Saggistica ,
Alla
memoria
di
CESARE
DE
LOLLIS
maestro
di
scienza
e
di
vita
per
acutezza
d
'
indagine
e
libertà
di
spirito
per
amore
intrepido
della
giustizia
e
della
verità
.
I
IL
PROBLEMA
DEL
RISORGIMENTO
Concezione
materiale
e
concezione
spirituale
Che
cosa
si
debba
intendere
per
Risorgimento
italiano
,
e
innanzi
tutto
che
cosa
sia
che
«
ri
sorga
»
;
in
quale
relazione
esso
si
trovi
con
la
storia
europea
moderna
,
di
cui
rappresenta
l
'
equivalente
nella
storia
d
'
Italia
;
se
e
in
quale
misura
esso
sia
di
carattere
politico
o
etico
o
culturale
;
se
esso
sia
una
formazione
puramente
indigena
,
o
presenti
apporti
e
influenze
straniere
,
e
di
che
natura
e
misura
;
quando
abbia
inizio
e
quando
termini
:
sono
tutte
questioni
,
di
cui
talune
sono
state
trattate
con
insistenza
e
risolte
-
-
specie
in
tempi
recenti
-
-
con
asseveranza
dogmatica
non
rispondente
sempre
alla
solidità
della
trattazione
;
ma
non
altrettanto
esaminate
nell
'
insieme
,
sistematicamente
.
In
ciò
è
una
differenza
col
Rinascimento
,
tanto
discusso
negli
ultimi
decenni
precisamente
in
quanto
concetto
d
'
insieme
,
e
su
un
piano
di
storiografia
europea
;
mentre
il
Risorgimento
si
è
seguitato
prevalentemente
a
considerare
come
fatto
di
interesse
quasi
puramente
italiano
.
Checché
si
debba
pensare
,
per
ora
,
di
quest
'
ultimo
punto
,
certo
è
che
il
risorgimento
:
è
per
noi
Italiani
parte
capitale
della
nostra
storia
,
storia
di
ieri
che
proietta
la
sua
ombra
sull
'
oggi
,
librandosi
tra
passato
e
avvenire
.
L
'
interesse
del
tema
appare
già
nelle
valutazioni
contrastanti
delle
forze
varie
che
operarono
nel
Risorgimento
,
dei
procedimenti
di
esse
,
e
fin
dei
risultati
del
Risorgimento
medesimo
.
Negli
apprezzamenti
relativi
si
notano
oscillazioni
giungenti
fino
al
capovolgimento
,
dovute
non
solo
a
contrasti
di
pensiero
e
alternanze
di
indirizzo
storiografico
politico
,
ma
a
condizioni
politiche
contingenti
e
a
calcoli
pratici
.
Accenneremo
a
un
punto
solo
:
la
prevalenza
spiccata
nel
periodo
1870914
dell
'
ortodossia
«
ghibellina
»
,
a
cui
successe
nei
vent
'
anni
fra
le
due
guerre
(
e
in
parte
dura
ancora
)
una
altrettanto
spiccata
tendenza
guelfa
,
o
addirittura
di
ancien
régime
.
V
'
è
una
rappresentazione
ingenua
-
-
largamente
e
inconsciamente
diffusa
-
-
del
Risorgimento
per
cui
esso
si
ridurrebbe
alla
formazione
del
regno
d
'
Italia
,
avvenuta
fra
il
1859
e
il
1861
,
e
completata
nel
1866
e
1870
.
Per
una
tale
rappresentazione
non
ha
senso
parlare
del
Risorgimento
come
di
un
problema
.
Non
esiste
nessuna
problematica
del
Risorgimento
:
non
c
'
è
che
da
snocciolare
la
litania
dei
fatti
per
cui
le
diverse
parti
d
'
Italia
furono
aggregate
al
regno
sabaudo
di
Vittorio
Emanuele
II
.
Si
tratta
di
una
serie
di
avvenimenti
esteriori
:
battaglie
,
occupazioni
militari
,
trattati
,
plebisciti
,
voti
parlamentari
,
decreti
reali
.
Se
questa
rappresentazione
ingenua
si
tenta
,
comunque
,
di
ragionarla
,
essa
si
risolve
in
una
interpretazione
del
Risorgimento
come
un
fatto
puramente
politico
territoriale
statale
;
e
ne
vien
fuori
qualcosa
che
in
sede
filosofica
possiamo
chiamare
positivismo
materialistico
,
in
sede
politica
assolutismo
monarchico
.
È
stata
infatti
sostenuta
,
nel
periodo
fascista
,
la
tesi
che
il
processo
del
Risorgimento
consista
nell
'
assorbimento
dei
diversi
stati
italiani
,
o
regioni
della
penisola
,
da
parte
del
regno
sabaudo
di
Sardegna
,
la
formazione
del
quale
costituirebbe
il
prologo
-
-
l
'
unico
prologo
-
-
della
nuova
Italia
.
Una
simile
tesi
,
mentre
per
un
verso
è
strettamente
abbarbicata
alla
concezione
che
abbiamo
detto
ingenua
,
per
un
altro
viene
essa
medesima
a
superarla
e
negarla
,
in
quanto
è
pur
costretta
ad
affermare
un
'
idea
centrale
,
un
criterio
direttivo
,
interpretativo
,
e
cioè
a
porsi
il
Risorgimento
non
solo
come
fatto
materiale
da
constatare
e
da
accettare
puramente
e
semplicemente
,
ma
come
una
questione
da
discutere
,
un
processo
da
interpretare
.
Il
criterio
interpretativo
sarebbe
appunto
quello
dello
stato
,
come
formazione
e
consistenza
puramente
autoritarie
.
Il
tentativo
,
però
,
di
elevare
la
concezione
ingenua
a
riflessa
,
compiuto
da
quella
che
,
per
comodità
di
linguaggio
,
chiameremo
scuola
sabaudistica
,
fallisce
già
all
'
inizio
,
mostrandoci
l
'
immediato
ricadere
della
tesi
riflessa
sul
piano
dell
'
ingenua
.
Sono
,
infatti
,
d
'
importanza
capitale
la
parte
e
il
modo
di
partecipazione
della
monarchia
sabauda
nel
Risorgimento
;
ma
,
se
questo
si
riassume
nell
'
ampliamento
dello
stato
monarchico
sabaudo
a
regno
d
'
Italia
,
tanto
vale
dire
che
il
Risorgimento
si
riduce
all
'
aggregazione
esteriore
delle
diverse
regioni
italiane
al
Piemonte
,
cioè
al
fatto
materiale
delle
annessioni
:
le
quali
,
allora
,
non
concludono
un
processo
storico
,
non
rappresentano
la
manifestazione
della
volontà
del
paese
ma
si
riducono
a
un
puro
atto
di
impero
.
Si
nega
nel
Risorgimento
l
'
elemento
nazionale
,
popolare
,
spirituale
:
e
nessuna
vera
differenza
esiste
più
tra
la
formazione
dell
'
unità
italiana
e
una
qualsiasi
conquista
straniera
.
Possiamo
dunque
metter
tranquillamente
da
parte
quella
concezione
ingenua
,
che
ci
si
rivela
intrinsecamente
nulla
,
e
rifiutarne
sin
d
'
ora
la
forma
riflessa
,
che
tuttavia
esamineremo
man
mano
nei
suoi
diversi
tratti
;
qui
aggiungiamo
solo
,
per
meglio
far
risaltare
l
'
inconsistenza
della
seconda
forma
,
due
considerazioni
.
La
prima
è
che
la
concezione
territoriale
,
o
sabaudistica
,
è
inetta
a
comprendere
entro
di
sé
tutta
una
serie
di
episodi
indubbiamente
«
risorgimentali
»
.
Se
il
Risorgimento
si
riduce
,
puramente
e
semplicemente
,
alla
formazione
territoriale
del
regno
sabaudo
d
'
Italia
,
che
posto
possono
averci
la
rivoluzione
napoletana
del
1820
o
quella
dell
'
Italia
centrale
del
1831
,
le
quali
mirarono
semplicemente
a
trasformare
la
costituzione
interna
di
taluni
stati
italiani
?
Altrettanto
si
dica
dei
diversi
moti
di
Romagna
fra
il
1840
e
il
1846
,
o
di
quelli
tra
il
1821
e
il
1848
nel
regno
di
Napoli
;
mentre
tutta
l
'
azione
mazziniana
,
unitaria
bensì
,
ma
repubblicana
,
rischierebbe
addirittura
di
figurare
come
«
Anti
risorgimento
»
(
e
tale
figurazione
era
l
'
aspirazione
ultima
,
più
recondita
,
dei
sostenitori
di
quella
teoria
,
uno
dei
quali
ebbe
a
parlare
di
«
lebbra
repubblicana
»
)
.
Che
anzi
,
perfino
una
gran
parte
del
1848
,
con
i
moti
riformistici
immediatamente
precedenti
,
rimarrebbe
fuori
della
soglia
del
Risorgimento
.
L
'
altra
considerazione
è
che
da
quando
il
termine
«
Risorgimento
»
si
è
cominciato
ad
usare
per
un
dato
periodo
della
storia
d
'
Italia
,
e
più
precisamente
per
indicare
i
nuovi
destini
del
nostro
paese
,
esso
non
è
stato
preso
mai
in
senso
puramente
statale
territoriale
.
Da
Bettinelli
a
Carducci
,
da
Alfieri
a
Gioberti
,
dai
patrioti
giacobini
a
Santarosa
,
da
Mazzini
a
Cavour
,
tutti
-
-
sia
che
usassero
il
termine
specifico
,
sia
che
con
altre
parole
esprimessero
il
concetto
-
-
hanno
inteso
per
Risorgimento
d
'
Italia
un
fatto
,
o
meglio
un
processo
,
di
carattere
spirituale
,
una
trasformazione
intima
e
completa
della
vita
italiana
,
una
affermazione
di
autonomia
nazionale
e
individuale
.
Se
mai
,
il
nome
ha
avuto
prima
un
significato
esclusivamente
o
prevalentemente
letterario
culturale
,
per
poi
assurmerne
anche
uno
politico
territoriale
.
Italia
e
Risorgimento
italiano
sono
stati
ambedue
intesi
innanzi
tutto
come
un
fatto
di
coscienza
,
come
atto
spirituale
.
«
Nova
et
vetera
»
E
già
lo
stesso
termine
«
Risorgimento
»
esclude
quel
significato
puramente
territoriale
,
materialistico
sotto
apparenza
politica
(
anche
la
politica
è
atto
dello
spirito
)
.
Ri
sorgimento
significa
qualche
cosa
che
c
'
è
stata
già
,
che
ha
cessato
temporaneamente
di
esserci
e
che
ritorna
ad
esserci
.
Ora
,
uno
stato
italiano
,
prima
del
regno
d
'
Italia
proclamato
nel
1861
,
la
storia
non
lo
conosce
.
La
cosidetta
confederazione
romano
italica
non
merita
questo
nome
,
avendo
essa
consistito
in
una
serie
di
vincoli
bilaterali
fra
Roma
e
i
singoli
popoli
dell
'
Italia
peninsulare
,
anziché
in
una
organizzazione
politica
comune
.
L
'
estensione
del
diritto
di
cittadinanza
romana
a
tutta
l
'
Italia
in
seguito
alla
guerra
sociale
non
portò
-
-
per
essere
il
funzionamento
della
vita
politica
rimasto
essenzialmente
cittadino
-
-
a
una
effettiva
partecipazione
paritaria
e
unitaria
di
tutta
la
popolazione
italiana
alla
vita
statale
:
fra
le
autonomie
municipali
italiche
e
la
politica
centrale
in
Roma
non
vi
fu
alcun
legame
organico
,
costituzionale
.
Con
l
'
istituzione
dell
'
impero
,
e
la
sua
evoluzione
universalistico
assolutistica
,
gli
spunti
per
uno
stato
italiano
rimasero
frustrati
,
e
dallo
stato
cittadino
si
passò
senz
'
altro
a
quello
imperiale
.
L
'
Italia
rimase
nella
sua
totalità
parte
dell
'
impero
romano
(
dipendente
da
Costantinopoli
nell
'
ultimo
periodo
)
fino
all
'
invasione
di
Alboino
,
per
scindersi
poi
in
due
,
Italia
bizantina
e
Italia
longobarda
:
nell
'
una
e
nell
'
altra
il
popolo
italiano
non
partecipa
alla
direzione
politica
,
è
(
come
si
dice
)
oggetto
e
non
soggetto
di
storia
.
Il
regno
d
'
Italia
,
continuazione
di
quello
longobardo
,
fu
subordinato
al
nuovo
impero
d
'
occidente
,
e
non
comprese
mai
in
diritto
-
-
e
tanto
meno
in
fatto
-
-
tutta
l
'
Italia
;
e
per
la
sua
costituzione
politico
sociale
rappresentò
per
qualche
secolo
,
piuttosto
che
uno
stato
italiano
,
una
molteplicità
di
feudatari
stranieri
sovrapposti
alla
popolazione
italiana
.
Il
popolo
italiano
riprese
il
governo
di
se
stesso
con
i
comuni
,
che
però
si
presentano
come
tante
formazioni
autonome
locali
entro
il
sussistente
regno
impero
,
senza
legame
statale
fra
loro
.
Né
il
regime
comunale
,
nella
sua
piena
efficienza
,
si
estese
oltre
l
'
Italia
centrale
:
nettamente
distinto
,
anche
se
strettamente
connesso
per
l
'
attività
politica
,
fu
il
regno
del
Mezzogiorno
,
in
cui
si
succedettero
una
serie
di
dinastie
di
origine
straniera
e
mantenenti
(
eccettuata
la
prima
)
legami
politico
dinastici
e
statali
con
l
'
estero
.
Col
secolo
decimoquinto
si
ha
un
assetto
politico
dell
'
Italia
più
definito
,
con
taluni
grandi
stati
indipendenti
di
fatto
,
anche
se
con
legami
di
sudditanza
formale
(
il
ducato
di
Milano
,
feudo
imperiale
;
il
regno
di
Napoli
,
feudo
della
Chiesa
,
ecc
.
)
:
questi
stati
sono
completamente
autonomi
l
'
uno
rispetto
all
'
altro
,
e
accanto
ad
essi
rimangono
una
quantità
di
stati
più
piccoli
.
Seguirono
dal
principio
del
secolo
XVI
le
dominazioni
straniere
,
le
quali
,
senza
sopprimere
totalmente
la
personalità
dei
precedenti
stati
italiani
,
si
estesero
a
una
parte
considerevole
(
ora
più
ora
meno
grande
)
della
penisola
,
ed
esercitarono
una
preponderanza
sul
serio
.
Queste
dominazioni
straniere
cessano
con
la
costituzione
e
il
completamento
del
regno
d
'
Italia
del
1861
,
il
quale
dunque
rappresenta
,
pur
con
l
'
assorbimento
di
tanti
elementi
storici
,
una
formazione
nuova
.
Invece
,
quanti
in
Italia
,
dalla
fine
del
Settecento
in
poi
,
sperarono
,
invocarono
,
preconizzarono
il
Risorgimento
,
tutti
,
anche
se
in
diverso
modo
e
misura
,
dettero
importanza
a
quella
particella
«
ri
»
;
tutti
,
anelando
al
futuro
,
guardarono
indietro
al
passato
;
tutti
ricercarono
nella
storia
d
'
Italia
fatti
,
istituti
,
uomini
che
fossero
esempio
,
incoraggiamento
,
monito
,
preparazione
.
Tutti
hanno
mirato
a
riprendere
un
'
opera
imperfetta
,
a
riattaccare
fili
interrotti
:
chi
ha
invocato
(
Mazzini
)
una
terza
Roma
;
chi
ha
mostrato
(
Balbo
)
come
trama
unitaria
della
storia
italiana
l
'
indipendenza
ottenuta
,
perduta
,
riacquistata
,
perduta
ancora
,
e
che
bisognava
tornar
a
ricuperare
definitivamente
;
chi
ha
parlato
(
Gioberti
)
di
un
primato
storico
italiano
da
rivendicare
e
reintegrare
;
e
se
non
un
primato
,
almeno
una
condizione
onorevole
dell
'
Italia
,
pari
a
quella
delle
maggiori
nazioni
europee
.
Che
in
queste
concezioni
diverse
del
Risorgimento
ci
fossero
esagerazioni
,
confusioni
,
illusioni
;
che
,
alla
prova
dei
fatti
,
l
'
una
o
l
'
altra
parte
di
esse
sia
risultata
manchevole
,
non
è
dubbio
,
e
avremo
occasione
di
vederlo
.
Ma
non
sembra
possibile
gettar
via
-
-
come
dicono
i
Tedeschi
-
-
«
col
bagno
il
bambino
»
:
e
cioè
rifiutare
,
per
gli
errori
parziali
,
il
nucleo
di
verità
ad
esse
concezioni
comune
.
Il
quale
era
,
che
per
il
popolo
italiano
non
si
trattasse
di
un
cominciamento
assoluto
,
ma
di
un
ricominciamento
,
poiché
esso
popolo
aveva
dietro
a
sé
una
lunga
e
grande
storia
.
Che
questa
convinzione
sia
stata
una
forza
operante
del
Risorgimento
,
è
indubbio
;
e
se
anche
si
volesse
chiamarla
mito
,
converrebbe
ugualmente
tenerne
conto
appunto
perché
il
Risorgimento
non
è
puro
fatto
esteriore
,
ma
creazione
spirituale
.
Sarebbe
sempre
la
storia
passata
d
'
Italia
,
che
,
attraverso
l
'
interpretazione
«
mitica
»
,
avrebbe
agito
a
preparare
la
futura
.
Non
sembra
quindi
accettabile
una
interpretazione
del
Risorgimento
puramente
«
modernistica
»
,
la
quale
consideri
il
processo
di
questo
e
il
suo
risultato
-
-
l
'
Italia
nuova
e
una
-
-
come
la
fondazione
di
qualche
cosa
che
prima
non
c
'
era
stata
mai
,
in
alcun
modo
.
In
altri
termini
:
la
storia
d
'
Italia
non
comincia
col
Risorgimento
;
il
Risorgimento
bensì
è
un
periodo
capitale
di
questa
storia
.
La
concezione
modernistica
estrema
sarebbe
verità
inconfutabile
(
per
quel
che
si
è
detto
già
)
solo
se
del
Risorgimento
si
accettasse
il
concetto
puramente
politico
territoriale
.
Prima
della
costituzione
dello
stato
italiano
unitario
esisteva
da
secoli
un
popolo
italiano
.
La
molteplicità
politica
ineliminabile
dell
'
Italia
medievale
non
significa
che
non
esistesse
in
quel
tempo
l
'
idea
e
la
realtà
di
una
nazione
italiana
,
poiché
non
deve
confondersi
il
concetto
di
nazione
con
quello
di
Stato
,
tanto
meno
di
stato
unitario
del
tipo
moderno
.
I
nuclei
di
vita
politica
costituiti
dalle
città
italiane
non
erano
estranei
tra
loro
come
lo
sono
stati
di
nazioni
diverse
.
Dal
confronto
tra
le
relazioni
dei
comuni
italiani
,
sia
pure
in
guerra
tra
loro
,
e
quelle
di
Francia
e
Inghilterra
,
di
Francia
e
Germania
nello
stesso
periodo
storico
,
la
realtà
di
una
storia
(
anche
politica
)
d
'
Italia
balza
irresistibile
.
Non
solo
i
comuni
italiani
sapevano
perfettamente
di
appartenere
a
una
stessa
nazione
;
non
solo
al
di
là
della
vita
politica
interna
specifica
ad
ogni
comune
,
al
di
là
delle
lotte
fra
i
comuni
,
c
'
era
l
'
unità
del
sangue
,
della
lingua
,
della
coltura
,
della
vita
familiare
,
economica
,
religiosa
;
ma
vi
erano
anche
problemi
politici
identici
nelle
diverse
città
le
cui
soluzioni
o
tentativi
di
soluzione
si
intrecciavano
strettamente
dall
'
una
all
'
altra
:
istituti
comunali
e
loro
svolgimento
e
trasformazione
,
relazioni
fra
le
diverse
classi
politico
sociali
,
posizioni
rispetto
all
'
Impero
e
alla
Chiesa
.
La
vita
politica
nell
'
Italia
settentrionale
e
centrale
presenta
dappertutto
la
stessa
fisionomia
,
e
relazioni
dirette
si
stringono
nel
campo
politico
,
non
solo
da
città
a
città
,
ma
da
regione
a
regione
:
gli
avvenimenti
della
Lombardia
hanno
le
loro
ripercussioni
in
Toscana
,
quelli
del
Veneto
in
Piemonte
o
nella
Liguria
;
il
regno
di
Sicilia
è
strettissimamente
associato
ai
destini
del
resto
d
'
Italia
.
Le
grandi
città
marittime
,
nonostante
il
loro
sviluppo
autonomo
nei
mari
anche
lontani
dall
'
Italia
,
sono
strettamente
interessate
agli
avvenimenti
della
penisola
,
e
vi
prendono
spesso
parte
diretta
.
È
un
tessuto
fittissimo
di
relazioni
che
rende
assolutamente
impossibile
fare
la
storia
di
una
grande
città
italiana
del
tempo
,
o
anche
di
una
regione
,
senza
trattare
contemporaneamente
quella
di
tutte
le
altre
.
E
tanto
più
ciò
vale
per
il
periodo
delle
signorie
e
dei
principati
,
quando
pochi
stati
maggiori
reggono
,
nella
collaborazione
o
nel
contrasto
delle
loro
politiche
intrecciate
perpetuamente
l
'
una
all
'
altra
,
i
destini
di
tutta
l
'
Italia
.
Quando
passiamo
al
periodo
delle
dominazioni
straniere
,
quel
filo
unitario
non
s
'
interrompe
,
anzi
si
fa
più
solido
,
sebbene
il
popolo
italiano
perda
il
governo
di
se
stesso
.
Se
,
cioè
,
è
lecito
parlare
di
storia
d
'
Italia
(
e
non
solo
di
Milano
,
Firenze
o
Napoli
)
al
tempo
dei
comuni
,
delle
signorie
e
dei
principati
,
a
più
forte
ragione
si
può
parlarne
nel
periodo
delle
dominazioni
straniere
.
È
proprio
allora
che
l
'
Italia
,
come
un
tutto
politico
,
prende
più
visibilmente
corpo
,
e
incomincia
a
porsi
nella
storia
d
'
Europa
quel
problema
unitario
italiano
che
per
adesso
è
trattato
dalle
potenze
straniere
,
e
che
sarà
poi
sciolto
dal
popolo
italiano
nel
Risorgimento
.
Nel
Seicento
si
perorò
e
si
discusse
,
in
prosa
e
in
versi
,
intorno
alle
sorti
comuni
d
'
Italia
come
non
mai
per
l
'
addietro
.
Chi
-
-
è
il
caso
più
frequente
-
-
pensa
per
lei
a
una
confederazione
di
principi
,
e
chi
abbozza
già
l
'
idea
(
che
allora
appariva
utopistica
)
della
sua
riunione
sotto
il
governo
di
un
solo
.
Chi
avversa
la
preponderanza
spagnuola
,
e
vorrebbe
equilibrarla
con
l
'
intervento
francese
;
chi
invece
ritiene
che
quella
preponderanza
assicuri
la
tranquillità
e
la
concordia
italiane
;
chi
,
più
generoso
,
vorrebbe
fare
a
meno
di
tutti
gli
stranieri
.
Ma
quel
che
è
comune
a
tutti
-
-
alla
letteratura
politica
del
tempo
di
Carlo
Emanuele
I
come
a
quella
del
tempo
di
Luigi
XIV
,
a
Girolamo
Muzio
,
propugnatore
di
una
confederazione
italica
nella
seconda
metà
del
Cinquecento
,
come
a
Vittorio
Siri
,
che
verso
la
metà
del
Seicento
sosteneva
la
necessità
di
un
'
occupazione
francese
in
Italia
per
l
'
equilibrio
-
-
è
la
considerazione
dell
'
Italia
come
unità
totalità
politica
,
con
interessi
e
destini
comuni
,
a
cui
occorre
provvedere
secondo
un
'
idea
direttiva
unica
,
un
piano
politico
unitario
.
Pure
tutto
questo
,
da
solo
,
potrebbe
non
rappresentare
altro
che
ideologia
politica
,
o
anzi
letteratura
retorica
,
simile
a
quella
dell
'
anonimo
«
gentiluomo
italiano
»
che
nei
primi
del
Seicento
parlava
di
un
'
Italia
«
vera
e
legittima
signora
del
mondo
»
.
Se
,
però
,
questa
pubblicistica
politica
la
si
mette
in
relazione
con
gli
avvenimenti
reali
,
allora
essa
assume
altro
aspetto
.
Precisamente
le
invasioni
straniere
,
cominciate
con
Carlo
VIII
,
contribuirono
a
porre
in
termini
concreti
la
questione
d
'
Italia
,
come
entità
politica
unitaria
.
Quelle
che
furono
da
principio
gare
per
il
possesso
di
questa
o
quella
parte
isolata
d
'
Italia
(
ducato
di
Milano
,
regno
di
Napoli
)
si
trasformarono
ben
presto
in
contese
per
la
preponderanza
in
Italia
,
e
quindi
per
un
assetto
generale
della
penisola
italiana
.
Grande
portata
ebbe
la
riunione
avvenuta
sotto
un
solo
dominio
-
-
e
durata
fino
al
1734
-
-
del
Milanese
e
del
Napoletano
,
cioè
del
Nord
e
del
Sud
d
'
Italia
.
Per
trovare
qualcosa
di
simile
bisogna
risalire
indietro
fino
ai
Longobardi
e
ai
Goti
,
perché
neanche
Federico
II
(
alto
signore
in
Lombardia
,
non
dominatore
diretto
)
ci
offre
nulla
di
equivalente
.
La
riunione
di
Nord
e
Sud
sotto
Spagna
e
poi
sotto
Austria
era
evidentemente
una
grande
iattura
per
l
'
indipendenza
italiana
;
ma
rafforzava
l
'
unificazione
politica
della
penisola
.
Questione
dell
'
indipendenza
e
questione
dell
'
unità
coincidono
nella
loro
soluzione
finale
,
ma
non
nei
loro
svolgimenti
.
E
del
resto
la
riunione
di
Milano
e
di
Napoli
sotto
la
stessa
dominazione
straniera
portava
ad
associare
anche
gli
sforzi
indirizzati
a
liberare
da
quella
le
due
regioni
.
I
duchi
di
Savoia
aspiravano
alla
Lombardia
;
ed
era
pure
un
Savoia
il
principe
Tommaso
,
che
si
progettò
da
parte
francese
di
mandare
nel
Napoletano
,
e
che
anzi
,
sotto
Mazarino
,
avviò
l
'
impresa
attaccando
lo
Stato
dei
presidî
.
Alcuni
anni
prima
,
al
tempo
di
Vittorio
Amedeo
I
,
di
cui
Tommaso
era
fratello
,
fu
ordita
una
congiura
che
avrebbe
dovuto
dare
al
duca
il
regno
di
Napoli
,
passando
il
Piemonte
all
'
altro
fratello
,
il
cardinal
Maurizio
,
e
il
Milanese
al
duca
di
Mantova
.
Ogni
piano
di
cacciata
degli
Spagnuoli
importava
necessariamente
un
riordinamento
generale
d
'
Italia
,
cioè
la
posizione
del
problema
politico
unitario
italiano
.
Ma
se
non
è
accettabile
una
interpretazione
modernistica
estrema
del
Risorgimento
-
-
che
del
resto
non
mi
sembra
sia
stata
sostenuta
espressamente
da
nessuno
,
poiché
l
'
opposizione
alla
«
unità
della
storia
d
'
Italia
»
ha
diverso
significato
,
-
-
ancor
meno
accettabile
sarebbe
una
interpretazione
puramente
«
passatistica
»
.
Sarebbe
assurdo
cioè
considerare
il
Risorgimento
come
pura
e
semplice
continuazione
della
precedente
storia
italiana
,
come
processo
puramente
di
evoluzione
interna
,
privo
di
rivoluzione
,
come
un
fatto
puramente
autoctono
,
indipendente
nella
sua
trama
essenziale
della
storia
generale
europea
.
V
'
è
il
ricominciamento
,
v
'
è
il
riattacco
al
passato
;
ma
v
'
è
,
altrettanto
e
più
,
l
'
elemento
nuovo
sovvertitore
,
l
'
inquadramento
nella
nuova
realtà
europea
,
formatasi
dopo
il
Rinascimento
in
massima
parte
indipendentemente
dall
'
Italia
.
Nova
et
vetera
:
l
'
Italia
del
Risorgimento
,
mentre
fa
appello
alle
tradizioni
paesane
,
mentre
aspira
a
tornar
degna
della
grandezza
passata
,
ha
perfetta
coscienza
che
appelli
e
aspirazioni
debbono
avere
per
ultimo
scopo
di
ricongiungerla
e
riportarla
alla
pari
con
l
'
Europa
,
andata
avanti
per
conto
suo
.
Anche
qui
la
pubblicistica
del
Risorgimento
è
concorde
;
i
moderati
gareggiano
con
i
radicali
,
gli
economisti
con
i
politici
.
Gli
uni
parlano
(
Balbo
)
del
governo
rappresentativo
di
tipo
inglese
da
introdurre
in
Italia
senza
vane
preoccupazioni
di
originalità
;
gli
altri
constatano
(
Ferrari
)
che
il
«
risorgimento
»
dall
'
Italia
era
passato
alla
Germania
con
la
Riforma
e
alla
Francia
con
la
Rivoluzione
,
e
ora
si
trattava
di
farlo
tornare
in
Italia
;
altri
ancora
insistono
sulla
inferiorità
della
coltura
o
della
vita
economica
in
Italia
rispetto
ad
altri
paesi
europei
.
Non
fa
eccezione
l
'
italianissimo
Mazzini
;
poiché
il
suo
ideale
di
un
'
Italia
protagonista
,
conduttrice
dell
'
Europa
,
nazione
apostolo
,
nazione
Cristo
,
presuppone
la
piena
accettazione
e
assimilazione
da
parte
di
essa
Italia
di
tutto
il
precedente
progresso
europeo
,
conclusosi
nella
rivoluzione
francese
.
Ogni
periodo
successivo
dell
'
umanità
per
il
Mazzini
deve
mantenere
i
valori
del
periodo
antecedente
aggiungendovi
i
nuovi
:
«
nella
serie
delle
sintesi
,
l
'
ultima
deve
necessariamente
comprendere
tutti
i
termini
delle
anteriori
più
in
proprio
;
quindi
la
sintesi
unitaria
non
può
rigettare
i
termini
conquistati
dalle
sintesi
anteriori
di
libertà
ed
eguaglianza
»
.
Bensì
il
suo
prepotente
idealismo
,
la
sua
lungimiranza
eroica
non
gli
facevano
scorgere
interamente
la
portata
e
la
difficoltà
di
questa
inclusione
delle
conquiste
precedenti
nelle
successive
,
e
lo
inducevano
a
bruciare
le
tappe
.
Del
resto
,
egli
si
spingeva
nel
suo
universalismo
fino
a
considerare
l
'
idea
della
patria
nazionale
come
stadio
transitorio
accettato
realisticamente
,
che
doveva
sboccare
in
una
organizzazione
unica
dell
'
umanità
.
Italia
vecchia
ed
Europa
nuova
La
tesi
modernistica
estrema
possiamo
chiamarla
europeista
pura
;
quella
«
passatistica
»
,
nazionalista
.
Unilaterali
ambedue
,
ma
più
sbagliata
e
pericolosa
per
fraintendimenti
la
seconda
.
La
tesi
europeista
pura
non
sopprime
i
dati
reali
del
Risorgimento
,
non
sfigura
il
processo
effettivo
di
questo
;
solo
impedisce
la
visione
completa
degli
uni
e
dell
'
altro
.
La
tesi
nazionalistica
,
invece
,
mentre
pretende
ricondurre
tutto
a
un
processo
autoctono
,
ignora
o
falsifica
quella
stessa
storia
dell
'
Italia
prerisorgimentale
che
dovrebbe
essere
la
sua
più
salda
base
.
Poiché
è
proprio
dalla
considerazione
della
continuità
fra
Italia
prerisorgimentale
e
risorgimentale
che
balza
fuori
l
'
ispirazione
europea
,
l
'
esigenza
europea
a
cui
il
Risorgimento
risponde
.
Questo
riprende
il
filo
della
storia
italiana
precisamente
in
quanto
riconduce
l
'
Italia
nel
cerchio
della
civiltà
europea
,
sulla
linea
del
progresso
europeo
da
cui
si
era
appartata
,
abbandonando
le
tradizioni
di
libertà
e
universalità
di
pensiero
che
avevano
formato
la
sua
grandezza
autentica
:
e
così
,
la
più
vera
italianità
fa
tutt
'
uno
con
questo
spirito
europeo
.
Le
stesse
formulazioni
estreme
del
Gioberti
(
«
primato
»
)
e
del
Mazzini
(
«
missione
»
)
non
sono
se
non
manifestazioni
o
trasformazioni
-
-
e
sia
pure
parziali
travisamenti
-
-
di
questa
esigenza
europea
che
si
impone
all
'
Italia
.
Lasciando
ora
da
parte
i
periodi
preromano
e
romano
-
-
che
può
discutersi
se
appartengano
alla
preistoria
o
alla
storia
d
'
Italia
:
noi
pensiamo
che
almeno
al
tempo
della
guerra
sociale
riluca
un
'
alba
di
storia
italiana
-
-
la
vita
del
nostro
popolo
prende
forma
definita
,
uscendo
dalla
mescolanza
romano
barbarico
cristiana
e
dallo
sminuzzamento
feudale
,
nel
secolo
duodecimo
,
e
cioè
nell
'
età
comunale
e
per
opera
dei
comuni
,
ai
quali
risponde
,
e
contraddice
a
un
tempo
,
la
formazione
(
non
a
caso
contemporanea
)
del
regno
di
Sicilia
.
Dalla
fine
del
secolo
undecimo
al
principio
del
decimosesto
è
il
grande
periodo
della
storia
italiana
,
quello
in
cui
tutte
le
nostre
energie
economiche
,
politiche
,
culturali
,
morali
,
religiose
hanno
pieno
e
armonico
sviluppo
,
in
cui
il
tenor
di
vita
si
eleva
e
si
raffina
,
le
forme
statali
si
complicano
e
si
perfezionano
,
letteratura
,
arte
,
scienza
fioriscono
;
e
tanta
pienezza
di
civiltà
innalza
l
'
Italia
a
un
livello
superiore
a
quello
delle
altre
nazioni
europee
.
È
il
periodo
che
il
Bettinelli
chiamò
Risorgimento
,
e
che
poi
si
disse
Rinascimento
;
il
secondo
termine
,
però
,
fu
applicato
più
propriamente
al
Quattro
e
Cinquecento
,
che
presentano
taluni
caratteri
distintivi
rispetto
ai
tre
secoli
anteriori
.
Non
occorre
qui
inoltrarci
nelle
discussioni
recenti
sui
rapporti
fra
i
due
periodi
,
discussioni
che
fanno
tutt
'
uno
con
quella
sul
rapporto
di
opposizione
e
di
continuità
fra
medioevo
e
Rinascimento
;
quel
che
importa
a
noi
qui
è
di
segnare
nettamente
questo
periodo
di
circa
quattro
secoli
e
mezzo
che
dal
nostro
punto
di
vista
possiamo
e
dobbiamo
considerare
unitario
,
e
che
è
quello
del
pieno
sviluppo
della
vita
italiana
:
il
periodo
che
in
politica
va
dalla
fioritura
dei
comuni
alla
«
bilancia
»
dei
principati
;
nel
pensiero
,
dalla
prima
scolastica
di
Anselmo
d
'
Aosta
a
Ficino
e
a
Pico
attraverso
san
Tommaso
d
'
Aquino
e
san
Bonaventura
:
in
letteratura
,
dal
Cantico
delle
creature
all
'
Orlando
Furioso
passando
per
la
Divina
Commedia
e
il
Decamerone
;
nell
'
arte
,
dall
'
Antelami
,
per
i
Pisano
,
Giotto
e
i
quattrocentisti
fiorentini
,
a
Michelangelo
.
Fioritura
di
vita
superba
,
integrale
e
ininterrotta
,
di
fronte
a
cui
conviene
solo
rilevare
-
-
cosa
essenziale
per
il
nostro
proposito
-
-
che
nella
prima
parte
di
questo
periodo
più
che
quadrisecolare
lo
svolgimento
della
civiltà
italiana
rimane
ancora
sostanzialmente
racchiuso
entro
i
confini
della
nazione
,
mentre
nel
secondo
trabocca
al
di
fuori
,
e
l
'
Italia
diviene
maestra
all
'
Europa
.
Ma
sino
alla
fine
del
periodo
la
storia
italiana
,
pur
collegata
al
resto
d
'
Europa
,
ha
carattere
autonomo
;
gli
stati
italiani
sono
indipendenti
,
il
popolo
italiano
è
soggetto
,
non
oggetto
,
di
storia
,
ha
in
mano
il
governo
dei
propri
destini
.
Alla
fioritura
e
alla
preponderanza
culturale
risponde
la
personalità
politica
autonoma
della
nazione
,
anche
se
appare
una
superiorità
del
momento
culturale
spirituale
su
quello
politico
territoriale
.
Tutto
cambia
nel
corso
del
secolo
XVI
,
il
secolo
della
grande
crisi
italiana
,
il
secolo
del
trapasso
dagli
splendori
del
Rinascimento
alle
tristezze
e
bassure
del
Seicento
.
Con
la
fine
del
Rinascimento
e
con
la
maturazione
della
Controriforma
la
coltura
italiana
perde
la
posizione
di
predominio
tenuta
per
circa
due
secoli
in
Europa
.
Nei
paesi
transalpini
,
e
specialmente
in
quelli
dell
'
Europa
occidentale
,
le
nuove
colture
,
sorte
sul
suolo
nazionale
smosso
e
fecondato
dalla
civiltà
del
Rinascimento
italiano
,
si
sviluppano
adesso
autonome
e
rigogliose
,
e
a
poco
a
poco
,
in
un
rovesciamento
di
parti
,
acquistano
influenza
preponderante
sulla
coltura
italiana
.
Soprattutto
nel
campo
del
pensiero
filosofico
scientifico
lo
spostamento
è
radicale
.
Il
periodo
della
Controriforma
fuori
d
'
Italia
presenta
elementi
positivi
e
negativi
in
contrasto
,
con
prevalenza
dei
primi
soprattutto
nei
due
grandi
paesi
occidentali
,
Francia
e
Inghilterra
.
Le
lotte
politico
religiose
tengono
vivi
e
pungolano
gli
spiriti
.
Da
noi
,
quiete
di
ristagno
:
la
doppia
cappa
di
Impero
e
Chiesa
grava
sulla
penisola
.
La
prigionia
del
Campanella
,
il
rogo
del
Bruno
,
la
condanna
di
Galileo
segnano
lo
spegnersi
di
una
speculazione
indipendente
in
Italia
.
Il
nostro
paese
non
solo
perde
il
primato
intellettuale
,
ma
esce
dal
circuito
della
coltura
produttiva
europea
e
si
racchiude
nell
'
erudizione
pura
e
nelle
logomachie
scolastiche
.
Il
pensiero
moderno
vive
e
si
svolge
al
di
fuori
.
La
filosofia
moderna
prende
le
mosse
da
Descartes
,
e
quando
in
Italia
,
verso
la
fine
del
Seicento
,
si
ebbe
una
prima
ripresa
di
vita
culturale
,
questa
nel
campo
filosofico
e
scientifico
si
svolse
in
gran
parte
sotto
l
'
influenza
del
cartesianesimo
,
mentre
anche
in
quello
dell
'
erudizione
altri
stranieri
furono
maestri
,
specialmente
i
Benedettini
della
congregazione
francese
di
San
Mauro
(
Mabillon
)
.
All
'
influenza
di
Cartesio
successe
quella
di
Newton
;
e
mentre
nell
'
erudizione
e
nella
ricerca
storica
già
ai
primi
del
Settecento
l
'
Italia
ha
maestri
suoi
,
nel
mondo
del
pensiero
il
filosofismo
inglese
e
il
francese
tengono
lo
scettro
.
Questo
nell
'
ordine
della
coltura
:
in
quello
politico
non
occorre
spendere
parola
a
mostrare
l
'
abbassamento
intervenuto
.
Perduta
l
'
indipendenza
nazionale
nella
tragedia
del
primo
trentennio
del
Cinquecento
,
l
'
Italia
è
bensì
più
che
mai
(
come
accennammo
già
)
al
centro
della
politica
europea
,
ma
in
quanto
materia
di
contrasto
per
la
preponderanza
fra
le
grandi
potenze
,
che
ne
decidono
i
destini
.
Anche
le
forme
politiche
nuove
-
-
monarchia
assoluta
parificatrice
e
accentratrice
,
monarchia
costituzionale
parlamentare
-
-
si
svolgono
fuori
d
'
Italia
.
Spuntano
ogni
tanto
nella
storiografia
italiana
contemporanea
velleità
di
rivalutazioni
della
Controriforma
e
del
Seicento
italiani
:
ora
nel
campo
dell
'
arte
,
accentuando
l
'
elemento
positivo
del
barocco
,
esaltandone
in
blocco
i
rappresentanti
,
scoprendo
ogni
tanto
genî
ignorati
;
ora
in
quello
della
politica
,
ricantando
le
doti
,
per
l
'
ennesima
volta
,
di
Carlo
Emanuele
I
«
campione
dell
'
indipendenza
italiana
»
,
o
presentando
il
principato
mediceo
come
precursore
dello
stato
moderno
,
o
facendo
l
'
apologia
del
dominio
spagnuolo
(
apologia
che
si
riduce
in
sostanza
a
mostrare
che
il
diavolo
non
era
tanto
brutto
quanto
si
dipinge
)
;
ora
-
-
ed
è
il
caso
più
frequente
-
-
in
quello
religioso
,
esaltando
il
merito
dell
'
Inquisizione
romana
di
aver
mantenuto
l
'
unità
religiosa
d
'
Italia
e
di
averla
preservata
dall
'
eresia
,
senza
far
distinzione
,
ovvia
e
fondamentale
,
fra
unità
religiosa
spontanea
,
vivente
,
e
uniformità
imposta
dall
'
esterno
,
senza
neanche
domandarsi
quali
risultati
profondi
la
Controriforma
italiana
abbia
avuto
per
la
vita
dello
spirito
,
e
cioè
per
la
stessa
coscienza
religiosa
,
e
senza
fare
il
confronto
con
il
diverso
stato
di
cose
,
con
la
vitalità
ben
più
ricca
e
intima
che
mostra
la
vita
religiosa
nella
Francia
,
pur
cattolica
,
dello
stesso
periodo
.
Ma
in
queste
apologie
controriformistiche
si
tratta
,
appunto
,
di
semplici
velleità
,
che
si
spengono
contro
l
'
evidente
realtà
d
'
insieme
della
decadenza
spirituale
,
politica
,
economica
d
'
Italia
in
quel
periodo
;
realtà
illuminata
in
tutta
la
sua
imponenza
dal
doppio
confronto
,
con
lo
stato
precedente
d
'
Italia
e
con
quello
contemporaneo
delle
altre
nazioni
europee
.
Rimane
inconcusso
e
incontrovertibile
il
fatto
che
la
linea
della
vita
italiana
,
ascendente
dal
1110
al
1300
,
mantenutasi
poi
ad
un
alto
livello
,
ma
non
senza
discese
parziali
,
fino
al
principio
del
secolo
XVI
,
scende
precipitosamente
dopo
il
1530
sino
alla
fine
del
secolo
,
per
rimanere
nella
bassura
durante
tutto
il
secolo
seguente
.
Nell
'
ordine
politico
è
inutile
discutere
sull
'
opera
più
o
meno
saggia
dell
'
uno
o
dell
'
altro
sovrano
,
accentuare
enfaticamente
i
contrasti
che
i
principi
sabaudi
hanno
avuto
con
i
dominatori
stranieri
d
'
Italia
,
gonfiare
le
voci
d
'
indipendenza
italiana
nel
Seicento
.
Quel
che
conta
è
la
mancanza
di
partecipazione
,
in
quei
contrasti
,
in
quelle
voci
,
e
in
generale
in
tutta
la
vita
politica
del
popolo
-
-
intendendo
per
popolo
anche
le
classi
elevate
,
-
-
e
la
conseguente
indifferenza
,
diseducazione
,
cristallizzazione
e
depauperamento
dei
ceti
dirigenti
,
con
il
fatto
dominante
della
la
soggezione
al
dominio
straniero
.
Nel
campo
culturale
,
una
produzione
erudita
abbondante
e
varia
,
e
lampi
fuggevoli
di
personalità
,
non
riparano
all
'
assenza
di
una
vita
vera
di
pensiero
.
In
quello
religioso
,
il
valore
individualmente
e
socialmente
apprezzabile
della
credenza
sinceramente
professata
,
del
costume
morale
osservato
,
o
almeno
riconosciuto
,
non
può
celare
l
'
aduggiamento
delle
formule
ripetute
passivamente
,
l
'
esaurimento
dell
'
impulso
intimo
irraggiato
nei
secoli
precedenti
dalla
religione
nella
vita
quotidiana
per
trasformarla
ed
elevarla
.
Il
tratto
comune
è
l
'
abbassamento
del
tono
vitale
,
la
dissociazione
fra
i
diversi
elementi
della
vita
nazionale
,
dissociazione
per
cui
la
politica
si
riduce
a
ragion
di
stato
,
la
coltura
a
erudizione
professionale
o
capriccio
di
virtuosi
,
la
religione
a
osservanza
formale
dei
riti
tradizionali
e
obbligatorî
.
Per
un
secolo
e
mezzo
,
nelle
tre
grandi
nazioni
sorelle
dell
'
italiana
-
-
Francia
,
Inghilterra
,
Germania
-
-
uscite
com
'
essa
dalla
elaborazione
e
trasformazione
dell
'
individualismo
e
universalismo
medievali
,
evoluzione
politica
,
economica
,
culturale
,
e
trasformazione
e
lotte
religiose
procedono
di
pari
passo
;
e
l
'
elemento
religioso
è
anzi
quello
dominatore
e
unificatore
,
tanto
che
anche
i
manualetti
storici
hanno
tutti
il
loro
bravo
periodo
de
«
le
guerre
di
religione
»
.
E
dopo
queste
guerre
,
dopo
la
pace
di
Vestfalia
,
la
rivoluzione
inglese
e
il
ritiro
dell
'
editto
di
Nantes
,
il
problema
religioso
permane
,
sotto
altre
forme
,
alla
ribalta
:
giansenismo
e
gesuitismo
in
Francia
,
deismo
e
razionalismo
(
il
così
detto
Illuminismo
)
in
Inghilterra
,
Francia
e
,
in
grado
minore
,
in
Germania
.
Il
consolidamento
definitivo
del
protestantesimo
in
Germania
di
fronte
alla
Controriforma
e
l
'
avviamento
alla
libertà
religiosa
fanno
tutt
'
uno
con
lo
sgretolamento
del
Sacro
Romano
Impero
e
lo
sviluppo
degli
stati
tedeschi
,
dalla
cui
unione
dovrà
poi
sorgere
l
'
unità
nazionale
germanica
.
In
Francia
la
riduzione
del
protestantesimo
in
limiti
ristrettissimi
,
l
'
instaurazione
ufficiale
delle
«
libertà
gallicane
»
e
la
repressione
del
giansenismo
sono
strettamente
connesse
con
l
'
onnipotenza
regia
e
l
'
accentramento
statale
preparanti
,
per
reazione
e
derivazione
a
un
tempo
,
il
filosofismo
e
la
rivoluzione
.
Pascal
e
Bossuet
,
principi
della
prosa
francese
,
sono
altresì
maestri
di
morale
e
di
teologia
,
come
mutatis
mutandis
si
potrà
dire
più
tardi
di
Voltaire
e
Rousseau
.
E
in
Inghilterra
l
'
unità
fra
lo
sviluppo
costituzionale
e
sociale
e
le
guerre
religiose
,
il
nesso
fra
queste
e
la
posteriore
filosofia
di
Locke
e
del
deismo
sono
ancora
più
evidenti
.
Con
formula
sintetica
diciamo
che
nella
Francia
,
Inghilterra
,
Germania
moderne
(
e
specialmente
nelle
due
prime
)
regna
fra
i
vari
aspetti
della
vita
,
o
fra
le
varie
attività
dello
spirito
,
una
profonda
unità
morale
.
Questa
unità
morale
anche
l
'
Italia
l
'
aveva
conosciuta
.
Nel
Due
e
Trecento
,
arte
e
pensiero
,
vita
politica
e
religiosa
s
'
intrecciano
in
Italia
in
un
fascio
potente
di
sentimenti
e
di
energie
.
La
Divina
Commedia
è
,
tutt
'
insieme
,
la
suprema
espressione
artistica
del
giovane
popolo
italiano
,
lo
specchio
delle
discussioni
e
delle
lotte
politiche
del
tempo
,
l
'
enciclopedia
scientifica
e
religiosa
del
medioevo
italiano
maturo
.
Giotto
non
dipinge
per
sé
,
né
per
una
conventicola
o
una
clientela
particolare
,
ma
per
tutto
un
popolo
,
a
cui
ammaestramento
e
conforto
rappresenta
accanto
ai
fatti
di
Cristo
quelli
del
suo
grande
imitatore
,
eroe
religioso
del
popolo
italiano
.
Nel
Quattrocento
l
'
unità
incomincia
ad
allentarsi
:
i
dotti
del
Rinascimento
sono
ben
più
lontani
dal
popolo
di
quel
che
non
fossero
Dante
o
san
Bonaventura
;
nella
letteratura
e
nell
'
arte
s
'
inizia
una
tendenza
estetizzante
.
Poi
,
l
'
unità
,
si
scinde
nettamente
.
I
grandi
artisti
del
Cinquecento
vivono
nell
'
Italia
invasa
e
straziata
,
passante
di
mano
in
mano
,
assistono
all
'
agonia
e
alla
morte
dell
'
indipendenza
nazionale
,
alla
condanna
di
Lutero
e
al
concilio
di
Trento
,
senza
che
nel
loro
mondo
di
linee
e
di
colori
si
rispecchi
la
realtà
circostante
.
Nella
suprema
crisi
politica
e
morale
d
'
Italia
,
la
maggiore
opera
di
poesia
non
è
che
un
lungo
divertimento
,
una
grande
,
geniale
risata
.
Michelangelo
risente
in
sé
tutti
i
contrasti
e
i
dolori
dell
'
età
sua
,
ma
non
ne
esprime
se
non
il
chiuso
e
impotente
corruccio
della
sua
anima
individuale
.
Alla
fine
la
rottura
spirituale
è
consumata
.
L
'
arte
diviene
estetismo
e
retorica
;
la
scienza
(
se
anche
con
più
lentezza
e
toccando
per
via
vette
supreme
)
,
tecnica
professionale
;
la
religione
,
confessionalismo
esteriore
e
abitudinario
.
È
l
'
unità
di
vita
morale
quella
che
fa
il
carattere
religioso
o
meno
di
un
popolo
,
nel
senso
profondo
della
parola
«
religione
»
.
Si
è
discusso
sulla
ragione
e
il
significato
del
fatto
che
la
Riforma
non
abbia
attecchito
in
Italia
;
e
chi
ha
dato
di
ciò
valutazione
negativa
,
chi
positiva
,
secondo
le
persuasioni
individuali
,
le
parti
militanti
,
o
semplicemente
l
'
andazzo
del
tempo
e
i
comodi
,
fruttuosi
opportunismi
.
Ma
la
mancanza
della
Riforma
in
Italia
è
effetto
e
non
causa
;
e
il
punto
essenziale
non
è
che
l
'
Italia
non
si
sia
fatta
protestante
,
ma
che
di
fronte
alla
grande
crisi
religiosa
sia
rimasta
,
come
nazione
,
indifferente
.
La
religiosità
era
già
divenuta
affare
individuale
,
l
'
osservanza
religiosa
comportamento
sociale
:
fra
religione
,
morale
e
politica
,
al
disotto
delle
concordanze
superficiali
ed
ipocrite
,
erano
sorti
muri
divisionali
.
Perciò
il
popolo
italiano
non
reagì
alla
Riforma
,
né
assorbendola
o
trasformandola
,
né
eliminandola
volontariamente
e
coscientemente
.
La
Controriforma
in
Italia
fu
essenzialmente
superstruttura
autoritaria
all
'
indifferentismo
delle
coscienze
individuali
,
decorazione
barocca
ricoprente
il
vuoto
religioso
e
morale
.
La
crisi
dissociativa
della
vita
morale
italiana
,
maturata
appieno
nella
Controriforma
e
nel
Seicento
,
si
era
iniziata
-
-
l
'
accennammo
già
-
-
nel
Rinascimento
.
Di
fronte
all
'
organicità
di
vita
morale
dell
'
Italia
nell
'
età
dei
comuni
,
il
Rinascimento
appare
un
periodo
di
crisi
spirituale
,
di
cui
taluni
grandi
artisti
,
da
Botticelli
a
Michelangelo
,
hanno
dato
le
espressioni
più
penetranti
.
Nell
'
Italia
del
Rinascimento
la
fede
medievale
,
la
concezione
tradizionale
del
mondo
e
della
vita
sono
scosse
;
ma
la
nuova
fede
umana
,
sicura
di
sé
,
non
è
raggiunta
ancora
(
lo
sarà
solo
nel
Settecento
)
.
Soprattutto
,
la
liberazione
spirituale
dell
'
individuo
,
imperfetta
già
di
per
sé
,
non
si
inquadra
in
una
nuova
concezione
e
organizzazione
sociale
:
l
'
individuo
si
sente
senza
appoggio
morale
,
come
sospeso
in
aria
;
e
se
taluni
da
questo
stato
d
'
animo
traggono
l
'
impulso
ad
affermazioni
sfrenate
di
egoismo
dominatore
(
il
tiranno
del
Rinascimento
,
Cesare
Borgia
)
,
altri
,
moralmente
migliori
,
ma
di
volontà
più
fiacca
e
incerta
,
si
ripiegano
su
se
stessi
e
soffrono
di
smarrimento
,
di
solitudine
e
di
nostalgia
(
la
melanconicità
malata
di
Botticelli
,
l
'
estasi
crepuscolare
di
Giorgione
)
.
La
crisi
politica
della
nazione
italiana
risponde
a
quella
morale
individuale
.
Troppo
preponderantemente
si
è
insistito
finora
sulla
divisione
dell
'
Italia
in
vari
stati
,
sulla
politica
estera
discorde
ed
egoistica
di
questi
,
per
spiegare
la
catastrofe
dell
'
indipendenza
italiana
ai
principî
del
Cinquecento
.
Occorre
portare
una
maggiore
attenzione
sull
'
immaturità
e
l
'
inorganicità
di
ciascuno
degli
stati
stessi
.
Mancava
una
fusione
vera
delle
varie
città
e
delle
diverse
classi
,
una
struttura
amministrativa
salda
e
profonda
,
una
vita
politica
della
collettività
,
una
coscienza
popolare
statale
,
e
,
in
una
parola
,
una
sufficiente
base
morale
.
Il
popolo
,
già
presente
nel
comune
,
nel
principato
era
assente
.
La
pace
pubblica
,
l
'
ordine
materiale
erano
maggiori
:
la
vitalità
intima
,
nutritasi
nelle
lotte
comunali
,
era
diminuita
.
Anche
per
la
«
tragedia
italiana
»
la
chiave
della
politica
estera
si
trova
nella
politica
interna
.
I
principati
italiani
(
compreso
il
mediceo
a
Firenze
)
conservavano
in
larga
misura
il
carattere
d
'
improvvisazione
per
forza
,
destrezza
e
fortuna
,
senza
una
vera
base
politico
morale
né
nel
diritto
divino
e
nel
prestigio
tradizionale
di
un
'
antica
dinastia
,
né
in
una
volontà
popolare
liberamente
e
organicamente
espressa
.
Le
investiture
imperiali
e
papali
erano
pure
formalità
giuridiche
,
senza
effetto
profondo
sulla
coscienza
di
principi
e
di
popoli
.
Nell
'
assenza
dei
secondi
dalla
vita
pubblica
,
la
gestione
dello
Stato
era
divenuta
cosa
puramente
professionale
del
principe
e
dei
suoi
funzionari
.
Il
gran
significato
del
Savonarola
nella
storia
italiana
è
di
aver
sentito
la
crisi
e
di
aver
fatto
un
tentativo
per
superarla
,
reagendo
a
quella
dissociazione
morale
.
Il
Savonarola
mirò
,
attraverso
un
risveglio
religioso
,
a
riportare
la
moralità
nella
vita
pubblica
e
privata
,
e
a
santificare
la
politica
come
opera
di
Dio
.
Dopo
di
lui
-
-
a
distanza
non
soltanto
di
tempo
-
-
occorre
ricordare
Paolo
Sarpi
,
che
non
fu
un
politico
e
giurisdizionalista
puro
quale
è
ritenuto
dai
più
;
come
non
lo
fu
il
suo
successore
cronologico
e
ideale
,
Pietro
Giannone
.
Anche
Sarpi
e
Giannone
hanno
i
loro
interessi
religiosi
,
per
quanto
dalla
loro
conformazione
di
spirito
,
tra
scientifica
e
politica
,
a
quella
profetica
del
Savonarola
la
distanza
sia
grande
.
Le
loro
battaglie
contro
la
curia
romana
sono
accompagnate
da
una
motivazione
religiosa
,
la
cui
sincerità
non
v
'
è
ragione
d
'
impugnare
,
checché
si
pensi
del
valore
intrinseco
,
storico
o
teologico
,
delle
loro
tesi
.
Ambedue
credono
che
la
chiesa
romana
odierna
abbia
degenerato
dalla
chiesa
cristiana
originaria
,
alterando
le
istituzioni
di
Cristo
,
in
quanto
ha
trasformato
in
temporale
,
giuridico
,
politico
quel
che
doveva
rimanere
spirituale
,
morale
,
religioso
.
Questo
è
il
concetto
fondamentale
tanto
della
Istoria
del
Concilio
tridentino
quanto
del
«
regno
papale
»
del
Giannone
,
terza
parte
del
Triregno
.
Non
si
tratta
dunque
per
loro
di
semplici
tesi
giuridiche
in
favore
dello
Stato
,
ma
di
una
concezione
organica
della
Chiesa
e
della
religione
cristiana
:
il
punto
della
controversia
è
essenzialmente
religioso
,
ed
essi
intendono
combattere
in
nome
del
Vangelo
e
nell
'
interesse
di
questo
.
Il
Giannone
ha
accenti
di
vivo
sdegno
per
quella
che
ritiene
degenerazione
e
paganizzazione
della
Chiesa
,
inseguita
da
lui
anche
sul
terreno
più
strettamente
religioso
,
come
il
culto
dei
santi
e
la
dottrina
della
transustanziazione
.
Il
Sarpi
afferma
con
forza
che
la
difesa
dello
Stato
contro
ciò
che
egli
giudica
usurpazione
clericale
importa
supremamente
alla
religione
,
appunto
perché
si
tratta
di
combattere
la
degenerazione
fondamentale
della
Chiesa
,
la
sua
mondanizzazione
.
Si
sa
che
il
Sarpi
è
imputato
-
-
e
proprio
dagli
scrittori
più
ortodossi
-
-
di
protestantesimo
nascosto
:
e
senza
entrare
adesso
a
decidere
la
questione
(
di
cui
bisognerebbe
cominciare
per
stabilir
esattamente
i
termini
)
si
può
in
ogni
caso
tener
per
certo
che
le
sue
idee
vanno
bene
al
di
là
dell
'
ambito
politico
ecclesiastico
,
spingendosi
su
un
terreno
schiettamente
religioso
.
Basta
ricordare
(
anche
senza
tener
conto
dei
suoi
accenni
alle
questioni
della
giustificazione
per
la
fede
e
della
predestinazione
)
il
suo
concetto
della
Chiesa
comunità
di
credenti
,
e
non
organizzazione
gerarchico
ecclesiastica
,
concetto
che
ha
implicazioni
religiose
di
vasta
portata
.
Vi
è
di
più
:
questo
presunto
politico
puro
è
tutto
pieno
dell
'
idea
della
volontà
divina
,
la
quale
agisce
continuamente
nella
storia
e
determina
con
potere
sovrano
il
corso
degli
avvenimenti
,
all
'
infuori
di
ogni
disegno
e
prudenza
umana
.
È
una
religiosità
ben
diversa
,
nella
sua
rassegnazione
passiva
,
da
quella
del
Savonarola
;
ma
è
pur
sempre
vera
e
profonda
religiosità
.
Tra
Savonarola
e
Sarpi
potrebbero
inserirsi
quelli
ché
sono
stati
chiamati
recentemente
«
eretici
italiani
»
(
Curione
,
Gribaldi
,
Gentile
,
Ochino
,
i
due
Socini
)
,
prendendo
la
parola
«
eretici
»
non
nel
senso
abituale
,
ma
in
quello
di
ribelli
non
meno
alla
vecchia
chiesa
cattolica
che
alle
nuove
protestanti
,
e
in
generale
a
qualunque
ortodossia
.
Certo
è
che
il
passaggio
diretto
dall
'
umanesimo
al
mondo
moderno
si
trova
in
questi
eretici
italiani
:
le
chiese
protestanti
formano
,
in
confronto
,
una
specie
di
gran
«
détour
»
,
anche
se
storicamente
necessario
e
di
valore
religioso
sociale
proprio
.
Attraverso
la
divisione
della
chiesa
cattolica
operata
dal
protestantesimo
passò
la
corrente
di
pensiero
sboccante
nel
deismo
e
nel
razionalismo
settecenteschi
,
generatrice
del
mondo
moderno
fondato
sulla
libertà
di
pensiero
e
di
coscienza
,
sulla
ragione
e
la
moralità
individuali
.
L
'
importanza
storica
di
questi
eretici
italiani
appare
così
veramente
di
prim
'
ordine
:
ed
essa
viene
rilevata
qui
non
per
una
qualsiasi
intenzione
apologetica
di
confessionalismo
anticattolico
(
come
malamente
intesero
,
per
sbadataggine
o
impreparazione
,
taluni
quando
io
espressi
altrove
questo
apprezzamento
)
,
ma
precisamente
in
sede
di
storia
obiettiva
delle
idee
e
delle
correnti
spirituali
.
Senonché
tale
importanza
degli
«
eretici
italiani
»
rappresenta
piuttosto
un
apporto
,
fra
i
meno
notati
e
fra
i
più
importanti
,
dell
'
Italia
all
'
Europa
,
in
prosecuzione
del
Rinascimento
,
che
non
un
precedente
del
rivolgimento
culturale
e
morale
italiano
agli
inizi
del
Risorgimento
,
poiché
l
'
Italia
fu
precisamente
il
paese
che
rimase
più
estraneo
alla
loro
influenza
.
Il
risveglio
del
problema
religioso
(
fondamentale
nella
storia
di
un
popolo
)
in
Italia
si
ha
nel
Settecento
,
per
tutt
'
altre
vie
,
con
l
'
anticurialismo
e
il
giansenismo
congiunti
fra
loro
.
II
IL
SETTECENTO
Date
politiche
e
realtà
storiche
Tutti
sono
d
'
accordo
oggi
nello
spostare
gli
inizi
del
Risorgimento
dal
1815
al
secolo
XVIII
:
e
già
quando
uscì
(
un
quarto
di
secolo
fa
)
il
primo
volume
della
Storia
del
Risorgimento
del
Raulich
,
fece
effetto
anacronistico
ch
'
essa
cominciasse
con
la
data
antica
.
Il
Carducci
,
nello
studio
«
Del
Risorgimento
italiano
»
premesso
alle
Letture
del
Risorgimento
,
e
che
è
del
1895
,
introdusse
la
data
del
1748
come
termine
del
periodo
prerisorgimentale
.
Era
una
data
politica
(
pace
d
'
Aquisgrana
)
;
ma
il
Carducci
le
dava
un
senso
più
ampio
,
molto
ampio
,
dicendo
che
nella
seconda
metà
del
secolo
XVIII
tutta
la
vecchia
società
italiana
si
era
avviata
a
sparire
per
dar
luogo
a
un
novo
ordine
di
cose
.
Un
'
altra
corrente
invece
ha
insistito
sul
fattore
politico
puro
,
mettendo
in
rilievo
nel
trattato
di
Aquisgrana
la
riduzione
al
minimo
del
dominio
straniero
in
Italia
(
solo
Milano
e
Mantova
)
e
l
'
ingrandimento
ulteriore
del
Piemonte
.
Ma
la
concezione
politica
pura
-
-
che
meglio
potremmo
chiamare
politico
territoriale
-
-
celebra
i
suoi
trionfi
,
e
potremmo
dire
i
suoi
saturnali
,
con
l
'
altra
data
(
venuta
in
voga
principalmente
negli
ultimi
anni
del
fascismo
)
del
1713
,
cioè
del
trattato
di
Utrecht
:
e
,
anche
a
chi
scrive
,
è
accaduto
vari
anni
fa
di
aver
accordato
a
questa
data
maggiore
importanza
di
quanto
meriti
realmente
.
La
tendenza
politica
insita
nella
scelta
di
quest
'
ultima
data
è
diversa
da
quella
della
data
1748
.
Per
la
seconda
potremmo
parlare
di
una
concezione
federalistica
,
in
quanto
si
dà
rilievo
al
fatto
che
l
'
Italia
,
dopo
la
pace
di
Aquisgrana
,
si
trovò
quasi
tutta
sotto
principi
suoi
,
tornando
cioè
ad
una
situazione
simile
a
quella
anteriore
al
1494
,
inizio
delle
invasioni
straniere
.
La
data
del
1713
,
invece
,
ha
carattere
unitario
sabaudo
:
essa
vede
nella
pace
di
Utrecht
soprattutto
l
'
ingrandimento
,
l
'
accresciuta
preminenza
in
Italia
dei
Savoia
,
assurti
alla
corona
regale
.
Ad
ambedue
le
date
è
comune
l
'
intenzione
di
riportare
il
processo
del
Risorgimento
a
prima
della
rivoluzione
francese
,
presentandolo
più
o
meno
indipendente
da
essa
.
La
data
del
1748
,
come
s
'
è
visto
nel
Carducci
,
è
capace
di
una
interpretazione
larga
degli
inizi
risorgimentali
,
tale
cioè
da
associare
politica
e
coltura
,
riformismo
e
filosofismo
:
il
Risorgimento
allora
appare
come
un
movimento
di
idee
,
una
trasformazione
politico
sociale
,
prima
ancora
che
una
innovazione
politico
territoriale
.
E
solo
in
questo
largo
senso
la
data
del
1748
ha
un
vero
valore
dal
punto
di
vista
del
Risorgimento
;
mentre
invece
essa
risulta
scarsamente
significativa
,
se
ci
si
restringe
a
considerare
la
nuova
struttura
politico
territoriale
dell
'
Italia
dopo
la
pace
di
Aquisgrana
.
Abbiamo
già
richiamato
la
vecchia
osservazione
sulla
somiglianza
notevole
di
tale
struttura
con
quella
dell
'
Italia
dopo
la
pace
di
Lodi
(
1454
)
nella
seconda
metà
del
secolo
XV
;
e
un
elemento
capitale
di
tale
somiglianza
è
precisamente
la
poca
solidità
della
struttura
medesima
,
che
ne
prepara
in
un
caso
e
nell
'
altro
il
crollo
a
distanza
di
meno
che
mezzo
secolo
.
Da
un
punto
di
vista
puramente
nazionale
statale
,
fu
per
l
'
Italia
catastrofe
,
o
inizio
di
catastrofe
,
l
'
invasione
francese
del
1796
non
meno
di
quella
del
1494
.
Ma
poi
anche
i
sanfedisti
più
ostinati
difficilmente
possono
negare
che
il
periodo
rivoluzionario
iniziato
nel
1796
abbia
un
rapporto
positivo
col
Risorgimento
,
mentre
quello
iniziato
nel
1494
sbocca
irremissibilmente
nella
perdita
dell
'
indipendenza
italiana
e
nell
'
abbassamento
politico
morale
del
nostro
paese
.
Ora
,
per
risolvere
l
'
apparente
contraddizione
contenuta
nel
riconoscimento
di
quella
positività
a
una
occupazione
straniera
e
alla
demolizione
degli
stati
indigeni
(
a
cominciare
dal
sabaudo
)
,
occorre
per
l
'
appunto
superare
il
punto
di
vista
puramente
nazionale
statale
.
L
'
anno
1713
,
con
la
pace
di
Utrecht
,
apportò
all
'
Italia
due
novità
politico
territoriali
:
la
sostituzione
dell
'
Austria
alla
Spagna
in
Lombardia
e
nel
Mezzogiorno
,
e
l
'
elevazione
di
casa
Savoia
al
regno
insieme
con
l
'
ingrandimento
dei
dominî
.
La
prima
novità
,
dal
punto
di
vista
nazionale
statale
,
dovrebbe
considerarsi
come
negativa
,
come
una
passività
,
poiché
l
'
Austria
rappresentò
un
governo
migliore
dello
spagnuolo
,
cioè
più
adatto
a
conciliarsi
e
conquistarsi
i
sudditi
;
senza
contare
che
in
Lombardia
il
dominio
straniero
veniva
anche
ad
essere
più
solido
per
la
vicinanza
al
nucleo
degli
stati
absburgici
.
I
fautori
,
infatti
,
della
data
1713
insistono
sulla
seconda
novità
.
Si
tratta
,
insomma
,
di
quella
interpretazione
del
Risorgimento
che
abbiamo
chiamata
«
sabaudistica
»
,
appunto
perché
compendia
e
risolve
nell
'
ampliamento
dello
stato
sabaudo
dal
Piemonte
a
tutta
l
'
Italia
il
processo
del
Risorgimento
.
Senonché
coloro
che
associano
quella
data
a
questa
concezione
incappano
subito
in
una
grave
difficoltà
.
L
'
acquisto
del
regno
di
Sicilia
da
parte
di
Vittorio
Amedeo
II
poté
sembrare
un
avviamento
all
'
egemonia
sabauda
su
tutta
la
penisola
:
Vittorio
Amedeo
veniva
a
premere
su
di
essa
dai
due
estremi
,
nord
e
sud
,
e
quasi
ad
anticipare
il
1860
.
Ma
,
senza
stare
ora
a
discutere
quanto
vi
sia
di
reale
e
quanto
di
apparente
o
fantastico
in
una
simile
rappresentazione
,
il
punto
è
che
questo
nuovo
avviamento
durò
l
'
espace
d
'
un
matin
.
Già
nel
1720
Vittorio
Amedeo
II
dovette
rinunciare
alla
Sicilia
-
-
in
seguito
al
colpo
di
testa
dell
'
Alberoni
per
la
rivincita
spagnuola
-
-
e
contentarsi
in
cambio
della
Sardegna
,
non
solo
ben
più
piccola
e
meno
importante
,
ma
priva
di
quella
posizione
geografica
dominante
o
suggestiva
che
abbiamo
rilevato
nella
Sicilia
.
Non
era
un
vero
scambio
,
ma
poco
meno
di
una
detronizzazione
.
Il
possesso
della
Sardegna
non
ebbe
importanza
per
gli
ulteriori
destini
sabaudo
italiani
,
se
non
si
volesse
rilevare
che
essa
fu
il
rifugio
della
dinastia
durante
il
periodo
napoleonico
sotto
la
protezione
della
flotta
inglese
,
in
comunanza
di
destino
con
i
Borboni
accantonati
in
Sicilia
.
La
rapidità
con
cui
il
cambio
avvenne
,
a
un
olimpico
aggrottar
di
sopracciglia
delle
grandi
potenze
,
mostra
quanto
poco
lo
stato
sabaudo
contasse
ancora
nel
gioco
politico
internazionale
.
Si
può
dire
anzi
che
,
in
quel
secondo
decennio
del
Settecento
,
lo
stato
sabaudo
perdesse
per
arrotondamenti
locali
e
acquisti
eccentrici
di
dubbio
valore
,
il
suo
maggiore
obiettivo
politico
territoriale
,
l
'
acquisto
della
Lombardia
;
e
di
arrotondamenti
locali
,
invece
di
quest
'
acquisto
capitale
,
dovette
altresì
contentarsi
nelle
ulteriori
guerre
di
successione
polacca
e
austriaca
.
Dimodoché
alla
fine
del
cinquantennio
,
dopo
Aquisgrana
,
di
fronte
ai
modesti
ampliamenti
locali
del
Piemonte
,
troviamo
che
l
'
impero
absburgico
aveva
incamerato
Milanese
e
Mantovano
come
suoi
feudi
e
riaffermato
di
fatto
il
suo
alto
potere
su
Parma
e
Piacenza
,
sulla
Toscana
,
e
più
in
generale
sulle
cose
italiane
;
e
anzi
in
Toscana
governava
,
sia
pure
con
un
governo
separato
,
lo
stesso
imperatore
,
a
cui
sarebbe
successo
un
membro
della
famiglia
imperiale
.
La
repubblica
di
Venezia
era
priva
ormai
nelle
faccende
italiane
di
ogni
influenza
,
di
ogni
voglia
e
capacità
di
contrastare
od
equilibrare
il
potere
straniero
;
anzi
il
suo
stesso
territorio
era
stato
impunemente
violato
dai
belligeranti
.
In
misura
ancor
maggiore
questa
sorte
era
toccata
allo
stato
pontificio
,
che
aveva
perduto
fin
l
'
ultimo
resto
d
'
importanza
politica
.
Nel
regno
di
Napoli
(
come
a
Parma
e
Piacenza
)
la
nuova
dinastia
era
portata
dallo
strettissimo
vincolo
dinastico
a
stringersi
alla
Spagna
e
a
seguirne
le
direttive
.
Infine
,
il
fatto
principale
era
che
le
trasformazioni
avvenute
nell
'
assetto
d
'
Italia
non
erano
state
se
non
in
minima
parte
opera
di
forze
indigene
:
ancora
una
volta
le
sorti
della
penisola
erano
state
decise
dalle
potenze
straniere
,
che
ne
avevano
fatto
il
proprio
campo
di
battaglia
.
In
conclusione
:
i
risultati
politico
territoriali
della
prima
metà
del
Settecento
per
l
'
Italia
sono
ben
lontani
dal
presentare
per
il
processo
del
Risorgimento
quell
'
importanza
che
molti
credono
,
o
affettano
di
credere
.
Il
mito
sabaudo
I
sostenitori
della
data
1713
,
con
la
motivazione
che
conosciamo
,
partono
da
questo
presupposto
ingenuo
:
che
,
essendo
lo
stato
piemontese
sabaudo
l
'
elemento
centrale
nella
conclusione
del
processo
del
Risorgimento
-
-
in
cui
non
vedono
,
come
sappiamo
,
se
non
la
formazione
politico
territoriale
-
-
esso
debba
trovarsi
necessariamente
nella
stessa
posizione
dominante
anche
al
principio
.
La
centralità
del
Piemonte
nella
storia
d
'
Italia
fra
il
1850
e
il
1861
viene
anticipata
,
proiettata
all
'
indietro
;
e
il
1713
non
è
il
termine
della
proiezione
,
ma
semplicemente
una
delle
sue
tappe
capitali
.
Da
Vittorio
Amedeo
II
,
primo
re
di
Sardegna
,
si
risale
naturalmente
a
Carlo
Emanuele
I
,
campione
dell
'
indipendenza
italiana
(
«
Carlo
,
quel
generoso
,
invitto
core
»
,
con
quel
che
segue
)
,
e
da
lui
a
Emanuele
Filiberto
,
ricostruttore
dello
stato
sabaudo
;
da
Cateau
Cambrésis
si
salta
(
poiché
con
la
prima
metà
del
Cinquecento
non
c
'
è
proprio
nulla
da
fare
,
per
la
tesi
)
ai
secoli
XV
e
XVI
,
per
mostrare
già
allora
l
'
importanza
primaria
del
Piemonte
sabaudo
nella
storia
d
'
Italia
.
Siamo
nel
campo
del
mito
politico
:
mito
formatosi
nel
periodo
finale
del
Risorgimento
,
sistemato
e
divenuto
ufficiale
principalmente
nell
'
insegnamento
scolastico
elementare
e
secondario
del
Postrisorgimento
,
ripreso
nel
periodo
fascista
con
accentuazione
dottrinaria
(
statalistica
)
,
e
più
d
'
una
volta
con
ostilità
virulenta
contro
quasi
tutte
le
tradizioni
e
i
valori
del
Risorgimento
,
ponendo
il
Carlo
Alberto
del
'33
al
posto
di
Mazzini
,
e
il
generale
Galateri
a
quello
di
Andrea
Vochieri
.
I
miti
politici
hanno
la
loro
spiegazione
,
la
loro
ragion
d
'
essere
,
in
sede
di
azione
,
di
propaganda
,
di
libera
lotta
politica
;
ma
la
storia
è
un
'
altra
cosa
.
E
la
storia
dice
che
fino
alla
seconda
metà
del
secolo
XVI
l
'
importanza
dello
stato
sabaudo
pei
la
vita
politica
generale
d
'
Italia
-
-
nel
periodo
massimo
della
storia
italiana
,
dai
comuni
al
Rinascimento
-
-
è
pressoché
nulla
;
nel
sistema
dei
principati
e
della
loro
«
bilancia
»
,
sistema
giunto
a
formazione
completa
alla
metà
del
secolo
XV
,
esso
non
ha
parte
;
la
funzione
immaginosamente
attribuitagli
di
«
guardiano
delle
porte
d
'
Italia
»
esso
non
l
'
ha
assunta
affatto
nel
periodo
delle
invasioni
straniere
(
il
piemontesissimo
e
sabaudissimo
Galeani
Napione
riconosceva
che
Carlo
VIII
era
passato
alla
conquista
del
regno
di
Napoli
«
coll
'
aiuto
dei
principi
nostri
»
)
,
mentre
più
tardi
-
-
a
conclusione
di
una
delle
tante
guerre
infruttuose
di
Carlo
Emanuele
I
-
-
è
stato
proprio
il
duca
di
Savoia
,
con
la
cessione
di
Pinerolo
alla
Francia
nel
trattato
di
Cherasco
,
a
riaprire
quella
porta
;
la
ricostruzione
territoriale
dello
stato
da
parte
di
Emanuele
Filiberto
fa
onore
alla
tenacia
e
alla
sagacia
del
principe
,
ma
fu
altresì
effetto
dell
'
equilibrio
stabilito
tra
Francia
e
Spagna
,
né
modificò
sostanzialmente
l
'
asservimento
d
'
Italia
nel
periodo
spagnuolo
;
la
politica
di
Carlo
Emanuele
I
,
celebrata
come
affermazione
di
nazionalità
indipendente
,
fu
soprattutto
aspirazione
d
'
ingrandimento
in
qualsiasi
direzione
,
in
Francia
e
Svizzera
alla
pari
che
in
Italia
;
il
programma
d
'
unione
della
Lombardia
al
Piemonte
fu
un
espediente
di
Enrico
IV
e
in
generale
della
politica
francese
più
ancora
che
idea
direttiva
dei
Savoia
;
dalla
morte
di
Vittorio
Amedeo
I
(
1637
)
,
per
un
cinquantennio
,
lo
stato
sabaudo
,
ridotto
a
dipendenza
francese
,
subisce
una
eclissi
quasi
totale
;
nelle
guerre
europee
dalla
fine
del
secolo
XVII
a
metà
del
secolo
XVIII
,
il
Piemonte
-
-
possiamo
ripetere
quel
che
dicemmo
per
Emanuele
Filiberto
:
con
tenacia
e
sagacia
,
-
-
si
mantenne
,
ricuperò
l
'
autonomia
,
effettuò
ampliamenti
territoriali
,
conquistò
la
corona
regia
,
ma
non
si
sostituì
in
Lombardia
alla
dominazione
straniera
né
trasformò
sostanzialmente
la
situazione
politica
inferiore
dell
'
Italia
,
nel
quarantennio
17491789
subì
di
nuovo
un
parziale
esautoramento
,
per
l
'
accordo
austro
francese
che
gli
toglieva
la
base
principale
della
sua
politica
estera
attiva
.
Il
mito
sabaudo
ha
fatto
sì
che
episodi
della
storia
d
'
Italia
perfettamente
analoghi
fra
loro
siano
stati
posti
in
luce
del
tutto
differente
secondoché
si
trattasse
del
Piemonte
o
di
altro
stato
.
Le
aspirazioni
dei
Savoia
su
Genova
non
avevano
natura
diversa
e
valore
ideale
superiore
a
quelle
,
poniamo
,
di
Austria
e
Spagna
sulla
Valtellina
;
le
congiure
del
Vachero
e
del
Della
Torre
,
in
cui
pescarono
infelicemente
a
danno
di
Genova
il
primo
e
il
secondo
Carlo
Emanuele
,
non
valevano
più
di
quella
del
Bedmar
a
danno
di
Venezia
,
dietro
cui
sarebbe
stata
la
Spagna
;
l
'
assorbimento
sabaudo
del
Monferrato
non
era
un
fatto
sostanzialmente
diverso
da
quello
di
Ferrara
e
Urbino
da
parte
del
papa
.
Carlo
Emanuele
I
,
lanciantesi
sulle
orme
del
capo
della
Controriforma
,
Filippo
II
,
alla
preda
nella
Francia
dilaniata
dalle
guerre
di
religione
,
lavorava
contro
l
'
equilibrio
europeo
e
a
danno
dell
'
Italia
,
mentre
Ferdinando
I
di
Toscana
e
Sisto
V
seguivano
una
politica
più
italiana
;
e
l
'
uomo
che
intorno
al
1615
si
era
atteggiato
a
campione
dell
'
indipendenza
italiana
contro
gli
Absburgo
è
lo
stesso
che
una
dozzina
d
'
anni
più
tardi
si
schierava
con
loro
nella
guerra
per
la
successione
del
Monferrato
,
incappando
nella
disgrazia
di
trovarsi
insieme
con
gli
autori
di
quel
sacco
di
Mantova
che
pose
fine
a
uno
dei
centri
della
coltura
italiana
.
Insomma
,
fino
alla
rivoluzione
francese
la
politica
sabauda
è
quella
di
uno
stato
di
terz
'
ordine
che
cerca
con
tutti
i
mezzi
di
mantenersi
e
di
ingrandirsi
,
e
riesce
a
passare
dal
terz
'
ordine
al
secondo
.
Si
ammirano
giustamente
in
quest
'
opera
tenacia
,
arte
politica
,
forza
guerresca
;
non
ci
si
ritrova
un
nesso
particolare
con
la
politica
nazionale
,
salvo
quello
generico
e
lontano
dell
'
utilità
per
quando
il
Piemonte
si
sarebbe
rivolto
a
una
simile
politica
,
che
per
allora
gli
rimaneva
ignota
.
La
linea
ascendente
del
Risorgimento
segue
-
-
come
vedremo
ora
-
-
tutt
'
altra
traiettoria
:
quella
del
rinnovamento
culturale
e
delle
riforme
interne
,
in
cui
il
Piemonte
,
e
particolarmente
il
governo
piemontese
,
non
hanno
nessuna
parte
direttiva
o
soltanto
ragguardevole
.
Il
risorgimento
spirituale
del
Settecento
La
tesi
sabaudistica
tenta
spostare
il
significato
del
Settecento
,
per
la
storia
d
'
Italia
e
del
Risorgimento
italiano
,
dal
terreno
riformistico
culturale
a
quello
territoriale
statale
.
Ma
è
tentativo
vano
,
contro
l
'
eloquenza
dei
fatti
e
l
'
unanimità
della
tradizione
del
Risorgimento
.
Tutta
la
vita
italiana
si
concentra
nel
corso
del
secolo
sul
primo
terreno
.
Nella
seconda
metà
del
secolo
XVIII
,
anteriormente
alla
rivoluzione
,
nessuno
pensa
in
Italia
a
cacciare
l
'
Austria
dalla
Lombardia
,
mentre
il
regno
borbonico
governato
dal
Tanucci
riceve
da
Madrid
il
verbo
di
Carlo
III
,
«
in
quo
vivimus
,
movemur
et
sumus
»
,
come
scriveva
l
'
abate
Galiani
al
Tanucci
medesimo
.
La
configurazione
territoriale
della
penisola
è
considerata
stabile
,
definitiva
;
e
nella
pace
duratura
gli
animi
si
rivolgono
ad
esaltare
la
superiorità
dei
tempi
e
dei
governi
nuovi
sugli
antichi
(
si
vedano
le
conclusioni
del
Muratori
ai
suoi
Annali
)
.
Questa
superiorità
si
esplica
nelle
riforme
governative
,
in
cui
i
primi
posti
spettano
alla
Lombardia
austriaca
,
alla
Toscana
lorenese
(
cioè
anch
'
essa
sotto
principi
austriaci
)
,
a
Napoli
dei
Borboni
spagnuoli
.
I
vecchi
stati
-
-
quelli
a
cui
storicamente
meglio
spetterebbe
l
'
epiteto
di
nazionali
o
indigeni
-
-
passano
in
secondo
piano
(
Piemonte
)
,
o
addirittura
non
entrano
in
linea
di
conto
(
Venezia
,
Genova
,
Stato
pontificio
)
.
La
tesi
del
Risorgimento
puramente
autoctono
,
aborigeno
;
si
trova
già
a
mal
partito
di
fronte
a
simili
constatazioni
;
ma
non
siamo
ancora
al
centro
della
questione
,
che
è
nella
natura
di
quel
riformismo
.
Possiamo
dire
che
i
suoi
caratteri
essenziali
siano
:
antifeudalesimo
,
massimo
in
Lombardia
,
minimo
nel
Napoletano
;
organizzazione
amministrativa
uniforme
e
accentratrice
,
sopra
il
caos
delle
legislazioni
e
degli
istituti
e
le
stratificazioni
delle
consuetudini
privilegiate
;
anticlericalismo
,
o
meglio
anticurialismo
,
cioè
riduzione
del
potere
della
Chiesa
,
e
più
precisamente
del
pontefice
,
a
favore
dello
Stato
,
con
spunti
di
riformismo
ecclesiastico
che
verso
la
fine
del
periodo
presero
in
Toscana
quegli
sviluppi
che
tutti
sanno
(
Scipione
de
'
Ricci
e
sinodo
pistoiese
)
;
tolleranza
religiosa
e
incipiente
laicizzazione
dello
Stato
e
della
vita
sociale
;
umanitarismo
spiegantesi
soprattutto
nell
'
addolcimento
delle
leggi
penali
,
fino
alla
abolizione
leopoldina
della
pena
di
morte
.
Sono
gli
stessi
caratteri
che
riscontriamo
,
dal
più
al
meno
,
nelle
riforme
degli
stati
fuori
d
'
Italia
.
Che
cosa
è
tutto
questo
se
non
l
'
applicazione
dei
principî
di
quel
filosofismo
o
razionalismo
formatosi
in
Inghilterra
tra
la
fine
del
Seicento
e
i
primi
del
Settecento
,
trapassato
in
Francia
che
ne
divenne
la
roccaforte
col
Voltaire
e
gli
enciclopedisti
,
e
propagatosi
in
Germania
,
in
Italia
e
nel
resto
d
'
Europa
?
L
'
Italia
tiene
un
posto
assai
onorevole
nella
pratica
riformistica
con
Bernardo
Tanucci
,
con
Pier
Leopoldo
e
con
gli
ottimi
coadiutori
di
questo
.
Altrettanto
onorevole
è
il
suo
posto
nel
campo
delle
idee
:
gli
scrittori
italiani
rimangono
piuttosto
timidi
nella
parte
filosofico
religiosa
,
pur
mostrandosi
impregnati
di
razionalismo
e
di
sensismo
;
sono
assai
più
arditi
nel
campo
economico
ed
amministrativo
,
e
loro
caratteristica
è
soprattutto
il
cambiato
concetto
della
politica
(
esso
affiora
già
insistentemente
negli
Annali
del
Muratori
)
superante
la
vecchia
ragion
di
stato
per
l
'
utile
sociale
,
per
la
liberazione
e
l
'
elevazione
dell
'
individuo
.
Ma
questo
moto
italiano
,
nel
campo
pratico
e
nel
teorico
,
è
schiettamente
europeo
:
l
'
Italia
lo
riceve
dal
di
fuori
con
i
principi
riformatori
stranieri
(
anche
se
coadiuvati
vigorosamente
dai
ministri
paesani
)
,
e
soprattutto
con
la
diffusione
della
scienza
,
della
filosofia
e
della
Weltanschauung
di
oltralpe
.
È
impresa
vana
,
tentata
per
pregiudizi
mentali
o
fini
pratici
,
quella
di
cercare
nel
pensiero
italiano
del
Settecento
una
originalità
intesa
come
singolarità
e
opposizione
rispetto
al
pensiero
contemporaneo
,
cioè
al
razionalismo
settecentesco
.
Parliamo
,
s
'
intende
,
del
pensiero
italiano
che
conta
,
di
quello
di
Beccaria
,
Filangieri
,
Verri
e
simili
;
né
possiamo
dare
importanza
alle
spigolature
erudite
tratte
dalla
farragine
di
scritti
accademici
di
quei
«
benpensanti
»
che
nella
storia
del
pensiero
non
hanno
mai
,
in
nessun
tempo
,
contato
nulla
(
è
piuttosto
comico
parlarci
dei
Filopatridi
piemontesi
che
al
Montesquieu
,
al
Rousseau
,
al
Diderot
,
al
Condillac
,
al
Voltaire
,
amavano
contrapporre
«
la
propria
storia
,
la
tradizione
sabauda
,
se
stessi
»
)
.
Di
fronte
a
quelle
spigolature
erudite
contano
molto
di
più
certe
semplici
battute
goldoniane
contro
la
superbia
tradizionale
e
l
'
influenza
corruttrice
della
nobiltà
,
e
a
favore
della
borghesia
e
del
popolo
lavoratore
.
Filosofia
e
ragione
sono
le
dèe
del
pensiero
settecentesco
italiano
come
di
quello
inglese
,
francese
,
tedesco
;
e
l
'
Italia
va
a
scuola
almeno
dal
primo
e
dal
secondo
.
L
'
Italia
riceve
il
pensiero
di
oltralpe
,
lo
assimila
,
lo
rinforza
con
i
succhi
del
proprio
terreno
,
stimolati
dall
'
innesto
esterno
.
L
'
Italia
del
Settecento
ripiglia
i
fili
interrotti
della
sua
tradizione
;
il
Risorgimento
si
riattacca
al
Rinascimento
.
Ma
il
riattacco
non
è
fatto
direttamente
,
rimanendo
sul
suolo
nazionale
;
esso
si
compie
attraverso
l
'
Europa
.
Ricongiungendosi
all
'
Europa
,
dopo
l
'
isolamento
controriformistico
e
seicentesco
,
l
'
Italia
comincia
a
ritrovare
se
stessa
.
La
ripresa
del
problema
religioso
Ciò
si
vede
particolarmente
bene
sul
terreno
ecclesiastico
religioso
.
Abbiamo
riavvicinato
sopra
Savonarola
,
Sarpi
,
Giannone
,
mostrando
come
essi
formino
una
catena
paesana
di
tradizioni
riformistico
religiose
,
attraverso
due
secoli
e
mezzo
.
Ma
il
Savonarola
e
il
Sarpi
erano
rimasti
isolati
e
finalmente
impotenti
:
l
'
uno
finì
sul
patibolo
sanzionato
dal
legato
pontificio
,
l
'
altro
sfuggì
a
malapena
agli
attentati
curiali
.
Il
Giannone
personalmente
non
fu
più
fortunato
,
poiché
terminò
i
suoi
anni
nella
lunga
prigionia
sabauda
,
ove
fu
attratto
e
tenuto
per
compiacere
alla
corte
di
Roma
.
Ma
,
mentre
egli
moriva
in
carcere
,
le
sue
idee
-
-
portate
su
un
piano
più
alto
di
quello
puramente
giuridico
a
cui
egli
si
era
tenuto
nella
Storia
del
regno
di
Napoli
(
il
Triregno
,
in
cui
a
questo
piano
superiore
si
era
elevato
egli
stesso
,
rimase
inedito
per
più
di
un
secolo
)
-
-
si
avviavano
al
successo
.
Gallicanesimo
e
giansenismo
,
provenienti
dal
di
fuori
,
avevano
cominciato
a
trasformare
l
'
ambiente
ecclesiastico
religioso
italiano
,
ridando
forza
alle
correnti
riformistiche
indigene
.
Il
gallicanesimo
era
un
movimento
politico
ecclesiastico
tendente
all
'
autonomia
nazionale
della
Chiesa
e
alla
sua
stretta
associazione
con
lo
Stato
;
il
giansenismo
era
un
movimento
dommatico
etico
i
cui
elementi
principali
erano
una
teoria
intransigente
della
grazia
divina
e
il
rigorismo
morale
.
Ma
il
primo
,
fondandosi
su
una
certa
idea
dell
'
antica
organizzazione
ecclesiastica
,
in
opposizione
alla
curia
romana
,
saliva
sul
piano
teorico
ecclesiastico
religioso
;
il
secondo
dalla
teoria
dommatica
scendeva
a
investire
la
prassi
ecclesiastica
e
la
politica
ecclesiastica
dei
governi
.
Già
il
Sarpi
era
stato
in
stretto
contatto
con
il
gallicanesimo
,
e
aveva
preso
vivo
interesse
all
'
inizio
di
quelle
polemiche
sulla
grazia
da
cui
scaturì
poco
dopo
il
giansenismo
;
e
,
se
questo
fu
nel
primo
periodo
un
fenomeno
soprattutto
francese
,
parallelo
ad
esso
vi
fu
un
agostinianismo
italiano
in
lotta
con
il
molinismo
e
il
lassismo
dei
Gesuiti
.
Il
giansenismo
aveva
in
sé
molto
di
antimoderno
,
di
arcaico
e
si
potrebbe
dire
di
reazionario
:
suo
fondamento
era
un
concetto
rigido
del
domma
rivelato
e
tramandato
;
suo
àmbito
,
la
vecchia
teologia
con
le
proprie
dispute
antichissime
;
suo
obbiettivo
,
la
restaurazione
della
morale
ascetica
e
dell
'
antica
disciplina
ecclesiastica
.
Gli
avversari
principali
dei
giansenisti
,
i
gesuiti
,
erano
per
vari
aspetti
più
moderni
,
più
accomodanti
verso
la
nuova
civiltà
.
Ma
due
elementi
essenziali
di
rinnovamento
si
ritrovano
nel
giansenismo
:
il
primo
e
maggiore
,
la
restaurazione
dell
'
intimità
della
coscienza
morale
,
attraverso
la
fede
nella
grazia
di
Dio
signora
onnipossente
dell
'
eletto
;
il
secondo
,
la
lotta
contro
l
'
assolutismo
della
chiesa
romana
(
donde
poi
i
contatti
e
l
'
alleanza
con
il
gallicanesimo
)
,
la
quale
portava
-
-
attraverso
l
'
appello
alle
antiche
tradizioni
ecclesiastiche
-
-
a
un
ringiovanimento
della
società
religiosa
,
a
una
prevalenza
della
Chiesa
comunità
di
coscienze
sulla
Chiesa
istituto
e
apparato
ecclesiastico
.
Inoltre
in
Francia
le
lotte
ripetute
contro
il
potere
regio
affiancante
e
talora
stimolante
l
'
intervento
romano
-
-
con
l
'
appello
,
anche
qui
,
alla
superiorità
della
coscienza
contro
il
potere
esterno
-
-
contenevano
in
sé
germi
di
liberalismo
politico
che
si
sarebbero
sviluppati
alla
fine
del
secolo
nel
contatto
con
la
rivoluzione
francese
,
in
Francia
e
in
Italia
.
Nella
prima
metà
del
Settecento
-
-
attraverso
le
contestazioni
sulla
validità
e
l
'
applicazione
della
bolla
Unigenitus
(
1713
)
e
l
'
appello
al
Concilio
,
-
-
giansenismo
e
gallicanesimo
si
associarono
strettamente
in
Francia
,
e
così
associati
si
diffusero
in
Italia
,
congiungendosi
all
'
agostinianismo
italiano
di
cui
rafforzarono
l
'
innato
carattere
antigesuitico
.
Parteciparono
al
moto
,
in
Italia
,
la
Lombardia
,
la
Liguria
,
la
Toscana
,
Napoli
,
Roma
stessa
(
circolo
Bottari
)
;
più
debolmente
il
Piemonte
.
Gallicanesimo
e
giansenismo
stimolarono
fra
noi
il
giurisdizionalismo
dei
governi
,
fornendogli
un
allargamento
della
base
teorica
e
un
impulso
morale
.
La
limitazione
del
potere
della
Curia
venne
a
far
tutt
'
uno
con
l
'
indipendenza
dei
governi
da
essa
e
con
l
'
abolizione
dei
privilegi
ecclesiastici
;
l
'
idea
di
una
chiesa
nazionale
si
associò
con
il
controllo
e
l
'
ingerenza
dei
governi
nelle
cose
ecclesiastiche
;
l
'
una
e
l
'
altra
alimentarono
speranze
e
suscitarono
piani
di
riforme
ecclesiastiche
,
di
valore
non
più
soltanto
politico
sociale
,
ma
religioso
.
In
quei
conflitti
giurisdizionali
,
nelle
lotte
anticuriali
dei
governi
italiani
settecenteschi
,
una
parte
notevole
della
società
ecclesiastica
-
-
probabilmente
non
la
più
numerosa
,
ma
certo
la
più
colta
e
,
così
a
occhio
e
croce
,
si
direbbe
anche
la
più
religiosa
(
in
ogni
caso
,
non
meno
religiosa
dell
'
altra
)
-
-
stette
per
i
sovrani
contro
il
pontefice
.
Non
erano
solo
i
funzionari
,
i
giuristi
,
gli
scrittori
laici
,
a
fare
del
«
regalismo
»
:
ne
facevano
,
prima
e
meglio
di
loro
,
ecclesiastici
canonisti
e
studiosi
di
patristica
e
di
storia
della
Chiesa
,
dottori
in
teologia
,
vescovi
.
Il
regalismo
non
si
riduceva
a
semplice
assolutismo
regio
,
e
tanto
meno
a
spirito
di
adulazione
verso
il
sovrano
(
come
in
uno
dei
suoi
impeti
di
polemica
irosa
sentenziò
e
condannò
l
'
Alfieri
)
:
c
'
erano
in
esso
coscienza
dei
diritti
della
società
civile
,
della
nazione
,
del
popolo
dei
credenti
,
desiderio
d
'
indipendenza
dal
dominio
clericale
,
aspirazioni
di
progresso
economico
e
civile
,
cura
dell
'
elevazione
del
popolo
,
e
-
-
ripetiamolo
-
-
tendenza
alla
riforma
interiore
,
alla
purificazione
ed
elevazione
della
chiesa
cattolica
,
a
riportare
il
cristianesimo
verso
la
purezza
originaria
.
Quest
'
interesse
religioso
affiora
nel
Tanucci
;
si
afferma
nei
giansenisti
di
Lombardia
;
si
realizza
praticamente
in
Toscana
con
l
'
opera
di
Scipione
de
'
Ricci
fatta
propria
da
Pier
Leopoldo
.
Non
si
tratta
qui
di
valutare
legittimità
e
risultati
di
quei
movimenti
e
di
quelle
aspirazioni
da
un
punto
di
vista
confessionale
o
anticonfessionale
,
ma
di
constatare
che
essi
risuscitarono
in
Italia
il
problema
religioso
dormiente
dal
tempo
della
Riforma
,
risvegliarono
e
smossero
nel
profondo
la
coscienza
italiana
,
avviando
la
restaurazione
di
quella
unità
morale
che
vedemmo
perduta
fra
il
Risorgimento
e
la
Controriforma
,
e
contribuirono
sostanzialmente
al
sorgere
di
una
nuova
Italia
,
in
armonia
con
il
progresso
generale
europeo
.
Una
limitazione
essenziale
,
tuttavia
,
conviene
fare
al
riformismo
settecentesco
italiano
,
teorico
e
pratico
,
per
quel
che
riguarda
l
'
avviamento
dato
da
esso
al
Risorgimento
.
Mancò
ad
esso
una
partecipazione
popolare
,
e
quindi
una
larga
base
nazionale
.
I
pensatori
italiani
del
Settecento
parlarono
ad
un
cerchio
ristrettissimo
,
ben
più
ristretto
che
in
Francia
o
in
Inghilterra
:
episodi
come
quelli
delle
agitazioni
di
Wilkes
in
Inghilterra
o
per
i
processi
Calas
e
De
La
Barre
in
Francia
(
Voltaire
!
)
in
Italia
non
si
ebbero
.
Alle
riforme
dei
governi
i
popoli
rimasero
indifferenti
o
addirittura
si
mostrarono
ostili
:
si
ricordino
le
avversioni
popolari
devote
toscane
alle
riforme
ricciane
leopoldine
.
Al
che
si
aggiunge
che
,
se
il
regalismo
non
si
ridusse
a
puro
assolutismo
regio
,
pure
non
può
negarsi
che
il
rafforzamento
di
questo
ne
fosse
non
solo
lo
scopo
diretto
,
ma
il
risultato
principale
.
I
sovrani
cercarono
nella
loro
opera
riformatrice
di
migliorare
l
'
amministrazione
rendendola
più
uniforme
,
la
giustizia
rendendola
più
spedita
e
più
umana
,
la
condizioni
economiche
e
intellettuali
dei
loro
popoli
favorendo
industrie
e
commerci
,
abolendo
taluni
dazi
e
vincoli
alla
libertà
del
lavoro
,
promovendo
e
diffondendo
la
coltura
.
Ma
in
conclusione
essi
non
affrontarono
i
problemi
fondamentali
posti
esplicitamente
dal
filosofismo
,
o
derivanti
necessariamente
dalle
premesse
di
questo
,
e
pertanto
già
maturi
nelle
coscienze
superiori
:
uguaglianza
civile
,
libertà
civile
e
politica
,
regolamento
costituzionale
dello
Stato
,
controllo
e
partecipazione
del
popolo
al
governo
.
E
perciò
è
nettamente
da
respingere
la
tesi
(
Botta
,
Manzoni
)
secondo
la
quale
,
se
il
corso
delle
riforme
settecetesche
italiane
non
fosse
stato
interrotto
dalla
rivoluzione
francese
,
esso
avrebbe
condotto
di
per
sé
,
per
vie
pacifiche
e
puramente
indigene
,
alla
resurrezione
nazionale
.
Europeismo
del
Settecento
italiano
Se
,
dunque
,
dobbiamo
far
capo
al
Settecento
per
gli
inizi
del
Risorgimento
,
risulta
chiara
la
necessità
di
accogliere
,
così
facendo
,
il
concetto
culturale
politico
del
Risorgimento
medesimo
,
al
posto
di
quello
politico
territoriale
.
Bisogna
salire
,
cioè
,
di
piano
,
e
allargare
l
'
orizzonte
:
si
tratta
di
ben
altro
che
del
trattato
di
Utrecht
o
di
quello
di
Aquisgrana
,
di
qualche
territorio
o
pezzo
di
territorio
ottenuto
dal
Piemonte
,
di
qualche
cambiamento
di
sovranità
nell
'
una
o
nell
'
altra
regione
della
penisola
.
Si
tratta
-
-
insistiamo
sull
'
idea
fondamentale
-
-
del
ricongiungimento
d
'
Italia
al
corso
generale
della
civiltà
europea
,
all
'
indirizzo
generale
della
vita
politico
sociale
europea
.
Ciò
posto
nessun
vantaggio
alla
tesi
del
Risorgimento
puramente
indigeno
può
venire
da
questa
inclusione
in
esso
del
Settecento
.
Col
tirare
indietro
gli
inizi
del
Risorgimento
dalla
rivoluzione
francese
alla
metà
o
ai
primi
del
Settecento
,
il
problema
delle
relazioni
fra
il
Risorgimento
ed
Europa
,
cioè
delle
influenze
estere
sul
primo
,
si
sposta
nel
tempo
e
nei
termini
specifici
;
ma
ritorna
ugualmente
,
inevitabilmente
,
e
vedemmo
già
come
si
risolva
.
All
'
influenza
politico
pratica
della
Rivoluzione
subentra
quella
politico
ideologica
del
filosofismo
.
Ricerche
compiute
negli
ultimi
tempi
sul
Settecento
italiano
(
più
precisamente
piemontese
)
per
mettere
in
luce
contributi
italiani
poco
noti
alle
lettere
e
alle
scienze
si
sono
rivelate
fruttuose
nei
particolari
eruditi
e
meritorie
per
l
'
abnegazione
della
ricerca
,
ma
non
hanno
punto
cambiato
il
quadro
generale
.
Se
mai
,
l
'
hanno
ingombrato
,
non
distinguendo
l
'
importante
dal
meno
importante
,
il
pensiero
originale
dal
luogo
comune
.
Un
Settecento
italiano
autoctono
,
da
contrapporre
alle
correnti
predominanti
all
'
estero
,
non
è
venuto
fuori
,
e
si
può
giurare
che
non
verrà
fuori
mai
.
È
assurda
in
radice
,
del
resto
,
per
qualsiasi
paese
,
l
'
autoctonia
della
vita
del
pensiero
e
dello
spirito
,
in
cui
esiste
sempre
circolo
e
accomunamento
.
Assurda
particolarmente
per
il
Settecento
,
secolo
cosmopolita
per
eccellenza
,
di
scambi
intensissimi
e
di
conguagliamento
,
visibile
anche
ai
ciechi
,
fra
i
diversi
paesi
,
con
predominio
nettissimo
di
una
mentalità
indivirdualistico
universalistica
.
Risultato
precipuo
della
elaborazione
ideale
del
Settecento
italiano
ed
europeo
è
il
concetto
di
umanità
,
nel
doppio
senso
dello
sviluppo
individuale
e
di
una
civiltà
comune
a
tutti
i
popoli
.
Individualismo
,
universalismo
,
umanitarismo
,
razionalismo
sono
caratteristiche
del
Settecento
italiano
non
meno
che
del
francese
,
inglese
o
tedesco
,
quando
pure
taluna
di
esse
non
si
trovi
fra
noi
più
accentuata
.
Il
Muratori
chiamava
la
ragion
di
stato
«
fiera
turbatrice
del
riposo
de
'
popoli
»
,
ed
esaltava
i
saggi
principi
che
sanno
cercare
la
vera
via
della
gloria
soprattutto
nel
bene
dei
loro
sudditi
.
Il
Beccaria
dichiarava
che
il
criterio
della
legislazione
deve
essere
«
la
massima
felicità
divisa
nel
maggior
numero
»
,
e
proclamava
che
la
volontà
generale
è
l
'
aggregato
delle
particolari
.
Il
Filangieri
constatava
non
dominare
più
al
tempo
suo
lo
spirito
bellicoso
degli
antichi
:
dappertutto
non
si
pensava
che
«
ad
essere
in
pace
e
ad
arricchirsi
»
.
Anche
per
il
Verri
l
'
interesse
pubblico
era
la
somma
degli
interessi
privati
.
Egli
prevedeva
un
tempo
,
forse
non
lontano
,
in
cui
la
ragione
universale
avrebbe
dilatato
il
suo
impero
;
e
intanto
osservava
che
gli
uomini
presentemente
in
Europa
vivevano
con
usi
e
opinioni
poco
dissimili
e
formavano
piuttosto
diverse
famiglie
di
uno
stato
che
nazioni
diverse
;
ed
esaltava
le
«
anime
nobili
»
che
«
mirano
la
terra
come
la
patria
dello
spirito
umano
,
e
gli
uomini
una
famiglia
divisa
in
buoni
e
malvagi
»
.
Questo
universalismo
ripigliava
le
tradizioni
italiane
,
sia
del
Rinascimento
sia
del
medioevo
,
ma
con
spiriti
nuovi
e
con
posizione
diversa
nei
riguardi
degli
altri
paesi
.
Sullo
scorcio
del
medioevo
l
'
Italia
,
dopo
aver
raggiunto
uno
dei
primi
posti
accanto
alla
Francia
precedentemente
dominante
,
era
passata
addirittura
al
primo
nel
Rinascimento
.
Poi
era
avvenuta
la
discesa
,
il
distacco
dal
resto
d
'
Europa
.
Ora
,
gli
Italiani
sapevano
benissimo
che
si
trattava
per
loro
di
risalire
la
china
,
e
guardavano
con
emulazione
,
ma
senza
invidia
,
chi
stava
più
in
su
di
loro
.
Nel
carteggio
di
Pietro
Verri
col
fratello
Alessandro
,
Locke
,
Voltaire
,
gli
enciclopedisti
sono
nominati
ripetutamente
come
maestri
.
Più
tardi
il
Verri
associava
il
ricordo
di
Montesquieu
a
quello
di
Beccaria
.
Non
per
questo
i
nostri
scrittori
del
Settecento
mancavano
di
sentimento
nazionale
,
che
talora
,
anzi
-
-
per
esempio
nel
noto
articolo
del
«
Caffè
»
Della
Patria
degli
italiani
,
attribuito
un
tempo
al
Verri
,
e
invece
del
Carli
-
-
giunge
alla
formulazione
precisa
di
un
patriottismo
italiano
fondato
sull
'
unità
e
la
coscienza
nazionali
.
Ma
solo
nei
minori
,
in
quelli
che
contavano
meno
-
-
eruditi
puri
,
compilatori
,
redattori
di
atti
accademici
,
ecc
.
-
-
il
sentimento
nazionale
prendeva
aspetto
di
rivalità
ostile
verso
l
'
estero
,
di
tentativo
(
vano
)
per
affermare
superiorità
italiane
allora
inesistenti
.
È
proprio
questa
parte
deteriore
,
infeconda
,
passata
senza
traccia
,
quella
su
cui
taluni
studiosi
del
Settecento
italiano
amano
oggi
sostare
.
I
più
illuminati
sentivano
allora
la
nostra
inferiorità
,
la
proclamavano
,
e
desideravano
rimediarvi
,
non
col
respingere
il
progresso
estero
,
ma
con
l
'
assimilarlo
.
Nel
campo
della
speculazione
politica
,
la
prevalenza
assoluta
delle
questioni
interne
era
in
rapporto
circolare
con
l
'
europeismo
e
l
'
universalismo
del
pensiero
.
Vedemmo
come
le
linee
fondamentali
del
pensiero
politico
italiano
fossero
le
stesse
che
nel
resto
d
'
Europa
:
ciò
non
impediva
visioni
di
problemi
particolari
nostri
e
applicazioni
speciali
a
situazioni
italiane
,
ma
senza
nessuna
pretesa
di
inalberare
principî
originali
.
Scarsamente
sentito
era
il
problema
dell
'
indipendenza
;
veniva
posto
invece
talora
quello
dell
'
accordo
tra
le
riforme
e
l
'
opinione
pubblica
:
«
tutto
fa
l
'
opinione
,
essa
è
la
direttrice
della
forza
»
,
diceva
il
Verri
.
Ignorato
era
tuttora
il
problema
dell
'
unità
;
anche
l
'
idea
della
confederazione
ebbe
solo
apparizioni
saltuarie
ed
occasionali
.
V
'
era
piuttosto
,
talora
,
un
certo
scontento
della
posizione
italiana
presente
,
un
certo
rimpianto
della
grandezza
passata
;
e
con
questi
sentimenti
comparivano
sporadicamente
valutazioni
e
vagheggiamenti
non
in
perfetto
accordo
con
l
'
ideologia
generale
.
Il
Filangieri
esponeva
l
'
idea
di
una
educazione
pubblica
formante
il
carattere
nazionale
;
il
Verri
ammetteva
l
'
ipotesi
di
un
rafforzamento
del
sistema
papale
come
benefico
all
'
Italia
,
affermando
così
un
nesso
positivo
fra
la
grandezza
del
papato
e
le
sorti
della
nazione
italiana
;
e
nel
conflitto
fra
papa
Clemente
XIV
e
i
Borboni
diceva
di
sentirsi
guelfo
,
spiegando
però
:
«
per
quella
naturale
propensione
che
abbiamo
nel
cuore
di
prendere
il
partito
del
debole
coraggioso
»
.
E
il
Baretti
-
-
scrittore
peraltro
di
idee
conservatrici
-
-
nella
stessa
occasione
si
sdegnava
che
il
papa
,
principe
italiano
,
fosse
violentato
a
fare
a
modo
delle
potenze
oltremontane
,
senza
riflettere
che
nella
questione
gesuitica
non
si
trattava
del
papa
come
principe
temporale
,
ma
del
capo
della
chiesa
cattolica
;
e
che
,
fra
le
potenze
che
gli
facevano
violenza
,
ce
n
'
erano
due
italiane
.
Superiore
a
tutti
questi
accenni
vaghi
e
occasionali
di
risveglio
patriottico
è
,
per
forza
e
nettezza
di
sentimento
,
l
'
Alfieri
,
il
quale
-
-
attraverso
,
si
noti
bene
,
un
riconoscimento
più
pieno
che
mai
dell
'
inferiorità
italiana
rispetto
alle
altre
nazioni
-
-
arrivò
nella
chiusa
di
Del
Principe
e
delle
Letterre
alla
famosa
profezia
sulla
rivoluzione
e
l
'
unità
d
'
Italia
.
Qui
veramente
il
Settecento
è
oltrepassato
,
e
suona
la
squilla
del
Risorgimento
.
Alfieri
e
Parini
:
rivoluzione
morale
Squilla
di
risorgimento
politico
.
Occorre
intenderne
bene
il
timbro
,
per
non
prendere
equivoco
circa
lo
strumento
da
cui
proviene
.
Chi
credesse
di
concludere
,
da
quel
finale
politico
e
dalla
profezia
unitaria
dell
'
opera
alfieriana
,
che
l
'
Alfieri
smentisce
il
nostro
concetto
del
Settecento
come
risorgimento
etico
culturale
in
senso
europeo
,
farebbe
doppio
errore
.
Intanto
,
l
'
Alfieri
appartiene
tutto
alla
seconda
metà
del
Settecento
,
e
in
particolare
quel
capitolo
di
Del
Principe
e
delle
Lettere
è
stato
scritto
nel
l784
,
cioè
appena
qualche
anno
prima
della
Rivoluzione
.
Se
il
Rousseau
,
nato
quasi
quarant
'
anni
avanti
all
'
Alfieri
,
si
stacca
dal
Settecento
puro
,
enciclopedistico
,
e
tuttavia
ne
continua
l
'
opera
sul
terreno
etico
politico
,
altrettanto
si
può
dire
dell
'
Alfieri
riguardo
al
Settecento
italiano
.
La
prima
radice
dell
'
italianità
dell
'
Alfieri
-
-
e
di
quel
certo
nazionalismo
,
di
quel
cero
astio
verso
le
altre
nazioni
(
particolarmente
la
Francia
)
che
sentiamo
in
lui
a
differenza
dello
spirito
dominante
nei
predecessori
-
-
è
morale
e
culturale
,
o
più
precisamente
letteraria
.
Da
una
parte
l
'
Alfieri
constata
l
'
inferiorità
presente
italiana
rispetto
alle
altre
nazioni
,
se
ne
sente
tocco
nella
sua
personalità
e
ci
s
'
infuria
.
Dall
'
altra
,
egli
è
conquistato
dall
'
entusiasmo
per
l
'
armonia
della
lingua
italiana
(
rispetto
alla
quale
i
suoni
delle
altre
sembravano
ai
suoi
nervi
facilmente
eccitabili
quasi
gridi
bestiali
)
e
per
le
bellezze
della
nostra
letteratura
:
gli
pare
che
nulla
si
ritrovi
d
'
uguale
ai
nostri
quattro
grandi
poeti
,
vicino
ai
quali
nutre
speranza
di
ottenere
un
posto
.
L
'
affermazione
prepotente
della
propria
individualità
è
motivo
dominante
dell
'
Alfieri
,
che
da
solo
rende
vano
e
risibile
qualsiasi
tentativo
di
trovare
in
lui
un
propugnatore
di
concezioni
statalistiche
,
sia
per
l
'
Italia
,
sia
per
la
società
in
generale
.
E
il
capitolo
finale
di
Del
Principe
e
delle
Lettere
,
che
si
cita
generalmente
come
se
fosse
isolato
,
è
invece
in
stretta
connessione
con
tutta
l
'
opera
:
ben
più
stretta
che
nell
'
altro
finale
,
ancor
più
famoso
e
di
qualche
affinità
,
quello
del
Principe
machiavellico
.
Tutta
la
tesi
dell
'
opera
è
nella
nobiltà
suprema
dell
'
ufficio
di
scrittore
,
purché
compiuto
senza
nessun
legame
con
i
governi
,
in
piena
libertà
d
'
ispirazione
e
di
espressione
.
A
tali
scrittori
l
'
Alfieri
considera
affidato
in
prima
linea
il
destino
delle
nazioni
,
perché
sono
essi
a
formarne
e
risvegliarne
la
coscienza
morale
:
ed
egli
sostiene
espressamente
e
diffusamente
la
superiorità
del
grande
scrittore
sul
gran
principe
,
così
come
nella
Vita
afferma
che
i
dispacci
e
la
diplomazia
del
governo
piemontese
«
mi
pareano
,
ed
erano
per
certo
,
assai
meno
importante
ed
alta
cosa
che
non
le
tragedie
mie
o
le
altrui
»
.
Quando
le
lettere
in
Italia
abbiano
compiuto
il
loro
ufficio
civile
,
e
in
seguito
a
questo
compimento
,
l
'
Alfieri
afferma
la
possibilità
della
risurrezione
politica
italiana
.
Risurrezione
che
sbocca
(
i
più
non
lo
ricordano
,
o
nol
sanno
)
non
nell
'
unità
monarchica
,
ma
nella
repubblica
,
poiché
si
prevede
che
l
'
unico
sovrano
subentrato
alla
dualità
(
essa
stessa
uscita
dalla
molteplicità
)
degli
stati
italiani
,
«
oltre
ogni
limite
abusando
anche
in
casa
del
suo
eccessivo
potere
,
dagli
Italiani
(
che
allora
riuniti
tutti
ed
illuminati
avranno
imparato
a
far
corpo
ed
a
credersi
un
solo
popolo
)
,
dagli
Italiani
riuniti
verrà
poi
allora
quell
'
uno
,
e
la
sua
fatale
unità
,
abolito
,
e
per
molte
generazioni
abborrito
e
proscritto
»
.
L
'
Alfieri
dunque
è
il
più
energico
assertore
della
preminenza
del
morale
sul
politico
,
del
Risorgimento
come
processo
spirituale
,
anziché
come
fatto
politico
territorale
.
Né
poteva
essere
diversamente
,
poiché
il
suo
superamento
(
in
quanto
superamento
c
'
è
)
del
Settecento
deriva
appunto
dell
'
accentuazione
dell
'
elemento
etico
.
Al
posto
dell
'
umanitarismo
utilitaristico
settecentesco
l
'
Alfieri
pone
l
'
individualismo
morale
,
la
formazione
e
affermazione
della
personalità
umana
,
che
peraltro
sono
svolgimento
e
integrazione
del
primo
.
La
critica
che
vedremo
(
p
.
57
)
formulata
da
altri
scrittori
italiani
del
Settecento
all
'
educazione
italiana
del
tempo
,
suona
in
lui
più
forte
,
più
sprezzante
.
Essa
è
il
punto
di
partenza
della
Vita
,
ove
all
'
«
Epoca
seconda
»
è
posto
come
sotto
titolo
riassuntivo
:
«
otto
anni
d
'
ineducazione
»
.
Negli
Annali
egli
scrive
di
avere
avuto
da
sua
madre
,
«
come
pur
troppo
si
suole
in
Italia
,
una
pessima
educazione
»
.
Contro
l
'
istruzione
del
collegio
,
i
«
non
studi
»
e
i
sistemi
pedagogico
disciplinari
,
l
'
Alfieri
vibra
continuamente
la
sua
sferza
.
Al
disdegno
per
quella
educazione
egli
accoppia
,
nel
corso
della
Vita
,
due
altri
aborrimenti
:
quello
per
la
disciplina
militare
,
l
'
«
infame
mestiere
militare
»
,
«
la
male
detta
genia
soldatesca
»
,
e
l
'
altro
per
i
vincoli
vassallatici
verso
i
sovrani
e
per
la
servilità
della
corti
;
motivi
che
ambedue
confluiscono
nella
condanna
assoluta
,
passionale
,
irosa
e
sprezzante
al
tempo
stesso
,
di
ogni
«
tirannide
»
.
Tutti
questi
sentimenti
alfieriani
rampollano
da
un
senso
fondamentale
di
libertà
e
dignità
individuali
,
e
ad
esso
ritornano
.
Questo
sentimento
è
alimentato
in
lui
da
ogni
esperienza
e
lo
ispira
in
ogni
giudizio
:
si
tratti
della
monarchia
militare
prussiana
o
del
dispotismo
moscovita
,
della
visita
all
'
Inghilterra
a
diciannove
anni
o
della
lettura
di
Plutarco
(
a
cui
associa
Montaigne
e
Montesquieu
)
,
della
proibizione
di
allontanarsi
dal
Piemonte
senza
permesso
del
sovrano
o
dell
'
altra
di
non
stampare
fuori
del
Piemonte
medesimo
.
E
così
egli
concede
,
con
sacrificio
delle
sue
proprietà
e
della
sua
posizione
sociale
,
al
«
disvassallamento
»
,
cioè
al
suo
trapiantamento
definitivo
fuori
del
Piemonte
e
alla
rescissione
di
ogni
vincolo
feudale
verso
il
sovrano
;
e
uscendo
dal
Piemonte
dice
di
essersi
inteso
«
come
allargato
il
respiro
»
;
e
aggiunge
così
se
stesso
al
grande
Lagrange
e
al
minor
Denina
nell
'
espatrio
,
con
una
coscienza
così
risoluta
da
rendere
per
lui
senza
oggetto
qualsiasi
apologia
«
sabauda
»
che
si
possa
tentare
in
quegli
altri
due
casi
,
poiché
qui
è
la
coscienza
e
la
volontà
recisa
dell
'
uomo
che
si
contrappongono
a
un
ambiente
e
a
un
sistema
.
Non
si
tratta
infatti
in
lui
di
risentimento
personale
verso
i
suoi
sovrani
,
di
cui
dice
bene
;
ma
del
fatto
che
«
quando
si
pensa
e
vivamente
si
sente
che
il
loro
giovare
o
nuocere
pendono
dal
loro
assoluto
volere
,
bisogna
fremere
e
fuggire
»
.
È
la
condanna
definitiva
di
ogni
assolutismo
,
appunto
perché
la
radice
si
ritrova
in
una
incompatibilità
morale
.
Né
l
'
opposizione
posteriore
alla
rivoluzione
francese
(
celebrata
ai
suoi
inizi
:
Parigi
sbastigliato
)
,
la
condanna
furiosa
di
essa
rivoluzione
e
della
Francia
cambiano
nulla
a
questa
sostanziale
posizione
alfierana
,
poiché
esse
sono
sempre
pronunciate
in
nome
della
«
sacra
e
sublime
causa
della
libertà
»
e
contro
«
la
prepotenza
militare
»
posta
a
base
della
«
sedicente
repubblica
»
.
E
ai
Francesi
,
«
schiavi
malnati
»
,
egli
rinfaccia
che
,
se
la
Francia
tiene
in
schiavitù
l
'
Europa
,
è
tenuta
essa
stessa
«
da
un
perpetuo
console
»
in
schiavitù
«
più
dura
ed
infame
»
.
Sopra
un
piano
morale
si
muove
dunque
l
'
Alfieri
:
e
sopra
un
piano
morale
-
-
poco
prima
o
contemporaneamente
a
lui
-
-
si
muove
anche
il
Parini
,
sebbene
non
sia
identico
l
'
orizzonte
dei
due
scrittori
.
Il
Parini
,
nonostante
la
sua
formazione
letteraria
arcadica
,
aveva
assorbito
molto
più
direttamente
e
largamente
dell
'
Alfieri
il
razionalismo
e
l
'
utilitarismo
sociale
settecenteschi
.
Ma
anch
'
egli
(
L
'
impostura
,
La
caduta
)
afferma
l
'
imperativo
supremo
della
personalità
morale
;
anch
'
egli
rivendica
la
dignità
umana
individuale
contro
pregiudizi
tradizionali
e
istituti
sociali
;
bensì
,
non
dominato
come
l
'
Alfieri
dal
prepotente
bisogno
d
'
affermazione
del
proprio
io
e
impregnato
ben
più
profondamente
di
lui
di
umanità
filosofica
e
cristiana
,
valica
i
confini
del
riformismo
politico
settecentesco
col
suo
sentimento
di
giustizia
sociale
spinto
fino
alla
vera
e
propria
contrapposizione
di
classe
,
e
potremmo
dire
quasi
odio
di
classe
,
manifestantesi
nei
dittici
sanguinosamente
ironici
della
vita
nobiliare
e
della
plebea
.
Anche
certi
accenni
nel
Giorno
,
che
potremmo
dire
conservatori
o
nazionalistici
,
non
sono
in
realtà
se
non
altre
manifestazioni
di
questo
sentimento
fondamentale
:
sia
che
egli
satireggi
l
'
affettazione
della
nobiltà
a
parlar
francese
e
rivendichi
«
l
'
italian
Goffredo
»
,
rispetto
all
'
Henriade
di
Voltaire
;
sia
che
derida
il
lusso
nobiliare
nella
sua
caccia
ai
prodotti
esotici
;
sia
infine
che
,
nel
parlare
delle
tendenze
antireligiose
dei
«
novi
sofi
»
,
attacchi
il
ripugnante
egoismo
di
classe
col
quale
la
nobiltà
intende
riserbare
per
sé
i
lumi
della
ragione
,
mantenendo
il
volgo
obbediente
entro
i
legami
tradizionali
;
mentre
invece
esalta
,
con
l
'
ironico
biasimo
,
le
dottrine
sociali
di
uguaglianza
e
di
umanità
del
filosofismo
.
E
la
religiosità
cristiana
del
Parini
si
associa
alla
condanna
dei
gesuiti
,
dell
'
intolleranza
religiosa
(
i
versi
contro
gli
autodafé
)
,
e
della
superstizione
dominante
a
Roma
.
Anche
nel
Parini
,
come
nell
'
Alfieri
,
si
passa
dal
riformismo
alla
rivoluzione
:
rivoluzione
politica
per
questo
,
sociale
per
quello
.
Era
il
passaggio
che
aveva
già
effettuato
fuori
d
'
Italia
il
Rousseau
,
e
che
la
rivoluzione
francese
si
apprestava
a
tradurre
dal
pensiero
al
fatto
.
E
,
se
l
'
Alfieri
trovò
nella
rivoluzione
francese
chi
attuò
il
suo
programma
tirannicida
tanto
pienamente
da
attirarsi
i
suoi
fulmini
,
il
sentimento
sociale
del
Parini
appare
,
rispetto
alla
seguente
rivoluzione
italiana
,
un
«
futuro
»
che
neppure
nel
corso
ulteriore
del
Risorgimento
trovò
piena
soddisfazione
.
Si
potrebbe
dire
che
egli
è
per
la
rivoluzione
italiana
alla
fine
del
secolo
XVIII
quello
che
il
Pisacane
fu
rispetto
al
Risorgimento
nel
suo
apogeo
.
Checché
sia
di
ciò
,
certo
è
che
l
'
Alfieri
e
il
Parini
ribadiscono
in
pieno
il
carattere
etico
culturale
del
Risorgimento
e
il
suo
legame
con
l
'
ideologia
del
Settecento
europeo
,
di
cui
essi
medesimi
rappresentano
lo
svolgimento
ulteriore
.
III
LA
PRIMA
CRISI
RIVOLUZIONARIA
Dai
riformisti
ai
giacobini
Nel
Settecento
italiano
abbiamo
incontrato
un
periodo
di
accordo
fra
il
pensiero
innovatore
degli
scrittori
e
l
'
azione
riformatrice
dei
governi
.
Questo
accordo
non
fu
mai
e
in
nessun
luogo
perfetto
,
perché
il
pensiero
dei
primi
si
spingeva
ben
più
avanti
dell
'
azione
dei
secondi
,
e
rimaneva
fra
le
due
categorie
la
diversità
intima
d
'
ispirazione
:
i
governi
non
avevano
superato
veramente
il
principio
della
ragion
di
stato
,
a
cui
i
pensatori
avevano
volto
decisamente
le
spalle
assumendo
un
concetto
dello
Stato
come
di
strumento
del
benessere
individuale
e
sociale
.
Verso
la
fine
del
secolo
l
'
accordo
si
ruppe
affatto
:
gli
uomini
di
governo
sostarono
e
indietreggiarono
,
i
teorici
proseguirono
innanzi
.
La
rottura
avvenne
in
coincidenza
e
in
relazione
con
la
rivoluzione
francese
;
ma
si
era
preparata
già
prima
,
per
ragioni
che
non
erano
senza
analogia
con
quelle
che
produssero
in
Francia
la
rivoluzione
stessa
.
Due
cose
mancarono
al
riformismo
settecentesco
italiano
:
la
partecipazione
del
popolo
,
e
cioè
una
coscienza
veramente
nazionale
,
e
lo
sbocco
in
un
nuovo
assetto
organico
dello
Stato
,
cioè
in
una
nuova
costituzione
.
Non
sono
mancanze
rilevate
oggi
,
a
fatti
compiuti
da
tanto
tempo
,
col
«
senno
di
poi
»
:
i
pensatori
italiani
se
ne
resero
conto
già
allora
.
Il
Verri
nell
'
aprile
1796
notava
che
quanto
si
era
avuto
di
progressivo
negli
anni
precedenti
non
solo
era
avvenuto
per
volere
assoluto
del
sovrano
,
senza
impulso
del
popolo
,
ma
in
contrasto
con
i
sentimenti
di
questo
,
«
che
avrebbe
voluto
conservare
inclusivamente
la
barbarie
della
tortura
e
il
supplizio
della
ruota
»
.
Quando
nel
1790
Leopoldo
II
invitò
i
consigli
provinciali
di
Lombardia
a
raccogliere
ed
esporre
le
rimostranze
e
i
bisogni
dello
Stato
,
il
Verri
giudicò
che
si
sarebbe
dovuta
chiedere
una
costituzione
,
e
stese
una
memoria
in
questo
senso
;
e
più
tardi
formulò
un
rimprovero
ai
rappresentanti
lombardi
per
non
averlo
fatto
.
Tali
prese
di
posizione
del
Verri
sono
posteriori
all
'
inizio
della
rivoluzione
francese
;
ma
questa
dovette
far
manifestare
al
Verri
disposizioni
d
'
animo
già
maturate
nel
decennio
precedente
,
come
possiamo
congetturare
altresì
per
la
sua
critica
(
anch
'
essa
posteriore
al
1789
,
ma
relativa
a
fatti
precedenti
)
al
rivoluzionarismo
dall
'
alto
di
Giuseppe
II
:
il
progresso
politico
per
imposizione
sovrana
,
egli
scrive
,
non
è
vero
progresso
;
è
un
governo
assoluto
di
polizia
,
«
smascherato
dispotismo
»
;
l
'
imperatore
non
era
padrone
degli
uomini
più
di
quello
che
lo
fosse
dell
'
erario
pubblico
.
Anteriore
,
in
ogni
caso
,
alla
Rivoluzione
è
lo
scritto
Decadenza
del
papato
,
ecc
.
(
1783
)
,
rimasto
inedito
fin
dopo
la
morte
del
Verri
,
in
cui
questi
attacca
a
fondo
il
«
fratismo
»
e
«
l
'
impostura
»
dominanti
in
Italia
,
cioè
il
metodo
di
educazione
clericale
,
tutto
fondato
su
credenze
imposte
dal
di
fuori
e
supinamente
accettate
,
senza
critica
personale
,
e
su
osservanze
esteriori
di
pratiche
e
di
riti
,
senza
intima
vita
morale
.
A
questa
educazione
egli
attribuiva
l
'
inferiorità
degli
Italiani
per
la
quale
-
-
egli
diceva
-
-
dappertutto
fuori
d
'
Italia
era
ormai
una
vergogna
il
dire
:
sono
Italiano
.
Evidentemente
a
tale
educazione
andava
anche
ricondotto
quell
'
indifferentismo
e
oscurantismo
della
coscienza
popolare
,
quella
mancanza
di
coscienza
nazionale
di
cui
abbiamo
parlato
sopra
,
e
che
isterilì
e
fece
fallire
il
riformismo
indigeno
italiano
.
Le
querele
contro
il
«
fratismo
»
sono
diffuse
nei
nostri
scrittori
(
Parini
,
Baretti
)
.
Era
posto
così
il
problema
spirituale
del
Risorgimento
,
come
autonomia
interiore
e
vita
morale
che
il
popolo
italiano
doveva
conquistarsi
come
avevano
fatto
gli
altri
popoli
europei
.
Il
giansenismo
si
rivelò
insufficiente
in
proposito
,
o
almeno
non
fece
in
tempo
ad
agire
:
esso
incominciava
appena
a
penetrare
nell
'
insegnamento
universitario
quando
scoppiò
la
bufera
rivoluzionaria
.
Il
Giorno
del
Parini
,
e
anche
la
Vita
dell
'
Alfieri
,
sono
le
maggiori
manifestazioni
di
questa
esigenza
di
rinnovamento
morale
,
e
al
tempo
stesso
della
sua
mancata
soddisfazione
.
Una
evoluzione
non
compiuta
,
e
di
cui
tuttavia
rimanga
l
'
esigenza
negli
spiriti
superiori
,
contiene
in
sé
un
germe
di
rivoluzione
:
il
distacco
fra
il
pensiero
e
l
'
azione
,
fra
l
'
ideale
e
il
reale
agisce
,
a
lungo
andare
,
esplosivamente
.
I
principi
italiani
intorno
all
'
inizio
della
rivoluzione
francese
,
e
per
contraccolpo
di
essa
(
ma
non
solo
per
questo
)
,
si
arrestarono
;
quelli
,
s
'
intende
,
che
si
erano
mossi
.
Ma
non
si
arrestarono
le
idee
di
quegli
Italiani
che
guardavano
innanzi
:
pochi
,
ma
in
essi
erano
le
forze
dell
'
avvenire
.
Nulla
di
più
caratteristico
dell
'
atteggiamento
,
rispetto
agli
svolgimenti
rivoluzionari
francesi
,
tenuto
dal
Verri
,
temperamento
per
null
'
affatto
rivoluzionario
,
fautore
di
una
placida
filosofia
,
patrizio
milanese
obbediente
al
governo
austriaco
,
anche
se
non
sempre
soddisfatto
di
esso
.
Egli
prese
le
difese
della
Rivoluzione
contro
coloro
che
si
scandalizzavano
per
i
suoi
primi
eccessi
;
si
augurò
la
diffusione
del
moto
,
sperando
che
ne
venisse
un
cambiamento
di
faccia
alla
politica
;
contestò
alle
classi
privilegiate
l
'
imparzialità
necessaria
per
giudicarne
;
e
se
dopo
il
supplizio
del
re
e
di
fronte
al
Terrore
formulò
biasimi
ed
ebbe
accenti
di
esecrazione
,
non
prese
però
neanche
allora
una
posizione
puramente
negativa
di
fronte
alla
Rivoluzione
,
e
vi
si
adattò
quando
essa
giunse
a
Milano
.
Egli
cercò
di
accogliere
i
nuovi
concetti
politici
,
sforzandosi
di
precisarli
secondo
i
suoi
criteri
razionali
e
morali
;
e
lo
stesso
fanatismo
rivoluzionario
,
tanto
contrario
alla
sua
indole
,
fu
da
lui
valutato
come
una
possibilità
di
scossa
della
nazione
italiana
dal
«
torpore
»
.
Se
tanto
avanti
giunse
il
patrizio
riformista
Verri
,
altri
non
si
contentarono
in
quegli
anni
di
pensare
,
ma
si
volsero
per
loro
conto
a
tentar
di
ristabilire
l
'
accordo
tra
pensiero
e
azione
.
Donde
la
formazione
qua
e
là
in
Italia
di
nuclei
di
«
giacobini
»
,
le
prime
congiure
,
i
primi
processi
politici
,
le
prime
esecuzioni
capitali
:
Emanuele
De
Deo
,
Francesco
De
Stefanis
,
Giovan
Battista
De
Rolandis
,
ecc
.
,
oltre
l
'
espulsione
dalla
Toscana
di
un
discendente
di
Michelangelo
,
Filippo
Buonarroti
,
divenuto
poi
compagno
del
Babeuf
in
Francia
.
Antirivoluzionarismo
sabaudo
Il
sistema
politico
territoriale
italiano
al
momento
della
rivoluzione
francese
era
(
s
'
è
detto
già
)
simile
a
quello
di
tre
secoli
addietro
,
all
'
inizio
delle
invasioni
straniere
:
di
bella
apparenza
,
ma
di
scarsa
solidità
.
I
novatori
in
Italia
erano
pochi
,
la
grande
maggioranza
delle
popolazioni
era
composta
di
sudditi
fedelissimi
;
ma
era
fedeltà
prevalentemente
inerte
,
passività
.
Come
tre
secoli
addietro
,
mancò
tanto
l
'
accordo
fra
i
principi
quanto
la
solidarietà
fra
principi
e
popoli
.
Il
progetto
di
confederazione
,
tanto
vantato
,
dal
Galeani
Napione
(
1791
)
non
solo
rimase
dissertazione
accademica
,
ma
anche
come
puro
pensiero
rispondeva
,
piuttosto
che
a
un
'
idea
nazionale
,
alla
preoccupazione
di
resistere
alla
Rivoluzione
,
di
conservare
lo
statu
quo
;
era
rivolto
al
passato
,
non
al
futuro
.
Esso
rientra
assai
più
nella
storia
dell
'
Antirisorgimento
che
in
quella
del
Risorgimento
.
Comunque
,
il
progetto
non
venne
effettuato
.
Il
Piemonte
sabaudo
fu
l
'
unico
a
svolgere
una
politica
attiva
,
guerresca
,
contro
la
Rivoluzione
premente
alle
porte
d
'
Italia
.
Dopo
quasi
quarant
'
anni
di
accordo
franco
austriaco
,
che
aveva
paralizzato
la
politica
estera
sabauda
,
si
tornava
alla
posizione
classica
di
Casa
Savoia
,
in
bilancia
fra
le
due
grandi
potenze
confinanti
.
Vittorio
Amedeo
III
però
non
scorse
la
situazione
sotto
questo
angolo
visuale
;
e
,
nonché
un
'
idea
nazionale
,
non
gli
arrise
neppure
quella
tradizionale
dell
'
acquisto
lombardo
propostogli
dalla
Francia
,
già
rivoluzionaria
ma
ancora
monarchica
,
nell
'
aprile
1792
.
Egli
si
strinse
invece
all
'
Austria
,
prima
per
difendere
,
poi
per
ricuperare
i
possessi
oltremontani
,
e
per
sbarrare
la
strada
alla
Rivoluzione
;
giunse
anzi
-
-
in
senso
direttamente
contrario
ai
destini
italiani
della
Casa
-
-
a
contemplare
una
retrocessione
all
'
Austria
del
Novarese
in
cambio
di
acquisti
in
Francia
.
La
lotta
armata
fu
sostenuta
dal
Piemonte
non
senza
tenacia
per
qualche
anno
;
ma
poi
finì
precipitosamente
sotto
i
colpi
del
Bonaparte
,
nel
disastro
militare
,
nell
'
umiliazione
dell
'
armistizio
e
della
pace
imposti
e
dell
'
occupazione
francese
,
e
infine
nell
'
espulsione
della
dinastia
.
Nella
prima
crisi
rivoluzionaria
del
Risorgimento
lo
stato
sabaudo
fece
allora
il
naufragio
più
completo
fra
gli
stati
italiani
salvo
la
decrepita
Venezia
:
i
Borboni
fra
il
1799
e
il
1814
ebbero
una
parte
più
attiva
dei
Savoia
,
sebbene
anche
questi
partecipassero
prima
dell
'
eclissi
quindecennale
,
alla
reazione
dell
'
Antirisorgimento
(
appresso
,
p
.
68
)
.
Primo
Risorgimento
politico
Le
armi
francesi
trovarono
in
Italia
un
terreno
in
qualche
misura
preparato
dai
giovani
«
giacobini
»
,
da
quelli
morti
sul
patibolo
come
dai
sopravvissuti
.
E
accanto
alla
nuova
generazione
giunta
di
un
balzo
al
rivoluzionarismo
erano
i
riformisti
divenuti
giacobini
,
o
almeno
disposti
a
collaborare
con
essi
,
come
Verri
a
Milano
,
Pagano
a
Napoli
.
L
'
effetto
sulle
condizioni
italiane
fu
grandioso
.
Si
ebbe
nell
'
incipiente
Risorgimento
il
passaggio
dal
piano
culturale
al
politico
,
dal
riformismo
governativo
alla
democrazia
,
dal
cosmopolitismo
alla
nazionalità
.
Questo
passaggio
si
effettuò
sotto
l
'
azione
diretta
della
rivoluzione
francese
,
cioè
delle
sue
idee
,
della
sua
propaganda
,
delle
sue
campagne
vittoriose
.
Ecco
un
fatto
,
di
quelli
massicci
,
contro
cui
si
spunta
ogni
abilità
sofistica
di
fautori
dell
'
autoctonia
pura
;
mentre
la
teoria
sabaudistica
perde
addirittura
il
filo
conduttore
.
Spazzati
via
i
vecchi
governi
-
-
quasi
senza
resistenza
,
salvo
quello
piemontese
,
-
-
dalle
armi
vittoriose
della
repubblica
,
si
riebbe
in
Italia
quel
che
da
secoli
(
dalla
fine
del
medioevo
)
non
si
era
più
visto
:
la
discussione
e
la
lotta
politica
,
il
formarsi
e
il
cozzare
dei
partiti
,
il
governo
di
popolo
con
le
assemblee
rappresentative
:
in
poche
parole
,
la
risurrezione
di
una
vita
politica
nazionale
.
Il
popolo
italiano
ritornò
sulla
scena
,
ridivenne
soggetto
di
storia
.
Vi
fu
coscienza
del
ritorno
,
del
risorgimento
;
anzi
fu
netta
e
persino
ostentata
,
nelle
reminiscenze
classiche
dei
nomi
e
degli
istituti
.
Si
rievocò
il
passato
d
'
Italia
,
cioè
una
sezione
di
esso
,
l
'
Italia
romana
o
Roma
antica
,
ricongiungendo
idealmente
i
due
estremi
della
catena
:
la
novissima
realtà
rivoluzionaria
e
la
remota
classicità
repubblicana
.
E
coloro
che
,
come
il
Gioia
,
erano
contrari
all
'
antica
Roma
,
risalirono
ancora
più
indietro
,
all
'
Italia
preromana
.
Anche
in
questo
ritorno
classicistico
l
'
influenza
della
rivoluzione
francese
fu
diretta
,
decisiva
:
precisamente
essa
rivoluzione
aveva
fatto
appello
all
'
antichità
classica
,
ai
ricordi
greco
romani
,
soprattutto
romani
,
i
due
Bruti
,
Scipione
,
Catone
.
Il
classicismo
trionfava
nelle
lettere
e
nelle
arti
non
meno
che
nel
pensiero
politico
.
In
quest
'
ultimo
esso
segna
il
passaggio
dal
cosmopolitismo
umanitario
,
non
privo
di
indeterminatezza
e
mollezza
,
al
patriottismo
,
entusiastico
,
irsuto
,
fanatico
.
Se
vi
fu
cambiamento
radicale
in
Francia
-
-
che
pure
aveva
secoli
dietro
di
sé
di
coscienza
nazionale
statale
completamente
formata
e
robusta
-
-
tanto
più
la
rivoluzione
delle
idee
fu
grande
in
Italia
,
con
precedenti
così
diversi
.
La
nascita
del
patriottismo
moderno
,
e
l
'
inizio
del
suo
trapasso
nel
nazionalismo
,
si
hanno
con
la
rivoluzione
francese
in
Francia
e
subito
dopo
in
Italia
.
Sorge
così
-
-
contemporaneamente
in
Gioia
,
Cuoco
,
Foscolo
-
-
l
'
idea
dello
«
spirito
pubblico
»
,
o
«
virtù
»
,
per
cui
il
cittadino
si
sente
tutt
'
uno
con
lo
Stato
;
l
'
idea
che
la
patria
è
qualche
cosa
da
realizzare
e
difendere
con
le
proprie
azioni
,
con
l
'
arma
in
pugno
(
sulla
necessità
di
una
milizia
nazionale
insisté
particolarmente
il
Foscolo
)
,
con
tutto
se
stesso
;
l
'
idea
della
necessità
,
per
la
salvezza
e
la
vita
della
nazione
,
di
uno
stato
forte
,
unitario
,
con
la
tendenza
a
porre
questa
necessità
,
e
in
genere
le
esigenze
statalnazionali
sopra
ogni
altra
cosa
.
Il
concetto
dell
'
unità
italiana
si
pone
così
in
una
forma
concreta
,
come
esigenza
attuale
,
sotto
il
pungolo
dell
'
esperienza
immediata
.
La
Francia
rivoluzionaria
aveva
trionfato
della
coalizione
europea
,
grazie
allo
stato
unitario
rinnovato
nella
sua
compattezza
,
esaltato
nella
sua
energia
dal
giacobinismo
.
Perciò
il
Gioia
nella
sua
famosa
dissertazione
Quale
dei
governi
liberi
meglio
convenga
alla
felicità
dell
'
Italia
(
1798
)
,
combatté
l
'
ipotesi
di
un
assetto
dell
'
Italia
in
tante
repubbliche
indipendenti
,
che
riuscirebbero
discordi
e
deboli
contro
l
'
estero
;
e
fa
anche
appello
alle
esperienze
negative
dell
'
età
comunale
e
signorile
.
Non
per
questo
il
Gioia
abbandonava
menomamente
la
libertà
:
l
'
Italia
,
egli
dice
,
dovrà
la
sua
rigenerazione
alla
filosofia
rivoluzionaria
che
ha
liberato
l
'
America
e
la
Francia
(
si
noti
il
senso
netto
della
connessione
fra
le
due
rivoluzioni
,
di
là
e
di
qua
dell
'
Atlantico
)
;
e
anzi
,
cura
precipua
della
dissertazione
è
di
mostrare
la
capacità
dell
'
Italia
a
un
governo
libero
non
meno
di
qualsiasi
altro
popolo
,
sia
perché
gli
uomini
sono
dappertutto
uguali
,
sia
perché
nella
storia
italiana
vi
sono
prove
di
una
tale
capacità
.
«
Fu
il
genio
italiano
che
gettò
in
Europa
il
primo
grido
di
libertà
»
,
nel
Rinascimento
,
e
prima
ancora
nel
movimento
repubblicano
dell
'
Italia
medievale
al
secolo
XII
,
e
anzi
già
nell
'
Italia
antica
,
prima
della
conquista
romana
.
Riferimento
quest
'
ultimo
tanto
più
notevole
,
in
quanto
viene
ad
associarsi
con
la
riprovazione
che
-
-
in
parziale
reazione
,
come
s
'
è
detto
,
al
classicismo
rivoluzionario
-
-
il
Gioia
manifesta
nei
termini
più
espliciti
contro
le
conquiste
romane
:
«
Non
m
'
arresterò
per
altro
a
far
l
'
elogio
dell
'
antica
Roma
,
né
chiamerò
dalla
tomba
i
suoi
eroi
.
Io
vorrei
anzi
fare
in
pezzi
le
pagine
della
storia
romana
,
perché
le
veggo
tinte
di
sangue
de
'
popoli
e
vi
leggo
scritta
la
schiavitù
delle
nazioni
»
.
È
questo
il
primo
,
o
quasi
primo
,
anello
di
una
catena
che
costituirà
un
filone
caratteristico
del
pensiero
risorgimentale
,
mostrante
la
centralità
del
concetto
liberale
,
e
quanto
fortemente
radicata
fosse
l
'
idea
che
l
'
italianità
nuova
doveva
sorgere
con
il
concorso
di
tutte
le
parti
della
nazione
,
e
non
per
sovrapposizione
dittatoriale
di
una
di
esse
.
Nella
formazione
di
una
coscienza
nazionale
additava
il
Gioia
(
in
altro
scritto
)
il
punto
decisivo
:
«
Vi
sentite
voi
veramente
Italiani
tutti
figli
di
una
stessa
patria
,
cittadini
di
una
stessa
città
?
Allora
voi
sarete
un
popolo
;
tutto
allora
vi
sarà
lecito
sperare
...
Obliate
le
abitudini
servili
,
e
mostratevi
degni
di
essere
governati
da
uomini
liberi
»
.
La
fecondità
di
quei
tre
anni
179699
,
del
pensiero
nazionale
italiano
-
-
di
un
pensiero
che
si
volgeva
all
'
azione
e
si
faceva
azione
-
-
è
mirabile
;
e
mostra
da
sola
l
'
effetto
prodotto
dalla
frantumazione
violenta
della
vecchia
Italia
,
che
il
riformismo
principesco
del
Settecento
aveva
poco
più
che
scalfito
.
Un
punto
caratteristico
:
ancora
nel
1791
il
già
menzionato
progetto
di
confederazione
italiana
(
antirivoluzionaria
)
del
Galeani
Napione
trovava
necessario
discutere
ripetutamente
le
pretese
tuttora
mantenute
in
piedi
dall
'
Impero
sull
'
Italia
,
e
additava
come
una
possibilità
della
confederazione
l
'
ottenerne
«
solenne
rinuncia
»
.
Ora
,
con
l
'
irrompere
armato
della
Rivoluzione
in
Italia
e
in
Germania
,
ogni
concetto
di
alta
signoria
imperiale
(
avanzo
del
medioevo
feudale
)
venne
spazzato
via
;
finché
crollò
miseramente
,
per
abdicazione
seguita
all
'
esautoramento
,
lo
stesso
Sacro
Romano
Impero
,
e
l
'
Italia
fu
liberata
da
una
delle
più
gravi
schiavitù
reali
e
ideali
gravante
da
secoli
su
di
lei
,
e
da
cui
i
vecchi
stati
italiani
non
erano
per
sé
riusciti
a
liberarla
mai
.
Una
volta
inteso
il
Risorgimento
come
processo
politico
spirituale
,
non
come
puro
fatto
politico
territoriale
,
tutta
la
positività
del
periodo
rivoluzionario
-
-
che
insieme
con
quello
napoleonico
Cesare
Balbo
assegnò
all
'
èra
delle
preponderanze
straniere
,
ciò
che
equivaleva
a
farne
un
nuovo
Cinquecento
,
passività
politica
pura
,
-
-
appare
chiara
,
imponente
.
Nel
corso
di
tre
anni
vennero
posti
tutti
i
problemi
del
Risorgimento
:
libertà
,
democrazia
,
indipendenza
,
unificazione
federale
o
unità
(
ambedue
con
regime
repubblicano
;
la
soluzione
unitaria
fu
quella
che
prevalse
nello
spirito
dei
patrioti
)
.
E
furono
posti
in
forma
concreta
,
storica
e
attuale
a
un
tempo
,
in
relazione
al
presente
e
al
passato
d
'
Italia
.
Dal
Verri
al
Gioia
,
dal
Cuoco
al
Foscolo
,
è
un
fervore
di
idee
,
di
discussioni
:
la
pubblicistica
politica
e
i
periodici
politici
fiorirono
,
specialmente
a
Milano
,
ove
si
accorse
da
ogni
parte
d
'
Italia
facendone
il
centro
ideale
dell
'
avviata
unità
della
nazione
,
espressa
fin
nelle
canzonette
cantate
per
la
strada
.
L
'
unità
si
può
dire
venisse
concretamente
propugnata
per
la
prima
volta
,
come
autogoverno
del
popolo
italiano
coscientemente
unito
.
È
un
poderoso
avviamento
di
fatto
ci
fu
nel
moto
di
unione
della
Cisalpina
,
tanto
da
parte
del
Veneto
e
di
Venezia
stessa
quanto
del
Piemonte
(
in
quest
'
ultimo
paese
però
vi
fu
una
corrente
«
allobroga
»
che
propugnò
l
'
annessione
alla
Francia
,
ricordando
che
i
Piemontesi
erano
stati
«
Galli
un
tempo
»
e
imprecando
contro
il
trattato
di
Cateau
Cambrésis
che
aveva
consegnato
il
Piemonte
al
tiranno
«
Emanuele
Filiberto
»
)
.
Sventolò
all
'
aura
per
la
prima
volta
il
tricolore
,
bandiera
nazionale
;
e
per
la
prima
volta
si
ebbero
legioni
italiane
,
portatrici
in
armi
dell
'
idea
nazionale
.
Uomini
insigni
entrarono
nella
vita
pubblica
,
capaci
d
'
incarnare
l
'
idea
nazionale
e
di
tenere
testa
ai
Francesi
.
La
questione
religiosa
fu
agitata
più
che
mai
,
affermandosi
una
relazione
di
intima
affinità
tra
Vangelo
e
democrazia
,
cristianesimo
e
libertà
del
popolo
.
È
il
momento
in
cui
il
giansenismo
,
svincolandosi
dai
ceppi
regalistici
si
fa
schietto
liberalismo
.
Al
tempo
stesso
l
'
esempio
degli
errori
francesi
nella
politica
ecclesiastica
(
Costituzione
civile
del
clero
con
le
lotte
religiose
conseguenti
)
ispirò
moderazione
,
o
per
dir
meglio
suggerì
il
concetto
che
il
problema
religioso
non
poteva
essere
risolto
,
se
non
nella
libertà
e
per
la
libertà
,
attraverso
un
'
opera
educativa
.
L
'
antinomia
del
moto
«
giacobino
»
italiano
Il
fatto
che
la
rivoluzione
italiana
del
179699
avvenisse
per
opera
dell
'
intervento
straniero
,
sotto
il
controllo
sovrano
di
capi
di
eserciti
stranieri
,
di
esecutori
delle
istruzioni
politiche
di
un
governo
estero
,
fu
una
realtà
grave
di
conseguenze
.
L
'
efficacia
della
risurrezione
politica
fu
minorata
in
radice
,
il
gioco
politico
normale
alterato
,
le
libertà
politiche
inceppate
nel
momento
stesso
della
loro
proclamazione
,
la
democrazia
resa
largamente
fittizia
e
talora
direttamente
calpestata
;
in
quanto
all
'
indipendenza
nazionale
,
essa
poteva
apparire
a
prima
vista
in
condizioni
peggiori
assai
di
prima
,
quando
solo
una
regione
della
penisola
era
soggetta
al
dominio
straniero
.
Di
qui
il
carattere
antinomico
del
periodo
,
per
cui
esso
da
un
lato
ci
si
presenta
come
il
primo
delle
realizzazioni
politiche
del
Risorgimento
,
mentre
dall
'
altro
prende
figura
di
un
nuovo
periodo
di
preponderanza
straniera
.
Di
questa
antinomia
ebbero
chiara
coscienza
,
per
primi
,
i
patrioti
italiani
del
tempo
o
«
giacobini
»
,
quelli
della
repubblica
cisalpina
come
quelli
della
partenopea
.
Ne
ebbero
coscienza
perché
il
loro
programma
politico
non
era
una
improvvisazione
opportunistica
,
dovuta
al
successo
delle
armi
francesi
,
ma
convinzione
germogliata
nel
loro
spirito
alla
luce
delle
idee
e
delle
esperienze
:
gli
uomini
della
Cisalpina
e
della
Partenopea
erano
gli
stessi
o
gli
affini
di
coloro
che
precedentemente
avevano
meditato
,
scritto
,
fatto
propaganda
,
congiurato
,
per
il
risorgimento
d
'
Italia
.
A
coloro
che
prima
della
venuta
dei
Francesi
avevano
per
le
nuove
idee
salito
il
patibolo
si
aggiunsero
,
qualche
anno
più
tardi
,
le
centinaia
di
vittime
cadute
in
Piemonte
innanzi
ai
moschetti
sabaudi
,
o
immolate
a
Napoli
sulle
forche
borboniche
,
o
dalla
Lombardia
deportate
in
Dalmazia
dal
governo
austriaco
anticipante
i
fasti
dello
Spielberg
.
I
patrioti
italiani
di
questo
primo
periodo
rivoluzionario
realizzarono
anticipatamente
la
formula
mazziniana
«
pensiero
e
azione
»
;
le
loro
sofferenze
,
il
loro
sacrificio
basterebbero
a
costituire
un
grosso
valore
positivo
del
periodo
,
nonostante
ogni
stridula
querimonia
di
nazionalistica
ortodossia
.
I
patrioti
italiani
non
erano
stati
loro
a
crear
quella
situazione
per
cui
l
'
Italia
si
dibatteva
fra
due
prepotenze
straniere
.
Non
erano
stati
i
«
giacobini
»
a
costringere
la
repubblica
di
San
Marco
in
quella
stolta
e
vile
neutralità
disarmata
,
che
non
poteva
non
procurarne
,
in
contingenze
tragiche
come
quelle
,
la
rovina
.
Non
furono
essi
a
far
scappare
il
Borbone
in
Sicilia
,
lasciando
soli
i
lazzari
a
battersi
contro
i
Francesi
,
ma
altresì
ad
inferocire
contro
i
loro
concittadini
migliori
.
Non
fu
colpa
dei
giacobini
,
insomma
-
-
già
per
il
fatto
che
erano
tanto
pochi
,
-
-
se
i
vecchi
governi
italiani
crollarono
come
castelli
di
carta
all
'
avvicinarsi
delle
truppe
francesi
,
perdendo
tutto
a
cominciar
dall
'
onore
.
L
'
indipendenza
italiana
alla
fine
del
secolo
decimottavo
cadde
con
tanta
vergognosa
facilità
perché
non
era
più
solida
che
alla
fine
del
decimoquinto
:
mancava
all
'
una
come
all
'
altra
non
tanto
(
come
pensò
il
Balbo
)
la
compiutezza
territoriale
o
giuridica
dell
'
indipendenza
,
quanto
là
spina
dorsale
di
una
coscienza
nazionale
,
l
'
autocreazione
della
nazione
da
parte
del
popolo
.
L
'
una
e
l
'
altra
si
ritrovano
nelle
idee
e
nell
'
opera
dei
«
giacobini
»
italiani
.
I
quali
accettarono
l
'
appoggio
francese
perché
non
potevano
farne
a
meno
;
ma
mirarono
a
costruire
,
a
realizzare
per
conto
proprio
l
'
Italia
.
Uguaglianza
civile
,
libertà
di
pensiero
,
rinnovazione
delle
strutture
amministrative
,
politiche
,
sociali
,
erano
intanto
fondate
:
fortificandosi
le
nuove
strutture
,
col
favore
delle
circostanze
attentamente
spiate
,
essi
pensavano
che
sarebbe
venuto
il
momento
di
congedare
i
precettori
e
di
fare
veramente
l
'
Italia
libera
e
una
.
Questa
non
fu
solo
l
'
idea
segreta
della
Società
dei
Raggi
,
ma
il
pensiero
intimo
,
la
molla
ultima
di
tutta
quell
'
azione
rivoluzionaria
italiana
.
Ché
anzi
fino
da
allora
,
in
cospetto
dei
francesi
occupanti
,
i
patrioti
resistettero
e
reclamarono
i
diritti
italiani
,
con
una
energia
che
può
sembrare
perfino
esagerata
a
chi
consideri
freddamente
la
realtà
della
situazione
:
la
quale
era
che
l
'
esistenza
delle
repubbliche
italiane
riposava
unicamente
sulle
armi
francesi
.
Si
veda
il
movimento
di
proteste
(
in
cui
il
Gioia
e
il
Foscolo
ebbero
i
primi
posti
)
contro
il
trattato
di
alleanza
,
o
di
vassallaggio
,
imposto
dal
Direttorio
alla
Cisalpina
;
si
ricordi
soprattutto
il
torrente
furioso
di
indignazione
contro
Campoformio
,
e
precedentemente
i
tentativi
molteplici
di
unione
del
Veneto
e
di
Venezia
medesima
alla
Cisalpina
.
L
'
idea
dell
'
unità
italiana
prese
corpo
definitivo
precisamente
come
reazione
contro
la
doppia
,
contemporanea
esperienza
di
dominio
straniero
;
e
nel
1799
fu
affermata
più
solennemente
che
mai
in
proposte
ufficiali
al
governo
francese
.
Con
idealismo
e
realismo
politico
insieme
,
i
patrioti
italiani
si
sforzarono
di
mostrare
l
'
utilità
e
la
necessità
per
la
Francia
dell
'
indipendenza
unitaria
d
'
Italia
,
secondo
il
concetto
europeo
(
derivante
dalla
rivoluzione
genuina
e
anticipante
Mazzini
e
il
liberalismo
radicale
di
Ferrari
e
Cattaneo
)
della
solidarietà
e
dell
'
affratellamento
fra
i
popoli
liberi
.
Il
primo
scoppio
dell
'
Antirisorgimento
Poiché
i
Francesi
erano
stranieri
invasori
e
spogliatori
,
coloro
che
insorsero
contro
di
essi
nel
1799
,
e
lottarono
per
la
restaurazione
della
vecchia
Italia
,
hanno
assunto
presso
certi
pubblicisti
odierni
figura
di
patrioti
.
Ma
la
figurazione
non
regge
.
Non
basta
pronunciar
certi
nomi
perché
la
cosa
ci
sia
:
Non
omnis
qui
dicit
mihi
:
Domine
,
Domine
,
intrabit
in
regnum
coelorum
.
Non
tutti
i
movimenti
antistranieri
(
forse
meglio
si
direbbe
«
antiforestieri
»
)
sono
senz
'
altro
movimenti
nazionali
.
La
preoccupazione
per
il
proprio
pezzo
di
terra
,
l
'
avversione
al
fiscalismo
o
alla
coscrizione
,
l
'
attaccamento
agli
usi
e
magari
alle
superstizioni
locali
,
il
desiderio
di
salvare
i
propri
poteri
,
privilegi
e
guadagni
,
non
bastano
perché
si
possa
parlare
di
sentimento
e
movimento
nazionali
:
possono
anzi
significare
tutto
l
'
opposto
.
Parlare
di
indipendenza
non
basta
,
di
avversione
allo
straniero
neppure
:
bisogna
vedere
per
chi
e
per
che
cosa
si
domanda
l
'
indipendenza
,
per
chi
e
per
che
cosa
si
lotta
contro
lo
straniero
.
L
'
indipendenza
,
non
è
un
fatto
materiale
territoriale
,
ma
un
atto
politico
spirituale
.
Occorre
che
dietro
ci
sia
un
popolo
cosciente
e
padrone
di
sé
,
in
marcia
verso
l
'
avvenire
.
Dietro
il
patriottismo
sanfedista
non
c
'
era
che
l
'
Italia
debole
,
arretrata
,
serva
:
la
vecchia
Italia
che
doveva
scomparire
perché
la
nuova
sorgesse
davvero
.
Ciò
per
cui
lottavano
quei
lazzaroni
napoletani
,
che
eccitarono
l
'
ammirazione
degli
stessi
giacobini
per
il
loro
valore
,
era
l
'
assolutismo
,
l
'
intolleranza
religiosa
,
i
privilegi
nobiliari
ed
ecclesiastici
,
la
schiavitù
del
pensiero
;
essi
ripudiavano
per
l
'
appunto
tutto
l
'
elemento
positivo
della
Rivoluzione
.
E
i
controrivoluzionari
o
sanfedisti
del
1799
si
appoggiavano
allo
straniero
né
più
né
meno
dei
giacobini
.
Non
era
l
'
Italia
contro
la
Francia
a
combatter
con
loro
,
ma
l
'
Austria
contro
la
Francia
:
straniere
le
parti
ambedue
,
si
annullavano
reciprocamente
sul
piano
dell
'
indipendenza
materiale
;
rimaneva
la
differenza
etico
politica
fra
il
vecchio
mondo
e
il
nuovo
.
Non
vi
può
essere
neppure
un
momento
di
esitazione
nell
'
assegnare
le
parti
storiche
:
i
giacobini
del
179699
continuavano
il
riformismo
italiano
del
Settecento
e
rappresentavano
il
Risorgimento
;
i
loro
avversari
,
l
'
Antirisorgimento
.
Altrimenti
occorrerebbe
fare
di
Fra
Diavolo
e
Brandaluccioni
i
precursori
di
Garibaldi
;
e
sarebbe
logico
da
parte
di
chi
vorrebbe
espellere
Mazzini
(
«
lebbra
repubblicana
»
)
dal
Risorgimento
italiano
.
Aggiungiamo
che
,
se
le
vittime
della
reazione
borbonica
sono
,
nella
giusta
coscienza
comune
,
precursori
del
Risorgimento
,
occorrerà
pur
dare
lo
stesso
posto
alle
vittime
della
reazione
monarchica
in
Piemonte
nel
179798
,
anteriormente
all
'
espulsione
della
dinasta
,
anche
se
ai
moti
piemontesi
non
spetti
lo
stesso
grado
di
elevazione
di
quello
partenopeo
,
e
se
più
atroce
,
più
sprezzante
della
giustizia
e
dell
'
umanità
,
fu
la
reazione
borbonica
.
È
in
quelle
vittime
che
trova
inizio
la
partecipazione
effettiva
del
Piemonte
all
'
azione
del
Risorgimento
.
Reazione
napoleonica
Di
contro
al
periodo
rivoluzionario
,
quello
napoleonico
rappresenta
un
netto
regresso
,
in
relazione
diretta
con
tutta
la
mentalità
napoleonica
e
la
politica
imperiale
.
Vi
è
tuttora
qualche
varietà
interpretativa
circa
la
posizione
di
Napoleone
rispetto
all
'
Italia
,
sia
per
la
coscienza
nazionale
dell
'
uomo
,
sia
per
la
politica
italiana
concreta
del
governante
.
Pure
,
due
cose
sono
evidenti
:
che
Napoleone
Bonaparte
si
è
considerato
francese
,
e
ha
subordinato
nettamente
,
totalmente
,
gli
interessi
dell
'
Italia
a
quelli
della
Francia
;
le
istruzioni
al
viceré
Eugenio
parlano
chiaro
prima
ancora
dei
suoi
atti
.
Tutt
'
al
più
si
può
trovare
che
nel
179697
il
Bonaparte
mostrò
,
in
confronto
del
Direttorio
,
un
interesse
più
specificamente
italiano
,
perché
considerava
allora
l
'
Italia
una
base
per
la
sua
fortuna
,
una
riserva
o
un
punto
di
lancio
.
Così
egli
fece
la
parte
di
eccitatore
delle
popolazioni
padane
,
di
promotore
della
Cispadana
e
della
Cisalpina
:
attivo
controbilanciato
in
larga
parte
sia
dall
'
assolutismo
con
cui
si
governò
nei
confronti
della
nuova
repubblica
,
sia
dal
mercato
di
Campoformio
,
odioso
in
sé
e
più
ancora
per
gli
sprezzi
e
i
raggiri
con
cui
piacque
al
Bonaparte
di
accompagnarlo
.
Una
volta
compiuto
il
salto
fino
al
governo
e
al
trono
di
Francia
,
questo
interesse
specifico
,
predominante
,
di
Napoleone
per
l
'
Italia
venne
meno
.
Si
potrebbe
dire
che
la
parte
positiva
della
politica
napoleonica
in
Italia
risale
alla
Rivoluzione
,
quella
negativa
è
sua
propria
;
o
,
con
formula
più
ampia
,
che
in
Italia
come
altrove
Napoleone
agì
a
guisa
di
un
grande
fenomeno
naturale
che
sconvolge
e
trasforma
l
'
ambiente
con
la
sua
azione
violenta
e
schiude
la
via
,
anche
senza
volerlo
e
saperlo
,
a
forze
non
di
sua
creazione
.
Gli
avviamenti
all
'
autonomia
politica
furono
da
Napoleone
troncati
in
Italia
come
lo
furono
in
Francia
.
La
costituzione
del
regno
italico
si
risolse
subito
in
parodia
:
basti
ricordare
la
sorte
del
Corpo
legislativo
,
il
quale
,
essendosi
permesso
di
proporre
modificazioni
ad
un
disegno
di
legge
inviatogli
da
Parigi
,
nonostante
la
sua
pronta
sottomissione
,
venne
soppresso
di
fatto
,
come
soppressa
di
fatto
fu
la
libertà
di
stampa
,
in
diritto
esistente
.
Si
ebbe
così
un
ristagno
anche
culturale
,
dopo
i
fervori
e
gli
splendori
della
fine
del
secolo
:
man
mano
una
cappa
di
piombo
si
stese
sull
'
Italia
napoleonica
.
La
depressione
ebbe
i
suoi
effetti
anche
nel
campo
del
pensiero
nazionale
,
ove
Cuoco
e
Gioia
si
adattarono
a
giustificare
con
argomenti
di
opportunità
l
'
assolutismo
napoleonico
:
necessità
di
protezione
,
di
governo
centrale
forte
per
un
popolo
che
ha
grandi
interessi
da
preservare
e
corre
grandi
pericoli
.
A
questo
adattamento
pratico
,
mascherato
di
ragionamenti
,
si
unisce
una
vera
e
propria
involuzione
di
idee
.
Il
Cuoco
sbocca
in
un
fatalismo
spegnitore
di
energie
,
con
la
sua
bilancia
matematica
del
bene
e
del
male
in
perpetuo
equilibrio
:
la
forza
che
anima
la
natura
è
unica
ed
eterna
;
gli
uomini
cambiano
,
ma
l
'
umanità
è
sempre
la
stessa
,
e
non
può
resistere
all
'
ordine
superiore
che
la
trascina
;
una
egual
somma
di
virtù
e
di
verità
si
contrappone
sempre
a
un
'
egual
somma
di
vizi
e
di
errori
.
Il
Foscolo
,
con
realismo
crudo
fino
all
'
ingenuità
,
mette
in
trono
il
concetto
della
forza
dominatrice
,
che
,
fondendosi
col
naturalismo
e
materialismo
residui
del
secolo
XVIII
,
assume
un
valore
universale
,
cosmico
,
approdando
anch
'
esso
a
una
concezione
fatalistica
e
pessimistica
.
L
'
universalità
dei
mortali
non
può
essere
né
quieta
né
libera
,
ma
deve
sottostare
alla
mente
dei
saggi
o
all
'
impero
del
forte
;
così
il
genere
umano
si
divide
in
molti
servi
e
in
pochi
signori
.
Egli
schernisce
«
le
sublimi
contemplazioni
»
,
che
confondono
«
le
verità
di
fatto
con
la
visione
metafisica
»
,
e
proclama
,
con
linguaggio
precocemente
hegeliano
:
«
Tutto
quello
che
è
,
deve
essere
;
e
se
non
dovesse
essere
non
sarebbe
»
.
L
'
equità
naturale
è
introvabile
;
il
diritto
delle
genti
si
risolve
con
la
forza
,
lo
stato
di
guerra
tra
i
popoli
è
fondamentalmente
perpetuo
.
Come
unico
rimedio
al
bellum
omnium
contra
omnes
il
Foscolo
pone
lo
stato
nazionale
,
concludendo
che
«
la
giustizia
sta
nelle
società
particolari
de
'
popoli
,
ma
non
nella
società
universale
del
genere
umano
»
,
e
che
il
giusto
è
racchiuso
nei
termini
della
ragion
di
stato
.
Così
,
appena
sorta
,
la
nazionalità
sembra
precipitare
nel
nazionalismo
e
nello
statalismo
.
E
,
alla
fine
del
periodo
napoleonico
,
nei
discorsi
Della
servitù
d
'
Italia
del
l8l5
,
il
Foscolo
vagheggia
una
monarchia
in
cui
i
nobili
tengano
la
bilancia
tra
i
re
e
i
cittadini
,
mentre
la
plebe
è
esclusa
da
ogni
officio
politico
,
e
si
potrebbe
dire
dalla
società
nazionale
.
Effetto
forse
,
quest
'
ultimo
,
delle
esperienze
sanfedistiche
alla
fine
del
secolo
precedente
e
più
ancora
dell
'
eccidio
del
Prina
a
Milano
,
al
momento
della
caduta
del
regno
italico
.
L
'
anfibio
«
Regno
d
'
Italia
»
Come
massimo
elemento
positivo
del
periodo
napoleonico
,
dal
punto
di
vista
del
Risorgimento
,
appare
il
regno
d
'
Italia
,
per
la
sua
vastità
e
organizzazione
e
per
il
suo
stesso
nome
.
Ci
si
ingannerebbe
però
assai
,
se
si
pensasse
Napoleone
intento
a
creare
un
regno
d
'
Italia
compatto
e
ben
difeso
.
Già
dopo
Marengo
,
il
primo
console
aveva
ordinato
un
programma
di
edilizia
militare
per
cui
la
difesa
della
Francia
era
accresciuta
e
diminuita
quella
d
'
Italia
.
Più
significativo
ancora
è
il
fatto
che
Piemonte
e
Liguria
vennero
uniti
definitivamente
alla
Francia
,
di
modo
che
le
porte
d
'
Italia
da
quel
lato
erano
,
non
aperte
,
ma
spalancate
.
E
Napoleone
teneva
tanto
a
questo
punto
che
perfino
nel
marzo
1814
,
allorché
si
vide
costretto
a
lasciare
che
Eugenio
e
Murat
si
accordassero
se
ci
riuscivano
,
per
dividersi
l
'
Italia
,
ne
eccettuò
ancora
quelle
due
regioni
cui
non
intendeva
rinunziare
.
Dalla
Liguria
l
'
impero
napoleonico
diretto
si
spingeva
a
cacciare
un
cuneo
nel
regno
d
'
Italia
tra
Lombardia
ed
Emilia
,
col
ducato
di
Parma
e
Piacenza
occupato
,
e
finalmente
annesso
,
da
Napoleone
.
E
a
rinforzo
del
cuneo
stava
il
granducato
di
Toscana
,
feudo
dell
'
Impero
,
sotto
Elisa
Bonaparte
Baciocchi
.
Toccarono
invece
al
regno
d
'
Italia
le
Marche
,
tolte
al
papa
,
ma
non
l
'
Umbria
,
riunita
anch
'
essa
con
Roma
e
il
Lazio
all
'
Impero
.
Di
modo
che
il
regno
d
'
Italia
,
escluso
dal
Tirreno
,
assunse
un
aspetto
particolarmente
curioso
:
un
quadrilatero
irregolare
a
nord
,
con
una
lunghissima
coda
tra
Appennino
e
Adriatico
sino
al
confine
napoletano
.
Configurazione
e
delimitazione
eminentemente
arbitrarie
,
che
da
sole
dimostrano
come
il
regno
d
'
Italia
fosse
un
espediente
,
più
che
uno
scopo
,
per
Napoleone
.
Subito
dopo
il
Diciotto
brumaio
,
Francesco
Melzi
d
'
Eril
,
che
fu
poi
un
buon
vicepresidente
della
repubblica
italiana
-
-
ma
non
viceré
del
regno
,
perché
ormai
Napoleone
non
collocava
che
membri
della
sua
famiglia
,
-
-
scrisse
al
Bonaparte
lamentando
che
non
si
fosse
compiuto
il
rinnovamento
italiano
con
un
programma
preciso
:
«
Ce
n
'
era
ben
uno
,
e
grande
,
il
solo
grande
:
riunire
tutti
questi
popoli
e
ricreare
una
nazione
;
ma
l
'
imponenza
del
risultato
ha
fatto
paura
!
»
Naturalmente
,
Napoleone
aveva
in
pronto
l
'
argomento
solito
in
questi
casi
:
l
'
Italia
non
era
matura
.
Sarà
una
spiegazione
più
calzante
il
ripetere
che
Napoleone
era
sovrano
di
Francia
,
e
dal
punto
di
vista
francese
(
preso
nella
direzione
tradizionale
della
vecchia
politica
)
guardò
sempre
le
cose
d
'
Italia
.
A
proposito
di
una
questione
di
tariffe
doganali
egli
scriveva
al
viceré
Eugenio
:
«
Bisogna
che
l
'
Italia
non
faccia
calcolo
alcuno
prescindendo
dalla
prosperità
della
Francia
;
essa
deve
confondere
i
suoi
propri
interessi
con
quelli
francesi
;
bisogna
soprattutto
che
essa
si
guardi
bene
dal
dare
alla
Francia
un
appiglio
a
un
'
annessione
,
giacché
se
la
Francia
vi
trovasse
il
suo
interesse
chi
potrebbe
impedirla
?
»
In
realtà
,
politicamente
parlando
,
l
'
annessione
c
'
era
già
nel
fatto
,
completa
.
Pure
,
si
andrebbe
errati
a
concludere
che
,
imperando
così
dispoticamente
Napoleone
,
tutto
fosse
passiva
obbedienza
nel
regno
d
'
Italia
.
Intanto
,
c
'
era
il
gran
fatto
che
l
'
amministrazione
di
questo
regno
-
-
lo
stato
più
esteso
che
il
settentrione
d
'
Italia
avesse
visto
da
molti
secoli
,
-
-
era
quasi
totalmente
in
mano
d
'
Italiani
.
E
non
era
un
'
amministrazione
inattiva
,
né
tale
che
si
limitasse
a
provvedimenti
conservatori
.
Essa
svolse
invece
,
sotto
l
'
impulso
di
Napoleone
,
un
'
opera
intensissima
,
la
quale
,
per
quanto
riguarda
i
rapporti
civili
e
le
condizioni
economiche
,
si
può
dire
compisse
rivoluzionariamente
ciò
che
in
via
riformistica
il
Settecento
italiano
aveva
incominciato
:
sparizione
dei
vincoli
feudali
ed
economici
,
della
manomorta
,
dei
privilegi
di
primogenitura
,
delle
legislazioni
e
dei
tribunali
particolari
,
uguaglianza
civile
,
regolarità
ed
accentramento
amministrativi
,
unità
di
pesi
e
misure
.
E
inoltre
,
provvedimenti
per
l
'
istruzione
pubblica
e
per
l
'
igiene
,
propulsione
all
'
industria
e
al
commercio
con
la
caduta
delle
barriere
doganali
e
dei
pedaggi
,
sviluppo
grandioso
della
rete
stradale
e
in
genere
dei
lavori
pubblici
,
ampliamento
delle
città
,
progressi
dell
'
industria
e
dell
'
agricoltura
.
Non
poca
importanza
ebbe
la
creazione
di
un
esercito
del
regno
d
'
Italia
.
Anche
questo
era
da
secoli
un
fatto
nuovo
.
Furono
stranieri
a
crearlo
e
ad
averne
il
comando
supremo
,
e
per
gli
interessi
stranieri
(
chi
non
ricorda
i
versi
del
Leopardi
sugli
Italiani
caduti
in
Russia
?
)
esso
combatté
quasi
sempre
.
Ma
i
quadri
,
fino
a
quelli
dei
generali
compresi
,
oltreché
le
truppe
,
erano
italiani
;
ed
esso
fu
un
addestramento
tecnico
,
una
scuola
di
energie
,
un
focolaio
(
piacesse
o
no
a
Napoleone
)
di
sentimento
nazionale
,
un
crogiuolo
di
unità
.
Non
per
nulla
nei
primi
anni
della
Restaurazione
gli
ex
ufficiali
di
quell
'
esercito
furono
in
prima
linea
fra
gli
agitatori
e
i
cospiratori
per
l
'
indipendenza
e
la
libertà
d
'
Italia
;
e
ancora
nel
Quarantotto
superstiti
di
esso
agirono
per
la
causa
nazionale
.
L
'
equivoco
del
napoleonismo
In
conclusione
,
per
l
'
Italia
come
per
la
Francia
e
il
resto
d
'
Europa
,
Napoleone
presenta
una
doppia
faccia
.
Nell
'
eredità
settecentesca
e
rivoluzionaria
egli
aveva
fatto
una
scelta
che
rispondeva
alla
sua
indole
e
alle
sue
fortune
personali
,
accettandone
una
parte
(
uguaglianza
e
incremento
economico
tecnico
)
e
respingendo
il
resto
.
Simili
scelte
,
però
,
le
fa
la
storia
,
e
non
la
volontà
prestabilita
di
singoli
individui
,
per
grandi
che
siano
.
In
fatto
,
Napoleone
non
riuscì
a
sbarazzarsi
del
principio
rivoluzionario
della
volontà
popolare
,
che
anzi
fu
costretto
a
fondare
formalmente
su
di
esso
il
proprio
edificio
(
plebisciti
)
,
pur
provvedendo
a
farlo
funzionare
come
pareva
a
lui
;
e
mentre
non
riuscì
a
spegnere
le
opposizioni
individuali
,
espresse
o
tacite
,
si
vide
sorgere
contro
le
esigenze
nazionali
liberali
dei
popoli
,
e
a
Sant
'
Elena
riconobbe
di
avere
sbagliato
.
D
'
altra
parte
,
anche
l
'
uguaglianza
napoleonica
,
col
ristabilimento
di
una
corte
imitante
le
pompe
della
Versailles
di
Luigi
XIV
,
con
l
'
istituzione
della
nobiltà
imperiale
,
fino
ai
principati
forniti
di
appannaggi
territoriali
,
e
con
la
moltiplicazione
dei
regni
vassalli
,
finì
per
assumere
caratteri
ben
strani
,
tanto
da
potersi
parlare
di
un
nuovo
feudalismo
.
Da
questa
ambiguità
sostanziale
del
napoleonismo
provenne
una
gran
confusione
di
idee
e
di
sentimenti
nel
mondo
politico
italiano
,
e
non
nell
'
Italia
soltanto
.
La
reazione
al
dispotismo
napoleonico
fu
altrettanto
ambigua
quanto
il
napoleonismo
a
cui
si
reagiva
:
la
faccia
progressista
dell
'
opera
napoleonica
ne
fu
investita
non
meno
di
quella
reazionaria
.
La
controrivoluzione
si
poté
nel
periodo
napoleonico
vestire
di
patriottismo
assai
più
agevolmente
che
nel
periodo
repubblicano
.
La
confusione
arrivò
al
punto
che
,
al
momento
della
caduta
del
regno
italico
,
il
partito
austriacante
(
bisogna
ricordare
che
gli
alleati
antinapoleonici
parlavano
di
libertà
e
di
indipendenza
dei
popoli
)
poté
far
figura
di
rappresentante
dell
'
indipendenza
italiana
;
e
dall
'
equivoco
risultarono
frustrate
le
possibilità
del
mantenimento
,
o
meglio
dell
'
istituzione
,
di
un
regno
italiano
veramente
indipendente
,
o
almeno
seriamente
autonomo
.
Le
radici
morali
del
dominio
austriaco
in
Italia
furono
poste
da
Napoleone
:
al
principio
e
alla
fine
della
sua
carriera
,
egli
si
trovò
ad
aver
lavorato
per
quel
dominio
.
Al
confusionismo
sul
terreno
politico
propriamente
detto
rispose
quello
politico
religioso
,
potentemente
favorito
dal
conflitto
fra
Napoleone
e
Pio
VII
,
che
restaurò
moralmente
il
papato
:
spunti
di
neoguelfismo
e
neo
ghibellinismo
s
'
intrecciarono
,
per
esempio
,
nel
pensiero
del
Foscolo
,
che
per
una
parte
disegnò
la
giustificazione
di
Gregorio
VII
e
parlò
di
educazione
degli
Italiani
alle
armi
e
alla
libertà
effettuata
dai
papi
;
per
l
'
altra
,
ricordò
le
chiamate
dello
straniero
fatte
dai
pontefici
e
rimproverò
al
Bonaparte
di
non
aver
lasciato
il
papato
«
vivere
di
elemosine
e
languire
di
consunzione
»
.
Questo
confusionismo
non
fu
l
'
ultima
causa
della
passività
con
la
quale
il
popolo
italiano
nell
'
insieme
assistette
ai
grandi
avvenimenti
del
18141815
,
e
in
particolare
al
tentativo
unitario
murattiano
.
Restaurazione
austriaca
L
'
Italia
politico
territoriale
del
18l5
presenta
una
somiglianza
spiccata
con
quella
del
1784
,
com
'
è
naturale
trattandosi
di
«
restaurazione
»
.
Tuttavia
,
una
differenza
capitale
è
nell
'
aumento
della
potenza
austriaca
,
preponderante
ora
nettamente
in
tutta
la
penisola
.
Ricuperata
la
Lombardia
e
riottenuto
con
essa
anche
il
Veneto
-
-
che
invece
nel
1797
aveva
avuto
in
cambio
della
prima
,
-
-
padrona
del
nord
d
'
Italia
con
l
'
appoggio
poderoso
di
tutto
l
'
impero
contiguo
(
mentre
nel
Settecento
la
Lombardia
era
vicina
,
ma
staccata
)
,
l
'
Austria
alla
posizione
ampliata
univa
una
più
decisa
volontà
di
controllo
e
di
comando
.
Questa
volontà
si
esplicò
nei
trattati
conclusi
con
Toscana
e
Napoli
(
il
secondo
dei
quali
le
dava
diritto
di
ingerenza
nel
regime
interno
napoletano
)
,
e
nel
principio
di
intervento
che
essa
fece
accettare
dalle
altre
grandi
potenze
,
le
quali
,
nell
'
insieme
,
si
adattarono
a
considerare
le
cose
italiane
come
interesse
e
competenza
austriaci
.
Era
un
'
alta
sovranità
imperiale
ristabilita
in
forma
ben
più
concreta
ed
efficace
dell
'
antica
.
Alla
preponderanza
austriaca
non
faceva
più
contrappeso
la
Francia
,
o
almeno
in
misura
assai
inferiore
di
prima
,
perché
era
uno
stato
sconfitto
,
in
margine
della
grande
politica
,
controllato
dall
'
alleanza
antinapoleonica
perdurante
sotto
il
nome
di
«
Santa
Alleanza
»
.
L
'
influenza
della
Spagna
nel
Mezzogiorno
,
già
diminuita
nel
periodo
di
Maria
Carolina
per
far
posto
a
quella
austriaca
,
era
adesso
cessata
,
come
era
sparita
la
posizione
di
grande
potenza
della
Spagna
medesima
.
Piuttosto
,
la
Russia
rappresentava
un
elemento
nuovo
di
contrappeso
all
'
Austria
,
estendendosi
la
sua
rivalità
con
essa
dall
'
Oriente
e
dalla
Germania
all
'
Italia
,
ove
già
alla
fine
del
secolo
precedente
le
guerre
di
coalizione
antifrancese
l
'
avevano
condotta
a
metter
piede
.
Allora
gli
zar
avevano
preso
la
difesa
del
regno
piemontese
contro
gli
appetiti
dell
'
Austria
,
e
lo
stesso
fecero
nella
Restaurazione
.
Nella
protezione
del
Piemonte
era
d
'
accordo
l
'
Inghilterra
,
che
però
guardava
di
più
,
per
i
suoi
interessi
mediterranei
,
al
Mezzogiorno
,
e
specialmente
alla
Sicilia
,
a
cui
un
proconsole
inglese
aveva
ottenuto
per
qualche
anno
una
costituzione
(
quella
del
1812
)
imposta
ai
Borboni
:
questi
,
legati
famigliarmente
a
Francia
e
Spagna
,
erano
sospetti
all
'
Inghilterra
.
Nell
'
insieme
,
l
'
interessamento
delle
altre
potenze
,
all
'
infuori
dell
'
Austria
,
alle
cose
italiane
era
limitato
e
secondario
:
nessuna
per
ora
si
trovava
in
grado
o
in
disposizione
di
contestare
la
supremazia
austriaca
;
non
v
'
era
niente
di
simile
all
'
equilibrio
tra
Francia
e
Absburgo
su
cui
i
Savoia
avevano
fondato
la
propria
politica
fino
al
1748
.
Patrioti
italiani
(
come
il
Foscolo
)
agitavano
già
l
'
idea
dell
'
utilità
di
un
'
Italia
ricostituita
in
nazione
per
l
'
equilibrio
e
la
pace
d
'
Europa
-
-
forma
deteriore
dell
'
altra
,
formulata
dai
repubblicani
italiani
nel
1799
,
dell
'
associazione
tra
i
popoli
liberi
;
-
-
ma
essa
non
trovava
per
allora
eco
sensibile
nelle
cancellerie
europee
.
Piemonte
«
ancien
régime
»
Escluse
iniziative
estere
a
pro
dell
'
indipendenza
italiana
,
rimaneva
in
astratto
la
possibilità
di
un
'
intesa
fra
gli
stati
italiani
per
contrappeso
all
'
Austria
.
Ma
era
,
appunto
,
possibilità
puramente
astratta
,
poiché
i
governi
italiani
della
Restaurazione
sentivano
bene
di
far
parte
d
'
un
sistema
che
aveva
la
sua
base
nell
'
Austria
,
mentre
una
coalizione
antiaustriaca
avrebbe
significato
cozzare
contro
l
'
Europa
del
Congresso
.
Senza
contare
che
due
principi
italiani
erano
austriaci
,
e
che
lo
stato
italiano
più
grande
,
Napoli
,
si
era
legato
per
trattato
all
'
Austria
.
Tanto
poco
questa
aveva
da
temere
allora
una
confederazione
italiana
contro
di
lei
,
che
promosse
essa
medesima
,
pur
senza
riuscirci
,
una
confederazione
degli
stati
italiani
per
farsene
capo
.
Contrario
all
'
alleanza
ed
alla
confederazione
fu
il
Piemonte
,
senza
che
tale
contrarietà
avesse
carattere
di
politica
nazionale
.
Altrettanto
può
dirsi
della
politica
territoriale
di
un
certo
attivismo
fatta
al
momento
della
restaurazione
da
Vittorio
Emanuele
I
:
essa
fu
diretta
a
conservare
i
propri
dominî
di
qua
e
di
là
delle
Alpi
ugualmente
(
Savoia
,
Novarese
)
,
e
ad
ampliarli
con
Genova
e
la
Lombardia
:
quest
'
ultimo
obiettivo
più
grande
di
tutti
,
l
'
unico
che
potesse
assumere
un
carattere
nazionale
,
fallì
.
Vittorio
Emanuele
I
e
i
suoi
ministri
non
fecero
appello
diretto
alle
nuove
forze
nazionali
,
ma
si
limitarono
a
mostrarle
nello
sfondo
alle
grandi
potenze
per
ripigliare
fra
di
esse
il
gioco
di
contrapposizione
:
Russia
Austria
,
Inghilterra
Francia
;
e
fecero
ricorso
anch
'
essi
al
concetto
di
equilibrio
.
L
'
assorbimento
di
Genova
realizzò
un
vecchio
postulato
della
politica
sabauda
,
non
senza
suscitare
nei
Genovesi
resistenze
,
rimpianti
e
avversioni
:
se
vi
furono
,
al
di
là
dell
'
incremento
territoriale
piemontese
,
conseguenze
nazionali
positive
(
apporto
di
spiriti
più
liberi
in
seno
al
corpo
sabaudo
,
correnti
giansenistiche
,
elementi
sociali
differenti
dalla
chiesa
e
vieta
aristocrazia
pedemontana
savoiarda
)
,
esse
furono
indirette
e
non
volute
certamente
dai
governanti
,
di
Torino
.
Sostanzialmente
,
Piemonte
e
Napoli
erano
sullo
stesso
piano
riguardo
alla
politica
generale
italiana
.
Se
in
Piemonte
era
più
sentito
il
problema
dell
'
indipendenza
dall
'
Austria
,
Napoli
aveva
al
suo
attivo
,
come
fermento
di
rivolgimenti
,
le
tradizioni
murattiane
,
e
in
particolare
l
'
esercito
di
Murat
,
fuso
bensì
con
quello
legittimistico
,
ma
con
mantenimento
degli
antichi
capi
.
Un
altro
elemento
specifico
di
sovversione
nel
Mezzogiorno
era
l
'
autonomismo
o
separatismo
siciliano
,
che
però
aveva
carattere
strettamente
regionale
senza
ripercussione
sul
continente
,
e
si
fondava
su
appelli
giuridici
al
passato
(
a
un
passato
,
per
verità
,
in
parte
assai
vicino
:
la
costituzione
del
1812
)
,
anziché
su
una
volontà
di
autocostruzione
nuova
.
Gli
altri
stati
italiani
non
contavano
per
la
politica
generale
italiana
.
Restaurazione
Antirisorgimento
Riguardo
alla
politica
interna
degli
stati
europei
dopo
il
1815
,
è
stata
fatta
la
questione
se
ad
essa
convenga
veramente
il
nome
di
reazione
cioè
se
vi
fosse
restau
razione
pura
e
semplice
del
passato
prerivoluzionario
,
dell
'
ancien
régime
.
Si
è
ormai
d
'
accordo
che
i
sovrani
del
congresso
di
Vienna
non
intesero
compiere
una
simil
restaurazione
integrale
.
Anch
'
essi
vollero
fare
una
scelta
,
o
una
sintesi
,
tra
vecchio
e
nuovo
,
e
proprio
secondo
i
criteri
napoleonici
,
anche
se
con
attenuazioni
.
La
loro
novità
di
fronte
a
Napoleone
-
-
cioè
il
loro
più
deciso
ritorno
all
'
antico
-
-
fu
il
principio
di
legittimità
,
che
Napoleone
non
aveva
potuto
invocare
(
e
non
se
n
'
era
dato
mai
pace
)
,
per
ragione
evidente
.
Essi
,
però
,
accomodarono
il
principio
di
legittimità
come
Napoleone
aveva
accomodato
quello
di
sovranità
popolare
.
Gli
uni
e
l
'
altro
,
in
conclusione
,
vollero
riprendere
l
'
opera
dei
sovrani
del
Settecento
,
l
'
assolutismo
illuminato
;
e
non
si
resero
conto
dell
'
anacronismo
.
L
'
assolutismo
illuminato
aveva
rappresentato
l
'
applicazione
parziale
di
idee
,
e
l
'
esplicazione
di
forze
,
che
avevano
poi
trovato
lo
sbocco
storico
finale
nella
Rivoluzione
:
e
non
si
poteva
quindi
tornare
ad
esso
,
riportando
al
corso
modesto
della
sorgente
il
fiume
sboccato
largamente
nel
piano
.
Quello
che
nell
'
assolutismo
illuminato
del
Settecento
era
stato
progresso
storico
,
diveniva
,
con
Napoleone
e
i
suoi
antagonisti
continuatori
del
1815
,
reazione
antistorica
,
priva
di
forza
morale
perché
non
fondata
su
principî
coerenti
.
Avevano
ragione
,
nelle
loro
critiche
consequenziarie
alla
restaurazione
,
il
principe
di
Canosa
e
Monaldo
Leopardi
.
Riguardo
all
'
Italia
,
il
problema
si
pone
specificamente
in
questa
forma
:
se
fra
Restaurazione
e
Risorgimento
ci
sia
rapporto
puramente
di
antitesi
,
o
se
invece
l
'
opera
dei
governi
restaurati
non
vada
inclusa
almeno
parzialmente
anch
'
essa
nel
processo
risorgimentale
.
In
altri
termini
:
il
Risorgimento
rispetto
alla
Restaurazione
fu
rivoluzione
o
evoluzione
?
In
generale
,
coloro
che
inclinano
per
la
seconda
alternativa
-
-
e
cioè
tendono
a
valorizzare
la
Restaurazione
sul
piano
del
Risorgimento
-
-
sono
i
medesimi
che
idoleggiano
l
'
interpretazione
politico
territoriale
del
Risorgimento
stesso
.
Senonché
,
proprio
da
questo
punto
di
vista
politico
territoriale
il
Risorgimento
appare
rivoluzionario
:
come
chiamare
altrimenti
un
processo
per
cui
sette
governi
si
riducono
ad
uno
con
l
'
abbattimento
degli
altri
sei
?
ma
anche
sul
terreno
politico
istituzionale
e
ideologico
non
si
può
dare
altra
risposta
;
e
l
'
abbiamo
già
data
anticipatamente
con
quel
che
abbiamo
detto
circa
il
carattere
anacronistico
dell
'
assolutismo
«
illuminato
»
dei
restauratori
.
Gli
uomini
del
Congresso
,
pure
accettando
talune
trasformazioni
politico
sociali
e
perfino
(
in
qualche
caso
particolare
fuori
d
'
Italia
)
istituti
costituzionali
,
non
ammettevano
le
idee
di
nazionalità
e
di
libertà
,
implicanti
un
diritto
dei
popoli
e
degli
individui
a
disporre
del
proprio
destino
,
e
ritenevano
spettasse
,
solo
ai
re
il
còmpito
di
provvedere
al
benessere
dei
sudditi
,
senza
ingerenza
di
questi
e
senza
che
di
fronte
ad
essi
fossero
responsabili
in
alcun
modo
i
governanti
,
che
da
Dio
direttamente
ed
unicamente
traevano
il
loro
potere
.
I
principî
fondamentali
della
Restaurazione
e
quelli
del
Risorgimento
erano
dunque
antitetici
:
se
poi
i
secondi
trionfassero
in
pieno
-
-
se
cioè
la
rivoluzione
politico
ideologica
riuscisse
altrettanto
completa
quanto
quella
politico
territoriale
,
-
-
è
cosa
che
in
seguito
cercheremo
di
vedere
.
Non
solo
l
'
Italia
della
Restaurazione
è
in
regresso
sostanziale
rispetto
alla
precedente
Italia
rivoluzionaria
,
ma
anche
rispetto
all
'
Italia
napoleonica
,
che
pure
era
stata
già
essa
una
reazione
.
Vedemmo
come
Napoleone
,
con
tutto
il
suo
dispotismo
e
in
parte
,
anzi
,
grazie
ad
esso
,
avesse
rimescolato
tutto
il
vecchio
mondo
,
portato
nuove
forze
,
nuovi
ceti
nel
campo
dell
'
azione
pubblica
,
e
mantenuto
(
nonostante
le
sue
tendenze
intime
)
il
principio
della
sovranità
popolare
al
posto
dell
'
antico
diritto
divino
.
Le
sue
stesse
necessità
cesaree
lo
avevano
costretto
a
mortificare
,
ma
altresì
ad
eccitare
,
il
fremito
della
vita
nuova
.
Tutto
questo
venne
meno
con
la
Restaurazione
.
E
anzi
,
perfino
rispetto
all
'
Italia
prerivoluzionaria
,
a
quella
cioè
del
riformismo
settecentesco
,
l
'
Italia
della
Restaurazione
si
presenta
come
reazionaria
.
Anche
quando
le
conquiste
singole
del
riformismo
furono
mantenute
,
cambiò
l
'
orientamento
,
lo
spirito
:
quel
che
era
una
spinta
in
avanti
si
trasformò
in
un
colpo
d
'
arresto
,
il
punto
di
partenza
divenne
quello
d
'
arrivo
,
colonna
d
'
Ercole
non
superabile
.
L
'
opera
del
riformismo
settecentesco
,
come
quella
del
periodo
rivoluzionario
napoleonico
,
fu
mantenuta
,
quando
fu
mantenuta
,
per
paura
di
sconvolgimenti
e
in
quanto
strumento
di
assolutismo
,
cioè
con
spirito
conservatore
reazionario
.
«
Tra
le
restaurazioni
fatte
non
si
tralasciò
se
non
la
restaurazione
dello
spirito
riformatore
e
progressivo
del
secolo
decimottavo
»
(
Balbo
)
.
Il
cambiamento
si
vede
particolarmente
bene
nella
politica
ecclesiastica
.
Poiché
il
diritto
divino
dei
principi
era
stato
scosso
dalle
idee
e
dagli
eventi
rivoluzionari
,
i
governi
della
Restaurazione
trovarono
necessario
rivolgersi
alla
Chiesa
per
rinsaldarlo
,
e
quindi
la
favorirono
ed
esaltarono
in
cospetto
ai
popoli
.
Di
qui
una
spiccata
reazione
al
liberalismo
religioso
e
al
laicismo
settecenteschi
,
l
'
abbandono
delle
velleità
di
riformismo
ecclesiastico
e
di
ogni
spirito
anticlericale
governativo
.
Di
qui
,
anche
,
una
molteplicità
di
trattative
fra
i
governi
,
italiani
e
non
italiani
,
e
la
Santa
Sede
-
-
trattative
approdate
a
concordati
o
ad
altri
atti
analoghi
-
-
per
sistemare
le
situazioni
ecclesiastiche
nei
vari
paesi
e
sanare
il
più
possibile
i
dissidi
fra
i
due
poteri
.
Fu
insomma
un
netto
ritorno
all
'
alleanza
fra
trono
e
altare
,
in
cui
il
prestigio
maggiore
toccava
al
secondo
,
sia
per
la
sua
resistenza
a
Napoleone
,
sia
per
i
nuovi
atteggiamenti
degli
spiriti
(
romanticismo
,
medievalismo
)
indipendenti
dagli
indirizzi
governativi
.
Un
episodio
caratteristico
di
questo
cambiamento
sul
terreno
politico
religioso
fu
il
ristabilimento
dell
'
ordine
dei
gesuiti
,
compiuto
da
Pio
VII
fin
dal
1814
senza
ostacolo
o
protesta
alcuna
da
parte
dei
governi
,
borbonici
o
non
borbonici
,
italiani
o
non
italiani
,
sebbene
taluni
di
essi
mantenessero
per
allora
le
misure
settecentesche
contro
l
'
Ordine
.
Questo
riacquistò
rapidamente
la
sua
diffusione
e
importanza
,
e
all
'
antica
devozione
per
il
papato
associò
una
strenua
lotta
contro
le
idee
liberali
.
Austria
e
Toscana
serbarono
per
allora
in
maggioranza
le
tradizioni
giuseppino
leopoldine
;
ma
cambiò
anche
lì
lo
spirito
,
nel
senso
di
un
giurisdizionalismo
puro
,
senza
più
aspirazioni
a
un
superamento
dell
'
ecclesiasticismo
nel
senso
d
'
una
società
civile
e
religiosa
nuova
.
Di
più
,
lo
svolgimento
ulteriore
anche
di
fatto
andò
in
senso
curiale
,
fino
ai
concordati
toscano
del
1851
e
austriaco
del
1855
.
Pure
,
nell
'
insieme
,
quei
due
stati
si
tennero
a
un
livello
più
elevato
degli
altri
italiani
;
lo
stato
pontificio
con
il
cardinal
Consalvi
tentò
un
certo
riformismo
settecentesco
;
Napoli
conservò
sostanzialmente
l
'
eredità
murattiana
;
il
Piemonte
sabaudo
fu
il
più
«
restauratore
»
,
cioè
il
più
reazionario
.
IV
L
'
ELABORAZIONE
DECISIVA
Il
liberalismo
carbonaro
La
differenza
capitale
fra
il
Settecento
e
il
periodo
della
Restaurazione
è
che
in
quello
vi
fu
accordo
tra
i
governi
(
o
almeno
taluni
governi
)
e
l
'
opinione
pubblica
progressista
,
mentre
ora
fra
i
due
elementi
dominò
un
disaccordo
profondo
,
un
dissidio
pregno
di
capacità
rivoluzionarie
.
Le
correnti
progressiste
italiane
rimasero
completamente
deluse
dal
nuovo
assetto
;
e
la
condotta
successiva
dei
governi
non
fece
che
intensificare
la
delusione
.
Così
al
riformismo
dei
principi
succedeva
il
rivoluzionarismo
dei
popoli
;
o
,
se
non
ancora
dei
popoli
,
della
parte
,
più
illuminata
e
più
viva
di
essi
.
Quale
che
fosse
il
carattere
delle
innovazioni
domandate
(
e
cioè
anche
se
queste
erano
per
sé
temperate
e
modeste
)
,
la
richiesta
assumeva
fisionomia
rivoluzionaria
,
di
fronte
all
'
atteggiamento
negativo
dei
governi
.
Dei
vari
problemi
posti
alla
coscienza
politica
italiana
negli
anni
rivoluzionari
alla
fine
del
secolo
XVIII
,
quello
dell
'
unità
nei
primi
anni
della
Restaurazione
si
ritirò
piuttosto
nello
sfondo
.
Per
quanto
il
Manzoni
avesse
affermato
già
nel
1815
:
Liberi
non
sarem
se
non
siam
uni
,
e
più
tardi
,
nel
1821
,
insistesse
sull
'
idea
fondamentale
dell
'
unità
d
'
Italia
,
Una
d
'
armi
,
di
lingua
,
d
'
altare
,
di
memorie
,
di
sangue
e
di
cor
,
nel
concetto
dei
patrioti
cospiratori
fra
il
1815
e
il
1830
l
'
unità
si
presentava
piuttosto
come
un
'
aspirazione
generica
di
associazione
,
di
unificazione
,
che
non
come
programma
di
uno
stato
unitario
abbracciante
tutta
l
'
Italia
.
Le
richieste
essenziali
erano
quelle
della
libertà
e
della
costituzione
:
postulati
provenienti
dal
moto
rivoluzionario
e
imposti
più
che
mai
dalla
rivolta
al
dispotismo
napoleonico
e
ai
suoi
continuatori
.
Di
questa
esigenza
liberale
si
fece
interprete
la
carboneria
.
Sorta
nel
Mezzogiorno
contro
il
Murat
che
non
voleva
dare
una
costituzione
,
e
alleatasi
per
un
certo
tempo
e
in
una
certa
misura
con
i
Borboni
,
essa
divenne
poi
-
-
per
la
delusione
di
cui
abbiamo
parlato
-
-
logicamente
antiborbonica
,
e
si
diffuse
nella
penisola
.
L
'
importanza
della
carboneria
consisté
precisamente
nell
'
aver
propagandato
l
'
esigenza
liberale
costituzionale
,
con
unità
di
aspirazioni
,
in
tutta
Italia
,
e
anzi
sopra
un
piano
europeo
.
Il
carbonarismo
fiorì
in
Francia
non
meno
che
in
Italia
,
e
stretti
furono
i
legami
fra
le
due
carbonerie
.
Uno
dei
principali
elementi
dei
tempi
nuovi
,
prodotto
specialmente
dalla
rivoluzione
francese
è
che
l
'
opera
della
Restaurazione
non
soppresse
o
piuttosto
alimentò
fu
la
formazione
in
Europa
di
una
opinione
pubblica
e
di
uno
stato
d
'
animo
comuni
,
al
di
sopra
delle
barriere
dei
singoli
stati
,
di
modo
che
i
movimenti
d
'
idee
e
gli
avvenimenti
dell
'
uno
avevano
efficacia
e
ripercussione
immediata
negli
altri
.
E
a
questo
proposito
occorre
ricordare
un
fatto
,
oggi
scarsamente
presente
alla
coscienza
storica
comune
e
a
prima
vista
alquanto
strano
:
e
cioè
,
che
Napoleone
,
detronizzato
ed
esiliato
dalla
Santa
Alleanza
,
si
trasformò
in
simbolo
di
libertà
in
Francia
e
in
Italia
e
nel
resto
d
'
Europa
;
trasfigurazione
non
senza
nesso
con
l
'
altro
fatto
,
che
gli
eserciti
furono
focolai
di
movimenti
liberali
.
Così
i
moti
rivoluzionari
non
si
produssero
isolatamente
in
un
singolo
paese
,
ma
assunsero
l
'
aspetto
di
crisi
europee
.
L
'
idea
fondamentale
di
questa
opinione
pubblica
liberale
carbonara
europea
fu
quella
della
rispondenza
,
dell
'
accoppiamento
fra
libertà
individuale
e
libertà
o
indipendenza
nazionale
.
Si
considerava
che
la
libertà
di
sviluppo
dell
'
individuo
era
diritto
incontestabile
di
ogni
uomo
,
così
come
il
libero
sviluppo
della
propria
nazionalità
era
diritto
incancellabile
di
ogni
popolo
.
Il
diritto
dei
singoli
era
considerato
della
stessa
natura
di
quello
delle
nazioni
,
e
il
secondo
appariva
-
-
settecentescamente
-
-
come
la
somma
dei
primi
.
I
popoli
avevano
il
loro
diritto
in
quanto
constavano
di
persone
umane
:
il
diritto
nazionale
non
era
qualcosa
di
trascendente
a
quelli
individuali
,
ma
la
somma
o
il
risultato
di
questi
.
Debolezza
della
carboneria
fu
l
'
indeterminatezza
del
programma
politico
,
che
infatti
è
poco
noto
a
tutt
'
oggi
;
e
inoltre
una
certa
tendenza
al
compromesso
con
i
governi
,
tendenza
che
si
spingeva
fino
a
vagheggiare
l
'
appoggo
di
questo
o
di
quel
governo
antiliberale
(
Austria
di
Metternich
,
Francia
di
Carlo
X
)
.
Alla
debolezza
contribuì
certo
il
fatto
(
o
piuttosto
ambedue
i
fatti
ebbero
la
stessa
origine
)
che
nel
periodo
18151830
il
pensiero
politico
italiano
notevolmente
sviluppato
dalla
metà
del
Settecento
ai
primi
anni
dell
'
Ottocento
,
rimase
nella
fase
d
'
arresto
del
periodo
napoleonico
.
Di
fronte
al
positivismo
individualistico
e
al
costituzionalismo
giuridico
del
Romagnosi
(
continuazione
non
senza
impoverimento
del
pensiero
settecentesco
)
,
troviamo
una
corrente
o
anzi
più
correnti
che
potremmo
chiamare
«
antipolitiche
»
,
non
nel
senso
che
questo
termine
aveva
nel
gergo
poliziesco
del
tempo
(
cioè
di
tendenza
sovversiva
contro
l
'
ordine
costituito
)
,
ma
in
quanto
,
attraverso
alla
negazione
o
all
'
abbassamento
dei
valori
politici
in
generale
,
giungevano
a
una
svalutazione
pessimistica
dell
'
attività
umana
.
In
quella
svalutazione
,
peraltro
,
erano
elementi
di
efficacia
notevole
per
il
processo
ideale
del
Risorgimento
:
negazione
radicale
della
ragion
di
stato
su
cui
tornavano
a
fondarsi
i
governi
e
il
pensiero
conformista
;
netta
subordinazione
degli
interessi
politici
all
'
esigenza
morale
;
affermazione
del
valore
puramente
strumentale
di
governi
e
stati
rispetto
all
'
umanità
.
Questi
sentimenti
li
troviamo
così
nel
cristiano
Manzoni
come
nell
'
incredulo
Leopardi
.
Il
riformismo
lombardo
e
il
«
Conciliatore
»
Le
tendenze
al
compromesso
politico
nel
carbonarismo
erano
suscettibili
di
accordo
con
il
movimento
riformistico
sociale
economico
che
si
affermò
specialmente
in
Lombardia
nei
primi
anni
della
Restaurazione
.
Esso
si
presenta
più
che
mai
come
continuazione
del
Settecento
:
soltanto
,
con
ben
più
larga
derivazione
dalla
teoria
alla
pratica
e
,
in
questo
campo
,
come
esplicazione
di
energie
private
anziché
di
governi
,
e
cioè
con
carattere
di
iniziativa
popolare
nazionale
.
Tale
fu
l
'
azione
del
Confalonieri
e
del
Porro
,
con
gli
altri
del
loro
gruppo
,
che
introdusse
i
battelli
a
vapore
,
la
filatura
meccanica
,
ecc
.
;
promossero
l
'
istruzione
elementare
(
cui
poi
seguirono
gli
asili
d
'
infanzia
)
;
si
schierarono
col
movimento
letterario
romantico
contro
i
classicisti
appoggiati
dall
'
Austria
che
«
difendevano
la
grammatica
,
il
principio
di
autorità
,
il
papato
»
,
e
fondarono
il
«
Conciliatore
»
.
Questo
movimento
riformistico
sociale
culturale
continuò
in
Lombardia
fino
al
Quarantotto
,
ed
ebbe
importanza
notevole
per
l
'
elaborazione
delle
forze
risorgimentali
.
Gli
scrittori
del
«
Conciliatore
»
sono
i
continuatori
dei
settecentisti
italiani
,
del
Verri
e
del
Beccaria
,
esaltati
da
loro
come
«
eroi
della
ragione
»
.
Essi
dichiarano
di
mirare
all
'
utilità
generale
,
facendosi
guidare
dalla
ragione
dall
'
esperienza
.
I
loro
criteri
giudizio
e
obiettivi
d
'
azione
rispondono
costantemente
al
riformismo
progressista
,
eredità
del
secolo
precedente
.
E
,
come
quel
riformismo
,
il
«
Conciliatore
»
e
tutta
la
corrente
in
cui
esso
rientra
sono
nettamente
«
europeisti
»
;
il
ricongiungimento
dell
'
Italia
all
'
Europa
è
più
che
mai
il
loro
problema
.
Diceva
il
Di
Breme
in
quel
giornale
:
«
L
'
Italia
è
ancora
addormentata
,
come
ognuno
sa
,
nella
filosofia
di
Aristotele
,
e
intanto
il
pensiero
europeo
progredisce
...
corrono
pel
mondo
tante
idee
,
tanti
concetti
,
tante
cognizioni
che
gli
italiani
non
hanno
ancora
rivestito
di
forma
,
e
così
per
la
morale
,
per
l
'
economia
,
per
la
metafisica
,
per
la
vita
domestica
,
esse
non
hanno
parole
e
forme
che
si
possano
trovare
nel
nostro
dizionario
...
Per
noi
è
molto
meno
urgente
parlare
come
faceva
il
cardinale
Bembo
,
e
come
fanno
certi
bonzi
moderni
della
santa
Crusca
,
che
partecipare
pienamente
al
beneficio
della
cultura
umana
e
della
civiltà
intellettuale
...
»
Parole
quest
'
ultime
che
si
dirigono
contro
la
corrente
puristica
dell
'
abate
Cesari
e
simili
;
e
se
contengono
una
certa
ingiustizia
di
fronte
ad
essa
,
tuttavia
possono
servire
come
reazione
equilibratrice
di
fronte
alla
esaltazione
eccessiva
che
del
purismo
talora
vien
fatta
come
apporto
capitale
alla
coscienza
nazionale
italiana
.
L
'
Austria
avrebbe
potuto
tentar
di
utilizzare
la
corrente
riformistica
,
tanto
più
che
non
mancavano
in
seno
all
'
opinione
liberale
progressista
italiana
e
alla
stessa
carboneria
disposizioni
a
riconoscere
la
superiorità
civile
del
governo
austriaco
rispetto
agli
altri
della
penisola
,
e
perfino
vagheggiamenti
di
un
'
estensione
del
suo
dominio
ad
altre
regioni
d
'
Italia
(
particolarmente
alle
Legazioni
)
.
Invece
essa
entrò
subito
in
lotta
con
quella
corrente
;
e
il
«
Conciliatore
»
,
nonostante
il
suo
carattere
letterario
,
fu
soppresso
dopo
un
solo
anno
di
vita
.
Ebbe
inizio
così
da
parte
della
classe
dirigente
austriaca
quell
'
irrigidimento
reazionario
,
quella
paralisi
della
volontà
e
del
cervello
,
che
seguitò
a
contraddistinguerla
,
salvo
brevi
sussulti
,
per
un
secolo
,
fino
alla
catastrofe
dell
'
impero
absburgico
.
Prevalse
nettamente
nella
coscienza
nazionale
italiana
,
a
differenza
di
quanto
era
avvenuto
nel
Settecento
,
la
considerazione
del
governo
austriaco
quale
straniero
e
oppressore
;
e
la
sua
preponderanza
su
tutta
l
'
Italia
contribuì
a
rafforzare
l
'
impostazione
del
problema
unitario
,
legandolo
a
quello
dell
'
indipendenza
.
Fin
d
'
ora
si
ebbe
un
'
accentuazione
dell
'
orientamento
politico
novatore
con
le
cospirazioni
e
i
primi
moti
insurrezionali
.
Negato
il
terreno
legale
,
necessariamente
l
'
azione
si
riversò
su
quello
illegale
.
L
'
Italia
non
era
«
la
terra
dei
morti
»
.
Ciò
vale
non
solo
per
il
Lombardo
Veneto
austriaco
,
ma
per
tutta
l
'
Italia
.
I
moti
del
182021
I
moti
del
1820
e
1821
in
Italia
(
rivoluzioni
di
Napoli
e
di
Piemonte
)
furono
la
prima
vera
iniziativa
rivoluzionaria
del
Risorgimento
,
poiché
i
rivolgimenti
alla
fine
del
secolo
XVIII
erano
avvenuti
in
seguito
e
in
forza
dell
'
intervento
francese
.
In
questo
carattere
d
'
iniziativa
sta
la
loro
importanza
,
e
altresì
nell
'
inquadramento
internazionale
.
Il
18201821
è
un
episodio
primario
del
carbonarismo
europeo
:
il
moto
,
incominciato
in
Ispagna
,
si
propagò
in
Italia
,
ebbe
anche
in
Francia
i
suoi
episodi
,
e
finì
per
spegnersi
al
punto
di
partenza
,
in
Ispagna
,
quasi
in
circolo
,
sotto
i
colpi
dell
'
esercito
franco
borbonico
venuto
a
ristabilire
l
'
assolutismo
e
in
cui
la
reazione
italiana
fu
rrappresentata
da
Carlo
Alberto
di
Carignano
,
principe
ereditario
di
Sardegna
.
Italianità
ed
europeismo
furono
dunque
strettamente
associati
in
quei
moti
;
il
Risorgimento
italiano
venne
concepito
e
tentato
come
elemento
di
una
Europa
nuova
.
Il
problema
italiano
si
pose
così
come
questione
europea
innanzi
ai
governi
delle
grandi
potenze
,
che
nel
congresso
di
Vienna
ne
avevano
presso
a
poco
ignorata
l
'
esistenza
,
e
su
di
esso
incominciano
le
prime
scissioni
della
Quintuplice
conservatrice
:
Francia
e
Inghilterra
si
differenziano
,
nel
contegno
rispetto
alla
Santa
Alleanza
propriamente
detta
,
dalle
tre
potenze
del
Nord
,
pur
restando
passive
di
fronte
all
'
azione
austriaca
.
Maturò
poco
dopo
,
negli
affari
dell
'
America
spagnuola
e
della
Grecia
,
il
distacco
definitivo
dal
blocco
conservatore
dell
'
Inghilterra
,
e
quello
temporaneo
e
parziale
di
Francia
e
Russia
.
Largamente
europei
sul
piano
politico
geografico
,
i
moti
italiani
del
182021
furono
assai
ristretti
su
quello
politico
sociale
.
Vi
partecipò
essenzialmente
l
'
esercito
,
in
Italia
come
in
Ispagna
e
in
Francia
:
si
trattò
,
cioè
,
di
«
pronunciamenti
»
.
Ma
occorre
osservare
che
gli
eserciti
nel
periodo
precedente
avevano
cambiato
natura
,
in
Francia
con
la
difesa
e
la
conquista
rivoluzionaria
,
in
Spagna
con
la
guerra
d
'
indipendenza
,
in
Italia
con
la
formazione
di
un
esercito
della
repubblica
e
del
regno
d
'
Italia
.
Essi
cioè
erano
entrati
in
stretta
relazione
col
nuovo
ordine
di
cose
rivoluzionario
nazionale
,
e
contro
la
vecchia
Europa
avevano
fatto
le
loro
prove
.
L
'
esercito
non
era
più
il
mercenario
strumento
regio
governativo
dell
'
ancien
régime
:
esso
scendeva
in
campo
come
la
rappresentanza
della
nazione
,
come
il
portatore
dell
'
idea
nazionale
,
al
di
sopra
e
all
'
occorrenza
contro
i
re
e
i
governi
,
con
una
coscienza
etico
politica
propria
capace
d
'
infrangere
i
vincoli
della
disciplina
professionale
per
un
più
alto
imperativo
.
Però
questa
partecipazione
protagonistica
dell
'
esercito
al
Risorgimento
fu
un
fenomeno
passeggero
(
mentre
in
Spagna
degenerò
nella
consuetudine
deleteria
dei
pronunciamenti
veri
e
propri
,
di
carattere
fazioso
e
personale
)
:
esso
,
dopo
aver
ceduto
con
grande
facilità
di
fronte
alle
armi
straniere
,
si
riassettò
rapidamente
a
Napoli
come
in
Piemonte
entro
i
limiti
statali
dinastici
:
e
ciò
ebbe
i
suoi
vantaggi
e
i
suoi
svantaggi
,
che
ora
non
è
nostro
còmpito
delineare
.
Rimane
,
dunque
,
che
i
moti
del
182021
ebbero
un
certo
carattere
di
casta
,
non
senza
infiltrazione
di
interessi
particolaristici
e
una
base
sociale
ristretta
:
non
solo
il
popolo
non
prese
vera
parte
al
movimento
,
ma
neanche
le
classi
medie
;
furono
in
sostanza
ufficiali
e
nobili
a
insorgere
.
La
carboneria
era
penetrata
nell
'
esercito
,
ma
non
aveva
rinnovato
la
coscienza
del
paese
:
la
setta
entrò
in
azione
,
il
popolo
rimase
in
disparte
;
e
i
pronunciamenti
ebbero
un
certo
carattere
di
imposizione
al
paese
.
Anche
entro
quella
ristretta
zona
si
notano
incertezze
,
contrasti
,
incompiutezza
di
idee
.
A
Napoli
il
murattismo
residuo
,
che
ebbe
parte
capitale
nel
nuovo
governo
,
e
il
carbonarismo
propriamente
detto
furono
in
divergenza
e
in
rivalità
.
Non
vi
furono
accenni
all
'
unità
nel
movimento
napoletano
,
mentre
la
Sicilia
riaffermò
il
suo
separatismo
;
la
giunta
insurrezionale
di
Alessandria
parlò
di
federazione
italiana
e
di
regno
d
'
Italia
,
ma
per
questo
intendeva
un
regno
dell
'
Alta
Italia
.
Lo
squillo
unitario
del
Manzoni
non
uscì
dallo
studio
del
poeta
:
tornò
tuttavia
a
sventolare
il
tricolore
che
era
già
un
simbolo
di
unità
nazionale
;
e
il
fatto
di
un
moto
nazionale
rivoluzionario
quasi
contemporaneo
a
sud
e
a
nord
anticipò
in
certo
modo
,
(
in
senso
inverso
)
la
situazione
del
l860
.
Ambedue
i
moti
,
però
,
erano
conservatori
della
rispettiva
dinastia
,
e
perciò
stesso
si
precludevano
la
via
a
uno
svolgimento
unitario
.
Se
a
Napoli
il
carbonarismo
accettava
i
Borboni
purché
costituzionali
,
a
Torino
non
solo
era
fedele
alla
dinastia
sabauda
,
ma
ne
assodava
strettamente
l
'
ingrandimento
alla
causa
nazionale
,
con
il
programma
del
regno
costituzionale
dell
'
alta
Italia
.
Santarosa
e
i
suoi
riprendevano
cioè
il
programma
tradizionale
sabaudo
,
sublimandolo
nella
luce
della
nazione
e
della
libertà
:
l
'
interesse
dinastico
territoriale
veniva
innalzato
a
postulato
etico
politico
.
A
Napoli
la
dinastia
accettò
la
rivoluzione
e
poi
tradì
,
iniziando
la
politica
dello
spergiuro
.
A
Torino
la
dinastia
non
accettò
l
'
innalzamento
offertole
,
prima
ancora
che
per
la
considerazione
del
rischio
,
perché
legata
alle
concezioni
dell
'
ancien
régime
:
essa
attendeva
l
'
ingrandimento
da
conquiste
,
da
trattati
,
dal
diritto
tradizionale
,
non
da
una
volontà
nazionale
rivoluzionaria
.
Coloro
che
avevano
chiesto
la
Lombardia
allo
zar
Alessandro
non
intendevano
riceverla
da
Santarosa
e
Confalonieri
;
per
conservare
l
'
assolutismo
del
diritto
divino
preferivano
lo
statu
quo
territoriale
con
la
rinuncia
all
'
ingrandimento
,
e
fecero
appello
alle
armi
austriache
contro
i
loro
devoti
,
desiderosi
della
loro
grandezza
.
La
monarchia
sabauda
era
ancora
,
non
solo
estranea
,
ma
ostile
al
Risorgimento
.
Vittorio
Emanuele
I
e
Carlo
Felice
furono
logici
e
onesti
ambedue
,
pur
con
tono
di
umanità
assai
diverso
,
e
procedettero
senza
esitazioni
;
non
così
il
giovanissimo
Carlo
Alberto
,
pencolante
fra
il
diritto
vecchio
e
il
nuovo
.
La
luce
dello
Spielberg
A
differenza
della
carboneria
napoletana
,
quella
lombarda
aveva
avuto
legami
con
la
piemontese
,
associando
libertà
,
indipendenza
,
regno
dell
'
alta
Italia
.
Unico
risultato
apparente
della
azione
carbonara
lombardo
veneta
,
i
processi
di
Salvotti
e
lo
Spielberg
.
Ma
la
catastrofe
fu
un
trionfo
,
il
carcere
un
'
apoteosi
.
Lo
Spielberg
,
illuminato
nei
suoi
martirî
dalla
bianca
,
pura
luce
delle
Mie
prigioni
,
dette
alla
causa
italiana
la
base
più
salda
,
più
potente
:
quella
dell
'
umanità
offesa
e
ribelle
.
Esso
drizzò
la
coscienza
morale
contro
la
legge
positiva
,
proclamando
che
la
legalità
è
un
conto
e
il
diritto
un
altro
,
che
l
'
umanità
è
al
disopra
dei
governi
e
dell
'
«
ordine
pubblico
»
.
Nulla
di
più
legale
dei
processi
politici
austriaci
di
questi
anni
,
ove
poté
bastare
a
taluno
mantenersi
negativo
per
venire
assolto
.
Neppure
l
'
applicazione
delle
pene
-
-
aveva
avuto
riguardo
ai
codici
-
-
poté
dirsi
particolarmente
rigorosa
,
poiché
tutti
i
condannati
ebbero
commutata
la
sentenza
capitale
in
prigionia
a
tempo
,
e
furono
dopo
vari
anni
liberati
.
Eppure
,
la
coscienza
morale
italiana
ed
europea
si
ribellò
al
trattamento
inflitto
a
quei
patrioti
,
a
quei
lottatori
per
un
ideale
,
chiusi
in
celle
anguste
,
malsane
,
male
illuminate
,
con
una
panca
per
letto
,
pesantemente
incatenati
,
coperti
di
vesti
aspre
come
cilizi
,
nutriti
,
se
si
può
dir
così
,
di
cibo
scarso
e
nauseabondo
,
perquisiti
tre
volte
al
giorno
,
privi
di
libri
e
di
ogni
occupazione
altra
da
quella
di
spaccar
legna
e
di
far
calzette
e
filacce
.
La
coscienza
morale
si
ribellò
,
e
iniziando
la
protesta
che
dopo
la
metà
del
secolo
Gladstone
doveva
continuare
contro
i
Borboni
;
e
pronunziò
inappellabilmente
che
un
regine
inumano
è
decaduto
in
diritto
.
Confalonieri
fu
più
forte
di
Metternich
,
Silvio
Pellico
giudicò
Francesco
I
.
Fu
il
fallimento
del
diritto
divino
dei
governi
,
della
vecchia
ragion
di
stato
;
e
ne
fu
neutralizzato
l
'
appoggio
che
clero
e
papato
apportavano
alla
causa
dell
'
ordine
legale
austriaco
.
La
bolla
pontificia
del
13
settembre
1821
aveva
pronunciato
la
scomunica
contro
i
carbonari
e
contro
chi
non
li
denunciava
:
essa
dette
luogo
a
disgustosi
episodi
da
parte
di
un
sacerdote
,
confessore
allo
Spielberg
,
e
segnò
un
netto
distacco
morale
fra
la
curia
romana
e
la
causa
umana
dei
patrioti
italiani
,
distacco
a
cui
non
fece
equilibrio
sufficiente
il
rifiuto
da
parte
di
Roma
di
condannare
Le
mie
Prigioni
.
Il
1831
e
il
1833
Il
1831
ebbe
somiglianze
e
differenze
con
il
1821
.
Anch
'
esso
fu
un
moto
regionale
,
anzi
una
molteplicità
di
moti
che
volle
rimaner
tale
fino
all
'
assurdo
:
si
ricordi
l
'
episodio
del
disarmo
dei
Modenesi
,
in
ritirata
di
fronte
agli
Austriaci
,
da
parte
del
governo
di
Bologna
,
che
li
qualificò
stranieri
.
Intanto
,
però
,
dopo
Napoli
e
il
Piemonte
,
l
'
Italia
centrale
entrava
in
scena
:
la
macchia
d
'
olio
rivoluzionaria
si
allargava
a
tutta
la
penisola
.
Se
mancò
l
'
associazione
dell
'
indipendenza
alla
libertà
che
c
'
era
stata
nel
Ventuno
piemontese
,
ci
fu
un
passo
avanti
in
altra
direzione
;
invece
d
'
imporre
la
costituzione
ai
governi
,
questi
furono
senz
'
altro
deposti
.
Si
affermò
l
'
autodecisione
dei
popoli
,
anche
se
non
senza
residui
del
vecchio
diritto
(
appello
alla
convenzione
del
1447
fra
Bologna
e
Nicolò
V
,
violata
dai
pontefici
)
.
L
'
unitarismo
mancò
ancor
più
che
nel
Ventuno
;
ma
vi
fu
allargamento
notevole
nello
strato
sociale
insorgente
:
al
posto
dell
'
esercito
e
della
nobiltà
scese
in
campo
la
borghesia
;
non
si
arrivò
ancora
ai
popolani
.
Vi
fu
un
nesso
europeo
come
nel
Ventuno
,
ma
di
carattere
diverso
.
Prima
della
rivoluzione
di
luglio
c
'
era
stato
un
legame
di
cospirazione
carbonara
tra
i
liberali
francesi
e
italiani
:
ma
,
avendo
la
rivoluzione
italiana
ritardato
un
semestre
sulla
francese
,
al
legame
cospiratorio
subentrò
,
da
parte
degli
insorti
italiani
,
la
speranza
o
anzi
la
fede
nell
'
appoggio
del
nuovo
governo
francese
,
fondata
sulla
proclamazione
da
parte
di
questo
della
teoria
del
non
intervento
.
Si
ripose
in
ciò
una
sicurezza
miracolosa
;
e
questa
sicurezza
prevalse
sulla
fiducia
in
se
medesimi
,
sullo
sforzo
proprio
.
Ma
la
rivoluzione
di
luglio
divenuta
governo
aveva
ora
interessi
propri
conservatori
;
e
si
ebbe
il
«
tradimento
»
di
Luigi
Filippo
e
del
capo
moderato
Casimir
Périer
.
La
parte
d
'
iniziativa
rivoluzionaria
in
Italia
non
fu
presa
più
dalla
Francia
fino
al
secondo
impero
;
e
questo
giovò
all
'
iniziativa
italiana
,
mentre
rappresentò
per
allora
un
colpo
al
liberalismo
monarchico
europeo
.
Vi
fu
tuttavia
un
modesto
intervento
francese
nello
Stato
pontificio
,
ad
Ancona
,
in
contrappeso
di
quello
dell
'
Austria
nelle
Romagne
.
Esso
dette
nuovo
momentaneo
alimento
alle
speranze
liberali
italiane
nell
'
appoggio
francese
:
in
realtà
,
non
fu
che
un
piccolo
anticipo
del
'49
,
un
rafforzamento
dell
'
ancien
régime
italiano
,
anziché
un
principio
di
cose
nuove
.
Unico
risultato
positivo
dell
'
occupazione
francese
d
'
Ancona
fu
di
mantenere
la
tradizione
della
rivalità
franco
austriaca
nella
penisola
.
Precedentemente
,
il
memorandum
collettivo
delle
sei
potenze
(
le
cinque
potenze
più
la
Sardegna
)
al
governo
pontificio
,
proponente
riforme
,
fu
anch
'
esso
privo
di
risultati
essenziali
;
ma
accentuò
,
rispetto
al
'21
,
il
carattere
europeo
del
problema
italiano
.
Che
le
speranze
del
liberalismo
monarchico
non
fossero
morte
neppure
dopo
la
delusione
del
'31
,
lo
mostrò
la
lettera
del
Mazzini
a
Carlo
Alberto
.
Se
anche
essa
non
rappresentò
una
convinzione
personale
,
una
vera
fiducia
del
nuovo
capo
cospiratore
nel
re
,
pure
fu
significativo
che
egli
ritenesse
necessario
adattarsi
ancora
in
pratica
a
quella
mentalità
carbonara
contro
cui
già
si
ergeva
in
teoria
.
E
in
realtà
,
il
primo
periodo
dell
'
azione
mazziniana
mostra
sopravvivenze
carbonare
,
ideologiche
e
pratiche
.
È
notevole
in
particolare
che
la
propaganda
mazziniana
nello
stato
piemontese
si
dirigesse
nei
primi
anni
prevalentemente
all
'
esercito
:
e
gli
episodi
del
1833
e
1834
possono
ricollegarsi
ai
moti
precedenti
del
18211831
,
anche
per
il
loro
carattere
militare
.
Il
contegno
di
Carlo
Alberto
di
fronte
ai
rivoluzionari
fu
perfettamente
.
analogo
a
quello
dell
'
Austria
e
del
Borbone
,
anzi
più
crudo
.
I
tentativi
di
riabilitazione
recenti
-
-
simbolico
quello
a
pro
del
Galateri
,
nient
'
altro
che
capo
brutalmente
zelante
di
inquisitori
e
di
sgherri
-
-
tendono
non
solo
a
rivedere
i
giudizi
pronunciati
durante
il
Risorgimento
,
ma
addirittura
a
capovolgerli
,
attribuendo
a
quelle
repressioni
di
Carlo
Alberto
un
significato
storico
patriottico
,
perché
avrebbe
salvato
lo
stato
che
doveva
compiere
l
'
opera
risorgimentale
.
È
intanto
da
vedere
se
quello
fosse
l
'
unico
o
il
miglior
modo
di
salvarlo
,
se
il
modo
e
la
misura
della
repressione
fossero
necessari
;
e
il
confronto
accennato
con
l
'
Austria
e
il
Borbone
è
istruttivo
in
proposito
.
Ma
il
punto
pricipale
è
che
tutto
il
ragionamento
apologetico
riposa
sopra
un
idoleggiamento
astratto
dello
Stato
in
sé
,
sopra
un
concetto
statico
,
materialistico
,
della
monarchia
sabauda
.
La
monarchia
di
Vittorio
Emanuele
II
e
di
Cavour
,
e
quella
stessa
di
Carlo
Alberto
nel
1848
,
non
sono
le
medesime
della
monarchia
di
Carlo
Alberto
nel
1833;
ed
è
evidente
che
,
se
il
nuovo
re
avesse
fatto
solo
qualche
accenno
nel
senso
del
programma
nazionale
liberale
(
secondo
l
'
invito
di
Mazzini
)
,
differente
sarebbe
stato
il
contegno
dei
patrioti
cospiratori
,
come
più
tardi
fu
differente
rispetto
al
Carlo
Alberto
del
1848
e
a
Vittorio
Emanuele
II
.
Il
nuovo
re
,
invece
,
non
solo
non
amnistiò
i
condannati
del
1821
,
nonostante
i
suoi
legami
innegabili
,
almeno
morali
,
con
essi
;
non
solo
non
compì
nessun
avviamento
liberale
costituzionale
;
ma
si
strinse
in
alleanza
con
l
'
Austria
,
e
,
oltrepassando
a
ritroso
l
'
Austria
stessa
,
si
fece
il
campione
del
legittimismo
puro
in
Francia
,
Spagna
e
Portogallo
.
Nessun
sovrano
mostrò
in
Italia
di
aver
fatta
propria
così
completamente
la
causa
della
reazione
,
salvo
Francesco
IV
di
Modena
.
I
liberali
patrioti
italiani
del
1833
e
1834
e
degli
anni
seguenti
non
potevano
vedere
in
Carlo
Alberto
se
non
la
incarnazione
dell
'
Antirisorgimento
;
non
potevano
se
non
trovare
una
verità
superiore
-
-
nonostante
le
inesattezze
materiali
varie
,
e
nonostante
il
giudizio
più
equo
che
oggi
può
dare
la
storia
,
-
-
nelle
famose
quartine
del
Giusti
rappresentanti
Carlo
Alberto
genuflesso
dinanzi
all
'
imperatore
Ferdinando
d
'
Austria
,
novellamente
coronato
re
d
'
Italia
.
Immobilità
politica
e
movimento
ideale
Dal
fallimento
della
rivoluzione
del
'
31
all
'
amnistia
di
Pio
IX
del
46
corre
un
quindicennio
di
elaborazione
ideale
dalla
quale
uscì
l
'
opera
definitiva
del
Risorgirmento
.
In
questa
elaborazione
è
il
significato
principale
del
periodo
,
quantunque
anche
le
congiure
e
i
moti
vi
avessero
la
loro
importanza
,
secondo
il
principio
mazziniano
:
«
Pensiero
e
azione
»
;
quel
poco
o
tanto
che
ci
fu
della
seconda
servì
di
riprova
,
o
di
pietra
di
paragone
,
al
primo
.
Tre
correnti
si
distinguono
nettamente
:
il
mazzinianesimo
,
il
liberalismo
moderato
,
il
liberalismo
radicale
(
o
federalismo
repubblicano
)
.
Loro
carattere
comune
è
quello
di
riflessione
su
quanto
era
accaduto
finora
e
sulla
realtà
presente
italiana
ed
europea
,
a
fin
di
reagire
alle
insufficienze
dei
moti
precedenti
e
additar
le
vie
dei
futuri
.
E
risultato
comune
fu
di
accentuare
il
carattere
ideologico
etico
del
Risorgimento
di
fronte
a
quello
politico
puro
,
di
prospettare
il
problema
italiano
sotto
tutti
gli
aspetti
,
concorrendo
per
diverse
vie
alla
formazione
di
una
coscienza
nazionale
,
di
un
programma
nazionale
,
e
altresì
a
porre
il
problema
italiano
innanzi
alla
coscienza
europea
.
Completamente
estranea
a
questa
elaborazione
fu
l
'
attività
dei
governi
italiani
,
di
tutti
i
governi
,
che
non
andò
mai
al
di
là
di
miglioramenti
amministrativi
e
provvedimenti
paternalistici
.
In
contrasto
con
questa
valutazione
negativa
si
accampa
la
tesi
-
-
risaliente
alla
storiografia
ufficiosa
del
Risorgimento
dopo
l
'
unità
,
ma
gonfiata
con
grande
strepito
in
tempi
recenti
-
-
che
l
'
opera
carlalbertina
nel
primo
quindicennio
di
regno
sia
stata
una
preparazione
all
'
azione
patriottica
seguente
.
Ancora
una
volta
,
una
simile
tesi
appare
viziata
irrimediabilmente
di
materialismo
.
Poiché
-
-
si
suppone
-
-
quell
'
opera
di
riformismo
regio
avrebbe
fortificato
lo
stato
sabaudo
,
e
cioè
fornito
ad
esso
i
mezzi
materiali
per
l
'
impresa
nazionale
,
essa
dovrebbe
esser
giudicata
preparazione
vera
e
propria
,
diretta
e
primaria
,
del
Risorgimento
;
e
ne
risulterebbe
la
continuità
perfetta
fra
il
Carlo
Alberto
alleato
dell
'
Austria
e
quello
di
Goito
(
in
quanto
allo
Statuto
,
questa
interpretazione
non
se
ne
cura
troppo
)
.
Ma
i
mezzi
debbono
essere
consoni
al
fine
,
sono
fini
essi
stessi
:
ecco
ciò
che
non
comprende
la
dottrina
banale
del
fine
che
giustifica
i
mezzi
.
Entro
la
materia
occorre
guardare
allo
spirito
.
Dell
'
attività
di
Carlo
Alberto
nel
quindicennio
si
può
dire
in
modo
particolare
quel
che
abbiamo
detto
in
generale
dell
'
opera
dei
sovrani
della
Restaurazione
:
che
essa
fu
una
ripresa
dell
'
assolutismo
illuminato
del
secolo
XVIII
,
e
per
ciò
appunto
viziata
di
anacronismo
.
E
peggio
,
che
anacronistica
fu
l
'
educazione
politico
morale
delle
classi
dirigenti
,
civili
e
militari
,
allontanate
,
segregate
da
tutte
le
idee
di
libertà
e
di
autogoverno
(
inseparabili
dalla
causa
nazionale
,
elementi
essenziali
di
questa
)
,
aggrappate
al
binomio
trono
altare
,
strettamente
solidali
con
l
'
Europa
del
congresso
di
Vienna
,
e
orientate
verso
l
'
Austria
,
sostegno
di
questa
Europa
e
di
quel
binomio
.
È
stato
opportunamente
ricordato
che
gli
ufficiali
dell
'
accademia
di
artiglieria
e
genio
di
Torino
si
sentirono
magnificare
per
anni
da
un
loro
professore
la
Santa
Alleanza
e
i
trattati
di
Vienna
,
e
vilipendere
non
solo
la
rivoluzione
francese
,
ma
anche
i
moti
piemontesi
del
1821
.
A
questa
completa
reazione
politica
corrispose
la
ristrettezza
castale
della
classe
dirigente
aristocratica
,
nettamente
separata
dalla
borghesia
;
e
il
coronamento
di
tutto
fu
la
mortificazione
e
l
'
asservimento
della
coltura
con
il
predominio
sanfedistico
gesuitico
.
È
un
detto
di
Cavour
(
pur
così
ostile
ai
rivoluzionari
e
al
mazzinianesimo
)
che
Torino
era
in
quel
tempo
un
«
inferno
intellettuale
»
;
ed
è
stato
Massimo
d
'
Azeglio
,
ancor
più
moderato
di
Cavour
,
a
confessarci
che
per
respirare
ogni
tanto
egli
andava
a
Milano
,
sotto
l
'
Austria
.
Quando
questi
testi
saranno
cancellati
,
potrà
cambiare
anche
il
giudizio
della
storia
sul
quindicennio
carlalbertino
.
Il
mazzinianesimo
Le
tre
correnti
che
abbiamo
indicato
si
svolsero
per
il
maggior
tratto
in
contemporaneità
cronologica
.
La
prima
a
scaturire
e
ingrossare
fu
tuttavia
la
mazziniana
,
mentre
le
prime
manifestazioni
del
liberalismo
radicale
precorrono
appena
di
qualche
anno
quelle
del
liberalismo
moderato
.
Ma
poiché
quest
'
ultimo
fu
in
buona
parte
una
reazione
cosciente
al
mazzinianesimo
,
noi
lo
esamineremo
subito
dopo
di
esso
,
lasciando
per
ultimo
il
liberalismo
radicale
,
che
fa
fronte
tanto
ai
moderati
quanto
ai
mazziniani
.
Il
Mazzini
ha
un
pensiero
già
pienamente
formato
e
largamente
propagandato
prima
del
'40
con
gli
scritti
della
«
Giovine
Italia
»
con
gli
altri
opuscoli
,
con
le
lettere
numerosissime
e
ricche
di
vita
e
di
pensiero
,
strumento
efficace
e
intenso
di
propaganda
.
Il
liberalismo
moderato
e
il
radicale
hanno
invece
dopo
il
1840
le
loro
espressioni
sistematiche
.
S
'
intende
che
noi
esaminiamo
qui
(
a
differenza
di
quanto
facemmo
altrove
)
queste
correnti
non
come
pensiero
politico
puro
,
ma
in
quanto
concorsero
al
processo
del
Risorgimento
,
senza
tuttavia
una
separazione
recisa
dei
due
aspetti
che
sarebbe
impossibile
.
Il
Mazzini
partì
dalla
critica
alla
carboneria
.
Egli
rimproverava
al
liberalismo
carbonaro
di
non
vedere
che
umanità
e
individui
,
ignorando
la
nazione
e
la
società
;
di
non
tener
conto
del
popolo
;
di
essere
utilitaristico
anziché
morale
,
affermando
solo
i
diritti
e
non
i
doveri
.
Tale
critica
egli
estendeva
a
tutto
il
movimento
liberale
uscito
fino
allora
dalla
rivoluzione
francese
:
nel
che
entrava
per
qualche
cosa
,
almeno
come
fattore
psicologico
,
precisamente
l
'
origine
francese
di
quel
liberalismo
,
essendo
stato
il
Mazzini
,
per
passione
nazionale
,
sempre
geloso
dell
'
iniziativa
francese
e
diffidente
dell
'
influenza
francese
sull
'
Italia
.
In
realtà
,
proprio
dalla
rivoluzione
francese
era
sorto
il
concetto
moderno
di
nazione
,
in
tutta
la
sua
potenza
e
prepotenza
,
subordinante
l
'
individuo
fino
al
sacrificio
totale
di
esso
.
Tuttavia
,
di
fronte
al
liberalismo
carbonaro
il
Mazzini
aveva
ragione
di
porre
in
rilievo
energico
l
'
elemento
nazionale
sociale
,
effettivamente
trascurato
da
quello
.
Non
altrettanto
giusto
,
neppure
di
fronte
alla
carboneria
,
egli
era
nella
parte
negativa
della
sua
critica
,
cioè
nella
sistemazione
del
valore
della
libertà
come
parziale
e
strumentale
.
Il
Mazzini
inclinava
,
con
qualche
precipitazione
,
a
intendere
la
libertà
come
qualche
cosa
di
preliminare
,
un
presupposto
già
acquisito
almeno
in
linea
ideale
e
su
cui
non
occorresse
fermarsi
più
oltre
a
riflettere
:
né
riuscì
forse
mai
a
coglierne
il
concetto
in
tutto
il
suo
valore
positivo
,
finale
,
sintetico
,
che
appare
quando
si
intenda
(
come
si
deve
intendere
)
per
libertà
il
pieno
sviluppo
della
personalità
umana
.
È
anzi
quest
'
ultimo
concetto
di
personalità
che
a
lui
,
tutto
fiso
nell
'
associazione
,
nella
solidarietà
,
nel
dovere
,
non
apparve
in
tutta
la
sua
portata
e
natura
:
l
'
idea
collettiva
,
non
completamente
scevra
di
mitologismo
,
della
nazione
e
della
società
portò
nel
suo
spirito
un
certo
oscuramento
.
In
ciò
i
radicali
e
gli
stessi
moderati
ebbero
su
lui
qualche
superiorità
.
Tuttavia
,
a
guardar
bene
,
il
concetto
fondamentale
mazziniano
del
progresso
indefinito
dell
'
umanità
non
era
se
non
una
formulazione
diversa
di
quella
esigenza
dello
sviluppo
personale
.
L
'
uomo
serve
all
'
umanità
,
ma
«
l
'
umanità
non
è
che
la
scala
per
la
quale
l
'
uomo
si
accosta
a
Dio
»
;
al
limite
,
i
due
termini
si
confondano
:
l
'
avvenire
ultimo
dell
'
individuo
è
identico
a
quello
dell
'
umanità
...
Checché
si
pensi
circa
la
natura
e
le
imperfezioni
del
concetto
di
libertà
nel
Mazzini
,
sta
il
fatto
che
per
lui
patria
,
o
nazione
,
e
libertà
sono
termini
inscindibili
.
Egli
dice
una
volta
,
con
incertezza
caratteristica
di
espressione
:
«
Amo
la
libertà
,
l
'
amo
fors
'
anche
più
che
non
amo
la
patria
;
ma
la
patria
io
l
'
amo
prima
della
libertà
»
;
dove
il
«
prima
»
bilancia
il
«
più
»
,
e
viceversa
.
L
'
esigenza
della
libertà
e
gli
istituti
delle
libertà
singole
sono
alla
base
della
sua
costruzione
nazionale
.
Egli
rinnega
bensì
,
più
compiutamente
di
ogni
altro
scrittore
italiano
del
tempo
,
la
tendenza
settecentesca
a
concepire
la
società
come
un
semplice
aggregato
,
o
somma
,
d
'
individui
;
e
pone
la
nazione
come
un
tutto
organico
al
centro
del
suo
concetto
del
Risorgimento
.
Ma
nazione
è
per
lui
il
popolo
,
tutto
il
popolo
,
che
prende
in
mano
esso
medesimo
-
-
anziché
affidarli
a
un
ceto
o
a
un
individuo
privilegiati
-
-
i
suoi
destini
.
Il
concetto
d
'
iniziativa
popolare
,
di
autoattività
e
autogoverno
nazionali
,
è
per
il
Mazzini
,
fondamentale
:
si
potrebbe
dire
l
'
alfa
e
l
'
omega
del
suo
sistema
politico
.
In
questo
concetto
organico
e
dinamico
della
nazione
italiana
come
autocreazione
popolare
è
uno
dei
massimi
apporti
del
Mazzini
al
processo
del
Risorgimento
,
ideale
e
pratico
:
da
esso
scaturisce
il
binomio
mazziniano
«
pensiero
e
azione
»
,
necessario
a
formare
una
vera
coscienza
nazionale
.
La
nazione
italiana
ha
per
il
Mazzini
un
passato
,
un
presente
,
e
soprattutto
un
futuro
.
Il
passato
italiano
non
è
per
lui
qualche
cosa
da
restaurare
,
da
rimettere
«
in
pristino
»
,
un
modello
da
copiare
;
ma
un
incitamento
,
un
auspicio
per
sollevarsi
dalle
bassure
presenti
e
metter
mano
alla
ricostruzione
dell
'
Italia
.
Ricostruzione
,
o
piuttosto
costruzione
:
poiché
,
se
il
Mazzini
fa
appello
alla
Roma
antica
repubblicana
imperiale
,
e
a
quella
papale
medievale
,
ambedue
dominatrici
e
maestre
del
mondo
,
e
in
nome
loro
invoca
e
profetizza
una
Terza
Roma
,
non
con
altrettanta
precisione
parla
di
una
prima
e
seconda
Italia
a
cui
succederebbe
una
terza
;
bensì
nella
nazione
italiana
nuova
vede
la
condizione
necessaria
per
quella
Terza
Roma
,
e
al
tempo
stesso
-
-
in
una
specie
di
processo
circolare
-
-
nel
fatto
di
Roma
italiana
vede
una
ragion
d
'
essere
particolarmente
potente
per
la
futura
missione
dell
'
Italia
.
Il
concetto
di
missione
nazionale
è
una
delle
idee
fondamentali
-
-
si
sarebbe
tentati
qualche
volta
di
chiamarla
idea
fissa
-
-
del
Mazzini
;
ma
anche
una
di
quelle
che
rimangono
più
indeterminate
.
Si
tratta
di
un
còmpito
speciale
che
ciascuna
nazione
deve
adempiere
;
ma
quale
esso
sia
,
per
l
'
Italia
o
per
le
altre
nazioni
,
il
Mazzini
non
indica
(
solo
più
tardi
disse
qualche
cosa
in
proposito
)
.
Insomma
quel
che
è
il
dovere
per
l
'
individuo
,
è
la
missione
per
la
nazione
;
soltanto
,
il
Mazzini
non
sembra
aver
avvertito
sufficientemente
che
il
dovere
missione
non
può
aver
nulla
di
stabile
,
di
determinato
a
priori
,
di
specifico
e
riservato
per
qualsiasi
individuo
o
collettività
:
doveri
e
missioni
rampollano
sempre
nuovi
e
diversi
dalla
varietà
delle
situazioni
.
Né
la
missione
può
consistere
in
un
«
principio
»
di
cui
una
sola
nazione
sia
interprete
privilegiata
;
poiché
se
di
principî
,
cioè
di
elementi
essenziali
,
davvero
si
tratti
,
essi
occorreranno
tutti
a
ciascuna
.
Di
fatto
,
il
Mazzini
non
precisa
per
l
'
Italia
altra
missione
se
non
quella
di
iniziatrice
della
resurrezione
e
confederazione
dei
popoli
,
missione
corrispondente
alla
situazione
storica
d
'
allora
,
e
che
ogni
nazione
avrebbe
potuto
assumere
a
seconda
delle
circostanze
.
Senonché
la
sua
fede
che
all
'
Italia
in
prima
linea
spettasse
un
così
alto
còmpito
,
era
adatta
a
risvegliare
e
a
tendere
all
'
estremo
le
energie
nazionali
,
e
al
tempo
stesso
a
render
solidale
la
causa
italiana
con
quella
di
tutte
le
altre
nazioni
.
Solidarietà
a
cui
corrispose
l
'
azione
effettiva
del
Mazzini
,
creatore
della
Giovine
Europa
e
in
contatto
costante
con
gli
altri
movimenti
nazionali
europei
.
Come
s
'
è
accennato
già
,
nel
concetto
mazziniano
di
nazione
v
'
è
un
detrito
di
mitologismo
sociologico
.
Ma
esso
non
deve
celare
il
nucleo
vitale
,
cioè
il
concetto
morale
,
ideale
,
di
nazione
,
anziché
puramente
politico
territoriale
:
concetto
che
rappresenta
un
'
aspirazione
cosciente
a
ristabilire
nella
vita
italiana
quell
'
unità
morale
che
era
venuta
meno
dal
Rinascimento
in
poi
.
Ogni
materialismo
statale
è
incompatibile
con
lo
spirito
mazziniano
.
L
'
Italia
per
lui
è
una
tradizione
storica
,
è
più
ancora
una
vita
morale
,
uno
spirito
,
una
vocazione
al
servizio
dell
'
umanità
;
ed
esigenza
morale
,
realtà
spirituale
è
l
'
unità
italiana
invocata
dal
Mazzini
.
L
'
unità
territoriale
è
strumento
per
la
riunione
delle
forze
morali
,
per
l
'
esplicazione
della
solidarietà
nazionale
;
è
manifestazione
sensibile
dell
'
unita
di
coscienza
,
giusta
effettuazione
della
volontà
del
popolo
.
L
'
idea
di
un
'
Italia
che
si
facesse
per
assorbimento
politico
militare
da
parte
di
uno
degli
stati
esistenti
,
ripugnava
al
Mazzini
,
non
meno
(
anche
se
non
per
ragioni
del
tutto
uguali
)
che
ai
federalisti
repubblicani
.
E
come
l
'
unità
,
così
la
repubblicana
;
la
quale
non
è
per
il
Mazzini
una
semplice
forma
di
regime
contrapposta
ad
un
'
altra
-
-
sullo
stesso
piano
,
per
esempio
,
della
monarchia
costituzionale
-
-
e
neppure
semplice
esplicazione
(
come
per
i
federalisti
repubblicani
)
del
principio
di
libertà
;
ma
è
unità
di
coscienza
e
di
azione
,
coronamento
necessario
della
formazione
nazionale
,
strumento
indispensabile
per
la
missione
nazionale
.
Tutto
questo
viene
rafforzato
per
l
'
Italia
dalle
tradizioni
storiche
del
suo
grandioso
passato
,
che
sono
-
-
dice
il
Mazzini
-
-
repubblicane
e
non
monarchiche
.
Il
valor
ideale
,
morale
,
della
repubblica
unitaria
italiana
,
doveva
concretarsi
,
innanzi
tutto
,
nel
contenuto
sociale
di
questa
.
Il
problema
sociale
fu
sentito
vivissimamente
dal
Mazzini
per
l
'
Italia
come
per
il
resto
d
'
Europa
;
e
,
se
egli
combatté
la
soluzione
comunistica
(
intaccata
ai
suoi
occhi
di
utopia
,
antiliberalismo
,
e
soprattutto
di
materialismo
)
,
la
sua
esigenza
sociale
era
tuttavia
radicale
non
meno
del
socialismo
:
il
principio
d
'
eguaglianza
esigeva
per
lui
che
ogni
uomo
partecipasse
in
ragione
del
suo
lavoro
al
godimento
dei
prodotti
dell
'
attività
sociale
.
Un
giorno
-
-
dice
il
Mazzini
-
-
saremo
tutti
operai
,
cioè
vivremo
dell
'
opera
nostra
.
Anche
per
il
problema
sociale
l
'
iniziativa
e
l
'
azione
spettano
per
il
Mazzini
al
popolo
stesso
e
allo
stato
popolare
;
è
estraneo
al
suo
pensiero
ogni
paternalismo
,
corporativistico
o
meno
.
L
'
impostazione
e
il
tentativo
di
soluzione
del
problema
sociale
rappresentano
una
grande
superiorità
del
Mazzini
rispetto
al
liberalismo
moderato
,
che
si
può
dire
ignorasse
quel
problema
(
esso
è
posto
energicamente
dal
Gioberti
nel
Rinnovamento
;
ma
il
Gioberti
del
Rinnovamento
è
ben
al
di
là
del
moderatismo
)
.
Il
concetto
di
umanità
è
coordinamento
,
o
meglio
superamento
di
quello
della
nazione
,
e
ne
corona
il
carattere
ideale
.
Esso
pone
una
barriera
insormontabile
,
un
vero
abisso
,
fra
il
mazzinianesimo
e
ogni
dottrina
di
etnicismo
nazionalistico
.
Non
si
tratta
del
dominio
di
una
nazione
,
l
'
Italia
,
ma
di
costruire
un
mondo
delle
nazioni
;
e
se
si
attribuisce
ripetutamente
all
'
Italia
una
missione
iniziatrice
(
di
popolo
Cristo
)
,
è
missione
politico
spirituale
,
non
politico
territoriale
,
da
svolgere
con
mezzi
conformi
alla
legge
morale
,
in
affratellamento
con
tutti
i
popoli
,
in
azione
solidale
fra
tutti
«
i
buoni
»
.
Le
singole
cause
nazionali
sono
collegate
indissolubilmente
fra
loro
,
e
insieme
debbono
trionfare
per
opera
dei
popoli
associati
contro
i
governi
.
Questo
è
l
'
europeismo
mazziano
,
al
di
fuori
e
contro
ogni
diplomazia
,
ogni
combinazione
di
interessi
particolaristici
di
governi
o
dinastie
.
Ogni
concezione
nazionalistica
presuppone
il
primato
della
politica
su
ogni
altra
attività
dello
spirito
.
Il
concetto
mazziniano
del
Risorgimento
approda
invece
a
un
superamento
completo
del
politico
nello
spirituale
.
Non
solo
ogni
ragione
di
stato
è
negata
in
radice
,
ma
la
politica
è
subordinata
integralmente
alla
morale
,
e
la
morale
non
è
se
non
l
'
applicazione
di
una
fede
religiosa
.
Il
problema
religioso
italiano
è
ripreso
dal
Mazzini
in
vista
di
una
soluzione
radicale
.
Con
esso
tocchiamo
al
vero
fondo
della
rivoluzione
mazziniana
,
che
non
è
nell
'
assetto
politico
-
-
in
cui
non
sono
esclusi
gradualità
e
temperamenti
,
-
-
ancor
meno
nell
'
insurrezione
,
semplice
strumento
temporaneo
;
ma
è
in
questa
intima
trasformazione
religiosa
.
Egli
parla
esplicitamente
di
una
nuova
fede
,
che
superi
così
le
vecchie
confessioni
cristiane
,
ormai
per
lui
impotenti
,
come
l
'
incredulità
scettica
e
materialistica
del
secolo
XVIII
.
Egli
respinge
nettamente
gli
sforzi
dei
neocattolici
o
neoguelfi
italiani
:
la
loro
scuola
,
secondo
lui
,
non
è
giovevole
al
progresso
italiano
,
di
cui
fraintende
l
'
idea
predicando
una
fede
non
sentita
veramente
.
Per
il
papato
e
il
cattolicismo
non
vi
è
posto
nel
Risorgimento
mazziniano
:
ciò
che
non
significa
,
naturalmente
,
ch
'
egli
pensasse
ad
abolizioni
forzate
,
a
persecuzioni
(
nulla
di
più
estraneo
al
suo
pensiero
)
,
ma
che
non
attribuiva
loro
una
funzione
positiva
.
Il
cristianesimo
stesso
per
il
Mazzini
è
esaurito
,
non
perché
falso
,
ma
perché
il
vero
che
c
'
era
in
esso
(
la
redenzione
individuale
)
ha
già
trionfato
.
Rimane
necessaria
la
fede
ultraterrena
,
che
è
per
il
Mazzini
quella
in
Dio
manifestantesi
per
successive
rivelazioni
nell
'
umanità
,
destinata
un
giorno
ad
esser
chiamata
tutta
intera
a
Lui
,
come
vi
ascendono
gli
individui
attraverso
le
loro
vite
successive
.
Finché
l
'
unità
sociale
non
è
fondata
,
autorità
ecclesiastica
e
autorità
politica
devono
rimanere
indipendenti
il
più
possibile
l
'
una
dall
'
altra
.
Una
volta
però
costituita
veramente
la
società
nuova
,
questo
separatismo
fra
Stato
e
Chiesa
,
fra
istituti
politici
e
principî
religiosi
,
non
avrà
più
ragion
d
'
essere
:
come
alla
fede
corrisponderà
la
morale
,
che
si
attuerà
nella
politica
,
così
lo
Stato
sarà
la
Chiesa
,
e
la
Chiesa
sarà
lo
Stato
.
Nessun
divorzio
fra
la
terra
e
il
cielo
:
occorre
agire
su
questa
terra
per
un
còmpito
sacro
,
per
la
realizzazione
del
regno
di
Dio
.
Per
camminare
verso
un
tale
ideale
,
il
Mazzini
conta
sull
'
educazione
nazionale
:
a
lei
spetta
far
sentire
fratelli
tutti
gli
uomini
di
una
nazione
,
toglierli
dall
'
isolamento
in
cui
si
trovano
,
imbeverli
delle
stesse
credenze
e
dello
stesso
spirito
,
render
possibile
un
pieno
sviluppo
delle
loro
facoltà
,
superando
le
condizioni
d
'
inferiorità
sociale
in
cui
tanti
di
essi
si
trovano
.
Questa
educazione
è
còmpito
dell
'
autorità
sociale
,
e
cioè
di
un
insegnamento
pubblico
politico
morale
,
con
carattere
uniforme
.
Concezione
che
potrebbe
essere
grave
di
conseguenze
,
ma
sostanzialmente
corretta
,
o
integrata
,
da
quel
che
dice
il
Mazzini
sulla
coesistenza
dell
'
educazione
nazionale
e
dell
'
insegnamento
libero
,
per
cui
alla
prima
spetta
l
'
insegnamento
del
dovere
sociale
,
del
programma
nazionale
,
al
secondo
la
libera
diffusione
di
nuovi
programmi
,
di
nuovi
ideali
,
che
assicurino
la
libertà
di
progresso
,
protetta
e
confortata
dallo
Stato
.
La
formazione
dell
'
unità
morale
è
dunque
per
il
Mazzini
graduale
e
non
subitanea
,
libera
e
non
imposta
,
e
,
dato
il
progresso
continuo
,
mai
definitiva
.
E
di
questa
unità
morale
l
'
interpretazione
e
l
'
applicazione
spettano
al
popolo
.
Il
punto
fondamentale
,
di
fronte
ad
autoritari
e
moderati
,
è
per
il
Mazzini
che
il
governo
nuovo
dev
'
essere
non
solo
per
il
popolo
,
ma
per
mezzo
del
popolo
.
Egli
afferma
una
capacità
politica
generale
del
popolo
,
quella
di
scegliere
spontaneamente
i
più
capaci
.
Non
ammette
che
la
politica
nazionale
e
popolare
possa
essere
incarnata
da
individui
dominatori
:
non
bisogna
attribuire
agli
individui
un
'
autorità
che
appartiene
solo
ai
principi
.
Non
si
tratta
per
una
nazione
di
usare
momentaneamente
la
libertà
di
scelta
per
abbandonarla
di
nuovo
,
ma
di
organizzare
con
le
istituzioni
l
'
esercizio
continuato
della
sua
libertà
e
sovranità
,
assicurandola
così
saldamente
da
non
poter
essere
perduta
per
sbagli
di
un
individuo
o
di
una
dinastia
.
Tutto
questo
fa
da
contrappeso
-
-
e
fino
a
un
certo
punto
da
superamento
-
-
al
pericolo
insito
nella
riduzione
mistica
mazziniana
della
politica
a
religione
:
il
pericolo
cioè
,
che
,
con
un
rovesciamento
facile
a
verificarsi
negli
spiriti
intellettualmente
o
moralmente
deboli
,
la
politica
-
-
e
quindi
l
'
utilità
contingente
di
una
data
situazione
,
un
programma
,
un
istituto
,
un
partito
particolari
,
-
-
si
innalza
a
morale
,
imposta
dall
'
alto
e
consacrata
nell
'
immobilità
.
Che
il
pericolo
sia
completamente
superato
non
potrebbe
dirsi
,
appunto
per
quel
misticismo
che
ignora
le
necessarie
distinzioni
.
Nella
concezione
mazziniana
del
Risorgimento
è
innegabile
un
residuo
dogmatico
,
trascendente
,
e
ben
lo
sentirono
i
contemporanei
e
i
seguaci
stessi
del
Mazzini
:
e
l
'
opposizione
aperta
,
o
la
repugnanza
intima
,
ad
esso
fu
uno
dei
più
gravi
ostacoli
all
'
efficacia
dell
'
azione
mazziniana
.
Reagì
in
particolare
il
liberalismo
radicale
,
con
l
'
assolutezza
del
suo
umanesimo
ignorante
ogni
trascendenza
;
ma
anche
il
liberalismo
moderato
oppose
al
mazzinianesimo
il
suo
senso
realistico
ed
empirico
.
Ambedue
associarono
in
questa
opposizione
le
tradizioni
del
pensiero
settecentesco
,
che
il
Mazzini
non
aveva
compreso
a
fondo
,
al
nuovo
pensiero
storico
scientifico
.
Rimase
pur
sempre
al
Mazzini
il
vanto
della
concezione
più
integrale
del
Risorgimento
,
quella
che
più
strettamente
associava
il
pensiero
all
'
azione
escludendo
ogni
infecondo
dilettantismo
ideologico
,
la
risurrezione
politica
all
'
elevazione
morale
sradicando
ogni
macchiavellismo
,
le
sorti
dell
'
Italia
a
quelle
di
tutta
l
'
Europa
eliminando
ogni
tentativo
d
'
isolamento
,
ogni
pretesa
di
dominio
.
Se
al
popolo
italiano
occorreva
per
il
suo
Risorgimento
superare
definitivamente
le
bassure
spirituali
a
cui
lo
aveva
condotto
la
decadenza
secolare
successa
al
Rinascimento
,
la
spinta
morale
a
quel
superamento
gli
venne
principalmente
dall
'
afflato
mistico
mazziniano
.
Né
si
saprebbe
additare
,
nella
propaganda
patriottica
del
Risorgimento
,
nessun
altro
che
abbia
come
il
Mazzini
lanciato
tanti
fili
,
tessuto
tante
trame
,
illuminato
,
eccitato
tanti
spiriti
,
formato
e
tenuto
insieme
tanti
nuclei
di
azione
,
fatto
appello
a
tanti
ambienti
diversi
,
posto
mano
a
tanti
strumenti
differenti
;
e
,
più
in
breve
,
speso
tutta
la
sua
intelligenza
,
tutte
le
sue
energie
,
ogni
suo
respiro
per
la
causa
dell
'
Italia
e
dell
'
umanità
.
Il
liberalismo
moderato
Il
moderatismo
del
Balbo
,
dell
'
Azeglio
,
del
primo
Gioberti
e
degli
altri
affini
,
ebbe
,
accanto
all
'
ispirazione
politica
,
una
radice
culturale
.
Esso
fu
strettamente
legato
al
rifiorire
degli
studi
storici
,
più
precisamente
di
storia
italiana
.
L
'
erudizione
settecentesca
venne
fecondata
fra
noi
nella
prima
metà
del
secolo
dalla
nuova
coscienza
storico
nazionale
,
alimentata
questa
a
sua
volta
dallo
spirito
di
umanità
e
di
socialità
ereditato
dal
Settecento
.
Si
può
dire
che
dallo
studio
della
storia
d
'
Italia
nasca
la
scuola
moderata
:
Manzoni
,
Troya
,
Capponi
,
Balbo
lo
mostrano
chiaramente
.
Unica
grande
eccezione
sarebbe
il
filosofo
oratore
Gioberti
,
ed
eccezione
solo
parziale
perché
egli
si
nutrì
di
studi
storici
(
sebbene
la
sua
mentalità
non
potesse
propriamente
dirsi
storica
)
,
e
su
fondamenti
storici
pretese
costruire
il
suo
Primato
.
Non
sarebbe
facile
trovare
nella
storia
di
un
'
altra
nazione
un
periodo
in
cui
movimento
politico
e
movimento
culturale
siano
così
strettamente
associati
come
nel
Risorgimento
:
constatazione
inoppugnabile
,
e
fatale
a
ogni
interpretazione
puramente
territorialistico
politica
del
Risorgimento
medesimo
.
Lo
studio
della
storia
nazionale
fu
coltivato
non
solo
da
individui
eminenti
,
ma
da
organismi
collettivi
,
come
la
Deputazione
di
storia
patria
fondata
a
Torino
da
Carlo
Alberto
,
e
ancor
meglio
l
'
«
Archivio
storico
italiano
»
fondato
da
un
privato
,
oriundo
svizzero
,
il
Vieusseux
,
il
medesimo
che
prima
aveva
messo
al
mondo
l
'
«
Antologia
»
.
E
l
'
istituzione
di
una
cattedra
di
«
Storia
d
'
Italia
»
fatta
da
Carlo
Alberto
nel
1846
all
'
università
di
Torino
,
può
indicarsi
come
uno
dei
segni
dell
'
evoluzione
carlalbertina
.
Due
risultati
dettero
gli
studi
di
storia
nazionale
per
il
Risorgimento
:
una
migliore
conoscenza
del
passato
italiano
,
con
ammaestramenti
e
auspicî
per
il
futuro
;
una
coscienza
più
chiara
delle
relazioni
fra
l
'
Italia
e
l
'
Europa
,
con
una
visione
migliore
dell
'
aspetto
europeo
del
problema
italiano
.
Erano
sempre
i
due
elementi
nazionale
ed
europeo
intrecciati
insieme
.
Il
Risorgimento
non
poteva
non
essere
poderosamente
alimentato
dal
ricordo
e
dal
racconto
delle
grandezze
passate
d
'
Italia
,
mentre
l
'
analisi
della
sua
decadenza
additava
le
difficoltà
della
resurrezione
e
i
mezzi
per
superarle
.
Nella
scelta
e
nella
valutazione
dei
vari
periodi
storici
entrava
un
forte
elemento
politico
.
È
stato
già
posto
in
piena
luce
da
un
maestro
insigne
il
fatto
che
tutta
una
scuola
di
storici
Italiani
,
i
quali
furono
anche
patrioti
e
politici
moderati
o
neoguelfi
o
cattolici
liberali
che
dir
si
voglia
,
si
concentrò
non
su
Roma
antica
,
-
-
anche
in
ciò
fu
un
contrasto
dei
moderati
con
il
Mazzini
,
-
-
e
neppure
sul
Rinascimento
,
ma
sul
medioevo
,
sull
'
età
dei
comuni
.
Così
i
valori
da
essa
estratti
dalla
storia
italiana
furono
l
'
indipendenza
e
la
libertà
,
piuttosto
che
l
'
unità
statale
.
Si
sa
come
il
Balbo
,
tra
indipendenza
e
libertà
,
desse
la
precedenza
assoluta
,
e
si
può
dire
l
'
esclusività
,
alla
prima
,
fino
a
domandare
che
la
passione
dell
'
indipendenza
spegnesse
le
altre
passioni
nazionali
(
porro
unum
est
necessarium
,
secondo
l
'
epigrafe
delle
Speranze
d
'
Italia
,
poi
tolta
per
scrupolo
religioso
)
.
Ma
in
ciò
egli
fu
isolato
in
seno
alla
stessa
scuola
moderata
.
Il
Durando
polemizzò
apertamente
con
lui
,
pur
senza
nominarlo
,
affermando
esser
gravissimo
errore
sostenere
che
si
dovesse
pensare
soltanto
all
'
indipendenza
e
non
curarsi
della
libertà
,
mentre
un
riordinamento
politico
italiano
in
senso
costituzionale
era
l
'
unica
via
per
ottenere
un
concentramento
morale
della
nazione
.
Il
Balbo
stesso
,
del
resto
,
faceva
questione
di
opportunità
e
non
di
principio
;
mentre
per
la
passata
storia
italiana
egli
non
è
inferiore
a
nessun
altro
nel
mettere
in
rilievo
la
libertà
come
autrice
delle
più
splendide
civiltà
nostre
.
La
conoscenza
della
storia
italiana
ed
europea
accoppiata
all
'
esame
della
realtà
presente
,
fece
ben
chiaro
a
questi
studiosi
politici
il
processo
di
decadenza
attraversato
dall
'
Italia
dopo
l
'
inizio
dell
'
età
moderna
,
mentre
le
altre
nazioni
europee
salivano
;
perciò
il
loro
orientamento
generale
fu
quello
del
risollevamento
dell
'
Italia
in
adeguazione
alla
civiltà
europea
.
Poiché
v
'
era
per
essi
una
civiltà
europea
,
o
cristiana
,
comune
che
costituiva
il
vincolo
e
il
valore
delle
nazioni
moderne
:
partecipare
a
questa
civiltà
era
condizione
di
vita
.
fondamentale
,
pregiudiziale
per
ciascheduna
di
esse
.
Nessuno
insistette
più
recisamente
,
si
potrebbe
dire
più
crudamente
,
dell
'
italianissimo
Balbo
sull
'
inferiorità
presente
dell
'
Italia
rispetto
alle
altre
nazioni
,
biasimando
i
vanti
delle
glorie
antiche
italiane
i
quali
,
inducendo
a
vagheggiare
un
'
passato
d
'
impossibile
ritorno
,
distraevano
dalla
realtà
presente
.
L
'
Italia
,
per
allora
,
mentre
non
poteva
isolarsi
dalla
vita
europea
,
non
poteva
avere
in
essa
se
non
uno
degli
ultimi
posti
.
E
una
ragione
primaria
della
sua
inferiorità
era
la
sua
inesperienza
presente
e
la
sua
scarsa
produttività
passata
in
fatto
di
quei
governi
rappresentativi
in
cui
il
Balbo
vedeva
il
progresso
politico
maggiore
d
'
Europa
.
Allo
stesso
«
europeismo
»
si
arrivava
da
un
altro
ordine
di
studi
,
che
viene
subito
dopo
gli
storici
in
serie
d
'
importanza
per
il
moto
del
Risorgimento
:
quelli
economico
tecnici
,
dei
quali
furono
principali
organi
taluni
periodici
lombardi
,
come
gli
«
Annali
universali
di
statistica
»
del
Romagnosi
e
il
«
Politecnico
»
del
Cattaneo
.
Della
politica
del
Cattaneo
diremo
fra
poco
;
ma
qui
occorre
dire
come
anche
questi
studi
alimentassero
il
pensiero
moderato
e
la
formazione
di
un
programma
riformistico
:
sviluppo
delle
industrie
,
costruzioni
di
ferrovie
,
abbassamento
di
dazi
,
unioni
doganali
.
Altrettanto
può
dirsi
dei
congressi
degli
scienziati
italiani
.
Si
trattava
,
in
generale
,
di
mettere
in
valore
,
sviluppare
le
energie
nazionali
in
tutti
i
campi
associandole
fra
loro
,
nelle
diverse
specie
e
da
regione
a
regione
,
nella
ben
chiara
coscienza
che
ciò
significava
costruire
la
nuova
Italia
.
Nel
campo
degli
studi
economici
compì
le
prime
affermazioni
,
pur
esse
di
valore
politico
e
nazionale
,
colui
che
da
uomo
politico
attivo
doveva
portare
il
moderatismo
alle
sue
fortune
supreme
,
superandolo
attraverso
l
'
alleanza
con
la
rivoluzione
:
Camillo
di
Cavour
.
E
l
'
europeismo
è
un
tratto
fondamentale
del
pensiero
cavouriano
già
prima
del
Quarantotto
:
sia
per
quella
coscienza
di
una
civiltà
europea
comune
di
cui
abbiamo
parlato
e
che
faceva
chiamare
al
Cavour
i
diversi
popoli
europei
«
branches
de
la
grande
famille
chrétienne
»
,
sia
in
quanto
problema
di
ricongiungimento
dell
'
Italia
all
'
Europa
civile
.
Alla
pari
o
anche
più
degli
altri
moderati
,
Cavour
teneva
fissi
gli
occhi
specialmente
su
Francia
e
Inghilterra
;
e
il
Balbo
esprimeva
un
pensiero
fondamentale
anche
di
lui
quando
parlava
della
«
civiltà
anglo
francese
,
la
civiltà
occidentale
d
'
Europa
»
come
identica
con
«
la
civiltà
progrediente
»
.
Un
'
eccezione
all
'
europeismo
dei
moderati
è
costituita
dal
Gioberti
nel
Primato
:
unica
,
ma
a
prima
vista
imponente
,
poiché
l
'
idea
comune
è
che
quel
libro
fondasse
la
scuola
moderata
e
ne
fosse
il
vangelo
.
Idea
comune
,
ma
errata
,
in
quanto
confonde
il
processo
ideologico
moderato
con
le
fortune
del
moderatismo
nell
'
opinione
pubblica
italiana
.
Il
Primato
ruppe
il
silenzio
italiano
,
conciliò
al
movimento
nazionale
una
quantità
di
elementi
fino
allora
in
disparte
od
ostili
;
ma
fu
ben
lontano
dal
rappresentare
il
pensiero
comune
della
scuola
moderata
.
Vi
erano
in
esso
elementi
reazionari
e
utopistici
strettamente
associati
:
una
critica
prevalentemente
negativa
(
almeno
nell
'
intonazione
,
se
non
nelle
intenzioni
recondite
dell
'
autore
)
della
civiltà
moderna
;
un
collocamento
dei
destini
d
'
Italia
,
anzi
della
civiltà
europea
,
nelle
mani
del
papa
e
del
clero
;
una
esaltazione
retorica
del
primato
italiano
non
solo
come
realtà
passata
o
possibilità
futura
,
ma
come
virtualità
già
presente
.
Su
tutti
questi
punti
il
pensiero
di
Gioberti
fu
respinto
dagli
altri
della
scuola
,
e
talora
perfino
con
scherzi
e
ironie
;
ed
egli
stesso
si
affrettò
a
interpretarlo
,
cioè
ad
abbandonarlo
,
accettando
le
posizioni
europee
degli
altri
.
Anche
il
programma
politico
costruito
dai
moderati
per
la
nuova
Italia
è
fatto
di
un
'
associazione
di
tratti
nazionali
e
tratti
europei
.
Dall
'
esame
del
passato
e
del
presente
della
nazione
essi
deducono
il
loro
federalismo
monarchico
;
constatano
la
realtà
dei
diversi
stati
italiani
formatisi
gradualmente
attraverso
i
secoli
,
e
si
propongono
di
conservarli
riformandoli
sul
modello
dei
più
progrediti
europei
.
Si
tratta
per
essi
di
fabbricare
su
ciò
che
esiste
:
«
sola
buona
mutazione
è
il
progredir
dalle
cose
presenti
alle
future
»
(
Balbo
)
.
Al
criterio
storico
risponde
quello
politico
moderato
:
desiderio
di
produrre
il
minimo
sconvolgimento
possibile
per
l
'
Italia
e
per
la
civiltà
europea
;
timore
dell
'
iniziativa
popolare
;
negazione
teorica
e
avversione
pratica
della
democrazia
.
Negazione
,
tuttavia
,
che
non
fu
l
'
unica
ed
ultima
parola
della
scuola
,
poiché
tanto
il
Balbo
quanto
il
Cavour
parlarono
di
vittoria
democratica
finale
.
All
'
ordinamento
monarchico
costituzionale
,
vagheggiato
per
ciascuno
degli
stati
italiani
,
più
che
mai
la
Francia
e
l
'
Inghilterra
fornivano
il
modello
.
II
significato
del
programma
nazionale
moderato
per
il
Risorgimento
consistette
nella
propaganda
dell
'
idea
nazionale
presso
vasti
ceti
che
altrimenti
sarebbero
rimasti
ad
essa
estranei
;
nella
favorita
convergenza
a
pro
del
Risorgimento
di
forze
politiche
,
economiche
,
culturali
,
religiose
;
nella
dimostrazione
che
era
possibile
un
programma
minimo
immediato
,
senza
rivoluzione
;
nell
'
avvicinamento
delle
forze
conservatrici
in
Europa
e
dei
governi
europei
alla
causa
italiana
.
Il
liberalismo
radicale
Il
programma
politico
del
Cattaneo
e
del
Ferrari
non
fu
svolto
apertamente
e
completamente
prima
del
1848
.
Ma
esso
riuscì
imbevuto
di
tutto
il
loro
spirito
;
e
questo
si
manifesta
a
pieno
già
negli
scritti
anteriori
.
Del
Cattaneo
già
le
Interdizioni
israelidiche
,
scritte
nel
1835
,
sono
rivelatrici
di
tutta
una
mentalità
,
che
trovò
ampia
occasione
di
manifestarsi
nella
collaborazione
agli
«
Annali
di
statistica
»
(
cominciata
già
nel
1832
)
e
soprattutto
nella
redazione
del
«
Politecnico
»
,
dal
1839
al
1844
.
Il
Ferrari
offre
già
elementi
caratteristici
ne
La
mente
di
Giandomenico
Romagnosi
del
1835
,
e
dispiega
le
sue
idee
negli
scritti
pubblicati
in
Francia
,
in
lingua
francese
,
fra
il
1843
e
il
1848
.
Le
prime
contraddizioni
al
Mazzini
vennero
da
essi
,
non
dai
moderati
.
Attraverso
il
Cattaneo
-
-
testa
ben
più
quadra
del
caotico
e
paradossale
Ferrari
-
-
il
liberismo
radicale
è
strettamente
legato
con
la
produzione
scientifico
tecnica
del
tempo
,
a
cui
abbiamo
fatto
ripetuto
accenno
.
Si
può
dire
che
all
'
inquadramento
storico
letterario
del
liberalismo
moderato
risponda
quello
scientifico
positivo
del
liberalismo
radicale
,
sebbene
il
prima
elemento
non
manchi
ai
radicali
come
trovammo
il
secondo
presente
ai
moderati
.
Da
notare
in
particolar
modo
è
la
rivalutazione
del
medioevo
italiano
comune
agli
uni
e
agli
altri
,
anche
se
con
qualche
diversità
di
spirito
.
Ambedue
i
gruppi
furono
composti
di
uomini
di
pensiero
,
prima
e
più
che
di
azione
,
nettamente
differenti
dal
blocco
pensiero
azione
mazziniano
,
non
proclivi
a
mescolarsi
con
le
moltitudini
,
anche
se
queste
(
come
era
il
caso
dei
radicali
)
facevano
parte
integrante
del
loro
programma
teorico
.
Ambedue
-
-
sempre
in
contrasto
col
Mazzini
-
-
vollero
fondarsi
sul
presente
,
su
ciò
che
esisteva
già
,
e
procedere
evolutivamente
,
non
rivoluzionariamente
.
Il
Ferrari
e
il
Cattaneo
erano
pronti
non
meno
dei
moderati
ad
accettare
,
e
anzi
a
promuovere
,
le
riforme
da
parte
dei
governi
,
nei
singoli
stati
:
il
Cattaneo
anzi
,
ancora
alla
vigilia
delle
Cinque
giornate
,
era
disposto
ad
adattarsi
con
l
'
Austria
,
contando
sopra
una
evoluzione
federale
dell
'
impero
absburghese
.
Il
federalismo
di
moderati
e
radicali
ha
un
punto
di
partenza
comune
in
questa
accettazione
della
realtà
presente
,
in
questa
adozione
del
metodo
riformistico
.
Ambedue
altresì
furono
contrari
alle
società
segrete
e
alle
cospirazioni
.
Ambedue
hanno
una
mentalità
positiva
,
razionale
,
amante
delle
distinzioni
,
di
contro
al
misticismo
ardentemente
unificatore
del
Mazzini
.
Qui
,
però
,
finiscono
le
somiglianze
e
cominciano
le
differenze
.
Per
i
moderati
il
riformismo
è
scopo
a
se
stesso
,
punto
d
'
arrivo
,
ciò
che
significa
conservazione
modificata
del
presente
;
per
i
radicali
esso
è
semplice
strumento
di
una
rivoluzione
progressivamente
attuantesi
.
Il
federalismo
dei
primi
significa
rispetto
delle
sovranità
esistenti
;
quello
dei
secondi
è
una
garanzia
per
la
piena
,
verace
attuazione
della
libertà
e
della
sovranità
popolare
,
da
erigere
sulla
rovina
di
quelle
altre
sovranità
.
Gli
uni
sono
Cristiani
cattolici
,
gli
altri
scienziati
positivisti
,
liberi
pensatori
.
Per
gli
uni
il
Risorgimento
è
essenzialmente
un
riordinamento
monarchico
costituzionale
operato
dai
governi
,
e
l
'
eliminazione
del
dominio
straniero
;
per
gli
altri
è
liberazione
totale
,
politica
,
sociale
,
soprattutto
intellettuale
.
Il
loro
radicalismo
,
prima
che
politico
,
è
ideologico
,
e
ispira
di
sé
anche
le
riforme
entro
il
quadro
degli
organi
esistenti
,
le
quali
,
a
contenuto
materiale
uguale
,
sono
perciò
imbevute
di
tutt
'
altro
spirito
da
quello
dei
moderati
:
il
loro
radicalismo
si
colloca
faccia
a
faccia
degli
istituti
e
delle
credenze
tradizionali
,
svuotando
i
primi
e
rinnegando
le
seconde
.
La
luce
della
scienza
e
della
ragione
,
ecco
la
loro
guida
.
Scienza
e
coltura
sono
per
essi
i
valori
supremi
,
che
non
conoscono
nessuna
trascendenza
metafisica
o
religiosa
.
Lo
Stato
è
per
essi
una
creazione
dell
'
intelligenza
;
e
,
prima
dell
'
associazione
politica
dei
popoli
vagheggiata
dal
Mazzini
,
il
Cattaneo
pensa
all
'
associazione
internazionale
delle
intelligenze
.
In
questa
affinità
universale
fondata
sulla
ragione
ogni
nazionalismo
è
negate
in
radice
,
e
l
'
europeismo
dei
moderati
è
largamente
superato
.
Non
si
tratta
di
porre
l
'
Italia
alla
testa
dei
popoli
per
una
missione
europea
,
ma
di
far
risplendere
a
pieno
sul
nostro
paese
quella
luce
della
scienza
e
della
ragione
che
già
si
spande
sul
resto
d
'
Europa
.
Il
Cattaneo
nulla
sa
di
missioni
particolari
dei
popoli
,
mentre
il
Ferrari
attribuisce
l
'
iniziativa
del
progresso
e
del
rivolgimento
europeo
alla
Francia
democratica
;
ma
quel
che
importa
ad
entrambi
è
il
libero
sviluppo
di
tutti
gli
individui
associati
,
dappertutto
simile
.
La
libertà
nei
moderati
si
riduceva
ad
un
insieme
di
istituti
giuridici
che
garantivano
le
libertà
particolari
;
nel
Mazzini
era
un
presupposto
e
uno
strumento
della
solidarietà
sociale
,
della
nuova
costruzione
nazionale
e
dell
'
associazione
dei
popoli
;
per
il
Cattaneo
e
il
Ferrari
essa
è
il
valore
primario
contenente
tutti
gli
altri
.
La
pregiudiziale
del
Balbo
a
pro
dell
'
indipendenza
è
rovesciata
da
loro
a
pro
della
libertà
,
fino
al
punto
che
il
Ferrari
parla
di
un
dualismo
fra
le
due
idee
,
dimostrato
dall
'
assolutismo
piemontese
;
e
sostiene
,
ancora
dopo
il
'48
,
che
occorre
far
la
guerra
alle
servitù
nostrane
prima
di
combattere
lo
straniero
.
La
libertà
ha
per
essi
valore
religioso
,
è
la
loro
nuova
religione
,
proclamata
esplicitamente
tale
:
in
suo
nome
,
il
Ferrari
nega
l
'
antica
(
con
particolare
crudezza
dopo
il
1848
)
,
considerandola
come
fondamento
principale
dell
'
ordine
vecchio
che
deve
scomparire
,
mentre
il
Cattaneo
preferisce
ignorarla
.
Al
disopra
dello
Stato
il
Ferrari
proclama
,
riferendosi
a
Kant
,
la
necessità
di
una
chiesa
universale
,
la
quale
non
è
se
non
l
'
associazione
degli
spiriti
razionali
di
cui
parla
il
Cattaneo
.
La
nazione
non
è
punto
ignorata
da
questo
cosmopolitismo
razionale
;
essa
però
è
concepita
non
quale
realtà
trasmessa
dal
passato
,
ma
quale
nuova
creazione
della
civiltà
europea
e
mondiale
.
Tuttavia
,
a
questa
concezione
il
Ferrari
,
più
storicista
del
Cattaneo
,
associa
l
'
altra
del
Risorgimento
come
ripresa
da
parte
dell
'
Italia
dell
'
opera
di
progresso
avviata
in
passato
e
quindi
continuata
dagli
altri
paesi
.
È
una
sua
idea
fondamentale
quella
che
il
risorgimento
europeo
sia
cominciato
in
Italia
con
i
comuni
e
proseguito
con
il
Rinascimento
;
sia
passato
quindi
in
Germania
come
Riforma
,
in
Francia
come
Rivoluzione
;
si
tratta
ora
per
l
'
Italia
di
riprendere
ciò
che
si
era
lasciata
sfuggire
.
Concezione
storicamente
fondata
e
idealmente
integrale
come
quella
che
associa
,
pur
senza
confonderli
,
sviluppo
culturale
,
religioso
e
politico
,
e
restaura
pertanto
anch
'
essa
,
in
altra
forma
da
quella
del
Mazzini
,
la
unità
morale
italiana
.
In
questa
concezione
,
storia
italiana
e
storia
europea
,
risorgimento
italiano
e
sviluppo
europeo
erano
organicamente
legati
in
circolo
.
L
'
idea
,
e
potrebbe
dirsi
la
fissazione
del
Ferrari
-
-
che
non
ha
giovato
alla
sua
fama
-
-
del
legame
indissolubile
tra
Risorgimento
italiano
e
politica
francese
,
derivava
da
ciò
che
la
Francia
era
ai
suoi
occhi
l
'
incarnazione
della
rivoluzione
:
modo
di
vedere
che
il
1789
,
il
1830
e
il
1848
rendevano
plausibile
.
Il
Ferrari
non
guardava
allo
stato
francese
qualsiasi
,
ma
alla
Francia
progressista
e
rivoluzionaria
:
alleandosi
con
questa
e
ricevendone
l
'
appoggio
,
l
'
Italia
per
lui
riprendeva
la
sua
eredità
.
Ferrari
Cattaneo
e
Primato
del
Gioberti
rappresentano
l
'
antitesi
massima
:
gli
uni
volevano
la
piena
assimilazione
dell
'
Italia
vecchia
all
'
Europa
nuova
,
l
'
altro
vagheggiava
,
o
mostrava
di
vagheggiare
,
la
riduzione
dell
'
Europa
nuova
all
'
Italia
vecchia
.
Nel
Rinnovamento
il
Gioberti
,
facendo
dipendere
la
realizzazione
nazionale
italiana
dall
'
espansione
del
moto
democratico
,
innanzi
tutto
francese
,
accettò
sostanzialmente
la
concezione
del
Ferrari
.
A
questo
punto
il
federalismo
dei
due
pensatori
appare
nella
sua
vera
luce
,
anche
nei
confronti
del
Mazzini
:
e
cioè
non
come
moderatismo
,
ma
come
radicalismo
.
Essi
non
vogliono
lo
stato
unitario
abbracciante
tutta
l
'
Italia
,
perché
lo
considerano
come
una
imposizione
dal
di
fuori
e
dall
'
alto
a
danno
dei
singoli
popoli
italiani
,
di
cui
impedirebbe
il
libero
sviluppo
.
Il
federalismo
repubblicano
assicura
l
'
iniziativa
popolare
,
e
le
libertà
locali
e
individuali
.
Di
fronte
al
federalismo
monarchico
dei
moderati
,
quello
repubblicano
di
Ferrari
e
Cattaneo
rappresenta
l
'
esatta
antitesi
;
un
minimo
e
un
massimo
di
libertà
,
di
rivolgimento
,
di
modernità
.
Solo
al
modo
della
Svizzera
e
degli
Stati
Uniti
-
-
diceva
il
Cattaneo
-
-
si
può
accoppiare
unità
e
libertà
;
il
popolo
per
conservare
la
libertà
deve
tenerci
sopra
le
mani
.
Si
aggiunge
nel
Ferrari
una
spiccata
nota
sociale
,
accentuata
dopo
il
'48
come
quella
antireligiosa
,
e
che
il
Pisacane
porterà
al
massimo
svolgimento
,
ponendo
il
socialismo
come
obbiettivo
della
rivoluzione
italiana
.
Il
federalismo
italiano
s
'
inquadrava
poi
nell
'
europeo
,
anzi
nel
mondiale
,
poiché
il
Cattaneo
aveva
l
'
occhio
anche
all
'
impero
britannico
e
all
'
America
.
Egli
descriveva
il
moto
universale
dei
popoli
risorti
,
che
riconquistavano
ciascuno
la
propria
coscienza
,
accorgendosi
che
la
libertà
di
ciascuna
nazione
era
condizione
necessaria
per
quella
delle
altre
.
Convergenza
nazionale
In
sede
puramente
teorica
,
le
antitesi
fra
le
tre
scuole
prevalgono
forse
sulle
coincidenze
.
Qui
però
noi
dobbiamo
valutarle
storicamente
,
nella
concretezza
effettuale
del
Risorgimento
.
Allora
,
esse
ci
appariscono
prevalentemente
complementari
.
Nei
moderati
troviamo
il
senso
e
la
conoscenza
del
reale
,
e
la
tecnica
politica
diretta
ad
utilizzarlo
;
nei
radicali
,
la
posizione
netta
dell
'
esigenza
liberale
,
innovatrice
,
affrancatrice
;
nel
Mazzini
lo
spirito
morale
,
religioso
,
l
'
apostolicità
della
propaganda
,
l
'
unità
mistica
del
pensiero
e
dell
'
azione
.
Volendo
caratterizzare
con
una
sola
parola
ciascuna
delle
tre
scuole
potremmo
dire
:
politica
,
pensiero
,
fede
;
o
anche
:
indipendenza
,
libertà
,
solidarietà
.
Il
risultato
dell
'
opera
contemporanea
delle
tre
correnti
fu
grandioso
:
si
ebbe
un
assalto
dalle
più
diverse
parti
all
'
intelligenza
e
al
sentimento
degli
Italiani
,
una
penetrazione
nei
più
diversi
strati
della
società
nazionale
.
Il
problema
italiano
fu
posto
sotto
tutti
gli
aspetti
,
in
Italia
e
fuori
;
tutte
le
forze
nazionali
furono
risvegliate
,
eccitate
,
mobilitate
-
-
fino
all
'
azione
ponente
a
repentaglio
la
libertà
e
la
vita
,
come
nel
sacrificio
eroico
dei
fratelli
Bandiera
,
o
nel
moto
di
Rimini
,
conato
estremamente
significativo
del
riformismo
moderato
per
attuarsi
attraverso
l
'
insurrezione
;
-
-
e
si
effettuò
il
collegamento
con
quelle
internazionali
.
Si
dice
spesso
che
Risorgimento
fu
opera
di
una
minoranza
.
È
questione
d
'
intendersi
.
La
parte
politica
attiva
tocca
sempre
alle
minoranze
,
poiché
la
maggioranza
ha
altro
da
fare
:
essa
ha
il
còmpito
del
lavoro
quotidiano
,
di
assicurare
la
continuità
della
vita
,
senza
di
cui
l
'
opera
superiore
della
minoranza
non
potrebbe
esistere
.
Perché
ci
sia
Maddalena
ad
accendere
la
lampada
dello
spirito
occorre
che
Marta
provveda
alle
faccende
domestiche
.
Tutto
sta
a
vedere
qual
è
il
rapporto
fra
la
minoranza
che
dirige
e
la
maggioranza
che
segue
:
di
persuasione
o
di
costrizione
,
di
partecipazione
intima
o
di
adesione
passiva
,
nella
luce
della
coscienza
o
nelle
tenebre
dell
'
ignoranza
.
La
minoranza
che
fece
il
Risorgimento
appartenne
al
primo
tipo
,
l
'
unico
che
permette
le
costruzioni
durature
.
E
ciò
fu
dovuto
precisamente
a
quella
triplice
scuola
,
a
quella
triplice
propaganda
,
la
quale
fornì
al
moto
politico
del
Risorgimento
una
base
ideale
così
salda
e
profonda
,
quale
pochi
altri
moti
politici
possono
vantare
.
Quelle
correnti
di
pensiero
non
furono
la
preparazione
o
l
'
occasione
o
l
'
aiuto
del
Risorgimento
:
esse
ne
furono
l
'
anima
stessa
,
che
nelle
congiure
,
nelle
insurrezioni
,
nelle
guerre
,
nelle
dimostrazioni
di
popolo
,
nei
plebisciti
,
nei
voti
parlamentari
trovò
il
suo
corpo
.
Solo
l
'
imponenza
di
quei
movimenti
di
pensiero
spiega
le
proporzioni
assunte
d
'
un
tratto
dal
moto
popolare
italiano
nel
184648
,
quasi
subito
fiammeggiare
d
'
incendio
vastissimo
;
e
,
dopo
il
fallimento
di
quello
,
la
ripresa
e
il
rapido
,
travolgente
successo
finale
.
V
LA
RIVOLUZIONE
NAZIONALE
Fisionomia
del
Quarantotto
La
rivoluzione
europea
del
1848
ha
un
prologo
nel
moto
riformistico
italiano
del
184647;
la
rivoluzione
siciliana
del
gennaio
1848
è
intermedia
.
Quel
moto
riformistico
ebbe
(
fatto
non
sufficientemente
avvertito
)
carattere
nettamente
prerivoluzionario
.
Le
riforme
furono
date
dai
sovrani
,
ma
sotto
la
pressione
immediata
e
continua
dei
popoli
:
si
confronti
il
comportamento
diversissimo
del
moto
riformistico
nel
Settecento
.
Fu
mobilitata
allora
,
ampiamente
,
sistematicamente
,
in
tutta
la
penisola
,
la
«
piazza
»
:
cosa
tanto
disgustosa
per
re
Carlo
Alberto
,
e
anche
per
il
conte
Balbo
,
che
contro
quell
'
uso
e
abuso
delle
dimostrazioni
di
popolo
rivolse
uno
dei
suoi
scritti
dottrinario
polemici
,
così
vivi
e
illuminanti
anche
quando
sono
sbagliati
.
L
'
indole
aristocratico
conservatrice
non
permise
al
Balbo
di
rendersi
conto
che
le
riunioni
di
piazza
in
sé
non
erano
né
buone
né
cattive
;
tutto
stava
a
vedere
quel
che
c
'
era
dentro
e
dietro
:
un
movimento
effettivo
di
spiriti
e
di
volontà
,
o
tumulti
occasionali
incomposti
ed
effimeri
,
o
anche
,
semplicemente
,
parate
su
comando
,
per
illusionismo
plebiscitario
giacobino
o
napoleonico
(
oggi
potremmo
aggiungere
,
«
ducistico
»
o
totalitaristico
)
.
I
moti
di
piazza
del
184648
,
checché
sia
di
certi
loro
aspetti
(
«
quarantottate
»
)
,
inseparabili
in
una
certa
misura
da
ogni
movimento
popolare
,
furono
nell
'
insieme
manifestazioni
fisiologiche
di
un
organismo
nuovo
,
o
rinnovato
,
affacciantesi
alla
vita
nuova
.
E
se
il
Quarantotto
fallì
,
il
fallimento
non
fu
dovuto
già
a
quei
moti
,
ma
all
'
assenza
o
scarsezza
di
altri
elementi
;
e
potrebbe
anche
dirsi
che
esso
si
verificò
in
coincidenza
con
il
venir
meno
dell
'
agitazione
popolare
manifestatasi
nei
moti
stessi
.
Questi
furono
il
risultato
naturale
di
tutte
le
precedenti
elaborazioni
di
pensiero
e
delle
diverse
propagande
(
compresa
quella
dei
moderati
medesimi
)
,
le
quali
sarebbero
riuscite
inutili
se
non
fossero
arrivate
al
popolo
e
non
avessero
promosso
una
sua
partecipazione
attiva
.
Dalla
quale
non
si
poteva
pretendere
la
compostezza
e
la
discrezione
di
un
congresso
di
scienziati
o
di
una
tornata
accademica
.
I
moti
popolari
del
184648
rappresentano
non
solo
l
'
effetto
,
ma
la
fusione
in
atto
delle
tre
correnti
di
pensiero
che
abbiamo
delineate
.
Il
programma
iniziale
fu
quello
dei
moderati
,
attuato
(
secondo
i
principi
moderati
)
dai
governi
,
ma
sotto
la
pressione
popolare
rispondente
all
'
esigenza
d
'
iniziativa
nazionale
propugnata
dal
Mazzini
,
anche
se
in
modi
non
graditi
da
lui
;
i
moti
si
effettuarono
nei
diversi
stati
autonomamente
e
condussero
alla
trasformazione
di
ciascuno
di
questi
,
come
volevano
i
federalisti
repubblicani
;
gli
svolgimenti
ulteriori
portaron
dal
programma
moderato
a
quello
mazziniano
e
radicale
.
Nel
Quarantotto
c
'
è
«
l
'
Italia
farà
da
sé
»
,
e
il
collegamento
con
l
'
insurrezione
degli
altri
popoli
,
con
gli
interventi
della
diplomazia
europea
;
l
'
azione
dei
governi
,
della
borghesia
illuminata
e
del
popolo
;
guelfi
e
ghibellini
,
federali
e
unitari
,
liberali
,
democratici
e
socialisti
.
Il
Quarantotto
ripeté
il
179699
,
il
1821
e
il
1831
,
preparò
il
185970;
e
tuttavia
ebbe
fisionomia
sua
,
e
fu
il
moto
più
comprensivo
di
tutti
.
Il
trionfo
del
neoguelfismo
Tutto
questo
movimento
grandioso
cominciò
da
un
fatto
modesto
,
quasi
banale
:
l
'
amnistia
politica
promulgata
da
papa
Pio
IX
per
solennizzare
il
suo
avvento
al
trono
.
Se
non
proprio
banale
,
il
fatto
poteva
almeno
dirsi
normale
:
otto
anni
prima
anche
l
'
imperatore
Ferdinando
I
d
'
Austria
aveva
dato
una
generale
amnistia
al
momento
dell
'
incoronazione
regia
in
Milano
;
anche
i
predecessori
di
Pio
IX
avevano
dato
amnistie
in
occasioni
analoghe
,
sia
pure
più
ristrette
.
Inoltre
l
'
amnistia
di
Pio
IX
era
subordinata
a
una
confessione
umiliante
;
il
manifesto
che
l
'
annunciò
parlava
di
«
perdono
»
,
e
terminava
con
una
minaccia
per
il
caso
in
cui
le
speranze
del
sovrano
negli
effetti
di
questo
perdono
risultassero
vane
.
Da
due
circostanze
derivarono
i
risultati
grandiosi
dell
'
atto
:
esso
cadde
in
una
situazione
profondamente
carica
di
elementi
novatori
,
e
provenne
dal
papa
.
L
'
amnistia
,
cioè
,
fu
intesa
come
un
indice
di
cambiamento
della
politica
papale
:
tutto
il
problema
politico
religioso
del
Risorgimento
apparve
posto
in
nuovi
termini
.
Quel
che
fino
allora
era
stato
ostacolo
,
sembrò
divenuto
il
più
potente
motore
.
Triplice
era
stata
sino
allora
l
'
opposizione
fra
papato
e
Risorgimento
.
Il
papato
aveva
unto
con
il
sacro
olio
della
religione
la
legittimità
dei
governi
;
l
'
altare
si
era
collocato
innanzi
al
trono
,
e
per
andar
a
toccar
questo
sembrava
necessario
l
'
abbattimento
di
quello
:
cosa
spaventosa
,
inconcepibile
per
l
'
opinione
pubblica
italiana
,
composta
quasi
tutta
di
credenti
,
e
quando
non
credenti
,
per
lo
meno
rispettosi
della
tradizione
religiosa
nazionale
.
E
il
papato
(
secondo
punto
)
,
mentre
consacrava
la
legittimità
dei
governi
assoluti
,
condannava
i
principî
liberali
,
cioè
vietava
ai
sudditi
di
domandare
cambiamenti
in
quel
senso
anche
in
via
regolare
,
e
ai
governi
di
concederli
.
Già
dal
1832
l
'
enciclica
di
Gregorio
XVI
Mirari
vos
contro
La
Mennais
aveva
pronunciato
formalmente
quella
condanna
che
poi
il
Sillabo
di
Pio
IX
doveva
codificare
.
Condannato
e
uscito
dalla
Chiesa
La
Mennais
-
-
che
anche
in
Italia
aveva
trovato
seguaci
,
-
-
era
tuttavia
risorto
in
Francia
,
dopo
il
1840
,
un
liberalismo
cattolico
,
ma
incerto
nel
pensiero
tra
l
'
opportunismo
e
l
'
affermazione
di
principio
,
confessionalistico
negli
atteggiamenti
pratici
(
apologia
dei
gesuiti
)
,
e
tuttavia
sospettato
nella
sua
ortodossia
dottrinale
;
comunque
,
moto
francese
e
non
italiano
,
inquadrato
nella
politica
ecclesiastica
della
Francia
.
Il
nostro
cattolicismo
liberale
fu
il
neoguelfismo
,
che
attraverso
lo
studio
della
storia
d
'
Italia
aveva
cercato
dimostrare
come
nel
medioevo
il
papato
fosse
stato
intimamente
congiunto
alla
storia
della
nazione
,
avesse
favorito
l
'
indipendenza
e
la
libertà
italiane
.
Rimaneva
a
vedere
se
altrettanto
potesse
avvenire
adesso
;
e
qui
si
paravano
innanzi
i
due
ostacoli
che
abbiamo
indicato
,
a
cui
si
aggiungeva
un
terzo
,
che
poteva
sembrare
il
più
grande
di
tutti
:
il
potere
temporale
pontificio
.
Si
trattava
anche
qui
di
un
governo
«
legittimo
»
,
ma
in
più
«
sacro
»
,
secondo
quel
carattere
conferito
nel
medioevo
dalla
Chiesa
e
dal
clero
a
ogni
loro
pertinenza
,
per
cui
un
diritto
feudale
,
un
possesso
territoriale
,
se
di
ecclesiastici
,
diveniva
un
noli
me
tangere
,
poco
meno
che
gli
articoli
del
Credo
;
si
congiungeva
coll
'
idea
di
questo
carattere
sacro
il
concetto
della
Chiesa
«
società
perfetta
»
,
a
cui
cioè
spettavano
i
possessi
materiali
e
i
poteri
coercitivi
come
parte
integrante
della
sua
costituzione
.
S
'
intende
che
a
casa
sua
il
governo
pontificio
non
poteva
ammettere
quegli
stessi
principi
liberali
(
per
es
.
la
tolleranza
relgiosa
,
la
libertà
di
stampa
)
che
condannava
in
casa
altrui
.
I
mazziniani
e
i
radicali
,
in
forza
dei
loro
anti
o
acattolicesimo
,
liquidavano
senz
'
altro
l
'
ostacolo
,
non
lasciando
nessun
posto
al
papato
nella
loro
costruzione
del
futuro
italiano
;
non
così
i
moderati
,
i
quali
,
d
'
accordo
con
l
'
opinione
media
nazionale
,
facevano
del
mantenimento
di
esso
nel
quadro
della
nazione
un
punto
fondamentale
.
Essi
sostenevano
perciò
anche
la
conservazione
del
potere
temporale
,
ma
ritenevano
necessaria
la
trasformazione
interna
del
governo
pontificio
(
innanzi
tutto
una
larga
laicizzazione
)
,
e
invocavano
l
'
adesione
del
pontefice
come
sovrano
temporale
alla
causa
italiana
dell
'
indipendenza
e
della
federazione
.
Ora
,
con
la
politica
di
Pio
IX
in
qualche
mese
parvero
superati
tutti
gli
ostacoli
.
Egli
si
mise
sulla
via
delle
riforme
liberali
,
e
sembrò
così
sciogliere
il
papato
dai
vincoli
dell
'
alleanza
con
l
'
assolutismo
;
lasciò
sfogo
al
sentimento
nazionale
dei
sudditi
,
e
mostrò
egli
stesso
sentimenti
d
'
italianità
sino
a
pronunciare
il
famoso
«
Benedite
,
Gran
Dio
,
l
'
Italia
!
»
,
almeno
come
fu
inteso
da
tutta
la
penisola
.
Così
Pio
IX
fu
al
tempo
stesso
il
Papa
Angelico
dei
sogni
mistici
e
apocalittici
del
medioevo
,
che
doveva
effettuare
il
rinnovamento
della
Chiesa
;
e
il
papa
del
Primato
,
che
egli
,
ancora
cardinal
Mastai
,
avrebbe
portato
con
sé
in
conclave
.
Gioberti
fu
acclamato
«
maestro
del
papa
»
,
fu
considerato
profeta
,
nuovo
Battista
del
nuovo
Cristo
.
Si
ebbero
una
laicizzazione
parziale
del
governo
con
la
formazione
di
un
ministero
regolare
;
una
discreta
libertà
di
stampa
,
per
legge
e
più
nella
pratica
;
una
consulta
di
stato
che
fece
intravvedere
(
nonostante
la
protesta
del
papa
)
una
costituzione
;
la
guardia
civica
,
che
significava
inizio
di
autogoverno
,
protezione
contro
l
'
arbitrio
poliziesco
.
Soprattutto
,
il
popolo
poté
dimostrare
,
agitarsi
,
tornare
attivo
,
protagonista
,
sulla
scena
politica
,
ben
più
di
quanto
non
lo
fosse
stato
al
tempo
della
rivoluzione
portata
dalla
Francia
in
Italia
.
Questa
era
la
cosa
di
cui
giustamente
più
si
preoccuparono
Metternich
e
Solaro
della
Margarita
:
l
'
iniziativa
passava
dai
governi
ai
popoli
.
Dal
riformismo
alla
rivoluzione
Dallo
Stato
pontificio
il
moto
dilagò
in
gran
parte
della
penisola
,
sempre
con
la
tolleranza
dei
governi
:
la
Toscana
,
per
opera
calcolata
e
organizzata
dai
patrioti
,
si
fece
il
primo
centro
della
propagazione
.
Prese
il
terzo
posto
il
Piemonte
,
ove
già
prima
delle
elezioni
di
Pio
IX
si
erano
avuti
inizi
di
risveglio
e
di
cambiamento
regio
:
nella
seconda
metà
del
'46
furono
manifestazioni
importanti
il
congresso
dell
'
Associazione
agraria
a
Mortara
,
quello
degli
scienziati
italiani
a
Genova
e
la
celebrazione
del
centenario
di
Balilla
.
Perfino
il
Lombardo
Veneto
,
sotto
la
polizia
austriaca
,
trovò
modo
di
agitarsi
dietro
il
paravento
dell
'
entusiasmo
religioso
per
Pio
IX
o
per
il
nuovo
arcivescovo
di
Milano
Romilli
,
successo
all
'
austriaco
Gaysruck
(
che
forse
,
in
fatto
di
liberalismo
,
avrebbe
potuto
dar
dei
punti
al
suo
successore
)
.
Fu
un
rimescolio
grandioso
della
propaganda
liberale
patriottica
in
tutta
Italia
;
essa
,
parte
per
abile
direzione
di
dietroscena
,
parte
per
impulso
spontaneo
,
per
l
'
affiorare
esplosivo
della
lenta
,
molteplice
germinazione
,
seppe
utilizzare
qualsiasi
circostanza
,
qualsiasi
occasione
o
pretesto
perla
mobilitazione
degli
spiriti
italiani
.
Non
mancarono
resistenze
dei
governi
.
Pio
IX
cercò
ripetutamente
di
porre
un
termine
alle
dimostrazioni
di
plauso
che
volevano
trascinarlo
sempre
più
avanti
;
ma
egli
si
compiaceva
al
tempo
stesso
di
quelle
dimostrazioni
,
per
una
certa
vanità
personale
che
fu
coefficiente
non
trascurabile
della
situazione
.
In
Toscana
la
polizia
procedette
a
vere
retate
di
persone
sospette
,
a
sfratti
,
ad
ammonizioni
.
Carlo
Alberto
si
mantenne
ancora
tenacemente
aggrappato
a
Solaro
e
negò
le
riforme
a
cui
avevano
già
acceduto
il
papa
e
il
granduca
,
finché
,
travolto
,
nell
'
ottobre
1847
ne
dette
assai
larghe
.
E
i
tre
stati
riformisti
si
accostarono
insieme
:
fra
Roma
,
Firenze
e
Torino
si
trattò
per
una
lega
doganale
,
e
ne
corse
la
notizia
per
l
'
Italia
suscitando
entusiasmi
e
speranze
.
Era
l
'
abbozzo
di
una
confederazione
italica
,
e
tutto
il
programma
riformista
veniva
messo
sul
telaio
.
La
spinta
finale
si
ebbe
non
da
una
iniziativa
di
governo
(
come
era
avvenuto
al
principio
con
l
'
amnistia
papale
)
,
ma
da
una
insurrezione
di
popolo
:
la
rivoluzione
siciliana
.
Fu
una
rivoluzione
tipicamente
locale
,
indigena
,
nella
impostazione
e
nello
spirito
:
rientrò
in
iscena
l
'
autonomismo
siciliano
,
nella
forma
e
nella
portata
assunte
dal
1812
in
poi
.
Ma
c
'
erano
elementi
«
europei
»
nella
costituzione
siciliana
di
quell
'
anno
,
reclamata
dagli
autonomisti
;
soprattutto
,
la
rivoluzione
siciliana
divenne
avvenimento
nazionale
attraverso
la
sua
ripercussione
a
Napoli
.
Tra
le
«
due
Sicilie
»
l
'
iniziativa
fu
capovolta
:
l
'
insurrezione
siciliana
promosse
il
moto
napoletano
e
la
concessione
,
il
29
gennaio
1848
,
della
costituzione
da
parte
di
Ferdinando
II
.
Non
per
questo
la
Sicilia
si
unì
a
Napoli
più
di
quel
che
avesse
fatto
nel
1820;
e
in
nome
del
suo
autonomismo
si
spinse
fino
a
proclamare
la
decadenza
dei
Borboni
.
Con
la
proclamazione
dello
statuto
,
Napoli
non
solo
si
univa
ai
tre
stati
riformisti
,
ma
li
sorpassava
d
'
un
balzo
:
e
furono
essi
costretti
a
seguirlo
.
Perfino
il
papa
dovette
combinare
in
qualche
modo
la
teocrazia
e
il
governo
costituzionale
.
Fu
un
rivolgimento
nazionale
da
cui
rimasero
assenti
soltanto
il
Lombardo
Veneto
e
i
ducati
,
per
la
forza
straniera
austriaca
:
appariva
nitido
il
nesso
fra
la
causa
dell
'
indipendenza
e
quella
della
libertà
.
L
'
Italia
e
l
'
Europa
In
meno
di
due
anni
,
il
paese
politicamente
più
arretrato
dell
'
Europa
centro
occidentale
aveva
assunto
un
aspetto
simile
a
quello
di
Francia
,
Inghilterra
,
Svizzera
.
Grande
fu
l
'
interesse
suscitato
in
Europa
da
questo
fatto
;
e
allora
si
cominciò
ad
avere
una
nozione
concreta
della
personalità
nazionale
italiana
,
a
sentire
veramente
la
questione
nazionale
italiana
come
problema
europeo
.
Si
sarebbe
potuto
perfino
parlare
di
un
'
iniziativa
europea
dell
'
Italia
,
sogno
del
Mazzini
,
che
però
non
era
soddisfatto
delle
forme
assunte
da
essa
:
egli
trovava
che
il
popolo
non
era
sufficientemente
protagonista
del
movimento
,
mostrava
troppo
scarsa
dignità
di
fronte
ai
sovrani
;
e
seguitava
ad
essere
contrario
alla
transazione
della
monarchia
costituzionale
.
Di
fronte
alla
Francia
di
Luigi
Filippo
,
sempre
più
chiusa
nella
sua
oligarchia
borghese
,
l
'
Italia
degli
inizi
del
'48
,
con
il
popolo
agitantesi
nelle
piazze
e
con
le
sue
recise
affermazioni
di
indipendenza
e
libertà
,
poteva
apparire
in
avanti
.
La
Francia
si
era
rivolta
allora
decisamente
-
-
in
seguito
al
conflitto
con
l
'
Inghilterra
per
i
«
matrimoni
spagnuoli
»
-
-
all
'
intesa
con
l
'
Austria
:
fioriva
l
'
idillio
Guizot
Metternich
,
in
cui
apparve
lo
sbocco
logico
di
certo
moderatismo
,
degno
del
nome
di
liberale
secondo
l
'
etimologia
:
lucus
a
non
lucendo
.
Nel
conflitto
svizzero
del
Sonderbund
,
l
'
intesa
franco
austriaca
trovò
la
sua
applicazione
in
senso
contrario
al
liberalismo
svizzero
,
che
tuttavia
trionfò
nella
guerra
civile
e
nella
costituzione
federale
del
1848
.
Anche
in
Italia
quell
'
intesa
funzionò
di
fronte
al
movimento
riformistico
italiano
:
solo
sfumature
di
atteggiamento
distinsero
in
proposito
la
politica
austriaca
dalla
francese
,
resti
di
pudore
del
«
re
cittadino
»
ormai
totalmente
acquisito
al
conservatorismo
,
sebbene
non
pensasse
mai
a
violare
la
costituzione
.
Di
contro
a
Francia
e
Austria
,
procedenti
a
braccio
l
'
una
dell
'
altra
,
stava
l
'
Inghilterra
,
che
avrebbe
potuto
indulgere
a
un
'
Austria
antagonista
della
Russia
,
ma
non
all
'
unione
austro
russa
nella
Santa
Alleanza
;
mentre
verso
la
Francia
,
non
solo
rivale
mediterranea
,
ma
accodantesi
all
'
intesa
austro
russa
,
non
poteva
più
avere
nessuna
simpatia
.
Il
Palmerston
;
tornato
al
ministero
degli
Esteri
proprio
contemporaneamente
alla
elezione
di
Pio
IX
,
favorì
i
moti
liberali
in
tutta
Europa
e
particolarmente
in
Italia
:
un
'
Italia
pacificata
e
fortificata
in
contrappeso
all
'
Austria
e
alla
Francia
gli
appariva
desiderabile
.
Ora
veramente
questo
concetto
dell
'
Italia
nazione
utile
all
'
equilibrio
e
alla
pace
europea
,
che
i
patrioti
italiani
avevano
già
formulato
alla
fine
del
periodo
napoleonico
,
irrompe
nel
chiuso
della
diplomazia
.
Il
Palmerston
con
la
sua
politica
si
intonava
all
'
opinione
pubblica
inglese
,
lavorata
efficacemente
dal
Mazzini
.
Si
ebbe
allora
la
missione
in
Italia
di
lord
Minto
;
venne
altresì
fra
noi
,
libero
da
ogni
vincolo
ufficiale
,
Cobden
,
l
'
apostolo
del
libero
scambio
,
e
fece
un
giro
trionfale
per
l
'
Italia
,
festeggiato
perfino
a
Milano
con
la
tolleranza
delle
autorità
austriache
.
Il
movimento
economico
liberista
si
univa
,
come
era
logico
,
a
quello
politico
liberale
;
e
anche
così
veniva
consacrato
l
'
europeismo
dell
'
italianissima
rivoluzione
del
Quarantotto
.
Italia
e
Austria
Il
Metternich
,
nonostante
l
'
intesa
col
Guizot
,
temporeggiava
mordendo
il
freno
:
conosceva
la
poca
solidità
dell
'
Austria
,
già
scricchiolante
,
ed
egli
stesso
sapeva
di
non
esser
più
così
padrone
come
al
tempo
di
Francesco
I
.
Nessuno
meglio
di
lui
si
rendeva
conto
che
il
moto
liberale
nazionale
italiano
rischiava
di
sfociare
nell
'
insurrezione
lombarda
e
nella
guerra
italiana
all
'
Austria
:
esso
era
già
colorito
largamente
di
antiaustriacantismo
.
Su
questo
terreno
era
più
facile
l
'
accordo
fra
quel
moto
e
la
politica
di
Carlo
Alberto
,
che
già
aveva
assunto
atteggiamento
risoluto
di
contro
l
'
Austria
,
per
questioni
doganali
,
al
principio
del
1846
.
Per
nessuno
come
per
Carlo
Alberto
ebbe
tanta
importanza
il
rivolgimento
della
politica
papale
:
religioso
fino
all
'
ascetismo
e
al
bigottismo
,
solo
attraverso
l
'
impostazione
neoguelfa
egli
poteva
accedere
al
movimento
nazionale
italiano
.
Le
dimostrazioni
per
il
centenario
di
Balilla
si
ebbero
non
solo
in
Liguria
e
in
Piemonte
,
ma
in
tutta
Italia
,
dimenticandosi
naturalmente
che
alleato
dell
'
Austria
cacciata
da
Genova
era
stato
il
re
di
Sardegna
.
Il
sentimento
nazionale
maturato
e
l
'
orgoglio
nazionale
ridesto
si
appuntavano
contro
l
'
Austria
;
il
neoguelfismo
evocava
le
lotte
dei
pontefici
contro
gli
imperatori
tedeschi
e
Alessandro
III
alleato
della
lega
lombarda
;
la
storia
di
questa
,
scritta
dal
monaco
di
Montecassino
Tosti
,
incarnazione
del
neoguelfismo
,
fu
annunciata
proprio
alla
vigilia
della
guerra
di
Lombardia
.
L
'
agitazione
nel
Lombardo
Veneto
era
sempre
più
intensa
;
allora
uscì
ed
ebbe
un
grandioso
successo
di
propagazione
clandestina
L
'
Austria
e
la
Lombardia
del
Correnti
;
accanto
alle
dimostrazioni
e
ai
conflitti
si
ebbe
l
'
avviamento
di
una
resistenza
legale
(
secondo
le
idee
del
Cattaneo
)
,
particolarmente
efficace
di
fronte
a
un
governo
assolutistico
e
poliziesco
,
ma
legalitario
,
che
difficilmente
ricorreva
a
violenze
puramente
arbitrarie
.
Forse
anche
allora
una
politica
austriaca
più
agile
,
più
intelligente
di
quella
del
dottrinario
e
ormai
anchilosato
Metternich
,
avrebbe
potuto
almeno
rinviare
l
'
urto
,
con
abili
concessioni
.
Tanto
più
che
la
rivoluzione
italiana
-
-
così
ormai
dobbiamo
chiamarla
-
-
presentava
rispetto
all
'
Austria
tendenze
,
avviamenti
,
possibilità
diverse
.
Non
mancava
certo
la
corrente
guerresca
,
e
ricominciavano
i
contatti
del
'21
fra
Lombardia
e
Piemonte
.
Il
conflitto
austro
pontificio
per
l
'
occupazione
di
Ferrara
città
nell
'
estate
1847
aveva
avuto
ripercussione
in
tutta
Italia
,
e
aveva
fatto
balzare
il
cuore
di
Carlo
Alberto
.
Però
era
intervenuto
nel
dicembre
l
'
accomodamento
diplomatico
:
da
una
parte
e
dall
'
altra
si
temporeggiava
,
e
si
temeva
la
soluzione
forte
.
La
rivoluzione
italiana
,
avendo
presa
la
piega
della
trasformazione
interna
e
avendola
sempre
più
accentuata
,
conteneva
in
sé
qualche
cosa
che
la
tratteneva
da
complicazioni
estere
guerriere
:
l
'
improvvisata
Italia
costituzionale
sentiva
il
bisogno
di
consolidarsi
e
attuarsi
praticamente
,
mentre
dovevano
ancora
prender
corpo
gli
avviamenti
federativi
.
Il
Ferrari
deprecava
un
urto
con
l
'
Austria
che
avrebbe
rischiato
di
arrestare
il
movimento
riformista
liberale
,
necessariamente
non
favorito
da
una
guerra
.
Il
Cattaneo
pensava
sempre
ad
una
evoluzione
possibile
entro
un
'
Austria
federale
;
anche
in
lui
il
radicalismo
liberale
agiva
in
senso
favorevole
ad
una
trasformazione
non
bellicosa
.
Dall
'
estero
venne
la
spinta
decisiva
alla
guerra
.
La
rivoluzione
europea
La
rivoluzione
italiana
,
per
quanto
avesse
trovato
simpatia
nelle
correnti
liberali
europee
e
avesse
interessato
anche
l
'
Europa
diplomatica
(
con
aumento
notevole
di
prestigio
e
importanza
per
il
nostro
paese
)
,
non
era
capace
,
direttamente
da
sé
,
di
rivoluzionare
l
'
Europa
.
Essa
contribuiva
bensì
,
col
suo
carattere
moderato
guelfo
,
a
riconciliare
con
le
idee
nuove
i
ceti
conservatori
cattolici
;
era
cioè
una
delle
forme
più
cospicue
del
cattolicismo
liberale
in
Europa
.
Si
videro
i
progressi
di
quella
riconciliazione
in
Francia
,
quando
la
rivoluzione
di
febbraio
abbatté
il
trono
di
Luigi
Filippo
.
Né
il
clero
né
le
alte
classi
si
levarono
a
sostenerlo
o
a
rimpiangerlo
:
la
repubblica
popolare
fu
accettata
all
'
unanimità
,
e
particolarmente
pronta
e
clamorosa
fu
l
'
adesione
ecclesiastica
;
si
ebbe
un
vero
idillio
clerico
repubblicano
,
in
un
'
atmosfera
quasi
di
medioevo
.
A
differenza
dell
'
italiana
,
la
rivoluzione
francese
si
diffuse
immediatamente
per
l
'
Europa
:
ancora
una
volta
l
'
iniziativa
europea
(
contro
simpatie
e
speranze
del
Mazzini
)
fu
della
Francia
.
Dalla
rivoluzione
francese
uscì
la
rivoluzione
germanica
,
a
Vienna
non
meno
che
a
Berlino
.
Fatto
capitale
nuovo
,
si
pose
il
problema
austriaco
in
tutta
la
sua
ampiezza
,
cioè
quello
dell
'
autonomia
dei
diversi
popoli
riuniti
sotto
lo
scettro
absburghese
.
L
'
idea
mazziniana
parve
trionfare
,
se
anche
non
per
l
'
iniziativa
dell
'
Italia
;
egli
già
da
tempo
vedeva
la
liberazione
italiana
dall
'
Austria
come
parte
nella
liberazione
generale
dei
popoli
austriaci
e
nel
dissolvimento
dell
'
impero
absburghese
:
anche
in
ciò
discorde
dai
moderati
italiani
,
che
tenevano
a
parte
la
causa
dell
'
indipendenza
italiana
,
e
spingevano
(
Balbo
)
a
vagheggiarne
una
soluzione
pacifica
attraverso
non
solo
il
mantenimento
,
ma
l
'
ampliamento
dell
'
Austria
in
altra
direzione
(
Balcani
)
.
Con
i
moderati
s
'
incontrava
qui
il
Cattaneo
:
il
federalismo
comune
veniva
trasportato
dall
'
Italia
al
mondo
danubiano
.
E
in
seno
all
'
Austria
stessa
una
gran
parte
dei
popoli
ridesti
si
movevano
nella
stessa
direzione
,
principalmente
gli
slavi
:
è
dell
'
apostolo
cèco
Palacky
il
motto
che
,
se
l
'
Austria
non
ci
fosse
stata
,
sarebbe
occorso
inventarla
.
Di
contro
al
federalismo
stava
l
'
unitarismo
nazionale
mazziniano
,
che
voleva
bensì
la
federazione
europea
,
ma
dopo
la
ricomposizione
integrale
di
ciascuna
nazionalità
:
senza
domandarsi
troppo
se
ciò
fosse
antropogeograficamente
possibile
,
e
soprattutto
se
l
'
esasperazione
nazionale
provocata
dalle
dissociazioni
e
dalle
riunioni
con
i
relativi
contrastanti
programmi
,
fosse
la
preparazione
morale
migliore
per
l
'
auspicata
federazione
dei
popoli
.
L
'
intervento
e
la
sconfitta
piemontesi
,
e
il
fallimento
del
federalismo
Per
l
'
Italia
lo
scoppio
della
rivoluzione
austriaca
troncava
di
fatto
ogni
tergiversazione
tra
soluzione
pacifica
e
bellicosa
,
tra
sistemazione
federale
del
Lombardo
Veneto
entro
l
'
impero
e
il
suo
distacco
da
questo
.
Una
volta
insorti
i
diversi
popoli
soggetti
all
'
Austria
,
ai
Lombardo
Veneti
non
rimaneva
che
ricongiungersi
in
qualche
modo
al
resto
d
'
Italia
:
il
dilemma
«
federalismo
o
unità
»
si
poneva
più
soltanto
entro
i
confini
italiani
.
Scoppiata
l
'
insurrezione
delle
Cinque
giornate
,
anche
il
Cattaneo
comprese
immediatamente
la
nuova
situazione
,
e
si
fece
dirigente
illuminato
e
intrepido
del
popolo
in
armi
.
Quale
lo
sbocco
del
movimento
?
I
più
dei
combattenti
non
andavano
nel
loro
pensiero
oltre
il
còmpito
immediato
,
la
cacciata
dell
'
Austria
;
taluni
già
prima
dell
'
insurrezione
pensavano
all
'
unione
col
Piemonte
,
specie
nelle
classi
elevate
;
il
Cattaneo
,
e
non
lui
solo
,
avrebbe
voluto
adesso
una
repubblica
lombarda
.
Non
v
'
era
però
una
tradizione
,
o
tutt
'
al
più
era
una
tradizione
milanese
interrotta
da
secoli
,
dal
basso
medioevo
.
Diverso
fu
il
caso
di
Venezia
,
ove
la
proclamazione
della
repubblica
di
San
Marco
si
presentò
da
sé
:
buona
parte
dei
Veneziani
viventi
erano
nati
sotto
di
essa
.
Ma
anche
a
Venezia
la
risurrezione
del
passato
non
risolveva
il
problema
delle
relazioni
con
il
resto
del
Veneto
,
che
non
potevano
più
essere
di
dominante
a
dominati
;
e
in
Lombardia
si
poneva
un
problema
analogo
tra
la
provincia
e
Milano
.
La
complicazione
principale
,
però
,
venne
dal
di
fuori
,
con
l
'
intervento
del
Piemonte
.
Carlo
Alberto
,
sollecitato
da
una
parte
dei
Milanesi
,
aveva
rotto
gli
indugi
,
non
prima
però
che
Milano
si
fosse
liberata
da
sé
;
e
scendeva
contro
l
'
esercito
austriaco
in
ritirata
verso
il
Quadrilatero
.
Egli
proclamò
di
venir
a
portare
il
soccorso
del
fratello
al
fratello
;
l
'
adozione
del
tricolore
,
cui
fu
sovrapposta
la
croce
sabauda
,
fu
simbolo
dell
'
adesione
regia
alla
causa
italiana
.
Presentandosi
in
lizza
quale
campione
dell
'
indipendenza
italiana
,
Carlo
Alberto
era
sincero
;
ma
quel
motivo
non
era
il
solo
.
S
'
intrecciavano
con
esso
altri
due
almeno
altrettanto
potenti
.
Il
re
pensava
alla
ripresa
del
programma
tradizionale
sabaudo
per
l
'
annessione
della
Lombardia
;
e
forse
gli
tornava
in
mente
l
'
opinione
espressa
verso
la
fine
del
Settecento
dal
Galeani
Napione
,
per
il
regno
sabaudo
esser
meglio
che
la
Lombardia
fosse
parte
dei
domini
di
un
altro
stato
piuttosto
che
stato
autonomo
.
A
quella
aspirazione
territoriale
si
associava
il
timore
della
repubblica
:
una
Lombardia
indipendente
sarebbe
riuscita
,
con
ogni
probabilità
,
repubblicana
.
Carlo
Alberto
si
trovava
tra
due
fuochi
:
una
probabile
repubblica
lombarda
,
una
già
esistente
repubblica
francese
;
ne
derivava
per
lui
il
timore
di
esser
preso
in
mezzo
,
schiacciato
.
Era
tutt
'
altro
che
un
semplice
pretesto
diplomatico
la
giustificazione
per
l
'
intervento
in
Lombardia
addotta
dal
suo
governo
alle
grandi
potenze
monarchiche
,
cioè
la
necessità
di
prevenire
il
pericolo
repubblicano
.
Anche
all
'
Austria
,
invece
della
dichiarazione
di
guerra
,
fu
diretta
questa
giustificazione
.
Innanzi
all
'
Europa
,
Carlo
Alberto
,
nell
'
atto
stesso
che
iniziava
la
guerra
d
'
indipendenza
,
nascondeva
sotto
il
moggio
monarchico
conservatore
la
fiaccola
dell
'
idea
nazionale
.
I
repubblicani
federali
(
Giuseppe
Ferrari
venne
temporaneamente
dalla
Francia
a
Milano
)
erano
recisamente
contrari
all
'
iniziativa
monarchico
sabauda
,
per
il
doppio
motivo
della
libertà
e
della
federazione
.
Il
Cattaneo
nel
febbraio
1848
aveva
detto
ai
Piemontesi
di
far
prima
la
rivoluzione
a
casa
loro
e
di
non
venire
«
con
la
vostra
corte
e
coi
vostri
confessionali
a
farci
cadere
ancora
al
di
sotto
delle
tartarughe
»
.
Il
Mazzini
invece
si
acconciò
all
'
intervento
piemontese
;
accettando
da
Carlo
Alberto
il
motto
«
l
'
Italia
farà
da
sé
»
,
osteggiando
cioè
,
alla
pari
del
re
,
un
intervento
francese
;
e
anticipando
il
contegno
del
1860
,
si
dichiarò
disposto
ad
appoggiare
pienamente
il
re
,
purché
si
accingesse
a
realizzare
l
'
unità
d
'
Italia
.
L
'
unità
già
allora
passava
per
il
Mazzini
avanti
alla
repubblica
,
ed
egli
vedeva
giustamente
l
'
opposizione
intrinseca
fra
l
'
intervento
sabaudo
e
il
movimento
federale
,
opposizione
che
a
tanti
non
appariva
ancora
(
Carlo
Alberto
stesso
sarebbe
rifuggito
dall
'
idea
di
detronizzare
il
papa
)
.
Non
era
,
infatti
,
solo
il
federalismo
repubblicano
ad
essere
scosso
alla
radice
dall
'
intervento
piemontese
,
ma
anche
quello
monarchico
.
La
guerra
vittoriosa
avrebbe
portato
al
Piemonte
la
Lombardia
e
il
Veneto
,
oltre
i
ducati
:
padrone
di
tutta
l
'
alta
Italia
,
esso
sarebbe
diventato
lo
stato
egemonico
della
penisola
.
In
che
condizione
si
sarebbero
trovati
gli
altri
,
e
particolarmente
l
'
altro
stato
principale
,
il
regno
di
Napoli
?
Unico
modo
di
rifarsi
per
questo
sarebbe
stato
di
gettarsi
sulle
terre
pontificie
,
al
che
si
opponevano
il
legittimismo
e
ancor
più
il
clericalismo
di
Ferdinando
II
.
Altri
atteggiamenti
del
Piemonte
(
principalmente
la
tiepidezza
verso
il
progetto
della
lega
)
non
poterono
che
confermare
gli
altri
principi
italiani
nei
sospetti
verso
le
sue
aspirazioni
.
Unico
rimedio
alla
crisi
federale
sarebbe
stato
che
il
Veneto
si
fosse
riunito
intorno
alla
repubblica
di
San
Marco
e
la
Lombardia
si
fosse
costituita
repubblica
e
ambedue
avessero
posto
in
piedi
forze
tali
da
apparire
veramente
alleate
e
non
vassalle
del
Piemonte
.
Senonché
repubbliche
ed
eserciti
repubblicani
non
potevano
riuscir
graditi
ai
sovrani
,
a
Carlo
Alberto
e
agli
altri
.
Grossa
questione
per
la
storiografia
del
'48
è
quella
dell
'
insufficienza
nell
'
organizzazione
e
nell
'
azione
dei
volontari
contro
l
'
Austria
;
ma
non
par
dubbio
che
cause
principali
di
quell
'
insufficienza
fossero
l
'
ostilità
del
Piemonte
e
il
poco
interesse
dei
moderati
o
fusionisti
lombardi
.
Ci
si
doveva
domandare
se
,
in
caso
di
proclamazione
della
repubblica
lombarda
,
il
Piemonte
sabaudo
avrebbe
seguitato
ancora
a
combattere
e
,
se
mai
,
con
quale
energia
;
e
certo
la
soluzione
negativa
del
quesito
dovette
avere
una
parte
precipua
nel
trionfo
strepitoso
del
partito
annessionista
a
Milano
,
oltre
tutti
gli
interessi
conservatori
che
si
schieravano
con
esso
.
Il
plebiscito
si
fece
-
-
contro
l
'
impegno
primitivo
di
rimandare
ogni
decisione
a
guerra
finita
,
e
a
parte
ogni
questione
circa
il
modo
con
cui
fu
effettuato
-
-
,
in
situazione
eminentemente
coatta
:
la
scelta
agli
occhi
della
moltitudine
venne
a
porsi
non
tra
l
'
annessione
al
Piemonte
e
lo
stato
autonomo
,
ma
tra
la
difesa
piemontese
contro
l
'
Austria
e
l
'
isolamento
di
fronte
a
questa
.
La
condizione
della
costituente
posta
dal
plebiscito
per
l
'
unione
-
-
condizione
che
poi
dette
luogo
a
molte
controversie
in
Piemonte
-
-
nulla
cambiava
al
punto
principale
,
perché
era
pregiudizialmente
stabilito
il
mantenimento
della
monarchia
costituzionale
sabauda
.
Il
fallimento
della
federazione
e
il
trionfo
dell
'
annessionismo
piemontese
ebbero
conseguenze
capitali
.
Sciolta
l
'
associazione
incipiente
dei
principi
italiani
contro
l
'
Austria
e
fra
loro
;
posto
fine
alla
tregua
dei
partiti
-
-
a
Milano
anche
il
Mazzini
,
giudicando
violato
l
'
impegno
,
rialzò
la
bandiera
repubblicana
,
tuttavia
senza
atteggiamenti
rivoluzionari
,
-
-
si
scatenò
quella
lotta
inasprita
da
sospetti
e
da
accuse
reciproche
,
poco
meno
che
bellum
omnium
contra
omnes
,
di
cui
poi
fece
il
bilancio
(
con
grandiosità
di
linee
e
incisività
di
segno
,
ma
non
senza
deformazioni
della
realtà
)
il
Gioberti
nel
Rinnovamento
;
mentre
prevalse
nella
guerra
d
'
indipendenza
sul
carattere
nazionale
popolare
quello
regio
piemontese
.
Promovendo
,
imponendo
i
plebisciti
annessionistici
,
da
Milano
a
Venezia
,
Carlo
Alberto
era
venuto
a
dire
:
«
I
'
mi
sobbarco
»
;
non
più
«
l
'
Italia
farà
da
sé
»
,
ma
«
Piemonte
farà
da
sé
»
.
Apparve
tosto
che
la
soma
era
superiore
alle
spalle
.
Non
è
qui
il
luogo
per
un
'
analisi
militare
delle
campagne
piemontesi
del
184849
.
Incontestabile
è
l
'
impreparazione
militare
del
Piemonte
:
prova
-
-
accanto
alle
altre
-
-
che
l
'
interpretazione
della
politica
di
Carlo
Alberto
nel
quindicennio
assolutistico
quale
preparazione
alla
guerra
d
'
indipendenza
non
regge
.
Più
grave
fu
l
'
impreparazione
morale
,
o
anzi
preparazione
alla
rovescia
.
Tutta
l
'
ispirazione
regio
governativa
del
quindicennio
era
stata
nel
senso
della
Santa
Alleanza
e
dell
'
intesa
con
l
'
Austria
;
come
,
d
'
improvviso
,
l
'
Austria
poteva
divenire
,
per
coloro
che
erano
stati
educati
così
,
il
nemico
mortale
?
La
guerra
fu
fatta
dall
'
alta
ufficialità
piemontese
per
dovere
d
'
ufficio
,
per
fedeltà
dinastica
,
ben
più
che
per
sentimento
nazionale
.
Da
alte
personalità
piemontesi
(
perfino
dallo
stesso
Carlo
Alberto
)
ci
viene
testimoniato
che
l
'
esercito
rimase
sorpreso
per
«
la
subitanea
irruzione
»
contro
l
'
Austria
,
ed
era
tutt
'
altro
che
entusiasta
della
causa
italiana
.
La
sostituzione
del
tricolore
italiano
(
fino
allora
bandiera
rivoluzionaria
)
all
'
antica
bandiera
sabauda
produsse
sull
'
ufficialità
un
senso
spiacevole
.
È
il
duca
di
Genova
,
cioè
il
fratello
di
Vittorio
Emanuele
,
a
dirci
,
nella
sua
relazione
finale
sulla
guerra
,
che
ufficiali
e
soldati
andarono
a
combattere
per
una
causa
contraria
del
tutto
ai
principi
nei
quali
erano
stati
allevati
fino
allora
.
Le
condizioni
morali
produttrici
di
tenacia
eroica
non
s
'
improvvisano
;
gli
spiriti
non
si
possono
muovere
a
destra
e
a
sinistra
,
avanti
e
indietro
,
alla
battuta
di
una
bacchetta
governativa
.
Si
deve
aggiungere
che
non
ci
fu
nella
penisola
un
moto
travolgente
di
volontarismo
bellicoso
per
la
cacciata
dello
straniero
;
ma
occorrerà
domandarsi
se
moti
simili
si
effettuino
quando
non
ci
sia
un
impulso
deciso
dei
governi
e
delle
classi
dirigenti
,
o
una
vera
e
propria
rivoluzione
sostituente
gli
uni
e
le
altre
,
come
nella
Francia
della
prima
repubblica
.
Capitali
per
l
'
esito
infelice
della
guerra
furono
la
caccia
mancata
all
'
esercito
di
Radetzky
nella
difficile
ritirata
da
Milano
,
e
più
il
mancato
avviluppamento
e
superamento
del
Quadrilatero
e
la
mancata
presa
di
posizione
agli
sbocchi
alpini
,
con
le
conseguenze
della
tattica
prevalentemente
difensiva
,
passiva
,
inerte
al
Quadrilatero
stesso
e
dell
'
abbandono
del
Veneto
.
Queste
deficienze
militari
furono
altresì
errori
politici
gravissimi
,
che
fecero
sospettare
un
tradimento
:
Carlo
Alberto
,
si
fantasticò
,
non
aveva
voluto
scacciare
l
'
esercito
austriaco
e
assicurare
la
libertà
del
Veneto
per
ottenere
tanto
più
facilmente
la
Lombardia
da
trattative
con
le
potenze
.
L
'
accettazione
da
parte
del
re
dell
'
idea
di
trattare
coll
'
Austria
attraverso
la
mediazione
franco
inglese
-
-
dietro
cui
era
veramente
l
'
inclinazione
di
Carlo
Alberto
a
contentarsi
della
linea
dell
'
Adige
-
-
parve
confermare
quei
sospetti
.
Con
la
mediazione
si
abbandonava
la
guerra
popolare
per
la
diplomazia
,
e
il
problema
italiano
diveniva
,
sì
,
europeo
,
ma
era
rimesso
nelle
mani
dei
governi
,
non
in
quelle
dei
popoli
.
Tanto
più
fece
gridare
al
tradimento
la
capitolazione
di
Milano
subito
dopo
la
promessa
della
difesa
a
oltranza
(
promessa
fatta
,
pare
,
mentre
era
prestabilita
la
ritirata
)
.
Non
di
tradimento
si
può
parlare
,
bensì
di
gravi
insufficienze
e
incongruenze
rispecchianti
i
vari
interessi
,
divergenti
fino
alla
contrarietà
,
che
avevano
presieduto
alla
guerra
.
Anche
il
movente
della
ritirata
infelicissima
su
Milano
fu
probabilmente
la
preoccupazione
di
un
pronunciamento
repubblicano
nella
capitale
lombarda
,
pregiudicante
il
diritto
sabaudo
derivante
dal
plebiscito
.
Crisi
rivoluzionaria
incompiuta
.
Negli
altri
stati
ritiratisi
dalla
guerra
nazionale
(
i
volontari
non
impegnavano
i
governi
)
,
scoppiò
la
crisi
interna
:
liberali
moderati
contro
democratici
,
monarchici
contro
repubblicani
,
federalisti
contro
unitari
.
La
brillante
unione
di
governi
e
popoli
andò
all
'
aria
quando
i
primi
cessarono
dal
mostrarsi
arrendevoli
alle
pressioni
dei
secondi
,
e
nei
popoli
stessi
vi
fu
dissidio
circa
la
direzione
da
dare
alla
pressione
medesima
.
Nei
governi
parte
fu
irresolutezza
,
parte
mala
volontà
,
in
diversa
misura
nei
diversi
stati
.
Massima
fu
la
mala
volontà
a
Napoli
,
ove
non
par
dubbio
il
calcolo
del
Borbone
di
cogliere
la
prima
occasione
(
che
fu
quella
dei
tumulti
del
15
maggio
)
per
arrestare
il
moto
liberale
e
tornar
padrone
,
accantonando
e
liquidando
lo
statuto
.
Tutti
i
paladini
del
borbonismo
non
valgono
a
mutare
questa
diagnosi
.
Il
lazzaronismo
bigotto
di
Ferdinando
II
si
precipitò
,
appena
poté
,
nella
direzione
che
gli
era
naturale
.
In
Toscana
fu
piuttosto
inettitudine
senza
premeditazione
maligna
del
granduca
e
dei
moderati
,
e
confusione
parolaia
di
partiti
e
maggiorenti
:
si
ebbero
un
pietoso
avvicendarsi
di
governi
tutti
incapaci
di
dirigere
l
'
opinione
pubblica
-
-
il
tanto
vituperato
Guerrazzi
non
si
portò
affatto
peggio
dei
moderati
vituperatori
,
-
-
la
fuga
del
granduca
(
qui
all
'
inettitudine
cominciò
ad
associarsi
la
doppiezza
)
,
una
proclamazione
indeterminata
di
costituente
,
il
colpo
di
stato
granduchista
dei
moderati
,
i
quali
non
videro
che
,
per
evitare
l
'
Austria
,
le
si
gettavano
in
bocca
.
Più
fatale
,
e
per
ciò
stesso
più
istruttivo
,
fu
lo
svolgimento
delle
cose
nello
Stato
pontificio
.
C
'
era
colà
una
doppia
antitesi
:
del
capo
religioso
universale
e
del
principe
italiano
,
della
teocrazia
e
della
costituzione
liberale
.
La
prima
condusse
alla
crisi
del
29
aprile
,
palliata
(
e
non
più
)
con
la
sistemazione
dell
'
esercito
del
Durando
al
seguito
di
Carlo
Alberto
.
La
seconda
si
svolse
attraverso
una
serie
di
crisi
ministeriali
,
fino
all
'
assassinio
di
Pellegrino
Rossi
,
alla
fuga
del
pontefice
,
alla
costituente
e
alla
repubblica
.
La
costituente
romana
fu
l
'
unica
attuazione
dell
'
idea
di
autodeterminazione
popolare
propugnata
da
varie
parti
e
in
vari
modi
:
la
più
alta
affermazione
della
sovranità
nazionale
si
ebbe
a
Roma
.
La
fuga
di
Pio
IX
e
il
suo
contegno
a
Gaeta
erano
un
'
abdicazione
morale
e
peggio
;
ma
il
gioco
politico
normale
fu
alterato
dalla
pretesa
del
legittimismo
sacrale
per
cui
il
popolo
avrebbe
dovuto
aspettare
passivamente
le
decisioni
del
pontefice
e
gli
esecutori
di
esse
,
e
si
pretendeva
vietare
ai
cittadini
di
pronunciarsi
attraverso
la
costituente
,
sia
pure
a
favore
del
papa
:
pretesa
a
cui
i
moderati
,
o
almeno
la
parte
più
cospicua
di
essi
,
si
acconciarono
astenendosi
.
La
restituzione
del
«
sacro
deposito
»
il
papa
l
'
attendeva
non
dal
popolo
,
ma
dal
diritto
teocratico
,
cioè
in
pratica
dalle
armi
straniere
.
A
queste
Pio
IX
affidò
la
sua
causa
ripigliando
la
serie
degli
appelli
papali
per
l
'
invasione
dell
'
Italia
,
da
quello
di
papa
Stefano
a
Pipino
a
quello
di
Giulio
II
agli
Svizzeri
.
Fu
il
divorzio
definitivo
fra
Italia
e
papato
temporale
:
la
caduta
di
questo
non
data
dal
20
settembre
1870
,
ma
dal
9
febbraio
1849
.
Anche
il
Piemonte
attraversò
,
sebbene
meno
grave
,
la
sua
crisi
politica
interna
.
Si
ebbe
un
timido
costituzionalismo
parlamentare
dei
moderati
,
fra
i
primi
timori
del
socialismo
(
gli
avvenimenti
francesi
accrescevano
peso
agli
accenni
italiani
,
più
numerosi
di
quel
che
si
crede
comunemente
,
ma
tuttavia
di
scarsa
portata
)
e
le
affermazioni
verbali
dei
democratici
,
a
cui
fece
accessione
temporanea
ed
incerta
il
Gioberti
.
La
costituente
monarchica
non
fece
in
tempo
a
realizzarsi
,
avendola
resa
senza
obietto
la
riconquista
austriaca
della
Lombardia
.
La
ripresa
della
guerra
d
'
indipendenza
fece
diversivo
ai
contrasti
interni
(
Cavour
le
fu
favorevole
per
questo
)
,
neutralizzando
l
'
opposizione
democratica
che
se
ne
fece
propugnatrice
.
La
testimonianza
del
sangue
Il
moto
del
Quarantotto
finì
con
tre
episodi
guerreschi
:
Novara
,
Roma
,
Venezia
.
Meschino
,
e
peggio
che
meschino
fu
il
primo
,
sotto
il
puro
aspetto
militare
:
inettitudine
e
disfattismo
gareggiarono
insieme
,
forse
con
prevalenza
del
secondo
.
Ma
ebbe
valore
morale
l
'
iniziativa
quasi
disperata
,
quando
ormai
l
'
Austria
era
consolidata
e
il
Piemonte
solo
in
Italia
e
in
Europa
.
Qui
fu
la
grandezza
del
gesto
di
Carlo
Alberto
,
terminato
col
sacrificio
della
corona
,
a
cui
pensava
già
anche
in
caso
di
vittoria
,
e
col
silenzioso
esilio
.
E
come
un
poeta
del
Risorgimento
lo
segnò
con
la
sua
sferza
nel
tempo
della
massima
umiliazione
,
così
un
altro
poeta
più
grande
del
Post
risorgimento
ne
raffigurò
l
'
esaltazione
finale
,
rappresentandolo
condotto
innanzi
a
Dio
dai
martiri
della
patria
,
che
ormai
potevano
ascriverlo
alla
propria
schiera
.
Roma
,
entrata
nel
Risorgimento
con
le
agitazioni
del
184647
,
s
'
inalzò
alla
vetta
di
esso
con
la
difesa
del
1849;
e
con
Roma
l
'
Italia
,
poiché
da
ogni
parte
gli
italiani
accorsero
a
combattere
per
lei
contro
lo
straniero
,
servitore
e
complice
della
reazione
europea
.
Quanto
è
bassa
la
guerra
di
dominazione
,
di
preda
e
di
oppressione
,
tanto
è
alto
il
sacrificio
della
vita
a
testimonianza
suprema
di
una
causa
di
valore
morale
.
Tale
fu
il
sacrificio
dei
difensori
di
Roma
nelle
ultime
disperate
lotte
del
giugno
1849
,
sicuri
com
'
erano
che
solo
nella
morte
poteva
essere
la
loro
vittoria
,
contro
un
nemico
materialmente
certo
di
sopraffarli
.
Ma
essi
intendevano
appunto
testimoniare
con
la
vita
la
realtà
della
nazione
italiana
.
E
lo
stesso
valore
di
testimonianza
martirio
ebbe
la
difesa
di
Venezia
,
quasi
ancora
più
disperata
di
quella
di
Roma
,
poiché
vi
mancava
fin
l
'
ultima
speranza
di
un
rivolgimento
di
politica
nello
stato
nemico
.
Roma
e
Venezia
,
abbandonate
a
se
stesse
,
consacrarono
in
faccia
al
mondo
l
'
indipendenza
e
la
libertà
italiane
,
difendendole
con
la
tradizione
dei
comuni
cittadini
medievali
,
con
gli
spiriti
della
religione
moderna
della
libertà
,
con
quella
fede
nell
'
ideale
che
persiste
e
trionfa
contro
ogni
barbara
prepotenza
,
purché
trovi
persone
disposte
a
dare
per
esso
la
vita
.
La
diagnosi
del
Quarantotto
Il
Gioberti
nel
suo
ultimo
libro
,
Del
Rinnovamento
civile
d
'
Italia
-
-
di
tanto
superiore
al
Primato
di
quanto
la
speculazione
storico
politica
vi
prevalse
sull
'
abilità
propagandistica
e
l
'
eloquenza
avvocatesca
o
sacerdotale
,
-
-
contrappose
al
«
Risorgimento
»
,
cioè
ai
moti
del
Quarantotto
testé
conclusi
e
falliti
,
il
«
Rinnovamento
»
,
e
cioè
il
processo
futuro
per
cui
l
'
Italia
sarebbe
risorta
davvero
.
Il
primo
-
-
egli
dice
-
-
ha
avuto
carattere
indigeno
,
procedimento
evolutivo
,
programma
federale
;
il
secondo
sarà
europeo
,
rivoluzionario
,
unitario
.
Diagnosi
e
prognosi
sono
tracciate
con
sagacia
grande
,
la
quale
si
esprime
in
uno
stile
ben
più
conciso
e
robusto
di
quello
del
Primato
.
La
concezione
giobertiana
dei
due
periodi
(
anche
se
non
con
l
'
accettazione
dei
due
diversi
termini
,
essendo
rimasto
comune
ad
ambedue
il
nome
di
Risorgimento
)
entrò
fin
da
principio
in
quella
che
possiamo
chiamare
la
storiografia
media
o
ufficiosa
nazionale
;
e
poiché
l
'
alleanza
francese
e
l
'
unità
monarchico
sabauda
furono
i
due
connotati
essenziali
del
periodo
conclusivo
del
Risorgimento
,
si
trovò
una
corrispondenza
perfetta
con
la
prognosi
giobertiana
,
che
ne
acquistò
fama
incontrastata
di
profezia
.
Alcuni
anni
addietro
uno
dei
più
acuti
studiosi
del
Risorgimento
,
ripreso
in
esame
caratteri
e
successi
della
profezia
giobertiana
,
giunse
a
conclusioni
notevolmente
diverse
dalle
comuni
,
e
sostanzialmente
giuste
.
Diremo
appresso
qualche
cosa
di
ciò
:
ora
,
per
conto
nostro
,
vorremmo
rivedere
,
prima
della
prognosi
del
«
Rinnovamento
»
,
la
diagnosi
del
«
Risorgimento
»
.
Il
moto
del
184648
è
stato
presentato
dal
Gioberti
nella
luce
del
Primato
:
com
'
era
naturale
,
anche
se
non
si
fosse
trattato
di
un
avvocato
della
propria
infallibilità
,
abile
fino
alla
sofisticheria
.
Di
qui
l
'
affermazione
risoluta
del
carattere
indigeno
,
evolutivo
conservatore
,
federale
di
quel
moto
.
Così
facendo
,
il
Gioberti
ha
insistito
sul
punto
di
partenza
trascurando
quello
di
arrivo
;
o
piuttosto
,
ha
considerato
il
secondo
come
deviazione
,
degenerazione
del
moto
originario
:
considerazione
tanto
più
ovvia
in
quanto
quel
punto
d
'
arrivo
rappresentava
un
fallimento
visibile
.
Ma
occorre
guardare
un
po
'
dentro
quel
fallimento
per
decidere
se
davvero
esso
fosse
dovuto
a
un
processo
degenerativo
,
o
se
non
ci
fossero
,
nella
presunta
degenerazione
,
una
logica
intima
,
esigenze
reali
,
che
si
tratterà
anche
di
vedere
se
e
come
furono
appagate
in
seguito
.
Tanto
che
alla
fine
ci
si
potrebbe
domandare
se
,
accettando
la
terminologia
giobertiana
nel
senso
da
lui
dato
ai
vocaboli
,
non
convenga
rovesciare
almeno
parzialmente
le
posizioni
,
e
chiamare
proprio
il
moto
del
Quarantotto
col
nome
di
Rinnovamento
.
Il
riformismo
del
184648
-
-
vedemmo
già
-
-
ebbe
,
nel
fondo
,
carattere
d
'
iniziativa
popolare
,
fu
dovuto
alla
pressione
del
popolo
;
e
se
il
contenuto
fu
moderato
,
il
modo
d
'
attuazione
(
che
in
politica
conta
assai
)
si
può
dire
semirivoluzionario
.
Un
solo
atto
governativo
pienamente
spontaneo
,
precedette
quella
iniziativa
e
quella
pressione
popolari
:
l
'
amnistia
di
Pio
IX
;
e
anche
questo
atto
in
tanto
acquistò
quello
straordinario
valore
propulsivo
in
quanto
cadde
in
una
situazione
nazionale
preparata
,
e
non
certo
per
opera
dei
governi
.
La
fase
decisiva
delle
riforme
-
-
quella
statutaria
-
-
successe
a
una
vera
e
propria
rivoluzione
,
anche
formale
,
la
siciliana
.
Seguì
la
guerra
d
'
indipendenza
,
che
non
era
più
un
fatto
riformistico
od
evoluzionistico
,
ma
rivoluzionario
,
come
è
già
nella
natura
stessa
di
ogni
guerra
,
che
è
il
contrario
di
un
'
evoluzione
o
transazione
pacifica
;
e
tanto
più
in
una
guerra
di
principi
quale
fu
quella
dell
'
indipendenza
italiana
contro
la
monarchia
legittimistica
austriaca
e
i
trattati
di
Vienna
.
Vedemmo
come
la
guerra
venisse
a
interferire
nel
processo
evolutivo
confederale
,
alterandolo
e
deviandolo
.
Ma
ancora
,
questa
guerra
non
fu
se
non
la
conseguenza
delle
Cinque
giornate
,
cioè
della
rivoluzione
lombardo
veneta
,
contraccolpo
a
sua
volta
della
rivoluzione
francese
e
parte
della
rivoluzione
europea
scatenata
da
quella
.
Così
,
anche
il
carattere
prettamente
indigeno
del
Quarantotto
va
all
'
aria
,
senza
che
si
possa
parlare
di
traviamento
dei
singoli
o
di
degenerazione
del
processo
:
abbiamo
un
ferreo
legame
di
avvenimenti
superiore
ad
ogni
iniziativa
individuale
,
e
corrispondente
agli
spiriti
del
Risorgimento
medesimo
,
alla
sua
logica
,
alle
sue
esigenze
ideali
.
La
prima
fase
del
Quarantotto
non
ha
dunque
il
carattere
puramente
evolutivo
voluto
dal
Gioberti
;
e
per
converso
lo
sbocco
rivoluzionario
del
Quarantotto
non
può
esser
rappresentato
come
brusco
capovolgimento
,
alterazione
arbitraria
del
processo
iniziale
.
Il
Gioberti
,
nel
Rinnovamento
,
è
acerbo
contro
i
«
puritani
»
,
e
cioè
i
repubblicani
intransigenti
o
di
principio
;
e
non
occorre
rievocare
i
suoi
giudizi
,
ingiusti
sino
all
'
oltraggio
,
sul
Mazzini
,
che
appartengono
alla
politica
contingente
.
Il
punto
è
se
il
programma
repubblicano
fu
davvero
,
nel
184849
apriorismo
dommatico
,
intrusione
premeditata
,
faziosa
e
rovinosa
.
Vedemmo
già
che
non
fu
affatto
così
.
Furono
la
carenza
,
la
defezione
dei
principi
(
riconosciute
,
non
senza
contraddizione
,
dal
Gioberti
stesso
come
causa
maggiore
del
fallimento
)
,
l
'
incapacità
del
moderatismo
a
inquadrare
e
dirigere
il
movimento
,
dopo
averlo
spinto
in
piazza
,
a
porre
la
questione
repubblicana
.
Tutti
i
governi
,
salvo
il
Piemonte
,
fallirono
nel
còmpito
interno
d
'
instaurare
un
nuovo
ordine
liberale
e
popolare
(
alla
monarchia
autonoma
siciliana
mancò
il
sovrano
,
per
il
rifiuto
del
duca
di
Genova
)
;
e
tutti
,
salvo
il
Piemonte
,
ritirarono
la
mano
dal
còmpito
esterno
,
quello
della
guerra
d
'
indipendenza
contro
l
'
Austria
.
Il
Piemonte
,
infine
,
che
questo
còmpito
assunse
,
per
due
volte
falli
alla
prova
:
la
riduzione
della
guerra
nazionale
popolare
a
guerra
regio
sabauda
non
risultò
fortunata
.
In
condizioni
simili
la
rivoluzione
nazionale
,
se
avesse
dovuto
avere
svolgimento
logico
sino
in
fondo
,
avrebbe
dovuto
approdare
alla
caduta
di
tutti
i
governi
e
allo
stabilimento
di
democrazie
repubblicane
,
unite
contro
l
'
Austria
e
i
sovrani
,
salvo
poi
a
vedere
se
avrebbe
trionfato
il
programma
unitario
del
Mazzini
o
quello
federale
dei
radicali
(
il
Mazzini
,
capo
a
Roma
,
era
disposto
di
fatto
ad
accettare
la
federazione
anche
col
Piemonte
monarchico
)
.
Oltre
alla
repubblica
romana
e
a
quella
di
Venezia
,
avviamenti
repubblicani
ci
furono
in
Toscana
,
e
perfino
nello
stato
piemontese
,
con
l
'
insurrezione
di
Genova
.
L
'
intervento
straniero
soffocò
l
'
esperimento
,
su
cui
non
è
possibile
pertanto
pronunciare
un
giudizio
definitivo
.
E
si
noti
che
la
questione
della
repubblica
fu
posta
dai
capi
democratici
-
-
anche
dai
più
decisi
,
idealisti
e
dommatici
,
-
-
non
come
imposizione
a
priori
,
dittatoriale
,
ma
sulla
base
dell
'
appello
al
popolo
attraverso
la
costituente
.
Le
costituenti
,
o
la
costituente
italiana
(
di
cui
la
romana
intendeva
essere
la
prima
sessione
)
,
non
erano
se
non
lo
sbocco
naturale
del
moto
nazionale
:
era
il
popolo
italiano
che
,
presa
coscienza
di
sé
,
si
poneva
nettamente
il
problema
dei
suoi
destini
,
e
-
-
abbandonato
da
principi
in
fuga
e
spergiuri
-
-
si
accingeva
a
risolverlo
con
l
'
autodeterminazione
.
Che
nel
movimento
fossero
immaturità
e
inesperienza
,
che
le
masse
fossero
ancora
scarsamente
penetrate
di
coscienza
nazionale
,
scarsamente
educate
alla
vita
politica
,
è
tutto
vero
;
ma
rimane
in
ogni
caso
lo
stato
di
necessità
,
che
nessun
demagogo
-
-
come
piaceva
supporre
al
Gioberti
-
-
aveva
creato
per
volontà
deliberata
;
e
del
resto
non
c
'
è
rivoluzione
in
cui
non
si
possano
ritrovare
quei
connotati
negativi
.
Se
per
agire
politicamente
si
dovesse
aspettare
la
piena
maturità
del
popolo
,
o
anche
soltanto
quella
delle
cosidette
classi
dirigenti
,
azione
politica
non
si
farebbe
mai
;
e
la
storia
si
pietrificherebbe
nell
'
immobilità
dello
statu
quo
.
La
mancata
internazionale
dei
popoli
Rivoluzione
fu
dunque
veramente
il
Quarantotto
;
e
anzi
la
più
vera
rivoluzione
nazionale
del
Risorgimento
,
l
'
unica
che
,
almeno
in
uno
dei
suoi
episodi
,
sia
arrivata
alla
completa
estrinsecazione
,
cioè
alla
piena
autodeterminazione
popolare
.
E
questa
rivoluzione
non
fu
degenerazione
,
ma
sviluppo
logico
il
cui
fallimento
ebbe
conseguenze
durature
,
producendo
nel
processo
del
Risorgimento
nazionale
popolare
una
frattura
,
che
ci
si
può
domandare
se
sia
mai
stata
interamente
e
definitivamente
sanata
.
È
verissima
la
diversità
fra
il
primo
periodo
di
attuazione
del
Risorgimento
,
terminato
nelle
catastrofi
del
'49
,
e
il
secondo
,
quello
della
realizzazione
unitaria
;
l
'
aver
posto
così
nettamente
la
distinzione
fra
i
due
periodi
è
un
merito
capitale
del
Gioberti
,
tanto
più
rilevante
in
quanto
la
storiografia
successiva
ha
capito
ben
poco
in
proposito
.
Ma
dei
due
periodi
il
più
veramente
rivoluzionario
fu
il
primo
,
mentre
il
secondo
portò
a
evoluzione
e
compromesso
;
e
ciò
in
connessione
con
gli
sviluppi
non
solo
italiani
,
ma
europei
.
Poiché
-
-
punto
capitale
su
cui
torneremo
-
-
non
fu
solo
la
storia
d
'
Italia
a
prendere
altro
avviamento
dopo
il
1848
,
ma
quella
di
tutta
l
'
Europa
.
È
forse
la
maggior
lacuna
nella
critica
giobertiana
del
Quarantotto
,
che
egli
non
ne
consideri
quasi
affatto
l
'
aspetto
internazionale
,
mentre
invece
dà
inquadramento
internazionale
così
netto
al
periodo
successivo
.
Anche
in
ciò
egli
è
partito
dalla
sua
«
categoria
»
del
Risorgimento
indigeno
.
Avviamento
e
svolgimento
infatti
del
moto
quarantottesco
furono
nettamente
nazionali
,
sino
alla
rivoluzione
siciliana
compresa
;
ma
nell
'
insieme
la
doppia
esplosione
rivoluzionaria
,
contro
l
'
Austria
e
contro
i
principi
indigeni
,
fu
successiva
alla
rivoluzione
europea
e
causata
da
questa
.
II
25
febbraio
parigino
produsse
il
13
marzo
viennese
,
e
questo
scatenò
le
Cinque
giornate
;
e
la
repubblica
francese
ebbe
la
sua
influenza
sui
movimenti
e
le
realizzazioni
repubblicane
a
Venezia
,
Milano
,
Firenze
,
Genova
,
Roma
,
anche
se
quell
'
influenza
non
fu
così
diretta
come
si
potrebbe
supporre
guardando
le
cose
all
'
ingrosso
e
da
lontano
.
La
repubblica
francese
di
febbraio
ebbe
carattere
moderato
,
idilliaco
all
'
interno
,
e
conservatore
,
timido
,
all
'
estero
;
rinunciò
alla
propaganda
europea
;
fu
quasi
una
riedizione
della
monarchia
di
luglio
,
nella
fase
della
«
resistenza
»
.
Ciò
rappresentò
una
debolezza
fondamentale
,
fatale
,
per
gli
sviluppi
europei
,
ritardati
di
un
secolo
e
resi
immensamente
più
faticosi
,
complicati
,
sanguinosi
e
distruggitori
.
Vi
furono
bensì
le
agitazioni
socialiste
,
fino
allo
scoppio
rivoluzionario
del
giugno
'48;
ma
il
loro
schiacciamento
fu
rapido
,
deciso
,
e
Cavaignac
,
non
Luigi
Napoleone
,
dette
il
colpo
mortale
alla
rivoluzione
,
illudendosi
di
salvare
la
libertà
.
Il
13
giugno
1849
fu
il
sussulto
di
un
morente
;
e
allora
già
in
tutta
Europa
la
rivoluzione
poteva
dirsi
spenta
.
Il
Quarantotto
,
come
è
la
vera
rivoluzione
nazionale
italiana
,
così
è
la
vera
rivoluzione
internazionale
europea
,
poiché
l
'
Ottantanove
fu
rivoluzione
francese
,
con
ripercussioni
europee
e
occupazioni
e
dittature
franco
rivoluzionarie
in
varie
parti
di
Europa
al
di
fuori
della
Francia
.
Nel
'48
,
pur
cominciando
il
moto
dalla
Francia
,
il
sollevamento
avvenne
quasi
contemporaneamente
in
gran
parte
d
'
Europa
;
e
se
la
scintilla
fu
francese
,
la
preparazione
di
lunga
mano
,
ideale
e
pratica
,
ciascun
paese
l
'
aveva
fatta
per
conto
proprio
e
al
tempo
stesso
in
contatto
con
gli
altri
.
È
anche
ragionevole
pensare
che
,
se
la
rivoluzione
si
fosse
consolidata
in
Francia
,
Germania
,
Austria
,
Italia
,
gli
effetti
non
sarebbero
mancati
nelle
penisole
iberica
,
balcanica
,
scandinava
,
mentre
la
Svizzera
ebbe
appunto
nel
'48
la
sua
trasformazione
da
Staatenbund
in
Bundesstaat
,
per
non
parlare
di
altre
ripercussioni
minori
in
altri
paesi
.
E
tuttavia
un
moto
così
vasto
e
profondo
fallì
.
Quale
la
ragione
?
I
soliti
discorsi
di
immaturità
,
eccessi
,
ecc
.
,
non
spiegano
nulla
;
sono
troppo
generici
,
e
denunziano
fenomeni
comuni
alle
rivoluzioni
fallite
come
a
quelle
riuscite
;
non
sono
altro
che
piagnistei
moralistici
O
paternali
di
moderatucoli
.
Occorre
venire
a
spiegazioni
più
concrete
.
Le
quali
sembra
possano
ridursi
a
due
:
l
'
interferire
di
socialismo
e
liberalismo
,
e
quello
di
democrazia
e
nazionalismo
.
Il
primo
ebbe
importanza
decisiva
in
Francia
,
il
secondo
nel
resto
d
'
Europa
;
ma
anche
il
secondo
ebbe
influenza
sul
fallimento
francese
,
come
il
primo
sugli
altri
fallimenti
europei
.
La
bandiera
rossa
,
levatasi
nel
Quarantotto
a
simbolo
del
proletariato
,
della
repubblica
sociale
,
fu
lo
spavento
e
il
ribrezzo
della
borghesia
,
di
quella
liberale
non
meno
che
della
conservatrice
,
e
il
«
pericolo
rosso
»
pose
la
borghesia
contro
il
proletariato
,
dividendo
nettamente
in
due
la
massa
di
manovra
liberale
democratica
,
e
spingendone
la
metà
borghese
indietro
fino
alla
reazione
e
alla
dittatura
.
Pochi
spettacoli
sono
più
impressionanti
,
ancora
oggi
a
distanza
di
quasi
un
secolo
,
di
un
Montalembert
e
-
-
che
è
ben
più
-
-
di
un
Cavour
,
i
quali
rabbrividiscono
di
paura
o
schizzano
livore
dagli
occhi
di
fronte
al
pericolo
per
«
l
'
ordine
sociale
»
;
e
son
pronti
,
per
scongiurare
quel
pericolo
,
a
inchinare
la
sciabola
e
a
baciare
l
'
aspersorio
.
Solo
dopo
lo
schiacciamento
del
socialismo
in
Francia
,
Cavour
riprende
decisamente
la
sua
evoluzione
liberale
.
Non
sono
stati
studiati
sufficientemente
per
lui
,
e
tanto
meno
per
tutto
il
moto
liberale
italiano
del
Quarantotto
,
gli
effetti
della
paura
del
socialismo
,
come
manca
uno
studio
adeguato
sui
movimenti
socialisti
italiani
in
quel
periodo
.
Nell
'
insieme
,
sembrerebbe
che
quella
paura
non
abbia
avuto
nel
Quarantotto
italiano
l
'
importanza
primaria
che
ebbe
indubbiamente
nel
francese
(
e
ciò
perché
il
«
pericolo
rosso
»
fu
meno
grave
fra
noi
)
,
ove
generò
la
maggioranza
conservatrice
dell
'
Assemblea
legislativa
,
la
presidenza
di
Luigi
Napoleone
e
il
colpo
di
stato
.
Comunque
,
da
allora
le
borghesie
europee
,
poste
fra
l
'
amore
della
libertà
e
il
timore
per
la
borsa
,
hanno
inclinato
,
ogni
volta
che
questo
timore
è
salito
a
un
certo
livello
,
a
dar
retta
al
secondo
piuttosto
che
al
primo
,
senza
domandarsi
troppo
se
,
in
fin
dei
conti
,
non
cumulassero
i
due
pericoli
insieme
.
Più
decisivo
,
sul
piano
europeo
,
appare
l
'
altro
fattore
del
fallimento
quarantottesco
.
Le
diverse
nazioni
insorte
non
si
accordarono
fra
loro
secondo
il
fideistico
presupposto
mazziniano
.
Taluna
(
quella
francese
)
,
sicura
della
propria
antica
esistenza
,
rimase
in
disparte
a
contemplare
la
lotta
delle
altre
più
giovani
(
interventi
diplomatici
e
velleità
d
'
interventi
militari
non
cambiarono
nulla
a
questo
fatto
,
e
per
la
loro
inconcludenza
e
perché
rimasero
sul
piano
della
vecchia
politica
)
;
e
non
comprese
che
quella
lotta
non
era
indifferente
per
la
propria
libertà
interna
,
per
il
proprio
avvenire
in
Europa
.
Le
nazionalità
giovani
non
solo
non
si
aiutarono
reciprocamente
,
ma
si
contrastarono
e
combatterono
.
I
nazionalisti
tedeschi
si
posero
contro
Slavi
e
Italiani
;
e
invano
si
tentò
dai
nostri
di
ottenere
dall
'
assemblea
di
Francoforte
il
riconoscimento
del
Trentino
italiano
.
Il
maresciallo
Radetzky
-
-
restauratore
del
dominio
austriaco
in
Italia
in
attesa
di
esserne
il
boia
qualche
anno
più
tardi
-
-
fece
figura
di
eroe
nazionale
tedesco
.
Gli
Ungheresi
non
si
portarono
meglio
di
fronte
ai
Croati
;
e
questi
fornirono
all
'
imperatore
absburgico
i
battaglioni
più
bellicosi
contro
l
'
Ungheria
.
Mancò
quasi
totalmente
la
solidarietà
dei
popoli
contro
l
'
oppressore
comune
:
qualche
contatto
diplomatico
fra
Italia
e
Ungheria
,
qualche
desiderio
italiano
di
intesa
con
Slavi
e
Rumeni
-
-
in
Gioberti
,
Cavour
,
oltre
,
naturalmente
,
Mazzini
,
-
-
non
cambiarono
questo
stato
di
cose
.
Si
ebbe
invece
la
solidarietà
nel
campo
opposto
:
lo
zar
fece
marciare
l
'
esercito
russo
contro
gli
Ungheresi
,
rendendo
possibili
le
impiccagioni
di
Arad
;
il
re
prussiano
preferì
-
-
«
regalmente
»
,
avrebbe
detto
il
Giusti
,
-
-
l
'
umiliazione
di
Olmütz
sotto
la
ferula
austriaca
e
russa
alla
parte
di
capo
della
libera
nazionalità
germanica
,
e
il
giovane
Bismarck
plaudì
.
Il
13
giugno
1849
,
fallì
l
'
ultima
insurrezione
democratica
parigina
;
il
18
giugno
vide
la
dispersione
dell
'
assemblea
costituente
germanica
da
parte
della
polizia
di
Stuttgart
;
il
4
luglio
Roma
cadde
innanzi
all
'
attacco
delle
truppe
di
Luigi
Napoleone
;
il
13
agosto
fu
la
capitolazione
ungherese
a
Vilagos
;
il
23
,
quella
di
Venezia
.
Era
mancata
la
coalizione
dei
popoli
;
aveva
vinto
quella
dei
governi
.
Non
fu
vittoria
definitiva
.
Quella
solidarietà
dei
governi
fu
sconvolta
ben
presto
dalla
politica
di
Napoleone
III
.
Ma
non
tornò
più
un
momento
come
quello
del
Quarantotto
,
di
sforzo
solidale
dei
popoli
per
la
liberazione
e
la
federazione
.
L
'
ideale
di
Mazzini
e
Cattaneo
rimase
inattuato
.
E
la
profezia
del
Gioberti
nel
Rinnovamento
-
-
che
il
moto
della
democrazia
europea
avrebbe
generato
e
incluso
il
«
Rinnovamento
»
italiano
-
-
non
si
avverò
,
almeno
in
quella
forma
diretta
e
integrale
.
VI
L
'
UNIFICAZIONE
Il
nuovo
Piemonte
La
reazione
governativa
italiana
al
Quarantotto
ebbe
svolgimento
logico
nella
revoca
degli
statuti
,
nell
'
intervento
e
nell
'
occupazione
straniera
(
l
'
Austria
nelle
legazioni
,
nei
ducati
,
in
Toscana
,
la
Francia
a
Roma
)
.
Lo
svolgimento
finale
repubblicano
non
era
riuscito
il
federalismo
monarchico
costituzionale
era
scomparso
;
il
secondo
fallimento
appariva
ben
più
definitivo
del
primo
,
che
almeno
poteva
vantare
le
difese
di
Roma
e
di
Venezia
.
Una
delle
soluzioni
possibili
del
problema
italiano
,
quella
appunto
del
federalismo
monarchico
,
era
eliminata
,
anche
se
tutti
non
se
ne
resero
conto
e
tentativi
di
ripresa
ci
furono
,
perfino
in
sede
internazionale
.
Insieme
col
federalismo
;
monarchico
veniva
colpita
a
morte
la
concezione
neoguelfa
del
Risorgimento
:
l
'
illusione
del
Papato
nazionale
,
e
anzi
duce
della
nazione
,
era
caduta
.
Si
trattava
,
nel
processo
del
Risorgimento
,
di
un
punto
capitale
a
favore
dell
'
europeismo
liberale
,
poiché
era
eliminata
una
delle
principali
forze
indigene
rappresentante
per
eccellenza
delle
tradizioni
conservatrici
e
autoritarie
.
Se
anche
il
Piemonte
fosse
passato
nel
campo
della
reazione
-
-
e
fu
li
per
li
per
passarci
;
la
classe
dirigente
locale
e
il
re
erano
forse
pencolanti
a
favore
del
passaggio
,
-
-
la
soluzione
democratica
repubblicana
,
cioè
quella
della
pura
e
semplice
iniziativa
popolare
,
per
quanto
battuta
,
provvisoriamente
dalle
preponderanti
forze
avversarie
,
sarebbe
rimasta
unica
in
campo
.
Il
Piemonte
avrebbe
dovuto
rinunciare
all
'
espansione
italiana
e
tornare
alla
politica
delle
«
foglie
di
carciofo
»
,
cioè
dei
piccoli
ampliamenti
occasionali
(
per
es
.
i
ducati
,
o
parte
di
essi
)
,
secondo
la
prospettiva
di
Solaro
della
Margarita
:
prospettiva
attraverso
cui
,
ancora
oggi
,
taluni
vedono
il
Risorgimento
italiano
.
Poiché
invece
il
Piemonte
fu
l
'
unico
a
mantenere
lo
statuto
,
esso
poté
seguitare
,
anche
dopo
la
seconda
vittoria
austriaca
,
ad
apparir
campione
della
nuova
Italia
.
Là
dove
tutti
gli
altri
stati
,
abbracciando
la
reazione
e
lo
straniero
indissolubilmente
congiunti
,
compivano
la
rinuncia
alla
nazione
e
all
'
avvenire
,
il
Piemonte
manteneva
la
sua
candidatura
.
E
la
manteneva
precisamente
con
la
politica
interna
liberale
:
esso
cioè
obbediva
all
'
intimazione
che
già
conosciamo
di
Cattaneo
,
accettava
la
tesi
radicale
delle
riforme
interne
prima
dell
'
indipendenza
,
e
lo
stesso
Balbo
riconosceva
ora
la
necessità
della
posposizione
dei
due
termini
.
Chi
formulò
il
programma
della
nuova
politica
piemontese
-
-
che
era
veramente
rivoluzionaria
rispetto
a
quella
di
Carlo
Alberto
-
-
fu
il
Rinnovamento
del
Gioberti
.
Il
Piemonte
doveva
farla
finita
col
«
municipalismo
»
,
che
induceva
tanti
Piemontesi
a
considerare
il
destino
del
loro
paese
a
parte
da
quello
dell
'
Italia
,
in
cui
non
vedeva
se
non
occasione
di
ingrandimenti
per
lo
stato
sabaudo
.
Di
«
municipalismo
»
,
diceva
il
Gioberti
,
era
stata
afflitta
anche
la
guerra
d
'
indipendenza
,
donde
pure
il
mancato
accordo
con
gli
altri
stati
e
popoli
italiani
.
Il
Piemonte
doveva
sposare
francamente
,
totalmente
,
la
causa
italiana
:
esso
avrebbe
avuto
parte
direttiva
,
egemonica
,
negli
sviluppi
di
questa
causa
,
purché
la
mira
finale
fosse
l
'
assorbimento
del
Piemonte
nell
'
Italia
,
e
non
viceversa
.
La
monarchia
sabauda
avrebbe
dovuto
metter
mano
risolutamente
ai
tre
problemi
moderni
,
progresso
delle
intelligenze
,
nazionalità
,
elevazione
della
plebe
.
«
La
monarchia
sarda
,
stata
finora
impropizia
all
'
ingegno
,
aristocratica
e
municipale
,
deve
rendersi
al
possibile
progressiva
,
democratica
,
nazionale
»
.
Prima
,
cioè
,
di
capitanare
l
'
Italia
,
il
Piemonte
doveva
trasformare
se
stesso
:
proprio
quello
(
occorre
ripetere
)
che
il
Cattaneo
gli
aveva
richiesto
alla
vigilia
della
guerra
d
'
indipendenza
.
Il
processo
dell
'
egemonia
piemontese
in
Italia
per
realizzare
lo
stato
italiano
appariva
dunque
al
Gioberti
non
come
prosecuzione
di
una
politica
secolare
,
ma
come
un
capovolgimento
secondo
la
direttiva
delle
nuove
idee
europee
.
La
libertà
-
-
diceva
pure
il
Gioberti
-
-
era
il
principio
antitetico
del
Piemonte
odierno
rispetto
all
'
Austria
e
agli
altri
principi
italiani
;
e
il
principio
doveva
esplicarsi
nelle
riforme
civili
.
La
legge
Siccardi
era
stata
un
«
preludio
lontano
»
;
ma
il
Gioberti
trovava
che
non
si
proseguiva
con
sufficiente
alacrità
per
quella
via
.
Egli
legava
(
sappiamo
)
le
probabilità
future
dell
'
Italia
a
un
rivolgimento
democratico
europeo
promosso
dalla
Francia
;
la
repubblica
francese
avrebbe
rispettato
il
regno
sabaudo
suo
alleato
;
tuttavia
,
era
da
credere
che
l
'
Europa
intera
sarebbe
divenuta
repubblicana
,
e
in
Italia
il
regno
popolare
avrebbe
fatto
da
passaggio
.
Checché
fosse
di
queste
previsioni
-
-
simili
profezie
in
bocca
di
uno
storico
filosofo
quale
il
Gioberti
,
come
in
quella
di
un
apostolo
religioso
quale
il
Mazzini
,
vanno
prese
piuttosto
come
prospettive
generiche
e
lontane
,
-
-
il
Gioberti
sbagliò
nel
supporre
l
'
alleanza
della
repubblica
francese
con
la
monarchia
sabauda
,
ma
non
nel
dare
un
posto
primario
alla
alleanza
franco
sarda
,
o
meglio
all
'
assunzione
da
parte
del
governo
francese
della
causa
italiana
;
e
(
ciò
che
tempera
lo
sbaglio
di
previsione
giobertiano
,
senza
eliminarlo
)
Napoleone
III
fece
in
Europa
,
almeno
in
una
certa
misura
,
la
parte
che
la
repubblica
del
'48
non
aveva
saputo
o
voluto
eseguire
.
Vittorio
Emanuele
II
e
Cavour
Il
Gioberti
,
terminando
il
bilancio
delle
sue
previsioni
su
Italia
e
Piemonte
,
diceva
di
osare
appena
sperare
nell
'
avveramento
dell
'
egemonia
piemontese
;
tanti
erano
gli
ostacoli
che
vi
trovava
in
seno
al
Piemonte
stesso
.
Sperava
solo
nel
giovane
re
,
al
quale
toccava
dare
un
indirizzo
personale
alla
politica
del
suo
governo
.
Si
sa
da
notizie
del
tempo
che
Vittorio
Emanuele
lesse
con
attenzione
il
Rinnovamento
;
il
che
sembrò
gran
fatto
,
perché
legger
libri
non
era
una
sua
occupazione
abituale
.
Gli
dovette
fare
una
grande
impressione
:
una
di
quelle
impressioni
che
si
hanno
quando
si
incontrano
espresse
nettamente
da
altri
idee
intraviste
già
in
confuso
per
conto
proprio
,
o
sonnecchianti
nei
recessi
del
subcosciente
.
La
personalità
di
Vittorio
Emanuele
II
non
è
stata
ancora
studiata
sufficientemente
,
non
si
è
fatto
lo
sforzo
necessario
per
penetrare
il
suo
«
segreto
»
,
anche
per
la
scarsezza
di
documenti
intimi
.
Egli
è
stato
detto
(
secondo
un
aneddoto
poco
noto
)
«
l
'
ultimo
dei
conquistatori
»
;
e
la
definizione
,
al
primo
suono
strana
-
-
come
parve
a
chi
la
sentì
e
la
riferì
,
-
-
potrebbe
colpire
nel
segno
,
e
a
fondo
.
Una
intuizione
fondamentale
deve
aver
guidato
il
sovrano
,
intuizione
che
spiega
la
sua
azione
personale
,
connaturata
d
'
altra
parte
al
suo
temperamento
.
Egli
comprese
più
nettamente
,
forse
,
di
ogni
altra
personalità
piemontese
dirigente
del
tempo
(
anche
dello
stesso
Cavour
,
almeno
nel
suo
primo
periodo
presidenziale
)
che
egli
non
aveva
scelta
fra
il
salire
a
re
d
'
Italia
o
lo
scendere
a
«
monsù
Savoia
»
;
che
era
proprio
la
tesi
giobertiana
.
Mettersi
perciò
alla
testa
del
moto
nazionale
,
dirigerlo
,
promuoverlo
e
controllarlo
,
perché
lo
sbocco
fosse
monarchico
e
non
repubblicano
,
e
trasformare
così
di
un
colpo
,
o
quasi
,
il
piccolo
regno
sabaudo
in
una
grande
potenza
europea
:
ecco
la
sua
direttiva
.
Mentre
in
Vittorio
Emanuele
prevalse
sin
dall
'
inizio
il
programma
politico
territoriale
in
funzione
dinastica
e
di
potenza
politica
,
attraverso
l
'
assunzione
della
causa
nazionale
,
nel
Cavour
fino
al
congresso
di
Parigi
almeno
sembrano
aver
predominato
gli
interessi
di
politica
interna
,
per
lo
svolgimento
liberale
costituzionale
del
Piemonte
come
stato
autonomo
.
Particolarmente
acuto
è
il
giudizio
del
Gioberti
nel
Rinnovamento
sul
Cavour
,
allora
semplice
ministro
:
da
una
parte
,
egli
accusa
anche
in
lui
la
tendenza
municipale
;
dall
'
altra
,
apprezza
il
fatto
che
il
municipalismo
piemontese
prende
nel
Cavour
fisionomia
europea
,
in
quanto
egli
vuol
portare
il
Piemonte
,
da
sé
,
sul
piano
delle
grandi
potenze
:
assunto
eccelso
,
che
però
il
Gioberti
non
reputa
attuabile
.
È
qui
intuita
una
gran
parte
almeno
della
psicologia
del
Cavour
,
che
era
sempre
andata
fino
allora
piuttosto
dal
Piemonte
all
'
Europa
e
dall
'
Europa
all
'
Italia
,
che
non
dal
Piemonte
direttamente
all
'
Italia
.
Psicologia
che
lo
avvicinava
come
forma
mentale
ai
federalisti
repubblicani
,
nonostante
la
differenza
nelle
teorie
politiche
e
nel
punto
d
'
arrivo
:
come
per
essi
,
per
il
Cavour
l
'
esigenza
essenziale
era
lo
sviluppo
entro
il
singolo
stato
italiano
della
libertà
e
della
civiltà
moderna
.
Nel
Cavour
questa
tendenza
era
di
eredità
moderata
,
non
radicale
;
ma
,
più
che
nei
moderati
del
'48
per
cui
le
riforme
interne
,
nonostante
ogni
importanza
ad
esse
sinceramente
attribuita
,
avevano
in
larga
misura
valore
strumentale
o
di
opportunità
,
nel
Cavour
del
18501855
la
libertà
e
la
costituzione
erano
sentite
come
valore
intrinseco
primario
,
come
qualcosa
che
valeva
di
per
sé
la
pena
di
conquistare
e
sviluppare
,
anche
se
per
avventura
dovesse
rimanere
entro
i
confini
del
Piemonte
.
La
libera
attività
politica
era
per
il
Cavour
il
bisogno
supremo
,
come
conquista
necessaria
della
civiltà
e
come
espansione
gioiosa
della
personalità
,
innanzi
tutto
,
naturalmente
,
della
propria
.
Già
in
questo
Cavour
del
primo
periodo
c
'
è
pertanto
qualcosa
che
supera
il
moderatismo
sul
piano
della
personalità
umana
,
qualcosa
che
nel
gioco
parlamentare
si
estrinsecò
attraverso
il
«
connubio
»
,
così
ostico
ai
moderati
autentici
come
l
'
Azeglio
.
Più
tardi
venne
il
superamento
del
moderatismo
sul
piano
politico
nazionale
nell
'
alleanza
con
la
rivoluzione
,
da
cui
il
Cavour
accettò
il
principio
della
deposizione
e
proclamazione
dei
sovrani
per
voto
popolare
.
La
politica
del
«
connubio
»
La
realizzazione
della
nuova
politica
piemontese
si
ebbe
innanzi
tutto
sul
terreno
confessionale
con
la
legge
Siccardi
per
l
'
abolizione
del
fòro
ecclesiastico
;
e
Cavour
vi
partecipò
in
prima
linea
,
sebbene
non
ancora
ministro
.
Si
trattava
di
un
'
applicazione
della
politica
liberale
,
e
cioè
di
attuare
la
parità
innanzi
alle
leggi
;
e
si
trattava
altresì
di
una
conseguenza
logica
del
fallimento
neoguelfo
.
Si
ebbe
ora
per
la
prima
volta
un
conflitto
aperto
fra
politica
nazionale
governativa
e
curia
romana
.
Alla
politica
ecclesiastica
liberale
si
associò
quella
di
rinnovamento
economico
:
libero
scambio
,
stimolo
di
energie
produttive
,
incremento
di
ricchezza
del
paese
,
ferrovie
,
banche
,
lavori
pubblici
,
trasformazione
moderna
dell
'
agricoltura
.
Liberalismo
e
liberismo
si
associarono
secondo
le
direttive
europee
del
Risorgimento
anteriore
al
'48
.
Strumento
parlamentare
di
questa
politica
fu
il
«
connubio
»
,
per
il
quale
la
vituperata
Sinistra
,
nonostante
la
ripetuta
solenne
scomunica
di
demagogia
,
salì
al
governo
,
se
non
tutta
,
almeno
in
un
suo
nucleo
politicamente
cospicuo
,
quello
del
Rattazzi
.
Vi
fu
un
allargamento
,
una
trasformazione
della
classe
dirigente
:
allora
veramente
cessò
nello
stato
piemontese
il
monopolio
dell
'
aristocrazia
,
e
la
borghesia
assunse
il
governo
.
Non
si
arrivò
ancora
a
una
vera
e
propria
democrazia
,
con
la
quale
non
si
accordavano
il
suffragio
ristretto
e
le
tendenze
,
oltreché
del
Cavour
,
dello
stesso
Rattazzi
,
che
dopo
le
affermazioni
democratiche
del
'48
andò
svolgendo
un
temperamento
piuttosto
di
conservatore
.
Ma
se
non
si
realizzò
la
democrazia
-
-
ciò
che
doveva
essere
còmpito
dell
'
Italia
una
,
-
-
se
ne
ebbe
l
'
avviamento
,
se
ne
collocò
la
base
:
come
non
poteva
non
avvenire
in
uno
svolgimento
effettivamente
liberale
,
dato
il
legame
inscindibile
-
-
dialettico
e
dinamico
,
e
non
di
statica
identità
-
-
fra
democrazia
e
liberalismo
.
Mancò
in
Piemonte
,
a
stimolare
il
processo
democratico
,
la
presenza
di
un
vero
e
proprio
Partito
repubblicano
:
c
'
era
a
Genova
,
ma
senza
grande
influenza
sulla
situazione
politica
generale
;
e
fu
combattuto
rabbiosamente
,
e
non
sempre
degnamente
,
dal
Cavour
,
che
accennava
a
divenire
dommatico
,
antiliberale
nei
suoi
confronti
,
tendendo
a
fare
della
forma
monarchica
un
«
tabù
»
,
e
cioè
a
negare
al
repubblicanesimo
un
posto
entro
il
libero
gioco
delle
forze
politiche
:
equivoco
protrattosi
a
lungo
anche
dopo
la
formazione
del
regno
d
'
Italia
.
Nonostante
queste
limitazioni
,
l
'
esperimento
di
governo
libero
in
Piemonte
dal
1850
al
1859
,
compiutosi
essenzialmente
sotto
la
direzione
di
Cavour
,
fu
serio
e
fruttuoso
.
Esso
fa
parte
integrante
e
capitale
del
Risorgimento
,
sia
perché
in
grazia
sua
il
Piemonte
mantenne
e
rafforzò
l
'
iniziativa
conseguita
con
la
guerra
del
'4849
,
sia
-
-
ed
è
il
punto
più
importante
-
-
perché
realizzò
la
capacità
degli
Italiani
all
'
autogoverno
,
e
la
mostrò
all
'
estero
,
confermando
il
loro
diritto
all
'
indipendenza
che
dell
'
autogoverno
è
al
tempo
stesso
premessa
e
risultato
.
Se
,
infatti
,
prima
condizione
perché
un
popolo
si
governi
da
sé
è
che
non
sia
soggetto
allo
straniero
,
vano
sarebbe
tuttavia
per
lui
sottrarsi
a
questa
soggezione
quando
dovesse
trovarsi
schiavo
in
casa
.
La
presenza
degli
esuli
delle
altre
regioni
italiane
,
la
loro
partecipazione
al
giornalismo
,
al
parlamento
e
a
tutte
le
forme
della
vita
pubblica
,
fino
al
governo
,
promossero
efficacemente
lo
spiemontesizzamento
del
regno
subalpino
invocato
dal
Gioberti
,
e
ne
fecero
una
rappresentanza
embrionale
di
tutta
Italia
.
E
anzi
(
come
di
recente
è
stato
opportunamente
rilevato
)
furono
proprio
la
nuova
coscienza
nazionale
e
l
'
elevazione
della
vita
politica
nel
regime
liberale
a
realizzare
una
vera
fusione
dell
'
aggregato
degli
stati
sabaudi
cisalpini
.
Ne
fu
promossa
la
modernizzazione
dello
stato
,
la
cui
legislazione
era
riconosciuta
dal
Cavour
medesimo
inferiore
a
quella
di
Napoli
.
In
altre
parole
:
se
il
Piemonte
assunse
la
causa
italiana
e
,
con
la
seria
e
posata
indole
della
sua
popolazione
,
con
la
sua
compattezza
statale
dinastica
,
agevolò
l
'
esperimento
costituzionale
liberale
,
l
'
Italia
del
Risorgimento
in
cammino
verso
l
'
unità
promosse
la
perfetta
realizzazione
dello
stato
piemontese
,
la
sua
elevazione
politica
,
culturale
,
morale
.
Funzione
capitale
del
Partito
d
'
azione
Conseguenza
di
questa
politica
fu
l
'
elevazione
del
Piemonte
sul
piano
italiano
e
su
quello
internazionale
:
piccolo
stato
che
manteneva
la
libertà
e
la
costituzione
ai
confini
dell
'
impero
austriaco
,
in
un
periodo
di
reazione
della
politica
europea
.
Si
accresceva
da
ciò
la
necessità
per
esso
di
condursi
prudentemente
sul
terreno
del
programma
nazionale
.
Il
Piemonte
doveva
far
da
campione
d
'
Italia
tacitamente
,
con
l
'
esempio
.
Lo
statu
quo
dei
trattati
era
la
base
dei
rapporti
fra
il
Piemonte
e
le
potenze
,
e
l
'
Austria
vittoriosa
si
accampava
sul
Ticino
.
Fu
già
molto
che
il
Piemonte
si
avanzasse
a
protestare
contro
Vienna
per
i
sequestri
illegali
dei
beni
ai
lombardi
emigrati
in
Piemonte
e
divenuti
cittadini
sardi
,
protesta
spinta
fino
al
richiamo
del
ministro
sardo
.
La
politica
liberale
interna
poteva
essere
enunciata
e
attuata
(
con
prudenza
anch
'
essa
)
;
quella
liberale
estera
,
o
nazionale
,
doveva
essere
sottintesa
,
o
tutt
'
al
più
accennata
,
dal
governo
piemontese
:
chi
l
'
esprimeva
in
Italia
e
fuori
era
il
Partito
d
'
azione
,
e
prima
di
tutti
il
Mazzini
.
Non
si
trattava
solo
di
propaganda
fatta
all
'
estero
e
all
'
interno
,
ma
anche
di
tentativi
insurrezionali
.
Le
iniziative
mazziniane
possono
essere
criticate
una
per
una
,
i
colpi
di
mano
giudicati
folli
:
rimane
pur
sempre
vero
che
senza
il
comitato
di
Londra
e
i
suoi
manifesti
,
senza
le
cartelle
del
prestito
mazziniano
e
i
martiri
di
Belfiore
,
senza
il
Sei
febbraio
milanese
,
Pier
Fortunato
Calvi
e
i
tentativi
di
Lunigiana
,
non
sarebbe
stata
mantenuta
innanzi
all
'
Europa
la
questione
italiana
.
Se
non
fossero
state
le
teste
calde
-
-
come
disse
il
giovane
Finali
a
Cavour
(
che
dovette
consentire
)
-
-
Cavour
non
avrebbe
potuto
al
congresso
di
Parigi
propugnare
la
causa
italiana
.
Né
era
solo
affare
di
relazione
fra
implicito
ed
esplicito
,
fra
la
condotta
di
chi
ha
la
responsabilità
di
governo
e
di
chi
è
libero
delle
proprie
azioni
.
Si
trattava
di
ben
più
:
il
programma
del
Risorgimento
in
tutta
la
sua
interezza
,
cioè
come
rivolgimento
totale
e
ricostruzione
integrale
d
'
Italia
,
sopra
un
piano
politico
etico
,
lo
si
ritrova
in
Mazzini
e
-
-
con
larga
diversità
di
spirito
e
di
struttura
,
ma
con
non
minore
ampiezza
d
'
ispirazione
-
-
nei
liberali
radicali
,
incalzanti
l
'
azione
del
governo
piemontese
;
mentre
il
pensiero
moderato
si
opportunizza
e
si
diplomatizza
sempre
più
,
perdendo
d
'
importanza
rispetto
al
periodo
anteriore
al
'48
.
Anche
nel
parlamento
e
nella
pubblicistica
subalpini
una
funzione
propulsiva
,
ignorata
dai
più
e
trascurata
dagli
studiosi
-
-
di
fronte
al
fulgore
della
stella
Cavour
-
-
è
esercitata
dalla
Sinistra
,
che
non
è
mazziniana
né
ferrariana
,
si
muove
entro
l
'
ambito
monarchico
costituzionale
,
ma
dal
mazzinianesimo
e
dal
liberalismo
radicale
trae
la
propria
ispirazione
.
Il
tentativo
maggiore
e
più
fruttuoso
di
fondere
insieme
Partito
d
'
azione
e
politica
piemontese
,
Mazzini
,
o
almeno
i
mazziniani
,
e
Cavour
,
fu
quello
della
Società
Nazionale
.
Il
significato
di
questa
era
contenuto
in
quella
specie
di
ultimatum
rivolto
dal
fondatore
Manin
alla
monarchia
di
Savoia
:
«
Fate
l
'
Italia
e
sono
con
voi
:
se
no
,
no
»
.
Nonostante
la
nettezza
vibrata
del
dilemma
,
esso
si
prestava
ancora
a
qualche
equivoco
:
si
trattava
di
unità
,
o
semplicemente
di
unificazione
?
Manin
preferiva
usare
il
secondo
termine
;
ma
altre
dichiarazioni
e
tutto
l
'
indirizzo
della
Società
scioglievano
la
riserva
,
e
il
programma
societario
consisteva
nel
domandare
al
Piemonte
di
assorbirsi
nell
'
Italia
,
rinunciando
all
'
esistenza
e
alle
tradizioni
particolaristiche
,
e
nel
domandare
contemporaneamente
a
tutti
gli
Italiani
di
rinunciare
al
federalismo
,
repubblicano
o
monarchico
,
in
pro
della
monarchia
sabauda
.
A
parte
quest
'
ultimo
punto
,
l
'
uno
e
l
'
altro
elemento
del
programma
erano
schiettamente
mazziniani
;
e
anzi
anche
per
quel
punto
v
'
era
un
precedente
favorevole
del
Mazzini
,
nel
suo
contegno
del
1848
di
fronte
a
Carlo
Alberto
.
Si
poteva
ben
dire
che
il
Piemonte
e
Cavour
,
accettando
il
programma
della
Società
Nazionale
,
aderivano
al
programma
mazziniano
.
Tra
la
linea
politica
sabauda
fino
a
tutto
il
1849
,
e
anzi
fin
dopo
il
congresso
di
Parigi
e
quella
dal
1859
in
poi
,
non
vi
è
continuità
,
ma
salto
.
A
quel
salto
la
spinta
decisiva
venne
dal
Mazzini
,
e
più
in
generale
dal
Partito
d
'
azione
repubblicano
.
Dalla
guerra
di
Crimea
a
quella
di
Lombardia
Anche
la
ferrea
e
aurea
catena
della
comune
storiografia
risorgimentale
:
ministero
Cavour
-
-
guerra
di
Crimea
congresso
di
Parigi
-
-
alleanza
franco
sarda
e
guerra
del
'59
,
va
controllata
in
ciascuno
dei
suoi
anelli
.
Di
chi
fosse
la
prima
idea
di
far
partecipare
il
Piemonte
alla
guerra
di
Crimea
,
se
maggiore
fosse
in
ciò
l
'
iniziativa
di
Vittorio
Emanuele
o
di
Cavour
,
sono
questioni
non
ancora
perfettamente
chiarite
,
ma
che
qui
importano
poco
.
Importa
invece
l
'
inquadramento
esatto
,
nazionale
e
internazionale
,
di
quella
partecipazione
.
La
guerra
delle
due
potenze
occidentali
contro
la
Russia
presentò
due
stadi
dal
punto
di
vista
ideologico
.
Nel
primo
ci
furono
un
'
accentuazione
di
idealità
liberali
in
contrapposto
allo
zarismo
,
e
accenni
a
fare
appello
al
movimento
di
liberazione
dei
popoli
:
a
riprendere
cioè
il
Quarantotto
.
Se
l
'
Austria
avesse
fatto
causa
comune
con
la
Russia
,
anche
solo
con
una
neutralità
spiccatamente
benevola
,
nessun
'
altra
via
avrebbero
avuto
Francia
e
Inghilterra
tranne
quella
di
suscitare
tutte
le
nazioni
oppresse
,
dai
polacchi
ai
serbi
,
contro
la
Santa
Alleanza
ripristinata
.
Ma
l
'
Austria
«
stupì
il
mondo
con
la
sua
ingratitudine
»
:
la
sua
neutralità
fu
ostile
alla
Russia
,
sino
alla
minaccia
di
trasformarsi
in
intervento
contro
di
essa
;
intervento
in
cui
riposero
le
loro
speranze
le
potenze
occidentali
.
La
partecipazione
del
Piemonte
,
in
queste
circostanze
,
fu
la
garanzia
offerta
dalle
potenze
occidentali
all
'
Austria
che
essa
non
aveva
nulla
da
temere
in
Italia
,
ebbe
cioè
un
aspetto
filoaustriaco
;
e
si
comprende
benissimo
,
anche
senza
altri
motivi
,
l
'
opposizione
non
solo
del
Mazzini
,
ma
della
Sinistra
piemontese
.
Rimane
la
riaffermazione
militare
del
Piemonte
dopo
Novara
;
rimangono
le
relazioni
ribadite
e
fortificate
con
le
potenze
occidentali
,
la
partecipazione
del
Piemonte
al
congresso
di
Parigi
e
la
discussione
colà
della
questione
italiana
.
Ma
chi
da
questo
concludesse
che
dalla
guerra
di
Crimea
è
uscita
l
'
indipendenza
e
l
'
unità
d
'
Italia
commetterebbe
peggio
che
una
esagerazione
.
Non
c
'
è
una
linea
unica
ascendente
dal
congresso
di
Parigi
alla
guerra
del
'59
.
A
Parigi
il
Cavour
tentò
veramente
di
trasformare
l
'
alleanza
militare
temporanea
per
la
guerra
in
intesa
generale
permanente
per
la
soluzione
della
questione
italiana
,
guadagnando
soprattutto
l
'
Inghilterra
(
al
tempo
stesso
accarezzò
la
Russia
,
con
un
difficile
equilibrismo
)
;
ma
,
dopo
le
sanguigne
speranze
del
primo
momento
,
il
tentativo
risultò
nettamente
fallito
.
Il
periodo
dalla
chiusura
del
congresso
alla
battaglia
di
Magenta
non
è
affatto
sotto
il
segno
dell
'
intesa
franco
inglese
contro
l
'
Austria
,
a
fianco
del
Piemonte
:
l
'
Inghilterra
invece
si
staccò
dalla
Francia
e
si
avvicinò
all
'
Austria
,
mentre
la
Francia
e
il
Piemonte
si
avvicinarono
alla
Russia
.
La
guerra
del
'59
scoppiò
sotto
il
duplice
segno
dell
'
intesa
franco
russa
e
della
contrarietà
alla
guerra
da
parte
del
ministero
inglese
Derby
Disraeli
;
solo
il
ritorno
del
Palmerston
al
potere
,
nel
giugno
1859
,
avviò
il
cambiamento
della
politica
inglese
.
Anche
l
'
atteggiamento
comune
della
Francia
e
dell
'
Inghilterra
rispetto
ai
Borboni
in
quegli
anni
non
portò
un
vero
contributo
al
Risorgimento
,
non
rappresentò
un
attivo
cospicuo
della
politica
cavouriana
.
Sotto
la
comunanza
della
protesta
contro
i
sistemi
borbonici
c
'
era
la
differenza
d
'
interessi
delle
due
potenze
,
la
rivalità
mediterranea
.
Acquistò
importanza
in
quegli
anni
il
murattismo
,
il
partito
cioè
che
avrebbe
voluto
sostituire
a
Napoli
i
Borboni
con
un
Murat
,
e
il
cui
trionfo
avrebbe
segnato
l
'
infeudamento
completo
dell
'
Italia
alla
Francia
,
con
un
principe
alleato
subordinato
a
nord
e
un
altro
ancor
più
strettamente
legato
a
sud
,
anche
per
vincoli
di
famiglia
.
Aver
visto
il
pericolo
mortale
del
murattismo
per
il
Risorgimento
italiano
,
e
aver
fatto
quanto
era
in
lui
per
scongiurarlo
,
è
merito
capitale
del
Mazzini
.
Anche
al
Cavour
quel
pericolo
non
rimase
ignoto
;
ma
egli
non
si
sentiva
la
forza
di
combatterlo
direttamente
,
e
se
ne
rimetteva
all
'
Inghilterra
.
Il
Mazzini
e
il
Pisacane
con
la
spedizione
di
Sapri
(
tanto
maledetta
dai
liberali
moderati
,
almeno
nel
suo
episodio
di
Genova
)
lanciarono
fra
le
gambe
murattiste
un
bastone
che
ebbe
il
suo
effetto
,
e
per
l
'
opinione
patriottica
italiana
e
per
la
politica
di
Napoleone
III
,
che
ne
ricevette
nuovo
incitamento
a
provvedere
per
l
'
Italia
.
L
'
incitamento
finale
venne
con
l
'
attentato
Orsini
,
sia
che
per
esso
si
voglia
insistere
sull
'
aspetto
politico
ideale
,
sia
su
quello
della
preoccupazione
personale
del
Cesare
per
la
sua
incolumità
.
Il
fatto
è
che
di
lì
è
uscito
il
convegno
di
Plombières
,
il
quale
è
il
vero
punto
di
partenza
del
'59
,
e
cioè
del
periodo
di
realizzazione
del
Risorgimento
politico
italiano
.
Non
si
tratta
di
una
continuazione
diretta
della
guerra
di
Crimea
e
del
congresso
di
Parigi
,
bensì
di
un
cominciamento
nuovo
.
Cominciamento
di
Napoleone
III
,
ma
sotto
l
'
influenza
decisiva
del
Partito
d
'
azione
e
del
Mazzini
.
Il
fatto
che
questi
non
avesse
nessuna
parte
nell
'
attentato
Orsini
non
cambia
nulla
in
proposito
:
per
Napoleone
III
l
'
attentato
s
'
inquadrò
lo
stesso
-
-
e
giustamente
-
-
nell
'
insieme
dell
'
azione
mazziniana
.
Mazzini
e
Cavour
Non
per
ciò
conviene
concludere
senz
'
altro
a
una
complementarità
perfetta
,
se
non
personale
,
reale
,
fra
il
Cavour
dell
'
ultimo
periodo
e
il
Mazzini
,
a
meno
di
ricadere
nella
concezione
territorialistico
sabauda
del
Risorgimento
.
Per
questa
,
infatti
,
il
combinare
insieme
l
'
opera
di
Mazzini
e
di
Cavour
,
il
far
abbracciare
in
sede
storica
i
due
uomini
che
,
come
individui
viventi
,
si
odiarono
così
cordialmente
,
sarebbe
assai
facile
(
in
pratica
i
seguaci
di
quella
concezione
preferiscono
eliminare
il
più
possibile
Mazzini
)
.
Nessuno
può
pensar
di
negare
che
il
Mazzini
sia
stato
il
propagandista
più
antico
e
tenace
dell
'
unità
d
'
Italia
,
dello
stato
unitario
italiano
.
Nessuno
può
contestare
,
né
contesta
,
l
'
efficacia
primaria
dell
'
opera
sua
in
questo
senso
.
E
nessuno
,
altresì
,
può
mettere
in
dubbio
che
uno
stato
italiano
unitario
sia
sorto
fra
il
1859
e
il
1861
(
Venezia
e
Roma
furono
completamenti
fatali
di
un
edificio
già
esistente
)
intorno
al
nucleo
dello
stato
piemontese
;
e
che
questa
opera
di
aggregazione
unificatrice
si
sia
compiuta
sotto
la
direzione
politica
e
governativa
del
conte
di
Cavour
.
Posta
così
la
questione
,
tutto
si
ridurrebbe
a
discutere
il
come
e
il
quando
,
il
più
e
il
meno
dell
'
azione
dei
due
:
quand
'
è
che
Cavour
si
convertì
alla
causa
dell
'
unità
italiana
;
quale
parte
avesse
nella
spedizione
dei
Mille
;
a
chi
risalga
l
'
idea
,
l
'
iniziativa
della
spedizione
nelle
Marche
e
nell
'
Umbria
;
come
si
arrivasse
alla
proclamazione
di
Roma
a
capitale
d
'
Italia
,
e
via
dicendo
.
Sono
quesiti
particolari
che
hanno
indubbiamente
un
grande
interesse
,
ma
le
cui
diverse
soluzioni
non
cambiano
radicalmente
la
visuale
complessiva
.
Considerando
il
Risorgimento
come
fatto
realizzatosi
compiutamente
nel
1870
secondo
l
'
unica
realizzazione
possibile
,
tutti
i
programmi
e
le
forze
che
vi
hanno
concorso
appaiono
puramente
e
semplicemente
assorbiti
e
«
superati
»
.
Ove
,
però
,
si
vada
al
di
là
della
semplice
considerazione
politico
territoriale
,
devesi
constatare
che
lo
stato
italiano
unitario
monarchico
costituzionale
parlamentare
,
formatosi
nel
186070
,
presenta
alcune
caratteristiche
in
opposizione
con
le
idealità
e
il
programma
mazziniani
.
Non
sarebbe
esatto
dire
che
Mazzini
e
Cavour
abbiano
concorso
entrambi
(
salvo
a
discutere
la
parte
di
ciascuno
)
a
un
risultato
,
che
,
unificando
l
'
opera
loro
,
li
ha
interamente
trascesi
,
assorbiti
ambedue
.
In
realtà
ci
fu
nella
lotta
un
vincitore
e
un
vinto
:
il
vincitore
fu
Cavour
,
il
vinto
Mazzini
.
O
,
per
essere
più
esatti
,
il
Mazzini
vinse
in
un
primo
tempo
imponendo
il
programma
unitario
al
«
municipalismo
»
piemontese
;
ma
nell
'
attuazione
di
questo
programma
toccò
al
Mazzini
soccombere
.
E
ancor
più
di
lui
(
diciamolo
subito
per
non
doverci
tornare
più
sopra
)
soccombette
il
liberalismo
radicale
,
o
autonomismo
federale
repubblicano
.
Facendosi
l
'
unità
italiana
,
il
punto
era
come
,
da
chi
,
per
chi
,
l
'
unità
si
sarebbe
fatta
.
La
questione
tra
monarchia
e
repubblica
conteneva
un
contrasto
più
profondo
tra
Cavour
e
Mazzini
.
L
'
idea
fissa
mazziniana
era
quella
dell
'
iniziativa
popolare
italiana
:
e
se
nei
riguardi
esteri
essa
significava
che
l
'
Italia
doveva
far
da
sé
e
prima
degli
altri
popoli
,
nei
riguardi
interni
voleva
dire
che
al
popolo
italiano
spettava
insorgere
lui
e
far
l
'
unità
:
«
le
rivoluzioni
hanno
ad
esser
fatte
pel
popolo
e
dal
popolo
»
.
Onde
egli
rimproverava
a
re
Vittorio
,
nella
lettera
aperta
da
Firenze
,
il
20
settembre
1859
:
«
Voi
non
v
'
affratellaste
al
Popolo
d
'
Italia
,
né
lo
chiamaste
ad
affratellarsi
con
voi
.
Sedotto
dalla
triste
politica
di
un
ministro
che
antepose
l
'
arte
di
Lodovico
il
Moro
alla
parte
di
rigeneratore
,
Voi
rifiutaste
il
braccio
del
nostro
Popolo
,
e
chiamaste
senza
bisogno
,
in
un
'
ora
infausta
,
alleate
ad
un
'
impresa
liberatrice
l
'
armi
di
un
tiranno
straniero
»
.
E
anche
qui
,
daccapo
,
non
bisogna
ridurre
il
dissidio
Mazzini
Cavour
a
una
semplice
differenza
di
valutazione
pratica
,
per
la
quale
il
primo
avrebbe
creduto
che
l
'
Italia
poteva
far
da
sé
contro
l
'
Austria
(
come
aveva
affermato
Carlo
Alberto
)
e
il
secondo
no
;
e
neppure
,
semplicemente
,
al
dottrinarismo
mazziniano
,
rifiutante
il
concorso
di
un
«
tiranno
»
,
in
contrapposto
dell
'
opportunismo
cavouriano
.
Al
di
là
di
tutto
questo
il
Mazzini
intuiva
,
con
la
chiaroveggenza
della
sua
passione
,
che
l
'
alleanza
francese
era
qualcosa
più
di
un
espediente
pratico
,
era
il
mezzo
per
trasformare
in
impresa
monarchico
governativa
la
causa
nazionale
popolare
italiana
.
Disse
il
Cavour
in
Senato
,
il
9
giugno
1860
,
nella
discussione
sul
trattato
di
cessione
di
Nizza
e
Savoia
:
«
Il
senatore
Pallavicino
ama
principalmente
l
'
alleanza
della
Rivoluzione
e
poi
quella
della
Francia
dopo
»
.
Non
era
un
attestato
di
lode
che
il
Cavour
intendeva
dare
al
Pallavicino
con
queste
parole
,
appunto
perché
per
lui
,
Cavour
,
l
'
ordine
delle
preferenze
era
il
contrario
:
di
rivoluzione
,
sia
pure
nazionale
,
bisognava
farne
il
meno
possibile
.
Più
volte
,
anzi
,
egli
oppone
«
nazionale
»
a
«
rivoluzionario
»
,
intendendo
col
primo
aggettivo
il
movimento
nazionale
monarchico
in
favore
di
casa
Savoia
.
Si
sa
come
il
Cavour
giungesse
a
prospettare
quale
decisione
già
presa
quella
,
audacissima
,
che
il
Piemonte
rinnovasse
da
solo
la
guerra
con
l
'
Austria
nel
caso
che
Garibaldi
e
il
Partito
d
'
azione
trionfassero
nel
regno
di
Napoli
;
e
ciò
,
per
ridare
alla
monarchia
l
'
iniziativa
perduta
del
movimento
nazionale
.
«
Per
un
principe
di
casa
Savoia
è
meglio
perire
in
una
guerra
che
in
una
rivoluzione
»
.
Fra
Mazzini
e
Cavour
,
dunque
,
si
trattava
di
una
lotta
fra
due
iniziative
:
quella
popolare
rivoluzionaria
(
che
il
Mazzini
intendeva
rimanesse
tale
,
anche
accettando
la
monarchia
)
,
e
quella
monarchico
governativa
.
In
ciò
era
la
loro
inconciliabilità
.
Il
programma
del
Mazzini
,
tra
Villafranca
e
il
plebiscito
napoletano
,
sarebbe
stato
di
mantenersi
neutrale
tra
repubblica
e
monarchia
,
di
ottenere
che
la
decisione
finale
fosse
demandata
al
voto
di
un
'
assemblea
nazionale
costituente
.
Sull
'
esito
del
voto
egli
stesso
non
aveva
dubbi
;
ma
riteneva
che
altro
fosse
una
monarchia
istituita
ex
novo
dal
voto
popolare
,
altro
l
'
aggregazione
delle
varie
parti
d
'
Italia
ad
una
monarchia
preesistente
.
Anche
Cavour
e
Vittorio
Emanuele
riconoscevano
la
diversità
;
ma
ne
traevano
una
norma
di
condotta
pratica
opposta
.
Non
bisogna
credere
che
il
Cavour
,
per
il
fatto
di
aver
detestato
Carlo
Alberto
e
di
esserne
stato
ricambiato
,
e
per
non
essersi
inteso
mai
perfettamente
con
Vittorio
Emanuele
,
fosse
non
compiutamente
saldo
nel
suo
sentimento
monarchico
e
dinastico
.
L
'
antirepubblicanesimo
costante
di
Cavour
(
dopo
un
breve
periodo
,
o
piuttosto
un
momento
,
della
prima
giovinezza
)
faceva
tutt
'
uno
col
suo
antirivoluzionarismo
,
la
sua
avversione
ai
governi
e
alle
iniziative
popolari
;
e
certamente
si
collegava
anche
col
suo
timore
del
comunismo
.
Tuttavia
quell
'
antirivoluzionarismo
di
Cavour
,
quella
decisa
avversione
all
'
iniziativa
popolare
,
quella
preoccupazione
dominante
di
mantenere
nelle
mani
del
governo
monarchico
la
direzione
del
moto
nazionale
,
non
rispondevano
in
lui
unicamente
a
interessi
dinastici
e
conservatori
.
V
'
era
in
tutto
questo
anche
un
momento
liberale
.
Nel
settembre
1860
,
al
tempo
del
conflitto
acuto
con
Garibaldi
,
egli
diceva
che
non
si
trattava
solo
di
una
questione
di
persone
,
ma
di
due
sistemi
in
contrasto
:
Garibaldi
sognava
una
specie
di
dittatura
,
senza
parlamento
e
con
poca
libertà
.
(
Di
fatto
,
questa
tendenza
di
Garibaldi
alla
«
dittatura
nazionale
»
di
cui
parleremo
appresso
fu
utilizzata
da
Vittorio
Emanuele
e
da
Cavour
a
pro
della
monarchia
)
.
Poco
dopo
,
nella
famosa
lettera
del
29
dicembre
1860
alla
contessa
di
Circourt
,
egli
presenta
pure
in
antitesi
la
libertà
e
la
dittatura
di
origine
popolare
e
,
respingendo
il
consiglio
del
generale
Filangieri
di
farsi
dittatore
,
proclama
la
sua
fede
liberale
parlamentare
con
parole
eloquenti
,
quasi
in
uno
slancio
lirico
.
Il
Mazzini
invece
,
di
fronte
alla
fede
parlamentare
di
Cavour
,
manteneva
la
sua
avversione
alla
monarchia
costituzionale
.
Il
suo
primo
pensiero
in
proposito
egli
l
'
aveva
manifestato
fin
dal
1834
:
«
La
monarchia
costituzionale
è
il
governo
più
immorale
del
mondo
:
istituzione
corrompitrice
essenzialmente
;
perché
la
lotta
organizzata
che
forma
la
vitalità
di
quel
governo
solletica
tutte
le
passioni
individuali
alla
conquista
degli
onori
o
della
fortuna
che
sola
dà
l
'
adito
agli
onori
»
.
Qui
tocchiamo
a
un
contrasto
fondamentale
d
'
idee
,
diciamo
pure
di
«
visione
del
mondo
»
,
fra
i
due
uomini
.
Il
Cavour
non
rifuggiva
punto
dalla
«
lotta
organizzata
»
-
-
anche
se
talvolta
,
come
nella
persecuzione
all
'
«
Italia
del
Popolo
»
,
gli
accadesse
in
pratica
di
alterare
le
regole
del
gioco
;
-
-
e
non
era
punto
disposto
a
scandalizzarsi
di
quel
«
solleticamento
»
delle
passioni
individuali
;
come
se
ne
scandalizzava
il
moralista
Mazzini
.
Egli
disse
una
volta
in
parlamento
che
non
era
possibile
immaginare
uno
stato
di
cose
fondato
sulla
libertà
dove
non
fossero
partiti
e
lotte
;
la
pace
completa
,
assoluta
,
non
era
compatibile
con
la
libertà
,
che
bisognava
saper
accettare
con
i
suoi
benefizi
,
«
forse
anche
co
'
suoi
inconvenienti
»
.
Anche
il
Mazzini
intendeva
mantenere
la
libertà
,
ma
si
prefiggeva
come
meta
uno
stato
di
cose
in
cui
la
lotta
(
dei
partiti
)
naturalmente
cessasse
:
«
Il
dovere
,
ammesso
una
volta
,
esclude
la
possibilità
della
lotta
»
.
Era
l
'
ideale
mazziniano
dell
'
unità
,
il
«
dogma
»
dell
'
unità
,
com
'
egli
stesso
dice
,
che
(
sappiamo
)
andava
per
lui
ben
oltre
l
'
unità
politica
:
questa
non
era
che
un
elemento
o
una
condizione
dell
'
unità
morale
e
religiosa
.
Vi
è
dunque
un
doppio
aspetto
nel
dissidio
Mazzini
Cavour
;
e
se
per
un
verso
,
in
quanto
il
primo
propugna
l
'
iniziativa
popolare
di
fronte
al
secondo
,
custode
geloso
di
quella
governativo
monarchica
,
il
più
liberale
,
il
più
radicalmente
innovatore
è
il
Mazzini
,
per
l
'
altro
-
-
cioè
per
l
'
ideale
di
uniformità
vagheggiato
dal
Mazzini
,
come
punto
d
'
arrivo
in
contrapposto
alla
lotta
politica
incessante
del
Cavour
-
-
l
'
apprezzamento
dovrebbe
piuttosto
rovesciarsi
.
Questo
secondo
contrasto
fa
capo
alla
stessa
struttura
mentale
dei
due
uomini
,
per
cui
il
Cavour
razionalisticamente
distingue
politica
e
religione
(
o
morale
)
,
mentre
il
Mazzini
unifica
misticamente
.
Laicità
razionalistica
e
misticismo
religioso
sono
indubbiamente
spiccate
caratteristiche
contrapposte
di
Cavour
e
di
Mazzini
,
senza
che
tuttavia
si
possa
parlare
per
il
primo
d
'
indifferenza
verso
i
problemi
religiosi
;
che
anzi
su
questo
terreno
vedremo
com
'
egli
compisse
la
sua
massima
ascensione
ideale
.
Né
questa
antitesi
di
struttura
mentale
e
di
aspirazioni
spirituali
nei
due
uomini
significa
necessariamente
un
'
opposizione
intrinseca
irriducibile
delle
loro
diverse
aspirazioni
,
che
rappresentano
invece
esigenze
ugualmente
profonde
,
ugualmente
necessarie
nel
corso
del
processo
storico
.
Da
questo
punto
di
vista
si
può
tornar
a
parlare
(
sopra
un
piano
ben
più
alto
di
quello
delle
realizzazioni
politiche
immediate
)
di
una
complementarità
fra
Mazzini
e
Cavour
.
Garibaldi
Chi
,
tra
Mazzini
e
Cavour
,
tra
la
costituente
realizzatrice
dell
'
iniziativa
popolare
e
il
sistema
plebiscitario
consacrante
in
forma
democratica
l
'
iniziativa
monarchica
,
fece
pendere
la
bilancia
a
favore
del
secondo
,
fu
Garibaldi
:
e
ciò
sebbene
egli
si
proclamasse
repubblicano
e
avversasse
Cavour
poco
meno
di
quel
che
l
'
avversava
Mazzini
.
Garibaldi
,
nel
famoso
brindisi
di
Londra
,
del
1864
,
proclamò
il
Mazzini
suo
maestro
:
più
tardi
,
invelenitosi
e
incancrenitosi
il
dissidio
con
lui
e
ancor
più
con
i
mazziniani
,
volle
disdirsi
affermando
di
essere
stato
italiano
e
repubblicano
dall
'
infanzia
,
senza
doverlo
a
Mazzini
.
Maestro
di
Garibaldi
,
come
di
tanti
altri
,
il
Mazzini
lo
fu
veramente
;
ma
la
struttura
spirituale
del
discepolo
era
e
rimase
profondamente
diversa
dalla
sua
.
Garibaldi
fu
il
capo
ideale
della
guerra
di
popolo
,
il
condottiero
capace
di
trascinare
e
guidare
sui
campi
di
battaglia
i
singoli
cittadini
,
di
infiammarli
e
soggiogarli
a
pro
della
causa
nazionale
,
con
un
disinteresse
personale
nativo
,
ingenuamente
eroico
.
Egli
incarnò
lo
spirito
nazionale
popolare
italiano
anelante
all
'
indipendenza
,
alla
libertà
,
alla
giustizia
,
in
tutta
la
sua
forza
primitiva
,
in
tutta
la
sua
purezza
immediata
:
fu
molto
più
vicino
al
popolo
di
Mazzini
,
lo
comprese
e
ne
fu
compreso
assai
meglio
.
Ma
,
appunto
perché
incarnava
così
bene
la
coscienza
popolare
nella
sua
ingenuità
,
egli
non
era
capace
di
superarla
,
di
dirigerla
verso
le
mete
lontane
ed
ultime
.
Realizzò
meravigliosamente
la
seconda
parte
del
dittico
mazziniano
«
pensiero
e
azione
»
,
ma
non
altrettanto
la
prima
.
Di
temperamento
assai
più
realistico
del
Mazzini
,
era
altresì
di
ben
minor
profondità
di
pensiero
e
lungimiranza
di
visione
:
il
concetto
mazziniano
dell
'
autocreazione
popolare
gli
sfuggiva
,
e
il
fondamento
ultimo
religioso
del
programma
mazziniano
gli
rimase
estraneo
.
Professando
sinceramente
la
superiorità
ideale
della
repubblica
,
Garibaldi
si
fermò
alla
constatazione
di
buon
senso
che
proclamar
la
repubblica
italiana
nel
1860
era
impossibile
;
e
poiché
al
tempo
stesso
egli
allargava
il
concetto
di
repubblica
comprendendovi
qualsiasi
governo
consentito
dal
popolo
(
se
gli
Inglesi
,
egli
diceva
,
sono
contenti
del
governo
della
regina
Vittoria
,
questo
deve
considerarsi
repubblicano
)
,
trovò
senz
'
altro
nei
plebisciti
la
consacrazione
della
monarchia
di
Vittorio
Emanuele
,
senza
fermarsi
né
sulle
condizioni
particolari
di
questi
,
né
sulla
esigenza
politica
ulteriore
rappresentata
dalla
richiesta
mazziniana
della
costituente
,
che
a
lui
parve
una
semplice
perdita
di
tempo
.
Una
volta
riconosciuto
che
da
Napoli
non
si
poteva
procedere
a
Roma
e
a
Venezia
,
non
c
'
era
più
ragione
per
Garibaldi
di
ritardar
le
annessioni
;
la
portata
politica
del
problema
scompariva
per
lui
dietro
quella
territoriale
.
A
questa
maniera
di
vedere
contribuì
la
sua
persuasione
che
per
fondare
la
nazione
italiana
(
e
non
solo
questa
)
occorresse
la
dittatura
temporanea
:
nella
fattispecie
,
la
dittatura
di
Vittorio
Emanuele
,
senza
considerare
che
non
di
una
dittatura
temporanea
si
trattava
,
ma
di
una
fondazione
dinastica
permanente
.
Solo
più
tardi
,
dopo
il
1870
,
Garibaldi
parlò
come
Mazzini
della
insufficienza
dello
statuto
sardo
e
della
necessità
di
sostituirlo
con
un
patto
nazionale
.
La
politica
europea
dopo
il
Quarantotto
:
dai
popoli
ai
governi
Il
contrasto
fra
Mazzini
e
Cavour
circa
le
direttive
per
la
soluzione
della
questione
italiana
si
collega
,
o
s
'
inquadra
,
in
un
metodo
e
una
visione
diversi
di
politica
europea
;
diversità
che
fa
capo
anch
'
essa
,
come
quella
precedente
,
alla
diversità
di
temperamento
morale
fra
i
due
uomini
,
ma
si
connette
a
tutto
lo
svolgimento
europeo
prima
e
dopo
il
1848
.
Debbo
ripeter
qui
quanto
scrissi
in
un
articolo
del
febbraio
del
1935
,
e
tornai
poi
a
scrivere
più
volte
.
Parziale
e
superficiale
è
la
concezione
comune
secondo
cui
il
periodo
dal
1859
al
1870
,
con
le
sue
realizzazioni
dell
'
unità
italiana
e
germanica
,
sarebbe
stato
nient
'
altro
che
la
prosecuzione
e
l
'
adempimento
dei
programmi
nazionali
impostati
nel
periodo
antecedente
,
fino
al
1848
compreso
.
Tra
questi
programmi
e
quelle
realizzazioni
esiste
invece
una
differenza
profonda
.
Nel
primo
periodo
i
promotori
dei
diversi
movimenti
nazionali
avevano
sognato
un
'
Europa
libera
tutta
e
riorganizzata
solidamente
per
opera
dei
popoli
fratelli
.
Il
Mazzini
dette
le
formulazioni
più
classiche
,
più
splendide
di
questo
programma
,
e
lo
trasportò
sopra
un
piano
metafisico
e
religioso
,
con
la
sua
concezione
dei
popoli
come
delle
varie
membra
di
un
unico
corpo
,
quello
dell
'
umanità
;
concezione
affine
-
-
e
l
'
affinità
era
a
lui
ben
nota
-
-
a
quella
del
Nuovo
Testamento
,
dei
cristiani
costituenti
il
corpo
di
Cristo
.
Ma
,
anche
senza
salire
a
queste
altezze
vertiginose
,
gli
agitatori
nazionali
e
sociali
contemporanei
del
Mazzini
sentirono
come
lui
intensamente
ed
espressero
questa
solidarietà
fra
i
popoli
europei
,
questa
unità
delle
singole
cause
nazionali
.
Vedemmo
anzi
come
,
anche
fuori
del
campo
degli
agitatori
,
negli
scrittori
moderati
italiani
,
si
ritrovi
-
-
sia
pure
sopra
un
piano
non
più
democratico
rivoluzionario
-
-
l
'
idea
fondamentale
dell
'
unità
spirituale
europea
,
del
legame
strettissimo
fra
le
cose
d
'
Italia
e
d
'
Europa
,
del
còmpito
italiano
di
ricongiungersi
all
'
Europa
e
di
servire
allo
sviluppo
della
civiltà
europea
.
Dopo
il
1850
,
i
movimenti
nazionali
,
da
popolari
e
solidali
,
tendono
a
divenire
governativi
e
a
muoversi
ciascuno
entro
la
propria
limitata
sfera
.
Alle
iniziative
popolari
succedono
quelle
dei
capi
di
stato
e
di
governo
,
i
quali
seguitano
a
vedere
le
connessioni
internazionali
,
a
tenerle
d
'
occhio
,
ma
solo
come
opportunità
politiche
da
sfruttare
per
i
singoli
fini
nazionali
statali
.
Caratteristico
,
per
esempio
,
nel
1859
è
il
contrasto
fra
Kossuth
,
che
mirava
a
fare
dell
'
indipendenza
ungherese
un
obiettivo
di
guerra
autonomo
per
la
Francia
e
il
Piemonte
,
e
Napoleone
III
,
per
il
quale
l
'
Ungheria
non
è
se
non
una
pedina
da
giocare
per
la
vittoria
della
guerra
in
Lombardia
.
Sempre
nel
1859
,
Napoleone
III
e
Cavour
non
hanno
altra
preoccupazione
che
di
rassicurare
lo
zar
che
in
Lombardia
volontari
polacchi
a
combattere
non
andranno
.
Così
ogni
causa
nazionale
procede
ormai
per
suo
conto
,
e
l
'
abbandono
dell
'
una
si
fa
servire
a
vantaggio
dell
'
altra
.
Il
Mazzini
rimase
sempre
fedele
alla
concezione
europeo
democratica
delle
nazionalità
.
Egli
seguitò
sempre
a
guardare
a
tutta
l
'
Europa
contemporaneamente
;
e
non
già
al
solo
fine
di
scrutare
qualsiasi
possibilità
di
sfruttamento
delle
diverse
situazioni
europee
a
pro
dell
'
Italia
,
ma
per
una
coscienza
profonda
della
solidarietà
fra
le
sorti
delle
diverse
nazioni
.
Si
trattava
sempre
per
lui
della
internazionale
dei
popoli
contro
l
'
internazionale
dei
re
.
Anzi
,
questa
tendenza
in
Mazzini
si
può
dire
che
si
accentui
col
passare
degli
anni
:
dopo
il
1860
v
'
è
una
lettera
di
lui
in
cui
dice
,
presso
a
poco
,
che
la
testa
gli
fa
male
per
la
gran
confusione
che
c
'
è
in
essa
di
popoli
,
movimenti
popolari
e
insurrezioni
in
corso
od
in
aspettativa
in
mezza
Europa
.
Fino
alla
morte
,
il
Mazzini
seguitò
a
considerare
il
Risorgimento
italiano
come
solidale
con
la
dissoluzione
dell
'
impero
absburgico
,
e
questa
congiunta
a
sua
volta
con
quella
dell
'
impero
turco
.
Egli
così
vedeva
in
un
unico
quadro
la
liberazione
e
la
ricostruzione
nazionale
dei
popoli
dalla
Polonia
alla
Grecia
;
e
riteneva
in
particolare
che
fosse
missione
precipua
dell
'
Italia
favorire
la
liberazione
e
la
costituzione
nazionale
dei
popoli
slavi
e
stringersi
con
essi
.
Anche
su
questo
terreno
la
concezione
e
il
metodo
Napoleone
III
Cavour
trionfò
di
Mazzini
;
e
,
come
sempre
succede
a
chi
trionfa
,
ebbe
gli
applausi
unanimi
del
«
fatto
compiuto
»
.
Pure
,
conseguenza
capitale
di
quel
trionfo
fu
che
taluni
problemi
nazionali
venissero
risolti
,
altri
rimandati
:
Italia
e
Germania
si
costituirono
in
unità
;
il
grande
piano
europeo
per
la
dissoluzione
dell
'
impero
absburgico
e
di
quello
turco
,
e
la
loro
ricostruzione
come
federazione
di
popoli
,
fu
messo
da
parte
.
Ma
i
problemi
rinviati
rimanevano
:
essi
si
fecero
più
tardi
acuti
,
improrogabili
,
e
fu
la
guerra
europea
del
1914
.
Napoleone
III
e
Mazzini
Vi
fu
dunque
per
il
Mazzini
una
triplice
ragione
di
combattere
la
politica
regio
cavouriana
dell
'
alleanza
con
Napoleone
III
:
1
)
iniziativa
straniera
,
anziché
nazionale
;
2
)
alleanza
col
dispotismo
ed
esclusione
dell
'
iniziativa
popolare
;
3
)
mutilazione
del
programma
europeo
delle
nazionalità
.
Uno
dei
punti
di
vista
sotto
cui
si
può
considerare
la
storia
d
'
Europa
nella
seconda
metà
del
secolo
XIX
è
quello
dell
'
antitesi
,
e
insieme
di
una
certa
affinità
,
fra
Mazzini
e
Napoleone
III
.
Luigi
Napoleone
fu
uomo
assai
superiore
moralmente
-
-
e
forse
non
inferiore
come
importanza
storica
-
-
a
Napoleone
«
il
Grande
»
.
Là
dove
il
secondo
non
aveva
pensato
che
alla
sua
carriera
e
grandezza
(
o
tutt
'
al
più
alla
grandezza
materiale
della
Francia
)
,
il
primo
ebbe
sinceri
interessi
europei
e
umani
,
sentì
veramente
taluni
ideali
.
Un
controllo
della
sua
sincerità
è
la
mancanza
delle
pose
e
delle
messe
in
scena
tanto
care
allo
zio
.
Luigi
Napoleone
intravide
più
di
un
aspetto
capitale
del
problema
europeo
:
liberazione
delle
nazionalità
come
base
di
un
nuovo
pacifico
assetto
europeo
,
elevazione
delle
masse
operaie
,
sanità
feconda
del
libero
scambio
internazionale
(
il
trattato
di
commercio
anglo
francese
del
1860
rimane
una
delle
cose
più
belle
compiute
in
quel
periodo
in
Europa
)
.
Il
primo
e
il
secondo
punto
erano
gli
obiettivi
stessi
del
Mazzini
:
e
insomma
-
-
l
'
abbiamo
già
accennato
-
-
il
programma
che
la
democrazia
francese
del
Quarantotto
aveva
rifiutato
di
assumere
fu
Napoleone
III
a
farlo
suo
,
almeno
in
una
certa
misura
.
Ma
tra
Napoleone
III
e
Mazzini
v
'
era
una
differenza
capitale
di
spirito
,
autoritario
e
cesareo
nell
'
uno
,
democratico
e
religioso
nell
'
altro
.
Si
considerarono
reciprocamente
come
antagonisti
massimi
;
e
per
Napoleone
III
l
'
esule
di
Londra
,
povero
e
apparentemente
isolato
e
inerme
,
fu
tra
le
più
costanti
e
maggiori
preoccupazioni
.
Fra
loro
si
contendeva
l
'
iniziativa
europea
,
se
dovesse
essere
del
cesarismo
o
di
«
Dio
e
popolo
»
;
se
la
nuova
Europa
dovesse
sorgere
solo
a
pro
del
popolo
,
o
anche
per
mezzo
del
popolo
.
La
contesa
massima
fu
intorno
all
'
Italia
:
nella
fase
decisiva
della
questione
italiana
,
se
si
guarda
attentamente
e
spassionatamente
,
due
furono
le
iniziative
propriamente
dette
,
di
Mazzini
e
di
Napoleone
III
:
la
monarchia
sabauda
e
lo
stesso
Cavour
seguirono
,
e
la
loro
azione
fu
il
risultato
e
come
la
diagonale
delle
due
iniziative
;
bensì
,
da
terzi
divennero
primi
,
grazie
alla
capacità
di
combinazione
e
di
realizzazione
,
all
'
equilibrio
sovrano
,
all
'
ispirazione
liberale
di
Cavour
.
Napoleone
III
sentiva
che
alla
soluzione
del
problema
italiano
erano
legati
i
suoi
destini
;
e
infatti
egli
cadde
per
essersi
arrestato
all
'
ultimo
passo
,
rimanendo
vittima
del
clericalismo
assolutistico
e
del
potere
temporale
.
Il
Mazzini
fremeva
all
'
idea
che
un
despota
,
per
giunta
straniero
,
dovesse
foggiare
la
nuova
Italia
aggregandola
al
suo
carro
,
togliendole
,
per
il
corpo
,
l
'
anima
.
Di
questo
asservimento
e
tradimento
furono
complici
necessari
ai
suoi
occhi
Cavour
e
la
monarchia
sabauda
.
Napoleone
III
,
tenendo
l
'
occhio
al
Mazzini
e
stimolato
non
solo
dal
desiderio
di
prevenirlo
,
ma
(
noi
crediamo
,
nonostante
ogni
altra
opinione
in
proposito
)
anche
dal
timore
di
esser
tolto
di
mezzo
dal
Partito
d
'
azione
,
strappò
l
'
iniziativa
di
mano
al
cospiratore
londinese
.
(
Notammo
già
che
il
colloquio
di
Plombières
seguì
solo
di
alcuni
mesi
l
'
attentato
di
Orsini
)
.
Ma
l
'
iniziativa
strappata
non
poté
essere
svolta
da
lui
integralmente
per
il
vizio
intrinseco
del
suo
regime
,
che
avrebbe
voluto
attuare
il
liberalismo
democratico
europeo
con
mezzi
nazionalistici
e
autoritari
.
Analisi
dell
'
unificazione
plebiscitaria
Fra
l
'
aprile
'59
e
il
marzo
'61
-
-
si
dovrebbe
anzi
dire
l
'
ottobre
'60
-
-
in
un
periodo
,
cioè
,
favolosamente
breve
,
fu
realizzata
l
'
unità
italiana
,
non
più
esistita
territorialmente
da
tredici
secoli
,
dall
'
invasione
longobarda
in
poi
,
e
come
autonomia
politica
unitaria
non
esistita
mai
.
Basta
questa
sola
considerazione
a
mostrare
l
'
assurdità
della
tesi
(
seppur
non
è
troppo
onore
chiamarla
con
questo
nome
)
che
vorrebbe
ridurre
il
Risorgimento
al
processo
di
espansione
territoriale
progressiva
dello
stato
sabaudo
.
Questo
,
dopo
aver
messo
settecento
anni
per
arrivare
dalle
Alpi
al
Ticino
,
avrebbe
da
sé
,
per
sua
miracolosa
forza
intrinseca
,
ingoiato
in
due
anni
tutto
il
resto
d
'
Italia
.
La
sproporzione
enorme
non
si
spiega
se
non
intendendo
che
ben
altre
e
più
profonde
forze
hanno
giocato
nell
'
unificazione
,
tutto
un
processo
secolare
etico
politico
il
quale
per
un
concorso
di
circostanze
realizzò
nel
corso
di
un
biennio
il
risultato
politico
territoriale
,
parte
essenziale
,
ma
non
unica
né
suprema
,
del
Risorgimento
.
Piuttosto
,
la
rapidità
prodigiosa
di
questa
realizzazione
sarà
un
motivo
di
più
per
indagare
se
in
essa
non
si
celasse
qualche
imperfezione
costituzionale
.
Quelle
circostanze
straordinariamente
concorrenti
furono
:
iniziativa
popolare
(
rivoluzioni
dell
'
Italia
centrale
,
spedizione
dei
Mille
,
progetti
e
tentativi
per
l
'
abbattimento
di
tutto
il
potere
temporale
)
;
azione
politico
militare
della
monarchia
sabauda
;
elementi
molteplici
della
situazione
europea
,
e
cioè
,
oltre
l
'
alleanza
franco
piemontese
e
tutta
la
politica
di
Napoleone
III
,
la
politica
di
Palmerston
e
Russell
favorevole
all
'
unità
italiana
,
la
crisi
interna
austriaca
,
il
dissidio
austro
prussiano
,
e
più
ancora
l
'
austro
russo
.
Nel
biennio
fatidico
,
la
monarchia
,
e
per
essa
Cavour
,
agisce
come
elemento
mediatore
(
nel
proprio
interesse
,
oltreché
in
quello
dell
'
Italia
)
fra
l
'
iniziativa
popolare
e
la
politica
europea
.
La
mediazione
fu
opera
di
straordinaria
capacità
politica
,
superiore
per
la
complessità
di
elementi
conciliati
alle
più
belle
realizzazioni
diplomatiche
di
Bismarck
;
ma
mediazione
non
avrebbe
potuto
esserci
senza
i
termini
da
mediare
.
Ora
,
l
'
iniziativa
popolare
fu
del
Mazzini
,
o
d
'
ispirazione
e
provenienza
,
diretta
o
indiretta
,
mazziniana
(
si
ricordi
quel
che
abbiamo
detto
circa
la
Società
Nazionale
)
;
e
se
un
'
altra
influenza
possiamo
indicare
accanto
ad
essa
,
è
quella
del
liberalismo
radicale
.
È
dunque
prettamente
antistorico
considerare
,
in
onore
del
demiurgo
o
deus
ex
machina
Vittorio
Emanuele
o
Cavour
,
l
'
azione
mazziniana
dopo
il
1849
-
-
e
in
particolare
nel
biennio
decisivo
-
-
come
inefficace
o
addirittura
dannosa
,
come
ostacolo
all
'
opera
realizzata
.
Il
fatto
capitale
per
l
'
unità
italiana
non
fu
la
guerra
franco
piemontese
contro
l
'
Austria
del
1859
,
che
per
sé
non
avrebbe
prodotto
(
e
nelle
intenzioni
formali
di
Napoleone
III
non
avrebbe
dovuto
produrre
)
che
il
regno
dell
'
alta
Italia
e
la
confederazione
:
un
ritorno
,
cioè
,
alla
prima
fase
quarantottesca
.
I
fatti
capitali
per
l
'
unità
furono
tre
:
le
insurrezioni
dell
'
Italia
centrale
,
la
spedizione
di
Sicilia
,
la
spedizione
delle
Marche
e
dell
'
Umbria
.
Sono
tre
pensieri
azioni
mazziniani
,
e
in
ogni
caso
popolari
rivoluzionari
.
Di
essi
,
i
primi
due
furono
altresì
realizzati
,
almeno
nella
spinta
iniziale
,
come
rivoluzione
popolare
(
si
tenga
presente
che
la
rivoluzione
toscana
del
27
aprile
,
la
più
importante
fra
quelle
dell
'
Italia
centrale
,
fu
opera
precipua
del
Partito
d
'
azione
)
;
la
spedizione
dei
Mille
,
anzi
,
è
il
tipo
stesso
dell
'
insurrezione
e
della
guerra
popolari
,
con
l
'
eroe
popolare
per
eccellenza
,
Garibaldi
.
Il
terzo
fatto
fu
realizzato
dalla
monarchia
,
la
quale
fece
sua
l
'
idea
,
con
inizi
di
fatto
,
della
rivoluzione
popolare
.
E
la
fece
sua
-
-
si
leggano
le
lettere
di
Cavour
del
tempo
-
-
perché
ritenne
che
questo
fosse
l
'
unico
mezzo
per
salvare
se
stessa
,
perché
l
'
unità
italiana
non
si
facesse
repubblicanamente
.
Ancora
una
volta
,
anzi
proprio
al
momento
buono
,
giocò
il
dilemma
ben
visto
da
Vittorio
Emanuele
II
:
o
re
d
'
Italia
o
«
monsù
Savoia
»
.
Il
Mazzini
si
piegò
ad
accettare
la
partecipazione
direttiva
della
monarchia
e
anzi
la
promosse
,
pur
prevedendo
il
risultato
contrario
al
suo
ideale
repubblicano
,
perché
in
lui
prevalse
su
ogni
altra
cosa
il
desiderio
dell
'
unità
,
che
in
questo
caso
era
proprio
l
'
unità
territoriale
a
preferenza
di
quella
politico
morale
.
Egli
bensì
riservò
per
sé
e
per
i
suoi
il
diritto
di
opposizione
politica
,
e
cioè
di
seguitare
la
propaganda
per
gli
ideali
repubblicani
.
Anch
'
egli
,
dunque
-
-
considerato
da
tanti
come
l
'
intransigente
settario
,
il
puro
oppositore
,
l
'
idealista
col
capo
nelle
nuvole
,
-
-
vide
la
realtà
politica
,
e
seppe
adattarvisi
nell
'
interesse
supremo
della
nazione
;
anzi
dal
suo
punto
di
vista
la
questione
da
farsi
sarebbe
se
non
vi
si
adattò
anche
troppo
.
Fu
un
sacrificio
magnanimo
,
un
caso
grandioso
di
sic
vos
non
vobis
.
Donde
,
allora
,
il
dissidio
persistente
fra
lui
e
il
nuovo
ordine
di
cose
,
dissidio
che
fece
del
maggiore
apostolo
dello
stato
unitario
,
una
volta
questo
realizzato
,
un
cospiratore
e
un
reprobo
fino
alla
morte
?
Il
Mazzini
intendeva
che
il
popolo
italiano
dovesse
pronunciarsi
,
quale
comunità
nazionale
,
liberamente
,
direttamente
e
integralmente
,
sul
suo
regime
politico
;
egli
reclamava
«
un
patto
nazionale
»
dettato
da
una
costituente
.
Anche
il
Gioberti
del
Rinnovamento
aveva
detto
che
,
dopo
la
dittatura
piemontese
,
occorrente
alla
liberazione
e
costituzione
d
'
Italia
,
l
'
ordinamento
politico
giuridico
della
nazione
avrebbe
dovuto
essere
opera
di
una
dieta
universale
della
nazione
.
I
plebisciti
non
furono
agli
occhi
del
Mazzini
un
equivalente
della
costituente
e
del
patto
,
perché
non
preceduti
da
discussione
in
sede
di
libera
lotta
politica
,
perché
le
formule
loro
non
ponevano
altra
ipotesi
concreta
che
l
'
unione
al
regno
costituzionale
di
Vittorio
Emanuele
II
,
perché
infine
essi
implicarono
l
'
accettazione
pura
e
semplice
per
tutta
Italia
di
uno
statuto
puramente
piemontese
,
e
di
concessione
regia
.
Ai
suoi
occhi
tutto
ciò
si
risolveva
in
una
aggregazione
esteriore
e
quasi
in
una
conquista
,
al
posto
della
creazione
popolare
di
una
nuova
Italia
.
E
non
poté
non
confermarsi
in
questa
idea
allorché
il
Parlamento
,
votando
il
regno
d
'
Italia
(
e
si
trattava
di
un
parlamento
eletto
a
suffragio
assai
limitato
)
,
proclamò
Vittorio
Emanuele
secondo
e
non
primo
.
Era
,
cioè
-
-
pensò
il
Mazzini
e
con
lui
il
federalismo
repubblicano
e
in
generale
la
democrazia
,
-
-
la
continuazione
della
monarchia
sabauda
,
non
la
creazione
di
una
nuova
monarchia
italiana
:
diritto
divino
,
non
diritto
popolare
;
quel
diritto
divino
che
,
sia
pure
accoppiato
con
la
«
volontà
della
nazione
»
(
e
sia
pure
col
sottinteso
di
escludere
la
teocrazia
papale
)
,
faceva
aperta
e
primaria
mostra
di
sé
nella
formula
d
'
intitolazione
per
gli
atti
del
nuovo
regno
.
Questo
giudizio
del
Mazzini
non
può
affatto
essere
considerato
-
-
come
piacque
e
piace
fare
ai
«
liberali
moderati
»
-
-
un
semplice
apriorismo
dommatico
,
o
anzi
stortura
settaria
.
Occorre
distinguere
in
esso
il
giudizio
sul
procedimento
di
unificazione
del
'6061
,
considerato
hic
et
nunc
,
nella
sua
sostanzialità
politico
giuridica
immediata
,
dall
'
altro
apprezzamento
:
quello
sul
risultato
futuro
dell
'
unificazione
così
avvenuta
,
cioè
sulle
virtualità
contenute
o
meno
nello
stato
italiano
così
costituito
,
insieme
con
le
derivanti
conseguenze
di
condotta
politica
in
confronto
dello
stato
medesimo
.
Sul
primo
punto
,
il
giudizio
storico
viene
a
coincidere
sostanzialmente
con
quello
politico
mazziniano
(
o
anche
repubblicano
federale
)
.
È
un
fatto
da
constatare
-
-
rimanendo
poi
libero
ciascuno
di
valutarlo
come
gli
piace
,
dal
punto
di
vista
del
Risorgimento
o
dell
'
Antirisorgimento
-
-
che
il
procedimento
annessionistico
plebiscitario
parlamentare
,
con
cui
fu
costituito
il
regno
d
'
Italia
,
rappresentò
non
una
costituzione
fatta
dal
popolo
italiano
con
piena
illuminazione
di
coscienza
e
libertà
di
volere
,
ma
una
improvvisazione
di
necessità
,
un
compromesso
fra
forze
popolari
e
poteri
conservatori
dinastici
,
sotto
la
triplice
pressione
dell
'
unico
stato
italiano
rimasto
in
piedi
,
della
diplomazia
europea
,
e
della
mancanza
,
nella
prospettiva
immediata
,
di
ogni
altra
soluzione
accettabile
(
che
non
fosse
cioè
il
ritorno
allo
stato
di
cose
precedenti
o
l
'
occupazione
straniera
o
l
'
anarchia
)
.
Si
agi
da
tutti
-
-
da
Vittorio
Emanuele
e
da
Cavour
,
come
da
Garibaldi
e
da
Mazzini
adottanda
il
principio
«
capo
ha
cosa
fatta
»
,
che
Gioberti
aveva
inculcato
nel
Rinnovamento
.
L
'
improvvisazione
di
necessità
si
tradusse
nel
carattere
imperfetto
dei
plebisciti
e
nella
convalida
di
essi
da
parte
di
un
parlamento
eletto
a
suffragio
ristretto
,
e
nell
'
adozione
pura
e
semplice
dello
statuto
octroyé
nel
'48
da
Carlo
Alberto
al
Piemonte
;
cioè
in
quei
connotati
contro
i
quali
si
diresse
l
'
opposizione
mazziniana
.
Pertanto
,
questa
improvvisazione
,
di
necessità
non
fu
,
hic
et
nunc
,
nell
'
immediata
realtà
politico
giuridica
,
una
creazione
vera
e
propria
del
nuovo
stato
nazionale
,
ma
,
precisamente
,
l
'
annessione
a
uno
degli
stati
italiani
preesistenti
di
tutti
gli
altri
.
Da
queste
constatazioni
esatte
il
Mazzini
dedusse
,
per
la
sua
mentalità
dommatica
e
statica
,
un
giudizio
di
condanna
definitiva
e
una
pregiudiziale
d
'
intransigenza
assoluta
nei
rispetti
del
nuovo
stato
,
tornando
così
,
in
confronto
del
regno
d
'
Italia
,
alla
posizione
d
'
intransigenza
rivoluzionaria
tenuta
verso
gli
antichi
stati
italiani
.
Egli
non
vide
(
per
quella
certa
deficienza
di
mentalità
liberale
che
fu
sempre
in
lui
)
come
,
attraverso
tutti
i
rabberciamenti
dell
'
antico
,
ci
fosse
nella
costruzione
improvvisata
una
novità
sostanziale
,
includente
in
sé
la
virtualità
di
sanare
il
vizio
d
'
origine
.
La
novità
era
il
regime
liberale
,
che
,
superiore
alla
lancia
d
'
Achille
,
sanava
le
ferite
altrui
oltreché
le
proprie
.
Esso
permetteva
nella
lotta
politica
quotidiana
di
saggiare
,
modificare
,
e
trasformare
anche
radicalmente
la
costruzione
medesima
.
Dalla
lotta
politica
quotidiana
sarebbe
derivata
la
convalida
o
meno
di
quanto
era
stato
operato
nella
costruzione
improvvisata
di
necessità
.
Vero
è
che
la
mentalità
dommatica
e
statica
,
rispetto
al
regno
d
'
Italia
,
non
fu
solo
del
Mazzini
,
ma
altrettanto
,
se
non
più
,
dei
suoi
avversari
liberali
moderati
e
perfino
dei
ralliés
del
Partito
d
'
azione
,
i
quali
,
facendo
dei
plebisciti
non
un
atto
politico
in
svolgimento
,
ma
un
feticcio
immobile
,
considerarono
la
costruzione
del
186061
come
un
noli
me
tangere
;
e
nel
giuramento
parlamentare
videro
la
consacrazione
giuridica
di
questa
intangibilità
,
mutilando
e
falsando
il
concetto
della
sovranità
e
dell
'
iniziativa
nazionali
,
base
del
Risorgimento
.
Una
conseguenza
capitale
della
«
costruzione
di
necessità
»
,
cioè
della
formazione
del
regno
d
'
Italia
attraverso
il
procedimento
annessionistico
parlamentare
che
abbiamo
caratterizzato
,
fu
che
le
classi
popolari
,
non
avendo
partecipato
direttamente
alla
costruzione
,
non
poterono
neppure
far
valere
in
essa
i
loro
interessi
specifici
;
e
perciò
il
programma
sociale
del
Risorgimento
-
-
impostato
dal
Mazzini
,
dal
Ferrari
,
dal
Gioberti
del
Rinnovamento
,
e
più
arditamente
di
tutti
dal
Pisacane
,
mentre
i
moderati
e
lo
stesso
Cavour
lo
avevano
sostanzialmente
ignorato
-
-
rimase
fuori
dalla
nuova
costruzione
.
Fu
l
'
aspetto
negativo
sociale
del
«
moderatismo
»
,
del
carattere
di
compromesso
insito
alla
formazione
del
regno
d
'
Italia
,
aspetto
complementare
di
quello
politico
,
o
piuttosto
(
come
si
è
accennato
già
)
conseguenza
necessaria
di
questo
,
poiché
è
sempre
vero
il
principio
«
politique
d
'
abord
»
.
Ma
anche
per
questa
lacuna
particolare
valeva
,
come
per
quella
generale
,
la
possibilità
di
rimedio
insita
nel
regime
liberale
.
Destra
e
sinistra
Dopo
il
1861
una
divergenza
capitale
fra
il
Mazzini
e
il
governo
monarchico
(
dietro
cui
la
Destra
,
che
Cavour
aveva
allargato
e
trasformato
,
tornò
a
prender
carattere
di
partito
oligarchico
)
fu
quella
circa
il
metodo
per
il
compimento
dell
'
unità
nazionale
:
divergenza
che
non
era
se
non
un
caso
particolare
del
dissenso
generale
preesistente
.
Se
il
Mazzini
aveva
sostenuto
sempre
il
principio
«
l
'
Italia
farà
da
sé
»
,
a
maggior
ragione
lo
sosteneva
adesso
che
lo
stato
italiano
comprendeva
la
quasi
totalità
della
penisola
,
con
più
di
venti
milioni
di
abitanti
.
Tutt
'
al
più
egli
ammetteva
una
certa
prudenza
riguardo
a
Roma
,
non
ignorando
la
possibilità
di
un
urto
armato
con
la
Francia
e
di
una
guerra
su
due
fronti
,
che
avrebbe
potuto
segnare
la
rovina
della
formazione
unitaria
appena
realizzata
.
Di
fronte
all
'
Austria
,
per
il
Veneto
,
nessun
dubbio
per
lui
;
occorreva
il
duello
diretto
fra
il
vecchio
e
il
nuovo
stato
,
con
l
'
insurrezione
popolare
come
battistrada
e
la
congiunzione
al
movimento
generale
di
liberazione
dei
popoli
sottomessi
agli
Absburgo
.
Alla
solidarietà
dei
popoli
(
l
'
abbiamo
già
avvertito
)
il
Mazzini
in
quest
'
ultimo
periodo
è
più
che
mai
fedele
,
nonostante
l
'
evoluzione
in
senso
contrario
della
politica
europea
:
egli
inquadra
sempre
l
'
Italia
nella
ricostruzione
generale
europea
sulla
base
delle
nazionalità
affratellate
,
ed
è
sempre
contrario
ad
ogni
isolamento
nazionalistico
.
Con
il
Mazzini
conveniva
in
queste
idee
tutto
il
Partito
d
'
azione
,
che
si
distingueva
appunto
dai
moderati
di
governo
per
il
suo
ricorso
all
'
iniziativa
popolare
,
senza
attendere
il
cenno
governativo
.
Il
Partito
d
'
azione
,
però
,
non
aveva
una
volontà
così
risoluta
e
compatta
come
quella
del
Mazzini
;
soprattutto
,
non
era
risoluto
e
compatto
nella
pregiudiziale
repubblicana
che
il
Mazzini
tornò
a
impiantare
dopo
la
convenzione
di
settembre
,
e
soprattutto
dopo
gli
scacchi
del
'66
.
Principale
personaggio
del
Partito
d
'
Azione
accanto
a
Mazzini
-
-
e
anzi
praticamente
più
influente
di
lui
-
-
era
Garibaldi
.
Ma
questi
,
di
fronte
a
«
Dio
e
Popolo
»
,
seguitava
a
dar
la
preferenza
a
«
Italia
e
Vittorio
Emanuele
»
:
era
insomma
assai
più
disposto
(
anche
dopo
Aspromonte
e
Mentana
)
ad
aspettare
l
'
iniziativa
,
se
non
del
governo
moderato
-
-
che
avversava
non
meno
di
Mazzini
,
-
-
del
re
,
per
cui
ebbe
sempre
fiducia
e
simpatia
.
In
quanto
alla
repubblica
,
Garibaldi
la
rimandava
alla
volontà
futura
del
popolo
italiano
.
La
questione
romana
Riguardo
alla
questione
romana
,
vi
era
tra
il
governo
e
il
Partito
d
'
azione
un
dissidio
non
solo
circa
il
modo
di
togliere
Roma
al
papa
,
ma
anche
intorno
all
'
atteggiamento
da
prendere
di
fronte
al
papato
e
alla
situazione
da
fargli
in
una
Roma
divenuta
italiana
.
Era
una
questione
non
più
solo
politica
,
ma
religiosa
:
tornava
il
problema
religioso
del
Risorgimento
e
di
tutta
la
storia
italiana
.
Il
neoguelfismo
era
praticamente
finito
,
salvo
certe
velleità
conciliatrici
tuttora
esistenti
in
gruppi
di
cattolici
nazionali
,
che
ebbero
influenza
,
se
non
per
una
soluzione
della
questione
romana
,
per
il
modus
vivendi
di
fatto
realizzato
.
La
soluzione
governativa
era
stata
formulata
da
Cavour
poco
prima
della
morte
e
lasciata
in
eredità
alla
Destra
,
la
quale
peraltro
non
l
'
accolse
se
non
con
beneficio
d
'
inventario
.
Era
la
parte
più
elevata
della
concezione
politica
cavouriana
,
quella
con
cui
il
Cavour
,
staccandosi
più
arditamente
dall
'
empirismo
moderato
,
s
'
innalzò
verso
le
vette
dell
'
ideale
.
Il
suo
concetto
era
che
l
'
applicazione
dei
principî
liberali
alle
relazioni
con
la
società
religiosa
(
libera
Chiesa
in
libero
Stato
)
avrebbe
avuto
per
effetto
la
conversione
del
cattolicismo
e
del
papato
ai
principî
di
libertà
,
la
loro
riconciliazione
con
la
società
moderna
.
Egli
era
fisso
nell
'
idea
che
l
'
antiliberalismo
pontificio
fosse
un
effetto
del
potere
temporale
;
i
concordati
e
i
principî
giurisdizionalistici
erano
una
necessità
,
finché
il
pontefice
riuniva
nelle
sue
mani
i
due
poteri
:
scomparsa
la
causa
,
sarebbe
scomparso
l
'
effetto
.
II
Cavour
non
aveva
una
nozione
chiara
dei
principî
cattolico
romani
sulla
Chiesa
società
perfetta
,
dotata
di
poteri
completi
e
autonomi
,
legislativi
,
giudiziari
,
coercitivi
,
e
sulla
natura
intima
del
diritto
canonico
,
per
cui
il
giure
,
con
le
sue
implicazioni
esteriori
,
fa
parte
integrante
del
cattolicismo
.
Perciò
la
soppressione
del
potere
temporale
con
la
libertà
concessa
alla
Chiesa
gli
fa
balenare
,
non
come
ideale
lontano
e
vago
,
ma
come
possibilità
concreta
già
esistente
,
l
'
accordo
fra
i
due
principî
morali
fondamentali
della
società
:
religione
e
libertà
.
Per
tal
modo
,
il
Cavour
,
così
realistico
,
così
empirico
,
così
diplomatico
sul
piano
della
questione
nazionale
puramente
politica
,
si
innalza
,
su
quello
della
politica
ecclesiastica
,
a
una
concezione
diversa
nel
concreto
da
quella
mazziniana
,
ma
di
spirito
affine
,
poiché
si
tratta
anche
qui
di
una
grande
suprema
missione
riserbata
all
'
Italia
per
la
civiltà
europea
e
umana
.
La
differenza
fra
il
binomio
«
Dio
e
Popolo
»
e
quello
«
Religione
e
Libertà
»
consisteva
in
ciò
:
che
nel
binomio
mazziniano
v
'
era
l
'
ideale
di
una
umanità
totalmente
,
misticamente
associata
,
di
una
religione
dell
'
umanità
assorbente
la
politica
;
mentre
nel
binomio
cavouriano
s
'
intravede
una
società
futura
di
cui
,
ricondotto
il
potere
statale
alla
sua
funzione
di
semplice
strumento
per
la
convivenza
umana
pacifica
,
ordinata
e
sicura
,
la
libera
collaborazione
degli
individui
si
svolgerebbe
senza
più
ostacoli
,
diretta
al
pieno
sviluppo
dei
valori
spirituali
.
La
Destra
cavouriana
,
dopo
la
morte
del
maestro
,
abbandonò
questo
idealismo
di
lui
(
qualche
tentativo
di
mantenerlo
vi
fu
,
invano
,
da
parte
del
Ricasoli
)
,
e
riportò
la
sistemazione
della
questione
romana
sul
piano
del
compromesso
politico
ecclesiastico
.
In
quanto
al
Partito
d
'
azione
,
anticlericale
e
antipapale
,
esso
non
voleva
sapere
di
guarentigie
in
favore
del
pontefice
,
e
neppure
,
propriamente
,
di
libera
Chiesa
in
libero
Stato
:
esso
parlava
di
annullamento
totale
del
papato
politico
,
considerato
come
nemico
irriducibile
,
e
vagheggiava
la
distruzione
del
papato
spirituale
,
non
propriamente
per
un
atto
diretto
di
forza
,
ma
come
conseguenza
dell
'
abolizione
del
potere
temporale
e
della
riduzione
del
papato
a
un
regime
di
diritto
comune
.
Anche
il
sistema
di
Cavour
,
in
ultima
analisi
,
approdava
al
diritto
comune
,
ma
con
spirito
profondamente
differente
,
in
quanto
si
riprometteva
dal
regime
di
questo
un
rifiorire
del
cattolicismo
,
anziché
una
sua
sparizione
.
Contro
il
papato
e
il
clero
sono
note
le
escandescenze
di
Garibaldi
,
che
non
debbono
essere
prese
alla
lettera
;
più
in
generale
,
il
Partito
d
'
azione
non
lavorò
effettivamente
a
realizzare
il
suo
programma
anticlericale
,
e
una
volta
arrivato
al
potere
come
Sinistra
,
seguitò
la
politica
ecclesiastica
della
Destra
.
Un
concetto
organico
di
politica
ecclesiastica
,
di
fronte
a
quello
del
Cavour
,
l
'
ebbe
solo
il
Mazzini
.
Per
lui
era
assurda
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
,
salvo
come
espediente
provvisorio
.
Chiesa
e
Stato
per
lui
erano
come
anima
e
corpo
;
al
cattolicismo
papale
invecchiato
egli
opponeva
la
nuova
religione
di
«
Dio
e
Popolo
»
,
la
nuova
rivelazione
che
doveva
scaturire
per
opera
diretta
divina
dalla
coscienza
popolare
,
e
che
doveva
dare
il
significato
supremo
al
Risorgimento
italiano
.
Il
Mazzini
perciò
fu
un
reciso
oppositore
della
formula
«
libera
Chiesa
in
libero
Stato
»
,
da
lui
giudicata
vuota
e
atea
.
Egli
la
giudicava
così
perché
,
al
solito
,
la
trasportava
senza
neppure
avvedersene
-
-
o
piuttosto
in
conformità
al
suo
principio
solito
di
unità
mistica
-
-
dalla
sfera
dei
rapporti
giuridici
e
politici
a
quella
delle
relazioni
morali
ultime
.
E
così
,
non
si
rendeva
conto
che
l
'
ordinamento
di
separazione
fra
Chiesa
e
Stato
vagheggiato
da
Cavour
non
impediva
punto
quell
'
azione
della
religione
sulla
politica
,
dello
spirituale
sul
temporale
,
dell
'
ideale
sulla
realtà
,
da
lui
,
Mazzini
,
giustamente
reclamata
;
ma
poteva
anzi
favorire
quell
'
azione
,
era
diretto
a
renderla
più
libera
e
pura
.
Era
cioè
un
tentativo
per
attuare
ciò
che
il
Mazzini
medesimo
,
nel
suo
sforzo
teoretico
per
conciliare
autorità
e
libertà
,
domandava
quando
scriveva
:
«
Desideriamo
che
un
pensiero
comune
ci
colleghi
in
attività
verso
un
oggetto
comune
;
ma
vogliamo
che
unione
siffatta
abbia
il
libero
nostro
consenso
;
vogliamo
che
oggetto
siffatto
sia
di
tutti
,
non
di
classe
o
di
setta
»
.
Dal
1861
al
1870
Nell
'
insieme
,
il
tono
politico
generale
in
Italia
dopo
il
1861
si
abbassa
.
La
partecipazione
del
popolo
alla
vita
pubblica
,
e
più
particolarmente
al
compimento
dell
'
edificio
nazionale
,
diminuisce
invece
di
accrescersi
.
Abbiamo
da
una
parte
una
politica
segreta
di
gabinetto
,
che
in
conclusione
si
riduce
ad
aspettare
i
contraccolpi
dei
cambiamenti
internazionali
;
dall
'
altra
,
moti
ristretti
,
isolati
,
colpi
di
testa
,
come
quelli
che
condussero
ad
Aspromonte
e
Mentana
.
L
'
elaborazione
interna
del
nuovo
stato
si
compie
per
opera
quasi
unicamente
governativa
,
con
ben
scarso
concorso
dell
'
opinione
pubblica
e
dello
stesso
parlamento
(
che
seguita
ad
essere
eletto
a
suffragio
ristrettissimo
)
.
Questo
fenomeno
,
che
potremmo
chiamare
di
involuzione
oligarchica
,
non
è
speciale
del
Risorgimento
italiano
,
anzi
è
ancor
più
accentuato
altrove
,
particolarmente
in
Germania
;
e
si
collega
con
quella
trasformazione
del
moto
politico
europeo
dopo
il
'48
,
di
cui
abbiamo
discorso
sopra
.
Trionfarono
di
fatto
,
in
tutto
e
per
tutto
,
le
soluzioni
monarchico
governative
.
Non
vi
fu
insurrezione
a
Roma
,
non
a
Venezia
,
né
rivolgimento
generale
dell
'
impero
austriaco
.
La
liberazione
del
Veneto
fu
un
fatto
puramente
diplomatico
militare
di
governi
,
spoglio
di
qualsiasi
elevazione
etico
politica
:
esso
si
compì
attraverso
le
sconfitte
militari
(
non
vergognose
né
rovinose
per
sé
,
ma
divenute
tali
per
l
'
inettitudine
dei
comandi
supremi
)
,
l
'
umiliazione
nazionale
della
consegna
da
parte
dello
straniero
,
la
rinunzia
al
Trentino
e
tanto
più
alla
Venezia
Giulia
.
Per
Roma
si
ebbero
due
iniziative
fallite
,
senza
reazione
popolare
italiana
;
si
mantenne
la
sudditanza
a
Napoleone
III
che
prese
corpo
nella
convenzione
di
settembre
(
oggetto
delle
imprecazioni
di
Mazzini
e
di
tutto
il
Partito
d
'
azione
)
;
fallirono
le
trattative
con
l
'
Austria
e
la
Francia
per
la
soluzione
diplomatica
della
questione
romana
;
solo
la
guerra
del
1870
portò
Roma
all
'
Italia
,
e
perfino
allora
in
primo
tempo
il
governo
riconfermò
la
convenzione
di
settembre
.
Neppure
all
'
ultimo
momento
vi
fu
a
Roma
l
'
insurrezione
popolare
:
si
rimase
in
attesa
delle
truppe
regie
.
Seguì
l
'
ultimo
plebiscito
,
il
trasporto
della
capitale
,
e
all
'
esigenza
mazziniana
della
costituente
nessuno
prestò
ascolto
.
Per
la
sistemazione
del
pontefice
la
legge
delle
guarentigie
adottò
la
soluzione
cavouriana
,
ma
riducendola
a
semplici
termini
di
modus
vivendi
,
con
la
rinunzia
agli
ideali
di
riforma
del
cattolicismo
.
Il
Post
risorgimento
Dopo
il
1870
quell
'
abbassamento
di
tono
,
di
cui
abbiamo
già
parlato
dopo
il
1861
,
diviene
una
constatazione
generale
.
Due
apprezzamenti
si
contrastano
in
suo
confronto
.
Il
primo
trae
dalla
constatazione
conseguenze
svalutative
per
tutto
il
periodo
di
vita
politica
italiana
dal
1870
alla
guerra
,
mirando
a
stabilire
una
opposizione
fra
il
Risorgimento
,
che
non
si
vuol
rinnegare
,
e
il
regime
liberale
democratico
che
ne
fu
il
risultato
.
L
'
altro
considera
che
ormai
le
questioni
più
grosse
,
i
problemi
fondamentali
erano
risolti
:
quelli
che
rimanevano
,
o
anzi
che
sarebbero
sempre
sorti
di
nuovo
,
non
erano
così
gravi
e
urgenti
,
così
pregiudiziali
:
era
la
vita
ordinaria
che
succedeva
a
quella
eroica
del
Risorgimento
.
La
seconda
valutazione
è
sostanzialmente
la
vera
;
ma
occorre
distinguere
e
precisare
.
La
costruzione
politico
morale
non
poteva
esser
terminata
con
quella
politico
territoriale
.
Anche
senza
accettare
il
semplicismo
della
formula
azegliana
(
«
L
'
Italia
è
fatta
:
restano
a
fare
gli
Italiani
»
)
,
già
il
fatto
che
la
seconda
costruzione
fosse
avvenuta
così
in
fretta
poteva
far
sospettare
che
ci
fosse
ancora
parecchio
da
fare
per
la
prima
.
Il
Mazzini
,
che
tanto
accoratamente
espresse
la
sua
delusione
innanzi
all
'
Italia
realizzata
,
così
diversa
da
quella
del
suo
sogno
,
concretava
politicamente
questa
delusione
un
po
'
vaga
-
-
che
per
sé
poteva
significare
semplicemente
il
divario
esistente
tra
ideale
e
realtà
-
-
seguitando
ad
auspicare
,
al
di
là
dello
stato
unificato
,
la
società
nazionale
realizzante
un
nuovo
grado
del
disegno
divino
,
mentre
in
seno
ad
essa
società
la
libera
propaganda
delle
idee
avrebbe
preparato
i
gradi
ulteriori
.
Era
la
concezione
sostituente
per
il
Mazzini
,
sopra
un
piano
più
alto
,
quella
liberale
costituzionale
dei
due
partiti
alternantisi
al
potere
.
Anche
per
chi
non
accetta
nelle
sue
particolarità
l
'
ideologia
etico
politica
mazziniana
,
si
pone
il
problema
della
continuità
fra
Risorgimento
e
Post
risorgimento
;
e
più
precisamente
,
se
le
premesse
dello
svolgimento
successivo
siano
state
poste
effettivamente
e
sufficientemente
coll
'
unificazione
,
e
se
ad
esse
abbia
corrisposto
lo
sviluppo
medesimo
.
È
un
problema
che
conviene
concretare
in
tre
punti
:
culturale
,
etico
religioso
,
politico
propriamente
detto
.
Qui
dobbiamo
limitarci
a
cenni
rapidissimi
,
esaminandolo
innanzi
tutto
per
il
cinquantennio
che
va
dall
'
unificazione
alla
prima
guerra
mondiale
.
Che
la
vita
culturale
italiana
in
questo
periodo
abbia
partecipato
effettivamente
,
fruttuosamente
,
alla
vita
culturale
europea
,
su
un
piede
di
eguaglianza
spirituale
e
strutturale
,
non
c
'
è
dubbio
:
potrà
discutersi
il
quanto
e
il
come
,
non
la
cosa
in
se
stessa
.
Fra
il
processo
del
Risorgimento
e
l
'
europeizzazione
della
coltura
italiana
non
vi
è
semplice
relazione
cronologica
,
ma
legame
intimo
:
si
tratta
appunto
di
quel
programma
europeo
che
abbiamo
visto
comune
a
tutte
le
correnti
di
pensiero
e
di
azione
del
Risorgimento
;
sia
che
,
nel
prepotente
patriottismo
di
Mazzini
e
nella
costruzione
baroccamente
grandiosa
del
Primato
giobertiano
,
si
formulasse
come
riconducimento
dell
'
Europa
all
'
Italia
;
sia
che
,
come
nei
moderati
,
nei
radicali
,
nel
Gioberti
del
Rinnovamento
e
nel
pensiero
più
spassionato
e
nel
comportamento
pratico
del
Mazzini
stesso
,
si
presentasse
come
esigenza
di
ricongiungimento
dell
'
Italia
all
'
Europa
.
Possiamo
dunque
dire
che
nel
campo
culturale
il
Risorgimento
pose
le
premesse
necessarie
e
sufficienti
allo
sviluppo
dell
'
Italia
unita
,
e
che
alle
premesse
risposero
le
conseguenze
:
fioritura
della
vita
letteraria
,
artistica
,
scientifica
,
sopra
un
piano
europeo
,
con
sempre
maggiore
avvicinamento
al
livello
dei
paesi
più
progrediti
.
Che
in
talune
parti
,
confrontando
l
'
ispirazione
ultima
,
il
tono
spirituale
della
coltura
italiana
della
seconda
metà
del
secolo
XIX
con
quella
della
prima
metà
,
potrà
riscontrarsi
piuttosto
una
discesa
,
occorre
tener
conto
innanzi
tutto
che
si
tratta
di
un
fenomeno
non
solo
italiano
,
ma
europeo
;
e
,
in
secondo
luogo
,
che
ogni
processo
di
diffusione
della
coltura
si
associa
quasi
fatalmente
a
un
certo
abbassamento
qualitativo
,
almeno
temporaneo
,
e
non
per
ciò
quel
processo
risulta
meno
fisiologico
,
meno
progressivo
.
L
'
aspetto
etico
religioso
è
quello
per
cui
sono
più
facili
e
frequenti
i
lagni
di
abbassamento
dopo
il
1870
,
e
a
cui
più
si
rivolgevano
le
recriminazioni
del
Mazzini
;
ma
è
altresì
quello
a
cui
maggiormente
conviene
l
'
osservazione
di
massima
fatta
sopra
,
che
un
certo
abbassamento
era
nella
natura
stessa
delle
cose
,
e
perciò
deve
considerarsi
come
un
processo
fisiologico
,
di
crescita
e
non
di
decadenza
.
Il
periodo
della
lotta
intensa
,
continua
,
mortale
-
-
nelle
congiure
,
nelle
insurrezioni
,
nelle
guerre
,
negli
scritti
e
nella
propaganda
orale
che
erano
pure
battaglie
,
nei
contrasti
necessari
fra
i
diversi
indirizzi
nazionali
-
-
doveva
naturalmente
avere
ritmo
di
vita
più
intenso
,
battito
di
polsi
più
accelerato
,
voli
più
eccelsi
di
idee
e
impeti
più
magnanimi
di
azione
che
non
il
periodo
successivo
della
vita
nazionale
quotidiana
entro
la
costruzione
già
realizzata
,
con
la
sua
parte
inevitabile
di
«
routine
»
,
quantitativamente
grande
.
Il
punto
vero
,
se
si
vuol
compiere
fruttuosamente
una
valutazione
spirituale
del
Post
risorgimento
,
senza
perdersi
nel
moralismo
e
nelle
querimonie
temporis
acti
,
è
se
l
'
unità
morale
italiana
,
alla
cui
costruzione
o
ricostruzione
aveva
lavorato
,
come
ultimo
obiettivo
,
il
Risorgimento
,
appaia
o
no
mantenersi
e
progredire
nel
periodo
successivo
.
Noi
diamo
risolutamente
risposta
affermativa
.
Dal
1870
al
1914
la
coscienza
nazionale
italiana
non
solo
ha
retto
alla
prova
del
còmpito
quotidiano
,
tanto
spesso
monotono
e
grigio
,
ma
si
è
consolidata
e
dilatata
.
Chiunque
ricordi
la
vita
italiana
al
principio
del
secolo
non
potrà
non
sottoscrivere
a
questo
apprezzamento
.
Naturalmente
non
contrastano
,
prima
o
dopo
il
1900
,
episodi
singoli
,
momenti
di
depressione
,
perché
occorre
guardare
alla
linea
complessiva
.
Tanto
meno
contrastano
le
lotte
di
partito
anche
vivaci
,
che
sono
anzi
condizione
e
conseguenza
al
tempo
stesso
di
una
vera
vita
nazionale
,
poiché
-
-
come
bene
spiegava
il
Balbo
quasi
un
secolo
fa
-
-
non
è
possibile
vedere
l
'
utile
della
patria
italiana
al
medesimo
modo
da
un
capo
all
'
altro
d
'
Italia
,
e
le
parti
altro
non
sono
che
queste
opinioni
diverse
sull
'
utile
nazionale
,
la
cui
libera
espressione
è
tra
i
primi
e
più
utili
risultati
della
libertà
della
nazione
.
Il
punto
più
delicato
,
per
la
coscienza
nazionale
italiana
e
per
l
'
unità
morale
della
nazione
nel
Post
risorgimento
,
fu
il
conflitto
fra
la
Chiesa
e
lo
Stato
,
culminante
nella
questione
romana
.
Nei
primi
anni
dopo
il
1870
,
e
specialmente
in
Roma
capitale
,
poté
sembrare
davvero
che
fosse
aperta
una
scissura
irrimediabile
,
un
abisso
,
fra
due
società
,
la
«
bianca
»
e
la
«
nera
»
,
fra
due
Italie
.
Eppure
non
era
così
.
Anche
allora
,
anche
in
Roma
,
nel
mondo
agitantesi
tra
Vaticano
e
Quirinale
,
e
perfino
in
Pio
IX
e
nella
Curia
,
la
scissione
era
meno
profonda
di
quanto
apparisse
;
permaneva
una
volontà
ultima
di
modus
vivendi
,
abbozzato
fin
dai
primi
giorni
;
v
'
era
il
senso
che
altro
fossero
le
necessarie
impostazioni
giuridico
diplomatiche
,
altro
la
vita
quotidiana
complessiva
e
i
sentimenti
intimi
.
Col
tempo
,
la
cicatrizzazione
fu
sempre
più
rapida
,
la
fusione
sempre
più
larga
e
intima
.
Nel
regime
delle
«
parallele
»
-
-
cioè
di
una
effettiva
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
senza
bisogno
di
proclamazione
,
col
rispetto
delle
esigenze
ecclesiastiche
essenziali
,
della
vita
religiosa
del
popolo
italiano
,
e
insieme
dell
'
aconfessionalità
governativa
,
-
-
nell
'
ambiente
della
libertà
di
coscienza
e
di
pensiero
,
di
una
libera
e
pacifica
discussione
di
tutte
le
idee
,
nel
fiorire
progressivo
della
coltura
e
della
coscienza
moderna
,
da
una
parte
i
patrioti
italiani
si
spogliarono
dell
'
anticlericalismo
ispido
e
settario
che
era
stato
un
'
arma
per
i
tempi
di
combattimento
;
dall
'
altra
,
i
cattolici
italiani
-
-
anche
i
«
clericali
»
-
-
deposero
,
in
diritto
o
in
fatto
,
i
loro
pregiudizi
e
le
loro
pregiudiziali
;
riconobbero
che
dalla
perdita
del
potere
temporale
la
Chiesa
aveva
guadagnato
,
che
la
legge
delle
guarantigie
non
era
stata
e
non
era
espediente
diplomatico
o
illusione
giuridica
,
ma
realtà
effettuale
assicurante
piena
libertà
al
papato
;
si
accostarono
sempre
più
alla
vita
italiana
,
fino
a
parteciparvi
pienamente
in
posizione
di
primo
piano
nell
'
immediato
dopoguerra
.
Altro
ostacolo
principale
all
'
unità
morale
italiana
provenne
dalla
«
questione
sociale
»
,
dalla
lotta
di
classe
.
E
anche
qui
si
ebbe
un
primo
periodo
di
contrapposizione
violenta
,
intransigente
:
i
patrioti
gridavano
addosso
al
socialismo
come
se
fosse
anarchia
o
alto
tradimento
,
i
socialisti
parlavano
del
proletariato
che
non
ha
patria
.
Ma
anche
qui
la
scissione
intransigente
era
piuttosto
nell
'
immaturità
reciproca
,
nella
lotta
politica
occasionale
e
nella
retorica
di
partito
,
che
nella
necessità
delle
cose
e
nei
sentimenti
ultimi
;
i
quali
,
in
ogni
caso
,
si
modificarono
da
una
parte
e
dall
'
altra
,
e
con
loro
i
metodi
di
lotta
e
le
realizzazioni
di
questa
.
La
possibilità
di
enunciare
nettamente
,
crudamente
,
contrasti
e
rivendicazioni
,
di
agire
per
il
riconoscimento
delle
proprie
esigenze
,
chiarificò
le
posizioni
reali
e
avvicinò
gli
spiriti
.
Il
regime
liberale
si
mostrò
sempre
più
imparziale
nei
conflitti
sociali
,
sempre
più
accogliente
verso
le
nuove
classi
e
le
nuove
forze
politiche
;
e
queste
presero
sempre
più
coscienza
dei
loro
vincoli
con
la
patria
comune
e
assunsero
sempre
maggiormente
il
loro
posto
entro
il
quadro
nazionale
.
Parlando
dell
'
entrata
proletaria
nella
vita
nazionale
siamo
già
passati
al
terzo
punto
,
all
'
evoluzione
politica
propriamente
detta
del
Post
risorgimento
.
Il
punto
capitale
era
infatti
,
su
questo
piano
,
l
'
immissione
effettiva
del
popolo
nel
nuovo
stato
.
Si
può
trovare
che
a
questa
esigenza
si
provvedesse
assai
imperfettamente
,
specie
nel
primo
decennio
.
Una
questione
importantissima
in
Italia
,
date
le
sue
tradizioni
storiche
,
la
sua
struttura
cittadina
,
la
sua
configurazione
geografica
,
era
quella
delle
autonomie
locali
,
o
decentramento
,
secondo
il
termine
comune
e
infelice
.
Essa
fu
posta
da
parte
quasi
senza
esame
;
e
con
questo
il
processo
del
Risorgimento
ebbe
una
grave
lacuna
.
La
semplice
estensione
del
suffragio
tardò
fino
al
1882
,
sebbene
Francia
e
Germania
avessero
da
tempo
il
suffragio
universale
,
e
in
Inghilterra
si
fossero
successe
le
riforme
elettorali
.
L
'
indifferentismo
del
corpo
elettorale
,
spesso
rilevato
in
base
al
numero
degli
astenuti
,
mostrava
come
la
maggiore
consapevolezza
delle
classi
superiori
avesse
dei
limiti
,
e
rendeva
quindi
più
forte
l
'
esigenza
dell
'
ampliamento
.
Si
ritornava
qui
al
fallimento
italiano
ed
europeo
del
'48
,
a
quella
frattura
nello
svolgimento
nazionale
,
a
quel
cambiamento
nell
'
indirizzo
della
politica
europea
,
a
quel
tanto
d
'
incompiuto
e
d
'
imperfetto
nel
processo
plebiscitario
unificatore
,
di
cui
abbiamo
discorso
.
Tuttavia
non
conviene
esagerare
.
Lo
strumento
fondamentale
per
la
partecipazione
alla
vita
politica
e
per
l
'
elevazione
delle
classi
popolari
era
assicurato
e
funzionò
,
con
le
libertà
pubbliche
e
la
vita
parlamentare
.
La
monarchia
costituzionale
fra
il
1870
ed
il
1914
mostrò
nell
'
insieme
una
sua
vitalità
,
nonostante
arresti
e
crisi
gravi
(
secondo
ministero
Crispi
,
Novantotto
,
secondo
ministero
Pelloux
)
,
perché
queste
furono
di
breve
durata
e
non
intaccarono
la
struttura
del
regime
liberale
,
non
pregiudicarono
cioè
le
condizioni
necessarie
per
correggere
le
deviazioni
e
riprendere
il
cammino
in
avanti
.
Sia
pure
lentamente
,
la
partecipazione
dei
nuovi
strati
alla
vita
politica
andò
sempre
aumentando
;
dopo
il
1900
,
essa
si
fece
rapida
e
intensa
coll
'
entrata
in
scena
del
proletariato
,
di
cui
abbiamo
già
fatto
cenno
,
alla
quale
si
accompagnò
il
miglioramento
economico
e
l
'
elevazione
generale
nelle
condizioni
di
vita
delle
classi
popolari
.
Il
tono
della
vita
politica
tornò
a
innalzarsi
,
la
lotta
politica
riprese
con
intensità
feconda
;
già
prima
della
guerra
si
arrivò
al
suffragio
quasi
universale
.
Poiché
la
monarchia
costituzionale
,
dopo
le
incertezze
e
deviazioni
temporanee
,
accennate
sopra
,
si
adattava
e
anzi
presiedeva
allo
sviluppo
liberale
democratico
sociale
,
nella
fedeltà
alla
lettera
e
allo
spirito
dello
statuto
e
dei
plebisciti
,
si
veniva
corrispondentemente
risolvendo
e
assorbendo
la
pregiudiziale
mazziniana
della
costituente
e
del
patto
nazionale
,
donde
la
quasi
sparizione
del
Partito
repubblicano
.
In
tutti
e
tre
gli
ordini
,
culturale
,
religioso
,
politico
,
l
'
Italia
alla
vigilia
della
guerra
del
1914
mostrava
di
possedere
nelle
realizzazioni
del
Risorgimento
gli
elementi
necessari
per
proseguire
il
suo
processo
di
sviluppo
politico
spirituale
.
Le
tradizioni
del
Risorgimento
e
la
politica
internazionale
dello
stato
italiano
Sul
piano
internazionale
,
il
Risorgimento
politico
territoriale
giunto
a
conclusione
tramandò
al
nuovo
stato
una
base
materiale
,
una
tattica
politica
e
talune
direttive
generali
.
La
base
materiale
era
l
'
Italia
unificata
,
con
i
suoi
ventisei
milioni
di
abitanti
cresciuti
rapidamente
a
trenta
e
oltre
,
e
dotata
man
mano
degli
apprestamenti
economici
e
tecnici
e
della
forza
militare
corrispondenti
.
Non
era
una
base
sufficiente
per
primeggiare
rispetto
alle
grandi
potenze
preesistenti
,
e
neppure
per
gareggiare
fin
dal
principio
con
esse
:
tuttavia
,
l
'
Italia
era
una
grande
potenza
,
anche
se
all
'
ultimo
posto
e
non
sempre
riconosciuta
come
tale
;
aveva
in
sé
gli
elementi
necessari
per
difendersi
,
per
far
valere
i
suoi
diritti
essenziali
,
per
prendere
posto
man
mano
nel
concerto
europeo
,
come
di
fatto
avvenne
.
Il
giudizio
complessivo
sulla
posizione
internazionale
raggiunta
dall
'
Italia
nel
cinquantennio
unitario
(
nonostante
ogni
episodio
meno
felice
,
ogni
divergenza
su
questo
o
quell
'
indirizzo
di
politica
estera
)
sembra
debba
essere
coscienziosamente
positivo
:
la
generazione
post
risorgimentale
non
tradì
il
deposito
affidatole
,
anche
se
non
sempre
l
'
abbia
amministrato
nel
modo
migliore
.
Nel
periodo
della
realizzazione
politico
territoriale
del
Risorgimento
,
il
governo
piemontese
e
poi
italiano
si
era
appoggiato
principalmente
all
'
alleanza
francese
;
anche
il
'66
non
portò
un
cambiamento
sostanziale
perché
l
'
alleanza
prussiana
fu
inquadrata
bene
o
male
in
quella
francese
,
e
dopo
la
guerra
non
ebbe
seguito
.
Tuttavia
Mentana
e
l
'
ostinazione
successiva
di
Napoleone
III
sulle
sue
posizioni
romane
allentò
il
vincolo
;
la
guerra
del
'70
rovesciò
l
'
impero
napoleonico
e
cambiò
radicalmente
la
situazione
.
Si
ebbe
allora
un
nuovo
contrasto
fra
moderatismo
e
Partito
d
'
azione
:
il
primo
preferì
una
politica
della
mano
libera
,
mentre
il
secondo
propugnò
l
'
alleanza
germanica
.
Le
visite
regie
del
1873
a
Vienna
e
a
Berlino
rappresentarono
un
compromesso
fra
le
due
tendenze
.
Dopo
le
rapide
,
vaghe
illusioni
del
1877
(
alleanza
con
Germania
e
Russia
contro
Austria
)
e
le
disillusioni
del
congresso
di
Berlino
,
le
parti
-
-
in
corrispondenza
con
il
cambiamento
avvenuto
in
Francia
-
-
furono
quasi
rovesciate
:
da
sinistra
vennero
le
maggiori
contrarietà
all
'
alleanza
con
gli
imperi
centrali
,
da
destra
il
maggior
favore
,
anche
se
fu
la
Sinistra
al
potere
ad
effettuare
l
'
alleanza
.
Decisero
la
volontà
e
il
criterio
regi
,
entrando
in
gioco
preoccupazioni
dinastico
conservatrici
contro
il
repubblicanesimo
alleato
della
Francia
e
,
al
tempo
stesso
,
irredentista
contro
l
'
Austria
.
Un
quindicennio
di
triplicismo
puro
finì
nei
disastri
del
secondo
ministero
Crispi
:
e
allora
vi
fu
un
lento
ritorno
nell
'
altro
senso
,
a
cui
parteciparono
direttamente
elementi
di
Destra
che
riprendevano
le
antiche
tradizioni
.
Si
ebbe
l
'
intesa
con
la
Francia
,
e
poi
anche
con
la
Russia
,
mentre
la
Triplice
si
ridusse
a
puro
elemento
di
statica
europea
.
Attraverso
questi
cambiamenti
rimase
punto
fisso
,
non
contestato
da
alcuno
,
l
'
amicizia
coll
'
Inghilterra
,
basata
sulla
coincidenza
d
'
interessi
per
l
'
equilibrio
nel
Mediterraneo
(
contro
la
Francia
,
eventualmente
anche
contro
la
Russia
)
e
risalente
idealmente
all
'
atteggiamento
favorevole
dell
'
opinione
pubblica
inglese
e
dello
stesso
governo
verso
la
rivoluzione
e
l
'
unità
italiane
(
la
famosa
nota
Russell
del
27
ottobre
1860
in
favore
dell
'
autodeterminazione
dei
popoli
)
.
Sostanzialmente
la
politica
estera
italiana
nelle
sue
diverse
fasi
(
ma
specialmente
nell
'
ultima
)
fu
una
politica
di
equilibrio
.
La
più
piccola
fra
le
grandi
potenze
europee
e
la
più
giovane
,
collocata
sull
'
orlo
del
continente
,
aveva
per
necessità
primaria
l
'
assenza
di
un
dominio
o
predominio
europeo
.
Era
la
traduzione
in
termini
di
politica
strumentale
del
retaggio
prezioso
del
Risorgimento
,
l
'
indipendenza
nazionale
.
Questo
interesse
aveva
preminenza
assoluta
rispetto
a
qualsiasi
ampliamento
parziale
.
Di
qui
la
cautela
verso
l
'
irredentismo
anche
quando
ne
fu
neutralizzato
il
carattere
repubblicano
antidinastico
.
E
tuttavia
,
nonostante
ogni
prudenza
,
si
ebbero
conseguimenti
importanti
per
Tripoli
,
per
i
Balcani
,
per
il
Mediterraneo
orientale
.
L
'
alleanza
con
l
'
Austria
aveva
un
elemento
di
contrasto
con
le
tradizioni
e
le
idealità
del
Risorgimento
.
Non
si
trattava
solo
della
rinunzia
all
'
irredentismo
,
che
in
ogni
caso
si
sarebbe
dovuto
accantonare
per
la
situazione
generale
europea
(
neanche
la
Francia
poté
avere
la
sua
guerra
per
l
'
Alsazia
Lorena
)
.
Oltre
l
'
irredentismo
,
era
in
gioco
la
politica
verso
i
popoli
balcanici
e
le
nazionalità
slave
e
rumena
dell
'
Austria
Ungheria
.
Le
due
direttive
,
moderata
(
Balbo
)
e
mazziniana
,
tornarono
ad
urtarsi
.
Una
specie
di
diagonale
fu
rappresentata
dall
'
articolo
7
della
Triplice
(
compensi
all
'
Italia
in
caso
di
occupazioni
austroungariche
nei
Balcani
)
;
in
realtà
,
con
quell
'
articolo
si
rimaneva
sul
terreno
della
vecchia
politica
.
Eravamo
impegnati
alla
politica
di
conservazione
dell
'
Austria
Ungheria
e
della
Turchia
,
le
cui
sorti
erano
legate
più
che
mai
secondo
l
'
intuizione
mazziniana
.
Se
alla
conservazione
fosse
andata
unita
una
evoluzione
,
preparante
la
libertà
e
l
'
assetto
nazionale
dei
popoli
nei
due
imperi
,
niente
di
meglio
.
Così
non
fu
;
né
all
'
Italia
può
spettare
in
questo
la
parte
di
responsabilità
maggiore
.
Ne
derivarono
la
guerra
del
1914
e
le
rivoluzioni
danubiano
balcaniche
del
1918
.
VII
CRISI
DEL
POST
RISORGIMENTO
Mussolinismo
e
nazionalismo
Lo
scoppio
della
guerra
europea
al
principio
dell
'
agosto
1914
sconvolse
dalle
fondamenta
la
politica
estera
italiana
,
basata
sull
'
alleanza
con
uno
dei
due
gruppi
di
potenze
in
guerra
e
sulle
intese
con
i
membri
dell
'
altro
gruppo
;
E
lo
sconvolgimento
si
propagò
quasi
immediatamente
alla
politica
interna
.
Ebbe
inizio
,
per
lo
stato
italiano
del
Post
risorgimento
,
una
crisi
;
crisi
che
maturò
negli
anni
191522
,
scoppiò
apertamente
in
quelli
seguenti
,
e
volse
a
catastrofe
.
Chi
avesse
fatto
il
punto
dello
svolgimento
politico
italiano
alla
vigilia
della
guerra
europea
-
-
il
cinquantenario
del
Regno
ne
offriva
l
'
occasione
migliore
-
-
avrebbe
trovato
che
esso
era
un
punto
culminante
.
L
'
Italia
stava
realizzandosi
come
democrazia
nazionale
,
liberale
e
sociale
.
Vi
era
tuttavia
un
fattore
generale
di
debolezza
nella
ancor
limitata
diffusione
dell
'
educazione
politica
,
e
nella
conseguente
ristrettezza
di
base
della
classe
dirigente
.
La
vita
politica
italiana
somigliava
a
un
adolescente
di
complessione
delicata
,
che
presenta
un
rigoglio
giovanile
,
ma
non
è
assicurato
ancora
contro
malattie
di
costituzione
,
pericolose
per
la
sua
esistenza
.
Precisamente
a
malattie
costituzionali
del
genere
si
potevano
paragonare
due
nuovi
fattori
della
vita
politica
italiana
,
entrati
in
campo
alla
vigilia
della
guerra
e
in
considerazione
dei
quali
si
deve
affermare
che
la
crisi
interna
italiana
precedette
,
in
realtà
,
quella
estera
.
I
due
nuovi
fattori
erano
il
socialismo
mussoliniano
e
il
nazionalismo
,
allora
in
antitesi
estrema
apparente
,
in
realtà
affini
e
destinati
in
pochi
anni
a
confondersi
insieme
.
La
ripresa
rivoluzionaria
del
socialismo
italiano
,
durante
e
subito
dopo
la
guerra
di
Libia
,
fu
qualcosa
di
assai
diverso
dalla
tendenza
intransigente
che
nel
decennio
anteriore
aveva
lottato
,
in
seno
al
partito
socialista
,
contro
il
riformismo
.
Benito
Mussolini
non
faceva
questione
di
collaborazione
o
meno
con
i
partiti
e
i
governi
borghesi
,
ma
propugnava
(
contro
tutto
lo
svolgimento
del
socialismo
,
da
Marx
in
poi
)
l
'
azione
diretta
come
metodo
normale
di
lotta
politica
.
Il
mussolinismo
veniva
a
rinnegare
il
gioco
normale
dei
partiti
,
la
vita
parlamentare
,
il
metodo
liberale
,
l
'
evoluzione
progressiva
e
consensuale
.
Esso
si
incontrava
col
precedente
sindacalismo
,
trasponendone
metodi
e
spirito
dalla
lotta
sindacale
a
quella
politica
:
ispiratore
comune
Georges
Sorel
,
il
cui
verbo
ebbe
allora
larga
diffusione
in
Italia
,
dai
pulpiti
più
diversi
,
e
da
cui
molta
gente
apprese
il
culto
della
violenza
e
l
'
odio
della
democrazia
.
In
quel
culto
e
in
quest
'
odio
il
neorivoluzionarismo
mussoliniano
si
trovò
appunto
a
comunicare
col
nazionalismo
.
Questo
movimento
sorse
fra
noi
negli
anni
immediatamente
precedenti
alla
guerra
libica
,
e
crebbe
durante
essa
a
importanza
nazionale
.
Gli
iniziatori
provennero
dalle
più
diverse
parti
:
dal
campo
conservatore
liberale
,
dalla
democrazia
irredentistica
,
dal
sindacalismo
,
e
fraternizzarono
dapprima
in
un
generico
slancio
patriottico
per
l
'
elevazione
e
la
grandezza
d
'
Italia
.
Dietro
questo
patriottismo
generico
,
però
,
c
'
erano
una
dottrina
politica
,
una
ideologia
e
un
metodo
di
lotta
politica
,
che
andarono
assumendo
lineamenti
sempre
più
precisi
,
con
un
processo
parallelo
di
secessione
e
di
ricomposizione
nel
corpo
degli
adepti
.
L
'
ideologia
del
nazionalismo
italiano
era
una
combinazione
di
positivismo
spenceriano
(
lotta
per
l
'
esistenza
,
selezione
,
trionfo
del
più
forte
)
e
di
statalismo
tedesco
hegeliano
o
neohegeliano
,
fusi
nello
stampo
dottrinario
del
nazionalismo
francese
di
Daudet
e
Maurras
;
e
la
fusione
era
impregnata
di
retorica
patriottarda
e
imperialistica
,
e
di
nietzscheismo
bellicistico
,
eroicizzante
,
antiumanitario
:
maestro
nell
'
una
e
nell
'
altro
Gabriele
D
'
Annunzio
.
Era
dunque
un
'
ideologia
di
molteplici
impronte
,
quasi
tutte
estere
,
completamente
estranea
alle
tradizioni
italiane
del
Risorgimento
,
direttamente
opposta
al
suo
spirito
liberale
e
umanitario
.
Questo
spirito
,
il
nazionalismo
italiano
coscientemente
lo
rinnegava
,
dichiarando
che
l
'
unica
cosa
importante
nel
processo
risorgimentale
era
stata
la
formazione
territoriale
statale
,
di
cui
le
idealità
del
Risorgimento
dovevano
considerarsi
semplici
strumenti
occasionali
,
da
gettar
via
,
a
formazione
compiuta
,
come
inutili
ingombri
,
o
piuttosto
da
eliminare
come
fermenti
di
dissoluzione
.
Ideale
politico
del
nazionalismo
era
la
distruzione
del
liberalismo
,
della
democrazia
,
del
socialismo
,
per
il
dominio
dispotico
dello
Stato
nazione
,
ente
puramente
astratto
e
formale
nei
suoi
lineamenti
teorici
,
ma
che
in
pratica
assumeva
le
funzioni
di
un
idolo
:
Moloch
ingoiante
i
cittadini
sacrificati
al
suo
nume
.
Era
una
risurrezione
dell
'
antico
Stato
assoluto
,
ma
assai
peggiorato
,
perché
se
ne
estendeva
illimitatamente
il
potere
e
l
'
arbitrio
,
abbandonandone
il
vecchio
contenuto
morale
;
e
così
il
nazionalismo
si
costituiva
come
ripresa
inasprita
e
peggiorata
dell
'
Antirisorgimento
.
Con
questa
ideologia
il
nazionalismo
non
poteva
trovare
i
suoi
appoggi
che
negli
elementi
più
retrivi
della
nazione
;
e
tali
appoggi
furono
i
denari
dei
siderurgici
e
i
voti
dei
clericali
.
Questi
erano
allettati
dalla
lotta
antimassonica
e
antiliberale
del
nazionalismo
,
dalla
larga
parte
ch
'
esso
riserbava
all
'
influenza
ecclesiastica
,
dall
'
esaltazione
del
papato
(
in
quanto
potenza
politica
,
non
in
quanto
fattore
religioso
)
come
elemento
costitutivo
,
fondamentale
della
grandezza
italiana
.
L
'
alleanza
con
i
clericali
più
spinti
completava
e
svelava
il
carattere
nettamente
antirisorgimentale
del
nazionalismo
.
E
tuttavia
esso
,
ostentatamente
antiliberale
,
penetrò
anche
largamente
nel
campo
liberale
,
in
quanto
i
liberali
italiani
erano
divenuti
in
gran
parte
dei
semplici
antisocialisti
conservatori
e
anzi
reazionari
;
e
,
inaciditi
per
l
'
esclusione
dal
potere
,
non
pensavano
che
a
riprenderlo
con
tutti
i
mezzi
,
non
rifuggendo
neppure
da
un
'
opera
disgregatrice
che
meritò
ai
più
estremisti
di
loro
la
qualifica
di
anarchici
.
A
questi
simpatizzanti
«
liberali
»
,
e
in
genere
ai
«
benpensanti
»
,
il
nazionalismo
si
imponeva
con
i
suoi
metodi
di
lotta
presi
in
prestito
ai
«
sovversivi
»
:
linguaggio
e
gesti
violenti
,
aggressività
personale
,
tumultuarietà
piazzaiuola
.
Il
contenuto
reazionario
,
cioè
,
si
realizzava
attraverso
il
metodo
demagogico
:
alleanza
che
,
con
la
complicità
dei
«
conservatori
anarchici
»
,
doveva
divenire
nel
dopoguerra
una
chiave
della
politica
italiana
.
Dalle
giornate
di
maggio
alla
marcia
su
Roma
La
politica
estera
dei
nazionalisti
era
imperialistica
,
diretta
puramente
all
'
espansione
materiale
della
nazione
,
senza
riconoscimento
dei
principî
ideali
e
di
valori
universali
per
l
'
ordinamento
internazionale
;
e
cioè
,
anche
qui
,
in
antitesi
diretta
col
Risorgimento
sia
quello
di
Cavour
,
sia
,
e
ancor
più
,
quello
di
Mazzini
.
Erano
fautori
dell
'
alleanza
germanica
,
e
anzi
la
consideravano
come
qualcosa
di
permanente
e
necessario
,
perché
da
essa
attendevano
una
guerra
di
conquista
mediterranea
e
coloniale
a
spese
della
Francia
e
dell
'
Inghilterra
,
senza
curare
il
problema
fondamentale
di
un
soddisfacente
assetto
europeo
.
La
dichiarazione
di
neutralità
italiana
e
le
disposizioni
degli
spiriti
in
Italia
li
indussero
,
senza
troppi
scrupoli
,
a
rovesciare
le
loro
posizioni
,
e
a
passare
dalla
parte
antigermanica
,
cercando
di
farsene
i
capi
.
Con
l
'
attacco
dell
'
Austria
alla
Serbia
e
la
guerra
europea
derivatane
,
la
politica
triplicistica
dell
'
Italia
,
dopo
un
trentennio
,
si
trovava
scossa
alle
basi
.
La
preoccupazione
di
difesa
contro
la
Francia
era
ormai
svanita
,
mentre
ingigantiva
la
preoccupazione
per
l
'
espansione
austriaca
nei
Balcani
.
In
quanto
al
motivo
conservatore
dinastico
,
che
tanta
importanza
aveva
avuto
per
la
fondazione
della
Triplice
,
esso
aveva
già
perduto
ogni
efficacia
,
di
fronte
agli
svolgimenti
interni
italiani
:
riprendeva
invece
,
trionfante
,
l
'
irredentismo
,
non
più
legato
al
repubblicanesimo
antidinastico
,
e
con
esso
la
tradizione
del
Risorgimento
e
l
'
ideologia
nazionale
democratica
(
di
cui
la
Triplice
Intesa
si
faceva
paladina
)
,
non
senza
forte
concorso
della
francofilia
massonica
largamente
diffusa
in
Italia
.
A
questa
ideologia
parvero
aderire
i
nazionalisti
italiani
,
abbandonando
le
loro
concezioni
imperialistiche
e
reazionarie
:
in
realtà
,
essi
portarono
intatto
nel
campo
democratico
il
loro
spirito
,
e
particolarmente
il
loro
demagogismo
.
Altrettanto
può
dirsi
dell
'
altro
passaggio
,
quello
di
Mussolini
,
dal
neutralismo
del
partito
socialista
all
'
interventismo
,
passaggio
in
cui
egli
poté
affiancarsi
con
i
sindacalisti
rivoluzionari
.
In
tutti
e
tre
i
casi
,
lo
spiritus
rector
,
o
motivo
conduttore
,
era
quello
della
guerra
per
la
guerra
,
e
cioè
della
violenza
,
demolitrice
del
vecchio
mondo
liberale
democratico
pacifistico
.
Era
uno
spirito
in
diretto
contrasto
con
quello
dell
'
altra
ala
dell
'
interventismo
,
la
democratica
:
numericamente
assai
superiore
,
e
anche
politicamente
,
ove
si
guardi
alle
posizioni
acquisite
;
ma
che
,
nella
lotta
per
l
'
intervento
e
nei
successivi
contrasti
col
neutralismo
,
fu
largamente
dominata
dal
«
dinamismo
»
demagogico
degli
alleati
nemici
.
Di
fronte
all
'
amalgama
interventistico
,
quello
neutralistico
non
era
molto
più
omogeneo
:
conservatori
che
potevano
definirsi
neutralisti
della
paura
;
cattolici
,
largamente
ispirati
da
motivi
confessionali
;
socialisti
,
di
un
pacifismo
dommatico
e
obbedienti
a
una
disciplina
meccanica
di
partito
;
infine
nazionali
puri
,
«
apartitici
»
,
che
volevano
la
neutralità
indifferenziata
e
manovrata
,
rivolta
a
cogliere
le
migliori
occasioni
per
la
tutela
e
l
'
ingrandimento
d
'
Italia
,
senza
rendersi
conto
delle
forze
ideologiche
,
passionali
,
necessariamente
di
carattere
universalistico
,
scatenate
dal
conflitto
europeo
.
Tutto
lo
schieramento
politico
italiano
e
la
struttura
stessa
dei
partiti
rimasero
sconvolti
dalla
nuova
spartizione
fra
interventisti
e
neutralisti
,
con
arresto
e
compromissione
dello
svolgimento
politico
post
risorgimentale
,
e
cioè
della
formazione
di
una
democrazia
nazionale
.
Le
giornate
di
maggio
portarono
lo
sconvolgimento
all
'
estremo
.
Con
la
vittoria
clamorosa
,
schiacciante
,
dell
'
interventismo
sul
neutralismo
-
-
vittoria
che
annullò
quanto
di
proficuo
,
proprio
dal
punto
di
vista
di
una
politica
nazionale
,
era
pur
contenuto
nel
secondo
-
-
si
ebbe
anche
il
trionfo
della
«
piazza
»
sul
parlamento
,
e
il
bando
dalla
nazione
del
capo
della
maggioranza
parlamentare
,
Giolitti
,
infamato
come
traditore
.
Crollò
così
tutta
la
situazione
politico
parlamentare
formatasi
dopo
il
1900
,
situazione
che
aveva
sostenuto
lo
sviluppo
politico
sociale
del
paese
,
congiungendo
democrazia
liberale
e
socialismo
nei
«
blocchi
popolari
»
e
in
parlamento
.
Il
socialismo
si
ritrasse
in
una
passiva
opposizione
di
principio
alla
guerra
,
ai
margini
della
vita
nazionale
,
e
la
corrente
conservatrice
reazionaria
,
che
avrebbe
voluto
addirittura
estrometterlo
da
questa
vita
,
prese
il
sopravvento
.
La
maggioranza
interventista
della
democrazia
rinnegò
il
suo
capo
ed
i
suoi
alleati
di
ieri
,
accettandone
la
scomunica
nazionale
,
mentre
la
minoranza
neutralistica
si
chiuse
,
per
lo
più
,
in
un
'
acida
politica
di
punzecchiature
recriminatorie
.
Dominò
la
commistione
di
nazionalismo
e
mussolinismo
(
cioè
il
fascismo
già
nato
)
;
e
così
quella
che
fu
detta
,
e
in
un
certo
senso
fu
,
l
'
ultima
guerra
del
Risorgimento
,
si
aprì
con
una
profonda
scissione
morale
,
entro
cui
cacciò
il
suo
ferro
avvelenato
L
'
Antirisorgimento
.
Sarebbe
potuta
e
dovuta
intervenire
la
monarchia
,
pronunziando
la
parola
pacificatrice
e
riparatrice
,
a
difesa
e
salvezza
di
quella
che
era
pure
stata
la
sua
politica
,
e
di
colui
che
era
pure
stato
il
suo
uomo
.
Essa
disertò
,
per
incomprensione
morale
o
per
calcolo
machiavellico
,
il
suo
còmpito
:
e
fu
la
prima
delle
sue
diserzioni
nel
trentennio
fatale
che
vide
il
passaggio
dal
Post
risorgimento
all
'
Antirisorgimento
.
La
scissione
e
la
rissa
interventistico
neutralistiche
serpeggiarono
durante
tutta
la
guerra
;
la
corrente
di
patriottismo
,
che
pure
scorse
larga
e
impetuosa
specie
dopo
Caporetto
,
non
valse
ad
eliminarle
,
e
le
dispute
sulle
cause
di
quella
sconfitta
e
poi
sui
risultati
della
guerra
le
ravvivarono
.
Si
ebbe
tuttavia
qualche
tempo
dopo
la
fine
della
guerra
una
riconciliazione
tra
democrazia
interventistica
e
neutralistica
;
ma
non
si
riformarono
una
maggioranza
in
parlamento
,
e
una
situazione
politica
nel
paese
,
di
democrazia
liberale
e
sociale
.
Vi
fu
uno
sfaldamento
miserabile
di
gruppi
parlamentari
,
con
vecchie
e
nuove
scissioni
personali
.
Nel
polverizzamento
di
liberali
e
democratici
si
contesero
il
campo
le
nuove
forze
del
socialismo
massimalista
,
del
popolarismo
,
del
fascismo
.
Le
due
prime
erano
riuscite
trionfanti
dalle
elezioni
del
1919
,
che
segnarono
l
'
esautorazione
della
vecchia
classe
dirigente
senza
sostituirne
una
nuova
.
Il
socialismo
massimalista
,
rivoluzionario
a
parole
,
nullo
nei
fatti
,
perpetuò
la
divisione
tra
proletariato
e
democrazia
formatasi
per
la
guerra
.
I
popolari
,
che
avevano
attratto
a
sé
buona
parte
delle
truppe
liberali
conservatrici
,
non
superarono
l
'
orizzonte
della
politica
particolaristica
e
confessionale
.
Dalla
moltitudine
accozzata
,
senza
coscienza
politica
e
senza
consistenza
di
classe
,
dei
senzapartito
,
trasse
le
sue
reclute
il
fascismo
,
sfruttando
i
sentimenti
e
gli
interessi
più
diversi
.
Esso
fece
leva
sul
malcontento
dei
«
combattenti
»
piccolo
borghesi
;
sul
patriottismo
apolitico
(
anch
'
esso
prevalentemente
piccolo
borghese
)
esasperato
da
qualche
eccesso
,
artificiosamente
ingrandito
,
del
postumo
neutralismo
socialista
,
e
più
ancora
dal
mito
-
-
di
fabbrica
machiavellico
demagogica
del
nazionalismo
-
-
della
«
vittoria
mutilata
»
o
«
tradita
»
(
in
realtà
,
da
un
punto
di
vista
puramente
politico
territoriale
,
nessun
paese
aveva
tanto
guadagnato
dalla
guerra
quanto
l
'
Italia
,
e
i
danni
reali
,
non
suoi
soltanto
,
ma
di
tutta
l
'
Europa
,
andavano
cercati
in
tutt
'
altra
direzione
)
;
e
soprattutto
sulla
paura
del
bolscevismo
.
Fu
spalleggiato
vigorosamente
da
agrari
,
industriali
,
massoni
,
«
liberali
»
,
e
innanzi
tutto
dai
nazionalisti
.
Questi
ultimi
divennero
sempre
più
i
veri
ispiratori
del
movimento
,
che
andò
perdendo
rapidamente
quel
tanto
o
quel
poco
che
c
'
era
originariamente
in
esso
di
democratico
nazionale
,
e
assunse
fisionomia
schiettamente
reazionaria
antirisorgimentale
.
Dal
nazionalismo
,
dal
sindacalismo
,
e
soprattutto
dall
'
arditismo
di
guerra
il
fascismo
trasse
-
-
duce
Mussolini
-
-
il
metodo
dell
'
azione
diretta
(
cioè
della
violenza
materiale
)
,
applicato
contro
il
socialismo
,
e
poi
contro
tutti
gli
avversari
;
e
nell
'
applicazione
di
questo
metodo
si
sostanziò
la
sua
attività
politica
,
inerti
o
complici
le
autorità
statali
e
i
ceti
dirigenti
.
Si
arrivò
così
alla
«
marcia
su
Roma
»
:
che
tuttavia
sarebbe
fallita
-
-
e
con
essa
si
sarebbe
avuta
la
liquidazione
del
fascismo
-
-
se
il
monarca
non
avesse
spezzato
in
mano
al
governo
legale
l
'
arma
di
difesa
,
e
chiamato
al
potere
il
capitano
della
rivolta
contro
lo
Statuto
e
contro
lo
stato
nazionale
del
Risorgimento
.
Dalla
marcia
su
Roma
al
fascismo
totalitario
Con
quella
chiamata
,
re
Vittorio
Emanuele
III
di
Savoia
Carignano
si
costituì
responsabile
diretto
e
primo
di
tutti
gli
svolgimenti
anticostituzionali
,
antiliberali
e
antirisorgimentali
del
regime
fascista
.
Questo
ebbe
dapprima
qualche
ambiguità
di
atteggiamento
,
grazie
al
gioco
di
equilibrio
mussoliniano
tra
il
fascismo
puro
e
filofascismo
«
liberale
»
:
ambiguità
che
ebbe
la
sua
manifestazione
tipica
nel
«
listone
»
governativo
per
le
elezioni
del
1924
.
Dopo
il
delitto
Matteotti
e
le
reazioni
antifasciste
-
-
immobilizzatesi
nella
passività
dell
'
«
Aventino
»
,
-
-
ogni
ambiguità
scomparve
,
tanto
da
costringere
all
'
opposizione
,
tardiva
e
impotente
,
anche
quasi
tutti
i
«
liberali
»
.
Mussolini
allora
,
sgominati
con
la
forza
statale
e
con
quella
di
partito
tutti
gli
avversari
,
costruì
integralmente
lo
stato
fascista
,
dittatoriale
totalitario
;
e
il
nazionalfascismo
(
nazionalisti
e
fascisti
si
erano
fusi
anche
formalmente
all
'
indomani
della
«
marcia
su
Roma
»
)
si
realizzò
pienamente
come
Antirisorgimento
,
con
la
soppressione
di
tutte
le
libertà
,
l
'
esautorazione
e
la
distruzione
del
parlamento
,
la
giustizia
sottomessa
al
potere
politico
,
il
privilegio
di
partito
annullante
l
'
eguaglianza
fra
i
cittadini
,
lo
sfruttamento
dell
'
economia
nazionale
a
favore
di
bande
di
profittatori
,
l
'
asservimento
e
l
'
inquinamento
della
coltura
nazionale
per
opera
di
concezioni
grossolane
e
inconsistenti
,
che
rinnegavano
i
principî
umanistici
fondamento
della
nuova
Italia
.
Complice
necessaria
in
quest
'
opera
di
distruzione
fu
la
Corona
,
la
quale
lasciò
mano
libera
al
fascismo
e
moltiplicò
le
manifestazioni
spontanee
di
adesione
ad
esso
.
Così
facendo
,
re
Vittorio
Emanuele
III
venne
meno
al
giuramento
e
agli
impegni
della
sua
ascesa
al
trono
,
capovolse
la
politica
da
lui
seguita
nell
'
anteguerra
,
abbandonò
i
fondamenti
giuridici
e
le
tradizioni
morali
della
monarchia
italiana
uscita
dal
Risorgimento
,
e
di
questa
monarchia
distrusse
la
sostanza
stessa
,
che
era
appunto
nell
'
associazione
della
dinastia
sabauda
con
la
libertà
e
con
l
'
autogoverno
della
nazione
.
Tra
il
1922
e
il
1926
la
monarchia
esistente
in
Italia
dal
1861
venne
meno
,
sostituita
da
un
istituto
indefinito
e
indefinibile
,
privo
in
pari
grado
di
base
legale
e
di
consistenza
politico
morale
.
Non
si
trattò
di
un
ritorno
(
che
del
resto
non
avrebbe
avuto
alcuna
legittimità
o
giustificazione
)
alla
vecchia
monarchia
assolutistica
dei
Savoia
del
primo
ramo
.
Il
regime
fascista
era
anzi
,
nella
sua
effettività
politica
e
nei
suoi
incerti
e
rozzi
tentativi
di
formulazione
ideologica
,
la
negazione
di
una
simile
monarchia
;
bensì
,
attribuendo
al
monarca
,
e
al
monarca
soltanto
,
la
nomina
e
il
congedo
del
capo
del
governo
e
la
sanzione
degli
atti
governativi
,
combinava
ibridamente
il
totalitarismo
di
partito
e
la
dittatura
ducista
con
l
'
arbitrio
regio
,
in
modo
tale
che
sul
re
veniva
a
cadere
la
responsabilità
finale
di
tutto
.
In
pratica
,
sebbene
il
re
fosse
ridotto
a
una
funzione
di
timbratura
degli
atti
del
regime
,
egli
copriva
questi
atti
con
l
'
autorità
e
il
prestigio
della
monarchia
.
Ciò
valeva
soprattutto
per
l
'
esercito
,
i
cui
capi
non
avevano
mai
superato
il
concetto
feudale
assolutistico
della
fedeltà
personale
al
monarca
,
e
trovarono
quindi
nella
sanzione
data
da
lui
al
regime
la
giustificazione
per
tollerare
o
promuovere
quella
fascistizzazione
dell
'
esercito
nazionale
di
cui
si
videro
nel
settembre
1943
i
risultati
finali
.
Dopo
la
monarchia
,
l
'
alta
borghesia
,
e
più
specialmente
la
cosidetta
plutocrazia
,
fornì
pure
al
regime
un
complice
sostegno
.
Abdicando
a
quella
che
era
stata
la
ragion
d
'
essere
dell
'
impresa
capitalistica
(
l
'
iniziativa
economica
responsabile
per
l
'
incremento
della
produzione
)
,
essa
accettò
tutti
i
capricci
e
gli
aborti
dell
'
economia
fascista
,
in
cambio
dei
propri
personali
profitti
conseguiti
in
un
'
economia
chiusa
e
dittatorialmente
regolata
,
e
in
cambio
della
distruzione
del
sindacalismo
operaio
e
della
stessa
personalità
morale
del
lavoratore
.
Potremmo
aggiungere
,
a
questa
enumerazione
dei
complici
del
fascismo
,
i
conservatori
,
ciechi
per
settarietà
e
per
paura
'
'
rinneganti
ogni
autentico
principio
di
conservazione
;
e
una
gran
parte
del
mondo
dell
'
alta
coltura
,
datasi
a
praticare
un
opportunistico
conformismo
nei
riguardi
del
regime
,
seminando
la
confusione
nei
cervelli
e
la
demoralizzazione
nei
cuori
.
A
rafforzare
lo
stato
di
asservimento
del
popolo
italiano
venne
l
'
intesa
tra
il
Vaticano
e
il
fascismo
,
fondata
,
o
manifestatasi
,
con
i
patti
del
Laterano
(
1929
)
.
Occorre
nettamente
distinguere
in
questi
il
contenuto
materiale
dalle
condizioni
politico
morali
in
cui
furono
stretti
,
e
dai
risultati
che
ne
provennero
per
la
situazione
generale
italiana
.
Il
componimento
della
questione
romana
nella
sua
sostanza
(
Città
del
Vaticano
)
corrispondeva
a
soluzioni
vagheggiate
nel
Risorgimento
e
nel
Post
risorgimento
,
ed
era
poco
più
che
una
sistemazione
bilaterale
della
legge
delle
guarentigie
.
Più
vario
e
complesso
giudizio
sarebbe
da
fare
-
-
ma
non
è
qui
il
luogo
,
-
-
del
Concordato
,
a
seconda
delle
diverse
clausole
e
di
certi
enunciati
di
principio
.
Ma
il
punto
capitale
,
in
questo
nostro
scorcio
storico
,
è
il
momento
politico
in
cui
i
patti
del
Laterano
furono
stretti
,
il
loro
Sitz
im
Leben
(
secondo
l
'
efficace
espressione
tedesca
)
,
cioè
il
collocamento
da
essi
trovato
e
la
funzione
vitale
assunta
nella
crisi
totale
della
vita
politica
italiana
.
L
'
avviamento
delle
trattative
venne
a
coincidere
con
l
'
instaurazione
piena
della
dittatura
fascistico
mussoliniana
,
erigentesi
sulla
caduta
del
vecchio
regime
liberale
democratico
,
che
era
altresì
l
'
unico
legale
,
l
'
unico
che
potesse
pretendere
di
rappresentare
la
libera
volontà
degli
Italiani
.
Così
gli
accordi
furono
conclusi
sul
corpo
dell
'
Italia
serva
e
dolorante
,
venendo
ad
affiancarsi
alla
cacciata
dal
parlamento
dei
legittimi
rappresentanti
del
popolo
,
alla
soppressione
definitiva
di
tutte
le
libertà
,
al
confino
politico
e
al
tribunale
speciale
.
L
'
effetto
morale
inevitabile
fu
di
una
sanzione
ecclesiastico
papale
all
'
operato
del
fascismo
e
di
colui
che
il
pontefice
,
all
'
indomani
degli
accordi
,
giudicò
uomo
provvidenziale
:
effetto
confermato
dall
'
intervento
ufficiale
dei
cattolici
a
favore
del
regime
nelle
«
elezioni
»
che
seguirono
immediatamente
.
Risultato
naturale
fu
l
'
intesa
che
si
stabili
in
tutta
Italia
fra
le
gerarchie
ecclesiastiche
e
fascismo
,
la
quale
,
mentre
ribadì
potentemente
i
ceppi
del
popolo
italiano
,
dette
,
con
il
«
clericofascismo
»
,
l
'
ultimo
efficacissimo
tocco
al
carattere
antirisorgimentale
del
nuovo
regime
.
Né
il
violento
,
ma
breve
conflitto
fra
governo
fascista
e
Santa
Sede
(
1931
)
per
l
'
Azione
cattolica
,
né
i
contrasti
occasionali
fra
i
due
poteri
cambiarono
questo
stato
di
cose
.
Solo
negli
ultimi
tempi
del
pontificato
di
Pio
XI
si
ebbe
la
sensazione
di
un
allontanamento
tra
Palazzo
Venezia
e
Vaticano
.
La
catastrofe
Il
regime
liberale
aveva
lasciato
a
quello
fascista
,
in
politica
estera
,
una
eredità
preziosa
,
il
trattato
di
Rapallo
:
preziosa
per
le
stipulazioni
specifiche
del
trattato
,
e
per
le
virtualità
e
gli
additamenti
in
esso
contenuti
.
Quel
trattato
,
insieme
al
precedente
di
Saint
Germain
,
aveva
completato
per
l
'
Italia
l
'
opera
del
Risorgimento
,
e
le
aveva
assicurato
una
sistemazione
territoriale
sufficientemente
favorevole
per
far
giudicare
antinazionale
qualsiasi
tentativo
da
parte
nostra
di
rimetterla
in
questione
.
Al
tempo
stesso
erano
poste
le
premesse
di
quella
collaborazione
fra
l
'
Italia
e
le
giovani
nazionalità
balcaniche
,
additata
già
dal
genio
di
Mazzini
come
la
via
maestra
per
la
sicurezza
e
la
grandezza
del
nostro
paese
.
Il
fascismo
accettò
materialmente
l
'
eredità
di
Rapallo
senza
farne
proprio
lo
spirito
,
per
esso
inintelligibile
;
e
in
questa
inintelligenza
trovò
un
compagno
nel
nazionalismo
jugoslavo
,
più
particolarmente
croato
.
Le
relazioni
con
la
Jugoslavia
si
andarono
facendo
sempre
più
cattive
;
il
restringimento
graduale
dei
vincoli
fra
le
nazioni
balcaniche
(
compresa
la
Turchia
)
si
effettuò
non
sotto
,
ma
contro
l
'
influenza
italiana
,
lasciandole
come
solo
campo
d
'
attività
l
'
irredentismo
bulgaro
,
in
contrasto
con
il
còmpito
pacificatore
che
essa
avrebbe
dovuto
espletare
;
con
la
Piccola
Intesa
,
i
buoni
rapporti
avviati
al
tempo
di
Rapallo
fecero
luogo
a
uno
spirito
di
ostilità
e
all
'
esclusiva
influenza
francese
.
Nei
riguardi
della
Germania
e
del
problema
germanico
,
Mussolini
iniziò
il
suo
governo
ponendosi
a
rimorchio
della
inintelligente
politica
di
Poincaré
;
quindi
serbò
un
contegno
di
passività
rispetto
alla
politica
di
Locarno
,
si
tenne
distante
dalla
Germania
repubblicana
e
da
Stresemann
,
come
si
mostrò
ostile
o
almeno
sprezzante
verso
la
Società
delle
nazioni
e
gli
ideali
di
pacificazione
e
collaborazione
europee
.
Dopo
il
1930
il
fascismo
si
dette
a
sventolare
demagogicamente
la
bandiera
del
revisionismo
,
proprio
quando
lo
sgombero
renano
e
la
nuova
sistemazione
,
o
liquidazione
,
delle
riparazioni
,
avevano
sanato
le
piaghe
maggiori
di
Versailles
,
e
l
'
ascensione
del
nazionalsocialismo
tedesco
-
-
favorita
dal
fascismo
-
-
minacciava
la
pace
europea
e
quello
stato
di
cose
che
garantiva
i
frutti
della
vittoria
italiana
.
Quando
però
Hitler
mostrò
i
suoi
appetiti
verso
l
'
Austria
,
Mussolini
ebbe
un
momento
di
lucido
intervallo
,
con
la
«
politica
di
Stresa
»
,
cioè
l
'
intesa
con
le
potenze
occidentali
.
Ma
l
'
irrimediabile
miopia
del
nazionalfascismo
fece
concepire
e
praticare
anche
quella
politica
sulla
base
dello
spicciolo
e
opportunistico
do
ut
des
:
quello
che
era
interesse
italiano
primario
,
vitale
,
fu
posposto
,
con
l
'
avventura
etiopica
,
alla
smania
della
conquista
coloniale
e
al
sogno
grottesco
di
una
«
risurrezione
dell
'
impero
»
.
Da
quell
'
avventura
derivò
la
rimilitarizzazione
renana
,
preludio
della
seconda
guerra
europea
.
Alle
realizzazioni
dell
'
imperialismo
hitleriano
Mussolini
prestò
man
forte
con
la
politica
dell
'
«
asse
Roma
Berlino
»
,
ispirata
dagli
interessi
di
partito
del
fascismo
,
fino
all
'
alleanza
offensiva
e
difensiva
del
«
patto
d
'
acciaio
»
,
che
pose
l
'
Italia
alla
mercé
di
Hitler
,
e
fino
alla
partecipazione
alla
guerra
scatenata
da
questo
per
il
dominio
nazional
-
socialista
sull
'
Europa
e
sul
mondo
,
e
per
la
distruzione
della
civiltà
latina
,
europea
e
cristiana
.
L
'
Italia
era
così
costretta
ad
una
guerra
in
cui
,
sconfitta
,
avrebbe
perduto
molto
,
vittoriosa
,
avrebbe
perduto
tutto
:
l
'
indipendenza
,
la
libertà
,
l
'
onore
e
la
sua
stessa
ragion
d
'
essere
.
Fu
l
'
apostasia
finale
del
Risorgimento
,
il
tradimento
supremo
verso
la
nazione
.
Dell
'
apostasia
e
del
tradimento
fu
complice
necessaria
,
ancora
una
volta
,
la
monarchia
sabauda
,
che
suggellò
così
la
sua
sentenza
,
scritta
già
da
un
quindicennio
.
Per
opera
della
monarchia
sabauda
il
Post
risorgimento
si
era
concluso
nell
'
Antirisorgimento
.
La
sospensione
nello
sviluppo
istituzionale
italiano
avvenuta
coi
plebisciti
cessava
,
il
compromesso
attuato
mediante
la
monarchia
costituzionale
veniva
meno
.
Al
popolo
italiano
,
abbandonato
a
se
stesso
dal
tradimento
dinastico
,
non
rimaneva
che
prendere
in
mano
da
solo
il
proprio
destino
.