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> categoria_s:"StampaPeriodica" > anno_i:[1880 TO 1910}
LA «FAUSTIN» DI EDMONDO DE GONCOURT ( MARTINI FERDINANDO , 1882 )
StampaPeriodica ,
Una volta si diceva : « i Goncourt » , né l ' un fratello si distingueva dall ' altro ; le loro opere andavano innanzi al pubblico , le loro lettere pervenivano agli amici firmate con ambedue i nomi , Giulio ed Edmondo ; tracciavano insieme il piano de ' loro lavori , poi ci pensavano ognun da sé , scrivevano ciascuno per conto proprio : ma dalla consuetudine degli studi comuni , dalla convivenza non interrotta , tale era uscita una conformità intellettuale e morale che non di rado l ' uno e l ' altro , rispetto a un istesso argomento , sentivano e scrivevano ad un modo . Frutti di questo doppio e pur simile lavoro diuturno furono Germinie Lacerteux , Manette Salomon , Renée Mauperin , de ' più notevoli romanzi di questo tempo , e l ' Henriette Marechal , audacissimo dramma , caduto all ' Odeon tra ' fischi della masnada guidata da un oscuro abitatore del quartier latino , avvocato senza clienti , il Gambetta ; non perché il dramma gli paresse cattivo , ma perché gli autori andavano in casa della Principessa Matilde . La recente caduta di lui non ebbe forse causa diversa : alla più parte di coloro che gli si scandagliarono contro non parve forse il suo governo peggiore d ' un altro : intollerabile bensì ch ' egli preferisse le nuove sale lucenti del Palazzo Borbone ai biliardi affumicati del Caffè di Madrid ! Un giorno , saranno dodici anni fra poco , quella feconda comunione fu spezzata ad un tratto . Il più giovine de ' fratelli , Giulio , morì : morì della malattia della quale morremo noi tutti , qualunque sia l ' occasione ch ' essa scelga a percuoterci , qualunque sia il nome onde la battezzino i medici : morì per la perpetua tensione dello spirito , per lo sforzo senza riposo , per la fatica del maneggiare la penna , assai più grave arnese a chi l ' ha sempre fra mano che la marra o la vanga . Quel giorno anche Teofilo Gautier il quale aveva insegnato colla parola e coll ' esempio che bisogna serbare il pudore della commozione pianse in pubblico dietro al feretro , dal villino d ' Auteil al cimitero di Montmartre : pianse un amico morto giovane e due baldi intelletti perduti . Due ; e il vaticinio si avverò : i libri pubblicati da Edmondo dopo quel tempo son difatti libri incompiuti : la Fille Eliza , i Frères Zemganno , questa stessa Faustin appaiono quasi materiali aspettanti invano chi scelga con giudizio e disponga con ordine ; libri accozzati , non discussi . Si direbbe che , assuefatto ai consigli del morto , il superstite reputi quasi irriverente chiedere consiglio a sé stesso intorno all ' opera propria ! O c ' è forse un ' altra ragione . Un quindici anni fa , prima assai che le battaglie parlamentari chiamassero sotto le bandiere anche me milite debole e pigro , accompagnai un amico , gentiluomo di casata antica , lindo , elegante , pieno di delicature , in un suo giro elettorale . Che triste fatica ! Gli toccava perorare nelle stalle , banchettare nelle bettole , baciare sul viso inzavardato i bambini del collegio , stringere mani ! ... che , in barba alla legge , lasciarono certo più d ' un segno sopra la scheda . Che vuoi ? mormorava contrito Oramai ci sono , bisogna starci . La sera , subito appena fermato il legno alla porta di casa , non scendeva , schizzava : e senza ascoltare neppure uno dei molti che gli s ' affollavano intorno , colle braccia tese in alto correva su per le scale gridando a squarciagola : sapone , sapone , sapone ! Tale , secondo me , il Goncourt . Egli è dei pochi per i quali lo Zola abbia consentito a scerpare una fronda da quella pianta di alloro sotto cui si sdraia persuaso . S ' è oramai rassegnato a eseguire in tutto e per tutto gli ordini del maestro ; s ' è imposto di cercare i documenti umani nei lupanari , nei circhi , nelle taverne , nei camerini delle prime e delle seconde donne ; e lo fa : ma il farlo ripugna a lui uomo elegante , educato alla castigatezza del linguaggio , assuefatto alle contegnose reticenze della gente per bene . Sopporta per rifornire l ' archivio delle sue note il lezzo di certe alcove , il tanfo di certi palcoscenici , ma tornato a casa , in quella casa ch ' egli stesso ha descritta , tra le acque forti dell ' Eisen e le porcellane di Sèvres , fra i quadri del Watteau e i ricami di Maria Lezinska , non gli basta l ' animo a rimuginare quella sozza congerie . Lo nausea quel dovere incastonare in un dialogo ordinato con laboriosa economia la frase ch ' ei non pronunzierebbe neanche innanzi al suo servitore : e non scerne , non dispone , non sintetizza : scodella addirittura i suoi taccuini : onde la mancanza di quella lenta elaborazione che conservando trasforma e impiccolisce il volume aumentando la massa , e dalla materia greggia che è a disposizione di tutti trae per il paziente ingegno d ' uno solo l ' opera d ' arte . Così può giudicare chi conosce l ' indole e le costumanze dell ' uomo , ma può anche sbagliare ; e ad ogni modo qui dell ' uomo non si tratta , si tratta del libro . Discorriamo del libro . Una attrice , la Faustin , s ' innamorò di un inglese il quale sul più bello fu costretto a partire per l ' Indie . La Faustin pianse , inconsolabile dell ' abbandono : nondimeno accolse le offerte di un banchiere ricco a milioni che rovina il prossimo per sodisfare ogni più bizzarro capriccio di lei . Se essa chiedesse la luna , Blancheron troverebbe il modo di comprargliela . Tempo perso : per far ch ' egli faccia , a cancellare dalla mente della Faustin l ' imagine di William Rayne non ci riesce . Quell ' imagine la segue fino presso il dotto solitario che vive chiuso in una soffitta sei mesi dell ' anno tra centinaia d ' uccelli gorgheggianti e volanti e dov ' ella va a farsi leggere Euripide in greco : la segue fin nella sala d ' armi dov ' ella entra per caso e dove le acri esalazioni di sudore ond ' è impregnata la stanza le mettono addosso il prurito di darsi lì per lì al maestro di scherma ; la segue a cena dove così incantevole le suona agli orecchi la voce del giovinotto il quale le siede accanto , che ella gli dà non richiesta , un appuntamento ; e dove un ' ora dopo si scorda perfino d ' aver discorso con lui . E intanto s ' approssima la recita della Fedra , prova solenne . L ' inglese quando si dice il caso ! torna giusto in quel punto ; cerca della Faustin , la ritrova , la consola , l ' ama come quando partì . Ella che recita la Fedra non più per il pubblico ma per lui , si palesa naturalmente attrice grandissima degna di succedere alla Duchesnois , alla Clairon , alla Rachel ; così l ' Inghilterra stitica tanto ne ' trattati di commercio dà senza saperlo alla Francia una gloria di più . Licenziato con parole che nel Racine non si trovano , il Blancheron non hanno forse un ' anima i banchieri ? si affoga . Ma l ' inglese è geloso : geloso di tutti e specialmente dei palchi , dei posti distinti e della platea : e l ' attrice all ' apice della gloria e della fortuna si ritira dal teatro e va con lui a stabilirsi in una villa presso il lago di Costanza . Se i lettori non lo avessero indovinato , aggiungerei che nelle solitudini di Lindau una fiera battaglia si combatte tra l ' attrice e la donna : quella vogliosa di nuovi trionfi , questa risoluta a non dare dispiaceri all ' uomo che adora . L ' attrice passa gl ' interi giorni a rimpiangere : come passi la donna le notte intere il Goncourt dice con molta crudezza di parole e precisa abbondanza di particolari . In una di quelle notti William è colto da una malattia fulminea , strana , qualificata per tale anche dal medico di Lindau , che nemmen lui l ' ha mai vista , né l ' ha mai trovata descritta ne ' libri . Come è indietro la scienza ! Sebbene amante appassionata di William , disperata di salvarlo e desolata di perderlo , la Faustin non può dimenticarsi d ' essere attrice : e mentre egli sta per morire , ella presso al letto e davanti allo specchio osserva ed imita le contrazioni del muscolo risorio e del gran zigomatico che danno alla faccia del moribondo aspetti paurosamente grotteschi . Impara l ' arte e mettila da parte . L ' altro la scorge : suona , raccogliendo le forze estreme , il campanello , e al cameriere che si presenta ordina : Turn out that woman . Mandate via questa donna . Questa , sceverata dalle sconcezze del dialogo , dagli episodi nauseabondi , è la tela di un romanzo ordita , dice , sui soliti documenti umani . Dice e sarà : ma una delle due : o il Goncourt ha visto male , o non ha saputo riprodurre ciò che ha visto . Metto pegno che se il libro andasse per le mani di centomila lettori , non uno penserebbe « quella donna l ' ho conosciuta o ne ho conosciuta una simile . » Non tutte le contradizioni di quel carattere si posson desumere da questo sunto brevissimo ; ma sono tali e tante che mancherebbe qui lo spazio ad enumerarle . Il Goncourt avverte più volte : la Faustin era una donna nervosa . Me ne dispiace tanto : ma la parola che non ha nessun preciso significato nella scienza non basta nell ' arte a scusare così gran cumulo d ' inverisimiglianze . E fosse pur vera ogni cosa , ecco il gran guaio dell ' andare a scegliere i personaggi del romanzo o del dramma nella teratologia morale . I tipi , i caratteri che durano nell ' epopea , nel dramma , nel romanzo , durano perché sono umani : e sono umani perché chi li consideri anche dopo centinaia d ' anni può dire a se stesso : « Sì ; quella figura l ' ho vista : di faccia , di profilo , di scorcio , poco importa , ma l ' ho vista : i sentimenti che quest ' uomo esprime son quelli stessi che io ho provati o osservati in altri : gli atti che compie altri li compié , ed io intendo come e perché li compiesse . » Sopra tali figure esercitano i secoli il loro sindacato : ma qui ? Voi dite : « tutto è vero dall ' alfa all ' omega . » E chi me lo accerta ? Come è possibile il raffronto ? Oggi lo dite voi ed io , per voi , credo : ma fra cinquant ' anni quando né voi né io saremo più a questo mondo , quando all ' opera vostra mancherà il sussidio della vostra parola , chi crederà al vostro vantato scrupolo d ' osservatore ? E poi , chi mi sta garante che abbiate osservato bene , bene rappresentato il vero ? Avete visto un feto con trentacinque gambe ? Vi siete sbagliato , caro mio ; mostratemelo nello spirito e vi crederò . Andiamo innanzi . Poiché lo Zola desidera che i romanzi sieno processi verbali , nulla più , nulla meno , questo del Goncourt gli piacerà . Per oltre trecento pagine l ' autore narra , descrive ogni minimo atto de ' suoi personaggi . Or fra questi atti ve n ' ha , com ' è naturale , che son comuni a tutti gli uomini e che non parrebbe necessario di rilevare . Dalla frettolosa trasandataggine del Sue e del Capendu siamo passati all ' eccesso opposto : questi null ' altro dicevano de ' loro personaggi se non quanto si riferisse direttamente e immediatamente all ' azione ; il Goncourt e i compagni suoi vogliono che se ne sappia ogni cosa . Ma che importa , Dio buono ! che importa mi raccontiate che il vostro eroe si svegliò la mattina , s ' infilò gli stivali , si fece il fiocco alla cravatta , bevve una tazza di caffè e accese un sigaro ? Che importa me lo descriviate nell ' atto di trarre un fiammifero dalla scatola ? Che giova alla identità del carattere ? Il più onesto padre di famiglia e il più sozzo furfante si mettono l ' uno e l ' altro le scarpe , e accendono tutti due i fiammiferi nel medesimo modo . Sarà , se volete , roba buona per voi scrittore , pegno della vostra diligenza ; ma risparmiatela a noi che del carattere non vi domandiamo se non contrassegni essenziali . A che serve ch ' io sappia , per dirne una , che nei cocenti spasmi della voluttà alla Faustin scappò detto una tal volta maman ? E se avesse detto nonna , quale sarebbe il divario ? Ditemi pure , per darmi un segno dell ' opulenza di William ch ' egli teneva dodici servitori : ma non mi regalate quattro pagine di censimento col nome e gli uffici di ciascuno di loro . Il boy faceva le commissioni e aveva sedici anni : il footman stava nell ' anticamera e aveva delle bellissime gambe . E va bene . Ma se il boy con un anno di più avesse fatto qualch ' altra cosa , se madre natura fosse stata co ' garetti del footman meno benigna di contorni apollinei , la gelosia di William sarebbe stata minore , o migliore l ' animo della Faustin ? C ' è , fo per saperlo , giacché il vostro romanzo è scientifico , c ' è una scienza nuova che determina i rapporti tra i sentimenti dei padroni e le gambe de ' servitori ? E giacché si parla di scienza , questi necessarii portati dell ' atavismo , fondamento dei vostri romanzi , sono proprio tenuti dagli scienziati per verità indiscutibili ? E qual è il fisiologo che insegna , ciò che voi asserite assiomaticamente , che i biondi son più crudeli de ' bruni ? Purché con questo sconfinare di ogni parte dello scibile , con tanta scienza che entra nel romanzo , un po ' di romanzo non entri nella scienza : badiamo ! Così delle descrizioni . S ' intende la descrizione là dove si tratta di determinare l ' ambiente , perché a sua volta l ' ambiente determini l ' indole , le consuetudini del personaggio ; ma il descrivere la strada che questi percorre , il teatro dove va , la bottega del sarto da cui si serve è inutile , e per giunta noioso . Che si descriva la camera , tutta quanta la casa della Faustin , passi : ma perché la si conduce a una vendita di mobilia usata , che noi ci abbiamo a succiare l ' inventario illustrato delle seggiole e dei canapé , messi all ' incanto , come se non si fossero visti né seggiole , né canapé , né incanti in vita nostra , è una pretensione curiosa . Di questo lo Zola ha ormai convenuto : ma non ne sono , pare , persuasi i discepoli . Sola originalità degli imitatori , la esagerazione . E quello che dei luoghi o degli oggetti è a dire anche dalle descrizioni , del fisico de ' personaggi . La Faustin è tratteggiata cinque volte : ora ha la bocca semi - aperta semblable à une fleur rose au fond de laquelle il y a de l ' ombre humide ; ora scollata mostra dans la courbe suave de son dos , près de l ' attache des bras deux petites fossettes qui rient ; ora fissa gli occhi grigi , des yeux à la fois obscurs et clairs , des yeux que la mauvaise humeur faisait noirs et presque méchants , des yeux que la sympathie faisait bleus et tout doux ; ora finalmente l ' acconciatura del capo donne à son regard cerné et souriant un rien du regard d ' un demon angélique . Occhi grigi che diventano neri e turchini secondo le circostanze e hanno sguardi di angelico demonio . Riconosceteli . Ora finalmente si disegnano tutte linee del suo gracile corpo quand ' ella si siede accanto ad William avec le frou frou que fait la soie de la robe d ' une femme heureuse . Donne felici vestite di seta Che per la via della pietà passate , diteci voi qual è il frou frou , privilegio delle vostre gonne e indizio della nostra felicità . Taccio de ' personaggi secondari , o insulsi o grotteschi ; né domando Dio me ne guardi al lavoro dell ' arte intenti o morali o civili . Ma perché ( ripeto una cosa detta le mille volte e che certi traviamenti fanno sempre utile a dirsi ) perché condurci sempre tra gli sciocchi o i marioli , tra i mezzani e le cortigiane , senza che ci sia caso di imbattersi in una persona di garbo ? Sta bene il vero , ma il vero tutto quanto ; non soltanto la realtà più disgustosa e più scempia . Perché non guardare che uno dei tanti aspetti della natura , perché frugare soltanto e sempre in un cantuccio del mondo ? Che differenza , se no , tra gli Arcadi e voi ? Voi cercate le sources de Balzac , voi volete sapere e dire où en est le mouvement que l ' auteur de la Comédie humaine a déterminé dans la littérature . Ma ha egli solamente messo al mondo il Balzac Madame Marneffe e Vautrin ? E Orsola Mirouet , e la Fosseuse e Eugenia Grandet e Renée de Maucombe , e Mademoiselle d ' Esgrignon , e il curato Bonnet e Minoret , e Giuseppe Le Bas e Benassis e i due Birotteau ? Cito i primi che mi tornano alla memoria . Il Balzac ha tentato gli abissi d ' ogni corruzione nella Recherche de l ' absolu , è salito fino in troppo alte regioni col Lys dans la Vallée : e il capitolo più vasto e più vero della commedia umana , Les parents pauvres , è anche il capitolo più vario . Triste anch ' egli , lo so ; Shakespeare e Molière furono tristi del pari ; sunt lacrymae rerum ; non è gaio il mondo , né possono essere allegri gl ' istoriografi della natura e della società : ma i libri loro si depongono mal volentieri e colle lacrime agli occhi , i vostri si buttan via schifati e sdegnosi . Gli è che essi vedevano tutto quanto il vero : voi sperimentate ; « nous experimentons ; son parole dello Zola cela veut dire que nous devons pendant longtemps encore employer le faux pour arriver au vrai ... » « J ' ai fait de l ' ordre avec du désordre » diceva il cittadino Caussidière . Paradossi . Per la via del falso al vero non ci s ' arriva : il vero è : e quando si ha l ' ingegno del Goncourt si vede e si riproduce ; si finisce col non vederlo più quando l ' ingegno ottenebrato dalle bizzose cocciutaggini della scuola , si strascica dietro alla più implacata nemica che l ' arte abbia la moda .
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Il primo volume di poesie , pubblicato due anni fa da Gabriele D ' Annunzio , ha per epigrafe questi due versi di Felicia Hemans : « I come ! come ! ye have call ' d me long , I come o ' er the mountains with light and song . » Infatti il poeta , allora appena sedicenne , ci veniva dai nativi Abruzzi , ricco di luce e di canto e già in quel suo primo libro , fra molte reminiscenze , si fanno sentire note originali , fresche di giovanile ispirazione , e il colorito e la melodia ne sono i pregi caratteristici . Era molto facile appuntare i difetti e le inesperienze dell ' artista adolescente , in quel volumetto : ma nessuno poteva in buona fede mettere in dubbio che quelle prime note uscivano dall ' anima di un vero poeta ; e quel preludio già annunziava una nuova voce fra tanti echi che ci assordiscono e ci annoiano da dieci anni in qua . Il Canto novo pubblicato oggi mette in aperta luce i pregi del D ' Annunzio , e i difetti . È dovere della critica indicare gli uni e gli altri , pesandoli in equa bilancia . La natura è stata liberale , anzi prodiga di doni al D ' Annunzio ; egli ha , in potenza , facoltà poetiche realmente straordinarie . Immaginazione , osservazione , colorito , melodia , efficacia di parola , calore di simpatia umana , vivo sentimento della natura , entusiasmo lirico . Ma questi doni preziosi , uno solo dei quali è bastato a molti per farsi nome in Italia , ei li converte spesso in difetti con l ' abusarne . Egli è un vero figliuol prodigo della poesia . Ha come una plètora di immagini e di colori . Ama la natura di un amore istintivo , sfrenato . Non adora l ' arte come una casta vergine , ma sembra dirle invece : Veni et inebriemur uberibus ! ... Vi è in lui una esuberanza , un ' ebbrezza , una febbre di sensi più che di sentimenti , un orgoglio di gioventù e di salute che gli dà le vertigini e le comunica ai suoi lettori . La sua poesia e la sua prosa bisogna leggerle a piccole dosi , per gustarle e apprezzarle ; la luce dei suoi paesaggi è così abbagliante che verrebbe voglia , leggendo , di mettersi le lenti da sole . Canto novo e Terra vergine sono una vera kermesse di immagini , di colori , di suoni ; i paesaggi reali e fantastici si succedono come in una sfolgorante galleria ; profili e ritratti di pescatrici e di montanari , di pazzi e di frati , di bambine e di vecchie , belli e grotteschi , strani e veri , vivi sempre e indimenticabili , schizzati spesso alla brava , a pochi tratti , ci vengono messi sott ' occhio , e sono direi quasi imposti ai nostri sguardi , da una straordinaria , ma spesso abusata , potenza di colorito . Nel Canto novo , il paesaggio , ora reale ora fantastico , è popolato e animato da figure voluttuose di giovani innamorati , dal tragico episodio di Rossaccio , dall ' apparizione finale del poeta l ' altero fanciullo che cavalca in arme brunita per la scabra compagna , e si affretta alle pugne , e a cui arde nell ' occhio di falco un superbo pensiero ... Vi sono al principio del volume dei notturni di una ineffabile melodia Swinburniana , delle misteriose marine a lume di luna , murmuri arcani di fronde e d ' acque , che fa meraviglia veder espressi e fermati nel verso . Il D ' Annunzio che tanto abusa del sole , appar qui come trasfigurato e risponde vittoriosamente a chi lo accusa di non saper descriver altro che quello che salta agli occhi . « O falce di luna calante che brilli su l ' acque deserte , o falce d ' argento , qual messe di sogni ondeggia al tuo mite chiarore qua giù ! Un grande arco amazonio di rame folgora tra lievi nugole ; ferme la barca ha l ' àncore nel fondo ; immobile a poppa io vigilo . Un diadema fulvido da ' l cielo irradia l ' acque di gemmee faville , a ' l fondo le alighe destate anelano un raggio . Un pallido raggio a lor giunge ; guardano le malinconiche su per lo speglio . Venti l ' alighe pregano oh , date palpiti al mare ! dàtene ! Una biscia azzurrognola ricurva luccica nel violaceo lembo del cielo ; cantici umani vengono stanchi per Paure . O pescatore , ammàina ! dicon quei cantici È il novilunio ; di sirene un esercito sott ' acqua insidie prepara : ammàina ! Poche pagine dopo , ecco un paesaggio meridionale che rassomiglia a un luminoso quadro del Michetti , col quale il poeta ha molte ed evidenti analogie . « Come gioconde l ' ombre si allungano giù dai ciliegi ! Dinanzi l ' arida giallezza de ' liti e il fiammante , a ' l sol di giugno tacito mare ; lungi , su ' l cielo chiaro , la sagoma di Francavilla , netta agilissima tra ' l verde ; più lungi , sfumate molli caligini di viola . » Ma qui , nella seconda di queste strofe , abbiamo l ' esempio di una caratteristica della poesia e della prosa del D ' Annunzio la quale spesso degenera in difetto , anzi è per sé stessa un difetto , voglio dire l ' abitudine di servirsi delle parole come delle tinte di una tavolozza , violando così i limiti delle due arti . Questa smania coloritrice lo spinge a esprimere anche le idee puramente letterarie con lo stesso metodo con cui esprime le idee puramente plastiche e visuali . A me piacerebbe che qualche volta almeno , il D ' Annunzio temperasse il bagliore delle sue materiali descrizioni con qualcuno di quelli epiteti che uniscono alla sensazione un sentimento , e da cui resulta la vera impressione poetica : qualche cosa come il noctis signa severa di Lucrezio , l ' amica silentia lunae di Virgilio , e tanti altri consimili di Dante e del Petrarca . Talora questa abitudine di ricorrere al vocabolo puramente pittorico , e di dipingere sempre tutto , nuoce all ' effetto di alcune delle sue più belle poesie . Per esempio , nei versi dove ci descrive il povero pescatore che seminudo sopra lo scoglio contempla il sughero galleggiante sull ' acqua verdastra , e sta lì immobile come fuso nel bronzo antico , e gli passan vicine le barche dei signori , bianche di ombrelli , gettandogli in faccia un ' ondata di risa e allora gli balena un lampo nei torbidi occhi , e scricchiola la povera canna serrata entro il convulso pugno d ' acciajo ... fra tanti belli e potenti versi stuona orribilmente , al mio orecchio , il verso : « Gialla è la canna nel ciel turchino . » Ma io non mi curo saperlo , non voglio saperlo , in tal momento , cotesto effetto pittorico . Mi interessa solo ciò che direttamente riguarda l ' uomo . Se la canna fa una macchia gialla sul turchino del cielo , è un particolare di cui deve occuparsi il Michetti pittore , non il D ' Annunzio poeta . E per l ' appunto in questo difetto i suoi imitatori ( ne conta già parecchi fra i giovani ) si sforzano di emularlo , di sorpassarlo . E così leggiamo settimanalmente nei varj giornali letterarj d ' Italia bozzetti e novelle pieni di mari paonazzi , di cieli violacei , di biacca , di lacca , di opale , di oltremare , di amatista , e via discorrendo ... E ciò nuoce al D ' Annunzio nella pubblica opinione più dei suoi propri difetti , che son sempre largamente compensati da singolari pregi . Né è da tacere com ' egli , così avvezzo alla osservazione e alla descrizione del caldo paesaggio abruzzese , abbia saputo veder con occhio d ' artista e di poeta le linee caratteristiche del paesaggio fiorentino ; per esempio in queste strofe : « Oh brevi soste là tra ' cinerei olivi , e al piano slanci di cupole su ' l cielo , e da lungi nevate le prime vette del Casentino ! Silenziose l ' acque de l ' Africo tra l ' erba corta scorreano : i vetrici chiazzati di musco , rossastri , senza una voce tremuli , in fila ; senza una voce in fila tremuli i pioppi dentro l ' azzurro ergeano in su come verghe di argento lucide a ' l sole le nude rame . » Ma ciò che meglio risponde all ' indole dell ' ingegno poetico del D ' Annunzio la sua più viva simpatia la sua più costante e felice ispirazione è il mare . Egli lo ama di un amore passionato : lo contempla , lo vagheggia , lo descrive in tutti i suoi aspetti , in tutte le stagioni , a tutte l ' ore . Ha per lui dei gridi d ' entusiasmo , dei sospiri d ' amante . Le più belle poesie di Canto novo sono delle marine . È una nota poetica famigliare a qualche vecchio poeta italiano , ( il Marino per esempio ) e non si sa perché tanto negletta poi dagli scrittori della penisola . Leggendo i nostri più insigni poeti moderni , si direbbe che vivono tutti nel paese più continentale d ' Europa ; che non esistono né il Mediterraneo né l ' Adriatico . Scelgo qua e là nel volume del D ' Annunzio dei versi che diano un ' idea di questa ricca e caratteristica vena poetica : « A ' l mare , a ' l mare , Lalla , al mio libero , tristo , fragrante , verde Adriatico , a ' l mar dei poeti , al presente dio che mi tempra nervi e canzoni ! .... freschissime l ' albe di giugno surgono : brividi e fremiti increspano l ' acque ; cantano a ' l vento le selve in fiore . Splendidamente azzurro s ' affaccia il gran mar tra li ulivi . Si frangono l ' acque odorose con fievole musica a ' l lido ; scintillano l ' Orse nel cielo profondo : un filo di luna su ' l mar tramontò . Io veleggio pe ' l golfo si come un buon nauta sannite tra ' delfini scherzanti , greggia a le muse cara . Corrono per selve di rossi coralli le nozze , via per le vive selve corre la primavera . » Il mare gli suggerisce talora spaventose e tragiche fantasie : questo naufragio per esempio , che sembra visto in un momento di lucida intensa visione febbrile , e che vi fa raccapricciare come una pagina di Edgardo Poe : « Ancora , ancor su l ' ultima bandiera come un enorme grappolo vivente , i naufraghi per entro a la bufera gittan le grida disperatamente . E in vano . Scenderà la nave nera , orrida bara , in grembo a la muggente profondità de l ' acque : una brughiera d ' alghe l ' aspetta altissima e silente . I polpi guateran con li affamati occhi da la giallastra iride immane quel tragico viluppo d ' annegati ; poi lì , in un gioco di penombre strane , come serpi staranno aggrovigliati tentacoli di polpi a membra umane . » La prosa di Terra vergine ha gli stessi pregi e anche gli stessi difetti dei versi di Canto novo . La lingua è buona generalmente , lo stile franco e sicuro : si sente che l ' autore ha vissuto per anni interi in Toscana . Egli non dubita , non tentenna mai nella scelta della sua frase e se pecca per sovrabbondanza di epiteti pittoreschi , non pecca mai per improprietà di vocabolo . Anche nella eccessività delle sue descrizioni resta sempre italiano . Ed è questo uno dei più grandi pregi del D ' Annunzio , tanto più notevole quanto oggi è più raro oggi che fra noi sembra quasi inevitabile l ' andare sulla falsariga dei Goncourt o dello Zola . I ritratti , i paesaggi , son fatti generalmente con poche parole : vi è troppo colorito , troppo sfolgorio , troppi epiteti , ne convengo ; ma in compenso non vi trovate mai quei tremendi cataloghi e inventari che tanto ci impazientiscono quando non ci addormentano ... Nei diversi racconti o bozzetti c ' è varietà di tipi e di scene ; da Fra Lucerta a Toto dalla Gatta a Lazzaro : ma nell ' insieme si rassomiglian troppo nella fattura , per dir così : vi è in tutti una troppo costante ricerca e preoccupazione dell ' effetto . Mi piacerebbe che a queste calde pagine si alternasse qualche pagina di tranquilla analisi , di semplice narrazione ; e allora mi troverei riposato e preparato a nuovi effetti . Qui invece non c ' è mai né crepuscolo né ombra è un continuo miraggio , un lusso abbagliante di colori , che finisce con lo stancarmi . - Ma d ' altra parte , quanta originalità d ' invenzione , quanta verità ed efficacia , in questo volume ! Chi potrà scordarsi , una volta lettolo , di Fra Lucertola nel suo chiostro , di Fiora e Tulespre alla Pescara , di Cincinnato sulla riva del mare , dell ' omicidio di Dalfino , della Gatta che pesca e canta ? « Nel mare ci stava dentro tutta la mattinata a pescar le telline , ci stava anche quando le onde crescenti le spumavan d ' intorno spruzzandole la gonna succinta , e la facevano traballare ; e in quei momenti era una splendida figura anche ne ' cenci , mentre i gabbiani sentendo la bufera le turbinavano sul capo . « Non era triste però : i suoi canti avevano una monotonia malinconica , ritmi bizzarri che facean pensare agli incantatori egiziani ; lei li diceva guardando una nuvola , un uccello , una vela , con le pupille sbarrate , quasi attonite , affondando nella sabbia la sua piccola rete , senza stancarsi mai . « Le sue compagne cantavano anche loro ; ma a volte erano vinte da un senso di sgomento , di solitudine , di angoscia , a quelle note , a quella voce ; e tacevano e chinavano il capo scottato dal solleone , e provavano più gelidi i brividi su pe ' ginocchi , più doloroso nelle pupille il barbaglio di quell ' incendio : e tendevano le braccia affrante , mentre la cantilena della Gatta perdevasi nella immensa afa accidiosa . » Verità ed efficacia , proprietà e precisione , nulla manca , secondo me , a questa pagina di prosa e notisi che di simili ve ne sono parecchie in questo volume . Talora il D ' Annunzio ci sa descrivere una scena , e fare un quadro o un ritratto , anche in pochissime parole . Ecco , per esempio , in cinque o sei righe , dipinto il mare in tempesta ed in calma : « Col garbino quella notte venne anche la burrasca ; e il mare arrivava fino alle case , con certi urli da far rabbrividire ... « La mattina dopo , l ' Adriatico era calmo , viscido come nafta , senza l ' anima di una vela , muto , spietato . » E quanto è evidente nella sua brevità questa descrizione del corpo di Zolfina morta di tifo . « Biasce l ' andò a vedere la sua povera morta . Guardò istupidito , con occhi vitrei , la bara tutta olezzante di fiori freschi , fra cui si allungava quello sfacelo di carni giovani , quel putridume di umori già fermentanti sotto la candidezza del lino . » I tre racconti che a me paiono più ricchi di solide qualità artistiche , sono Fra Lucerta , Cincinnato , e la Gatta . Il più semplice , il più commovente , un vero e patetico idillio , è Toto . La scena d ' amor nascente fra Toto e la Ninní è descritta con una grazia ed una freschezza ingenuamente rurali . La fine fa piangere : quei presentimenti , quei terrori dell ' inverno vicino nei due poveri ragazzi abbandonati quell ' ultima corsa di Toto con la morticina in collo , non si dimentican più . Toto spande un ' ombra di soave malinconia fra tanti gridi passionati , fra tanto sangue , fra tanto incendio di sole che avvampa in tutto il resto del libro . Vorrei poter cancellare da Canto novo e da Terra vergine alcune espressioni troppo sensuali che a me paiono inescusabili . Mi limiterò a indicarne e deplorarne due o tre : « Il petto della Zarra ficcava nel sangue la smania de ' morsi ... » « Tulespre ( a un gesto provocante di Fiora ) sentì l ' odore della femmina , più acuto e più inebriante che l ' odore del fieno ... » Queste espressioni sono inoltre di cattivo gusto ; e il D ' Annunzio dovrebbe d ' ora innanzi guardarsene , anche per amore dell ' Arte . I pregi singolari del D ' Annunzio come poeta e come prosatore , sui quali volentieri mi son trattenuto , sono eclissati , come più volte ho detto in questo mio studio , da vari difetti . Ma sarebbe ingiusto dimenticare che questi ultimi sono in gran parte inerenti alla giovanissima età dell ' autore . A diciotto anni , con quel suo temperamento meridionale , e con quella immaginazione , è difficile distinguersi per castigatezza di stile , sobrietà di colorito , armonia di composizione , profondità di psicologica analisi . Egli nuota ora in piena luce di sole e grida ai quattro venti che è pieno di salute , di poesia , di coraggio e di vita . L ' amore , la natura , il fresco sorriso della sua Lalla , i fiori selvaggi dei suoi Abruzzi , il verde fragrante Adriatico , sono le luminose sue ispirazioni ... Pur troppo la vita gli insegnerà tante cose fosche e glaciali e l ' iride che si riflette oggi nelle sue pagine sarà offuscata quando la vedrà attraverso le inevitabili lacrime . Ma intanto l ' aura di giovinezza che emana dalle pagine di questi due volumi come da un giardino di rose , è già un pregio singolare ed anche quando il D ' Annunzio ci avrà dato , come gli auguro e credo , cose più artisticamente perfette , si tornerà sempre volentieri a rileggere alcune strofe del Canto novo , alcune pagine di Terra vergine , come si torna volentieri col pensiero alle memorie dei nostri primi belli anni .
UNA VISITA A BRUSUGLIO ( RUGGERO BONGHI , 1882 )
StampaPeriodica ,
Son dieci anni , che non rivedeva Brusuglio . L ' ultima volta che son venuto a vedervi il Manzoni , fu nell ' autunno , se non erro , del 1872; ed egli non mi parve quello di prima . Mi soleva fare gran festa ; ma non so come , mi persuasi che me ne facesse meno . Avevo qualche mese prima scritto nella Nuova Antologia del Concilio tenuto in Roma da Pio IX e del movimento Vecchio - Cattolico di Germania . Egli non approvò in cuor suo ciò che io dicevo dell ' uno e dell ' altro . Mi credette ardito più del dovere nelle censure della Chiesa di Roma e nel patrocinio della nuova eresia . Per l ' avvenire di questa non sentiva nessuna fiducia , né per le sue dottrine nessun rispetto . L ' infallibilità del Pontefice , com ' era stata definita dal Concilio , a lui pareva un dottrina logicamente dedotta e necessaria . Il dissenso mio con lui su questi punti lo faceva con me meno espansivo del solito . Pure non me ne parlò ; ed io seppi d ' altra parte , dimandando , donde nascesse quella sua taciturnità meco insolita . E appunto perché insolita , e perché il dissenso con uno cui voleva bene gli era stato cagione , sinché la sua salute s ' era conservata in tutto buona , non già di tacere , ma di parlare , poiché nessuno amava più di lui il discutere e il conversare , appunto perciò , dico , e per tutto l ' insieme io mi persuasi , che qualche turbamento vi fosse nell ' intelletto di lui . Pure lavorava tuttora , ma a stento ; e si lagnava che nello scritto a cui allora attendeva , andasse avanti a mala pena e a passi di formica , se pure . Qualche anno prima , nell ' ottobre del 1868 , nel ricercare un libro nella sua stanza di studio era caduto dalla sedia su cui era salito , per non aver voluto porre il piede sul sedile di paglia , temendo di sfondarlo , bensì sullo stretto orlo di legno , a cui quello è inchiodato . Di quella caduta pareva risanato affatto , come poi non risanò di quella sui gradini di San Fedele . Rifaceva le sue passeggiate solite , come le aveva fatte per sessanta anni . Poiché non v ' era uomo di più tenaci abitudini delle sue . Levatosi la mattina alle 8 œ , usciva di stanza subito , e prendeva in sala il suo cioccolatte , senza pane né altro . Poi , accompagnato da qualcuno , faceva il lungo giro del giardino , discorrendo degli alberi che trovava lungo il cammino , piantati tutti da lui , e in tempi che quelle specie eran rare od uniche in Lombardia , e ricordando da chi gli avesse avuti , ovvero parlando di qualunque altro soggetto , che gli occorresse . Dopo il qual passeggio si ritirava nella sua stanza di studio , e vi rimaneva sino a venticinque minuti prima dell ' ora del desinare ; che era le cinque . Questi venticinque minuti erano impiegati a percorrere dieci volte , cinque all ' andare e cinque al tornare , un viale , d ' un trecento passi , ombreggiato da platani , sul fianco destro della casa . E bisognava spendervi due minuti e mezzo per lo appunto nell ' andata , e altrettanti nel ritorno ; e se per caso si fosse affrettato il passo , il Manzoni , coll ' orologio alla mano , aspettava , prima di voltare , che fosser passati . Poi s ' andava a desinare ; e la sera si conversava sino alle undici ; però il Manzoni prendeva sempre seco un libro , per lo più un classico , e quando non aveva con chi conversare o la conversazione languiva , apriva il libro e leggicchiava qua e là . E talora comunicava le osservazioni che gli sorgevano nello spirito a chi gli stava attorno , o rientrava con quelle nella conversazione . La sua stanza di studio è rimasta tale e quale . A pian terreno , non ben grande , con due cancellate alle finestre che guardano nel giardino , nel fianco destro della casa , è tutta intorno intorno circondata di scaffali di libri , che vanno sino al soffitto . La più parte di questi erano sempre gli stessi , ma ogni anno nel venire a villeggiare il Manzoni ne portava di nuovi , secondo occorrevano al lavoro cui voleva attendere , e li riportava alla fine della villeggiatura a Milano . Poiché egli è morto nella città , i libri che si vedono ora nella sua stanza di Brusuglio sono di quelli che vi solevano restar sempre ; i classici latini dell ' edizione Bipontina , gli italiani della milanese , un Sant ' Agostino e un San Giovanni Crisostomo della Maurina , l ' Enciclopedia francese , la Storia Universale tradotta dall ' inglese e pubblicata in molti volumi in quarto in Venezia , il Tillemont , e molti libri di agricoltura . Il Manzoni amava i libri anche nel loro di fuori ; sopra alcuni ha notato che erano rari ; ma ne schiccherava i margini ; né v ' è edizione , per bella che fosse , che lo trattenesse dal farlo . Stanza di studio più semplicemente mobigliata di questa non si può pensare . Di rimpetto alla porta d ' entrata v ' ha tra i due scaffali di libri una nicchia nella quale i palchetti di quelli continuano . In questa v ' è la sua sedia a bracciuoli , e dinanzi un tavolino . Davanti alla libreria , nella parte di destra , un altro tavolino , quello che usò nel collegio , e sopra questo una bilancia , nella quale egli soleva pesare gli abiti che indossava . Poiché era minutissimo nel volerli più o meno grevi o leggieri secondo la temperatura non del giorno solo , ma dell ' ora ; sicché si vestiva e spogliava più volte . Davanti alla parete sinistra un tavolino tondo . Sparse per la stanza poche sedie , qualcuna a bracciuoli . Quando s ' era ritirato in cotesta stanza , non voleva che si facesse per la casa nessun rumore che potesse giungere sino a lui . Però si levava da tavolino di tratto in tratto , e per il balcone della stanza avanti alla sua usciva nel giardino e passeggiava lungo le mura qualche minuto . Suo figlio Pietro aveva la stanza vicino alla sua ; e il padre , anche quand ' egli era andato a dormire , soleva di botto svegliarlo per dimandargli tale o talaltra cosa . Pier , te dormet ? era la solita dimanda con cui principiava a svegliarlo . Onde Pietro non aveva altra difesa che questa : buttare dell ' acqua avanti alla porta dello studio ; poiché il Manzoni non avrebbe messo il piede in un luogo umido a nessun patto mai ; sicché quel po ' d ' acqua lo forzava a tornarsene e a rinviare a più tardi la domanda . In questa stanza il Manzoni ha scritto i Promessi sposi ; e per non dire d ' altro , il Cinque maggio . Il quale fu scritto in una notte ; e rimase come uscì al primo getto ; cosa ben rara per uno scrittore , del quale credo che nessun abbia più corretto e ricorretto gli scritti suoi , sia stato più difficile a contentarsi di ciò che avesse scritto alla prima , e solesse ritornarvi su più volte . Era nel giardino colla moglie e colla madre seduto su una panca , quando la notizia della morte di Napoleone giunse a Brusuglio . La commozione che n ' ebbe fu grande ; ma non lo distolse dalle sue abitudini solite . Desinò secondo l ' usato , e la sera la musa lo prese per i capelli e lo forzò a scrivere l ' ode concitata più che altra ode sua , ed inspirata non meno dalla grande gloria che dalla grande sventura . Com ' è rimasta intatta la sua stanza di studio , così anche la sua stanza da letto , più semplice ancora . In un ' alcova sta il letto , basso , di legno ; sulla parete un crocifisso ; qualche sedia di qua e di là , ed un tavolino : ecco tutto . Ricordo ancora , quando , venutolo a trovare un giorno ch ' egli non s ' era potuto levare , per ragione della caduta nella biblioteca , se non isbaglio mi fece leggere accanto a lui l ' introduzione alle considerazioni sue sulla Rivoluzione francese , opera non mai finita , e della quale la parte che n ' ha lasciata scritta non è stata ancor pubblicata . Così , qui a Brusuglio , tutto ancora ricorda il Manzoni . Il paese deve averne obbligo a Pietro Brambilla , un cavalier , si può dire , che tutta Italia onora , smarritosi tra i banchieri e gli uomini di finanza , dei quali nessuno lo supera per sagacia ed ingegno , ma che son superati tutti da lui per altezza e generosità di animo . Morto Pietro Manzoni un mese prima del padre Alessandro , Pietro Brambilla che si era fidanzato con Vittoria , la primogenita di Pietro , innanzi che questi morisse annunciò pubblicamente il matrimonio in quel tratto di tempo così triste per la famiglia tutta , che scorse tra le due morti , e consolò colla speranza che ai figliuoli e a ' nepoti non sarebbe mancato un aiuto e una guida le ultime ore del padre e i rari momenti di lucido intervallo dell ' avo . Pietro Brambilla ha comperato Brusuglio , e lo custodisce come ricordo di una gloria , che appartiene ora anche a lui . Questa casa , questi alberi , la montagnola alzata in fondo al giardino collo sterro del fosso che lo circonda da tre lati , la vista che si scovre da essa del monte Rosa e dei monti del lago Maggiore e del lago di Como , e più in là , più in là , come il Manzoni si compiaceva ad indicare a parte a parte , non sono il più piccolo lato della vita e dello spirito del grande scrittore . Si sente , s ' intende sopratutto qui un aspetto suo ; non il maggiore , ma non il men singolare , sopratutto nella storia della letteratura nostra ; l ' aspetto , voglio dire , del gentiluomo in lui . Poiché di gentiluomini letterati ne abbiamo avuti di certo altri ; ma letterato gentiluomo credo che sia stato il primo lui . E a certi segni si dovrebbe temere non che sia stato anche l ' ultimo , poiché ne possiamo ricordare dopo lui qualche altro ; ma se il seme se ne debba disperdere . Invece il bisogno era , che germogliasse e moltiplicasse .
AL FERETRO DI GIUSEPPE REGALDI ( CARDUCCI GIOSUÈ , 1883 )
StampaPeriodica ,
Dicendo le ultime parole su gli avanzi mortali di Giuseppe Regaldi , che la città e la Università di Bologna onorando e commemorando restituiscono agli affetti de ' suoi e della terra natale , io farò prova di vincere la tristezza che m ' invade dinanzi al mancare di questo collega che anche mi fu per quindici anni amico buono , al disparire di questo quasi ultimo raggio della poesia de ' nostri padri . I pianti delle prefiche e gli strilli dei panegiristi sono per i morti volgari : dalle bare degli uomini che servirono nobilmente la patria sorge il documento della vita loro a confortare ad ammonire a illuminare i superstiti . Se bene a ripensare che della gioventù di quest ' uomo , il quale passò biondo cantore fra le genti latine , che vedendolo e udendolo si domandavano ammirate Or come ritornano gli aedi e i trovatori nell ' età della stampa e delle gazzette ? se bene , dico , a ripensare che di quella gioventù ed energia di spiriti , di quell ' espansione dell ' anima , di quelle gioie , di quelle glorie , di quelli amori , resta a pena una languida memoria , e che sparirono come l ' ombra d ' un sogno ; se bene , a ripensare tutto cotesto , la tristezza è necessaria e profondamente umana . Ma lasciamo alla storia letteraria le ricordanze di questo ultimo dei trovatori , il quale fu anche egli attratto , come i predecessori suoi del medio evo , dalla visione del mistico oriente , dal desio dei pellegrinaggi nella terra madre dei popoli , delle religioni e delle scienze , e infine , come i trovatori antichi si rendevano a Dio raccogliendo nella solitudine d ' un chiostro l ' età sfiorita , si raccolse , obbedendo ai tempi , in miglior solitudine , per consacrare alla scienza e all ' insegnamento gli anni della vita matura nell ' esperienza . Alla storia letteraria il giudizio e la lode del facile poeta ritemperato nei forti studi e nei fermi ideali . A noi , suoi colleghi ed amici , a voi , suoi discepoli , la testimonianza del culto ch ' egli ebbe per l ' arte e la scienza , della religione ch ' egli portò nell ' adempimento del dovere : della religione del dovere , che è la qualità più alta del carattere e la parte più nobile della vita , perché la più disinteressata . Per degnamente apprezzare la coscienza di Giuseppe Regaldi e trar documenti dal suo esempio , bisogna aver veduto e udito come cotesto poeta estemporaneo si fosse condotto a pesare , infaticato e incontentabile , su bilance sempre nuove di giudizio e disamina , non pure ogni fatto , ogni cifra , ogni asserzione , ma ogni espressione ed ogni parola , prima di pronunziarla dalla cattedra o di consegnarla al libro : bisogna aver saputo e veduto com ' egli , così innanzi negli anni , vegliasse le notti o sorgesse con l ' alba per preparare in lunghe cure di ricerche e raffronti quelle lezioni di storia , delle quali gli uditori ammiravano la colorita facondia . Come egli , già strascinantesi negli ultimi passi della vita , fosse rigido osservatore dell ' officio suo a tutte le lezioni , nelle ore anche men comode , nelle stagioni anche più rigide , gli studenti lo sanno : lo sappiamo , con dolore , noi suoi amici , che in vano ci adoperammo a persuaderlo di risparmiarsi . Il voto supremo del vecchio era finire il suo Egitto : come chiamava egli il libro , pubblicato nell ' ultima estate , ove raccolse le sue peregrinazioni di poeta e i suoi studi di professore . Gli ultimi due anni della vita egli travagliò intorno all ' Egitto , quasi ricercando dall ' oriente la luce che gli consolasse e riscaldasse il solitario crepuscolo . Finito il suo Egitto , al Regaldi parve oramai finita la parte sua nel mondo ; e rassegnato chinò il bianco capo sotto il volo della Parca che veniva . E la Parca lo toccò pur allora uscito dalle soglie dell ' Università , dal tempio , così egli diceva , della sapienza : lo toccò e gli disse : Basta , buono operaio ; va , e riposa . Or ecco quello che avanza di Giuseppe Regaldi . La spoglia e gli affetti ultimi del poeta , la gentile alterezza della sua fama , alla terra nativa : le sue ispirazioni e gli studi alla storia letteraria e civile d ' Italia : a noi suoi colleghi ed amici , la memoria , sempre onorata , sempre cara , delle virtù sue e della bontà ; a voi , giovani , l ' ammaestramento e l ' esempio . O giovani , ogni qual volta vi avviene ( in questi anni ahi troppo spesso ) di assistere al passaggio supremo di alcuno dei valenti di quella generazione che cooperò a riconstituirvi la patria , a riconstituire di tanti volghi dispersi , la più gloriosamente dotata delle nazioni latine , o giovani , voi dovete pensare : pensare quanto voi dovete ai vostri maggiori , quanto da voi aspetta la patria . I vostri maggiori , o giovani , come apprese loro il padre ideale della nuova Italia , vollero , sempre vollero , fortemente vollero ; e vollero le nobili e alte cose . Giuseppe Regaldi diceva a me nelle famigliari conversazioni , e lo scrisse per avventura in alcun de ' suoi libri : Io ebbi sempre innanzi tre ideali che mi si andavano a grado a grado allargando nella poesia e negli studi : Dio , Patria , Umanità . Tre grandi ideali in vero , o giovani : Dio empié la storia dei popoli semiti : la Patria fece la storia di Grecia e di Roma ; l ' Umanità va informando la storia nuova iniziata dal pensiero rivendicatosi a libertà . E o che gl ' ideali della Patria e dell ' Umanità si voglia considerare come trasformantisi rispecchiati nell ' ideale immanente di Dio , o che gl ' ideali di Dio e della Patria si considerino come trasformantisi e modificati nell ' ideale permanente dell ' Umanità , il vero è che senza ideali le civiltà non fioriscono , che senza ideali non v ' è disciplina non v ' è instituzione . L ' arte , per sé sola , è trastullo inutile : la scienza , fine a sé stessa , è inutile tormento : ambedue conspiranti all ' azione fraternamente umana nella luce che viene dagli esempi degli spiriti magni sono la corona della vita . Milizia è la vita degli uomini su la terra sentenziò il savio orientale : milizia di combattenti per il vero e per il buono , dove solo è la felicità . E se questo pensando , se ripensando al passato e all ' avvenire d ' Italia , con una mano sul cuore , voi solleverete un momento gli occhi al cielo della patria , vi parrà , o giovani , vedere i vostri padri , i vostri morti , accennarvi dall ' alto e inanimarvi con gli scudi circonfusi di gloria e rutilanti di luce , con i vessilli sventolanti vittoria nell ' azzurra eternità senza passione . Bologna , 16 Febbraio 1883 .
MAURIZIO ROLLINAT ( SERAO MATILDE , 1883 )
StampaPeriodica ,
Per quindici giorni , dalla metà alla fine di novembre scorso , tutta Parigi letteraria si è occupata di questo nuovo poeta . Non nuovo affatto . Egli era l ' idolo , il maestro le maître di un oscuro cenacolo letterario composto di falsi bohèmes , di scrittori falliti , di chiacchieroni d ' arte , di vagabondi e di oziosi nella poesia . Quando una di queste piccole accademie si forma , questi spostati , questi sognatori inetti , questi letterari magniloquenti e impotenti , trovano subito un genio sconosciuto da poter adorare e Parigi è piena di questi cenacoli stravaganti , vere orgie intellettuali che spossano le ultime forze di quegli ingegni mediocri . Sarah Bernhardt ha preso con due ditini della sua lunga e sottile mano il poeta ignoto e lo ha presentato al pubblico di Parigi , ai cronisti letterari , agli scrittori , agli editori , ai direttori di teatro . Immediatamente il battesimo letterario è caduto sulla fronte del poeta in forma di articoli , di profili , di cronache , di indiscrezioni , di novellette . Gli è che questo Rollinat si presta meravigliosamente all ' articolo . Egli comincia dall ' essere impiegato alle pompe funebri , il che gli dà subito un carattere di protagonista d ' Hoffmann ; poi ha il volto pallido , una criniera leonina foltissima , gli occhi neri e fatali , la bocca seria , pensosa e veste di nero e nel ritratto che ho qui innanzi è avvolto in una pelliccia nera . Poi egli improvvisa spesso le sue poesie , in un salotto tetro , coi lumi abbassati , tre o quattro astanti silenziosi e una donna magra , vestita di bianco , che suoni , in minore , una polacca malaticcia di Chopin . Poi egli siede al pianoforte e le sue poesie le canta , a mezza voce , sopra ritmi bizzarri , scotendo la grossa testa chiomata , ripetendo malinconicamente il ritornello musicale e poetico . Poi egli è nevrotico , come sono tutti un po ' , a Parigi , da Sarah Bernhardt a Barbey d ' Aurevilly , da Luisa Michel a Sardou , da Cassagnac a Rochefort . Salvo che Rollinat è molto nevrotico ; anzi il suo grosso volume di poesie , uscito dieci giorni fa , dall ' editore Charpentier , è intitolato : les névroses . Il contenuto di questa sua forma poetica è il fantastico . Rollinat ha dovuto leggere e rileggere , sempre , Edgardo Poe , tanto sono forti in lui le influenze del grande scrittore americano . Ma il fantastico di Poe ha un tale carattere di lucidità , una costruzione così matematica , una evidenza così netta e così terribile talvolta , da rimanere una forma aristocratica e squisitamente sensibile dell ' arte . Quest ' uomo mezzo pazzo , mezzo alcoolizzato , portava nelle sue mostruose concezioni una profondità d ' analisi fredda , un lavorío tranquillo e impersonale , rigido , inflessibile . Era il sogno squadrato e misurato col compasso ; il paradosso immenso dimostrato , l ' impossibile che pareva realtà , l ' incubo disegnato nei suoi contorni precisi , la follia diventata logica . Il più solido ragionatore non resiste alla prolungata lettura di Poe , tanto lo seduce , lo conquide l ' efficacia assoluta , precisa di quel fantastico . Invece il fantastico di Rollinat , fabbricato su ricordi di Poe e di Hoffmann , è un vagabondaggio di sogni paurosi che lasciano glaciale il lettore , è una vecchia ridda di spettri troppo conosciuti , è l ' incubo convenzionale o cercato troppo o assolutamente nebuloso . Il fantastico in poesia , come il paesaggio in pittura , è una forma altissima , accessibile solo alle nature più elette . Chi vi si arrischia senza queste acute , raffinate , tormentose qualità d ' intelligenza , corre il grave pericolo di essere volgare . Così Rollinat . Immediatamente dopo l ' imitazione di Poe , viene quella di Baudelaire anzi , questa seconda più chiara , trattandosi di poeta e poeta . Come Baudelaire , Rollinat canta i cieli clorotici , le donne - serpenti , le apparizioni notturne , le vergini anemiche dalle labbra bianche , i paesaggi metallici e senz ' aria . Egli ha come Baudelaire la passione piena di terrore pei gatti , egli ha come Baudelaire la passione voluttuosa pei profumi . Di Baudelaire egli imita la forma del periodo , il verso finale d ' ogni poesia , il titolo , tanto che molti pezzi delle Névroses sembrano decalcati su quelli dei Fleurs du mal . Ma le qualità simpatiche di Baudelaire , quella brevità quasi sdegnosa dell ' artista che non vuole far dilagare la forza del pensiero nel flusso della parola , quella misura del colore e del sentimento , quella cesellatura della forma come un gioiello del Cellini mancano nel Rollinat . Quello che Baudelaire dice in quattordici versi , pieni di senso intimo nella scelta delle parole , quasi nella loro posizione , Rollinat lo allunga in quindici strofe , perdendo così ogni efficacia . La poesia Réversibilité di Baudelaire che comincia : Ange plein de gaieté , connaissez - vous l ' angoisse ? si sperde miserabilmente nell ' Introuvable di Rollinat . È come un motivo saliente , concentrato e vivo , su cui uno scolaro esagera una quantità di variazioni insistenti salendo alle ottave acute , scendendo a quelle gravi , dando prima l ' oppressione , poi la nausea all ' uditorio . La fierezza di Baudelaire che consisteva nel non concedere nulla alla rettorica , nulla all ' effetto teatrale , nulla al pubblico , scompare in Rollinat . Egli si preoccupa del lettore , teme che egli non comprenda bene , ritorna su quello che ha detto , lo spiega , lo infiora e giù i trilli , le appoggiature , gli allargamenti sul motivo conosciuto . L ' opera di Baudelaire ha questa impronta quasi selvaggia del poeta che scrive per i pochi e del resto non si cura : è un ' opera orgogliosa ed aspra , piena di fermezza nei suoi pregi . Invece l ' opera di Rollinat è molliccia , molto facile , indulgente alla sciocchezza dei lettori , piena di concessioni borghesi . Poi , in questo grosso volume straripa un subbiettivismo affogante . Questo poeta non sa vedere , pensare , ideare , niente fuori di sé . Il suo ideale è nell ' anima propria , anzi nelle proprie sensazioni , sottomesse a un ' osservazione , che è quasi sempre ammirazione . Sue le lagrime , i sorrisi , i singhiozzi , gli strappi , i sussulti , gli incubi , i succubi , le paure , le follie il mondo intorno non esiste , altri viventi non esistono , altri cuori non battono . Mai l ' egoismo sensuale trovò tanto largamente la forma poetica . Mentre nei veri e forti poeti vi è la tendenza all ' irradiazione , in Rollinat vi è la tendenza a una restrizione assoluta nel proprio individuo . Egli non ha il disdegno dell ' umanità che può essere sorgente di buona poesia , ma ne ha la dimenticanza . Anche i suoi paesaggi sono subbiettivi , uno tutto rosso , l ' altro tutto verde , l ' altro tutto bigio , come egli li vede , in una specie di sogno fantastico , che è il Daltonismo della immaginazione . E finalmente quello che dà un carattere di monotonia , di romanza per camera , è il ritornello continuo , è la ripetizione costante dell ' ultimo verso alla fine di ogni quartina , di ogni ottava , è questo martellamento fastidioso che rammenta i componimentini poetici recitati dai bimbi per l ' onomastico del nonno . Gli è che Rollinat ha da cantare i suoi versi . Eppure , questo libro di versi , non è scritto senza un singolare ingegno poetico . Qua e là sgorga una nota pura e originale , trapela un raggio sottile e acuto di luce propria . In sostanza quello che guasta questo libro è la ricerca affannata del bizzarro , la volontà di fare l ' orrido a ogni costo , il desiderio di stordire con l ' immane , con l ' inaudito è il partito preso dello scrittore , la rovina dell ' opera . Manca a Rollinat la serenità larga dell ' artista , gli manca l ' indipendenza . Avido di successo , egli lo domanda a tutte le stravaganze e a tutti i pimenti . Senza questa sciagurata tendenza , egli sarebbe un altro Coppée , vale a dire un poeta armonioso , delicato , placidamente lacrimoso e roseamente innamorato , miniaturista elegante , sinfonia in tôno minore , gruppo di fiori dai profumo blandi . Attraverso les névroses si scatena una danza macabra di scheletri e vi si respira un forte odore di acido fenico . Vi si sente dentro l ' impiegato alla pompe funebri .
AU BONHEUR DES DAMES ( SALVADORI GIULIO , 1883 )
StampaPeriodica ,
La nostra generazione , non voglio negarlo , avrà tutte le virtù ; certo , crede d ' averne molte che non ebbero le generazioni passate : ma una ve n ' ha che nei nostri padri fu tanto forte e a noi pare sia stata negata inesorabilmente : la compassione . La nostra generazione ha troppa fretta , perché gli rimanga tempo da compatire ; se nella corsa vertiginosa che la sospinge in alto i deboli rimangono a mezza strada spossati , non sarà certo ora che li raccoglieremo pietosamente per metterli bocconi a bisdosso dei muli dell ' ambulanza : chi muore giace ; le file che incalzano non sanno guardarsi i piedi , e passano sopra . Si cammina , non v ' è da dubitare ; e non mi parrebbe strano se una delle prossime legislature cercasse d ' avvalorare la legge suprema della vita ordinando la soppressione assoluta dei deboli : qualche cosa da sostituire al Taigeta si troverebbe . Certo , la nuova vita sociale , che offre ogni altezza libera a chi la vuoi raggiungere , doveva , animata dalle idee nuove , portare a queste conseguenze ; ma nell ' insolita ferocia entra senza dubbio per un pochino anche la reazione contro la troppo tenerezza di cuore dei padri . Gran parte del romanticismo non fu , a guardarlo bene , che una società di mutuo soccorso fra i deboli : uniti , essi capirono che avrebbero fatto passare la propria fiacchezza come una tirannia . Oh la bella schiera di fatali dalle bionde capigliature spioventi che il vento dell ' ispirazione sollevava e agitava ! povere arpe eolie , essi aspettavano la mano invisibile che flagellasse le corde tese oltre l ' ordinario ; gentili giovinette angelicate , essi reclinavano la testa sul braccio manco levato , e i lunghi capelli raccolti in sette corde d ' oro , poi riuniti tutti fra un dito e l ' altro del piede , facevano l ' arpa divina su cui la mano destra doveva correre guidata dall ' alto . Ora , all ' esigenza del pubblico ci vuol altro . Si guardi il Carducci in Italia ; si guardi Zola in Francia . Se qualche atteggiamento speciale ce li raffigura nella loro lotta col pubblico , essi non possono apparire che atleti : hanno le maniche rimboccate fino all ' ascella , e le loro braccia si gonfiano di muscoli michelangioleschi a domar le sette teste dell ' idra ribelle . Col pubblico , insomma , gli scrittori ora son uomini , e cercano di vincere ; quarant ' anni sono eran donne , e come le donne si corazzavano di debolezza . Ma la lotta , per questo , non è che assai più pericolosa . Guai se gli atleti vacillano ! Guai se un di quei tremiti istantanei e irragionevoli , che hanno anche i più gagliardi , pervade loro le braccia e le fa sentire ai vinti infiacchite : la riscossa è pronta , e alla riscossa segue la vendetta feroce , implacabile . Perché , anche la tirannìa intellettuale è una tirannìa , e delle più difficili a sopportare : se gli uomini riescono a scuoterla , non v ' ha dubbio , si vendicano Contro Zola questa vendetta comincia di già : in Francia non ancora , perché la Francia è stata più lenta a piegare ; ma proprio e specialmente in Italia dove il fiero novelliere ebbe più pronta e intera vittoria . Si loda , sì ancora , per forza d ' inerzia ; ma si compra anche , più che per ammirare per giudicare . Si giudica anzi , senza comprare e senza leggere ; si condanna anche a torto , solo perché si sente venuta l ' ora di condannare . E questo è il peggiore dei sintomi : vuoi dire che all ' accusato non si concede difesa , che , consenta o no la giustizia apparente , la giustizia suprema vuole inesorabilmente così . La nuova generazione italiana ha addosso una gran fregola novellistica ; ella si sente , e forse ha , linfa bastante a buttate vigorose e durevoli : ma per questo , ella sente , è necessario l ' affrancamento dalla servitù zoliana ; per questo è necessario che Zola cada . Contro una forza di questo genere non v ' è remissione : expedit ut moriatur unus homo pro populo . Ma bisogna anche dire che Zola fa per conto suo tutto il possibile per affrettare la morte . Non giova ch ' egli si mantenga all ' altezza acquistata : uno scrittore che non aggiunge ogni primavera nuove penne e più forti alle sue ali , è caduto . La Page d ' amour , Nana , Pot - Bouille furon tutte battute d ' ala per reggersi ; ora Au bonheur des dames è lo stesso : il pubblico non vuol altro ; egli sa oramai che al forte novelliere manca la forza che un nuovo slancio gli chiederebbe . Quest ' ultimo romanzo ( come del resto quasi tutti gli altri di Zola , ed è naturale ) sfuma al racconto : se ne dà il primo schema con una frase : la lotta del gran commercio col piccolo . Il gran commercio , polipo immane , conoscitore sicuro di tutte le debolezze moderne applica ad ognuna di esse le sue ventose , e tira a suo profitto il danno comune : intorno i piccoli commercianti , retti soli dall ' abitudine , sdegnando ogni lusinga intesa a mantenere fedele la donna muoiono a uno a uno d ' inedia e le donne li abbandonano attratte in folla dal fascino del gran seduttore . Mouret stesso , il protagonista , lo mostra all ' opera . « Prima di tutto è la potenza moltiplicata dell ' accumulazione , tutte le merci radunate in un luogo a sostenersi e a incalzarsi ; mai mancanze , sempre l ' articolo della stagione è là : l ' avventrice si trova stretta , compra il panno qui , là il filo , in un altro luogo il mantello ; si veste , poi trova cose non prevedute , cede al bisogno dell ' inutile e dell ' elegante . Poi la marca a prezzi fissi . La gran rivoluzione parte da questa novità . Se il vecchio commercio , il commercio minuto agonizza , è perché non può sostenere la lotta al ribasso intrapresa dalla marca . Ora la concorrenza avviene sotto gli occhi stessi del pubblico : un ' occhiata alle vetrine stabilisce i prezzi , ogni magazzino ribassa contentandosi del minore guadagno possibile : nessuna truffa , non arricchimenti meditati a lungo sur un genere venduto il doppio del costo , ma operazioni correnti , un tanto per cento regolare defalcato da tutti i generi ; la fortuna affidata al buon andamento d ' una vendita , tanto più larga quanto si faceva alla luce . La rivoluzione metteva lo scompiglio nella piazza , trasformava Parigi , perché era fatta con la carne e col sangue della donna . Questa l ' anima del gran mostro : chi glie la infonde è Mouret . Agitato da quest ' anima , esso cresce fino a proporzioni inaudite . Tutte le lusinghe per le quali si può attirare la donna esso le sfoggia ; tutte le vie per le quali l ' oro può rifluire alle sue vene le trova : e il suo sangue poi serve a nutrire tutto un popolo di larve umane , un gran falanstèro , che nella mente di Zola sarebbe un ' immagine delle famiglie operaie che avrà la società di quest ' altro secolo . A capo , Mouret . Ma dal basso , dalla rovina generale del commercio minuto si leva una cara e soave immagine di giovinetta . Fattasi forte della sua debolezza ella entra fra quel popolo di larve maligne e lo domina ; rassegnata e costante , ferma , incrollabile sotto la grazia apparente delle maniere essa sale sempre più alto , fino a che non arriva alle braccia aperte di Mouret , divenuta « onnipotente » . Zola , certo , non ci ha pensato , si potrebbe giurare ; ma la distribuzione delle masse di quest ' azione richiama , a rovescio , la distribuzione del Ruy - Blas . Là è la nobiltà che crolla , finita , di contro all ' ascensione del popolo ; solo della nobiltà una donna rimane alta su le ruine , e dal popolo si stacca un uomo , un servo , che sale tanto da arrivar fino a lei . Questo raffronto non è senza ragione : non se n ' abbia a male il mio amico Renier , ma l ' idea prima di questo romanzo sperimentale è romantica . Proprio così . Nella maggior parte dei romanzi di Zola c ' è il mostro che divora l ' uomo . C ' è un ' azione meccanica o una macchina che prende gli uomini e li assorbe , costituendone e crescendone la propria azione , o adoperandoli come ordigni . La piena trascinatrice o la macchina : nel corso dei fatti umani , Zola non intende , non vede , non riproduce altro . Ora questo male posa sopra una concezione debole e falsa del mondo , non solo umano , ma organico ; da una concezione di quel mondo puramente e rudimentalmente meccanica . Nella Conquête de Plassans , per esempio , è l ' invasione clericale bonapartista che si ripercuote in una famiglia ; nella Curée è lo sbrigliamento degli appetiti , lo strepito , delle mascelle di centomila cani affamati che assorda Parigi e lo copre ; nel Ventre de Paris sono i grandi mercati ; nel Pot - Bouille la casa borghese ; nel Bonheur des dames il magazzino titanico . Si vedano i titoli , per esempio : non paia pedanterìa ; in un ' opera d ' immaginazione i titoli rappresentano generalmente l ' immagine nella quale lo scrittore raccoglie tutta la vita dell ' opera . Gli altri novellieri , generalmente , si tengono al nome del protagonista ; se fanno prevalere l ' analisi psicologica , dànno al libro il nome della malattia presa in esame . Zola no : dà il nome della cosa , il nome dell ' azione che domina nel racconto senza contrasto , il nome della macchina trionfatrice . E questo concetto della vita , scientificamente falso , se n ' avveda egli o no , gli si fa sempre più fermo e sicuro . Nel penultimo romanzo , Pot - Bouille , è la casa che vive , non gli uomini . L ' anima della casa viene alle penombra del grande scalone silenzioso , trasfusa dalle grandi porte lucide , dietro le quali s ' intravedono abissi d ' onestà . Letto il romanzo , di quelle donne , di quegli uomini , che cosa rimane ? Nulla . Il frutto è fresco e colorito di fuori : chi lo spacchi e apra a una a una le loggie che chiudono i semi , trova in tutte una famiglia di vermi . Tutto il romanzo dà l ' impressione del brulicame d ' una gran verminaia , d ' un rosichío senza posa di boccucce nere . Così nel Bonheur des dames . La vita è lontana , molto lontana , da tutti quei piccoli commercianti , da tutti quei commessi senza numero , code di rondine che si muovono , da tutte quelle venditrici , abiti di seta ripieni . Non è neppure in Dionisia , neppure in Mouret . Dionisia non è veduta , è voluta ; Mouret è una personificazione . Ciascuno di questi uomini sacrifica la sua animuccia primitiva alla grande anima del magazzino : son ordigni , non uomini , ed entrano tutti nel moto della gran macchina : le loro voci muoiono ; il rombo assordante del grande arnese le assorbe . Ora questa , come costruzione fantastica potrà anche piacere , potrà anche esser bella : anche questa è mitologia ; mitologia che non oltrepassa la concezione meccanica , che non arriva alla concezione umana , frutto insomma di mente ristretta : ma non importa ; come ogni mitologia , è discutibile ed accettabile . Non ci si domandi però se lì noi troviamo riprodotta la vita : risponderemmo di no . Non ci si domandi se lì noi troviamo arte vera ; risponderemmo di no . Che i novellieri ci diano gli uomini vivi , e noi nelle sue novelle troveremo la vita ; che li facciano immortali con gli uomini , e ci troveremo l ' arte . Il rombo ci darà la voce d ' un alveare ; a darci la voce degli uomini , non basta : per questo , bisogna ch ' essi parlino , bisogna che si mostrino e operino nel dramma . Qui lo svolgimento del dramma è impedito e soffocato dallo strepito disarmonico dell ' orchestra .
LUIGI CAPUANA ( SCARFOGLIO EDOARDO , 1883 )
StampaPeriodica ,
Luigi Capuana è un vecchio giovine , o , se vi piace meglio , un giovine vecchio ; e a chi lo conosca pel complesso della sua molta attività di novellatore e di critico , fa una strana maraviglia lo spettacolo di quella bella maturità vigorosa improntata nella testa calva e nel poco pelame bianco . La sua persona inclinante sensibilmente alla pinguedine parrebbe in punto di precipitare nella vecchiaia adiposa e sonnacchiosa ; ma sotto quell ' apparenza senile si sente la forza del sistema muscolare nel pieno rigoglio dello sviluppo organico , e dagli occhietti grigi balena la gioventù dello spirito . Luigi Capuana è giunto , ora alla perfezione della sua costituzione fisica e mentale : vi è giunto col sacrifizio dei suoi capelli e della barba . È colpa del pelo , morto troppo presto , o del Capuana , maturato con troppa lentezza ? Io non ho mai veduto la sua fede di nascita , e non credo che lo stato civile sia un utile elemento di critica . Certo questo singolare scrittore sta ora nel sommo della sua curva , e le ultime opere del suo intelletto hanno la franchezza robusta della virilità piena . Non piccolo segno questo di serietà e di forte tempra artistica in un paese ove da vent ' anni in qua i novellatori vanno innanzi con le bende sugli occhi , deviando e tentennando , senza sapere quello che si vogliono , né quel che si facciano , senz ' altro pensiero che di una faticosa e vana produzione di materia grezza , pubblicando ad un tempo un libro ove qualche barlume d ' arte trapela e un altro che non è se non lo sforzo della più abietta e più miserabile necessità industriale . Il Capuana non ha avuto mai sdrucciolamenti , né pencolamenti , né pentimenti ; ma un pensiero solo , anzi un solo caldissimo e purissimo sentimento di religioso amore per l ' arte lo ha tratto sempre più in alto , dalle prime prove , romantiche tuttavia e mal sicure , dei Ritratti di donna e di Giacinta , alle opere quasi perfette di C ' era una volta e di Homo . Il Capuana ha avuto una maturità lenta e faticosa . A lui non concessero i numi una materia cerebrale spumante per la fermentazione precoce , ed effervescente in una bella fumata di vario colore , graziosa e leziosa e capziosa al contrasto dei raggi solari , né volle il divo Apolline assentirgli quel facile e prezioso talento di assimilazione , pel quale tanti cervellini mascolini e femminili assorbono tanto materiale d ' importazione francese , e con poca fatica di ruminamento lo rivomitano maldigerito e sporco ancora dei colori repubblicani . Egli è giunto all ' altezza presente non senza molto sforzo della volontà e una assai pertinace tensione di tutta la sua attività vitale . Non si è ritrovato sbalestrato in alto per un capriccio della fortuna o del favor popolare ; ma ci è giunto per proposito deliberato , arrampicandosi . Per questo , mentre gli altri che pur non sono rimasti in terra , si guardano intorno sbigottiti per l ' altezza e già colti dalla vertigine , egli sta sicuro e spazia intorno tranquillamente , poiché sa il terreno , e la via fatta , e quella che ancora resta a fare . Guardatelo nella vita privata . Non cerca i convegni , ove tra il fumo dei cattivi sigari , nel cemento dell ' adulazione reciproca , si gettano e si ribadiscono le reputazioni traballanti . Egli vive solitario , o esercitando quell ' attività non usurpata dall ' arte a benefizio del comune , della patria Mineo , o a Roma , tra pochi amici non investiti di nessuna potestà sacerdotale e non turiferarii , né torcieri , né vessilliferi . Egli studia e lavora , e fuma sigarette tranquillamente , estraneo al rimescolìo delle mediocrità impazienti nell ' ambizione , gittando senza strepiti e senza spavalderie una base veramente solida al futuro romanzamento italiano . Per le quali cose , il Capuana non può essere giudicato equamente da un libro solo ; ma è necessario seguirlo a traverso tutta la sua attività critica e risalire tutta la curva della sua ascensione narrativa per abbracciare l ' efficace opera di ammaestramento e di moralizzamento ch ' egli ha fatto e va tuttavia facendo nell ' arte del novellatore . Egli è stato dei primi a gittar le grida contro l ' empirismo dell ' arte costituzionale ; e , venuto di Sicilia rozzo ancora e immaturo , e in molta parte impreparato e ineducato , si gittò a combattere a mezza spada con quei brillanti spiriti , che tra l ' accasermamento italiano in Firenze andavano rivendendo a buon mercato le scolature del Figaro , che nella rocca di Milano abbandonata dal Manzoni nelle mani dei Farisei costruivano teoriche estetiche ed etiche tra le piramidi del Gorgonzola e le cataste dello Stracchino . In una prefazione che il buon Leopoldo Marenco pose innanzi a certa sua commedia , si domanda al lettore con un tono tra di maraviglia dispettosa e di compassione stizzosa se conoscono un certo Capuana che osa dir male di lui , Leopoldo Marenco , grande ciambellano della pastorelleria comica e del lattime teatrale e conferitore patentato di speroni d ' oro in cartone dipinto a tutti gli attori giovani del felice regno d ' Italia . E si seccavano , a Firenze e a Milano , di questo barbuto nero che veniva a intorbidare la soave persuasione del rinascimento spirituale crescente all ' ombra del gran caprifico della Costituzione ; poiché temevano una novità nella loro arte da rigattieri peggio d ' una riforma dello Statuto , e un pungiglione critico più che tutti gli assilli repubblicani . Leone Fortis lo guardò come il cane della favola quando si vide insidiato il mucchio della paglia , e Paolo Ferrari sudò freddo pel tremito e per l ' orrore vedendo la prima volta quella barba siciliana . Tutti così , questi robivecchi provveditori di materiale scenico e di bambagia gazzettiera ! Non hanno nemmeno la virtù della resistenza ; ma si oppongono col peso della loro inerzia , e brontolano , percossi dalla paura e dallo stupore . Così , quando Paolo Ferrari vide nelle vetrine dei librai milanesi il libretto di Luigi Lodi consacrato a lui , si voltò a Leone Fortis con un ' aria d ' uomo infastidito , dicendo : Sarà uno dei soliti adulatori . Ma come ne ebbe letto due pagine , la faccia gli diventò verde , e le braccia gli cascarono lungo i fianchi , e il libro cadde per terra . E pure , in questo ambiente lombardo riescì il Capuana a piantare una incudine ; e battendo , battendo , battendo , e sempre più liberando se stesso dalle scorie , fu il primo e più efficace predicatore dei canoni naturalisti ; e certamente giovò assai a fermare sull ' orlo del precipizio il suo compatriota Giovanni Verga , che da principio cedeva troppo volentieri alle furie del suo intelletto caldissimo . Il Verga giova anch ' esso non poco a porre in miglior luce il Capuana ; poiché quel siciliano lombardizzato e incivilito , dopo aver gittato molto calore della fantasia e molto fremito nervoso ad aliare un alito afrodisiaco in certa bambagina avviluppata intorno ad esili scheletri narrativi , dopo aver buttato le ultime scorie romantiche in certi strani compiacimenti di lascivia idilliaca , pareva che dovesse morire di spinite mentale ; quando , inaspettatamente , ricomparve rinnovato , riapparve in forma d ' un uomo maturo e del più serio fra i nostri artisti leggieri . E la gente , maravigliando , se bene i Malavoglia seccassero alquanto i lettori , lo contrappose ai naturalisti francesi ; e lo vide sempre più ascendere sino alla gloria delle Novelle rusticane , gridando quasi al miracolo . E nessuno pensò che forse una buona parte del miracolo si doveva a quel singolare martellatore di Luigi Capuana , il quale , dopo aver predicato il vangelo naturalista , aveva dedicato ad Emilio Zola un romanzo , il primo romanzo sperimentale e veramente serio stampato in Italia dopo il Manzoni . La grande fortuna di Zola in Italia procede segnatamente dal Capuana ; il quale , mentre i capelli cadevano e andavano sempre più brizzolandosi , studiava la letteratura contemporanea in Italia e in Francia con più di serietà , che non i farfallini fanfulleggianti che camparono quindici anni sul panciotto rosso di Teofilo Gautier e sulle bricciche di Alfonso Karr . Di più egli ebbe una fortunata intuizione ; una di quelle intuizioni che non possono lampeggiare se non in un intelletto veramente materiato d ' arte . Intese tutto il beneficio che potrebbe venire all ' arte narrativa dallo studio del materiale popolaresco ; e con tanto amore studiò e si compenetrò delle forme e dello spirito dell ' arte del popolo che nel 1879 , pubblicando le poesie siciliane di Paolo Maura poté aggiungervene in fine due che paiono affatto simili alle popolari , che ha potuto nell ' autunno scorso pubblicare un libro di fiabe , le quali , come già ho avuto occasione di dire , a me paiono una cosa perfetta . E nel nuovo volume di novelle intitolato Homo ! che certamente con le Rusticane del Verga è il migliore libro narrativo pubblicato in Italia dopo i Promessi Sposi , l ' utilità degli studi di letteratura popolare appare evidente . Per esempio , una delle novelle , Comparatico , che io senza esitare giudico meravigliosa , è tale da stare gloriosamente anche nel Decamerone o tra le più perfette cose di Balzac , è un rifacimento in prosa italiana d ' una storia in poesia siciliana che il Capuana , con una straordinaria imitazione dello stile e dell ' andamento popolaresco scrisse , nel 1868 , e presentò al Vigo , che , senza punto avvedersi dell ' inganno , la stampò nella sua Raccolta amplissima di canti popolari siciliani . Confrontino i lettori la novella e la storia , e leggano gli altri racconti di questo volume così maschiamente palpitante di umanità , così vivo , così forte , così originale ; e mi sappiano dire se ho avuto torto io di collocare il Capuana sopra tutti quanti gli altri romanzatori d ' Italia .
StampaPeriodica ,
Un arguto e gentile scrittore di questo giornale due settimane fa mi domandava : « Fa il piacere , lei , d ' insegnarmi che cosa è un poeta porco ? di darmi i segni caratteristici , o , alla maniera che dicono gli impiegati di polizia , i connotati del poeta porco ? » E soggiungeva : « Se si parla del Casti o del Batacchi , quell ' aggettivo viene spontaneo sulle labbra anche a me ; ma quando siamo in presenza di un artista , il quale crede mostrare serenamente le qualità del suo ingegno , del suo gusto e del suo stile , quando stiamo a sentire un periodo o una strofa magnifica di proprietà , di fantasimi e di armonia , ecc . , ecc . , come faremo e in che modo dovremo fare per sapere quando comincia la porcheria ? » ecc . , ecc . Poi , più giù , detto come il poeta da me chiamato porco era Gabriele D ' Annunzio , e il libro pel quale io lo avevo chiamato porco l ' Intermezzo di rime , assicurava i lettori di aver cercato pagina per pagina , da verso a verso , entro l ' elegante volumetto , e di non aver trovato nulla , proprio nulla , né di porco né di sporco . Queste parole io me le sono dovute rileggere più volte per convincermi che c ' era proprio scritto quello che ci leggevo . E quando mi sono convinto , ho detto fra me : Che giova dare al mio egregio contradittore le spiegazioni ch ' egli mi chiede ? che giova cercare di fargli intendere che cosa sono la decenza e la moralità nell ' arte ? che giova dargli i segni caratteristici del poeta porco ; se , quando io glie li avrò dati , lui , facendomi una risata sul viso , mi risponderà : « To ' , ma questo è il poeta che io chiamo verecondo ? » Posta in questi , che sono i veri suoi termini , la questione è bell ' e finita . Non resta che citare i versi pei quali io chiamo inverecondo il poeta che al mio contradittore pare verecondo , e rimettersi al giudizio delle poche persone culte e serie che , come il mio contradittore dice , sono tuttavia in Italia . Apriamo dunque l ' Intermezzo di rime , apriamolo , non precisamente dove l ' aprì il mio contradittore , e citiamo : Noi ci fermammo . A noi sovra il capo il fulgore piovea placido e fresco ; ne le carni un languore novo metteane , quasi penetrasse la cute ammollendo le vene . Ora un desìo di acute voluttà mi pungeva , innanzi a quella bianca vergine inconsapevole Io sono tanto stanca ella disse , piegando ne la persona ... Oh come si scoperse la gola tra l ' onda de le chiome e le iridi si persero , fiori ne ' l latte , in fondo a ' l cerchio de le pàlpebre ! Oh come il sen rotondo sgorgò fuor de la tunica ! Io mi sentii su li occhi scendere un denso velo ; e le caddi ai ginocchi Adagio a ' ma ' passi . Certi dibattimenti nei tribunali si fanno a porte chiuse ; e qui non c ' è porte da chiudere ; qui siamo in piazza . No , io non andrò innanzi nella citazione ; io debbo rispetto ai miei lettori ed a me ; io non debbo contaminare di citazioni immonde l ' onesta mia prosa . Ma a tutto c ' è il suo rimedio : sèguiti la citazione il mio contradittore ; lui , al quale paiono verecondi versi ch ' io debbo per verecondia tacere , non può averci difficoltà ; séguiti dunque a citare fino a tutta la pagina 34; citi , se non gli basta , qualche ottava della Venere d ' acqua dolce , fermandosi specialmente alla pagina 65 : e , terminate le citazioni , ripeta in cospetto delle poche persone culte e serie che ci sono tuttavia in Italia la sua affermazione , che cioè entro l ' elegante volumetto egli non ha trovato niente né di porco né di sporco ; la ripeta , e ripeta poi la domanda : « Che sia io il poco pulito animale ? » Quando le poche persone culte e serie che sono tuttavia in Italia gli avranno risposto , mi faccia poi sapere la risposta ; con la quale rimarrà completamente esaurita e risolta , senza disputa nessuna , la nostra questione . Ma no , veda , mio bravo signor Lodi , nei versi del D ' Annunzio che io ho stigmatizzati non è questione di nudità , com ' Ella sembrò credere , o volle forse far credere . Il sonetto che Ella riporta , come uno dei più nudi e dei meno belli ( anche a me piace assai poco ) , non mi dà molta noia : ciò che nei versi del D ' Annunzio mi dà noia , ciò che fece traboccare il mio sdegno , ora , dopo quelle citazioni , lo avrà , spero , capito anche Lei : caso mai non lo avesse capito bene , ci torneremo sopra . Il nudo , quando è fuso in bronzo , o scolpito in marmo , mi dà tanto poca noia , che io non solo non pensai a scandalizzarmi , com ' Ella nota , davanti al Nettuno del Giambologna , ma non ci pensai nemmeno nelle gallerie di Firenze e di Roma , e nel museo di Napoli , dove del nudo , come Lei sa , ce n ' è da cavarsene la voglia . Veda , però , proprio al museo di Napoli , che ebbi la fortuna di visitare parecchi anni sono in compagnia di un illustre personaggio , il senatore Fiorelli che ci accompagnava , dopo che avemmo veduto tutto , trasse fuori da una stanza , chiusa al pubblico , un piccolo gruppo , dinanzi al quale io restai meravigliato : poche opere d ' arte avevo vedute di tanta perfezione . « Oh perché dirà Lei se quel gruppo è tanto bello , lo tengono chiuso ? » E veda , rispondo io , quel gruppo è molto meno nudo delle altre statue , perché rappresenta una capra , che , come Lei sa , non ha bisogno , per vestirsi , d ' incomodare la sarta , e un satiro , che per buona parte del corpo è vestito anche lui , vestito di un abito non confezionato a Parigi , ma insomma vestito . E veda ancora : né il satiro né la capra non mostrano nessuna di quelle parti per le quali fu inventata la foglia di fico . « Oh dunque ? » Ecco : il satiro però e la capra stanno fra loro in una certa posizione , fanno fra loro una certa faccenda , naturali l ' una e l ' altra fra maschio e femmina , ma che tuttavia le leggi e le usanze della nostra civiltà non vogliono , per molte buone ragioni , che sieno esposte né fatte , vuoi realmente , vuoi per rappresentazione artistica , sotto gli occhi del pubblico . Qui , vede , proprio qui , mio bravo signor Lodi , sta il punto delicato e culminante della questione : qui , proprio qui , comincia , anzi è cominciata , e ci siamo proprio in mezzo , la porcheria dell ' artista che crede mostrare serenamente le qualità del suo ingegno , del suo gusto e del suo stile ; qui , proprio qui , io potrei cominciare a darle ( se oramai non fosse inutile ) i connotati del poeta porco . Io non sono mica un impiegato di polizia , che non sappia il suo mestiere : lo so almeno tanto bene , quanto sanno il loro gl ' impiegati , diremo così , di pornografia . Mi permetta , mio bravo signor Lodi , Lei che ha fatto tante domande a me , che ne faccia una io a Lei . Ecco : dica , Le piacerebbe , Le parrebbe innocuo , decente , morale , che quel mirabile gruppo della capra e del satiro , riprodotto in terra cotta od in bronzo , stèsse esposto nelle vetrine del Janetti , a Roma , a Torino , a Firenze , dove fanciulli , giovinetti e ragazze potessero liberamente ammirarlo ? Mi risponda schietto e franco , dimenticando , se è possibile , la cattiva causa e il cattivo poeta che ha preso a difendere ; mi risponda come farebbe a caso vergine , dopo avere interrogato soltanto la sua educazione e i suoi sentimenti di cittadino onesto , che desidera alla patria una generazione d ' uomini sani e forti di corpo e di mente , non isfiaccolati e stupiditi dalla venere terrena e solitaria . Se Lei mi risponde , come credo , di no ( e me lo fanno credere i nobili sensi e il forte amor patrio pei quali mi piacquero parecchi suoi articoli del Don Chisciotte ) , Lei deve anche , per inesorabile necessità di logica , convenire che è tutt ' altro che innocua , decente e morale la esposizione che il D ' Annunzio ha fatto de ' suoi erotismi nell ' Intermezzo di rime . Andiamo , via : descrivere tutte le particolarità più lascive che precedono accompagnano e seguono il congresso amoroso di un giovinotto con una signorina che gentilmente si presta , questo Lei lo chiama malinconie profonde , amori ardenti e nudità candide , nobilmente umane , che non hanno mai offeso la verecondia di alcuno ? Andiamo , via ; queste cose non si dicono nemmeno per ridere : se non sapessi che Lei è uno scrittore onesto e gentile , quasi quasi crederei che , scrivendole , avesse voluto farsi beffe de ' suoi lettori e di me . Lei finge di non capire la cagione del mio sdegno per il richiamo a Virgilio . Ma come ! Sentirsi nelle membra i fremiti della libidine per il ricordo di una avventura amorosa , prendere cotesti fremiti per ispirazione poetica , e apostrofare il gentile poeta mantovano : olà , dammi tu la tua arte , sì ch ' io racconti ai bravi giovinetti italiani , ammiratori dei miei versi e frequentatori dei postriboli , come qualmente io mi presi diletto della bianca vergine inconsapevole ( fra parentesi le raccomando quella po ' po ' d ' inconsapevolezza … .. come ! far questo non è per Lei un profanare l ' arte e Virgilio ? Mi scusi , ma non Le credo : e da Lei difensore di una causa spallata m ' appello a Lei scrivente senza nessuna causa da difendere . « Ma se il grande Mantovano , dice Lei , invitava sotto l ' ombre compiacenti dei faggi i giovanetti pastori , perché non potrà il D ' Annunzio chiamare nel silenzio odoroso d ' un bosco una fanciulla innamorata ? » Non confondiamo : io non ho mai negato al D ' Annunzio il diritto di chiamare nel silenzio odoroso dei boschi quante fanciulle gli pare ; gli ho solamente negato ( che è cosa molto diversa ) il diritto di raccontare in poesia quel che va a fare con loro , quando va a far cose che non si ridicono fra la gente per bene . Certi amori , abbominevoli per noi , non avevano niente di turpe per gli antichi greci e romani . Anche di ciò va tenuto conto . Tuttavia io non mi ricordo che nelle ecloghe di Virgilio ci sia nulla che faccia arrossire una persona beneducata . Veda : se il D ' Annunzio , invece di descrivere i carnosi fiori del petto di Yella , drizzantisi al lascivo tentare delle sue dita , si fosse contentato , come il pastore Coridone apostrofante il formoso Alessi , di sfogare gli ardori suoi parlando di pecore e di capretti , di noci e di corbezzole , di latte e di cacio fresco ; o se , magari , si fosse messo a sedere sull ' erba , lui da una parte e la sua Yella dall ' altra , e lì , Arcades ambo Et cantare pares et respondere parati , avessero intonato un duetto a uso Coridone e Tirsi ( il D ' Annunzio , secondo me , sarebbe stato meglio in carattere ) ; io , veda , invece di rinfrescare queste che Lei chiama anticaglie polemiche , e mettere Lei nell ' impaccio di domandarmi i connotati del poeta porco , sarei stato zitto zitto a sentire , facendo molto volentieri la parte di Melibeo . Mi spiego ? La questione non è del fatto amoroso , ma della parte di esso che si racconta , e del modo come si racconta . Pare a Lei che in ciò siavi nessun punto di contatto fra le ecloghe di Virgilio e il Peccato di maggio e la Venere d ' acqua dolce ? Chiedo perdono agli ammiratori del poeta latino della sacrilega domanda a cui la discussione m ' ha condotto . Io diceva dunque che nei versi del D ' Annunzio non è questione di nudità , e che della nudità sola io non sono molto facile a scandalizzarmi . Mi pare d ' aver dimostrato e chiarito tanto quanto quel ch ' io diceva : tuttavia , se il signor Lodi permette , mi proverò a chiarirlo anche meglio . Aggiungo che , quando la rappresentazione del modo non è fatta a sfogo ed eccitamento di sensualità ( che subito si conosce ) , io non me ne scandalizzo niente affatto ; come non mi scandalizzo niente affatto se prosatori e poeti nominano a tempo e luogo , senza reticenze vigliacche , senza impiastricciamenti ipocriti di circonlocuzioni e di metafore , cose e parole che fanno arricciare il naso alle schifiltose damine . Quando il Carducci mandò al Fanfulla della Domenica la poesia A proposito del processo Fadda , una certa strofe diceva : Poi se un puttin di bronzo avvien che mostri Un po ' di pipi al sole , Protesterete con furor d ' inchiostri , Con fulmin di parole . Il Martini , allora direttore del giornale , pregò con un telegramma il Carducci di levare quel pipi , che avrebbe , si capiva , offeso la verecondia delle schifiltose damine , le quali , si può giurare , non si offendono oggi , e non si sarebbero offese allora , delle nudità candide nobilmente umane , come dice Lei , del D ' Annunzio . Io son fatto d ' una pasta molto diversa , e molto più rozza , s ' intende ; io non mi scandalizzai niente affatto di quel pipi ; e al Carducci che me ne domandava , risposi : oh lascialo stare ! Ma il Carducci lo levò , perché non metteva il conto di scontentare per così poco il Martini , il quale dal suo punto di vista aveva centomila ragioni . Intende Lei , signor Lodi , perché io , che non mi scandalizzai di quel pipi , che , senza turarmi il naso , leggo in Dante la parola merda , che non mi scandalizzo al resupina jacens , con quel che segue , di Giovenale , chiamo , peggio che indecenti , oscene e corruttrici certe poesie del D ' Annunzio ? Se non lo intende ancora , cercherò di farglielo intendere con un esempio . E giacché ho nominato Giovenale , pigliamo l ' esempio da lui . Giovenale dunque e il D ' Annunzio ( chieggo perdono di mettere accanto questi due nomi ) descrivono entrambi il petto ignudo d ' una donna . Tunc nuda papillis prostitit auratis , dice con le parole proprie il grande poeta latino , parlando di Messalina : il piccolo poeta italiano , parlando di Yella , dice , come vedemmo , con una similitudine barocca , che le punte del suo petto si dirizzavano , come carnosi fiori , ecc . La rappresentazione del poeta latino per me è moralissima ; quella dell ' italiano è immorale : per le damine , la cui verecondia sarebbe stata offesa da quel po ' di pipi del puttino di bronzo , deve , io credo , essere perfettamente il contrario . Lei , signor Lodi , dica , da qual parte si mette ? Da qualunque parte si metta , non Le farò il torto di spiegarle la differenza che passa fra il fatto del poeta latino e quello dell ' italiano . A Lei parve di cogliermi in contradizione perché io , denunziante al procuratore del re e della questura la poesia del D ' Annunzio , non denunziai anche quella di altri poeti ai quali dissi mancare il senso della verecondia . Anzi , nota Lei « ch ' io promisi di tradurre le Odi amatorie d ' Orazio » ; e noto che io tradussi parecchie poesie del Heine , poeti ambedue non verecondi . Scrissi anche , è vero , com ' Ella ricorda , che « la verecondia non entra per nulla nel merito artistico di un poeta e dell ' opera sua ; che il difetto della verecondia nel Byron , nel De Musset , nel Heine , fu parte della loro sincerità ; e che perciò essi rimangono grandi poeti , e la storia del loro cuore c ' interessa . » Dalle quali mie parole Ella si fa strada a domandare : « Se interessa ai critici di ricercare come i poeti morti sentirono l ' amore , perché sarà negato ai poeti vivi di raccontarcelo essi stessi ? » Adagio un po ' . Qui bisogna distinguere : i poeti morti son morti , e i vivi son vivi : i morti non si può fare che non sieno stati ciò che furono : ai vivi , se non ci pare che siano quel che vorremmo , abbiamo il diritto , e in certi casi il dovere , di dirlo . La sincerità è una bella cosa ; l ' amo anch ' io , non solo nei poeti , come fu notato da Lei , ma in tutti gli uomini ; sotto certe condizioni però . Se io , puta caso , conoscessi un giovinetto dedito all ' ubriachezza , o al rubare , o allo scrivere cose oscene ( io qui considero lo scrivere non come opera d ' arte , ma come un ' altra azione umana qualunque , onesta o disonesta ) , io non mi sentirei mica di dirgli : figliuolo mio , bisogna esser sinceri , fa ' quello a che ti porta la tua natura , cioè séguita ad ubriacarti , o a rubare , o a scrivere cose oscene , gli direi piuttosto : quel che tu fai è male , cerca di correggerti . Io , critico , studio tutti i fatti e i sentimenti umani rappresentati dalla parola , così la magnanimità di Dante e del Petrarca come le infamie dell ' Aretino ; ma io , uomo , desidero ai tempi miei ( poiché desiderarlo ai passati non giova ) dei poeti che si rassomiglino piuttosto agli amanti di Beatrice e di Laura che all ' autore dei sonetti illustranti le tavole di Giulio Romano . Ho detto che bisogna distinguere : e distinguo anche ( oh come distinguo ! ) fra i grandi poeti che dissi mancare di verecondia e il D ' Annunzio . E noto che , quando accennai questo difetto in essi della verecondia , lo chiamai difetto , non pregio . In Orazio , nel Heine e nel Byron , quel che c ' è di men verecondo sono quasi sempre accenni fugaci , cui spesso scusa od attenua lo scherzo o la satira ; e non hanno perciò nel lettore anche giovane alcuna trista , efficacia : in ogni modo quelli accenni rimangono come piccole macchie in grandi opere , i cui intendimenti sono spesso nobili ed alti , non mai corruttori ; mentre nelle poesie del D ' Annunzio di cui ci occupiamo , l ' argomento principale , lo scopo unico di tutta l ' arte , di tutto il lavoro dello scrittore , è la pittura della sensualità nelle sue manifestazioni più basse . Tutto quel che c ' è nel Peccato di maggio , è preparazione , è frangia e cornice della descrizione dal fatto erotico ; son pennellate di colori accesi messe nei fondo del quadro per dare risalto agli sdilinquimenti afrodisiaci della coppia in amore . Quanto al De Musset , non l ' ho nominato con gli altri , perché lui ha veramente la gran colpa di essere un po ' il babbo di tutta questa poesia del senso , che , oltre farci schifo e dispetto , ci secca maledettamente con la monotonia dei suoi fantasmi , dei suoi suoni , dei suoi colori . Il linguaggio di essa sta tutto in dieci paginette del vocabolario ; il cielo nel quale spazia servirebbe egregiamente di sfondo al palcoscenico di un teatrino di marionette . Ma almeno nel De Musset , oltre i fremiti e gli spasimi del senso , c ' è anche il sentimento ed il pensiero , che mancano affatto nei nostri poetini sensualisti . E ' mi fanno l ' effetto di giovani scostumati che , avendo qualche suono musicale negli orecchi , e qualche diecina di aggettivi luccicanti nella memoria , ma niente nel cervello e nel cuore , mettono in versi le loro porcherie e credono fare della poesia . Io inchino molto a credere che questa brutta fioritura di poesia sensualistica sia indizio , non solo di decadenza morale e letteraria come fu sempre , ma fisica . Un medico e scienziato amico mio mi faceva osservare che uno dei segni più certi e costanti di rammollimento cerebrale negli infelici che ne sono minacciati è il mostrare le parti pudende . Parlando della poesia sensualistica del D ' Annunzio , io non ho voluto affatto entrare nel merito letterario di essa e nella questione dell ' arte ; io l ' ho , come dissi , considerata semplicemente come un ' azione umana , secondo i criteri dell ' onesto e del disonesto . Ciò deve apparire evidente in questa mia chiacchierata ; ma mi piace dichiararlo esplicitamente e richiamarci sopra l ' attenzione del mio gentile contradittore ; perché , caso mai gli saltasse in testa di rispondermi , e ' dovrebbe non uscire dal campo morale , e sforzarsi di mostrarmi , solamente in quello , non dico l ' onestà , ma la non disonestà del Peccato di maggio e della Venere d ' acqua dolce . Quanto al merito letterario di queste e delle altre poesie del D ' Annunzio , i lettori si saranno accorti ch ' io sono molte miglia lontano dagli apprezzamenti e dal giudizio del mio bravo signor Lodi : ma , quando anche lui avesse ragione ed io torto , ciò non farebbe nulla alla presente questione . Le due poesie del D ' Annunzio potrebbero , come opera d ' arte , essere perfette quanto il gruppo della capra e del satiro ; resterebbero sempre , secondo me , due azioni disoneste . L ' arte e la poesia furono sempre uno dei più costanti affetti , una delle più care consolazioni della mia vita ; ma se dovessero condurmi ad amare , o anche solamente a scusare e tollerare la disonestà , preferirei diventare analfabeta .
StampaPeriodica ,
Comincerò poiché la bontà nella vita mi piace quanto , e forse più , la nudità bella nell ' arte comincerò dal ringraziare il Chiarini , il Nencioni ed anche il Panzacchi , che con me sono stati tanto buoni . Quattro settimane fa , colla serena sfacciataggine d ' una scolaro irrequieto , buttavo giù dalle colonne di questa Domenica una manata di punti interrogativi tutti peccaminosamente impertinenti , li buttavo via per l ' Italia , implorando una risposta , che sarebbe stata una lezione per me , e che vale assai meglio per molti ingegni che affaticano nelle prime prove dell ' arte . La mia superbia era grande , lo confesserò : confidavo che la risposta e la lezione mi anzi ci sarebbero venute dal Chiarini , il quale , per ufficio da lungo tempo esercitato , ha , purtroppo , dovuto piegar l ' animo e fortificar la pazienza nell ' insegnare ai ragazzi . Invece oltre ogni misura d ' onesta superbia anche il Nencioni ed il Panzacchi hanno voluto mostrare che le mie domande non erano del tutto inutili , hanno voluto , con affetto paziente , discutere le mie impertinenze , e , aggiungendo bontà a bontà , i due primi hanno scritto parole cortesi per me , mentre l ' autore del Piccolo romanziere , con non meno gradita cortesia ha tentato di nascondere alla gente il nome di così grande e impudente peccatore . Il quale si proverà ora a ribattere , ritornando a commettere il suo peccato , non per amore di sudiceria o per orgoglio maniaco ; ma per il culto , coraggioso , e un po ' anche doveroso , che ha serbato sempre alle sue idee , unica proprietà e consolazione più alta ed assidua della propria giovinezza . Al peccatore pare che la serena confessione e la costanza del peccato siano la risposta più degna alla bontà di cui tre uomini illustri lo hanno onorato . Almeno , potranno dire : costui non è vigliacco ; ha delle opinioni e le proclama in faccia a tutti , le difende anche contro noi . E compiuto il dovere , veniamo alla discussione . Quattro settimane fa , dunque , io chiedeva : « Quale e com ' è la poesia porca ? » Avevo sentito il Chiarini invocare contro di lei l ' opera vigile e ammanettatrice della Questura , ed io , che nel Codice non aveva trovato nessun articolo , nella collezione degli Atti ufficiali nessuna istruzione sull ' argomento , del ministro per l ' interno ai suoi agenti , mi andava ripetendo : « Assolutamente bisogna sapere quando un autore ha il dovere di consegnarsi spontaneamente al procuratore del Re ; quando il lettore , da cittadino onesto , deve presentare formale querela e richiamare sopra un libro e sopra un foglio l ' attenzione , disgraziatamente distratta , delle autorità » . V ' è una letteratura chiamiamola così oscena , e di lei so benissimo l ' essenza e le forme : c ' è una legge severa che la definisce con assai precisione e manda i suoi dilettanti alla Corte d ' assise , che sono puniti con lodevole sollecitudine . Ma quest ' arte porca , che i magistrati lasciano tranquillamente correre per la Penisola , che i legislatori non hanno posta tra i reati , di cui si è sempre parlato , in mille modi per mille diversi interessi , da tutti , ma che non si è mai giunti a precisare in qual guisa sia fatta , di che materia consista , quest ' arte laida e perversa per cui il traduttore di Heine si commuove e si sdegna , quale è , e com ' è conformata ? La mia domanda voleva una risposta sollecita e piena , se non altro per ragioni di pubblica utilità . Ma i tre valenti scrittori non rispondono alla mia interrogazione limitata e precisa : essi mi rivolgono per contro dei ragionamenti vari e ricchi di erudizione , di sentimento , di critica , di morale ; ma alla definizione esatta non arrivano ; ma alla conclusione sola che a me pareva necessaria si ricusano . Tuttavia , per la gravità dell ' argomento , industriamoci alla meglio : cerchiamo , dalle molte descrizioni che i miei ammonitori fanno della gran colpevole , i caratteri suoi sostanziali , quelli che realmente costituiscono il suo reato . Il Panzacchi dice : La poesia della libidine corrompe l ' arte . La verecondia e la nudità non sono che parte accidentale della questione . Il Chiarini e il Nencioni invece l ' accusano unicamente per ragioni di verecondia e di nudità . Il primo scrive : L ' arte invereconda toglie ai giovanetti la gagliardìa che debbono consacrare alla patria . Il secondo sentenzia : L ' arte nuda corrompe la religione della donna . Andiamo avanti , se non ci riesce ancora di capir molto : cerchiamo nelle dissertazioni dei tre critici qualche più chiaro contrassegno . Donde è nata e da chi è stata commessa quest ' arte che tante cose offende e tante persone ? Il Panzacchi risponde : È un ' invenzione nuovissima : è incominciata , verso la metà del secolo , in Francia . No , ribatte il Chiarini , è antica : infatti debbo riconoscere che Orazio , Heine e Byron la differenza di tempo e di luogo non è breve da poco , fuggevolmente , ne fecero . Ma il Nencioni entra di mezzo ed afferma : I veramente grandi poeti non sono mai pornografici ; come non lo sono mai i grandi romanzieri . Byron non lo è mai , nemmeno nel Don Giovanni . Continuiamo pure nelle nostre ricerche : se ci pare di trovare un po ' di confusione , d ' indeterminatezza e di contraddizione al principio , alla fine troveremo la chiarezza , la precisione e l ' ordine ; la verità è una sola , e vanno ripetendo da un pezzo si fa strada sempre . Il Nencioni nega che gli artisti amino ora la nudità e che il pubblico la guardi con compiacenza : l ' arte sensualistica , assicura , volge irreparabilmente al suo termine fra l ' abbandono e il disgusto di tutti . Però trova che il D ' Annunzio scrive ancora de ' bei versi , concepisce tuttavia delle immagini forti e dilicate , ha soffio e movimento lirico . Il Panzacchi di riscontro giudica che la lirica della libidine egli non parla del romanzo e neppure della pittura è oggi « in pieno rigoglio e mostra per tutto i suoi fiori lussureggianti al sole , e dà al capo della gente con gli acuti profumi di cui impregna per largo tratto l ' atmosfera . » Il Chiarini , da ultimo e pel conto suo , nega risolutamente alle poesie del D ' Annunzio ogni merito letterario . Finiamo , dopo ciò , le indagini , i ravvicinamenti , i confronti : tanto non verremmo a capo di sentirci una buona volta definire che cosa è e dove fiorisce l ' arte porca . Uno alla nostra curiosità risponde che essa è soltanto un malanno per l ' estetica ; un secondo , invece , che è unicamente un pericolo alla gagliardìa della gioventù maschia ; un terzo , che è singolarmente ed essenzialmente un oltraggio alla religione della donna . Da una parte si scrive che è nata una cinquantina d ' anni fa ; dall ' altra , che viveva ancora , benché più debolmente , quando sfolgorava la maestà di Roma , da poco divenuta imperiale . Vi è chi assicura che il Byron non fu mai pornografico , e chi lo ammette ; chi trova delle cose buone nell ' Intermezzo di rime , e chi non ve ne riconosce una sola . Né basta : il Nencioni sentenzia che l ' arte della voluttà precipita , il Panzacchi che è in pieno rigoglio : oh come debbo ritrovare io , e con me il pubblico e gli autori , la definizione che sarebbe utile ed urgente di avere ? Dalle ricerche e dai riscontri che sono andato facendo , un costrutto , però , intanto ho raccolto , ed è questo : che la poesia invereconda è infinitamente più potente , per gli effetti che produce , dell ' altra , la sua opposta . La Marsigliese , l ' inno del Mercantini sono certamente liriche vereconde ; ebbene , io so di parecchi non molti volontari nel Tirolo , che colla camicia rossa sulle spalle , con Giuseppe Garibaldi presente e l ' inno del Mercantini sulle labbra , non sapevano vincere la paura , e scappavano ; so di moltissimi , migliaia e migliaia di francesi , che a Sedan , a Metz , a Parigi , cantavano il glorioso ritornello della Marsigliese , e deponevano le armi . Basta , invece , qualche sonetto , un centinaio o due di martelliani o di decasillabi i quali si discute ancora se sieno belli o no , se vi sia o no chi li legga , bastano essi perché la estetica della nazione sia corrotta , la gagliardìa dei maschi sia tolta , la religione della donna sia profanata . Evidentemente , secondo i precetti della eloquenza antica , quella di Demostene e di Cicerone , l ' arte porca avrebbe ragione dell ' arte pulita . Ma a me non preme di provare molta abilità di polemica ai miei lettori : preme invece di risolvere una questione che riguarda l ' arte e parrà strano la educazione civile del mio paese . Confesserò dunque che , se una propria definizione manca in tutti e tre gli articoli che i tre illustri avversari della nudità hanno scritto , in quelli però del Chiarini e del Nencioni qualche più sicuro contrassegno , qualche più chiara indicazione c ' è . Entrambi , d ' accordo , dicono : Il D ' Annunzio nell ' Intermezzo di rime uscito ora ha scritto delle porcherie . Ma però quando , subito di poi , vengono a dire dove e come il D ' Annunzio le ha scritte , tornano a non andare più insieme e , per poco , non si voltano le spalle . Il Chiarini , infatti , porta come documento della sua accusa venti o venticinque martelliani del Peccato di maggio ; il Nencioni addita , senza attentarsi a riprodurla , un ' ottava e un terzo della Venere d ' acqua dolce . Per tutto questo , mio povero e roseo Gabriele , sei stato svergognato in tutte le contrade d ' Italia ; per questo si è minacciata la pace dolce , legittima , consacrata dai costumi e dalle leggi , che ora godi ; per questo sul tuo capo ricciuto e candido si è invocata l ' eloquenza dei Pubblici Ministeri e la correzione del carcere cellulare ! Forse vi è stato eccesso di severità . Se non che , io non ho a fare il paladino né a Gabriele D ' Annunzio né a ' suoi ultimi versi , che fra l ' altre cose mi paiono dei men belli fra quanti egli ha pubblicati da quattro anni in poi ; io mi affatico e come vedete non mi diverto alla sudata ricerca di quella essenza così importante alla poesia , alla pubblica moralità e alla personale sicurezza dei poeti . Il Chiarini ed il Nencioni hanno disegnati due punti precisi di lirica infame ; vediamo pertanto che cosa contengono e come son fatti . Per ordine , cominciamo dal Peccato di maggio . L ' autore immagina due giovani innamorati , belli , forti , che passeggiano per un bosco . È il plenilunio reo di calendimaggio … il sole trionfale discende , mentre dalla terra fresca , verde , s ' alza , nella placidezza odorosa dei campi , l ' inno della primavera . E tutto uno sbocciamento intorno : la grande risurrezione dell ' anno . In lui scoppiano più ardenti , più acuti , gli ardori del senso : lei , fra tanta esuberanza di vita , ha la rivelazione di sé : è soprafatta da un desiderio nuovo , da un tormento infinito di carne inappagata e intatta che scotta ... Ma sentite i versi : Io sono tanto stanca ella disse , piegando ne la persona ... Oh come si scoperse la gola tra l ' onda de le chiome e le iridi si persero , fiori ne ‘ l latte , in fondo a ‘ l cerchio de le pàlpebre ! Oh come il sen rotondo sgorgò fuor de la tunica ! Io mi sentii su li occhi scendere un denso velo ; e le caddi ai ginocchi e con avide mani su pe ‘ l suo torso ascesi , e tremar come un ' arpa viva il suo torso intesi . Atterrita a quei subiti vibramenti d ' ignote fibre , ella con aneliti , gemiti , con immote le pupille e la bocca dilatata , pendeva su me . Ne le sue giovini carni il peccato d ' Eva squillava a gran martello , come sopra sonore lamine di metallo : È l ' ora de l ' amore ! O voi tutti , vecchi e giovani , che custodite con religione d ' amore e di gratitudine , come la più gagliarda e gelosa lirica della vostra esistenza , il ricordo dell ' ora felice in cui una giovinetta , inconscia , vinta dal prorompere della sua vigorìa insoddisfatta , del suo affetto , dell ' istinto umano superiore e benefico , si è abbandonata a voi stanca , oppressa , come non fu mai bella ; voi tutti che credete quell ' abbandono , quella dedizione ineffabile , buona , fatale , una gioia squillante dell ' anima vostra , badate al Chiarini che vi ammonisce : quel ricordo , quella lirica , quella gioia meno dimenticabili della vostra esistenza sono tante porcherie . Perché se il descriver tutto ciò in versi , il che vuol dire immaginarlo soltanto , è disonesto , a commetterlo in verità , in una notte stellata o sotto un sole di fuoco , deve essere assai ancora più turpe , più scellerato , più porco . E avete inteso ; perché si conservi robusta e cresca alla patria la gioventù che la deve onorare e difendere , queste cose non si hanno a scrivere , e molto meno quindi a fare . Oh , Origene ! Passiamo al secondo corpo di reato : un ' ottava più un quarto e cinque sillabe . Il D ' Annunzio omai a ricopiare dei versi mi stanco racconta un bacio dato nel modo proprio del bacio vero . C ' è una statua greca , ammirata in una pubblica galleria , di su le più pubbliche incisioni , in cui la rappresentazione è non meno esatta ed ha sincerità forse maggiore . Ma se un bacio non è dato in fronte , come nei romanzi di cavalleria gli eroi belli ed ingenui baciavano le vergini inconscie , e , purtroppo , clorotiche , se non è dato sulla mano , come ai monsignori , è una sconcezza e offende la religione delle donne . Dopo ciò , sentite ancora un galantuomo , o voi che mi leggete ? Io per me scampo alle rimembranze , alle curiosità , alla discussione , come gli eruditi alle questioni grosse : con una citazione . Eccola qua , ed è di autore non mai sospettato quale corruttore né dalla Corte del Re né dalla Curia Romana : Michele de Montaigne . Egli ha detto , molti anni fa : « Qu ' a fait l ' action génitale aux homme , si naturelle , si nécessaire et si juste , pour n ' en oser parler sans vergogne , et pour l ' exclure des propos sérieux et réglés ? » Che ha fatto , domando anch ' io , dacché , dopo questi molti anni che sono passati , le pretensioni d ' un certo pudore e le proibizioni di certa critica rimangono identiche ? Ci sono stati , ci sono e ci saranno dei pittori che hanno dipinto il tradimento di Giuda il più abbietto dei tradimenti leggendari ; degli storici che hanno narrate e debitamente documentate le turpitudini di Tiberio , le pazzie di Nerone , le ferocie di Caligola ; dei tragici che hanno messo sulla scena la passione ripugnante di Mirra ; degli epici che han raccontato come un padre mangiasse i suoi figli ; dei romanzieri che hanno descritto come una madre vendesse la figlia al maggior offerente ; dei lirici che hanno dedicate le loro strofe al disertore , alla spia , al più furibondo assassino : tutte le brutture , le colpe , le anormalità dell ' individuo si son raccontate , documentate , analizzate , conservate nei quadri , nelle statue , negli archivi , nelle storie , nei romanzi , nei poemi , di generazione in generazione , di secolo in secolo ; ora le prodezze di Troppmann , di Pietro Ceneri , del Cardinali , si illustrano di vignette realiste sui giornali più ricchi ed eleganti : nessuno ha mai protestato , non si è mai indignato contro Tacito o contro Dante , contro Victor Hugo o contro i gerenti dell ' Illustrazione , del Gil Blas o del Figaro ; non ha mai invocato l ' opera vindice della Questura . È permesso dunque istruire i giovanetti in quanto l ' uomo ha commesso di più sanguinoso , di più pazzo , di più stomachevole , di più codardo , durante tutta la storia dell ' umanità ; non è permesso accennare come la vita della umanità si consòli nell ' affetto , si conservi nella moltiplicazione . Documentare le sozzurre di papa Borgia è , per esempio , nobile ufficio di storico civile ; rendere omaggio di memoria all ' amore che è sano , forte , necessario è azione di iniquo e si deve scontare colla galera . È logica questa ? Se non che , osservate : la logica comune non presta ubbidiente il suo aiuto alla causa , in questo modo definita , della moralità . La nudità ampia e serena , dice il Nencioni , non offende il pudore ; ma è poi offeso dal racconto d ' un bacio ; e il Chiarini , per mostrarsi meno scrupoloso ancora , racconta come egli voleva lasciare al puttin di marmo , che è nella poesia del Carducci per il processo Fadda , anche quella cosellina che l ' autore vi aveva messa ed il Martini vi tolse . Ma perché , mio buon signore , gli voleva lasciare quella cosellina , se poi gli era proibito il peccato reo di calendimaggio ? Oh , per me sto col Martini : dati questi precetti di morale , egli fu più giusto e pio tagliando via subito . Nell ' infanzia il pericolo di morte è meno sicuro . Comunque , osserverò che un grande progresso s ' è fatto . Senza ricordare più lontani esempi ; non sono dieci anni che il poeta porco era il povero Praga , già morto , poveretto , di romanticheria e di tisi ; più tardi il porco divenne il Carducci , benché nota egli , ripetendo l ' aggettivo , benché abbia scritto l ' Ideale e le Primavere elleniche ; poi capitò al Verga , al Capuana , un po ' anche al Martini ricordate : « Il peggio passo è quel dell ' uscio » e molto , moltissimo , ad Olindo Guerrini . Ma allora s ' invocava la morale , la rettorica e l ' orror della carne . Il Praga aveva dedicato delle strofe a una cortigiana morta di tifo ; il Carducci , a parte Satana e Dio , aveva dei gusti barbari di stile , così che in un epodo solenne diceva che il tradimento e la vigliaccheria a un certo punto della storia d ' Italia s ' accoppiavano pubblicamente in piazza in presenza del popolo ; immagine del tutto contraria alla dignità dello stile lirico e al buon galateo : il Verga avea narrato , benché coperto di tutti i veli in cui si avvolge ora Tersicore dea al cospetto del pubblico , la passione d ' un giovane d ' ingegno per una ballerina , di quelle che si possono , con gloria dell ' onestà , tirare in carrozza a forza di schiena , ma non si debbono amare ; il Capuana era reo della Giacinta e della Fosca ; il Guerrini dei Postuma , dove per tutto trionfa l ' amore sensualistico . Insomma : quale scrittore durante questo secolo non è stato un poco porco ? Anche al Manzoni rimproverano la Monaca di Monza . Ma allora si difendevano delle cose grandi e vecchie : la morale buona che non può consentire che una femmina perduta sia amata , la rettorica buona che non ammette trivialità , il candore delle modiste , delle cameriere , delle signorine uscite di collegio , che alla vista d ' un puttin di marmo che mostrasse qualcosellina al sole si sarebbe d ' un tratto offuscato e perduto ; allora si era severi , ma logici : Victor Hugo , che aveva fatto rispondere in quel modo Cambronne , era un porco quanto Musset che aveva raccontato l ' amore in tutti i modi . Ora abbiamo una morale , una verecondia , un candore a prezzi ridotti , con diminuzione , almeno , d ' un tanto per cento . La nudità non entra nella questione scrive il Panzacchi . E che importa la nudità al Nencioni ? il sonetto del D ' Annunzio , per esempio , che io citai quattro settimane fa ... Il Chiarini poi è anche più di manica larga : egli racconta che nel Museo di Napoli vide il gruppo del satiro e della capra e non gridò subito : porco ! all ' autore , che certo non avrebbe sentito . Si possono adesso dire tutte le cose che erano vietate dieci , cinque anni fa , e tornare a scrivere l ' Eva o i Postuma magari ! senza che nessuno strilli : in faccia a San Pietro si potrebbe mettere una bella femmina ignuda , si potrebbe anche in un angolo di Montecitorio simbolo dell ' ignoranza serena mettere un puttino di marmo purché fosse assolutamente piccino e non si trattasse che di qualcosellina : il livello della moralità , insomma , si è abbassato , anzi è dato indietro , molto indietro . Ed in pochi anni ! Fra qualche tempo , un altro decennio al più , ci accorgeremo che in qualche luogo è sprofondato ritirandosi : per fermo non è più visibile . E sulla fossa per dove sarà scomparsa quella miseria di pudore accademico , l ' arte e la civile educazione della patria esulteranno , perché quel giorno tutti noi , finalmente , saremo più sereni , più schietti , più nobilmente innamorati della bellezza e della vigorìa umana . Perché , signori miei , il Boccaccio era un porco ? E le donne e gli uomini della Repubblica fiorentina poco dopo appunto gli ordinamenti di giustizia erano tutti porci ? Perché , signori , l ' Ariosto era un maiale , e come lui il duca e il cardinale d ' Este , ogni gentiluomo , ogni dama che capitasse alla Corte di Ferrara ? Credete voi il fiorentino abbia raccontata l ' astuzia di Peronella o l ' incantagione fatta alla coda della cavalla , che il ferrarese abbia rimate le maliarde seduzioni d ' Alcina o le varie avventure di Giocondo , proprio per bassa compiacenza della volgarità sudicia o per vendere qualche copia di più del Decamerone o dell ' Orlando furioso ? E notate bene : le novelle di Dioneo erano narrate in una buona società del Trecento , quella buona società borghese della grande Repubblica che edificò tante chiese , ributtò l ' imperatore tedesco più durabilmente che non avessero fatto i Comuni lombardi segnatari della pace di Costanza , ed infine instaurò la nuova storia d ' Italia . Le dame sentivano Dioneo fare i suoi racconti nudi , e non iscappavano via . Il canto d ' Alcina e quello di Giocondo erano letti da messer Ludovico Ariosto , che dovette mantener fama di galantuomo se fu mandato a nettare dai ladri una provincia ; erano letti in presenza del Duca , del Cardinale , delle dame , dei gentiluomini più cospicui di Ferrara , degli artisti più illustri della nazione . Il Cardinale , col suo grasso ghigno di prete , disse una volgarità famosa al poeta , ma chi uscì mai fuori a gridare : « Duca , fate arrestare costui ? » Così pertanto , signori , rinasceva e cresceva di bellezza , di ricchezza , di giocondità l ' arte e la storia d ' Italia , quando noi , come diceva quello a Gino , noi eravamo grandi e al di là del mare e delle Alpi non eran nati : così , con un sorriso luminoso , sereno , sicuro , il popolo nostro benedetto di felicità , di produzione , di pensiero , toglieva al medio evo l ' Europa . Che grande giocondità d ' opere e di vita in quei due secoli gloriosi della Rinascenza ! Nulla era vietato , nulla conteso , nulla celato ; nessuna paura , nessuna falsità era imposta , solo l ' amore della beltà e dell ' ingegno regnava . Il mondo sentiva come la gioia sonante della nuova vita che si riedificava . Ma a metà del Cinquecento questa espansione solenne di letizia finisce , e l ' arte e la fortuna della patria rovinano : è venuto giù da Trento un pauroso suono di preghiere barbare e di minacce : uno sgomento di persecuzione di morte passa sopra la Penisola , sul cattolicesimo : escono dai monti del Tirolo la censura , l ' Inquisizione , la morale rigida e falsa , il Seicento , il Seicento tetro , abbrunato , piangente , che sopprime gloria e vita italiana . Alle statue greche si pongon le camicie di piombo ; sul Decamerone si cala la falce purificatrice d ' un frate fanatico ed ignorante ; l ' Orlando è squartato , messo all ' indice il Machiavelli , e frà Paolo Sarpi messo in premio al pugnale di tutti gli assassini . La bellezza è peccato , la forza è peccato , la ribellione a tutte le servitù è peccato : ogni umana virtù è peccato . Quando la civiltà riprende assai tardi il suo cammino e il suo lavoro , quando la filosofia e la poesia annunziano la rivoluzione , Diderot , Voltaire , Beaumarchais , Mirabeau scrivono delle novelle , dei poemi , dei madrigali , delle commedie scelleratamente glorificatrici della carne . Perché glorificare la carne significa innalzare l ' uomo , nel sentimento della sua forza , alla sincerità della sua vita , alla giocondità operosa della sua mente . L ' uomo ritorni libero , superiore alle minacce , agli sgomenti , alla falsità che l ' educazione cattolica per tre secoli gli ha depositato nel sangue ; senta che essendo amante e diventando padre , non compie atto vergognoso , ma adempie alla più nobile delle sue attività . L ' arte , quando era , narrava tutta sinceramente la vita del paese ; ci dava la Commedia e il Canzoniere insieme al Decamerone ; insieme il Mosè e la Trasfigurazione , insieme l ' Orlando e la Mandragora . Ora noi siamo beneducati ; viviamo nell ' osservanza del galateo che un monsignore dettò e degli abati ricorressero ; i critici dicono : oibò ! alla carne , ai fiori , alle immagini ardite della lirica che ci rimane tuttavia ; chiamano le guardie se un poeta immagina nuda una fanciulla stupendamente bella , e la fa baciare da un maschio innamorato più giù della fronte ; gridano maledizione agli scultori che mettono qualche cosa al sole di quello che anche i puttini di marmo debbono avere ; e se un romanziere narra l ' amore come lo fantastichiamo , lo vogliamo , lo facciamo tutti , quando ci riesce , i critici ringhiano : la religione della donna è vituperata , la gagliardìa dei giovani corrotta . Pertanto la nostra arte è falsa , come la nostra vita : dovunque trionfa il trasformismo morale e politico personificato in Sua Eccellenza Agostino Depretis . Ebbene ; io preferisco l ' arte che fu messa all ' indice , che fu maledetta , squartata , decimata : io preferisco l ' arte che raccontava tutto , che tutto ciò che era umano credeva onesto e bello , ed era forte e gioconda . Così propriamente ; io preferisco i letterati , la borghesia , le Corti del Cinquecento a quelle d ' ora : mi dànno torto il Panzacchi , il Chiarini , il Nencioni ? A qualcheduno , forse , interesserà di saperlo . Per me tanto fa , anche se non mi dànno ragione : sto nella mia opinione e non mi credo un porco . Vorrei scrivere , come Zola , l ' Assommoir , e combattere , come Byron , per la libertà .
UN BUON ROMANZO ( LODI LUIGI , 1883 )
StampaPeriodica ,
Alcune settimane fa in questo giornale scrissi alcune righe benevole e cortesi di annunzio d ' un nuovo romanzo : La colpa di Bianca . Le scrissi perché il lavoro mi pareva degno di un po ' di lode spontanea e sincera , perché tra pagina e pagina credei d ' indovinare che l ' autore fosse un giovane , e un giovane che sarebbe andato col tempo molto avanti a parecchie delle nostre celebrità vecchie . Quando vidi composto quell ' articoletto breve e mal riuscito , mi sentii lieto come se avessi compiuta un ' opera buona ; poi il giorno dopo , naturalmente , non ci pensava più . Cercava fatti atroci e aneddoti ignorati per la cronaca varia di un giornale quotidiano , quando il gerente , che a quel giornale esercita ancora l ' ufficio di usciere , mi avvisò come chiedesse di me lo scrittore della Colpa di Bianca , il signor Chelli . Lo feci entrare nel salotto , solenne e molto noto in Italia , della redazione , un salotto a giallo svanito sotto gli sgorbi della matita e le ingiurie del tempo , coi divani ricoperti di tela bigia e in quel momento le tendine , molto fitte , abbassate . In quella oscurità tetra , il signor Chelli mi apparve più grande e severo , nell ' altezza quadrata della persona , colla barba folta , nera , tutto vestito di scuro . Non aveva nessuna posa : non diede a vedere un istante solo di essere persuaso che in presenza mia doveva mostrarsi con l ' amabilità strana e sgarbata di un tale che si crede un grande scrittore , e che è di tutti i sonettisti , bozzettisti , corrispondenti , rivistai , di tutti , infine , i miserabili che ci vengono intorno . Mi ringraziò coll ' effusione schietta , luminosa nella faccia ampia e pallida , di uno il quale sente che nell ' applaudire l ' opera sua non gli avete che resa giustizia , ma il quale vi è tuttavia riconoscente , perché il vostro applauso , qualunque esso sia , gli ha fatto bene , e perché poi non è facile sempre ottener giustizia in questo mondo . Mai una sola volta il signor Chelli , in quei venti minuti che stemmo insieme , cercò di fare effetto con un ' osservazione profonda , con un bel periodo o con una freddura lucidata a nuovo : rimase sempre quale era entrato , sereno , tranquillo , quasi fiero della sua goffaggine di uomo che lavora tutto il giorno , modesto pur nella sua coscienza sicura di poter scrivere qualche cos ' altro di più buono e più vero ancora . Gli chiesi : Che cosa fa lei , quando non fa dei romanzi ? L ' impiegato alla Regìa dei tabacchi : un ufficio molto faticoso . Ma non potrebbe fare appendici ed articoli ad un giornale ? C ' è un mio vecchio scrupolo che me lo vieta . Sono un impiegato del Governo e non mi sento così libero da scrivere in giornali , che , una volta o l ' altra , si possono trovare contro il Governo . È una sciocchezza , lo capisco , ma non saprei fare in modo diverso . E questa ricca miseria della lingua scritta , aulica e fredda , non mi consente di serbare al dialogo la sua spontaneità disprezzatrice dell ' aggettivo , e , purtroppo , anche della grammatica . Ma così accade a noi quando vogliam trascrivere un bel discorso che abbiamo sentito , c ' imbrogliamo nelle frasi e precipitiamo nelle eleganze dei pezzi scelti per antologia . Accompagnando alla porta un po ' di complimenti s ' aveva pur da fare il signor Chelli , andava pensando : È diverso dagli altri , più schietto , più forte , più solo : forse il suo libro sarà originale . Originale forse no , in tutto : ma il romanzo da lui pubblicato ora : L ' eredità Ferramonti , è molto diverso dagli altri che si stampano in Italia . Il libro , questa volta , e per caso forse molto fortunato e raro , è proprio riuscito come l ' autore : un po ' rude , un po ' disordinato e impacciato nella forma , non ancora , artisticamente , compiuto , ma più schietto , più forte degli altri . La maggior parte , anzi quasi tutti i nostri scrittori che seguitano a intitolarsi giovani , realisti e naturalisti , non fanno , in realtà , il romanzo moderno e della vita nostra , ma la novella elegante , leggermente scollacciata e tormentosamente inverniciata , cesellata e miniata della romanticheria francese degli anni gloriosi . I meglio arditi non arrivano neppure a Droz nella rappresentazione esatta della famiglia di borghesia ricca : essi rimangono ancora fissati nel loro ambiente convenzionale , indefinito , campato non si sa come , dove ci sono donne nevrotiche che fanno l ' amore diciamo così , pulitamente spasimando fra i denti arrotati strofe del Leopardi ed emistichi del De Musset ; dove i capisezioni e gli altri impiegati del Ministero parlano , come i personaggi di Paolo Ferrari , a sentenze profonde e pompierate antiche ; dove , disposte con ordine e preparate con nota sagacia , ci sono le scene delicate e le scene d ' effetto , il primo bacio e l ' adulterio ; dove tutte le donne sono divinamente , voluttuosamente belle , e tutti gli alberi odorano , e le stelle ammiccano , e i mobili scricchiolano , dove tutti , insomma , gli esseri e le cose più rispettabili e più taciturne mettono una parola per allungare la descrizione ; la descrizione , la più grossa noia cioè del romanzo naturalista francese che , passando in Italia , nella pretenziosità tarda dello stile , è diventata più scelleratamente insopportabile . Ma lo scrittore , in questi romanzi uscenti fra noi , colle sue vanità di periodi tondi , d ' aggettivi personanti , si mette sempre sulle spalle del narratore e gli calca giù il capo . A ogni pagina di questo romanzo - esperimento , vi trovate l ' ometto - autore fra i piedi , diritto innanzi a voi , coll ' indice alzato verso il cielo della sua gloria , che vi ammonisce strillando : State a sentire che descrizione ; ma ponete mente alla delicatezza del dialogo ; ma ammirate che eloquenza di lirico ! Il che infine significa questo : il romanzo adolescente nostro è composto con un processo puramente meccanico di molte parti diverse fra loro , preparate da lungo tempo , con istento , disorganiche e rettoriche , senza il senso coraggioso ed arduo della realtà nelle sue trivialità fredde , nella sua monotonia pallida , nelle ignoranze , negli agoismi , negli abbandoni rassegnati , nelle virtù inconscie , generose ed inutili . Concludendo : il romanzo fra noi non è ancora un quadro luminoso e potente ; è sempre il quadretto di genere leccato , sbiadente , consuetudinario . Il Chelli , com ' è lui nella selvatichezza piena di visioni di chi vive solo , non ha uno di questi vizi , diremo , di buona società , di queste volgarità che paiono eleganze . Egli rimane tutto serio , gagliardo , senza distrarsi mai , senza prolungarsi a sfogare le sue ambizioni ; per molto tempo senza disgustarsi della aridità cui si è condannato , senza entusiasmarsi di sé , e lasciarsi trascinare dalla lascivia degli effetti studiati ; rimane sempre nel suo soggetto duro , triste , senza benedizione di gentilezza che pure , da qualche anno , dal 70 in poi , dacché sono entrati i buzzarri a lavorare , a volere , a perseverare , acquista , per l ' incessante disfacimento d ' ogni giorno , come una solennità tragica : la borghesia romana . Non si può immaginare nelle altre città d ' Italia , a Milano , a Torino , a Genova dove arditamente domina e muta , a Napoli dove aumenta colla vigoria più della parola che dell ' ingegno , a Firenze dove par tiepida ancora del gran sole antico , quando tutto il popolo era cavaliere , e nasconde nella cortesia molle del linguaggio fiorito la scurità astuta dei propositi , non s ' immagina dalle altre parti della Penisola come sia stata e , in parte , rimanga ancora questa borghesia di Roma , che ha formato fino al 70 una gran clientela campante sopra i propri patroni , stanca e tuttavia grassa , corrotta inenarrabilmente nell ' intimità sua e tuttavia simulante e dissimulante perfettamente , con meravigliosa arte chiericale , ogni virtù ed ogni eccesso . Il Chelli ne ha dipinta una faccia , la frazione bottegaia , in questa Eredità Ferramonti , con precisione di particolari , con felicità d ' intuito e una serenità , una serenità superiore , inalterata , di espositore sano e tranquillo , che non lusinga il pubblico , non vuol trascinarlo e convincerlo , ma fargli toccare la verità . È il primo romanzo italiano dell ' ultima maniera , in cui l ' amore non sia tutto il fondamento , anzi in cui l ' amore non è se non un episodio senza importanza , che l ' autore non mette in gran luce , e davanti al quale lascia vedere una gran fretta di disimpacciarsene e tirar di lungo . E così doveva essere : perché a questa gente di bottega , abituata da ragazzi a raspare i soldi dagli angoli oscuri del magazzino e nelle saccocce rattoppate della nonna , cresciuta colla sola ambizione e il solo ideale del guadagno , a questa gente il gran dramma della vita è l ' acquisto d ' un capitale , il modo di lasciare il negozio o di poterne acquistare uno più vasto , più bello , più vasto e più bello di tutti gli altri . Ora il romanzo del Chelli si svolge interamente sopra questa base : ottenere in qualsiasi guisa i danari del padre Ferramonti , un vecchio dell ' Arte bianca divenuto quasi milionario da cascherino per aver avuti pochi scrupoli di commerciante e di marito , e che finisce , a settant ' anni , solo , maledetto e insidiato da tutti i suoi figli che egli aveva buttati nella via , poveri . L ' ambiente e l ' azione sono stati , pertanto , abilmente trovati dall ' autore . I personaggi che sono così logicamente posati sul vero , senza che l ' autore debba descriverli colle analisi lunghe ed odiose , colle parlate magniloquenti e tediose , sono lucidi , trasparenti , assolutamente organici ed umani . La moglie di Pippo Ferramonti , Irene figlia di negozianti in ferrarecce , è una figura di borghese , e segnatamente di borghese romana , che ha lo splendore resistente d ' un quadro del Murillo : è una perfezione di egoismo bottegaio nella candidezza sorridente d ' una beltà bionda . L ' autore , in due righe di ritratto , con una commozione pel soggetto che non ha più di poi , la chiama un fiore di modestia angelica , una bellezza di signorina . Ed è lei che riempie tutto il dramma , perché è la sola che abbia la potenza muscolare della sua avidità ; a poco a poco riunisce tutti i fratelli Ferramonti nella soggezione di lei , poi , a un tratto , presa di desiderio inaspettato , si butta nella braccia del cognato e consuma , in casa , l ' adulterio più abbietto . Ma ancora non si abbandona intera : fa delle restrizioni morali , comprime le eccitazioni della sua carne , misura con l ' avarizia feroce della sua razza anche le felicità concesse al suo amante : quando alla fine si dedica interamente al vecchio Ferramonti e lo possiede e crede di avere in mano i denaro tutti per sé , allora ha come un sussulto di trionfo , sente di aver compita come la propria liberazione e non ne vuoi più sapere d ' adulterio , d ' abbracciamenti , d ' amore , tutte cose sciocche per lei . Questa figura di donna così poco simpatica e sentimentale , ma così profondamente vera , è rappresentata dal Chelli con una parsimonia classica di colori , senza mai curarsi se sia idealmente bella o no , senza alcuna debolezza di ornamentazione , colla rapidità logica della narrazione , nella realtà misera dell ' ambiente . Ma questa secchezza , questo disprezzo dell ' accademia , questa tensione del Chelli , troppo spesso lasciano intravedere l ' angustia che tormenta lo scrittore : nella forma più assoluta gli manca il maneggio dello stile . Quando a quando una felice e calda intuizione d ' artista passa attraverso l ' aridità stecchita del racconto , ma non riesce a colorirsi nella frase , a distendersi nel periodo , rimane incompiuta , confusa , qualche volta anche del tutto mutata dall ' incapacità dello scrittore . Il quale , a metà del libro , ha sentito egli stesso la freddezza dell ' opera sua , tratta in una tinta smorta e monotona , ed ha voluto portarvi come uno spirito di vita nuova , rialzando il tono in cui parlano i personaggi : così ha semplicemente prodotta una dissonanza , l ' unica che sia nel volume e la più dispiacevole . Ma , fatta larga parte alla poca preparazione del Chelli in fatto di lingua , io credo che la colpa del poco sangue , della vita scarsa che si agita nella famiglia Ferramonti , non sia sua . Egli è che il romanzo sperimentale , così grave , così metodico , così esattamente emanante dalla commedia a tesi e dal dramma sociale , scompare , sfinito dopo pochi anni di vita , come quei bambini che consumano tutta la loro vigorìa nascente in una morbosa precocità intellettuale e muoiono anemici ed ebeti . Dal Jach siamo scesi all ' Evangeliste , dal Ventre de Paris siamo precipitati al Bonheur des dames , e il Nencioni lieto , poveretto , per la moralità ha cantato che si vendono meno copie della Nanà che l ' anno scorso . Benissimo : torniamo a leggere Balzac , Manzoni , Dumas , Dickens e perché no ? a quando a quando anche Paul de Kock .