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> categoria_s:"Saggistica" > autore_s:"CHABOD FEDERICO"
RINASCIMENTO ( CHABOD FEDERICO , 1938 )
Saggistica ,
I Il concetto di Rinascimento nasce si può dire a un parto con il correlativo concetto di Medioevo ; nasce cioè in quanto alla media aetas , iniziatasi di sulle rovine dell ' impero romano e considerata come mondo di barbarie , si contrappone il praesens tempus , cioè l ' Italia del secolo XIV e del XV , che par risorta e avviata a edificare una nuova e robusta civiltà . Ma se della barbarie dell ' età di mezzo le tracce si rinvenivano in ogni campo ; se all ' origine di ogni male stava la declinatio imperii romani , cioè un fatto di ordine politico ­ morale ; se quindi la contrapposizione avrebbe dovuto risultar evidente in ogni ambito , in realtà essa diveniva palese soprattutto quando ci si facesse a considerar l ' arte e le sue manifestazioni . Perocché se l ' anelito a una più alta vita , a una « rinascita » morale e politica poteva esprimersi come aspirazione e speranza , ma non ancora vedersi concretato nella realtà di ogni giorno - - si rammentino invece le invettive , dal Petrarca al Machiavelli , contro l ' ordine di cose esistente nel campo politico - - ; se la Roma restaurata rimaneva pur sempre mito e vagheggiamento , quando si pensasse a Roma come caput mundi ; nelle opere di pittori e scultori e architetti , da Giotto in poi , la nuova coscienza poteva bene veder effettuato il passo innanzi , poteva ritrovar quei motivi di compiacimento e di autoesaltazione , necessari precisamente perché si potesse contrapporre alla me dia aetas , rozza e incolta , la nuova età dell ' oro . Qui era possibile celebrar le lodi dei «...miei egregi dipintori fiorentini ... i quali quell ' arte smarrita e quasi spenta suscitarono ... » , e affermare che l ' arte era ritornata a sormontare » , che le « nuove inventioni » consentivano di riallacciarsi alla grande tradizione degli antichi , rimasta pressoché spenta per tanti secoli , che , abbandonata la « rozzezza » bizantina , si ritornava all ' arte vera , all ' arte « naturale » , tutta misura e proporzione e gentilezza , alla pittura «...emulatrice della natura ... preziosa e piacevole ... » : siccome scrivevano , già lungo tempo prima del Vasari , il Boccaccio , Filippo Villani e , soprattutto , Lorenzo Ghiberti nel suoi Commentarii . Ora , siffatta accentuazione dell ' elemento artistico - letterario doveva diventar decisiva per la fortuna del concetto di Rinascimento ; e a renderla sempre più netta e sempre più esclusiva doveva contribuire potentemente la stessa diffusione della civiltà italiana oltre frontiera . poiché se l ' Italia apparve allora maestra di vita all ' Europa , ciò avvenne con esclusivo riferimento alla vita del l ' arte e delle lettere : non , invece , alla vita politica , do ve se un motivo di ammirazione era offerto dall ' « arte di stato » , dalla tecnica diplomatica , dei Veneziani special mente , il crollo improvviso degli stati italiani di fronte alle invasioni straniere , sul finir del secolo XV e sull ' inizio del XVI , diffondeva l ' impressione , corroborata dai giudizi degli stessi italiani ( Machiavelli ) , che dietro allo splendore di vita intellettuale delle corti della penisola e dietro all ' abilità formale dei loro reggitori si celasse un sostanziale vuoto politico ; non alla vita morale , ché anzi alcuni degli stessi umanisti europei , cresciuti su culturalmente alla scuola italiana , annotavano e deploravano la mancanza di fede e di « buoni costumi » degl ' italiani ( e , poco più tardi , la Riforma doveva rincarare e rende re assai più veementi le accuse contro un popolo tacciato di irreligiosità , cioè di fiacca vita morale , e di depravato sentire ) . E divennero così definitivi i giudizi sui principi italiani ai quali bastava « negli scrittoi pensare una acuta risposta , scrivere una bella lettera , mostrare ne ' detti e nelle parole arguzia e prontezza , saper tessere una fraude , ornarsi di gemme e d ' oro , dormire e mangiare con maggiore splendore che gli altri , tenere assai lascivie in torno , governarsi co ' sudditi avaramente e superbamente , marcirsi nell ' ozio , dare i gradi della milizia per gra zia , disprezzare se alcuno avesse loro dimostro alcuna lodevole via , volere che le parole loro fussero responsi di oracoli ... » ( Machiavelli ) , ai quali importava più il divenir « ingenieux et sçavants , que vigoreux et guerriers ... » ( Montaigne ) ; e si diffuse , di fronte alla vita italiana , quel lo stato d ' animo per cui il Commynes si estasiava di fronte a Venezia , « la plus triumphante cité que jamais j ' aye veüe » , e ammirava la sapienza diplomatica e l ' arte di governo dei Veneziani , ma , nel contempo , trovava non saldi il carattere del popolo italiano e non buoni i costumi . Era pertanto logico che , parlandosi di rinnovamento , si rivolgesse lo sguardo sempre più esclusivamente alle arti e alle lettere ; logico che , esaltandosi il rifiorir degli studia humanitatis , si risolvesse la humanitas soprattutto nel suo aspetto letterario ­ filologico . Si perviene così a quella che può considerarsi una formulazione tipica del Rinascimento : vale a dire alle affermazioni del Vasari , il quale procedendo sulla stessa via del Ghiberti , vede l ' inizio vero del rifiorimento in Giotto che superando la « rozza maniera » , vuoi bizantina vuoi gotica , ha riportato per primo l ' arte ai fastigi da cui era declinata col crollo del mondo antico . Una formulazione che , ripresa via via da critici d ' arte e di lettere e da storici , ribadita fra gli altri dal Voltaire , per il quale pure vanto dell ' Italia nel Rinascimento era stato quello di far uscire dalle rovine della barbarie « les beaux ­ arts qui se tiennent comme par la main et qui d ' ordinaire péris sent et renaissent ensemble » ( Essais sur les Moeurs ; e cfr . l ' Introduction al siècle de Louis XIV ) , era destinata a regnare sovrana per lungo tempo , determinando , fra l ' altre conseguenze quella di fissare i « canoni » dell ' arte sul mo dello dell ' arte del Rinascimento - - riassunto nella triade Leonardo , Raffaello , Michelangelo - - di stabilire una ben determinata « classicità » che doveva essere imitata e presa a modello , e di far sorgere , nella storia della letteratura come dell ' arte , il concetto di « periodo aureo » , localizzato , s ' intende con approssimazione , nella seconda metà del Quattrocento e nella prima metà del Cinquecento . Ma una siffatta concezione del Rinascimento determinava necessariamente il sorgere di una seconda questione che sarebbe poi stata indissolubilmente connessa con la prima , cioè con la valutazione del Rinascimento stesso : vale a dire il sorgere del dibattito circa l ' influenza maggiore o minore che sul movimento di rinascita delle arti e delle lettere nell ' Italia trecentesca e quattrocentesca avrebbe esercitato il culto degli antichi . Forse che proprio il Trecento e il Quattrocento non erano sta ti contrassegnati dall ' imitazione dei classici , palese specialmente nelle lettere , in cui il volgare era stato negletto in omaggio al latino , e a un latino ripolito dalla bar barie medievale sulle orme del gran padre Cicerone , ma palese pure nell ' arte , in cui s ' erano prese a modello le dissepolte statue dell ' evo antico ? E non erano stati forse gli stessi uomini del Rinascimento , all ' origine e alla fine , a esprimere ben chiaramente quanto essi dovevano agli antichi , dal Villani che nella contemplazione di Roma trovava l ' incentivo primo a nuovi pensieri , a quel pittore genovese G.E. Paggi il quale nel 1590 osservava come l ' arte avesse dovuto la sua rinascita allo studio del l ' antico ? ( « non sì tosto si cominciarono in Roma a cava re dalla terra le sepolte statue antiche , che l ' arte con esse a rinascere tornò , stante l ' osservazione e studio che gli uomini sopra d ' esse a farne intrapresero » ) . Sorge così , anche se non espresso ancora nei termini moderni , quel problema dei rapporti fra Umanesimo e Rinascimento che affaticherà e , anzi , svierà la maggior parte dei critici moderni . Un momento decisivo nella storia dell ' Umanesimo stesso sembra si debba riscontra re nella venuta in Italia dei sapienti greci , circa la metà del secolo XV , e nella conseguente maggiore e diretta influenza dell ' antica civiltà ellenica sulla nuova civiltà italiana : da quel momento si giudica che veramente s ' inizi il periodo più fruttuoso della civiltà italiana , e poiché con questo giudizio concorda quell ' altro , di marca soprattutto vasariana , che fa raggiungere la perfezione nel l ' arte nel periodo di Michelangelo , ecco , di conseguenza , venir formulandosi quella distinzione fra due periodi ( Umanesimo , fin verso la metà del secolo XV ; Rinascimento vero e proprio , dall ' età di Lorenzo de ' Medici a quella di Paolo IV all ' incirca ) che , riprodotta poi nei manuali di ogni lingua , è divenuta consuetudinaria . Tanto profondamente radicati erano , nella tradizione , i criteri di giudizio che si sono or ora analizzati , da pesa re fortemente persino sull ' atteggiamento e il modo di vedere di chi , a mezzo il secolo XIX , dava del Rinascime to un quadro d ' insieme destinato a rimaner classico , e al termine stesso « Rinascimento » conferiva definitivamente il valore storicamente determinato , divenuto poi d ' uso comune : vale a dire di Iacopo Burckhardt , la cui Kultur der Renaissance in Italien costituì e costituisce ancor oggi l ' opera classica sull ' argomento . Poiché anche nel Burckhardt , nonostante l ' ampiezza del quadro , in cui veniva no in primo piano non soltanto arti e lettere , ma politica e religione , vita pubblica e vita privata , dottrine e costumi ; nonostante lo sforzo di prospettare la « civiltà » , va le a dire tutti i molteplici elementi che avevano costituito la vita del popolo italiano durante più che due seco li ; nonostante quel suo accentrare lo sguardo sull ' individuo e l ' individualismo del Rinascimento , vale a dire su un motivo unico , dominante , che poteva manifestarsi in tutti i campi di azione ; anche nel Burckhardt era pale se , di fronte al Rinascimento , un compiacimento di natura essenzialmente estetica : siccome dimostrava proprio la sua celebre formula dello stato ­ opera d ' arte , dove non v ' era che la trasposizione , nel giudizio politico , dei vecchi criteri tramandatisi dal Vasari giù giù attraverso l ' Il luminismo e il Romanticismo . Per placare le proprie esigenze morali , il critico doveva rivolgersi verso la Riforma : proseguendo dunque anche in questo un non nuovo orientamento d ' animo e di pensiero per cui se all ' Italia del Quattrocento era lecito chiedere lezioni di armonia e di grazia e di equilibrio formale , di bello scrivere e di sapiente argomentare , solo alla Riforma luterana era possibile chiedere lezioni di forte vita morale , di interiorità e di raccoglimento . L ' uno e l ' altra venivan posti all ' inizio del mondo moderno , che nell ' uno e nell ' altra ritrovava , già affermate talora e talora puramente in germe , le proprie aspirazioni ed esigenze di pensiero e di vita ; ma i due movimenti rispondevano , ciascuno , soltanto a un certo ordine di idee e di sentimenti , in guisa da essere , di per se , incompleti e parziali . E soprattutto il Rinascimento continua va a essere una specie di Giano bifronte , tutto luce per un verso , ma tutto ombra per l ' altro : splendore di forma , raffinatezza ed eloquenza per un verso , e per l ' altro verso immoralità , privata e pubblica , scarsa interiorità di fede e nessun senso del dovere ( epoca di « cultura » non di grande « civiltà » , aveva affermato C . Balbo ) . Tal che poi , quando ci si facesse a esporre e commentare il pensiero di quegli scrittori che più erano rappresentativi dell ' età , da parte dei critici benevoli si invocava , a scusa delle presunte immoralità , il « clima storico » , l ' ambiente , che , si diceva , rendeva quasi necessarie le immoralità e le disonestà : come avveniva per il Machiavelli , che potrebbe esser bene assunto , nelle vicende varie della sua fortuna , a simbolo del Rinascimento , e che proprio nel secolo XIX veniva difeso , dalle accuse dei moralisti , in base al criterio che egli non aveva fatto se non effigiare la società del suo tempo ( Macaulay e anche Villari ) . Mariolo sì , ma profondo , diceva don Ferrante del Machiavelli ; immorale sì , ma seducente , pensava del Rinascimento la communis opinio . E d ' altronde , nel solco della tradizione si continuava a rimanere anche sotto altro aspetto , per quel persistere del Rinascimento nello splendido isolamento in che l ' avevan già posto i critici d ' arte e di lettere del Rinasci mento stesso . Come una volta per Lorenzo Ghiberti e per il Vasari , così anche ora , pur dopo il Burckhardt , il Rinascimento continuava ad apparire come splendido fiore sbocciato all ' improvviso nel deserto : il problema delle origini , il Burckhardt non può dirsi l ' avesse affrontato ; e poiché la rivalutazione che il Romanticismo ave va effettuata del Medioevo era stata rivalutazione del la sua coscienza e unità cristiana , della sua anima interiore ( Schlegel ) , ma non era ancor divenuta rivalutazione concreta delle lettere e dell ' arte medievali , e poiché quindi continuavano , di fronte all ' arte bizantina e gotica , a predominare i canoni tradizionali , il Rinascimento continuava a rimanere nettamente , troppo nettamente staccato dall ' età che l ' aveva preceduto e ad apparir improvviso rifiorire di vita culturale dopo la barbarie , almeno artistica , del Medioevo . Troppo improvviso , troppo staccato dall ' età immediatamente precedente appari va questo rigoglio di vita nuova nell ' Italia trecentesca e quattrocentesca : doveva pertanto continuare logicamente il dibattito , pur esso già iniziato dal tempo , se « causa » del Rinascimento non fosse stato l ' Umanesimo . Il quale fu dunque anch ' esso nuovamente e parallelamente studiato , analizzato : non per puro caso a un solo anno di distanza vedevano la luce le due opere classiche sui due argomenti , Die Wiederbelebung des klassischen Altertums del Voigt ( 1859 ) , Die Kultur der Renaissance del Burckhardt ( 1860 ) . E tuttoché il Burckhardt si fosse ben guardato dal far dipendere il Rinascimento unicamente dalla passione per l ' antichità classica , dal porre un rapporto di causa ed effetto fra il secondo e il primo evento , nell ' opinione dei più il rapporto era stato concretato : anche qui , dunque , rimanendosi nell ' orbita di una tradizione ormai trisecolare . Il compito che si poneva agli studiosi dopo il Burckhardt era pertanto anzitutto quello di ricercare i lega mi di continuità fra il Rinascimento : e l ' età che lo aveva preceduto ; ma era anche quello di approfondire la conoscenza dei legami tra Rinascimento ed età successive , per vedere sino a qual segno la « scoperta dell ' uomo e della natura » proclamata come caratteristica del Rinascimento già dal Michelet e poi , con maggior forza , dal Burckhardt , avesse influito sulla civiltà europea , dal secolo XVI in poi . E ciò avrebbe significato poi nient ' altro che una nuova e più accurata analisi dei caratteri del Rinascimento stesso , delle sue forze costruttive e del suo svolgersi storico . Porsi il problema della « continuità » storica , voleva dire ristudiare a un tempo , in se stesso , il « periodo storico » di cui si cercavano i vincoli di collegamento con le età precedenti e le età seguenti : non diversamente da quanto succedeva , proprio in quegli stessi ultimi decenni del secolo XIX e primi del XX , per il « periodo » tradizionalmente contrapposto al Rinascimento , cioè per il Medioevo , di cui pure si cominciavano a ricercare con maggior insistenza i legami col mondo classico e di cui si approfondiva a un tempo la conoscenza e la valutazione . Per vero , l ' attenzione sempre più minuziosa con cui gli storici della filosofia si volsero al pensiero del Rinasci mento , per vedere quali ne fossero precisamente i rapporti col pensiero moderno , doveva condurre a risulta ti così fecondi , che attraverso tali ricerche - - iniziate già dallo Spaventa , a mezzo il secolo XIX , proseguite con sagacia e fortuna grandi dal Dilthey e continuatesi sino ai giorni nostri , col Gentile , col Cassirer e altri molti - - vennero addirittura spostandosi i criteri tradizionali di giudizio , del Rinascimento : non solo alla valutazione anzi tutto artistico ­ letteraria sottentrò definitivamente un più ampio e organico criterio di giudizio , per cui fatto artistico e fatto letterario non apparvero più se non a guisa di parziali manifestazioni di una visione della vita e del mondo che trovava altre contemporanee espressioni nel campo strettamente speculativo e in quello morale ; ma soprattutto alla valutazione « psicologica » alla Burckhardt - - il quale pure aveva cercato il quadro d ' insieme - si sostituì una valutazione sostanzialmente « ideologica » , l ' unica , come vedremo , che permetta di evitare i grossi equivoci addensatisi attorno al concetto di Rinascimento . Di più , ne derivò anche uno spostamento nel quadro cronologico tradizionale , in quanto le massime testimonianze della capacità speculativa del Rinascimento furono ritrovate in pensatori viventi dopo , anche parecchio tempo dopo l ' età « dell ' oro » , dopo cioè l ' età di Lorenzo de ' Medici , di Giulio II , di Leone X , in pensatori come Telesio e particolarmente Bruno e Campanella , epigoni cronologicamente , ma idealmente veri , i più veri rappresentanti di quel travaglio speculativo del Rinascimento , nel quale si è vista l ' origine del pensiero moderno . Tuttavia ancor più notevoli , forse , sono state le ripercussioni determinate , nello studio del nostro argomento , dalla ricerca delle « origini » , di quei nessi con il Medioevo su cui il Gebhardt già insisteva nel 1885 , proprio in trattenendosi sull ' opera del Burckhardt . E qui la ricerca si è svolta in una duplice direzione , e con orientamento e proposito nettamente divergenti . Da una parte , cioè , si sono cercati i nessi del Rinascimento ( nei suoi tradizionali limiti cronologici ) con la storia italiana prerinascimento ; si è andati in traccia del le origini italiane di un movimento italiano , collegando Trecento e Duecento , età delle signorie ed età dei comuni , Petrarca e Cola di Rienzo e Francesco d ' Assisi e l ' abate Gioacchino . Ricerca a sua volta sdoppiatasi , attraverso coloro i quali hanno messo in rilievo , soprattutto , gli elementi storico ­ pratici che collegano età dei comuni e Rinascimento tradizionale , i quali hanno prospettato il Rinascimento come il moto stesso di ascesa del popolo italiano , nella sua coscienza di nazione , nella sua attività politica ed economica oltre che culturale e artistica , e hanno pertanto fatto tutt ' uno fra Rinascimento e sto ria del popolo italiano a partire dal secolo XI ; e attraverso coloro i quali hanno , di preferenza , lumeggiato gli elementi storico ­ ideologici che ricollegano il trionfante movimento dei secoli XIV e XV ad aspirazioni , credenze , idee dell ' età precedente . Due visuali , che trovano la loro più significativa espressione da un lato in uno scritto del Volpe ( Bizantinismo e Rinascenza ) , dall ' altro in un primo tempo negli studi del Thode , risalenti già al 1885 ( Franz von Assisi und die Anfänge der Kunst der Renaissance in Italien ) e , in un secondo tempo , nell ' opera monumentale di K . Burdach . Particolarmente importanti queste ultime ricerche , per cui venivano in luce le radici religiose del tanto vantato « profano » Rinascimento ( il termine stesso di rinascita o rinnovamento è stato ricollegato con un ' iniziale attesa escatologica ) , e l ' anelito verso una nuova vita appariva contessuto di alti ideali morali e religiosi , per molto tempo accomunati , non disgiunti , dagl ' ideali puramente umani e letterari : ciò che significava dare al movimento di rinascita una complessità di motivi , una forza creatrice e un ' energia vitale assai più lata e più profonda di quanto non fosse stato percepibile sino a quel momento . E qui , anzi , nella conclusione , tornavano a confluire e l ' uno e l ' altro degl ' indirizzi sopra accennati , i quali , se pur insistevano a preferenza su questo o quel motivo , erano tuttavia concordi nel dare al concetto di Rinasci mento una capienza , cronologica e qualitativa , mai avuta sino allora . Risultati di questo genere inducevano , per immediata conseguenza , a prospettare in modo del tutto nuovo la vexata quaestio dei rapporti fra risorgimento dell ' antichità classica e Rinascimento vero e proprio . Trasferite le origini di quest ' ultimo assai prima che non cominciassero il culto umanistico della bella prosa latina e la febbri le ricerca dei codici e l ' idoleggiamento del padre Cicero ne e di Livio , appariva infatti evidente che il rifiorir del l ' amore per gli antichi era stato non causa , bensì effetto - - il primo e più palese degli effetti , anzi - - della rinnovata vita degl ' italiani dei secoli dal XIII al XVI : i quali italiani , nella loro ansia di crearsi un proprio mondo spirituale , che meglio rispondesse alle necessità nuove dei tempi e dell ' anima popolare di quanto non potessero più fa re le vecchie ideologie religioso ­ feudali , nel loro bisogno di foggiarsi ideali di vita più consoni al modo d ' intuire e sentire la vita proprio della società nuova , venuta su dal l ' Italia dei comuni , si rivolgevano verso il mondo classico per ritrovare ivi il modello da seguire , per attinger ivi le norme di vita , il programma di pensiero e di azione . « Mito » , dunque , quello dell ' antichità classica : mito che a sua volta doveva poi fortemente contribuire a plasmare la vita spirituale degl ' italiani in certa determinata maniera , ma che aveva potuto sorgere , esso stesso , solo perché nuovo fervore di vita aveva ricominciato a pulsare nella penisola . E anzi , dalle ovvie considerazioni di cotal natura si doveva ben presto trapassare , ad opera di alcuni studiosi , a deduzioni soverchiamente affrettate e ardite : siccome avveniva quando il Neumann affermava che la nuova civiltà italiana , cosi rigogliosa e promettente nel secolo XIII , era poi stata soffocata , inaridita , tramutata in pesante armeggio di eruditi proprio per colpa dell ' imitazione del mondo classico ; siccome è avvenuto ancora di recente , quando il Toffanin ha posto un troppo netto divario tra la civiltà comunale del secolo XIII , libera , semiereticale , e l ' Umanesimo che cerca di soffocare nei secoli XIV e XV il libero giuoco delle forze creatrici e di piegarle nuovamente sotto il giogo del principio d ' autorità . In quest ' indirizzo complessivo di studi , quali si fossero le divergenze di apprezzamento particolari , era comunque ben ferma la constatazione del sostanziale valore del Rinascimento , considerato come fase d ' importanza decisiva nella storia dell ' incivilimento umano . Sen nonché , allato di quegli studi e ricerche , veniva a poco a poco manifestandosi a tendenza critica , negatrice della vera e propria originalità e sostanzialità del Rinascimento italiano . Anch ' essa prendeva le mosse da un più attento esame della vita medievale , da una rivalutazione dell ' arte , della letteratura , del pensiero dell ' età gotica ; ma , questa volta , non per cercarvi le origini di un movimento che avrebbe poi trasceso d ' assai , in estensione e profondità , le sue fonti e avrebbe acquistato un carattere proprio e inconfondibile , bensì per osservare che tutte le pretese conquiste del pensiero , dell ' arte , ecc . , del Rinascimento era no già state attuate nelle età precedenti , e che pertanto il Rinascimento stesso non poteva essere considerato come un nuovo e fruttuoso rifiorire dello spirito umano . Di più , innestata sulla questione cronologica anche la questione topografica , si cercava di porre in rilievo come , tutto sommato , patria del rinnovamento spirituale europeo fosse stata non l ' Italia ma la Francia e i Paesi Bassi , la cui civiltà dal secolo XI al XIV era stata maestra anche per gl ' italiani . E come una volta l ' originalità del Rinascimento era stata inizialmente riconosciuta nel campo delle arti figurative , cosi ora i primi attacchi contro la tradizionale esaltazione della civiltà italiana dei secoli XIV e XV veniva no sferrati proprio nel campo dell ' arte : nel quale campo - - siccome sosteneva sin dalla fine del secolo XIX L . Courajod - - la via alle nuove fortune era stata già aperta , completamente aperta , dagli artisti fiamminghi del seco lo XIV . Procedendosi su questa via , e trasferendo l ' osservazione anche nel campo letterario e scientifico , si è contrapposta alla « latinità » italiana dei secoli XIV e XV la « latinità » , francese essenzialmente , del secolo XII : seco lo di rinascenza generale ma soprattutto francese ( cfr . H . HASKINS , The Renaissance of the twelfth century , Cambridge 1927 ) ; alla ricerca scientifica italiana , le cognizioni dei maestri medievali ; all ' « individualismo » , al « realismo » , tanto esaltati , del Rinascimento un individualismo e un realismo medievali , per nulla inferiori : spesso cercando di annullare addirittura ogni sostanziale diversità del tradizionale Medioevo , di ritrovare una « continuità » storica fra le due epoche non solo senza soluzioni , ma anche senza quasi vero e proprio svolgimento e senza sostanziali novità , sempre con l ' intenzione di dimostrare che il Rinascimento italiano non costituisce se non una fase , e non decisiva , di un generale processo di rinnova mento della cultura , già in atto da vario tempo in altre regioni europee . La vera Rinascenza , si dice , comincia in Francia nel secolo XII ; nel secolo XIII tutto l ' essenziale è già acquisito alla cultura europea , non resta che da sviluppare le conquiste fatte ... ( J . BOULANGER , Le vrai siècle de la Renaissance , in « Humanisme et Renaissance » , I ) . II Proprio da ricerche di quest ' ultimo genere converrà muovere , per eliminare i grossi equivoci che intorno al concetto di Rinascimento si sono venuti creando . E occorre anzitutto metter da parte la confusione che si è fatta tra realtà di fatto e realtà di idea , tra eventi pratici e coscienza che di tali eventi l ' uomo può o meno avere : confusione palese in chi si affanna a dimostrare che anche nel Medioevo non sono mancate le forti individualità , le grandi personalità storiche , e che pertanto non si può considerare il Rinascimento come inizio del sen so dell ' « uomo » ; oppure in chi cerca di convincersi che gli uomini del Medioevo , lungi dall ' essere perennemente curvi per l ' angoscia del peccato e continuamente salmodianti , avevano anch ' essi un forte attaccamento alla vita terrena , con i suoi molti e non sempre puri piaceri , e che pertanto non c ' era bisogno di attendere gl ' italiani dei secoli XIV e XV per imparare le gioie d ' amore e il gusto del vivere piacevolmente (cfr., per esempio , H . CHAMARD , Les origines de la poésie française de la Renaissance , Paris 1920 , pp . 47 , 181 ) . Tutto questo è certo esattissimo e , oggi , pacifico : ma non significa , di per sé , ancora nulla . Giacché quando si parla di Rinascimento per designa re una certa fase , storicamente determinata , dello svolgimento storico europeo , si deve intendere un preciso movimento d ' idee , un « periodo » culturale , che ha senza dubbio le sue continue interferenze con la vita pratica , da cui trae evidentemente la sua stessa ragion d ' essere , ma che non pertanto rimane anzitutto ed essenzialmente una realtà dello spirito . Come per i correlativi concetti di Illuminismo e di Romanticismo , cosi anche la validità del concetto stesso di Rinascimento può esser affermata solo in quanto ci si riferisca a un movimento d ' idee , storicamente precisabile e circoscrivibile . Quello per cui il Rinascimento è tale , non è l ' agire pratico , spicciolo di questo o quel personaggio , non , per esempio , la sottile abilità politica e diplomatica di un principe ; e nemmeno è la vita gioconda , « pagana » dei borghesi della città : ma è il modo con cui propositi e azioni degli uomini vengo no sistemati concettualmente e da puro agire pratico , da consuetudine di fatto , diventano un credo spirituale , un programma di vita . Se , per esempio , è indubbio che anche nei secoli VII ­ XII , in molti paesi , abbondano figure di eminenti uomini politici , di condottieri di popoli ; se è ovvio che anche in quei secoli - - come d ' altronde in ogni momento della storia umana - - nel loro agire i capi di stato si sono attenuti , all ' atto pratico , a quelli che più tardi saranno noti come precetti della ragion di Stato , non è meno certo che la teoria della politica come politica , al di fuori e al di sopra di ogni considerazione di altra natura , è stata enunciata per la prima volta solo in pieno Rinasci mento , dal Machiavelli , il quale , trasformando un precetto di carattere meramente pratico in affermazione teorica , di validità universale , dimostra quale sia la sostanzia le differenza fra le due età . Allo stesso modo , se un Carlomagno , un Ottone I , un Filippo Augusto sono « individualità » , non certo inferiori a un Francesco Sforza , un Lorenzo de ' Medici , un Cesare Borgia , del tutto diverso è il rilievo che queste grandi figure hanno rispettivamente nella storiografia medievale e in quella fiorentina della fine del secolo XV e dell ' inizio del secolo XVI : e ciò che importa è precisamente - - quando si tratti la nostra questione - - il fatto dell ' importanza che gli uomini assumono nel pensiero storiografico , come artefici di storia , come creatori di eventi . Infine , che anche gli uomini del Medioevo abbiano , nella loro vita quotidiana , dato gran peso alle cose terrene , e che la carne , teoricamente disprezzata , abbia anche allora effettivamente ed efficacemente contrastato il dominio dello spirito , è cosa tanto ovvia che non metterebbe conto d ' insistervi su ; ma , questo non ha nulla a che vedere con la questione se siano peculiari o no del Rinascimento affermazioni sul tipo di quel le con cui l ' Alberti dava dignità di norma teorica , di precetto di vita a quella « dolcezza del vivere » che in quanto sensazione immediata e istintiva è propria degli uomini di ogni età . Messa da parte siffatta pregiudiziale , è possibile affermare che i caratteri creduti specifici del Rinascimento so no già propri della civiltà medievale , almeno nella sua ultima fase , la fase del gotico ? Coloro i quali vogliono negare o almeno limitare gran demente l ' importanza e l ' originalità del Rinascimento si rifanno , anzitutto , ai due concetti di realismo e di individualismo - designati come tipici del Rinascimento - per dimostrare che il realismo dell ' arte italiana non è se non lo sviluppo , la prosecuzione del realismo già contrassegnante di se l ' arte gotica , e che il riconoscimento - anche teorico - dell ' « individualità » è già palese negli scrittori dell ' età di mezzo , senza che si debbano attendere l ' Alberti , il Machiavelli e il Guicciardini (cfr., per esempio , A . DOPSCH , Wirtschaftsgeist und Individualismus im Frühmittelalter , in « Archiv für Kulturgeschichte » , XIX , pp . 53­55 ) . Ancora , si osserva che il culto per Roma antica - mai spento d ' altronde per tutto il Medioevo - rifiorisce con novello slancio e si riflette nelle manifestazioni spirituali - - arte , letteratura , ecc . - - assai prima che si abbia , col secolo XIV , in Italia , il cosiddetto rinnovamento dell ' antichità classica ; e si vanta , invece , la nuova « latinità » della Francia dei secoli XII ­ XIII , e si citano a esempi Ildeberto di Le Mans o le figure anticheggianti della cattedrale di Reims . Ma anche in affermazioni di questo e simil genere si annida un grosso equivoco . Non v ' è certo alcun dubbio che lo spirito d ' osservazione della realtà , della natura , fosse vivo già negli scrittori e negli artisti medievali : e ne derivano precise , minute , colorite descrizioni e raffigurazioni di uomini e cose , condotte con uno scrupolo di riproduzione veristica ch ' è difficile immaginare maggiore { si pensi ai fabliaux o all ' intromettersi del particola re realistico nelle stesse sacre rappresentazioni ) . Ma questa aderenza alla realtà sensibile è ancora e sempre di carattere sensitivo , non concettuale , è tuttora immediata e non riflessa ; perciò è limitata al particolare , all ' episodico : se « realistico » è il particolare , non « realistica » è la concezione d ' insieme , dal momento che il primo motore della vita e della storia umana è posto fuori del mondo , e i destini degli uomini sono determinati , sempre , dalla volontà di Dio . La sensibilità è « umana » e « terrena » ; ma lo spirito si alimenta di una vita interiore che ha il suo centro fuori della città terrena e dell ' umanità carnale . In nessun campo , forse , è più immediatamente e facilmente percepibile la differenza profonda fra i due « realismi » che nella storiografia : al cronista medievale il qua le accumula , magari , i particolari veristici e si compiace , nell ' episodio , di naturalistica vivezza di colori , ma poi , nel guardar dall ' alto il corso delle vicende umane , vede , ovunque , arbitra suprema , la mano di Dio , si contrappongono i grandi storici fiorentini del Rinascimento , che possono anche compiacersi meno di rifiniture veristiche , ma che creano un quadro d ' insieme tutto e continuamente sorretto dal senso della realtà umana , della volontà de gli individui singoli che con i loro interessi e le loro passioni tessono la trama della storia universale . A un verismo naturalistico , puramente descrittivo , che consta di frammenti e manca , potremmo dire , di prospettiva - e caratteristica del cronista o comunque scrittore medie vale è precisamente il cumulo dei minuti particolari , giustapposti - si sostituisce un « realismo » concettuale , che può anche trascurare il verismo di un particolare , essere meno « fotografico » , proprio perché la vivezza impressionistica di un particolare isolato ha assai minor rilievo e importanza in un quadro tutto dominato dal senso del la realtà umana . E basti confrontare , per esempio , la descrizione di Carlomagno ch ' è in Eginardo , con la descrizione di Clemente VII ch ' è nel Guicciardini : nel primo v ' è lo sforzo di ritrarre il protagonista cogliendo l ' un dopo l ' altro i vari aspetti della sua personalità , fisica anzi tutto ( e si osservino la minuzia di Eginardo nel descrivere il corpo e l ' abbigliamento di Carlomagno ) , ma in pari tempo v ' è l ' incapacità di raggruppare le singole osservazioni in un tutto organico ; nell ' altro , il rapido , sicuro , potente tratteggiamento della personalità del pontefice , colto - - si noti - - esclusivamente nel suo carattere e nelle su doti spirituali e morali , laddove i particolari fisici sono lasciati da parte . Qui , pertanto , è in nuce tutto lo storico , la cui concezione di una vicenda determinata puramente da motivi umani è perfettamente espressa e riassunta dall ' analisi dei personaggi e dei loro motivi d ' azione ; nel cronista medievale invece il ritrattar le fattezze fisiche di questo o quel principe è , ancora , pura esteriorità , elemento decorativo e ornamentale di un edificio che è costruito da un altro , e ben più alto , artefice . Non diversamente le preoccupazioni dei pubblicisti medievali di cogliere e additare norme che si confacciano alla vita pratica , alla realtà politica , non impediscono che il « realismo » delle loro speculazioni sia del tutto diverso dal « realismo » di un Machiavelli , il quale , per primo , afferma la necessità e validità della politica , come sfera di attività autonoma al di là del bene e del male , senza fini estranei da quelli che le sono imposti dalla sua stessa natura , e per primo svincola lo stato dai presupposti e dalle finalità di carattere metafisico a cui per l ' innanzi esso era stato legato . Ma anche a riguardar l ' arte e le sue manifestazioni , si perviene a conclusioni identiche . Anche qui altro è il particolare naturalistico e altro l ' ispirazione d ' insieme , altro l ' aderire della sensibilità alla natura e alla vita terrena e altro l ' affiato mistico da cui sgorga la « fede » del l ' artista : l ' artefice medievale crea a gloria di Dio e cerca , secondo si esprime Teofilo , di « far lodare il Creatore nella sua creatura , Dio nelle sue opere » , e vuole infondere nella sua opera un contenuto morale , né più né me no del cronista che scrive per ammonire gli uomini a di sprezzare le incerte e labili cose terrene e a evitar la superbia , e del poeta che nel significato allegorico vede il vero ed utile frutto della sua fatica ; laddove l ' artista del Quattrocento , già ben consapevole del valore in sé del l ' opera sua , già convinto che l ' uomo è capace da se stesso di ogni miracolo , si applicherà soltanto , secondo che detta l ' Alberti , a conoscere il vero e , sulla base di preci se conoscenze , a creare un ' opera « bella » , immortale , che gli dia gloria presso gli uomini . Dov ' è appunto la novità essenziale del Rinascimento : il suo cosiddetto « realismo » conduce , come nell ' arte e nelle lettere , così nel la scienza , nella teoria politica e nella storiografia , all ' affermazione del valore autonomo , indipendente da premesse e fini metafisici , e dell ' opera d ' arte e della politica e della scienza e della storia , con una linea di sviluppo continua che dall ' Alberti prosegue nel Machiavelli , nell ' Ariosto e nel Galilei ; conduce cioè allo sbriciolamento della concezione del mondo tipica del Medioevo , in cui nessuna forma di attività umana può esser considerata a sé fuor del nesso con l ' insieme . All ' allegoria si risponde col molto noto precetto dell ' arte per l ' arte : e sono due mondi essenzialmente diversi . In questi due mondi è infine ovvio che molto diversi siano il culto e l ' influsso dell ' antichità classica . Vivissima , certo , l ' eco di Roma antica anche nel Medioevo : ma quest ' eco non tocca ancora nell ' intimo l ' anima degli uomini , che hanno la propria attività spirituale incardinata su ben diversa base . Poeti e scrittori classici offrono , a dovizia , materia per considerazioni , soprattutto per quegli exempla che sono tipiche espressioni della mentalità medievale : ma il loro spirito , le loro concezioni restano assenti e , se mai , si ha invece il travestimento di un ' anima pagana in veste cristiana ( esempio classico , Virgilio ) . Persino quando l ' artista medievale sembri maggiormente subire l ' influsso di opere d ' arte classiche , e si palesi netta l ' imitazione stilistica , persino allora sotto un manto simile si avverte il pulsare di un diverso sentire : come accade proprio per una delle opere di più vantata classicità , la Visitazione della cattedrale di Reims , dove l ' apparente assimilazione delle figure a quelle della statua ria antica non osta a che esse rimangano profondamente « gotiche » per il soffio ispiratore che le ha create ( cfr . E . PANOFSKY ­ F . SAXL , Classical Mythology in Mediaeval Art , in « Metropolitan Museum Studies » , IV , pp . 166 sgg . ) . Senza dubbio , nel secolo XII Roma classica ha seguaci entusiasti e devoti , che si professano zelatori degli antichi a dispetto dei cani e dei porci ( Pietro di Blois ) : ma la diversità di sentire fra le due epoche appare chiaramente quando si paragoni lo stato d ' animo di un Ildeberto di Le Mans , che pure è il tipico rappresentante del classicismo francese del secolo XII , a quello di un Cola di Rienzo , il rimpianto del primo per la decadenza della città eterna alla volontà del secondo di ricreare una nuova Roma , degna dell ' antica . Che è proprio lo stato d ' animo peculiare del Rinascimento nella sua più alta espressione : agire , in conformità di quanto s ' è appreso dagli antichi ; imbeversi , non puramente delle loro frasi , ma del loro spirito , e credere di non essere degni di vivere se non si rinnovano i loro fasti . Al « vix scio quae fuerim , vix Romae Roma recordor , vix sinit occasus , vel meminisse mei ... » di Ildeberto di Le Mans risponde Cola col suo dichiararsi non degno di vivere « si , quae legendo didiceram , non aggrederer exercendo » ( COLA DI RIENZO , Briefwechsel , ed . Burdach , p . 204 ) . L ' antichità classica , cioè , da mezzo e strumento di una vita spirituale che trae il suo stimolo da altra fonte , da ornamento esteriore , si conna tura con lo spirito e la sensibilità stessa degli uomini . È , come fu detto , questione di modo di vedere , non di di versa materia ( E . FARAL , Recherches sur les sources latines des contes et romans courtois du Moyen Age , Paris 1913 , p . VIII ) : ma nella storia dello spirito umano quel che importa è proprio il « come » , non il « quanto » . III Certo , non subito , gli italiani pervennero a foggiarsi quel nuovo modo di concepire e intuire la vita e la storia , che avrebbe poi caratterizzata la loro civiltà ; e il nuovo « come » , non sbocciò improvviso , ma costituì invece l ' epilogo di un lungo , faticoso e talora contraddittorio svolgimento spirituale , in cui per gran tempo continuarono a frammischiarsi motivi del pensiero e del sentire medievali e motivi nuovi , di cui solo a mano a mano l ' uomo divenne pienamente consapevole . Fu la graduale conquista di un proprio mondo spirituale da parte di chi aveva , già prima , dato nuove basi alla propria attività pratica e alla propria vita quotidiana . Era infatti una società nuova , quella ch ' era venuta affermandosi tra il secolo XII e il XIII nell ' Italia , e specialmente nell ' Italia settentrionale e centrale . Rovinata a basso , politicamente ed economicamente , la feudalità ; disfattasi la potenza politica dei vescovi , dominavano ora la scena le classi cittadine che avevano costruito il comune , domati i feudatari vicini e lontani , strappato all ' Impero il riconoscimento della propria autonomia e battagliato contro le pretese ecclesiastiche , piccole e grandi ; che avevano dilatato la propria sfera d ' azione , abbracciando con i traffici Oriente e Occidente , e dato alla propria vita un indirizzo e un ritmo , a carattere mercantile ­ industriale , ben diversi da quelli d ' un tempo . Come ceto sociale , era già ben robusto e capace quello che , con termine moderno , chiameremmo borghesia , ormai differenziato nettamente dai chierici e dai feudatari - - anche se più volte avesse accolto e accogliesse nel suo grembo uomini delle vecchie casate - - e che , nel suo bisogno di nuove leggi , già aveva cominciato a ricorrere e sempre più ricorreva , alle fonti di un diritto diverso da quello germanico , edificando i suoi ordinamenti sulla base del rifiorente diritto romano , creando cioè un sistema politico ­ sociale su fondamenta ben diverse da quelle del mondo cristiano medievale . Questo gagliardo e irrompente fiotto di vita nuova trovava presso che subito una sua prima , grande espressione morale e spirituale , ma non sul terreno della cultura cosiddetta laica , bensì su terreno prettamente religioso ; e se all ' origine stessa del risorgere di più d ' una delle città italiane ( Milano , per esempio ) già era stato connesso col fatto politico il fatto religioso , onde fautori della riforma della Chiesa e fautori del nuovo ordinamento cittadino erano stati per certo tempo tutt ' uno , ora , all ' inizio del secolo XIII , era la società italiana tutta quanta che appalesava le sue rinnovate esigenze di vita morale nel movimento francescano . Che era il grande apporto della nuova nazione italiana alla storia della religiosità europea , nei secoli immediatamente precedenti germinata e alimentata sopra tutto in altre terre ( si pensi al movimento cluniacense ) ; e che , precisamente per questo , testimoniava di un nuovo fluire di vita nella penisola , ancora dominata , culturalmente , dalla civiltà d ' oltralpe e ancor attenta a ricalcar le orme della poesia provenzale o della cultura francese del secolo XII , ma già capace di esprimere i propri ideali di vita attraverso la parola del santo d ' Assisi . Ideali tuttora religiosi , e sotto tal riguardo , quindi , non diversi da quelli che da secoli avevano tenuto su la speranza e l ' attesa delle nazioni occidentali : e pure già questa religiosità si coloriva di tonalità proprie , e nel suo rinunziare alla discussione teologica per affisarsi interamente nei valori morali , nel suo gioioso avvicinare e gli uomini e le creature e la natura , nel suo bisogno di amore anche per le cose terrene , v ' era il segno di una potente vita interiore nuova , che chiedeva di rinnovare , in sé , ma con più fresco e immediato sentire , le vecchie credenze . Quello slancio verso l ' avvenire , quell ' attesa escatologica , che avevano trovato il loro vate nell ' abate Gioacchino , che riapparivano nel movimento francescano e , talora con violenza quasi rivoluzionaria , ispiravano l ' azione dei molti gruppi ereticali dell ' Italia dugentesca , traducevano veramente , nell ' ambito religioso , quel bisogno di guardar innanzi a sé , di aver fede nel futuro , da cui la società italiana riceveva sprone e incitamento nella sua vita quotidiana , sia che si trattasse di muover alla conquista di nuovi mercati nell ' Oriente , sia che si trattasse di fronteggiare ancora una volta l ' imperatore e i suoi uffiziali ; e l ' anelito al ritorno verso la purezza dei primi tempi cristiani , che si accomunava nel movimento religioso con l ' attesa escatologica , poteva bene riassumere anche quello che , nella vita pratica delle città italiane , era bisogno di reagire all ' immediato passato e alle sue istituzioni politiche e di rifarsi più lontano , più indietro nella storia per trovare norme giuridiche sicure e degne . Che anzi , se in progresso di tempo l ' affiato religioso si sarebbe illanguidito e i nuovi pensieri e aspirazioni avrebbero cercato altra cornice in cui rivelarsi , quelle due caratteristiche fondamentali si sarebbero mantenute inalterate nella loro essenza , anche se trasferite su terreno prettamente umano : anche più tardi , come vedremo , l ' uomo del Rinascimento avrà , a guisa di contrassegni peculiari , da un lato l ' attesa e la fede nel futuro , dall ' altro la fede nel ritorno a un modello , già avveratosi nella storia passata . Il mito del « rinnovo » , del ritorno ai « principî » , trapasserà , sia pure entro ben diversa cornice e con ben diverso sentire , da san Francesco a Machiavelli : onde , in un certo senso , tutta l ' opera del Rinascimento non sarà se non il trasferimento nell ' ambito prettamente umano di idee che prima avevano trovato la loro ragion d ' essere nella fede in Dio . Ma un simile processo di trasposizione di valori è assai lento ; e , trovata la manifestazione religiosa della sua nuova vita , l ' anima italiana stenta assai più a crearsi un proprio mondo di valori umani . C ' è , sulla fine del secolo , il tentativo almeno di affermare una « nuova coscienza e religiosità laica , che propone ed esalta il valore morale dei sentimenti umani » ( N . SAPEGNO , Il dolce stil nuovo , in « La cultura » , 1930 ) in quella scuola del dolce stil nuovo , che , poetando in volgare , nella lingua appena appena nata , s ' accentra nell ' analisi del sentire umano e fa perno di tutto l ' uomo con le sue passioni e giunge perfino , con Guido Cavalcanti , alle soglie del dubbio religioso ; ma lo stesso scientificismo e logicismo dell ' analisi , onde solo a tratti balena luce di poesia , e la preoccupazione casistica rivelano che il dissidio fra le aspirazioni nuove dell ' animo e la forma mentis d ' un tempo non è ancor superato . Partendo dallo stil nuovo Dante perviene anzi alla Commedia e alla Monarchia , vale a dire al pieno ritorno ideologico al mondo etico ­ religioso ­ politico del Medioevo : ma proprio nell ' opera dantesca si possono cogliere le evidenti tracce di quel processo di creazione di un mondo nuovo , sentito di già , ma non ancora pensato , che caratterizza la vita morale dell ' Italia d ' allora ; proprio in essa è dato percepire uno stato d ' animo non più sempre consono al pensiero e alla dottrina . E più manifestamente ciò si verifica per la concezione politica , in cui il sentimento , nuovo , della « nazione » italiana - - un sentimento che caratterizzerà poi il Rinascimento e che in Dante ha la sua prima , potente espressione - - vien tuttavia coordinato e frenato nel mito dell ' impero universale , in un mito cioè che il Rinascimento finirà con il rifiutare ; o , anche , nell ' estetica , incardinata sì sempre sul concetto del valore non autonomo dell ' arte , mezzo per la scienza e per la morale ( si ripensi al Convivio ) , e pur già ravvivata da un fresco affiato per quell ' esaltazione del volgare , che è , ancora , senso di « nazionalità » , e soprattutto permeata da una coscienza così alta della dignità dell ' arte e dell ' artista da condurre poi a un ' affermazione di principio ch ' è bene e di già affermazione del valore a se dell ' ispirazione artistica ( « I ' mi son un , che quando / Amor mi spira , noto , e a quel modo / ch ' e ' ditta dentro vo significando » , Purgatorio , XXIV , 52­54 ) . Ma , più che in particolari aspetti , il nuovo trapela essenzialmente nell ' altissimo concetto della dignità umana e del valore dell ' azione umana : onde si continua anche nel poeta il tentativo degli stilnovisti di creare una moralità « laica » , che trova la sua base teorica nel concetto di « nobiltà » e la sua giustificazione dottrinale nel libro IV del Convivio . Certo , la fede nell ' uomo resta tuttavia consacrata dalla fede in Dio ; ne il senso potentissimo del valore individuale , umano , conduce ancora a dissidio con il senso della grazia divina : ancor fusi l ' uno nell ' altro essi appaiono nella volontà di riforma che anima il poeta , riforma politica e riforma morale , dell ' Impero e della Chiesa , dell ' uomo singolo come della collettività . Ma , sebbene ideologicamente involto in dottrine e schemi del passato , v ' è nel pensiero e nello stato d ' animo dantesco quello stesso lievito che già ha contrassegnato il movimento francescano e che è indice , precisamente , del sorgere di una nuova forza creatrice di civiltà : vale a dire la volontà di azione , di riforma del mondo attuale in vista di un futuro migliore , una volontà per cui nel poeta il ricordo di Roma antica già perde il carattere di una semplice , patetica rimembranza del tempo che fu e diviene invece incitamento ad agire , sulle orme del modello - - non diversamente da come l ' esaltazione delle pure virtù cristiane , anziché limitarsi a un semplice accenno elogiativo o a rimpianto , si traduce nell ' aspra invettiva contro la Chiesa mondana e il papato degenere . In siffatto atteggiamento , sia che ne derivi l ' invettiva contro « Alberto tedesco » , sia che ne derivi lo sdegno contro l ' avarizia del papato , è veramente compendiata quella che costituisce la prima fase del Rinascimento italiano : l ' erompere delle nuove , giovani forze che danno vita alla nazione italiana , e che cominciano a trasfondere la loro pienezza di energie dal terreno puramente pratico al terreno delle ideologie e dei miti , senza ancor ripudiare concetti e schemi teorici delle età precedenti , ma gli uni egli altri ravvivando per il fatto stesso di proporseli a programma d ' azione immediata , di trasformarli da semplice pensamento in mito . Ed è questa , la caratteristica anche di Cola di Rienzo , dell ' uomo cioè che , in un certo senso , più rimane vicino alle aspirazioni dantesche , e che ( a prescindere dall ' elemento prettamente personale , dallo spirito particolare del tribuno , con quei suoi subitanei ed eccessivi abbandoni a visioni fantastiche ) contrassegna anch ' egli l ' età sua : anche qui , senso nazionale e volontà di riforma , morale e politica , si riconnettono a un profondo e sincero stato d ' animo religioso ; anche qui , il rinnovamento vien concepito non come mero rinnovamento individuale , bensì collettivo ; anche qui , infine , l ' idea di Roma appare in veste sostanzialmente diversa dall ' idea medievale e da semplice vagheggiamento di un passato ormai tramontato si trasforma in volontà di far rivivere la grandezza d ' un tempo , di costruire l ' avvenire sulla base e per mezzo di un ritorno alle virtù d ' un tempo . Il tono religioso della predicazione del tribuno ; la sua volontà di rinnovare insieme la Chiesa e lo Stato ; la sua fede nel prossimo avvento di un ' umanità migliore , sotto il segno di Cristo ; in parte , anche , talune delle sue stesse fantasticherie e delle sue stesse ingenuità : tutto ciò riflette assai bene lo stato d ' animo e di spirito del primo Trecento , ancora animato da una volontà di organizzazione sociale politico ­ morale , che poi verrà meno in seguito , quindi preoccupato di una « riforma » di valore e carattere collettivo , e , nello stesso tempo , ancora strettamente legato non pure all ' idea religiosa , ma a dottrine e persino a superstizioni e a leggende del non lontano passato . S ' è detto superstizioni e leggende : e di tal genere sono , per esempio , le credenze magiche e astrologiche che hanno tuttora un peso così grande nella vita dei singoli come delle folle , e che si esprimono non pure nei pensieri e atti di un Cola , ma anche nello spirito di un uomo come Giovanni Villani ch ' è , per tanti riguardi , proprio l ' opposto dell ' immaginoso tribuno romano e che vien riguardato piuttosto come tipico rappresentante della borghesia venuta su tra gli affari , calcolatrice e pratica , con i piedi ben fermi sulla terra e poco incline ai voli dell ' immaginazione e alle teatralità alla Rienzo . Calcolatore ed equilibrato e ben attento alla terra , certo , il Villani : ma pure in lui , allato di atteggiamenti che preannunciano una nuova visione del mondo , allato del sempre crescente interesse per l ' uomo e le cose umane , sussistono i vecchi motivi , di stampo agostiniano , sulla vita terrena e sul volere divino , sussistono schemi dottrinali , e credenze ingenue del passato . E nulla più caratterizza questo tipico borghese del Trecento del fatto che , mentre all ' atto concreto egli osserva con gioia il fiorir della vita economica e ne esalta le singole forme , sino ad introdurre nella storiografia questo nuovo elemento ( si rammenti la celebrazione del fiorino d ' oro ) , quando poi si trova a dover giustificare , in linea di principio , quella stessa attività , non sa far altro che rifugiarsi nei vecchi assiomi , dai quali sgorga non il riconoscimento , ma la condanna o , al massimo , la diffidente tolleranza di commerci e traffici e cambi . Veramente classico esempio di un fatto pratico che non riesce ancora a divenir coscienza teorica , principio di vita : il mercante agisce in effetti secondo la ragion mercantile , ma quando si rivolge in se stesso e si chiede il perché della propria vita , non ritrova una risposta che lo assicuri , e si rifugia in norme morali che traggono la loro vitalità da ben altra fonte . Siffatto dissidio fra coscienza umana e coscienza religiosa , fra desiderio dell ' abbandonarsi alla gioia del vivere e far della terra e degli uomini e delle passioni umane il centro di ogni moto dell ' animo , e senso - - persistente - - del peccato e della colpa , della miseria originaria dell ' umanità e della necessaria aspirazione verso un altro mondo non contaminato , doveva venir espresso con tutta chiarezza , per la prima volta , dal Petrarca . In lui non solo continua a balenare , a tratti , quel mito del rinnovamento universale , su base essenzialmente religioso ­ morale ­ politica , che , come s ' è visto , ha costituito sino a quel momento il carattere saliente della vita spirituale italiana ; ma , quel ch ' è più , il senso del peccato - - questa nota fondamentale del cristianesimo - - riappare con un ' intensità psicologica e una vivacità passionale sconosciute alla più equilibrata e sicura coscienza dantesca , e la ben architettata , serena e raziocinante dottrina tomistica cede il luogo al pieno riaffermarsi del più inquieto , torbido anche , e angoscioso stato d ' animo di agostiniano influsso , per cui unico e assillante rimane il problema della salvezza dell ' anima . Non a caso il Petrarca scende in polemica contro la « scienza » , contro gli averroisti ; non a caso insiste sulla necessità di accettare « con umile fede » i segreti della natura , i misteri di Dio , che gli stolti credono di potere spiegare ; non a caso alla scienza egli contrappone la poesia e la retorica , vale a dire al ragionamento e alla teoria logicizzante il momento dell ' ispirazione : necessaria conseguenza di un atteggiamento fondamentale che chiede all ' animo , anzitutto , e non al pensiero il segreto della vita . Ma proprio in questo si rivela la crisi ormai aperta : in questo rinunziare a un ' inquadratura teorica d ' insieme per ridursi a lottare contro se stessi nello sforzo di domare la carne , in questo accentrare tutto nell ' uomo , nell ' animo umano , in questo insistente psicologismo che , superata or ­ mai la casistica intellettualistica degli stilnovisti , sempre più concentra gli sguardi sull ' uomo e le sue passioni . L ' uomo nuovo rinuncia tuttora a risolvere i vari perché e a costruirsi una visione della vita che sia in piena coerenza con il suo sentire : ma già in scena resta lui e lui solo , e lo stesso suo tormento interno , fra amore e morte , fra gloria e umiltà , non fa se non metterlo sempre più in risalto , come un microcosmo che in sé contenga ogni cosa degna di essere studiata . E che del problema religioso preoccupasse intimamente il poeta non la parte dogmatica , bensì solo la parte morale - - la salvezza dell ' anima - - era un altro significativo indizio di siffatto umanizzarsi del mondo : anche qui , non a caso , la preoccupazione religiosa degli uomini del Rinascimento - - e soprattutto degli umanisti non italiani - - sarebbe stata anzitutto preoccupazione non teologica ma morale , e avrebbe , in tal modo , aperto la via alla Riforma , nel suo nucleo originario e centrale dominata precisamente dal problema della salvezza . Così profondo era il senso dell ' uomo come personalità singola , che veramente col Petrarca s ' iniziava l ' aspirazione alla humanitas , peculiare del Rinascimento : nel progressivo disfacimento della volontà di riforma universale , dell ' escatologismo collettivo , cominciava ad emergere la volontà di creare , non un ' umanità o un popolo , ma degli uomini nuovi , di creare il vir , con un processo di autoelevazione morale e spirituale , di continuo arricchimento interiore , al quale doveva anzitutto servire l ' educazione letteraria e che doveva trovare nel culto del bello , nella politezza della forma e nell ' accurata conoscenza del pensiero umano la sua espressione saliente . Ritrovamenti eruditi e scoperte antiquarie , culto di Cicerone e volontà di dissipare gli errori e la rozzezza medievali ristudiando daccapo i modelli - - non meri modelli senz ' anima , ma modelli per l ' appunto di uomini nella pienezza delle loro forze spirituali e morali - - erano pertanto non semplici esteriorità , non bizantinismo di eruditi , bensì naturale sbocco di un anelito al rinnovamento che , sempre meno curando la collettività e sempre più il singolo , continuava pure a rimaner fermo nel mito del rinnovo e del modello nel passato : a Cesare - - simbolo dell ' Impero e vivo , in tutta la tradizione medievale , proprio come simbolo assai più che non come persona concreta - - si sostituiscono gli « eroi » di Roma repubblicana , e anzitutto gli Scipioni , i quali vengono scelti a rappresentare non il mito collettivo , bensì il mito individuale , la perfezione del singolo ; ma sussiste la fede , di schietta origine religiosa , che in un momento della storia si sia già rivelata la Verità e che ad esso si debba pertanto mirare ove si voglia progredire ; e questo momento - - modello per la creazione della nuova humanitas - - è rappresentato da Roma e dalla Grecia antiche . S ' iniziava per tal modo l ' Umanesimo , che se poté talora ridursi a opera di scrittori di secondo e terz ' ordine , a mera formalità , a imitazione senz ' anima , rimase tuttavia , nell ' insieme , contrassegnato da quelle caratteristiche che il Petrarca aveva già dato alla sua ammirazione e amore per gli antichi , cioè dal desiderio di creare , se non un ' umanità , almeno uomini migliori , prendendo a modello e incitamento un grande passato : si che il fervore erudito avrebbe condotto all ' inizio della filologia e dell ' archeologia in senso moderno , avrebbe cioè creato armi potentissime a sussidio dell ' intelligenza umana , completando e perfezionando l ' ideale della humanitas e influendo con ciò profondamente su tutta la vita e tutta l ' educazione europea dei secoli venturi . Ma poiché la humanitas avrebbe mantenuto quella nota di aristocratico distacco dal comune dei mortali ; poiché le sue doti peculiari , la dignitas sui , la maturità intellettuale e morale ne avrebbero fatto l ' attributo di uomini d ' eccezione e , allontanandola dalla « umanità » naturale , l ' avrebbero posta troppo in alto per le masse , ne sarebbe derivato alla cultura umanistica quel suo carattere di cultura di circoli ristretti , di cultura aristocratica che la differenzia profondamente da altri movimenti d ' idee e ne limita d ' assai il valore « sociale » , proprio a differenza di quanto era successo e doveva succedere con la civiltà cattolica del Medioevo e della Controriforma , sempre a largo contenuto sociale , sempre civiltà di masse , non di singoli . Nel Petrarca il dissidio fra senso dell ' umano e senso del divino era rimasto soprattutto uno stato d ' animo , un fatto psicologico assai più che non ideologico . Ma con il progressivo rafforzarsi del senso dell ' individualità il dissidio , meno acuto e in più d ' un caso quasi superato come fatto di coscienza , si trasferiva invece precisamente nel campo ideologico , dal sentimento al pensiero ; e a porre il problema in questa luce contribuiva altresì quel progressivo affermarsi del senso della natura , quel bisogno di « scienza » da cui erano caratterizzate le generazioni postpetrarchesche . E qui la via nuova è tracciata soprattutto dagli artisti e dai critici d ' arte , i quali dal canone fondamentale dell ' « imitar la natura » derivano i corollari della conoscenza « scientifica » , matematica della realtà : ottimo artefice può essere solo colui « el quale arà imparato conoscere li orli della superficie et ogni sua qualità » ( Alberti ) ; onde il valore fondamentale che acquista il problema della prospettiva - - il centro teorico di tutta l ' attività artistica del Quattrocento - - e di una prospettiva basata su precise regole geometriche ; onde , in seguito , lo studio anatomico , la minuziosa preparazione tecnico ­ scientifica dell ' artista , che giungerà al massimo grado con Leonardo . Come non un filosofo , bensì un poeta aveva per primo dato pienezza di rilievo alla personalità umana e alle sue passioni , così non scienziati puri - - in questo campo , i passi sono ancora assai più lenti - - , ma artisti rivelano nuove leggi della natura : altro caratteristico esempio di quel prevalere dell ' immaginazione sul raziocinio , dell ' ispirazione artistica sulla deduzione logica , che contraddistingue il Rinascimento e che gli dà un « tono » in netta antitesi con quello che sarà il tono dell ' Illuminismo , iniziato invece e condotto innanzi sotto gli auspici della filosofia e della scienza , non dell ' arte . Si è così attuato e completato quel processo di immersione nel mondo sensibile , nella realtà terrena , iniziatosi con l ' apparizione dell ' uomo nel centro della scena : poiché il rivolgersi verso la natura non vuol più dire semplice riproduzione veristica di particolari e contemplazione di forme esterne - - com ' era avvenuto da tempo - - , bensì e soprattutto orientamento deciso dello spirito verso la pura realtà terrena , oblio del senso del peccato e abbandono invece alla dolcezza del vivere , che permea di se l ' artefice e gl ' ispira tutta l ' opera sua , rivolta ormai non ad honorem Dei , ma a gloria dell ' artefice stesso e a letizia degli uomini . L ' opera d ' arte si abbarbica alla terra : e in luogo del tentativo di evasione verso l ' alto , si ha , fin nelle chiese , nei templi di Dio , la ricerca del solido contatto con la terra : massa a linea orizzontale e cupola fan rimanere in questo mondo , non avviano il pensiero all ' al di là . Il Tempio Malatestiano di Rimini è la traduzione architettonica di quella « dolcezza del vivere » che l ' Alberti , in altro momento , esalta nel dialogo Della Famiglia . Con ciò , si spezza il nesso fra l ' attività artistica e l ' attività morale ­ religiosa : la prima appare ormai avulsa da altri legami che non siano quelli , intrinseci , imposti dai suoi stessi fini , libera da premesse e aspirazioni metafisiche , attenta solo a creare l ' opera « bella » ; e , come fu già osservato , assai prima che non apparisse il politico ­ eroe del Machiavelli , apparve l ' artista ­ eroe dell ' Alberti , distaccato dal resto dell ' universo , solo con se stesso e i suoi sogni di linea , di forma , di colore ( cfr . L . VENTURI , Il gusto dei primitivi , Bologna 1926 , pp . 101­2 ) . Prime fra le vane forme di attività umana , poesia e arte avevano conquistato la coscienza della loro autonomia . Ciò significava dunque lo sgretolamento del mondo medievale : uno sgretolamento che , questa volta , si esprimeva non più soltanto come fatto psicologico , ma come fatto ideologico . Ma di fronte a simili esaltazioni dell ' uomo e della sua volontà , diveniva grave il problema dei rapporti fra il microcosmo ch ' è l ' uomo e Dio ; non diversamente da come s ' imponeva l ' altro problema dei rapporti fra natura e Dio e uomo , tra fato e fato naturale e dignitas hominis , o , per dirla con termini familiari agli scrittori del Rinascimento , tra provvidenza , fortuna e virtù . Fu il grosso problema attorno a cui si travagliarono i pensatori del Quattrocento , da Niccolò da Cusa a Pico della Mirandola . E quel senso dell ' uomo e della sua potenza , prima rivelatosi come intuizione poetica e artistica , venne elaborato sul terreno della logica , coordinato in un nuovo sistema che ebbe appunto nell ' uomo , nel microcosmo , il suo centro ; e alla rivelazione petrarchesca dell ' anima umana e delle sue passioni , alla glorificazione del corpo umano , in pieno rilievo nello spazio , che era il succo delle tavole di un Piero della Francesca o di un Mantegna , corrispose l ' esaltazione della « dignitas et excellentia hominis » che da Giannozzo Manetti si continuò fino a Pico della Mirandola , fino al Bovillo : ed ecco il grido della conquista , da parte dell ' uomo , del mondo : « Nostra namque , hoc est humana , sunt , quoniam ab hominibus effecta , quae cernuntur , omnes domus , omnia oppida , omnes urbes , omnia denique orbis terrarum aedificia , quae nimirum tanta et talia sunt , ut potius angelorum quam hominum opera , ob magnam quandam eorum excellentiam , iure censeri debeant . Nostrae sunt picturae , nostrae sculpturae , nostrae sunt arte , nostrae scientiae , nostrae sapientiae ... Nostrae sunt denique ... omnes adinventiones , nostra omnia diversarum linguarum ac variarum literarum genera ... Nostra sunt denique omnia machinamenta ... Haec quidem et coetera huiusmodi tot ac talia undique conspiciuntur , ut mundus et eius ornamenta ab omnipotenti Deo ad usus hominum primo inventa institutaque , et ab ipsis postea hominibus gratanter accepta , multo pulchriora multoque ornatiora ac longe politiora effecta fuisse videantur » ( MANETTI , De dignitate et excellentia hominis , Basel 1532 , pp . 129­31 ) ; ecco l ' uomo che Dio ha creato «...nec ... coelestem , neque terrenum , neque mortalem , neque immortalem ... ut tui ipsius quasi arbitrarius honorariusque plastes et fictor , in quam malueris tute formam effingas . Poteris in inferiora quae sunt bruta degenerare . Poteris in superiora quae sunt divina ex tui animi sententia regenerari . O summam Dei patris liberalitatem , summam et admirandam hominis felicitatem . Cui datum id habere quod optat , id esse quod velit ... » ( PICO , De hominis digitate , in Opera omnia , Basel 1557 , pp . 314­15 ) e che , posto « in omnium medio ... tanquam publica creatura ... quod relictum erat in Natura vacuum , potentiis , umbris , speciebus , imaginibus et rationibus supplevit » ( BOVILLO , De Sapiente , ed . Klibatlsky , in CASSIRER , Individuum und Kosmos in der Philosophie der Renaissance , Leipzig ­ Berlin 1927 , p . 355 ) . Eccolo padroneggiare la storia umana e , relegato nel fondo - - in un fondo a malapena percettibile - - il volere divino , creare da sé , con la sua volontà e sotto l ' impulso delle proprie passioni e interessi , il corso degli eventi : la nuova grande storiografia , di Machiavelli e di Guicciardini , parla solo di lui e delle sue gesta , e dalle pagine delle Istorie fiorentine o della Storia d ' Italia egli domina la scena , sia che lo storico lo effigi - - come personalità morale assai più che non fisica - - con pochi ma sicuri tratti , sia che lo faccia parlare in quei discorsi non per pura voluttà retorica inseriti , ora , dagli storiografi nel loro racconto . Eccolo infine padrone della vita statale e crearsi una dottrina politica che non conosce altri fini se non fini prettamente umani , di potenza , che si governa con le proprie leggi senza più riguardar né a religione né a morale , con piena autonomia d ' azione : altro grosso strappo nell ' involucro universalistico medievale . Ma , per quanto alto fosse il posto dell ' uomo , il suo predominio non era ancora senza nubi : e il grosso problema di conciliar la sua libertà e possanza con le leggi della natura - - a mano a mano rivelatasi come entità a sé , come realtà oggettiva fuori dello spirito umano e quasi quasi fuori , persino , del volere divino - - e , ancora , con la volontà divina , risorgeva tanto più grave quando ci si faceva a costruire una visione unitaria . Se l ' uomo appariva capace di padroneggiar la natura , non era men vero che questa manteneva una realtà a sé , con forze proprie ; s ' egli era riuscito a crearsi una estetica e una dottrina politica autonome , non era tuttavia giunto a crearsi un sistema morale sciolto dai nessi con i presupposti e i fini metafisici , cioè religiosi : donde l ' oscurarsi del quadro d ' insieme , le incertezze e frammentarietà di pensiero e quel che di misterioso che rimane attorno all ' uomo , impenetrabile anche al più fermo dei voleri , quella fortuna , così cara al Rinascimento e greve di significato oscuro - - parte concatenamento necessario e fatale degli eventi stessi , arte ancilla Dei e della imperscrutabile volontà divina , parte ancora magico influsso di stelle e fatalità astrologica - - che cozza costantemente con la « virtù » e ora n ' è vinta e ora invece con « straordinaria malignità » l ' atterra , anche se strenuissima , offrendoci , col suo perpetuo ritorno , l ' immagine più schietta del dissidio che mina sempre nel profondo la speculazione del Rinascimento , e che impedisce alle sue concezioni d ' insieme di pervenire a quella lucidità fredda e decisa , espressione di una compiuta e piena coscienza di tutto il problema , che caratterizza invece le sue concezioni particolari dell ' arte e della politica . Nonché eliminato , l ' assillo religioso riappariva dunque più forte : il bisogno di giustificare l ' essere e il mondo , natura e creatura , volontà e fortuna , di salvare l ' universalità della legge morale , di ritrovar l ' unità al disopra del crescente disgregarsi delle forme di vita , riconduceva il pensiero dell ' uomo alla Provvidenza : una Provvidenza certo parecchio diversa dalla Provvidenza dantesca e petrarchesca , una Provvidenza che recava già in sé taluni di quei caratteri di razionalità pura sviluppati in ben altra maniera , circa due secoli più tardi , dai deisti inglesi , che per avvicinarsi l ' uomo - - la grande creatura - - stava perdendo proprio la sua nota più profondamente e dolorosamente umana , la nota del peccato e dell ' espiazione , ma che nonostante tutto trascendeva pur sempre l ' uomo . Proprio sul finire del Quattrocento , attraverso le preoccupazioni dei neoplatonici fiorentini e i loro tentativi di una religione ­ filosofia e il loro sincretismo mistico ­ religioso riappariva più nettamente un bisogno di evasione dal puro ambito terreno che pareva riportare , in certo senso , ai primi periodi della nostra vicenda . Il movimento savonaroliano non era , sotto questo punto di vista , un mero anacronismo ; né mero episodio erano l ' amicizia con il riformatore del principe dei filosofi fiorentini , l ' esaltatore della « dignità » dell ' uomo Pico della Mirandola , e i propositi di conversione di quest ' ultimo e , ancora , la caratteristica ultima fase dell ' arte botticelliana . Riapparivano , queste preoccupazioni , proprio nel momento in cui la viltà del Rinascimento italiano cominciava a imprimere solido e durevole marchio nelle terre d ' oltralpe , dove anzi esse si sarebbero ripercosse con ancor più insistente eco : a Marsilio Ficino e a Pico specialmente avrebbero guardato gli umanisti europei , da Colet a Tommaso Moro a Erasmo , i quali , procedendo più oltre , rianimando il dibattito meramente speculativo con un acuito senso di rinnovamento cristiano e dando nuovamente prevalenza decisiva all ' elemento morale - - la salvezza dell ' anima - - sull ' elemento puramente dottrinale e teologico , avrebbero aperto la via alla Riforma . Ma come le preoccupazioni religiose , così veniva riaffermato con la massima forza - - e sia pure con ben altra applicazione - - un altro dei motivi fondamentali che si sono scoperti all ' inizio del Rinascimento : vale a dire il motivo del rinnovo , di una ricostruzione nel prossimo futuro che s ' ispira a un modello nel passato , al momento ­ rivelazione che contiene i « buoni principî » a cui bisogna ritornare per liberarsi dalle scorie e dalla barbarie - - morale o intellettuale - - provocata dai calamitosi tempi più recenti . Il motivo era ripreso , con singolare perspicuità , dal meno religioso degli spiriti del Rinascimento , dal Machiavelli , e su un terreno il più lontano possibile da quello ch ' era stato caro alle anime pie del Duecento : ma la trasposizione su terreno puramente umano non impediva che risorgesse così un atteggiamento di pensiero , una forma mentis alla cui origine stava una schietta esperienza religiosa e che , pertanto , continuava a costituire il più vero e profondo legame fra Rinascimento e Medioevo , fra le vecchie e le nuove generazioni . Una forma mentis che escludeva di per sé l ' idea di progresso , e si doveva invece richiamare alla dottrina dell ' eterno avvicendamento delle cose umane , dell ' immutabilità della natura umana attraverso i secoli : e se nell ' umanesimo « borghese » della Firenze quattrocentesca , nelle meditazioni , per esempio , dell ' Alberti , nel trattato della pittura , era già balenata l ' intuizione , nuova , della superiorità dei moderni sugli antichi , e cioè l ' intuizione del progredir della storia , col Machiavelli si ribadiva invece , in pieno , quella dottrina del vero e del bello incarnati in un frangente della storia passata , che aveva costituito la ragione d ' essere dell ' Umanesimo . Vengono ripresi , dunque , questi motivi ; e passano , l ' uno e l ' altro , nella Riforma : anche il motivo del rinnovo . Perché se la Riforma vuol ripristinare il regno di Dio e non il regno della humanitas , se dunque sotto questo riguardo il distacco non potrebbe essere più netto , anche i riformatori , almeno nella prima fase del sommovimento , credono nella possibilità dei rinnovi e si affissano in un modello lontano , la vera parola di Cristo , per ritrarne impulso verso l ' avvenire , verso l ' imminente novus ordo - - nesso sostanziale questo , di mentalità , fra Rinascimento e Riforma e fra l ' uno e l ' altra insieme e il Medioevo . Ma proprio allora il mito del rinnovo vien meno nella terra che l ' ha alimentato per tre secoli . La reazione contro l ' « antico » , come modello e norma ; il contrasto fra le due mentalità , quella che crede ancora nella possibilità di rinnovi sulla base di un ritorno a « principî » , di vita e d ' arione , di un momento el passato , e quella che rifiuta invece il valore dell ' « esempio » e del modello storico e postula invece semplicemente la conoscenza della realtà attuale , troppo diversa dalla passata e quindi non padroneggiabile sulle tracce altrui , questo contrasto , espresso con la più plastica e immediata evidenza nel contrasto Machiavelli ­ Guicciardini , ma percepibile sempre - - ad esempio , nei paralleli fra Roma antica e Venezia moderna - - e precorritore della massima bruniana che i veri antichi sono i moderni e della grande querelle des anciens et des modernes , segna veramente il tramonto del Rinascimento . Tramonto in stretta connessione con l ' infiacchimento della vita italiana , con la iniziantesi decadenza politica ed economica , con il venir meno delle grandi speranze e della volontà d ' azione , in una parola con il tramonto delle forze creatrici che avevano dato alimento ed essere alla nuova civiltà e ne avevano fatto l ' espressione piena del vigoroso sorgere della nazione italiana : e basterebbe a dimostrarlo il raffronto fra il Machiavelli , che dall ' esempio dei Romani attingeva di continuo l ' entusiasmo d ' azione , la volontà di rinnovare la vita politica italiana , e il Guicciardini che , se rinunziava al modello , rinunziava nel contempo alle grandi aspirazioni . Il « mito » del modello moriva in quanto moriva anche il correlativo mito del novus ordo , del nuovo secolo d ' oro : attesa escatologica e fede nel rinnovo cadevano , insieme , come insieme erano sorte . E già nell ' arte , in quella stessa di Michelangelo , apparivano i segni di quella più tormentata intuizione delle cose che doveva , poi , dar alimento al Barocco ; e già nella storiografia si riverberava l ' amarezza delle sventure politiche della penisola , e sulla fede nella capacità di azione dell ' uomo tornavano a proiettarsi , più forti , i dubbi , e tornava ad apparir il « miracoloso » di Dio o la precarietà assoluta della fortuna ; e già nel pensare politico si rifuggiva dalla lineare chiarezza e semplicità della meditazione machiavelliana , assillati come si era da risorgenti e angosciose domande sul bene e sul male , sul lecito e sull ' illecito . Era cioè di già , verso la metà del secolo XVI , lo stato d ' animo della Controriforma che prevaleva . Che se lo spirito speculativo del Rinascimento doveva giungere , proprio allora , alle sue ultime , ma più forti manifestazioni , e trovare nel Bruno il più efficace coordinatore dei termini contrastanti fra cui esso s ' era dibattuto , il tono generale dell ' epoca era ormai mutato . Come un poeta , Francesco Petrarca , aveva per primo espresso , pur tra i dubbi e i pentimenti della sua anima travagliata , che nuovo centro dell ' universo era diventato l ' uomo , così ora un altro poeta , Torquato Tasso , esprimeva , invece , il tormento nuovamente sopravvenuto nell ' uomo e nell ' anima sua , ricondotta all ' angoscia del peccato .