Saggistica ,
I
Il
concetto
di
Rinascimento
nasce
si
può
dire
a
un
parto
con
il
correlativo
concetto
di
Medioevo
;
nasce
cioè
in
quanto
alla
media
aetas
,
iniziatasi
di
sulle
rovine
dell
'
impero
romano
e
considerata
come
mondo
di
barbarie
,
si
contrappone
il
praesens
tempus
,
cioè
l
'
Italia
del
secolo
XIV
e
del
XV
,
che
par
risorta
e
avviata
a
edificare
una
nuova
e
robusta
civiltà
.
Ma
se
della
barbarie
dell
'
età
di
mezzo
le
tracce
si
rinvenivano
in
ogni
campo
;
se
all
'
origine
di
ogni
male
stava
la
declinatio
imperii
romani
,
cioè
un
fatto
di
ordine
politico
morale
;
se
quindi
la
contrapposizione
avrebbe
dovuto
risultar
evidente
in
ogni
ambito
,
in
realtà
essa
diveniva
palese
soprattutto
quando
ci
si
facesse
a
considerar
l
'
arte
e
le
sue
manifestazioni
.
Perocché
se
l
'
anelito
a
una
più
alta
vita
,
a
una
«
rinascita
»
morale
e
politica
poteva
esprimersi
come
aspirazione
e
speranza
,
ma
non
ancora
vedersi
concretato
nella
realtà
di
ogni
giorno
-
-
si
rammentino
invece
le
invettive
,
dal
Petrarca
al
Machiavelli
,
contro
l
'
ordine
di
cose
esistente
nel
campo
politico
-
-
;
se
la
Roma
restaurata
rimaneva
pur
sempre
mito
e
vagheggiamento
,
quando
si
pensasse
a
Roma
come
caput
mundi
;
nelle
opere
di
pittori
e
scultori
e
architetti
,
da
Giotto
in
poi
,
la
nuova
coscienza
poteva
bene
veder
effettuato
il
passo
innanzi
,
poteva
ritrovar
quei
motivi
di
compiacimento
e
di
autoesaltazione
,
necessari
precisamente
perché
si
potesse
contrapporre
alla
me
dia
aetas
,
rozza
e
incolta
,
la
nuova
età
dell
'
oro
.
Qui
era
possibile
celebrar
le
lodi
dei
«...miei
egregi
dipintori
fiorentini
...
i
quali
quell
'
arte
smarrita
e
quasi
spenta
suscitarono
...
»
,
e
affermare
che
l
'
arte
era
ritornata
a
sormontare
»
,
che
le
«
nuove
inventioni
»
consentivano
di
riallacciarsi
alla
grande
tradizione
degli
antichi
,
rimasta
pressoché
spenta
per
tanti
secoli
,
che
,
abbandonata
la
«
rozzezza
»
bizantina
,
si
ritornava
all
'
arte
vera
,
all
'
arte
«
naturale
»
,
tutta
misura
e
proporzione
e
gentilezza
,
alla
pittura
«...emulatrice
della
natura
...
preziosa
e
piacevole
...
»
:
siccome
scrivevano
,
già
lungo
tempo
prima
del
Vasari
,
il
Boccaccio
,
Filippo
Villani
e
,
soprattutto
,
Lorenzo
Ghiberti
nel
suoi
Commentarii
.
Ora
,
siffatta
accentuazione
dell
'
elemento
artistico
-
letterario
doveva
diventar
decisiva
per
la
fortuna
del
concetto
di
Rinascimento
;
e
a
renderla
sempre
più
netta
e
sempre
più
esclusiva
doveva
contribuire
potentemente
la
stessa
diffusione
della
civiltà
italiana
oltre
frontiera
.
poiché
se
l
'
Italia
apparve
allora
maestra
di
vita
all
'
Europa
,
ciò
avvenne
con
esclusivo
riferimento
alla
vita
del
l
'
arte
e
delle
lettere
:
non
,
invece
,
alla
vita
politica
,
do
ve
se
un
motivo
di
ammirazione
era
offerto
dall
'
«
arte
di
stato
»
,
dalla
tecnica
diplomatica
,
dei
Veneziani
special
mente
,
il
crollo
improvviso
degli
stati
italiani
di
fronte
alle
invasioni
straniere
,
sul
finir
del
secolo
XV
e
sull
'
inizio
del
XVI
,
diffondeva
l
'
impressione
,
corroborata
dai
giudizi
degli
stessi
italiani
(
Machiavelli
)
,
che
dietro
allo
splendore
di
vita
intellettuale
delle
corti
della
penisola
e
dietro
all
'
abilità
formale
dei
loro
reggitori
si
celasse
un
sostanziale
vuoto
politico
;
non
alla
vita
morale
,
ché
anzi
alcuni
degli
stessi
umanisti
europei
,
cresciuti
su
culturalmente
alla
scuola
italiana
,
annotavano
e
deploravano
la
mancanza
di
fede
e
di
«
buoni
costumi
»
degl
'
italiani
(
e
,
poco
più
tardi
,
la
Riforma
doveva
rincarare
e
rende
re
assai
più
veementi
le
accuse
contro
un
popolo
tacciato
di
irreligiosità
,
cioè
di
fiacca
vita
morale
,
e
di
depravato
sentire
)
.
E
divennero
così
definitivi
i
giudizi
sui
principi
italiani
ai
quali
bastava
«
negli
scrittoi
pensare
una
acuta
risposta
,
scrivere
una
bella
lettera
,
mostrare
ne
'
detti
e
nelle
parole
arguzia
e
prontezza
,
saper
tessere
una
fraude
,
ornarsi
di
gemme
e
d
'
oro
,
dormire
e
mangiare
con
maggiore
splendore
che
gli
altri
,
tenere
assai
lascivie
in
torno
,
governarsi
co
'
sudditi
avaramente
e
superbamente
,
marcirsi
nell
'
ozio
,
dare
i
gradi
della
milizia
per
gra
zia
,
disprezzare
se
alcuno
avesse
loro
dimostro
alcuna
lodevole
via
,
volere
che
le
parole
loro
fussero
responsi
di
oracoli
...
»
(
Machiavelli
)
,
ai
quali
importava
più
il
divenir
«
ingenieux
et
sçavants
,
que
vigoreux
et
guerriers
...
»
(
Montaigne
)
;
e
si
diffuse
,
di
fronte
alla
vita
italiana
,
quel
lo
stato
d
'
animo
per
cui
il
Commynes
si
estasiava
di
fronte
a
Venezia
,
«
la
plus
triumphante
cité
que
jamais
j
'
aye
veüe
»
,
e
ammirava
la
sapienza
diplomatica
e
l
'
arte
di
governo
dei
Veneziani
,
ma
,
nel
contempo
,
trovava
non
saldi
il
carattere
del
popolo
italiano
e
non
buoni
i
costumi
.
Era
pertanto
logico
che
,
parlandosi
di
rinnovamento
,
si
rivolgesse
lo
sguardo
sempre
più
esclusivamente
alle
arti
e
alle
lettere
;
logico
che
,
esaltandosi
il
rifiorir
degli
studia
humanitatis
,
si
risolvesse
la
humanitas
soprattutto
nel
suo
aspetto
letterario
filologico
.
Si
perviene
così
a
quella
che
può
considerarsi
una
formulazione
tipica
del
Rinascimento
:
vale
a
dire
alle
affermazioni
del
Vasari
,
il
quale
procedendo
sulla
stessa
via
del
Ghiberti
,
vede
l
'
inizio
vero
del
rifiorimento
in
Giotto
che
superando
la
«
rozza
maniera
»
,
vuoi
bizantina
vuoi
gotica
,
ha
riportato
per
primo
l
'
arte
ai
fastigi
da
cui
era
declinata
col
crollo
del
mondo
antico
.
Una
formulazione
che
,
ripresa
via
via
da
critici
d
'
arte
e
di
lettere
e
da
storici
,
ribadita
fra
gli
altri
dal
Voltaire
,
per
il
quale
pure
vanto
dell
'
Italia
nel
Rinascimento
era
stato
quello
di
far
uscire
dalle
rovine
della
barbarie
«
les
beaux
arts
qui
se
tiennent
comme
par
la
main
et
qui
d
'
ordinaire
péris
sent
et
renaissent
ensemble
»
(
Essais
sur
les
Moeurs
;
e
cfr
.
l
'
Introduction
al
siècle
de
Louis
XIV
)
,
era
destinata
a
regnare
sovrana
per
lungo
tempo
,
determinando
,
fra
l
'
altre
conseguenze
quella
di
fissare
i
«
canoni
»
dell
'
arte
sul
mo
dello
dell
'
arte
del
Rinascimento
-
-
riassunto
nella
triade
Leonardo
,
Raffaello
,
Michelangelo
-
-
di
stabilire
una
ben
determinata
«
classicità
»
che
doveva
essere
imitata
e
presa
a
modello
,
e
di
far
sorgere
,
nella
storia
della
letteratura
come
dell
'
arte
,
il
concetto
di
«
periodo
aureo
»
,
localizzato
,
s
'
intende
con
approssimazione
,
nella
seconda
metà
del
Quattrocento
e
nella
prima
metà
del
Cinquecento
.
Ma
una
siffatta
concezione
del
Rinascimento
determinava
necessariamente
il
sorgere
di
una
seconda
questione
che
sarebbe
poi
stata
indissolubilmente
connessa
con
la
prima
,
cioè
con
la
valutazione
del
Rinascimento
stesso
:
vale
a
dire
il
sorgere
del
dibattito
circa
l
'
influenza
maggiore
o
minore
che
sul
movimento
di
rinascita
delle
arti
e
delle
lettere
nell
'
Italia
trecentesca
e
quattrocentesca
avrebbe
esercitato
il
culto
degli
antichi
.
Forse
che
proprio
il
Trecento
e
il
Quattrocento
non
erano
sta
ti
contrassegnati
dall
'
imitazione
dei
classici
,
palese
specialmente
nelle
lettere
,
in
cui
il
volgare
era
stato
negletto
in
omaggio
al
latino
,
e
a
un
latino
ripolito
dalla
bar
barie
medievale
sulle
orme
del
gran
padre
Cicerone
,
ma
palese
pure
nell
'
arte
,
in
cui
s
'
erano
prese
a
modello
le
dissepolte
statue
dell
'
evo
antico
?
E
non
erano
stati
forse
gli
stessi
uomini
del
Rinascimento
,
all
'
origine
e
alla
fine
,
a
esprimere
ben
chiaramente
quanto
essi
dovevano
agli
antichi
,
dal
Villani
che
nella
contemplazione
di
Roma
trovava
l
'
incentivo
primo
a
nuovi
pensieri
,
a
quel
pittore
genovese
G.E.
Paggi
il
quale
nel
1590
osservava
come
l
'
arte
avesse
dovuto
la
sua
rinascita
allo
studio
del
l
'
antico
?
(
«
non
sì
tosto
si
cominciarono
in
Roma
a
cava
re
dalla
terra
le
sepolte
statue
antiche
,
che
l
'
arte
con
esse
a
rinascere
tornò
,
stante
l
'
osservazione
e
studio
che
gli
uomini
sopra
d
'
esse
a
farne
intrapresero
»
)
.
Sorge
così
,
anche
se
non
espresso
ancora
nei
termini
moderni
,
quel
problema
dei
rapporti
fra
Umanesimo
e
Rinascimento
che
affaticherà
e
,
anzi
,
svierà
la
maggior
parte
dei
critici
moderni
.
Un
momento
decisivo
nella
storia
dell
'
Umanesimo
stesso
sembra
si
debba
riscontra
re
nella
venuta
in
Italia
dei
sapienti
greci
,
circa
la
metà
del
secolo
XV
,
e
nella
conseguente
maggiore
e
diretta
influenza
dell
'
antica
civiltà
ellenica
sulla
nuova
civiltà
italiana
:
da
quel
momento
si
giudica
che
veramente
s
'
inizi
il
periodo
più
fruttuoso
della
civiltà
italiana
,
e
poiché
con
questo
giudizio
concorda
quell
'
altro
,
di
marca
soprattutto
vasariana
,
che
fa
raggiungere
la
perfezione
nel
l
'
arte
nel
periodo
di
Michelangelo
,
ecco
,
di
conseguenza
,
venir
formulandosi
quella
distinzione
fra
due
periodi
(
Umanesimo
,
fin
verso
la
metà
del
secolo
XV
;
Rinascimento
vero
e
proprio
,
dall
'
età
di
Lorenzo
de
'
Medici
a
quella
di
Paolo
IV
all
'
incirca
)
che
,
riprodotta
poi
nei
manuali
di
ogni
lingua
,
è
divenuta
consuetudinaria
.
Tanto
profondamente
radicati
erano
,
nella
tradizione
,
i
criteri
di
giudizio
che
si
sono
or
ora
analizzati
,
da
pesa
re
fortemente
persino
sull
'
atteggiamento
e
il
modo
di
vedere
di
chi
,
a
mezzo
il
secolo
XIX
,
dava
del
Rinascime
to
un
quadro
d
'
insieme
destinato
a
rimaner
classico
,
e
al
termine
stesso
«
Rinascimento
»
conferiva
definitivamente
il
valore
storicamente
determinato
,
divenuto
poi
d
'
uso
comune
:
vale
a
dire
di
Iacopo
Burckhardt
,
la
cui
Kultur
der
Renaissance
in
Italien
costituì
e
costituisce
ancor
oggi
l
'
opera
classica
sull
'
argomento
.
Poiché
anche
nel
Burckhardt
,
nonostante
l
'
ampiezza
del
quadro
,
in
cui
veniva
no
in
primo
piano
non
soltanto
arti
e
lettere
,
ma
politica
e
religione
,
vita
pubblica
e
vita
privata
,
dottrine
e
costumi
;
nonostante
lo
sforzo
di
prospettare
la
«
civiltà
»
,
va
le
a
dire
tutti
i
molteplici
elementi
che
avevano
costituito
la
vita
del
popolo
italiano
durante
più
che
due
seco
li
;
nonostante
quel
suo
accentrare
lo
sguardo
sull
'
individuo
e
l
'
individualismo
del
Rinascimento
,
vale
a
dire
su
un
motivo
unico
,
dominante
,
che
poteva
manifestarsi
in
tutti
i
campi
di
azione
;
anche
nel
Burckhardt
era
pale
se
,
di
fronte
al
Rinascimento
,
un
compiacimento
di
natura
essenzialmente
estetica
:
siccome
dimostrava
proprio
la
sua
celebre
formula
dello
stato
opera
d
'
arte
,
dove
non
v
'
era
che
la
trasposizione
,
nel
giudizio
politico
,
dei
vecchi
criteri
tramandatisi
dal
Vasari
giù
giù
attraverso
l
'
Il
luminismo
e
il
Romanticismo
.
Per
placare
le
proprie
esigenze
morali
,
il
critico
doveva
rivolgersi
verso
la
Riforma
:
proseguendo
dunque
anche
in
questo
un
non
nuovo
orientamento
d
'
animo
e
di
pensiero
per
cui
se
all
'
Italia
del
Quattrocento
era
lecito
chiedere
lezioni
di
armonia
e
di
grazia
e
di
equilibrio
formale
,
di
bello
scrivere
e
di
sapiente
argomentare
,
solo
alla
Riforma
luterana
era
possibile
chiedere
lezioni
di
forte
vita
morale
,
di
interiorità
e
di
raccoglimento
.
L
'
uno
e
l
'
altra
venivan
posti
all
'
inizio
del
mondo
moderno
,
che
nell
'
uno
e
nell
'
altra
ritrovava
,
già
affermate
talora
e
talora
puramente
in
germe
,
le
proprie
aspirazioni
ed
esigenze
di
pensiero
e
di
vita
;
ma
i
due
movimenti
rispondevano
,
ciascuno
,
soltanto
a
un
certo
ordine
di
idee
e
di
sentimenti
,
in
guisa
da
essere
,
di
per
se
,
incompleti
e
parziali
.
E
soprattutto
il
Rinascimento
continua
va
a
essere
una
specie
di
Giano
bifronte
,
tutto
luce
per
un
verso
,
ma
tutto
ombra
per
l
'
altro
:
splendore
di
forma
,
raffinatezza
ed
eloquenza
per
un
verso
,
e
per
l
'
altro
verso
immoralità
,
privata
e
pubblica
,
scarsa
interiorità
di
fede
e
nessun
senso
del
dovere
(
epoca
di
«
cultura
»
non
di
grande
«
civiltà
»
,
aveva
affermato
C
.
Balbo
)
.
Tal
che
poi
,
quando
ci
si
facesse
a
esporre
e
commentare
il
pensiero
di
quegli
scrittori
che
più
erano
rappresentativi
dell
'
età
,
da
parte
dei
critici
benevoli
si
invocava
,
a
scusa
delle
presunte
immoralità
,
il
«
clima
storico
»
,
l
'
ambiente
,
che
,
si
diceva
,
rendeva
quasi
necessarie
le
immoralità
e
le
disonestà
:
come
avveniva
per
il
Machiavelli
,
che
potrebbe
esser
bene
assunto
,
nelle
vicende
varie
della
sua
fortuna
,
a
simbolo
del
Rinascimento
,
e
che
proprio
nel
secolo
XIX
veniva
difeso
,
dalle
accuse
dei
moralisti
,
in
base
al
criterio
che
egli
non
aveva
fatto
se
non
effigiare
la
società
del
suo
tempo
(
Macaulay
e
anche
Villari
)
.
Mariolo
sì
,
ma
profondo
,
diceva
don
Ferrante
del
Machiavelli
;
immorale
sì
,
ma
seducente
,
pensava
del
Rinascimento
la
communis
opinio
.
E
d
'
altronde
,
nel
solco
della
tradizione
si
continuava
a
rimanere
anche
sotto
altro
aspetto
,
per
quel
persistere
del
Rinascimento
nello
splendido
isolamento
in
che
l
'
avevan
già
posto
i
critici
d
'
arte
e
di
lettere
del
Rinasci
mento
stesso
.
Come
una
volta
per
Lorenzo
Ghiberti
e
per
il
Vasari
,
così
anche
ora
,
pur
dopo
il
Burckhardt
,
il
Rinascimento
continuava
ad
apparire
come
splendido
fiore
sbocciato
all
'
improvviso
nel
deserto
:
il
problema
delle
origini
,
il
Burckhardt
non
può
dirsi
l
'
avesse
affrontato
;
e
poiché
la
rivalutazione
che
il
Romanticismo
ave
va
effettuata
del
Medioevo
era
stata
rivalutazione
del
la
sua
coscienza
e
unità
cristiana
,
della
sua
anima
interiore
(
Schlegel
)
,
ma
non
era
ancor
divenuta
rivalutazione
concreta
delle
lettere
e
dell
'
arte
medievali
,
e
poiché
quindi
continuavano
,
di
fronte
all
'
arte
bizantina
e
gotica
,
a
predominare
i
canoni
tradizionali
,
il
Rinascimento
continuava
a
rimanere
nettamente
,
troppo
nettamente
staccato
dall
'
età
che
l
'
aveva
preceduto
e
ad
apparir
improvviso
rifiorire
di
vita
culturale
dopo
la
barbarie
,
almeno
artistica
,
del
Medioevo
.
Troppo
improvviso
,
troppo
staccato
dall
'
età
immediatamente
precedente
appari
va
questo
rigoglio
di
vita
nuova
nell
'
Italia
trecentesca
e
quattrocentesca
:
doveva
pertanto
continuare
logicamente
il
dibattito
,
pur
esso
già
iniziato
dal
tempo
,
se
«
causa
»
del
Rinascimento
non
fosse
stato
l
'
Umanesimo
.
Il
quale
fu
dunque
anch
'
esso
nuovamente
e
parallelamente
studiato
,
analizzato
:
non
per
puro
caso
a
un
solo
anno
di
distanza
vedevano
la
luce
le
due
opere
classiche
sui
due
argomenti
,
Die
Wiederbelebung
des
klassischen
Altertums
del
Voigt
(
1859
)
,
Die
Kultur
der
Renaissance
del
Burckhardt
(
1860
)
.
E
tuttoché
il
Burckhardt
si
fosse
ben
guardato
dal
far
dipendere
il
Rinascimento
unicamente
dalla
passione
per
l
'
antichità
classica
,
dal
porre
un
rapporto
di
causa
ed
effetto
fra
il
secondo
e
il
primo
evento
,
nell
'
opinione
dei
più
il
rapporto
era
stato
concretato
:
anche
qui
,
dunque
,
rimanendosi
nell
'
orbita
di
una
tradizione
ormai
trisecolare
.
Il
compito
che
si
poneva
agli
studiosi
dopo
il
Burckhardt
era
pertanto
anzitutto
quello
di
ricercare
i
lega
mi
di
continuità
fra
il
Rinascimento
:
e
l
'
età
che
lo
aveva
preceduto
;
ma
era
anche
quello
di
approfondire
la
conoscenza
dei
legami
tra
Rinascimento
ed
età
successive
,
per
vedere
sino
a
qual
segno
la
«
scoperta
dell
'
uomo
e
della
natura
»
proclamata
come
caratteristica
del
Rinascimento
già
dal
Michelet
e
poi
,
con
maggior
forza
,
dal
Burckhardt
,
avesse
influito
sulla
civiltà
europea
,
dal
secolo
XVI
in
poi
.
E
ciò
avrebbe
significato
poi
nient
'
altro
che
una
nuova
e
più
accurata
analisi
dei
caratteri
del
Rinascimento
stesso
,
delle
sue
forze
costruttive
e
del
suo
svolgersi
storico
.
Porsi
il
problema
della
«
continuità
»
storica
,
voleva
dire
ristudiare
a
un
tempo
,
in
se
stesso
,
il
«
periodo
storico
»
di
cui
si
cercavano
i
vincoli
di
collegamento
con
le
età
precedenti
e
le
età
seguenti
:
non
diversamente
da
quanto
succedeva
,
proprio
in
quegli
stessi
ultimi
decenni
del
secolo
XIX
e
primi
del
XX
,
per
il
«
periodo
»
tradizionalmente
contrapposto
al
Rinascimento
,
cioè
per
il
Medioevo
,
di
cui
pure
si
cominciavano
a
ricercare
con
maggior
insistenza
i
legami
col
mondo
classico
e
di
cui
si
approfondiva
a
un
tempo
la
conoscenza
e
la
valutazione
.
Per
vero
,
l
'
attenzione
sempre
più
minuziosa
con
cui
gli
storici
della
filosofia
si
volsero
al
pensiero
del
Rinasci
mento
,
per
vedere
quali
ne
fossero
precisamente
i
rapporti
col
pensiero
moderno
,
doveva
condurre
a
risulta
ti
così
fecondi
,
che
attraverso
tali
ricerche
-
-
iniziate
già
dallo
Spaventa
,
a
mezzo
il
secolo
XIX
,
proseguite
con
sagacia
e
fortuna
grandi
dal
Dilthey
e
continuatesi
sino
ai
giorni
nostri
,
col
Gentile
,
col
Cassirer
e
altri
molti
-
-
vennero
addirittura
spostandosi
i
criteri
tradizionali
di
giudizio
,
del
Rinascimento
:
non
solo
alla
valutazione
anzi
tutto
artistico
letteraria
sottentrò
definitivamente
un
più
ampio
e
organico
criterio
di
giudizio
,
per
cui
fatto
artistico
e
fatto
letterario
non
apparvero
più
se
non
a
guisa
di
parziali
manifestazioni
di
una
visione
della
vita
e
del
mondo
che
trovava
altre
contemporanee
espressioni
nel
campo
strettamente
speculativo
e
in
quello
morale
;
ma
soprattutto
alla
valutazione
«
psicologica
»
alla
Burckhardt
-
-
il
quale
pure
aveva
cercato
il
quadro
d
'
insieme
-
si
sostituì
una
valutazione
sostanzialmente
«
ideologica
»
,
l
'
unica
,
come
vedremo
,
che
permetta
di
evitare
i
grossi
equivoci
addensatisi
attorno
al
concetto
di
Rinascimento
.
Di
più
,
ne
derivò
anche
uno
spostamento
nel
quadro
cronologico
tradizionale
,
in
quanto
le
massime
testimonianze
della
capacità
speculativa
del
Rinascimento
furono
ritrovate
in
pensatori
viventi
dopo
,
anche
parecchio
tempo
dopo
l
'
età
«
dell
'
oro
»
,
dopo
cioè
l
'
età
di
Lorenzo
de
'
Medici
,
di
Giulio
II
,
di
Leone
X
,
in
pensatori
come
Telesio
e
particolarmente
Bruno
e
Campanella
,
epigoni
cronologicamente
,
ma
idealmente
veri
,
i
più
veri
rappresentanti
di
quel
travaglio
speculativo
del
Rinascimento
,
nel
quale
si
è
vista
l
'
origine
del
pensiero
moderno
.
Tuttavia
ancor
più
notevoli
,
forse
,
sono
state
le
ripercussioni
determinate
,
nello
studio
del
nostro
argomento
,
dalla
ricerca
delle
«
origini
»
,
di
quei
nessi
con
il
Medioevo
su
cui
il
Gebhardt
già
insisteva
nel
1885
,
proprio
in
trattenendosi
sull
'
opera
del
Burckhardt
.
E
qui
la
ricerca
si
è
svolta
in
una
duplice
direzione
,
e
con
orientamento
e
proposito
nettamente
divergenti
.
Da
una
parte
,
cioè
,
si
sono
cercati
i
nessi
del
Rinascimento
(
nei
suoi
tradizionali
limiti
cronologici
)
con
la
storia
italiana
prerinascimento
;
si
è
andati
in
traccia
del
le
origini
italiane
di
un
movimento
italiano
,
collegando
Trecento
e
Duecento
,
età
delle
signorie
ed
età
dei
comuni
,
Petrarca
e
Cola
di
Rienzo
e
Francesco
d
'
Assisi
e
l
'
abate
Gioacchino
.
Ricerca
a
sua
volta
sdoppiatasi
,
attraverso
coloro
i
quali
hanno
messo
in
rilievo
,
soprattutto
,
gli
elementi
storico
pratici
che
collegano
età
dei
comuni
e
Rinascimento
tradizionale
,
i
quali
hanno
prospettato
il
Rinascimento
come
il
moto
stesso
di
ascesa
del
popolo
italiano
,
nella
sua
coscienza
di
nazione
,
nella
sua
attività
politica
ed
economica
oltre
che
culturale
e
artistica
,
e
hanno
pertanto
fatto
tutt
'
uno
fra
Rinascimento
e
sto
ria
del
popolo
italiano
a
partire
dal
secolo
XI
;
e
attraverso
coloro
i
quali
hanno
,
di
preferenza
,
lumeggiato
gli
elementi
storico
ideologici
che
ricollegano
il
trionfante
movimento
dei
secoli
XIV
e
XV
ad
aspirazioni
,
credenze
,
idee
dell
'
età
precedente
.
Due
visuali
,
che
trovano
la
loro
più
significativa
espressione
da
un
lato
in
uno
scritto
del
Volpe
(
Bizantinismo
e
Rinascenza
)
,
dall
'
altro
in
un
primo
tempo
negli
studi
del
Thode
,
risalenti
già
al
1885
(
Franz
von
Assisi
und
die
Anfänge
der
Kunst
der
Renaissance
in
Italien
)
e
,
in
un
secondo
tempo
,
nell
'
opera
monumentale
di
K
.
Burdach
.
Particolarmente
importanti
queste
ultime
ricerche
,
per
cui
venivano
in
luce
le
radici
religiose
del
tanto
vantato
«
profano
»
Rinascimento
(
il
termine
stesso
di
rinascita
o
rinnovamento
è
stato
ricollegato
con
un
'
iniziale
attesa
escatologica
)
,
e
l
'
anelito
verso
una
nuova
vita
appariva
contessuto
di
alti
ideali
morali
e
religiosi
,
per
molto
tempo
accomunati
,
non
disgiunti
,
dagl
'
ideali
puramente
umani
e
letterari
:
ciò
che
significava
dare
al
movimento
di
rinascita
una
complessità
di
motivi
,
una
forza
creatrice
e
un
'
energia
vitale
assai
più
lata
e
più
profonda
di
quanto
non
fosse
stato
percepibile
sino
a
quel
momento
.
E
qui
,
anzi
,
nella
conclusione
,
tornavano
a
confluire
e
l
'
uno
e
l
'
altro
degl
'
indirizzi
sopra
accennati
,
i
quali
,
se
pur
insistevano
a
preferenza
su
questo
o
quel
motivo
,
erano
tuttavia
concordi
nel
dare
al
concetto
di
Rinasci
mento
una
capienza
,
cronologica
e
qualitativa
,
mai
avuta
sino
allora
.
Risultati
di
questo
genere
inducevano
,
per
immediata
conseguenza
,
a
prospettare
in
modo
del
tutto
nuovo
la
vexata
quaestio
dei
rapporti
fra
risorgimento
dell
'
antichità
classica
e
Rinascimento
vero
e
proprio
.
Trasferite
le
origini
di
quest
'
ultimo
assai
prima
che
non
cominciassero
il
culto
umanistico
della
bella
prosa
latina
e
la
febbri
le
ricerca
dei
codici
e
l
'
idoleggiamento
del
padre
Cicero
ne
e
di
Livio
,
appariva
infatti
evidente
che
il
rifiorir
del
l
'
amore
per
gli
antichi
era
stato
non
causa
,
bensì
effetto
-
-
il
primo
e
più
palese
degli
effetti
,
anzi
-
-
della
rinnovata
vita
degl
'
italiani
dei
secoli
dal
XIII
al
XVI
:
i
quali
italiani
,
nella
loro
ansia
di
crearsi
un
proprio
mondo
spirituale
,
che
meglio
rispondesse
alle
necessità
nuove
dei
tempi
e
dell
'
anima
popolare
di
quanto
non
potessero
più
fa
re
le
vecchie
ideologie
religioso
feudali
,
nel
loro
bisogno
di
foggiarsi
ideali
di
vita
più
consoni
al
modo
d
'
intuire
e
sentire
la
vita
proprio
della
società
nuova
,
venuta
su
dal
l
'
Italia
dei
comuni
,
si
rivolgevano
verso
il
mondo
classico
per
ritrovare
ivi
il
modello
da
seguire
,
per
attinger
ivi
le
norme
di
vita
,
il
programma
di
pensiero
e
di
azione
.
«
Mito
»
,
dunque
,
quello
dell
'
antichità
classica
:
mito
che
a
sua
volta
doveva
poi
fortemente
contribuire
a
plasmare
la
vita
spirituale
degl
'
italiani
in
certa
determinata
maniera
,
ma
che
aveva
potuto
sorgere
,
esso
stesso
,
solo
perché
nuovo
fervore
di
vita
aveva
ricominciato
a
pulsare
nella
penisola
.
E
anzi
,
dalle
ovvie
considerazioni
di
cotal
natura
si
doveva
ben
presto
trapassare
,
ad
opera
di
alcuni
studiosi
,
a
deduzioni
soverchiamente
affrettate
e
ardite
:
siccome
avveniva
quando
il
Neumann
affermava
che
la
nuova
civiltà
italiana
,
cosi
rigogliosa
e
promettente
nel
secolo
XIII
,
era
poi
stata
soffocata
,
inaridita
,
tramutata
in
pesante
armeggio
di
eruditi
proprio
per
colpa
dell
'
imitazione
del
mondo
classico
;
siccome
è
avvenuto
ancora
di
recente
,
quando
il
Toffanin
ha
posto
un
troppo
netto
divario
tra
la
civiltà
comunale
del
secolo
XIII
,
libera
,
semiereticale
,
e
l
'
Umanesimo
che
cerca
di
soffocare
nei
secoli
XIV
e
XV
il
libero
giuoco
delle
forze
creatrici
e
di
piegarle
nuovamente
sotto
il
giogo
del
principio
d
'
autorità
.
In
quest
'
indirizzo
complessivo
di
studi
,
quali
si
fossero
le
divergenze
di
apprezzamento
particolari
,
era
comunque
ben
ferma
la
constatazione
del
sostanziale
valore
del
Rinascimento
,
considerato
come
fase
d
'
importanza
decisiva
nella
storia
dell
'
incivilimento
umano
.
Sen
nonché
,
allato
di
quegli
studi
e
ricerche
,
veniva
a
poco
a
poco
manifestandosi
a
tendenza
critica
,
negatrice
della
vera
e
propria
originalità
e
sostanzialità
del
Rinascimento
italiano
.
Anch
'
essa
prendeva
le
mosse
da
un
più
attento
esame
della
vita
medievale
,
da
una
rivalutazione
dell
'
arte
,
della
letteratura
,
del
pensiero
dell
'
età
gotica
;
ma
,
questa
volta
,
non
per
cercarvi
le
origini
di
un
movimento
che
avrebbe
poi
trasceso
d
'
assai
,
in
estensione
e
profondità
,
le
sue
fonti
e
avrebbe
acquistato
un
carattere
proprio
e
inconfondibile
,
bensì
per
osservare
che
tutte
le
pretese
conquiste
del
pensiero
,
dell
'
arte
,
ecc
.
,
del
Rinascimento
era
no
già
state
attuate
nelle
età
precedenti
,
e
che
pertanto
il
Rinascimento
stesso
non
poteva
essere
considerato
come
un
nuovo
e
fruttuoso
rifiorire
dello
spirito
umano
.
Di
più
,
innestata
sulla
questione
cronologica
anche
la
questione
topografica
,
si
cercava
di
porre
in
rilievo
come
,
tutto
sommato
,
patria
del
rinnovamento
spirituale
europeo
fosse
stata
non
l
'
Italia
ma
la
Francia
e
i
Paesi
Bassi
,
la
cui
civiltà
dal
secolo
XI
al
XIV
era
stata
maestra
anche
per
gl
'
italiani
.
E
come
una
volta
l
'
originalità
del
Rinascimento
era
stata
inizialmente
riconosciuta
nel
campo
delle
arti
figurative
,
cosi
ora
i
primi
attacchi
contro
la
tradizionale
esaltazione
della
civiltà
italiana
dei
secoli
XIV
e
XV
veniva
no
sferrati
proprio
nel
campo
dell
'
arte
:
nel
quale
campo
-
-
siccome
sosteneva
sin
dalla
fine
del
secolo
XIX
L
.
Courajod
-
-
la
via
alle
nuove
fortune
era
stata
già
aperta
,
completamente
aperta
,
dagli
artisti
fiamminghi
del
seco
lo
XIV
.
Procedendosi
su
questa
via
,
e
trasferendo
l
'
osservazione
anche
nel
campo
letterario
e
scientifico
,
si
è
contrapposta
alla
«
latinità
»
italiana
dei
secoli
XIV
e
XV
la
«
latinità
»
,
francese
essenzialmente
,
del
secolo
XII
:
seco
lo
di
rinascenza
generale
ma
soprattutto
francese
(
cfr
.
H
.
HASKINS
,
The
Renaissance
of
the
twelfth
century
,
Cambridge
1927
)
;
alla
ricerca
scientifica
italiana
,
le
cognizioni
dei
maestri
medievali
;
all
'
«
individualismo
»
,
al
«
realismo
»
,
tanto
esaltati
,
del
Rinascimento
un
individualismo
e
un
realismo
medievali
,
per
nulla
inferiori
:
spesso
cercando
di
annullare
addirittura
ogni
sostanziale
diversità
del
tradizionale
Medioevo
,
di
ritrovare
una
«
continuità
»
storica
fra
le
due
epoche
non
solo
senza
soluzioni
,
ma
anche
senza
quasi
vero
e
proprio
svolgimento
e
senza
sostanziali
novità
,
sempre
con
l
'
intenzione
di
dimostrare
che
il
Rinascimento
italiano
non
costituisce
se
non
una
fase
,
e
non
decisiva
,
di
un
generale
processo
di
rinnova
mento
della
cultura
,
già
in
atto
da
vario
tempo
in
altre
regioni
europee
.
La
vera
Rinascenza
,
si
dice
,
comincia
in
Francia
nel
secolo
XII
;
nel
secolo
XIII
tutto
l
'
essenziale
è
già
acquisito
alla
cultura
europea
,
non
resta
che
da
sviluppare
le
conquiste
fatte
...
(
J
.
BOULANGER
,
Le
vrai
siècle
de
la
Renaissance
,
in
«
Humanisme
et
Renaissance
»
,
I
)
.
II
Proprio
da
ricerche
di
quest
'
ultimo
genere
converrà
muovere
,
per
eliminare
i
grossi
equivoci
che
intorno
al
concetto
di
Rinascimento
si
sono
venuti
creando
.
E
occorre
anzitutto
metter
da
parte
la
confusione
che
si
è
fatta
tra
realtà
di
fatto
e
realtà
di
idea
,
tra
eventi
pratici
e
coscienza
che
di
tali
eventi
l
'
uomo
può
o
meno
avere
:
confusione
palese
in
chi
si
affanna
a
dimostrare
che
anche
nel
Medioevo
non
sono
mancate
le
forti
individualità
,
le
grandi
personalità
storiche
,
e
che
pertanto
non
si
può
considerare
il
Rinascimento
come
inizio
del
sen
so
dell
'
«
uomo
»
;
oppure
in
chi
cerca
di
convincersi
che
gli
uomini
del
Medioevo
,
lungi
dall
'
essere
perennemente
curvi
per
l
'
angoscia
del
peccato
e
continuamente
salmodianti
,
avevano
anch
'
essi
un
forte
attaccamento
alla
vita
terrena
,
con
i
suoi
molti
e
non
sempre
puri
piaceri
,
e
che
pertanto
non
c
'
era
bisogno
di
attendere
gl
'
italiani
dei
secoli
XIV
e
XV
per
imparare
le
gioie
d
'
amore
e
il
gusto
del
vivere
piacevolmente
(cfr.,
per
esempio
,
H
.
CHAMARD
,
Les
origines
de
la
poésie
française
de
la
Renaissance
,
Paris
1920
,
pp
.
47
,
181
)
.
Tutto
questo
è
certo
esattissimo
e
,
oggi
,
pacifico
:
ma
non
significa
,
di
per
sé
,
ancora
nulla
.
Giacché
quando
si
parla
di
Rinascimento
per
designa
re
una
certa
fase
,
storicamente
determinata
,
dello
svolgimento
storico
europeo
,
si
deve
intendere
un
preciso
movimento
d
'
idee
,
un
«
periodo
»
culturale
,
che
ha
senza
dubbio
le
sue
continue
interferenze
con
la
vita
pratica
,
da
cui
trae
evidentemente
la
sua
stessa
ragion
d
'
essere
,
ma
che
non
pertanto
rimane
anzitutto
ed
essenzialmente
una
realtà
dello
spirito
.
Come
per
i
correlativi
concetti
di
Illuminismo
e
di
Romanticismo
,
cosi
anche
la
validità
del
concetto
stesso
di
Rinascimento
può
esser
affermata
solo
in
quanto
ci
si
riferisca
a
un
movimento
d
'
idee
,
storicamente
precisabile
e
circoscrivibile
.
Quello
per
cui
il
Rinascimento
è
tale
,
non
è
l
'
agire
pratico
,
spicciolo
di
questo
o
quel
personaggio
,
non
,
per
esempio
,
la
sottile
abilità
politica
e
diplomatica
di
un
principe
;
e
nemmeno
è
la
vita
gioconda
,
«
pagana
»
dei
borghesi
della
città
:
ma
è
il
modo
con
cui
propositi
e
azioni
degli
uomini
vengo
no
sistemati
concettualmente
e
da
puro
agire
pratico
,
da
consuetudine
di
fatto
,
diventano
un
credo
spirituale
,
un
programma
di
vita
.
Se
,
per
esempio
,
è
indubbio
che
anche
nei
secoli
VII
XII
,
in
molti
paesi
,
abbondano
figure
di
eminenti
uomini
politici
,
di
condottieri
di
popoli
;
se
è
ovvio
che
anche
in
quei
secoli
-
-
come
d
'
altronde
in
ogni
momento
della
storia
umana
-
-
nel
loro
agire
i
capi
di
stato
si
sono
attenuti
,
all
'
atto
pratico
,
a
quelli
che
più
tardi
saranno
noti
come
precetti
della
ragion
di
Stato
,
non
è
meno
certo
che
la
teoria
della
politica
come
politica
,
al
di
fuori
e
al
di
sopra
di
ogni
considerazione
di
altra
natura
,
è
stata
enunciata
per
la
prima
volta
solo
in
pieno
Rinasci
mento
,
dal
Machiavelli
,
il
quale
,
trasformando
un
precetto
di
carattere
meramente
pratico
in
affermazione
teorica
,
di
validità
universale
,
dimostra
quale
sia
la
sostanzia
le
differenza
fra
le
due
età
.
Allo
stesso
modo
,
se
un
Carlomagno
,
un
Ottone
I
,
un
Filippo
Augusto
sono
«
individualità
»
,
non
certo
inferiori
a
un
Francesco
Sforza
,
un
Lorenzo
de
'
Medici
,
un
Cesare
Borgia
,
del
tutto
diverso
è
il
rilievo
che
queste
grandi
figure
hanno
rispettivamente
nella
storiografia
medievale
e
in
quella
fiorentina
della
fine
del
secolo
XV
e
dell
'
inizio
del
secolo
XVI
:
e
ciò
che
importa
è
precisamente
-
-
quando
si
tratti
la
nostra
questione
-
-
il
fatto
dell
'
importanza
che
gli
uomini
assumono
nel
pensiero
storiografico
,
come
artefici
di
storia
,
come
creatori
di
eventi
.
Infine
,
che
anche
gli
uomini
del
Medioevo
abbiano
,
nella
loro
vita
quotidiana
,
dato
gran
peso
alle
cose
terrene
,
e
che
la
carne
,
teoricamente
disprezzata
,
abbia
anche
allora
effettivamente
ed
efficacemente
contrastato
il
dominio
dello
spirito
,
è
cosa
tanto
ovvia
che
non
metterebbe
conto
d
'
insistervi
su
;
ma
,
questo
non
ha
nulla
a
che
vedere
con
la
questione
se
siano
peculiari
o
no
del
Rinascimento
affermazioni
sul
tipo
di
quel
le
con
cui
l
'
Alberti
dava
dignità
di
norma
teorica
,
di
precetto
di
vita
a
quella
«
dolcezza
del
vivere
»
che
in
quanto
sensazione
immediata
e
istintiva
è
propria
degli
uomini
di
ogni
età
.
Messa
da
parte
siffatta
pregiudiziale
,
è
possibile
affermare
che
i
caratteri
creduti
specifici
del
Rinascimento
so
no
già
propri
della
civiltà
medievale
,
almeno
nella
sua
ultima
fase
,
la
fase
del
gotico
?
Coloro
i
quali
vogliono
negare
o
almeno
limitare
gran
demente
l
'
importanza
e
l
'
originalità
del
Rinascimento
si
rifanno
,
anzitutto
,
ai
due
concetti
di
realismo
e
di
individualismo
-
designati
come
tipici
del
Rinascimento
-
per
dimostrare
che
il
realismo
dell
'
arte
italiana
non
è
se
non
lo
sviluppo
,
la
prosecuzione
del
realismo
già
contrassegnante
di
se
l
'
arte
gotica
,
e
che
il
riconoscimento
-
anche
teorico
-
dell
'
«
individualità
»
è
già
palese
negli
scrittori
dell
'
età
di
mezzo
,
senza
che
si
debbano
attendere
l
'
Alberti
,
il
Machiavelli
e
il
Guicciardini
(cfr.,
per
esempio
,
A
.
DOPSCH
,
Wirtschaftsgeist
und
Individualismus
im
Frühmittelalter
,
in
«
Archiv
für
Kulturgeschichte
»
,
XIX
,
pp
.
5355
)
.
Ancora
,
si
osserva
che
il
culto
per
Roma
antica
-
mai
spento
d
'
altronde
per
tutto
il
Medioevo
-
rifiorisce
con
novello
slancio
e
si
riflette
nelle
manifestazioni
spirituali
-
-
arte
,
letteratura
,
ecc
.
-
-
assai
prima
che
si
abbia
,
col
secolo
XIV
,
in
Italia
,
il
cosiddetto
rinnovamento
dell
'
antichità
classica
;
e
si
vanta
,
invece
,
la
nuova
«
latinità
»
della
Francia
dei
secoli
XII
XIII
,
e
si
citano
a
esempi
Ildeberto
di
Le
Mans
o
le
figure
anticheggianti
della
cattedrale
di
Reims
.
Ma
anche
in
affermazioni
di
questo
e
simil
genere
si
annida
un
grosso
equivoco
.
Non
v
'
è
certo
alcun
dubbio
che
lo
spirito
d
'
osservazione
della
realtà
,
della
natura
,
fosse
vivo
già
negli
scrittori
e
negli
artisti
medievali
:
e
ne
derivano
precise
,
minute
,
colorite
descrizioni
e
raffigurazioni
di
uomini
e
cose
,
condotte
con
uno
scrupolo
di
riproduzione
veristica
ch
'
è
difficile
immaginare
maggiore
{
si
pensi
ai
fabliaux
o
all
'
intromettersi
del
particola
re
realistico
nelle
stesse
sacre
rappresentazioni
)
.
Ma
questa
aderenza
alla
realtà
sensibile
è
ancora
e
sempre
di
carattere
sensitivo
,
non
concettuale
,
è
tuttora
immediata
e
non
riflessa
;
perciò
è
limitata
al
particolare
,
all
'
episodico
:
se
«
realistico
»
è
il
particolare
,
non
«
realistica
»
è
la
concezione
d
'
insieme
,
dal
momento
che
il
primo
motore
della
vita
e
della
storia
umana
è
posto
fuori
del
mondo
,
e
i
destini
degli
uomini
sono
determinati
,
sempre
,
dalla
volontà
di
Dio
.
La
sensibilità
è
«
umana
»
e
«
terrena
»
;
ma
lo
spirito
si
alimenta
di
una
vita
interiore
che
ha
il
suo
centro
fuori
della
città
terrena
e
dell
'
umanità
carnale
.
In
nessun
campo
,
forse
,
è
più
immediatamente
e
facilmente
percepibile
la
differenza
profonda
fra
i
due
«
realismi
»
che
nella
storiografia
:
al
cronista
medievale
il
qua
le
accumula
,
magari
,
i
particolari
veristici
e
si
compiace
,
nell
'
episodio
,
di
naturalistica
vivezza
di
colori
,
ma
poi
,
nel
guardar
dall
'
alto
il
corso
delle
vicende
umane
,
vede
,
ovunque
,
arbitra
suprema
,
la
mano
di
Dio
,
si
contrappongono
i
grandi
storici
fiorentini
del
Rinascimento
,
che
possono
anche
compiacersi
meno
di
rifiniture
veristiche
,
ma
che
creano
un
quadro
d
'
insieme
tutto
e
continuamente
sorretto
dal
senso
della
realtà
umana
,
della
volontà
de
gli
individui
singoli
che
con
i
loro
interessi
e
le
loro
passioni
tessono
la
trama
della
storia
universale
.
A
un
verismo
naturalistico
,
puramente
descrittivo
,
che
consta
di
frammenti
e
manca
,
potremmo
dire
,
di
prospettiva
-
e
caratteristica
del
cronista
o
comunque
scrittore
medie
vale
è
precisamente
il
cumulo
dei
minuti
particolari
,
giustapposti
-
si
sostituisce
un
«
realismo
»
concettuale
,
che
può
anche
trascurare
il
verismo
di
un
particolare
,
essere
meno
«
fotografico
»
,
proprio
perché
la
vivezza
impressionistica
di
un
particolare
isolato
ha
assai
minor
rilievo
e
importanza
in
un
quadro
tutto
dominato
dal
senso
del
la
realtà
umana
.
E
basti
confrontare
,
per
esempio
,
la
descrizione
di
Carlomagno
ch
'
è
in
Eginardo
,
con
la
descrizione
di
Clemente
VII
ch
'
è
nel
Guicciardini
:
nel
primo
v
'
è
lo
sforzo
di
ritrarre
il
protagonista
cogliendo
l
'
un
dopo
l
'
altro
i
vari
aspetti
della
sua
personalità
,
fisica
anzi
tutto
(
e
si
osservino
la
minuzia
di
Eginardo
nel
descrivere
il
corpo
e
l
'
abbigliamento
di
Carlomagno
)
,
ma
in
pari
tempo
v
'
è
l
'
incapacità
di
raggruppare
le
singole
osservazioni
in
un
tutto
organico
;
nell
'
altro
,
il
rapido
,
sicuro
,
potente
tratteggiamento
della
personalità
del
pontefice
,
colto
-
-
si
noti
-
-
esclusivamente
nel
suo
carattere
e
nelle
su
doti
spirituali
e
morali
,
laddove
i
particolari
fisici
sono
lasciati
da
parte
.
Qui
,
pertanto
,
è
in
nuce
tutto
lo
storico
,
la
cui
concezione
di
una
vicenda
determinata
puramente
da
motivi
umani
è
perfettamente
espressa
e
riassunta
dall
'
analisi
dei
personaggi
e
dei
loro
motivi
d
'
azione
;
nel
cronista
medievale
invece
il
ritrattar
le
fattezze
fisiche
di
questo
o
quel
principe
è
,
ancora
,
pura
esteriorità
,
elemento
decorativo
e
ornamentale
di
un
edificio
che
è
costruito
da
un
altro
,
e
ben
più
alto
,
artefice
.
Non
diversamente
le
preoccupazioni
dei
pubblicisti
medievali
di
cogliere
e
additare
norme
che
si
confacciano
alla
vita
pratica
,
alla
realtà
politica
,
non
impediscono
che
il
«
realismo
»
delle
loro
speculazioni
sia
del
tutto
diverso
dal
«
realismo
»
di
un
Machiavelli
,
il
quale
,
per
primo
,
afferma
la
necessità
e
validità
della
politica
,
come
sfera
di
attività
autonoma
al
di
là
del
bene
e
del
male
,
senza
fini
estranei
da
quelli
che
le
sono
imposti
dalla
sua
stessa
natura
,
e
per
primo
svincola
lo
stato
dai
presupposti
e
dalle
finalità
di
carattere
metafisico
a
cui
per
l
'
innanzi
esso
era
stato
legato
.
Ma
anche
a
riguardar
l
'
arte
e
le
sue
manifestazioni
,
si
perviene
a
conclusioni
identiche
.
Anche
qui
altro
è
il
particolare
naturalistico
e
altro
l
'
ispirazione
d
'
insieme
,
altro
l
'
aderire
della
sensibilità
alla
natura
e
alla
vita
terrena
e
altro
l
'
affiato
mistico
da
cui
sgorga
la
«
fede
»
del
l
'
artista
:
l
'
artefice
medievale
crea
a
gloria
di
Dio
e
cerca
,
secondo
si
esprime
Teofilo
,
di
«
far
lodare
il
Creatore
nella
sua
creatura
,
Dio
nelle
sue
opere
»
,
e
vuole
infondere
nella
sua
opera
un
contenuto
morale
,
né
più
né
me
no
del
cronista
che
scrive
per
ammonire
gli
uomini
a
di
sprezzare
le
incerte
e
labili
cose
terrene
e
a
evitar
la
superbia
,
e
del
poeta
che
nel
significato
allegorico
vede
il
vero
ed
utile
frutto
della
sua
fatica
;
laddove
l
'
artista
del
Quattrocento
,
già
ben
consapevole
del
valore
in
sé
del
l
'
opera
sua
,
già
convinto
che
l
'
uomo
è
capace
da
se
stesso
di
ogni
miracolo
,
si
applicherà
soltanto
,
secondo
che
detta
l
'
Alberti
,
a
conoscere
il
vero
e
,
sulla
base
di
preci
se
conoscenze
,
a
creare
un
'
opera
«
bella
»
,
immortale
,
che
gli
dia
gloria
presso
gli
uomini
.
Dov
'
è
appunto
la
novità
essenziale
del
Rinascimento
:
il
suo
cosiddetto
«
realismo
»
conduce
,
come
nell
'
arte
e
nelle
lettere
,
così
nel
la
scienza
,
nella
teoria
politica
e
nella
storiografia
,
all
'
affermazione
del
valore
autonomo
,
indipendente
da
premesse
e
fini
metafisici
,
e
dell
'
opera
d
'
arte
e
della
politica
e
della
scienza
e
della
storia
,
con
una
linea
di
sviluppo
continua
che
dall
'
Alberti
prosegue
nel
Machiavelli
,
nell
'
Ariosto
e
nel
Galilei
;
conduce
cioè
allo
sbriciolamento
della
concezione
del
mondo
tipica
del
Medioevo
,
in
cui
nessuna
forma
di
attività
umana
può
esser
considerata
a
sé
fuor
del
nesso
con
l
'
insieme
.
All
'
allegoria
si
risponde
col
molto
noto
precetto
dell
'
arte
per
l
'
arte
:
e
sono
due
mondi
essenzialmente
diversi
.
In
questi
due
mondi
è
infine
ovvio
che
molto
diversi
siano
il
culto
e
l
'
influsso
dell
'
antichità
classica
.
Vivissima
,
certo
,
l
'
eco
di
Roma
antica
anche
nel
Medioevo
:
ma
quest
'
eco
non
tocca
ancora
nell
'
intimo
l
'
anima
degli
uomini
,
che
hanno
la
propria
attività
spirituale
incardinata
su
ben
diversa
base
.
Poeti
e
scrittori
classici
offrono
,
a
dovizia
,
materia
per
considerazioni
,
soprattutto
per
quegli
exempla
che
sono
tipiche
espressioni
della
mentalità
medievale
:
ma
il
loro
spirito
,
le
loro
concezioni
restano
assenti
e
,
se
mai
,
si
ha
invece
il
travestimento
di
un
'
anima
pagana
in
veste
cristiana
(
esempio
classico
,
Virgilio
)
.
Persino
quando
l
'
artista
medievale
sembri
maggiormente
subire
l
'
influsso
di
opere
d
'
arte
classiche
,
e
si
palesi
netta
l
'
imitazione
stilistica
,
persino
allora
sotto
un
manto
simile
si
avverte
il
pulsare
di
un
diverso
sentire
:
come
accade
proprio
per
una
delle
opere
di
più
vantata
classicità
,
la
Visitazione
della
cattedrale
di
Reims
,
dove
l
'
apparente
assimilazione
delle
figure
a
quelle
della
statua
ria
antica
non
osta
a
che
esse
rimangano
profondamente
«
gotiche
»
per
il
soffio
ispiratore
che
le
ha
create
(
cfr
.
E
.
PANOFSKY
F
.
SAXL
,
Classical
Mythology
in
Mediaeval
Art
,
in
«
Metropolitan
Museum
Studies
»
,
IV
,
pp
.
166
sgg
.
)
.
Senza
dubbio
,
nel
secolo
XII
Roma
classica
ha
seguaci
entusiasti
e
devoti
,
che
si
professano
zelatori
degli
antichi
a
dispetto
dei
cani
e
dei
porci
(
Pietro
di
Blois
)
:
ma
la
diversità
di
sentire
fra
le
due
epoche
appare
chiaramente
quando
si
paragoni
lo
stato
d
'
animo
di
un
Ildeberto
di
Le
Mans
,
che
pure
è
il
tipico
rappresentante
del
classicismo
francese
del
secolo
XII
,
a
quello
di
un
Cola
di
Rienzo
,
il
rimpianto
del
primo
per
la
decadenza
della
città
eterna
alla
volontà
del
secondo
di
ricreare
una
nuova
Roma
,
degna
dell
'
antica
.
Che
è
proprio
lo
stato
d
'
animo
peculiare
del
Rinascimento
nella
sua
più
alta
espressione
:
agire
,
in
conformità
di
quanto
s
'
è
appreso
dagli
antichi
;
imbeversi
,
non
puramente
delle
loro
frasi
,
ma
del
loro
spirito
,
e
credere
di
non
essere
degni
di
vivere
se
non
si
rinnovano
i
loro
fasti
.
Al
«
vix
scio
quae
fuerim
,
vix
Romae
Roma
recordor
,
vix
sinit
occasus
,
vel
meminisse
mei
...
»
di
Ildeberto
di
Le
Mans
risponde
Cola
col
suo
dichiararsi
non
degno
di
vivere
«
si
,
quae
legendo
didiceram
,
non
aggrederer
exercendo
»
(
COLA
DI
RIENZO
,
Briefwechsel
,
ed
.
Burdach
,
p
.
204
)
.
L
'
antichità
classica
,
cioè
,
da
mezzo
e
strumento
di
una
vita
spirituale
che
trae
il
suo
stimolo
da
altra
fonte
,
da
ornamento
esteriore
,
si
conna
tura
con
lo
spirito
e
la
sensibilità
stessa
degli
uomini
.
È
,
come
fu
detto
,
questione
di
modo
di
vedere
,
non
di
di
versa
materia
(
E
.
FARAL
,
Recherches
sur
les
sources
latines
des
contes
et
romans
courtois
du
Moyen
Age
,
Paris
1913
,
p
.
VIII
)
:
ma
nella
storia
dello
spirito
umano
quel
che
importa
è
proprio
il
«
come
»
,
non
il
«
quanto
»
.
III
Certo
,
non
subito
,
gli
italiani
pervennero
a
foggiarsi
quel
nuovo
modo
di
concepire
e
intuire
la
vita
e
la
storia
,
che
avrebbe
poi
caratterizzata
la
loro
civiltà
;
e
il
nuovo
«
come
»
,
non
sbocciò
improvviso
,
ma
costituì
invece
l
'
epilogo
di
un
lungo
,
faticoso
e
talora
contraddittorio
svolgimento
spirituale
,
in
cui
per
gran
tempo
continuarono
a
frammischiarsi
motivi
del
pensiero
e
del
sentire
medievali
e
motivi
nuovi
,
di
cui
solo
a
mano
a
mano
l
'
uomo
divenne
pienamente
consapevole
.
Fu
la
graduale
conquista
di
un
proprio
mondo
spirituale
da
parte
di
chi
aveva
,
già
prima
,
dato
nuove
basi
alla
propria
attività
pratica
e
alla
propria
vita
quotidiana
.
Era
infatti
una
società
nuova
,
quella
ch
'
era
venuta
affermandosi
tra
il
secolo
XII
e
il
XIII
nell
'
Italia
,
e
specialmente
nell
'
Italia
settentrionale
e
centrale
.
Rovinata
a
basso
,
politicamente
ed
economicamente
,
la
feudalità
;
disfattasi
la
potenza
politica
dei
vescovi
,
dominavano
ora
la
scena
le
classi
cittadine
che
avevano
costruito
il
comune
,
domati
i
feudatari
vicini
e
lontani
,
strappato
all
'
Impero
il
riconoscimento
della
propria
autonomia
e
battagliato
contro
le
pretese
ecclesiastiche
,
piccole
e
grandi
;
che
avevano
dilatato
la
propria
sfera
d
'
azione
,
abbracciando
con
i
traffici
Oriente
e
Occidente
,
e
dato
alla
propria
vita
un
indirizzo
e
un
ritmo
,
a
carattere
mercantile
industriale
,
ben
diversi
da
quelli
d
'
un
tempo
.
Come
ceto
sociale
,
era
già
ben
robusto
e
capace
quello
che
,
con
termine
moderno
,
chiameremmo
borghesia
,
ormai
differenziato
nettamente
dai
chierici
e
dai
feudatari
-
-
anche
se
più
volte
avesse
accolto
e
accogliesse
nel
suo
grembo
uomini
delle
vecchie
casate
-
-
e
che
,
nel
suo
bisogno
di
nuove
leggi
,
già
aveva
cominciato
a
ricorrere
e
sempre
più
ricorreva
,
alle
fonti
di
un
diritto
diverso
da
quello
germanico
,
edificando
i
suoi
ordinamenti
sulla
base
del
rifiorente
diritto
romano
,
creando
cioè
un
sistema
politico
sociale
su
fondamenta
ben
diverse
da
quelle
del
mondo
cristiano
medievale
.
Questo
gagliardo
e
irrompente
fiotto
di
vita
nuova
trovava
presso
che
subito
una
sua
prima
,
grande
espressione
morale
e
spirituale
,
ma
non
sul
terreno
della
cultura
cosiddetta
laica
,
bensì
su
terreno
prettamente
religioso
;
e
se
all
'
origine
stessa
del
risorgere
di
più
d
'
una
delle
città
italiane
(
Milano
,
per
esempio
)
già
era
stato
connesso
col
fatto
politico
il
fatto
religioso
,
onde
fautori
della
riforma
della
Chiesa
e
fautori
del
nuovo
ordinamento
cittadino
erano
stati
per
certo
tempo
tutt
'
uno
,
ora
,
all
'
inizio
del
secolo
XIII
,
era
la
società
italiana
tutta
quanta
che
appalesava
le
sue
rinnovate
esigenze
di
vita
morale
nel
movimento
francescano
.
Che
era
il
grande
apporto
della
nuova
nazione
italiana
alla
storia
della
religiosità
europea
,
nei
secoli
immediatamente
precedenti
germinata
e
alimentata
sopra
tutto
in
altre
terre
(
si
pensi
al
movimento
cluniacense
)
;
e
che
,
precisamente
per
questo
,
testimoniava
di
un
nuovo
fluire
di
vita
nella
penisola
,
ancora
dominata
,
culturalmente
,
dalla
civiltà
d
'
oltralpe
e
ancor
attenta
a
ricalcar
le
orme
della
poesia
provenzale
o
della
cultura
francese
del
secolo
XII
,
ma
già
capace
di
esprimere
i
propri
ideali
di
vita
attraverso
la
parola
del
santo
d
'
Assisi
.
Ideali
tuttora
religiosi
,
e
sotto
tal
riguardo
,
quindi
,
non
diversi
da
quelli
che
da
secoli
avevano
tenuto
su
la
speranza
e
l
'
attesa
delle
nazioni
occidentali
:
e
pure
già
questa
religiosità
si
coloriva
di
tonalità
proprie
,
e
nel
suo
rinunziare
alla
discussione
teologica
per
affisarsi
interamente
nei
valori
morali
,
nel
suo
gioioso
avvicinare
e
gli
uomini
e
le
creature
e
la
natura
,
nel
suo
bisogno
di
amore
anche
per
le
cose
terrene
,
v
'
era
il
segno
di
una
potente
vita
interiore
nuova
,
che
chiedeva
di
rinnovare
,
in
sé
,
ma
con
più
fresco
e
immediato
sentire
,
le
vecchie
credenze
.
Quello
slancio
verso
l
'
avvenire
,
quell
'
attesa
escatologica
,
che
avevano
trovato
il
loro
vate
nell
'
abate
Gioacchino
,
che
riapparivano
nel
movimento
francescano
e
,
talora
con
violenza
quasi
rivoluzionaria
,
ispiravano
l
'
azione
dei
molti
gruppi
ereticali
dell
'
Italia
dugentesca
,
traducevano
veramente
,
nell
'
ambito
religioso
,
quel
bisogno
di
guardar
innanzi
a
sé
,
di
aver
fede
nel
futuro
,
da
cui
la
società
italiana
riceveva
sprone
e
incitamento
nella
sua
vita
quotidiana
,
sia
che
si
trattasse
di
muover
alla
conquista
di
nuovi
mercati
nell
'
Oriente
,
sia
che
si
trattasse
di
fronteggiare
ancora
una
volta
l
'
imperatore
e
i
suoi
uffiziali
;
e
l
'
anelito
al
ritorno
verso
la
purezza
dei
primi
tempi
cristiani
,
che
si
accomunava
nel
movimento
religioso
con
l
'
attesa
escatologica
,
poteva
bene
riassumere
anche
quello
che
,
nella
vita
pratica
delle
città
italiane
,
era
bisogno
di
reagire
all
'
immediato
passato
e
alle
sue
istituzioni
politiche
e
di
rifarsi
più
lontano
,
più
indietro
nella
storia
per
trovare
norme
giuridiche
sicure
e
degne
.
Che
anzi
,
se
in
progresso
di
tempo
l
'
affiato
religioso
si
sarebbe
illanguidito
e
i
nuovi
pensieri
e
aspirazioni
avrebbero
cercato
altra
cornice
in
cui
rivelarsi
,
quelle
due
caratteristiche
fondamentali
si
sarebbero
mantenute
inalterate
nella
loro
essenza
,
anche
se
trasferite
su
terreno
prettamente
umano
:
anche
più
tardi
,
come
vedremo
,
l
'
uomo
del
Rinascimento
avrà
,
a
guisa
di
contrassegni
peculiari
,
da
un
lato
l
'
attesa
e
la
fede
nel
futuro
,
dall
'
altro
la
fede
nel
ritorno
a
un
modello
,
già
avveratosi
nella
storia
passata
.
Il
mito
del
«
rinnovo
»
,
del
ritorno
ai
«
principî
»
,
trapasserà
,
sia
pure
entro
ben
diversa
cornice
e
con
ben
diverso
sentire
,
da
san
Francesco
a
Machiavelli
:
onde
,
in
un
certo
senso
,
tutta
l
'
opera
del
Rinascimento
non
sarà
se
non
il
trasferimento
nell
'
ambito
prettamente
umano
di
idee
che
prima
avevano
trovato
la
loro
ragion
d
'
essere
nella
fede
in
Dio
.
Ma
un
simile
processo
di
trasposizione
di
valori
è
assai
lento
;
e
,
trovata
la
manifestazione
religiosa
della
sua
nuova
vita
,
l
'
anima
italiana
stenta
assai
più
a
crearsi
un
proprio
mondo
di
valori
umani
.
C
'
è
,
sulla
fine
del
secolo
,
il
tentativo
almeno
di
affermare
una
«
nuova
coscienza
e
religiosità
laica
,
che
propone
ed
esalta
il
valore
morale
dei
sentimenti
umani
»
(
N
.
SAPEGNO
,
Il
dolce
stil
nuovo
,
in
«
La
cultura
»
,
1930
)
in
quella
scuola
del
dolce
stil
nuovo
,
che
,
poetando
in
volgare
,
nella
lingua
appena
appena
nata
,
s
'
accentra
nell
'
analisi
del
sentire
umano
e
fa
perno
di
tutto
l
'
uomo
con
le
sue
passioni
e
giunge
perfino
,
con
Guido
Cavalcanti
,
alle
soglie
del
dubbio
religioso
;
ma
lo
stesso
scientificismo
e
logicismo
dell
'
analisi
,
onde
solo
a
tratti
balena
luce
di
poesia
,
e
la
preoccupazione
casistica
rivelano
che
il
dissidio
fra
le
aspirazioni
nuove
dell
'
animo
e
la
forma
mentis
d
'
un
tempo
non
è
ancor
superato
.
Partendo
dallo
stil
nuovo
Dante
perviene
anzi
alla
Commedia
e
alla
Monarchia
,
vale
a
dire
al
pieno
ritorno
ideologico
al
mondo
etico
religioso
politico
del
Medioevo
:
ma
proprio
nell
'
opera
dantesca
si
possono
cogliere
le
evidenti
tracce
di
quel
processo
di
creazione
di
un
mondo
nuovo
,
sentito
di
già
,
ma
non
ancora
pensato
,
che
caratterizza
la
vita
morale
dell
'
Italia
d
'
allora
;
proprio
in
essa
è
dato
percepire
uno
stato
d
'
animo
non
più
sempre
consono
al
pensiero
e
alla
dottrina
.
E
più
manifestamente
ciò
si
verifica
per
la
concezione
politica
,
in
cui
il
sentimento
,
nuovo
,
della
«
nazione
»
italiana
-
-
un
sentimento
che
caratterizzerà
poi
il
Rinascimento
e
che
in
Dante
ha
la
sua
prima
,
potente
espressione
-
-
vien
tuttavia
coordinato
e
frenato
nel
mito
dell
'
impero
universale
,
in
un
mito
cioè
che
il
Rinascimento
finirà
con
il
rifiutare
;
o
,
anche
,
nell
'
estetica
,
incardinata
sì
sempre
sul
concetto
del
valore
non
autonomo
dell
'
arte
,
mezzo
per
la
scienza
e
per
la
morale
(
si
ripensi
al
Convivio
)
,
e
pur
già
ravvivata
da
un
fresco
affiato
per
quell
'
esaltazione
del
volgare
,
che
è
,
ancora
,
senso
di
«
nazionalità
»
,
e
soprattutto
permeata
da
una
coscienza
così
alta
della
dignità
dell
'
arte
e
dell
'
artista
da
condurre
poi
a
un
'
affermazione
di
principio
ch
'
è
bene
e
di
già
affermazione
del
valore
a
se
dell
'
ispirazione
artistica
(
«
I
'
mi
son
un
,
che
quando
/
Amor
mi
spira
,
noto
,
e
a
quel
modo
/
ch
'
e
'
ditta
dentro
vo
significando
»
,
Purgatorio
,
XXIV
,
5254
)
.
Ma
,
più
che
in
particolari
aspetti
,
il
nuovo
trapela
essenzialmente
nell
'
altissimo
concetto
della
dignità
umana
e
del
valore
dell
'
azione
umana
:
onde
si
continua
anche
nel
poeta
il
tentativo
degli
stilnovisti
di
creare
una
moralità
«
laica
»
,
che
trova
la
sua
base
teorica
nel
concetto
di
«
nobiltà
»
e
la
sua
giustificazione
dottrinale
nel
libro
IV
del
Convivio
.
Certo
,
la
fede
nell
'
uomo
resta
tuttavia
consacrata
dalla
fede
in
Dio
;
ne
il
senso
potentissimo
del
valore
individuale
,
umano
,
conduce
ancora
a
dissidio
con
il
senso
della
grazia
divina
:
ancor
fusi
l
'
uno
nell
'
altro
essi
appaiono
nella
volontà
di
riforma
che
anima
il
poeta
,
riforma
politica
e
riforma
morale
,
dell
'
Impero
e
della
Chiesa
,
dell
'
uomo
singolo
come
della
collettività
.
Ma
,
sebbene
ideologicamente
involto
in
dottrine
e
schemi
del
passato
,
v
'
è
nel
pensiero
e
nello
stato
d
'
animo
dantesco
quello
stesso
lievito
che
già
ha
contrassegnato
il
movimento
francescano
e
che
è
indice
,
precisamente
,
del
sorgere
di
una
nuova
forza
creatrice
di
civiltà
:
vale
a
dire
la
volontà
di
azione
,
di
riforma
del
mondo
attuale
in
vista
di
un
futuro
migliore
,
una
volontà
per
cui
nel
poeta
il
ricordo
di
Roma
antica
già
perde
il
carattere
di
una
semplice
,
patetica
rimembranza
del
tempo
che
fu
e
diviene
invece
incitamento
ad
agire
,
sulle
orme
del
modello
-
-
non
diversamente
da
come
l
'
esaltazione
delle
pure
virtù
cristiane
,
anziché
limitarsi
a
un
semplice
accenno
elogiativo
o
a
rimpianto
,
si
traduce
nell
'
aspra
invettiva
contro
la
Chiesa
mondana
e
il
papato
degenere
.
In
siffatto
atteggiamento
,
sia
che
ne
derivi
l
'
invettiva
contro
«
Alberto
tedesco
»
,
sia
che
ne
derivi
lo
sdegno
contro
l
'
avarizia
del
papato
,
è
veramente
compendiata
quella
che
costituisce
la
prima
fase
del
Rinascimento
italiano
:
l
'
erompere
delle
nuove
,
giovani
forze
che
danno
vita
alla
nazione
italiana
,
e
che
cominciano
a
trasfondere
la
loro
pienezza
di
energie
dal
terreno
puramente
pratico
al
terreno
delle
ideologie
e
dei
miti
,
senza
ancor
ripudiare
concetti
e
schemi
teorici
delle
età
precedenti
,
ma
gli
uni
egli
altri
ravvivando
per
il
fatto
stesso
di
proporseli
a
programma
d
'
azione
immediata
,
di
trasformarli
da
semplice
pensamento
in
mito
.
Ed
è
questa
,
la
caratteristica
anche
di
Cola
di
Rienzo
,
dell
'
uomo
cioè
che
,
in
un
certo
senso
,
più
rimane
vicino
alle
aspirazioni
dantesche
,
e
che
(
a
prescindere
dall
'
elemento
prettamente
personale
,
dallo
spirito
particolare
del
tribuno
,
con
quei
suoi
subitanei
ed
eccessivi
abbandoni
a
visioni
fantastiche
)
contrassegna
anch
'
egli
l
'
età
sua
:
anche
qui
,
senso
nazionale
e
volontà
di
riforma
,
morale
e
politica
,
si
riconnettono
a
un
profondo
e
sincero
stato
d
'
animo
religioso
;
anche
qui
,
il
rinnovamento
vien
concepito
non
come
mero
rinnovamento
individuale
,
bensì
collettivo
;
anche
qui
,
infine
,
l
'
idea
di
Roma
appare
in
veste
sostanzialmente
diversa
dall
'
idea
medievale
e
da
semplice
vagheggiamento
di
un
passato
ormai
tramontato
si
trasforma
in
volontà
di
far
rivivere
la
grandezza
d
'
un
tempo
,
di
costruire
l
'
avvenire
sulla
base
e
per
mezzo
di
un
ritorno
alle
virtù
d
'
un
tempo
.
Il
tono
religioso
della
predicazione
del
tribuno
;
la
sua
volontà
di
rinnovare
insieme
la
Chiesa
e
lo
Stato
;
la
sua
fede
nel
prossimo
avvento
di
un
'
umanità
migliore
,
sotto
il
segno
di
Cristo
;
in
parte
,
anche
,
talune
delle
sue
stesse
fantasticherie
e
delle
sue
stesse
ingenuità
:
tutto
ciò
riflette
assai
bene
lo
stato
d
'
animo
e
di
spirito
del
primo
Trecento
,
ancora
animato
da
una
volontà
di
organizzazione
sociale
politico
morale
,
che
poi
verrà
meno
in
seguito
,
quindi
preoccupato
di
una
«
riforma
»
di
valore
e
carattere
collettivo
,
e
,
nello
stesso
tempo
,
ancora
strettamente
legato
non
pure
all
'
idea
religiosa
,
ma
a
dottrine
e
persino
a
superstizioni
e
a
leggende
del
non
lontano
passato
.
S
'
è
detto
superstizioni
e
leggende
:
e
di
tal
genere
sono
,
per
esempio
,
le
credenze
magiche
e
astrologiche
che
hanno
tuttora
un
peso
così
grande
nella
vita
dei
singoli
come
delle
folle
,
e
che
si
esprimono
non
pure
nei
pensieri
e
atti
di
un
Cola
,
ma
anche
nello
spirito
di
un
uomo
come
Giovanni
Villani
ch
'
è
,
per
tanti
riguardi
,
proprio
l
'
opposto
dell
'
immaginoso
tribuno
romano
e
che
vien
riguardato
piuttosto
come
tipico
rappresentante
della
borghesia
venuta
su
tra
gli
affari
,
calcolatrice
e
pratica
,
con
i
piedi
ben
fermi
sulla
terra
e
poco
incline
ai
voli
dell
'
immaginazione
e
alle
teatralità
alla
Rienzo
.
Calcolatore
ed
equilibrato
e
ben
attento
alla
terra
,
certo
,
il
Villani
:
ma
pure
in
lui
,
allato
di
atteggiamenti
che
preannunciano
una
nuova
visione
del
mondo
,
allato
del
sempre
crescente
interesse
per
l
'
uomo
e
le
cose
umane
,
sussistono
i
vecchi
motivi
,
di
stampo
agostiniano
,
sulla
vita
terrena
e
sul
volere
divino
,
sussistono
schemi
dottrinali
,
e
credenze
ingenue
del
passato
.
E
nulla
più
caratterizza
questo
tipico
borghese
del
Trecento
del
fatto
che
,
mentre
all
'
atto
concreto
egli
osserva
con
gioia
il
fiorir
della
vita
economica
e
ne
esalta
le
singole
forme
,
sino
ad
introdurre
nella
storiografia
questo
nuovo
elemento
(
si
rammenti
la
celebrazione
del
fiorino
d
'
oro
)
,
quando
poi
si
trova
a
dover
giustificare
,
in
linea
di
principio
,
quella
stessa
attività
,
non
sa
far
altro
che
rifugiarsi
nei
vecchi
assiomi
,
dai
quali
sgorga
non
il
riconoscimento
,
ma
la
condanna
o
,
al
massimo
,
la
diffidente
tolleranza
di
commerci
e
traffici
e
cambi
.
Veramente
classico
esempio
di
un
fatto
pratico
che
non
riesce
ancora
a
divenir
coscienza
teorica
,
principio
di
vita
:
il
mercante
agisce
in
effetti
secondo
la
ragion
mercantile
,
ma
quando
si
rivolge
in
se
stesso
e
si
chiede
il
perché
della
propria
vita
,
non
ritrova
una
risposta
che
lo
assicuri
,
e
si
rifugia
in
norme
morali
che
traggono
la
loro
vitalità
da
ben
altra
fonte
.
Siffatto
dissidio
fra
coscienza
umana
e
coscienza
religiosa
,
fra
desiderio
dell
'
abbandonarsi
alla
gioia
del
vivere
e
far
della
terra
e
degli
uomini
e
delle
passioni
umane
il
centro
di
ogni
moto
dell
'
animo
,
e
senso
-
-
persistente
-
-
del
peccato
e
della
colpa
,
della
miseria
originaria
dell
'
umanità
e
della
necessaria
aspirazione
verso
un
altro
mondo
non
contaminato
,
doveva
venir
espresso
con
tutta
chiarezza
,
per
la
prima
volta
,
dal
Petrarca
.
In
lui
non
solo
continua
a
balenare
,
a
tratti
,
quel
mito
del
rinnovamento
universale
,
su
base
essenzialmente
religioso
morale
politica
,
che
,
come
s
'
è
visto
,
ha
costituito
sino
a
quel
momento
il
carattere
saliente
della
vita
spirituale
italiana
;
ma
,
quel
ch
'
è
più
,
il
senso
del
peccato
-
-
questa
nota
fondamentale
del
cristianesimo
-
-
riappare
con
un
'
intensità
psicologica
e
una
vivacità
passionale
sconosciute
alla
più
equilibrata
e
sicura
coscienza
dantesca
,
e
la
ben
architettata
,
serena
e
raziocinante
dottrina
tomistica
cede
il
luogo
al
pieno
riaffermarsi
del
più
inquieto
,
torbido
anche
,
e
angoscioso
stato
d
'
animo
di
agostiniano
influsso
,
per
cui
unico
e
assillante
rimane
il
problema
della
salvezza
dell
'
anima
.
Non
a
caso
il
Petrarca
scende
in
polemica
contro
la
«
scienza
»
,
contro
gli
averroisti
;
non
a
caso
insiste
sulla
necessità
di
accettare
«
con
umile
fede
»
i
segreti
della
natura
,
i
misteri
di
Dio
,
che
gli
stolti
credono
di
potere
spiegare
;
non
a
caso
alla
scienza
egli
contrappone
la
poesia
e
la
retorica
,
vale
a
dire
al
ragionamento
e
alla
teoria
logicizzante
il
momento
dell
'
ispirazione
:
necessaria
conseguenza
di
un
atteggiamento
fondamentale
che
chiede
all
'
animo
,
anzitutto
,
e
non
al
pensiero
il
segreto
della
vita
.
Ma
proprio
in
questo
si
rivela
la
crisi
ormai
aperta
:
in
questo
rinunziare
a
un
'
inquadratura
teorica
d
'
insieme
per
ridursi
a
lottare
contro
se
stessi
nello
sforzo
di
domare
la
carne
,
in
questo
accentrare
tutto
nell
'
uomo
,
nell
'
animo
umano
,
in
questo
insistente
psicologismo
che
,
superata
or
mai
la
casistica
intellettualistica
degli
stilnovisti
,
sempre
più
concentra
gli
sguardi
sull
'
uomo
e
le
sue
passioni
.
L
'
uomo
nuovo
rinuncia
tuttora
a
risolvere
i
vari
perché
e
a
costruirsi
una
visione
della
vita
che
sia
in
piena
coerenza
con
il
suo
sentire
:
ma
già
in
scena
resta
lui
e
lui
solo
,
e
lo
stesso
suo
tormento
interno
,
fra
amore
e
morte
,
fra
gloria
e
umiltà
,
non
fa
se
non
metterlo
sempre
più
in
risalto
,
come
un
microcosmo
che
in
sé
contenga
ogni
cosa
degna
di
essere
studiata
.
E
che
del
problema
religioso
preoccupasse
intimamente
il
poeta
non
la
parte
dogmatica
,
bensì
solo
la
parte
morale
-
-
la
salvezza
dell
'
anima
-
-
era
un
altro
significativo
indizio
di
siffatto
umanizzarsi
del
mondo
:
anche
qui
,
non
a
caso
,
la
preoccupazione
religiosa
degli
uomini
del
Rinascimento
-
-
e
soprattutto
degli
umanisti
non
italiani
-
-
sarebbe
stata
anzitutto
preoccupazione
non
teologica
ma
morale
,
e
avrebbe
,
in
tal
modo
,
aperto
la
via
alla
Riforma
,
nel
suo
nucleo
originario
e
centrale
dominata
precisamente
dal
problema
della
salvezza
.
Così
profondo
era
il
senso
dell
'
uomo
come
personalità
singola
,
che
veramente
col
Petrarca
s
'
iniziava
l
'
aspirazione
alla
humanitas
,
peculiare
del
Rinascimento
:
nel
progressivo
disfacimento
della
volontà
di
riforma
universale
,
dell
'
escatologismo
collettivo
,
cominciava
ad
emergere
la
volontà
di
creare
,
non
un
'
umanità
o
un
popolo
,
ma
degli
uomini
nuovi
,
di
creare
il
vir
,
con
un
processo
di
autoelevazione
morale
e
spirituale
,
di
continuo
arricchimento
interiore
,
al
quale
doveva
anzitutto
servire
l
'
educazione
letteraria
e
che
doveva
trovare
nel
culto
del
bello
,
nella
politezza
della
forma
e
nell
'
accurata
conoscenza
del
pensiero
umano
la
sua
espressione
saliente
.
Ritrovamenti
eruditi
e
scoperte
antiquarie
,
culto
di
Cicerone
e
volontà
di
dissipare
gli
errori
e
la
rozzezza
medievali
ristudiando
daccapo
i
modelli
-
-
non
meri
modelli
senz
'
anima
,
ma
modelli
per
l
'
appunto
di
uomini
nella
pienezza
delle
loro
forze
spirituali
e
morali
-
-
erano
pertanto
non
semplici
esteriorità
,
non
bizantinismo
di
eruditi
,
bensì
naturale
sbocco
di
un
anelito
al
rinnovamento
che
,
sempre
meno
curando
la
collettività
e
sempre
più
il
singolo
,
continuava
pure
a
rimaner
fermo
nel
mito
del
rinnovo
e
del
modello
nel
passato
:
a
Cesare
-
-
simbolo
dell
'
Impero
e
vivo
,
in
tutta
la
tradizione
medievale
,
proprio
come
simbolo
assai
più
che
non
come
persona
concreta
-
-
si
sostituiscono
gli
«
eroi
»
di
Roma
repubblicana
,
e
anzitutto
gli
Scipioni
,
i
quali
vengono
scelti
a
rappresentare
non
il
mito
collettivo
,
bensì
il
mito
individuale
,
la
perfezione
del
singolo
;
ma
sussiste
la
fede
,
di
schietta
origine
religiosa
,
che
in
un
momento
della
storia
si
sia
già
rivelata
la
Verità
e
che
ad
esso
si
debba
pertanto
mirare
ove
si
voglia
progredire
;
e
questo
momento
-
-
modello
per
la
creazione
della
nuova
humanitas
-
-
è
rappresentato
da
Roma
e
dalla
Grecia
antiche
.
S
'
iniziava
per
tal
modo
l
'
Umanesimo
,
che
se
poté
talora
ridursi
a
opera
di
scrittori
di
secondo
e
terz
'
ordine
,
a
mera
formalità
,
a
imitazione
senz
'
anima
,
rimase
tuttavia
,
nell
'
insieme
,
contrassegnato
da
quelle
caratteristiche
che
il
Petrarca
aveva
già
dato
alla
sua
ammirazione
e
amore
per
gli
antichi
,
cioè
dal
desiderio
di
creare
,
se
non
un
'
umanità
,
almeno
uomini
migliori
,
prendendo
a
modello
e
incitamento
un
grande
passato
:
si
che
il
fervore
erudito
avrebbe
condotto
all
'
inizio
della
filologia
e
dell
'
archeologia
in
senso
moderno
,
avrebbe
cioè
creato
armi
potentissime
a
sussidio
dell
'
intelligenza
umana
,
completando
e
perfezionando
l
'
ideale
della
humanitas
e
influendo
con
ciò
profondamente
su
tutta
la
vita
e
tutta
l
'
educazione
europea
dei
secoli
venturi
.
Ma
poiché
la
humanitas
avrebbe
mantenuto
quella
nota
di
aristocratico
distacco
dal
comune
dei
mortali
;
poiché
le
sue
doti
peculiari
,
la
dignitas
sui
,
la
maturità
intellettuale
e
morale
ne
avrebbero
fatto
l
'
attributo
di
uomini
d
'
eccezione
e
,
allontanandola
dalla
«
umanità
»
naturale
,
l
'
avrebbero
posta
troppo
in
alto
per
le
masse
,
ne
sarebbe
derivato
alla
cultura
umanistica
quel
suo
carattere
di
cultura
di
circoli
ristretti
,
di
cultura
aristocratica
che
la
differenzia
profondamente
da
altri
movimenti
d
'
idee
e
ne
limita
d
'
assai
il
valore
«
sociale
»
,
proprio
a
differenza
di
quanto
era
successo
e
doveva
succedere
con
la
civiltà
cattolica
del
Medioevo
e
della
Controriforma
,
sempre
a
largo
contenuto
sociale
,
sempre
civiltà
di
masse
,
non
di
singoli
.
Nel
Petrarca
il
dissidio
fra
senso
dell
'
umano
e
senso
del
divino
era
rimasto
soprattutto
uno
stato
d
'
animo
,
un
fatto
psicologico
assai
più
che
non
ideologico
.
Ma
con
il
progressivo
rafforzarsi
del
senso
dell
'
individualità
il
dissidio
,
meno
acuto
e
in
più
d
'
un
caso
quasi
superato
come
fatto
di
coscienza
,
si
trasferiva
invece
precisamente
nel
campo
ideologico
,
dal
sentimento
al
pensiero
;
e
a
porre
il
problema
in
questa
luce
contribuiva
altresì
quel
progressivo
affermarsi
del
senso
della
natura
,
quel
bisogno
di
«
scienza
»
da
cui
erano
caratterizzate
le
generazioni
postpetrarchesche
.
E
qui
la
via
nuova
è
tracciata
soprattutto
dagli
artisti
e
dai
critici
d
'
arte
,
i
quali
dal
canone
fondamentale
dell
'
«
imitar
la
natura
»
derivano
i
corollari
della
conoscenza
«
scientifica
»
,
matematica
della
realtà
:
ottimo
artefice
può
essere
solo
colui
«
el
quale
arà
imparato
conoscere
li
orli
della
superficie
et
ogni
sua
qualità
»
(
Alberti
)
;
onde
il
valore
fondamentale
che
acquista
il
problema
della
prospettiva
-
-
il
centro
teorico
di
tutta
l
'
attività
artistica
del
Quattrocento
-
-
e
di
una
prospettiva
basata
su
precise
regole
geometriche
;
onde
,
in
seguito
,
lo
studio
anatomico
,
la
minuziosa
preparazione
tecnico
scientifica
dell
'
artista
,
che
giungerà
al
massimo
grado
con
Leonardo
.
Come
non
un
filosofo
,
bensì
un
poeta
aveva
per
primo
dato
pienezza
di
rilievo
alla
personalità
umana
e
alle
sue
passioni
,
così
non
scienziati
puri
-
-
in
questo
campo
,
i
passi
sono
ancora
assai
più
lenti
-
-
,
ma
artisti
rivelano
nuove
leggi
della
natura
:
altro
caratteristico
esempio
di
quel
prevalere
dell
'
immaginazione
sul
raziocinio
,
dell
'
ispirazione
artistica
sulla
deduzione
logica
,
che
contraddistingue
il
Rinascimento
e
che
gli
dà
un
«
tono
»
in
netta
antitesi
con
quello
che
sarà
il
tono
dell
'
Illuminismo
,
iniziato
invece
e
condotto
innanzi
sotto
gli
auspici
della
filosofia
e
della
scienza
,
non
dell
'
arte
.
Si
è
così
attuato
e
completato
quel
processo
di
immersione
nel
mondo
sensibile
,
nella
realtà
terrena
,
iniziatosi
con
l
'
apparizione
dell
'
uomo
nel
centro
della
scena
:
poiché
il
rivolgersi
verso
la
natura
non
vuol
più
dire
semplice
riproduzione
veristica
di
particolari
e
contemplazione
di
forme
esterne
-
-
com
'
era
avvenuto
da
tempo
-
-
,
bensì
e
soprattutto
orientamento
deciso
dello
spirito
verso
la
pura
realtà
terrena
,
oblio
del
senso
del
peccato
e
abbandono
invece
alla
dolcezza
del
vivere
,
che
permea
di
se
l
'
artefice
e
gl
'
ispira
tutta
l
'
opera
sua
,
rivolta
ormai
non
ad
honorem
Dei
,
ma
a
gloria
dell
'
artefice
stesso
e
a
letizia
degli
uomini
.
L
'
opera
d
'
arte
si
abbarbica
alla
terra
:
e
in
luogo
del
tentativo
di
evasione
verso
l
'
alto
,
si
ha
,
fin
nelle
chiese
,
nei
templi
di
Dio
,
la
ricerca
del
solido
contatto
con
la
terra
:
massa
a
linea
orizzontale
e
cupola
fan
rimanere
in
questo
mondo
,
non
avviano
il
pensiero
all
'
al
di
là
.
Il
Tempio
Malatestiano
di
Rimini
è
la
traduzione
architettonica
di
quella
«
dolcezza
del
vivere
»
che
l
'
Alberti
,
in
altro
momento
,
esalta
nel
dialogo
Della
Famiglia
.
Con
ciò
,
si
spezza
il
nesso
fra
l
'
attività
artistica
e
l
'
attività
morale
religiosa
:
la
prima
appare
ormai
avulsa
da
altri
legami
che
non
siano
quelli
,
intrinseci
,
imposti
dai
suoi
stessi
fini
,
libera
da
premesse
e
aspirazioni
metafisiche
,
attenta
solo
a
creare
l
'
opera
«
bella
»
;
e
,
come
fu
già
osservato
,
assai
prima
che
non
apparisse
il
politico
eroe
del
Machiavelli
,
apparve
l
'
artista
eroe
dell
'
Alberti
,
distaccato
dal
resto
dell
'
universo
,
solo
con
se
stesso
e
i
suoi
sogni
di
linea
,
di
forma
,
di
colore
(
cfr
.
L
.
VENTURI
,
Il
gusto
dei
primitivi
,
Bologna
1926
,
pp
.
1012
)
.
Prime
fra
le
vane
forme
di
attività
umana
,
poesia
e
arte
avevano
conquistato
la
coscienza
della
loro
autonomia
.
Ciò
significava
dunque
lo
sgretolamento
del
mondo
medievale
:
uno
sgretolamento
che
,
questa
volta
,
si
esprimeva
non
più
soltanto
come
fatto
psicologico
,
ma
come
fatto
ideologico
.
Ma
di
fronte
a
simili
esaltazioni
dell
'
uomo
e
della
sua
volontà
,
diveniva
grave
il
problema
dei
rapporti
fra
il
microcosmo
ch
'
è
l
'
uomo
e
Dio
;
non
diversamente
da
come
s
'
imponeva
l
'
altro
problema
dei
rapporti
fra
natura
e
Dio
e
uomo
,
tra
fato
e
fato
naturale
e
dignitas
hominis
,
o
,
per
dirla
con
termini
familiari
agli
scrittori
del
Rinascimento
,
tra
provvidenza
,
fortuna
e
virtù
.
Fu
il
grosso
problema
attorno
a
cui
si
travagliarono
i
pensatori
del
Quattrocento
,
da
Niccolò
da
Cusa
a
Pico
della
Mirandola
.
E
quel
senso
dell
'
uomo
e
della
sua
potenza
,
prima
rivelatosi
come
intuizione
poetica
e
artistica
,
venne
elaborato
sul
terreno
della
logica
,
coordinato
in
un
nuovo
sistema
che
ebbe
appunto
nell
'
uomo
,
nel
microcosmo
,
il
suo
centro
;
e
alla
rivelazione
petrarchesca
dell
'
anima
umana
e
delle
sue
passioni
,
alla
glorificazione
del
corpo
umano
,
in
pieno
rilievo
nello
spazio
,
che
era
il
succo
delle
tavole
di
un
Piero
della
Francesca
o
di
un
Mantegna
,
corrispose
l
'
esaltazione
della
«
dignitas
et
excellentia
hominis
»
che
da
Giannozzo
Manetti
si
continuò
fino
a
Pico
della
Mirandola
,
fino
al
Bovillo
:
ed
ecco
il
grido
della
conquista
,
da
parte
dell
'
uomo
,
del
mondo
:
«
Nostra
namque
,
hoc
est
humana
,
sunt
,
quoniam
ab
hominibus
effecta
,
quae
cernuntur
,
omnes
domus
,
omnia
oppida
,
omnes
urbes
,
omnia
denique
orbis
terrarum
aedificia
,
quae
nimirum
tanta
et
talia
sunt
,
ut
potius
angelorum
quam
hominum
opera
,
ob
magnam
quandam
eorum
excellentiam
,
iure
censeri
debeant
.
Nostrae
sunt
picturae
,
nostrae
sculpturae
,
nostrae
sunt
arte
,
nostrae
scientiae
,
nostrae
sapientiae
...
Nostrae
sunt
denique
...
omnes
adinventiones
,
nostra
omnia
diversarum
linguarum
ac
variarum
literarum
genera
...
Nostra
sunt
denique
omnia
machinamenta
...
Haec
quidem
et
coetera
huiusmodi
tot
ac
talia
undique
conspiciuntur
,
ut
mundus
et
eius
ornamenta
ab
omnipotenti
Deo
ad
usus
hominum
primo
inventa
institutaque
,
et
ab
ipsis
postea
hominibus
gratanter
accepta
,
multo
pulchriora
multoque
ornatiora
ac
longe
politiora
effecta
fuisse
videantur
»
(
MANETTI
,
De
dignitate
et
excellentia
hominis
,
Basel
1532
,
pp
.
12931
)
;
ecco
l
'
uomo
che
Dio
ha
creato
«...nec
...
coelestem
,
neque
terrenum
,
neque
mortalem
,
neque
immortalem
...
ut
tui
ipsius
quasi
arbitrarius
honorariusque
plastes
et
fictor
,
in
quam
malueris
tute
formam
effingas
.
Poteris
in
inferiora
quae
sunt
bruta
degenerare
.
Poteris
in
superiora
quae
sunt
divina
ex
tui
animi
sententia
regenerari
.
O
summam
Dei
patris
liberalitatem
,
summam
et
admirandam
hominis
felicitatem
.
Cui
datum
id
habere
quod
optat
,
id
esse
quod
velit
...
»
(
PICO
,
De
hominis
digitate
,
in
Opera
omnia
,
Basel
1557
,
pp
.
31415
)
e
che
,
posto
«
in
omnium
medio
...
tanquam
publica
creatura
...
quod
relictum
erat
in
Natura
vacuum
,
potentiis
,
umbris
,
speciebus
,
imaginibus
et
rationibus
supplevit
»
(
BOVILLO
,
De
Sapiente
,
ed
.
Klibatlsky
,
in
CASSIRER
,
Individuum
und
Kosmos
in
der
Philosophie
der
Renaissance
,
Leipzig
Berlin
1927
,
p
.
355
)
.
Eccolo
padroneggiare
la
storia
umana
e
,
relegato
nel
fondo
-
-
in
un
fondo
a
malapena
percettibile
-
-
il
volere
divino
,
creare
da
sé
,
con
la
sua
volontà
e
sotto
l
'
impulso
delle
proprie
passioni
e
interessi
,
il
corso
degli
eventi
:
la
nuova
grande
storiografia
,
di
Machiavelli
e
di
Guicciardini
,
parla
solo
di
lui
e
delle
sue
gesta
,
e
dalle
pagine
delle
Istorie
fiorentine
o
della
Storia
d
'
Italia
egli
domina
la
scena
,
sia
che
lo
storico
lo
effigi
-
-
come
personalità
morale
assai
più
che
non
fisica
-
-
con
pochi
ma
sicuri
tratti
,
sia
che
lo
faccia
parlare
in
quei
discorsi
non
per
pura
voluttà
retorica
inseriti
,
ora
,
dagli
storiografi
nel
loro
racconto
.
Eccolo
infine
padrone
della
vita
statale
e
crearsi
una
dottrina
politica
che
non
conosce
altri
fini
se
non
fini
prettamente
umani
,
di
potenza
,
che
si
governa
con
le
proprie
leggi
senza
più
riguardar
né
a
religione
né
a
morale
,
con
piena
autonomia
d
'
azione
:
altro
grosso
strappo
nell
'
involucro
universalistico
medievale
.
Ma
,
per
quanto
alto
fosse
il
posto
dell
'
uomo
,
il
suo
predominio
non
era
ancora
senza
nubi
:
e
il
grosso
problema
di
conciliar
la
sua
libertà
e
possanza
con
le
leggi
della
natura
-
-
a
mano
a
mano
rivelatasi
come
entità
a
sé
,
come
realtà
oggettiva
fuori
dello
spirito
umano
e
quasi
quasi
fuori
,
persino
,
del
volere
divino
-
-
e
,
ancora
,
con
la
volontà
divina
,
risorgeva
tanto
più
grave
quando
ci
si
faceva
a
costruire
una
visione
unitaria
.
Se
l
'
uomo
appariva
capace
di
padroneggiar
la
natura
,
non
era
men
vero
che
questa
manteneva
una
realtà
a
sé
,
con
forze
proprie
;
s
'
egli
era
riuscito
a
crearsi
una
estetica
e
una
dottrina
politica
autonome
,
non
era
tuttavia
giunto
a
crearsi
un
sistema
morale
sciolto
dai
nessi
con
i
presupposti
e
i
fini
metafisici
,
cioè
religiosi
:
donde
l
'
oscurarsi
del
quadro
d
'
insieme
,
le
incertezze
e
frammentarietà
di
pensiero
e
quel
che
di
misterioso
che
rimane
attorno
all
'
uomo
,
impenetrabile
anche
al
più
fermo
dei
voleri
,
quella
fortuna
,
così
cara
al
Rinascimento
e
greve
di
significato
oscuro
-
-
parte
concatenamento
necessario
e
fatale
degli
eventi
stessi
,
arte
ancilla
Dei
e
della
imperscrutabile
volontà
divina
,
parte
ancora
magico
influsso
di
stelle
e
fatalità
astrologica
-
-
che
cozza
costantemente
con
la
«
virtù
»
e
ora
n
'
è
vinta
e
ora
invece
con
«
straordinaria
malignità
»
l
'
atterra
,
anche
se
strenuissima
,
offrendoci
,
col
suo
perpetuo
ritorno
,
l
'
immagine
più
schietta
del
dissidio
che
mina
sempre
nel
profondo
la
speculazione
del
Rinascimento
,
e
che
impedisce
alle
sue
concezioni
d
'
insieme
di
pervenire
a
quella
lucidità
fredda
e
decisa
,
espressione
di
una
compiuta
e
piena
coscienza
di
tutto
il
problema
,
che
caratterizza
invece
le
sue
concezioni
particolari
dell
'
arte
e
della
politica
.
Nonché
eliminato
,
l
'
assillo
religioso
riappariva
dunque
più
forte
:
il
bisogno
di
giustificare
l
'
essere
e
il
mondo
,
natura
e
creatura
,
volontà
e
fortuna
,
di
salvare
l
'
universalità
della
legge
morale
,
di
ritrovar
l
'
unità
al
disopra
del
crescente
disgregarsi
delle
forme
di
vita
,
riconduceva
il
pensiero
dell
'
uomo
alla
Provvidenza
:
una
Provvidenza
certo
parecchio
diversa
dalla
Provvidenza
dantesca
e
petrarchesca
,
una
Provvidenza
che
recava
già
in
sé
taluni
di
quei
caratteri
di
razionalità
pura
sviluppati
in
ben
altra
maniera
,
circa
due
secoli
più
tardi
,
dai
deisti
inglesi
,
che
per
avvicinarsi
l
'
uomo
-
-
la
grande
creatura
-
-
stava
perdendo
proprio
la
sua
nota
più
profondamente
e
dolorosamente
umana
,
la
nota
del
peccato
e
dell
'
espiazione
,
ma
che
nonostante
tutto
trascendeva
pur
sempre
l
'
uomo
.
Proprio
sul
finire
del
Quattrocento
,
attraverso
le
preoccupazioni
dei
neoplatonici
fiorentini
e
i
loro
tentativi
di
una
religione
filosofia
e
il
loro
sincretismo
mistico
religioso
riappariva
più
nettamente
un
bisogno
di
evasione
dal
puro
ambito
terreno
che
pareva
riportare
,
in
certo
senso
,
ai
primi
periodi
della
nostra
vicenda
.
Il
movimento
savonaroliano
non
era
,
sotto
questo
punto
di
vista
,
un
mero
anacronismo
;
né
mero
episodio
erano
l
'
amicizia
con
il
riformatore
del
principe
dei
filosofi
fiorentini
,
l
'
esaltatore
della
«
dignità
»
dell
'
uomo
Pico
della
Mirandola
,
e
i
propositi
di
conversione
di
quest
'
ultimo
e
,
ancora
,
la
caratteristica
ultima
fase
dell
'
arte
botticelliana
.
Riapparivano
,
queste
preoccupazioni
,
proprio
nel
momento
in
cui
la
viltà
del
Rinascimento
italiano
cominciava
a
imprimere
solido
e
durevole
marchio
nelle
terre
d
'
oltralpe
,
dove
anzi
esse
si
sarebbero
ripercosse
con
ancor
più
insistente
eco
:
a
Marsilio
Ficino
e
a
Pico
specialmente
avrebbero
guardato
gli
umanisti
europei
,
da
Colet
a
Tommaso
Moro
a
Erasmo
,
i
quali
,
procedendo
più
oltre
,
rianimando
il
dibattito
meramente
speculativo
con
un
acuito
senso
di
rinnovamento
cristiano
e
dando
nuovamente
prevalenza
decisiva
all
'
elemento
morale
-
-
la
salvezza
dell
'
anima
-
-
sull
'
elemento
puramente
dottrinale
e
teologico
,
avrebbero
aperto
la
via
alla
Riforma
.
Ma
come
le
preoccupazioni
religiose
,
così
veniva
riaffermato
con
la
massima
forza
-
-
e
sia
pure
con
ben
altra
applicazione
-
-
un
altro
dei
motivi
fondamentali
che
si
sono
scoperti
all
'
inizio
del
Rinascimento
:
vale
a
dire
il
motivo
del
rinnovo
,
di
una
ricostruzione
nel
prossimo
futuro
che
s
'
ispira
a
un
modello
nel
passato
,
al
momento
rivelazione
che
contiene
i
«
buoni
principî
»
a
cui
bisogna
ritornare
per
liberarsi
dalle
scorie
e
dalla
barbarie
-
-
morale
o
intellettuale
-
-
provocata
dai
calamitosi
tempi
più
recenti
.
Il
motivo
era
ripreso
,
con
singolare
perspicuità
,
dal
meno
religioso
degli
spiriti
del
Rinascimento
,
dal
Machiavelli
,
e
su
un
terreno
il
più
lontano
possibile
da
quello
ch
'
era
stato
caro
alle
anime
pie
del
Duecento
:
ma
la
trasposizione
su
terreno
puramente
umano
non
impediva
che
risorgesse
così
un
atteggiamento
di
pensiero
,
una
forma
mentis
alla
cui
origine
stava
una
schietta
esperienza
religiosa
e
che
,
pertanto
,
continuava
a
costituire
il
più
vero
e
profondo
legame
fra
Rinascimento
e
Medioevo
,
fra
le
vecchie
e
le
nuove
generazioni
.
Una
forma
mentis
che
escludeva
di
per
sé
l
'
idea
di
progresso
,
e
si
doveva
invece
richiamare
alla
dottrina
dell
'
eterno
avvicendamento
delle
cose
umane
,
dell
'
immutabilità
della
natura
umana
attraverso
i
secoli
:
e
se
nell
'
umanesimo
«
borghese
»
della
Firenze
quattrocentesca
,
nelle
meditazioni
,
per
esempio
,
dell
'
Alberti
,
nel
trattato
della
pittura
,
era
già
balenata
l
'
intuizione
,
nuova
,
della
superiorità
dei
moderni
sugli
antichi
,
e
cioè
l
'
intuizione
del
progredir
della
storia
,
col
Machiavelli
si
ribadiva
invece
,
in
pieno
,
quella
dottrina
del
vero
e
del
bello
incarnati
in
un
frangente
della
storia
passata
,
che
aveva
costituito
la
ragione
d
'
essere
dell
'
Umanesimo
.
Vengono
ripresi
,
dunque
,
questi
motivi
;
e
passano
,
l
'
uno
e
l
'
altro
,
nella
Riforma
:
anche
il
motivo
del
rinnovo
.
Perché
se
la
Riforma
vuol
ripristinare
il
regno
di
Dio
e
non
il
regno
della
humanitas
,
se
dunque
sotto
questo
riguardo
il
distacco
non
potrebbe
essere
più
netto
,
anche
i
riformatori
,
almeno
nella
prima
fase
del
sommovimento
,
credono
nella
possibilità
dei
rinnovi
e
si
affissano
in
un
modello
lontano
,
la
vera
parola
di
Cristo
,
per
ritrarne
impulso
verso
l
'
avvenire
,
verso
l
'
imminente
novus
ordo
-
-
nesso
sostanziale
questo
,
di
mentalità
,
fra
Rinascimento
e
Riforma
e
fra
l
'
uno
e
l
'
altra
insieme
e
il
Medioevo
.
Ma
proprio
allora
il
mito
del
rinnovo
vien
meno
nella
terra
che
l
'
ha
alimentato
per
tre
secoli
.
La
reazione
contro
l
'
«
antico
»
,
come
modello
e
norma
;
il
contrasto
fra
le
due
mentalità
,
quella
che
crede
ancora
nella
possibilità
di
rinnovi
sulla
base
di
un
ritorno
a
«
principî
»
,
di
vita
e
d
'
arione
,
di
un
momento
el
passato
,
e
quella
che
rifiuta
invece
il
valore
dell
'
«
esempio
»
e
del
modello
storico
e
postula
invece
semplicemente
la
conoscenza
della
realtà
attuale
,
troppo
diversa
dalla
passata
e
quindi
non
padroneggiabile
sulle
tracce
altrui
,
questo
contrasto
,
espresso
con
la
più
plastica
e
immediata
evidenza
nel
contrasto
Machiavelli
Guicciardini
,
ma
percepibile
sempre
-
-
ad
esempio
,
nei
paralleli
fra
Roma
antica
e
Venezia
moderna
-
-
e
precorritore
della
massima
bruniana
che
i
veri
antichi
sono
i
moderni
e
della
grande
querelle
des
anciens
et
des
modernes
,
segna
veramente
il
tramonto
del
Rinascimento
.
Tramonto
in
stretta
connessione
con
l
'
infiacchimento
della
vita
italiana
,
con
la
iniziantesi
decadenza
politica
ed
economica
,
con
il
venir
meno
delle
grandi
speranze
e
della
volontà
d
'
azione
,
in
una
parola
con
il
tramonto
delle
forze
creatrici
che
avevano
dato
alimento
ed
essere
alla
nuova
civiltà
e
ne
avevano
fatto
l
'
espressione
piena
del
vigoroso
sorgere
della
nazione
italiana
:
e
basterebbe
a
dimostrarlo
il
raffronto
fra
il
Machiavelli
,
che
dall
'
esempio
dei
Romani
attingeva
di
continuo
l
'
entusiasmo
d
'
azione
,
la
volontà
di
rinnovare
la
vita
politica
italiana
,
e
il
Guicciardini
che
,
se
rinunziava
al
modello
,
rinunziava
nel
contempo
alle
grandi
aspirazioni
.
Il
«
mito
»
del
modello
moriva
in
quanto
moriva
anche
il
correlativo
mito
del
novus
ordo
,
del
nuovo
secolo
d
'
oro
:
attesa
escatologica
e
fede
nel
rinnovo
cadevano
,
insieme
,
come
insieme
erano
sorte
.
E
già
nell
'
arte
,
in
quella
stessa
di
Michelangelo
,
apparivano
i
segni
di
quella
più
tormentata
intuizione
delle
cose
che
doveva
,
poi
,
dar
alimento
al
Barocco
;
e
già
nella
storiografia
si
riverberava
l
'
amarezza
delle
sventure
politiche
della
penisola
,
e
sulla
fede
nella
capacità
di
azione
dell
'
uomo
tornavano
a
proiettarsi
,
più
forti
,
i
dubbi
,
e
tornava
ad
apparir
il
«
miracoloso
»
di
Dio
o
la
precarietà
assoluta
della
fortuna
;
e
già
nel
pensare
politico
si
rifuggiva
dalla
lineare
chiarezza
e
semplicità
della
meditazione
machiavelliana
,
assillati
come
si
era
da
risorgenti
e
angosciose
domande
sul
bene
e
sul
male
,
sul
lecito
e
sull
'
illecito
.
Era
cioè
di
già
,
verso
la
metà
del
secolo
XVI
,
lo
stato
d
'
animo
della
Controriforma
che
prevaleva
.
Che
se
lo
spirito
speculativo
del
Rinascimento
doveva
giungere
,
proprio
allora
,
alle
sue
ultime
,
ma
più
forti
manifestazioni
,
e
trovare
nel
Bruno
il
più
efficace
coordinatore
dei
termini
contrastanti
fra
cui
esso
s
'
era
dibattuto
,
il
tono
generale
dell
'
epoca
era
ormai
mutato
.
Come
un
poeta
,
Francesco
Petrarca
,
aveva
per
primo
espresso
,
pur
tra
i
dubbi
e
i
pentimenti
della
sua
anima
travagliata
,
che
nuovo
centro
dell
'
universo
era
diventato
l
'
uomo
,
così
ora
un
altro
poeta
,
Torquato
Tasso
,
esprimeva
,
invece
,
il
tormento
nuovamente
sopravvenuto
nell
'
uomo
e
nell
'
anima
sua
,
ricondotta
all
'
angoscia
del
peccato
.