna , per fare la carità in qualche modo , lasciava che una mendicante venisse a cuocere sul proprio fuoco , sul focolaretto di tufo , il poco di commestibile che la mendicante aveva raccattato . Tanto avrebbe dovuto perdersi , quel resto del fuoco , dopo la sua cucina ; era meglio adoperarlo a sollevare una miserabile . Un ' altra faceva una carità più ingegnosa : essendo già lei povera , mangiava dei maccheroni cotti nell ' acqua e conditi solo con un po ' di formaggio piccante , ma la sua vicina , poverissima , non aveva che dei tozzi di pane secco , duro . Allora quella meno povera regalava alla sua vicina l ' acqua dove erano stati cotti i maccheroni , un ' acqua biancastra che ella rovesciava su quei tozzi di pane , che si facevano molli e almeno avevano un certo sapore di maccheroni . Una giovane cucitrice era stata a Gesù e Maria , l ' ospedale , con una polmonite ; poi si era guarita , e pallida , esaurita , sfinita , era venuta via . Pure l ' ospedale , per assisterla ancora in vista di una tisi probabile , le concedeva , ogni mattina , quattro dita di olio di fegato di merluzzo , che ella doveva andare a prendere , lassù . Ella capitava ogni mattina , col suo bicchiere , sino a che fu rimessa completamente in salute : e allora le dissero che non le avrebbero più data la medicina . Ella si confuse , impallidì , pianse , pregò la monaca che per carità , non gli sospendessero quell ' olio - e infine fu saputo che di quell ' olio , ella si privava per darlo in elemosina a una povera donna - la quale per miseria , superato il naturale disgusto , lo adoperava a condire il pane o a friggerci un soldo di peperoni . * * * E ancora un altro fatto mi rammento . Un giorno , al larghetto Consiglio , una donna incinta , presa dalle doglie , si abbattè sugli scalini e partorì nella strada . Il tumulto fu grande : ella taceva , ma per pietà , per commozione , molte altre donne strillavano e piangevano . E in poco tempo , da tutti i bassi , da tutte le botteghe , da tutti i sottoscala , vennero fuori camiciole e fasce per avvolgervi la povera creaturina , e lenzuola per la povera puerpera . Una madre offrì la culla del suo bimbo morto ; un ' altra battezzò il bimbo , facendogli il segno della croce sul visino ; una terza questuò per tutte le case del vicinato ; una quarta , serva , si offrì e andò a fare il servizio per la povera puerpera . La moglie del fornaio divise il suo letto , con la puerpera : e il fornaio dormì sopra una tavola per dieci giorni , avendo per cuscino un sacco . E quella miserella piangeva di emozione , ogni volta che baciava suo figlio . Roma , autunno 1884 IL VENTRE DI NAPOLI ( ADESSO ) IL PARAVENTO L ' impressione che si aveva , entrando in Napoli , dalla stazione ferroviaria , venti anni or sono , era di giungere in una città angusta , male odorante , sporca , affogata di case di tutte le altezze , di tutti i colori , portanti , tutte , il marchio del decadimento e del sudiciume . Se , poi , trascorso il vecchio Corso Garibaldi , la carrozzella del forastiero rallentava un poco il passo , in via Marina , in quella strada eternamente disselciata , dalle buche profonde , ove si trabalzava così maledettamente , se il forastiero lasciava il suo portamantelli sul soffietto , o collocava il nècèssaire da viaggio sulla via Marina , in quella strada eternamente disselciata , dalle buche profonde , ove si trabalzava così maledettamente vi era la rapina , quando non ne accadevano due o tre con l ' agile ladruncolo che fuggiva nelle viuzze e nelle viottole , alle spalle della Marina . E alla impressione estetica assai deludente pel forastiero che ancora non era giunto nel rione della Beltà , cioè verso la Riviera si univa un ribrezzo morale , di cui non solo le oneste e sincere guide Baedeker erano l ' eco , ma di cui tutti i viaggiatori formavano una larga e invincibile propaganda . Niuno dubbio che , dopo venti anni , la impressione estetica sia mutata completamente . La piazza della Stazione , ormai , ha una vastità degna di una metropoli e le tre ampie strade che vengono di fronte al forestiero , le due enormi arterie a dritta e a sinistra , i grandi palazzi che formano gli angoli della via , tutte queste cose grandi , piene di luce , piene di aria , tutte queste cose che hanno l ' aspetto nitido o quasi , danno agli occhi curiosi una prima visione gradevole . Entrando , poi , nel Rettifilo , l ' occhio un po ' distratto , un po ' stanco del viaggiatore , scorrendo rapidamente , finisce per avere un senso di ammirazione , per la larghezza di questa via , per il suo disegno che , sino ad un certo punto è bello . Mancano , è vero gli alberi , che formano la poesia di tutti i paesi civili del mondo , anche escludendo Parigi ove gli alberi sono la delizia e l ' ammirazione dei cittadini : mancano gli alberi e vi sono , in cambio , a irrisione nostra , alcune pianticelle tisiche , mal piantate , non coltivate , non protette e , viceversa , esecrate , odiate , perseguitate dalle autorità istesse , dai cittadini e dai monelli : tanto che sarebbe meglio sradicarle , anzi che assistere a quella lenta agonia di cui nessuno ha pietà , non il sindaco , non l ' assessore dei giardini , non i proprietarii delle case , non quelli dei magazzini , salvo la vana pietà di qualche malinconico viandante , che rammenta gli alberi , non di Parigi , per l ' amor di Dio , ma quelli di Milano e di Torino , città a cui il Signore non dette il paesaggio ma a cui , gli uomini , si affrettarono a dare il verde e l ' ombra dei begli alberi , riposo degli occhi , sogno vago dell ' anima . Basta ! Il Rettifilo ha una linea maestosa , il suo insieme colpisce specialmente se , traversandolo rapidamente , guardandolo senza troppo analizzarlo , non ci si accorge delle svariate bruttezze degli svariati palazzi nuovissimi che vi sono sorti , dei loro colori diversi , alcuni chiassosi , delle goffe e pretenziose ornamentazioni di alcuni fra essi : questo , però , è , purtroppo un male comune a tante altre belle città italiane , dove accanto agli splendori , antichi e alle profonde eleganze del gusto , gli architetti moderni hanno elevato i monumenti della loro completa ignoranza e della loro perfetta assenza di senso estetico . Quando si sono visti abbattere i meravigliosi sentieri ombrosi di quella villa incantevole che era la Ludovisia , a Roma , quando quel bosco sacro alla beltà e alla grazia , è sparito , per dar luogo ai quartieri Ludovisii , possiamo sopportare in pace anche le laidezze di non tutti i palazzi del Rettifilo ; anche perchè , alcuni fra essi sono , se non altro , semplici , poichè , fortunatamente l ' architetto non aveva fantasia ; e qualcuno , forse , ha persino delle linee eleganti . Non bisogna guardar troppo , ecco tutto , bisogna sogguardare , e così la vivezza della grande fontana , in piazza della Borsa , nasconderà il dislivello famoso e incorreggibile di via Guglielmo Sanfelice , mentre il solenne edificio della Borsa gli farà credere , al viaggiatore , chi sa quale mirabolante giro di affari e la gabbia aerea dei telefoni , a una rete di abbonati che serri tutta la città . Per fortuna , le guide tacciono su queste circostanze ; il viaggiatore non vede che l ' esterno ; e la messa in iscena del Rettifilo , del resto abbastanza felice , ottiene il suo effetto . Che se , poi , qualche conoscente napoletano , qualche compagno di viaggio più esperto , narra al viaggiatore che il Rettifilo ha tagliato in due il ventre di Napoli , attraversando i quattro quartieri popolari e popolosi di Mercato Vicaria , Pendino e Porto ; che questo Rettifilo non è stato fatto solo per arrivare più presto e meglio alla stazione ferroviaria ; non è stato fatto solo per i grandi industriali che vendon tessuti di lana e di cotone ; non è stato fatto solo per avere una larghissima via ; ma è stato fatto in nome di un criterio assoluto d ' igiene e quindi di civiltà , allora la sua impressione si viene sempre più migliorando . Il Rettifilo era , doveva essere , dovrebbe essere l ' apportatore dell ' aria , della salute , della pulizia di migliaia e migliaia di popolani napoletani : il suo ufficio , realizzando una idealità di carità civile che vollero Umberto Primo , Agostino Depretis e Nicola Amore , era quello di vincere la malattia e la morte , nel popolo napoletano . E allora , per chi abbia anima sensibile questa strada assume un simbolo elettissimo , è l ' emblema della solidarietà umana che , dall ' alto del trono , del governo dello Stato , del governo della Città , sente la necessità di elevare prima fisicamente e poi moralmente il popolo , dando ad esso i beni primari della vita , la luce , l ' aria , la nettezza , la salubrità , dandogli la via e la casa , dandogli il modo di acquistare la sanità del corpo che è la gioia dell ' anima , sottraendolo alle infermità , alle degenerazioni , all ' epidemia , e sottraendolo , così , anche alla disonestà e al vizio . Questo , nella mente di chi lo volle , dopo la strage del 1884 , dopo la visita ai tugurii e alle catapecchie fatta dal Re , dopo l ' orrore che ne ebbe l ' animo dei maggiorenti , questo era il compito del Rettifilo , che si è chiamato e si chiama Risanamento , con tutto il suo progetto di diramazioni , di colmate , di traverse . Il Rettifilo doveva salvare il popolo napoletano : e poichè gli occhi che guardano poco e fugacemente , poichè le labbra che domandano , non sempre sono esaudite da labbra che conoscano la verità , poichè il difetto di cui tutti siamo malati , è la fretta , poichè noi siamo , anche , malati di superficialità , poichè nessuno ha il tempo di fare quel che vorrebbe , nel mondo , poichè nessuno ha la volontà necessaria a eseguire tutto quello che vorrebbe , poichè tutto ci sfugge , per esser profondi , così , noi possiam credere che , veramente , il Rettifilo abbia dato al popolo napoletano tutto quello che gli mancava , e , sovra tutto , lo posson credere tutti coloro che passano qui un giorno o un mese ! * * * Eppure , questa illusione non resisterebbe a una osservazione più minuta . Alla seconda , alla terza , alla decima volta che voi attraversate questa magnifica strada , volgendo gli occhi , a manca , a dritta , lo scenario seducente ha dei grandi strappi . Un imponente palazzo , rossastro , pomposo , si pavoneggia con le sue cento finestre : e , accanto , voi scovrite un vuoto , e un muretto basso si prolunga , si prolunga , un muretto su cui la pubblicità allegramente appende i suoi quadri , da anni e anni , e dietro questo muretto , molto più indietro , sorgono delle masse di case lercie , cadenti , miserabili , di tutte le misure , macchiate di tutte le stigmate della povertà e del vizio . Ciò sparisce : un ' altra costruzione moderna tenta ridarvi una parvenza di civiltà , ma , fatto accorto , voi cercate ficcar l ' occhio , ai fianchi , alle spalle , e subito dietro , a otto o dieci metri , ecco , di nuovo , un affogamento di topaie , dalle cui finestrette pendono i cenci più indecenti , magari con la poesia del vaso di basilico e del popone appeso al giunco . Così , otto , quindici , venti volte , dalle due parti , ma sovra tutto , a diritta , andando verso la ferrovia , questo sipario lacerato bruscamente , vi mostra degli spettacoli improvvisamente brutti , nauseanti , schifosi : è la cattiva parola , ma è la parola e invano voi tentate di rifare le fila del vostro sogno di una via maestosa e ricca , di una via nobile e purificante , di una via che serva egualmente alla salute , alla fortuna e alla felicità del popolo . Queste continue apparizioni , fra le enormi nuove costruzioni , di quelle immonde costruzioni vecchie , non lontane , vicine , non lontane , accanto , non lontane , alle spalle , vi hanno distrutto tutta la vostra tela d ' illusione . Cercate le traverse che dovevano portare da sinistra , dai quartieri più alti al Rettifilo , bonificando la regione che comincia a santa Maria la Nova e continua pei Banchi Nuovi , san Giovanni Maggiore , Mezzocannone , Università , sino all ' Annunziata , sino a Capuana , e non ne trovate che due sole , complete , su venti , quelle attorno al Sedile di Porto , e tutte le altre sono abbozzate , sono pezzi di via , di otto o dieci metri , con il loro bravo nome , di un qualche nostro illustre cittadino - e anche di voi , o Francesco Serao , o avo mio ! - e niente altro , salvo , dopo questi dieci metri , che una cortina di antiche case non abbattute , una cortina che chiude le comunicazioni , che urta lo sguardo . Voi cercate le più belle traverse , quelle che dovevan tagliare a diritta , dal Rettifilo al mare , risanando i quartieri successivamente di Porto , Mercato e Vicaria . Su venti , ve n ' è una sola , completa . Alcune altre , quattro o cinque sono come quelle a sinistra , appena cominciate , abbandonate da anni , ottuse , traverse cieche , ove , in fondo , ma non molto in fondo , sorge lo stesso spettacolo , sempre , di case antichissime , mezze dirute , mezze cadenti , nerastre , verdastre , grigiastre . Dopo , non vi è più nulla . Cioè , vi sono dei vicoletti che precipitano per mezzo di dislivelli paurosi , di scalette ripide , difese da rozze ringhiere , in tutto ciò che sta dietro il Rettifilo , vicoletti sinuosi , vicoletti neri , angoli dove due o tre vicoli s ' intersecano dirupandosi , tutto un disegno bislacco e grottesco , accanto , sì , accanto , alle altitudini superbe dei nuovi palazzi . E voi , verso la fine del Rettifilo , vedendo fuggire gli ultimi lembi mirabili della vostra illusione , voi vi domandate se non siate vittima di un ' allucinazione , se una parte di quel che vedete non sia falso , poichè troppo forte è il contrasto , poichè non può essere tutto vero , a pochi metri di distanza , il decente e l ' indecente , il pulito e lo sporco , la pompa e l ' inguaribil miseria , il lusso e la povertà più abbietta . Che cosa è falso , che cosa è vero ? Sono , forse il portato di un incubo tutte quelle masse di abitazioni luride , fetide , cascanti , ove pare che si moltiplichino la tristizie e la tristezza , il morbo e il disonore , il delitto e la morte ? Sono forse gli spettacoli che vi fecero inorridire , come uomini e come cristiani , venti anni prima , sono questi spettacoli che si rinnovano , falsamente nella memoria , nella fantasia , così , come nei momenti di nostra malinconia spirituale e di nostra debolezza fisica ? O , forse è falsa l ' altra parte , cioè la parvenza moderna del Rettifilo e i suoi palazzi che vorrebbero essere splendidi , ma che sono almeno , nuovi , netti , solidi , grandi , appartengono al sogno ? Non sono forse , un lungo scenario di tela , su cui un abile scenografo abbia dipinto a grandi tratti , una serie di edifici maestosi , e intanto , non si sa come , non si sa perchè , la tela ha delle grandi soluzioni di continuità e lascia vedere l ' oscurità , il luridume delle quinte , ove tutto è rancido , è puzzolente , è nauseante ? O , forse , non sono di carta pesta , di legno dipinto , queste case , come quelle che estrae , lentamente , da una scatola , la mano di un bimbo e le dispone sovra un piano , ad angoli retti ? Non è , forse , a destra , a sinistra del Rettifilo , lo svolgersi di un bizzarro paravento , i cui pezzi non sono bene congiunti , anzi sono disgiunti , e il paravento non giunge a nascondere , quel che non si deve vedere ? * * * E passino i vostri occhi ricercatori dalle cose alle persone del Rettifilo , vi passino , per conoscer più presto e meglio il motto dell ' enigma . La possente arteria napoletana rifluisce , in ogni ora , di sangue vivido : una folla attraversa costantemente il Rettifilo , a piedi , in carrozza , in trams , specialmente sino a piazza Depretis , andando e venendo dai due rami di via Duomo . Folla di ogni qualità e , talvolta , anche , folla di persone distinte , bene vestite , gli uomini con la catena di oro sul panciotto , le donne con i ciondoli sospesi sul petto . Tutto questo mondo va , viene , ritorna , si allontana , mondo svariato , multiforme , multanime . Se voi siete abituato a discernere i volti e le espressioni , fra la folla , se avete l ' ardente e dolente segreto dell ' intuizione , voi scorgerete , lungo il Rettifilo , persone e faccie che vi daranno un fremito di sorpresa e , forse , di sgomento . Sugli angoli di quelle viuzze , presso quelle ringhiere , su quel limitare fatidico fra il vecchio e il nuovo , e , persino , nelle poche vie principali e non finite , stazionano sempre degli uomini , sul cui viso la delinquenza è impressa e la cui espressione non mente ; stazionano mendicanti dei due sessi e di tutte le età , ma di una mendicità sfrontata e ributtante , e stazionano anche , meno di mattina , molto più nel pomeriggio , moltissimo di sera , le sventurate e sciagurate femmine del popolo , che esercitano il più compassionevole e più atroce fra i mestieri . Così , sull ' orlo della superba via , sui due suoi lati , fiancheggiandola , il vizio e la miseria , il delitto mettono la loro popolazione . La gente che passa , è molta , non guarda bene , non bada : ma due , tre volte al giorno , un ladro si slancia sovra al galantuomo , sovra la signora , in pieno giorno , in pieno Rettifilo , fra mille persone , e gli strappa l ' orologio , le strappa gli orecchini , il derubato grida , il ladro infila la viottola , si gitta per un angiporto , è sparito , la folla strepita , non vi sono guardie , i mendicanti gridano e una di quelle donne del vizio , dà una falsa indicazione , perchè è , forse , un ' amante , un ' amica , una sorella del ladro , sempre una complice . Sia a piedi , sia in carrozza , la vittima , il ladro finisce sempre per fare il suo colpo , senza farsi arrestare , liquefacendosi come una nuvola , dietro una di quelle stradette : e alcune , anzi , di quelle vie , hanno la loro fatal rinomanza , come quella a principio del Rettifilo , la via di santa Candida . Dopo le nove di sera , il tratto del Rettifilo da piazza Depretis alla Ferrovia , è poco percorso da gente : e malgrado le grosse lampade elettriche , quel tratto è uno dei più pericolosi della città , e i medesimi cocchieri da nolo , affrettano il passo zoppicante del loro povero cavallo , andando alla stazione o tornandone , poichè sanno che il loro passaggiero può avere , forse e senza forse , un ' aggressione . In quell ' ora non si aggirano , colà , che ladruncoli , camorristi , pregiudicati e donne di mala vita . Nella magnifica strada : nella strada della salute e della redenzione del popolo napoletano ! * * * Ahi , che essa è semplicemente un paravento , ma leggiero , fragile e grossolano paravento , un paravento che non nasconde neppure , a chi vuol saper tutto , tutto ciò che vi è dietro , di pietoso e di orribile ! E un ' altra volta io vi dirò quel che vidi , lì dietro , con una triste e lunga curiosità , con un coraggio disperato e , con l ' angoscia più opprimente , del mio umile ma fedele cuore di napoletana ! DIETRO IL PARAVENTO Cominciamo da quanto esiste , dietro il paravento a sinistra del Rettifilo , venendo dal centro della città , andando verso la ferrovia : e osserviamo se si è risanato , come era la idea semplice e alta di tutti quelli che vollero salvare il popolo napoletano dalla sporcizia , dal vizio , dalla epidemia e dalla morte . Questo lato è il meno orribile , quando lo si percorre , passo passo , dalle spalle di via Guglielmo Sanfelice , dalle spalle dello splendido e deserto palazzo della Borsa sino laggiù , laggiù , all ' Annunziata . Eppure ! Camminando dietro il paravento , salendo , scendendo , salvo due o tre traverse di cui una sola è completata , due compiute a metà , le altre sono semplicemente aperte , e alcune di esse non sono neppure accennate , restandovi ancora , massime verso l ' Università i vicoli antichi , umidi , alti , tetri e sporchi . È il lato meno spaventoso agli occhi , meno nauseante all ' odorato , quello a sinistra ; eppure ! Sono restate intatte le oscure e malfide gradelle di Santa Maria la Nova , le antiche gradelle che conducevano al Cerriglio e che ora conducono alla piazza della Borsa ; intatte le strette , nere , soffocate , soffocanti gradelle di Santa Barbara , col loro angiporto che avrà duecento anni e che venti anni di risanamento edilizio , a due passi di lì non hanno distrutto , le famose gradelle di santa Barbara , celebri per il loro tarallaro , il biscottaio popolare , ma celebri anche per il vizio diurno e notturno , che vi ha i suoi antri più bassi e più tristi : nè , a quanto pare , tutto questo è mutato . I miei occhi hanno visto , in questa lunga indagine , le donne appoggiate agli angoli di questi angiporti , con le gonne attaccate sullo stomaco , le pianelle coi tacchi alti , le calzette rosse e le guancie cariche di belletto , mentre , nei loro occhi , vi è quella mortale fierezza e quella mortale tristezza che è il segno caratteristico del peccato , del vizio , nelle donne del popolo napoletano . Questo è il lato migliore di dietro il paravento , le vie che salgono , vanno verso quartieri più borghesi che popolari , vanno verso quartieri di commercianti , di professionisti , e lo spettacolo non desta un ribrezzo tanto profondo ; eppure ! Forse che è stato toccato , neppure in una sua pietra , quel budello nero , storto , ripido , sdrucciolevole , che è il vico di Mezzocannone ? Ah , esso non è stato toccato , e tutta la gente d ' immaginazione , ma senza cuore , tutti quelli che amano il colore a scapito della civiltà e della decenza , tutti quelli che amano il carattere e non hanno compassione di chi muore , si consoli , perchè il vico di Mezzocannone è stato rispettato e , probabilmente , non sarà mai toccato ! Eccolo , oscuro , fetido , pericoloso alle gambe , pericoloso alle gonne pulite , ai calzoni puliti , eccolo con le sue case senz ' aria e senza sole , con le sue botteghe che sembrano dei sotterranei , ove sono dei tintori , dei venditori di vino e persino , lavorando nella via , delle ricamatrici di oggetti di chiesa , ricamatrici in seta e in oro : eccolo , col suo goffo re di Mezzocannone , sovra una vecchia fontana , con quell ' altro precipizio , di traverso , che sono le gradelle di san Giovanni Maggiore : eccolo , il vero nostro vicolo di Mezzocannone , ce lo hanno lasciato e noi possiamo ancora , turandoci il naso , attraversarlo in fretta : il Risanamento non ha osato arrivarvi : non vi arriverà mai ! Sul fronte del Rettifilo si sta costruendo la facciata della nuova Università , nè appare molto bella , mentre l ' antica Università , via , aveva la sua grandezza e il suo fascino : si sta costruendo e gli studenti e i professori e la scienza finiranno per esser allogati magnificamente quando tutto ciò sarà finito . E via san Marcellino ? E gli altri intestini di viottole che discendono , in quella regione , intestini ove si agita e vive della gente , vi sono degli uomini , dei cristiani , accumulati , così , e tutte le altre straducce , adiacenti al Rettifilo ? Tutto ciò che era il vero risanamento , perchè , perchè non è stato risanato , mentre quasi tutti i denari , sono stati spesi , mentre quei pochi che restano , salvati a stento , basteranno scarsamente a completare le due ali del paravento , a destra e a sinistra , e non si potrà nulla fare per tutto ciò che è dietro ? Nulla ci sta più a cuore del decoro esterno della nostra carissima città e noi amiamo che ci sia un palazzo della Borsa maestoso , anche se non vi si facciano affari , dentro ; noi amiamo vedere la grande gabbia aerea dei telefoni , sull ' alto palazzo , in piazza , sebbene siano così pochi gli abbonati in una città di seicentomila anime ; noi amiamo pensare una novissima Università , con le sue cliniche e i suoi gabinetti scientifici , affollata dalla parte più geniale e più simpatica della nostra popolazione , cioè gli studenti : sì ! Ma che , accanto , a dieci passi , viva nella lordura , nella miseria , nelle stamberghe , nelle caverne , tutta una parte di popolo , per cui si volle il risanamento edilizio e igienico , che questa parte di popolo a cui si destinarono cento milioni , muoia di tutte le infezioni , dopo averne vissuto , alle spalle di tutti i nuovi palazzi : questo è che fa sollevare di dolore e di rimpianto il nostro cuore e ci fa sembrare una beffarda ironia la maestà esteriore dei nuovi edificii , dietro i quali vi sono il putridume e la cancrena ! * * * Ma la vera via crucis per l ' osservatore che abbia un ' anima pietosa , è il percorrere , a piedi , dove può e come può , tutto ciò che è dietro il paravento , alla diritta del Rettifilo , venendo dal centro della città , andando verso la ferrovia , principiando da quanto è alle spalle della via Niccola Amore , continuando sino a piazza Mercato , sino a porta Nolana . Alle spalle ? Via Niccola Amore , a diritta , non ha che un lungo e basso muretto e tutte le vecchissime case , in cui s ' imboccava via Porto , sono in piedi , alte , prepotenti , incombenti , sfidanti da anni il piccone , che non le tocca , che non le toccherà , forse , giammai ! Ivi , non vi è neppure il paravento : ivi , signoreggiano , quasi spettri della miseria e dell ' onta , tutte le case di Basso Porto ricetti di povertà inaudite , ricetti di delitti e di delittuosi , ricetti di tutte le cose e le persone infami e dolenti . Guardate ! Non avete che a guardare alla vostra diritta , passando , e il Basso Porto vi dirà che è stato di vano , di inane , di inutile quanto si è voluto fare e quanto non si è fatto , quanto non si è voluto fare ! Ma , abbiate una lugubre curiosità e discendete , laggiù . Dico bene : discendete tutto il lato destro del Rettifilo : le colmate sono restate un progetto fantasioso , mai eseguito onde , laggiù si penetra per tutti i modi più rudimentali , più incerti , più infidi e più pericolosi . Scalette di legno improvvisate e diventate , ahimè , definitive ; scalette di pietra , a scalini mal connessi e tremanti sotto il piede ; scalette tagliate nella terra , sì , nella terra , come in qualche villaggio africano ; rampe a scaglioni ; rampe di terra , discese ripide e sdrucciolevoli : tutte le forme , infine , del precipizio , a due passi dai grandi palazzi . Qua e là , qualche rozza ringhiera ; appoggiandovisi , guardando giù , par di mettere l ' occhio in una cantina , in un pozzo . Lo slivello fa paura . Le colmate dovrebbero arrivare ai primi piani di queste catapecchie : e a pianterreno , ai primi piani di queste catapecchie , abita gente , ha bottega , vive , muore ; e così sarà , per moltissimi anni ancora , così sarà , forse , per sempre ! Lo slivello pauroso si prosegue da Porto , a Vicaria , a Mercato , sino alla fine , e in fondo a questi pozzi , in fondo a queste cantine , in fondo a questi sotterranei esiste tutto quello che esisteva prima , purtroppo , peggiorato ! Le antiche arti , gli Orefici , gli Armieri , i Lanzieri , i Taffettanari , son là , coi loro piccoli opificii malsani , oscuri , miserabili ; sono ancora lì le straduccie affogate , fra le case , gli antichi portoncini larghi settantacinque centimetri , le antiche finestre dai vetri sporchi , gli antichi cavalcavia sui quali pare si abbattano le vecchie case crollanti , gli antichi vicoli ciechi , ricovero di ogni sporcizia : tutto , tutto è restato com ' era , talmente sporco da fare schifo , senza mai uno spazzino che vi appaia , senza mai una guardia che vi faccia capolino . Tutto si fa , nelle piazzette , nei vicoletti : tutti vendono il vendibile , erbe , frutta , carne , pesci , nel fango eterno della strada ; e vi sono le antiche osterie , ancora , ove si vendono le zuppe di pasta e fagioli , le fritture , di cento cose fritte , dai panzarotti ai peperoni , le insalate di scapece , il zoffritto a porzione di tre soldi , di due soldi , persino di un soldo ! Come un tempo ! Peggio di un tempo ! A dieci passi dal Rettifilo , caldaie di patate , caldaie di polipi , caldaie di spighe bollite , caldaie di castagne , e il più acre odore , intorno , da queste cucine , dalle piccole fucine degli Orefici , e degli armaioli , dalle marmitte dei tintori ! Pieno di colore ? Già : ma orribile ! Io rammento tre punti , fra gli altri . Una piccola regione chiamata Tentella : cioè un intrico quasi verminoso di vicoletti e vicolucci , nerastri , ove la luce meridiana mai discende , ove mai il sole penetra , ove per terra la mota è accumulata da anni , ove le immondizie sono a grandi mucchi , in ogni angolo , ove tutto è oscuro e tutto è lubrico , ove , a un crocicchio , vi è un ' ostessa dai folti capelli neri , a un crocicchio , donde , in penombra si vede ancora il fondaco Tentella , una ostessa che vende ogni sorta di mangiare in grandi piatti di rame lucido , dalla fragaglia fritta alla spiritosa di pastinache . E m ' incoraggia ad andare verso il fondaco Tentella , l ' ostessa , con la bonomia napoletana , m ' incoraggia , poichè vede che io esito , innanzi a tutte quelle sporcizie , lungo quelle mura trasudanti umidità , con quegli odori nauseanti : mi incoraggia , mentre io esito , fissando gli occhi in quella oscurità - e siamo nel paese dell ' azzurro , del sole ! - mentre sul suo viso giallastro , sulle sue labbra violette , nei suoi denti neri , io leggo tutte le traccie di quella vita sprofondata nel lezzo e nei contatti costantemente malsani , tre o quattro persone , in una stanza , e che stanza , e le ore del giorno , in una cucina affumicata , a preparare le vivande male olenti , da vendere ! Da quanti anni non viene , qui , un sindaco , un assessore ? Da quanti anni non si lavano , queste vie ? Da quanti mesi non si spazzano ? Tutto il letame delle bestie e delle persone e delle case , tutto è qui e nessuno ce lo toglie , qui , sull ' orlo della civiltà novella , dietro ai palazzi sontuosi - andate laggiù , cercate del vicolo Barre : esso dovrebbe corrispondere a una colmata che non si è fatta , a una traversa che non si è mai aperta . È un vicolo strettissimo , lunghissimo , con case altissime , disseminate di balconi , di finestrelle : i due lati sono legati fra loro da cavalcavia , da ponti di pietre , da ponticelli di legno , il che ne aumenta l ' oscurità : i due lati , anche , sono legati da corde , da funicelle a cui pendono panni , di tutti i colori , rappezzati , stinti : e questo lunghissimo vicolo Barre , i cui portoncini sembrano caverne , non ha un lampione : è una vera sentina di ogni cosa più ignobile : ed è pericoloso a esser attraversato anche di giorno , tutto abitato da donne di mala vita , da camorristi , da ladri , e l ' orrore che ne proverete non sarà solamente fisico , voi proverete uno di quegli avvilimenti morali che provocano delle profonde tristezze . E se voi volete scrivere un capitolo di un romanzo popolare , più innanzi , molto più innanzi di questo tremendo vicolo Barre , attraversate il vico dei Cangiani , col suo relativo supportico . Esso è costeggiato , a manca e a dritta , tutto da piccole locande , dove si pagano quattro o cinque soldi per dormire , ove si dorme in quattro o cinque in una sola stanza : queste locande hanno una clientela speciale , quella dei carrettieri di Calabria , di Basilicata , del Cilento , di Terra di Lavoro , coloro che si chiamano nel popolo , vaticali , da viatico , certo : e questi contadini stanno , di giorno , sui portoncini di queste locande da quattro soldi , stanno , vestiti dei loro panni pesanti e di taglio contadinesco , coi loro cappelli di strana foggia , coi loro mantelli , seduti per terra , seduti sovra una pietra , aspettando di rimettersi in cammino . Io ho attraversato questo vicolo , fermandomi a guardare quei volti adusti , immobili di espressione , pazienti sotto le fatiche e sotto i disagi , quelle labbra mute : ho vissuto dei lunghi minuti in questo vicolo nerastro , tutto disselciato , pieno di acque luride , pieno di una melma attaccaticcia , in questo vicolo talmente tetro che sembra una tomba , e , a un certo punto , sono stata presa dal delirio di fuggire , di fuggire , per non vedere più , per non udire più , per non avere più lo spettacolo della più amara delusione , nel mio cuore di napoletana , per non soffrire delle sconosciute sofferenze altrui , da niuno consolate , poichè quella gente vive e muore , laggiù , alle spalle dei superbi palazzi , ignota , obliata , disdegnata , disprezzata ! * * * E , in ultimo , sapete che è accaduto ? Che il popolo , non potendo abitare il Rettifilo , di cui le pigioni sono molto care , non avendo le traverse a sua disposizione , non avendo delle vere case del popolo , è stato respinto , respinto , dietro il paravento ! Così si è accalcato molto più di prima ; così il Censimento potrebbe dirvi che tutta la facciata del Rettifilo , è poco abitata , e tutto ciò che è dietro , disgraziatamente , è abitato più di prima ; che dove erano otto persone , ora sono dodici ; che lo spazio è diminuito e le persone sono cresciute ; che il Rettifilo , infine , ha fatto al popolo napoletano più male che bene ! In quell ' intrico che va da Porto a Mercato , a Vicaria , si aggroviglia una folla spaventosa ; non vi sono che poche fontanelle di acqua e le case , che debbono essere , demolite ( ? ) , ne mancano ; non vi sono fognature regolari , non vi sono lampioni , poichè il piano stradale , è assolutamente dissestato : tutto ciò che serve alla vita , vi manca . Se una epidemia , lontana sia , dovesse capitarci , impossibile circoscriverla , impossibile dominarla : in quei quartieri farebbe novellamente strage , come venti anni or sono ; e i nostri edili nulla ne sanno ; e nessuno vuol saperne niente . E quel popolo che è stato tradito , poichè non ha avuto quanto la nazione gli aveva donato , per redimerlo igienicamente e moralmente , quel popolo che è abbandonato , che lo sa , che un po ' ne ride , un po ' ne sospira , un po ' ne digrigna i denti , questo grande popolo che noi dobbiamo amare , che noi amiamo , perchè ci sentiamo affratellati con esso , perchè anche noi siamo popolo , perchè noi siamo come esso e figliuoli del medesimo Iddio di giustizia e di clemenza , questo popolo non resiste agli antichi istinti , al bisogno di vivere come che sia , al bisogno di vendicarsi di questa società ingrata e traditrice : non resiste alla suggestione del vizio , del male : e giuoca : e ruba : e si vende : e ferisce : e uccide : e colà , di giorno , di notte , appena dietro il paravento , o nel Rettifilo istesso , il crimine , il delitto , si espandono , fioriscono , eterna rampogna , eterno rimorso a coloro che , fedifraghi al Re , ad Agostino Depretis , a Niccola Amore , a Guglielmo Sanfelice , alla Nazione , commossa di orrore e di pietà , mancarono ai patti giurati e ruppero ogni promessa , lasciando il popolo napoletano a languire , a struggersi , a patire , ad agonizzare , nella più profonda ignavia del corpo e dell ' anima . LE CASE DEL POPOLO Una delle nobilissime , pietose ma fallaci utopie di tutti coloro che hanno voluto o vogliono salvare il popolo napoletano dalla miseria , dal vizio , dal delitto e dalla morte , è stata , è quella di dare a questo popolo , delle abitazioni fatte per esso . E , difatti , nessuna compassione e nessun ribrezzo più grande che il cacciar il viso a fondo in questi bassi ove vive e mal vive il popolo , in questi bassi che sono già oscuri , oppressi , angusti nelle vie più grandi e che nei vicoli , in cento vicoli , in mille vicoli diventano delle stamberghe sotterranee , quasi diventano degli antri ove si agitano e brulicano le vite umane , piccole , grandi , decrepite . Il basso è una bottega rudimentale , un terraneo , piuttosto , senza finestra , senza cesso , senz ' altro sfogo che una porta , talvolta angusta che , d ' inverno , deve star chiusa , che , di notte , non può stare aperta ; e appena la primavera viene , chi lo abita , si trasporta nella via , sul marciapiede , vivendo sulla soglia , fuori della soglia , occupando il terreno pubblico , coi suoi figli , col suo fornello da stirare e da cucinare , con la sua macchina da cucire , quando non la occupa col suo banchetto da ciabattino , col suo banchetto di venditrice di castagne e di spighe allesse . Nel basso dormivano - dormono ! - tre , quattro , sino a sette persone e nelle notti estive , due , tre di essi , soffocando di caldo , trascinano uno strapuntino fuori della porta , mettono una sedia , o addirittura si gittano sul lastrico , dormendo all ' aria aperta . Non essendovi cessi ognuna di queste persone , grandi e piccole , va a scegliere un angolo remoto , vicino o lontano , di cui forma il proprio water closet e , talvolta , le madri accompagnano i piccini e le piccine , apposta , perchè non siano disturbate : così , molte strade di Napoli sono trasformate , appunto in water closet di padre in figlio , immancabilmente , senza che questa barbarie indecente , oscena possa essere sradicata . Io citerò e mi si perdoni l ' insistenza brutale ma necessaria - la salita della Paggeria , le rampe di Brancaccio , e ahimè , purtroppo , l ' elegantissimo parco Margherita , e le squisite traverse Partenope , donde si scopre tanto divino paesaggio di mare e di cielo , sono anche destinate a tale uso . Io ho nominato solo quattro o cinque vie , perchè esse appartengono , è triste il dirlo , ai quartieri più civili di Napoli , cioè di san Ferdinando e Chiaia , poichè , essi appartengono al famoso rione della Beltà , cioè dove abita la nobiltà e dove vengono a dimorare i forestieri . Delle viottole e viuzze ammorbate , ammorbanti dei quartieri popolari , non parlo ; dovrei nominarne a centinaia . Ciò è immondo ; ma è la verità . Or dunque , ogni salvatore di Napoli , tutti i salvatori di Napoli hanno pensato , hanno detto : diamo al popolo napoletano delle case al primo piano , al secondo , al terzo , al quarto , delle case piccole , pulite , con la cucinetta , col rubinetto di acqua del Serino , col cesso ; diamo loro delle case ove entri l ' aria , entri il sole , ove ci si possa lavorare ampiamente , bere in abbondanza , e ove la primissima decenza , la primissima igiene siano rispettate . E ciò è stato fatto ; e tre o quattro grandi o piccoli quartieri di case pel popolo sono sorti , e ciò è stato fatto con tale imprevidenza , con tale ignoranza presuntuosa , con tali calcoli sbagliati , che questi quartieri non sono serviti a nulla , a nulla , e sorgono , nei sobborghi della città , sulla riva di santa Lucia , enormi , massicci , brutti , già lerci , già quasi cadenti , mentre il popolo non vi abita ! * * * Citiamo il Borgo Marinai , a santa Lucia , posto che si dovevano abbattere , sino da venti anni , tutte le case pittoresche e sporchissime dell ' antico rione santa Lucia , case che , oh ironia , si vanno abbattendo solo da un anno , e si era preoccupati dove si sarebbero allogati quei pescatori di polipi , quelle venditrici di acqua sulfurea , quegli intrecciatori di nasse , quei sommozzatori o palombari , si pensò e si costruì , sulla lingua di terra che parte dalla sinistra , di Castel dell ' Uovo , un gruppo di casette a un piano , sulla riva del mare . Costavano , costano diciotto lire , una stanzetta con la cucina , e ventisette lire due stanzette con la cucina . Irrisione ! Nonsenso ! Non vi è pescatore , non vi è palombaro , non vi è barcaiuolo di santa Lucia che guadagni più di venticinque o trenta soldi al giorno e volete che ne spenda diciassette soldi , al giorno , solo per la casa ? Non vi è venditrice di acqua minerale , di noci , di frutta fracide , di ciambellette , di spassatiempo che guadagni , quando li guadagna , più di dodici o quindici soldi al giorno e , se è sola , se è vedova , se è abbandonata dal marito , come potrebbe pagarne diciassette , al giorno , per il pigione di casa ? In breve : come era naturale , non un solo luciano , non una sola luciana è andata ad abitare al Borgo Marinai . Non uno , una ! Hanno preferito , ostinatamente , le loro vecchie , dirute , sudicissime case che , per diciotto anni , hanno aspettato il piccone , ove pagavano nove o dieci lire il mese , di pigione - è TUTTO ciò che può pagare il popolo napoletano NOVE o DIECI LIRE il mese ! - e negli ultimi due anni , man mano si sono ritirati più indietro , nelle medesime catapecchie , e scacciati dalle demolizioni , sono rientrati , rientrano la notte ad abitare le rovine , e si gittano alle ginocchia dei demolitori , per non essere perseguitati dalle guardie , dai carabinieri , e piangono , e gridano , e urlano , non vogliono andar via , non sanno andar via , e alcuni di essi , o pietà grande , abitano , adesso , nelle grotte onde è forato il monte Echia che sovrasta santa Lucia , e talvolta una di queste grotte frana sulle teste , sui corpi di questi miseri luciani che dormono , e li uccide . Intanto dirimpetto , sotto il forte Ovo , il Borgo Marinai scintilla di lumi che si riflettono nelle acque del mare . Chi vi abita , chi vi vive , mai ? Pittori che scelsero quei quartini per istudio , poichè il posto è pittoresco ; qualche loro modella ; delle ballerine o delle chanteuses del vicino cafè chantant dell ' Eldorado , che prendono in affitto , per un mese , per quindici giorni , una cameretta con cucina ; qualche donnina di facile vita e misera fortuna ; e altra minuta gente , non del popolo . In quanto alle botteghe , esse in un vasto angolo , sono tutte trasformate in osterie grandi e piccole , alcune carissime , altre modeste , altre vere taverne e vi si aspira un ' aria mefitica di cucine più o meno malsane , e nel piccolo porto cadono tutti i detriti di queste taverne e ciò contrista , affligge , avvilisce i due eleganti clubs dei canottieri che sono sulla riva accanto . A ogni modo il Borgo Marinai è vivido , lieto , curioso : e inutile , infine , anche al santo scopo a cui serviva . I luciani sono d ' altra parte respinti di stamberga in stamberga , respinti di rovina in rovina , di grotta in grotta . E dopo , quando tutto , tutto sarà demolito dove andranno questi superbi ma poverissimi popolani , quelle fiere , ma miserissime popolane dove andranno ? Lo sa Iddio ! * * * Anche le case del popolo costruite all ' Arenaccia , nel Quartiere Orientale hanno fallito completamente la meta . Il minor prezzo di ognuno di questi quartini , è ventisette lire il mese ; si domandano due mesate anticipate , per regolamento , cioè cinquantaquattro lire : o si domanda un garante solido . Anzi tutto , dove è mai un vero popolano che possa pagare ventisette lire il mese , di pigione ? Per poter cavare questa somma , un napoletano del popolo deve guadagnare almeno due lire e cinquanta al giorno , o tre lire : e allora , qui da noi , non è più un popolano , è già un operaio , ma di quelli fortunatissimi , di opera eletta , diciamo così : è già un civile , è già appartenente alla piccola borghesia . Dove , dove è il popolano che disponga , mai , nella sua vita di cinquantaquattro lire tutte insieme ? Dove , dove è il popolano che trovi un garante solido ? Ah che nessuno , nessuno si convince che qui , il popolo nostro , vive di soldi e non vive di lire , che gitta la sua gioventù , la sua salute e la sua forza in fatiche compensate irrisoriamente , felice , anche , di trovarla , questa fatica ; che , per istinto , poichè nessuno pensò a educarlo , preferisce spendere i suoi soldi più nel mangiare , che nell ' aver una casa e delle vesti e che quando ha venti soldi , quindici , almeno , gli servono pel suo pranzo e il resto , pel resto ! Ventisette lire il mese ! Cinquantaquattro lire di anticipo ! Un garante solido ! Quale ironia insultante ! Nelle case del popolo , all ' Arenaccia , nel Quartiere Orientale non abitano , dunque , che gli operai eleganti , diciamo così , e tutta la piccola borghesia , piccoli impiegati , commessi , contabili , uscieri , scritturali e , persino , dei cancellieri di tribunale : non abitano che tutti coloro , il cui bilancio familiare fluttua da settantacinque lire a cento lire il mese , posizione , già molto brillante , in questo nostro paese . Borghesia , borghesia minuta , modesta , innumerevole come le stelle del cielo e le arene del mare , borghesia lavoratrice , onesta , ma , come si vede , molto povera , per la sua condizione : borghesia , non altro che borghesia , nelle case del popolo , ma niente popolo , mai ! Vi è di più . Spesso , a questi operai fortunati , a questi oscuri borghesi dalla decente miseria , è impossibile pagare ventisette lire al mese , perchè vi sono spesso , cioè , non spesso , sempre , dei figli , e spesso , quasi sempre molti figli , poichè la fecondità femminile , la prolificazione , sovra tutto in certe classi , assume proporzioni assai patriarcali , ma , anche , terrificanti . E allora si trova il rimedio peggiore e migliore ; sono due le famiglie che prendono in affitto la casa di ventisette lire , stringendosi , stringendosi , mettendosi in tre , in quattro in una stanza , avendo la piccola cucina comune e allora , addio aria , addio luce , addio igiene ! Spesso una famiglia subaffitta una camera a studenti , a uomini soli e la vita è comune e tanto nel primo , come nel secondo caso l ' agglomerazione , i contatti , il vivere gli uni sugli altri , conduce , novellamente , alla sporcizia , alla malattia , al vizio , alla corruzione e alla depravazione . In quei nuovi caravanserragli , laggiù , laggiù , in questi caravanserragli già tutti deturpati , dall ' aspetto già sconquassato , dalle macchie di sudiceria trapelanti dai muri , dai vetri già appannati e dalle cui finestre , come nei quartieri antichi , pendono le biancherie di dubbio colore , mal lavate , e i mazzi di pomidoro e i mazzi di agli , in questi derisorii caravanserragli che dovevano servire alla rigenerazione fisica e morale del popolo napoletano , si svolgono , ogni giorno , drammi dolorosi venuti , appunto , dalla povertà e dalla degenerazione , si svolgono farse grottesche e si vive colà , male , malissimo , come si viveva altrove , e per una folla che , per abnegazione , per virtù naturale , per onestà natia conserva la decenza dei costumi , ve ne è un ' altra che ha trasportato , colà , tutti i suoi istinti indomabili , indomati , che niuno ha cercato di domare , che ha impiantato , colà , una novella vita brulicante e scostumata come nei vecchi quartieri , che , infine , se pure non ruba , se pure non assassina , altri essendo i covi e le caverne del ladri e degli assassini , mette , accanto alla folla borghese e decente , una nota di più bassa borghesia , indecente , rumorosa , screanzata , villana , repugnante . Non popolo , non popolo ! Il popolo napoletano è restato nei suoi bassi dei vecchi quartieri , nei suoi bassi dei quartieri non risanati , nei bassi purtroppo , del Vasto , dell ' Arenaccia , del Quartiere Orientale ; non è mai salito , in nessun posto , di Napoli antica , di Napoli nuova , al primo piano o all ' ultimo piano , perchè non può pagare i prezzi , anche minimi che vi si pagano , perchè chi ha costruite quelle case non sapeva niente , ignorava tutto e , intanto , ha fatto una ottima speculazione , poichè tutte quelle case sono affittate , come ho detto ; ma lo ripeto , e lo ripeterò sempre , il popolo napoletano non si è mosso dal suo basso , dovunque il basso si trovi , sia una bottega quasi pulita o sia un buco oscuro e insalubre * * * Così , purtroppo , tutte le grandi idee dei grandi uomini , tutti i vasti progetti , a base di milioni , tutte le intraprese colossali , che volevano il risanamento igienico e morale di Napoli , bisogna dirlo hanno fatto fiasco . E non vi è rimedio , dunque ? Non vi è altro da fare ? Nulla , proprio , di fronte a tante tristezze , a tanti disastri , a tanti pericoli sociali ? Chi sa ! Vedremo ! CHE FARE ? Se io leggo giornali , opuscoli , libri che si occupino delle grandi questioni napoletane , se io seguo il movimento delle sue associazioni , se io noto i voti dei congressi , se io odo i lamenti degli albergatori , non veggo da tutto questo che una costante , nobile , ammirevole ed esclusiva preoccupazione di rendere gradito , sempre più , il soggiorno di Napoli , ai forestieri . Benissimo ! Ottimamente ! Tutti gli sforzi per attirarvi quì , oltre che per il fascino di un indescrivibile paesaggio , oltre che per la dolcezza di un clima soavissimo , per la civiltà e la grazia dell ' ambiente , il grande mondo cosmopolita , che tante delizie trova , in inverno , al Cairo e a Nizza , tutti questi esemplari sforzi , fatti non solo per attirare , ma per trattenere quì , fra noi , la ricchissima ed elegantissima società internazionale , sono degni del più grande e profondo incoraggiamento . Sì , formiamo il rione della Beltà , ove , sulle sponde del mare , dal primo angolo di Santa Lucia Nova a Mergellina non sieno che belle case , floridi giardini , magnifici alberghi , botteghe di cose di arte : facciamo che queste vie sieno spazzate bene , due o tre volte al giorno , e che il lastricato non costituisca un pericolo per le ossa dei forestieri : otteniamo che le carrozzelle sieno meno sgangherate , i cocchieri meno laceri e meno sporchi e , sovra tutto , meno avidi e screanzati coi forestieri : compiamo il miracolo di fare sparire i mendicanti schifosi , i venditori ambulanti odiosi , i fiorai petulanti e tanti altri individui anche più bassi , anche più equivoci da questo rione della Beltà : e che i capitalisti costruiscano un kursaal a santa Lucia , aperto in inverno per gli stranieri e in estate per i provinciali : e altri capitalisti facciano un Palais de la jeteè alla rotonda di via Caracciolo , bello e ricco come quello di Nizza : e vi sieno altre attrattive più larghe e più possenti , i cui progetti noi lo sappiamo , fervono nella mente di coloro che amano Napoli : e , su tutto questo , si strombetti ai quattro venti della stampa dei due mondi , che la salubrità e la igiene di Napoli sono diventate di prim ' ordine , il che è la verità , si strombetti che la sua mortalità è bassissima di fronte a quella di tante altre capitali europee e di Nizza e del Cairo , sovra tutto , il che è la santissima verità ; si strombetti , poichè nessuno lo sa , all ' estero , che la sua acqua di Serino è la migliore di tutte le acque europee , come è dichiarato in tutti i bollettini sanitari , con l ' analisi alla mano e che non vi è bisogno , quindi , di ricorrere , per gli stranieri , a tutte , le acque minerali che bevono altrove , dalla Saint - Galmier all ' Apollinaris , e che domandano anche qui , perchè ignorano il Serino : e in ogni maniera , in ogni forma , si raddoppi , si triplichi il movimento dei forestieri a Napoli , si renda loro il soggiorno così piacevole qui , da trattenerli giorni e settimane , da imprimere nel loro animo , partendo , una nostalgia invincibile , in modo che , lontani non potendo essi tornare , mandino da noi i loro parenti , i loro amici , le loro conoscenze . Questa è opera civile questa è opera bella , anche se confini troppo con la reclame industriale , anche se abbia troppo l ' aria di una speculazione , anche se tenda a trasformare sempre più in un enorme Palace , tutta la Napoli che sale , laggiù , dal mare sino alle colline fiorite di Posillipo e del Vomero ! Quel che si è fatto a Nizza e a Montecarlo , ha formato la fortuna di tutta la Cornice da Mentone a Hyères quel che si è fatto al Cairo , ha formato la fortuna di tutto l ' Egitto : sia , sia , questa opera buona , questa opera santa , e in questo paese così bello e così povero , così affascinante e così pieno di miseria , in questo paese così delizioso e dove si muore di fame , in questo paese dall ' incanto indicibile , si dia alla industria del forestiero la forma larga , felice , fortunata , che porti , a Napoli , il solo modo di far vivere centinaia di migliaia di persone ! * * * Ma si permetta a un ' anima solitaria e ardente di passione , pel suo paese , come è la mia , di chiedere una parte di tutto questo , una povera , piccola parte per migliorare le condizioni igieniche e morali del popolo napoletano . Non si chiedono milioni , poichè i milioni hanno fatto fiasco nell ' opera del Risanamento , e nessuno , naturalmente , vuol dare più milioni , quando i primi sono stati spesi male o perduti , per fatalità quasi che una mano misteriosa perseguitasse questo buon popolo nostro . Si chiedono , in nome di quel Dio giusto che volle fossero accolti tutti i poveri , nel suo nome , povero e vagabondo egli medesimo , sulla terra , che alla redenzione fisica e spirituale dei poveri un po ' di attenzione , un po ' di denaro , un po ' di cura sia dedicata da coloro che debbono e possono fare questo ! Tutto deve esser fatto con modeste ma tenaci idee di bene , con semplici ma ostinati rimedii , con umili ma costanti intenzioni di giovare . Bando alla rettorica sociale , bando alla rettorica industriale , bando alla rettorica amministrativa , quella che viene dal Comune , la peggior rettorica perchè guasta quanto di pratico , di utile , di buono si potrebbe fare , dagli edili nostri . Perchè dunque non si obbligano la società dei nuovi quartieri al Vasto , all ' Arenaccia , al Quartiere Orientale , di ridurre al minimo possibile le pigioni , in modo che le case fatte pel popolo siano abitate proprio da esso e non dalla piccola borghesia , in modo che ogni stanza non costi più di nove o dieci lire e non vi possano per regolamento stare più di due o tre persone , quando vi sono bimbi ? Si tenti questo ! E se ciò non basta , in tutte le nuove costruzioni sia nei quartieri popolari sia nei quartieri più aristocratici , perchè non si obbligano , con legge , con regolamento , ad avere un piano dei loro palazzi , l ' ultimo , fatto in modo che la gente del popolo vi possa abitare , avendo delle stanze , delle soffitte , ciò che si chiama il suppenno che non costino , appunto , più di nove o dieci lire al mese ogni stanza ? E se qualche società ancora , qui , vuol costruire sulle colline , o sulla spiaggia , verso la ferrovia o verso il mare , perchè non la si obbliga , per legge o per regolamento , se vuole tale concessione , a costruire al quarto o al quinto piano , tali stanze , a cui si accederebbe dalle scale di servizio ? E nei conventi che il Municipio oramai possiede in gran numero , da cui sono state discacciate tante sventurate monache perchè albergano solo dei grandi elettori o dei servitori di consiglieri comunali ? Perchè , poichè le povere monacelle furono buttate fuori alla strada , alla miseria e alla morte , non si fa una spesa , una santa spesa per pulire , per restaurare , questi numerosi monasteri e non si affittano , quelle stanze , diventate nette e salubri al popolo napoletano ? Un poco di questo denaro che dovrebbe servire , per chiamar qui gente , dall ' Europa e dalle Americhe , pochissimo di questo denaro dedicarlo , saviamente , mitemente ma costantemente , a creare delle modicissime , modestissime non case , ma stanze , stanze per il popolo ! * * * E qualcuno di quei vividi lampioni a gas che splendono nel Rione della Beltà , perchè non metterlo laggiù , anche meno splendido , ma lampione , ma acceso , dietro il paravento , dietro i famosi palazzi del Rettifilo , alle cui spalle , nella notte , si ruba , si commettono infamie e si uccide , nelle tenebre profonde e paurose ? Perchè non dare un poco di luce , proprio un poco , perchè non si possa più nè rubare nè uccidere , almeno in alcune di quelle vie ? Non è un dovere stretto , rigoroso , di qualunque municipio , di dare la luce , di sera , di notte , ai cittadini ? Questo rigorosissimo dovere , perchè non si compie , in favore del popolo napoletano , dai due lati del Rettifilo , da Porto a Pendino a Mercato a Vicaria ? L ' idea semplice : qualche lampione , o edili nostri ! E di questa schietta fresca , spumante acqua di Serino , vanto di Napoli , salvazione di Napoli , lavacro interiore , lavacro esteriore perchè laggiù , dietro il paravento , non vi è , pare , neanche la conduttura ? Questo supremo beneficio che tanto è costato non era , non deve essere fatto solamente per il volto e per il ventricolo dei ricchi , forestieri , o non forestieri , dei borghesi , piccoli o grandi , ma chi lo volle , questo beneficio profondo dell ' acqua , lo volle soprattutto per il popolo e il popolo non lo ha , dietro il Rettifilo , non lo ha , o lo ha scarsissimo e beve e si lava nell ' acqua verminosa dei pozzi e delle cisterne : e in un modo qualunque , provvisorio , semi provvisorio , definitivo , come meglio si può , bisogna darla , darla questa buona acqua ai quartieri popolari e non servirsene solo per innaffiare la passeggiata di via Caracciolo ! E qualcuno di quegli spazzini che dovrebbero rendere nitido come il cristallo il rione della Beltà , dopo aver spazzato questo rione , discenda dove non è mai stato , dove non si spazza mai , e scrosti , tenti di scrostare il sudiciume annoso , e trasporti via , oggi superficialmente , domani meglio , fra un mese completamente , i cumuli invecchiati e putridi d ' immondizie . Vi sia un piccolo , piccolo servizio di spazzamento , laggiù , appaia la scopa , appaia il carretto , si compia il dovere oscuro ma preciso di nettare le vie , alla meglio , come si può , ma in qualche modo , ma ogni giorno ! E qualcuno di quei gloriosi militi municipali che debbono tener lontani i pezzenti , i mendicanti , i fiorai , per non seccare gli stranieri della Riviera e del Chiatamone , penetri , penetri laggiù , e applichi le leggi di polizia urbana , laggiù ove non vi è traccia di tutto questo , laggiù ove ognuno fa quello che vuole , perchè niuno s ' incarica di fargli fare quello che deve ! E i militi della questura non si occupino solo a vegliare nei quartieri aristocratici che i cocchieri non vessino i viaggiatori del Grand Hotel e del Bertolini , ma qualche milite di essi si occupi a impedire , possibilmente , il vizio , l ' infamia e il delitto nei quartieri popolari , dietro il Rettifilo ! * * * Che chiedo io , infine , per i miei fratelli del popolo napoletano , che chiedo io come tutti quelli che hanno cuore , e anima , salvo che finisca l ' oblio e l ' abbandono ? Che chiedo io , in nome dell ' eguaglianza umana e cristiana , salvo che il popolo di laggiù sia trattato come tutti gli altri cittadini , abbia una casa , abbia della luce , nella notte , dell ' acqua , della nettezza , della sorveglianza , sia guardato e protetto contro sè stesso e gli altri ? Che chiedo , io , se non l ' applicazione della legge umana e sociale , trattar quelli come si trattano gli altri , dar loro quel che spetta loro , come esseri viventi , come cittadini di una grande città ? Faccia il suo dovere chiunque , non altro che il suo dovere , verso il popolo napoletano dei quattro grandi quartieri , faccia il suo dovere come lo fa altrove , lo faccia con scrupolo , lo faccia con coscienza e , ogni giorno , lentamente , costantemente , si andrà verso la soluzione del grande problema , senza milioni , senza società , senza intraprese , ogni giorno si andrà migliorando , fino a chè tutto sarà trasformato , miracolosamente , fra lo stupore di tutti , sol perchè , chi doveva si è scosso dalla mancanza , dalla trascuranza , dall ' inerzia , dall ' ignavia e ha fatto quel che doveva . Napoli , primavera 1904 III L ' ANIMA DI NAPOLI L ' ONORE Malinconicamente assiso presso un desco , nella famosa Osteria della Giarrettiera il grosso cavaliere Falstaff rumina il malizioso e audace affronto fattogli dalle allegre comari di Windsor , che lo hanno sepolto in un canestrone , sotto una montagna di biancheria sporca e lo hanno calato nel Tamigi . Con un enorme boccale di vino caldo , egli cerca di riscaldare il suo povero stomaco , gelato dalle acque del fiume : con filosofiche meditazioni , fra ciniche e dolenti , egli cerca di rinvigorire la sua anima depressa . Beve , Falstaff , un largo sorso del suo grog e dice con un sorriso amaro : « L ' onore ? Che cosa è mai , l ' onore ? È forse , un giustacuore l ' onore ? È un pajo di stivaloni , l ' onore ? Si mangia , l ' onore ? Si beve , forse , l ' onore ? Che ne fai , tu , dell ' onore ? Si batte , moneta , forse con l ' onore ? Di quale onore , tu parli ? Del mio ? Del tuo ? Il mio è diverso dal tuo ! L ' onore ? Una parola : un soffio , veramente , non altro che un soffio . » E crolla le pingui spalle , bevendo ancora e con la mano quadrata che posa il gotto , fa un cenno per diradare questo soffio che è l ' onore , dalla sua vita di beone . Falstaff , colui che , giovine , era stato paggio del duca di Norfolk ed era in giovinezza , tanto sottile da passare dentro un anello , colui che era stato l ' amico di Harry Plantagenet , principe ereditario e poi re d ' Inghilterra , Falstaff , diventato cinquantenne , obeso , calvo , poltrone , goloso , mangione , ubbriacone , dissoluto , pieno di spirito , pieno di risorse , lesto di mano , imbroglione famoso e pure piacevole , non mancante di chic , Falstaff , osa dire , in quel tempo , tutto il suo pensiero sull ' onore . Egli ha tutti i vizî , salvo quello immondo della ipocrisia ; egli è capace di coprirsi di tutti i crimini , ma non di fingere la virtù : egli vive di ogni porcheria , ma lo dichiara , non può fare altrimenti , che commetter frodi e ladrerie , visto che deve vivere , mangiare , bere , vestirsi , infine ! Il grande William , è così sincero , così umanamente sincero e persino brutale nelle sue creature di verità o di vita ! Dal momento che , con l ' onore , Falstaff non può aver nè un abito , nè un pajo di scarpe , nè un boccale di claret , nè un ' oca farcita , nè un vasto letto per rotolarvi la sua colossale persona , egli dichiara apertamente che ci rinunzia , all ' onore e che disperde questo soffio vano della sua esistenza . Altri tempi ! Chi oserebbe mai dir questo , ora , con tutte le levigature , le lustrature e i seize reflets della società moderna ? Quale cinico fra i più cinici finanzieri moderni , o quale celeberrimo avventuriero farebbe mai il proclama di Falstaff ? Chi mai rinnegherebbe l ' onore , con tanta filosofia crudele come il ventruto cavalier di ventura inglese ? Altri tempi ! Tanti , probabilmente , pensano come egli pensa , anche adesso ; tanti come Falstaff , nel segreto del loro spirito , sono convinti che non battendosi moneta , con l ' onore , e la moneta , essendo non solo utile , ma necessaria è meglio rinunziare tacitamente a questo vano soffio dell ' onore : tanti , e sono , forse , i meno numerosi ma i più temibili , hanno cominciato per fare il glaciale e mortale ragionamento di Falstaff , anche prima di entrare nella lotta della vita . Altri tempi ! La superficie umana è mutata : tutta l ' apparenza sociale è diversa : e Falstaff , grasso o magro , fine paggetto gentile o grosso capitano di ventura , può sempre sviluppare i suoi istinti , sotto ogni forma delle più alte e delle più basse , ma niuno gli udrà mai dire che l ' onore è un soffio e che non si fa denaro col vento . * * * Noi , però , abbiamo una idea solitaria . Contrariamente a quanto si agita in fondo alle coscienze attaccate dal tarlo del bisogno , minate dal desiderio di ogni ricchezza e di ogni potenza , in opposizione a questo comodo e facile cinismo segreto , noi crediamo che l ' onore non sia una parola , non sia un soffio vano e che non sia nè bello nè utile fare un gesto , con la mano , e scacciarlo dalla propria vita . Noi crediamo di più : cioè che , con l ' onore , si possa anche batter moneta . Ci riesce impossibile di credere che solo i furfanti , solo i ladri si possano arricchire , nella società ; accade , questo è vero : accade troppo : ma , dall ' altra parte , di fronte a tutta la gente di coscienza ambigua , di carattere equìvoco , di tendenze losche , di fronte a tutta la gente che farebbe ogni cosa , pur di arrivar a tutto , i nostri occhi mortali ne veggono molt ' altra che , quìetamente , austeramente , compie la sua parte , nel mondo , crea la sua fortuna e quella altrui senza mancare all ' onore . Di fronte a organismi finanziarî che assidono la loro sorte sovra i mille calcoli più sottilmente ingannatori e di cui ogni manifestazione economica rappresenta un marchè de dupes , di fronte a queste compagini che , ormai , si fanno sempre più rare , nel mondo , altre ne vediamo sorgere , prosperare , fra noi , in Europa , lontano , dapertutto , in cui ogni atto è regolato dalla onestà commerciale , dalla lealtà industriale . Per chi vede il minuto presente , per chi sa guardare verso l ' orizzonte , verso l ' avvenire , può sembrare , forse , che l ' onestà sia una cattiva speculazione e che un galantuomo rimanga povero : così è : ma non per tutti : ma non per molto tempo : ma il galantuomo o finisce per vincere il suo orribile destino , o costudisce , come un tesoro , la sua perfetta reputazione . Con l ' onore si batte anche moneta , per grazia di Dio ! A centinaia , a migliaia ci confortano in questa fede piuttosto solinga ma salda , gli esempi particolari , gli esempi collettivi , in cui la probità , la integrità , la rigorosa scrupolosità furono la sorgente di fortune individuali e di fortune sociali veramente possenti ; da ogni lato della terra , nei libri , nei giornali , nelle cronache , nella vita , germogliano queste istorie di prosperità talvolta colossali , basate solo sul lavoro , sulla volontà , sull ' intelletto , ma basate , sovra tutto , sulla onestà personale o collettiva . Era naturale al pancione di Windsor , cui giovava restar seduto sotto la pergola della taverna , bevendo vino aromatizzato e giuocando a dadi , di dir che l ' onore non vi porta le aune di velluto per far un giustacuore o non paga il conto dell ' osteria : è comodo agli ambiziosi moderni pensare fra sè che l ' onore non si tramuta in cheques , in palazzi marmorei , in equìpaggi smaglianti , in gallerie di quadri e in collezioni di giojelli . È comodo : ma è falso . Chiunque ha scritto , scrive , o scriverà la storia della ricchezza , la storia dei ricchi , dica se non è falso : e che paesi , società , uomini , mille volte , centomila volte partirono dalle più umili volontà di bene e di onestà per giungere ai più bei fastigi della fortuna , senza aver traviato , giammai . * * * Pensino questo , coloro che , oggi , si adunano , non senza solennità , questi deputati di Napoli , ardentemente desiosi di fare il bene della loro città . Lo pensino : non lascino vacillare un solo istante , la loro coscienza di galantuomini : non manchi loro un solo momento la fiducia nella probità umana , su cui la loro vita si è formata e ha trovato la sua formola . Essi vogliono , i deputati napoletani , la prosperità larga della metropoli mirabile che , dotata di tutte le bellezze , è ancor povera e triste ; ma vogliono la sua prosperità insieme all ' alto rispetto del suo onore . Sia , sia anzi tutto , l ' onore : anzi tutto che coloro i quali saranno i prescelti , per sedere sulle cose del Comune e che , prescelti , saranno additati al voto popolare , abbiano per insegna del loro nome , la specchiatezza del loro carattere : anzi tutto che , dinnanzi all ' Italia , dinnanzi all ' Europa , ovunque il nome di Napoli sia pronunciato , sia , oramai , per il decoro , per la coscienza di chi la rappresenta , unito a quello della più bella dignità civile : anzitutto che , per convinzione , giammai più il sospetto , l ' accusa , la delazione possa colpirla : anzitutto che ovunque esso sia , l ' uomo onesto , intelligente , attivo , fattivo , sia il suo lavoro dato a Napoli , giovandole con tutte le sue forze . Quando ciò sia organizzato , con sapienza , con larghezza , prendendo coloro che dovranno essere i futuri amministratori , dovunque si trovino galantuomini e uomini capaci , senza fare viete questioni di partito , di colore , roba vecchia , roba distrutta : quando ciò sia un fatto compiuto , l ' onore di Napoli , che si va lentamente ricostruendo , ma con sicurezza , questo onore di Napoli servirà anche a batter moneta , . Quando i capitalisti dell ' estero , del nord , sapranno che , contro ogni ostacolo , Napoli ha voluto per suoi magistrati , comunali , i migliori suoi cittadini , quando gli uomini di finanze di tutti i paesi , di tutte le regioni , sapranno che , quì , il sentimento della probità sociale si è rifatto , nelle persone , nelle cose e nei costumi : quando gli industriali di ogni dove , comprenderanno di poter avere fiducia ; allora , sì , che ogni piccola o grande pianta della fortuna pubblica , nascerà , germoglierà , fruttificherà in questo suolo fecondo , in questa terra di anime belle . Tutto si farà , quì , dal momento che il buon nome napoletano , che , il decoro della sua cittadinanza , che , tutto il suo onore , infine , sia esaltato : tutto sarà così facile , così semplice , così naturale che il mondo si stupirà . E nell ' onore , in questa potenza tutta morale , in questo elemento più puro e , diciamo , più etereo della coscienza sociale , Napoli ritroverà la sua vita , la sua fortuna , la sua ricchezza ! IL RIONE DELLA BELLEZZA Una delle cose più amenamente false , che si dicono , si ripetono , si sostengono , per Napoli è la profonda miseria del suo Comune , è la mancanza della lira e del soldo per tirare avanti : una di quelle leggende bizzarre , grottesche , e ingiuriose che moltissimi illustri e oscuri cittadini nostri si compiacciono , dappertutto , di confermare ; che le prove più singolari e più fantastiche . Sapete ? Non vi è un centesimo per aprire una scuola : il Municipio può a stento , pagare i suoi maestri e le sue maestre . Sapete ? Non vi sono che quattromila lire l ' anno , per ripiantare di alberi i giardini pubblici e la Villa , quìndi , deve conservare , verso il mare , quell ' aspetto di orto devastato . Sapete ? È impossibile che si colmino i buchi perigliosi nel basolato di via Chiaia : vi dovete rompere il collo : i basoli costano troppo , bisogna aspettare il bilancio dell ' anno venturo : allora , si vedrà . Di questo passo , ogni volta che il Municipio deve cavare cinquanta centesimi , si risolleva la leggenda della mendicità cui è ridotto , accattone che nessun ospizio può ricevere , oramai , più : e , su queste bugiarde apparenze , su queste frasi fatte , da cui la folla si fa così comodamente governare , nessuno si accorge che , al Municipio , piano piano , con aria di nulla , i milioni presenti e futuri , ballano una ridda che , ogni giorno , diventa più vivace . Chi mai oserà sostenere , se ha occhi e orecchie , che il Municipio di Napoli è povero , quando ha messo in discussione , da uno o due anni , delle somme enormi , ora per una cosa , ora per l ' altra ? Chi mai potrà continuare a dir questo , quando , man mano , si verranno esaminando tutti i progetti che sono sul tappeto e , ognuno di essi , costa molte centinaja di migliaja di lire e qualcuno dei milioni ? Chi sosterrà , ancora , che non vi sono quattrini per gli asili , per le scuole , per i giardini , per lo spazzamento , per l ' innaffiamento , quando sono alle porte un sacco di castelli in aria , tutti uno più costoso dell ' altro ? Chi dichiarerà esservi ben pochi milionari a Napoli , per dare l ' indice meschino , esiguo , della nostra ricchezza , quando il primo milionario è , appunto , il Comune , e , come tutti i milionari , è un po ' folle , cioè lesina qualche centinaio di lire , in cose necessarie e profonde il suo denaro , o s ' impegna a profonderlo , nelle spese superflue ? Il Municipio nostro non è , forse , nè Morgan , nè Carnegie , nè Vanderbilt , nè Rockefeller ; la sua fortuna è più modesta : i suoi milioni sono in minor numero : ma esso ci gioca , oramai , come un buon piccolo milionario che fuma delle sigarette da tre centesimi , ma che ha una scuderia da corse . Ho innanzi agli occhi e io spero di potervelo comunicare , sempre che ne sia il caso , un elenco di progetti , di proposte , di cose mezze fatte o da farsi , ove la spesa , talvolta inutile , talvolta stravagante , quasi sempre imprudente , è fortissima . Io non sono il tutore del Comune , per grazia di Dio e neppure tu , amico lettore , per tua fortuna : ma qualche soldo , di questi milioni , è tuo ed è mio . Interessiamoci a questi pochi centesimi , tuoi , miei , lettore , perchè essi sono una parte di questi milioni . * * * Il Rione della Bellezza Eccone uno , eccolo qua . Il suo nome è eminentemente pretenzioso : quando saprai bene che è , questo rione , amico lettore e fratello mio , lo troverai anche eminentemente ridicolo . Si tratta di quel grande deserto di Santa Lucia nuova , ove tutti gli innamorati del vecchio Napoli , preferivano , forse , vedere quel bel mare di Santa Lucia , l ' antico , il nostro mare : diamogli un sospiro di rimpianto , in nome del pittoresco , consoliamo gli stranieri nella loro delusione e rinneghiamo la civiltà , tacitamente , nel nostro spirito . Quando non era stato inventato il rione della Bellezza , questo deserto malinconico , atrocemente triste , in certe ore del giorno , fiancheggiato da quella via polverosa e ineguale , doveva esser popolato così , dalla Cassa di sovvenzioni genovese : cioè dovevano sorgervi tredici grandissimi palazzi , tredici caserme enormi , simili alle due già costruite , quella ove si trova l ' Hôtel Santa Lucia e la seconda che è in costruzione . Nulla di più brutto , di più goffo , di più pesante : strette , le vie , fra ogni edificio : e completamente perduta , dietro , la via di salita Lucia vecchia . Quando queste caserme orribili fossero sorte , un ' altra pruova della mancanza di educazione estetica , sarebbe venuta ad affliggere il nostro spirito inquìeto : e le abbominazioni rettilinee , di cui parla Edgar Poe , avrebbero schiacciato , col loro orrendo aspetto , la nostra fantasia , amante della beltà , della grazia , della leggerezza . Ma vi è un Dio , in cielo ! Dato il forte prezzo a cui la Cassa di Sovvenzioni aveva messo e tiene ancora quei suoli da cinque anni , dato che per costruire , là , dove vi è il mare , sotto , ci vuole un prezzo doppio e triplo di costruzione , nessuno volle comperare quei terreni , nessuno pensò di erigervi un palazzo o una palazzina e la società molto meno osò di costruirvi niente . Certo , la società vi ha perduto e vi perde molti denari : ma questo non ci riguarda . Noi rimpiangiamo Santa Lucia vecchia , gli stabilimenti di bagni , l ' acqua sulfurea , le venditrici di acqua , gli ostricari , le trattorie e i tessitori di nasse ! Noi li rimpiangeremo anche di più insieme , amico lettore , se mai il rione della Bellezza vi si debba compiere . Il nuovo progetto dunque in cui pare , quasi , che abbiano concorso Raffaello da Urbino , Michelangelo Buonarroti , Vanvitelli e Dante Gabriele Rossetti , è questo : invece di tredici caserme , esse saranno undici e saranno divise da vie più larghette , con file di alberi lungo le vie , simili a quelli da cui è contristato il Rettifilo e che , certamente , verso il mare , saranno distrutti dalle brezze marine , come si dice , sieno stati distrutti quelli della Villa . Questi undici edificî avranno , anche , attorno , un poco di verdura , una piccola fascia , verso il mare . E basta . Ma questa è dunque , la peregrina idea per cui il rione Santa Lucia , sarà chiamato il rione della Bellezza ? E il progettista , diciamo cosi , sarà paragonato a Arnolfo di Lapo o a Lenôtre , architetto di Versailles ? Nossignore . Nel centro del nuovo rione , verso il mare , gli edifici si divideranno in semicerchio e lasceranno uno spazio , in mezzo , di ottomila metri quadrati - non t ' illudere , amico lettore , ottomila metri quadrati non sono gran che - ove vi sarà un giardino , e , in mezzo , pare impossibile , una fontana . Attorno , attorno al semicerchio sorgerà un porticato , di stile greco - romano , dove sarà fabbricato solo un primo piano , ad uso di caffè , di birrarie , di cafè chantant , forse , sempre in istile greco . E basta . Questo è il rione della Bellezza : non oltre : non altro . Un giardinetto , cioè , poco più grande di quelli di piazza Cavour , diletto ritrovo di pezzenti di San Gennaro , di cabalisti , di piccoli pensionati del governo : un giardinetto che sarà due o tre volte grande come quello di piazza Municipio , ritrovo , questi , di persone che è inutile quì menzionare , sotto i paterni occhi chiusi dei consiglieri comunali , un giardinetto , con una fontana , dove , probabilmente , vi sarà uno zampillo , basso nei giorni di lavoro e alto nei giorni di festa : e , infine , questo porticato , per rammentare nella vita moderna , l ' origine di Partenope , per rifare un poco Pompei , dice il progettista . Anzi , egli voleva far tutta una passeggiata pompeiana , lì , ma questa idea parve tanto barocca , tanto sciocca , che se ne accorsero tutte le anime buone e distratte degli assessori e protestarono . Non vi sarà la passeggiata pompeiana ma un pezzetto di Pompei , col porticato , l ' avremo . Chi si metterà sotto questi portici : s ' ignora : neppure è certissimo che vi si costruisca il primo piano . Il rione della Bellezza , or dunque , si riassume in un giardino , con fontana e con un portico . Il suo nome , allora , non ti sembra un poco esagerato , amico lettore ? Non ti pare che la parola bellezza abbia un senso diverso e profondo ? E che applicarlo a sì esigua e ambigua cosa , sia una grande audacia ? E che il progetto e il progettista debbano soccombere sotto il ridicolo di quest ' audacia ? * * * Per aver questo giardino , con la fontanella e il porticato , ecco che cosa deve spendere il Municipio di Napoli . Anzitutto deve dare alla Cassa sovvenzioni di Genova la egregia somma di settecentomila lire : è vero che si pagano in trent ' anni , queste settecentomila lire , ma un debito è un debito , anche se si paghi a piccole rate . Non vorrei affermare che il Comune debba corrispondere anche l ' interesse , perchè non lo so : ma è probabile che per avere la fontanella nel giardinetto e il porticato , intorno , per aver ciò a credito , qualche interesse si dovrà pagare . Inoltre , il Comune concede alla società , di costruire un sesto piano a tutti gli undici edifici : calcolato , così , a occhio e croce , un piano di più , sovra undici immensi palazzi , può rendere alla società da novanta a centomila lire di maggior reddito , cioè un regaluccio di oltre due milioni di capitale , sempre per aver quel che sapete . Quanto saranno più belli , più accoglienti , più estetici questi palazzi di sei piani , invece che di cinque , lo sa il Signore ! Vi è dell ' altro : la società ha il diritto di non lastricare più con pietre le vie fra i suoi palazzoni , poichè questo lastricamento costa molto : allo scopo di facilitarle ancora più la posizione , il Comune le permette di adoperare il macadam , col risultato di aver del fango in inverno , fango che macchia i vestiti e li rode ; e la polvere più acre , in estate . Non basta ancora : la società ha la concessione della sorgente di acqua solfurea : non sarà gran che ; ma è qualche altra cosa . Non vi pare che , per un giardino , una fontana e un porticato ciò costi molto , troppo , immensamente ? E con tanti denari , tante concessioni , tante facilitazioni , il risultato sarà questo : e il rione presunto della Bellezza , sarà mortalmente brutto , se si arriva a compiere col suo anacronisma di Pompei , fra edifici di sei piani come in America ; che il prezzo dei suoli , restando sempre forte e le difficoltà di costruzione essendo sempre grandi , la Cassa Sovvenzioni , seguiterà a non vendere e seguiterà a non costruire e che alla fine del salmo il rione della Bellezza consisterà in un piccolo giardino , in una fontana e in un porticato vuoto , fra un vasto deserto arido e polveroso . La società si sarà rifatta in parte dei suoi guai , con quelle settecentomila lire ; il Comune dovrà pagarle e passando per Santa Lucia nuova , il cittadino inconscio creperà dal ridere , a veder quella buffonata , e tu amico lettore e io , cronista scettico e pessimista , tu ed io che non siamo inconsci , rimpiangeremo quei venticinque o cinquanta centesimi , parte tua e parte mia delle settecentomila lire ! LA GRAN VIA Chi ha mai osato , chi oserà mai detronizzare via Toledo dalla sua sovranità cittadina ? Chi toccherà mai alla sua corona di gloria e di vita ? Chi potrà mai eguagliare , non vincere il suo fascino ? Chi mai menomerà la sua forza e il suo carattere ? Niente : nessuno . Non il tempo che tutto modifica e tutto trasforma : non gli uomini folli che delirano di mutare le cose , secondo il loro pensiero e il loro capriccio : non i costumi che si cangiano bizzarramente , pur riapparendo sotto novelle forme : non i fatti che sono regolati dalle misteriose correnti del destino . In questa profonda e palpitante arteria , corre un sangue la cui ricchezza è magnifica : il suo battito può diventare tumultuoso nella febbre dei grandi giorni , non può rallentarsi mai : le sue pulsazioni possono raggiungere il culmine della gioja , mai il minimo della fiacchezza : e mentre tutto l ' immenso corpo della città dorme , sotto l ' arco stellato del cielo , sotto il lume freddo e molle della luna , dalle sue colline fiorite nella notte fino al mare immobile , la profonda arteria vive e spande il suo metro di vita , nell ' ombra tenue , fra le case alte . Via Toledo non ha rivali , anche nelle vie più magicamente belle di Napoli : non nel mirabile sinuoso nastro che cinge graziosamente l ' alto della città e che è il Corso Vittorio Emanuele : non nell ' aristocratica e oramai deserta , e sempre nobile , sempre squisita Riviera di Chiaia : non nella indescrivibile via Caracciolo , sogno di pittori e di poeti : non nella possente via del Rettifilo , ove la modernissima città si sviluppa : nessuna di queste è sua rivale , poichè queste vie possono avere la bellezza , la forza , la grazia , la poesia , la tradizione , e hanno tutto questo e altre cose hanno , ancora , nella loro storia e nella loro espressione , ma Toledo ha tutto ciò e ha un ' altra cosa , l ' altra cosa grande , imponente , fremente , multiforme , multaninime , essa ha la vita , essa è vita . Siate lontani , in paesi estranei : se il vostro animo s ' immergerà nella triste nostalgia , è al suo ricordo che il vostro segreto rimpianto sarà più amaro . Siate quì e la vostra esistenza si svolga , per forza di cose , in regione cittadina lontana : la vostra vita vi sembrerà scialba e gelida . Uscite un giorno e non toccate questa via : la vostra giornata vi sembrerà vuota . Siate infelice , annojato , stanco , sperduto , sfiduciato di voi e di tutti : toccate le sue sacre pietre e come un sorso d ' inebriante vino esalterà le vostre forze e si dilegueranno tutti i fantasmi angosciosi e per un istante , per un ' ora , per un giorno , l ' esistenza vi sembrerà , di nuovo , facile e lieve ! * * * Via Toledo è la vita istessa , poichè nei secoli centinaja e centinaja di patrizî , di ricchi , spesero le loro fortune per adornarla di maestosi palazzi e vissero in questi palazzi , e vi tennero signoria , e vi lasciarono quella impronta larga e nobile di magnificenza che non si cancella : è la vita istessa perchè nella felice mescolanza delle classi che è una delle buone e oneste cose nostre , accanto alle grandi famiglie , migliaja e migliaja di famiglie vi sono vissute , nei secoli , e nei tempi più vicini , e adesso , e vi vivranno ancora , in una tradizione borghese che ha la sua potenza , in una tradizione popolare che ha la sua forza : è la vita istessa , perchè la fede vi eresse i suoi santuari , in cui migliaja e migliaja di anime sono venute , vengono e verranno , per sentieri noti , innanzi alle immagini note e care , anime pietose , anime fedeli , obbedienti ad un ' antica e pur dolce consuetudine : è la vita istessa , perchè il commercio e la industria da secoli , vi mise i suoi emporî , in una tradizione di lavori , di attività , di onestà e di fortuna che , ora , è giunta al massimo del suo splendore . Abitare a Toledo , vivere a Toledo , aver bottega a Toledo , fu , è , come una eredità degli avi , come il rispetto ad un costume sacro , come la rinnovazione di un patto con i lontani antenati , come una fede giurata , come una necessità familiare e pubblica . O cuore dei cuori : Via Toledo ! Il torrente dell ' umanità , da secoli , in ogni giorno e in ogni minuto si è svolto , ora mite , ora forte , ora fragoroso , ora clamante , sul tuo selciato e sui tuoi marciapiedi : e ogni uomo , ogni donna che vi è passato , dolente , ridente , fremente , pieno di vita o pieno di morte , vi ha lasciato una traccia viva e ogni dramma , ogni tragedia , ogni commedia che vi si è svolta , vi ha messo il riflesso di un suo ricordo : e ogni grande o piccolo fantasma della storia che vi è apparso , vi ha messo l ' ombra della sua grandezza o della sua piccolezza : e i nostri e noi vi abbiamo lasciato in tanti periodi della nostra esistenza , vi abbiamo lasciato il meglio di noi , un pensiero , un sentimento , un sorriso , una lagrima . Ah se Toledo è la vita istessa , è perchè ognuno le fece questo dono bello e fatale : è perchè glielo diedero i sovrani e il popolo , in tutti i tempi : è perchè glielo diedero i dittatori e la plebe : è perchè glielo diedero i poeti e gli amanti : è perchè tutti gli diedero vita , gli scienziati , i filosofi , gli uomini di Stato , i capi delle fazioni , i capi della folla : tutti , tutti , le donne , gli uomini , i bimbi , i vecchi , i malati , persino i morti di cui le solenni esequie lasciarono la memoria di un nome e di una pompa lugubre . Ah è la vita istessa , Toledo e tutti così l ' adorano , fervida di ogni forma alta o bassa , elegante o triviale , ricca o povera , florida o meschina : e tutti la onorano , e tutti l ' hanno onorata e non un sovrano , non un imperatore , non un grande che , quì giunto , non ne sentisse il primo palpito largo e forte , nei clamori della gente , salienti clamori sino al cielo sereno ! * * * Questo ho io ripensato , con meraviglia , quando ho notato che , per la prima volta , un ospite sovrano giungerà fra noi e penetrerà nella Casa del Re , in corteo nobilissimo , senza esser passato per via Toledo : e questo sentono e se ne rattristano , profondamente , le migliaja di buoni cittadini di via Toledo , delusi nelle loro legittime speranze e centinaja di commercianti e d ' industriali che , da tale avvenimento bello e popolare , attendevano non solo pascolo agli occhi , ma onesto vantaggio al loro lavoro . Alte ragioni che noi ignoriamo fecero scegliere un itinerario bello , ma molto più breve : e tagliarono fuori , con involontaria crudeltà , certo , la vita istessa napoletana , l ' antichissima e fedele via di Toledo , quella che cosi lealmente : ed entusiasticamente festeggiò i suoi re ed i suoi ospiti , quella che pure , seppe adornarsi di drappi e di ghirlande e fece piover fiori sulle regine e sulle principesse . Alte ragioni ! Noi non le conosciamo : e debbono , certo , esser molto forti e molto rispettabili : nè l ' itinerario , oramai , può mutarsi . Sia ! Ma come a Parigi , subito dopo che i Sovrani d ' Italia ebbero attraversata l ' Avenue des Champs E1ysèes e la inobliabile piazza della Concordia , per recarsi al palazzo degli Affari Esteri , senza toccare il centro di Parigi viva , il cuore di Parigi , la piazza dell ' Opera , si trovò modo di farli escire , novellamente , e di far loro attraversare l ' Avenue de l ' Opèra , si trovi , anche quì , modo di far traversare , ufficialmente , a ora stabilita , il Presidente della Repubblica , per via Toledo , per tutta la via Toledo , tutta quanta : e questa cosa si promulghi : e si contentino , così le giuste aspettative di una strada ove tutto di Napoli si concentra e si esprime : e si dia agli occhi curiosi e dolci di Emile Loubet che viene da una delle più belle città del mondo questo spettacolo inarrivabile . Se il Presidente della Repubblica va via , di quì , senza aver visto la via Toledo , in un pomeriggio di primavera , gremita di gente , addobbata , imbandierata , infiorata , e fluttuante e ondeggiante e tumultuante di folla , è come se non avesse visto Napoli . GUERRA AI LADRI Un cattivo odore di stantio , di cose antiche e consunte , tenute troppo tempo chiuse e tirate fuori , si è diffuso nell ' aria che respiriamo , da qualche giorno . Nei primi comizî , nei primi proclami , con una certa finzione di serietà , anche , son venuti fuori dagli armadi sgangherati della rettorica amministrativa : il partito clerico - borbonico , il partito clerico - moderato , il partito socialistoide , il partito anarcoide e , persino , guarda , guarda , quella consumatissima cosa che è il partito liberale . È come un mucchio di ferri vecchi polverosi e arruginiti , tirato fuori da un camerino di sbarazzo : come un fagottello di cenci sdruciti e sporchi , disciolto , in terra . La polvere acre si distacca da tutto questo tritume : la muffa si attacca , viscida , alle mani di chi vi si accosta : e il libero aere ne è ammorbato . La gente passa , si tura il naso , alza le spalle e sorride di scherno . Per molti anni , queste parole , queste frasi , ebbero un contenuto di vita : ma il tempo è trascorso e i tempi si sono mutati : ma tutto questo è vuoto , è floscio , è senza colore , è senza sangue , è simile al palloncino di pelle che era leggiero , volava in aria , aveva i bei colori della gioja , che il bimbo ha rotto e che è , adesso , uno straccetto ignobile . Nulla di questo esiste , più : nulla di questo risponde alla rinovellata coscienza moderna : nessuna di queste formole , ha più espressione e nessuna ha più influenza . Guardate , nella vita vera , piuttosto ! Osservate , nella vita vera , tutte le profonde trasformazioni che stupiscono . Vi sono dei cattolici che sono italianissimi : vi sono degli anticlericali che sono credenti , vi sono dei clericali che sono democratici : vi sono dei democratici che sono imperialisti : vi sono dei liberali che restaurerebbero la pena di morte : vi sono dei repubblicani autoritarii e assolutisti : vi sono dei socialisti che adorano il Re : vi sono dei radicali perfettamente monarchici : vi sono dei monarchici che dicono un male orrendo della monarchia : i framassoni che detestano il clero , credono all ' Architetto dell ' Universo : e i borbonici , infine , poichè anche di questo si parla , i borbonici si riassumono in quell ' incantevole uomo d ' età - egli invecchierà , più tardi - che è il duca di Regina , caro a tutti , riverito da tutti i partiti , sottopartiti , frazioni e sottofrazioni . Il travolgimento tumultuario delle idee , il turbine sempre più precipitato delle opinioni , tutto questo enorme cataclisma morale , donde escirà , domani , e già essa sorge splendente come l ' aurora , la coscienza nova , ha già così capovolto ogni ordine di criteri e di concetti che , veramente , coloro che , ancora , si attaccano al funesto ciarpame del passato , coloro che tentano di brandire delle armi infrante e senza taglio , che tentano di agitare una bandiera stinta e a brandelli , destano un sorriso di ironia e di pietà ! * * * Ma in tanta bizzarra confusione , il paese nostro , questa Napoli nostra , cerca una guida nei fatti , cerca la verità nel buon senso . Dice Napoli , quietamente : ecco , io ho bisogno di risorgere . Io non solo debbo vivere , ma debbo svolgere tutte le mie forze sociali e individuali : ognuno dei miei cittadini , sia pure il più oscuro , il più ignoto deve aver lavoro , salute , protezione , educazione , e tutti i cittadini e , io , Napoli , debbo prendere il mio posto bello , nobile , forte , nella vita operosa ed efficace moderna . Non solo io voglio risorgere ; ma , tutti gl ' italiani che hanno cuore , vogliono la mia risurrezione : ma tutti i miei fratelli del nord mi stendono la mano affettuosa e salda , perchè io risorga : ma gli uomini del parlamento , ma gli uomini dello Stato , ma il Sovrano vogliono ardentemente la mia resurrezione . Essa , però , si deve compiere con tutte le forme più larghe , più potenti , più limpide e più pure . Perchè io risorga debbono fra me giungere i capitali stranieri e i capitali nordici e siano benedetti , purchè essi non trovino alle mie porte e fra le mie mura , chi metta loro la taglia , se vogliono entrare . Perchè io risorga debbono formarsi , quì , delle vaste imprese industriali , ove chi è lavoratore , trovi mercede onesta e aiuto sociale , ove chi è possidente trovi onesto guadagno , ove chi è capitalista , possa collocare onestamente e securamente il suo danaro , ove tutte le intelligenze belle e vivide napoletane possano trovar campo di azione , ove tutta questa forza simpaticissima d ' ingegno , possa manifestarsi in opera utile , efficace : ma queste imprese industriali debbono esser fatte alla luce del sole , senza transazioni equivoche , senza concessioni losche , senza premî , senza provvigioni ; e come si è fatto altrove , a Milano , a Genova , a Torino , ove centinaja di tali imprese nacquero , vivono e prosperano , senza che sia stato loro necessario di corromper nessuno , anche da me , quì , nella mia nuova atmosfera morale , questa , cosa bella l ' affare onesto , l ' affare semplice , l ' affare in cui non vi sono guadagni illeciti o strabocchevoli , da nessuna parte , ma in cui tutti possano prosperare , l ' affare deve sorgere , svilupparsi , dilatarsi , portar bene ed esser parte integrante della mia risurrezione . Perchè io risorga , completamente , debbono le banche che già sono , quì , aiutare il mio popolo , aiutare le oneste industrie , aiutare le oneste iniziative e sottrarre il popolo e gli industriali e tutti quelli che han bisogno del credito , all ' usura : e altre banche si debbono fondare , ancora , con denari venuti di fuori , con denari di quì , e tutte , le nuove , le vecchie , non debbono pesare sui deboli e sui miseri , non debbono servire a scopi non bene definiti , ma avere , sì , sì , anche le banche , un criterio morale di assistenza alla popolazione mia . Io invoco il lavoro , invoco le società , invoco le industrie , invoco le banche , che dovranno redimere la mia miseria , il mio ozio e la mia inciviltà : ma tutto questo deve esser fatto in un ' altra maniera , non più in quella di prima , in una maniera schietta , leale , franca , in una forma delle più integre , con , una probità perfetta , con quel rigore di coscienza , da tutte le parti , che , in tanto rivolgimento di cose , è la via della verità e della vita E , a proposito delle non imminenti ma prossime elezioni amministrative sapete che dice , Napoli ? Napoli dice questo : A me importa poco che vadano al Consiglio Comunale dei clericali , dei borbonici , dei moderati , dei liberali , dei democratici , dei socialisti , o degli anarchici : tutto ciò mi è indifferente . Io voglio degli uomini onesti : io voglio delle coscienze secure : io voglio delle anime austere . Le loro opinioni politiche non mi riguardano : solo i loro sentimenti morali m ' interessano . Non voglio ladri , io , al Comune ; e per ladri non intendo solo quelli che si mettono in tasca il denaro mio , il mio povero e scarso denaro , ma tutti quelli che aiutano i ladri miei o che permettono , chiudendo gli occhi , che mi si rubi . Non voglio , al Comune , nè affaristi , nè compari di affaristi , nè rappresentanti di affaristi , nè amici degli amici degli affaristi . Vi sono , fra i liberali degli onestissimi uomini ? Io lo vedrò : io avrò fede in loro , quando avrò veduto e saputo : e io manderò al Comune questi liberali onestissimi . I clericali non amano Roma capitale , non vogliono festeggiare il venti settembre , s ' irritano di dover riverire il Re : ma sono onesti ? Io voterò per essi , poichè la loro probità mi affida : e , più tardi , penseranno essi a non urtare i miei sentimenti d ' italianità . I socialisti sono violenti , sono intemperanti , spesso utopisti : ma sono onesti e vogliono il trionfo della onestà , lo vogliono con tutte le loro forze , come io lo voglio ? Io voterò per essi , come un sol uomo . Io voterò per chiunque mi risulti , in faccia al sole che egli sia un galantuomo . Un galantuomo può sbagliare , ma non può tradirmi , un galantuomo può errare , ma non può vendermi . Di fronte al mondo che conobbe le mie lunghe sciagure , di fronte all ' Europa che si stupì di me , come di un covo di malfattori , di fronte all ' Italia , che mi guardò dolorosamente sorpresa , io debbo , ancora una volta e , adesso , più che mai , dimostrare che le mie sciagure mi venivano da ben pochi infami miei figliuoli , che il covo non era che una piccola tana di sporchi rosicanti , che io ho migliaja e migliaja di cittadini onesti e buoni e che , fra queste migliaja , io posso , io voglio scegliere ancora una volta , gli onesti che mi debbono amministrare . Qualunque sia la veste di cui si copra l ' uomo dalla coscienza infida , io lo riconoscerò : qualunque sia la maschera che copra il suo viso , io ne discioglierò i nodi : in qualunque modo mi si tenti di ingannare , non vi si giungerà più . Troppo ho sofferto nell ' onore e nella prosperità : troppo ho lagrimato di vergogna e di indignazione . Io debbo cominciare per salvarmi , se voglio esser salvata da tutto , da tutti . Nelle mie mani è la mia prima risurrezione : cioè quella della mia esistenza , morale , cioè quella del mio decoro sociale . Farò , io , veder al mondo , all ' Europa , all ' Italia che di tutti i doni della sorte , io sono degna , che di tutti gli aiuti fraterni , io sono degna , io , Napoli , paese di gente onesta , mandando al Comune solo gli onesti , chiedendo ad essi , che da essi si prosegua e si esalti la mia riabilitazione ! CRISTO DICE … Più giusto e più opportuno , forse , è l ' ignorare , il voler ignorare , noi , in questo singolare , intenso e possente dissidio di Torre Annunziata , che sia il trust degli industriali , perchè e come sia sorto , su quali patti sia stato basato e a quale ente finanziario o a quale persona vadano , divise o riuniti , i molti benefici del trust e anche i suoi molti svantaggi . Probabilmente , certo , anzi , gli industriali di Torre Annunziata non sono degli odiosi e crudeli capitalisti presi uno per uno : anche essi , forse , vengono dal popolo laborioso e debbono alla fatica e alla sorte bella dei loro genitori , debbono alle loro fatiche e alla loro bella sorte , se la fortuna li mise alla testa di una ricchezza e se così è , non può il loro memore cuore aver obbliato donde i loro padri partirono , donde partirono essi , nella loro gioventù e questa memoria incancellabile deve aver temperato , tempera , a ogni modo , la superbia e la durezza di chi si trova dalla parte del denaro e del potere . È anche certo che in questi ultimi due mesi di lotta veramente eroica , gli industriali hanno sopportato e sopportano gravi perdite di denaro , le cui conseguenze non si possono notar subito , poichè ognuno di loro aveva la sua riserva e di vari la fortuna è molto forte : è anche certo che mille energie si sono disperse , mille occasioni si sono perdute , e che questi danni sono profondi , così profondi che molto tempo , molta forza , molto lavoro e molta pazienza sono necessarî a portarvi dei rimedî . Riveriamo la giustizia , in ogni nostra parola , se vogliamo che la folla ci creda giusti e probi ; e non colpiamo della gente che è al sommo della fortuna sociale , con la scusa che essa è ricca e che ciò offende il povero . Per quanto la fortuna tenda sempre più , dapertutto , a livellare la ricchezza , a imporle , sovra tutto , tali leggi , tali doveri , tali obblighi , da venirla lentamente diminuendo , quasi togliendole ogni possanza e ogni larghezza , quasi mettendole innanzi , constantemente il fantasma dei meno felici , dei più oscuri , e inducendola a guardare e a temere questo fantasma , come cosa viva , dei ricchi esisteranno sempre , nel mondo , e il vivo ingegno , la salda volontà , la tenacia ferrea , il cumolo delle circostanze che noi chiamiamo Fortuna , avranno sempre i doni della terra e del cielo ; ed è ingiusto punire costoro , semplicemente perchè vi sono esseri senza mentalità , senza volontà , miseri di anima e di corpo , destinati a una vita umile , da cui nessuna legge , nessuno Stato e nessun uomo può trarli . La ricchezza ha molti giusti persecutori , quando essa è tirannica , aspra , orgogliosa e senza pietà : essa ne ha anche , perchè è la ricchezza solamente ; lasciamola che si difenda come può , se può , se sa , se vuole , se le riesce ! * * * Ma diamo tutto il nostro cuore fraterno , pieno di un sentimento traboccante di bene a questi cinquemila operai , che , da circa settanta giorni resistono a ogni tristezza fisica e morale e da Torre Annunziata danno un esempio di fermezza , di costanza , di sacrifizio veramente ammirabile . Che gli occhi di tutti i lavoratori del mondo si fissino sulla bella cittadina che si specchia nel mare , e che un senso di rispetto grande nasca per questi operai che servono , con ogni privazione , non solo la loro causa , ma la causa di tutti quelli che lavorano . Più di due mesi di sciopero essi stanno subendo , pazienti vigili , inaccessibili : e le loro sofferenze materiali son ben grandi . Man mano , i denari per sostenere lo sciopero sono finiti ed essi si sono contentati di veder sempre più scarsi i soccorsi della loro lega , si sono contentati di pochi soldi . Ogni tanto , qualche generoso sussidio arriva , ma essi sono molti , i bisogni sono grandi e dopo qualche giorno la ristrettezza , la miseria , sì , diciamolo la miseria diventa più pesante , più lugubre più nera . Sapete che mangiano molti di essi ? Patate ! I contadini , i massari nelle campagne con animo misericordioso , permettono che le famiglie degli operai vadano a raccoglierle senza molestarli ; e ogni mattina con i sacchi sulle spalle , i ragazzi degli operai vanno fuori , nei campi , negli orti , nelle masserie , a raccoglier queste patate : ciò non costa nulla ed è un cibo , almeno , un cibo caldo , cotto nell ' acqua con cui si sfamano uomini , donne , bimbi e vecchi . Cento episodi pietosi , commoventi , si potrebbero narrare , di costoro , e in qual modo essi si sostengano scambievolmente : e come i più forti dieno forza ai più deboli : e come le donne sieno più ardenti e più ferme : e come non uno fallisca , non uno tradisca , non uno osi tradire . Cinquemila , sono , ma la volontà è una sola . Come una barra di ferro che nulla fa deviare , che nulla smuove , che nulla rompe : e intanto , spesso , le loro viscere sono corrose dalla fame : spesso , non possono dare nulla ai loro figliuoli : a poco a poco tutto quello che avevano in casa , è partito , impegnato o venduto : i loro amici , i loro compagni , i loro confratelli , li hanno aiutati , come hanno potuto , ma anche questi aiuti sono limitati , non possono consolare , sollevare una massa così enorme . Cinquemila , sono e sembrano un solo uomo a cui la volontà invincibile faccia compiere un miracolo quotidiano , da settanta giorni , quello di subire ogni privazione e di non lagnarsi e di non cedere di una linea e di credere , sì , di credere nella propria vittoria , poichè è la fede nell ' ideale quella che finisce , sempre , per rifulgere ! Cinquemila , sono , e si sono votati , come un uomo solo , al benessere della loro collettività al loro migliore avvenire , e in questo voto sociale che hanno fatto , danno , come antichi eroi , il migliore del loro sangue e il migliore delle loro forze . Cinquemila , sono , e , oramai , con l ' alto loro coraggio , vinti tutti gli ostacoli , il sacrificio di tutti continua , sempre e non finirà senza trionfo , perchè , centosei di essi non restino nella strada , senza lavoro , senza pane ! * * * Il monte della Quarantena , in Palestina , sorge fra le floride pianure ove ride e corre il limpido fiume Giordano e la gran pianura deserta ove fumica il plumbeo Mare Morto , che seppellì , nelle sue acque torbide e acri Sodoma e Gomorra . Questa montagna , non alta , è rocciosa , asprissima : non vi nasce pianta , non vi nasce fiore . E Cristo vi passò quaranta giorni in preghiera , in solitudine , in penitenza , dopo che il Precursore , lo ebbe battezzato nelle acque del Giordano . Solo , era , sulla montagna : e il Maligno lo tentava . Cristo era disfatto dalle orazioni e dal digiuno . Diceva , il Maligno : Tu muori di fame ; se sei fìgliuolo di Dio , fa un miracolo e cangia in pane queste pietre . Cristo taceva . Fa , fa , un miracolo , ripeteva il Maligno , e cangia in pane le pietre ! e Cristo , allora , guardandolo , gli disse : l ' uomo non vive solo di pane . Ah che parola voi diceste , Signore , da questa montagna e come essa è una delle più grandi , delle più alte , delle più pure , delle più fiammeggianti , in tutti i tempi , in tutte le coscienze ! Duemila anni fa voi l ' avete pronunziata , in un ' ora sacra alla elevazione dell ' anima , combattendo col Tentatore che vi offriva tutti i beni materiali della terra , sovra una montagna arida e nuda , in una solitudine senza eco , in un momento supremo : e la parola vibra nel mondo degli spiriti , come un conforto e una esaltazione . È per i poveri , per i deboli , per gli infelici , per i sofferenti , che questa parola è stata detta : è contro i ricchi , i potenti , i superbi , i malvagi , che essa è stata pronunciata : è per la guerra che sempre è stata , che mai finirà , fra i miseri e gli epuloni , che questo è stato proclamato . Che importa la povertà , se l ' uomo non vive di solo pane , ma di un contenuto spirituale che rende la sua anima lucida e formidabile , e vince le sue caducità fisiche ? Che importa , la sofferenza , se non il pane solo è pascolo dell ' uomo , ma un conforto interiore che lo rende più forte di ogni tristezza ? Che importano la privazione , lo stento , il duro sacrificio , quando per vincere queste torture , non il pane è necessario , ma un ' energia morale che arriva sino all ' eroismo ? A migliaja , a migliaja , questi ignoti soldati dell ' anima sono caduti nel mondo , decimati dalla fame , dal freddo , dalle infermità , ma essi passarono la loro idea , la loro fiamma , la loro speranza ad altri combattenti : ma questa battaglia contro tutte le tentazioni basse e ignobili , questa battaglia nel nome dello spirito trionfante sulla carne , ha già avuto mille clamorose vittorie . O minatori che soffocate nelle viscere della terra , o faticatori dei campi che vi curvate sulla vanga , o operai che vi accasciate di pesante lavoro , nelle officine , la parola del monte della Quarantena è il balsamo che vi guarisce , vi vivifica , vi esalta : siate o non siate cristiani . Colui che era povero e che amava solo i poveri , che era oscuro e che perseguitava i potenti , che era umile e che disprezzava l ' orgoglio , Colui che doveva vivere e morire , per tutti gli sventurati , disse a Satana , signore delle ricchezze tutte umane : L ' uomo non vive di solo pane . Ogni volta che una creatura della terra preferisce la fame all ' obbrobrio , preferisce il freddo alla vergogna , preferisce la morte alla viltà , ogni volta che una creatura umana in lotta con la fortuna altrui , con la potenza altrui , con la tirannia altrui , non cede , non transige , non si piega , e talvolta vince e talvolta muore , ma muore vincendo , il grande motto ha compiuto il suo miracolo spirituale . IL PANE DELL ' ANIMA Quando il direttore del MATTINO si trova , per caso , in polemica col giornale ROMA lo chiama , per lo più , il giornale dei portinai . Ciò mi ha sempre fatto sorridere . Il ROMA potrebbe essere il giornale dei portinai , come è quello dei bottegai che rientrano a pranzo , fra l ' una e le due pomeridiane , ma non è . I portinai napoletani non sanno leggere . Facendo una inchiesta curiosa e bizzarra , voi potreste trovare , sovra un centinaio di guardaportoni da quattro a cinque che sanno leggere , non di più ; e per disimpegnare gli obblighi del proprio mestiere , svariati e non senza difficoltà , i portinai napoletani adoperano la sveltezza naturale del loro ingegno , fanno le ambasciate , distribuiscono le carte da visita , dividono le lettere e i giornali , ma non sanno leggere . Passando ai cocchieri , gente sveltissima se mai ve ne fu , domandate ad uno di essi , per esempio , di portarvi a via Partenope , numero diciotto : anzi tutto , egli vi chiederà se si tratta del teatro Partenope : e , in secondo , quando sarete giunti , con la sua carrozza , a via Partenope , egli non saprà punto trovare il numero diciotto : il cocchiere napoletano raramente sa leggere e ignora quasi sempre la figura grafica dei numeri , anche accanito giuocatore di lotto , come è . E , passando di classe in classe , non solo il forestiere si accorge e si sorprende e rimpiange che fra il popolo napoletano , così intelligente , così vivido , così rapido , sia innumerevole il contingente di coloro che non sanno leggere , ma voi stesso , voi , napoletano , ogni volta che vi trovate di fronte a un ignorante , a un analfabeta , voi sentite il rammarico acuto di tanta barbarie e di tanta oscurità ; e , talvolta , vi assale il ribrezzo di tanto oblio e di tanto abbandono , in cui è lasciata questa povera gente . E , ogni tanto , in quelle tristi interviste con qualche spettro della notte , che la malinconia della deambulazione notturna vi procura , in quegli incontri singolari e tetri , con un ragazzo della malavita , con un cercatore di mozziconi , con un caffettiere ambulante , voi udite il motto profondo , aspro , crudele , in cui il popolo napoletano riassume il suo profondo rispetto per la cultura e il dolore della propria ignoranza , crudele motto che emana dall ' intimo dell ' anima , come un rinfaccio , come amarissimo rimprovero alle classi più alte . Voi v ' interessate al guaglione di mala vita , al fantomatico mozzonaro , al singolare caffettiere che gira come un fantasma , esso , dall ' alba , per le vie napoletane e compiangete la sua sorte ed egli si compiange , così , crollando le spalle , filosoficamente . Ma tu sai leggere ? - voi gli chiedete . Egli vi guarda , risponde : Signò , si sapesse leggere nun starria cca : starria a Palazzo . Per il popolo napoletano , chi sa leggere non può esser cercatore di mozziconi , venditore di ulive , ladruncolo notturno , ma può diventare Re o qualche cosa di simile al re , abitare la Reggia e non un tugurio o gli scalini di una chiesa , comandare gli uomini e non finire in carcere o all ' ospedale . * * * Centinaia , migliaia di bambini , di bimbe pullulano , si arrotolano , si aggrovigliano in tutte le vie , dalle più aristocratiche alle più popolari , creature seminude , scalze o malamente coperte o appena vestite : e non si sa donde vengano e dove vadano , non si sa a chi appartengano , come vivano , come muoiano . Eppure hanno madre e padre , queste misere bimbe questi bimbi miserelli e vorrebbero , questi genitori infelici , o privi di lavoro o provvisti di un lavoro mal remunerato , faticosissimo , durissimo , vorrebbero , questi genitori , mandare , in un asilo , in una scuola , queste creature delle loro visceri , vorrebbero che oltre il piccolo e rude pane del corpo , dato , ahi , con così rigorosa misura , fosse loro dato , da chi ne ha l ' obbligo strettissimo , da chi ne ha il sacrosanto dovere , il pane dell ' anima , l ' istruzione . Desiderio insano ! Mancherà , spesso a questa immensa folla di piccini e di piccine , di ragazze e di ragazzi , il modo come sfamarsi poichè , pare , la povertà napoletana sia molto pittoresca e i custodi dell ' estetica adorano questa manifestazione possente e triste di dolore sociale : mancherà , senz ' altro , il pane dell ' anima , quello che dovrebbe dar frutto di bene intellettuale , di bene morale , mancherà senz ' altro la istruzione . Vi è ancora fra il popolo , una istituzione strana e caratteristica : una specie di piccola scuola tenuta , da qualche donnetta , in un basso più spazioso degli altri : altre donnette , operaie , serve , lavandaie , stiratrici , vi portano i loro figliuoli e le loro figliuole , alla mattina , prima di andare al lavoro e pagano un soldo al giorno , le più facoltose , diciamo così , venti soldi , e quindici soldi al mese , le più sventurate . La donnetta che ha la scuoletta , non insegna nulla a tutte quelle creature : le tiene raccolte un poco , poi , le lascia scorazzare : le sgrida , sempre : urla , dietro loro : le sculaccia : pianti , strilli , singhiozzi : ma , infine , è responsabile , per un soldo al giorno , per tre centesimi , per due centesimi , di ogni bimba , di ogni bimbo , sino alla sera . E mi rammento , anche , la mia giovinezza , e un certo diploma di grado superiore che mi fu dato , per tre anni , mentre raggiungevo questo diploma , questa missione di dare il pane dell ' anima alle figlie del popolo , continuamente rammentata , a ogni problema di aritmetica sbagliato : e infine toccato miracolosamente questo scopo del massimo diploma , l ' obbligo del tirocinio di maestra , in una di queste scuole , ove accorrevano queste figlie del popolo , a cui io doveva insegnare a leggere e a scrivere E andai piena d ' interesse , di gentile ansia segreta , di emozione , persino , a fare la tirocinante e mi trovai fra molte bimbe assai decentemente vestite , alcune con eleganza . Una per una le interrogai , queste figlie del popolo , chi fossero , donde venissero ; e appresi , man mano , che eran figliuole di professionisti , d ' impiegati , di negozianti , di bottegai , e fra settantadue scolare , una solamente , una , era una figlia del popolo , lacera , pallida , impertinentissima , intelligentissima , affascinante . Una ! Più tardi , io sparvi dalla scuola , perchè avevo finito di fare la tirocinante : la piccola Buonfantino , indimenticabile al mio cuore tenerissimo , ne sparve , perchè morì , di tisi , a undici anni . Era una figlia del popolo , quella : ma la scuola non era fatta per essa * * * E non vi sono scuole , a Napoli ! Non ve ne sono ! Ogni tanto , noi ci riuniamo , diamo un ballo splendido , con una lotteria di oggetti d ' arte , tutta la grande società napoletana e la meno grande v ' interviene e la Croce Rossa prende trentamila lire : ma le scuole mancano e migliaia di ragazzi e ragazze s ' imputridiscono il corpo e l ' anima nelle vie fangose . Non vi sono scuole : mentre noi per un mese , organizziamo una Kermesse enorme , con sessanta dame nei chioschi , e gli ottanta o novanta ciechi di Caravaggio , che hanno già ereditato due o tre fortune , ricevono venticinquemila lire . Non vi sono scuole : e altre dame della Società Margherita e io con esse , organizzano , organizziamo , conferenze , recite , gite , per aiutare ventidue o ventisette ciechi a domicilio , comprando loro un pianoforte o un fonografo o una biccicletta ! Non vi sono scuole , a Napoli , e le maestre muoiono di fame e le ragazze e i ragazzi del popolo vanno al vizio , alla corruttela , al disonore al crimine : e vi stupite delle statistiche dell ' onta , del delitto , a Napoli , quando dimenticate che non vi sono scuole , che invano qualche anima buona di assessore grida , perchè se ne aprano delle altre , mentre il goffissimo progetto del quartiere della bruttezza , a Santa Lucia , chiede un milione e duecentomila lire , poichè ciò fa comodo a un assessore qualunque ! Non vi sono scuole , a Napoli , e questi cattolici che sono al Municipio di Napoli , non si vergognano di far perdurare questa cosa infame , che è l ' analfabetismo , di cui tutti arrossiamo , innanzi non agli stranieri , solamente , che ne ridono ironicamente , beffandoci , ma innanzi agli italiani di Lombardia e di Piemonte . Non so da quanti anni si sta delirando e spendendo intorno al Maschio Angioino , sempre e la cancrena più ributtante divora il popolo napoletano , confitto nelle tenebre dell ' ignoranza : e neppure i cattolici che da Cristo Signore Nostro avrebbero dovuto apprendere l ' amore dei piccoli e degli oscuri , fanno niente . I socialisti domandavano la refezione scolastica : e avevano ragione , ma prima della refezione che andrebbe a figliuoli delle persone agiate , aprire delle scuole , aprirne altre cento , dappertutto , ecco quella che è la carità sociale , la solidarietà sociale ! Viceversa , noi ci occupiamo se il lampadaro di S . Carlo toglierà la visuale a coloro che vanno in quarta e quinta fila : questione gravissima . Costoro che si agitano per questa cosa bizantina , sono pregati d ' informarsi un poco , così , per sapere , quanti degli abitanti ordinarii delle carceri di San Francesco , di Sant ' Eframo e di Santa Maria ad Agnone sanno leggere . Dopo , si covrano la faccia con le mani : se hanno un poco di rossore ! IL PADRE DEL POPOLO I miei occhi hanno visto l ' imponente e toccante spettacolo ; e il fremito che danno le cose grandi e sincere , ha sconvolto il mio spirito . Un popolo ha urlato di disperazione , ha gridato di collera , ha pianto di dolore , perchè Ettore Ciccotti non è più deputato di Vicaria : e per tre giorni e tre notti , questo furore di popolo , pieno di singulti e pieno di lacrime , si è espresso nelle forme antiche , puerili e semplici , della rivolta popolare : il sasso raccolto nelle vie suburbane e che fende l ' aria , fischiando , il pezzo di legno greggio che non è neppure un bastone ma che difende ed offende , il vaso di fiori lanciato dalla finestretta del tugurio : e un desiderio folle , funebre , di morire , spingendosi avanti , contro le armi cariche e pronte a far fuoco , spingendosi avanti , le donne sotto i piedi dei cavalli dei soldati , così , ebbre di morte ! Se più tragica , se infinitamente più tragica non fu l ' avventura del popolo di Vicaria , si deve al medesimo Ettore Ciccotti che consigliò , a voce , per lettera , la calma , la pace , in nome del profondo vincolo fra lui e questo popolo di Vicaria : si deve alla sua partenza , alla sua assenza , atto di altruismo tenerissimo , con cui si sottrasse al terribile entusiasmo e ne placò , così , anche il disegno di rivoluzione e di morte : ancora una volta , egli salvò il quartiere Vicaria dal sangue e dalla strage . E l ' ira folle , lentamente , si è sedata , poichè questi possenti impeti delle masse non possono e non debbono aver durata : ed è restato , dovunque serpeggiante , in cento episodii commoventi , il dolore di aver perduto Ettore Ciccotti , come deputato di Vicaria . Nei crocicchi , un organino si ferma e l ' uomo dalla manovella , comincia a macinare una musica bizzarra : un altr ' uomo canta : e la canzone parla di Ciccotti , il padre del popolo , e tutti si mettono a cantare , un coro , crescendo la folla : delle cartoline col ritratto di Ciccotti circolano , fra la gente : le donne le afferrano , le baciano , le conservano nel seno . Un venditore di giornali passa , è un vecchio : ha la testa fasciata : fu ferito , in una di quelle notti : e camminando a passo lento , con voce fioca , grida il giornale e aggiunge , come ritornello : ànn ' acciso ' u padre nostro Ciccotti . In un angolo di Porta Capuana , una donna parla , fra un gruppo di donne : è eccitata , ha le lacrime agli occhi , narrando non so quale benefizio che ella ebbe da Ciccotti ; e le altre , a poco a poco , si mettono a gemere , intorno : e come se qualcuno fosse morto , esse esclamano : avimmo perdute nu patre , nu patre ! Altrove , un uomo vestito bene , un signore , infine , ma noto nel quartiere , è circondato da altre donne , che gli raccontano le loro disgrazie , ed egli ascolta , pensoso , crollando il capo : e il ritornello , più malinconico , più triste , ricomincia , ancora : ce l ' hanno levato , signò , ce l ' hanno levato ! Entrate , non nelle botteghe della borghesia di Vicaria , ma nei bassi di san Giovani a Carbonara , di via Santi Apostoli , delle traverse del Nuovo Corso Garibaldi , di Porta Capuana , e in ognuna di quelle tane ove manca l ' aria e manca la luce e ove il popolo napoletano vive , per colpa dei suoi mali governanti , come se non fosse uomini e non fosse cristiani , e voi troverete il ritratto di Ettore Ciccotti , accanto a quello della Madonna . Nominate a uno di quei popolani , a una di quelle donne , quest ' uomo : e vedrete il volto loro infiammarsi ed esaltarsi , poichè voi avrete loro nominato il padre , non quello che dette loro la natura , ma il padre della loro miseria , della loro abbiezione , del loro dolore ! * * * E costoro , in Vicaria , non sono elettori : sono popolo . E un ' altra cosa . È una folla di sventurati che sono nati con le mille eredità del morbo , della povertà e del vizio e per cui nulla e nessuno si mosse mai , perchè questi sventurati fossero , in nome di Dio , in nome della natura , considerati come fratelli , più infelici , più disgraziati , ma fratelli ; sono sventurati ; a cui nessuno pensò di dar pane e lavoro , poichè prima che il pane e il lavoro giungano sino ad essi , mille ladri eleganti lo debbono sottrarre o taglieggiare : sono sventurati a cui nessuno dà una scuola , poichè i signori del Comune delirano per gittare un milione , a una società che sta per fallire e non provvedono , a che le scuole sieno aperte : sono sventurati a cui il lavoro pesa , sulla vita , raro a trovarsi , difficile a durare , malissimo compensato , precario , incerto , irrisorio : sono sventurati che spesso , vengono dal crimine o ci vanno , ma non per colpa loro , per colpa di tutta un ' altra società , cieca , sorda indifferente , dura come una roccia . Non elettori ! Popolo : popolo vero , folto , oscuro , a masse paurose , con volti ove si manifestano gli stenti e le tristezze , con voci roche , velate dalla fame e dalle malattie , con i germi ereditarii che un atavismo , ahi , di povertà , vi mise , con gli istinti del male esaltati dalla lunga esistenza di miserie , e di pianto , con l ' inclinazione al male sì , al male , che vi pose questo centennale e crudele abbandono ostinato della loro truce sorte ; e la Società infame si vela gli occhi per non vedere questo popolo , che fugge via , per obbliarne l ' esistenza e crede che la fuga sia la salvezza . Oh voi non fuggiste , Cristo , Signore , questo popolo che , nel tempo dei tempi , era oppresso da ogni male e schiacciato dai possenti e dai protervi ! Voi lo cercaste , dapertutto : ovunque vi fosse un misero , un sofferente , un peccatore , un malato , un criminale , voi gli tendeste la mano , lo abbracciaste , lo chiamaste figliuolo : voi lasciaste che la donna del male , emblema , di tutte le peccatrici , di tutte le criminali , si curvasse ai vostri piedi domandando perdono e perdonaste , in lei , tutti i peccati delle povere creature muliebri , fiacche , caduche , fragili , che la virtù non le sorregge . Ah , non voi fuggite , questo popolo , o Leone Tolstoi , o il più cristiano fra i cristiani , voi che avete salutato come fratelli , solo quelli che soffrono , voi che avete rinfacciato alla società ipocrita e perversa tutti i suoi inganni e tutte le sue infamie , voi che siete sceso in mezzo a tutti i disgraziati e le disgraziate , e solo essi , nei vostri libri , salirono all ' onore della vostra pietà e della vostra tenerezza . Padre del popolo , era il Signor Nostro Gesù : e padre fu ognuno che disprezzò i ricchi e i malvagi e che curò le piaghe fisiche morali degli infelici : e padre sarà chiamato , nella vita nostra , chi si curerà solo di asciugar le lacrime di chi piange , di sollevar le anime depresse , di ridare una coscienza morale a coloro che l ' ebbero distrutta , dal loro destino . Questo nome di padre il popolo di Vicaria , lo ha dato ad Ettore Ciccotti , perchè egli non ha messo le mani sui suoi occhi , per non vedere l ' orrore di quelle esistenze , perchè egli non è fuggito , via , compreso da un senso di terrore e d ' impotenza : perchè egli è restato , coraggioso , paziente , indulgente , dove consolante , dove beneficante , dove cercando di rialzare lo spirito , dove soccorrendo il corpo : perchè , egli ha avuto pietà , ma non una pietà pomposa e oltraggiosa , non una pietà sterile e infeconda , ma una pietà umile e fraterna , ma una pietà efficace e operosa , ma una pietà civile e gentile . Mille volte , questo popolo di Vicaria obbliato , abbandonato , tradito , ha trovato in Ettore Ciccotti non l ' ipocrita che mette mano al portafogli e dà due lire , e compera due lire di tranquillità di coscienza , ma un cuore paterno , pieno di quella celestiale indulgenza che è la forza dei soggiogatori del popolo , ma un ' anima virile che , nell ' istesso tempo , ha detto la parola che solleva e ha prestato l ' opera che redime , che ha consolato il dolore e ha aperto gli spiriti alla speranza di una vita più cosciente e più civile . Non vi stupite se le donne violenti di Porta Capuana e le male donne di via Martiri d ' Otranto lo adorino ! Così la Maddalena adorò Cristo : così la Maslova , perduta e criminale , adorò Tolstoi . Il vincolo sociale è fondato sull ' alta e nobile e riabilitante carità fraterna : il miracolo sociale , è creato solo da un sublime e ardente sentimento di pietà e di amore . * * * E che gli importa di esser deputato di Vicaria . a Ettore Ciccotti ? L ' uomo , in lui , è superiore a questa carica tenuta , spesso da gente vile o sciocca . La beltà della sua anima non soffre miscela di ambizione puerile : egli non è un arrivista : il socialismo non gli è servito per emergere : per cento altre forze intellettuali e morali , che sono in lui , egli sarebbe emerso . E non fu sempre socialista : e la sua storia della sua via di Damasco , tutta a onor , suo , è il romanzo di uno spirito retto e puro che si ribella , d ' un colpo solo , alla infamia sociale , in tutti i ceti , infamia che non colpisce lui , ma chi sta intorno a lui : è la ribellione oscura e impetuosa di un altruista . Sia , sia , sempre il padre del popolo di Vicaria , Ettore Ciccotti ! Non dimentichi questo popolo che egli ha amato , che lo ama : non lo abbandoni , di nuovo alla sua sorte tetra e truce : apporti , egli la luce della parola , la bellezza dell ' esempio , la efficacia dell ' azione a quella gente sventurata che , pure , è umana , è cristiana , ha i segni della intelligenza e del sentimento , nella persona . A ciò , non serve esser deputato . E , forse , domani , Ettore Ciccotti lo sarà di nuovo , se il giovine patrizio che ne prese il posto , non si decida , e forse è capace di farlo , a diventare , di Ettore Ciccotti , scolaro , cooperatore , fratello , in quartiere Vicaria . Il titolo di padre , è così bello , è così degno ! Niuno che lo pronunzi , senza esserne commosso : ed in bocca a un popolo , esso significa preghiera e benedizione . Napoli , Novembre del 1904 UNA DONNA Avete mai provato il sottile e malinconico piacere , piene di segrete sorprese e d ' intimi sussulti , di frugare fra i vecchi ritratti in un antico albo di cui da anni , non si schiudeva il fermaglio , una polverosa cartella di cui , da tanto tempo non si scioglievano i nastri ? Avete mai fissato gli occhi sui pallidi ritratti di colori che sono morti , poichè , misteriosamente , tutti i ritratti dei morti appaiono scolorati ? Volti di morti , volti di persone scomparse , che , non rivedrete mai più , volti di creature che , forse vi amarono e che voi amaste male , forse , e , che non vi amarono a tempo , forse , volti già consunti dalla tristezza o floridi di una beltà quasi intangibile , volti di tanto vecchi ritratti , di persone che portarono via una parte del vostro cuore , che vi tolsero una luce dall ' anima , forse , o che , forse , vi lasciarono un profondo e indelebile ricordo ! Questo sottile piacere di scorrere con le dita trepide , fra gli antichi ritratti , dalla malinconia vi fa passare allo spasimo : e quando , sgomento dai fantasmi che voi stessi avete evocati , lasciate cader l ' albo e chiudete la cartella , onde di amarezza seguitano a fluttuare nel vostro sangue . O passato , tu solamente sei vero ! Ecco , io ho innanzi un tanto antico ritratto , di una donna : di una signora : è una fotografia , che avrà trent ' anni , forse , e che fu data alla donna che degnamente , io ho più amata e venerata nel mondo , a mia madre . Questo ritratto è di Teresa Ravaschieri e già in quel tempo in cui fu amichevolmente donato , non era un ritratto nuovo : veggo un viso ovale , sereno , sorridente , eminentemente giovanile ; e dei bruni e folti capelli neri , ove si appoggia un diadema prezioso : un vestito da festa che scovre un collo e delle spalle statuarie , adorne di una collana ricchissima : una testa da cameo , infine , ove la purezza delle linee è animata dalla espressione più spirituale nella luce dei cari occhi larghi e limpidi , nel sorriso della bella bocca , in tutta la quiete viva e fresca della fisionomia . Il prezioso ritratto , dunque , mostra una Teresa Ravaschieri in tutta la pienezza della sua beltà e della sua grazia muliebre , quando la sua persona e il suo intelletto , il suo fascino e la sua cultura attiravano verso lei gli omaggi divoti d ' italiani e di stranieri , quando il suo nome , illustre per tutti i suoi antenati , illustre per suo nonno , per suo padre , rappresentava , in Napoli , quello della vera gran dama , la gran dama per cui l ' alta società napoletana , di allora , era veramente alta . Prezioso ritratto che ha fatto , che fa profondamente trasalire l ' anima mia , che esalta , in un sogno di bellezza e di bontà la mia fantasia e che dà al mio cuore , che non sa obliare , con un nuovo fiotto l ' inconsolabile rammarico , quello di non aver visto , l ' anno scorso , trapassar l ' anima grande di Teresa Ravaschieri , quello di non aver potuto , in gramaglia , seguire , a piedi , il suo corteo funebre , quello di non aver potuto baciare , piangendo , la pietra marmorea che chiude il suo sepolcro , come quello di una seconda madre . * * * Qual donna , mai , eguaglierà costei ? Chi oserà mai fare quello che essa fece ? La somma delle sue virtù morali non è , forse , grande quanto quella delle sue opere , non ha essa , forse , operato tutto il bene che ha pensato e che ha sentito ? Chi mai realizzò un alto sogno di amore come ella volle e fece ? Chi mai raggiunse uno scopo più lontano , più nobile e più puro , con la sola volontà del bene ? Dove non giunse il suo desiderio di carità e dove non mise ella la testimonianza del suo desiderio soddisfatto ? Che cosa ella non invocò sui poveri , sugli afflitti , sui derelitti e qual balsamo , per lei , non sanò le crudeli ferite di costoro ? Balzano i ricordi belli , nella mia mente e Teresa Ravaschieri mi appare come in una selva di vivide rose fragranti , ed ognuna di esse è un beneficio , ognuna di esse è una carità , ognuna di esse è un atto di amore ! Quante volte , al suo contatto spirituale , io sentii ringagliardire l ' affievolita mia fede cristiana : poichè ella era una cristiana perfetta , umile senza cecità , tenera senza leziosaggine , speranzosa senza baldanza , fidente senza esitazione . Un giorno , parlavamo di Galilea , insieme , e del grande lago di Genesareth , ove Cristo sedò la tempesta , e della montagna di Hattine , ove Egli pronunciò l ' inobliabile sermone : e gli occhi di Teresa Ravaschieri si riempirono di sogno e come in sogno , ella mi disse : senti , io son certa che se avessi avuto la fortuna di vivere là , in quei tempi , avrei seguito Gesù , dovunque , come le Marie : ed era vero , poichè la sua anima ardente era apostolica , poichè ella amava diffondere la sua fiamma vivida , e generatrice di vita dello spirito ! Quante volte ella mi ha chiamata a sè per comunicarmi una sua idea schietta , provvida , generosa e io , come altri miseri esseri , con le mani e con le anime legate dall ' incertezza e dalla debolezza , come tanti altri infelici che , guasti dal dubbio , temono di abbandonarsi alle imprese audaci , rischiose e magnifiche , le ponevo , miserabilmente , delle obbiezioni meschine sempre sgomentandomi delle complicazioni , in cui ella comprometteva la sua salute , la sua pace , il suo tempo . Ella crollava il capo : sorrideva : riconciliava il suo discorso , in cui tutto il suo progetto ideale di soccorso , di sussidio , di protezione appariva magicamente colorito : e a un tratto , io , come gli altri , eravamo colpiti dalla grazia , e innanzi a lei ci sentivamo stupiti e fiacchi , e sentivamo che una volontà alta e bella ci trascinava , e tutti eravamo travolti in un ' onda di bene che , da lei emanava , che ci rendeva capaci di cento cose più forti di noi , che ci dava la forza di servirla , Teresa Ravaschieri , nei suoi miracoli di tenerezza che ci metteva dietro a lei , come discepoli di un Maestro divino . Ah Ella , sì , avrebbe seguito , col capo avvolto nel manto e i piedi nudi nei sandali , Gesù , per le altitudini del Thabor , per le pianure di Elsdrelon e per le balze della Samaria , fino a Gerusalemme , fino al Calvario , sin oltre il Calvario : ma alla sua parola di pietà , al suo sentimento di amore , a questa luce costante e generatrice di ogni bene che emanava da lei , ognuno di noi sarebbe con lei partito , dove ella volesse , con lei , ove ferveva il più crudele morbo , ove giacevano i morti del cataclisma , ove strideva il grido di guerra . Chi , chi mai dirà più a noi , come Teresa Ravaschieri la diceva , la parola che desta l ' anima e che la sospinge alla divozione suprema ? Chi più , chi più indicherà a noi , con la mano bianca e l ' occhio scintillante , la via del sacrificio sublime ? Ah che noi siamo soli , freddi , tristi e dubbiosi di ogni cosa e dubbiosi di ogni persona , e giammai , più udremo la voce che ci dava la forza di vivere , l ' energia di vivere per gli altri , l ' abnegazione di vivere per tutti gli altri , tutti , amici , indifferenti , estranei , nemici . Non è morta una donna , l ' anno scorso , il dieci di settembre : si è dileguata la più incomparabile forza spirituale : è scomparsa la miglior parte di noi , quella che riassumeva le tre virtù dell ' anima , la carità , la fede , la speranza : abbiamo perduto , con lei il segreto della nostra vita di cristiani operosi e di creature umane degne di questo nome , il senso della tenerezza fraterna , si è spento , in noi , poichè lei , l ' Evocatrice , l ' Animatrice di tutte le fraterne tenerezze , è spenta * * * Giusto è che , oggi , in un tempio , i maggiori cittadini napoletani e le più pietose donne e quanti sono i più noti che amarono e ammirarono Teresa Ravaschieri , convengano per onorar la sua memoria e per pregar pace a lei . Tali feste funebri solenni , sono assai belle , e commoventi , anche . Ma se io penso che , in quel tempio , dovrebbero entrare tutti coloro che essa ha beneficati , esso è piccolo , troppo piccolo , infinitamente piccolo : la folla dei poveri , degli infelici , degli infermi , degli abbandonati , cui ella provvide di dignitosa elemosina , di ricovero , di sanità recuperata , di cure materne , la folla , a cui ella dette il suo amore e la sua fortuna , il suo tempo e la sua anima , la folla a cui ella dette sè stessa , in un lungo ed entusiasta olocausto , è immensa . Niun tempio la potrebbe contenere e ognuno di costoro , poichè gli oscuri , i derelitti non dimenticano , certo , ogni volta che il suo spirito si effonde nella preghiera , rammenterà il nome di Teresa Ravaschieri . Ed è , forse , più giusto domandare a Lei , dal suo eterno riposo che ella ci preghi pace : assai più giusto che noi , combattuti , trafitti , stanchi , oppressi , senza più guida nell ' esistenza , chiediamo pace a Lei . Ella lottò e vinse , nel nome di Dio e nel nome della virtù d ' amore che raccoglie tutta l ' umanità . Assai prima di morire , ella era in pace . Ella aveva detto a Dio le parole estreme , assai prima di morire : e aveva avuto il dono della pace . È alla nostra nave pericolante , in gran tempesta , nella notte , che bisogna chiedere l ' aiuto di uno spirito orante , nella beatitudine celeste : è al nostro naufragio che l ' anima eletta deve dar soccorso , dal misterioso mondo delle anime . La grande anima aveva la consuetudine dei miracoli , per la forza della preghiera , e della bontà . Preghiamo che Ella continui !