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> categoria_s:"Narrativa" > autore_s:"SLATAPER SCIPIO"
IL MIO CARSO ( SLATAPER SCIPIO , 1912 )
Narrativa ,
a Gioietta Parte prima Vorrei dirvi : Sono nato in Carso , in una casupola col tetto di paglia annerita dalle piove e dal fumo . C ' era un cane spelacchiato e rauco , due oche infanghite sotto il ventre , una zappa , una vanga , e dal mucchio di concio quasi senza strame scolavano , dopo la piova , canaletti di succo brunastro . Vorrei dirvi : Sono nato in Croazia , nella grande foresta di roveri . D ' inverno tutto era bianco di neve , la porta non si poteva aprire che a pertugio , e la notte sentivo urlare i lupi . Mamma m ' infagottava con cenci le mani gonfie e rosse , e io mi buttavo sul focolaio frignando per il freddo . Vorrei dirvi : Sono nato nella pianura morava e correvo come una lepre per i lunghi solchi , levando le cornacchie crocidanti . Mi buttavo a pancia a terra , sradicavo una barbabietola e la rosicavo terrosa . Poi son venuto qui , ho tentato di addomesticarmi , ho imparato l ' italiano , ho scelto gli amici fra i giovani piú colti ; ma presto devo tornare in patria perché qui sto molto male . Vorrei ingannarvi , ma non mi credereste . Voi siete scaltri e sagaci . Voi capireste subito che sono un povero italiano che cerca d ' imbarbarire le sue solitarie preoccupazioni . È meglio ch ' io confessi d ' esservi fratello , anche se talvolta io vi guardi trasognato e lontano e mi senta timido davanti alla vostra coltura e ai vostri ragionamenti . Io ho , forse , paura di voi . Le vostre obiezioni mi chiudono a poco a poco in gabbia , mentre v ' ascolto disinteressato e contento , e non m ' accorgo che voi state gustando la vostra intelligente bravura . E allora divento rosso e zitto , nell ' angolo del tavolino ; e penso alla consolazione dei grandi alberi aperti al vento . Penso avidamente al sole sui colli , e alla prosperosa libertà ; ai veri amici miei che m ' amano e mi riconoscono in una stretta di mano in una risata calma e piena . Essi sono sani e buoni . Penso alle mie lontane origini sconosciute , ai miei avi aranti l ' interminabile campo con lo spaccaterra tirato da quattro cavalloni pezzati , o curvi nel grembialone di cuoio davanti alle caldaie del vetro fuso , al mio avolo intraprendente che cala a Trieste all ' epoca del portofranco ; alla grande casa verdognola dove sono nato , dove vive , indurita dal dolore , la nostra nonna . Era bello vederla seduta nella larga terrazza spaziante su enormi spalti le montagne e il mare , lei secca e resistente accanto all ' altra mia nonna , la veciota venesiana , rubiconda e spensierata , che aveva quasi ottant ' anni e le si vedeva ancora il forte palpito azzurrino del polso sollevarsi e cadere nella pelle morbida come una foglia . Questa mi parlava dell ' assedio di Venezia , del sacco di patate in mezzo la cantina , della bomba che fracassò un pezzo di casa . E aveva un fazzolettino bianco sui pochi capelli fini , ed era allegra . Quando veniva a mangiare da noi , babbo le diceva sempre : " Beati i oci che i la vedi " . Ma allora essa non m ' interessava . Io filavo in campagna a giocare con gli alberi . Il nostro giardino era pieno d ' alberi . C ' era un ippocastano rosso con due rami a forca che per salire bisognava metterci dentro il piede , e poi non potendolo piú levare ci lasciavo la scarpa . Dall ' ultime vette vedevo i coppi rossi della nostra casa , pieni di sole e di passeri . C ' era una specie di abete vecchissimo , su cui s ' arrampicava una glicinia grossa come un serpente boa , rugosa , scannellata , torta , che serviva magnificamente per le salite precipitose quando si giocava a ' sconderse . Io mi nascondevo spesso su quel vecchio cipresso ricco di cantucci folti e di cespugli , e in primavera , mentre spiavo di lassú il passo cauto dello stanatore , mi divertivo a ciucciare la ciocca di glicine che mi batteva fresca sugli occhi come un grappolo d ' uva . Il fiore del glicine ha un sapore dolciastro - amarognolo , strano , di foglie di pesco e un poco come d ' etere . C ' erano anche molti alberi fruttiferi , àmoli , ranglò , ficaie , specialmente . Appena i fiori perdevano i petali e i picciòli ingrossavano , io ero lassú a gustarli , non ancora acerbi . Acerbi son buoni ! Il guscio del nocciolo è ancora tenero , come latte rappreso , e dentro c ' è un po ' d ' acqua limpidissima e ciucciosa . Poi , dopo qualche giorno , quando la mamma è uscita di nuovo per andare dalla zia , essa diventa una gomma gelatinosa dolce a sorbirsi con la punta della lingua . Ma la carne com ' è buona , cosí aspra . Prima il dente ha paura di toccarla , e la strizza guardingo , mentre la lingua riccamente la inumidisce e assapora la linfa delle piccole punture . Poi la si addenta . Le gengive bruciano , i denti si stringono l ' uno addosso dell ' altro , si fanno scabri e ruvidi come pietre , e tutta la bocca diventa una ricca acqua . Ma quando viene l ' estate , per arrivare i pochi frutti rimasti bisogna essere ghiri . Andare dove gli uccelli non hanno paura , perché non sono abituati a trovarvi anche lassú . Alla biforcazione delle due frasche piú alte mi tenevo agganciato con un piede e bilanciandomi con la destra distesa procedevo a modo di bruco con la sinistra sulla fraschetta svettante , trattenendo il respiro , finché arrivavo al punto dove si piegava e a poco a poco s ' avvicinava fino alla mia bocca . Qualche volta dovevo lasciarla riscattar via perché la nonna sgridava " Fioi , ve ' mazarè su quei alberi ! " . Allora stavo zitto , rosso , e scivolavo giú fluendo . E c ' era anche , accosto al muro della strada , un tasso baccata che scortecciavo facilmente a larghi brani per vederlo piú pulito e piú rossiccio . Aveva , al terzo piano , due rami come un letto , e lí dormivo qualche dopopranzo ; oppure contemplavo tronificante la mularia stradaiola che faceva a ruffa di sotto per agguantare le bacche rosse che buttavo giú da signore . ( Io non le mangiavo , mi schifavano ) . Poi imbaldanzita cominciava a fiondar sassi , e io allora , saltato giú come un demonio , correvo al portone , ne strappavo la verghetta di ferro che serviva da chiavistello , e giú a rotta di collo per le strade , fino quasi al centro della città , con una maglietta e calzoncini a righette bianche e blu , lunghi riccioli biondi , urlando : " daghe ! daghe ! " . E alla sera m ' addormentavo disteso sul letto , mentre ancora mamma mi levava le calze piene di terriccio e ghiaiola . Cara e buona mamma mia . La mularia ! Fecero la guerra a terribili sassate in Sanza , un ' antica fortezza triestina diroccata , accanto alla nostra campagna . Li sentimmo urlare , correre , massacrarsi . Erano italiani e negri . Vinsero gl ' italiani . E uno d ' essi scendeva col collo rotto e cantava cadenzatamente : « Ma intanto mi go vinto ! ma intanto mi go vinto ! » . Io vidi tutta la guerra abissina su una grande carta geografica che babbo aveva inchiodato nella nostra camera , e ci spiegava , tenendo in mano il Piccolo , dove gl ' italiani procedevano . Di sotto c ' erano , a cavallo , con piume in testa e neri in viso , Menelik , ras Alula : e io gli bucavo il naso con lo spillo delle bandierine . Ero molto contento che gl ' italiani vincessero . Credo d ' aver pregato per loro . Allora credevo in Dio e pregavo ogni sera : " Padre nostro che sei nei cieli " , e poi stringevo gli occhi , stavo fermo fermo , pensando soltanto quella persona che desideravo Dio amasse . E questo era pregare . E pregavo per la mia bella Italia , che aveva una grande corazzata , la piú forte del mondo , che si chiamava Duilio . La nostra patria era di là , oltre il mare . Invece qui , mamma chiudeva le persiane alla vigilia della festa dell ' imperatore , perché noi non s ' illuminava le finestre e si temeva qualche sassata . Ma l ' Italia vincerà e ci verrà a liberare . L ' Italia è fortissima . Voi non sapete cos ' era per me la parola " bersagliere " . La nostra casa era bella e patriarcale . L ' atrio era come un grande tempio , arioso , intorno a cui giravan le scale con le balaustre bianche , incorniciate di legno lustro , giallo bruno . D ' inverno il sole entrando per i finestroni cercava di scaldare i cacti sgonfi di zio Daghelondai . Era la casa del nonno in cui abitavano i molti figliuoli del nonno , e i molti nipoti . La domenica e le feste il nonno sedeva a capo della tavola parentale , laggiú in fondo . Era alto di torace con un viso largo e indulgente e una gran barba bianchissima . Guardava contento i suoi figliuoli e le loro donne . Quanti cari parenti erano seduti intorno alla tavola nella gran sala domenicale ! Tutti erano seduti al loro posto , e quando altri venivano , si aggiungeva un ' asse alla tavola e si prendeva una piú lunga tovaglia dall ' armadio . Perché i nostri parenti erano molti , e arrivavano da Zagabria , da Padova , dall ' America e portavano baicoli e giocattoli . C ' era zio Boto , intorno a quella tavola , che faceva quadri e ci contava le avventure di Saturnino Farandola , e zia Tilde con due grandi occhi dolci , color mare , e Biancolina , cuginetta , che stava sempre con mio fratello e io cercavo rabbioso di sapere i loro segreti , e zio Daghelondai che ci diceva sempre con voce burbera : " Turco alla predica ! Daghelondai ! " , e io ridevo e mio fratello saltava spiritato pestando i piedi , e zio Guido , e zio Feliciano , e zia Mima , e Mario e Bruno , la nonna , zia Bice , papà , Toci , mamma . E zia Ciuta , prosperosa e matronale . Aveva uno sguardo benefico , e le cose diventavan facili e semplici com ' ella ne parlava . E quando tutti avevan già finito di mangiare e bevevano il caffè fumando i lunghi sigari virginia , la porta si apriva con grande sforzo e tu entravi nel tuo grembiulino candido con alle spalle i bei nastrini rosa , dormiglioso Pipi . Eri bello e sano , coi capelli biondi e le gambocce nude , la giovane carne ancora tiepida di sonno . I tuoi occhi strani , inquieti o estatici , guardavano contenti la bella tovaglia bianca che aspettava ancora te prima d ' esser portata via , e i tanti piatti che papà aveva coperti con altri piatti a rovescio per conservarti calde le vivande . E ti annodavano un tovagliolone odoroso di lavanda , ti mettevano davanti i lunghi , teneri risi nel grasso brodo di pollo ; la coscia di pollo e l ' ala per i tuoi denti aguzzi ; l ' ombolo liscio cosparso dalla salsa di capperi ; le rosse ciliege carnose , a ciocche , con cui t ' orecchinavi deliziato del loro fresco ; il fettone di torta , la piú grande fetta che il nonno tagliava apposta per te . E tu zitto , metodico , grave , sparecchiavi tutto senza domandare cos ' era . Ma tutto ti piaceva , e tutto bastava appena per una corsa in giardino . Eri sano e forte ; i tuoi compagni ti nominavano subito comandante , poiché li vincevi in corsa , in lotta e in tirar sassi . Eri buono , e tutti ti volevano bene . Steno , Gigetto , Toci , Oidecani , Eugenio , Vincenzo , Scarpa , Pipi op - là , in acqua , in acqua ! Oggi si combatte per l ' onore del club " Dagli ! " . Schizza il mare a ondate quando il " Dagli ! " si butta a testa giú dalle palafitte . Il panciuto col cappello di paglia stinta che prima d ' adagiarsi nell ' acqua bagna igienicamente l ' ombilico e la fronte , scappa via impaurito dal nostro tuffo . Scappan via tutti i pacifici bagnanti dalla zattera , dalla corda , dal trampolino , perché nessuno sa dove oggi il " Dagli ! " ha deciso di domiciliarsi , nessuno sa che nuova invenzione porta oggi il " Dagli ! " mentre si tuffa ridendo dalle palafitte . Il mare schizza di gioia , e spuma . Ché il mare non ama il lento arranchío asmatico dei vecchi , lo sbattacchío affannoso degli inesperti . Ama il mare d ' essere tagliato , battuto , disfatto da gambe muscolose e braccia bronzine . Ama la serena irrequietezza della gioventú , che lo penetra in tutti i sensi ridendo , bevendolo , sprizzandolo dalla bocca in lunghi zampilli . Ama i freschi occhi spalancati in corsa tra le profondità e l ' alighe . Avanti delfinotti ! Oggi si combatte per l ' onore del " Dagli ! " . Perché il " Dagli ! " domenica scorsa , buttandosi giú a gnocco in fila ordinata dalle palafitte , spruzzò allegro le nude corpora dei conti e signori tedeschi che non lo lasciarono passare , seccati , l ' angolo delle palafitte . Protestarono a terra , e il direttore minacciò d ' impedire il bagno al " Dagli ! " . Oggi è giorno di vendetta . Le ondate si gonfiano da Salvore per far piú turbolenta la battaglia . I signori tedeschi sono in acqua e procedono ridendo ironici nei loro mustacchi . Ah , ah ! ... uno ha la reticella sul labbro superiore per tener assettato il diritto mustacchio . Dagli , dagli ! « In semicerchio ! Schizzo lento e stretto ! Mirare gli occhi ! Procedere in ordine , serrando . » E rispondemmo al nostro capo : « Dagli ! » . Codeste sono le schizzate dei tedeschi ! Flosce e piatte come carnume di medusa . Ma queste del " Dagli ! " van dritte e elastiche come colpi di fionda . Aspra salsedine nelle pupille bionde dei tedeschi ! « Attenti ! Serrare ! » Ché il nemico smaniante si butta addosso ai nostri primi e li affonda . Dagli ! dagli ! da ... Giú . Sento sul collo l ' unghiata di rabbia del tedesco setoloso e l ' acqua che si rompe sotto il mio corpo . Tocco fondo . Due gambe mi tengono fisso quaggiú . Il mare turbina . M ' accuccio , agguanto una gamba , e giú te , porco ! « Viva il Dagli ! Da ... » Giú . Su . Dagli , dagli ! « Al largo ! » Steno è sparito dopo aver gridato l ' ordine . Noi sappiamo perché . D ' improvviso uno dopo l ' altro i tedeschi rapidissimamente piombano in fondo , tirati da qualche polipo mostruoso . « È Steno ! Viva Steno ! Dagli ! » Ora li massacriamo . Metri d ' acqua si rovesciano sulle bocche affannose . Gli occhi biondi non vedono piú . Si voltano e fuggono . E ora comincia il colpo della ritirata . Steno l ' ha inventato , perché il " Dagli ! " non può dar quartiere prima della sponda . Freddo , calmo , metodico colpo di ritirata ! I tedeschi fuggono , ma uno per uno li stiamo dietro le spalle , e scattando nell ' acqua con i piedi ci rovesciamo giú a braccia larghe intorno al loro capo . L ' acqua aguzza rompe nell ' orecchie , negli occhi , nella bocca , nel naso . Il tedesco respira . E sciampf ! nella bocca aperta . E sciampf negli occhi brucianti . Nelle sorde orecchie . Sciampf . Sciampf . Viva il " Dagli ! " Chi resisteva al " Dagli ! " , amici d ' una volta ? Chi era capace di stare sott ' acqua come Toci , quando il barbuto Calligaricicicich cercava di affogarlo con dieci , venti tocciade consecutive ? Ed egli gli respirava in faccia : " cih , cih , cich " , e rispariva . Chi sapeva dar schizzata piú tagliente di Vincenzo ? Era come una fiatata di mostro marino la mezzaluna di mare che balzava su , sotto le sue mani a cuneo rovesciato . E Steno notava sott ' acqua per un minuto , e Pipi era come un piccolo pescecane predace . E se uno di noi cedeva nella lotta , per sette giorni doveva passare attraverso il fuoco di fila dei compagni . Perché il " Dagli ! " era una società con leggi severe , e nessuno s ' arrischiava di disobbedire al nostro capo . Ora Steno , il nostro capo , è morto . Era un professore che s ' è ammazzato , nevrastenico . E raccontavo belle storie ai piccoli cugini che m ' ascoltavano accoccolati d ' intorno , nell ' ombrosa veranda sul mare . Il mare stava zitto , ascoltando . La casa vicino a lui , dove abitò Tartini , aveva chiuse tutte le persiane e dormiva , bianca nel sole , con gli zii e gli altri villeggianti . Silenziose erano le larghe camere matrimoniali sostenute da travoni squadrati . Era l ' ora del caldo e del riposo . La terra s ' ampliava nella distesa del sole . Il cielo era chiuso e grave . Neanche una vela sul mare . Tacevano le vespe e i bombi . Un frutto tonfava giú dal ramo . Era il grande silenzio infocato , quando gli occhi dei colombi stanno chiusi sotto l ' ala e il bue rumina accosciato corpulento sulla paglia fresca . Ma solo i bimbi in quell ' ora si buttano nei prati come un ciapo di storni autunnali e saccheggiano le ficaie , stroncando i rami aridi , perché anche il padrone dorme , il signor Vatta dagli occhietti di gobbo . E poi si raccolgono , a tasche piene , nella veranda ombrosa e Scipio conta una bella , strana , lunga storia . È una storia che continua ogni giorno e non finisce piú . Nella piccola capanna del bosco è nato un eroe , forte come cento leoni e furbo come cento volpi . Le sue avventure fanno sgranare gli occhi di stupore , ridere di allegria chi ascolta . È un ragazzo bello , sereno , buono . È quello che tutti desiderano d ' essere . E dopo due , tre ore zia Ciuta chiamava ch ' era lettera per me , e mi portava contenta la lettera di mamma . Cara mamma mia . Tu allora preparavi , nel grande caldo d ' agosto , le casse per il trasloco . Bisognava andar via dalla casa dov ' erano nati i tuoi figli . Sí , mi ricordo che prima di partire avevo visto che rompevano i muri e i viali del giardino per i tubi dell ' acqua , del gas ; e lavoravano muratori , meccanici , falegnami , vetrai , tappezzieri , terrazzieri . Mi divertivo vederli lavorare . Ma noi s ' andava via perché il nonno era morto e venivano a stare altri parenti , piú ricchi . E io , tornato da Strugnano , fui molto contento di trovarmi in una campagna cento volte piú grande , con infiniti frutti e viti , e molti compagni di gioco . Il giorno che arrivai arrivò pure , vestita d ' una camicia rossa e tocco da fantino , la nipote del padron di casa . Ucio la guardava , un po ' commosso , fra i viticci del capannuccio . Bella è la vendemmia . Oltre i vignali vanno grida e risate ; i cani sbalzano , accucciandosi sulle zampe davanti , da questo a quel gruppo di vendemmiatori , e i passeri frullano sbandati . Il padrone eccita : " Dai , dai , dàghe , dàghe , forza , prr , prr , prr , dai , dai ! " . Le labbra e il mento sono appiccicose di miele stillato , e le mani , la maglia , il manico della roncola , i pampani , le brente , i carri . Tutto è una gomma rossastra . E ci si lava pigiando a palme aperte gli scricchiolanti grappoli nella brenta . Buona è l ' uva , addentata a grani dal tralcio , mentre dagli occhi sgocciola il sudore e la palma della mano è stanca della roncola . Ma ancora questo filare , ancora questa vite , ancora questo grappolo ! Qua con una brenta ! Alloo ! E , tornati giú sbalzellando , il pane e il brodo sono buoni come mai . Si gode della bella tovaglia bianca sotto la lampada . Domani si ricomincia . Piovigginava a stento . Sulla melma del piazzale sfilavano due strisce giallastre di luce . Entrai nella cantina . « Bonasèra ! » « Ah ! ; bonasèra ! » La cantina era bassa . Nel mezzo , su una botticella fumazzava una fiamma rossastra di petrolio . Il padron di casa sedeva vicino alla fiamma , con un bicchiere in mano . Nel volto era del color dei fondi violacei di botte . Tutt ' intorno gravavano grandi botti brune e tini panciuti . Su i muri , nei cantoni , tra l ' inferriata del finestrino murato c ' erano mille ragnateli stracciati e aggomitolati dalla polvere . Una gatta baia sotto le botti annusava indolente ma nervosa l ' odor di pantigane che impregnava l ' aria . Uno degli uomini che si rimboccava su i calzoni a sforzo , perché la dura coscia non voleva cedere , alzò gli occhi , guardandomi . Vila era lassú , in piedi , sui tronchi squadrati che reggevano i tini . Era dritta e fresca , nella sua camicia rossa , e mi sorrise . Io ero un timido bimbo . E lei mi disse piano : « La salti su » . I bei grappoli pieni che avevamo colti ieri si pigiavano nel tino . Spilluccammo i grani piú grossi , stufi d ' uva . Mi dette un grano tondo , grosso come una noce , limpido . Disse : « La guardi che man che go ! » . Piccole , ma di pelle callosa , tagliuzzata alla punta delle dita , nera di pentole , le unghie rosicchiate . Disse poi : « Lei la ga bele man » . Poi gridò : « Ala , Toni , scuminziemo ! » . Lo zio di Vila , il padron di casa , pulí un bicchiere con la fodera della giacca e m ' offrí da bere . Bevvi . Zappavano l ' uva , curvi , aggrappati sull ' orlo del tino , anelando come i taglialegna . Le gambe pelose , rosse , alternavan la battuta con frenesia , e il tino si squassava sotto i colpi . Gli acini e i gusci e il succo schizzavano tra le larghe dita dei piedi . Vila stava dritta , tenendosi sul tino . Le sue unghie eran diventate rosse . Poi le gambe degli zappatori scomparvero fino alla coscia nello sguazzacchio vinoso . Il doppio colpo divenne metodico , come di stantuffo . Pesante e uguale . Lo zio di Vila beveva , radendosi il succo dai mostacchi setolosi con il dorso della mano . Il suo grifo era rosso . Il mosto bolliva nelle botti aperte , sciamante di moscerini ubbriachi . Assorbivo un caldissimo odore asfissiante . Gli uomini s ' accendevano . Rovesciarono una brenta piena di mosto , e il vino schizzò a ondata sull ' uomo e sul muro , corse a rivoletti impetuosi , tinse la gatta spaurita . Uno si buttò per terra a sorbire la motriglia vinosa . Il padron di casa bestemmiò , rise , mi tese un bicchiere di mosto . Bruciava . La cantina era bassa e rossastra . « Vila , un toco de legno per la bota ! » Io corsi prima di lei , per scappar via ; ma ella mi rincorse . Pioveva . La notte era oscura e fangosa . Scridivano gli agostani . Mi prese per mano e correndo mi baciò il braccio nudo , sgocciante d ' acqua . Io dissi : « Vila » a bassa voce , meravigliato . Nella cantina gli uomini zappavano ritmicamente , il padron di casa beveva , la gatta si leccava il pelo intriso . Mi sedetti contento per terra . Correvo per una lunga strada piena di sole . Correvo , correvo . Quando il sole è alto nel luglio , correndo nei prati l ' uomo si ferma perché il respiro è pieno d ' un veleno e d ' un calore cosí dolci e forti ch ' egli deve sdraiarsi nel sole e dormire . Chiude gli occhi , e le palpebre gli fiammeggiano come cielo infocato , e da tutte le parti s ' alzano vampate immense barcollanti d ' albero in albero . L ' aria trema inquieta nell ' arsura . Ma m ' alzai furioso e corsi in campagna , gridando come un falco ch ' abbia lasciato per la prima volta il suo nido . La sua camera aveva un intonaco a stampi rossocinerini , mattoni slabbrati per pavimento , un pianoforte coperto da un canovaccio crocettato , un letto , un armadio con su boccette medicinali e una civetta impagliata . Una lastra della finestra era di latta rugginosa , con un foro per il tubo della stufa . Siccome il foro s ' era slargato , d ' inverno , quando mettevano la stufa , Vila incassava con le punte delle forbici un po ' di stracci intorno al tubo . E fumigavano . Non era bella la casa dove stava Vila ! Io entravo come un ladro inesperto , ripiegato in tasca il mio frustino da cani , il mio bel frustino che schioccava con un colpo secco come d ' acciaio , camminando lesto in punta di piedi , trattenendo il respiro . L ' aria odorava di muffa , di polvere , di vino . Qualche volta la porta dell ' ultima camera in fondo , vicina a quella di Vila , era aperta , e Vila la chiudeva subito . Era un disordine tanfoso di stracci , bottiglie , cassette , con le pareti scrostate dall ' umido , e ci dormiva la vecia , la mamma del padron di casa , gottosa , reumatica , gonfia , con baffi neri sul grosso labbro . La vecia io non la vedevo che di domenica , quando seduti intorno alla tavola del salotto , bimbi e babe e il fratello del padron di casa , tutto contento se vinceva un soldo , giocavamo a tombola . Essa non si poteva muovere . Era seduta su una poltrona portabile , con ruote , e teneva la destra , grassa come una pera che si sfà , accanto alla cartella , sul mucchio dei vetrini - segnanumeri . Quando doveva pagare la cartella , Vila le si accostava , le metteva la mano dietro la schiena e tirava fuori un sacchetto gonfio di tela grezza , chiuso con spago . La vecia aveva gli occhietti di un barbagianni di giorno : erano cattivi e fermi . Io li sfuggivo . Quando seduto accanto a Vila , ginocchio a ginocchio , facevo finta di giocare , sapevo che quella vecia vedeva tutto , anche ciò che gli altri non vedevano , e ci odiava tutti , ma non poteva alzarsi . Avevo schifo di lei , e non mi fece niente pietà quando un giorno Vila mi disse che lo zio sputava in faccia alla mamma . Lo zio era il terrore di tutti . Non era cattivo . Ma beveva rum , e in rabbia , sputava addosso alla gente e bestemmiava sempre sporcamente . Ma io non voglio parlare di questa genía ! Io voglio bene a Vila . Vila è buona e bella . Ha una camicia rossa scarlatta , un berrettino da giochei , scarpettine con tacco alto , e quando gioca a tamburello salta meravigliosamente da una parte all ' altra . Secchi , netti colpi battevamo col tamburello nell ' ampio piazzale davanti alla grande casa gialla ! Quando Scipio e Vila giocano , gl ' inquilini guardano sorridenti dalle finestre e gridano : " Bravo ! bene ! " . La palla rota come un punto di fuoco da me a lei , da lei a me : " stan - e stan ; stan - e stan " . Dice il colpo : ti voglio bene . Risponde il colpo : ti voglio bene . Il sole è alto . È l ' estate , amore . Cari tempi erano quelli , amorosi e gloriosi . Mia era Vila , una signorina , Vila amata da Ucio , corteggiata da tutti i ragazzi della campagna . Riceveva cartoline da ricchi giovanotti , da studenti delle lontane università ; ma ella rideva con me e mi baciava . Era mia . Io solo andavo con lei per la campagna , in cerca delle gocce di gomma sui tronchi dei susini , dei quadrifogli nell ' erba , coprendola colle mie braccia quando pioveva . Mi accompagnava nelle scorrerie ladresche oltre il confine della campagna , temendo quando scalavo cauto i muri sconnessi che minacciavan rovina . Portavo per lei , fra le labbra , la piú bella pera , ed essa mi calava sui suoi ginocchi e mi baciava avidamente . Io ero come un piccolo signore . Ero felice che lei godesse della mia forza e della mia temerarietà . Perché avevo undici anni , ma neanche i contadini mi sapevano agguantare in corsa , e scalai il pioppo e l ' elianto che tutti dichiaravano impossibili . Il padrone di casa mi dette in premio cinque bottiglie di vino ; Vila mi sorrideva impaurita dalla finestra . Era il crepuscolo . Sotto l ' albero i compagni scoppiarono in urli di evviva , e io , sfinito , temevo il vento come un uccello senz ' ali , e guardavo superbo le case della città che s ' accendevano di punti giallastri . Ah , se ora che Vila è sposata e ha due , tre figlioli che forse leggono già quello che io scrivo per i bambini , ed è piú bella , assai piú bella d ' allora , giovane mamma contenta , e non mi guarda nemmeno quand ' io passo arrossendo accanto a lei , si ricordasse dei nostri due anni spensierati ! E la caccia col flobert ai merli e alle gatte ? C ' era quella civetta impagliata in camera tua , con l ' ali chiuse e inchinata un po ' sullo stecco , solenne come una persona a modo . Aveva i gialli occhi di vetro , chiari nel semibuio della stanza , tondi , come un bersaglio . E un giorno tu caricasti misteriosamente il flobert e stic ! un occhio si spaccò . Ricordi ? E io ti guardavo felice e meravigliato . E un giorno ti dissi : « Vila , no ti xe piú quela de una volta » . E tutto finí . Ero stufo di lei . Aveva dei gusti strani che mi toglievano la libertà . Quando assieme ai compagni si dava la caccia con pali e forconi a un cane rinselvatichito , Vila d ' improvviso s ' arrampicava su un albero , e mi pregava : « Vieni su » . Io m ' arrampicavo , e guardavo dalle cime alte , scotendole stizzoso . « Vien qua , dai ! » E m ' accarezzava i capelli e il collo ; poi mi baciava : e io sentivo le urlate dei compagni in caccia e i ringhi sfiniti del cane . Forse anche , Vila non m ' amava , non m ' aveva mai amato . Avevo lievissimi sospetti ; un colpo di sangue , e sparivano . Io non so com ' era di me . A volte mi buttavo sull ' erba , stanco e scontento . Ero inquieto e mi sarebbe piaciuto star qualche volta solo , benché avessi bisogno di sentirmela vicina . E perciò , quando le dissi , quasi senza sapere , quelle strane parole , non capii perché le avevo dette e per rabbia misi la mano dentro una siepe di rovo . Vila stette zitta . Io fissavo alcune piccole cose sul terreno : un ramettino rotto irregolarmente con due foglie passe e raggricciate , un batuffoletto di seta del pioppo , che s ' estendeva tutt ' intorno in lenti filamenti argentei per l ' opera predace di decine di formiche . Ella alzò gli occhi e mi guardò a lungo . Io sentivo un silenzio che non finiva piú e che mi seccava assai . Allora la presi fra le braccia con forza , e Vila perdonò . Fummo beati e pieni di amore per tutta la giornata . Ma la mattina dopo Vila mi sfuggí . Correndo a perdi fiato io l ' accerchiai di lontano e sbucai fuori da un cespuglio davanti a lei . La presi per i polsi e le dissi duro « Coss ' ti ga ? » . « Ti ga votú ti . » Si svincolò , e andò via . Poi , dopo qualche settimana , l ' incontrai , mi prese le mani e le baciò . Io fui subito contento di non esser piú con lei ; ma avevo confusi desideri , non m ' interessava niente , m ' annoiavo . A volte disteso per terra , con gli occhi semiaperti nel cielo accarezzavo le giovani foglie , e d ' un tratto m ' avvoltolavo nell ' erba dura dei prati . Ucio è un giovanotto lungo e forte , le braccia pelose anche alla piegatura , i labbri tumidi , le gengive sanguinolente . Coltiva nel suo giardino begliomini , daglie s ' ciave , crisantemi di S . Anna . Aveva bisogno d ' un fondo per il cesto di fiori che annunziava pronto da cinque domeniche , e ha rubato la nostra tavola del bucato . Ma l ' adoperò senza raschiar via il sapone incrostato . Aveva bisogno di rosai perché noi lo burlavamo dei suoi fiori scempi , e li rubò dal nostro giardino , ma smarrendo sul terreno il gemello d ' ottone matto della camicia . Babbo disse la domenica dopo in presenza di molta gente : « Go trovà sto botton . De chi ' l xe ? » . E Ucio esclamò : « ' l xe mio , ' l xe mio ! » . Cosí è Ucio , ragazzone . Il suo rutto puzza d ' aglio e le sue mani sono piote . Quando va a fare la scorreria in campagna , torna con la camicia carica di pere dure , strappate senza gambo , come vien vien , ruggini dall ' unghie , fracide di sudore del suo ventre pratoso . Egli non sa distinguere il buono dal cattivo , e mangia fagioli e patate , e brontola dalle profondità : « Xe bon , xe bon ! » . Ucio è innamorato di Vila . Dice : « Vila xe ' na stela » . E poiché lo zio di Vila l ' ha cacciata infamemente dalla campagna , Ucio cammina a grandi passi su e giú per il piazzale , poi si stravacca di schianto sulla panca e giura vendetta . Io ci sto . Ottima cosa è la vendetta ! Sgusciare di notte tra gli spini della siepe con una lunga stanga in mano e la roncola in tasca ! La notte è fonda e muta . Ormai tutti dormono . Le persiane del padron di casa sono chiuse . I cani abbaiano dall ' altra parte della campagna . Ucio dà una risata e diventa bestia . Agguanta la prima vite che trova e la stronca netta . Agguanta un ramo carico di susine e lo divarica puntandosi con le zampe sul tronco ; poi piomba a terra con lui . Tonfa un enorme pietrone fra le crote dello stagno che gracidano a squarciapancia , e l ' acqua putrida schizza e l ' inonda . Si scuote , con una scarponata schianta il pesco nano e si slancia avanti sghignazzando come un satiro in fregola . Viva la vendetta ! Ma io sono quieto e maligno . Apro silenziosamente la roncola , e incido la vite sottoterra perché muoia e nessuno saprà perché . D ' una stangata rompo la cima del pero , e m ' acquatto di colpo per timore che il crac svegli qualcuno . Silenzio . Le rane . I cani lontano . Una stella cadente . Ucio chiama dal melo . Egli divora e stronca : per ogni pomo un ramo . Io unghio fondo , uno per uno , i grandi pomi che piacciono molto al padron di casa . Mi lecco le unghie . Ah ? Ucio ! come la cacciò via , ah ? ! Era una notte come questa . Gridarono nel quartiere del padrone . Il nostro campanello sonò disperatamente . Balzo a sedere sul letto , l ' uscio di babbo s ' apre , apre la porta . Vila si precipita in camicia piangente : « El me copa , ' l me copa . El me cori drio col s ' ciopo ! » Papà incatenacciò l ' uscio . Disse calmo : « Qua drento no vien nissun . La se calmi » . Vila tremava e si torceva le mani . « I me lassi andar , i me lassi andar , li prego . No ' l me fa niente . I scusi . No savevo de chi andar . Ah dio , dio ! » Un pugno sulla porta : « Vila ! ! » . Vila saltò su ; papà la fece sedere e andò ad aprire . Non c ' era piú nessuno . Ma Vila scappò via , corse dalla famiglia di Ucio , poi rivolò giú a casa sua . « Porca ! puttana ! Fora de qua , fora ! Va de quela scrova de to mare ! Fora ! » E la cacciò via di notte , con la serva e un fagotto di biancheria , minacciandola dalla finestra con il duecanne . « Ah ? Ucio ? ! » Ricordiamo e ci narriamo godendo della scena drammatica , e poi decidiamo a freddo di rislanciarci alla devastazione . Ucio infuriò come la grandine e la bora . Io ero già annoiato , e mangiando un grappolo d ' uva pensavo : " Lavora , lavora , Ucio ! Vila iera mia " . Povero Ucio . Io andai in villeggiatura , in Italia , oltre il confine , oltre il ponte dell ' Iudrio e Ucio intanto , per la vendetta , bersagliò con il flobert un fanale della carrozza del padron di casa , e ci lasciò dentro la palla . La sua famiglia fu mandata via dalla campagna . Io gli scrissi : " Caro Ucio , quando c ' è un solo flobert 6 mm . in campagna , dopo tirato bisogna levar la palla dal fanale " . E cosí a me il padron di casa voleva molto bene , e quando stetti male mi condusse spesso a caccia . Perché avevo terribile mal di capo . Ero cresciuto troppo presto , e letto e studiato troppo nella convalescenza del tifo . Mi condussero da un dottore che mi visitò tutto , poi si levò gli occhiali e mi guardò fisso negli occhi . Fu uno sguardo lungo e una lotta zitta fra me e lui . Io l ' odiai fortemente perché egli vedeva oltre la mia aria da malato . Non aveva pietà di me . Solo in quel momento m ' accorsi d ' aver sempre esagerato con molta verità l ' emicrania . E lo guardai in viso , come a dirgli : " lo non sto male , sto benissimo , sono pigro , ecco , semplicemente . Mi secca andare a scuola " . Sentivo il sangue corrermi piú sano nelle vene , rialzarsi di colpo il capo un po ' inclinato in atto di debolezza : ero pieno di salute e di forza . Egli mi guardò a lungo , dubbioso , severo e quasi maligno ; poi mi proibí la scuola e m ' ordinò vita selvaggia . Avevo vinto . Perché voi non sapete quant ' astuzia s ' impara guardando come un ' ape entra in un fiore e il ragno chiappa la mosca ... Voi non sapete come un ragazzo possa , obbedendo , costringere i genitori a fare quello ch ' egli vuole . Il nostro mondo raffinato è molto ingenuo . Basta che voi vi fabbrichiate una situazione in cui è ormai stabilito come ognuno degli altri si deve comportare . Se per esempio uno scolaro sviene all ' esame di greco , non c ' è professore che abbia l ' audacia di non credergli , di fargli ripetere l ' esame e bocciarlo . Ognuno può pensare , dentro di sé , come vuole , ma v ' assicuro che ognuno finisce per credere a ciò che per convenienza deve fare . E cosí lo scolaro lo portano in quattro nella sala della direzione , lo posano con le gambe alte sul bracciolo del sofà , gli slacciano la cravatta , il vecchio bidello accorre barcollando con la cassetta croce - rossa , gli toccano il polso , lo spruzzano . - Ma voi non sapete trattenere il respiro per un minuto . Ah se un barbaro venisse tra noi , compagni miei , come ci metterebbe tutti in sacco ! Ma questo si dice a cose finite . In realtà io ero ammalato sul serio di anemia cerebrale e vissi per sei mesi continuamente in carso . Fu allora che scopersi per la prima volta il mio carso . Mi conosceva la terra su cui dormivo le mie notti profonde , e il grande cielo sonante del mio grido vittorioso , quando sobbalzando con l ' acque giú per i torrenti spaccati o franando dai colli in turbine di lavine e terriccio , d ' un colpo di piede rompevo la corsa per cogliere il piccolo fiore cilestrino . Correvo col vento espandendomi a valle , saltando allegramente i muriccioli e i gineprai , trascorrendo , fiondata sibilante . Risbalestrato da tronco a frasca , atterrato dritto sulle ceppaie e sul terreno , risbalzavo in uno scatto furibondo e rumoreggiavo nella foresta come fiume che scavi il suo letto . E dischiomando con rabbia l ' ultima frasca ostacolante , ne piombavo fuori , i capelli irti di stecchi e foglie , stracciato il viso , ma l ' anima larga e fresca come la bianca fuga dei colombi impauriti dai miei aspri gridi d ' aizzamento . E ansante mi buttavo a capofitto nel fiume per dissetarmi la pelle , inzupparmi d ' acqua la gola , le narici , gli occhi e m ' ingorgavo di sorsate enormi , notando sott ' acqua a bocca spalancata come un luccio . Andavo contro corrente abbrancando nella bracciata i rigurgiti che s ' abbattevano spumeggianti contro il mio corpo , addentando l ' ondata vispa , come un ciuffo d ' erba fiorita quando si sale in montagna . E l ' ondata mi strappava giú a scossoni , voltolandomi nella correntía e mi rompevo sul fondo ripercotendomi al sole , strascinato per un tratto sulle erte rive , fra radici e sassi invano inghermigliati . Poi m ' affondavo , e carrucolandomi per gli scogli rimontavo sfinito la corrente . Il sole sul mio corpo sgocciolante ! il caldo sole sulla carne nuda , affondata nell ' aspre eriche e timi e mente , fra il ronzo delle api tutt ' oro ! Allargavo smisuratamente le braccia per possedere tutta la terra , e la fendevo con lo sterno per coniugarmi a lei e rotare con la sua enorme voluta nel cielo - fermo , come una montagna radicata dentro al suo cuore da un ' ossatura di pietra , come un pianoro vigilante solo nell ' arsura agostana , e una valle assopita caldamente nel suo seno , una collina corsa dal succhio d ' infinite radici profondissime , sgorganti alla sommità in mille fiori irrequieti e folli . E a mezzo mese , nell ' ora in cui la luna emerge dal lontano cespuglio e si fa strada fra le nubi , candida e limpida come un prato di giunchiglie in mezzo al bosco , io mi sentivo adagiato in una dolce diffusità misteriosa , come in un tremor di quieto sogno infinito . Conoscevo il terreno come la lingua la bocca . Camminando guardavo tutto con affetto fraterno . La terra ha mille segreti . Ogni passo era una scoperta . In ogni luogo sapevo l ' ombra piú folta e la piú vicina caverna quando mi coglieva la piova . Amo la piova pesa e violenta . Vien giú staccando le foglie deboli . L ' aria e la terra è piena di un trepestio serrato che pare una mandra di torelli . L ' uomo si sente come dopo scosso un giogo . Ai primi goccioloni balzo in piedi , allargando le narici . Ecco l ' acqua , la buona acqua , la grande libertà . L ' acqua è buona e fresca . Invade ogni cosa . La pietra se ne inumidisce bollendo . Se si mette il dito nell ' umidiccio intorno ai fusti , si sente come le radici la poppano . Tutte le vite in patimento respirano libere . Perché la terra ha mille patimenti . Su ogni creatura pesa un sasso o un ramo stroncato o una foglia piú grande o il terriccio d ' una talpa o il passo di qualche animale . Tutti i tronchi hanno una cicatrice o una ferita . Io mi sdraiavo bocconi sul prato , guardando nell ' intorcigliamento dell ' erbe , e a volte ero triste . Triste delle belle creature della terra . Io le conoscevo . Le mie mani sapevano le fonde spaccature estive dove lo zinzino occhieggia all ' orlo con le sue lunghe antenne , e basta un fuscello o un soffio a farlo tracollar dentro ; i muriccioli di sabbia con cui il filo d ' acqua s ' argina maestosamente ; e seducevo la formica carica a salir su una largta foglia di platano per deporla cautamente al li là dell ' alpe . Tutto m ' era fraterno . Amavo le farfalle in amore impigliate nella trama nerastra del rovo , sbattenti disperatamente le ali in una pioggia di bianco pulviscolo , il bel ragno vellutato dalle secche zampe che sfilava nell ' aria tremula il suo filo argentino perché s ' incollasse sulla peluria uncinata di una foglia , e tentava con la zampina il filo per slanciarvisi dritto e tessere l ' elastica tela . Ronzava disperata nel mio pugno la mosca colta a volo ; accarezzavo il bruco liscio e fresco che si raggrinzava come una fogliolina secca ; tenevo avvinta per le grandi ali cilestrine la libellula ; affondavo il braccio nell ' acqua per sollevar di colpo in aria il rospicino dalla pancia giallonera ; tentava di ritorcersi l ' addome della vespa contro le mie dita e partorirvi il pungiglione . Squarciavo a sassate le biscie . Sorridevo agli sbalzelli alati dei moscerini , tagliati dal colpo imperioso d ' una mosca smeraldina , al pispillare roteante delle rondini , alle nuvole che si trastullano nella luce , rabbrividenti pudiche sotto le fredde dita curiose del vento , alla foglia navigante con rulli e beccheggi nell ' aria , alle stelle germoglianti nel cielo quando col vespero si diffonde sul mondo un tepore leggero come fiato primaverile . Scivolando negli arbusti , tenendomi agganciato al masso dirupante con due dita artigliate in una ferita muscosa della pietra , palpeggiando e sguazzacchiando con la palma aperta sull ' orlo degli stagni , andavo spiando la nascita della primavera . Nel nascondiglio piú benigno del boschetto , in un calduccio umido di seccume , ancora ancora quasi riscaldato dal sonno d ' una lepre , io frugando trovavo la prima primola , il primo raggio di sole ! l ' occhio stupito della piccola primavera svegliata ! E seguivo l ' ondeggiar lieve del suo passo , annusando come cane in traccia , fra radici gonfie e germogli diafani , dietro un alioso sbuffo di rugiade erbose , di terra umida , di lombrichi , di succhi gommosi ; un odor di latte vegetale , di mandorle amare - eccolo qui il sorriso roseo dei peschi , incerto com ' alba invernale , cara , cara ! e scuoto freneticamente questo tronco e quello e questo , spargendomi di petali e di profumi . Per terra schizzano violacee pozzerelle d ' acqua , il passerotto vi frulla con le ali , a becco aperto . Dolce amata mia , primavera ! Qualche volta mi fermavo nel bosco e alzavo il capo verso gli alberi alti e allineati . Udivo sgricciar una foglia , cader una coccola , un pigolío . Poi tutto era silenzio . Io non mi movevo . Avevo voglia di buttarmi su uno di quei tronchi , stringerlo fra le braccia , stare con lui . Ma avevo paura di far strepito . Cercavo lentamente con gli occhi una farfalla , un insetto . Niente si moveva . Qualche cosa era nascosta nel fogliame , mi guardava , e io non la vedevo . Nel bosco rimparai a pregare . Dicevo : " Dio voglimi bene ; Dio voglimi bene " . Una volta mi buttai per terra e piansi a lungo . Salto e sbalzo verso il lembo aperto di cielo . Sotto il sole lampeggia e rutila in fondo il dolce ricordo . Dove vado ? Lontana è la patria , e il nido disfatto . Ma il vento trascorre con me , desiderando , oltre il margine roccioso del carso , e sono sopra il mare , la larga strada del vento e del sole . Io sono nato nella grande pianura dove il vento corre tra l ' alte erbe inumidendosi le labbra come un giovane cerbiatto , e io l ' inseguivo a mani tese , ed emergevo col caldo viso nel cielo . Lontana è la patria ; ma il mare luccica di sole , e infinito è il mondo di là del mare . E la fertilità della terra sgorga pregna di succo nelle grandi foglie carnose e accende di vermiglio i pomi tondi sulle piante intrecciate fra loro , empiendo di gioia l ' anima degli uomini . Calda è la messe d ' oro , e il profumo dei cedri e delle magnolie ha colto l ' uomo nella sua fatica , ond ' egli s ' è ripiegato sulle spighe e dorme ravvolto nel sole . Pennadoro , nuovo venuto , se tu non dormi , tua è la terra del sole . Il monte Kal è una pietraia . Ma io sto bene su lui . Il mio cappotto aderisce sui sassi come carne su bragia ; e se premo , egli non cede : sí le mie mani s ' incavano contro i suoi spigoli che vogliono congiungersi con le mie ossa . Io sono come te freddo e nudo , fratello . Sono solo e infecondo . Fratello , su di te passa il sole e il polline , ma tu non fiorisci . E il ghiaccio ti spacca in solchi dritti la pelle , e non sanguini ; e non esprimi una pianta per trattenere le nuvole primaverili che sfiorandoti passano oltre e vanno laggiú . Ma l ' aria ti abbraccia e ti gravita come grossa coperta su maschio che aspetti invano l ' amante . Immobile . La bora aguzza di schegge mi frusta e mi strappa le orecchie . Ho i capelli come aghi di ginepro , e gli occhi sanguinosi e la bocca arida si spalancano in una risata . Bella è la bora . È il tuo respiro , fratello gigante . Dilati rabbioso il tuo fiato nello spazio e i tronchi si squarciano dalla terra e il mare , gonfiato dalle profondità , si rovescia mostruoso contro il cielo . Scricchia e turbina la città quando tu disfreni la tua rauca anima . Fratello , con la tua grande anima io voglio scendere laggiú . Perdonami , s ' io balzo su come tu non puoi e t ' abbandono . È come se d ' improvviso una fonte t ' infertilisse sgorgandoti dentro il cuore . Gorgoglia e fiotta la nostalgia irrequieta . Ho desiderio d ' andare , fratello . Ho desiderio di possedere grandi campi di frumento e prati ombrosi . La patria è laggiú . Bisogna ch ' io sia fratello d ' altre creature che tu non conosci , che io non conosco , monte Kâl , ma vivono unite laggiú dove calano le nuvole turgide di piova . Anni giovani , che vi spalancate tremando come corolle di violette nella neve , dove volete gioiosi portarmi ? Alzo le braccia e le riabbasso freneticamente come se avessi ali , e a ogni colpo i miei denti aggrappassero materia piú leggera e tanto diafana che l ' anima mi si spandesse a formar l ' alba d ' una nuova vita . E sbalzo sul suolo , ripercosso dallo stesso monte che mi comprende e m ' aiuta . Calo giú . La bora mi schiaffa a ondate nella schiena e piombo , torrentaccio . I sassi voltolano e rotolano rombando . Ogni passo è nuovo , ché se il piede trova traccia si storce e stracolla . Giú . Il petto rompe a sperone l ' aria . Giú , scivolando : un volo fino al ramo prossimo , al ciuffo d ' erba che - un dito toccandolo - mi tiene in piedi . Scatta il sasso in bilico per buttarmi a rovina , s ' apre in dirupo la terra per accogliermi sfragellato ; ma le mie gambe sono dure e flessibili . Cosí calava Alboino . Lichene sotto ai piedi , scricchiolante , rigido ; erba giallastra come foglie morte ; un querciolo torto , e eccoli i piccoli verdi pini che ondeggiano la testa come bimbi dubitosi . Stretti e intrecciati , cosí che i piedi s ' impastoiano , e com ' io mi chino ad aprirmi la strada mi punzecchiano pruriginosi le guance . Procedo : sono tra i pini giganti . Un contadino con la frusta di pastore si ferma e mi guarda . Mongolo , dagli zigomi duri e gonfi come sassi coperti appena dalla terra , cane dagli occhi cilestrini . Che mi guardi ? Tu stai istupidito , mentre ti rubano gli aridi pascoli , i paurosi della tua bora . Barbara è la tua anima , ma sol che la città ti compri cinque soldi di latte te la rende soffice , come le tue ginepraie se tu vi cavi un palmo di macigno . Fermo nel bosco , intontito , aspetti che si compia il tuo destino . Che fai , cane ! O diventa carogna putrida a impinguare il tuo carso infecondo . Calcare che si sfà e si scrosta e frana , tu sei , terriccio futuro . Di ' , sloveno ! quanti narcisi produrrai tu questa primavera per le dame del Caffè Specchi ? S ' ciavo , vuoi venire con me ? Io ti faccio padrone delle grandi campagne sul mare . Lontana è la nostra pianura , ma il mare è ricco e bello . E tu devi esserne il padrone . Perché tu sei slavo , figliolo della nuova razza . Sei venuto nelle terre che nessuno poteva abitare , e le hai coltivate . Hai tolto di mano la rete al pescatore veneziano , e ti sei fatto marinaio , tu figliolo della terra . Tu sei costante e parco . Sei forte e paziente . Per lunghi lunghi anni ti sputarono in viso la tua schiavitú ; ma anche la tua ora è venuta . È tempo che tu sia padrone . Perché tu sei slavo , figliolo della grande razza futura . Tu sei fratello del contadino russo che presto verrà nelle città sfinite a predicare il nuovo vangelo di Cristo ; e sei fratello dell ' aiduco montenegrino che liberò la patria dagli osmani ; e tua è la forza che armò le galere di Venezia , e la grande , la prosperosa , la ricca Boemia è tua . Fratello di Marko Kraglievich tu sei , sloveno bifolco . Molti secoli giacque Marko nella sua tomba sul colle , e molti di noi lo credettero morto , per sempre morto . Ma la sua spada è risbalzata ora fuor dal mare e Marko è risorto . Trieste deve esserti la nuova Venezia . Brucia i boschi e vieni con me . Lo sloveno mi guarda seccato . " Brucia i boschi che gli italiani , gente sfatta di venti secoli , portarono qui per potere andare a sentire la conferenza di Donna Paola e entrar nella Borsa senza bora ! " Lo sloveno mi dà un ' occhiata sghignante , taglia un ramo , estrae di tasca vecchi fiammiferi che ardon con lenta fiamma violetta , e accende paziente il foco . Io l ' aizzo , ma egli fa un passatempo di pastore ; io l ' aizzo come se fossi slavo di sangue . O Italia no , no ! Quando il boschetto cominciò ad ardere , io m ' impaurii e volli correre per soccorso . Ma egli mi disse : " Xe lontan i pompieri " ; sorrise lentamente , raccolse la frusta , e andò spingendo le quattro vacche . Io mi sdraiai , sfinito . " Cosí calava Alboino ! " Povero sangue italiano , sangue di gatto addomesticato . È inutile appiattarsi e guatare e balzare con unghioni tesi contro la preda : la polpetta preparata è ferma nel piatto . Tu sei malato d ' anemia cerebrale , povero sangue italiano , e il tuo carso non rigenererà piú la tua città . Sdraiati sul lastrico delle tue strade e aspetta che il nuovo secolo ti calpesti . Cosí stagnai , acqua marcia . E il bosco ardeva e la bella fiamma crepitante insanguinava il cielo . All ' alba rinacqui . Non so come fu . Il cielo era puro e io scorsi la bella bianca città laggiú , e la terra arata . E di un balzo , come chi abbia visto Dio , mi buttai su di lei . Sparito era il sogno e l ' incubo : perché io sono piú che Alboino . Tremando mi caccio nel solco e mi ricopro della terra gravida , sconvolgendo la sementa . E questo tocco di zolla ghiacciata io l ' addento come pane . Sotto , pulsano le radici . E la mia anima veramente s ' allarga come acqua in una conca immensa , e sento che un albero lontano sussulta per il vento comprimendo intorno a sé la terra , e certo quest ' idea che mi nasce è la prima primola nei campi . A carponi e a tentoni cerco le cose , sbarrando gli occhi , e i rami invernali pingui di gemme contenute , gli stecchi senza linfa del vigneto , la terra ghiaiosa che mi preme i calzoni sul ginocchio , tutto freme com ' io lo tocco , perché io sono la primavera . Rose , rose , rose . E io pungendomi colgo e empio di rose la mia via . Di qui passerà un giorno ella e mi troverà seguendo la rossa traccia . Ah anima amata , è nato oggi nel mondo un poeta , e t ' attende . È nato un poeta che ama le belle creature della terra perché egli deve ridare puro il loro torbido pensiero , come acqua succhiata dal sole . E ruba e stronca dalle belle creature della terra perché egli non è pietoso e sa soltanto di dover nutrire di sangue vivo . Troppe mammelle di latte nel mondo , e la forza vitale è debole e accasciata , e gli uomini si lagnano d ' essere vivi . Nella mia città facevano dimostrazione per l ' università italiana a Trieste . Camminavano a braccetto , a otto a otto ; gridavano : viva l ' università italiana a Trieste , e strisciavano i piedi per dar noia alle guardie . Allora mi misi anch ' io nelle prime file della colonna , e strisciai anch ' io i piedi . S ' andava cosí giú per l ' Acquedotto . A un tratto la prima fila si fermò e dette indietro . Dal caffè Chiozza marciavano contro noi in doppia , larga fila i gendarmi , baionetta inastata . Marciavano come in piazza d ' armi , a gambe rigide , con lunga cadenza , impassibili . Ognuno di noi sentí che nessun ostacolo poteva fermarli . Dovevano andare avanti finché l ' Imperatore non avesse detto : halt ! Dietro quei gendarmi c ' era tutto l ' impero austrungarico . C ' era la forza che aveva tenuto nel suo pugno il mondo . C ' era la volontà d ' un ' enorme monarchia dalla Polonia alla Grecia , dalla Russia all ' Italia . C ' era Carlo Quinto e Bismarck . Ognuno di noi sentí questo , e tutti scapparono via interroriti , pallidi , spingendo , urtando , perdendo bastoni e cappelli . Io rimasi a guardarli con meraviglia . Marciavano dritti avanti , senza sorridere , senza ridere . La gente che scappava era per loro lo stesso che la compatta colonna che marciava per l ' università italiana . Io rimasi fermo a guardarli , e fui arrestato . Un gendarme mi prese per il polso sinistro e andammo . Era una cosa molto strana . Egli continuava a camminare del suo passo ; io cercavo d ' imitarglielo . Gli occhi della gente che passava mi percorrevan tutto come gocce fredde nella schiena , dandomi un brivido , tanto che il gendarme pensò : Der Kerl hat Furcht . Ma forse non pensò niente , e continuava a camminare del suo passo . Ricordo benissimo che un giovanotto passando estrasse la destra inguantata per arricciarsi il mostacchio destro , poi tirò fuori la sinistra per arricciarsi il mostacchio sinistro . Io avevo voltato la testa per vederlo , sí che , il gendarme procedendo , mi sentii tirare avanti . Una donna , con un bel boa , torse gli occhi , ma vidi che rideva . Perché mi lascio condurre da questo imbecille ? Ha le spalline grosse , giallonere . Perché non lasciarmi condurre da lui ? Si va dove non so , ma non è necessario ch ' io sappia . Mi conduce lui , svolta , scantona , e i miei piedi si pongono sempre paralleli ai suoi . La baionetta scintilla molto lucida . È carico il tuo schioppo ? Perché non mi risponde ? E un garzone di beccaio , invece di far due passi di piú , salta oltre la panca di passeggio , e il grembiule macchiato di sangue vecchio si gonfia e sbatte svolazzando . Appena siamo passati ci guarda e urla : « Dèghe al giandarmo ! » . Scappa . Io vedo bene pulsare l ' arteria nel collo di questo imbecille . E le mie mani sono molto lunghe , e sono come ossa ai polpastrelli . E non c ' è gente . Alboino ... Ma io sono piú che Alboino . Io sono piú che Bismarck . Io stringo insensibilmente il pollice dentro le altre dita e faccio della mano una piú sottile prolungazione del polso . Lentamente scivolo fra le sue dita rallentate per il freddo . Intanto parlo : « Triste vita la loro ! Ché ! Capisco bene che lei fa il suo dovere . Quante ore di servizio hanno ? otto ? consecutive ? e lassú in carso , con tutti i tempi , di notte » . Nella gola mi cantano alcune parole fresche che la mia bella veciota venesiana me l ' insegnò : " Né per torto né per rason , no state far meter in preson " . Guardo negli occhi il gendarme , strappo , via . Viva la libertà ! Io sono italiano . Neanche mi rincorse . E io , dopo duecento metri di corsa furiosa , rimasi male a vederlo impalato , lontano . Poi riprese la sua marcia cadenzata , toc , tac , in direzione opposta . Toc , tac , pare che s ' avvicini , che sia qua dietro a me , con la sua mano sulla mia spalla . Filai in un portone : nel casotto del portinaio c ' è un cranio calvo , assiepato da una corona di capelli fini , di bimbo , curvo su una scarpetta da signora . Esco ; mi pianto la berretta piú salda in testa , mi ravvolgo nella mia mantella e cammino picchiando con forza il lastrico , come se tra esso e i miei scarponi sia qualche cosa che bisogna vincere . Poi corsi al mare . Nel mare mi lavai il viso e le mani . Bevvi l ' acqua salsa del nostro Adriatico . Lontano , nel tramonto , le alpi italiane eran rosse e oro come dolomiti . Sui trabaccoli romagnoli calavano le allegre bandiere tricolori , e il focolaietto di bordo fumava per la polenta . Mare nostro . Respirai libero e felice come dopo un ' intensa preghiera . Ma m ' accorsi , dopo , che la gente mi guardava . I miei scarponi bullettati eran polverosi e i miei atti curiosi . Non avevo il viso di quella gente perfetta che camminava su e giú per le rive senza andare in nessun posto . Era gente che guardava ed era guardata . I giovanotti avevano larghi soprabiti a campana , con di dietro un taglio lungo , come le giubbe dei servitori , e bastoni grossi e lievi che volevano sembrare rami appena scorzati . Le signorine erano accompagnate dal babbo o dalla mamma , e avevano stivalini lustri , come i dorsi delle blatte . Erano stivalini assai piú puliti e limpidi che i loro occhi . Anch ' esse mi guardavano , con contegno ; ma s ' io le guardavo , voltavan gli occhi . Non sanno sostenere uno sguardo d ' uomo . Ora in questo via vai i giovanotti schivavano le signorine con accortezza in modo da sfregarle un poco , ma non tanto che alcuno potesse dire un bada a te . In generale tutti sorridevano e si levavano a ogni cinque passi il cappello inchinandosi leggermente di schiena . Io li guardavo meravigliato , e mi cacciavo tra loro , stordito dal trepestio e bisbiglio di quell ' andar senza ragione . Andai lentamente per la città , trasportato dal loro lento fluire . Difficile è camminare tra gente inoperosa . Quello che precede si ferma d ' un tratto ; un ' altra esce di bottega con la testa rivolta a ringraziare il commesso che le ha sganciato dalla maniglia la manica a sbuffi ; il terzo vuol camminare dietro a una signorina : tanto che io , stufo di schivare , misi le mani in tasca e camminai a linea retta facendo crocchiare le bullette sul lastrico . Stracciai una sottana e mi lasciaron camminare facendomi largo . Ma anche cosí , non si è liberi camminando in città . Ogni vostro passo in città è controllato da spie che fanno finta di non vedere . I portinai dai portoni aperti adocchian , di sotto , chi entra ; i caffeioli passano lunghe ore mirando le gambe della gente ; la signora tiene stretta la borsetta badando a destra e a sinistra se alcuno le si avvicini . Nessuno si fida di nessuno , benché tutti salutano tutti . E benché io sia coperto molto bene dalla mia mantella , questi occhi , questo controllo nascosto mi opprimono . I fanali s ' accendono rossi sfolgoranti ; le grandi case rettangolari incombono . Se mi sdraiassi sul selciato ? Io sono stanco . Mi volto bruscamente . Lassú è il monte Kâl . Perché scesi ? Bene : ora sei qui . E qui devi vivere . Mi abbranco il petto con le mani per sentire se il mio corpo è , e resiste . E dunque avanti . Io voglio entrare nella taverna piú lurida di Cità vecia . Fumo e puzza . Soffoco . Ma accendo anch ' io la pipa , fumo nel fumo , e sputo . « Camarier ! mezo quarto de petess . » Anche l ' acquavita io posso bere , se altri la bevono , e questo bicchiere è pulito , se altri possono accostarci le labbra e trincare . Sull ' orlo di questo bicchiere ci può essere , invisibile , l ' agonia per tutta la mia vita ; ma io bevo . E alzo gli occhi sui miei compagni . Un carbonaio , dalla spalla sinistra cresciuta come un enorme tumore , sputa chiazze nere . Una donna con peli duri sul labbro , spruzzati di cipria , si netta la bocca con le dita cicciose . Sotto la tavola lo scamiciato che le sta seduto dirimpetto le tira , freddo , una ginocchiata fra le gambe . Tra i capelli neri , unti , della padrona della bettola splende rosea al becco del gas una natta . La guardo oltre il fondo appannato del bicchiere . « Camarier ! ' ncora mezo quarto ! » E picchio col pugno chiuso sulla tavola zoppa . Mi guardano , e continuano i loro discorsi . Accanto a me due figuri con la giacca buttata sulla spalla e la camicia blu parlano d ' una brocca di stagno , come fu rubata . Altri schiamazzano e cantano . Bene . Niente è qui strano , e tutto è duro e definito come gli spigoli del corso . S ' io dò un pugno sul muso di quel facchino , lui mi tira due pugni . S ' io faccio la filantropia schiave - bianche a quella donna , essa mi risponde dandosi una manata sul culo . Sono tra ladri e assassini : ma se io balzo sul tavolo e Cristo mi infonde la parola io con essi distruggo il mondo e lo riedifico . Questa è la mia città . Qui sto bene . Parte seconda Eh , ma in città , prima ancora di andar lassú in carso , io mi annoiai molto . Ora ci penso ; e vorrei raccontarvi dei miei anni di scuola , dei miei cari condiscepoli , delle prime persone che conobbi ; ma non m ' interessa abbastanza . Vi scriverei lunghe pagine seccanti . Invece è bello raccontare godendo delle proprie avventure e dei sogni . Io mi diverto pensando alla mia vita . Anche la città è divertente , sebbene qualche volta m ' abbia seccato . Mi piace il moto , lo strepito , l ' affaccendamento , il lavoro . Nessuno perde tempo , perché tutti devono arrivare presto in qualche posto , e hanno una preoccupazione . Nei visi e negli stessi passi voi potete riconoscere subito in che modo il passante sta preparando l ' affare . Se guardate bene , siete subito presi in un gioco eccitante d ' operosità , e la vostra intelligenza batte e rimanda istantaneamente i possibili attacchi d ' astuzia , di coltura , di bontà , di vendetta . Un inquieto e giovine animale s ' agita in voi , e voi andate per le strade ricchi della sua vita istintiva , com ' uno a cui ricircoli il sangue nella mano stecchita di freddo sotto il guanto . Andate contenti nell ' aria fusa di strepiti e volontà , sentendo che qui , dove l ' interesse d ' ogni passante trabocca , comunica , scorre negli altri , e si scansan gli urti e i carri accogliendo con logica inavvertenza le mosse altrui qui , nella strada , si decide il domani del mondo . E io vado per le strade di Trieste e sono contento ch ' essa sia ricca , rido dei carri frastornanti che passano , dei tesi sacchi grigi di caffè , delle cassette quasi elastiche dove fra trine e veli di carta stanno stivati i popputi aranci , dei sacchi di riso sfilanti dalla punzonatura doganale una sottile rotaia di bianca neve , dei barilotti semisfasciati d ' ambrato calofonio , delle balle sgravitanti di lana greggia , delle botti morchiose d ' olio , di tutte le belle , le buone merci che passano per mano nostra dall ' Oriente , dall ' America e dall ' Italia verso i tedeschi e i boemi . Se voi venite a Trieste io vi condurrò per la marina , lungo i moli quadrati e bianchi nel mare , e vi mostrerò le tre nuove dighe nel vallon di Muggia , fisse nell ' onde , confini della tempesta , costruite su enormi blocchi di calcare cementato . Per il nuovo porto minammo e frantumammo una montagna intera . Mesi e mesi di furibondi squarciamenti che rintronavano l ' orizzonte e s ' abbattevano come il terremoto sulle nostre case piene di finestre . E piccoli vaporini , un po ' superbi del loro pennacchio di fumo , facevan rigar dritte lunghe file di maone tutte pancia , - e dalla strada napoleonica si vedeva sfolgorar nel mare i carichi di pietra scintillante . Quest ' è il quarto porto di Trieste . La storia di Trieste è nei suoi porti . Noi eravamo una piccola darsena di pescatori pirati e sapemmo servirci di Roma , servirci dell ' Austria e resistere e lottare finché Venezia andò giú . Ora , l ' Adriatico è nostro . Io avrei dovuto fare il commerciante . Mi piacerebbe di piú trattare e contrattare che studiare i libri . La bella cosa viva che è l ' uomo ! le sue mani che s ' insaccocciano per nascondervi i moti istintivi alle vostre parole , i suoi misteriosi occhi fondi che s ' attaccano su i vostri per impedirvi il salto di fianco , la sua idea precisa , sotterranea , che vi chiama al centro vorticoso girandovi in spirale ironica dietro le spalle ! Bella cosa è l ' uomo , e mette voglia di combattere . Dal suo modo di parlare voi capite che prezzo bisogna fargli . Egli guadagna tempo , sorride , pulisce gli occhiali , accende una sigaretta - voi , ecco sapete la vostra strada e le tappe . Oh ! anch ' egli è giunto all ' improvviso , e fa finta di non guardarvi , ma tutto il suo corpo si meraviglia della scoperta e si slaccia gioioso di sicurezza : e voi siete due uomini smascherati di fronte , e armati che l ' altro non si rificchi nella macchia . Ma chi di voi sa far smaniare quell ' altro della sua insufficiente certezza ? Chi sa rigirarlo nelle mani e spremer acqua dal fuoco e spegnerlo , e bruciarlo secco ? Anche domani è un giorno : e un giorno che può dar mille per le cento corone che oggi vi siete fatte rubare . Ah quel caffè che nel Brasile fiorisce male questa primavera ! Primavera , calda primavera , amici miei , nuovo sole su grano nuovo , strade piú larghe e braccia piene di rami fioriti - e noi andiamo a scuola con il pacco di libri al fianco . Andiamo fra la gente e le carrozze , trasognati dietro i nostri desideri di commercianti , di soldati , di pompieri ; levandoci ogni mattina alle sette , alle sette e qualche minuto di dolce coscienza semisveglia di letto , ogni mattina , perché , la domenica , c ' è messa . Primavere lampanti ai verdi scuretti . Grigia piovosità d ' inverno . Pomi e pere grasse sugli alberi . Autunno ritornato . Ogni mattina . Il falegname pialla ; - l ' officina nera con la macchia sfavillante , alcuni mezzivisi , un martello in alto ; - gli operai con i calzoni blu sollevare il lastricato e picconare il massiccio terreno per una conduttura d ' acqua o di gas . Com ' è triste il piccone e la vanga nel terreno battuto della città ! Si lavora senza che nessuno vi possa seminare . Ecco il casamento arido . Otto classi , venti parallele . Qua dentro ho passato nove anni della mia vita . Una buona ragazza , di carne incitante e un glovane alto e forte , qualche volta triste . Essi si sposeranno fra ott ' anni . Essi stanno seduti su un largo sofà , tenendosi strette le mani e godendo dei loro caldi corpi . La mamma vuol assai bene alla figliola , ed è un po ' seccata dei lunghi anni e della serietà del giovane . Sarà contenta quando si sposeranno , se il giovane non porterà via la figliola e staranno insieme , allegri e senza tormenti . La zia corre , alzando e calando con la sua gamba zoppa , a preparare l ' arrosto per la nipote bella che le promette un bacio . La zia è contenta che essa faccia come vuole il giovane , non vada ai balli , vada poco al teatro , legga qualche libro . Egli è l ' unico che la difenda contro la cognata , e la zia gode che l ' idee di lui siano opposte a quelle della cognata . Il babbo , a tavola , si sbottona il gilè e additando con la mano grassa e unta la sovrabbondanza delle vivande dice soddisfatto : " Se moro mi , i mii no i ga de magnar " . Egli è contento d ' aver sulle spalle un peso sempre piú grave , e brontola sempre perché i suoi capiscano com ' egli sappia lavorar bene . Il giovane comprende benissimo tutta la piccola famiglia estranea , e anche l ' ammira . E la ragazza è buona , e quando egli la rimprovera o s ' addolora perché non si capiscono , gli dice con carezza : " Sí , sí , ti ga ragion , ma ti vederà , studierò , legerò , semo tanto giovini . No stemo esser tristi , dai ! " . E gli anni passano , passano tre anni , e ognuno un giorno vede la sua strada . Cosí il giovane intruso lasciò la povera ragazza disperata , salutò la mamma , andò via e soffrirono per qualche tempo . Ero stato socio della " Giovine Trieste " , non mi ricordo piú sotto che nome , perché il regolamento delle scuole medie austriache proibiva allora di far parte di qualunque società , " specialmente se politica " . Pagavo regolarmente i dieci soldi settimanali . Assistevo regolarmente alle sedute . Tintinno del campanello automatico , il socio entrava , diceva : " Bonasera " , guardava attorno per trovare un conoscente , si faceva portare una bottiglia di birra dal custode - un ometto simpatico con orecchie a vela e naso grosso e lungo , a cui sarebbero stati bene i colletti a risvolto dei nostri nonni , - accendeva una sigaretta , leggeva i giornali , chiacchierava . Non si faceva niente , ma ci si consolava pensando alla preparazione . Tutti si lagnavano della " Patria " , la direzione del partito liberale di cui noi eravamo l ' ala sinistra ; ma prima di decidere un leggero rimprovero a questo o quel nostro uomo rappresentativo , si domandava il permesso alla " Patria " . Una sera , in seduta , quando l ' i . r . commissario era già andato via - perché quando c ' era lui si davano annoiatamente i resoconti di cassa e si leggeva sorridendo la relazione ufficiale , - si inveí con forte parola contro l ' apatia remissiva di Hortis e degli altri deputati . Poi si votò un vibrato ordine del giorno ; e , come cosa implicita , il presidente domandava chi volesse venir con lui da Venezian per il nulla osta . Io chiesi timidamente dalle sedie : « Ma perché domandare il permesso a Venezian ? » . Tutti rimasero stupiti . S ' alzò su un giovanotto dal viso insecchito e mummificato in buchi e angolosità , e sorrise con indulgente compassione fra i denti guasti , salivando abbondante . Poi disse , un po ' tartaglia , ma come chi la dice buona : « Se vedi che ' l mulo ga de magnar ' ncora pagnote ! » . Si sedette contento , e tutti risero battendo le mani . Fu quella l ' unica volta che pronunziai mezza parola in seduta pubblica . Del resto brontolavo con i pochi altri ingenui intorno a un tavolo - scacchiere , progettando ogni sera di formar la " montagna " nel seno stesso della società . Ma non si concluse mai nulla . E soprattutto ascoltavo i discorsi dei maggiori , per imparar di politica , per aver armi contro la zia che disapprovava l ' occuparsi d ' irredentismo . Parlavano in generale di trucchi da fare alle guardie , dell ' ultima schifoseria giallonera dei socialisti , del loro capo ufficio come si sedeva sulla sedia e teneva la penna . Uno poteva imparare come si fabbrica lo schizzetto triplice per dipingere di biancorossoverde la k . k . polizia ; e poteva anche essere informato che Franzca del 41 era passata , per cause ignote , nel casino in via del Solitario . Un giovanottino con un neo - tre - peli - lunghi raccontava della campagna a Domokos e della strippata data a Roma per l ' anniversario dello Statuto . Perché la patria era mescolata al risotto alla milanese e all ' ipermanganato di potassa al 3% . La patria era per loro come quando i giornali pubblicarono il telegramma della morte di Carducci , e un po ' piú in su , un po ' piú in sotto , dicevano della neve in Carinzia , e dell ' ambasciatore francese in viaggio . Io mi meravigliavo . Io sentivo la patria , esclusiva e sacra . Mi tremava il petto leggendo di Oberdan . Avrei voluto morire come lui . E seguivo sulla carta geografica le campagne di Garibaldi , commovendomi degli eroi . Garibaldi mi fu un venerato amico e dio . Ancora oggi quando sento parlare storicamente di lui , il cuore mi balza in rivolta . Io sono ancora un bimbo che vorrebbe combattere sotto i suoi occhi . Ma noi nascemmo in altra generazione . Noi cantammo per le strade : All ' armi , all ' armi ! Ondeggiano le insegne giallo e nere . Fuoco , per dio ! sul barbaro , su le tedesche schiere ; scappammo davanti alle guardie di pubblica sicurezza e lontani , a branchi , continuammo a cantare : Non deporrem la spada fin che sia schiavo un angolo dell ' itala contrada . Non deporrem la spada fin che sull ' alpi Giulie non splenda il tricolor . E a casa trovammo la mamma piangente di affanno e di paura per noi . Ci si bacia , e si va a dormire , soddisfatti . Io ebbi uno zio garibaldino che a quattro anni mandava in lettera al babbo un pezzo di pane di collegio per fargli gustare che roba gli davano ; e a tredici scappò dal collegio , di notte , gridando : " Viva l ' Italia ! " , e camminò , senza un soldo , da Fiume a Venezia , per arrolarsi con Garibaldi . Non lo presero perché era troppo giovane ; ma gli promisero una lira al giorno per il mantenimento . Egli prese la lira e la buttò nel canale : che non voleva soldi da chi aveva meno di lui . Un parente lo trovò seduto su un rio , sbocconcellante un tocco di pane , soddisfatto . Da giovane combatté . Era abile commerciante , pieno di risorse e iniziative . Fu povero , ricchissimo , quasi povero , agiato . Una volta capitò nel suo scrittoio uno , dicendo che zio gli doveva dieci fiorini . Zio rispose che glieli aveva già restituiti . L ' altro negò . Zio prese di portafoglio una banconota da dieci , la pose sul tavolo , prese un fiammifero , accese una candela , e tenne la banconota , delicatamente per un angolo , sulla fiamma , finché bruciò tutta . « Ghe fazo veder che no me interessa de diese fiorini ; ma a lei no ghe devo un soldo . Bongiorno . » Sposò a modo suo contro la volontà e il piacere di tutti i suoi parenti ; studiò in tre mesi il croato e andò con la sua donna nelle foreste della Croazia , a fare il mercante di legnami . Cosicché egli fu sempre per quasi tutti i parenti uno screanzato mistero da stare in guardia , un uomo presuntuoso e senza giudizio . Lo sfuggivano seccati ; e se mai dovevano parlare con lui per convenienza , l ' ascoltavano come s ' ascolta la storiella mille volte ripetuta del vecchio parroco di campagna , e guardandolo di sfuggita in viso per presentire che nuovo tiro meditasse . Pure era ottimo e calmo , benché anima di passioni . Era alto , e tarchiato di petto : il viso largo , a tratti grossi , senza delicatezze , ma gli occhi come quelli di mamma , e la barba bionda chiara , ingiallita dal fumo . Camminava con il passo delle guide . Parlava lentamente , con voce bassa , profonda , negli occhi una gioia quasi puerile per ciò che raccontava , ma d ' una puerilità pregna di dolore e disperazione . Non aveva che la famiglia ; e la moglie gli era morta ; una figlia gli s ' era uccisa ; un ' altra aveva abbandonato il marito e s ' era fatta canzonettista . Non piangeva ; ma quando , seduto nel nostro salotto , tossiva , la corda piú bassa dell ' arpa di mamma dava una vibrazione lunga , terribile . Era stanco e quasi sfinito . Mamma gli diceva : « Eh , su , coragio , ti xe ancora come un giovinoto ! » ed egli sorrideva : « Sí , son ancora forte ; ma ... » e sollevava il braccio destro nella posizione in cui si spiana lo schioppo , e il braccio gli tremava benché egli alzandolo aveva sperato che gli stesse fermo . « Ma le gambe le xe ancora bone » concludeva . E ancora , per la terza o quarta volta , si rimise , a cinquant ' anni , e andava a caccia , e progettava di costruirsi una casetta in carso , vicino a Gropada , su una terrazza calcarea dominante un vasto orizzonte di grebani e cielo . Mi ricordo che ci tracciò col bastone ferrato i limiti dove sarebbe sorta la casa . Era intelligente e nessuno sa quante cose nostre , che ora a poco a poco cominciano a esser discusse , egli già ne parlava con chiarezza , come uno cosí fuori dalle osservazioni e valutazioni abituali che gli è naturale e ovvio comprendere verginamente le cose , e si meraviglia che la gente non abbia le sue idee . Era sempre in carso e i contadini lo chiamavano " el paron " . I conoscenti gli chiedevano , tanto per dir qualche cosa : « Ma no ti ga paura d ' esser sempre fra quei s ' ciavi duri ? » . « Ma se no i ghe fa mal nianca a una mosca ! I xe boni come fioi . Ciò , natural ! se va uno de quei ebreeti triestini co ' le gambe storte e ' l ghe canta in te le recie : " Nela patria de Rosseti no se parla che italian " , lori i xe a casa sua e i ghe dà un fraco de legnade , se capissi . Cossa i dovaria far ? » Dopo continuava : « Ma mi vado per i campi , su l ' erba , e nissun me disi mai niente . Un ' unica volta , ghe stavo drio a una pernise , camminavo ne l ' erba , e me son sentí ciamar da un contadin : " Paron , chi me pagarà l ' erba ? " . El iera lontan , e no ' l se ris ' ciava de ' vizinarse . Mi lo go vardà . E ghe go dito a pian : " Vien qua che contemo insieme i fili de erba che go zapà , che te li pago " . Ma ghe lo go dito con un ' aria che ... e lú fila via come el levro » . Concludeva : « Xe natural : el s ' ciopo no sta mai mal . Ma provè andar in Italia , in Friul , per le campagne , e po ' me savarè dir . Qua i xe tropo boni , co ' sti farabuti de cità » . Odiava la gente vuota e ingiusta , benché nei suoi giudizi egli fosse tutto fuoco . Non sopportava le chiacchiere di Venezian e compagni : " ... la patria romana ... i venti secoli di civiltà ... " - « ma la panza per i fighi ! Fioi de cani ! Ve volevo là quando che subiava . I se la saria fata in braghe . » - Di Garibaldi non l ' ho sentito parlar mai , neanche una volta . Io ho piacere d ' aver avuto questo zio . Gli voglio sempre piú bene , e qualche volta mi rammarico di esser stato cosí bimbo , allora , quando viveva , e non averlo conosciuto veramente . Ora qualche sera poggio la testa sulle ginocchia di mamma e mi faccio raccontare di lui . Mi disse una volta che dieci muloni m ' avevano aggredito e tutti i parenti si condolevano del gnocco susinoso lasciatomi in una guancia ; mi disse girando gli occhi quasi sbadatamente : " Spero che no ti sarà restà debitor de assai " . No credo , zio . Mamma è malata . Io sto sdraiato accanto a lei sul margine del letto , accarezzandole la fronte e le mani . Cosí passiamo qualche ora . Ogni tanto ella mi guarda e mi domanda : « Credi che guarirò ? » . Io la sgrido come una bimba e le racconto di quando sarà guarita . Io vorrei difenderla contro il male e tenerla allegra . Mamma è buona . Ha sofferto assai nella vita , piangendo in silenzio , e cercando di giustificare chi la maltrattava . Non disse mai una parola d ' odio , si rinchiuse in sé con i suoi figli , come una povera creatura battuta . Io non perdono a chi le fece male . Io voglio che la nostra mamma possa godere di noi piú bravi degli altri . « Quando sarai guarita verrai un mese con me a Firenze , vuoi ? C ' è le colline e gli ulivi , e staremo in pace . Ora son passati tre mesi , poi passa ancora uno , e dopo facciamo una gran festa . Io butto il cappello in aria : mamma è guarita . Vuoi ? » Ella tace rabbrividendo di gioia . E io le parlo e le racconto tante cose buone , ma sono stanco di questa triste camera oscura , con poca aria , con l ' orologio che batte il suo tempo . Vorrei rifugiarmi al mio tavolino e lavorare , scrivere un ' allegra poesia , uscire in campagna ed esser solo con il sole e l ' aria . Io avrei bisogno di prosperità e contentezza . Sono quasi irritato contro il suo male , contro l ' oscurità che è calata da tanti anni nella nostra casa . Si vive paurosi di svegliare negli altri certe cose che sono sempre presenti dentro di noi ; si vive a bassa voce , guardandoci di sfuggita in viso dopo una risata . Molti giorni si imbocca la minestra e la carne senza dir parola , sforzandoci a interessarci dei piccoli che raccontano della scuola . Si vive cosí da molti anni . E la mamma guarda i nostri occhi che s ' abbassano come in colpa , e non può far niente per i suoi figlioli . Ella ci bacia il capo , e ci chiede scusa in silenzio . Un giorno metteva ad asciugare alcuni panni alla stufa e piangeva . Io le chiesi : « Mamma , cos ' hai ? » . Le chiesi ancora ... essa piangeva e negava , cercava di trattenere lo spasimo , ed era stanca : « Che hai mamma ? perché piangi ? » . « Vedi , figliolo , non è niente , gli affari di babbo vanno male . » E un giorno babbo tornò da un viaggio , che era stato anch ' esso inutile , e non c ' era da far piú nulla . Noi eravamo seduti intorno alla tavola e cenavamo . Egli entrò , ci salutò , e si sedette al suo posto . Noi tacevamo . Egli prese la forchetta e ingollò i bocconi . Ci disse : « Mangiate dunque ! » . La sua voce era senza tremito . Mai ho visto piangere babbo . Gli occhi gli si incassano nelle tempie , la sua fronte si fa gonfia , ed egli sta fermo con la testa dritta in su . Egli è un uomo , non si lamenta e s ' irrigidisce . Babbo m ' ha insegnato a tacere e a disprezzare il dolore . E cosí passarono i mesi e gli anni . E io cominciai ad amare la mia famiglia , e ero consolato ch ' essa credesse in me . E mamma una sera mi disse , poggiandosi sul mio petto : « Figliolo , sono stanca , vai avanti tu » . Io amo i miei fratelli e i miei genitori perché la nostra vita è stata dolorosa e confidente . Io vado avanti con essi e non cedo . Noi vogliamo anche noi il nostro posto . Ci hanno fatto molto male . Alcuni sono stati buoni con noi , ma non ci hanno capiti . Noi vogliamo esser noi , con i nostri difetti e le nostre virtú , liberi di respirar l ' aria che ci spetta . Io sono contento di aver avuto una famiglia povera . Sono cresciuto con un dovere e uno scopo . Essi mi vogliono bene , e il mio nome è il loro . L ' orologio batte egualmente il suo tempo e la camera è stretta e scura . Che sarà di noi se mamma non guarisce ? La sua fronte è sudata , e il suo pallido viso è pieno d ' amarezza . Voglio oscura la camera . Non filtri il sole dagli scuretti . Io sono sdraiato bocconi sul letto , immobile , e non penso . Non soffro . Nell ' oscurità dilaga una noia infinita , e io sto dimentico , intravedendo con disgusto gli scaffali dei libri sulla parete di faccia . Ho letto , ho guardato dalla finestra , ho fumato : inutile ritentare . Non ho voglia di niente , e la camera è fredda . Sento stridere bimbi in strada , e ombre di carrozze sfumano rapide sulla parete . Presto sarà notte , e si spegnerà finalmente anche questo raggio denso di sole che illumina il mazzo di fiori dipinto lassú . Intanto gli uomini tornano dal lavoro e si salutano l ' un l ' altro . E la terra cammina nella sua via fissa . Ho girato tutta la città in questa notte di martedí grasso , annoiato e disgustato senza causa . Forse ricordavo l ' altr ' anno , con lei , in caffè . L ' ho cercata per tutti i caffè , temendo di esser visto . Pensavo che le avrei rovinato maggiormente la serata . Povera putela . Su per l ' Acquedotto ho incontrato un condiscepolo , Nando Baul , che m ' ha fatto entrare alle " Gatte " . Era la prima volta che entravo in un caffè concerto . Guardavo la carne floscia e la gente che guardava . Il direttore d ' orchestra aveva un naso terribile , e le canzonettiste ci facevano le spiritosaggini . Nando si divertiva , ma con ostentazione di esperienza . Nando aveva gli occhi lustri . Mi disse che qualche volta xe piú bel . Credo . Saluti . Feci un giro per Cità vecia sperando di trovare per le strade una sporca baldoria . Io sono ancora casto - ma come la vergine che guai a essere nei suoi sogni - dice all ' incirca Nietzsche . Sono rimasto puro fisicamente per paura di malattie . Forse anche no . Del resto non importa . Mi sono fatto spiegare dai libri e dai compagni esperti , e ora sono qui nervoso ad annusare . Avrei gusto di vedere qualche scena : ma non c ' è niente . Odor di piscio . Non ho coraggio di tener su la testa e guardare agli sburti . Qua abbasso c ' è le solite otto , nove che passeggiano con il loro andare di oche culone , incappottate sulla camiciaveste . Fin qui arriva il belletto rosso , qui comincia il viola del freddo , a zone . Come passo mi toccano il braccio : « ' Ndemo su mulo ? » . Divento rosso , passo via senza rispondere . Mi fanno schifo . Schifo terribile . Questa è la ragione . Specialmente i capelli e le mani . Sento un untume muschiato che non posso sopportare . Se no , non mi parrebbe niente . Capisco benissimo senza romanticherie . Io dò tanto ; tu dai tanto . È pulito . Porca è la società che per pulizia ha chiamato ciò ... amore . ( I puntini non sono miei : ma della società . Io non adopero puntini . ) Dal caffè dove bevvi petess la sera della calata , sbocca una comitiva di ominacci con barba , vestiti da donna ; donne spanciate e altro negrume , urlando , saltando con fanaletti e bastoni . Mi tiro da parte . Sono contento di avere a casa un letto bianco , pulito , senza cimici . Ma una donna , una femmina , per me , per avvoltolarsi insieme nel letto , per farla urlare di strette e morsi ! Questo letto è troppo grande . Troppo soffice . È meglio dormire con una coperta per terra . Andai a vedere al Credit se mi prendevano impiegato . Appena montai la larga scalinata , piena di stucchi e d ' indicibili lampadari , il silenzio del lavoro mi fece poggiare i piedi zitto , come se disturbassi , alla fonte , la pulsazione di un mondo misterioso . Mi dissero ch ' era impossibile perché avevo fatto il ginnasio e non l ' accademia di commercio , e poi non sapevo bene il tedesco . Appena uscito , vedendo il bel verde chiaro degli orti sotto il Castello , mi tornarono a mente le fantasie puerili salgariane . Belle cavalcate d ' avventurieri ch ' incontro ad ogni svoltata della mia vita , e mi danno il buon saluto augurale inebbriandomi gli occhi con il luccichio delle carabine strofinate e pronte . Strofinate sul tavolo , la candela un poco piú in là : e il respiro della mamma dormente è tanto lungo che la mano strofinante con foga , su e giú , si rallenta , e s ' accorda al respiro lungo , mentre l ' anima comincia a pensare alle difficoltà , e si riempie di dubbio , come di acqua i fori della tenda appena tolta , Cominciando la piova . Rividi la brunastra tenda nel primo lume dell ' alba , sgocciante di rugiada , e mi curvai a uscirne dallo stretto pertugio , guardandomi intorno cauto , spiando gli scricchiolii dell ' erba che si rialzava . Uno scalone tirato da due cavalloni , carico di stanghe di ferro , correva a precipizio insordando la città . Il cocchiere , piantato con le gambe aperte sui due lunghi tronchi scorzati del margine , frustava e incitava i cavalli . Davanti a quel carro d ' inferno tutti i sogni sparvero . Ero in Corso , fra gente impellicciata e automobili . Me n ' andai a casa stranito . Pensavo : picchiar porta per porta . Otterrò d ' esser mandato in una grande casa di commercio dell ' Indie , a Rangoon , come Ucio . Un cinese schiavo moverà nella mia stanza un ' enorme ventola rossastra , perché le zanzare malariche non si fermino sulla mia pelle . Non scriverò altro che , in inglese : " In possesso vostra stimata del " . Imbroglierò astutamente , come i commercianti non sanno fare ancora . In tasca la rivoltella . Risi : perché in India ? perché la rivoltella , lucida come le carabine degli avventurieri ? Bimbo , sei letterato . E rimarrai letterato per quanto mare frammetta tra la tua ultima e la nuova pedata . Anche se a Rangoon , anche se nell ' isola di Robinson , la ventola ti sembrerà , che so io : l ' azione contro le idee : insomma una di quelle tue immagini strampalate che mettono in sussulto e in compassione la gente . E scriverai nella tua lettera d ' affari cosa che il copialettere non potrà copiare senza che la sezione controllo ti dia del matto . Uscii deluso . Toccai le foglie degli alberi umidi di piova , sforzandomi a non paragonarle con niente . Un ' impressione tattile di bagnato e di freddo , e basta . Avrei voluto mi fossero disaggradevoli . Camminai lungamente , evitando di pensare . Poi decisi : Parto . Andai alla stazione a pigliare il biglietto di terza classe . « Per dove ? » mi chiese il bigliettinaio . Lo guardai . Io pensavo di viaggiare senza destinazione ; viaggiare perché speravo in un disastro ferroviario che avesse schiantato due macchine e piú vagoni , e io mi salvo aggrappandomi fortemente fra i due valigiai , cosí che l ' urto non mi tocca . Poi esco rompendo il vetro dal vagone rovesciato , striscio a carponi ; non salvo nessuno ma corro alla prossima stazione per avvertire , con calma , dell ' accaduto . « Ha la mano insanguinata » mi dice premuroso il capostazione . Io la guardo estraggo il fazzoletto e la fascio . Poi , per favore , domando al capostazione di permettermi inviare un dispaccio al mio giornale . « Per dove ? » si spazientí il bigliettinaio . « Per Milano . » E pensai : mi presento al « Corriere della Sera » . Il treno andava a Vienna , e il bigliettinaio dicendomelo sorrise . Tornai a casa deciso di farmi giornalista . Il Piccolo mi accettò a cento corone il mese : orario da mezzogiomo alle sedici , e dalle venti alle tre . La prima volta che andai a intervistare un ' attrice non ricordo piú se era la Bellincioni o la Tina di Lorenzo - pensavo mettendo il pollice nel taglio ascellare del gilè bianco : Rappresentazione d ' una novità che non conosco ; intervista antr ' act ; caffè neri ; accendo un sigaro ; in redazione : è il tocco . Ordino in pacchetto regolare le lunghe cartelle verdognole , le numero : devo scrivere due articoli : la recensione della novità e l ' intervista : in un ' ora e mezza . ( L ' intervista potevo scriverla la mattina dopo ; ma mi piaceva aumentare il lavoro febbrile . ) Bene . Che dirò a lei ? È bella . E il Piccolo è il giornale piú diffuso di Trieste : io , in questo momento , ne sono il critico teatrale . Una folata d ' immagini come al ritorno delle rondini : ero accanto a un bosco autunnale , e soffiava la bora , e le foglie d ' oro e di porpora turbinavano intorno a me ? Nella mia anima , certo , fu un subbuglio , un accorrere , un saltellío guizzante , come in una vasca di parco quando un bimbo butta una mica di pane . Ma il rosso belletto delle labbra e la polvere d ' oro dei capelli di lei mi parodiò ; e io ne fui spaventato come guardandomi in uno specchio convesso . Scrissi molto male della commedia che m ' era piaciuta , per vendetta , perché anch ' io avevo bisogno di violare la realtà altrui . Ma il direttore si fece portare le cartelle prima che andassero in tipografia , mi chiamò , mi rimproverò aspramente e stracciò l ' articolo . Uscendo di redazione , la prima alba mi faceva male sugli occhi stanchi . Una notte , dopo qualche anno , una notte di lavoro terribile perché era morto il papa , io fissavo la lampada a gas sul mio tavolo . Sentivo andare , borbottare , scartabellare , rombare intorno a me , sempre piú lontano , lontanissimo , e pensavo , chissà perché , a Caino e Abele . Dicevo a Dio ch ' egli era molto ingiusto con Caino : perché non accetti il suo fumo ? i rami carichi di frutti e le biade non valgono l ' agnello di Abele ? Che male ti ha fatto egli , prima di uccidere Abele ? perché ? La bibbia non dice niente . Pensai che questo poteva essere il pensiero centrale d ' una tragedia , e mi misi a ridere malignamente . Io avevo già ucciso Abele . Abele aveva teso le corde fra i corni del bufalo fucilato da me , e cantava . Io l ' uccisi . Ma ora le foglie che mi toccavano erano dure e aspre di veleno come pennini . Desiderai ardentemente : " Abele Abele se tu fossi ancora melodioso in me , in quest ' ora di suprema stanchezza ! Io ho voglia di veder le stelle in cielo e cantare un grande canto " . Ma mi ghignai . L ' anima mi s ' era ormai coagulata per il gocciare della vita inacidita , rabbiosa , negatrice , e mi corrose in rughe la faccia , incassandosi una tana nelle occhiaie . Non vedevo piú le cose , e diedi di cozzo senza sapere in spigoli acuti onde gli altri mi credettero un eroe . Io andavo per la strada già scavata , disgustoso a me stesso , desiderando che qualcuno mi bastonasse a morte . Una volta anche mi proposi d ' uccidermi , ma davanti allo specchio non potei ammazzare l ' essere maligno e ironico che mi guardava . La donna che m ' amava non torse il viso , mi si avvinghiò nervosamente al collo e tentò con tutta la sua anima di darmi un bacio ; ma le sue labbra non aderirono sulle mie . Ora sono quieto e viaggio negli espressi . No , no , la mia vita non fu cosí , ma lo stesso io mi trovo inquieto e spostato . Io ho trovato compagni e amicizia , e ho lavorato con essi , ma io sono meno intelligente di loro . Io non so dir niente che li persuada . Essi invece sanno discutere e dimostrare che bisogna esser convinti di questa o quella cosa . Io sono impersuaso e contraddittorio . Bisogna star zitti e prepararsi . Ma perché essi qualche volta s ' accasciano disperando di tutto ? Chi vuol riformare gli altri non ha diritto d ' esser debole . Bisogna andar avanti e dritti . Bisogna accogliere con amore la vita anche quand ' essa è pesante . Bisogna obbedire al proprio dovere . Essi sono piú intelligenti e piú colti e piú stanchi . Forse io sono d ' una città giovane e il mio passato sono i ginepri del carso . Io non sono triste ; a volte mi annoio : e allora mi butto a dormire come una bestia in bisogno di letargo . Io non sono un grübler . Ho fede in me e nella legge . Io amo la vita . Ma i discorsi d ' arte e di letteratura m ' annoiano . Io sono un po ' estraneo al loro mondo , e me n ' addoloro , ma non so vincermi . Amo di piú parlare con la gente solita e interessarmi dei loro interessi . Può essere che tutta la mia vita sarà una ricerca vana d ' umanità , ma la filosofia e l ' arte non m ' accontentano né m ' appassionano abbastanza . La vita è piú ampia e piú ricca . Ho voglia di conoscere altre terre e altri uomini . Perché io non sono affatto superiore agli altri , e la letteratura è un tristo e secco mestiere . Dunque facciamo l ' articolo . Da molto tempo sto zitto : è tempo di risbucare . Lapis rosso : 1 , 2 , 3 , 4 , 5...; le cartelle sono numerate e pronte . Accendiamo la sigaretta . Inchiniamoci sul tavolino per venerare il pensiero che gorgoglia , commisto all ' inchiostro , giú dalla penna . Lo sviluppo d ' un ' anima a Trieste . Comincio a scrivere ; lacero ; di nuovo , e altro strappo . Sigarette . La stanza s ' empie di fumo , e i pensieri si serrano come corolle al vespro . Inutile illudersi : non ho da dire niente . Sono vuoto come una canna . " Cosa fai qui , davanti a questo tavolino , in questa sporca camera d ' affitto ? Anche se tuffi il muso nella frasca verde della boccia con cui i tuoi occhi , stanchi del grigiume stampato sulle pareti , cercano di sognare , tu , qui , non respiri . Ora , qui anche Shakespeare è una pila di libri che ti ruba un brano d ' orizzonte . Dirimpetto , l ' Incontro s ' inrossa per l ' aurora , e se t ' affacci alla finestra e guardi a sinistra , Fiesole è chiara come un cristallo ambrato . Sul Secchieta c ' è la neve . Andiamo sul Secchieta . " Fasce ai piedi ; doppia maglia al petto , un boccone di cioccolata in tasca : e mentre pesto forte il lastricato della città perché dai piedi il sangue mi scorra piú caldo alla testa , penso : " Che ha da fare con la vita dello spirito cotesta improvvisa scampagnata ? C ' era un ostacolo in te , un poco piú alto del Secchieta : e tu invece di pigliarlo di petto e darci dentro col cranio , gli giri attorno credendo di andare cosí verso il sole che illuminerà a tuo uso e consumo tutte le cose . Sei già stanco ? e ieri ancora sbalzavi oltre i vigneti e giú dai muriccioli scontorti e assodati dall ' edera che t ' intralciava i piedi , e pumpf ! col muso per terra , cervo vinto che i tuoi coetanei cacciatori sbraitando l ' alalà di vittoria legavan con venchi per le zampe e trascinavano a casa - il viso rosso dalla scalmana e dal trionfo . Buttavi giú litri d ' acqua , immersa bocca e naso e occhi nella secchia del pozzo , sbuffando e ingorgogliandoti , senza tregua : sicché l ' alenare delle narici scavava due fondi buchi nell ' acqua . Stanco ? " . Qui nel treno che mi porta a Sant ' Ellero c ' è contadini che appena montati dormicchiano rovesciando la testa sullo schienale di legno . Io cammino su e giú per la corsia centrale del vagone . Stanco ? Non so piú niente , ora . Non sono piú in città . Non ho piú obbligo di dimostrarmi perché faccio questa o quella cosa . Sono una bestia irrazionale . Scampagnata , gita , fuga , pazzia , leggerezza , sciocchezza : non so ; so che vado sul Secchieta dove c ' è la neve . Scendo dal treno , e respiro . Su per gl ' intrigati viottoli de ' carbonai , che qui là si allargano in uno spiazzo nero . Dove vado ? La collina nasconde Vallombrosa . Bene , se non mi sperdo ; se mi sperdo , meglio . Tocco vecchi castagnoni senza midollo né carne ; l ' elleboro nero è fiorito . Forse i miei occhi troveranno tra le foglie brune e il musco la prima primola , accanto alla macchia di neve . Allenta il passo : l ' animo si può ingrassare rapinando la natura . Tutto è fiorito d ' immagini intorno a te . Stendi la mano ! : non i getti del rovo tu tocchi , né il cespuglio tenace delle ginestre , né i sassi della terra : accarezzi e ti pungi del tuo spirito , che è svolato via da te a crearti il tuo mondo . S ' è abbattuto contro l ' oscuro amorfo , e ha piantato di colpo le sue radici , entro di lui ; onde il vento lo agita , rami invernali gonfi come pugno che piú s ' ingrossa come piú si sforza in se stesso ; e i tuoi scarponi marchiano il terreno umido di linfa succhiata su in mille forme dal sole ; e il tuo sguardo si spande fraternamente nel cerchio divino dei colli verdineri , sotto il cielo limpido e lieve che par s ' elevi - luce - piú in su dell ' aria . Cammina amorosamente nel tuo regno meraviglioso . Le case di Saltino . La prima neve nei fossi lungo il binario dentato . Dentro , gambe mie ! : è dura e crocchia come ossi fra i molari d ' un cane . C ' è degli alberi carichi di gemme incuffiate di peluria argentea , come strani fiori . Da una stalla aperta mugghia il muso d ' una vacca , e si lecca dentro le larghe froge . R . R . Telefoni : 50 centesimi e sono a Firenze . Eppure cammino urlando sulla neve , e non c ' è nessuno che si fermi a guardare il pazzo . Tutt ' è bello . Capisco la riforma della scuola media e il cipresso stronco sotto il peso della neve , che giace infissato nella neve attraverso la strada e m ' obbliga a un salto allegro , fermati sul petto i lembi della mantella . Ed è buono il salame , il burro , il tè , il pane casalingo d ' una settimana dell ' osteria di Vallombrosa . Qui è impossibile sian mai venute dame strascicanti lunghe gonnelle per campi ben pettinati e rasati , né ministri hanno mai giocato tennis in solino : molti alberghi attendono di spalancarsi : ma io non credo . Però potrei pigliare a sassi quelle due aquile insaccate in stracci gialli , appollaiate col pernio sui pilastri d ' un portone . Ma su , che al Secchieta c ' è neve assolutamente intatta . Nessuna traccia sul dorso del monte : dove sono i giovani italiani ? Aspettano che si bandiscano domenicate invernali con schi e pattini e signorine . Scrivo con il chiodo dell ' alpenstoc le lettere Voce nella neve . Propongo che la festa vociana sia un ' annua salita al Secchieta , di febbraio . Lupercalia . Ah , ah , in questo momento qualcuno esce dalla redazione d ' un cotidiano e va a dormire ! Venite a bever l ' alba sui monti ! E basta : il disotto sparisce . Non c ' è che una cosa , alta , non vista , che bisogna raggiungere . Nessun ' immagine . I rami sono rami irrigiditi che scattano sul viso se ti sfuggono di mano . Picchia il tacco nella neve per farti il tuo scalino , e un altro piú in su . Ficca l ' alpenstoc . Anche se affondandosi tutto , t ' avverte che la neve è alta come te , non camminare a serpentina ; pianta dritte le pedate . Niente mi giunge dentro di consentaneo , attorno a cui s ' affollino l ' idee e lo poppino e lo assimilino restituendolo mio , frutto dell ' anima piú profonda . Tutto è sensazione di ostacolo che bisogna vincere : io e il monte siamo ; altro no . E non devo esser che io , in vetta . Ti volti a contemplare ? Sei già stanco che ti metti a fare il poeta , caro amico mio ? Se i polpacci ti scoppiano e la schiena ti si ripiega insieme e per ogni centimetro di conquista stronchi col viso , col petto un ramo ; e un altro ramo , e rami chissà fino a dove ti aspettano , duri , ghiacci , ipocritamente velati di neviscolo come una fiorita di mandorli , e i ghiaccioli ti si frantumano nel collo , negli occhi abbacinati dall ' eterno luccicor del bianco ; e il berretto che ti sguizza giú ti costringe a ricalare , e l ' alpenstoc ti s ' incunea tra ramo e tronco , cosicché tutte le cose indispensabili tentano d ' impedirti ciò che devi - agguanta coi denti la lingua che vorrebbe imprecare , e cammina . E se la neve intenerita dal sole cala sotto il tuo piede , in modo che tu potresti adagiarti dolcemente su essa , e riposare , non cedere alla soffice bontà , non poggiar lieve gli scarponi : batti , affondati , tirati fuori e avanti lassú . E lassú - non sai dove , perché forse tu non cammini verso la cima reale , delle carte geografiche - e il tuo lassú è grave di nebbia , forse ; onde tu raggiuntolo a cuore spasimante non vedrai gli Appennini imbrunirsi come giovane carne sotto il sole , né la neve immensa , che tu hai vinto , accendere i colori , né lontano , in basso , Firenze . Ma tu , amico mio , ti sei levato da tavolino per salire sul Secchieta ; e s ' anche tutte le opinioni della strada , che ti si sono infiltrate nell ' orecchio dalla finestra , col frastuono dei barocci scampanellanti e le canzoni sporche di vino indigerito ; s ' anche tutta la vita degli altri è presente in te pur ora e tenta , come una ventata polverosa , di storcerti il collo verso quello che hai già superato a rimirarlo , e accosciarti , tra l ' alto e il basso , sulle tue gambe stanche ; anche se in eterno tutta la città e la sua stanchezza è in te e non la puoi sfuggire - non importa : tu vai in su : questo solo è vero ; tu devi : questo solo è bello . Un dirupo nevoso che mi permetto di superare a zigzag : l ' attacco due tre volte con l ' unghie . E ... Sul Secchieta c ' è una bassa cappella con una madonnina dipinta . Ho acceso un fiammifero per timore che vi fosse dentro il lupo . Sono sgusciato strisciando per il pertugio ostruito dalla neve e sono ruzzolato sotto la madonnina . Penetro con le dita spalancate nell ' acqua del mare , come tra i capelli morbidi e resistenti d ' una donna ; e m ' arrovescio sulla superficie a riposarmi . Le piccole onde sbattono mormorando al mio orecchio , come il cuore della donna all ' amante che riposa su di lei . Allargo lo sguardo : e il mare s ' increspa sotto il sole . La sua anima è quieta e serena , ed egli si stende sulla spiaggia soffice e si culla cantandosi piccole parole ; e cerca con dita di bimbo le conchigline e i granchietti fra la ghiaiola della riva . Mi riposo sul mare . Passano sul cielo bianche nuvole e migrano . Se sollevo un poco la testa vedo tremare gli ulivi di Muggia : nient ' altro . Il riposo è grande e infinito . Una barca apre lenta la vela , si sbanda leggermente , e esita . Poi va , raccogliendosi il poco vento . Io sono qui , portato dallo smuoversi lento dell ' onde increspate . E il mare mi porta lontano dove io non veda altro che mare e cielo , e tutto sia zitto e pace . Apro la bocca e fra i denti mi scorre l ' acqua salsa , e il corpo si lascia calare lentamente nel mare . Son qua per terra come un cane in agonia e i nervi mi si inturgidano per il bisogno d ' amare , e stiro la testa come se un capestro mi si avvincolasse sempre piú stretto intorno al collo . Poi balzo in piedi e guardo nella notte . Dove sei creatura bella che un giorno mi devi amare ? Guardi nella notte ? Sotto le stelle l ' aria ha uno scintillío come di specchio e noi ci vediamo . Creatura fresca , dentro all ' anima tutto è speranza di vita come in un bosco sotto la calura . La piccola erba carezza il ceppo rugoso , tremando nell ' aspettativa . La terra mormora , l ' acqua è vicina . Ecco l ' acqua , la fresca acqua . E tu sei qui fra le mie braccia , creatura . Io ti posso baciare perché mi sono conservato puro . Ho sofferto e pianto per te . Ora è agosto , e i rami rigurgitano di succo e si drizzano smaniosi . Io voglio abbrancarti furioso e sentire questa tua carne intatta torcersi sotto le mie dita , qua sulla terra calda come il mio sangue , perché tu devi esser mia . O creatura bella , io non so che colore abbiano i tuoi occhi , ma sono azzurri perché la grande aria su di noi è azzurra . Non so dove tu sia , ma guardi dall ' alto e rassereni come il sole . In tutte le cose tu sei perché tutto io amo : nella campanula bianca del prato e nel fiume che ti rispecchia e va per l ' ampia pianura portandoti nel suo cuore . O creatura nuova , non so chi tu sei , ma ti sento dentro di me come se nell ' anima un seme mi radicasse . E sono un bimbo che va su per un monte verde , saltando e cogliendo fiori , e d ' un tratto gli s ' apre davanti la valle con i suoi villaggi e la città lontano , piena di luce nebulosa . Tu sorridi di certo , perché le stelle scintillano tanto questa notte . Sento il tuo sorriso sul mio volto come un soffio di vento in un ciuffo d ' erba . Ah cara ! tutti i miei pensieri vanno verso di te come l ' api intorno a un fiore dolce . E vanno e vanno a turbinare intorno a te , creatura mia . Tutte le cose son vere ; ma alcune accadono ora , altre accadranno nel futuro . E s ' io ti racconto in questa triste notte invernale d ' una fata che viene portando odoranti fiori in grembo , tu mi devi credere , o povera anima mia . Ho voglia di cose lievi , dove mi conduce un volo di rondine , l ' orecchio sfiorandomi . Il sole è tiepido come guancia adolescente . Camminando leggermente vado verso a bianchi meli . Lunghesso la strada un ramo d ' olivo il volto mi tocca . Cose fresche ! Rose gonfie di rugiada ; erba su d ' un rivo . Ah se potessi baciar la tua bocca ! Il notturno sogno dei fiori si disperde come la rugiada della prima alba lo tocca . Eppure volentieri io sentirei le tue labbra sui miei occhi quando la mattina penso cosí dolcemente . Andiamo per i prati senza sentieri , perché oggi un tiepido sole ci carezza le palpebre . Camminiamo lungamente , godendoci il sole invernale e le piccole viole fra le foglie dell ' edera sparsa sul suolo . È un giorno che l ' anima è portata in alto dal proprio fiato . Se respiriamo , lasciamo bianca vaporosa traccia di noi nell ' aria . Andiamo ancora avanti un poco , dove il sole scalda il tronco del bianco platano , e poggiamoci la fronte leggera . Sotto ai piedi fruscia l ' erba nuova , mentre andiamo tenendoci stretti per mano e guardando tra le ciglia . Parte terza Ho ritrovato il mio carso in un periodo della mia vita in cui avevo bisogno d ' andar lontano . Camminavo spesso , lento , alle rive per veder la gente che partiva . Studiavo l ' orario dei piroscafi lloydiani , e se avessi avuto qualche centinaio di corone sarei andato in Dalmazia , a Cattaro , poi mi sarei arrampicato su fino a Cettigne , poi chissà ? nell ' interno della Croazia dove c ' è boschi immensi e bisogna cavalcare lunghe ore per arrivare a una casipola di legno bigio . Il pater familias è ancora l ' antico ospite . Di notte , quand ' uno non può dormire , sente un canto triste che lo culla . Forse piuttosto sarei andato nell ' Oriente . Guardavo i bragozzi ciosoti che con una gran spinta si staccavano , gonfi e carichi , dalla riva . Il padrone della barca si levava la camicia per non infradiciarla di sudore , s ' arrampicava sull ' albero , e agganciandosi con la gamba sulla scala a corda sbrogliava la vela , giallastra a macchie mattone . Tutta la notte avrebbero corso l ' Adriatico col borino , e poi un altro giorno , e un altro sotto il sole . Specialmente mi desideravo la piena calma marina , se il vento fosse cessato improvvisamente . Avevo bisogno di star solo . Andavo per le strade poco frequentate , nell ' ombra degli alti casamenti rettangolari , e mi guardavo intorno spiando di lontano il viso dei passanti . Temevo d ' esser conosciuto , d ' esser salutato , di dover salutare . Un amico mi mandò una cartolina : perché non gli scrivevo ? " Poiché non vuoi , non vengo . Ma non è bello che tu sia cosí scontroso ed egoistico nel tuo dolore . Proprio ora l ' amicizia ti farebbe bene . " Tutte buone care persone : ma io ero in cerca di lontananza . Stavo solo , nella mia stanzetta , e ogni sera sentivo battere lente le nove , poi le nove e mezzo , poi le dieci , poi le dieci e mezzo ... Il tempo camminava come si va nei pomeriggi domenicali , portandosi addosso la noia di tutti gli uomini . E ogni notte sentivo passare una carrozza nella via , poi la voce di tutti i nottambuli che gridavano alla moglie o alla mamma per la chiave . Ecco - pensavo - ora mi metto a leggere , piglio appunti , studio . Ma calavo la testa sulle braccia raggomitolate - e non potevo piangere . Non potevo dormire . Ero sotto l ' incubo di un ' afa grave . E uno usciva di casa nella notte e camminava con passi stanchi . Sognavo di una lunga notte di bora , che i pochi viandanti camminano curvi contro di essa , senza pensare . Mi sognavo soprattutto di cedri infissi nel fondo del mare , che a poco a poco impietravano . Avevo bisogno di sassi e di sterilità . E mi ricordai del carso , e dentro ebbi un piccolo grido di gioia come chi ha ritrovato la patria . Quante storie mi raccontai quella notte ! M ' ero sdraiato sul materasso poggiando la testa sul braccio destro , e ero un bimbo che aspettava con occhi aperti un po ' di lume alla fessura della porta e la mamma entrasse : " Non dormi ? È tardi . Dormi , dormi . Ti racconto una storia " . Avevo pietà e tenerezza per me stesso . E mi raccontavo a voce alta una storia del carso : " Molti anni prima di noi una donna del carso con capelli biondi , aveva partorito un piccolo che tremava anche sotto la pelle d ' orso . Allora lei poiché il suo fiato non bastava , accese il fuoco per la prima volta . Il piccolo crebbe e non andava a caccia . Mangiava carne cotta e le notti d ' inverno quando si svegliava d ' improvviso e non vedeva la fiamma , l ' oscurità e il freddo entravano in lui , ed egli pensava strane cose , rabbrividendo . Dalla volta della grotta stillavano gocce , piú lente del battere del suo sangue , e come cadevano sullo strame del giaciglio egli sentiva camminare fuori della grotta . Ma molto lontano ; chissà dove , chi era ? " Pascolava le capre ; si ficcava dentro un cespuglio e guardava il cielo tra le frasche . Un cervo passava annusando , un uccello fischiettava , e quei suoni entravano in lui e si intricavano . Poi dormiva un poco . Poi tornava al calar del sole , e raccontava con parole chiare come le foglie dopo la piova . La sua famiglia l ' ascoltava . " Un giorno , mentr ' egli raccontava , vennero uomini , il torso come macigno spaccato dal ghiaccio ; ammazzarono la famiglia , rubarono il fuoco , e condussero lui in servitú . " Anche altre storie mi raccontai . Ma poi fui stanco , e non potevo dormire . La mia testa erano tanti pensieri rotti che nascevano e svolavano via da tutte le parti , portandomi in mille posti contemporaneamente . Sudavo . Allora m ' alzai , mi vestii in furia , intascai il mio coltello a serramanico , e andai . In via Chiadino c ' era ancora una coppia d ' amanti , e la donna giocava con le dita del compagno che la teneva avvincolata a sé . Io pensai : " Quella donna gli può benissimo morire proprio questa notte " . I cani abbaiavano . Appena su , verso Kluch , dopo la stanga giallonera della dogana , io fui solo e respirai . Camminavo senza pensare . Anche questa mattina s ' è alzato il sole . E come al solito i muratori camminavano nella strada silenziosa , con i loro grossi tacchi . Ho visto una donna dirimpetto alla mia finestra spalancare le imposte e chiamare il figliolo ch ' era ora di scuola . Dentro di noi s ' accumulano molte nausee e schifi , e un giorno escono e ci appestano l ' aria che respiriamo . Secca assai vestirsi , mangiare , alzarsi dalla sedia , ed è inutile ; ma è meglio non turbare le abitudini e mettere un piede davanti all ' altro perché ci hanno insegnato a camminare . Soltanto non porre ostacoli alla noia , perché allora il pensiero s ' agita e fa patire ; ma se no , la vita procede calma , senza scosse né sussurri . Silenzio e pace . Si cammina per le strade senza far rumore . Non bisogna svegliare . La gente dorme , male , bene , ma dorme . Nessuno ha diritto di svegliare il sonno di nessuno . Passa qualche nottambulo , e una guardia di pubblica sicurezza piantona a passi larghi . Vicino ai fanali senti il fruscio del gas ch ' esce dal beccuccio . Un tratto di luce ; la tua ombra cammina davanti a te , poi si smarrisce un poco ; una seconda ti segue ; si fa piccola , s ' avvicina , eguale a te . Ti puoi fermare , sdraiarti su lei , nel lastricato della città , e dormire anche tu . Ma puoi anche andare avanti , svoltare a sinistra o a destra , è indifferente . Ora sei in mezzo a una puzza di petrolio bruciato ; poi , quando questa zona finisce , comincia la ventata calda di grasso dalla cucina d ' un albergo . Tu puoi camminare fino all ' alba per la città zitta , mentre la polvere cala lenta per terra . Piove . È una giornata lunga . Il campanello suona : entra Guido , lascia cader l ' ombrello nel portaombrelli , va in camera sua , butta giú i libri , va a mangiare . Mamma passa piano vicino la mia porta , perché spera io riposi . Il giorno s ' allunga eguale e infinito . Un carro traballa lento per la strada . Odo picchiare su ferro . I colombi tubano sul cornicione della casa . Non so che sarà della mia vita . Due uomini passano vicino e si salutano levandosi il cappello . Uno ha un viso triangolare , tutt ' ossi , con occhi stanchi e erranti ; l ' altro cammina a piccoli passi svelti , tutto contento . È contento d ' aver appetito . È contento della sua casa , della giovane sposa che lo aspetta alla finestra . Ha il Piccolo ripiegato in tasca e porta un cartoccio di ciliege per il pranzo . - Perché si sono salutati ? Che rapporto vi può essere tra questi due uomini ? Tutta la vita è intrecciata cosí ridicolmente . Nessuno può capire l ' altro , ma s ' infinge d ' amarlo e d ' odiarlo . Perché ? L ' altro fa un atto e allora si dice che ha fatto bene , che ha fatto male . In nome di che cosa ? Io passo e lascio passare , e guardo questa ignota vita come un forestiero . Io sono qui perché in questo momento cammino per questa strada e vedo un orologiaio curvo su un panchetto svitare una molla con una piccola punta di acciaio . Tien stretto nell ' incavo dell ' occhio una lente a tubo , naturalmente , senza increspare un muscolo per lo sforzo . Nella bottega mille pendoli dondano ritmicamente e mille lancette segnano l ' ora identica e gl ' identici minuti . Tornan da scuola le bimbe del Liceo , a frotte , tutte vestite di turchino , e cianciano occhieggiando di straforo i giovanotti che fanno l ' aspetta . Un ragazzotto spruzza d ' acqua il selciato davanti a un negozio , poi entra , esce con una scopa e butta la polvere in mezzo alla strada . Un fiaccheráio dorme rannicchiato nella carrozza , sui cuscini rovesciati , e il cavallo , con il muso insaccato , mastica la biada . I colombi di Piazza Grande ogni tanto si levano a tormo e volteggiano in grandi cerchi , poi ricalano e zampettano fra le fossette d ' acqua . Il soldato bosniaco davanti al palazzo della luogotenenza marcia a passi duri , si volta in tre tempi , torna in su . Dove sono ? L ' aria calda mi fa socchiudere gli occhi , e cammino trasognato . Cammino lentamente e guardo come un forestiero stanco di viaggio , e che tuttavia debba vedere perché qualcuno lo attende pieno di affetto e interesse . Ma nessuno m ' aspetta e nessuno si sederà accanto a me tornato chiedendomi con occhi amorosi : " E dunque ? come fu il viaggio ? " . Io sono solo e stanco . Posso tornare e restare . Posso fermarmi qui in mezzo alla piazza finché il sole mi faccia vacillare e cader per terra ; e posso andare fra il frastuono dei carri come nel silenzio della notte , perché in nessun luogo c ' è riposo per questa mia grande stanchezza . E i carbonai che dalla maona carrucolano le ceste di carbone sul Baron Gautsch mi guardano con quei loro occhi infossati e sanguinosi meravigliandosi del mio interessamento . Uno tosse , sputa , l ' aria gli riporta sul torso seminudo , impastato di carbone e sudore , i lunghi filamenti di mucco e forse egli pensa stizzosamente che io ho compassione di lui . No , no : io sono indifferente . Soltanto non capisco . Vedo che si lavora intorno a me . Un bastimento greco imbarca grosse travi ; due pescatori issano la grande vela scura , gocciolante ; un gelataio grida la sua merce ; uno con occhiali neri nota su un libruccio il numero sacchi cemento ; un servo di piazza si fa avanti con il carretto rosso ; s ' accosta , spumando , il vapore di Grado ; un manzo tira un vagone carico di balle di cartone . Sul vagone è scritto : Troppau - Triest - Rozzol - Assling . Ora un treno sbuffa su per il colle d ' Opcina ; un altro arriva a Pola , un altro rintrona sul ponte del Po . L ' aria è piena di strepito . Il movimento s ' allarga . La terra lavora . Tutta la terra lavora in una grande frenesia di dolore che vuol dimenticarsi . E fabbrica case e si rinchiude tra muri per non vedere reciprocamente i propri corpi avvoltolarsi insonni fra le lenzuola , e si tesse vestiti per poter pensare che almeno il corpo dell ' altro è sano e regolare , e congegna milioni di orologi perché l ' attimo l ' insegua perpetuamente frustandola avanti nello spazio , come una dannata che si precipiti senza tregua per non cadere . Non fermarti mai per un minuto , o laboriosa terra ! Cosí sentivo ; e stavo fermo , come se fossi nel punto morto della terra . Avrei voluto pregare i carbonai di lasciarmi lavorare con loro ; ma ridevo malignamente e pensavo : Sí , sí , lavorate . C ' è sempre dentro di voi il mistero come un piccolo grumo che non si scioglie . Lo portate con voi in tutte le vostre faccende , ed esso sta quieto e buono per darvi l ' unghiata all ' improvviso . Mangiate il vostro pane e bevete il vostro vino ; crescete e moltiplicatevi ; perché del pane che mangiate e del vino che bevete si nutre il vostro mistero , ed è l ' unica verità certa che i vostri figlioli daranno ai loro figlioli . Incallite le vostre mani e il vostro spirito penetri oltre i tessuti piú stretti e sia cosí limpido da farsi specchio a se stesso . Torturatevi ogni membro del vostro corpo con tutti gli istrumenti di lavoro , e anche , se volete , buttatevi su un letto comodo e affaticate il vostro spirito . Il mistero non lo estenuate . In che parte di voi è rintanato il piccolo mistero ? Potete stritolarvi tutti , e il vostro ultimo sguardo non lo vede . Lo potete anche cercare nelle notti stellate e tra i filoni di ferro , sotto , nell ' oscurità , fra le radici delle foreste . Anche , se volete , potete ammazzarvi ; ma la palla che passa oltre le vostre tempie non lo brucia , e esso vive in voi anche dopo voi , eternamente , il piccolo mistero che ha fatto questa bella distesa di mare e ha fatto noi e ci ha fatto costruire i piroscafi rossoneri . Ridevo quasi forte . M ' accorsi che mi guardavano . Allora ebbi ribrezzo di me . Stetti duro , fermo . Ero tutto infetto . Mi pareva che una mia parola avrebbe impestato il mondo . Guardai il mare largo , puro , e avrei voluto pregare . Ma no : tutto il mio dolore è mio , tutto il mio strazio è per me solo . E mi rinserrai il petto con le mani , e fui un sussulto di dolore attorto contro se stesso . Mi parve di poter morire perché il mio segreto bruciava avidamente il mio sangue , rosso , come il sole maledetto che tramontava nel mare . Perché non lavori ? Ricordati che qualcuno ha sperato in te . Ella aspetta , e non è contenta . Ogni minuto che tu implori è un delitto . Pesta il capo dentro il tavolino , ma lavora benedicendola . È giusto che sia morta , perché tu sei un vigliacco . Mi sedetti al tavolino , presi la penna , cominciai a fare scarabocchi sulla carta , e facevo freghi con su scritto il suo nome . Improvvisamente mi spaventai e corsi allo specchio . Guardavo fisso i miei occhi e mi domandavo : " Sono molto lucidi ? Ma Vedrani dice che non si può capire dai segni esterni se uno è pazzo . Non sono pazzo . Sta calmo , Scipio " . Guardavo le cose riflesse nello specchio . Le cose riflesse nello specchio - per legge fisica - sono distanti dagli occhi come sono distanti dallo specchio le cose che si riflettono . Cercavo di calcolare se anch ' io vedevo cosí . " Se mi pesto devo sentire dolore . Ma anche i pazzi lo sentono . Come posso avere una prova esterna che io non sono pazzo ? " Il tappeto nello specchio faceva un angolo con il tappeto reale . Guardavo per la prima volta , come un bimbo . I lunghi fili rossi , i lunghi fili blu . Corsi in stanza da pranzo ; c ' era Vanda che lavorava . - Ora parlo . - Ma non potevo . Avevo terrore della mia voce . Giravo su e giú . Se fosse strana , e Vanda mi guardasse spaventata ? " Xe in casa mama ? " Ma no , no : avevo domandato con naturalezza e semplicità . Tornai in camera mia . Mi buttai per terra , tenendomi stretta la testa ; la chiamai , due volte , tre volte , quattro volte , cinque volte ... , e continuai a dire il suo nome lungamente , lungamente , a bassa voce , sempre piú piano . Poi mi misi a ninnare : Din , don , campanon - Tre putele xe sul balcon - Una la fila , l ' altra la canta , - L ' altra la fa putei de pasta - Una la prega sior Idio - che ' l ghe mandi un bel mario ... Poi non ricordo piú . Mi prese il sopore . Mi rialzai dopo pochi minuti e stetti calmo . Non so per dove passai . Ma molte volte ho pregato la pazzia e la morte . Vorrei farmi legnaiolo della Croazia . Amo le frondose querce e la scure . Andrei al lavoro camminando un po ' storto a destra per l ' uso del colpo , e il lungo manico della scure ficcata in cintola mi batterebbe la coscia . Il capo mi dà una manata sulla spalla , ridendo tra denti bruni . Il capo è forte e esperto e noi gli obbediamo con riconoscenza . A noi piace esser comandati . Il capo beve petecchio come acqua , e non traballa mai , ma andando coi suoi passi ben piantati vigila dall ' alba alla notte il lavoro - e gira per la foresta come una grossa bestia affamata . Se tu non lavori , subito senti dietro alle spalle uno schianto di rami , una risata di cornacchia infuriata e una pedata in mezzo della schiena . Ma il capo è buono e mi dice : Uh , Pennadoro ! Ho scoperto una pianta per te . È dura di cent ' anni . Come va la scure ? Alla ! alla ! stavolta mette il primo dente . Il primo colpo , qua . Sentirai che carne ! La mia scure è bella , col manico lungo di rovere , e un occhio quadrato . Ride freddamente come il ghiaccio . È svogliata e pigra , piena di disprezzo . Ama starsene affondata nell ' erba guazzosa e contemplare il cielo . Qualche volta si diverte di giocar con le teste dei cespugli e i getti spumosi del frassino . Allora sorride come una bimba della saliva amarognola che le sgocciola sulle guance . Ma piú spesso è triste e tetra . Ah , ma quando si scalda come dà dentro ! Dà dentro come una bestia infoiata . Piomba , piccola e chiara , senza respiro , e han ! come un tuono che scoppi , è incassata nella carne dell ' albero . Tutta l ' aria attorno ne vibra , e i fringuelli rompono la nota . Si disficca a stratte per assaporar bene la ferita , si libra a dritta ala per un istante , immobile , e han ! è dentro all ' ossa . La quercia sussulta drittamente , senza piegarsi , e accarezza con le frondi basse i quercioletti giovani , attorno , per non impaurirli , come se solo il dolce vento del mare la muovesse . La grande quercia è silenziosa come una madre che muore . Ma la scure canta . La scure s ' alza , s ' abbassa e canta . Ride rutilante , rossa . È come pazza . Io n ' ho paura . Non vedo che questo lampo davanti che fischia e scroscia . Han ! han ! Non sento piú le mani . Il lampo mi sbatte contro l ' albero , e mi ribatte via ! Han ! Piccola mano d ' acciaio , distruggiamo la foresta ! Perché dunque ci estrassero dalla terra ? Dormivamo quieti nel tepore umido delle radici . Piú fondi ancora eravamo , eravamo il buio cuore duro della terra . Venne giú un ' ondata di luce , ci squarciarono , ci portarono al sole . Ebbene : ora viviamo . Ora vogliamo sole sulla terra . Grande sole di deserto . Sole che spacchi le fronti . Distruggiamo la foresta ! I colpi cantano senza respiro , fra il ronzar dello scheggiume . Ah com ' è buono arrivare al cuore della vecchia quercia ! Il colpo s ' insorda . Via ! - Un crollo : rintronan gli echi lontani . Ora gli squartatori e squadratori hanno lavoro per una settimana . Sono venuti i bimbi a vederla morta per terra , e ne unghiano la corteccia lichenosa con roncolette dal manico rosso . Sono contenti . M ' hanno dato fragole e lamponi . Io mi frego con l ' indice disteso il sudore delle sopraciglia e li guardo . Vorrei essere piuttosto sorvegliante d ' una piantagione di caffè nel Brasile . Ho parlato oggi con un negoziante di qui : dice che sapendo lo spagnolo potrei farlo benissimo . Basta un po ' di durezza . Badare che lavorino . Dar di frusta non fa male . Avrei piacere di assaggiare quelle larghe spalle di meticci . È strano che la gente non crederebbe io possa essere aguzzino . La gente non crede ch ' io sono freddo e calmo e che la loro miseria mi dà semplicemente un senso di noia . E io ? Io sono come voi , non badate . Le mani del giovane barbaro sono diventate bianche e deboli come le mani delle femmine . Ora è tempo di sognare : alberi spaccati , schiene frustate , altre cose . Tante altre forti cose . Mamma mi diceva timidamente ch ' era naturale non dormissi , tutto il giorno su e giú per la tua stanzetta senz ' aria ! - Come un condannato : cinque passi in su e cinque in giú , fra due scaffali di libri letti e riletti e un muro bianco dove sta scritto da tanto tempo : Tutte le cose son vere , ma alcune accadono ora , altre accadranno nel futuro . E s ' io ti racconto questa triste notte invernale d ' una fata che viene portando odoranti fiori in grembo , tu mi devi credere , o povera anima mia . - È passato parecchio tempo . Ora il piccolo salmo è tagliato con un frego del dito . E scritto anche , a lapis rosso : Guardami ben : ben son ... ben son Beatrice . Su e giú , giú e su . E poi sedere davanti a questo piccolo tavolinetto , e poi sdraiarsi per terra . In strada gl ' innumerevoli bimbi urlano e piangono e tiran sassate sulla ruletta chiusa dell ' erbivendola . Tornano in rimessa , con gran fracasso , i carri d ' una fabbrica di birra . La casa grigia di fronte è orribile . Quando piove , sgocciola di sudore giallastro . La luce invade camere soffocate , angoli di grandi armadi scrostati , uno straccio per terra , una donna grassa che si leva le calze . A qualunque ora del giorno sono ammassate sulle finestre lenzuola e coperte stinte . Tutto il giorno c ' è una brutta baba sdentata che sbraita discinta dalla finestra contro il suo bambino : " Ah , porco ! Dove te xe , fiolduncàn ? " ' Speta che te guanto mi , mulo ! Cori , Paulin ! Che dio te maledissi in tel anima , porco de mulo ! ' Speta mi , co ' te vien a magnar ! " . Tutto il giorno . Alle diciannove e mezzo una moglie alza lo sportello della finestra e con una piccola in collo aspetta il marito che viene a passi brevi , col bastoncello . Ogni sera . La notte passano comitive di ragazzoni cantando l ' inno della Lega o dei Lavoratori . All ' alba i muratori camminano battendo con i loro tacchi di legno , e la donna apre le imposte e chiama il suo figliolo che è ora di scuola . Usciamo , perché qui non si può piú stare . Andavo nel bosco di Melara . Traversavo i prati e mi godevo del sussurro dei piedi fra l ' erba già alta , camminando lentamente , un po ' curvo , a capo scoperto , sotto il sole , come chi va spiando da piccole tracce e piccoli strepiti una cosa che s ' allontana cautamente . Tutte le carnose papilionacee , rosse , gialle , screziate , sono in fiore . Le foglie delle querce s ' inturgidiscono di succo , e i ginepri sono piú coccole che aghi : coccole verdognole , lisce , fresche come gocce marine . I tronchi dei platani si spellano , e all ' annodatura i primi rami sono gonfi di muscoli crespi come braccia di forti creature . L ' erba dai prati s ' allarga sulla strada maestra . Dolce principio d ' estate in cui tutto è vivo . Io sento d ' intorno a me la sicurezza meravigliosa della vita che s ' eterna . Cede la primavera benignamente , con piovere di petali sanguinei e bianchi al vento vaporante , mentre i calici ingrossano e s ' insolidano e le farfalle rompono il bozzolo filamentoso e le guaine dei nuovi germogli si ripiegano secche e scolorite . Ancora ondula qualche fraschetta gommata e rossiccia , e avvolta dall ' esuberanza dell ' erba ancora qualche viola impallidisce negli umidi nascondigli : lievi parole infantili che tornano sulla bocca della donna che ha partorito . Io mi sdraio sotto un rovere e guardo svolettare tra le foglie mille insettucci rosso turchini , in amore . Tutta l ' aria sul mio capo è piena dei loro brevi svoli . Alcuno cade sfinito , si agguanta al filo d ' erba inarcato e drizza le sue antenne , stupefatto . Per il tronco gropposo scende e sale la doppia carovana delle formiche ; dall ' erba sbalzano sui miei vestiti esili puntolini neri come cicale minutissime . E mi slungo piú fondo in questa forte erba fiorita , e sono pieno di dolore e di morte . Sta quieto . Il cielo è chiaro , come dopo un ' acquata . Nel turchino del cielo lo sguardo si riposa calmamente , come nella distesa del mare . Veleggia un cirro bianco tremolando . Gli orli delle foglie contro il sole lameggiano d ' argento . Riposa . Il vento che vien da lontano ti porta un buon sogno se tu stai fermo e lentamente t ' assopisci . Reclina il capo sulla terra . Ora ti giunge un suono tranquillo di campana . Vicina è la patria . No , non posso dormire . Le braccia dormono , abbandonate lungo i fianchi , gli occhi dormono ; tutto il corpo e l ' anima smania verso il ristoro del sonno : ma una , una cosa veglia che nessuna nenia di mamma addormenta e l ' acqua che a goccia a goccia fluisce vicina non placa , e il vento non porta via tra i fiori con sé , natura , natura ! Una cosa . Non posso dormire . Le stoppie vecchie dell ' erba inquietano come questo pensiero che neanche nel sonno mi dà pace ed è insolubile a tutte le buone virtú della terra , ed è duro , e mi tormenta in ogni posto . Non posso dormire . Un disgusto orribile storce le mie guance per tutta questa vita piena di gioia che mi circonda . Che ho commesso io di non potermi fondere dentro quest ' ora calda in cui una divina certezza d ' amore freme da foglie e tronchi e fiori e uccelli e sole ? Ficco le dita aperte nel groviglio dell ' erbe come si fa per scoprire la bianca fronte dell ' amata , e gli occhi suoi mi guarderebbero fissi serrando l ' infinito fra i nostri due sguardi . Dov ' è la tua bocca , creatura , ch ' io la baci ? Dove sei ? Solo m ' hai lasciato qui . E posso percorrere tutte le vie e i monti e i mari della grande terra , e in nessun posto ti ritroverò piú . Sono ampie e immense le strade del vento piene di spume e ondeggiamenti ; ma tu sei piú in là . E se anche il sole mi fa chiari questi stanchi occhi , io non ti posso piú vedere , tanto lontana sei andata . Quando la notte è viva di stelle , ti cerco negli spazi immensi ; ma l ' infinito è senza di te , perché io non ti posso piú stringere fra le braccia , creatura . Ed eri fresca e odorosa come l ' alba . Eri un ' alberella di primavera . Quando tenevi la mia mano nella tua bella mano lunga , dovevo camminare dritto , con passo fermo . Io ti guardavo negli occhi irrequieti , curiosi di foglioline sotto le foglie secche , che improvvisamente si spalancavano meravigliati o profondi come il dolore , e ti sorridevo . Cantavi a bassa voce , limpida come un filo d ' acqua tra l ' erbe . Dolce creatura ! E quando chinavi la testa sulla mia spalla , io ti tenevo il mento nella mano , t ' accarezzavo le guance e i fini capelli , e una tenerezza tremante mi prendeva non potendo io comprendere che tu eri mia . Piccola , piccola ! perché m ' hai fatto questo male ? Solo m ' hai lasciato qui , dopo averti baciato . E ora non c ' è pace piú , in nessun posto , anima . Dove potremo nascondere la nostra amarezza ? Alziamoci e camminiamo con i nostri cotidiani passi lenti , in cerca della nostra solitudine . Il carso è un paese di calcari e di ginepri . Un grido terribile , impietrito . Macigni grigi di piova e di licheni , scontorti , fenduti , aguzzi . Ginepri aridi . Lunghe ore di calcare e di ginepri . L ' erba è setolosa . Bora . Sole . La terra è senza pace , senza congiunture . Non ha un campo per distendersi . Ogni suo tentativo è spaccato e inabissato . Grotte fredde , oscure . La goccia , portando con sé tutto il terriccio rubato , cade regolare , misteriosamente , da centomila anni , e ancora altri centomila . Ma se una parola deve nascere da te - bacia i timi selvaggi che spremono la vita dal sasso ! Qui è pietrame e morte . Ma quando una genziana riesce ad alzare il capo e fiorire , è raccolto in lei tutto il cielo profondo della primavera . Premi la bocca contro la terra , e non parlare . La notte ; le stelle impallidenti ; il sole caldo ; il tremar vespertino delle frasche ; la notte . Cammino . Dio disse : Abbia anche il dolore la sua pace . Dio disse : Abbia anche il dolore il suo silenzio . Abbia anche l ' uomo la sua solitudine . Carso , mia patria , sii benedetto . Ma una notte il dolore fu quasi piú forte di me . Lo sentivo raccogliersi a goccia a goccia , e l ' anima sí chiudeva arida e indifferente , cercando di non dargli presa . Io so la paura . Non si capisce altro : ora quell ' uomo viene avanti e m ' ammazza . Io non posso muovermi . Non posso sottrarmi . Fare strepito , no . Devo guardarlo fisso . Cosí era di me . Camminavo rabbrividendo sulle scaglie calcaree , sonanti come piastre di ferro ai miei passi , fra cespugli e pini giovani . Lo strepito dei miei piedi non mi faceva terrore ; ma mi sgomentavo , sudante , come la scaglia toccata scivolava piú in giú , urtando le altre , crepitando fra stecchi e foglie . L ' anima era stanca e non voleva piú patire . Voleva rimanere sola e oscura . Pregava con nenia , che non venisse il dolore , che non venisse l ' affanno , che la lasciassero sola e oscura . Ma non c ' era pace nella preghiera ; non m ' ascoltavo . Ero tutto teso e doloroso verso uno sfrondare improvviso , un lampo , un colpo di fucile , uno scroscio . Una terribile cosa presentita ; che mi può cogliere qui , da questa macchia nera , dietro quel muricciolo , eccola . Correvo , per sfuggire il dolore che m ' inseguiva fra i cespugli mossi , verso il cielo aperto , dove si vede da tutte le parti intorno , nella luce dell ' orizzonte stellato . Ma nell ' infinito notturno fui piú solo e senza difesa . Solo , col mio dolore , unico compagno , buon compagno , da reclinare la testa in lui e piangere . Piansi come un bimbo sperduto . La luna bianchissima nell ' aria , soffusa sui sassi e sulle piante da inumidirsi le labbra e toccarla , fredda , con la mano . Il mare sotto di lei s ' innalzava in una strada d ' argento , procedente a larghissime spire . Nell ' immensa luce d ' alba l ' orizzonte lontanissimo guardava da tutte le parti , penetrando indifferente in ogni cosa . E io piangevo solo , alta ombra nera osservata e vana . M ' accoccolai fra le rocce a picco sul mare , nascondendo vergognosamente la faccia nelle mani . Io non credo in Dio , non credo in Dio . Ma forse lei è qui sopra di me , in questa luce senza scampo , in questo cielo , in questa terra . Anche tu sei qui con me . Forse anche tu soffri . Aiutami , creatura . Ch ' io senta solo una sillaba della tua voce e la tua mano sulla fronte , perché è silenzio e solitudine qui , e nessuno disturba . Intorno , nessuna cosa respira . La terra si può aprire e restituire la sua preda . Il cielo si può riunire per ricrear la sua forma . L ' anima è diffusa in tutte le parti ; ma io voglio averti ancora qui , amore . Io posso farti rinascere . Basta ch ' io creda . Io credo che tu puoi rinascere . Tu non sei ancora morta . Aspetti prima che ritorni . Io ti scrivevo che si sarebbe stati contenti assieme . Vedi , quando s ' ha te tutto è cosí semplice e bello . Arrivederci presto , amore . Aspettami presto . In luglio sarò di ritorno . - Allora , quando ti scrivevo questo , tu eri già morta . Ma ora sono tornato , e t ' aspetterò fino all ' alba , perché tu sei ancora mia , e non è possibile che tu sia morta . Non avermi abbandonato ! Sta ' con me , piccola . Ti prego , ti prego . Creatura . - Non alzavo la faccia per non disturbare la sua volontà . E bisogna credere e star fermi e credere . Un tocco fra i capelli . Forse era il vento . La terra è chiarissima sotto la luna . Perché tu sei eternamente morta . Ella è morta . Non è comprensibile questa parola . Nessuno la può veder piú . Nessuno ode piú la sua voce . È morta . Io non capisco la morte . Io non so nulla . Io sono davanti alla morte e la guardo incantato come guardo questa roccia spaccata sotto ai miei piedi . Ma io non voglio morire , perché non so che cos ' è la morte . Ella è in una tomba nella pietra liscia , nella bara , serrata con viti . Come facevano quando invitavano le viti ? Ella è con le mani distese lungo i fianchi . Di fuori c ' è un nome e due date . Bisognerebbe strappare quella lapide . Bisogna portare tutti i ginepri del carso sulla sua tomba . Porterò un macigno grande ; e rami di quercia giovane , perché tu stia sotto il fresco delle foglie , e i boccioli , e i narcisi , tutti , cosí i fiori non nasceranno piú in carso . I fiori del carso seccano sulla sua tomba , brava gente mia ! Avanti , avanti , cercate se siete bravi . Io li ho presi tutti , e ora scendo e la porto quassú con me e stiamo in pace . Occorrono tutti i boschi di pino per bruciare il suo bianco corpo . Riposiamo , riposiamo . Ella è morta , è inutile . Uno vive tra noi . Per anni e anni . Ha bevuto il latte d ' un ' altra donna , ha imparato a scrivere da un altro , ha insegnato a scrivere a un altro . Io le ho dato un tormento , tu hai sofferto per lei . Sí , perché aveva degli amici , e quando essi eran lontani a lei pareva di non essere neanche viva . Ha parlato con migliaia di persone . Ogni suo atto e ogni sua parola è allacciata con i nostri atti e le nostre parole , e forma un cosa unica , non sua , non nostra , di tutti noi , di tutti . Niente interviene . Un piccolo niente , un atto di volontà : un attimo : quella persona non è piú eternamente con noi . Com ' è possibile che uno può morire mentre gli altri continuano a vivere ? Io non domando com ' uno può morire , io domando come gli altri continuino a vivere . Egli è morto , egli solo . Gli altri alla mattina dopo vedono levarsi il sole . Si stampa il suo nome sul giornale . I treni corrono . Potete già leggere il suo nome nell ' avviso mortuario del giornale comperato in una stazione intermedia . Io non patisco . Anche questa signora qui di faccia legge il suo nome sullo stesso giornale che ho in mano io . Trentamila copie . Io vado a vederla morta . Ma questo non fa niente ; ma io domando : se egli solo , egli addolorato da noi , egli amato da noi , egli solo è potuto morire , continuando la nostra vita dunque l ' odio , l ' amore , la comprensione ? Nessuno può penetrare dentro una persona e amarla cosí perfettamente ch ' essa sia legata a noi come corpo nel corpo . Uno può morire poiché nessuno lo può comprendere ; dentro ogni individuo c ' è un segreto tutto suo che l ' amante e il maestro non toccano . E l ' individuo è per l ' eternità staccato dagli altri individui ed egli aspira a esser tutto , dalla punta delle dita alla sua fede , tutto un segreto invisibile , senza che gli altri lo possano cercare , muto e solo ; egli aspira alla sua pace d ' individuo , dove la sua forma non sia turbata dall ' altre ; esser tutto suo . Ed egli patisce finché non arriva : questa ricerca è la vita . L ' individuo desidera di morire dagli altri . E naturalmente noi non possiamo comprendere la sua morte . Già da bimbo esiste nell ' uomo il rimpianto . Già allora sentiamo che ci manca qualche cosa che godemmo e che s ' è persa , e piangiamo ; e tutti gli uomini assieme , tutta la storia degli uomini non può consolare il piccolo bimbo che rimpiange una cosa . Questa è l ' umanità in cui ho creduto . Lavorare è cercar invano un ristoro per la cosa perduta . Ognuno si cerca , ipocritamente , selvaggiamente , sul corpo della donna , nella mano dell ' amico , nella fede , in Dio . Ognuno , vanamente . Io solo , quassú , solo , sono sincero ; ma anche la solitudine e la sincerità non bastano . Non basta sapere . Io penso in parole che gli altri pensano . È necessario morire . Solo questo è indispensabile : essere . Ma com ' è possibile che l ' individuo sia , quando ha raggiunto la sua solitudine e non c ' è piú ostacolo davanti a lui ? Egli muore imperfetto : come si perfeziona senza misura , meta , mezzo , attività ? Egli muore uomo . Che cosa avviene nello spirito individuale che muore , perché si possa mutare cosí integralmente il suo carattere umano ? Dunque l ' ultimo atto di vita è l ' integratore dell ' individuo ? In quell ' attimo egli è perfetto , e gode umanamente della sua perfezione divina , perché nessuna cosa umana può morire prima d ' aver raggiunto la sua meritata divinità . Ma chi ha detto ciò ? Che verità afferma che per morire bisogna esser perfetti ? Questa può essere l ' illusione con cui tu hai tenuto su la tua debole vita . Chi dimostra che c ' è perfezione nell ' individuo ? Egli può anche morire benissimo essendo imperfetto , rimanere inespresso nella sua parte ottima , per tutti i tempi inespresso , senza possibilità di futuro . Con questa eterna , ferma angoscia . La morte non è pace . La morte è un tormento orribile . Ma lo sente ? rimane la coscienza individuale ? Il tormento orribile del tutto attraverso di te . O il tutto patisce senza riposo ? Il tutto ? cos ' è ? T ' hanno abituato a questa parola . Forse non esiste un tutto , esistono parti staccate che cercano inanemente di fondersi . Qual Dio t ' ha rivelato che la morte sia sola ? Può essere un tuo pensiero d ' angoscia . Può essere che neanche il tuo tormento piú duro tocchi la verità . Non è scritto che ci sia una verità . Perché è necessario che ci sia ? E anche se c ' è , al dolore non è dato la grazia speciale di veggente . Quest ' è la rettorica del dolore veggente . Perché il dolore dovrebbe essere piú profondo della gioia ? La cosa pensata da tutti non è necessario sia vera . Per esempio , cosa parlano di annullamento nella pace cosmica , di trasformazione organica perché nasca una forma particolare ? Ma può anche essere vero , chi ha detto di no ? La tua superbia di non appagarti in ciò che gli altri dicono . E che vale la tua superbia davanti al mistero ? Tu sei uno che non sa perché perisce questa pianta adesso che l ' hai strappata di terra . Era una pianta di timo . Sei venuto quassú , portato dal suo profumo . L ' accarezzavi tanto . Le volevi bene . Era una dolce pianta di timo . Snella , con un ciuffo lieve , odorosa . Tu l ' hai strappata perché non hai capito cos ' era . Tu non l ' hai capita , perché sei un letterato . L ' avresti radicata piú fonda nella terra , nessuno piú l ' avrebbe potuta strappare . Potevi esserle dio . Ora marcisce . Nascerà nuova vita da essa . Vita ? ma mille vermi e mille gramigne valgono la pianta di timo che hai fatta morire ? Dio , perché i buoni , perché anche i buoni ? Ma è dunque necessario alla vita che i suoi scompaiano perché essa possa continuare ? Cosí debole è la vita . Indifferente , senza legge . Muore anche il buono perché anche il cattivo nasca . Nessuna legge . Non un buono per un cattivo : sarebbe legge . Buono o cattivo , buono e cattivo : ma queste son distinzioni nostre ! Nell ' universo non c ' è legge . Regna ancora il caso , anche ora che è nato l ' uomo e la volontà . Tu ti sforzi d ' esser buono , ma la natura non ricava niente da questo tuo sforzo . Ma gli uomini sí , gli uomini ! E , signori uomini , dopo gli uomini ? dopo la vostra alta sapienza ? L ' universo nuovo sarà migliore perché Dante ha scritto ? I Prigioni di Michelangelo terranno sulle loro spalle la notte eterna perché non fracassi la terra che gira intorno al sole , e il sole che gira intorno a Ercole , e Ercole che gira intorno - Intorno a che cosa ? - Ma tu uomo , tu che vivi e obbedisci alla tua coscienza , sapendo che non migliori niente , sei un eroe . Sei il tutto di fronte al niente . Dio tu sei . Dio ? - Ma non potrebbe anche essere che tu vivi soltanto perché ci sei abituato e ti secca provare l ' ignoto ? No , non facciamo storie grandi ; vediamo semplicemente come stanno le cose . La vita è dopo tutto molto comoda per chi non sa arrischiarsi nel largo mondo . Chi esce dalla casa può smarrirsi , non ti pare ? E c ' è una persona che ama assai il suo cervello e il suo largo petto . C ' è qualcuno che vive perché è ambizioso ; ma , umile , dovrebbe morire . Costui sogna nella sua superbia di avere un compito e una strada , ma che conti tu in realtà ? senza fede , senza lavoro , senza amore , carne accasciata ! Il tuo spirito è soggetto al caso . Una persona è morta : e tu non credi piú . Sei una forma qualunque dell ' universo che solo in questo può essere superiore : vincere l ' orgogliosa abitudine , e morire . Tu ti puoi persuadere del mistero . Puoi rinunziare . Essere umile , sereno . L ' abisso non fa orrore . Si può scivolare giú . Solo bisogna lanciarsi piú in là per non portare con sé i sassi fragorosi . Andar giú zitti . Non disturbare il freddo silenzioso dell ' universo . Come l ' acqua nell ' acqua . O , o ! - ma anche può essere che tu non sai sopportare un dolore , amico . Può essere , non è assolutamente certo , caro . Può anche essere che ora io ti parli soltanto per paura di morte . Ma se fosse vero che tu muori perché non sai sopportare un dolore ? Perché sei incerto ? Ora viene l ' angoscia . La sentite ? L ' aria è spasimante sotto le sue grandi mani . Le nuvole serrano la luna . Sangue , nero . Silenzio . Dio ! Dio muto e fermo sul trono . Non voglio ! È vigliacco morire senza una certezza . Per nessuno ; ma per me , per me , non posso ancora morire . No , sincero , sí , sincero : perché bisogna esprimere questo momento . Esprimere . Tutta la vita è espressione . E dunque osserva la tua morte con la calma necessaria , e preparati un efficace stato d ' animo . Ma perché ? Io vado avanti . Io sono un poeta . Sí , vado avanti , certamente . Il mare è in fiamme . Il cielo è grande . Notte , buona sorella , un po ' di vento va e viene . Come sarebbe quieto dormire . Notte ! voglio te , mamma ! non venga la luce , non voglio l ' alba . Ho strappato tutte le peonie di Lipizza , piena la mantella , e le ho versate sulla sua tomba . Mamma , di ' che non facciano strepito , vado a dormire . Arrivederci , mucci , addio . Per la strada venivano tutti gli asinelli carichi di latte . Erri ! erri ! Quasi montavo su uno perché ero stanco . Che effetto fa , tornar di lassú e per le scale puzza d ' olio bruciato , non so che odore . Ma chi sta in questo casamento enorme ? No , no , grazie , non ho fame . A rivederci . Ora ha vinto la pioggia . Un respiro caldo di vento fa tremare i fogli sparsi sul tavolo , un respiro umido , di malato . Dalle stanche nuvole s ' infiltra la pioggia , giú per l ' aria . Tutto s ' ingrigia in un languore d ' affanno e la gente cammina senza meta nelle silenziose strade lunghe . Torniamo alla vita cosí , rassegnati e muti , perché forse è meglio , e il dolore e la gioia sono vani . Finiti gli studi , tornerò a Trieste , e farò il professore . Io non ho molti bisogni , vivo con poco , e il piú sarà per le sorelle . Alle domeniche andrò dagli amici e passeremo un po ' di tempo insieme , seduti vicini , chiacchierando affettuosamente . Questa buona figliuola è cosí felice che sono venuto , dopo tanto tempo ! , a trovarla . Mi prende le mani guardandomi con tanto affetto ; e non chiede e non è curiosa . Forse ella sa , ma mi lascia godere in pace il tepore della stanza riscaldata e la tranquillità della sua casa . « Berremo una tazza di tè , vuole ? Aspetti : dico di non essere in casa per nessuno , sono cosí contenta ! » Ma no , perché ? Anzi , ho voglia di vedere un po ' di gente e discorrere con loro . Son rimasto qualche giorno lontano . Ho sofferto un poco ; ma ora mi son rimesso quasi completamente . Beviamo il suo buon tè , aspetti , questo biscotto è piú buono . E cosí mentre si sta chiacchierando da buoni amici , viene una signorina , porta nuovi discorsi , si parla , anche si discute . Poi io saluto affettuosamente e torno a casa e sorrido ai miei e gioco con loro . Essi sono contenti . A poco a poco , meravigliandosi l ' un l ' altro , tornano a parlare con voce naturale , senza guardarmi piú di sfuggita e chinare la testa sulla tavola , imbarazzati , non sapendo che dire . Ora a poco a poco la vita nostra riprenderà l ' usato tono , vedrai mamma ; anche lavorerò . Sono un po ' cambiato , è vero , ma tornerà anche la speranza , aspettiamo un poco . Ma l ' anima mia benedetta ha ancora tanta forza da negare duramente , no , no ! cosí , no . Via dagli uomini finché tu non li ami . Via ! rispetta almeno il tuo dolore . Meglio questa scrosciante piova sul mio capo , e tornare lassú , magari per sempre . I cani di notte ! Vengo su , via dalla città , dimenticando per la fatica di metter un piede davanti all ' altro , e non sento frondeggiare gli alberi lungo la mia salita , non vedo queste piccole case solitarie , serrate e sbarrate come per un assassino notturno che sempre sia pronto . Cammino . La via è acquitrinosa . Non so della città che dorme o luccica o impazza dietro le mie spalle . Non so del cielo . Cammino nella fedele oscurità , svoltando perché il viottolo svolta - e sempre mi pare che stia per finire e io mi trovi chiuso dove non si può piú andare avanti . Cammino . La smania dell ' incerto , l ' ansia dei muscoli hanno ingoiato il dolore . Penso semplicemente di metter bene il piede per non sdrucciolare . Ah l ' oblio , l ' oblio in questo andare anelante , col petto proteso in avanti per sbilanciare in su tutto lo stanco corpo ! Il sangue mi batte rotto nelle tempie . Piú presto ! E d ' improvviso , nell ' orecchia , qui sul capo , l ' urlo vigliacco d ' un cane . Un urlo rauco , furibondo , quasi disperato . Un urlo di vendetta per le inutili notti di veglia . L ' anima si riscote e trema . Che cosa faccio qui a quest ' ora ? All ' urlo risponde il cane vicino che non aveva sentito il mio passo silenzioso , e un altro dirimpetto , l ' altro piú in su , giovane , allegramente . È dato l ' allarme . E subito tutto l ' anfiteatro di colli è sveglio , e la notte ulula e ringhia contro questo mio povero passo che evitava lo stelo secco per non svegliare , per passare via , andar solo e ignorato . Una finestra s ' apre cautamente , io m ' allontano impaurito come colto sul fatto . Tutto è di nuovo presente . Torna il dolore e l ' angoscia . Ho paura . C ' è troppe cose ignote , gravide d ' oscurità , intorno a me . Sono veramente in un bosco ? Non fui mai qui . Non trovo nulla d ' amico . Tocco i tronchi umidi e gommosi - è un frassino , certo , questa scorza liscia come pelle . Non senti ? Cade una piova di piccole corolle bianche , come perle minute . Tutto è riposo . Non muoverti . Non disturbare . Eppure qualcosa è sveglio . Scricchiola e crepita leggermente . Che è che anche di notte non dorme ? Non fa vento ; l ' aria pesante era ostacolo all ' andare . Sto fermo e ascolto senza respiro . Chi è nascosto nel bosco ? Ma ho il mio coltello qui . " Chi è ? " Nulla . E tremo di questo mio vagabondare notturno , in posti deserti dove solo chi deve nascondersi cerca il suo letto ! Come se io meditassi qualcosa contro gli uomini . No , no ! Ecco , vedo la bragia della sigaretta , scende un uomo . Mi passa accosto con cautela , guardandomi di sfuggita . Perché ha paura ? Ma io non gli faccio niente ! io sento il suo passo allontanarsi e perdersi ... ora è già nella sua casa , accende il lume e guarda i suoi figlioli che dormono . Io ? Neanch ' ella dormiva . Anch ' ella era sola e dolorosa . Io veglio la sua notte . Io batto i boschi e le macchie come un guardiano notturno in cerca dell ' assassino . Io non tollero che la notte nasconda nessun malfattore nella sua ombra nera . Dalla sera all ' alba io cammino cercando , e alla mattina mi butto sotto un albero e aspetto fino alla sera . Una volta o l ' altra lo devo trovare . Fino allora non ho diritto di dormire la notte . Anch ' ella non dormiva . La notte ella balzava dal letto e spalancando la finestra avrebbe voluto star sola col vento nella sua angoscia . Guardava le scure masse del carso diffondersi davanti a lei , ma laggiú per le strade camminano , cianciano e si fermano per discutere di politica e d ' affari quelli che camminavano e si fermavano lí , sotto la sua casa , quelle notti . Si sdraia accanto alla moglie grassa . - Sogna che venti giovanotti elegantissimi le si accalcano intorno ammirati del suo cappello nuovo . - S ' inquieta perché non seppe vendere quelle casse d ' agrumi . - Pensa che finalmente le vacanze universitarie sono finite , e si ritorna a Vienna . - Chissà perché la sorella ha guardato cosí fisso quell ' uomo ? - Bisogna che tu sia piú cortese con lui . Questa è la vita che esigeva il suo sorriso . Ella doveva esser allegra . Ella aveva tutto . C ' era uno perfino che studiava i segni di lapis sui libri ch ' ella leggeva , e sapeva tutte le strade dove passava ogni giorno . Tutto ella aveva . E si ammazzò . Ah ! - È lucido il mio coltello , natura ! Gli occhi vi si specchiano come in volto fraterno . La sua lama è pura di macchia come punta di piccone . Acciaio di Solingen , manico di corno , serramanico durissimo . Fedele e vigile compagno delle mie notti , ficcati dritto nella terra accanto alla mano destra . Silenzioso e sicuro . Io chiesi un temperino a un ' amica ; essa mi portò questo quindici centimetri di acciaio . Silenzioso s ' arrotò sui rami e sui tronchi . Ora ride di freddo e di tormento . Silenzioso vuoi riscaldarti ? Tu mi bruci le labbra dal freddo . Ricordi quella notte ? Era caldo , no , dentro la faina ? Come la infiggemmo ! Sussultava torgendosi rotta come una biscia , e tentava di strattarti dalla terra . Ma io , ridendo benignamente , le sputavo fra i denti fradici di sangue , e ti aiutavo da buon fratello affondandoti col pugno , sicché il tuo manico incassava un solco sempre piú fondo nella schiena stroncata , e la sua pancia s ' appiattiva contro il suolo , il suo strido s ' inveleniva come un cantino sempre piú strinto piú strinto . - Stinc ! Hai dimenticato ? i suoi bei mostacchi da ratto ! Rigido d ' ozio tu sei ! o via ! Ecco che nel frassino tu fai il tuo netto incasso triangolare , e ne geme un succo biancastro come sangue marcito . - Come ? Eh , eh ! tu hai sete di piú buon liquore , Silenzioso ! La vendetta dissecca . Vieni qua : dammi un bacio ! Come tu ridi ! Caro . Zitto ! La torre municipale batte l ' ora . Va bene : è proprio l ' ora . La città schifosa è laggiú , nel fumo e nella luce . Andiamo , Silenzioso . Natura , io ti ringrazio . Tu m ' hai fatto libero , e ti ringrazio . Io ero pieno di legge e di dovere . Io sapevo cosa era la bontà e cos ' era il male . Ma tu mandi gli uomini cattivi e poi mandi altri uomini per vendicarti di essi . Li strappi , con un piccolo atto , dalle preoccupazioni del mondo , e li fai tutti tuoi , per la vendetta . Tu fai morire i buoni per i tuoi giusti fini . Tu ci fai spremere d ' angoscia per i tuoi giusti fini . Tu ci crei e ci annienti per i tuoi giusti fini . Natura tu sei dal principio dei tempi giusta , e io ti ringrazio d ' avermi fatto nascere . Io t ' obbedisco , o divina e buona natura . Che vuoi con questo tuo bimbo sano che fai crescere nell ' amore di te ? Aspettiamo che cresca , vuoi ? Aspettiamo che venga su e lavori e ami . Ora riposa . Lascialo riposare , natura . Egli ti vede bella come la sposa e parla con santità di te . Quel piccolo bambino crede , t ' assicuro . Egli crede , e bacia i fiori che incontra per i campi e saluta gli uomini meravigliandosi della loro bellezza . Egli guarda come lavora il fabbro e come mettono il lastrico nelle vie . Egli ha voglia di sedersi insieme ai forti facchini sul carro che corre e aiuta la donna a mettersi il mastello in testa . Egli ha voglia di aiutare gli uomini . Lasciamolo crescere . Io ho tempo , molto tempo , aspettiamo . Qui , qui in questa grande casa verde è nato . Non credete ? Perché mi guardate negli occhi ? È già l ' alba ? Presto rosseggia laggiú . Bisogna far presto . Ma non guardatemi cosí , non temete affatto ! Io sono un bimbo che aspetta , che ha tempo , che ha tanto tempo , e aspetta di crescere e di amare . Toccate come sono già fredde le mie mani , sono un pezzo di carne gelata . Ho freddo . Datemi un po ' di fuoco e un po ' d ' acqua , vi prego . Ma non sentite , non sentite come patisco , fratelli ? Lasciatemi dormire qualche ora sul vostro letto , perché sono assai stanco . Sto seduto in riva allo stagno dove le armente vengono a bere , allungo la mano , prendo un sasso e lo butto nell ' acqua . Il sasso fa un tonfo motoso e sparisce . Cammino a testa bassa , scoprendo i pezzettini di vetro , il filo di paglia , i batufoletti di capelli mischiati con la ghiaia . Rompo uno zolfanello in due , prendo il temperino , taglio i pezzi per lungo , taglio i nuovi pezzi ; poi butto via tutto . Avrei voglia di fresche perline da infilare con l ' ago . Non riposerai . Questo ti prometto . Lavorerai piangendo dal disgusto , ma lavorerai . Sei stanco , e forse non puoi far piú nulla . Le tue mani non sono piú abbastanza forti per il martello ; il tuo cervello è annebbiato . Sei una bestia ferita a morte che cerca un nascondiglio per crepare . Sta bene . Ma lavorerai . Tu non sai niente . Un piccolo atto incomprensibile ha disperso le meschine verità che t ' eri racimolato a schiena curva . Sei solo e nudo . Sei inerte . Sei davanti a un mistero che ti sarà impenetrabile per sempre . Sta bene . So . Ma lavorerai . Non sai perché l ' erba cresce e il mondo esista . Non sai se il mondo esiste o no . Non sai cosa tu sei . Può essere che l ' universo sia nato da una maledizione . Il tuo dannato lavoro sarà , forse , eternamente vano . Ma lavorerai , come se tu fossi l ' ultimo dei rimasti . Dopo - non so se vi sarà riposo . Ma ti prometto che qui non avrai riposo . Qui lavorerai . Questo è certo . Io voglio rifarmi forte e duro . L ' aria del carso ha già sfregato via dal mio viso il color di camera . I polmoni tiran piú lungo la fiatata . La schiena sente poco i sassi . Io amo il corpo robusto , capace di patire , di resistere , di lavorare . I deboli mi fanno schifo , come creature dipendenti dalla pioggia e dal bel tempo . Salute è condizione di libertà . Le malattie vadano da chi è abituato a stare in letto - diceva mio zio - e non mi vengano a rompere le scatole . Mi fa piacere poter stroncare sul ginocchio un tronco di nocciolo , e buttar venti passi lontano la pietra che quasi non posso alzar fino alla spalla . Mi fa piacere ricordare che una volta c ' erano uomini che sradicavano un quercione dalla terra per servirsene di bastone . Buona cosa è poter difendere col proprio pugno la propria vita . Non amo il revolver ; non saprei , forse , sparare contro un uomo . Difendermi a coltellate , sí . Vivrei quassú in carso , solo . Forse troverei la mia vera Vila , Carsina . Lei non doveva morire . Credeva che io fossi tutto forza e bontà . Io non sono forte . Io ho bisogno d ' amare come tutti gli uomini . Io voglio la vita piena , completa , col suo fango e i suoi fiori . Io non sono fedele alla morte . Io voglio bene alla carne sana , piena di sangue e di prosperità . Io voglio bene alla mia carne . Carsina sarà dritta e avrà i capelli un po ' resinosi come i ciuffi dei ginepri primaverili . Denti bianchi e aguzzi , per mordere . Elastica alla vita da rovesciarsi in una rossa risata col capo all ' ingiú sotto la mia stretta . Sarà bello svegliarsi alla prima alba e vedere i piccioli delle foglie e il cielo bianco tra esse . Baciarci nella rugiada . Carsina , finché tu sarai giovane io vivrò quassú solo con te . Io avrei dovuto vigilare nel suo sonno come un cane nella camera del padrone perché nessuno v ' entri . Avrei dovuto tenermela tutta nelle braccia , e radicarla nella terra . Quando la baciai non seppi pensare che nel suo cuore poteva essere il pensiero di morte . Io non l ' ho capita . Ora non è dolore , ma punizione . Accetto e non mi lagno . Non patisco . Il male sussulta di tratto in tratto in me anche nel sonno , nel torpore e nella stanchezza fisica . Io credo anche dopo la morte . C ' è un grumo sanguinoso dentro il cervello che non mi permette di pensare limpidamente . Creatura , io benedico il giorno che sei nata e il giorno che hai voluto morire . Non chiedo e non urlo . Io so che tu sei morta ferma e sicura . Le piccole parole non possono spiegare la tua morte . Ma ogni buon atto nostro viene da te , e tu continui a vivere nel laborioso amore . Cercheremo d ' esser degni di te . La nostra opera è tua , e se possiamo esser contenti di lei , il tuo sorriso ci dà gioia e pace . Noi ti ringraziamo , sorella , e amiamo la tua morte come abbiamo amata la tua vita . Tu non conosci il mistero , ma anche il dolore che ti fermò gli occhi sul nulla è parte di esso ; e se tu lo esprimi sinceramente , una parte del mistero è svelata . Perché dal fiore tu conosci le radici , non dalle radici la pianta . Se il tuo dolore è inerte , che vale il tuo dolore ? Allora esso è vano , e tu , la tua vita , e il mondo . Come nella sacra forma umana tu devi cercare il mistero , cosí il dolore e la gioia sono lo sformato nulla da cui tu devi estrarre un nuovo mondo . Se tu fai , il tuo dolore ha preparato agli uomini una piú intensa eternità . Perché non sai cos ' è il bene , ma senti chiaramente cos ' è il meglio . Il patimento è buono , se esige da te un piú profondo dovere . Cosí tu ti allarghi nel mistero , nutrendoti di lui , e le sue tenebre diventano sole nella tua anima . Per questo , che tu devi essere piú buono , tu sei uomo fra gli uomini . Ora li puoi amare perché hai sofferto e disperato . Benedici il tuo dolore e scendi , sereno e severo , fra essi . Sono disteso nell ' erba . Sugli occhi mi sventola il sole con il tremolio soffuso degli olivi . Giunge giunge pieno di salute e di gioia il maestrale dell ' Adriatico . Abbrividisce il verde mare di Grignano , e sprazza in innumeri fiamme e scintille dorate , e la fresca pace mi penetra disciogliendomi come terra di marzo . In bocca balza un canto ingenuo e scomposto . Come il corpo s ' adagia avidamente sulla terra ! Le braccia si distendono grandi su di essa , e il mio respiro si fonde come una preghiera nell ' infinita aria gioconda . Madre , madre ! s ' io ti maledii , tu m ' accogli piú amorosa e serena . I tuoi alberi giovinetti mi circondano sussurrando in coro e crepita e sciaborda il frumento verso il ciuffo rosso del giunco , mentre dalla nera verdura i pomi tondeggiano e s ' acquattano all ' alitare delle vespe e dei moscerini tramanti a punteggi e sbalzelli il fondo azzurro . E via , d ' uno scatto e un trillo si buttò sul mare lo scassacodola . Dolce è riposare cosí , amando delicatamente questa lunga erba , e palpitare persi con lo sguardo nel cielo . Io sono una dolce preda desiderosa d ' inghiottirsi nella natura . Carso , che sei duro e buono ! Non hai riposo , e stai nudo al ghiaccio e all ' agosto , mio carso , rotto e affannoso verso una linea di montagne per correre a una meta ; ma le montagne si frantumano , la valle si rinchiude , il torrente sparisce nel suolo . Tutta l ' acqua s ' inabissa nelle tue spaccature ; e il lichene secco ingrigia sulla roccia bianca , gli occhi vacillano nell ' inferno d ' agosto . Non c ' è tregua . Il mio carso è duro e buono . Ogni suo filo d ' erba ha spaccato la roccia per spuntare , ogni suo fiore ha bevuto l ' arsura per aprirsi . Per questo il suo latte è sano e il suo miele odoroso . Egli è senza polpa . Ma ogni autunno un ' altra foglia bruna si disvegeta nei suoi incassi , e la sua poca terra rossastra sa ancora di pietra e di ferro . Egli è nuovo ed eterno . E ogni tanto s ' apre in lui una quieta dolina , ed egli riposa infantilmente fra i peschi rossi e le pannocchie canneggianti . Disteso sul tuo grembo io sento lontanar nel profondo l ' acqua raccolta dai tuoi abissi , una sola acqua , e fresca , che porta la tua giovane salute al mare e alla città . L ' acqua delle tue grotte io amo che s ' incanala benefica per le strade dritte . Amo queste donne carsoline che stringendo fra i denti , contro la bora , la cocca del fazzolettone , scendono a gruppi in città , con in testa il grande vaso nichelato pieno di latte caldo . E la striscia bianca dell ' alba , e il bruciar doloroso dell ' aurora fra la caligine della città . Qui è ordine e lavoro . In Puntofranco alle sei di mattina l ' infreddito pilota di turno , gli occhi opachi dalla veglia , saluta il custode delle chiavi che apre il magazzino attrezzi . I grandi bovi bruni e neri trainano lentamente vagoni vuoti vicino ai piroscafi arrivati iersera ; e quando i vagoni sono al loro posto , alle sei e dieci i facchini si sparpagliano per gli hangars . Hanno in tasca la pipa e un pezzo di pane . Il capo d ' una ganga monta su un terrazzo di carico , intorno a lui s ' accalcano piú di duecento uomini con i libretti di lavoro levati in alto , e gridano d ' esser ingaggiati . Il capo ganga strappa , scegliendo rapidamente , quanti libretti gli occorrono , poi va via seguíto dagli ingaggiati . Gli altri stanno zitti , e si risparpagliano . Pochi minuti prima delle sei e mezzo il meccanico con la blusa turchina sale sulla scaletta della gru , e apre la pressione dell ' acqua ; e infine , ultimi , arrivano i carri , i lunghi scaloni sobbalzanti e fracassanti . Il sole strabocca aranciato sul rettifilo grigio dei magazzini . Il sole è chiaro nel mare e nella città . Sulle rive Trieste si sveglia piena di moto e colori . E levan l ' ancora i grossi piroscafi nostri verso Salonicco e Bombay . E domani le locomotive rintroneranno il ponte di ferro sulla Moldava e si cacceranno con l ' Elba dentro la Germania . E anche noi ubbidiremo alla nostra legge . Viaggeremo incerti e nostalgici , spinti da desiderosi ricordi che non troveremo nostri in nessun posto . Di dove venimmo ? Lontana è la patria e il nido disfatto . Ma commossi d ' amore torneremo alla patria nostra Trieste , e di qui cominceremo . Noi vogliamo bene a Trieste per l ' anima in tormento che ci ha data . Essa ci strappa dai nostri piccoli dolori , e ci fa suoi , e ci fa fratelli di tutte le patrie combattute . Essa ci ha tirato su per la lotta e il dovere . E se da queste piante d ' Africa e Asia che le sue merci seminano fra i magazzini , se dalla sua Borsa dove il telegrafo di Turchia e Portorico batte calmo la nuova base di ricchezza , se dal suo sforzo di vita , dalla sua anima crucciata e rotta s ' afferma nel mondo una nuova volontà , Trieste è benedetta d ' averci fatto vivere senza pace né gloria . Noi ti vogliamo bene e ti benediciamo , perché siamo contenti di magari morire nel tuo fuoco . Noi andremo nel mondo soffrendo con te . Perché noi amiamo la vita nuova che ci aspetta . Essa è forte e dolorosa . Dobbiamo patire e tacere . Dobbiamo essere nella solitudine in città straniera , quando s ' invidia il carrettiere bestemmiante nella lingua compresa da tutti attorno , e andando sconsolati di sera fra visi sconosciuti che non si sognano della nostra esistenza , s ' alza lo sguardo oltre le case impenetrabili , tremando di pianto e di gloria . Noi dobbiamo spasimare sotto la nostra piccola possibilità umana , incapaci di chetare il singhiozzo d ' una sorella e di rimettere in via il compagno che s ' è buttato in disparte e chiede : " Perché ? " . Ah , fratelli come sarebbe bello poter esser sicuri e superbi , e godere della propria intelligenza , saccheggiare i grandi campi rigogliosi con la giovane forza , e sapere e comandare e possedere ! Ma noi , tesi di orgoglio , con il cuore che ci scotta di vergogna , vi tendiamo la mano , e vi preghiamo d ' esser giusti con noi , come noi cerchiamo di esser giusti con voi . Perché noi vi amiamo , fratelli , e speriamo che ci amerete . Noi vogliamo amare e lavorare .