Narrativa ,
a
Gioietta
Parte
prima
Vorrei
dirvi
:
Sono
nato
in
Carso
,
in
una
casupola
col
tetto
di
paglia
annerita
dalle
piove
e
dal
fumo
.
C
'
era
un
cane
spelacchiato
e
rauco
,
due
oche
infanghite
sotto
il
ventre
,
una
zappa
,
una
vanga
,
e
dal
mucchio
di
concio
quasi
senza
strame
scolavano
,
dopo
la
piova
,
canaletti
di
succo
brunastro
.
Vorrei
dirvi
:
Sono
nato
in
Croazia
,
nella
grande
foresta
di
roveri
.
D
'
inverno
tutto
era
bianco
di
neve
,
la
porta
non
si
poteva
aprire
che
a
pertugio
,
e
la
notte
sentivo
urlare
i
lupi
.
Mamma
m
'
infagottava
con
cenci
le
mani
gonfie
e
rosse
,
e
io
mi
buttavo
sul
focolaio
frignando
per
il
freddo
.
Vorrei
dirvi
:
Sono
nato
nella
pianura
morava
e
correvo
come
una
lepre
per
i
lunghi
solchi
,
levando
le
cornacchie
crocidanti
.
Mi
buttavo
a
pancia
a
terra
,
sradicavo
una
barbabietola
e
la
rosicavo
terrosa
.
Poi
son
venuto
qui
,
ho
tentato
di
addomesticarmi
,
ho
imparato
l
'
italiano
,
ho
scelto
gli
amici
fra
i
giovani
piú
colti
;
ma
presto
devo
tornare
in
patria
perché
qui
sto
molto
male
.
Vorrei
ingannarvi
,
ma
non
mi
credereste
.
Voi
siete
scaltri
e
sagaci
.
Voi
capireste
subito
che
sono
un
povero
italiano
che
cerca
d
'
imbarbarire
le
sue
solitarie
preoccupazioni
.
È
meglio
ch
'
io
confessi
d
'
esservi
fratello
,
anche
se
talvolta
io
vi
guardi
trasognato
e
lontano
e
mi
senta
timido
davanti
alla
vostra
coltura
e
ai
vostri
ragionamenti
.
Io
ho
,
forse
,
paura
di
voi
.
Le
vostre
obiezioni
mi
chiudono
a
poco
a
poco
in
gabbia
,
mentre
v
'
ascolto
disinteressato
e
contento
,
e
non
m
'
accorgo
che
voi
state
gustando
la
vostra
intelligente
bravura
.
E
allora
divento
rosso
e
zitto
,
nell
'
angolo
del
tavolino
;
e
penso
alla
consolazione
dei
grandi
alberi
aperti
al
vento
.
Penso
avidamente
al
sole
sui
colli
,
e
alla
prosperosa
libertà
;
ai
veri
amici
miei
che
m
'
amano
e
mi
riconoscono
in
una
stretta
di
mano
in
una
risata
calma
e
piena
.
Essi
sono
sani
e
buoni
.
Penso
alle
mie
lontane
origini
sconosciute
,
ai
miei
avi
aranti
l
'
interminabile
campo
con
lo
spaccaterra
tirato
da
quattro
cavalloni
pezzati
,
o
curvi
nel
grembialone
di
cuoio
davanti
alle
caldaie
del
vetro
fuso
,
al
mio
avolo
intraprendente
che
cala
a
Trieste
all
'
epoca
del
portofranco
;
alla
grande
casa
verdognola
dove
sono
nato
,
dove
vive
,
indurita
dal
dolore
,
la
nostra
nonna
.
Era
bello
vederla
seduta
nella
larga
terrazza
spaziante
su
enormi
spalti
le
montagne
e
il
mare
,
lei
secca
e
resistente
accanto
all
'
altra
mia
nonna
,
la
veciota
venesiana
,
rubiconda
e
spensierata
,
che
aveva
quasi
ottant
'
anni
e
le
si
vedeva
ancora
il
forte
palpito
azzurrino
del
polso
sollevarsi
e
cadere
nella
pelle
morbida
come
una
foglia
.
Questa
mi
parlava
dell
'
assedio
di
Venezia
,
del
sacco
di
patate
in
mezzo
la
cantina
,
della
bomba
che
fracassò
un
pezzo
di
casa
.
E
aveva
un
fazzolettino
bianco
sui
pochi
capelli
fini
,
ed
era
allegra
.
Quando
veniva
a
mangiare
da
noi
,
babbo
le
diceva
sempre
:
"
Beati
i
oci
che
i
la
vedi
"
.
Ma
allora
essa
non
m
'
interessava
.
Io
filavo
in
campagna
a
giocare
con
gli
alberi
.
Il
nostro
giardino
era
pieno
d
'
alberi
.
C
'
era
un
ippocastano
rosso
con
due
rami
a
forca
che
per
salire
bisognava
metterci
dentro
il
piede
,
e
poi
non
potendolo
piú
levare
ci
lasciavo
la
scarpa
.
Dall
'
ultime
vette
vedevo
i
coppi
rossi
della
nostra
casa
,
pieni
di
sole
e
di
passeri
.
C
'
era
una
specie
di
abete
vecchissimo
,
su
cui
s
'
arrampicava
una
glicinia
grossa
come
un
serpente
boa
,
rugosa
,
scannellata
,
torta
,
che
serviva
magnificamente
per
le
salite
precipitose
quando
si
giocava
a
'
sconderse
.
Io
mi
nascondevo
spesso
su
quel
vecchio
cipresso
ricco
di
cantucci
folti
e
di
cespugli
,
e
in
primavera
,
mentre
spiavo
di
lassú
il
passo
cauto
dello
stanatore
,
mi
divertivo
a
ciucciare
la
ciocca
di
glicine
che
mi
batteva
fresca
sugli
occhi
come
un
grappolo
d
'
uva
.
Il
fiore
del
glicine
ha
un
sapore
dolciastro
-
amarognolo
,
strano
,
di
foglie
di
pesco
e
un
poco
come
d
'
etere
.
C
'
erano
anche
molti
alberi
fruttiferi
,
àmoli
,
ranglò
,
ficaie
,
specialmente
.
Appena
i
fiori
perdevano
i
petali
e
i
picciòli
ingrossavano
,
io
ero
lassú
a
gustarli
,
non
ancora
acerbi
.
Acerbi
son
buoni
!
Il
guscio
del
nocciolo
è
ancora
tenero
,
come
latte
rappreso
,
e
dentro
c
'
è
un
po
'
d
'
acqua
limpidissima
e
ciucciosa
.
Poi
,
dopo
qualche
giorno
,
quando
la
mamma
è
uscita
di
nuovo
per
andare
dalla
zia
,
essa
diventa
una
gomma
gelatinosa
dolce
a
sorbirsi
con
la
punta
della
lingua
.
Ma
la
carne
com
'
è
buona
,
cosí
aspra
.
Prima
il
dente
ha
paura
di
toccarla
,
e
la
strizza
guardingo
,
mentre
la
lingua
riccamente
la
inumidisce
e
assapora
la
linfa
delle
piccole
punture
.
Poi
la
si
addenta
.
Le
gengive
bruciano
,
i
denti
si
stringono
l
'
uno
addosso
dell
'
altro
,
si
fanno
scabri
e
ruvidi
come
pietre
,
e
tutta
la
bocca
diventa
una
ricca
acqua
.
Ma
quando
viene
l
'
estate
,
per
arrivare
i
pochi
frutti
rimasti
bisogna
essere
ghiri
.
Andare
dove
gli
uccelli
non
hanno
paura
,
perché
non
sono
abituati
a
trovarvi
anche
lassú
.
Alla
biforcazione
delle
due
frasche
piú
alte
mi
tenevo
agganciato
con
un
piede
e
bilanciandomi
con
la
destra
distesa
procedevo
a
modo
di
bruco
con
la
sinistra
sulla
fraschetta
svettante
,
trattenendo
il
respiro
,
finché
arrivavo
al
punto
dove
si
piegava
e
a
poco
a
poco
s
'
avvicinava
fino
alla
mia
bocca
.
Qualche
volta
dovevo
lasciarla
riscattar
via
perché
la
nonna
sgridava
"
Fioi
,
ve
'
mazarè
su
quei
alberi
!
"
.
Allora
stavo
zitto
,
rosso
,
e
scivolavo
giú
fluendo
.
E
c
'
era
anche
,
accosto
al
muro
della
strada
,
un
tasso
baccata
che
scortecciavo
facilmente
a
larghi
brani
per
vederlo
piú
pulito
e
piú
rossiccio
.
Aveva
,
al
terzo
piano
,
due
rami
come
un
letto
,
e
lí
dormivo
qualche
dopopranzo
;
oppure
contemplavo
tronificante
la
mularia
stradaiola
che
faceva
a
ruffa
di
sotto
per
agguantare
le
bacche
rosse
che
buttavo
giú
da
signore
.
(
Io
non
le
mangiavo
,
mi
schifavano
)
.
Poi
imbaldanzita
cominciava
a
fiondar
sassi
,
e
io
allora
,
saltato
giú
come
un
demonio
,
correvo
al
portone
,
ne
strappavo
la
verghetta
di
ferro
che
serviva
da
chiavistello
,
e
giú
a
rotta
di
collo
per
le
strade
,
fino
quasi
al
centro
della
città
,
con
una
maglietta
e
calzoncini
a
righette
bianche
e
blu
,
lunghi
riccioli
biondi
,
urlando
:
"
daghe
!
daghe
!
"
.
E
alla
sera
m
'
addormentavo
disteso
sul
letto
,
mentre
ancora
mamma
mi
levava
le
calze
piene
di
terriccio
e
ghiaiola
.
Cara
e
buona
mamma
mia
.
La
mularia
!
Fecero
la
guerra
a
terribili
sassate
in
Sanza
,
un
'
antica
fortezza
triestina
diroccata
,
accanto
alla
nostra
campagna
.
Li
sentimmo
urlare
,
correre
,
massacrarsi
.
Erano
italiani
e
negri
.
Vinsero
gl
'
italiani
.
E
uno
d
'
essi
scendeva
col
collo
rotto
e
cantava
cadenzatamente
:
«
Ma
intanto
mi
go
vinto
!
ma
intanto
mi
go
vinto
!
»
.
Io
vidi
tutta
la
guerra
abissina
su
una
grande
carta
geografica
che
babbo
aveva
inchiodato
nella
nostra
camera
,
e
ci
spiegava
,
tenendo
in
mano
il
Piccolo
,
dove
gl
'
italiani
procedevano
.
Di
sotto
c
'
erano
,
a
cavallo
,
con
piume
in
testa
e
neri
in
viso
,
Menelik
,
ras
Alula
:
e
io
gli
bucavo
il
naso
con
lo
spillo
delle
bandierine
.
Ero
molto
contento
che
gl
'
italiani
vincessero
.
Credo
d
'
aver
pregato
per
loro
.
Allora
credevo
in
Dio
e
pregavo
ogni
sera
:
"
Padre
nostro
che
sei
nei
cieli
"
,
e
poi
stringevo
gli
occhi
,
stavo
fermo
fermo
,
pensando
soltanto
quella
persona
che
desideravo
Dio
amasse
.
E
questo
era
pregare
.
E
pregavo
per
la
mia
bella
Italia
,
che
aveva
una
grande
corazzata
,
la
piú
forte
del
mondo
,
che
si
chiamava
Duilio
.
La
nostra
patria
era
di
là
,
oltre
il
mare
.
Invece
qui
,
mamma
chiudeva
le
persiane
alla
vigilia
della
festa
dell
'
imperatore
,
perché
noi
non
s
'
illuminava
le
finestre
e
si
temeva
qualche
sassata
.
Ma
l
'
Italia
vincerà
e
ci
verrà
a
liberare
.
L
'
Italia
è
fortissima
.
Voi
non
sapete
cos
'
era
per
me
la
parola
"
bersagliere
"
.
La
nostra
casa
era
bella
e
patriarcale
.
L
'
atrio
era
come
un
grande
tempio
,
arioso
,
intorno
a
cui
giravan
le
scale
con
le
balaustre
bianche
,
incorniciate
di
legno
lustro
,
giallo
bruno
.
D
'
inverno
il
sole
entrando
per
i
finestroni
cercava
di
scaldare
i
cacti
sgonfi
di
zio
Daghelondai
.
Era
la
casa
del
nonno
in
cui
abitavano
i
molti
figliuoli
del
nonno
,
e
i
molti
nipoti
.
La
domenica
e
le
feste
il
nonno
sedeva
a
capo
della
tavola
parentale
,
laggiú
in
fondo
.
Era
alto
di
torace
con
un
viso
largo
e
indulgente
e
una
gran
barba
bianchissima
.
Guardava
contento
i
suoi
figliuoli
e
le
loro
donne
.
Quanti
cari
parenti
erano
seduti
intorno
alla
tavola
nella
gran
sala
domenicale
!
Tutti
erano
seduti
al
loro
posto
,
e
quando
altri
venivano
,
si
aggiungeva
un
'
asse
alla
tavola
e
si
prendeva
una
piú
lunga
tovaglia
dall
'
armadio
.
Perché
i
nostri
parenti
erano
molti
,
e
arrivavano
da
Zagabria
,
da
Padova
,
dall
'
America
e
portavano
baicoli
e
giocattoli
.
C
'
era
zio
Boto
,
intorno
a
quella
tavola
,
che
faceva
quadri
e
ci
contava
le
avventure
di
Saturnino
Farandola
,
e
zia
Tilde
con
due
grandi
occhi
dolci
,
color
mare
,
e
Biancolina
,
cuginetta
,
che
stava
sempre
con
mio
fratello
e
io
cercavo
rabbioso
di
sapere
i
loro
segreti
,
e
zio
Daghelondai
che
ci
diceva
sempre
con
voce
burbera
:
"
Turco
alla
predica
!
Daghelondai
!
"
,
e
io
ridevo
e
mio
fratello
saltava
spiritato
pestando
i
piedi
,
e
zio
Guido
,
e
zio
Feliciano
,
e
zia
Mima
,
e
Mario
e
Bruno
,
la
nonna
,
zia
Bice
,
papà
,
Toci
,
mamma
.
E
zia
Ciuta
,
prosperosa
e
matronale
.
Aveva
uno
sguardo
benefico
,
e
le
cose
diventavan
facili
e
semplici
com
'
ella
ne
parlava
.
E
quando
tutti
avevan
già
finito
di
mangiare
e
bevevano
il
caffè
fumando
i
lunghi
sigari
virginia
,
la
porta
si
apriva
con
grande
sforzo
e
tu
entravi
nel
tuo
grembiulino
candido
con
alle
spalle
i
bei
nastrini
rosa
,
dormiglioso
Pipi
.
Eri
bello
e
sano
,
coi
capelli
biondi
e
le
gambocce
nude
,
la
giovane
carne
ancora
tiepida
di
sonno
.
I
tuoi
occhi
strani
,
inquieti
o
estatici
,
guardavano
contenti
la
bella
tovaglia
bianca
che
aspettava
ancora
te
prima
d
'
esser
portata
via
,
e
i
tanti
piatti
che
papà
aveva
coperti
con
altri
piatti
a
rovescio
per
conservarti
calde
le
vivande
.
E
ti
annodavano
un
tovagliolone
odoroso
di
lavanda
,
ti
mettevano
davanti
i
lunghi
,
teneri
risi
nel
grasso
brodo
di
pollo
;
la
coscia
di
pollo
e
l
'
ala
per
i
tuoi
denti
aguzzi
;
l
'
ombolo
liscio
cosparso
dalla
salsa
di
capperi
;
le
rosse
ciliege
carnose
,
a
ciocche
,
con
cui
t
'
orecchinavi
deliziato
del
loro
fresco
;
il
fettone
di
torta
,
la
piú
grande
fetta
che
il
nonno
tagliava
apposta
per
te
.
E
tu
zitto
,
metodico
,
grave
,
sparecchiavi
tutto
senza
domandare
cos
'
era
.
Ma
tutto
ti
piaceva
,
e
tutto
bastava
appena
per
una
corsa
in
giardino
.
Eri
sano
e
forte
;
i
tuoi
compagni
ti
nominavano
subito
comandante
,
poiché
li
vincevi
in
corsa
,
in
lotta
e
in
tirar
sassi
.
Eri
buono
,
e
tutti
ti
volevano
bene
.
Steno
,
Gigetto
,
Toci
,
Oidecani
,
Eugenio
,
Vincenzo
,
Scarpa
,
Pipi
op
-
là
,
in
acqua
,
in
acqua
!
Oggi
si
combatte
per
l
'
onore
del
club
"
Dagli
!
"
.
Schizza
il
mare
a
ondate
quando
il
"
Dagli
!
"
si
butta
a
testa
giú
dalle
palafitte
.
Il
panciuto
col
cappello
di
paglia
stinta
che
prima
d
'
adagiarsi
nell
'
acqua
bagna
igienicamente
l
'
ombilico
e
la
fronte
,
scappa
via
impaurito
dal
nostro
tuffo
.
Scappan
via
tutti
i
pacifici
bagnanti
dalla
zattera
,
dalla
corda
,
dal
trampolino
,
perché
nessuno
sa
dove
oggi
il
"
Dagli
!
"
ha
deciso
di
domiciliarsi
,
nessuno
sa
che
nuova
invenzione
porta
oggi
il
"
Dagli
!
"
mentre
si
tuffa
ridendo
dalle
palafitte
.
Il
mare
schizza
di
gioia
,
e
spuma
.
Ché
il
mare
non
ama
il
lento
arranchío
asmatico
dei
vecchi
,
lo
sbattacchío
affannoso
degli
inesperti
.
Ama
il
mare
d
'
essere
tagliato
,
battuto
,
disfatto
da
gambe
muscolose
e
braccia
bronzine
.
Ama
la
serena
irrequietezza
della
gioventú
,
che
lo
penetra
in
tutti
i
sensi
ridendo
,
bevendolo
,
sprizzandolo
dalla
bocca
in
lunghi
zampilli
.
Ama
i
freschi
occhi
spalancati
in
corsa
tra
le
profondità
e
l
'
alighe
.
Avanti
delfinotti
!
Oggi
si
combatte
per
l
'
onore
del
"
Dagli
!
"
.
Perché
il
"
Dagli
!
"
domenica
scorsa
,
buttandosi
giú
a
gnocco
in
fila
ordinata
dalle
palafitte
,
spruzzò
allegro
le
nude
corpora
dei
conti
e
signori
tedeschi
che
non
lo
lasciarono
passare
,
seccati
,
l
'
angolo
delle
palafitte
.
Protestarono
a
terra
,
e
il
direttore
minacciò
d
'
impedire
il
bagno
al
"
Dagli
!
"
.
Oggi
è
giorno
di
vendetta
.
Le
ondate
si
gonfiano
da
Salvore
per
far
piú
turbolenta
la
battaglia
.
I
signori
tedeschi
sono
in
acqua
e
procedono
ridendo
ironici
nei
loro
mustacchi
.
Ah
,
ah
!
...
uno
ha
la
reticella
sul
labbro
superiore
per
tener
assettato
il
diritto
mustacchio
.
Dagli
,
dagli
!
«
In
semicerchio
!
Schizzo
lento
e
stretto
!
Mirare
gli
occhi
!
Procedere
in
ordine
,
serrando
.
»
E
rispondemmo
al
nostro
capo
:
«
Dagli
!
»
.
Codeste
sono
le
schizzate
dei
tedeschi
!
Flosce
e
piatte
come
carnume
di
medusa
.
Ma
queste
del
"
Dagli
!
"
van
dritte
e
elastiche
come
colpi
di
fionda
.
Aspra
salsedine
nelle
pupille
bionde
dei
tedeschi
!
«
Attenti
!
Serrare
!
»
Ché
il
nemico
smaniante
si
butta
addosso
ai
nostri
primi
e
li
affonda
.
Dagli
!
dagli
!
da
...
Giú
.
Sento
sul
collo
l
'
unghiata
di
rabbia
del
tedesco
setoloso
e
l
'
acqua
che
si
rompe
sotto
il
mio
corpo
.
Tocco
fondo
.
Due
gambe
mi
tengono
fisso
quaggiú
.
Il
mare
turbina
.
M
'
accuccio
,
agguanto
una
gamba
,
e
giú
te
,
porco
!
«
Viva
il
Dagli
!
Da
...
»
Giú
.
Su
.
Dagli
,
dagli
!
«
Al
largo
!
»
Steno
è
sparito
dopo
aver
gridato
l
'
ordine
.
Noi
sappiamo
perché
.
D
'
improvviso
uno
dopo
l
'
altro
i
tedeschi
rapidissimamente
piombano
in
fondo
,
tirati
da
qualche
polipo
mostruoso
.
«
È
Steno
!
Viva
Steno
!
Dagli
!
»
Ora
li
massacriamo
.
Metri
d
'
acqua
si
rovesciano
sulle
bocche
affannose
.
Gli
occhi
biondi
non
vedono
piú
.
Si
voltano
e
fuggono
.
E
ora
comincia
il
colpo
della
ritirata
.
Steno
l
'
ha
inventato
,
perché
il
"
Dagli
!
"
non
può
dar
quartiere
prima
della
sponda
.
Freddo
,
calmo
,
metodico
colpo
di
ritirata
!
I
tedeschi
fuggono
,
ma
uno
per
uno
li
stiamo
dietro
le
spalle
,
e
scattando
nell
'
acqua
con
i
piedi
ci
rovesciamo
giú
a
braccia
larghe
intorno
al
loro
capo
.
L
'
acqua
aguzza
rompe
nell
'
orecchie
,
negli
occhi
,
nella
bocca
,
nel
naso
.
Il
tedesco
respira
.
E
sciampf
!
nella
bocca
aperta
.
E
sciampf
negli
occhi
brucianti
.
Nelle
sorde
orecchie
.
Sciampf
.
Sciampf
.
Viva
il
"
Dagli
!
"
Chi
resisteva
al
"
Dagli
!
"
,
amici
d
'
una
volta
?
Chi
era
capace
di
stare
sott
'
acqua
come
Toci
,
quando
il
barbuto
Calligaricicicich
cercava
di
affogarlo
con
dieci
,
venti
tocciade
consecutive
?
Ed
egli
gli
respirava
in
faccia
:
"
cih
,
cih
,
cich
"
,
e
rispariva
.
Chi
sapeva
dar
schizzata
piú
tagliente
di
Vincenzo
?
Era
come
una
fiatata
di
mostro
marino
la
mezzaluna
di
mare
che
balzava
su
,
sotto
le
sue
mani
a
cuneo
rovesciato
.
E
Steno
notava
sott
'
acqua
per
un
minuto
,
e
Pipi
era
come
un
piccolo
pescecane
predace
.
E
se
uno
di
noi
cedeva
nella
lotta
,
per
sette
giorni
doveva
passare
attraverso
il
fuoco
di
fila
dei
compagni
.
Perché
il
"
Dagli
!
"
era
una
società
con
leggi
severe
,
e
nessuno
s
'
arrischiava
di
disobbedire
al
nostro
capo
.
Ora
Steno
,
il
nostro
capo
,
è
morto
.
Era
un
professore
che
s
'
è
ammazzato
,
nevrastenico
.
E
raccontavo
belle
storie
ai
piccoli
cugini
che
m
'
ascoltavano
accoccolati
d
'
intorno
,
nell
'
ombrosa
veranda
sul
mare
.
Il
mare
stava
zitto
,
ascoltando
.
La
casa
vicino
a
lui
,
dove
abitò
Tartini
,
aveva
chiuse
tutte
le
persiane
e
dormiva
,
bianca
nel
sole
,
con
gli
zii
e
gli
altri
villeggianti
.
Silenziose
erano
le
larghe
camere
matrimoniali
sostenute
da
travoni
squadrati
.
Era
l
'
ora
del
caldo
e
del
riposo
.
La
terra
s
'
ampliava
nella
distesa
del
sole
.
Il
cielo
era
chiuso
e
grave
.
Neanche
una
vela
sul
mare
.
Tacevano
le
vespe
e
i
bombi
.
Un
frutto
tonfava
giú
dal
ramo
.
Era
il
grande
silenzio
infocato
,
quando
gli
occhi
dei
colombi
stanno
chiusi
sotto
l
'
ala
e
il
bue
rumina
accosciato
corpulento
sulla
paglia
fresca
.
Ma
solo
i
bimbi
in
quell
'
ora
si
buttano
nei
prati
come
un
ciapo
di
storni
autunnali
e
saccheggiano
le
ficaie
,
stroncando
i
rami
aridi
,
perché
anche
il
padrone
dorme
,
il
signor
Vatta
dagli
occhietti
di
gobbo
.
E
poi
si
raccolgono
,
a
tasche
piene
,
nella
veranda
ombrosa
e
Scipio
conta
una
bella
,
strana
,
lunga
storia
.
È
una
storia
che
continua
ogni
giorno
e
non
finisce
piú
.
Nella
piccola
capanna
del
bosco
è
nato
un
eroe
,
forte
come
cento
leoni
e
furbo
come
cento
volpi
.
Le
sue
avventure
fanno
sgranare
gli
occhi
di
stupore
,
ridere
di
allegria
chi
ascolta
.
È
un
ragazzo
bello
,
sereno
,
buono
.
È
quello
che
tutti
desiderano
d
'
essere
.
E
dopo
due
,
tre
ore
zia
Ciuta
chiamava
ch
'
era
lettera
per
me
,
e
mi
portava
contenta
la
lettera
di
mamma
.
Cara
mamma
mia
.
Tu
allora
preparavi
,
nel
grande
caldo
d
'
agosto
,
le
casse
per
il
trasloco
.
Bisognava
andar
via
dalla
casa
dov
'
erano
nati
i
tuoi
figli
.
Sí
,
mi
ricordo
che
prima
di
partire
avevo
visto
che
rompevano
i
muri
e
i
viali
del
giardino
per
i
tubi
dell
'
acqua
,
del
gas
;
e
lavoravano
muratori
,
meccanici
,
falegnami
,
vetrai
,
tappezzieri
,
terrazzieri
.
Mi
divertivo
vederli
lavorare
.
Ma
noi
s
'
andava
via
perché
il
nonno
era
morto
e
venivano
a
stare
altri
parenti
,
piú
ricchi
.
E
io
,
tornato
da
Strugnano
,
fui
molto
contento
di
trovarmi
in
una
campagna
cento
volte
piú
grande
,
con
infiniti
frutti
e
viti
,
e
molti
compagni
di
gioco
.
Il
giorno
che
arrivai
arrivò
pure
,
vestita
d
'
una
camicia
rossa
e
tocco
da
fantino
,
la
nipote
del
padron
di
casa
.
Ucio
la
guardava
,
un
po
'
commosso
,
fra
i
viticci
del
capannuccio
.
Bella
è
la
vendemmia
.
Oltre
i
vignali
vanno
grida
e
risate
;
i
cani
sbalzano
,
accucciandosi
sulle
zampe
davanti
,
da
questo
a
quel
gruppo
di
vendemmiatori
,
e
i
passeri
frullano
sbandati
.
Il
padrone
eccita
:
"
Dai
,
dai
,
dàghe
,
dàghe
,
forza
,
prr
,
prr
,
prr
,
dai
,
dai
!
"
.
Le
labbra
e
il
mento
sono
appiccicose
di
miele
stillato
,
e
le
mani
,
la
maglia
,
il
manico
della
roncola
,
i
pampani
,
le
brente
,
i
carri
.
Tutto
è
una
gomma
rossastra
.
E
ci
si
lava
pigiando
a
palme
aperte
gli
scricchiolanti
grappoli
nella
brenta
.
Buona
è
l
'
uva
,
addentata
a
grani
dal
tralcio
,
mentre
dagli
occhi
sgocciola
il
sudore
e
la
palma
della
mano
è
stanca
della
roncola
.
Ma
ancora
questo
filare
,
ancora
questa
vite
,
ancora
questo
grappolo
!
Qua
con
una
brenta
!
Alloo
!
E
,
tornati
giú
sbalzellando
,
il
pane
e
il
brodo
sono
buoni
come
mai
.
Si
gode
della
bella
tovaglia
bianca
sotto
la
lampada
.
Domani
si
ricomincia
.
Piovigginava
a
stento
.
Sulla
melma
del
piazzale
sfilavano
due
strisce
giallastre
di
luce
.
Entrai
nella
cantina
.
«
Bonasèra
!
»
«
Ah
!
;
bonasèra
!
»
La
cantina
era
bassa
.
Nel
mezzo
,
su
una
botticella
fumazzava
una
fiamma
rossastra
di
petrolio
.
Il
padron
di
casa
sedeva
vicino
alla
fiamma
,
con
un
bicchiere
in
mano
.
Nel
volto
era
del
color
dei
fondi
violacei
di
botte
.
Tutt
'
intorno
gravavano
grandi
botti
brune
e
tini
panciuti
.
Su
i
muri
,
nei
cantoni
,
tra
l
'
inferriata
del
finestrino
murato
c
'
erano
mille
ragnateli
stracciati
e
aggomitolati
dalla
polvere
.
Una
gatta
baia
sotto
le
botti
annusava
indolente
ma
nervosa
l
'
odor
di
pantigane
che
impregnava
l
'
aria
.
Uno
degli
uomini
che
si
rimboccava
su
i
calzoni
a
sforzo
,
perché
la
dura
coscia
non
voleva
cedere
,
alzò
gli
occhi
,
guardandomi
.
Vila
era
lassú
,
in
piedi
,
sui
tronchi
squadrati
che
reggevano
i
tini
.
Era
dritta
e
fresca
,
nella
sua
camicia
rossa
,
e
mi
sorrise
.
Io
ero
un
timido
bimbo
.
E
lei
mi
disse
piano
:
«
La
salti
su
»
.
I
bei
grappoli
pieni
che
avevamo
colti
ieri
si
pigiavano
nel
tino
.
Spilluccammo
i
grani
piú
grossi
,
stufi
d
'
uva
.
Mi
dette
un
grano
tondo
,
grosso
come
una
noce
,
limpido
.
Disse
:
«
La
guardi
che
man
che
go
!
»
.
Piccole
,
ma
di
pelle
callosa
,
tagliuzzata
alla
punta
delle
dita
,
nera
di
pentole
,
le
unghie
rosicchiate
.
Disse
poi
:
«
Lei
la
ga
bele
man
»
.
Poi
gridò
:
«
Ala
,
Toni
,
scuminziemo
!
»
.
Lo
zio
di
Vila
,
il
padron
di
casa
,
pulí
un
bicchiere
con
la
fodera
della
giacca
e
m
'
offrí
da
bere
.
Bevvi
.
Zappavano
l
'
uva
,
curvi
,
aggrappati
sull
'
orlo
del
tino
,
anelando
come
i
taglialegna
.
Le
gambe
pelose
,
rosse
,
alternavan
la
battuta
con
frenesia
,
e
il
tino
si
squassava
sotto
i
colpi
.
Gli
acini
e
i
gusci
e
il
succo
schizzavano
tra
le
larghe
dita
dei
piedi
.
Vila
stava
dritta
,
tenendosi
sul
tino
.
Le
sue
unghie
eran
diventate
rosse
.
Poi
le
gambe
degli
zappatori
scomparvero
fino
alla
coscia
nello
sguazzacchio
vinoso
.
Il
doppio
colpo
divenne
metodico
,
come
di
stantuffo
.
Pesante
e
uguale
.
Lo
zio
di
Vila
beveva
,
radendosi
il
succo
dai
mostacchi
setolosi
con
il
dorso
della
mano
.
Il
suo
grifo
era
rosso
.
Il
mosto
bolliva
nelle
botti
aperte
,
sciamante
di
moscerini
ubbriachi
.
Assorbivo
un
caldissimo
odore
asfissiante
.
Gli
uomini
s
'
accendevano
.
Rovesciarono
una
brenta
piena
di
mosto
,
e
il
vino
schizzò
a
ondata
sull
'
uomo
e
sul
muro
,
corse
a
rivoletti
impetuosi
,
tinse
la
gatta
spaurita
.
Uno
si
buttò
per
terra
a
sorbire
la
motriglia
vinosa
.
Il
padron
di
casa
bestemmiò
,
rise
,
mi
tese
un
bicchiere
di
mosto
.
Bruciava
.
La
cantina
era
bassa
e
rossastra
.
«
Vila
,
un
toco
de
legno
per
la
bota
!
»
Io
corsi
prima
di
lei
,
per
scappar
via
;
ma
ella
mi
rincorse
.
Pioveva
.
La
notte
era
oscura
e
fangosa
.
Scridivano
gli
agostani
.
Mi
prese
per
mano
e
correndo
mi
baciò
il
braccio
nudo
,
sgocciante
d
'
acqua
.
Io
dissi
:
«
Vila
»
a
bassa
voce
,
meravigliato
.
Nella
cantina
gli
uomini
zappavano
ritmicamente
,
il
padron
di
casa
beveva
,
la
gatta
si
leccava
il
pelo
intriso
.
Mi
sedetti
contento
per
terra
.
Correvo
per
una
lunga
strada
piena
di
sole
.
Correvo
,
correvo
.
Quando
il
sole
è
alto
nel
luglio
,
correndo
nei
prati
l
'
uomo
si
ferma
perché
il
respiro
è
pieno
d
'
un
veleno
e
d
'
un
calore
cosí
dolci
e
forti
ch
'
egli
deve
sdraiarsi
nel
sole
e
dormire
.
Chiude
gli
occhi
,
e
le
palpebre
gli
fiammeggiano
come
cielo
infocato
,
e
da
tutte
le
parti
s
'
alzano
vampate
immense
barcollanti
d
'
albero
in
albero
.
L
'
aria
trema
inquieta
nell
'
arsura
.
Ma
m
'
alzai
furioso
e
corsi
in
campagna
,
gridando
come
un
falco
ch
'
abbia
lasciato
per
la
prima
volta
il
suo
nido
.
La
sua
camera
aveva
un
intonaco
a
stampi
rossocinerini
,
mattoni
slabbrati
per
pavimento
,
un
pianoforte
coperto
da
un
canovaccio
crocettato
,
un
letto
,
un
armadio
con
su
boccette
medicinali
e
una
civetta
impagliata
.
Una
lastra
della
finestra
era
di
latta
rugginosa
,
con
un
foro
per
il
tubo
della
stufa
.
Siccome
il
foro
s
'
era
slargato
,
d
'
inverno
,
quando
mettevano
la
stufa
,
Vila
incassava
con
le
punte
delle
forbici
un
po
'
di
stracci
intorno
al
tubo
.
E
fumigavano
.
Non
era
bella
la
casa
dove
stava
Vila
!
Io
entravo
come
un
ladro
inesperto
,
ripiegato
in
tasca
il
mio
frustino
da
cani
,
il
mio
bel
frustino
che
schioccava
con
un
colpo
secco
come
d
'
acciaio
,
camminando
lesto
in
punta
di
piedi
,
trattenendo
il
respiro
.
L
'
aria
odorava
di
muffa
,
di
polvere
,
di
vino
.
Qualche
volta
la
porta
dell
'
ultima
camera
in
fondo
,
vicina
a
quella
di
Vila
,
era
aperta
,
e
Vila
la
chiudeva
subito
.
Era
un
disordine
tanfoso
di
stracci
,
bottiglie
,
cassette
,
con
le
pareti
scrostate
dall
'
umido
,
e
ci
dormiva
la
vecia
,
la
mamma
del
padron
di
casa
,
gottosa
,
reumatica
,
gonfia
,
con
baffi
neri
sul
grosso
labbro
.
La
vecia
io
non
la
vedevo
che
di
domenica
,
quando
seduti
intorno
alla
tavola
del
salotto
,
bimbi
e
babe
e
il
fratello
del
padron
di
casa
,
tutto
contento
se
vinceva
un
soldo
,
giocavamo
a
tombola
.
Essa
non
si
poteva
muovere
.
Era
seduta
su
una
poltrona
portabile
,
con
ruote
,
e
teneva
la
destra
,
grassa
come
una
pera
che
si
sfà
,
accanto
alla
cartella
,
sul
mucchio
dei
vetrini
-
segnanumeri
.
Quando
doveva
pagare
la
cartella
,
Vila
le
si
accostava
,
le
metteva
la
mano
dietro
la
schiena
e
tirava
fuori
un
sacchetto
gonfio
di
tela
grezza
,
chiuso
con
spago
.
La
vecia
aveva
gli
occhietti
di
un
barbagianni
di
giorno
:
erano
cattivi
e
fermi
.
Io
li
sfuggivo
.
Quando
seduto
accanto
a
Vila
,
ginocchio
a
ginocchio
,
facevo
finta
di
giocare
,
sapevo
che
quella
vecia
vedeva
tutto
,
anche
ciò
che
gli
altri
non
vedevano
,
e
ci
odiava
tutti
,
ma
non
poteva
alzarsi
.
Avevo
schifo
di
lei
,
e
non
mi
fece
niente
pietà
quando
un
giorno
Vila
mi
disse
che
lo
zio
sputava
in
faccia
alla
mamma
.
Lo
zio
era
il
terrore
di
tutti
.
Non
era
cattivo
.
Ma
beveva
rum
,
e
in
rabbia
,
sputava
addosso
alla
gente
e
bestemmiava
sempre
sporcamente
.
Ma
io
non
voglio
parlare
di
questa
genía
!
Io
voglio
bene
a
Vila
.
Vila
è
buona
e
bella
.
Ha
una
camicia
rossa
scarlatta
,
un
berrettino
da
giochei
,
scarpettine
con
tacco
alto
,
e
quando
gioca
a
tamburello
salta
meravigliosamente
da
una
parte
all
'
altra
.
Secchi
,
netti
colpi
battevamo
col
tamburello
nell
'
ampio
piazzale
davanti
alla
grande
casa
gialla
!
Quando
Scipio
e
Vila
giocano
,
gl
'
inquilini
guardano
sorridenti
dalle
finestre
e
gridano
:
"
Bravo
!
bene
!
"
.
La
palla
rota
come
un
punto
di
fuoco
da
me
a
lei
,
da
lei
a
me
:
"
stan
-
e
stan
;
stan
-
e
stan
"
.
Dice
il
colpo
:
ti
voglio
bene
.
Risponde
il
colpo
:
ti
voglio
bene
.
Il
sole
è
alto
.
È
l
'
estate
,
amore
.
Cari
tempi
erano
quelli
,
amorosi
e
gloriosi
.
Mia
era
Vila
,
una
signorina
,
Vila
amata
da
Ucio
,
corteggiata
da
tutti
i
ragazzi
della
campagna
.
Riceveva
cartoline
da
ricchi
giovanotti
,
da
studenti
delle
lontane
università
;
ma
ella
rideva
con
me
e
mi
baciava
.
Era
mia
.
Io
solo
andavo
con
lei
per
la
campagna
,
in
cerca
delle
gocce
di
gomma
sui
tronchi
dei
susini
,
dei
quadrifogli
nell
'
erba
,
coprendola
colle
mie
braccia
quando
pioveva
.
Mi
accompagnava
nelle
scorrerie
ladresche
oltre
il
confine
della
campagna
,
temendo
quando
scalavo
cauto
i
muri
sconnessi
che
minacciavan
rovina
.
Portavo
per
lei
,
fra
le
labbra
,
la
piú
bella
pera
,
ed
essa
mi
calava
sui
suoi
ginocchi
e
mi
baciava
avidamente
.
Io
ero
come
un
piccolo
signore
.
Ero
felice
che
lei
godesse
della
mia
forza
e
della
mia
temerarietà
.
Perché
avevo
undici
anni
,
ma
neanche
i
contadini
mi
sapevano
agguantare
in
corsa
,
e
scalai
il
pioppo
e
l
'
elianto
che
tutti
dichiaravano
impossibili
.
Il
padrone
di
casa
mi
dette
in
premio
cinque
bottiglie
di
vino
;
Vila
mi
sorrideva
impaurita
dalla
finestra
.
Era
il
crepuscolo
.
Sotto
l
'
albero
i
compagni
scoppiarono
in
urli
di
evviva
,
e
io
,
sfinito
,
temevo
il
vento
come
un
uccello
senz
'
ali
,
e
guardavo
superbo
le
case
della
città
che
s
'
accendevano
di
punti
giallastri
.
Ah
,
se
ora
che
Vila
è
sposata
e
ha
due
,
tre
figlioli
che
forse
leggono
già
quello
che
io
scrivo
per
i
bambini
,
ed
è
piú
bella
,
assai
piú
bella
d
'
allora
,
giovane
mamma
contenta
,
e
non
mi
guarda
nemmeno
quand
'
io
passo
arrossendo
accanto
a
lei
,
si
ricordasse
dei
nostri
due
anni
spensierati
!
E
la
caccia
col
flobert
ai
merli
e
alle
gatte
?
C
'
era
quella
civetta
impagliata
in
camera
tua
,
con
l
'
ali
chiuse
e
inchinata
un
po
'
sullo
stecco
,
solenne
come
una
persona
a
modo
.
Aveva
i
gialli
occhi
di
vetro
,
chiari
nel
semibuio
della
stanza
,
tondi
,
come
un
bersaglio
.
E
un
giorno
tu
caricasti
misteriosamente
il
flobert
e
stic
!
un
occhio
si
spaccò
.
Ricordi
?
E
io
ti
guardavo
felice
e
meravigliato
.
E
un
giorno
ti
dissi
:
«
Vila
,
no
ti
xe
piú
quela
de
una
volta
»
.
E
tutto
finí
.
Ero
stufo
di
lei
.
Aveva
dei
gusti
strani
che
mi
toglievano
la
libertà
.
Quando
assieme
ai
compagni
si
dava
la
caccia
con
pali
e
forconi
a
un
cane
rinselvatichito
,
Vila
d
'
improvviso
s
'
arrampicava
su
un
albero
,
e
mi
pregava
:
«
Vieni
su
»
.
Io
m
'
arrampicavo
,
e
guardavo
dalle
cime
alte
,
scotendole
stizzoso
.
«
Vien
qua
,
dai
!
»
E
m
'
accarezzava
i
capelli
e
il
collo
;
poi
mi
baciava
:
e
io
sentivo
le
urlate
dei
compagni
in
caccia
e
i
ringhi
sfiniti
del
cane
.
Forse
anche
,
Vila
non
m
'
amava
,
non
m
'
aveva
mai
amato
.
Avevo
lievissimi
sospetti
;
un
colpo
di
sangue
,
e
sparivano
.
Io
non
so
com
'
era
di
me
.
A
volte
mi
buttavo
sull
'
erba
,
stanco
e
scontento
.
Ero
inquieto
e
mi
sarebbe
piaciuto
star
qualche
volta
solo
,
benché
avessi
bisogno
di
sentirmela
vicina
.
E
perciò
,
quando
le
dissi
,
quasi
senza
sapere
,
quelle
strane
parole
,
non
capii
perché
le
avevo
dette
e
per
rabbia
misi
la
mano
dentro
una
siepe
di
rovo
.
Vila
stette
zitta
.
Io
fissavo
alcune
piccole
cose
sul
terreno
:
un
ramettino
rotto
irregolarmente
con
due
foglie
passe
e
raggricciate
,
un
batuffoletto
di
seta
del
pioppo
,
che
s
'
estendeva
tutt
'
intorno
in
lenti
filamenti
argentei
per
l
'
opera
predace
di
decine
di
formiche
.
Ella
alzò
gli
occhi
e
mi
guardò
a
lungo
.
Io
sentivo
un
silenzio
che
non
finiva
piú
e
che
mi
seccava
assai
.
Allora
la
presi
fra
le
braccia
con
forza
,
e
Vila
perdonò
.
Fummo
beati
e
pieni
di
amore
per
tutta
la
giornata
.
Ma
la
mattina
dopo
Vila
mi
sfuggí
.
Correndo
a
perdi
fiato
io
l
'
accerchiai
di
lontano
e
sbucai
fuori
da
un
cespuglio
davanti
a
lei
.
La
presi
per
i
polsi
e
le
dissi
duro
«
Coss
'
ti
ga
?
»
.
«
Ti
ga
votú
ti
.
»
Si
svincolò
,
e
andò
via
.
Poi
,
dopo
qualche
settimana
,
l
'
incontrai
,
mi
prese
le
mani
e
le
baciò
.
Io
fui
subito
contento
di
non
esser
piú
con
lei
;
ma
avevo
confusi
desideri
,
non
m
'
interessava
niente
,
m
'
annoiavo
.
A
volte
disteso
per
terra
,
con
gli
occhi
semiaperti
nel
cielo
accarezzavo
le
giovani
foglie
,
e
d
'
un
tratto
m
'
avvoltolavo
nell
'
erba
dura
dei
prati
.
Ucio
è
un
giovanotto
lungo
e
forte
,
le
braccia
pelose
anche
alla
piegatura
,
i
labbri
tumidi
,
le
gengive
sanguinolente
.
Coltiva
nel
suo
giardino
begliomini
,
daglie
s
'
ciave
,
crisantemi
di
S
.
Anna
.
Aveva
bisogno
d
'
un
fondo
per
il
cesto
di
fiori
che
annunziava
pronto
da
cinque
domeniche
,
e
ha
rubato
la
nostra
tavola
del
bucato
.
Ma
l
'
adoperò
senza
raschiar
via
il
sapone
incrostato
.
Aveva
bisogno
di
rosai
perché
noi
lo
burlavamo
dei
suoi
fiori
scempi
,
e
li
rubò
dal
nostro
giardino
,
ma
smarrendo
sul
terreno
il
gemello
d
'
ottone
matto
della
camicia
.
Babbo
disse
la
domenica
dopo
in
presenza
di
molta
gente
:
«
Go
trovà
sto
botton
.
De
chi
'
l
xe
?
»
.
E
Ucio
esclamò
:
«
'
l
xe
mio
,
'
l
xe
mio
!
»
.
Cosí
è
Ucio
,
ragazzone
.
Il
suo
rutto
puzza
d
'
aglio
e
le
sue
mani
sono
piote
.
Quando
va
a
fare
la
scorreria
in
campagna
,
torna
con
la
camicia
carica
di
pere
dure
,
strappate
senza
gambo
,
come
vien
vien
,
ruggini
dall
'
unghie
,
fracide
di
sudore
del
suo
ventre
pratoso
.
Egli
non
sa
distinguere
il
buono
dal
cattivo
,
e
mangia
fagioli
e
patate
,
e
brontola
dalle
profondità
:
«
Xe
bon
,
xe
bon
!
»
.
Ucio
è
innamorato
di
Vila
.
Dice
:
«
Vila
xe
'
na
stela
»
.
E
poiché
lo
zio
di
Vila
l
'
ha
cacciata
infamemente
dalla
campagna
,
Ucio
cammina
a
grandi
passi
su
e
giú
per
il
piazzale
,
poi
si
stravacca
di
schianto
sulla
panca
e
giura
vendetta
.
Io
ci
sto
.
Ottima
cosa
è
la
vendetta
!
Sgusciare
di
notte
tra
gli
spini
della
siepe
con
una
lunga
stanga
in
mano
e
la
roncola
in
tasca
!
La
notte
è
fonda
e
muta
.
Ormai
tutti
dormono
.
Le
persiane
del
padron
di
casa
sono
chiuse
.
I
cani
abbaiano
dall
'
altra
parte
della
campagna
.
Ucio
dà
una
risata
e
diventa
bestia
.
Agguanta
la
prima
vite
che
trova
e
la
stronca
netta
.
Agguanta
un
ramo
carico
di
susine
e
lo
divarica
puntandosi
con
le
zampe
sul
tronco
;
poi
piomba
a
terra
con
lui
.
Tonfa
un
enorme
pietrone
fra
le
crote
dello
stagno
che
gracidano
a
squarciapancia
,
e
l
'
acqua
putrida
schizza
e
l
'
inonda
.
Si
scuote
,
con
una
scarponata
schianta
il
pesco
nano
e
si
slancia
avanti
sghignazzando
come
un
satiro
in
fregola
.
Viva
la
vendetta
!
Ma
io
sono
quieto
e
maligno
.
Apro
silenziosamente
la
roncola
,
e
incido
la
vite
sottoterra
perché
muoia
e
nessuno
saprà
perché
.
D
'
una
stangata
rompo
la
cima
del
pero
,
e
m
'
acquatto
di
colpo
per
timore
che
il
crac
svegli
qualcuno
.
Silenzio
.
Le
rane
.
I
cani
lontano
.
Una
stella
cadente
.
Ucio
chiama
dal
melo
.
Egli
divora
e
stronca
:
per
ogni
pomo
un
ramo
.
Io
unghio
fondo
,
uno
per
uno
,
i
grandi
pomi
che
piacciono
molto
al
padron
di
casa
.
Mi
lecco
le
unghie
.
Ah
?
Ucio
!
come
la
cacciò
via
,
ah
?
!
Era
una
notte
come
questa
.
Gridarono
nel
quartiere
del
padrone
.
Il
nostro
campanello
sonò
disperatamente
.
Balzo
a
sedere
sul
letto
,
l
'
uscio
di
babbo
s
'
apre
,
apre
la
porta
.
Vila
si
precipita
in
camicia
piangente
:
«
El
me
copa
,
'
l
me
copa
.
El
me
cori
drio
col
s
'
ciopo
!
»
Papà
incatenacciò
l
'
uscio
.
Disse
calmo
:
«
Qua
drento
no
vien
nissun
.
La
se
calmi
»
.
Vila
tremava
e
si
torceva
le
mani
.
«
I
me
lassi
andar
,
i
me
lassi
andar
,
li
prego
.
No
'
l
me
fa
niente
.
I
scusi
.
No
savevo
de
chi
andar
.
Ah
dio
,
dio
!
»
Un
pugno
sulla
porta
:
«
Vila
!
!
»
.
Vila
saltò
su
;
papà
la
fece
sedere
e
andò
ad
aprire
.
Non
c
'
era
piú
nessuno
.
Ma
Vila
scappò
via
,
corse
dalla
famiglia
di
Ucio
,
poi
rivolò
giú
a
casa
sua
.
«
Porca
!
puttana
!
Fora
de
qua
,
fora
!
Va
de
quela
scrova
de
to
mare
!
Fora
!
»
E
la
cacciò
via
di
notte
,
con
la
serva
e
un
fagotto
di
biancheria
,
minacciandola
dalla
finestra
con
il
duecanne
.
«
Ah
?
Ucio
?
!
»
Ricordiamo
e
ci
narriamo
godendo
della
scena
drammatica
,
e
poi
decidiamo
a
freddo
di
rislanciarci
alla
devastazione
.
Ucio
infuriò
come
la
grandine
e
la
bora
.
Io
ero
già
annoiato
,
e
mangiando
un
grappolo
d
'
uva
pensavo
:
"
Lavora
,
lavora
,
Ucio
!
Vila
iera
mia
"
.
Povero
Ucio
.
Io
andai
in
villeggiatura
,
in
Italia
,
oltre
il
confine
,
oltre
il
ponte
dell
'
Iudrio
e
Ucio
intanto
,
per
la
vendetta
,
bersagliò
con
il
flobert
un
fanale
della
carrozza
del
padron
di
casa
,
e
ci
lasciò
dentro
la
palla
.
La
sua
famiglia
fu
mandata
via
dalla
campagna
.
Io
gli
scrissi
:
"
Caro
Ucio
,
quando
c
'
è
un
solo
flobert
6
mm
.
in
campagna
,
dopo
tirato
bisogna
levar
la
palla
dal
fanale
"
.
E
cosí
a
me
il
padron
di
casa
voleva
molto
bene
,
e
quando
stetti
male
mi
condusse
spesso
a
caccia
.
Perché
avevo
terribile
mal
di
capo
.
Ero
cresciuto
troppo
presto
,
e
letto
e
studiato
troppo
nella
convalescenza
del
tifo
.
Mi
condussero
da
un
dottore
che
mi
visitò
tutto
,
poi
si
levò
gli
occhiali
e
mi
guardò
fisso
negli
occhi
.
Fu
uno
sguardo
lungo
e
una
lotta
zitta
fra
me
e
lui
.
Io
l
'
odiai
fortemente
perché
egli
vedeva
oltre
la
mia
aria
da
malato
.
Non
aveva
pietà
di
me
.
Solo
in
quel
momento
m
'
accorsi
d
'
aver
sempre
esagerato
con
molta
verità
l
'
emicrania
.
E
lo
guardai
in
viso
,
come
a
dirgli
:
"
lo
non
sto
male
,
sto
benissimo
,
sono
pigro
,
ecco
,
semplicemente
.
Mi
secca
andare
a
scuola
"
.
Sentivo
il
sangue
corrermi
piú
sano
nelle
vene
,
rialzarsi
di
colpo
il
capo
un
po
'
inclinato
in
atto
di
debolezza
:
ero
pieno
di
salute
e
di
forza
.
Egli
mi
guardò
a
lungo
,
dubbioso
,
severo
e
quasi
maligno
;
poi
mi
proibí
la
scuola
e
m
'
ordinò
vita
selvaggia
.
Avevo
vinto
.
Perché
voi
non
sapete
quant
'
astuzia
s
'
impara
guardando
come
un
'
ape
entra
in
un
fiore
e
il
ragno
chiappa
la
mosca
...
Voi
non
sapete
come
un
ragazzo
possa
,
obbedendo
,
costringere
i
genitori
a
fare
quello
ch
'
egli
vuole
.
Il
nostro
mondo
raffinato
è
molto
ingenuo
.
Basta
che
voi
vi
fabbrichiate
una
situazione
in
cui
è
ormai
stabilito
come
ognuno
degli
altri
si
deve
comportare
.
Se
per
esempio
uno
scolaro
sviene
all
'
esame
di
greco
,
non
c
'
è
professore
che
abbia
l
'
audacia
di
non
credergli
,
di
fargli
ripetere
l
'
esame
e
bocciarlo
.
Ognuno
può
pensare
,
dentro
di
sé
,
come
vuole
,
ma
v
'
assicuro
che
ognuno
finisce
per
credere
a
ciò
che
per
convenienza
deve
fare
.
E
cosí
lo
scolaro
lo
portano
in
quattro
nella
sala
della
direzione
,
lo
posano
con
le
gambe
alte
sul
bracciolo
del
sofà
,
gli
slacciano
la
cravatta
,
il
vecchio
bidello
accorre
barcollando
con
la
cassetta
croce
-
rossa
,
gli
toccano
il
polso
,
lo
spruzzano
.
-
Ma
voi
non
sapete
trattenere
il
respiro
per
un
minuto
.
Ah
se
un
barbaro
venisse
tra
noi
,
compagni
miei
,
come
ci
metterebbe
tutti
in
sacco
!
Ma
questo
si
dice
a
cose
finite
.
In
realtà
io
ero
ammalato
sul
serio
di
anemia
cerebrale
e
vissi
per
sei
mesi
continuamente
in
carso
.
Fu
allora
che
scopersi
per
la
prima
volta
il
mio
carso
.
Mi
conosceva
la
terra
su
cui
dormivo
le
mie
notti
profonde
,
e
il
grande
cielo
sonante
del
mio
grido
vittorioso
,
quando
sobbalzando
con
l
'
acque
giú
per
i
torrenti
spaccati
o
franando
dai
colli
in
turbine
di
lavine
e
terriccio
,
d
'
un
colpo
di
piede
rompevo
la
corsa
per
cogliere
il
piccolo
fiore
cilestrino
.
Correvo
col
vento
espandendomi
a
valle
,
saltando
allegramente
i
muriccioli
e
i
gineprai
,
trascorrendo
,
fiondata
sibilante
.
Risbalestrato
da
tronco
a
frasca
,
atterrato
dritto
sulle
ceppaie
e
sul
terreno
,
risbalzavo
in
uno
scatto
furibondo
e
rumoreggiavo
nella
foresta
come
fiume
che
scavi
il
suo
letto
.
E
dischiomando
con
rabbia
l
'
ultima
frasca
ostacolante
,
ne
piombavo
fuori
,
i
capelli
irti
di
stecchi
e
foglie
,
stracciato
il
viso
,
ma
l
'
anima
larga
e
fresca
come
la
bianca
fuga
dei
colombi
impauriti
dai
miei
aspri
gridi
d
'
aizzamento
.
E
ansante
mi
buttavo
a
capofitto
nel
fiume
per
dissetarmi
la
pelle
,
inzupparmi
d
'
acqua
la
gola
,
le
narici
,
gli
occhi
e
m
'
ingorgavo
di
sorsate
enormi
,
notando
sott
'
acqua
a
bocca
spalancata
come
un
luccio
.
Andavo
contro
corrente
abbrancando
nella
bracciata
i
rigurgiti
che
s
'
abbattevano
spumeggianti
contro
il
mio
corpo
,
addentando
l
'
ondata
vispa
,
come
un
ciuffo
d
'
erba
fiorita
quando
si
sale
in
montagna
.
E
l
'
ondata
mi
strappava
giú
a
scossoni
,
voltolandomi
nella
correntía
e
mi
rompevo
sul
fondo
ripercotendomi
al
sole
,
strascinato
per
un
tratto
sulle
erte
rive
,
fra
radici
e
sassi
invano
inghermigliati
.
Poi
m
'
affondavo
,
e
carrucolandomi
per
gli
scogli
rimontavo
sfinito
la
corrente
.
Il
sole
sul
mio
corpo
sgocciolante
!
il
caldo
sole
sulla
carne
nuda
,
affondata
nell
'
aspre
eriche
e
timi
e
mente
,
fra
il
ronzo
delle
api
tutt
'
oro
!
Allargavo
smisuratamente
le
braccia
per
possedere
tutta
la
terra
,
e
la
fendevo
con
lo
sterno
per
coniugarmi
a
lei
e
rotare
con
la
sua
enorme
voluta
nel
cielo
-
fermo
,
come
una
montagna
radicata
dentro
al
suo
cuore
da
un
'
ossatura
di
pietra
,
come
un
pianoro
vigilante
solo
nell
'
arsura
agostana
,
e
una
valle
assopita
caldamente
nel
suo
seno
,
una
collina
corsa
dal
succhio
d
'
infinite
radici
profondissime
,
sgorganti
alla
sommità
in
mille
fiori
irrequieti
e
folli
.
E
a
mezzo
mese
,
nell
'
ora
in
cui
la
luna
emerge
dal
lontano
cespuglio
e
si
fa
strada
fra
le
nubi
,
candida
e
limpida
come
un
prato
di
giunchiglie
in
mezzo
al
bosco
,
io
mi
sentivo
adagiato
in
una
dolce
diffusità
misteriosa
,
come
in
un
tremor
di
quieto
sogno
infinito
.
Conoscevo
il
terreno
come
la
lingua
la
bocca
.
Camminando
guardavo
tutto
con
affetto
fraterno
.
La
terra
ha
mille
segreti
.
Ogni
passo
era
una
scoperta
.
In
ogni
luogo
sapevo
l
'
ombra
piú
folta
e
la
piú
vicina
caverna
quando
mi
coglieva
la
piova
.
Amo
la
piova
pesa
e
violenta
.
Vien
giú
staccando
le
foglie
deboli
.
L
'
aria
e
la
terra
è
piena
di
un
trepestio
serrato
che
pare
una
mandra
di
torelli
.
L
'
uomo
si
sente
come
dopo
scosso
un
giogo
.
Ai
primi
goccioloni
balzo
in
piedi
,
allargando
le
narici
.
Ecco
l
'
acqua
,
la
buona
acqua
,
la
grande
libertà
.
L
'
acqua
è
buona
e
fresca
.
Invade
ogni
cosa
.
La
pietra
se
ne
inumidisce
bollendo
.
Se
si
mette
il
dito
nell
'
umidiccio
intorno
ai
fusti
,
si
sente
come
le
radici
la
poppano
.
Tutte
le
vite
in
patimento
respirano
libere
.
Perché
la
terra
ha
mille
patimenti
.
Su
ogni
creatura
pesa
un
sasso
o
un
ramo
stroncato
o
una
foglia
piú
grande
o
il
terriccio
d
'
una
talpa
o
il
passo
di
qualche
animale
.
Tutti
i
tronchi
hanno
una
cicatrice
o
una
ferita
.
Io
mi
sdraiavo
bocconi
sul
prato
,
guardando
nell
'
intorcigliamento
dell
'
erbe
,
e
a
volte
ero
triste
.
Triste
delle
belle
creature
della
terra
.
Io
le
conoscevo
.
Le
mie
mani
sapevano
le
fonde
spaccature
estive
dove
lo
zinzino
occhieggia
all
'
orlo
con
le
sue
lunghe
antenne
,
e
basta
un
fuscello
o
un
soffio
a
farlo
tracollar
dentro
;
i
muriccioli
di
sabbia
con
cui
il
filo
d
'
acqua
s
'
argina
maestosamente
;
e
seducevo
la
formica
carica
a
salir
su
una
largta
foglia
di
platano
per
deporla
cautamente
al
li
là
dell
'
alpe
.
Tutto
m
'
era
fraterno
.
Amavo
le
farfalle
in
amore
impigliate
nella
trama
nerastra
del
rovo
,
sbattenti
disperatamente
le
ali
in
una
pioggia
di
bianco
pulviscolo
,
il
bel
ragno
vellutato
dalle
secche
zampe
che
sfilava
nell
'
aria
tremula
il
suo
filo
argentino
perché
s
'
incollasse
sulla
peluria
uncinata
di
una
foglia
,
e
tentava
con
la
zampina
il
filo
per
slanciarvisi
dritto
e
tessere
l
'
elastica
tela
.
Ronzava
disperata
nel
mio
pugno
la
mosca
colta
a
volo
;
accarezzavo
il
bruco
liscio
e
fresco
che
si
raggrinzava
come
una
fogliolina
secca
;
tenevo
avvinta
per
le
grandi
ali
cilestrine
la
libellula
;
affondavo
il
braccio
nell
'
acqua
per
sollevar
di
colpo
in
aria
il
rospicino
dalla
pancia
giallonera
;
tentava
di
ritorcersi
l
'
addome
della
vespa
contro
le
mie
dita
e
partorirvi
il
pungiglione
.
Squarciavo
a
sassate
le
biscie
.
Sorridevo
agli
sbalzelli
alati
dei
moscerini
,
tagliati
dal
colpo
imperioso
d
'
una
mosca
smeraldina
,
al
pispillare
roteante
delle
rondini
,
alle
nuvole
che
si
trastullano
nella
luce
,
rabbrividenti
pudiche
sotto
le
fredde
dita
curiose
del
vento
,
alla
foglia
navigante
con
rulli
e
beccheggi
nell
'
aria
,
alle
stelle
germoglianti
nel
cielo
quando
col
vespero
si
diffonde
sul
mondo
un
tepore
leggero
come
fiato
primaverile
.
Scivolando
negli
arbusti
,
tenendomi
agganciato
al
masso
dirupante
con
due
dita
artigliate
in
una
ferita
muscosa
della
pietra
,
palpeggiando
e
sguazzacchiando
con
la
palma
aperta
sull
'
orlo
degli
stagni
,
andavo
spiando
la
nascita
della
primavera
.
Nel
nascondiglio
piú
benigno
del
boschetto
,
in
un
calduccio
umido
di
seccume
,
ancora
ancora
quasi
riscaldato
dal
sonno
d
'
una
lepre
,
io
frugando
trovavo
la
prima
primola
,
il
primo
raggio
di
sole
!
l
'
occhio
stupito
della
piccola
primavera
svegliata
!
E
seguivo
l
'
ondeggiar
lieve
del
suo
passo
,
annusando
come
cane
in
traccia
,
fra
radici
gonfie
e
germogli
diafani
,
dietro
un
alioso
sbuffo
di
rugiade
erbose
,
di
terra
umida
,
di
lombrichi
,
di
succhi
gommosi
;
un
odor
di
latte
vegetale
,
di
mandorle
amare
-
eccolo
qui
il
sorriso
roseo
dei
peschi
,
incerto
com
'
alba
invernale
,
cara
,
cara
!
e
scuoto
freneticamente
questo
tronco
e
quello
e
questo
,
spargendomi
di
petali
e
di
profumi
.
Per
terra
schizzano
violacee
pozzerelle
d
'
acqua
,
il
passerotto
vi
frulla
con
le
ali
,
a
becco
aperto
.
Dolce
amata
mia
,
primavera
!
Qualche
volta
mi
fermavo
nel
bosco
e
alzavo
il
capo
verso
gli
alberi
alti
e
allineati
.
Udivo
sgricciar
una
foglia
,
cader
una
coccola
,
un
pigolío
.
Poi
tutto
era
silenzio
.
Io
non
mi
movevo
.
Avevo
voglia
di
buttarmi
su
uno
di
quei
tronchi
,
stringerlo
fra
le
braccia
,
stare
con
lui
.
Ma
avevo
paura
di
far
strepito
.
Cercavo
lentamente
con
gli
occhi
una
farfalla
,
un
insetto
.
Niente
si
moveva
.
Qualche
cosa
era
nascosta
nel
fogliame
,
mi
guardava
,
e
io
non
la
vedevo
.
Nel
bosco
rimparai
a
pregare
.
Dicevo
:
"
Dio
voglimi
bene
;
Dio
voglimi
bene
"
.
Una
volta
mi
buttai
per
terra
e
piansi
a
lungo
.
Salto
e
sbalzo
verso
il
lembo
aperto
di
cielo
.
Sotto
il
sole
lampeggia
e
rutila
in
fondo
il
dolce
ricordo
.
Dove
vado
?
Lontana
è
la
patria
,
e
il
nido
disfatto
.
Ma
il
vento
trascorre
con
me
,
desiderando
,
oltre
il
margine
roccioso
del
carso
,
e
sono
sopra
il
mare
,
la
larga
strada
del
vento
e
del
sole
.
Io
sono
nato
nella
grande
pianura
dove
il
vento
corre
tra
l
'
alte
erbe
inumidendosi
le
labbra
come
un
giovane
cerbiatto
,
e
io
l
'
inseguivo
a
mani
tese
,
ed
emergevo
col
caldo
viso
nel
cielo
.
Lontana
è
la
patria
;
ma
il
mare
luccica
di
sole
,
e
infinito
è
il
mondo
di
là
del
mare
.
E
la
fertilità
della
terra
sgorga
pregna
di
succo
nelle
grandi
foglie
carnose
e
accende
di
vermiglio
i
pomi
tondi
sulle
piante
intrecciate
fra
loro
,
empiendo
di
gioia
l
'
anima
degli
uomini
.
Calda
è
la
messe
d
'
oro
,
e
il
profumo
dei
cedri
e
delle
magnolie
ha
colto
l
'
uomo
nella
sua
fatica
,
ond
'
egli
s
'
è
ripiegato
sulle
spighe
e
dorme
ravvolto
nel
sole
.
Pennadoro
,
nuovo
venuto
,
se
tu
non
dormi
,
tua
è
la
terra
del
sole
.
Il
monte
Kal
è
una
pietraia
.
Ma
io
sto
bene
su
lui
.
Il
mio
cappotto
aderisce
sui
sassi
come
carne
su
bragia
;
e
se
premo
,
egli
non
cede
:
sí
le
mie
mani
s
'
incavano
contro
i
suoi
spigoli
che
vogliono
congiungersi
con
le
mie
ossa
.
Io
sono
come
te
freddo
e
nudo
,
fratello
.
Sono
solo
e
infecondo
.
Fratello
,
su
di
te
passa
il
sole
e
il
polline
,
ma
tu
non
fiorisci
.
E
il
ghiaccio
ti
spacca
in
solchi
dritti
la
pelle
,
e
non
sanguini
;
e
non
esprimi
una
pianta
per
trattenere
le
nuvole
primaverili
che
sfiorandoti
passano
oltre
e
vanno
laggiú
.
Ma
l
'
aria
ti
abbraccia
e
ti
gravita
come
grossa
coperta
su
maschio
che
aspetti
invano
l
'
amante
.
Immobile
.
La
bora
aguzza
di
schegge
mi
frusta
e
mi
strappa
le
orecchie
.
Ho
i
capelli
come
aghi
di
ginepro
,
e
gli
occhi
sanguinosi
e
la
bocca
arida
si
spalancano
in
una
risata
.
Bella
è
la
bora
.
È
il
tuo
respiro
,
fratello
gigante
.
Dilati
rabbioso
il
tuo
fiato
nello
spazio
e
i
tronchi
si
squarciano
dalla
terra
e
il
mare
,
gonfiato
dalle
profondità
,
si
rovescia
mostruoso
contro
il
cielo
.
Scricchia
e
turbina
la
città
quando
tu
disfreni
la
tua
rauca
anima
.
Fratello
,
con
la
tua
grande
anima
io
voglio
scendere
laggiú
.
Perdonami
,
s
'
io
balzo
su
come
tu
non
puoi
e
t
'
abbandono
.
È
come
se
d
'
improvviso
una
fonte
t
'
infertilisse
sgorgandoti
dentro
il
cuore
.
Gorgoglia
e
fiotta
la
nostalgia
irrequieta
.
Ho
desiderio
d
'
andare
,
fratello
.
Ho
desiderio
di
possedere
grandi
campi
di
frumento
e
prati
ombrosi
.
La
patria
è
laggiú
.
Bisogna
ch
'
io
sia
fratello
d
'
altre
creature
che
tu
non
conosci
,
che
io
non
conosco
,
monte
Kâl
,
ma
vivono
unite
laggiú
dove
calano
le
nuvole
turgide
di
piova
.
Anni
giovani
,
che
vi
spalancate
tremando
come
corolle
di
violette
nella
neve
,
dove
volete
gioiosi
portarmi
?
Alzo
le
braccia
e
le
riabbasso
freneticamente
come
se
avessi
ali
,
e
a
ogni
colpo
i
miei
denti
aggrappassero
materia
piú
leggera
e
tanto
diafana
che
l
'
anima
mi
si
spandesse
a
formar
l
'
alba
d
'
una
nuova
vita
.
E
sbalzo
sul
suolo
,
ripercosso
dallo
stesso
monte
che
mi
comprende
e
m
'
aiuta
.
Calo
giú
.
La
bora
mi
schiaffa
a
ondate
nella
schiena
e
piombo
,
torrentaccio
.
I
sassi
voltolano
e
rotolano
rombando
.
Ogni
passo
è
nuovo
,
ché
se
il
piede
trova
traccia
si
storce
e
stracolla
.
Giú
.
Il
petto
rompe
a
sperone
l
'
aria
.
Giú
,
scivolando
:
un
volo
fino
al
ramo
prossimo
,
al
ciuffo
d
'
erba
che
-
un
dito
toccandolo
-
mi
tiene
in
piedi
.
Scatta
il
sasso
in
bilico
per
buttarmi
a
rovina
,
s
'
apre
in
dirupo
la
terra
per
accogliermi
sfragellato
;
ma
le
mie
gambe
sono
dure
e
flessibili
.
Cosí
calava
Alboino
.
Lichene
sotto
ai
piedi
,
scricchiolante
,
rigido
;
erba
giallastra
come
foglie
morte
;
un
querciolo
torto
,
e
eccoli
i
piccoli
verdi
pini
che
ondeggiano
la
testa
come
bimbi
dubitosi
.
Stretti
e
intrecciati
,
cosí
che
i
piedi
s
'
impastoiano
,
e
com
'
io
mi
chino
ad
aprirmi
la
strada
mi
punzecchiano
pruriginosi
le
guance
.
Procedo
:
sono
tra
i
pini
giganti
.
Un
contadino
con
la
frusta
di
pastore
si
ferma
e
mi
guarda
.
Mongolo
,
dagli
zigomi
duri
e
gonfi
come
sassi
coperti
appena
dalla
terra
,
cane
dagli
occhi
cilestrini
.
Che
mi
guardi
?
Tu
stai
istupidito
,
mentre
ti
rubano
gli
aridi
pascoli
,
i
paurosi
della
tua
bora
.
Barbara
è
la
tua
anima
,
ma
sol
che
la
città
ti
compri
cinque
soldi
di
latte
te
la
rende
soffice
,
come
le
tue
ginepraie
se
tu
vi
cavi
un
palmo
di
macigno
.
Fermo
nel
bosco
,
intontito
,
aspetti
che
si
compia
il
tuo
destino
.
Che
fai
,
cane
!
O
diventa
carogna
putrida
a
impinguare
il
tuo
carso
infecondo
.
Calcare
che
si
sfà
e
si
scrosta
e
frana
,
tu
sei
,
terriccio
futuro
.
Di
'
,
sloveno
!
quanti
narcisi
produrrai
tu
questa
primavera
per
le
dame
del
Caffè
Specchi
?
S
'
ciavo
,
vuoi
venire
con
me
?
Io
ti
faccio
padrone
delle
grandi
campagne
sul
mare
.
Lontana
è
la
nostra
pianura
,
ma
il
mare
è
ricco
e
bello
.
E
tu
devi
esserne
il
padrone
.
Perché
tu
sei
slavo
,
figliolo
della
nuova
razza
.
Sei
venuto
nelle
terre
che
nessuno
poteva
abitare
,
e
le
hai
coltivate
.
Hai
tolto
di
mano
la
rete
al
pescatore
veneziano
,
e
ti
sei
fatto
marinaio
,
tu
figliolo
della
terra
.
Tu
sei
costante
e
parco
.
Sei
forte
e
paziente
.
Per
lunghi
lunghi
anni
ti
sputarono
in
viso
la
tua
schiavitú
;
ma
anche
la
tua
ora
è
venuta
.
È
tempo
che
tu
sia
padrone
.
Perché
tu
sei
slavo
,
figliolo
della
grande
razza
futura
.
Tu
sei
fratello
del
contadino
russo
che
presto
verrà
nelle
città
sfinite
a
predicare
il
nuovo
vangelo
di
Cristo
;
e
sei
fratello
dell
'
aiduco
montenegrino
che
liberò
la
patria
dagli
osmani
;
e
tua
è
la
forza
che
armò
le
galere
di
Venezia
,
e
la
grande
,
la
prosperosa
,
la
ricca
Boemia
è
tua
.
Fratello
di
Marko
Kraglievich
tu
sei
,
sloveno
bifolco
.
Molti
secoli
giacque
Marko
nella
sua
tomba
sul
colle
,
e
molti
di
noi
lo
credettero
morto
,
per
sempre
morto
.
Ma
la
sua
spada
è
risbalzata
ora
fuor
dal
mare
e
Marko
è
risorto
.
Trieste
deve
esserti
la
nuova
Venezia
.
Brucia
i
boschi
e
vieni
con
me
.
Lo
sloveno
mi
guarda
seccato
.
"
Brucia
i
boschi
che
gli
italiani
,
gente
sfatta
di
venti
secoli
,
portarono
qui
per
potere
andare
a
sentire
la
conferenza
di
Donna
Paola
e
entrar
nella
Borsa
senza
bora
!
"
Lo
sloveno
mi
dà
un
'
occhiata
sghignante
,
taglia
un
ramo
,
estrae
di
tasca
vecchi
fiammiferi
che
ardon
con
lenta
fiamma
violetta
,
e
accende
paziente
il
foco
.
Io
l
'
aizzo
,
ma
egli
fa
un
passatempo
di
pastore
;
io
l
'
aizzo
come
se
fossi
slavo
di
sangue
.
O
Italia
no
,
no
!
Quando
il
boschetto
cominciò
ad
ardere
,
io
m
'
impaurii
e
volli
correre
per
soccorso
.
Ma
egli
mi
disse
:
"
Xe
lontan
i
pompieri
"
;
sorrise
lentamente
,
raccolse
la
frusta
,
e
andò
spingendo
le
quattro
vacche
.
Io
mi
sdraiai
,
sfinito
.
"
Cosí
calava
Alboino
!
"
Povero
sangue
italiano
,
sangue
di
gatto
addomesticato
.
È
inutile
appiattarsi
e
guatare
e
balzare
con
unghioni
tesi
contro
la
preda
:
la
polpetta
preparata
è
ferma
nel
piatto
.
Tu
sei
malato
d
'
anemia
cerebrale
,
povero
sangue
italiano
,
e
il
tuo
carso
non
rigenererà
piú
la
tua
città
.
Sdraiati
sul
lastrico
delle
tue
strade
e
aspetta
che
il
nuovo
secolo
ti
calpesti
.
Cosí
stagnai
,
acqua
marcia
.
E
il
bosco
ardeva
e
la
bella
fiamma
crepitante
insanguinava
il
cielo
.
All
'
alba
rinacqui
.
Non
so
come
fu
.
Il
cielo
era
puro
e
io
scorsi
la
bella
bianca
città
laggiú
,
e
la
terra
arata
.
E
di
un
balzo
,
come
chi
abbia
visto
Dio
,
mi
buttai
su
di
lei
.
Sparito
era
il
sogno
e
l
'
incubo
:
perché
io
sono
piú
che
Alboino
.
Tremando
mi
caccio
nel
solco
e
mi
ricopro
della
terra
gravida
,
sconvolgendo
la
sementa
.
E
questo
tocco
di
zolla
ghiacciata
io
l
'
addento
come
pane
.
Sotto
,
pulsano
le
radici
.
E
la
mia
anima
veramente
s
'
allarga
come
acqua
in
una
conca
immensa
,
e
sento
che
un
albero
lontano
sussulta
per
il
vento
comprimendo
intorno
a
sé
la
terra
,
e
certo
quest
'
idea
che
mi
nasce
è
la
prima
primola
nei
campi
.
A
carponi
e
a
tentoni
cerco
le
cose
,
sbarrando
gli
occhi
,
e
i
rami
invernali
pingui
di
gemme
contenute
,
gli
stecchi
senza
linfa
del
vigneto
,
la
terra
ghiaiosa
che
mi
preme
i
calzoni
sul
ginocchio
,
tutto
freme
com
'
io
lo
tocco
,
perché
io
sono
la
primavera
.
Rose
,
rose
,
rose
.
E
io
pungendomi
colgo
e
empio
di
rose
la
mia
via
.
Di
qui
passerà
un
giorno
ella
e
mi
troverà
seguendo
la
rossa
traccia
.
Ah
anima
amata
,
è
nato
oggi
nel
mondo
un
poeta
,
e
t
'
attende
.
È
nato
un
poeta
che
ama
le
belle
creature
della
terra
perché
egli
deve
ridare
puro
il
loro
torbido
pensiero
,
come
acqua
succhiata
dal
sole
.
E
ruba
e
stronca
dalle
belle
creature
della
terra
perché
egli
non
è
pietoso
e
sa
soltanto
di
dover
nutrire
di
sangue
vivo
.
Troppe
mammelle
di
latte
nel
mondo
,
e
la
forza
vitale
è
debole
e
accasciata
,
e
gli
uomini
si
lagnano
d
'
essere
vivi
.
Nella
mia
città
facevano
dimostrazione
per
l
'
università
italiana
a
Trieste
.
Camminavano
a
braccetto
,
a
otto
a
otto
;
gridavano
:
viva
l
'
università
italiana
a
Trieste
,
e
strisciavano
i
piedi
per
dar
noia
alle
guardie
.
Allora
mi
misi
anch
'
io
nelle
prime
file
della
colonna
,
e
strisciai
anch
'
io
i
piedi
.
S
'
andava
cosí
giú
per
l
'
Acquedotto
.
A
un
tratto
la
prima
fila
si
fermò
e
dette
indietro
.
Dal
caffè
Chiozza
marciavano
contro
noi
in
doppia
,
larga
fila
i
gendarmi
,
baionetta
inastata
.
Marciavano
come
in
piazza
d
'
armi
,
a
gambe
rigide
,
con
lunga
cadenza
,
impassibili
.
Ognuno
di
noi
sentí
che
nessun
ostacolo
poteva
fermarli
.
Dovevano
andare
avanti
finché
l
'
Imperatore
non
avesse
detto
:
halt
!
Dietro
quei
gendarmi
c
'
era
tutto
l
'
impero
austrungarico
.
C
'
era
la
forza
che
aveva
tenuto
nel
suo
pugno
il
mondo
.
C
'
era
la
volontà
d
'
un
'
enorme
monarchia
dalla
Polonia
alla
Grecia
,
dalla
Russia
all
'
Italia
.
C
'
era
Carlo
Quinto
e
Bismarck
.
Ognuno
di
noi
sentí
questo
,
e
tutti
scapparono
via
interroriti
,
pallidi
,
spingendo
,
urtando
,
perdendo
bastoni
e
cappelli
.
Io
rimasi
a
guardarli
con
meraviglia
.
Marciavano
dritti
avanti
,
senza
sorridere
,
senza
ridere
.
La
gente
che
scappava
era
per
loro
lo
stesso
che
la
compatta
colonna
che
marciava
per
l
'
università
italiana
.
Io
rimasi
fermo
a
guardarli
,
e
fui
arrestato
.
Un
gendarme
mi
prese
per
il
polso
sinistro
e
andammo
.
Era
una
cosa
molto
strana
.
Egli
continuava
a
camminare
del
suo
passo
;
io
cercavo
d
'
imitarglielo
.
Gli
occhi
della
gente
che
passava
mi
percorrevan
tutto
come
gocce
fredde
nella
schiena
,
dandomi
un
brivido
,
tanto
che
il
gendarme
pensò
:
Der
Kerl
hat
Furcht
.
Ma
forse
non
pensò
niente
,
e
continuava
a
camminare
del
suo
passo
.
Ricordo
benissimo
che
un
giovanotto
passando
estrasse
la
destra
inguantata
per
arricciarsi
il
mostacchio
destro
,
poi
tirò
fuori
la
sinistra
per
arricciarsi
il
mostacchio
sinistro
.
Io
avevo
voltato
la
testa
per
vederlo
,
sí
che
,
il
gendarme
procedendo
,
mi
sentii
tirare
avanti
.
Una
donna
,
con
un
bel
boa
,
torse
gli
occhi
,
ma
vidi
che
rideva
.
Perché
mi
lascio
condurre
da
questo
imbecille
?
Ha
le
spalline
grosse
,
giallonere
.
Perché
non
lasciarmi
condurre
da
lui
?
Si
va
dove
non
so
,
ma
non
è
necessario
ch
'
io
sappia
.
Mi
conduce
lui
,
svolta
,
scantona
,
e
i
miei
piedi
si
pongono
sempre
paralleli
ai
suoi
.
La
baionetta
scintilla
molto
lucida
.
È
carico
il
tuo
schioppo
?
Perché
non
mi
risponde
?
E
un
garzone
di
beccaio
,
invece
di
far
due
passi
di
piú
,
salta
oltre
la
panca
di
passeggio
,
e
il
grembiule
macchiato
di
sangue
vecchio
si
gonfia
e
sbatte
svolazzando
.
Appena
siamo
passati
ci
guarda
e
urla
:
«
Dèghe
al
giandarmo
!
»
.
Scappa
.
Io
vedo
bene
pulsare
l
'
arteria
nel
collo
di
questo
imbecille
.
E
le
mie
mani
sono
molto
lunghe
,
e
sono
come
ossa
ai
polpastrelli
.
E
non
c
'
è
gente
.
Alboino
...
Ma
io
sono
piú
che
Alboino
.
Io
sono
piú
che
Bismarck
.
Io
stringo
insensibilmente
il
pollice
dentro
le
altre
dita
e
faccio
della
mano
una
piú
sottile
prolungazione
del
polso
.
Lentamente
scivolo
fra
le
sue
dita
rallentate
per
il
freddo
.
Intanto
parlo
:
«
Triste
vita
la
loro
!
Ché
!
Capisco
bene
che
lei
fa
il
suo
dovere
.
Quante
ore
di
servizio
hanno
?
otto
?
consecutive
?
e
lassú
in
carso
,
con
tutti
i
tempi
,
di
notte
»
.
Nella
gola
mi
cantano
alcune
parole
fresche
che
la
mia
bella
veciota
venesiana
me
l
'
insegnò
:
"
Né
per
torto
né
per
rason
,
no
state
far
meter
in
preson
"
.
Guardo
negli
occhi
il
gendarme
,
strappo
,
via
.
Viva
la
libertà
!
Io
sono
italiano
.
Neanche
mi
rincorse
.
E
io
,
dopo
duecento
metri
di
corsa
furiosa
,
rimasi
male
a
vederlo
impalato
,
lontano
.
Poi
riprese
la
sua
marcia
cadenzata
,
toc
,
tac
,
in
direzione
opposta
.
Toc
,
tac
,
pare
che
s
'
avvicini
,
che
sia
qua
dietro
a
me
,
con
la
sua
mano
sulla
mia
spalla
.
Filai
in
un
portone
:
nel
casotto
del
portinaio
c
'
è
un
cranio
calvo
,
assiepato
da
una
corona
di
capelli
fini
,
di
bimbo
,
curvo
su
una
scarpetta
da
signora
.
Esco
;
mi
pianto
la
berretta
piú
salda
in
testa
,
mi
ravvolgo
nella
mia
mantella
e
cammino
picchiando
con
forza
il
lastrico
,
come
se
tra
esso
e
i
miei
scarponi
sia
qualche
cosa
che
bisogna
vincere
.
Poi
corsi
al
mare
.
Nel
mare
mi
lavai
il
viso
e
le
mani
.
Bevvi
l
'
acqua
salsa
del
nostro
Adriatico
.
Lontano
,
nel
tramonto
,
le
alpi
italiane
eran
rosse
e
oro
come
dolomiti
.
Sui
trabaccoli
romagnoli
calavano
le
allegre
bandiere
tricolori
,
e
il
focolaietto
di
bordo
fumava
per
la
polenta
.
Mare
nostro
.
Respirai
libero
e
felice
come
dopo
un
'
intensa
preghiera
.
Ma
m
'
accorsi
,
dopo
,
che
la
gente
mi
guardava
.
I
miei
scarponi
bullettati
eran
polverosi
e
i
miei
atti
curiosi
.
Non
avevo
il
viso
di
quella
gente
perfetta
che
camminava
su
e
giú
per
le
rive
senza
andare
in
nessun
posto
.
Era
gente
che
guardava
ed
era
guardata
.
I
giovanotti
avevano
larghi
soprabiti
a
campana
,
con
di
dietro
un
taglio
lungo
,
come
le
giubbe
dei
servitori
,
e
bastoni
grossi
e
lievi
che
volevano
sembrare
rami
appena
scorzati
.
Le
signorine
erano
accompagnate
dal
babbo
o
dalla
mamma
,
e
avevano
stivalini
lustri
,
come
i
dorsi
delle
blatte
.
Erano
stivalini
assai
piú
puliti
e
limpidi
che
i
loro
occhi
.
Anch
'
esse
mi
guardavano
,
con
contegno
;
ma
s
'
io
le
guardavo
,
voltavan
gli
occhi
.
Non
sanno
sostenere
uno
sguardo
d
'
uomo
.
Ora
in
questo
via
vai
i
giovanotti
schivavano
le
signorine
con
accortezza
in
modo
da
sfregarle
un
poco
,
ma
non
tanto
che
alcuno
potesse
dire
un
bada
a
te
.
In
generale
tutti
sorridevano
e
si
levavano
a
ogni
cinque
passi
il
cappello
inchinandosi
leggermente
di
schiena
.
Io
li
guardavo
meravigliato
,
e
mi
cacciavo
tra
loro
,
stordito
dal
trepestio
e
bisbiglio
di
quell
'
andar
senza
ragione
.
Andai
lentamente
per
la
città
,
trasportato
dal
loro
lento
fluire
.
Difficile
è
camminare
tra
gente
inoperosa
.
Quello
che
precede
si
ferma
d
'
un
tratto
;
un
'
altra
esce
di
bottega
con
la
testa
rivolta
a
ringraziare
il
commesso
che
le
ha
sganciato
dalla
maniglia
la
manica
a
sbuffi
;
il
terzo
vuol
camminare
dietro
a
una
signorina
:
tanto
che
io
,
stufo
di
schivare
,
misi
le
mani
in
tasca
e
camminai
a
linea
retta
facendo
crocchiare
le
bullette
sul
lastrico
.
Stracciai
una
sottana
e
mi
lasciaron
camminare
facendomi
largo
.
Ma
anche
cosí
,
non
si
è
liberi
camminando
in
città
.
Ogni
vostro
passo
in
città
è
controllato
da
spie
che
fanno
finta
di
non
vedere
.
I
portinai
dai
portoni
aperti
adocchian
,
di
sotto
,
chi
entra
;
i
caffeioli
passano
lunghe
ore
mirando
le
gambe
della
gente
;
la
signora
tiene
stretta
la
borsetta
badando
a
destra
e
a
sinistra
se
alcuno
le
si
avvicini
.
Nessuno
si
fida
di
nessuno
,
benché
tutti
salutano
tutti
.
E
benché
io
sia
coperto
molto
bene
dalla
mia
mantella
,
questi
occhi
,
questo
controllo
nascosto
mi
opprimono
.
I
fanali
s
'
accendono
rossi
sfolgoranti
;
le
grandi
case
rettangolari
incombono
.
Se
mi
sdraiassi
sul
selciato
?
Io
sono
stanco
.
Mi
volto
bruscamente
.
Lassú
è
il
monte
Kâl
.
Perché
scesi
?
Bene
:
ora
sei
qui
.
E
qui
devi
vivere
.
Mi
abbranco
il
petto
con
le
mani
per
sentire
se
il
mio
corpo
è
,
e
resiste
.
E
dunque
avanti
.
Io
voglio
entrare
nella
taverna
piú
lurida
di
Cità
vecia
.
Fumo
e
puzza
.
Soffoco
.
Ma
accendo
anch
'
io
la
pipa
,
fumo
nel
fumo
,
e
sputo
.
«
Camarier
!
mezo
quarto
de
petess
.
»
Anche
l
'
acquavita
io
posso
bere
,
se
altri
la
bevono
,
e
questo
bicchiere
è
pulito
,
se
altri
possono
accostarci
le
labbra
e
trincare
.
Sull
'
orlo
di
questo
bicchiere
ci
può
essere
,
invisibile
,
l
'
agonia
per
tutta
la
mia
vita
;
ma
io
bevo
.
E
alzo
gli
occhi
sui
miei
compagni
.
Un
carbonaio
,
dalla
spalla
sinistra
cresciuta
come
un
enorme
tumore
,
sputa
chiazze
nere
.
Una
donna
con
peli
duri
sul
labbro
,
spruzzati
di
cipria
,
si
netta
la
bocca
con
le
dita
cicciose
.
Sotto
la
tavola
lo
scamiciato
che
le
sta
seduto
dirimpetto
le
tira
,
freddo
,
una
ginocchiata
fra
le
gambe
.
Tra
i
capelli
neri
,
unti
,
della
padrona
della
bettola
splende
rosea
al
becco
del
gas
una
natta
.
La
guardo
oltre
il
fondo
appannato
del
bicchiere
.
«
Camarier
!
'
ncora
mezo
quarto
!
»
E
picchio
col
pugno
chiuso
sulla
tavola
zoppa
.
Mi
guardano
,
e
continuano
i
loro
discorsi
.
Accanto
a
me
due
figuri
con
la
giacca
buttata
sulla
spalla
e
la
camicia
blu
parlano
d
'
una
brocca
di
stagno
,
come
fu
rubata
.
Altri
schiamazzano
e
cantano
.
Bene
.
Niente
è
qui
strano
,
e
tutto
è
duro
e
definito
come
gli
spigoli
del
corso
.
S
'
io
dò
un
pugno
sul
muso
di
quel
facchino
,
lui
mi
tira
due
pugni
.
S
'
io
faccio
la
filantropia
schiave
-
bianche
a
quella
donna
,
essa
mi
risponde
dandosi
una
manata
sul
culo
.
Sono
tra
ladri
e
assassini
:
ma
se
io
balzo
sul
tavolo
e
Cristo
mi
infonde
la
parola
io
con
essi
distruggo
il
mondo
e
lo
riedifico
.
Questa
è
la
mia
città
.
Qui
sto
bene
.
Parte
seconda
Eh
,
ma
in
città
,
prima
ancora
di
andar
lassú
in
carso
,
io
mi
annoiai
molto
.
Ora
ci
penso
;
e
vorrei
raccontarvi
dei
miei
anni
di
scuola
,
dei
miei
cari
condiscepoli
,
delle
prime
persone
che
conobbi
;
ma
non
m
'
interessa
abbastanza
.
Vi
scriverei
lunghe
pagine
seccanti
.
Invece
è
bello
raccontare
godendo
delle
proprie
avventure
e
dei
sogni
.
Io
mi
diverto
pensando
alla
mia
vita
.
Anche
la
città
è
divertente
,
sebbene
qualche
volta
m
'
abbia
seccato
.
Mi
piace
il
moto
,
lo
strepito
,
l
'
affaccendamento
,
il
lavoro
.
Nessuno
perde
tempo
,
perché
tutti
devono
arrivare
presto
in
qualche
posto
,
e
hanno
una
preoccupazione
.
Nei
visi
e
negli
stessi
passi
voi
potete
riconoscere
subito
in
che
modo
il
passante
sta
preparando
l
'
affare
.
Se
guardate
bene
,
siete
subito
presi
in
un
gioco
eccitante
d
'
operosità
,
e
la
vostra
intelligenza
batte
e
rimanda
istantaneamente
i
possibili
attacchi
d
'
astuzia
,
di
coltura
,
di
bontà
,
di
vendetta
.
Un
inquieto
e
giovine
animale
s
'
agita
in
voi
,
e
voi
andate
per
le
strade
ricchi
della
sua
vita
istintiva
,
com
'
uno
a
cui
ricircoli
il
sangue
nella
mano
stecchita
di
freddo
sotto
il
guanto
.
Andate
contenti
nell
'
aria
fusa
di
strepiti
e
volontà
,
sentendo
che
qui
,
dove
l
'
interesse
d
'
ogni
passante
trabocca
,
comunica
,
scorre
negli
altri
,
e
si
scansan
gli
urti
e
i
carri
accogliendo
con
logica
inavvertenza
le
mosse
altrui
qui
,
nella
strada
,
si
decide
il
domani
del
mondo
.
E
io
vado
per
le
strade
di
Trieste
e
sono
contento
ch
'
essa
sia
ricca
,
rido
dei
carri
frastornanti
che
passano
,
dei
tesi
sacchi
grigi
di
caffè
,
delle
cassette
quasi
elastiche
dove
fra
trine
e
veli
di
carta
stanno
stivati
i
popputi
aranci
,
dei
sacchi
di
riso
sfilanti
dalla
punzonatura
doganale
una
sottile
rotaia
di
bianca
neve
,
dei
barilotti
semisfasciati
d
'
ambrato
calofonio
,
delle
balle
sgravitanti
di
lana
greggia
,
delle
botti
morchiose
d
'
olio
,
di
tutte
le
belle
,
le
buone
merci
che
passano
per
mano
nostra
dall
'
Oriente
,
dall
'
America
e
dall
'
Italia
verso
i
tedeschi
e
i
boemi
.
Se
voi
venite
a
Trieste
io
vi
condurrò
per
la
marina
,
lungo
i
moli
quadrati
e
bianchi
nel
mare
,
e
vi
mostrerò
le
tre
nuove
dighe
nel
vallon
di
Muggia
,
fisse
nell
'
onde
,
confini
della
tempesta
,
costruite
su
enormi
blocchi
di
calcare
cementato
.
Per
il
nuovo
porto
minammo
e
frantumammo
una
montagna
intera
.
Mesi
e
mesi
di
furibondi
squarciamenti
che
rintronavano
l
'
orizzonte
e
s
'
abbattevano
come
il
terremoto
sulle
nostre
case
piene
di
finestre
.
E
piccoli
vaporini
,
un
po
'
superbi
del
loro
pennacchio
di
fumo
,
facevan
rigar
dritte
lunghe
file
di
maone
tutte
pancia
,
-
e
dalla
strada
napoleonica
si
vedeva
sfolgorar
nel
mare
i
carichi
di
pietra
scintillante
.
Quest
'
è
il
quarto
porto
di
Trieste
.
La
storia
di
Trieste
è
nei
suoi
porti
.
Noi
eravamo
una
piccola
darsena
di
pescatori
pirati
e
sapemmo
servirci
di
Roma
,
servirci
dell
'
Austria
e
resistere
e
lottare
finché
Venezia
andò
giú
.
Ora
,
l
'
Adriatico
è
nostro
.
Io
avrei
dovuto
fare
il
commerciante
.
Mi
piacerebbe
di
piú
trattare
e
contrattare
che
studiare
i
libri
.
La
bella
cosa
viva
che
è
l
'
uomo
!
le
sue
mani
che
s
'
insaccocciano
per
nascondervi
i
moti
istintivi
alle
vostre
parole
,
i
suoi
misteriosi
occhi
fondi
che
s
'
attaccano
su
i
vostri
per
impedirvi
il
salto
di
fianco
,
la
sua
idea
precisa
,
sotterranea
,
che
vi
chiama
al
centro
vorticoso
girandovi
in
spirale
ironica
dietro
le
spalle
!
Bella
cosa
è
l
'
uomo
,
e
mette
voglia
di
combattere
.
Dal
suo
modo
di
parlare
voi
capite
che
prezzo
bisogna
fargli
.
Egli
guadagna
tempo
,
sorride
,
pulisce
gli
occhiali
,
accende
una
sigaretta
-
voi
,
ecco
sapete
la
vostra
strada
e
le
tappe
.
Oh
!
anch
'
egli
è
giunto
all
'
improvviso
,
e
fa
finta
di
non
guardarvi
,
ma
tutto
il
suo
corpo
si
meraviglia
della
scoperta
e
si
slaccia
gioioso
di
sicurezza
:
e
voi
siete
due
uomini
smascherati
di
fronte
,
e
armati
che
l
'
altro
non
si
rificchi
nella
macchia
.
Ma
chi
di
voi
sa
far
smaniare
quell
'
altro
della
sua
insufficiente
certezza
?
Chi
sa
rigirarlo
nelle
mani
e
spremer
acqua
dal
fuoco
e
spegnerlo
,
e
bruciarlo
secco
?
Anche
domani
è
un
giorno
:
e
un
giorno
che
può
dar
mille
per
le
cento
corone
che
oggi
vi
siete
fatte
rubare
.
Ah
quel
caffè
che
nel
Brasile
fiorisce
male
questa
primavera
!
Primavera
,
calda
primavera
,
amici
miei
,
nuovo
sole
su
grano
nuovo
,
strade
piú
larghe
e
braccia
piene
di
rami
fioriti
-
e
noi
andiamo
a
scuola
con
il
pacco
di
libri
al
fianco
.
Andiamo
fra
la
gente
e
le
carrozze
,
trasognati
dietro
i
nostri
desideri
di
commercianti
,
di
soldati
,
di
pompieri
;
levandoci
ogni
mattina
alle
sette
,
alle
sette
e
qualche
minuto
di
dolce
coscienza
semisveglia
di
letto
,
ogni
mattina
,
perché
,
la
domenica
,
c
'
è
messa
.
Primavere
lampanti
ai
verdi
scuretti
.
Grigia
piovosità
d
'
inverno
.
Pomi
e
pere
grasse
sugli
alberi
.
Autunno
ritornato
.
Ogni
mattina
.
Il
falegname
pialla
;
-
l
'
officina
nera
con
la
macchia
sfavillante
,
alcuni
mezzivisi
,
un
martello
in
alto
;
-
gli
operai
con
i
calzoni
blu
sollevare
il
lastricato
e
picconare
il
massiccio
terreno
per
una
conduttura
d
'
acqua
o
di
gas
.
Com
'
è
triste
il
piccone
e
la
vanga
nel
terreno
battuto
della
città
!
Si
lavora
senza
che
nessuno
vi
possa
seminare
.
Ecco
il
casamento
arido
.
Otto
classi
,
venti
parallele
.
Qua
dentro
ho
passato
nove
anni
della
mia
vita
.
Una
buona
ragazza
,
di
carne
incitante
e
un
glovane
alto
e
forte
,
qualche
volta
triste
.
Essi
si
sposeranno
fra
ott
'
anni
.
Essi
stanno
seduti
su
un
largo
sofà
,
tenendosi
strette
le
mani
e
godendo
dei
loro
caldi
corpi
.
La
mamma
vuol
assai
bene
alla
figliola
,
ed
è
un
po
'
seccata
dei
lunghi
anni
e
della
serietà
del
giovane
.
Sarà
contenta
quando
si
sposeranno
,
se
il
giovane
non
porterà
via
la
figliola
e
staranno
insieme
,
allegri
e
senza
tormenti
.
La
zia
corre
,
alzando
e
calando
con
la
sua
gamba
zoppa
,
a
preparare
l
'
arrosto
per
la
nipote
bella
che
le
promette
un
bacio
.
La
zia
è
contenta
che
essa
faccia
come
vuole
il
giovane
,
non
vada
ai
balli
,
vada
poco
al
teatro
,
legga
qualche
libro
.
Egli
è
l
'
unico
che
la
difenda
contro
la
cognata
,
e
la
zia
gode
che
l
'
idee
di
lui
siano
opposte
a
quelle
della
cognata
.
Il
babbo
,
a
tavola
,
si
sbottona
il
gilè
e
additando
con
la
mano
grassa
e
unta
la
sovrabbondanza
delle
vivande
dice
soddisfatto
:
"
Se
moro
mi
,
i
mii
no
i
ga
de
magnar
"
.
Egli
è
contento
d
'
aver
sulle
spalle
un
peso
sempre
piú
grave
,
e
brontola
sempre
perché
i
suoi
capiscano
com
'
egli
sappia
lavorar
bene
.
Il
giovane
comprende
benissimo
tutta
la
piccola
famiglia
estranea
,
e
anche
l
'
ammira
.
E
la
ragazza
è
buona
,
e
quando
egli
la
rimprovera
o
s
'
addolora
perché
non
si
capiscono
,
gli
dice
con
carezza
:
"
Sí
,
sí
,
ti
ga
ragion
,
ma
ti
vederà
,
studierò
,
legerò
,
semo
tanto
giovini
.
No
stemo
esser
tristi
,
dai
!
"
.
E
gli
anni
passano
,
passano
tre
anni
,
e
ognuno
un
giorno
vede
la
sua
strada
.
Cosí
il
giovane
intruso
lasciò
la
povera
ragazza
disperata
,
salutò
la
mamma
,
andò
via
e
soffrirono
per
qualche
tempo
.
Ero
stato
socio
della
"
Giovine
Trieste
"
,
non
mi
ricordo
piú
sotto
che
nome
,
perché
il
regolamento
delle
scuole
medie
austriache
proibiva
allora
di
far
parte
di
qualunque
società
,
"
specialmente
se
politica
"
.
Pagavo
regolarmente
i
dieci
soldi
settimanali
.
Assistevo
regolarmente
alle
sedute
.
Tintinno
del
campanello
automatico
,
il
socio
entrava
,
diceva
:
"
Bonasera
"
,
guardava
attorno
per
trovare
un
conoscente
,
si
faceva
portare
una
bottiglia
di
birra
dal
custode
-
un
ometto
simpatico
con
orecchie
a
vela
e
naso
grosso
e
lungo
,
a
cui
sarebbero
stati
bene
i
colletti
a
risvolto
dei
nostri
nonni
,
-
accendeva
una
sigaretta
,
leggeva
i
giornali
,
chiacchierava
.
Non
si
faceva
niente
,
ma
ci
si
consolava
pensando
alla
preparazione
.
Tutti
si
lagnavano
della
"
Patria
"
,
la
direzione
del
partito
liberale
di
cui
noi
eravamo
l
'
ala
sinistra
;
ma
prima
di
decidere
un
leggero
rimprovero
a
questo
o
quel
nostro
uomo
rappresentativo
,
si
domandava
il
permesso
alla
"
Patria
"
.
Una
sera
,
in
seduta
,
quando
l
'
i
.
r
.
commissario
era
già
andato
via
-
perché
quando
c
'
era
lui
si
davano
annoiatamente
i
resoconti
di
cassa
e
si
leggeva
sorridendo
la
relazione
ufficiale
,
-
si
inveí
con
forte
parola
contro
l
'
apatia
remissiva
di
Hortis
e
degli
altri
deputati
.
Poi
si
votò
un
vibrato
ordine
del
giorno
;
e
,
come
cosa
implicita
,
il
presidente
domandava
chi
volesse
venir
con
lui
da
Venezian
per
il
nulla
osta
.
Io
chiesi
timidamente
dalle
sedie
:
«
Ma
perché
domandare
il
permesso
a
Venezian
?
»
.
Tutti
rimasero
stupiti
.
S
'
alzò
su
un
giovanotto
dal
viso
insecchito
e
mummificato
in
buchi
e
angolosità
,
e
sorrise
con
indulgente
compassione
fra
i
denti
guasti
,
salivando
abbondante
.
Poi
disse
,
un
po
'
tartaglia
,
ma
come
chi
la
dice
buona
:
«
Se
vedi
che
'
l
mulo
ga
de
magnar
'
ncora
pagnote
!
»
.
Si
sedette
contento
,
e
tutti
risero
battendo
le
mani
.
Fu
quella
l
'
unica
volta
che
pronunziai
mezza
parola
in
seduta
pubblica
.
Del
resto
brontolavo
con
i
pochi
altri
ingenui
intorno
a
un
tavolo
-
scacchiere
,
progettando
ogni
sera
di
formar
la
"
montagna
"
nel
seno
stesso
della
società
.
Ma
non
si
concluse
mai
nulla
.
E
soprattutto
ascoltavo
i
discorsi
dei
maggiori
,
per
imparar
di
politica
,
per
aver
armi
contro
la
zia
che
disapprovava
l
'
occuparsi
d
'
irredentismo
.
Parlavano
in
generale
di
trucchi
da
fare
alle
guardie
,
dell
'
ultima
schifoseria
giallonera
dei
socialisti
,
del
loro
capo
ufficio
come
si
sedeva
sulla
sedia
e
teneva
la
penna
.
Uno
poteva
imparare
come
si
fabbrica
lo
schizzetto
triplice
per
dipingere
di
biancorossoverde
la
k
.
k
.
polizia
;
e
poteva
anche
essere
informato
che
Franzca
del
41
era
passata
,
per
cause
ignote
,
nel
casino
in
via
del
Solitario
.
Un
giovanottino
con
un
neo
-
tre
-
peli
-
lunghi
raccontava
della
campagna
a
Domokos
e
della
strippata
data
a
Roma
per
l
'
anniversario
dello
Statuto
.
Perché
la
patria
era
mescolata
al
risotto
alla
milanese
e
all
'
ipermanganato
di
potassa
al
3%
.
La
patria
era
per
loro
come
quando
i
giornali
pubblicarono
il
telegramma
della
morte
di
Carducci
,
e
un
po
'
piú
in
su
,
un
po
'
piú
in
sotto
,
dicevano
della
neve
in
Carinzia
,
e
dell
'
ambasciatore
francese
in
viaggio
.
Io
mi
meravigliavo
.
Io
sentivo
la
patria
,
esclusiva
e
sacra
.
Mi
tremava
il
petto
leggendo
di
Oberdan
.
Avrei
voluto
morire
come
lui
.
E
seguivo
sulla
carta
geografica
le
campagne
di
Garibaldi
,
commovendomi
degli
eroi
.
Garibaldi
mi
fu
un
venerato
amico
e
dio
.
Ancora
oggi
quando
sento
parlare
storicamente
di
lui
,
il
cuore
mi
balza
in
rivolta
.
Io
sono
ancora
un
bimbo
che
vorrebbe
combattere
sotto
i
suoi
occhi
.
Ma
noi
nascemmo
in
altra
generazione
.
Noi
cantammo
per
le
strade
:
All
'
armi
,
all
'
armi
!
Ondeggiano
le
insegne
giallo
e
nere
.
Fuoco
,
per
dio
!
sul
barbaro
,
su
le
tedesche
schiere
;
scappammo
davanti
alle
guardie
di
pubblica
sicurezza
e
lontani
,
a
branchi
,
continuammo
a
cantare
:
Non
deporrem
la
spada
fin
che
sia
schiavo
un
angolo
dell
'
itala
contrada
.
Non
deporrem
la
spada
fin
che
sull
'
alpi
Giulie
non
splenda
il
tricolor
.
E
a
casa
trovammo
la
mamma
piangente
di
affanno
e
di
paura
per
noi
.
Ci
si
bacia
,
e
si
va
a
dormire
,
soddisfatti
.
Io
ebbi
uno
zio
garibaldino
che
a
quattro
anni
mandava
in
lettera
al
babbo
un
pezzo
di
pane
di
collegio
per
fargli
gustare
che
roba
gli
davano
;
e
a
tredici
scappò
dal
collegio
,
di
notte
,
gridando
:
"
Viva
l
'
Italia
!
"
,
e
camminò
,
senza
un
soldo
,
da
Fiume
a
Venezia
,
per
arrolarsi
con
Garibaldi
.
Non
lo
presero
perché
era
troppo
giovane
;
ma
gli
promisero
una
lira
al
giorno
per
il
mantenimento
.
Egli
prese
la
lira
e
la
buttò
nel
canale
:
che
non
voleva
soldi
da
chi
aveva
meno
di
lui
.
Un
parente
lo
trovò
seduto
su
un
rio
,
sbocconcellante
un
tocco
di
pane
,
soddisfatto
.
Da
giovane
combatté
.
Era
abile
commerciante
,
pieno
di
risorse
e
iniziative
.
Fu
povero
,
ricchissimo
,
quasi
povero
,
agiato
.
Una
volta
capitò
nel
suo
scrittoio
uno
,
dicendo
che
zio
gli
doveva
dieci
fiorini
.
Zio
rispose
che
glieli
aveva
già
restituiti
.
L
'
altro
negò
.
Zio
prese
di
portafoglio
una
banconota
da
dieci
,
la
pose
sul
tavolo
,
prese
un
fiammifero
,
accese
una
candela
,
e
tenne
la
banconota
,
delicatamente
per
un
angolo
,
sulla
fiamma
,
finché
bruciò
tutta
.
«
Ghe
fazo
veder
che
no
me
interessa
de
diese
fiorini
;
ma
a
lei
no
ghe
devo
un
soldo
.
Bongiorno
.
»
Sposò
a
modo
suo
contro
la
volontà
e
il
piacere
di
tutti
i
suoi
parenti
;
studiò
in
tre
mesi
il
croato
e
andò
con
la
sua
donna
nelle
foreste
della
Croazia
,
a
fare
il
mercante
di
legnami
.
Cosicché
egli
fu
sempre
per
quasi
tutti
i
parenti
uno
screanzato
mistero
da
stare
in
guardia
,
un
uomo
presuntuoso
e
senza
giudizio
.
Lo
sfuggivano
seccati
;
e
se
mai
dovevano
parlare
con
lui
per
convenienza
,
l
'
ascoltavano
come
s
'
ascolta
la
storiella
mille
volte
ripetuta
del
vecchio
parroco
di
campagna
,
e
guardandolo
di
sfuggita
in
viso
per
presentire
che
nuovo
tiro
meditasse
.
Pure
era
ottimo
e
calmo
,
benché
anima
di
passioni
.
Era
alto
,
e
tarchiato
di
petto
:
il
viso
largo
,
a
tratti
grossi
,
senza
delicatezze
,
ma
gli
occhi
come
quelli
di
mamma
,
e
la
barba
bionda
chiara
,
ingiallita
dal
fumo
.
Camminava
con
il
passo
delle
guide
.
Parlava
lentamente
,
con
voce
bassa
,
profonda
,
negli
occhi
una
gioia
quasi
puerile
per
ciò
che
raccontava
,
ma
d
'
una
puerilità
pregna
di
dolore
e
disperazione
.
Non
aveva
che
la
famiglia
;
e
la
moglie
gli
era
morta
;
una
figlia
gli
s
'
era
uccisa
;
un
'
altra
aveva
abbandonato
il
marito
e
s
'
era
fatta
canzonettista
.
Non
piangeva
;
ma
quando
,
seduto
nel
nostro
salotto
,
tossiva
,
la
corda
piú
bassa
dell
'
arpa
di
mamma
dava
una
vibrazione
lunga
,
terribile
.
Era
stanco
e
quasi
sfinito
.
Mamma
gli
diceva
:
«
Eh
,
su
,
coragio
,
ti
xe
ancora
come
un
giovinoto
!
»
ed
egli
sorrideva
:
«
Sí
,
son
ancora
forte
;
ma
...
»
e
sollevava
il
braccio
destro
nella
posizione
in
cui
si
spiana
lo
schioppo
,
e
il
braccio
gli
tremava
benché
egli
alzandolo
aveva
sperato
che
gli
stesse
fermo
.
«
Ma
le
gambe
le
xe
ancora
bone
»
concludeva
.
E
ancora
,
per
la
terza
o
quarta
volta
,
si
rimise
,
a
cinquant
'
anni
,
e
andava
a
caccia
,
e
progettava
di
costruirsi
una
casetta
in
carso
,
vicino
a
Gropada
,
su
una
terrazza
calcarea
dominante
un
vasto
orizzonte
di
grebani
e
cielo
.
Mi
ricordo
che
ci
tracciò
col
bastone
ferrato
i
limiti
dove
sarebbe
sorta
la
casa
.
Era
intelligente
e
nessuno
sa
quante
cose
nostre
,
che
ora
a
poco
a
poco
cominciano
a
esser
discusse
,
egli
già
ne
parlava
con
chiarezza
,
come
uno
cosí
fuori
dalle
osservazioni
e
valutazioni
abituali
che
gli
è
naturale
e
ovvio
comprendere
verginamente
le
cose
,
e
si
meraviglia
che
la
gente
non
abbia
le
sue
idee
.
Era
sempre
in
carso
e
i
contadini
lo
chiamavano
"
el
paron
"
.
I
conoscenti
gli
chiedevano
,
tanto
per
dir
qualche
cosa
:
«
Ma
no
ti
ga
paura
d
'
esser
sempre
fra
quei
s
'
ciavi
duri
?
»
.
«
Ma
se
no
i
ghe
fa
mal
nianca
a
una
mosca
!
I
xe
boni
come
fioi
.
Ciò
,
natural
!
se
va
uno
de
quei
ebreeti
triestini
co
'
le
gambe
storte
e
'
l
ghe
canta
in
te
le
recie
:
"
Nela
patria
de
Rosseti
no
se
parla
che
italian
"
,
lori
i
xe
a
casa
sua
e
i
ghe
dà
un
fraco
de
legnade
,
se
capissi
.
Cossa
i
dovaria
far
?
»
Dopo
continuava
:
«
Ma
mi
vado
per
i
campi
,
su
l
'
erba
,
e
nissun
me
disi
mai
niente
.
Un
'
unica
volta
,
ghe
stavo
drio
a
una
pernise
,
camminavo
ne
l
'
erba
,
e
me
son
sentí
ciamar
da
un
contadin
:
"
Paron
,
chi
me
pagarà
l
'
erba
?
"
.
El
iera
lontan
,
e
no
'
l
se
ris
'
ciava
de
'
vizinarse
.
Mi
lo
go
vardà
.
E
ghe
go
dito
a
pian
:
"
Vien
qua
che
contemo
insieme
i
fili
de
erba
che
go
zapà
,
che
te
li
pago
"
.
Ma
ghe
lo
go
dito
con
un
'
aria
che
...
e
lú
fila
via
come
el
levro
»
.
Concludeva
:
«
Xe
natural
:
el
s
'
ciopo
no
sta
mai
mal
.
Ma
provè
andar
in
Italia
,
in
Friul
,
per
le
campagne
,
e
po
'
me
savarè
dir
.
Qua
i
xe
tropo
boni
,
co
'
sti
farabuti
de
cità
»
.
Odiava
la
gente
vuota
e
ingiusta
,
benché
nei
suoi
giudizi
egli
fosse
tutto
fuoco
.
Non
sopportava
le
chiacchiere
di
Venezian
e
compagni
:
"
...
la
patria
romana
...
i
venti
secoli
di
civiltà
...
"
-
«
ma
la
panza
per
i
fighi
!
Fioi
de
cani
!
Ve
volevo
là
quando
che
subiava
.
I
se
la
saria
fata
in
braghe
.
»
-
Di
Garibaldi
non
l
'
ho
sentito
parlar
mai
,
neanche
una
volta
.
Io
ho
piacere
d
'
aver
avuto
questo
zio
.
Gli
voglio
sempre
piú
bene
,
e
qualche
volta
mi
rammarico
di
esser
stato
cosí
bimbo
,
allora
,
quando
viveva
,
e
non
averlo
conosciuto
veramente
.
Ora
qualche
sera
poggio
la
testa
sulle
ginocchia
di
mamma
e
mi
faccio
raccontare
di
lui
.
Mi
disse
una
volta
che
dieci
muloni
m
'
avevano
aggredito
e
tutti
i
parenti
si
condolevano
del
gnocco
susinoso
lasciatomi
in
una
guancia
;
mi
disse
girando
gli
occhi
quasi
sbadatamente
:
"
Spero
che
no
ti
sarà
restà
debitor
de
assai
"
.
No
credo
,
zio
.
Mamma
è
malata
.
Io
sto
sdraiato
accanto
a
lei
sul
margine
del
letto
,
accarezzandole
la
fronte
e
le
mani
.
Cosí
passiamo
qualche
ora
.
Ogni
tanto
ella
mi
guarda
e
mi
domanda
:
«
Credi
che
guarirò
?
»
.
Io
la
sgrido
come
una
bimba
e
le
racconto
di
quando
sarà
guarita
.
Io
vorrei
difenderla
contro
il
male
e
tenerla
allegra
.
Mamma
è
buona
.
Ha
sofferto
assai
nella
vita
,
piangendo
in
silenzio
,
e
cercando
di
giustificare
chi
la
maltrattava
.
Non
disse
mai
una
parola
d
'
odio
,
si
rinchiuse
in
sé
con
i
suoi
figli
,
come
una
povera
creatura
battuta
.
Io
non
perdono
a
chi
le
fece
male
.
Io
voglio
che
la
nostra
mamma
possa
godere
di
noi
piú
bravi
degli
altri
.
«
Quando
sarai
guarita
verrai
un
mese
con
me
a
Firenze
,
vuoi
?
C
'
è
le
colline
e
gli
ulivi
,
e
staremo
in
pace
.
Ora
son
passati
tre
mesi
,
poi
passa
ancora
uno
,
e
dopo
facciamo
una
gran
festa
.
Io
butto
il
cappello
in
aria
:
mamma
è
guarita
.
Vuoi
?
»
Ella
tace
rabbrividendo
di
gioia
.
E
io
le
parlo
e
le
racconto
tante
cose
buone
,
ma
sono
stanco
di
questa
triste
camera
oscura
,
con
poca
aria
,
con
l
'
orologio
che
batte
il
suo
tempo
.
Vorrei
rifugiarmi
al
mio
tavolino
e
lavorare
,
scrivere
un
'
allegra
poesia
,
uscire
in
campagna
ed
esser
solo
con
il
sole
e
l
'
aria
.
Io
avrei
bisogno
di
prosperità
e
contentezza
.
Sono
quasi
irritato
contro
il
suo
male
,
contro
l
'
oscurità
che
è
calata
da
tanti
anni
nella
nostra
casa
.
Si
vive
paurosi
di
svegliare
negli
altri
certe
cose
che
sono
sempre
presenti
dentro
di
noi
;
si
vive
a
bassa
voce
,
guardandoci
di
sfuggita
in
viso
dopo
una
risata
.
Molti
giorni
si
imbocca
la
minestra
e
la
carne
senza
dir
parola
,
sforzandoci
a
interessarci
dei
piccoli
che
raccontano
della
scuola
.
Si
vive
cosí
da
molti
anni
.
E
la
mamma
guarda
i
nostri
occhi
che
s
'
abbassano
come
in
colpa
,
e
non
può
far
niente
per
i
suoi
figlioli
.
Ella
ci
bacia
il
capo
,
e
ci
chiede
scusa
in
silenzio
.
Un
giorno
metteva
ad
asciugare
alcuni
panni
alla
stufa
e
piangeva
.
Io
le
chiesi
:
«
Mamma
,
cos
'
hai
?
»
.
Le
chiesi
ancora
...
essa
piangeva
e
negava
,
cercava
di
trattenere
lo
spasimo
,
ed
era
stanca
:
«
Che
hai
mamma
?
perché
piangi
?
»
.
«
Vedi
,
figliolo
,
non
è
niente
,
gli
affari
di
babbo
vanno
male
.
»
E
un
giorno
babbo
tornò
da
un
viaggio
,
che
era
stato
anch
'
esso
inutile
,
e
non
c
'
era
da
far
piú
nulla
.
Noi
eravamo
seduti
intorno
alla
tavola
e
cenavamo
.
Egli
entrò
,
ci
salutò
,
e
si
sedette
al
suo
posto
.
Noi
tacevamo
.
Egli
prese
la
forchetta
e
ingollò
i
bocconi
.
Ci
disse
:
«
Mangiate
dunque
!
»
.
La
sua
voce
era
senza
tremito
.
Mai
ho
visto
piangere
babbo
.
Gli
occhi
gli
si
incassano
nelle
tempie
,
la
sua
fronte
si
fa
gonfia
,
ed
egli
sta
fermo
con
la
testa
dritta
in
su
.
Egli
è
un
uomo
,
non
si
lamenta
e
s
'
irrigidisce
.
Babbo
m
'
ha
insegnato
a
tacere
e
a
disprezzare
il
dolore
.
E
cosí
passarono
i
mesi
e
gli
anni
.
E
io
cominciai
ad
amare
la
mia
famiglia
,
e
ero
consolato
ch
'
essa
credesse
in
me
.
E
mamma
una
sera
mi
disse
,
poggiandosi
sul
mio
petto
:
«
Figliolo
,
sono
stanca
,
vai
avanti
tu
»
.
Io
amo
i
miei
fratelli
e
i
miei
genitori
perché
la
nostra
vita
è
stata
dolorosa
e
confidente
.
Io
vado
avanti
con
essi
e
non
cedo
.
Noi
vogliamo
anche
noi
il
nostro
posto
.
Ci
hanno
fatto
molto
male
.
Alcuni
sono
stati
buoni
con
noi
,
ma
non
ci
hanno
capiti
.
Noi
vogliamo
esser
noi
,
con
i
nostri
difetti
e
le
nostre
virtú
,
liberi
di
respirar
l
'
aria
che
ci
spetta
.
Io
sono
contento
di
aver
avuto
una
famiglia
povera
.
Sono
cresciuto
con
un
dovere
e
uno
scopo
.
Essi
mi
vogliono
bene
,
e
il
mio
nome
è
il
loro
.
L
'
orologio
batte
egualmente
il
suo
tempo
e
la
camera
è
stretta
e
scura
.
Che
sarà
di
noi
se
mamma
non
guarisce
?
La
sua
fronte
è
sudata
,
e
il
suo
pallido
viso
è
pieno
d
'
amarezza
.
Voglio
oscura
la
camera
.
Non
filtri
il
sole
dagli
scuretti
.
Io
sono
sdraiato
bocconi
sul
letto
,
immobile
,
e
non
penso
.
Non
soffro
.
Nell
'
oscurità
dilaga
una
noia
infinita
,
e
io
sto
dimentico
,
intravedendo
con
disgusto
gli
scaffali
dei
libri
sulla
parete
di
faccia
.
Ho
letto
,
ho
guardato
dalla
finestra
,
ho
fumato
:
inutile
ritentare
.
Non
ho
voglia
di
niente
,
e
la
camera
è
fredda
.
Sento
stridere
bimbi
in
strada
,
e
ombre
di
carrozze
sfumano
rapide
sulla
parete
.
Presto
sarà
notte
,
e
si
spegnerà
finalmente
anche
questo
raggio
denso
di
sole
che
illumina
il
mazzo
di
fiori
dipinto
lassú
.
Intanto
gli
uomini
tornano
dal
lavoro
e
si
salutano
l
'
un
l
'
altro
.
E
la
terra
cammina
nella
sua
via
fissa
.
Ho
girato
tutta
la
città
in
questa
notte
di
martedí
grasso
,
annoiato
e
disgustato
senza
causa
.
Forse
ricordavo
l
'
altr
'
anno
,
con
lei
,
in
caffè
.
L
'
ho
cercata
per
tutti
i
caffè
,
temendo
di
esser
visto
.
Pensavo
che
le
avrei
rovinato
maggiormente
la
serata
.
Povera
putela
.
Su
per
l
'
Acquedotto
ho
incontrato
un
condiscepolo
,
Nando
Baul
,
che
m
'
ha
fatto
entrare
alle
"
Gatte
"
.
Era
la
prima
volta
che
entravo
in
un
caffè
concerto
.
Guardavo
la
carne
floscia
e
la
gente
che
guardava
.
Il
direttore
d
'
orchestra
aveva
un
naso
terribile
,
e
le
canzonettiste
ci
facevano
le
spiritosaggini
.
Nando
si
divertiva
,
ma
con
ostentazione
di
esperienza
.
Nando
aveva
gli
occhi
lustri
.
Mi
disse
che
qualche
volta
xe
piú
bel
.
Credo
.
Saluti
.
Feci
un
giro
per
Cità
vecia
sperando
di
trovare
per
le
strade
una
sporca
baldoria
.
Io
sono
ancora
casto
-
ma
come
la
vergine
che
guai
a
essere
nei
suoi
sogni
-
dice
all
'
incirca
Nietzsche
.
Sono
rimasto
puro
fisicamente
per
paura
di
malattie
.
Forse
anche
no
.
Del
resto
non
importa
.
Mi
sono
fatto
spiegare
dai
libri
e
dai
compagni
esperti
,
e
ora
sono
qui
nervoso
ad
annusare
.
Avrei
gusto
di
vedere
qualche
scena
:
ma
non
c
'
è
niente
.
Odor
di
piscio
.
Non
ho
coraggio
di
tener
su
la
testa
e
guardare
agli
sburti
.
Qua
abbasso
c
'
è
le
solite
otto
,
nove
che
passeggiano
con
il
loro
andare
di
oche
culone
,
incappottate
sulla
camiciaveste
.
Fin
qui
arriva
il
belletto
rosso
,
qui
comincia
il
viola
del
freddo
,
a
zone
.
Come
passo
mi
toccano
il
braccio
:
«
'
Ndemo
su
mulo
?
»
.
Divento
rosso
,
passo
via
senza
rispondere
.
Mi
fanno
schifo
.
Schifo
terribile
.
Questa
è
la
ragione
.
Specialmente
i
capelli
e
le
mani
.
Sento
un
untume
muschiato
che
non
posso
sopportare
.
Se
no
,
non
mi
parrebbe
niente
.
Capisco
benissimo
senza
romanticherie
.
Io
dò
tanto
;
tu
dai
tanto
.
È
pulito
.
Porca
è
la
società
che
per
pulizia
ha
chiamato
ciò
...
amore
.
(
I
puntini
non
sono
miei
:
ma
della
società
.
Io
non
adopero
puntini
.
)
Dal
caffè
dove
bevvi
petess
la
sera
della
calata
,
sbocca
una
comitiva
di
ominacci
con
barba
,
vestiti
da
donna
;
donne
spanciate
e
altro
negrume
,
urlando
,
saltando
con
fanaletti
e
bastoni
.
Mi
tiro
da
parte
.
Sono
contento
di
avere
a
casa
un
letto
bianco
,
pulito
,
senza
cimici
.
Ma
una
donna
,
una
femmina
,
per
me
,
per
avvoltolarsi
insieme
nel
letto
,
per
farla
urlare
di
strette
e
morsi
!
Questo
letto
è
troppo
grande
.
Troppo
soffice
.
È
meglio
dormire
con
una
coperta
per
terra
.
Andai
a
vedere
al
Credit
se
mi
prendevano
impiegato
.
Appena
montai
la
larga
scalinata
,
piena
di
stucchi
e
d
'
indicibili
lampadari
,
il
silenzio
del
lavoro
mi
fece
poggiare
i
piedi
zitto
,
come
se
disturbassi
,
alla
fonte
,
la
pulsazione
di
un
mondo
misterioso
.
Mi
dissero
ch
'
era
impossibile
perché
avevo
fatto
il
ginnasio
e
non
l
'
accademia
di
commercio
,
e
poi
non
sapevo
bene
il
tedesco
.
Appena
uscito
,
vedendo
il
bel
verde
chiaro
degli
orti
sotto
il
Castello
,
mi
tornarono
a
mente
le
fantasie
puerili
salgariane
.
Belle
cavalcate
d
'
avventurieri
ch
'
incontro
ad
ogni
svoltata
della
mia
vita
,
e
mi
danno
il
buon
saluto
augurale
inebbriandomi
gli
occhi
con
il
luccichio
delle
carabine
strofinate
e
pronte
.
Strofinate
sul
tavolo
,
la
candela
un
poco
piú
in
là
:
e
il
respiro
della
mamma
dormente
è
tanto
lungo
che
la
mano
strofinante
con
foga
,
su
e
giú
,
si
rallenta
,
e
s
'
accorda
al
respiro
lungo
,
mentre
l
'
anima
comincia
a
pensare
alle
difficoltà
,
e
si
riempie
di
dubbio
,
come
di
acqua
i
fori
della
tenda
appena
tolta
,
Cominciando
la
piova
.
Rividi
la
brunastra
tenda
nel
primo
lume
dell
'
alba
,
sgocciante
di
rugiada
,
e
mi
curvai
a
uscirne
dallo
stretto
pertugio
,
guardandomi
intorno
cauto
,
spiando
gli
scricchiolii
dell
'
erba
che
si
rialzava
.
Uno
scalone
tirato
da
due
cavalloni
,
carico
di
stanghe
di
ferro
,
correva
a
precipizio
insordando
la
città
.
Il
cocchiere
,
piantato
con
le
gambe
aperte
sui
due
lunghi
tronchi
scorzati
del
margine
,
frustava
e
incitava
i
cavalli
.
Davanti
a
quel
carro
d
'
inferno
tutti
i
sogni
sparvero
.
Ero
in
Corso
,
fra
gente
impellicciata
e
automobili
.
Me
n
'
andai
a
casa
stranito
.
Pensavo
:
picchiar
porta
per
porta
.
Otterrò
d
'
esser
mandato
in
una
grande
casa
di
commercio
dell
'
Indie
,
a
Rangoon
,
come
Ucio
.
Un
cinese
schiavo
moverà
nella
mia
stanza
un
'
enorme
ventola
rossastra
,
perché
le
zanzare
malariche
non
si
fermino
sulla
mia
pelle
.
Non
scriverò
altro
che
,
in
inglese
:
"
In
possesso
vostra
stimata
del
"
.
Imbroglierò
astutamente
,
come
i
commercianti
non
sanno
fare
ancora
.
In
tasca
la
rivoltella
.
Risi
:
perché
in
India
?
perché
la
rivoltella
,
lucida
come
le
carabine
degli
avventurieri
?
Bimbo
,
sei
letterato
.
E
rimarrai
letterato
per
quanto
mare
frammetta
tra
la
tua
ultima
e
la
nuova
pedata
.
Anche
se
a
Rangoon
,
anche
se
nell
'
isola
di
Robinson
,
la
ventola
ti
sembrerà
,
che
so
io
:
l
'
azione
contro
le
idee
:
insomma
una
di
quelle
tue
immagini
strampalate
che
mettono
in
sussulto
e
in
compassione
la
gente
.
E
scriverai
nella
tua
lettera
d
'
affari
cosa
che
il
copialettere
non
potrà
copiare
senza
che
la
sezione
controllo
ti
dia
del
matto
.
Uscii
deluso
.
Toccai
le
foglie
degli
alberi
umidi
di
piova
,
sforzandomi
a
non
paragonarle
con
niente
.
Un
'
impressione
tattile
di
bagnato
e
di
freddo
,
e
basta
.
Avrei
voluto
mi
fossero
disaggradevoli
.
Camminai
lungamente
,
evitando
di
pensare
.
Poi
decisi
:
Parto
.
Andai
alla
stazione
a
pigliare
il
biglietto
di
terza
classe
.
«
Per
dove
?
»
mi
chiese
il
bigliettinaio
.
Lo
guardai
.
Io
pensavo
di
viaggiare
senza
destinazione
;
viaggiare
perché
speravo
in
un
disastro
ferroviario
che
avesse
schiantato
due
macchine
e
piú
vagoni
,
e
io
mi
salvo
aggrappandomi
fortemente
fra
i
due
valigiai
,
cosí
che
l
'
urto
non
mi
tocca
.
Poi
esco
rompendo
il
vetro
dal
vagone
rovesciato
,
striscio
a
carponi
;
non
salvo
nessuno
ma
corro
alla
prossima
stazione
per
avvertire
,
con
calma
,
dell
'
accaduto
.
«
Ha
la
mano
insanguinata
»
mi
dice
premuroso
il
capostazione
.
Io
la
guardo
estraggo
il
fazzoletto
e
la
fascio
.
Poi
,
per
favore
,
domando
al
capostazione
di
permettermi
inviare
un
dispaccio
al
mio
giornale
.
«
Per
dove
?
»
si
spazientí
il
bigliettinaio
.
«
Per
Milano
.
»
E
pensai
:
mi
presento
al
«
Corriere
della
Sera
»
.
Il
treno
andava
a
Vienna
,
e
il
bigliettinaio
dicendomelo
sorrise
.
Tornai
a
casa
deciso
di
farmi
giornalista
.
Il
Piccolo
mi
accettò
a
cento
corone
il
mese
:
orario
da
mezzogiomo
alle
sedici
,
e
dalle
venti
alle
tre
.
La
prima
volta
che
andai
a
intervistare
un
'
attrice
non
ricordo
piú
se
era
la
Bellincioni
o
la
Tina
di
Lorenzo
-
pensavo
mettendo
il
pollice
nel
taglio
ascellare
del
gilè
bianco
:
Rappresentazione
d
'
una
novità
che
non
conosco
;
intervista
antr
'
act
;
caffè
neri
;
accendo
un
sigaro
;
in
redazione
:
è
il
tocco
.
Ordino
in
pacchetto
regolare
le
lunghe
cartelle
verdognole
,
le
numero
:
devo
scrivere
due
articoli
:
la
recensione
della
novità
e
l
'
intervista
:
in
un
'
ora
e
mezza
.
(
L
'
intervista
potevo
scriverla
la
mattina
dopo
;
ma
mi
piaceva
aumentare
il
lavoro
febbrile
.
)
Bene
.
Che
dirò
a
lei
?
È
bella
.
E
il
Piccolo
è
il
giornale
piú
diffuso
di
Trieste
:
io
,
in
questo
momento
,
ne
sono
il
critico
teatrale
.
Una
folata
d
'
immagini
come
al
ritorno
delle
rondini
:
ero
accanto
a
un
bosco
autunnale
,
e
soffiava
la
bora
,
e
le
foglie
d
'
oro
e
di
porpora
turbinavano
intorno
a
me
?
Nella
mia
anima
,
certo
,
fu
un
subbuglio
,
un
accorrere
,
un
saltellío
guizzante
,
come
in
una
vasca
di
parco
quando
un
bimbo
butta
una
mica
di
pane
.
Ma
il
rosso
belletto
delle
labbra
e
la
polvere
d
'
oro
dei
capelli
di
lei
mi
parodiò
;
e
io
ne
fui
spaventato
come
guardandomi
in
uno
specchio
convesso
.
Scrissi
molto
male
della
commedia
che
m
'
era
piaciuta
,
per
vendetta
,
perché
anch
'
io
avevo
bisogno
di
violare
la
realtà
altrui
.
Ma
il
direttore
si
fece
portare
le
cartelle
prima
che
andassero
in
tipografia
,
mi
chiamò
,
mi
rimproverò
aspramente
e
stracciò
l
'
articolo
.
Uscendo
di
redazione
,
la
prima
alba
mi
faceva
male
sugli
occhi
stanchi
.
Una
notte
,
dopo
qualche
anno
,
una
notte
di
lavoro
terribile
perché
era
morto
il
papa
,
io
fissavo
la
lampada
a
gas
sul
mio
tavolo
.
Sentivo
andare
,
borbottare
,
scartabellare
,
rombare
intorno
a
me
,
sempre
piú
lontano
,
lontanissimo
,
e
pensavo
,
chissà
perché
,
a
Caino
e
Abele
.
Dicevo
a
Dio
ch
'
egli
era
molto
ingiusto
con
Caino
:
perché
non
accetti
il
suo
fumo
?
i
rami
carichi
di
frutti
e
le
biade
non
valgono
l
'
agnello
di
Abele
?
Che
male
ti
ha
fatto
egli
,
prima
di
uccidere
Abele
?
perché
?
La
bibbia
non
dice
niente
.
Pensai
che
questo
poteva
essere
il
pensiero
centrale
d
'
una
tragedia
,
e
mi
misi
a
ridere
malignamente
.
Io
avevo
già
ucciso
Abele
.
Abele
aveva
teso
le
corde
fra
i
corni
del
bufalo
fucilato
da
me
,
e
cantava
.
Io
l
'
uccisi
.
Ma
ora
le
foglie
che
mi
toccavano
erano
dure
e
aspre
di
veleno
come
pennini
.
Desiderai
ardentemente
:
"
Abele
Abele
se
tu
fossi
ancora
melodioso
in
me
,
in
quest
'
ora
di
suprema
stanchezza
!
Io
ho
voglia
di
veder
le
stelle
in
cielo
e
cantare
un
grande
canto
"
.
Ma
mi
ghignai
.
L
'
anima
mi
s
'
era
ormai
coagulata
per
il
gocciare
della
vita
inacidita
,
rabbiosa
,
negatrice
,
e
mi
corrose
in
rughe
la
faccia
,
incassandosi
una
tana
nelle
occhiaie
.
Non
vedevo
piú
le
cose
,
e
diedi
di
cozzo
senza
sapere
in
spigoli
acuti
onde
gli
altri
mi
credettero
un
eroe
.
Io
andavo
per
la
strada
già
scavata
,
disgustoso
a
me
stesso
,
desiderando
che
qualcuno
mi
bastonasse
a
morte
.
Una
volta
anche
mi
proposi
d
'
uccidermi
,
ma
davanti
allo
specchio
non
potei
ammazzare
l
'
essere
maligno
e
ironico
che
mi
guardava
.
La
donna
che
m
'
amava
non
torse
il
viso
,
mi
si
avvinghiò
nervosamente
al
collo
e
tentò
con
tutta
la
sua
anima
di
darmi
un
bacio
;
ma
le
sue
labbra
non
aderirono
sulle
mie
.
Ora
sono
quieto
e
viaggio
negli
espressi
.
No
,
no
,
la
mia
vita
non
fu
cosí
,
ma
lo
stesso
io
mi
trovo
inquieto
e
spostato
.
Io
ho
trovato
compagni
e
amicizia
,
e
ho
lavorato
con
essi
,
ma
io
sono
meno
intelligente
di
loro
.
Io
non
so
dir
niente
che
li
persuada
.
Essi
invece
sanno
discutere
e
dimostrare
che
bisogna
esser
convinti
di
questa
o
quella
cosa
.
Io
sono
impersuaso
e
contraddittorio
.
Bisogna
star
zitti
e
prepararsi
.
Ma
perché
essi
qualche
volta
s
'
accasciano
disperando
di
tutto
?
Chi
vuol
riformare
gli
altri
non
ha
diritto
d
'
esser
debole
.
Bisogna
andar
avanti
e
dritti
.
Bisogna
accogliere
con
amore
la
vita
anche
quand
'
essa
è
pesante
.
Bisogna
obbedire
al
proprio
dovere
.
Essi
sono
piú
intelligenti
e
piú
colti
e
piú
stanchi
.
Forse
io
sono
d
'
una
città
giovane
e
il
mio
passato
sono
i
ginepri
del
carso
.
Io
non
sono
triste
;
a
volte
mi
annoio
:
e
allora
mi
butto
a
dormire
come
una
bestia
in
bisogno
di
letargo
.
Io
non
sono
un
grübler
.
Ho
fede
in
me
e
nella
legge
.
Io
amo
la
vita
.
Ma
i
discorsi
d
'
arte
e
di
letteratura
m
'
annoiano
.
Io
sono
un
po
'
estraneo
al
loro
mondo
,
e
me
n
'
addoloro
,
ma
non
so
vincermi
.
Amo
di
piú
parlare
con
la
gente
solita
e
interessarmi
dei
loro
interessi
.
Può
essere
che
tutta
la
mia
vita
sarà
una
ricerca
vana
d
'
umanità
,
ma
la
filosofia
e
l
'
arte
non
m
'
accontentano
né
m
'
appassionano
abbastanza
.
La
vita
è
piú
ampia
e
piú
ricca
.
Ho
voglia
di
conoscere
altre
terre
e
altri
uomini
.
Perché
io
non
sono
affatto
superiore
agli
altri
,
e
la
letteratura
è
un
tristo
e
secco
mestiere
.
Dunque
facciamo
l
'
articolo
.
Da
molto
tempo
sto
zitto
:
è
tempo
di
risbucare
.
Lapis
rosso
:
1
,
2
,
3
,
4
,
5...;
le
cartelle
sono
numerate
e
pronte
.
Accendiamo
la
sigaretta
.
Inchiniamoci
sul
tavolino
per
venerare
il
pensiero
che
gorgoglia
,
commisto
all
'
inchiostro
,
giú
dalla
penna
.
Lo
sviluppo
d
'
un
'
anima
a
Trieste
.
Comincio
a
scrivere
;
lacero
;
di
nuovo
,
e
altro
strappo
.
Sigarette
.
La
stanza
s
'
empie
di
fumo
,
e
i
pensieri
si
serrano
come
corolle
al
vespro
.
Inutile
illudersi
:
non
ho
da
dire
niente
.
Sono
vuoto
come
una
canna
.
"
Cosa
fai
qui
,
davanti
a
questo
tavolino
,
in
questa
sporca
camera
d
'
affitto
?
Anche
se
tuffi
il
muso
nella
frasca
verde
della
boccia
con
cui
i
tuoi
occhi
,
stanchi
del
grigiume
stampato
sulle
pareti
,
cercano
di
sognare
,
tu
,
qui
,
non
respiri
.
Ora
,
qui
anche
Shakespeare
è
una
pila
di
libri
che
ti
ruba
un
brano
d
'
orizzonte
.
Dirimpetto
,
l
'
Incontro
s
'
inrossa
per
l
'
aurora
,
e
se
t
'
affacci
alla
finestra
e
guardi
a
sinistra
,
Fiesole
è
chiara
come
un
cristallo
ambrato
.
Sul
Secchieta
c
'
è
la
neve
.
Andiamo
sul
Secchieta
.
"
Fasce
ai
piedi
;
doppia
maglia
al
petto
,
un
boccone
di
cioccolata
in
tasca
:
e
mentre
pesto
forte
il
lastricato
della
città
perché
dai
piedi
il
sangue
mi
scorra
piú
caldo
alla
testa
,
penso
:
"
Che
ha
da
fare
con
la
vita
dello
spirito
cotesta
improvvisa
scampagnata
?
C
'
era
un
ostacolo
in
te
,
un
poco
piú
alto
del
Secchieta
:
e
tu
invece
di
pigliarlo
di
petto
e
darci
dentro
col
cranio
,
gli
giri
attorno
credendo
di
andare
cosí
verso
il
sole
che
illuminerà
a
tuo
uso
e
consumo
tutte
le
cose
.
Sei
già
stanco
?
e
ieri
ancora
sbalzavi
oltre
i
vigneti
e
giú
dai
muriccioli
scontorti
e
assodati
dall
'
edera
che
t
'
intralciava
i
piedi
,
e
pumpf
!
col
muso
per
terra
,
cervo
vinto
che
i
tuoi
coetanei
cacciatori
sbraitando
l
'
alalà
di
vittoria
legavan
con
venchi
per
le
zampe
e
trascinavano
a
casa
-
il
viso
rosso
dalla
scalmana
e
dal
trionfo
.
Buttavi
giú
litri
d
'
acqua
,
immersa
bocca
e
naso
e
occhi
nella
secchia
del
pozzo
,
sbuffando
e
ingorgogliandoti
,
senza
tregua
:
sicché
l
'
alenare
delle
narici
scavava
due
fondi
buchi
nell
'
acqua
.
Stanco
?
"
.
Qui
nel
treno
che
mi
porta
a
Sant
'
Ellero
c
'
è
contadini
che
appena
montati
dormicchiano
rovesciando
la
testa
sullo
schienale
di
legno
.
Io
cammino
su
e
giú
per
la
corsia
centrale
del
vagone
.
Stanco
?
Non
so
piú
niente
,
ora
.
Non
sono
piú
in
città
.
Non
ho
piú
obbligo
di
dimostrarmi
perché
faccio
questa
o
quella
cosa
.
Sono
una
bestia
irrazionale
.
Scampagnata
,
gita
,
fuga
,
pazzia
,
leggerezza
,
sciocchezza
:
non
so
;
so
che
vado
sul
Secchieta
dove
c
'
è
la
neve
.
Scendo
dal
treno
,
e
respiro
.
Su
per
gl
'
intrigati
viottoli
de
'
carbonai
,
che
qui
là
si
allargano
in
uno
spiazzo
nero
.
Dove
vado
?
La
collina
nasconde
Vallombrosa
.
Bene
,
se
non
mi
sperdo
;
se
mi
sperdo
,
meglio
.
Tocco
vecchi
castagnoni
senza
midollo
né
carne
;
l
'
elleboro
nero
è
fiorito
.
Forse
i
miei
occhi
troveranno
tra
le
foglie
brune
e
il
musco
la
prima
primola
,
accanto
alla
macchia
di
neve
.
Allenta
il
passo
:
l
'
animo
si
può
ingrassare
rapinando
la
natura
.
Tutto
è
fiorito
d
'
immagini
intorno
a
te
.
Stendi
la
mano
!
:
non
i
getti
del
rovo
tu
tocchi
,
né
il
cespuglio
tenace
delle
ginestre
,
né
i
sassi
della
terra
:
accarezzi
e
ti
pungi
del
tuo
spirito
,
che
è
svolato
via
da
te
a
crearti
il
tuo
mondo
.
S
'
è
abbattuto
contro
l
'
oscuro
amorfo
,
e
ha
piantato
di
colpo
le
sue
radici
,
entro
di
lui
;
onde
il
vento
lo
agita
,
rami
invernali
gonfi
come
pugno
che
piú
s
'
ingrossa
come
piú
si
sforza
in
se
stesso
;
e
i
tuoi
scarponi
marchiano
il
terreno
umido
di
linfa
succhiata
su
in
mille
forme
dal
sole
;
e
il
tuo
sguardo
si
spande
fraternamente
nel
cerchio
divino
dei
colli
verdineri
,
sotto
il
cielo
limpido
e
lieve
che
par
s
'
elevi
-
luce
-
piú
in
su
dell
'
aria
.
Cammina
amorosamente
nel
tuo
regno
meraviglioso
.
Le
case
di
Saltino
.
La
prima
neve
nei
fossi
lungo
il
binario
dentato
.
Dentro
,
gambe
mie
!
:
è
dura
e
crocchia
come
ossi
fra
i
molari
d
'
un
cane
.
C
'
è
degli
alberi
carichi
di
gemme
incuffiate
di
peluria
argentea
,
come
strani
fiori
.
Da
una
stalla
aperta
mugghia
il
muso
d
'
una
vacca
,
e
si
lecca
dentro
le
larghe
froge
.
R
.
R
.
Telefoni
:
50
centesimi
e
sono
a
Firenze
.
Eppure
cammino
urlando
sulla
neve
,
e
non
c
'
è
nessuno
che
si
fermi
a
guardare
il
pazzo
.
Tutt
'
è
bello
.
Capisco
la
riforma
della
scuola
media
e
il
cipresso
stronco
sotto
il
peso
della
neve
,
che
giace
infissato
nella
neve
attraverso
la
strada
e
m
'
obbliga
a
un
salto
allegro
,
fermati
sul
petto
i
lembi
della
mantella
.
Ed
è
buono
il
salame
,
il
burro
,
il
tè
,
il
pane
casalingo
d
'
una
settimana
dell
'
osteria
di
Vallombrosa
.
Qui
è
impossibile
sian
mai
venute
dame
strascicanti
lunghe
gonnelle
per
campi
ben
pettinati
e
rasati
,
né
ministri
hanno
mai
giocato
tennis
in
solino
:
molti
alberghi
attendono
di
spalancarsi
:
ma
io
non
credo
.
Però
potrei
pigliare
a
sassi
quelle
due
aquile
insaccate
in
stracci
gialli
,
appollaiate
col
pernio
sui
pilastri
d
'
un
portone
.
Ma
su
,
che
al
Secchieta
c
'
è
neve
assolutamente
intatta
.
Nessuna
traccia
sul
dorso
del
monte
:
dove
sono
i
giovani
italiani
?
Aspettano
che
si
bandiscano
domenicate
invernali
con
schi
e
pattini
e
signorine
.
Scrivo
con
il
chiodo
dell
'
alpenstoc
le
lettere
Voce
nella
neve
.
Propongo
che
la
festa
vociana
sia
un
'
annua
salita
al
Secchieta
,
di
febbraio
.
Lupercalia
.
Ah
,
ah
,
in
questo
momento
qualcuno
esce
dalla
redazione
d
'
un
cotidiano
e
va
a
dormire
!
Venite
a
bever
l
'
alba
sui
monti
!
E
basta
:
il
disotto
sparisce
.
Non
c
'
è
che
una
cosa
,
alta
,
non
vista
,
che
bisogna
raggiungere
.
Nessun
'
immagine
.
I
rami
sono
rami
irrigiditi
che
scattano
sul
viso
se
ti
sfuggono
di
mano
.
Picchia
il
tacco
nella
neve
per
farti
il
tuo
scalino
,
e
un
altro
piú
in
su
.
Ficca
l
'
alpenstoc
.
Anche
se
affondandosi
tutto
,
t
'
avverte
che
la
neve
è
alta
come
te
,
non
camminare
a
serpentina
;
pianta
dritte
le
pedate
.
Niente
mi
giunge
dentro
di
consentaneo
,
attorno
a
cui
s
'
affollino
l
'
idee
e
lo
poppino
e
lo
assimilino
restituendolo
mio
,
frutto
dell
'
anima
piú
profonda
.
Tutto
è
sensazione
di
ostacolo
che
bisogna
vincere
:
io
e
il
monte
siamo
;
altro
no
.
E
non
devo
esser
che
io
,
in
vetta
.
Ti
volti
a
contemplare
?
Sei
già
stanco
che
ti
metti
a
fare
il
poeta
,
caro
amico
mio
?
Se
i
polpacci
ti
scoppiano
e
la
schiena
ti
si
ripiega
insieme
e
per
ogni
centimetro
di
conquista
stronchi
col
viso
,
col
petto
un
ramo
;
e
un
altro
ramo
,
e
rami
chissà
fino
a
dove
ti
aspettano
,
duri
,
ghiacci
,
ipocritamente
velati
di
neviscolo
come
una
fiorita
di
mandorli
,
e
i
ghiaccioli
ti
si
frantumano
nel
collo
,
negli
occhi
abbacinati
dall
'
eterno
luccicor
del
bianco
;
e
il
berretto
che
ti
sguizza
giú
ti
costringe
a
ricalare
,
e
l
'
alpenstoc
ti
s
'
incunea
tra
ramo
e
tronco
,
cosicché
tutte
le
cose
indispensabili
tentano
d
'
impedirti
ciò
che
devi
-
agguanta
coi
denti
la
lingua
che
vorrebbe
imprecare
,
e
cammina
.
E
se
la
neve
intenerita
dal
sole
cala
sotto
il
tuo
piede
,
in
modo
che
tu
potresti
adagiarti
dolcemente
su
essa
,
e
riposare
,
non
cedere
alla
soffice
bontà
,
non
poggiar
lieve
gli
scarponi
:
batti
,
affondati
,
tirati
fuori
e
avanti
lassú
.
E
lassú
-
non
sai
dove
,
perché
forse
tu
non
cammini
verso
la
cima
reale
,
delle
carte
geografiche
-
e
il
tuo
lassú
è
grave
di
nebbia
,
forse
;
onde
tu
raggiuntolo
a
cuore
spasimante
non
vedrai
gli
Appennini
imbrunirsi
come
giovane
carne
sotto
il
sole
,
né
la
neve
immensa
,
che
tu
hai
vinto
,
accendere
i
colori
,
né
lontano
,
in
basso
,
Firenze
.
Ma
tu
,
amico
mio
,
ti
sei
levato
da
tavolino
per
salire
sul
Secchieta
;
e
s
'
anche
tutte
le
opinioni
della
strada
,
che
ti
si
sono
infiltrate
nell
'
orecchio
dalla
finestra
,
col
frastuono
dei
barocci
scampanellanti
e
le
canzoni
sporche
di
vino
indigerito
;
s
'
anche
tutta
la
vita
degli
altri
è
presente
in
te
pur
ora
e
tenta
,
come
una
ventata
polverosa
,
di
storcerti
il
collo
verso
quello
che
hai
già
superato
a
rimirarlo
,
e
accosciarti
,
tra
l
'
alto
e
il
basso
,
sulle
tue
gambe
stanche
;
anche
se
in
eterno
tutta
la
città
e
la
sua
stanchezza
è
in
te
e
non
la
puoi
sfuggire
-
non
importa
:
tu
vai
in
su
:
questo
solo
è
vero
;
tu
devi
:
questo
solo
è
bello
.
Un
dirupo
nevoso
che
mi
permetto
di
superare
a
zigzag
:
l
'
attacco
due
tre
volte
con
l
'
unghie
.
E
...
Sul
Secchieta
c
'
è
una
bassa
cappella
con
una
madonnina
dipinta
.
Ho
acceso
un
fiammifero
per
timore
che
vi
fosse
dentro
il
lupo
.
Sono
sgusciato
strisciando
per
il
pertugio
ostruito
dalla
neve
e
sono
ruzzolato
sotto
la
madonnina
.
Penetro
con
le
dita
spalancate
nell
'
acqua
del
mare
,
come
tra
i
capelli
morbidi
e
resistenti
d
'
una
donna
;
e
m
'
arrovescio
sulla
superficie
a
riposarmi
.
Le
piccole
onde
sbattono
mormorando
al
mio
orecchio
,
come
il
cuore
della
donna
all
'
amante
che
riposa
su
di
lei
.
Allargo
lo
sguardo
:
e
il
mare
s
'
increspa
sotto
il
sole
.
La
sua
anima
è
quieta
e
serena
,
ed
egli
si
stende
sulla
spiaggia
soffice
e
si
culla
cantandosi
piccole
parole
;
e
cerca
con
dita
di
bimbo
le
conchigline
e
i
granchietti
fra
la
ghiaiola
della
riva
.
Mi
riposo
sul
mare
.
Passano
sul
cielo
bianche
nuvole
e
migrano
.
Se
sollevo
un
poco
la
testa
vedo
tremare
gli
ulivi
di
Muggia
:
nient
'
altro
.
Il
riposo
è
grande
e
infinito
.
Una
barca
apre
lenta
la
vela
,
si
sbanda
leggermente
,
e
esita
.
Poi
va
,
raccogliendosi
il
poco
vento
.
Io
sono
qui
,
portato
dallo
smuoversi
lento
dell
'
onde
increspate
.
E
il
mare
mi
porta
lontano
dove
io
non
veda
altro
che
mare
e
cielo
,
e
tutto
sia
zitto
e
pace
.
Apro
la
bocca
e
fra
i
denti
mi
scorre
l
'
acqua
salsa
,
e
il
corpo
si
lascia
calare
lentamente
nel
mare
.
Son
qua
per
terra
come
un
cane
in
agonia
e
i
nervi
mi
si
inturgidano
per
il
bisogno
d
'
amare
,
e
stiro
la
testa
come
se
un
capestro
mi
si
avvincolasse
sempre
piú
stretto
intorno
al
collo
.
Poi
balzo
in
piedi
e
guardo
nella
notte
.
Dove
sei
creatura
bella
che
un
giorno
mi
devi
amare
?
Guardi
nella
notte
?
Sotto
le
stelle
l
'
aria
ha
uno
scintillío
come
di
specchio
e
noi
ci
vediamo
.
Creatura
fresca
,
dentro
all
'
anima
tutto
è
speranza
di
vita
come
in
un
bosco
sotto
la
calura
.
La
piccola
erba
carezza
il
ceppo
rugoso
,
tremando
nell
'
aspettativa
.
La
terra
mormora
,
l
'
acqua
è
vicina
.
Ecco
l
'
acqua
,
la
fresca
acqua
.
E
tu
sei
qui
fra
le
mie
braccia
,
creatura
.
Io
ti
posso
baciare
perché
mi
sono
conservato
puro
.
Ho
sofferto
e
pianto
per
te
.
Ora
è
agosto
,
e
i
rami
rigurgitano
di
succo
e
si
drizzano
smaniosi
.
Io
voglio
abbrancarti
furioso
e
sentire
questa
tua
carne
intatta
torcersi
sotto
le
mie
dita
,
qua
sulla
terra
calda
come
il
mio
sangue
,
perché
tu
devi
esser
mia
.
O
creatura
bella
,
io
non
so
che
colore
abbiano
i
tuoi
occhi
,
ma
sono
azzurri
perché
la
grande
aria
su
di
noi
è
azzurra
.
Non
so
dove
tu
sia
,
ma
guardi
dall
'
alto
e
rassereni
come
il
sole
.
In
tutte
le
cose
tu
sei
perché
tutto
io
amo
:
nella
campanula
bianca
del
prato
e
nel
fiume
che
ti
rispecchia
e
va
per
l
'
ampia
pianura
portandoti
nel
suo
cuore
.
O
creatura
nuova
,
non
so
chi
tu
sei
,
ma
ti
sento
dentro
di
me
come
se
nell
'
anima
un
seme
mi
radicasse
.
E
sono
un
bimbo
che
va
su
per
un
monte
verde
,
saltando
e
cogliendo
fiori
,
e
d
'
un
tratto
gli
s
'
apre
davanti
la
valle
con
i
suoi
villaggi
e
la
città
lontano
,
piena
di
luce
nebulosa
.
Tu
sorridi
di
certo
,
perché
le
stelle
scintillano
tanto
questa
notte
.
Sento
il
tuo
sorriso
sul
mio
volto
come
un
soffio
di
vento
in
un
ciuffo
d
'
erba
.
Ah
cara
!
tutti
i
miei
pensieri
vanno
verso
di
te
come
l
'
api
intorno
a
un
fiore
dolce
.
E
vanno
e
vanno
a
turbinare
intorno
a
te
,
creatura
mia
.
Tutte
le
cose
son
vere
;
ma
alcune
accadono
ora
,
altre
accadranno
nel
futuro
.
E
s
'
io
ti
racconto
in
questa
triste
notte
invernale
d
'
una
fata
che
viene
portando
odoranti
fiori
in
grembo
,
tu
mi
devi
credere
,
o
povera
anima
mia
.
Ho
voglia
di
cose
lievi
,
dove
mi
conduce
un
volo
di
rondine
,
l
'
orecchio
sfiorandomi
.
Il
sole
è
tiepido
come
guancia
adolescente
.
Camminando
leggermente
vado
verso
a
bianchi
meli
.
Lunghesso
la
strada
un
ramo
d
'
olivo
il
volto
mi
tocca
.
Cose
fresche
!
Rose
gonfie
di
rugiada
;
erba
su
d
'
un
rivo
.
Ah
se
potessi
baciar
la
tua
bocca
!
Il
notturno
sogno
dei
fiori
si
disperde
come
la
rugiada
della
prima
alba
lo
tocca
.
Eppure
volentieri
io
sentirei
le
tue
labbra
sui
miei
occhi
quando
la
mattina
penso
cosí
dolcemente
.
Andiamo
per
i
prati
senza
sentieri
,
perché
oggi
un
tiepido
sole
ci
carezza
le
palpebre
.
Camminiamo
lungamente
,
godendoci
il
sole
invernale
e
le
piccole
viole
fra
le
foglie
dell
'
edera
sparsa
sul
suolo
.
È
un
giorno
che
l
'
anima
è
portata
in
alto
dal
proprio
fiato
.
Se
respiriamo
,
lasciamo
bianca
vaporosa
traccia
di
noi
nell
'
aria
.
Andiamo
ancora
avanti
un
poco
,
dove
il
sole
scalda
il
tronco
del
bianco
platano
,
e
poggiamoci
la
fronte
leggera
.
Sotto
ai
piedi
fruscia
l
'
erba
nuova
,
mentre
andiamo
tenendoci
stretti
per
mano
e
guardando
tra
le
ciglia
.
Parte
terza
Ho
ritrovato
il
mio
carso
in
un
periodo
della
mia
vita
in
cui
avevo
bisogno
d
'
andar
lontano
.
Camminavo
spesso
,
lento
,
alle
rive
per
veder
la
gente
che
partiva
.
Studiavo
l
'
orario
dei
piroscafi
lloydiani
,
e
se
avessi
avuto
qualche
centinaio
di
corone
sarei
andato
in
Dalmazia
,
a
Cattaro
,
poi
mi
sarei
arrampicato
su
fino
a
Cettigne
,
poi
chissà
?
nell
'
interno
della
Croazia
dove
c
'
è
boschi
immensi
e
bisogna
cavalcare
lunghe
ore
per
arrivare
a
una
casipola
di
legno
bigio
.
Il
pater
familias
è
ancora
l
'
antico
ospite
.
Di
notte
,
quand
'
uno
non
può
dormire
,
sente
un
canto
triste
che
lo
culla
.
Forse
piuttosto
sarei
andato
nell
'
Oriente
.
Guardavo
i
bragozzi
ciosoti
che
con
una
gran
spinta
si
staccavano
,
gonfi
e
carichi
,
dalla
riva
.
Il
padrone
della
barca
si
levava
la
camicia
per
non
infradiciarla
di
sudore
,
s
'
arrampicava
sull
'
albero
,
e
agganciandosi
con
la
gamba
sulla
scala
a
corda
sbrogliava
la
vela
,
giallastra
a
macchie
mattone
.
Tutta
la
notte
avrebbero
corso
l
'
Adriatico
col
borino
,
e
poi
un
altro
giorno
,
e
un
altro
sotto
il
sole
.
Specialmente
mi
desideravo
la
piena
calma
marina
,
se
il
vento
fosse
cessato
improvvisamente
.
Avevo
bisogno
di
star
solo
.
Andavo
per
le
strade
poco
frequentate
,
nell
'
ombra
degli
alti
casamenti
rettangolari
,
e
mi
guardavo
intorno
spiando
di
lontano
il
viso
dei
passanti
.
Temevo
d
'
esser
conosciuto
,
d
'
esser
salutato
,
di
dover
salutare
.
Un
amico
mi
mandò
una
cartolina
:
perché
non
gli
scrivevo
?
"
Poiché
non
vuoi
,
non
vengo
.
Ma
non
è
bello
che
tu
sia
cosí
scontroso
ed
egoistico
nel
tuo
dolore
.
Proprio
ora
l
'
amicizia
ti
farebbe
bene
.
"
Tutte
buone
care
persone
:
ma
io
ero
in
cerca
di
lontananza
.
Stavo
solo
,
nella
mia
stanzetta
,
e
ogni
sera
sentivo
battere
lente
le
nove
,
poi
le
nove
e
mezzo
,
poi
le
dieci
,
poi
le
dieci
e
mezzo
...
Il
tempo
camminava
come
si
va
nei
pomeriggi
domenicali
,
portandosi
addosso
la
noia
di
tutti
gli
uomini
.
E
ogni
notte
sentivo
passare
una
carrozza
nella
via
,
poi
la
voce
di
tutti
i
nottambuli
che
gridavano
alla
moglie
o
alla
mamma
per
la
chiave
.
Ecco
-
pensavo
-
ora
mi
metto
a
leggere
,
piglio
appunti
,
studio
.
Ma
calavo
la
testa
sulle
braccia
raggomitolate
-
e
non
potevo
piangere
.
Non
potevo
dormire
.
Ero
sotto
l
'
incubo
di
un
'
afa
grave
.
E
uno
usciva
di
casa
nella
notte
e
camminava
con
passi
stanchi
.
Sognavo
di
una
lunga
notte
di
bora
,
che
i
pochi
viandanti
camminano
curvi
contro
di
essa
,
senza
pensare
.
Mi
sognavo
soprattutto
di
cedri
infissi
nel
fondo
del
mare
,
che
a
poco
a
poco
impietravano
.
Avevo
bisogno
di
sassi
e
di
sterilità
.
E
mi
ricordai
del
carso
,
e
dentro
ebbi
un
piccolo
grido
di
gioia
come
chi
ha
ritrovato
la
patria
.
Quante
storie
mi
raccontai
quella
notte
!
M
'
ero
sdraiato
sul
materasso
poggiando
la
testa
sul
braccio
destro
,
e
ero
un
bimbo
che
aspettava
con
occhi
aperti
un
po
'
di
lume
alla
fessura
della
porta
e
la
mamma
entrasse
:
"
Non
dormi
?
È
tardi
.
Dormi
,
dormi
.
Ti
racconto
una
storia
"
.
Avevo
pietà
e
tenerezza
per
me
stesso
.
E
mi
raccontavo
a
voce
alta
una
storia
del
carso
:
"
Molti
anni
prima
di
noi
una
donna
del
carso
con
capelli
biondi
,
aveva
partorito
un
piccolo
che
tremava
anche
sotto
la
pelle
d
'
orso
.
Allora
lei
poiché
il
suo
fiato
non
bastava
,
accese
il
fuoco
per
la
prima
volta
.
Il
piccolo
crebbe
e
non
andava
a
caccia
.
Mangiava
carne
cotta
e
le
notti
d
'
inverno
quando
si
svegliava
d
'
improvviso
e
non
vedeva
la
fiamma
,
l
'
oscurità
e
il
freddo
entravano
in
lui
,
ed
egli
pensava
strane
cose
,
rabbrividendo
.
Dalla
volta
della
grotta
stillavano
gocce
,
piú
lente
del
battere
del
suo
sangue
,
e
come
cadevano
sullo
strame
del
giaciglio
egli
sentiva
camminare
fuori
della
grotta
.
Ma
molto
lontano
;
chissà
dove
,
chi
era
?
"
Pascolava
le
capre
;
si
ficcava
dentro
un
cespuglio
e
guardava
il
cielo
tra
le
frasche
.
Un
cervo
passava
annusando
,
un
uccello
fischiettava
,
e
quei
suoni
entravano
in
lui
e
si
intricavano
.
Poi
dormiva
un
poco
.
Poi
tornava
al
calar
del
sole
,
e
raccontava
con
parole
chiare
come
le
foglie
dopo
la
piova
.
La
sua
famiglia
l
'
ascoltava
.
"
Un
giorno
,
mentr
'
egli
raccontava
,
vennero
uomini
,
il
torso
come
macigno
spaccato
dal
ghiaccio
;
ammazzarono
la
famiglia
,
rubarono
il
fuoco
,
e
condussero
lui
in
servitú
.
"
Anche
altre
storie
mi
raccontai
.
Ma
poi
fui
stanco
,
e
non
potevo
dormire
.
La
mia
testa
erano
tanti
pensieri
rotti
che
nascevano
e
svolavano
via
da
tutte
le
parti
,
portandomi
in
mille
posti
contemporaneamente
.
Sudavo
.
Allora
m
'
alzai
,
mi
vestii
in
furia
,
intascai
il
mio
coltello
a
serramanico
,
e
andai
.
In
via
Chiadino
c
'
era
ancora
una
coppia
d
'
amanti
,
e
la
donna
giocava
con
le
dita
del
compagno
che
la
teneva
avvincolata
a
sé
.
Io
pensai
:
"
Quella
donna
gli
può
benissimo
morire
proprio
questa
notte
"
.
I
cani
abbaiavano
.
Appena
su
,
verso
Kluch
,
dopo
la
stanga
giallonera
della
dogana
,
io
fui
solo
e
respirai
.
Camminavo
senza
pensare
.
Anche
questa
mattina
s
'
è
alzato
il
sole
.
E
come
al
solito
i
muratori
camminavano
nella
strada
silenziosa
,
con
i
loro
grossi
tacchi
.
Ho
visto
una
donna
dirimpetto
alla
mia
finestra
spalancare
le
imposte
e
chiamare
il
figliolo
ch
'
era
ora
di
scuola
.
Dentro
di
noi
s
'
accumulano
molte
nausee
e
schifi
,
e
un
giorno
escono
e
ci
appestano
l
'
aria
che
respiriamo
.
Secca
assai
vestirsi
,
mangiare
,
alzarsi
dalla
sedia
,
ed
è
inutile
;
ma
è
meglio
non
turbare
le
abitudini
e
mettere
un
piede
davanti
all
'
altro
perché
ci
hanno
insegnato
a
camminare
.
Soltanto
non
porre
ostacoli
alla
noia
,
perché
allora
il
pensiero
s
'
agita
e
fa
patire
;
ma
se
no
,
la
vita
procede
calma
,
senza
scosse
né
sussurri
.
Silenzio
e
pace
.
Si
cammina
per
le
strade
senza
far
rumore
.
Non
bisogna
svegliare
.
La
gente
dorme
,
male
,
bene
,
ma
dorme
.
Nessuno
ha
diritto
di
svegliare
il
sonno
di
nessuno
.
Passa
qualche
nottambulo
,
e
una
guardia
di
pubblica
sicurezza
piantona
a
passi
larghi
.
Vicino
ai
fanali
senti
il
fruscio
del
gas
ch
'
esce
dal
beccuccio
.
Un
tratto
di
luce
;
la
tua
ombra
cammina
davanti
a
te
,
poi
si
smarrisce
un
poco
;
una
seconda
ti
segue
;
si
fa
piccola
,
s
'
avvicina
,
eguale
a
te
.
Ti
puoi
fermare
,
sdraiarti
su
lei
,
nel
lastricato
della
città
,
e
dormire
anche
tu
.
Ma
puoi
anche
andare
avanti
,
svoltare
a
sinistra
o
a
destra
,
è
indifferente
.
Ora
sei
in
mezzo
a
una
puzza
di
petrolio
bruciato
;
poi
,
quando
questa
zona
finisce
,
comincia
la
ventata
calda
di
grasso
dalla
cucina
d
'
un
albergo
.
Tu
puoi
camminare
fino
all
'
alba
per
la
città
zitta
,
mentre
la
polvere
cala
lenta
per
terra
.
Piove
.
È
una
giornata
lunga
.
Il
campanello
suona
:
entra
Guido
,
lascia
cader
l
'
ombrello
nel
portaombrelli
,
va
in
camera
sua
,
butta
giú
i
libri
,
va
a
mangiare
.
Mamma
passa
piano
vicino
la
mia
porta
,
perché
spera
io
riposi
.
Il
giorno
s
'
allunga
eguale
e
infinito
.
Un
carro
traballa
lento
per
la
strada
.
Odo
picchiare
su
ferro
.
I
colombi
tubano
sul
cornicione
della
casa
.
Non
so
che
sarà
della
mia
vita
.
Due
uomini
passano
vicino
e
si
salutano
levandosi
il
cappello
.
Uno
ha
un
viso
triangolare
,
tutt
'
ossi
,
con
occhi
stanchi
e
erranti
;
l
'
altro
cammina
a
piccoli
passi
svelti
,
tutto
contento
.
È
contento
d
'
aver
appetito
.
È
contento
della
sua
casa
,
della
giovane
sposa
che
lo
aspetta
alla
finestra
.
Ha
il
Piccolo
ripiegato
in
tasca
e
porta
un
cartoccio
di
ciliege
per
il
pranzo
.
-
Perché
si
sono
salutati
?
Che
rapporto
vi
può
essere
tra
questi
due
uomini
?
Tutta
la
vita
è
intrecciata
cosí
ridicolmente
.
Nessuno
può
capire
l
'
altro
,
ma
s
'
infinge
d
'
amarlo
e
d
'
odiarlo
.
Perché
?
L
'
altro
fa
un
atto
e
allora
si
dice
che
ha
fatto
bene
,
che
ha
fatto
male
.
In
nome
di
che
cosa
?
Io
passo
e
lascio
passare
,
e
guardo
questa
ignota
vita
come
un
forestiero
.
Io
sono
qui
perché
in
questo
momento
cammino
per
questa
strada
e
vedo
un
orologiaio
curvo
su
un
panchetto
svitare
una
molla
con
una
piccola
punta
di
acciaio
.
Tien
stretto
nell
'
incavo
dell
'
occhio
una
lente
a
tubo
,
naturalmente
,
senza
increspare
un
muscolo
per
lo
sforzo
.
Nella
bottega
mille
pendoli
dondano
ritmicamente
e
mille
lancette
segnano
l
'
ora
identica
e
gl
'
identici
minuti
.
Tornan
da
scuola
le
bimbe
del
Liceo
,
a
frotte
,
tutte
vestite
di
turchino
,
e
cianciano
occhieggiando
di
straforo
i
giovanotti
che
fanno
l
'
aspetta
.
Un
ragazzotto
spruzza
d
'
acqua
il
selciato
davanti
a
un
negozio
,
poi
entra
,
esce
con
una
scopa
e
butta
la
polvere
in
mezzo
alla
strada
.
Un
fiaccheráio
dorme
rannicchiato
nella
carrozza
,
sui
cuscini
rovesciati
,
e
il
cavallo
,
con
il
muso
insaccato
,
mastica
la
biada
.
I
colombi
di
Piazza
Grande
ogni
tanto
si
levano
a
tormo
e
volteggiano
in
grandi
cerchi
,
poi
ricalano
e
zampettano
fra
le
fossette
d
'
acqua
.
Il
soldato
bosniaco
davanti
al
palazzo
della
luogotenenza
marcia
a
passi
duri
,
si
volta
in
tre
tempi
,
torna
in
su
.
Dove
sono
?
L
'
aria
calda
mi
fa
socchiudere
gli
occhi
,
e
cammino
trasognato
.
Cammino
lentamente
e
guardo
come
un
forestiero
stanco
di
viaggio
,
e
che
tuttavia
debba
vedere
perché
qualcuno
lo
attende
pieno
di
affetto
e
interesse
.
Ma
nessuno
m
'
aspetta
e
nessuno
si
sederà
accanto
a
me
tornato
chiedendomi
con
occhi
amorosi
:
"
E
dunque
?
come
fu
il
viaggio
?
"
.
Io
sono
solo
e
stanco
.
Posso
tornare
e
restare
.
Posso
fermarmi
qui
in
mezzo
alla
piazza
finché
il
sole
mi
faccia
vacillare
e
cader
per
terra
;
e
posso
andare
fra
il
frastuono
dei
carri
come
nel
silenzio
della
notte
,
perché
in
nessun
luogo
c
'
è
riposo
per
questa
mia
grande
stanchezza
.
E
i
carbonai
che
dalla
maona
carrucolano
le
ceste
di
carbone
sul
Baron
Gautsch
mi
guardano
con
quei
loro
occhi
infossati
e
sanguinosi
meravigliandosi
del
mio
interessamento
.
Uno
tosse
,
sputa
,
l
'
aria
gli
riporta
sul
torso
seminudo
,
impastato
di
carbone
e
sudore
,
i
lunghi
filamenti
di
mucco
e
forse
egli
pensa
stizzosamente
che
io
ho
compassione
di
lui
.
No
,
no
:
io
sono
indifferente
.
Soltanto
non
capisco
.
Vedo
che
si
lavora
intorno
a
me
.
Un
bastimento
greco
imbarca
grosse
travi
;
due
pescatori
issano
la
grande
vela
scura
,
gocciolante
;
un
gelataio
grida
la
sua
merce
;
uno
con
occhiali
neri
nota
su
un
libruccio
il
numero
sacchi
cemento
;
un
servo
di
piazza
si
fa
avanti
con
il
carretto
rosso
;
s
'
accosta
,
spumando
,
il
vapore
di
Grado
;
un
manzo
tira
un
vagone
carico
di
balle
di
cartone
.
Sul
vagone
è
scritto
:
Troppau
-
Triest
-
Rozzol
-
Assling
.
Ora
un
treno
sbuffa
su
per
il
colle
d
'
Opcina
;
un
altro
arriva
a
Pola
,
un
altro
rintrona
sul
ponte
del
Po
.
L
'
aria
è
piena
di
strepito
.
Il
movimento
s
'
allarga
.
La
terra
lavora
.
Tutta
la
terra
lavora
in
una
grande
frenesia
di
dolore
che
vuol
dimenticarsi
.
E
fabbrica
case
e
si
rinchiude
tra
muri
per
non
vedere
reciprocamente
i
propri
corpi
avvoltolarsi
insonni
fra
le
lenzuola
,
e
si
tesse
vestiti
per
poter
pensare
che
almeno
il
corpo
dell
'
altro
è
sano
e
regolare
,
e
congegna
milioni
di
orologi
perché
l
'
attimo
l
'
insegua
perpetuamente
frustandola
avanti
nello
spazio
,
come
una
dannata
che
si
precipiti
senza
tregua
per
non
cadere
.
Non
fermarti
mai
per
un
minuto
,
o
laboriosa
terra
!
Cosí
sentivo
;
e
stavo
fermo
,
come
se
fossi
nel
punto
morto
della
terra
.
Avrei
voluto
pregare
i
carbonai
di
lasciarmi
lavorare
con
loro
;
ma
ridevo
malignamente
e
pensavo
:
Sí
,
sí
,
lavorate
.
C
'
è
sempre
dentro
di
voi
il
mistero
come
un
piccolo
grumo
che
non
si
scioglie
.
Lo
portate
con
voi
in
tutte
le
vostre
faccende
,
ed
esso
sta
quieto
e
buono
per
darvi
l
'
unghiata
all
'
improvviso
.
Mangiate
il
vostro
pane
e
bevete
il
vostro
vino
;
crescete
e
moltiplicatevi
;
perché
del
pane
che
mangiate
e
del
vino
che
bevete
si
nutre
il
vostro
mistero
,
ed
è
l
'
unica
verità
certa
che
i
vostri
figlioli
daranno
ai
loro
figlioli
.
Incallite
le
vostre
mani
e
il
vostro
spirito
penetri
oltre
i
tessuti
piú
stretti
e
sia
cosí
limpido
da
farsi
specchio
a
se
stesso
.
Torturatevi
ogni
membro
del
vostro
corpo
con
tutti
gli
istrumenti
di
lavoro
,
e
anche
,
se
volete
,
buttatevi
su
un
letto
comodo
e
affaticate
il
vostro
spirito
.
Il
mistero
non
lo
estenuate
.
In
che
parte
di
voi
è
rintanato
il
piccolo
mistero
?
Potete
stritolarvi
tutti
,
e
il
vostro
ultimo
sguardo
non
lo
vede
.
Lo
potete
anche
cercare
nelle
notti
stellate
e
tra
i
filoni
di
ferro
,
sotto
,
nell
'
oscurità
,
fra
le
radici
delle
foreste
.
Anche
,
se
volete
,
potete
ammazzarvi
;
ma
la
palla
che
passa
oltre
le
vostre
tempie
non
lo
brucia
,
e
esso
vive
in
voi
anche
dopo
voi
,
eternamente
,
il
piccolo
mistero
che
ha
fatto
questa
bella
distesa
di
mare
e
ha
fatto
noi
e
ci
ha
fatto
costruire
i
piroscafi
rossoneri
.
Ridevo
quasi
forte
.
M
'
accorsi
che
mi
guardavano
.
Allora
ebbi
ribrezzo
di
me
.
Stetti
duro
,
fermo
.
Ero
tutto
infetto
.
Mi
pareva
che
una
mia
parola
avrebbe
impestato
il
mondo
.
Guardai
il
mare
largo
,
puro
,
e
avrei
voluto
pregare
.
Ma
no
:
tutto
il
mio
dolore
è
mio
,
tutto
il
mio
strazio
è
per
me
solo
.
E
mi
rinserrai
il
petto
con
le
mani
,
e
fui
un
sussulto
di
dolore
attorto
contro
se
stesso
.
Mi
parve
di
poter
morire
perché
il
mio
segreto
bruciava
avidamente
il
mio
sangue
,
rosso
,
come
il
sole
maledetto
che
tramontava
nel
mare
.
Perché
non
lavori
?
Ricordati
che
qualcuno
ha
sperato
in
te
.
Ella
aspetta
,
e
non
è
contenta
.
Ogni
minuto
che
tu
implori
è
un
delitto
.
Pesta
il
capo
dentro
il
tavolino
,
ma
lavora
benedicendola
.
È
giusto
che
sia
morta
,
perché
tu
sei
un
vigliacco
.
Mi
sedetti
al
tavolino
,
presi
la
penna
,
cominciai
a
fare
scarabocchi
sulla
carta
,
e
facevo
freghi
con
su
scritto
il
suo
nome
.
Improvvisamente
mi
spaventai
e
corsi
allo
specchio
.
Guardavo
fisso
i
miei
occhi
e
mi
domandavo
:
"
Sono
molto
lucidi
?
Ma
Vedrani
dice
che
non
si
può
capire
dai
segni
esterni
se
uno
è
pazzo
.
Non
sono
pazzo
.
Sta
calmo
,
Scipio
"
.
Guardavo
le
cose
riflesse
nello
specchio
.
Le
cose
riflesse
nello
specchio
-
per
legge
fisica
-
sono
distanti
dagli
occhi
come
sono
distanti
dallo
specchio
le
cose
che
si
riflettono
.
Cercavo
di
calcolare
se
anch
'
io
vedevo
cosí
.
"
Se
mi
pesto
devo
sentire
dolore
.
Ma
anche
i
pazzi
lo
sentono
.
Come
posso
avere
una
prova
esterna
che
io
non
sono
pazzo
?
"
Il
tappeto
nello
specchio
faceva
un
angolo
con
il
tappeto
reale
.
Guardavo
per
la
prima
volta
,
come
un
bimbo
.
I
lunghi
fili
rossi
,
i
lunghi
fili
blu
.
Corsi
in
stanza
da
pranzo
;
c
'
era
Vanda
che
lavorava
.
-
Ora
parlo
.
-
Ma
non
potevo
.
Avevo
terrore
della
mia
voce
.
Giravo
su
e
giú
.
Se
fosse
strana
,
e
Vanda
mi
guardasse
spaventata
?
"
Xe
in
casa
mama
?
"
Ma
no
,
no
:
avevo
domandato
con
naturalezza
e
semplicità
.
Tornai
in
camera
mia
.
Mi
buttai
per
terra
,
tenendomi
stretta
la
testa
;
la
chiamai
,
due
volte
,
tre
volte
,
quattro
volte
,
cinque
volte
...
,
e
continuai
a
dire
il
suo
nome
lungamente
,
lungamente
,
a
bassa
voce
,
sempre
piú
piano
.
Poi
mi
misi
a
ninnare
:
Din
,
don
,
campanon
-
Tre
putele
xe
sul
balcon
-
Una
la
fila
,
l
'
altra
la
canta
,
-
L
'
altra
la
fa
putei
de
pasta
-
Una
la
prega
sior
Idio
-
che
'
l
ghe
mandi
un
bel
mario
...
Poi
non
ricordo
piú
.
Mi
prese
il
sopore
.
Mi
rialzai
dopo
pochi
minuti
e
stetti
calmo
.
Non
so
per
dove
passai
.
Ma
molte
volte
ho
pregato
la
pazzia
e
la
morte
.
Vorrei
farmi
legnaiolo
della
Croazia
.
Amo
le
frondose
querce
e
la
scure
.
Andrei
al
lavoro
camminando
un
po
'
storto
a
destra
per
l
'
uso
del
colpo
,
e
il
lungo
manico
della
scure
ficcata
in
cintola
mi
batterebbe
la
coscia
.
Il
capo
mi
dà
una
manata
sulla
spalla
,
ridendo
tra
denti
bruni
.
Il
capo
è
forte
e
esperto
e
noi
gli
obbediamo
con
riconoscenza
.
A
noi
piace
esser
comandati
.
Il
capo
beve
petecchio
come
acqua
,
e
non
traballa
mai
,
ma
andando
coi
suoi
passi
ben
piantati
vigila
dall
'
alba
alla
notte
il
lavoro
-
e
gira
per
la
foresta
come
una
grossa
bestia
affamata
.
Se
tu
non
lavori
,
subito
senti
dietro
alle
spalle
uno
schianto
di
rami
,
una
risata
di
cornacchia
infuriata
e
una
pedata
in
mezzo
della
schiena
.
Ma
il
capo
è
buono
e
mi
dice
:
Uh
,
Pennadoro
!
Ho
scoperto
una
pianta
per
te
.
È
dura
di
cent
'
anni
.
Come
va
la
scure
?
Alla
!
alla
!
stavolta
mette
il
primo
dente
.
Il
primo
colpo
,
qua
.
Sentirai
che
carne
!
La
mia
scure
è
bella
,
col
manico
lungo
di
rovere
,
e
un
occhio
quadrato
.
Ride
freddamente
come
il
ghiaccio
.
È
svogliata
e
pigra
,
piena
di
disprezzo
.
Ama
starsene
affondata
nell
'
erba
guazzosa
e
contemplare
il
cielo
.
Qualche
volta
si
diverte
di
giocar
con
le
teste
dei
cespugli
e
i
getti
spumosi
del
frassino
.
Allora
sorride
come
una
bimba
della
saliva
amarognola
che
le
sgocciola
sulle
guance
.
Ma
piú
spesso
è
triste
e
tetra
.
Ah
,
ma
quando
si
scalda
come
dà
dentro
!
Dà
dentro
come
una
bestia
infoiata
.
Piomba
,
piccola
e
chiara
,
senza
respiro
,
e
han
!
come
un
tuono
che
scoppi
,
è
incassata
nella
carne
dell
'
albero
.
Tutta
l
'
aria
attorno
ne
vibra
,
e
i
fringuelli
rompono
la
nota
.
Si
disficca
a
stratte
per
assaporar
bene
la
ferita
,
si
libra
a
dritta
ala
per
un
istante
,
immobile
,
e
han
!
è
dentro
all
'
ossa
.
La
quercia
sussulta
drittamente
,
senza
piegarsi
,
e
accarezza
con
le
frondi
basse
i
quercioletti
giovani
,
attorno
,
per
non
impaurirli
,
come
se
solo
il
dolce
vento
del
mare
la
muovesse
.
La
grande
quercia
è
silenziosa
come
una
madre
che
muore
.
Ma
la
scure
canta
.
La
scure
s
'
alza
,
s
'
abbassa
e
canta
.
Ride
rutilante
,
rossa
.
È
come
pazza
.
Io
n
'
ho
paura
.
Non
vedo
che
questo
lampo
davanti
che
fischia
e
scroscia
.
Han
!
han
!
Non
sento
piú
le
mani
.
Il
lampo
mi
sbatte
contro
l
'
albero
,
e
mi
ribatte
via
!
Han
!
Piccola
mano
d
'
acciaio
,
distruggiamo
la
foresta
!
Perché
dunque
ci
estrassero
dalla
terra
?
Dormivamo
quieti
nel
tepore
umido
delle
radici
.
Piú
fondi
ancora
eravamo
,
eravamo
il
buio
cuore
duro
della
terra
.
Venne
giú
un
'
ondata
di
luce
,
ci
squarciarono
,
ci
portarono
al
sole
.
Ebbene
:
ora
viviamo
.
Ora
vogliamo
sole
sulla
terra
.
Grande
sole
di
deserto
.
Sole
che
spacchi
le
fronti
.
Distruggiamo
la
foresta
!
I
colpi
cantano
senza
respiro
,
fra
il
ronzar
dello
scheggiume
.
Ah
com
'
è
buono
arrivare
al
cuore
della
vecchia
quercia
!
Il
colpo
s
'
insorda
.
Via
!
-
Un
crollo
:
rintronan
gli
echi
lontani
.
Ora
gli
squartatori
e
squadratori
hanno
lavoro
per
una
settimana
.
Sono
venuti
i
bimbi
a
vederla
morta
per
terra
,
e
ne
unghiano
la
corteccia
lichenosa
con
roncolette
dal
manico
rosso
.
Sono
contenti
.
M
'
hanno
dato
fragole
e
lamponi
.
Io
mi
frego
con
l
'
indice
disteso
il
sudore
delle
sopraciglia
e
li
guardo
.
Vorrei
essere
piuttosto
sorvegliante
d
'
una
piantagione
di
caffè
nel
Brasile
.
Ho
parlato
oggi
con
un
negoziante
di
qui
:
dice
che
sapendo
lo
spagnolo
potrei
farlo
benissimo
.
Basta
un
po
'
di
durezza
.
Badare
che
lavorino
.
Dar
di
frusta
non
fa
male
.
Avrei
piacere
di
assaggiare
quelle
larghe
spalle
di
meticci
.
È
strano
che
la
gente
non
crederebbe
io
possa
essere
aguzzino
.
La
gente
non
crede
ch
'
io
sono
freddo
e
calmo
e
che
la
loro
miseria
mi
dà
semplicemente
un
senso
di
noia
.
E
io
?
Io
sono
come
voi
,
non
badate
.
Le
mani
del
giovane
barbaro
sono
diventate
bianche
e
deboli
come
le
mani
delle
femmine
.
Ora
è
tempo
di
sognare
:
alberi
spaccati
,
schiene
frustate
,
altre
cose
.
Tante
altre
forti
cose
.
Mamma
mi
diceva
timidamente
ch
'
era
naturale
non
dormissi
,
tutto
il
giorno
su
e
giú
per
la
tua
stanzetta
senz
'
aria
!
-
Come
un
condannato
:
cinque
passi
in
su
e
cinque
in
giú
,
fra
due
scaffali
di
libri
letti
e
riletti
e
un
muro
bianco
dove
sta
scritto
da
tanto
tempo
:
Tutte
le
cose
son
vere
,
ma
alcune
accadono
ora
,
altre
accadranno
nel
futuro
.
E
s
'
io
ti
racconto
questa
triste
notte
invernale
d
'
una
fata
che
viene
portando
odoranti
fiori
in
grembo
,
tu
mi
devi
credere
,
o
povera
anima
mia
.
-
È
passato
parecchio
tempo
.
Ora
il
piccolo
salmo
è
tagliato
con
un
frego
del
dito
.
E
scritto
anche
,
a
lapis
rosso
:
Guardami
ben
:
ben
son
...
ben
son
Beatrice
.
Su
e
giú
,
giú
e
su
.
E
poi
sedere
davanti
a
questo
piccolo
tavolinetto
,
e
poi
sdraiarsi
per
terra
.
In
strada
gl
'
innumerevoli
bimbi
urlano
e
piangono
e
tiran
sassate
sulla
ruletta
chiusa
dell
'
erbivendola
.
Tornano
in
rimessa
,
con
gran
fracasso
,
i
carri
d
'
una
fabbrica
di
birra
.
La
casa
grigia
di
fronte
è
orribile
.
Quando
piove
,
sgocciola
di
sudore
giallastro
.
La
luce
invade
camere
soffocate
,
angoli
di
grandi
armadi
scrostati
,
uno
straccio
per
terra
,
una
donna
grassa
che
si
leva
le
calze
.
A
qualunque
ora
del
giorno
sono
ammassate
sulle
finestre
lenzuola
e
coperte
stinte
.
Tutto
il
giorno
c
'
è
una
brutta
baba
sdentata
che
sbraita
discinta
dalla
finestra
contro
il
suo
bambino
:
"
Ah
,
porco
!
Dove
te
xe
,
fiolduncàn
?
"
'
Speta
che
te
guanto
mi
,
mulo
!
Cori
,
Paulin
!
Che
dio
te
maledissi
in
tel
anima
,
porco
de
mulo
!
'
Speta
mi
,
co
'
te
vien
a
magnar
!
"
.
Tutto
il
giorno
.
Alle
diciannove
e
mezzo
una
moglie
alza
lo
sportello
della
finestra
e
con
una
piccola
in
collo
aspetta
il
marito
che
viene
a
passi
brevi
,
col
bastoncello
.
Ogni
sera
.
La
notte
passano
comitive
di
ragazzoni
cantando
l
'
inno
della
Lega
o
dei
Lavoratori
.
All
'
alba
i
muratori
camminano
battendo
con
i
loro
tacchi
di
legno
,
e
la
donna
apre
le
imposte
e
chiama
il
suo
figliolo
che
è
ora
di
scuola
.
Usciamo
,
perché
qui
non
si
può
piú
stare
.
Andavo
nel
bosco
di
Melara
.
Traversavo
i
prati
e
mi
godevo
del
sussurro
dei
piedi
fra
l
'
erba
già
alta
,
camminando
lentamente
,
un
po
'
curvo
,
a
capo
scoperto
,
sotto
il
sole
,
come
chi
va
spiando
da
piccole
tracce
e
piccoli
strepiti
una
cosa
che
s
'
allontana
cautamente
.
Tutte
le
carnose
papilionacee
,
rosse
,
gialle
,
screziate
,
sono
in
fiore
.
Le
foglie
delle
querce
s
'
inturgidiscono
di
succo
,
e
i
ginepri
sono
piú
coccole
che
aghi
:
coccole
verdognole
,
lisce
,
fresche
come
gocce
marine
.
I
tronchi
dei
platani
si
spellano
,
e
all
'
annodatura
i
primi
rami
sono
gonfi
di
muscoli
crespi
come
braccia
di
forti
creature
.
L
'
erba
dai
prati
s
'
allarga
sulla
strada
maestra
.
Dolce
principio
d
'
estate
in
cui
tutto
è
vivo
.
Io
sento
d
'
intorno
a
me
la
sicurezza
meravigliosa
della
vita
che
s
'
eterna
.
Cede
la
primavera
benignamente
,
con
piovere
di
petali
sanguinei
e
bianchi
al
vento
vaporante
,
mentre
i
calici
ingrossano
e
s
'
insolidano
e
le
farfalle
rompono
il
bozzolo
filamentoso
e
le
guaine
dei
nuovi
germogli
si
ripiegano
secche
e
scolorite
.
Ancora
ondula
qualche
fraschetta
gommata
e
rossiccia
,
e
avvolta
dall
'
esuberanza
dell
'
erba
ancora
qualche
viola
impallidisce
negli
umidi
nascondigli
:
lievi
parole
infantili
che
tornano
sulla
bocca
della
donna
che
ha
partorito
.
Io
mi
sdraio
sotto
un
rovere
e
guardo
svolettare
tra
le
foglie
mille
insettucci
rosso
turchini
,
in
amore
.
Tutta
l
'
aria
sul
mio
capo
è
piena
dei
loro
brevi
svoli
.
Alcuno
cade
sfinito
,
si
agguanta
al
filo
d
'
erba
inarcato
e
drizza
le
sue
antenne
,
stupefatto
.
Per
il
tronco
gropposo
scende
e
sale
la
doppia
carovana
delle
formiche
;
dall
'
erba
sbalzano
sui
miei
vestiti
esili
puntolini
neri
come
cicale
minutissime
.
E
mi
slungo
piú
fondo
in
questa
forte
erba
fiorita
,
e
sono
pieno
di
dolore
e
di
morte
.
Sta
quieto
.
Il
cielo
è
chiaro
,
come
dopo
un
'
acquata
.
Nel
turchino
del
cielo
lo
sguardo
si
riposa
calmamente
,
come
nella
distesa
del
mare
.
Veleggia
un
cirro
bianco
tremolando
.
Gli
orli
delle
foglie
contro
il
sole
lameggiano
d
'
argento
.
Riposa
.
Il
vento
che
vien
da
lontano
ti
porta
un
buon
sogno
se
tu
stai
fermo
e
lentamente
t
'
assopisci
.
Reclina
il
capo
sulla
terra
.
Ora
ti
giunge
un
suono
tranquillo
di
campana
.
Vicina
è
la
patria
.
No
,
non
posso
dormire
.
Le
braccia
dormono
,
abbandonate
lungo
i
fianchi
,
gli
occhi
dormono
;
tutto
il
corpo
e
l
'
anima
smania
verso
il
ristoro
del
sonno
:
ma
una
,
una
cosa
veglia
che
nessuna
nenia
di
mamma
addormenta
e
l
'
acqua
che
a
goccia
a
goccia
fluisce
vicina
non
placa
,
e
il
vento
non
porta
via
tra
i
fiori
con
sé
,
natura
,
natura
!
Una
cosa
.
Non
posso
dormire
.
Le
stoppie
vecchie
dell
'
erba
inquietano
come
questo
pensiero
che
neanche
nel
sonno
mi
dà
pace
ed
è
insolubile
a
tutte
le
buone
virtú
della
terra
,
ed
è
duro
,
e
mi
tormenta
in
ogni
posto
.
Non
posso
dormire
.
Un
disgusto
orribile
storce
le
mie
guance
per
tutta
questa
vita
piena
di
gioia
che
mi
circonda
.
Che
ho
commesso
io
di
non
potermi
fondere
dentro
quest
'
ora
calda
in
cui
una
divina
certezza
d
'
amore
freme
da
foglie
e
tronchi
e
fiori
e
uccelli
e
sole
?
Ficco
le
dita
aperte
nel
groviglio
dell
'
erbe
come
si
fa
per
scoprire
la
bianca
fronte
dell
'
amata
,
e
gli
occhi
suoi
mi
guarderebbero
fissi
serrando
l
'
infinito
fra
i
nostri
due
sguardi
.
Dov
'
è
la
tua
bocca
,
creatura
,
ch
'
io
la
baci
?
Dove
sei
?
Solo
m
'
hai
lasciato
qui
.
E
posso
percorrere
tutte
le
vie
e
i
monti
e
i
mari
della
grande
terra
,
e
in
nessun
posto
ti
ritroverò
piú
.
Sono
ampie
e
immense
le
strade
del
vento
piene
di
spume
e
ondeggiamenti
;
ma
tu
sei
piú
in
là
.
E
se
anche
il
sole
mi
fa
chiari
questi
stanchi
occhi
,
io
non
ti
posso
piú
vedere
,
tanto
lontana
sei
andata
.
Quando
la
notte
è
viva
di
stelle
,
ti
cerco
negli
spazi
immensi
;
ma
l
'
infinito
è
senza
di
te
,
perché
io
non
ti
posso
piú
stringere
fra
le
braccia
,
creatura
.
Ed
eri
fresca
e
odorosa
come
l
'
alba
.
Eri
un
'
alberella
di
primavera
.
Quando
tenevi
la
mia
mano
nella
tua
bella
mano
lunga
,
dovevo
camminare
dritto
,
con
passo
fermo
.
Io
ti
guardavo
negli
occhi
irrequieti
,
curiosi
di
foglioline
sotto
le
foglie
secche
,
che
improvvisamente
si
spalancavano
meravigliati
o
profondi
come
il
dolore
,
e
ti
sorridevo
.
Cantavi
a
bassa
voce
,
limpida
come
un
filo
d
'
acqua
tra
l
'
erbe
.
Dolce
creatura
!
E
quando
chinavi
la
testa
sulla
mia
spalla
,
io
ti
tenevo
il
mento
nella
mano
,
t
'
accarezzavo
le
guance
e
i
fini
capelli
,
e
una
tenerezza
tremante
mi
prendeva
non
potendo
io
comprendere
che
tu
eri
mia
.
Piccola
,
piccola
!
perché
m
'
hai
fatto
questo
male
?
Solo
m
'
hai
lasciato
qui
,
dopo
averti
baciato
.
E
ora
non
c
'
è
pace
piú
,
in
nessun
posto
,
anima
.
Dove
potremo
nascondere
la
nostra
amarezza
?
Alziamoci
e
camminiamo
con
i
nostri
cotidiani
passi
lenti
,
in
cerca
della
nostra
solitudine
.
Il
carso
è
un
paese
di
calcari
e
di
ginepri
.
Un
grido
terribile
,
impietrito
.
Macigni
grigi
di
piova
e
di
licheni
,
scontorti
,
fenduti
,
aguzzi
.
Ginepri
aridi
.
Lunghe
ore
di
calcare
e
di
ginepri
.
L
'
erba
è
setolosa
.
Bora
.
Sole
.
La
terra
è
senza
pace
,
senza
congiunture
.
Non
ha
un
campo
per
distendersi
.
Ogni
suo
tentativo
è
spaccato
e
inabissato
.
Grotte
fredde
,
oscure
.
La
goccia
,
portando
con
sé
tutto
il
terriccio
rubato
,
cade
regolare
,
misteriosamente
,
da
centomila
anni
,
e
ancora
altri
centomila
.
Ma
se
una
parola
deve
nascere
da
te
-
bacia
i
timi
selvaggi
che
spremono
la
vita
dal
sasso
!
Qui
è
pietrame
e
morte
.
Ma
quando
una
genziana
riesce
ad
alzare
il
capo
e
fiorire
,
è
raccolto
in
lei
tutto
il
cielo
profondo
della
primavera
.
Premi
la
bocca
contro
la
terra
,
e
non
parlare
.
La
notte
;
le
stelle
impallidenti
;
il
sole
caldo
;
il
tremar
vespertino
delle
frasche
;
la
notte
.
Cammino
.
Dio
disse
:
Abbia
anche
il
dolore
la
sua
pace
.
Dio
disse
:
Abbia
anche
il
dolore
il
suo
silenzio
.
Abbia
anche
l
'
uomo
la
sua
solitudine
.
Carso
,
mia
patria
,
sii
benedetto
.
Ma
una
notte
il
dolore
fu
quasi
piú
forte
di
me
.
Lo
sentivo
raccogliersi
a
goccia
a
goccia
,
e
l
'
anima
sí
chiudeva
arida
e
indifferente
,
cercando
di
non
dargli
presa
.
Io
so
la
paura
.
Non
si
capisce
altro
:
ora
quell
'
uomo
viene
avanti
e
m
'
ammazza
.
Io
non
posso
muovermi
.
Non
posso
sottrarmi
.
Fare
strepito
,
no
.
Devo
guardarlo
fisso
.
Cosí
era
di
me
.
Camminavo
rabbrividendo
sulle
scaglie
calcaree
,
sonanti
come
piastre
di
ferro
ai
miei
passi
,
fra
cespugli
e
pini
giovani
.
Lo
strepito
dei
miei
piedi
non
mi
faceva
terrore
;
ma
mi
sgomentavo
,
sudante
,
come
la
scaglia
toccata
scivolava
piú
in
giú
,
urtando
le
altre
,
crepitando
fra
stecchi
e
foglie
.
L
'
anima
era
stanca
e
non
voleva
piú
patire
.
Voleva
rimanere
sola
e
oscura
.
Pregava
con
nenia
,
che
non
venisse
il
dolore
,
che
non
venisse
l
'
affanno
,
che
la
lasciassero
sola
e
oscura
.
Ma
non
c
'
era
pace
nella
preghiera
;
non
m
'
ascoltavo
.
Ero
tutto
teso
e
doloroso
verso
uno
sfrondare
improvviso
,
un
lampo
,
un
colpo
di
fucile
,
uno
scroscio
.
Una
terribile
cosa
presentita
;
che
mi
può
cogliere
qui
,
da
questa
macchia
nera
,
dietro
quel
muricciolo
,
eccola
.
Correvo
,
per
sfuggire
il
dolore
che
m
'
inseguiva
fra
i
cespugli
mossi
,
verso
il
cielo
aperto
,
dove
si
vede
da
tutte
le
parti
intorno
,
nella
luce
dell
'
orizzonte
stellato
.
Ma
nell
'
infinito
notturno
fui
piú
solo
e
senza
difesa
.
Solo
,
col
mio
dolore
,
unico
compagno
,
buon
compagno
,
da
reclinare
la
testa
in
lui
e
piangere
.
Piansi
come
un
bimbo
sperduto
.
La
luna
bianchissima
nell
'
aria
,
soffusa
sui
sassi
e
sulle
piante
da
inumidirsi
le
labbra
e
toccarla
,
fredda
,
con
la
mano
.
Il
mare
sotto
di
lei
s
'
innalzava
in
una
strada
d
'
argento
,
procedente
a
larghissime
spire
.
Nell
'
immensa
luce
d
'
alba
l
'
orizzonte
lontanissimo
guardava
da
tutte
le
parti
,
penetrando
indifferente
in
ogni
cosa
.
E
io
piangevo
solo
,
alta
ombra
nera
osservata
e
vana
.
M
'
accoccolai
fra
le
rocce
a
picco
sul
mare
,
nascondendo
vergognosamente
la
faccia
nelle
mani
.
Io
non
credo
in
Dio
,
non
credo
in
Dio
.
Ma
forse
lei
è
qui
sopra
di
me
,
in
questa
luce
senza
scampo
,
in
questo
cielo
,
in
questa
terra
.
Anche
tu
sei
qui
con
me
.
Forse
anche
tu
soffri
.
Aiutami
,
creatura
.
Ch
'
io
senta
solo
una
sillaba
della
tua
voce
e
la
tua
mano
sulla
fronte
,
perché
è
silenzio
e
solitudine
qui
,
e
nessuno
disturba
.
Intorno
,
nessuna
cosa
respira
.
La
terra
si
può
aprire
e
restituire
la
sua
preda
.
Il
cielo
si
può
riunire
per
ricrear
la
sua
forma
.
L
'
anima
è
diffusa
in
tutte
le
parti
;
ma
io
voglio
averti
ancora
qui
,
amore
.
Io
posso
farti
rinascere
.
Basta
ch
'
io
creda
.
Io
credo
che
tu
puoi
rinascere
.
Tu
non
sei
ancora
morta
.
Aspetti
prima
che
ritorni
.
Io
ti
scrivevo
che
si
sarebbe
stati
contenti
assieme
.
Vedi
,
quando
s
'
ha
te
tutto
è
cosí
semplice
e
bello
.
Arrivederci
presto
,
amore
.
Aspettami
presto
.
In
luglio
sarò
di
ritorno
.
-
Allora
,
quando
ti
scrivevo
questo
,
tu
eri
già
morta
.
Ma
ora
sono
tornato
,
e
t
'
aspetterò
fino
all
'
alba
,
perché
tu
sei
ancora
mia
,
e
non
è
possibile
che
tu
sia
morta
.
Non
avermi
abbandonato
!
Sta
'
con
me
,
piccola
.
Ti
prego
,
ti
prego
.
Creatura
.
-
Non
alzavo
la
faccia
per
non
disturbare
la
sua
volontà
.
E
bisogna
credere
e
star
fermi
e
credere
.
Un
tocco
fra
i
capelli
.
Forse
era
il
vento
.
La
terra
è
chiarissima
sotto
la
luna
.
Perché
tu
sei
eternamente
morta
.
Ella
è
morta
.
Non
è
comprensibile
questa
parola
.
Nessuno
la
può
veder
piú
.
Nessuno
ode
piú
la
sua
voce
.
È
morta
.
Io
non
capisco
la
morte
.
Io
non
so
nulla
.
Io
sono
davanti
alla
morte
e
la
guardo
incantato
come
guardo
questa
roccia
spaccata
sotto
ai
miei
piedi
.
Ma
io
non
voglio
morire
,
perché
non
so
che
cos
'
è
la
morte
.
Ella
è
in
una
tomba
nella
pietra
liscia
,
nella
bara
,
serrata
con
viti
.
Come
facevano
quando
invitavano
le
viti
?
Ella
è
con
le
mani
distese
lungo
i
fianchi
.
Di
fuori
c
'
è
un
nome
e
due
date
.
Bisognerebbe
strappare
quella
lapide
.
Bisogna
portare
tutti
i
ginepri
del
carso
sulla
sua
tomba
.
Porterò
un
macigno
grande
;
e
rami
di
quercia
giovane
,
perché
tu
stia
sotto
il
fresco
delle
foglie
,
e
i
boccioli
,
e
i
narcisi
,
tutti
,
cosí
i
fiori
non
nasceranno
piú
in
carso
.
I
fiori
del
carso
seccano
sulla
sua
tomba
,
brava
gente
mia
!
Avanti
,
avanti
,
cercate
se
siete
bravi
.
Io
li
ho
presi
tutti
,
e
ora
scendo
e
la
porto
quassú
con
me
e
stiamo
in
pace
.
Occorrono
tutti
i
boschi
di
pino
per
bruciare
il
suo
bianco
corpo
.
Riposiamo
,
riposiamo
.
Ella
è
morta
,
è
inutile
.
Uno
vive
tra
noi
.
Per
anni
e
anni
.
Ha
bevuto
il
latte
d
'
un
'
altra
donna
,
ha
imparato
a
scrivere
da
un
altro
,
ha
insegnato
a
scrivere
a
un
altro
.
Io
le
ho
dato
un
tormento
,
tu
hai
sofferto
per
lei
.
Sí
,
perché
aveva
degli
amici
,
e
quando
essi
eran
lontani
a
lei
pareva
di
non
essere
neanche
viva
.
Ha
parlato
con
migliaia
di
persone
.
Ogni
suo
atto
e
ogni
sua
parola
è
allacciata
con
i
nostri
atti
e
le
nostre
parole
,
e
forma
un
cosa
unica
,
non
sua
,
non
nostra
,
di
tutti
noi
,
di
tutti
.
Niente
interviene
.
Un
piccolo
niente
,
un
atto
di
volontà
:
un
attimo
:
quella
persona
non
è
piú
eternamente
con
noi
.
Com
'
è
possibile
che
uno
può
morire
mentre
gli
altri
continuano
a
vivere
?
Io
non
domando
com
'
uno
può
morire
,
io
domando
come
gli
altri
continuino
a
vivere
.
Egli
è
morto
,
egli
solo
.
Gli
altri
alla
mattina
dopo
vedono
levarsi
il
sole
.
Si
stampa
il
suo
nome
sul
giornale
.
I
treni
corrono
.
Potete
già
leggere
il
suo
nome
nell
'
avviso
mortuario
del
giornale
comperato
in
una
stazione
intermedia
.
Io
non
patisco
.
Anche
questa
signora
qui
di
faccia
legge
il
suo
nome
sullo
stesso
giornale
che
ho
in
mano
io
.
Trentamila
copie
.
Io
vado
a
vederla
morta
.
Ma
questo
non
fa
niente
;
ma
io
domando
:
se
egli
solo
,
egli
addolorato
da
noi
,
egli
amato
da
noi
,
egli
solo
è
potuto
morire
,
continuando
la
nostra
vita
dunque
l
'
odio
,
l
'
amore
,
la
comprensione
?
Nessuno
può
penetrare
dentro
una
persona
e
amarla
cosí
perfettamente
ch
'
essa
sia
legata
a
noi
come
corpo
nel
corpo
.
Uno
può
morire
poiché
nessuno
lo
può
comprendere
;
dentro
ogni
individuo
c
'
è
un
segreto
tutto
suo
che
l
'
amante
e
il
maestro
non
toccano
.
E
l
'
individuo
è
per
l
'
eternità
staccato
dagli
altri
individui
ed
egli
aspira
a
esser
tutto
,
dalla
punta
delle
dita
alla
sua
fede
,
tutto
un
segreto
invisibile
,
senza
che
gli
altri
lo
possano
cercare
,
muto
e
solo
;
egli
aspira
alla
sua
pace
d
'
individuo
,
dove
la
sua
forma
non
sia
turbata
dall
'
altre
;
esser
tutto
suo
.
Ed
egli
patisce
finché
non
arriva
:
questa
ricerca
è
la
vita
.
L
'
individuo
desidera
di
morire
dagli
altri
.
E
naturalmente
noi
non
possiamo
comprendere
la
sua
morte
.
Già
da
bimbo
esiste
nell
'
uomo
il
rimpianto
.
Già
allora
sentiamo
che
ci
manca
qualche
cosa
che
godemmo
e
che
s
'
è
persa
,
e
piangiamo
;
e
tutti
gli
uomini
assieme
,
tutta
la
storia
degli
uomini
non
può
consolare
il
piccolo
bimbo
che
rimpiange
una
cosa
.
Questa
è
l
'
umanità
in
cui
ho
creduto
.
Lavorare
è
cercar
invano
un
ristoro
per
la
cosa
perduta
.
Ognuno
si
cerca
,
ipocritamente
,
selvaggiamente
,
sul
corpo
della
donna
,
nella
mano
dell
'
amico
,
nella
fede
,
in
Dio
.
Ognuno
,
vanamente
.
Io
solo
,
quassú
,
solo
,
sono
sincero
;
ma
anche
la
solitudine
e
la
sincerità
non
bastano
.
Non
basta
sapere
.
Io
penso
in
parole
che
gli
altri
pensano
.
È
necessario
morire
.
Solo
questo
è
indispensabile
:
essere
.
Ma
com
'
è
possibile
che
l
'
individuo
sia
,
quando
ha
raggiunto
la
sua
solitudine
e
non
c
'
è
piú
ostacolo
davanti
a
lui
?
Egli
muore
imperfetto
:
come
si
perfeziona
senza
misura
,
meta
,
mezzo
,
attività
?
Egli
muore
uomo
.
Che
cosa
avviene
nello
spirito
individuale
che
muore
,
perché
si
possa
mutare
cosí
integralmente
il
suo
carattere
umano
?
Dunque
l
'
ultimo
atto
di
vita
è
l
'
integratore
dell
'
individuo
?
In
quell
'
attimo
egli
è
perfetto
,
e
gode
umanamente
della
sua
perfezione
divina
,
perché
nessuna
cosa
umana
può
morire
prima
d
'
aver
raggiunto
la
sua
meritata
divinità
.
Ma
chi
ha
detto
ciò
?
Che
verità
afferma
che
per
morire
bisogna
esser
perfetti
?
Questa
può
essere
l
'
illusione
con
cui
tu
hai
tenuto
su
la
tua
debole
vita
.
Chi
dimostra
che
c
'
è
perfezione
nell
'
individuo
?
Egli
può
anche
morire
benissimo
essendo
imperfetto
,
rimanere
inespresso
nella
sua
parte
ottima
,
per
tutti
i
tempi
inespresso
,
senza
possibilità
di
futuro
.
Con
questa
eterna
,
ferma
angoscia
.
La
morte
non
è
pace
.
La
morte
è
un
tormento
orribile
.
Ma
lo
sente
?
rimane
la
coscienza
individuale
?
Il
tormento
orribile
del
tutto
attraverso
di
te
.
O
il
tutto
patisce
senza
riposo
?
Il
tutto
?
cos
'
è
?
T
'
hanno
abituato
a
questa
parola
.
Forse
non
esiste
un
tutto
,
esistono
parti
staccate
che
cercano
inanemente
di
fondersi
.
Qual
Dio
t
'
ha
rivelato
che
la
morte
sia
sola
?
Può
essere
un
tuo
pensiero
d
'
angoscia
.
Può
essere
che
neanche
il
tuo
tormento
piú
duro
tocchi
la
verità
.
Non
è
scritto
che
ci
sia
una
verità
.
Perché
è
necessario
che
ci
sia
?
E
anche
se
c
'
è
,
al
dolore
non
è
dato
la
grazia
speciale
di
veggente
.
Quest
'
è
la
rettorica
del
dolore
veggente
.
Perché
il
dolore
dovrebbe
essere
piú
profondo
della
gioia
?
La
cosa
pensata
da
tutti
non
è
necessario
sia
vera
.
Per
esempio
,
cosa
parlano
di
annullamento
nella
pace
cosmica
,
di
trasformazione
organica
perché
nasca
una
forma
particolare
?
Ma
può
anche
essere
vero
,
chi
ha
detto
di
no
?
La
tua
superbia
di
non
appagarti
in
ciò
che
gli
altri
dicono
.
E
che
vale
la
tua
superbia
davanti
al
mistero
?
Tu
sei
uno
che
non
sa
perché
perisce
questa
pianta
adesso
che
l
'
hai
strappata
di
terra
.
Era
una
pianta
di
timo
.
Sei
venuto
quassú
,
portato
dal
suo
profumo
.
L
'
accarezzavi
tanto
.
Le
volevi
bene
.
Era
una
dolce
pianta
di
timo
.
Snella
,
con
un
ciuffo
lieve
,
odorosa
.
Tu
l
'
hai
strappata
perché
non
hai
capito
cos
'
era
.
Tu
non
l
'
hai
capita
,
perché
sei
un
letterato
.
L
'
avresti
radicata
piú
fonda
nella
terra
,
nessuno
piú
l
'
avrebbe
potuta
strappare
.
Potevi
esserle
dio
.
Ora
marcisce
.
Nascerà
nuova
vita
da
essa
.
Vita
?
ma
mille
vermi
e
mille
gramigne
valgono
la
pianta
di
timo
che
hai
fatta
morire
?
Dio
,
perché
i
buoni
,
perché
anche
i
buoni
?
Ma
è
dunque
necessario
alla
vita
che
i
suoi
scompaiano
perché
essa
possa
continuare
?
Cosí
debole
è
la
vita
.
Indifferente
,
senza
legge
.
Muore
anche
il
buono
perché
anche
il
cattivo
nasca
.
Nessuna
legge
.
Non
un
buono
per
un
cattivo
:
sarebbe
legge
.
Buono
o
cattivo
,
buono
e
cattivo
:
ma
queste
son
distinzioni
nostre
!
Nell
'
universo
non
c
'
è
legge
.
Regna
ancora
il
caso
,
anche
ora
che
è
nato
l
'
uomo
e
la
volontà
.
Tu
ti
sforzi
d
'
esser
buono
,
ma
la
natura
non
ricava
niente
da
questo
tuo
sforzo
.
Ma
gli
uomini
sí
,
gli
uomini
!
E
,
signori
uomini
,
dopo
gli
uomini
?
dopo
la
vostra
alta
sapienza
?
L
'
universo
nuovo
sarà
migliore
perché
Dante
ha
scritto
?
I
Prigioni
di
Michelangelo
terranno
sulle
loro
spalle
la
notte
eterna
perché
non
fracassi
la
terra
che
gira
intorno
al
sole
,
e
il
sole
che
gira
intorno
a
Ercole
,
e
Ercole
che
gira
intorno
-
Intorno
a
che
cosa
?
-
Ma
tu
uomo
,
tu
che
vivi
e
obbedisci
alla
tua
coscienza
,
sapendo
che
non
migliori
niente
,
sei
un
eroe
.
Sei
il
tutto
di
fronte
al
niente
.
Dio
tu
sei
.
Dio
?
-
Ma
non
potrebbe
anche
essere
che
tu
vivi
soltanto
perché
ci
sei
abituato
e
ti
secca
provare
l
'
ignoto
?
No
,
non
facciamo
storie
grandi
;
vediamo
semplicemente
come
stanno
le
cose
.
La
vita
è
dopo
tutto
molto
comoda
per
chi
non
sa
arrischiarsi
nel
largo
mondo
.
Chi
esce
dalla
casa
può
smarrirsi
,
non
ti
pare
?
E
c
'
è
una
persona
che
ama
assai
il
suo
cervello
e
il
suo
largo
petto
.
C
'
è
qualcuno
che
vive
perché
è
ambizioso
;
ma
,
umile
,
dovrebbe
morire
.
Costui
sogna
nella
sua
superbia
di
avere
un
compito
e
una
strada
,
ma
che
conti
tu
in
realtà
?
senza
fede
,
senza
lavoro
,
senza
amore
,
carne
accasciata
!
Il
tuo
spirito
è
soggetto
al
caso
.
Una
persona
è
morta
:
e
tu
non
credi
piú
.
Sei
una
forma
qualunque
dell
'
universo
che
solo
in
questo
può
essere
superiore
:
vincere
l
'
orgogliosa
abitudine
,
e
morire
.
Tu
ti
puoi
persuadere
del
mistero
.
Puoi
rinunziare
.
Essere
umile
,
sereno
.
L
'
abisso
non
fa
orrore
.
Si
può
scivolare
giú
.
Solo
bisogna
lanciarsi
piú
in
là
per
non
portare
con
sé
i
sassi
fragorosi
.
Andar
giú
zitti
.
Non
disturbare
il
freddo
silenzioso
dell
'
universo
.
Come
l
'
acqua
nell
'
acqua
.
O
,
o
!
-
ma
anche
può
essere
che
tu
non
sai
sopportare
un
dolore
,
amico
.
Può
essere
,
non
è
assolutamente
certo
,
caro
.
Può
anche
essere
che
ora
io
ti
parli
soltanto
per
paura
di
morte
.
Ma
se
fosse
vero
che
tu
muori
perché
non
sai
sopportare
un
dolore
?
Perché
sei
incerto
?
Ora
viene
l
'
angoscia
.
La
sentite
?
L
'
aria
è
spasimante
sotto
le
sue
grandi
mani
.
Le
nuvole
serrano
la
luna
.
Sangue
,
nero
.
Silenzio
.
Dio
!
Dio
muto
e
fermo
sul
trono
.
Non
voglio
!
È
vigliacco
morire
senza
una
certezza
.
Per
nessuno
;
ma
per
me
,
per
me
,
non
posso
ancora
morire
.
No
,
sincero
,
sí
,
sincero
:
perché
bisogna
esprimere
questo
momento
.
Esprimere
.
Tutta
la
vita
è
espressione
.
E
dunque
osserva
la
tua
morte
con
la
calma
necessaria
,
e
preparati
un
efficace
stato
d
'
animo
.
Ma
perché
?
Io
vado
avanti
.
Io
sono
un
poeta
.
Sí
,
vado
avanti
,
certamente
.
Il
mare
è
in
fiamme
.
Il
cielo
è
grande
.
Notte
,
buona
sorella
,
un
po
'
di
vento
va
e
viene
.
Come
sarebbe
quieto
dormire
.
Notte
!
voglio
te
,
mamma
!
non
venga
la
luce
,
non
voglio
l
'
alba
.
Ho
strappato
tutte
le
peonie
di
Lipizza
,
piena
la
mantella
,
e
le
ho
versate
sulla
sua
tomba
.
Mamma
,
di
'
che
non
facciano
strepito
,
vado
a
dormire
.
Arrivederci
,
mucci
,
addio
.
Per
la
strada
venivano
tutti
gli
asinelli
carichi
di
latte
.
Erri
!
erri
!
Quasi
montavo
su
uno
perché
ero
stanco
.
Che
effetto
fa
,
tornar
di
lassú
e
per
le
scale
puzza
d
'
olio
bruciato
,
non
so
che
odore
.
Ma
chi
sta
in
questo
casamento
enorme
?
No
,
no
,
grazie
,
non
ho
fame
.
A
rivederci
.
Ora
ha
vinto
la
pioggia
.
Un
respiro
caldo
di
vento
fa
tremare
i
fogli
sparsi
sul
tavolo
,
un
respiro
umido
,
di
malato
.
Dalle
stanche
nuvole
s
'
infiltra
la
pioggia
,
giú
per
l
'
aria
.
Tutto
s
'
ingrigia
in
un
languore
d
'
affanno
e
la
gente
cammina
senza
meta
nelle
silenziose
strade
lunghe
.
Torniamo
alla
vita
cosí
,
rassegnati
e
muti
,
perché
forse
è
meglio
,
e
il
dolore
e
la
gioia
sono
vani
.
Finiti
gli
studi
,
tornerò
a
Trieste
,
e
farò
il
professore
.
Io
non
ho
molti
bisogni
,
vivo
con
poco
,
e
il
piú
sarà
per
le
sorelle
.
Alle
domeniche
andrò
dagli
amici
e
passeremo
un
po
'
di
tempo
insieme
,
seduti
vicini
,
chiacchierando
affettuosamente
.
Questa
buona
figliuola
è
cosí
felice
che
sono
venuto
,
dopo
tanto
tempo
!
,
a
trovarla
.
Mi
prende
le
mani
guardandomi
con
tanto
affetto
;
e
non
chiede
e
non
è
curiosa
.
Forse
ella
sa
,
ma
mi
lascia
godere
in
pace
il
tepore
della
stanza
riscaldata
e
la
tranquillità
della
sua
casa
.
«
Berremo
una
tazza
di
tè
,
vuole
?
Aspetti
:
dico
di
non
essere
in
casa
per
nessuno
,
sono
cosí
contenta
!
»
Ma
no
,
perché
?
Anzi
,
ho
voglia
di
vedere
un
po
'
di
gente
e
discorrere
con
loro
.
Son
rimasto
qualche
giorno
lontano
.
Ho
sofferto
un
poco
;
ma
ora
mi
son
rimesso
quasi
completamente
.
Beviamo
il
suo
buon
tè
,
aspetti
,
questo
biscotto
è
piú
buono
.
E
cosí
mentre
si
sta
chiacchierando
da
buoni
amici
,
viene
una
signorina
,
porta
nuovi
discorsi
,
si
parla
,
anche
si
discute
.
Poi
io
saluto
affettuosamente
e
torno
a
casa
e
sorrido
ai
miei
e
gioco
con
loro
.
Essi
sono
contenti
.
A
poco
a
poco
,
meravigliandosi
l
'
un
l
'
altro
,
tornano
a
parlare
con
voce
naturale
,
senza
guardarmi
piú
di
sfuggita
e
chinare
la
testa
sulla
tavola
,
imbarazzati
,
non
sapendo
che
dire
.
Ora
a
poco
a
poco
la
vita
nostra
riprenderà
l
'
usato
tono
,
vedrai
mamma
;
anche
lavorerò
.
Sono
un
po
'
cambiato
,
è
vero
,
ma
tornerà
anche
la
speranza
,
aspettiamo
un
poco
.
Ma
l
'
anima
mia
benedetta
ha
ancora
tanta
forza
da
negare
duramente
,
no
,
no
!
cosí
,
no
.
Via
dagli
uomini
finché
tu
non
li
ami
.
Via
!
rispetta
almeno
il
tuo
dolore
.
Meglio
questa
scrosciante
piova
sul
mio
capo
,
e
tornare
lassú
,
magari
per
sempre
.
I
cani
di
notte
!
Vengo
su
,
via
dalla
città
,
dimenticando
per
la
fatica
di
metter
un
piede
davanti
all
'
altro
,
e
non
sento
frondeggiare
gli
alberi
lungo
la
mia
salita
,
non
vedo
queste
piccole
case
solitarie
,
serrate
e
sbarrate
come
per
un
assassino
notturno
che
sempre
sia
pronto
.
Cammino
.
La
via
è
acquitrinosa
.
Non
so
della
città
che
dorme
o
luccica
o
impazza
dietro
le
mie
spalle
.
Non
so
del
cielo
.
Cammino
nella
fedele
oscurità
,
svoltando
perché
il
viottolo
svolta
-
e
sempre
mi
pare
che
stia
per
finire
e
io
mi
trovi
chiuso
dove
non
si
può
piú
andare
avanti
.
Cammino
.
La
smania
dell
'
incerto
,
l
'
ansia
dei
muscoli
hanno
ingoiato
il
dolore
.
Penso
semplicemente
di
metter
bene
il
piede
per
non
sdrucciolare
.
Ah
l
'
oblio
,
l
'
oblio
in
questo
andare
anelante
,
col
petto
proteso
in
avanti
per
sbilanciare
in
su
tutto
lo
stanco
corpo
!
Il
sangue
mi
batte
rotto
nelle
tempie
.
Piú
presto
!
E
d
'
improvviso
,
nell
'
orecchia
,
qui
sul
capo
,
l
'
urlo
vigliacco
d
'
un
cane
.
Un
urlo
rauco
,
furibondo
,
quasi
disperato
.
Un
urlo
di
vendetta
per
le
inutili
notti
di
veglia
.
L
'
anima
si
riscote
e
trema
.
Che
cosa
faccio
qui
a
quest
'
ora
?
All
'
urlo
risponde
il
cane
vicino
che
non
aveva
sentito
il
mio
passo
silenzioso
,
e
un
altro
dirimpetto
,
l
'
altro
piú
in
su
,
giovane
,
allegramente
.
È
dato
l
'
allarme
.
E
subito
tutto
l
'
anfiteatro
di
colli
è
sveglio
,
e
la
notte
ulula
e
ringhia
contro
questo
mio
povero
passo
che
evitava
lo
stelo
secco
per
non
svegliare
,
per
passare
via
,
andar
solo
e
ignorato
.
Una
finestra
s
'
apre
cautamente
,
io
m
'
allontano
impaurito
come
colto
sul
fatto
.
Tutto
è
di
nuovo
presente
.
Torna
il
dolore
e
l
'
angoscia
.
Ho
paura
.
C
'
è
troppe
cose
ignote
,
gravide
d
'
oscurità
,
intorno
a
me
.
Sono
veramente
in
un
bosco
?
Non
fui
mai
qui
.
Non
trovo
nulla
d
'
amico
.
Tocco
i
tronchi
umidi
e
gommosi
-
è
un
frassino
,
certo
,
questa
scorza
liscia
come
pelle
.
Non
senti
?
Cade
una
piova
di
piccole
corolle
bianche
,
come
perle
minute
.
Tutto
è
riposo
.
Non
muoverti
.
Non
disturbare
.
Eppure
qualcosa
è
sveglio
.
Scricchiola
e
crepita
leggermente
.
Che
è
che
anche
di
notte
non
dorme
?
Non
fa
vento
;
l
'
aria
pesante
era
ostacolo
all
'
andare
.
Sto
fermo
e
ascolto
senza
respiro
.
Chi
è
nascosto
nel
bosco
?
Ma
ho
il
mio
coltello
qui
.
"
Chi
è
?
"
Nulla
.
E
tremo
di
questo
mio
vagabondare
notturno
,
in
posti
deserti
dove
solo
chi
deve
nascondersi
cerca
il
suo
letto
!
Come
se
io
meditassi
qualcosa
contro
gli
uomini
.
No
,
no
!
Ecco
,
vedo
la
bragia
della
sigaretta
,
scende
un
uomo
.
Mi
passa
accosto
con
cautela
,
guardandomi
di
sfuggita
.
Perché
ha
paura
?
Ma
io
non
gli
faccio
niente
!
io
sento
il
suo
passo
allontanarsi
e
perdersi
...
ora
è
già
nella
sua
casa
,
accende
il
lume
e
guarda
i
suoi
figlioli
che
dormono
.
Io
?
Neanch
'
ella
dormiva
.
Anch
'
ella
era
sola
e
dolorosa
.
Io
veglio
la
sua
notte
.
Io
batto
i
boschi
e
le
macchie
come
un
guardiano
notturno
in
cerca
dell
'
assassino
.
Io
non
tollero
che
la
notte
nasconda
nessun
malfattore
nella
sua
ombra
nera
.
Dalla
sera
all
'
alba
io
cammino
cercando
,
e
alla
mattina
mi
butto
sotto
un
albero
e
aspetto
fino
alla
sera
.
Una
volta
o
l
'
altra
lo
devo
trovare
.
Fino
allora
non
ho
diritto
di
dormire
la
notte
.
Anch
'
ella
non
dormiva
.
La
notte
ella
balzava
dal
letto
e
spalancando
la
finestra
avrebbe
voluto
star
sola
col
vento
nella
sua
angoscia
.
Guardava
le
scure
masse
del
carso
diffondersi
davanti
a
lei
,
ma
laggiú
per
le
strade
camminano
,
cianciano
e
si
fermano
per
discutere
di
politica
e
d
'
affari
quelli
che
camminavano
e
si
fermavano
lí
,
sotto
la
sua
casa
,
quelle
notti
.
Si
sdraia
accanto
alla
moglie
grassa
.
-
Sogna
che
venti
giovanotti
elegantissimi
le
si
accalcano
intorno
ammirati
del
suo
cappello
nuovo
.
-
S
'
inquieta
perché
non
seppe
vendere
quelle
casse
d
'
agrumi
.
-
Pensa
che
finalmente
le
vacanze
universitarie
sono
finite
,
e
si
ritorna
a
Vienna
.
-
Chissà
perché
la
sorella
ha
guardato
cosí
fisso
quell
'
uomo
?
-
Bisogna
che
tu
sia
piú
cortese
con
lui
.
Questa
è
la
vita
che
esigeva
il
suo
sorriso
.
Ella
doveva
esser
allegra
.
Ella
aveva
tutto
.
C
'
era
uno
perfino
che
studiava
i
segni
di
lapis
sui
libri
ch
'
ella
leggeva
,
e
sapeva
tutte
le
strade
dove
passava
ogni
giorno
.
Tutto
ella
aveva
.
E
si
ammazzò
.
Ah
!
-
È
lucido
il
mio
coltello
,
natura
!
Gli
occhi
vi
si
specchiano
come
in
volto
fraterno
.
La
sua
lama
è
pura
di
macchia
come
punta
di
piccone
.
Acciaio
di
Solingen
,
manico
di
corno
,
serramanico
durissimo
.
Fedele
e
vigile
compagno
delle
mie
notti
,
ficcati
dritto
nella
terra
accanto
alla
mano
destra
.
Silenzioso
e
sicuro
.
Io
chiesi
un
temperino
a
un
'
amica
;
essa
mi
portò
questo
quindici
centimetri
di
acciaio
.
Silenzioso
s
'
arrotò
sui
rami
e
sui
tronchi
.
Ora
ride
di
freddo
e
di
tormento
.
Silenzioso
vuoi
riscaldarti
?
Tu
mi
bruci
le
labbra
dal
freddo
.
Ricordi
quella
notte
?
Era
caldo
,
no
,
dentro
la
faina
?
Come
la
infiggemmo
!
Sussultava
torgendosi
rotta
come
una
biscia
,
e
tentava
di
strattarti
dalla
terra
.
Ma
io
,
ridendo
benignamente
,
le
sputavo
fra
i
denti
fradici
di
sangue
,
e
ti
aiutavo
da
buon
fratello
affondandoti
col
pugno
,
sicché
il
tuo
manico
incassava
un
solco
sempre
piú
fondo
nella
schiena
stroncata
,
e
la
sua
pancia
s
'
appiattiva
contro
il
suolo
,
il
suo
strido
s
'
inveleniva
come
un
cantino
sempre
piú
strinto
piú
strinto
.
-
Stinc
!
Hai
dimenticato
?
i
suoi
bei
mostacchi
da
ratto
!
Rigido
d
'
ozio
tu
sei
!
o
via
!
Ecco
che
nel
frassino
tu
fai
il
tuo
netto
incasso
triangolare
,
e
ne
geme
un
succo
biancastro
come
sangue
marcito
.
-
Come
?
Eh
,
eh
!
tu
hai
sete
di
piú
buon
liquore
,
Silenzioso
!
La
vendetta
dissecca
.
Vieni
qua
:
dammi
un
bacio
!
Come
tu
ridi
!
Caro
.
Zitto
!
La
torre
municipale
batte
l
'
ora
.
Va
bene
:
è
proprio
l
'
ora
.
La
città
schifosa
è
laggiú
,
nel
fumo
e
nella
luce
.
Andiamo
,
Silenzioso
.
Natura
,
io
ti
ringrazio
.
Tu
m
'
hai
fatto
libero
,
e
ti
ringrazio
.
Io
ero
pieno
di
legge
e
di
dovere
.
Io
sapevo
cosa
era
la
bontà
e
cos
'
era
il
male
.
Ma
tu
mandi
gli
uomini
cattivi
e
poi
mandi
altri
uomini
per
vendicarti
di
essi
.
Li
strappi
,
con
un
piccolo
atto
,
dalle
preoccupazioni
del
mondo
,
e
li
fai
tutti
tuoi
,
per
la
vendetta
.
Tu
fai
morire
i
buoni
per
i
tuoi
giusti
fini
.
Tu
ci
fai
spremere
d
'
angoscia
per
i
tuoi
giusti
fini
.
Tu
ci
crei
e
ci
annienti
per
i
tuoi
giusti
fini
.
Natura
tu
sei
dal
principio
dei
tempi
giusta
,
e
io
ti
ringrazio
d
'
avermi
fatto
nascere
.
Io
t
'
obbedisco
,
o
divina
e
buona
natura
.
Che
vuoi
con
questo
tuo
bimbo
sano
che
fai
crescere
nell
'
amore
di
te
?
Aspettiamo
che
cresca
,
vuoi
?
Aspettiamo
che
venga
su
e
lavori
e
ami
.
Ora
riposa
.
Lascialo
riposare
,
natura
.
Egli
ti
vede
bella
come
la
sposa
e
parla
con
santità
di
te
.
Quel
piccolo
bambino
crede
,
t
'
assicuro
.
Egli
crede
,
e
bacia
i
fiori
che
incontra
per
i
campi
e
saluta
gli
uomini
meravigliandosi
della
loro
bellezza
.
Egli
guarda
come
lavora
il
fabbro
e
come
mettono
il
lastrico
nelle
vie
.
Egli
ha
voglia
di
sedersi
insieme
ai
forti
facchini
sul
carro
che
corre
e
aiuta
la
donna
a
mettersi
il
mastello
in
testa
.
Egli
ha
voglia
di
aiutare
gli
uomini
.
Lasciamolo
crescere
.
Io
ho
tempo
,
molto
tempo
,
aspettiamo
.
Qui
,
qui
in
questa
grande
casa
verde
è
nato
.
Non
credete
?
Perché
mi
guardate
negli
occhi
?
È
già
l
'
alba
?
Presto
rosseggia
laggiú
.
Bisogna
far
presto
.
Ma
non
guardatemi
cosí
,
non
temete
affatto
!
Io
sono
un
bimbo
che
aspetta
,
che
ha
tempo
,
che
ha
tanto
tempo
,
e
aspetta
di
crescere
e
di
amare
.
Toccate
come
sono
già
fredde
le
mie
mani
,
sono
un
pezzo
di
carne
gelata
.
Ho
freddo
.
Datemi
un
po
'
di
fuoco
e
un
po
'
d
'
acqua
,
vi
prego
.
Ma
non
sentite
,
non
sentite
come
patisco
,
fratelli
?
Lasciatemi
dormire
qualche
ora
sul
vostro
letto
,
perché
sono
assai
stanco
.
Sto
seduto
in
riva
allo
stagno
dove
le
armente
vengono
a
bere
,
allungo
la
mano
,
prendo
un
sasso
e
lo
butto
nell
'
acqua
.
Il
sasso
fa
un
tonfo
motoso
e
sparisce
.
Cammino
a
testa
bassa
,
scoprendo
i
pezzettini
di
vetro
,
il
filo
di
paglia
,
i
batufoletti
di
capelli
mischiati
con
la
ghiaia
.
Rompo
uno
zolfanello
in
due
,
prendo
il
temperino
,
taglio
i
pezzi
per
lungo
,
taglio
i
nuovi
pezzi
;
poi
butto
via
tutto
.
Avrei
voglia
di
fresche
perline
da
infilare
con
l
'
ago
.
Non
riposerai
.
Questo
ti
prometto
.
Lavorerai
piangendo
dal
disgusto
,
ma
lavorerai
.
Sei
stanco
,
e
forse
non
puoi
far
piú
nulla
.
Le
tue
mani
non
sono
piú
abbastanza
forti
per
il
martello
;
il
tuo
cervello
è
annebbiato
.
Sei
una
bestia
ferita
a
morte
che
cerca
un
nascondiglio
per
crepare
.
Sta
bene
.
Ma
lavorerai
.
Tu
non
sai
niente
.
Un
piccolo
atto
incomprensibile
ha
disperso
le
meschine
verità
che
t
'
eri
racimolato
a
schiena
curva
.
Sei
solo
e
nudo
.
Sei
inerte
.
Sei
davanti
a
un
mistero
che
ti
sarà
impenetrabile
per
sempre
.
Sta
bene
.
So
.
Ma
lavorerai
.
Non
sai
perché
l
'
erba
cresce
e
il
mondo
esista
.
Non
sai
se
il
mondo
esiste
o
no
.
Non
sai
cosa
tu
sei
.
Può
essere
che
l
'
universo
sia
nato
da
una
maledizione
.
Il
tuo
dannato
lavoro
sarà
,
forse
,
eternamente
vano
.
Ma
lavorerai
,
come
se
tu
fossi
l
'
ultimo
dei
rimasti
.
Dopo
-
non
so
se
vi
sarà
riposo
.
Ma
ti
prometto
che
qui
non
avrai
riposo
.
Qui
lavorerai
.
Questo
è
certo
.
Io
voglio
rifarmi
forte
e
duro
.
L
'
aria
del
carso
ha
già
sfregato
via
dal
mio
viso
il
color
di
camera
.
I
polmoni
tiran
piú
lungo
la
fiatata
.
La
schiena
sente
poco
i
sassi
.
Io
amo
il
corpo
robusto
,
capace
di
patire
,
di
resistere
,
di
lavorare
.
I
deboli
mi
fanno
schifo
,
come
creature
dipendenti
dalla
pioggia
e
dal
bel
tempo
.
Salute
è
condizione
di
libertà
.
Le
malattie
vadano
da
chi
è
abituato
a
stare
in
letto
-
diceva
mio
zio
-
e
non
mi
vengano
a
rompere
le
scatole
.
Mi
fa
piacere
poter
stroncare
sul
ginocchio
un
tronco
di
nocciolo
,
e
buttar
venti
passi
lontano
la
pietra
che
quasi
non
posso
alzar
fino
alla
spalla
.
Mi
fa
piacere
ricordare
che
una
volta
c
'
erano
uomini
che
sradicavano
un
quercione
dalla
terra
per
servirsene
di
bastone
.
Buona
cosa
è
poter
difendere
col
proprio
pugno
la
propria
vita
.
Non
amo
il
revolver
;
non
saprei
,
forse
,
sparare
contro
un
uomo
.
Difendermi
a
coltellate
,
sí
.
Vivrei
quassú
in
carso
,
solo
.
Forse
troverei
la
mia
vera
Vila
,
Carsina
.
Lei
non
doveva
morire
.
Credeva
che
io
fossi
tutto
forza
e
bontà
.
Io
non
sono
forte
.
Io
ho
bisogno
d
'
amare
come
tutti
gli
uomini
.
Io
voglio
la
vita
piena
,
completa
,
col
suo
fango
e
i
suoi
fiori
.
Io
non
sono
fedele
alla
morte
.
Io
voglio
bene
alla
carne
sana
,
piena
di
sangue
e
di
prosperità
.
Io
voglio
bene
alla
mia
carne
.
Carsina
sarà
dritta
e
avrà
i
capelli
un
po
'
resinosi
come
i
ciuffi
dei
ginepri
primaverili
.
Denti
bianchi
e
aguzzi
,
per
mordere
.
Elastica
alla
vita
da
rovesciarsi
in
una
rossa
risata
col
capo
all
'
ingiú
sotto
la
mia
stretta
.
Sarà
bello
svegliarsi
alla
prima
alba
e
vedere
i
piccioli
delle
foglie
e
il
cielo
bianco
tra
esse
.
Baciarci
nella
rugiada
.
Carsina
,
finché
tu
sarai
giovane
io
vivrò
quassú
solo
con
te
.
Io
avrei
dovuto
vigilare
nel
suo
sonno
come
un
cane
nella
camera
del
padrone
perché
nessuno
v
'
entri
.
Avrei
dovuto
tenermela
tutta
nelle
braccia
,
e
radicarla
nella
terra
.
Quando
la
baciai
non
seppi
pensare
che
nel
suo
cuore
poteva
essere
il
pensiero
di
morte
.
Io
non
l
'
ho
capita
.
Ora
non
è
dolore
,
ma
punizione
.
Accetto
e
non
mi
lagno
.
Non
patisco
.
Il
male
sussulta
di
tratto
in
tratto
in
me
anche
nel
sonno
,
nel
torpore
e
nella
stanchezza
fisica
.
Io
credo
anche
dopo
la
morte
.
C
'
è
un
grumo
sanguinoso
dentro
il
cervello
che
non
mi
permette
di
pensare
limpidamente
.
Creatura
,
io
benedico
il
giorno
che
sei
nata
e
il
giorno
che
hai
voluto
morire
.
Non
chiedo
e
non
urlo
.
Io
so
che
tu
sei
morta
ferma
e
sicura
.
Le
piccole
parole
non
possono
spiegare
la
tua
morte
.
Ma
ogni
buon
atto
nostro
viene
da
te
,
e
tu
continui
a
vivere
nel
laborioso
amore
.
Cercheremo
d
'
esser
degni
di
te
.
La
nostra
opera
è
tua
,
e
se
possiamo
esser
contenti
di
lei
,
il
tuo
sorriso
ci
dà
gioia
e
pace
.
Noi
ti
ringraziamo
,
sorella
,
e
amiamo
la
tua
morte
come
abbiamo
amata
la
tua
vita
.
Tu
non
conosci
il
mistero
,
ma
anche
il
dolore
che
ti
fermò
gli
occhi
sul
nulla
è
parte
di
esso
;
e
se
tu
lo
esprimi
sinceramente
,
una
parte
del
mistero
è
svelata
.
Perché
dal
fiore
tu
conosci
le
radici
,
non
dalle
radici
la
pianta
.
Se
il
tuo
dolore
è
inerte
,
che
vale
il
tuo
dolore
?
Allora
esso
è
vano
,
e
tu
,
la
tua
vita
,
e
il
mondo
.
Come
nella
sacra
forma
umana
tu
devi
cercare
il
mistero
,
cosí
il
dolore
e
la
gioia
sono
lo
sformato
nulla
da
cui
tu
devi
estrarre
un
nuovo
mondo
.
Se
tu
fai
,
il
tuo
dolore
ha
preparato
agli
uomini
una
piú
intensa
eternità
.
Perché
non
sai
cos
'
è
il
bene
,
ma
senti
chiaramente
cos
'
è
il
meglio
.
Il
patimento
è
buono
,
se
esige
da
te
un
piú
profondo
dovere
.
Cosí
tu
ti
allarghi
nel
mistero
,
nutrendoti
di
lui
,
e
le
sue
tenebre
diventano
sole
nella
tua
anima
.
Per
questo
,
che
tu
devi
essere
piú
buono
,
tu
sei
uomo
fra
gli
uomini
.
Ora
li
puoi
amare
perché
hai
sofferto
e
disperato
.
Benedici
il
tuo
dolore
e
scendi
,
sereno
e
severo
,
fra
essi
.
Sono
disteso
nell
'
erba
.
Sugli
occhi
mi
sventola
il
sole
con
il
tremolio
soffuso
degli
olivi
.
Giunge
giunge
pieno
di
salute
e
di
gioia
il
maestrale
dell
'
Adriatico
.
Abbrividisce
il
verde
mare
di
Grignano
,
e
sprazza
in
innumeri
fiamme
e
scintille
dorate
,
e
la
fresca
pace
mi
penetra
disciogliendomi
come
terra
di
marzo
.
In
bocca
balza
un
canto
ingenuo
e
scomposto
.
Come
il
corpo
s
'
adagia
avidamente
sulla
terra
!
Le
braccia
si
distendono
grandi
su
di
essa
,
e
il
mio
respiro
si
fonde
come
una
preghiera
nell
'
infinita
aria
gioconda
.
Madre
,
madre
!
s
'
io
ti
maledii
,
tu
m
'
accogli
piú
amorosa
e
serena
.
I
tuoi
alberi
giovinetti
mi
circondano
sussurrando
in
coro
e
crepita
e
sciaborda
il
frumento
verso
il
ciuffo
rosso
del
giunco
,
mentre
dalla
nera
verdura
i
pomi
tondeggiano
e
s
'
acquattano
all
'
alitare
delle
vespe
e
dei
moscerini
tramanti
a
punteggi
e
sbalzelli
il
fondo
azzurro
.
E
via
,
d
'
uno
scatto
e
un
trillo
si
buttò
sul
mare
lo
scassacodola
.
Dolce
è
riposare
cosí
,
amando
delicatamente
questa
lunga
erba
,
e
palpitare
persi
con
lo
sguardo
nel
cielo
.
Io
sono
una
dolce
preda
desiderosa
d
'
inghiottirsi
nella
natura
.
Carso
,
che
sei
duro
e
buono
!
Non
hai
riposo
,
e
stai
nudo
al
ghiaccio
e
all
'
agosto
,
mio
carso
,
rotto
e
affannoso
verso
una
linea
di
montagne
per
correre
a
una
meta
;
ma
le
montagne
si
frantumano
,
la
valle
si
rinchiude
,
il
torrente
sparisce
nel
suolo
.
Tutta
l
'
acqua
s
'
inabissa
nelle
tue
spaccature
;
e
il
lichene
secco
ingrigia
sulla
roccia
bianca
,
gli
occhi
vacillano
nell
'
inferno
d
'
agosto
.
Non
c
'
è
tregua
.
Il
mio
carso
è
duro
e
buono
.
Ogni
suo
filo
d
'
erba
ha
spaccato
la
roccia
per
spuntare
,
ogni
suo
fiore
ha
bevuto
l
'
arsura
per
aprirsi
.
Per
questo
il
suo
latte
è
sano
e
il
suo
miele
odoroso
.
Egli
è
senza
polpa
.
Ma
ogni
autunno
un
'
altra
foglia
bruna
si
disvegeta
nei
suoi
incassi
,
e
la
sua
poca
terra
rossastra
sa
ancora
di
pietra
e
di
ferro
.
Egli
è
nuovo
ed
eterno
.
E
ogni
tanto
s
'
apre
in
lui
una
quieta
dolina
,
ed
egli
riposa
infantilmente
fra
i
peschi
rossi
e
le
pannocchie
canneggianti
.
Disteso
sul
tuo
grembo
io
sento
lontanar
nel
profondo
l
'
acqua
raccolta
dai
tuoi
abissi
,
una
sola
acqua
,
e
fresca
,
che
porta
la
tua
giovane
salute
al
mare
e
alla
città
.
L
'
acqua
delle
tue
grotte
io
amo
che
s
'
incanala
benefica
per
le
strade
dritte
.
Amo
queste
donne
carsoline
che
stringendo
fra
i
denti
,
contro
la
bora
,
la
cocca
del
fazzolettone
,
scendono
a
gruppi
in
città
,
con
in
testa
il
grande
vaso
nichelato
pieno
di
latte
caldo
.
E
la
striscia
bianca
dell
'
alba
,
e
il
bruciar
doloroso
dell
'
aurora
fra
la
caligine
della
città
.
Qui
è
ordine
e
lavoro
.
In
Puntofranco
alle
sei
di
mattina
l
'
infreddito
pilota
di
turno
,
gli
occhi
opachi
dalla
veglia
,
saluta
il
custode
delle
chiavi
che
apre
il
magazzino
attrezzi
.
I
grandi
bovi
bruni
e
neri
trainano
lentamente
vagoni
vuoti
vicino
ai
piroscafi
arrivati
iersera
;
e
quando
i
vagoni
sono
al
loro
posto
,
alle
sei
e
dieci
i
facchini
si
sparpagliano
per
gli
hangars
.
Hanno
in
tasca
la
pipa
e
un
pezzo
di
pane
.
Il
capo
d
'
una
ganga
monta
su
un
terrazzo
di
carico
,
intorno
a
lui
s
'
accalcano
piú
di
duecento
uomini
con
i
libretti
di
lavoro
levati
in
alto
,
e
gridano
d
'
esser
ingaggiati
.
Il
capo
ganga
strappa
,
scegliendo
rapidamente
,
quanti
libretti
gli
occorrono
,
poi
va
via
seguíto
dagli
ingaggiati
.
Gli
altri
stanno
zitti
,
e
si
risparpagliano
.
Pochi
minuti
prima
delle
sei
e
mezzo
il
meccanico
con
la
blusa
turchina
sale
sulla
scaletta
della
gru
,
e
apre
la
pressione
dell
'
acqua
;
e
infine
,
ultimi
,
arrivano
i
carri
,
i
lunghi
scaloni
sobbalzanti
e
fracassanti
.
Il
sole
strabocca
aranciato
sul
rettifilo
grigio
dei
magazzini
.
Il
sole
è
chiaro
nel
mare
e
nella
città
.
Sulle
rive
Trieste
si
sveglia
piena
di
moto
e
colori
.
E
levan
l
'
ancora
i
grossi
piroscafi
nostri
verso
Salonicco
e
Bombay
.
E
domani
le
locomotive
rintroneranno
il
ponte
di
ferro
sulla
Moldava
e
si
cacceranno
con
l
'
Elba
dentro
la
Germania
.
E
anche
noi
ubbidiremo
alla
nostra
legge
.
Viaggeremo
incerti
e
nostalgici
,
spinti
da
desiderosi
ricordi
che
non
troveremo
nostri
in
nessun
posto
.
Di
dove
venimmo
?
Lontana
è
la
patria
e
il
nido
disfatto
.
Ma
commossi
d
'
amore
torneremo
alla
patria
nostra
Trieste
,
e
di
qui
cominceremo
.
Noi
vogliamo
bene
a
Trieste
per
l
'
anima
in
tormento
che
ci
ha
data
.
Essa
ci
strappa
dai
nostri
piccoli
dolori
,
e
ci
fa
suoi
,
e
ci
fa
fratelli
di
tutte
le
patrie
combattute
.
Essa
ci
ha
tirato
su
per
la
lotta
e
il
dovere
.
E
se
da
queste
piante
d
'
Africa
e
Asia
che
le
sue
merci
seminano
fra
i
magazzini
,
se
dalla
sua
Borsa
dove
il
telegrafo
di
Turchia
e
Portorico
batte
calmo
la
nuova
base
di
ricchezza
,
se
dal
suo
sforzo
di
vita
,
dalla
sua
anima
crucciata
e
rotta
s
'
afferma
nel
mondo
una
nuova
volontà
,
Trieste
è
benedetta
d
'
averci
fatto
vivere
senza
pace
né
gloria
.
Noi
ti
vogliamo
bene
e
ti
benediciamo
,
perché
siamo
contenti
di
magari
morire
nel
tuo
fuoco
.
Noi
andremo
nel
mondo
soffrendo
con
te
.
Perché
noi
amiamo
la
vita
nuova
che
ci
aspetta
.
Essa
è
forte
e
dolorosa
.
Dobbiamo
patire
e
tacere
.
Dobbiamo
essere
nella
solitudine
in
città
straniera
,
quando
s
'
invidia
il
carrettiere
bestemmiante
nella
lingua
compresa
da
tutti
attorno
,
e
andando
sconsolati
di
sera
fra
visi
sconosciuti
che
non
si
sognano
della
nostra
esistenza
,
s
'
alza
lo
sguardo
oltre
le
case
impenetrabili
,
tremando
di
pianto
e
di
gloria
.
Noi
dobbiamo
spasimare
sotto
la
nostra
piccola
possibilità
umana
,
incapaci
di
chetare
il
singhiozzo
d
'
una
sorella
e
di
rimettere
in
via
il
compagno
che
s
'
è
buttato
in
disparte
e
chiede
:
"
Perché
?
"
.
Ah
,
fratelli
come
sarebbe
bello
poter
esser
sicuri
e
superbi
,
e
godere
della
propria
intelligenza
,
saccheggiare
i
grandi
campi
rigogliosi
con
la
giovane
forza
,
e
sapere
e
comandare
e
possedere
!
Ma
noi
,
tesi
di
orgoglio
,
con
il
cuore
che
ci
scotta
di
vergogna
,
vi
tendiamo
la
mano
,
e
vi
preghiamo
d
'
esser
giusti
con
noi
,
come
noi
cerchiamo
di
esser
giusti
con
voi
.
Perché
noi
vi
amiamo
,
fratelli
,
e
speriamo
che
ci
amerete
.
Noi
vogliamo
amare
e
lavorare
.