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> categoria_s:"StampaPeriodica" > anno_i:[1880 TO 1910}
QUELLO CHE SI È FATTO ( LODI LUIGI , 1883 )
StampaPeriodica ,
Nelle consuetudini commerciali dell ' età nostra , alle quali vanno sempre più consentendo la letteratura e l ' arte , sembrerà quasi naturale che un giornale letterario faccia , ora , il bilancio dell ' annata , metta in chiaro , cioè , su due file di contro , il passivo e l ' attivo che n ' avanza . Né ove si potesse fare con brevità e sicurezza aritmetica di buoni commercianti letterari una tale operazione sarebbe inutile a sgradita . Ma metter giù le partite , fare le somme , e quindi paragonarle fra loro , non è facile quest ' anno e non sarebbe giovevole . Giacché la gente si diverte , per una stranezza dell ' avidità umana , a leggere anche i bilanci degli altri quando sono pieni di grosse cifre , rotonde e magnifiche ; a addizionare le miserie altrui si annoia come della propria . Vi sono dei popoli che non hanno storia , dice l ' antico avvertimento , ed è tuttavia vero ; ma siate certi che , se non l ' hanno , è perché non se la sono meritata , facendosela prima da sé , in azione . Anch ' essi hanno vissuto , si sono accresciuti e poi sono disparsi , ma che è rimasto nel lavoro del mondo della loro esistenza ? Hanno avuto un ' epoca solenne di attività , di cultura , di forza ? Dei grandi capitani , dei grandi artisti , dei grandi pensatori , nati da essi , che possano nutrire ancora la gratitudine , l ' ammirazione e l ' invidia di chi è venuto dopo ? Ora , voltandosi indietro per quest ' anno , non ci viene alla mente che un indice lungo e monotono di libri mediocri , senza originalità audace , senza propositi e forme nuove ; senza , infine , alcuni di quei saggi o di quelle promesse che formano nella produzione letteraria di un paese come un largo periodo storico , che sono uno di quegli avvenimenti solenni intorno ai quali molti altri , e per assai tempo , si legano e si svolgono . A questo estremo dell ' anno ci pare d ' uscire come da una pianura ben coltivata , ben seminata , ben alberata ; l ' impressione di quella uguaglianza geometrica ci sfugge a mano a mano che ce ne allontaniamo , e non ci rimane più nel pensiero nulla di quei campi perfettamente regolari , di quegli alberi stupendamente acconciati , di quelle case quadre , a tinte grige , con tutte le finestre verdi . Non ci rimane , tutt ' al più , nel pensiero e dentro di noi , che un sentimento di stanchezza e di noia . Cercando dunque fra i giorni di questi dodici mesi che sono ormai compiuti , ci pare che l ' attivo maggiore del 1883 sia una somma negativa , ci pare infine che l ' importanza maggiore di quest ' anno stia nel lavoro di critica e di demolizione che durante esso fu compiuto . Vi ricordate ? C ' era una letteratura facile , volgare , d ' improvvisatori , che , per poco , non è parsa durevole monumento fra noi . C ' erano i romanzieri di moda , verbosamente sgrammaticati , lividamente sentimentali , volgarmente luridi , c ' erano i poeti flaccidi , viventi per il discredito della prosodia , chitarronisti e galeotti plebei ; c ' erano i giornali che si erano proposti , e lo confessavano , l ' incremento della patria ignoranza , gli articolisti che si acquistavano il nome di critici e il favor delle dame , con qualche citazione dal francese , parecchie freddure e un gran lusso di romanticismo bolso ; c ' era una grande falsità , una volgarità insoffribile , una povertà impudente e gloriosa ; ebbene , tutto questo è ormai scomparso interamente . Quei romanzieri , quei poeti , quegli articolisti non trovano più editori , si sono rassegnati e non dànno più nulla a stampare , e , in ogni modo , non v ' ha più nessuno che si degni di guardarli . Il Giusti non potrebbe ripetere ancora son intenzioni ironiche i suoi versi : Il regno letterario È tutta una morìa ! Avrebbe paura d ' insultare troppi cadaveri ! E ciò che più consola ancora , è che questa condanna del pubblico si è meglio dimostrata là proprio dove il suo giudizio si esercita più direttamente : nel teatro . Non sono quattro anni da quando il Martini , per aver osato di scrivere che una commedia di Paolo Ferrari non gli piaceva , si destò contro come una sollevazione di popolo indignato : adesso , a Napoli , è tutto un teatro che fischia una commedia di Paolo Ferrari . Il Marenco fu , per un poco , il poeta drammatico favorito delle platee italiane : in quest ' anno egli ha dato a provare sulla scena tre lavori suoi , e nessuno ha potuto avere il magro conforto d ' una seconda rappresentazione : ha raccolti in volumi gli idilli suoi che ebbero più fortuna , che gli procurarono , non è neppure un decennio , tanta gioia d ' applausi ; non c ' è stato neanche un cronista teatrale che abbia osato di esclamare : Che belle cose ! E così , gli uni dopo gli altri , i nostri scrittori di drammi , di commedie che più sono convenzionali e falsi , che più ebbero , per troppo lungo tempo , l ' ammirazione della folla . Se , pertanto , con questi intendimenti consideriamo il bilancio del 1883 , ne possiamo trarre una ragione di speranza e di consolazione : il pubblico italiano , la gran maggioranza dei leggenti italiani si è migliorata di coltura e di gusto : comincia ad avere il sentimento e l ' intuizione del vero . E , d ' altra parte , tutta questa morìa non ci pare che sia seguita senza dare qualche accenno e speranza di vita nuova . C ' è forse forse , in questo silenzio , la fermentazione oscura , sotterranea , ignota , delle sementi in inverno : c ' è forse una primavera letteraria che sta per inalzare su di noi una gloria di splendore , di freschezza , di beltà . Si avvertono gli inizi o almeno le prove , i tâtonnements , dicono i francesi . Più che nei volumi , ne troveremo facilmente le tracce nei giornali . La prosa si è fatta più solida , più forte , più agile : si è liberata così dalla riboboleria , dalla vacuità , dalla freddezza dei falsi manzoniani , come dall ' arcaica pretensiosità degli ultimi cruscheggianti . La critica è diventata anch ' essa più seria , più sicura , onesta , e alcuni giovani hanno provato di saper giudicare d ' un libro e d ' un autore senza intemperanze di scuole , con molta o almeno discreta conoscenza della nostra letteratura e di alcune fra le straniere , con maturità di coltura ed eleganza di stile . L ' arte non si divide più come qualche anno fa in realista e in idealista , ma in brutta e bella , in vera e falsa . Per arrivare a così poco , è bisognato molto cammino . Ma nel romanzo , nella novella e sino nella lirica , si sentono ancora , e più di prima , le preoccupazioni scolastiche e la preponderanza meccanica . I romanzieri e i novellieri d ' oggi , per la più parte , si propongono troppo d ' essere , affermano essi , naturalisti ; in realtà , invece che narratori , il più delle volte non sono che descrittori . E , per poter più largamente liberarsi a questa nuova furia del descrivere , si son buttati ai campi , tra i monti del mezzogiorno , ed hanno riempite di carminio e di cobalto le loro pagine . Poi , a rendere con maggiore precisione l ' ambiente , hanno cercato anche di riprodurre il linguaggio , nella povertà del periodo e sino nella frase , di quella gente , tanto che non solo i personaggi , ma l ' autore adoperano stile e parole della Sicilia o della Calabria . Ma a loro è seguìto come ai pittori di paesi . Fanno con molta precisione il cielo , le macchie , i torrenti , tutto il mondo esteriore che avvolge , che si stende sopra , che sta fermo e non sente : l ' uomo no . E poi fanno troppo , cioè nel disporre le tinte , negli accarezzamenti del pennello paiono troppo meccanici e sono monotoni . Anche la descrizione , pertanto , così sopraccarica di colori riesce fredda . E in questa freddezza generale l ' anima umana non prorompe mai in un movimento gagliardo , come raggio di sole che scalda ; quei contadini non pensano , non amano , non vogliono mai nobilmente , non sono , infine , per i nostri novellatori d ' oggi , che altrettanti pezzi di descrizione come i porci , gli asini rognosi e le galline nauseabonde . Il paese non è caldo , gli uomini non hanno passione , ai romanzi e alle novelle manca uno degli elementi più necessari d ' una vera opera d ' arte . Un esempio ci spiegherà meglio . Prima delle Novelle rusticane il Verga aveva scritto Nedda . Ma questa destò entusiasmo nel pubblico , di quelle si è detto che sono molto studiate , molto accuratamente eseguite , ma non hanno avuto un successo sicuro e compiuto . La ragione ci pare evidentemente questa : che allora l ' autore di Eva non si proponeva di svolgere un limitato sistema estetico , era libero interamente nell ' applicare le sue rare attitudini d ' artista , e il paesaggio meridiano serbava l ' intima poesia della natura , e la povera contadina , e quell ' innamorato che moriva di febbre di povertà e di lavoro facevano vibrare le più profonde delle commozioni umane ; lo stile ritraeva con felice energia lo splendore tormentoso dell ' ambiente e la disperazione rassegnata , ignara , di quelle vite ; nel bozzetto siciliano c ' era calore d ' affetto e potenza d ' arte . Nelle Novelle rusticane no , o almeno molto meno . L ' autore si è fissato a voler rimanere freddo , impassibile discovritore di quel suo mondo animale , e il divin sole d ' Italia nella parte dov ' è più bello non illumina , e non fa fermentare quasi mai se non avanzi di concime . Il lettore , in quel vuoto di passione , d ' amore , d ' intelligenza , non si scalda , si affanna , si scontenta ; gli pare , e non a torto , che gli si dia avanti un ' arte monca . Così che alcuni lavori di questi scrittori apparsi nell ' annata , e certamente ricchi di egregie qualità , come l ' Eredità Ferramonti , non hanno trovato nel pubblico un ' accoglienza festevole . Un romanzo solo ha ottenuto , come si dice , un grande successo , non solo nella critica , ma nei molti che leggono o vorrebbero leggere : Fantasia di Matilde Serao . Ma il buon successo riconferma le ragioni che siamo venuti esponendo . Giacché , il romanzo della signorina Serao è il più fortunato tradimento alla scuola cui vorrebbe conferire : l ' intenzione naturalista s ' intravvede alla prima pagina e certamente ha consigliato la scrittrice nell ' impastatura dei caratteri divisi in grassi ed in magri , in malati ed in sani , in febbricitanti ed in mangiatori . Ma poi , la natura vera dell ' artista ha sopravvanzato gli intendimenti estetici dell ' autrice : il romanzo si è svolto in un duetto d ' amore come un racconto del bel tempo antico ; lo stile , segnatamente alle due prime parti , è diventato caldo , colorito , appassionato , e la descrizione spontanea , affettuosa come in una lirica . La poesia abbiam detto subisce pur essa questi difetti del romanzo e della novella : è troppo esclusivamente meccanica . C ' è esuberanza di colori , artificio di metro , ricchezza di aggettivo ; la descrizione è ricca , la strofa piena di musica , il periodo largo e studiato ; insomma c ' è tutta la parte ornamentale , la elevazione lirica non c ' è . Anche a lei , come alla novellistica , manca l ' alta e umana passione ; non ha , tutt ' al più , che l ' istinto . Però quella turgidezza d ' epitetare , quello sforzo d ' armonia , quel grande accavallamento d ' immagini , di perifrasi e d ' iperboli , messi tutti a dipingere , a colorire e a miniare , ricordano , infine , i pittori della decadenza , del bizantinismo e del barocco . E in realtà , nella sua smania di riprodurre esattamente con lo stile l ' idea e lo stato della cosa , la nostra letteratura novelliera e poetica va incontro alla peggiore delle accademie ; al Seicento . Riassumiamo , ora , per quanto è possibile : durante l ' anno che finirà domani fra molti lavori o comuni o inferiori , sotto come a una prostrazione e a una stanchezza generali d ' autori e di pubblico , la critica negativa ha fatti grandi progressi e alcuno anche la letteratura attiva e spicciola . Ma i progressi di questa son tutti nella forma esteriore : in una cognizione a volte discreta e a volte anche fortissima della lingua . Ma non così è seguìto alla letteratura nella sua parte intima , in quello che è il contenuto , gli ideali e i propositi degli artisti . Dall ' affettazione manzoniana si va precipitando nell ' affettazione naturalista un pregiudizio scolastico importato a noi , e malamente , dalla Francia dove ormai è finito ; dalla rettorica etica siam venuti alla rettorica turgida , da quella della santità a quella dell ' animalità . A questi nostri scrittori difetta un sincero ed elevato senso della vita , un concetto uguale dell ' arte loro . Ma , forse , l'84 incomincia con annunzi consolatori ; l ' anno che sparisce ha preparato all ' altro che lo seguirà un viatico potente d ' esempi e di eccitamenti , due volumi di Giosuè Carducci . A noi sembra che essi debbano sonare come le trombe mistiche dellùa bibbia per la vallata a cui è discesa la giovane letteratura d ' oggi , risonare per la vallata , e ricondurla via , in alto , in vetta al monte donde nello splendore del cielo senza nubi si mira da ogni parte serenamente , con un senso di tenerezza e d ' amore , la vita umana .
QUEL CHE SI FARÀ ( SERAO MATILDE , 1884 )
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Un relatore letterario , abbastanza , non interamente spassionato , ha riassunto , in questo giornale , in fine di anno , il bilancio dell ' arte letteraria . Naturalmente in questi suoi giudizi , in questa sua critica rapida , egli ha seguìto il metodo sperimentale che tanto rimprovera ai pochi romanzieri e novellieri italiani . Dico naturalmente , poiché , a voce generale , la critica d ' intuizione artistica è sparita , anche prima che morisse il buon De Sanctis : è caduta , fra il disprezzo della gente , l ' interpretazione ideale che il critico d ' arte compiva con speciali , forti facoltà d ' ingegno . La critica si fonda , ora , tutta sul documento , tutta sulla prova storica . Io non giudico , poiché a me non compete , se questo sia male o bene , se questo assolutismo sia una grande restrizione , se la negazione di qualunque fantasia artistica al critico non inaridisca e renda noiose sempre più le sue scritture : io non ho mandato di apprezzare tutto questo , nelle sue teorie . Stabilisco il fatto : la critica è sperimentale e più altro . Quindi Luigi Lodi , il relatore , ha preso i libri pubblicati nell ' anno , i documenti , li ha letti pure coscienziosamente e riassumendone il giudizio , li ha trovati mediocri . Mediocre la novella , scritta dal Verga o dal Capuana , mediocre il romanzo scritto dal Chelli , mediocre la poesia , tutta di paesaggio , tutto lavoro di cesello , di Gabriele D ' Annunzio : le prove storiche indicano un grande abbassamento di livello nell ' arte letteraria , il bilancio è una cosa miserabile ed è anche difficile che l ' anno venturo ci si possa arricchire . Questo è il risultato . Ma questo è anche il tradimento del metodo sperimentale nella critica . Voi vedete il libro : di lei non volete e non dovete vedere più nulla . Oltre la prova non vi è permesso di andare ; vi è vietato intendere altro che quella . L ' animo dello scrittore ? Sarebbe una fantasticheria volerlo interrogare . Le condizioni singolari in cui si trova quest ' arte ? Sono poesie , apprezzamenti d ' immaginazione . Il romanzo è cattivo , quindi lo scrittore non ha ingegno e l ' arte va giù . Ebbene , con queste restrizioni , il vero stato delle cose sfugge alla critica . In realtà questo , per l ' arte e per gli artisti , è un momento pieno di affanno . Mai come in quest ' anno trascorso vi è stata maggior lotta interiore , fra i vecchi ideali che ancora resistono e ogni tanto rinascono prepotenti nella coscienza , e i nuovi , ancora incerti , ancora fallaci , spesso bugiardi nell ' esperimento , ma che si vengono imponendo , come la verità dei giorni moderni . Mai come in questo anno , che è parso lunghissimo a chi lavora , un dualismo drammatico si è svolto nell ' animo degli scrittori . Gli stessi avvenimenti letterari hanno sconvolto tutte le idee prestabilite . Coloro che per darsi pace , per non fluttuare più , in un dubbio tormentoso , avevano giurato nel nome di Emilio Zola , hanno subìta la grande delusione di vederlo declinare sempre più , dal Pot - Bouille , che era mediocre , al Bonheur des Dames , che è cattivo , a malgrado delle difese a ogni costo . Poveri apostoli ! Il loro maestro a poco a poco discende alle funzioni di un meccanico senza talento , la parola divina diventa un vecchio ritornello stantìo , ed essi , gli apostoli , errano , malinconici , sentendo crollata nel pubblico la fede nella nuova dottrina e quel che è più grave ancora , sentendolo crollato in sé stessi , questo nobile edifizio che pareva tanto saldo . I seguaci di Zola in Francia e in Italia , sono arrivati al punto doloroso di doversi domandare se il naturalismo nel romanzo è una forma infelice , inutile , o dannosa all ' arte , o se è Zola che non la sa fare . E questo è dubbio assai doloroso , o critici che non volete più sapere quello che accade di rivoluzioni e di sconvolgimenti nell ' animo di un artista . L ' eclettismo , questa comoda indulgenza dello spirito , è possibile , può essere utile in chi legge , non è possibile in chi scrive . Qualche cosa bisogna volere fortemente , facendo l ' arte : qualche cosa di preciso , di determinato , un ideale vivente e parlante , da trasfondersi in carne , ossa , colore e vitalità nella propria opera . Un indirizzo è necessario averlo , nulla si può fare senza sapere dove si arriverà . Ebbene , quando per cinque , dieci anni si è creduto sempre nella stessa cosa o nella stessa persona , quando tutta la foga giovanile dell ' ingegno si è condensata in quella tale forma , quando si è fatto lo sforzo di piegare le proprie facoltà a manifestazioni che sono loro forse contrarie , quando tutta l ' educazione dello spirito si è fatta su certi principii , oh quanto è spaventoso non creder più , non aver più guida , non trovar più sostegno ! Voi vedete il libro , o critici che conosce solo questo documento : ma da quali lotte spirituali sia sorto , non lo supponete . Chi ve la farà mai la storia di queste esitazioni crudeli che paralizzano le forze ? Chi vi narrerà il romanzo dei tentativi riusciti a male , combattimenti nascosti che demoralizzano ? Chi vi dirà i monologhi desolati e desolanti di questi nuovi Amleti ? Il segreto di certi scoraggiamenti , di certe inerzie , di certi silenzi , è appunto in questa rovina perenne di quello che si era imparato ad amare . Nel fatto , è questa l ' ora sconfortante in cui pare perduta la via dell ' arte . Come intendersi più ? Pieni di sacro rispetto , col cuore aperto , si rilegge Manzoni e se ne prova una commozione profonda . Dunque la personalità dello scrittore è vivissimo elemento di arte . Sì , ma Madame Bovary , non è dunque un capolavoro ? Quando avete chiuso , a malincuore , il volume delle poesie di De Musset , voi dite che non è possibile volere altro , nella poesia , che l ' espansione forte o dolce del sentimento : benissimo , ma la lirica di Gabriele D ' Annunzio , dove la negazione del sentimento assume forme meravigliose , in quel colorito possente e originale , in quel senso acuto della natura , vi stupisce . Il paesaggio non si vede nel libro , voi dite , critici manzoniani : ma quasi tutta l ' opera di De Amicis , un manzoniano , è paesaggio ed è piaciuta , vedendosi o no , non si sa bene , quel che si sa è il successo . Solo l ' osservazione salva il libro , dice il critico sperimentale : eppure l ' osservazione ha perduto i Malavoglia di Verga , uno sperimentale . Voi rimproverate a Giuseppe Giacosa un artista coscienzioso e onesto , il suo medioevo , voi gli chiedete a grandi voci la modernità , non altro che la modernità ; egli scrive la Sirena , dove realmente ha trovato una donna moderna , dove veramente manca la catastrofe come in tutti i fatti umani ; questo scrittore crede di aver indovinata la sua via , sacrificando il passato , e la Sirena non riesce . Voi dite : nell ' arte la verità è una bevanda aspra e rude che può piacere solo agli uomini , in arte il pubblico femminile vuole la rettorica , vuole la sentimentalità , vuole il romanticismo . Ebbene , ci sia permesso parlare di noi , con la più perfetta umiltà : un romanzo , scritto nel solo ideale della verità , Fantasia , agli uomini è parso arido , senza passione e senza fascino , alle donne è piaciuto specialmente . Chelli , un gagliardo ingegno , scrive l ' Eredità Ferramonti , un romanzo di ambiente borghese : a un certo punto , parendogli tutto molto volgare , drammatizza i suoi personaggi il libro è fatto in due pezzi , soddisfa poco la vecchia e la nuova scuola , e non è altro che la ripercussione di questo grande disordine che è nello spirito di ogni scrittore . E perché volete riassumere ora , dai libri pubblicati , quello che è l ' arte ? Come è che non vi accorgete di questa confusione penosa , di questo stato morboso ? Aspettate a giudicare . Qualche cosa buona e bella deve sorgere da questo profondo lavorio delle menti , da questa intensità di pensiero che scava e si scava , da questo travaglio di anime appassionate che vanno brancolando al buio e debbono finire col trovare lo spiraglio di luce che le porti al sole . In questa , che voi credete indolenza , ed è fiera battaglia , nasce lentamente qualche cosa : sia il dramma di Giacosa o il romanzo di De Amicis , o i poemi eroici di Gabriele D ' Annunzio , o il romanzo di Verga , un ' opera seria e forte avrà l ' arte . Essa , o rispecchierà lo stato strano in cui si è trovato lo scrittore , e varrà a scrivere la storia di quest ' ora di debolezza e di confusione : o sorgerà , pura e serena , trionfante , dalle intime battaglie .
ALLE PORTE D'ITALIA ( SCARFOGLIO EDOARDO , 1884 )
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Seduto a un terrazzino che dà sul bastione Malicy in Pinerolo , Edmondo De Amicis guarda : vede davanti il grande scenario delle Alpi , e nella via un vario passaggio di gente ; e poiché ha studiato qualche po ' di storia locale e ha fatto delle escursioni nei dintorni , molte figure di tempi passati gli si levano nella memoria . Non altro mai occorse a lui per fare un libro : un fondo di paese , alquante figurette storiche evocate da un dizionario biografico , e molta pazienza . Appena si senta in possesso di tanta ricchezza , Edmondo si mette all ' opera : stende sopra un foglio di carta una monotona tinta verdolina che rappresenti le forze germinative della natura , e , dove per necessità prospettica l ' erba finisce , diffonde una mano di turchino pallido che rappresenti la letizia del cielo sereno : tra il turchino e il verde , le gambe nel verde e il resto del corpo nel turchino , incolla amorosamente le figurette storiche e le figurette di genere . Poi prende certi suoi fantoccetti , di cui ha sempre in buon dato , e attacca anche quelli , e nel celestiale azzurro incolla due rondini , e tra l ' erba incolla due innamoratucci borghesi che se ne vanno all ' ombra d ' un ombrellino ciaramellando senza malizia , e semina in bel disordine coscrittelli e ordinanzine e caporaletti , e altri pupazzetti avanzatigli dal fondo antico della Vita militare . Il De Amicis in atto di scrivere un libro io non l ' ho veduto mai ; ma non so figurarmelo se non a similitudine d ' un ragazzo che con molta pena fabbrichi un paralume con fantoccetti in decalcomania . Tutti i libri del De Amicis sono paralumi con decalcomanie : la Spagna è un paralume giallo con corse di tori e figurette di toreadori e di andaluse disseminate in giro ; l ' Olanda un paralume verdognolo con imaginette di molini a vento spiccanti dal fondo ; il Marocco un paralume rosso con beduini dormenti al rezzo delle palme ; Costantinopoli un paralume violaceo con cani ; Alle porte d ' Italia , un paralume bianco con una figura grande di Catinat e altre minori di valdesi e di militari piemontesi . Ma che luce proietta la lampada interna ? Ahimè ! era una volta un pallido lume sentimentale : poi s ' è spento anche questo , e resta una mezza dozzina di paralumi accademici che non servono se non per sollazzo dei fanciulli e per mostra nelle vetrine de ' mercanti di paralumi . Detto questo , confesso francamente che stento a trovar altro da dire ; e se il De Amicis non ponesse coscienziosamente , in quella qualunque opera che riesce a fare , tutte quante le sue forze , e se non fosse nel complesso della sua entità d ' uomo e di scrittore degno dell ' affetto e della stima di chi sopra tutte le più brillanti facoltà del pensiero e della fantasia ammira la serietà dei propositi e l ' onestà del lavoro , lo pianterei senz ' oltre occuparmi di lui . E forse questo egli vorrebbe ; ma ora viaggia per l ' America , e questo foglio gli giungerà tra la gioia de ' trionfi americani . Posso dunque , senza timore di troppo recargli dispiacere , fare la dissezione delle due facoltà narrative e delle sue predilezioni al vagabondaggio . Un critico innominato , in un giornale domenicale , ha detto che il De Amicis appartiene a una scuola , la quale oramai ha chiuso le porte per difetto di maestri e di scolari . A quale scuola , di grazia , appartiene egli ? Se s ' ha a giudicare dalle sue simpatie letterarie , parrebbe uno sperimentale . Non è egli un adoratore di Zola ? Se non che , io credo che il critico anonimo si sia lasciato trarre dall ' esca del fare una frase . Scuole , che io mi sappia , in Italia , dal 60 in qua , non ce n ' è state ; anzi io giungerei a dire che nel paese delle Accademie scuole letterarie non siano giunte mai a costituirsi con organismo determinato e con confini precisi . Nemmeno il romanticismo ha potuto avere una propria chiesa gotica , non sacerdoti e sagrestani suoi propri , con riti e cerimonie e pompe distinte dalle feste pagane ; ma si andò insinuando un po ' da per tutto , senza farsi scorgere , nei versi dell ' abate Monti e nella prosa del Foscolo , nei romanzi del Guerrazzi e nelle tragedie del Niccolini ; e quando finalmente in Milano un manipolo di Lombardi levò le bandiere delle nebbie boreali , le distinzioni e le disquisizioni tra romantici e classici non erano più che argomento di chiacchiere ai retori , e da Torino Felice Romani gridava agli strepitanti : pace , pace , pace . Dopo il Manzoni , che razza di scuole educò la gioventù d ' Italia alla partigianeria dell ' arte ? Altro che scuole ! Dopo il Manzoni , avrebbe bensì dovuto dividersi la letteratura italiana in tante scuole elementari , e nutrirsi d ' un sano nutrimento grammaticale . Ma così non fu : gli scrittori , singolarmente di prosa , presero in feroce odio qualunque tirannide scolastica ; e , fra tutti , il De Amicis ebbe una volta a gloriarsi in un cattivo sonetto di non sapere il greco né il latino . Certo , da tanta ignoranza molto male venne ad Edmondo ; ma io credo per altro che il greco ed il latino non gli sarebbero stati di gran giovamento . Egli è uno di quegli scrittori di piccola mente che tutte le facoltà artistiche posseggono in un grado mediocre di potenza , sì che non giungono mai a una tale armonica altezza di concitamento , che la visione erompa come per un natural fatto generativo dalla matrice fantastica . Ha tutte le debolezze : gli manca la rapidità comprensiva e la forza di coesione , poiché né sa vedere le cose complessivamente , né dalle osservazioni singole sa assorgere a una visione unica ; ma va errando di minuzzaglia in minuzzaglia , come chi in un negozio a ogni oggetto si fermi senza energia di scelta , e accumula . Il lettore , se sa , deve da quella disordinata congerie rifarsi nella mente la rappresentazione . Gli mancano dunque le due grandi virtù della visione suggellata perennemente nelle parole : la freschezza e l ' evidenza . La sua prosa è delle più faticose che siansi scritte mai , poiché non si raccoglie per una legge di gravitazione fantastica in tanti gruppi moventisi l ' uno intorno all ' altro armonicamente , e formanti ciascuno nel proprio periodo un organismo parziale che concorra alla vita collettiva della rappresentazione e ne tragga anima e luce , ma si allunga e si estende come una via senza termine polverosa , invano qua e là consolata di siepi e alberata di pioppi . Il periodo del De Amicis non è un periodo : è un fascio di proposizioni susseguentisi e incalzantisi senza nesso , chiuso tra due punti sospensivi . Tra due concetti egli non sa porre che l ' una o l ' altra di queste relazioni : la pausa , o la copula : li congiunge con una preposizione o li separa con una virgola . Così , con un semplicissimo mutamento di segni ortografici , che non sarebbe punto arbitrario , si potrebbe dividere tutta la prosa del De Amicis in una miriade di proposizioni principali , ciascuna constante di soggetto , verbo e attributo , senza incisi , senza circonvoluzione del pensiero . Ora pensino alla gravità di questo peccato quelli che hanno dello stile un criterio sano , quelli che molto si affaticarono a domare questa immensa e viva forza , che è la più sicura misura dell ' intelletto umano . Non pare ad essi che il De Amicis si trovi in uno stato d ' ingenuità grammaticale simile a quello dei bambini , dei popoli primitivi , dei selvaggi africani ? All ' organismo dello stile concorrono tutte le più nobili e più alte energie della mente umana : l ' acume logico e la potenza fantastica , la rapidità intuitiva e la sicurezza dell ' osservazione ; e lo scrittore giunto alla maturità più bella dell ' intelletto , vede veramente nel suo spirito il suo stile moversi come una cosa viva , e raccogliere e animare , con fusione meravigliosa , tutto il materiale grezzo disperso nei centri della sensibilità e del pensiero . Lo stile dunque è da vero il dinamometro del cervello ; e a cui manca la forza ordinatrice del periodo , manca quasi sempre per debolezza innata , o acquisita dal cattivo uso della mente , la potenza procreatrice della fantasia . Ecco perché il De Amicis non ha potuto mai , a malgrado del desiderio suo e de ' molti inviti amichevoli , fare il romanzo ; ecco anche perché , quando dalla rappresentazione singola dell ' uomo , qual ' è nella Vita militare , è voluto assorgere con le Novelle a qualche più complessa e più larga espressione della vita , è caduto miseramente in una insipida volgarità . Così Edmondo , dalla sua debolezza , è stato costretto ad accontentarsi delle minori esplicazioni dell ' arte : ricordi di vita militare e letteraria , divagazioni subbiettive , narrazioni di viaggio . Qui singolarmente ha trovato una certa larghezza di rappresentazione , poiché il mondo è grande e vario , e offre ai descrittori un materiale sconfinato . Pure la varietà della materia non salva dalla monotonia , quando il descrittore non trovi nel suo spirito una forza di rinnovamento e di sviluppo perenne . Leggete l ' Olanda ; e la simmetria meccanica delle descrizioni , e l ' organismo del periodo , e gli aggettivi , e tutto quello che in una narrazione di viaggio è proprio del narratore e non del luogo descritto , vi rammenteranno la Spagna , se bene là si parlava di tori e qui di molini a vento . Di più , a forza di osservare e di descrivere con premeditazione sistematica , è accaduta nel De Amicis una cosa che necessariamente doveva seguire : la stanchezza . Chiunque abbia fatto per sei mesi il cronista d ' un qualunque giornale avrà notato questo fatto : da prima , il giornalista novellino esercita l ' officio suo con entusiasmo : gli pare d ' esser sortito a qualche alta missione di rinnovamento cronistico e civile , e crede che dalla sua cronaca debba tutto il popolo dedurre una strana potenza d ' arte e di vita . Allora egli va volentieri in giro , e passa da una festa da ballo a un ospedale , da una prigione a qualche spettacolo inaugurativo , dal teatro alla questura , dilettandosi di farsi trascinar di notte in carrozza da nolo per le strade deserte . E scrive con lieta effusione d ' animo e d ' intelletto , nella stamperia in movimento , mentre le macchine ruotano i congegni silenziosi e il vapore sbuffa impaziente . L ' odor d ' antimonio e d ' inchiostro gli desta nel cervello un ' ebrezza vivace , e scrive gaiamente , nascendogli nella fantasia imagini e sgorgandogli dalla penna frasi inaspettate . Tutto gli pare nuovo e bello , e va per alquanti giorni in quella freschezza d ' intelletto cogliendo i più vivaci fiori della sua cronaca . Poi comincia una siccità dolorosa . I pranzi inaugurali gli fanno indigestione , e le signore nelle feste non più lo guardano con quella curiosità paurosa che tanto solletica agli esercenti il sacro ministero della stampa i nervi vanitosi , e non avendo denari per pagar la carrozza deve andare a piedi sino alla tipografia . Tosto sopravviene la nausea e la stanchezza : l ' estensione della cronaca diventa il più vile e faticoso d ' ogni mestiere , la stamperia una caverna dove si muore soffocati dal caldo e avvelenati dalle emanazioni del piombo , il cervello si rivolta contro la tortura della procreazione forzata e non esprime più imagini . Come fare ? Si ripescano le vecchie frasi e se ne rivestono le osservazioni nuove ; e in quest ' opera ingrata e lenta del ritagliare abiti vecchi passa la notte , e tutto l ' organismo del cronista si abbandona e si abbatte nel languore di un tedio infinito . Questo è accaduto al De Amicis . Egli , passati i primi bollori , pone una fatica ineffabile a lucidare sulla carta i contorni delle cose vedute , e a colorirli per modo che abbiano una qualunque sembianza di vita . L ' opera sua rassomiglia a quella degli alluminatori d ' iniziali nei codici antichi . Non intendo dunque quelli che vengono a parlare di vecchie scuole e di vecchie tendenze d ' arte . Che scuole e che tendenze d ' arte ? Al De Amicis mancano la luce e il calore interiori , che constituiscono l ' anima o la tendenza subbiettiva d ' uno scrittore . Egli è un giapponese dell ' arte , e lavora con pazienza meravigliosa a costruire al tornio delle sfere concentriche che siano una nell ' altra . Egli anche rassomiglia a quei tanti disgraziati che sono dalle necessità della vita costretti a copiare i quadri dei grandi maestri . Il De Amicis copia invece dal vero , dicono , se bene non manca qualche visitatore dei paesi descritti da lui , che nega ; ma questo non monta : il procedimento d ' arte è il medesimo . Quanto ai risultati … Qui certo troverò molti contraditori . E , primo fra tutti , si oppone l ' editore , il quale , giudicando dal gran numero d ' esemplari che dell ' ultimo libro di Edmondo giornalmente si spacciano , conclude alla sua eccellenza ; poi , con altri argomenti , se bene non di tanto peso quanto questo , altri giungono alla medesima deduzione . Or io non voglio entrare nel gusto del pubblico , il quale , se questi libri gli piacciono , fa bene a comprarli , e neppure voglio andare a rintracciare le ragioni di tanto favore . Il pubblico è capriccioso e instabile negli odii e negli amori : a volte lo assale un volgar desiderio di cibi bestiali , e ricerca i romanzacci di ladroneccio e d ' omicidio e di prostituzione , a volte , invece , ha bisogno di ritemprarsi nelle fresche soavità dell ' idillio , e predilige le tenui espansioni della prosa e la poesia sentimentale ; ora è infastidito e vuol cose che lo distraggano dalla noia , ora pargli d ' aver troppo folleggiato e volentieri piega alle letture serie che gli rinvigoriscono l ' intelletto . Non si può dunque tener conto dell ' opinione sua , tanto più che ad esso sfuggono certe generali ragioni d ' arte , le quali non son confinate entro le pagine d ' un determinato libro , ma si espandono maleficamente intorno . Il pubblico dunque si compiace di questi libri del De Amicis , e li compra : a me , lo dico francamente , recano una noia ineffabile . Io ho letto volentieri i men dilettosi scrittori dell ' antichità , Boezio e Seneca , Quintilliano e Isocrate , e altri che non occorre di nominare per non fare il catalogo delle mie letture ; ma di questi niuno mi ha tanto infastidito , quanto il De Amicis con le sue narrazioni di viaggio . Quanto alla materia , esse sono affatto inutili , poiché non occorre di aver attraversata la Schelda per avvedersi con quanta leggerezza egli scriva della pittura fiamminga , per citare un esempio solo . E poi per sé stessa la narrazione di viaggio , quando non sia studio sociale o politico , è una poverissima e vilissima materia d ' arte . Tutta la virtù dovrebbe dunque star nella forma ; e infatti Teofilo Gautier e gli altri minori artisti francesi che hanno additata la via ad Edmondo , riposero nella forma tutta l ' eccellenza dell ' arte , e accarezzarono la parola con la medesima perfezione di cesello con la quale il Cellini trattò i metalli e le margarite . Ma Edmondo ? Ahimè , non dite , se avete pietà dell ' arte , ch ' egli sia un orafo dello stile ! Non ripetete questo luogo comune , che è una bestemmia . Del suo periodo ho fatto or ora l ' analisi chimica ; e ho mostrato com ' esso sia una conseguenza della scarsa forza imaginosa . Leggendo qualche pagina del De Amicis , a seconda del libro provo una sensazione diversa : mi par di sentire un trotto di bersaglieri in marcia , o di camelli uscenti da Tangeri , o di asinelli accorrenti al forte di Fenestrelle : sempre però un trotterello serrato di proposizioni che si rincorrono affannosamente senza potersi raggiungere mai . È questa l ' oreficeria ?
StampaPeriodica ,
Nel dicembre del 1826 il Foscolo scriveva a Liverpool ad un amico , il quale s ' era proposto d ' andare a Londra a fargli una visita : « Il mio consiglio sarebbe che non veniste a trovarmi , perché sono in molto misero stato , e la mia vista vi affliggerebbe » . Egli era davvero in molto misero stato , tanto misero , che senza il soccorso di un generoso amico sarebbe forse , come egli stesso dice in una di queste lettere , morto qualche mese innanzi . Morì invece nel settembre dell ' anno di poi ; e le privazioni e i dolori degli ultimi quattro anni affrettarono probabilmente , se non produssero , la morte . Accade non di rado che intorno agli uomini straordinari d ' animo e d ' ingegno si formino come due partiti opposti , il partito degli ammiratori ad ogni costo , e quello di coloro che , con la scusa di manifestare la verità , nascosta o travisata dagli altri , insistono con una specie di compiacenza sulle debolezze e gli errori . Oggimai tutti quelli che studiano senza secondi fini sono d ' accordo in ciò , che la verità si deve sempre a tutti ed in tutto , e che la vita degli uomini grandi , se s ' ha da scriverla , s ' ha da scriverla quale dallo studio diligente e spassionato dei fatti risulta che fu . L ' idea che gli uomini , ai quali toccò in sorte una particella maggiore di divinità , non abbiano da avere con sé niente di quel d ' Adamo , o che almeno giovi rappresentarli come se tali fossero stati , è una idea che non cammina più : la realtà ha finito di roderle in questi ultimi anni le gambe . Se non ci scandalizziamo troppo di tanti vizi di tanta gente volgare , o che la ricchezza soltanto distingue dal volgo , perché vorremo meravigliarci o sdegnarci degli errori di coloro che compensano con molte nobili qualità le loro debolezze ? E queste debolezze hanno spesso così profonda radice nell ' animo di chi le possiede , sono così intimamente connesse con tutte le facoltà di lui , che , tacendone , non si spiegherebbe interamente l ' uomo . Si può dunque , e si deve , parlare ; ma con reverente indulgenza : parlarne altrimenti è indizio d ' animo gretto o maligno . Gli uomini grandi , tanto non sono esenti dalle debolezze della natura umana , che il più delle volte si cercano invano in essi alcune di quelle umili virtù , che molti uomini anche volgari possiedono , e che sono la guida più sicura alla tranquilla felicità della vita . Perciò forse principalmente è vera quella sentenza del Leopardi , che alla grandezza dell ' ingegno va spesso congiunta la infelicità ; benché egli la sostenesse con intendimenti diversi e per diverse ragioni . Al Foscolo mancò , fra le altre , la virtù di sottomettere ai consigli della prudenza il sodisfacimento dei propri desidèri . Quel savio dettato popolare : « Bisogna fare il passo secondo la gamba » , che ha fatto e fa la contentezza di tanta buona gente , si direbbe che fu da lui perfettamente ignorato . Se lo conobbe , e si provò a metterlo in pratica , non gli riuscì : la volontà , per quanto forte , non bastò a vincere l ' inclinazione naturale . Egli , che in tempo di guerra avea saputo sopportare con sereno animo le fatiche e privazioni più dure della milizia , non sapeva , ridottosi nella pacifica vita di letterato e di professore a Milano e a Pavia , adattarsi a vivere in quella modesta condizione che i suoi guadagni gli consentivano : egli , che esulando nella Svizzera , con una salute già mezzo rovinata , s ' era messo tranquillamente a pericolo di patire la fame ed il freddo , avea nei tempi ordinari bisogno delle sue stufe , de ' suoi tappeti , delle sue elegantissime tazze di porcellana , della sua cara e fida teiera nera , senza la quale gli pareva di non poter fare colazione . Arrivato a Londra con pochi denari , bisognoso di guadagnare per vivere , e sempre incerto della domani , non sapeva , passando davanti al negozio di un orefice o di un ebanista , resistere alla tentazione di comprare un oggetto d ' arte o un bel mobile . In un gran fascio di conti , ricevute , cambiali , e altre carte d ' interessi privati , ch ' io mi son preso la cura di esaminare a una a una ( e mentre le sfogliavo , esse mi venìan raccontando una lunga storia di piaceri e di dolori , di sodisfazioni e d ' umiliazioni , di speranze e di disinganni , di propositi fatti e non mantenuti , d ' ansie , di paure , di pentimenti , che travagliarono i primi sei anni , pur i meno infelici , della vita del Foscolo in Inghilterra ) , in cotesto fascio di carte , dove fra le note del carbonaio e del barbiere , della stiratrice e del calzolaio , stanno il catalogo dei libri e l ' inventario dei mobili del Digamma cottage venduti all ' incanto , c ' è una fattura del gioielliere Wells in data del 20 giugno 1818 , quietanzata , per un servizio da tavola in argento del valore di lire 1600; c ' è una ricevuta , in data dello stesso giorno , di un negoziante di mobili , per lire 550 , prezzo di una tavola e di tre sedie ; ci sono due ricevute , una dello stesso giorno , una di tre giorni avanti , per oltre seicento lire di biancheria ; c ' è una fattura del 4 giugno per una sedia da viaggio , del prezzo di lire cinquecento . Il Foscolo faceva tutte queste spese per una villetta che aveva presa in affitto a Moulsey , in una incantevole posizione , tanto incantevole che gli permetteva il lusso di regalare a ' suoi amici l ' uva colta da una vite che adornava le muraglie esterne della casa . Le sole spese accennate da me , fatte tutte nello stesso mese di giugno , anzi quasi tutte nello stesso giorno , superano le tremila lire , e lasciano facilmente indovinare che dovettero essere accompagnate e seguìte da molte altre . Naturalmente , comprata la carrozza , ci volle il cavallo ; comprato il cavallo , ci volle il cocchiere ; de ' quali Ugo aveva veramente bisogno , perché , ritiratosi in campagna per aver più quiete e agio da lavorare , gli occorreva recarsi spesso in città , dove lo chiamavano gli amici e gli affari , e dove aveva perciò seguitato a tener un quartierino mobiliato in Woodstock street . Non più che tre mesi innanzi dal tempo di quelle spese per la villa , nel marzo del 1818 , egli terminava una lettera alla Quirina Magiotti con queste parole : « Le forze mancano : il tempo passa ; e s ' io non provvedo , la miseria può condurmi da un ' ora all ' altra all ' infamia » . E quasi tutte le lettere che dopo il suo arrivo in Inghilterra avea scritte fino allora in Italia erano piene del racconto delle sue miserie . Qual radicale cambiamento era nello spazio di soli tre mesi avvenuto nella sua condizione ? Tutto il cambiamento era questo : l ' Edinburgh Review avea pubblicato un suo articolo , e glie lo avea pagato profumatamente , 32 lire sterline per ogni sedici pagine , invece delle 15 lire che usava pagare agli altri . L ' articolo era stato lodatissimo . Oltre ciò egli avea fissato alcun lavori con l ' Hobhouse , il quale gli avea anticipato , un po ' in conto di quei lavori , un po ' a titolo di prestito , qualche somma , e gli avea dato speranza di altre simili anticipazioni . Questa , dico , tutta la realtà del cambiamento : ma questa povera realtà si strascicava dietro una coda di aurei sogni infinita . Ecco la coda . Giacché le Riviste lo pagavano sì bene , egli stabilì , cioè s ' immaginò , che avrebbe dato all ' Edinburgh e alla Quarterly Review otto articoli l ' anno , i quali gli avrebbero portato un guadagno sicuro di quattrocento sterline nette , quanto gli ci voleva appunto per vivere . Provveduto al vivere quotidiano , bisognava pensare alle eventualità del futuro . Egli però ( ecco il séguito della coda ) avea proposto ad alcuni librai il disegno di pubblicare in trentasei volumetti alcuni classici italiani illustrati da lui ; e i librai lo aveano assicurato che , trovandosi , come pareva probabile , un migliaio di compratori , avrebbe ritratto dal suo lavoro , nei quattro o cinque anni che ci volevano per compierlo , un capitale almeno di diecimila sterline . L ' uomo , se anche per natura incredulo e dubitante , è sempre disposto a credere le cose che gli fa piacere e bisogno che avvengano ; salvo poi , se non avvengono , a disperarsi e pigliarsela con gli uomini e col destino . Quei calcoli di guadagno si disegnavano alla bella prima nella mente del Foscolo come tanto matematicamente esatti e sicuri , ch ' egli non dubitava di annunziare agli amici e ai parenti la sua mutata fortuna , e credeva , in bonissima fede , io avviso , di potere spendere anticipatamente senza nessun pericolo una parte di quel guadagno . Non già che prima e dopo questo brevissimo sogno dorato egli conducesse in Inghilterra una vita molto economica ; ma , prima almeno , non spendeva , credo , con tanto allegra sicurezza . Le notizie della sua poco economica vita arrivavano fino dai primi tempi in Italia , esagerate forse , come accade , e forse contrastanti col racconto delle miserie portato dalle sue lettere . Giulio , il suo buon fratello , che gli avea procacciato il danaro col quale condursi a Londra e mantenercisi qualche tempo , che vedea passare i mesi senza che Ugo paresse rammentarsi degl ' impegni lasciati in Italia , Giulio , che lo conoscea troppo bene , che avea veduto co ' propri occhi a Milano e a Pavia la vita di lui , gli scrisse nel giugno del 1817 : « Da molte persone ti sento a Londra e onorato e con molti mezzi da far danaro . Da te non so né liete , né tristi nuove ; però ne scrivesti di lacrimevoli a Firenze . A settembre finisce l ' affitto della casa , pagato fino ad ora dal signor Spiridione Naranzi , il quale si mostrò e nell ' occasione della malattia e per le spese del funerale buon amico e affezionato parente . Penso che la sorella potrà ristringersi in due stanze , e la spesa della pigione sarà assai minore ; e penso che anche per la pensione tu potrai in parte essere alleggerito , a meno che la fortuna tua , e più che la fortuna il tuo sistema di vita ti permetta di far pagare i dieciotto napoleoni al mese . Per conto mio ho mandato e manderò finché potrò la stessa pensione , sebbene mi sia di sommo peso , e tale da obbligarmi a privazioni dolorosissime ; ma mi sostiene il conforto di non avermi nulla a rimproverare , e trovo nello stesso sacrifizio molta dolcezza . Se le letture letterarie che tu farai , se la ristampa delle tue opere , o la pubblicazione di qualche nuova , ti mettono in istato di possedere qualche somma , non trascurare per carità , fratel mio , di spedire del danaro a Visconti . Non ti nasconderò che siffatto pensiero è un chiodo ognor fitto nel cuore ; sì perché conosco la situazione dell ' amico , e sì anche perché un poco d ' amor proprio mi lacera , che gli stranieri faccian tanto per mantenere la nostra famiglia » . Non era questa la prima volta che Giulio scriveva in tono di amorevole rimprovero ad Ugo . Il primo febbraio dell ' anno stesso gli avea scritto una lettera di lamento molto più amaro . « T ' incalzi , gli diceva , l ' idea degli obblighi tuoi verso Visconti , come mi tien sollecito il timore ch ' ei resti scoperto in una somma consacrata con tanta generosità e con tanti sacrifizi per la migliore delle azioni . E sai tu perch ' io tremo ? Non è perch ' io dubiti che ti manchi volontà , o danaro , ma bensì perché ti manca economia e quell ' assieme d ' idee indispensabili per avanzarti i mezzi necessari e pòrti la calma nel seno col disimpegno de ' tuoi doveri . Non ti adirare con queste verità ; è il fratel tuo che ti parla , che ti ama più di sé stesso e che ti difende costantemente contro tutti quelli che tentano intaccare la tua delicatezza ; ma io come tuo verace amico devo scoprirti con verità i difetti tuoi , se parmi che tu ne abbia , e tu devi correggerti , se trovi le mie ragioni giuste » . Chi conosce l ' animo altiero d ' Ugo , chi sa come egli amava la famiglia , s ' immagina facilmente che queste lettere del fratello dovettero essergli peggio che coltellate . Le punte di quei rimproveri dovettero penetrargli tanto più a fondo nel cuore , quanto i rimproveri erano più amorevoli , e , in parte almeno , meritati . Ugo passò dei giorni ben tristi , e credo non ebbe pace finché non riuscì a trovare e mandare il denaro che dovea . Egli era allora in cattivissime condizioni economiche ; ma non gli mancò l ' aiuto degli ammiratori ed amici . Lord Guilford gli scriveva il 7 di giugno , inviandogli una somma di danaro , e pregandolo di rivolgersi a lui nei suoi bisogni . « La tenuità dell ' acchiusa somma , diceva , Le proverà che non voglio abusare della sua confidenza » . Il 22 settembre Lady Westmoreland lo pregava molto delicatamente e cortesemente di accettarla come banchiera per la piccola somma di cinquanta lire sterline : « C ' est possible egli scriveva que même la petite somme de 50 L . pourra vous être utile et vous débarrasser de quelques personnes aux arrangements qui pourraiet entraîner plus de dépense . Pardonnez donc la liberté que je prends et attribuez - la à ma franchise naturelle » . Nello stesso mese un amico , che firmava con le sole iniziali R.U. , lo avvertiva che i banchieri Hoskins avevano accettato di negoziare una sua cambiale , e chiudeva la lettera facendogli coraggio : « Chassez le chagrin : luttez avec plus d ' énergie pour vaincre la mauvaise fortune . Tu ne cede malis Je m ' occuperai de votre affaire , mais en même temps fiez - vous à vous - même » . Quando Ugo fosse in grado di mandare in Italia i denari pei quali Giulio lo sollecitava , non saprei dire ; ma che li mandò non più tardi della prima metà del 1818 si capisce da una lettera di Giulio stesso dell ' agosto di quell ' anno , con la quale si rallegrava col fratello della sua buona fortuna . Sopra che fragili fondamenta questa buona fortuna posasse lo abbiam veduto ; e il Foscolo non tardò molto ad accorgersi che aveva sognato . In una lettera alla Quirina Magiotti in data del 20 settembre , posteriore cioè di soli quattro mesi all ' annunzio che avea dato anche a lei delle sue mutate condizioni economiche , si comincia a sentire già lo sconforto . « Il mio stato apparente , le scrive , è quale gli amici miei vorrebbero che fosse in sostanza ; ed ho dovuto assumerlo , perché qui l ' aspetto e il sospetto di povertà basta a farti bandire da ogni commercio sociale e mercantile . E se i librai che hanno fatto meco il contratto dei Classici italiani avessero mai pensato che io non lavoro che per bisogno , mi avrebbero offerto pochissimo ; o piuttosto non avrebbero voluto aver che fare con me . Il segreto del vantaggiosissimo contratto fatto sta tutto nella certezza in cui i librai sono , che , vivendomi io co ' ricchi , ed in case di grandi ricchi , i ricchi e i grandi compreranno e faranno comprare le cose stampate col nome mio … Dacché ho dovuto essere in commercio coi librai ( alcuni de ' quali , e specialmente uno col quale ho più che fare , vivono alla Rinuccini e alla Corsini ) , mi è convenuto fare l ' estremo del mio potere , ed anche del mio non - potere , perché essi vedano e possano affermare come trattano con un autore gentiluomo … Or io , parte per saldare alcuni debiti fatti , e parte per l ' avvenire , sto angosciandomi dì e notte col cuore , temendo di non potere far presto , e travagliando con la mente e la penna » . Il Foscolo sentiva il bisogno di giustificarsi agli altri , e più che agli altri a sé stesso , del lusso col quale viveva ; ma l ' idea che quel lusso fosse necessario per trovar lavoro e guadagno era , se non interamente falsa , per lo meno esagerata . Bisognerebbe conoscere poco la natura umana in generale , e quella del Foscolo in particolare , per non accogliere almeno il dubbio che cotesta falsa idea , dalla quale derivarono tutti i guai e le miserie ultime , veramente grandi , del povero Ugo , non gli fosse , direi quasi , suggerita dalla inclinazione sua , che lo portava ad amare la compagnia , le usanze e la vita dei grandi . E vivendo coi ricchi e coi grandi il suo carattere altiero lo portava naturalmente a non voler parere da meno di loro . Questa era una debolezza ; ma chi può fargliene rimprovero , quando si pensa che egli solo ne portò la pena ( e qual pena ! ) , e che senza la fonte di quella debolezza , egli forse non avrebbe compiuto tante altre azioni belle e magnanime ? Alla fine dell ' anno 1818 il sogno di miglior fortuna sognato dal Foscolo era compiutamente dileguato . Fidando troppo sull ' aiuto dell ' Hobhouse e sui guadagni che sperava fare lavorando per lui , egli aveva ( scrive alla Magiotti ) tralasciato di fare articoli per le riviste , e avea sospeso l ' edizione del primo volume dei classici ( benché non risulta che avesse trovato gli associati che ci voleano per cominciarla ) ; e quando l ' Hobhouse , impigliatosi nelle gravi spese di una elezione politica , si trovò costretto a diminuire le somministrazioni di denaro che gli faceva e a modificare le sue prime proposte circa il lavoro da compiere insieme , il povero Ugo si trovò in grande imbarazzo , e dové , fra le altre cose , abbandonare la sua villetta di Moulsey . « Lasciai , scrive alla Quirina , la mia casetta di campagna , di cui per altro pago tuttavia la pigione ; ma non ho spese domestiche , né necessità di calessetto e cavallo , né imposte . Vivo alla meglio in due stanzette mobiliate in Woodstock street , e che dianzi non mi serviranno che per dormire quando ci veniva … Oramai il mio carattere fa perdonare anche dagl ' lnglesi alla mia povertà » . Il povero Foscolo ( diciamo le cose crudamente come sono ) non avea proprio testa per il governo di una famiglia , fosse pure la più semplice possibile , composta cioè , come la sua , di un solo individuo . C ' è d ' altra parte tante brave persone che hanno testa da ciò , ma non sanno scrivere un solo verso come quello dei Sepolcri , che sarebbe ingiusto pigliarsela troppo con la natura perché non sempre riesce a fate che i buoni poeti sieno buoni amministratori : ad ogni modo chi avrebbe ragione di pigliarsela sarebbero i poeti stessi , sopra i quali ricade tutto il danno del non possedere quella qualità . Il Foscolo dunque era uno di questi infelici . A considerare le corbellerie che faceva , e i guai che si tirava addosso , si prova quasi un senso di compassione . Scriveva , come abbiamo visto , che per mantenersi a Londra gli bastavano diecimila lire l ' anno ( le quali , se non eran molto , non erano neanche pochissimo ) ; e , pagando la pigione di un quartiere mobiliato in città , spendeva duemila cento lire per l ' affitto di una villa , spendeva in pochi giorni più di tremila lire per alcuni oggetti di arredamento . Credeva e diceva , ciò non ostante , di essersi ritirato in campagna anche per economia ; e poi per economia tornava , come abbiam visto , dalla campagna in città : tornava in città per risparmiare , fra le altre , la spesa di mantenimento del cavallo , e comprava un cavallo proprio alla vigilia di lasciare la campagna . S ' era fatto costruire una rimessa , avea comprato il calesse ; e dal 4 giugno al 1° dicembre spendeva 350 lire per nolo di vetture . Un savio e grasso borghese , la cui amministrazione vada , per sua fortuna , come un orologio , e che , per sua fortuna , non abbia mai letto i Sepolcri né udito pronunziare il nome di Ugo Foscolo , a sentir queste cose proromperebbe : Ma che razza d ' imbecille era costui ? Ecco uno dei benefizi dell ' essere poeti . Le ultime parole da me riferite nella lettera alla Magiotti lascerebbero supporre che il Foscolo , tornando in città , avesse introdotto un radicale cambiamento nel suo sistema di vita . Pur troppo non era così . Glie ne sarà forse balenata l ' intenzione , si sarà forse anche provato a metterla in atto ; ma la volontà non gli bastò . E l ' occasione non si porgeva davvero troppo favorevole . Era quello il tempo che avea cominciato a frequentare assiduamente la famiglia Russell e ad innamorarsi di Carolina . Alla naturale inclinazione , rafforzata dalla consuetudine si aggiungeva quindi una ragione di più per non ritirarsi dalla società in mezzo alla quale avea fino allora vissuto . E il rimanere in cotesta società voleva dire mantenersi nella necessità di menare una vita superiore alle sue entrate . Le lettere d ' Inglesi a Foscolo inedite e i documenti concernenti gl ' interessi privati confermano queste induzioni . E disgraziatamente le confermano i fatti . Anzi , il Foscolo non era ancora arrivato al punto culminante delle spese eccessive e inconsiderate . Ci arrivò , come è noto , nel 1822 , quando gli venne l ' idea di fabbricare . La incapacità negli affari , la passione per ciò che chiamasi confortabile , e il gusto dell ' artista congiurarono in ciò alla sua totale rovina . È singolare , incredibile quasi , la tranquilla sicurezza con la quale egli parla a Lady Dacre del contratto da lui conchiuso per la costruzione della sua casa . Il Foscolo pare un uomo seduto sopra un barile di polvere , al quale appicca tranquillamente il fuoco da sé . Quella casa di cui aveva fatto egli stesso il disegno , che adornava e mobiliava con la eleganza di un artista , quella casa che doveva essere e fu l ' amor suo , che doveva essere e non fu l ' asilo della sua vecchiezza , quella casa egli non doveva abitarla tranquillamente neppure un anno : che dico ? neppure un mese . Chiunque altri avrebbe saputo ciò avanti di far gittare la prima pietra , e si sarebbe quindi astenuto dal farla gittare . La casa non era , si può dire , finita , il Foscolo non avea cominciato ad abitarla , che i creditori gli furono addosso . La lettera con la quale parla a Lady Dacre del contratto è del marzo 1822; e nel dicembre egli si trovava già in tali angustie per la impossibilità di far fronte a ' suoi impegni , che pensò di aprirsene a quella egregia donna e al marito di lei , chiedendo loro consiglio sui vari modi che stava escogitando per far quattrini . Fra cotesti modi c ' era quello di mettersi a dare lezioni private . Quando in cospetto di un uomo disgraziato ( altri dica pure , disgraziato per colpa sua : e chi , a questo mondo , non è , un po ' più o un po ' meno , l ' artefice della propria disgrazia ? ) , quando in cospetto di un uomo disgraziato si vede un ' anima generosa , che mostra di saperlo intendere e compatire , che sa consolarlo con nobili parole , le quali in certi casi valgono meglio d ' ogni moneta , quelle poche volte che ciò accade , un galantuomo si sente allargare il cuore , e prova una certa compiacenza di appartenere al genere umano . Di questa compiacenza noi andiamo debitori a Lady Dacre , e ci è largo compenso al disgusto che proviamo ripensando la crudele leggerezza e la severità ingenerosa con la quale parlarono del Foscolo il Pecchio ed il Tommaseo . Poiché la contemplazione delle nobili idee fa bene al cuore , rileggiamo qualche passo della lettera che quella gentil donna rispondeva al povero Ugo . « Povero Foscolo ! Votre lettre me fait beaucoup de peine . On pourrait blâmer votre imprudence , mais cela ne guérirait pas le mal . Lord Dacre , qui a étudié la loi dans sa jeunesse , aurait pu vous donner de meilleurs conseils ; le génie ne vaut rien pour les affaires de ce bas - monde . Du reste ne croyez pas que le parti que vous voulez prendre ( quello di dare lezioni ) puisse vous rabaisser dans l ' estime de ceux dont l ' estime vaille quelque chose Vous serez toujours Ugo Foscolo quand on vous trouverait labourant la terre , ou raccommodant vos souliers . . Nous autres femmelettes qui sommes composées de gazes et de rubans , et dont les titres sont des voitures et de jolis meubles , si nous perdons tout cela , nous sommes anéanties . Il n ' est pas ainsi des hommes qui se sont distingués [ … ] Mon pauvre Foscolo , ne perdez pas courage , mais ne bâtissez plus de maisons … Le malheur est que pour vivre il faut écrire pour les ignorants et les frivoles ; pour se survivre il faut écrire pour les savants et les sérieux ; c ' est - à - dire que pour se survivre il faut mourir de faim » . Chi non avrebbe baciata volentieri la mano che vergò queste nobili parole ? E quanti altri , non dico solamente donne , ma uomini , sono capaci di sentire e di esprimere così schiettamente e altamente , senza nessuna smorfia , senza nessun falso sentimentalismo , la compassione e il rispetto che ispirano le sciagure e le debolezze di un animo grande ? Alle generose parole seguirono i fatti . Lady Dacre suggerì , com ' è noto , al Foscolo di dare un corso di lezioni di letteratura italiana , e si adoperò a trovar soscrittori . Il corso fruttò , al dire del Foscolo stesso , un migliaio circa di lire sterline ; le quali , secondo lui , avrebbero dovuto bastare a sanar le sue piaghe ; ma non bastarono . Egli aveva detto a Lord Dacre che i suoi debiti ascendevano a lire 600; forse non pensando che ai più vicini ed urgenti , e parendogli che il termine dei più lontani non dovesse arrivar mai . O forse la sua inesperienza e la sua passione lo trascinavano e l ' accecavano ; e , pagati quei debiti , ne fece degli altri , fidando al solito sopra entrate e guadagni che poi mancarono . Il 26 marzo 1823 scriveva ad un amico : « Ho avuto due giorni fa la soddisfazione di aggiustare i miei conti col signor G . , e , grazie al cielo , il banchiere è pagato . Ier sera mi riuscì di sistemare definitivamente il livello delle due case ; così finalmente si chiude il lungo capitolo de ' guai che per più mesi mi tennero in uno stato di continua ansietà » . Ahimè ! il capitolo non era chiuso : cioè , era chiuso ; ma stava per aprirsene un altro , ben più doloroso e terribile , il quale non doveva chiudersi che con la morte . Ugo seguitò ad abitare la sua casa , e a fare la solita vita , adducendo sempre le solite ragioni . « La mia vita , scriveva il 6 agosto 1823 alla Magiotti , è tale quale l ' ha veduto qui il marchese ( Gino Capponi , ch ' era stato a Londra nel 1819 ) : affaticata , servile in fatto a ' librai ed a ' divoratori di libri , benché in apparenza io mi studi di farla parere vita di libero uomo gentile . E guai se siffatte apparenze non illudessero i librai e i lettori ! perché qui nessuno vuole aver che fare con chi è , o si professa , o par povero » . Il Pecchio che , tornando di Spagna , andò a visitare il Foscolo appunto nell ' agosto del 1823 , scrive che lo trovò « alloggiato nel nuovo casino , con tutto il lusso d ' un fermiere arricchito , passeggiando su ' più bei tappeti di Fiandra , coi mobili de ' legnami più rari , con statue nell ' atrio della casa , con una stufa ripiena di fiori esotici e i più costosi » . Anche Lady Dacre , che fino all ' agosto del 1823 non avea , pare , veduto la casa e il giardino del Foscolo , quando li vide ne rimase meravigliata ; e glie lo scrisse , aggiungendo riprensioni e consigli intorno alle spese non necessarie ch ' egli faceva . E il Foscolo rispose ringraziando . « I vostri consigli non solo non hanno bisogno di scusa , ma sono così saggi , e dettati da tanto interesse per la mia felicità , che più crescerebbe ancora la mia premura di ringraziarvene , se maggiore fosse stata la vostra severità nel riprendermi … « Alle vostre osservazioni sul mio giardino , e sui fiori , e sul tempo e il danaro che spendo in queste dilettevoli miserie , non ho che opporre . In altri tempi io mi deliziava assai più delle soavi sensazioni che mi venivano dai giardini , dagli alberi , dai prati , senza che ne prendessi cura veruna . Il mio spirito era allora più vigoroso , più attivo , e sopra tutto più tranquillo . Gli anni , le sventure e l ' esilio , ma sovra ogni altra cosa la solitudine , mi hanno fatto credere che dando un pensiero ai fiori , involerei qualche ora alle dolorose meditazioni , alle quali fui sempre per natura inclinato , ed ai noiosi lavori cui ora son condannato dalla fortuna » . Aggiungeva d ' aver preso la savia risoluzione di affittare o di vendere il suo povero Digamma , e che non ci sarebbe rimasto se non fino al momento che trovasse un buono acquirente . Ma non ebbe tempo di trovarlo , perché di lì a qualche mese , ai primi del 1824 , alcuni creditori lanciarono contro di lui un mandato d ' arresto ; ed egli , per sottrarsi alle loro persecuzioni , dové abbandonare nascostamente la propria casa e andare errando dall ' uno all ' altro dei più poveri quartieri della città . Quale fosse d ' allora in poi la sua vita , negli ultimi non interi quattro anni ch ' essa durò , l ' accennarono in genere i suoi biografi : meglio apparisce dalle lettere , specialmente da quelle a Hudson Gurney , a Dionisio Bulzo e al Capponi , nel terzo volume dell ' epistolario : ma i dolorosi particolari che in esse si leggono non sono ancora tutta la storia delle privazioni , delle umiliazioni , dei patimenti , a prezzo dei quali il Foscolo espiò i suoi errori e le sue debolezze . Da questa storia , quando potrà scriversi intera , apparirà , credo , che se gli errori furon grandi , fu anche grande l ' espiazione ; e , diciamolo ad intero onore del Foscolo , fu compiuta con una forza d ' animo veramente ammirabile .
StampaPeriodica ,
Mi perdoni il lettore , ma provo il desiderio , irresistibile , di parlare d ' un caso che càpita a me , per chiedere , e , può avvenire , anche per dare uno schiarimento . Sono otto giorni che provo questo desiderio e che esso , a forza di acuirsi nella debolezza del corpo percosso da questo caldo , diventa bisogno assoluto , necessità vera . Domenica scorsa , aprendo la Domenica letteraria con la mano timida e l ' occhio vergognoso di chi sa che è per trovarsi dentro , pubblicata al sole , parte della propria vergogna , m ' imbattei in un periodo di Gabriele D ' Annunzio , che incominciava : « Ma noi espiamo la colpa di avere scritto in un ' epoca d ' infermità e vanità un libercolo di versi inverecondi . » Il pronome personale al numero plurale è una buona , ma benigna istituzione , che comprende entro di sé , oltre che molte persone , molte cose : dalla mitria lucente , tutta sfaccettata di perle milionarie , del Sommo pontefice , ai grandi e immortali principii , tutti arroventati di sgrammaticature furibonde , dello scrittore di un giornale bisettimanale : il pronome personale col numero plurale è provvidenza sempre pronta , che apre le braccia per accogliere la gloria , la vanità , l ' ignoranza , e , qualche volta , sino la rotta compagine d ' un ' associazione di malfattori . Ma , per fortuna , nel caso presente , non vi è luogo a sospetti : fra le sue larghe pieghe , quella forma prenominale altera e condiscendente , non avvolge che il capo roseo e ricciuto del buon Gabriele D ' Annunzio . È dunque ragionevole indagare : che , il libro di versi inverecondi a cui il giovinetto allude , sia quello intitolato Intermezzo di rime ? Da principio molte e gravi difficoltà si oppongono a questa conclusione . Egli afferma d ' avere scritto quel libro , o , come dice lui con tenue modestia , che la maestà pronominale dell ' epistola compensa del resto assai largamente , quel libercolo di versi in un ' epoca di infermità e di vanità . Ora , quando egli stava temprando , martellando e lumeggiando le strofe dell ' Intermezzo , io vedeva il D ' Annunzio quasi tutti i giorni , e di mattina e di sera . Alla mattina lo incontrava , per lo più , col capo chino e col piede steso sopra il ponticello di un lustrascarpe , poiché i suoi stivaletti avevano d ' uopo di una abbondante e faticosa pulitura per esser liberati dalla molta e sottil polvere raccolta in una lunga e gioconda passeggiata . E alla sera lo ammirava , con molta estetica di movimenti e molta allegra attività d ' appetito , mangiare un pranzo , non scarso , al caffé di Roma . Passeggiava , mangiava con lieta vigoria ; dunque non doveva essere infermo , quando stava componendo l ' Intermezzo . E , neppure , per quanto facile a sospettare dell ' umana natura , mi parve affetto di morbosa vanità ; discorreva con qualche trepidazione delle odi e dei sonetti che stava facendo ; si accompagnava con molti , né letterati gloriosi , né nobili discendenti dalle crociate ; sorrideva amicamente ad Angiolino , il ragazzo di Morteo , che gli dava tè e caviale , e , per disegnarsi , nelle lettere , non infrequenti , che scriveva a quell ' altro Angiolino , ch ' era il suo editore , diceva : Io . Questo per l ' autore : per il contenuto del libro , o del libercolo , si può facilmente osservare che è tutto manifatturato d ' amore , e proprio di quell ' amore che è esercizio e consolazione esclusiva delle nature forti e sane . Da principio dunque , e stando alla lettera delle affermazioni leggiadramente ornate di numeri , d ' esclamazioni e di noi , mandate dall ' autore al pubblico contro il suo editore , che si trattasse dell ' Intermezzo non parrebbe . Ma alle volte , e trattandosi di prosa naturalista , si conclude , meglio che procedendo dalle verità storiche , e dalle consuetudini logiche , tirando a indovinare , per taluni avvicinamenti di stile , di ricordi , e di rivelazioni sincrone . Però , nel caso attuale , l ' incertezza non può durare a lungo : il libercolo di versi inverecondi è propriamente l ' Intermezzo di rime . Ora il fatto personale non ha d ' uopo di essere né spiegato , né scusato : egli nasce spontaneo dagli avvenimenti e cresce e perdura con ragionevole potenza nell ' animo mio . Un anno fa , giusto , io occupai molte colonne , seccai molto me stesso e , quel che è peggio , i lettori della Domenica letteraria , per dimostrare , non che i versi di quel libercolo fossero eccellenti , ma che non erano inverecondi . Faticai a lungo , contrastando , colla risolutezza della persuasione , ad uomini dai quali sono abituato a imparare e accogliere affermazioni e giudizi con soddisfatta condiscendenza ; ma fra le non molte ricompense che mi procurò quella fatica e quell ' audacia di ribellione ci fu , e forse in cima a tutte , questa : che il D ' Annunzio me ne ringraziò con schietta e amichevole effusione . Perché , infine , e benché mirassi soltanto a difendere la libertà dell ' arte , avevo ancora difese l ' opere e le intenzioni del giovinetto scrittore , e avevo per di più procurata una buona réclame a ' suoi versi . Un anno fa , dunque , il D ' Annunzio mi ringraziava d ' aver creduto umanamente innocenti i suoi versi ; ora , che ornai nessuno pensa né alla nostra lite né alle sue strofe , esce fuori lui , raggiante nella trionfale austerità del pronome personale al numero plurale , ad esclamare : Badate , l ' Intermezzo di rime è un libro , o libercolo , inverecondo ! Ecco , pertanto , che segue a me come ad un avvocato troppo innamorato della causa che ha preso a sostenere . Egli , nel furore d ' avere scoperta una grande verità e una giustizia perseguitata e minacciata , perora per un giorno , per due , dipingendo l ' accusato come un fior di galantuomo , incapace di qualsiasi azione malvagia , calunniato da nemici , afflitto da una sorte feroce , e poi , quando egli ha terminato , tutto rosso dalla fatica del suo classico periodare e nell ' orgoglio d ' aver reso un importante servizio alla verità , il presidente dà la parola , per l ' ultima volta , all ' accusato , ed ecco che questi esclama : Signori della Corte , signori giurati , mandatemi in galera , sulla forca , perché questo signore , che ha parlato per me , ha mentito , ed io , per infermità organica , in un momento di vanità eccitata , ho ucciso , ho violato , ho rubato , o tutte queste cose ho fatto in una sola volta . Ma Gabriele D ' Annunzio non è un malfattore ; e un galantuomo che , per amore felice o no dell ' arte , ha ripetuto ch ' egli non è un porco , è in diritto di chiedergli : O perché tu adesso mi dài così crudele smentita ? La signora Serao , che è stata gentile ed eloquente espositrice del Libro delle Vergini al pubblico , ha , forse , voluto anche dire la differenza che è sopravvenuta nell ' ingegno dello scrittore da un anno in poi , e spiegare , quindi , le ragioni d ' una sostanziale varietà fra il libercolo d ' allora e l ' opera d ' adesso . Ma io , certo per difetto d ' intelligenza a penetrare entro le più ardue teoriche della estetica moderna e a farmi largo fra le aiuole fiorite , intrecciate e premurosamente assiepate , della lingua colorita che è di moda , io confesso , non ci ho capito né molto né poco . La virile scrittrice napolitana afferma che ci sono due D ' Annunzio , interamente diversi e contrari : l ' uno poeta , fino all ' Intermezzo , l ' altro prosatore , dal Libro delle vergini . Ecco , intanto , il primo di questi due Gabrieli : « In realtà , allora , egli non era che un felice contemplatore della natura . Nessun poeta ancora , come lui , aveva sentito tanto squisitamente il colore , nelle sue violenze e nelle sue delicatezze , nella ricchezza folle e nei pallori di morte ; le sue visioni erano così lucide , così nitide , così sottilmente acute , che vibravano nei versi come luce e talvolta facevano male . Chi ha sentito come lui , i forti profumi salini , i profumi lievi dei pollini profumati , gli aromi delle erbe molli di brina , l ' odore greve del pesce , l ' odore eccitante del catrame ? La fioritura dei rosolacci fra il grano , gli ondeggiamenti voluttuosi delle alghe in fondo al mare , la tenacia viscida delli strani molluschi , la grassezza cerea dei fiori acquatici , il fruscio del canneto sulle fluenti acque del fiume , il mistero dell ' amore vegetale e animale , il rampollare possente dell ' albero , lo schiudersi delle foglie , il germoglio notturno nell ' ombra ; tutto questo il suo temperamento poetico sentiva con un tremolìo vivo dei nervi alla profondità della sensazione . » Questo , dunque , il primo D ' Annunzio quale lo presenta la intellettuale signora che ha scritto la Fantasia ; cerchiamo ora d ' indovinare il secondo , dalla esposizione , che ella fa in seguito , del contenuto di questo nuovo libro , intorno alla copertina del quale si è levata così fiera battaglia . Anzitutto scrive Matilde Serao il volume è pieno di un gentile sentimento mistico , tutto giovanile : una sfilata di processioni bianche nelle campagne dorate dal sole , un rifulgere di calici aurei sulla neve invernale , un canto di litanie , uno scampanio festante , una benedizione della mèsse , una preghiera ... La diversità , come ci è così presentata , appare intera in questo : che prima , quando scriveva versi , il D ' Annunzio si studiava di sentire i profumi salini , i profumi lievi , gli aromi della brina , l ' odore del pesce e del catrame , cioè era un poeta a base l ' olfato : adesso , che scrive in prosa , sta attento a veder le processioni sfilare bianche nelle campagne dorate , a rifulgere i calici aurei sulle nevi , a sentire i canti delle litanie e i suoni delle campane , vale a dire che quale prosatore è più complesso e organico , tanto da essersi formato a base di vista e di udito . Ma , per quale ragione estetica e morale i versi del D ' Annunzio d ' un anno fa erano porci , e le sue novelle d ' ora sono sante ? Se , parlando con criteri estetici soltanto , la cortese scrittrice avesse detto dell ' Intermezzo : È del buon Aleardi ; se di questo Libro delle Vergini avesse , con gli stessi criteri esclusivi , giudicato : È del cattivo Bartoli avrei provato l ' ambito piacere d ' intenderla subito e di trovarmi d ' accordo con lei . Ma lei non ha consentito il suo stile a queste volgarità della critica , e , del resto , io non ho mai voluto discutere della forma e del valore poetico del D ' Annunzio , e non mi pare , neanche , che questo valore , logicamente , si misuri nel modo seguente : La tenacia viscida delli strani molluschi , la grassezza cerea dei fiori acquatici , il fruscio del canneto sulle acque fluenti , ecc . ecc . , tutto questo il suo temperamento sentiva , con un tremolio vivo dei nervi alla profondità della sensazione . A proposito dell ' Intermezzo feci questione per la libertà dell ' arte nella scelta e nella rappresentazione degli affetti umani , non pensai neppure un momento a ' suoi nervi e al tremolio che potesse avere alla profondità della sensazione . Questa comprovazione nervosa è tutta personale della signora Serao , e non ha a vedere , almeno dal lato estetico , colla mia ricerca : Perché allora , Gabriele , fosse , come adesso egli medesimo confessa , un porco . Osserviamo invece , secondo il buon costume antico , se v ' è diversità fra il penultimo e l ' ultimo libro del giovinetto abruzzese , per quel che riguarda la scelta e il modo con cui ha rappresentato gli affetti umani . La materia del Libro delle vergini è identicamente la stessa che nell ' Intermezzo di rime : l ' amore . Si tratta sempre di uomini e di donne che desiderano , che vogliono e che si abbracciano ; sicché non resta più , dunque , che trovare i caratteri dei due scrittori , a cui ha accennato la signora Serao , nella forma diversa con cui hanno rappresentato l ' amore . Riprodurrò un passo , una descrizione soltanto giacché , anche in questo secondo volume , il D ' Annunzio procede costantemente per via di descrizioni e proprio da quella prima novella che la signorina Serao ha affermato così piena di misticismo giovanile . Eccola , tale e quale : « Poi , quando Camilla usciva , ella si agitava per tutte le stanze , moveva le sedie , morsicchiava dei fiori , beveva d ' un fiato de ' grandi bicchieri d ' acqua , si guardava nello specchio , si affacciava alla finestra , si abbatteva a traverso il letto , sfogava in mille modi l ' irrequietudine , l ' esuberanza della vitalità sessuale . Tutto il suo corpo , nel tardivo fermento della verginità , si era arricchito ed espanso ; era come una di quelle sanguigne fioriture autunnali che la pianta esplode al sentirsi da un ' ultima corrente di forza vegetativa investir le radici quasi morte nel letargo del terreno . Tutti i pori del suo corpo esalavano , irradiavano la voluttà mal contenuta ; in tutti i suoi gesti , in tutti i suoi atteggiamenti , in tutti i suoi minimi moti uno spontaneo fascino afrodisiaco , una procacità involontaria e inconscia si esplicava indipendentemente dalla presenza di un uomo . Ella era tutta sàtura di desìo : le fibrille giallognole delle sue iridi , dilatandosi , sprizzavano bagliori ; il labbro inferiore , tormentato dalle morsicchiature , sporgeva umido e più vermiglio ; pe ‘ l collo salivano le trame glauche delle vene e nei movimenti repentini talora certi gruppi di nervi guizzavano . « La sua testa non era bella , non aveva la quadratura vigorosa , lo splendore olivastro di certe razze d ' Abruzzo , quelle pure linee del naso e del mento svolgentisi grecamente nella latina ampiezza della faccia . Ma ella , inconsapevole sotto la goffaggine delle vesti grige , sotto la cascaggine delle pieghe incomposte , celava una magnificenza statuaria di torso e di gambe . « Erano i giorni primi di giugno : sorgeva l ' estate dalla primavera come da un campo di erbe un aloe . Tra il mare e il fiume tutto il paese di Pescara godeva nella ventilazione salina e nel refrigerio fluviale , come distendendo le braccia verso quei naturali confini d ' acqua amara e d ' acqua dolce . Salivano alla stanza di Giuliana allora le blandizie della temperie ; insetti lucidi urtavano ai vetri e rimbalzavano , come una grandine d ' oro . « Giuliana , se era sola , provava un bisogno di distendersi , di gettare lungi le vesti , di giacere , e di raccogliere su la pelle quella blandizia ignota che fluttuava nell ' aria . « Cominciava lentamente a spogliarsi , con una pigrizia di gesti molli , indugiando con le dita intorno alle allacciature e ai fermagli , facendo dei piccoli sforzi svogliati nel cacciar fuori le braccia dalle maniche , fermandosi a mezzo e abbandonando in dietro la testa dai capelli crespi e corti , quella sua testa di efébo . Lentamente , sotto l ' amorosa fatica , dalla informità delle vesti , come dalla scoria del tempo una statua diseppellita , il corpo ignudo si rivelava . Un mucchio di lana e di tela vile era ai piedi della pulzella così purificata , e da quel mucchio ella come da un piedistallo sorgeva nella luce coronandosi con le braccia , mentre al contatto dell ' aria una vibrazione a pena visibile le correva i contorni , il fior della pelle . In quell ' attitudine momentanea tutte le linee del torso si distendevano e salivano verso il capo ricinto ; si appianava la leggera onda del ventre non anche deturpato dalla concezione ; li archi delle coste si designavano . Poi , se un insetto entrava nella stanza , il ronzìo aliante in torno ed accennante ad attingere la nudità , il ronzìo sbigottiva Giuliana ; ed era allora un difendersi dalla puntura mal temuta , erano movimenti serpentini , scatti di muscoli sotto la cute , paurosi raggruppamenti di membra , falli dei malleoli non bene forti al gioco , balzi , guizzi , tutti quelli sviluppi improvvisi di agilità e quei raggricchiamenti di pelle provocati in una donna dal ribrezzo » . Anche la forma della rappresentazione mi sembra identica . Ci sono anche qui le stesse frasi e gli stessi atteggiamenti del periodo che l ' autore dell ' Intermezzo ha sempre prediletti : ci sono i pori che irradiano voluttà ; le fibrille gialle delle iridi ; le trame glauche delle vene ; la ventilazione salina , la vegetazione fluviale ; gli insetti lucidi , la blandizia fluttuante ; c ' è persino l ' onda del ventre : tutte insomma , le maniere onde uscivano , a furia di martellamenti sulle lamine brunite , rotondi e sonanti i versi dell ' Intermezzo . Perché , dunque , il D ' Annunzio afferma ora che quello fu un libercolo inverecondo ? E intendiamoci : a questi dubbi e a queste domande io vorrei una risposta , non per un basso compiacimento della letteratura corrotta e stupidamente lasciva , ma per affetto dell ' arte , e un più umano concetto della moralità . Perché nessuna forma , nessuna manifestazione della bellezza deve essere vietata all ' arte ; perché la più persistente e la più universale delle nostre attività , nel suo logico e spontaneo svolgimento , non deve essere immorale e proibita ; perché , infine , nel romanzo , nella lirica , come nella vita , come nel raccomandare al pubblico o all ' editore i propri libri , non ci vuol essere nessuna ipocrisia . E c ' è la ipocrisia dell ' erotismo , come quella del pudore : tutte e due egualmente incivili .
- ( SOMMARUGA ANGELO , 1884 )
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Il Capitan Fracassa brav ' uomo e brioso giornale sin qui uno dei migliori d ' Italia s ' è pigliato cappello , per un par di ciarle della Domenica Letteraria , a proposito del suo nascituro decembrino , e ci ha intravveduto sotto una macchina infernale o poco meno , montata da me sottoscritto editore . Io ho per costume di lasciar ampia libertà di parola ai collaboratori de ' miei giornali e me ne scagiono ordinariamente col solito unicuique suum . Ma talvolta il ciarliero della Domenica ha proprio reso un mio pensiero ; e però , se il valoroso Capitano me lo consente , gli rispondo di persona , per rimettere le cose allo status quo ante , nella dolce lusinga di non isprecare il mio latino . Io non mi sono mai permesso di discutere il valore letterario del Chiarini , che ho sempre apprezzato , apprezzo e apprezzerò ancora altamente , al pari cioè di chiunque abbia fior di senno e sufficiente competenza . Sono stato suo editore ; non dispero di tornarlo ad essere all ' occasione . E questa mi pare una prova molto concludente , che avvalora la mia dichiarazione . Ma un eccellente letterato può riuscire un mediocre direttore di giornali , e viceversa . Né il Verga , né il Nencioni , né il Capuana , a cagion d ' esempio , né l ' amico carissimo Giacosa , dirigendo un giornale non si manterrebbero , forse , alla levatura del loro nome chiarissimo nelle lettere . Carducci , Panzacchi , Stecchetti sono a mio parere i soli che non verrebbero meno all ' arduo compito . Per dirigere un giornale è mestieri possedere attitudini , carattere e condizioni personali specialissime . Alessandro Manzoni soleva dire che non si sarebbe sentito capace di assumere la direzione della Gazzetta ufficiale ; e Giuseppe Rovani , che era pure a debita distanza letterato di vaglia , quando nel 1859 prese le redini della Gazzetta di Milano , le lasciò subito , tanto si trovava impacciato e disadatto all ' ufficio . Se non che il Fracassa cerca di mettere in contraddizione il mio dire col mio fare , asserendo che io ho offerta reiteratamente la direzione della Domenica Letteraria al Chiarini , il quale l ' avrebbe a suo dire rifiutata categoricamente . Vera la prima parte della asserzione , inesatta la seconda . Ecco come stanno le cose . Distratto dalle molte , forse soverchie , mie cure , in questi ultimi tempi avevo trascurato alquanto la Domenica Letteraria e dovetti pensare a compensarnela . Mi occorreva un valore ed un nome . Pensai al Chiarini , ch ' è l ' uno e l ' altro ad un tempo , sebbene non concreti il mio ideale , per un direttore , e senza più gli feci la proposta di accoglierla sotto le sue ali poderose . Non mi disse né sì né no : prese tempo a rispondere e si consultò frattanto col mio ottimo amico Martini , primo padre della Domenica Letteraria . Il Martini , intelletto toscano fine ed arguto , gli rispose press ' a poco così : « Fare un giornale vivo e battagliero , a te preside di un liceo non conviene ; farlo cattedratico non converrà , credo , all ' editore . » In questo mentre toccò a me una singolare fortuna . Parlando coll ' egregio Anton Giulio Barrili , contrariamente ad ogni ragionevole previsione poiché aveva sempre rifiutato di accettare la direzione di giornali letterari lo trovai non alieno dall ' assumere quella della Domenica . Anton Giulio Barrili è la personificazione del mio direttore ideale . Figurarsi se me lo lasciavo scappare . Non avevo col Chiarini nessun impegno , dal momento che mi aveva risposto di voler riflettere prima di risolversi fino a gennaio . Come lei , neppur io avevo accettato o rifiutato . Fui ben felice quindi di esser libero di affidare la direzione della Domenica Letteraria al Barrili , al quale non mi ero rivolto prima per la ragione che più su dissi ; libero di conservare la mia opinione sulle attitudini dell ' esimio Chiarini per siffatto ufficio , opinione ripetuta poi nelle Ciarle senza la più piccola intenzione di menomare i suoi meriti intrinseci e positivi . Meriti che la Domenica Letteraria sempre riconoscerà , come li ha riconosciuti ed attestati ad onta degli attacchi dei quali in altri tempi il caloroso professore è stato fatto segno dal Fracassa . Ve ne ricordate ? Io sì . Ho buona memoria . Il fiero Capitano vede dunque che mal s ' appone giudicando le ciarle della Domenica ispirate dal dispiacere prodotto in me dalla notizia che quest ' anno non volendo egli passare sotto le mie Forche Caudine siasi determinato di fondare una Domenica del Fracassa , auspice Giuseppe Chiarini . E se non lo vede di primo acchito , cerchi di ricordarsi che avendomi il suo socio amministratore interpellato se intendevo di accordare la Domenica al Fracassa , anco quest ' anno , gli risposi di non poterlo fare perché essa mi serve per le combinazioni degli abbonamenti al Nabab , che io amministro per conto di una società d ' azionisti e le cui pubblicazioni saranno inaugurate con un pranzo , dirò così letterario , al quale spero vorrà assistere pure il Fracassa . Il Capitano , ha buon cavaliere , riconosce , conchiudendo , che la Domenica fu cortese nella forma delle sue osservazioni . Per questo , può star sicuro per adesso e per l ' avvenire . Noi amiamo , tutti , di portare nella polemica i modi della buona società , sia che debba finire con un fraterno asciolvere sia che debba risolversi sul terreno . Ci rivedremo a tavola , amici del Fracassa ?
CIARLE DELLA DOMENICA ( LA DOMENICA LETTERARIA , 1884 )
StampaPeriodica ,
Hanno cominciato a pubblicare a Parigi il romanzo ultimo di Zola , Germinal . Il nuovo libro esce con un ' aspettazione anche maggiore de ' suoi confratelli , giacché in esso il romanziere naturalista si propone di esporre e descrivere la vita dei minatori , la lotta loro cogli elementi e col bisogno , il coraggio di questi , l ' abbrutimento di quelli . Noi che abbiamo le solfare siciliane e le risaie lombarde , vedremo con vivo interesse ritratti i costumi e i dolori di quella gente che estrae ogni anno dalle viscere della terra tanta parte della ricchezza della Francia . Anche il paesaggio scelto è di quelli nella cui descrizione Zola è più eccellente , forse perché più contrastano cogli esplendori delle native terre meridionali . Sono le grige e nebbiose pianure della Fiandra francese , in cui pare che il sangue olandese abbia preso il sopravvento per dare agli abitanti la flemma ostinata e il gusto della birra ; sono le vie annerite dalla polvere del carbone , le campagne chiazzate di pozzanghere nerastre , il fragore continuo delle macchine , lo stridere del ferro , le schegge incandescenti che piovono dall ' acciaio lavorato . Dickens ha raggiunto il sublime dell ' orribile e del pittoresco nella sua descrizione di una via manifatturiera in Inghilterra , con quelle strane macchine convulse e stridenti , quei forni sempre ruggenti di fiamma , quei fochisti che si aggirano in mezzo a quell ' uragano di ferro e di fuoco , simili a demoni d ' inferno . Ma , qui , il quadro è meno grandioso e più uniforme ; e vi campeggiano appunto i particolari , di cui Emilio Zola è osservatore sovrano . Del resto , il fondo è sempre lo stesso ; lavoro , pericoli , spesso disastri , e sempre miseria ; qua miseria tacita e rassegnata , altrove minacciosa e prorompente alle grida di ribellione e alle proteste della dinamite . Terribile materia , e ben degna di esercitare il pensiero e la penna dei più gagliardi conoscitori di uomini ! Possiamo dunque far conto sopra un lavoro serio e forte , degno di esser posto di fronte all ' Assommoir . Già , per quel che riguarda il successo , non manca l ' elemento principale , cioè lo scandalo . Il signor Maurizio Talmeyr , redattore del Figaro , accusa Zola di aver copiato l ' intero primo capitolo dal suo romanzo Le Grisou ; e dagli estratti pubblicati dal Figaro , pare che sia vero . Questa accusa di plagio non è fatta per spaventare Zola , che prende volentieri il buono dappertutto dove lo trova , e che , del resto , ha bastevoli ricchezze originali da curar poco certe accuse , per quanto fondate . Ma il successo sicuro di Germinal mi suggerisce due riflessioni , della cui giustezza lascio volentieri giudice il lettore . La prima si riferisce all ' argomento . La vecchia scuola francese , che oggi si è trapiantata in Italia e procura di dar colore di novità alle rifritture parigine , non ammetteva niente di possibile ed artistico al disotto del barone . Il salotto della marchesa , la veste da camera del duca , gli orecchini della baronessa , i capricci della contessa ; ecco in poche parole riassunti gli argomenti che per mezzo secolo hanno deliziato i francesi , e oggi non deliziano gli italiani . Non v ' era a quei tempi portinaia parigina che non si credesse autorizzata a giudicare sulla maggiore o minore cavalleria del signor visconte , o sulle maniere aristocratiche della signora duchessa ; come adesso , in grandissima maggioranza , le mogli dei sotto - segretari a millecinquecento vivono col pensiero nelle sale morbidamente tappezzate di qualche signora di gran famiglia , s ' interessano alle bizze amorose in cui non entra mai il pensiero della pigione di casa , ma campeggia invece la figura di un cavaliere dai baffi attillati e dai pantaloni senza una piega . I nostri migliori scrittori hanno contribuito a questo risultato ; mi basti citare i ricami , così fini , così eleganti e così falsi di Navarro della Miraglia , l ' importatore principale in Italia di quella moda francese . Ma intanto che qua si copia il vecchio , i veri scrittori pensano al nuovo e al vero . Il romanzo è arditamente sceso nei tuguri plebei , nelle officine , nei campi ; ha studiato anche gli umili , che sono la maggioranza , senza confronto ; ha consentito a dipingere personaggi che si chiamano Goujet o Mes - Bottes , invece dei Derville , dei Rosenberg , dei Saint - Idelphonse di altri tempi ; insomma ha fatto la storia del mondo , e non quella di una piccola parte di esso , ignota per giunta alla maggior parte di quelli che la descrivevano . Altri esamini i risultati pratici e sociali di questo fatto ; io mi contento di osservare come esso accresca ampiamente le ragioni dell ' arte , sottraendola a quel gretto esclusivismo che spesso ne diminuisce e talvolta ne distrugge la potenza , E questo per un lato . Dall ' altra parte non è inutile il riconoscere che veramente , a giudizio di molti , Emilio Zola non è proprio un amico delle classi popolari . Le spietate pitture dell ' Assommoir e di Nanà tendono , a giudizio di costoro , a far risaltare i vizi e le abbiezioni di queste genti misere e cattive ; i colori sono spesso caricati , tanto per far vedere che nella plebe v ' è tanta corruzione e tanto vizio da ispirare per lei più l ' avversione che la pietà . La risposta sarebbe facile . Se i vizi descritti da Zola sono veri e finora nessuno di qualche nome ha messo in dubbio la verità della pittura dov ' è l ' ingiuria , dov ' è la calunnia , dov ' è l ' animo atrocemente avverso ? In un certo senso , anzi , il romanziere marsigliese , quando narra le zozzure dei piccoli , percuote e accusa i grandi . Infatti il sistema sperimentale da lui adottato , e accolto oramai dai più insigni antropologisti , non ammette malvagità ingenita , personale , derivante proprio dall ' animo scellerato ; ma solo istinti e tendenze derivanti dall ' eredità fisiologica , e che sono corretti , guasti o traviati compiutamente dalle condizioni sociali , dall ' educazione , dalla miseria . Allorché per conseguenza Emilio Zola descrive gli orrori di certi bassifondi , egli dice in sostanza ai ricchi e ai potenti : Voi che potete modificare lo stato sociale di tante famiglie , voi che distribuite i soccorsi del corpo e dello spirito , vedete a che punto siano ridotti coloro di cui avete in cura l ' esistenza ; e provvedete ! ... Oh , lo so ; è di moda una scuola che ricusa di vedere , anche nelle classi povere , il marcio e il corrotto che vi si trova . Costoro dividono gli uomini in due schiere ; da una parte il popolano , semplice , virtuoso , eroico , braccio di ferro e cuor d ' oro ; dall ' altra il ricco sciagurato , immerso nei vizi , guasto da tutta la sua opulenza , e che finisce coll ' essere richiamato alla ragione da una serie di vigorosi sgrugnoni dell ' Ercole plebeo . Tutto questo non è soltanto falso , ma è anche nocivo in sommo grado a questi stessi che si vogliono beneficare . I veri amici dei poveri devono difenderli colla scorta del vero , non romanzeggiare su loro ; devono fare il libro di fatti , non il libro di declamazioni . Non sempre la lode è segno di amore e il biasimo argomento di odio ; allorché in un impeto di furore suscitato da ignobili spettacoli , Carducci grida : La patria nostra è vile , egli è per lo meno patriottico e amante dell ' Italia quanto la schiera belante degli arcadi ottimisti , che vanno esaltando la felicità del nostro paese in ditirambi entusiastici a tanti soldi il verso ! ...
LA VITA A ROVESCIO ( PICA VITTORIO , 1884 )
StampaPeriodica ,
Leggendo le diatribe contro il naturalismo che così di frequente i feroci gallofobi della nostra critica fanno comparire nei giornali letterari della penisola , non è senza una certa meraviglia che mi sono accorto non esservi nulla di nuovo in esse , ma che e le accuse e le insolenze e le ironie non sono che dei rifacimenti più o meno bene riusciti delle accuse , delle insolenze , delle ironie che i critici ben pensanti ed i giornalisti che la pretendono a spiritosi hanno in Francia per parecchio tempo lanciato contro gli scrittori veristi . Anzi , confrontando gli articoli italiani coi francesi , vi si rinviene la medesima mala fede , la medesima ignoranza . L ' unica che su tale argomento riesca in Italia qualche volta originale è la signorina Serao , la quale , poverina , ha una passione sfrenata e purtroppo non corrisposta , per la critica . Questa brava signorina , che pure ne ' suoi romanzi si è tanto spesso ricordata della lettura da lei fatta delle opere di Zola e del Goncourt , è tutta felice allorché può lanciare dei sassi contro qualche nuova opera di uno di questi illustri scrittori . Ma almeno ella ha delle trovate graziosissime , ma almeno i suoi articoli critici sono un antidoto efficacissimo contro la malinconia : non è forse stata lei che , alla dimane della pubblicazione della Joie de vivre , ha scoperto che Il libro delle Vergini apriva nuovi orizzonti all ' arte moderna e che il D ' Annunzio , con questo suo volume di novelle , era riuscito a conciliare la psicologia con la fisiologia , cosa non mai potuta ottenere dai romanzieri naturalisti ? Queste critiche al naturalismo sono dunque diventate qualche cosa di simile alle vignette , i cui clichés passano le Alpi per essere adoperati di seconda mano dagli editori italiani . Ed è ora talmente invalsa fra noi quest ' usanza , che nemmeno i migliori riescono a sottrarsene : Edoardo Scarfoglio , il simpatico Don Chisciotte della critica giovane italiana , non ne ha forse data una prova nel recente suo articolo sul Fanfulla della Domenica ? Difatti quella dell ' Accademia di Médan con Emilio Zola arciconsolo ed arcifanfano non è punto una sua arguta trovata , giacché per parecchi mesi Alberto Wolff , lo spiritoso croniqueur del Figaro , la ha ammanita sotto tutte le salse ai numerosi suoi lettori . Non pare anche a voi , come a me , un ben curioso modo di persuadere l ' arte dell ' Italia nuova a liberarsi dall ' abbietto vassallaggio francese , questo andare raccattando le vecchie facezie dai giornalisti parigini buttate via come bucce di limoni spremuti , e presentarle rinnovate alla meglio al buon pubblico italiano ? Quando lo scorso anno compare Une vie , il primo romanzo di Guy de Maupassant , opera pregevolissima e che rivela una forte e spiccata individualità artistica , io pubblicai in un diffuso giornale letterario di Milano uno studio lungo ed accurato sul giovine e valoroso scrittore francese . Ora , poiché in questo momento le maggiori ire degli Aristarchi anti - naturalisti della stampa italiana si riversano sui cinque giovani novellieri delle Soirées de Médan , voglio presentare al pubblico italiano , della cui ignoranza e buona fede si fa un così grande abuso , un altro di essi , J . K . Huysmans , riservandomi di fare lo stesso per il Céard , per l ' Hennique , per l ' Alexis , allorché un qualche nuovo loro libro me ne darà l ' occasione . Sogghigni pure lo Scarfoglio , mi accusi pure di sconfinata ammirazione per costoro , o si burli di me , appellandomi socio estero dell ' Accademia di Médan : ciò non mi sconcerterà di sicuro . A me sembra giusto che alle virulenti requisitorie sue e degli amici suoi , qualche difesa pur si opponga , sicché il pubblico , dopo avere sentita l ' una e l ' altra campana , possa accettare questo o quel giudizio . Anzi il meglio che esso potrebbe fare sarebbe di leggere le opere in discussione e giudicarle da sé : con questo articolo altro scopo non mi prefiggo che di indurre a ciò i miei benevoli lettori . Secondo la sciocca leggenda , inventata da alcuni giornalisti parigini e che adesso si tenta di acclimare in Italia , i novellieri delle Soirées de Médan non sarebbero che cinque volgari imitatori dello Zola , quasi cinque teste tagliate nell ' istesso legno : eppure nulla vi è di più falso , perché essi , pur seguendo l ' istesso indirizzo letterario , pur avendo le stesse idee fondamentali , hanno poi dei temperamenti disparatissimi , di maniera che ciascuno di loro ha un suo modo di sentire e di pensare , che differisce del tutto da quello degli altri . Un esempio eloquentissimo se ne può ricavare dal confronto di un romanzo di Guy de Maupassant con uno di J . K . Huysmans : nel primo si rinverrà una serenità sana , un senso della passione fisica , che gli dà una impronta speciale nel nostro secolo malato di nevrosi , mentre nel secondo si rivela una sensività nervosa spinta a volte fino alla morbosità . L ' Huysmans dunque è temperamento essenzialmente nervoso , e quindi gli autori che egli predilige , quelli dei quali si sente l ' influenza nelle sue opere sono Carlo Baudelaire ed i fratelli De Goncourt . Col dir ciò io non intendo già negare all ' Huysmans un ' originalità , che egli ha potentemente affermata nei parecchi volumi da lui finora pubblicati , ma soltanto , poiché in ogni scrittore si risente più o meno accentuata l ' influenza di qualcheduno di quelli che lo hanno preceduto e col quale egli ha una maggiore affinità di temperamento , una specie di parentela intellettuale , pure avendo a volte diverse tendenze artistiche , ho voluto specificare quali proprio fossero gli autori prediletti dall ' Huysmans , acciocché meglio potesse determinarsi la sua speciale fisonomia letteraria . All ' Huysmans , stante la grande eccitabilità sensitiva del suo temperamento nervoso , ogni oggetto , ogni persona , ogni scena si traduce in imagine , di modo che le sensazioni primeggiando sulle idee , il mondo materiale sul mondo morale , egli , più che a determinare il lavorìo psichico , riesce a rappresentare la vita esteriore con una intensità di evocazione addirittura meravigliosa , qualche volta anche eccessiva . Dato questo temperamento di scrittore - pittore , date le spiccate simpatie per i Goncourt e per il Baudelaire , non è difficile l ' indovinare che l ' Huysmans debba essere uno di quei letterati che per lo stile hanno un culto speciale ed appassionato ; e di vero egli è uno stilista squisito , raffinato , che corre dietro all ' imagine colorita , agli epiteti rari , fin troppo forse , giacché a volte scivola nel prezioso . Egli esordì nel 1875 con un volumetto di bozzettini e di poemucci in prosa , Le drageoir aux épices , il quale , pur rivelando le sue non comuni attitudini letterarie , risentiva ancora un po ' troppo delle ardenti simpatie dell ' autore per Baudelaire . L ' anno seguente pubblicò Marthe , storia di una prostituta , opera audace , interessante , eccessiva e , ad onta e forse per i suoi difetti , affascinante . La lingua ne era troppo tormentata , ma vi erano qua e là delle pagine descrittive addirittura stupende . Finalmente nel 1879 pubblicò Les s œ urs Vatard , il romanzo col quale in realtà si affermò . Questo libro , drammaticamente semplice , nel quale è descritta con inesorabile verità la classe operaia parigina , fece del chiasso e scatenò , per qualche espressione troppo vivace , contro l ' Huysmans una folla di critici e giornalisti , che l ' insultarono in tutti modi e gli ripeterono su tutti i toni quel qualificativo che tempo fa il Chiarini affibbiò al buon D ' Annunzio . Ma l ' Huysmans li lasciò strepitare , senza punto curarsi di loro , e dopo un anno e mezzo diede alla luce un altro romanzo , En ménage , nel quale egli rappresentava la borghesia parigina con non minore audacia e franchezza . En ménage è una pagina della vita borghese fra le più comuni e le più semplici : un marito , rientrando una sera a casa , sorprende la moglie in flagrante delitto di adulterio ; egli , senza uccidere né l ' amante né la moglie , se ne va via e ripiglia la sua vita di celibe . Naturalmente ricade nei soliti amori , passeggeri e stupidi , che finiscono con l ' infastidirlo ; sicché , una sera che lui e la moglie si trovano insieme per discorrere d ' affari d ' interesse , a poco a poco si commuovono e ripigliano l ' antica vita in due . Null ' altro : eppure l ' Huysmans è riuscito a farne un libro , che nella sua semplicità interessa , commuove , appassiona , un libro nel quale sono riprodotti , con esattezza ed efficacia mirabili , certi aspetti caratteristici di Parigi e certe curiose scene della vita artistica , giacché il protagonista del romanzo , André Jayant , è un letterato , ed il suo fido amico Cyprien Tibaille è un pittore . L ' Huysmans poi , oltre la novella Sac - au - dos di un così felice umorismo , inserita nelle Soirées de Médan , ha pubblicato un volume di bellissimi Croquis parisiens ed una lunga novella Avau - l ' eau . Egli è inoltre un critico d ' arte molto acuto e qualche volta anche paradossale , come lo prova il suo interessantissimo volume L ' Art moderne , di cui ho altra volta in questo stesso giornale discorso a lungo ed in cui egli naturalmente combatte a favore dell ' ardimentosa falange di pittori impressionisti , attaccando vigorosamente l ' arte accademica e convenzionale . Il volume nel quale a me sembra che l ' Huysmans abbia finora data la nota sua più acuta , più individuale , è quello di recente pubblicato dall ' editore Charpentier col titolo di A rebours . Esso è un libro che esce totalmente dal comune , che ha qualcosa di eccentrico , di bizzarro , di eccessivo , che fa ripensare a Baudelaire , a Poe , pur differendo essenzialmente dalle opere di costoro . Scrivendo questo libro , che è uno studio minuzioso , fatto con intendimenti artistici , di un curioso caso di patologia psicologica , l ' Huysmans sapeva bene di non dovere sperare uno di quei clamorosi successi di pubblico , quali soltanto possono ottenere altre opere più semplici , meno tormentate , più atte a soddisfare qualsiasi intelligenza ; sapeva bene che il suo A rebours a stento avrebbe raggiunta una seconda edizione : ma egli intendeva rivolgersi ad un pubblico ristretto di raffinati , capace d ' intendere e di gustarne le deliziose squisitezza d ' idee e di forma , egli aspirava semplicemente ad un successo artistico , nel senso più ristretto della parola . Ed un tale successo egli ha avuto il piacere di ottenere , e con una intensità di entusiasmo che ha certo di molto superato le sue speranze . Intorno al suo volume vi è stato tutto un fermento di ammirazione , mista a sorpresa , nella società letteraria francese e belga : i giovani lo hanno acclamato come un maestro , ed anche i più feroci suoi avversari hanno riconosciuto in lui un meraviglioso artefice dello stile . In Italia , la signorina Serao , con un gentile ed intelligente laconismo tutto muliebre , si è contenuta di chiamarlo pazzo e noioso . Prima di discendere all ' analisi del nuovo libro di Huysmans , parmi non inutile il raccontarne in breve l ' argomento . Il giovane duca Jean Florissac des Esseintes è l ' ultimo anemico e nevrotico discendente di una delle più antiche e gloriose famiglie dell ' aristocrazia francese . Egli , dopo avere assaporato tutte le voluttà e tutte le perversioni della vita libertina , finisce col sentirsi profondamente disgustato degli uomini e delle cose , e non trovando nella realtà della vita comune più nulla che allieti o soddisfaccia i suoi sensi , si ritrae in campagna , ove segregato dal resto dell ' umanità , formasi una vita a sé raffinata , artificiale , totalmente in contraddizione a quella ordinaria . Lì , in quella villetta di Fontenay - aux - Roses , comprata da lui per farne il suo eremo , egli , aiutato da un ' immaginazione inventiva e sottile , si riesce a formare un ambiente in accordo con le aspirazioni eccezionali e morbose di una fantasia sovreccitata dalla nevrosi , ed atto a soddisfare i desidèri ricercati de ' suoi sensi pervertiti dall ' anemia . Bisogna vedere con che cura Des Esseintes sovraintende all ' addobbo stravagantemente sfarzoso del suo appartamento , alla scelta minuziosa e sapiente dei mobili , delle tappezzerie ricchissime , dei quadri , dei libri , dei liquori , dei profumi , di tutto ciò , infine , che deve occupare la dilettevole sua esistenza di misantropo . Egli sarebbe felice di questa sua vita , in perfetta opposizione con le generali consuetudini , sarebbe felice di non vedere più alcuna creatura umana , di vegliare la notte e dormire il giorno , di contemplare i preziosi suoi quadri , di immergersi con voluttà nella lettura degli scrittori , latini della decadenza o di quelli modernissimi francesi , di poter soddisfare i più costosi e strani suoi capricci , di poter dare un pascolo artificioso a ' suoi sensi , di poter lasciare oscillare l ' animo suo tra il misticismo cattolico ed il pessimismo alemanno ; egli sarebbe felice , se la nevrosi , dopo una breve sosta , non l ' avesse di nuovo martoriato , perseguitandolo con terribili allucinazioni , se l ' anemia non lo avesse minato , abbattuto , precipitato in una spaventevole debolezza . E presto il suo stato di salute si aggrava talmente , che egli è costretto a far chiamare un medico , il quale , vedendolo minacciato di tisi e di follìa , gli ordina d ' abbandonare l ' adorata sua Tebaide e di ritornare subito a Parigi . E così il duca Des Esseintes è costretto , con suo dispiacere grandissimo , a rientrare di nuovo in mezzo alla abborrita società , per poter prolungare ancora di un po ' la grama sua esistenza . Ora questo libro , nel quale non vi è quasi azione , giacché questa si riassume tutta nel viaggio abortito di Des Esseintes a Londra , questo libro che non ha che un solo personaggio , il protagonista , può chiamarsi romanzo ? E perché no ? Edmondo de Goncourt non ha forse nella prefazione di Chèrie osservato , con molto acume critico , che il romanzo moderno tende sempre più a diventare un libro di pura analisi ? Il ricco e nevrosico protagonista di A rebours non è una creazione della fervida fantasia di Huysmans , ma esiste realmente ed è uno dei più grandi nomi della Francia , una delle più bizzarre individualità dell ' alta società parigina . Si comprende di leggeri che , per uno scrittore come l ' Huysmans , che dai Goncourt ha appreso ad amare tutto ciò che è eccezionale ed a cui il Baudelaire ha contagiato una indagatrice curiosità di certi stati morbidi dell ' umana psiche , questa strana figura d ' incivilito e la storia delle sue artistiche stravaganze hanno dovuto avere un ' invincibile attrattiva e lo hanno dovuto persuadere senza difficoltà a farne un libro , che prestavasi maravigliosamente all ’ esplicarsi di tutte le sue attitudini intellettuali . E che la scelta di un tanto bizzarro argomento sia conseguenza dello speciale temperamento artistico dell ' Huysmans , non può essere posto in dubbio da chiunque abbia letto con attenzione le altre opere di lui e che quindi si sia accorto com ' egli più che allo Zola si riavvicini per indole e per tendenza ai Goncourt , e come l ' alta personalità di Carlo Baudelaire , che ora esercita un così potente fascino sulla giovine generazione letteraria francese , abbia avuto non piccola influenza su di lui . Si potrebbe , è vero , all ' Huysmans , come a qualche altro scrittore , rimproverare questo preferire lo studio dell ' eccezioni all ' analisi dei tipi e dei casi comuni della società , giacché essendo la maggiore ambizione del romanzo naturalista il dare la fisonomia dell ' epoca attuale , a ciò senza dubbio si riesce meglio col ritrarre uomini e donne che non escano dalla media comune e quindi siano più tipici , e forse anche col rappresentare , come fa lo Zola , le moltitudini piuttosto che gl ' individui presi isolatamente . Bisogna però pur riflettere che ogni scrittore ha nel proprio temperamento una forza ignota , una volontà superiore , una necessità impellente che lo domina e gli detta le sue opere : il pessimismo di Flaubert ed il sereno equilibrio dell ' indole di Zola spingono , per vie diverse , questi due scrittori a scegliere i mediocri per attori dei loro romanzi ; invece i Goncourt , dal loro nervosismo , ed il Daudet , dalla sua sensibilità quasi muliebre , sono spinti il più delle volte a preferire per protagonisti dei loro libri le nature elette , le nature eccezionali . Del resto anche da queste tendenze varie , da queste scelte diverse nasce un vantaggio , perché così non sono mostrati soltanto i grandi aspetti , i tipi più generali della vita moderna , ma di essi anche i cantucci più reconditi , più in ombra , vengono illuminati , e spesso sono proprio questi che meglio rivelano l ' indole di un popolo , lo spirito di un ' epoca . « Je cherche des parfums nouveaux , des fleurs plus larges , des plaisirs inéprouvés » : questa frase magica e solenne con la quale la Chimera risponde alla Sfinge in quel meraviglioso poema in prosa che è La Tentation de Saint - Antoine del Flaubert , riassume tutte le aspirazioni di Des Esseintes , comprende la sua febbre d ' ignoto , il suo ideale insoddisfatto , il suo bisogno di sfuggire all ' orribile realtà della vita , di sorpassare i confini del pensiero , di andare ramingo , senza giammai arrivare ad una certezza , fra le brume degli al di là dell ' arte . Eppure il protagonista di A rebours , per quanto possa a prima vista apparire strano e paradossale , non rappresenta in realtà che lo stadio più acuto , più eccessivo di una malattia dell ' intelligenza che è abbastanza sviluppata nelle classi superiori della società moderna e che tende a sempre più allargarsi . Le cause di questa malattia morale , e la chiamo così non per altro che perché tutto ciò che nell ' ordine fisico e nell ' ordine morale sorpassa certi limiti comuni alla grande maggioranza degli uomini diventa patologico : il genio non rappresenta forse uno stato morboso così come la follìa ? le cause dunque bisogna ricercarle in principal modo nella nevrosi , quel grande flagello del XIX secolo , che rende sempre più squisita , più intensa la sensitività , ed in certo qual modo la perverte , e nella civiltà estrema , inclinante alla decadenza , di alcune grandi città moderne . Si comprende facilmente che una tale disposizione dello spirito ad abborrire tutto quello che è volgare , che è comune , ed a ricercare quello che è raro , a preferire le cose artificiali alle naturali , a crearsi delle voluttà tutte individuali che dalla folla siano non comprese o dispregiate , deve in ispecie mostrarsi presso i cultori delle lettere e delle arti ; e di vero in Francia vi è una particolare categoria di libri e di quadri , le cui bellezze non appaiono che soltanto agli occhi degli artisti e degli iniziati . Uno dei più caratteristici esempi se ne ha nel delizioso volume dei fratelli De Goncourt , intitolato semplicemente Idées et sensations e che può dirsi il breviario dei raffinati . In esso si raccoglie il fiore dello spirito francese odierno , uno spirito che va nel fondo delle cose e degli esseri , che ne mette a nudo l ' intimità vibrante e dolorosa , che esprime con una sottile ironia o con squisite delicature di chiaro - oscuri tutte le malinconie , tutte le ebbrezze , tutti i vacillamenti di un ' intelligenza o di una coscienza . L ' Huysmans ha messo come epigrafe al suo volume queste singolari parole del mistico Rusbrock l ' Admirable : « Il faut que je me réjouisse au dessus du temps ... , quoique le monde ait horreur de ma joie , et que sa grossièreté ne sache pas ce qui je veux dire » . Ecco come questa necessità di gioie eccezionali è dai Goncourt spiegata : « Les grands plaisirs du peuple sont le joies collectives . A mesure que l ' individu sort du peuple et s ' en distingue , il a un plus grand besoin de plaisirs personnels et faits pour lui tout seul » . E così in Idées et sensations si possono trovare i principali caratteri ed i più importanti aspetti di questa moderna e sempre crescente tendenza verso piaceri della mente e dei sensi , incomprensibili per la folla , tendenza che il protagonista di A rebours , spronato dal suo temperamento di pessimista e di anemico - nervoso , spinge fino alle più deliranti conseguenze . Però nel libro dei Goncourt si può trovare il punto di partenza di quasi tutte le sue aberrazioni . Difatti i Goncourt affermano : « Il n ' y a de bon que les choses exquises » , e facendo ancora un passo in avanti : « Rien n ' est moins poètique que la nature et les choses naturelles » , e poi : « Pour haïr vraiment la nature il faut préférer naturellement les tableaux aux paysages et les confitures aux fruits » ; ma questo amore per le cose squisite , questo preferire alle scene della natura i quadri che le rappresentano , non rivelano che il raffinamento dei gusti di un vecchio incivilito , di un artista , a cui l ' esercizio del suo mestiere fa trovare dell ' insuperabili voluttà intellettuali nella contemplazione delle opere create dall ' uomo . Invece in Des Esseintes questo sentimento si esagera a dismisura , fino a trascinarlo alle maggiori perversioni psicologiche : per lui l ' artificio diventa l ' impronta distintiva del genio dell ' uomo , e quindi egli cerca di surrogare , per quanto gli è possibile , con l ' artificio la natura , le cose naturali , le sensazioni che esse producono . Egli , per esempio , fa costruire ed arredare in modo tale la sua stanza da pranzo , da sembrare in tutto e per tutto la cabina di un bastimento , e così , stando in essa , egli si procura , senza muoversi , le sensazioni rapide , quasi istantanee , d ' un viaggio per mare , parendogli d ' altra parte inutile il movimento , giacché l ' immaginazione può facilmente supplire alla volgare realtà dei fatti . Altre volte egli riesce a dare a ' suoi gusti un convenevole pascolo fattizio , sostituendo le evocazioni dell ' olfatto all ' esercizio della vista e surrogando con similitudini abilmente distribuite e graduate del palato certe sensazioni dell ' udito . Così per Des Esseintes si rende possibile il contentare i desidèri reputati i più difficili a soddisfare e ciò mediante qualche leggero sotterfugio , mediante qualche approssimativa sofisticazione degli oggetti desiderati . I Goncourt in un ' altra pagina del loro libro dicono : « On a souvent essayé de définir le Beau en art . Ce que c ' est ? Le Beau est ce qui votre maîtresse et votre servante trouvent , d ' instinct , affreux » . Quest ' aforismo nella mente di Des Esseintes si esagera al solito e diventa mostruoso : per lui ogni opera d ' arte che non resta indifferente per i falsi artisti , che non è contestata dagli sciocchi , che non si limita a suscitare gli entusiasmi di pochi eletti , diventa anche essa , soltanto per ciò , polluta , volgare , quasi spregevole . Sicché per Des Esseintes questa promiscuità di ammirazione diventa uno dei grandi dispiaceri della sua vita ; dei successi incomprensibili gli sciupano per sempre dei quadri e dei libri ; dinanzi alla generalità di suffragi , che alcune opere d ' arte raccolgono , come per esempio i quadri di Rembrandt e le acque forti di Goya , egli vergognasi quasi di aver per esse un grande amore , e finisce con lo scoprirvi dei diffetti fin ' allora inosservati . E questo male dell ' esagerazione violenta , irragionevole di certe moderne tendenze raffinatrici in Des Esseintes arriva tanto oltre , che nel libro stesso dei Goncourt può trovarsi la sua più severa condanna . Difatti a pagina 219 di esso si legge : « Tout bomme d ' intelligence qui cesse de vivre avec ses semblables , risque de devenir fou , s ' il ne l ' est déjà . La pensée , qui s ' abstrait de la circulation universelle , croupit et se gâte » . Ciò che costituisce la grande superiorità dei Goncourt è che essi non hanno mai perduto il senso del reale , l ' amore per la vita , sicché la loro passione per le cose squisite , la loro inclinazione verso le maggiori raffinatezze non dànno che un sapore di originalità simpaticissima , un profumo di più ad ogni loro scritto . Invece i Mallarmé , i Verlaine , i Corbière , gli Hannon , tutta questa falange di poeti prediletti da Des Esseintes e che si possono con ragione chiamare i Des Esseintes dell ' odierna letteratura francese ; questi poeti che formano una diramazione bizantina di quella nuova arcadia costituita oggidì dai parnassiens sotto il pomposo pontificato di Leconte de Lisle , e nelle cui opere malaticcie la lingua superba , che alla Francia ha dato il romanticismo , precipita nelle maggiori intemperanze ed ha le supreme balbuzie , i supremi spasimi , i supremi lampeggiamenti ; questi poeti , che chiudono gli occhi per non vedere la vita che intorno a loro si agita e che essi odiano , non sono che dei retori della peggiore specie e non rappresentano che una perversione ed un pericolo per l ' arte . La personalità del protagonista di A rebours è complessa , o , per meglio dire , risulta di vari elementi psicologici e fisiologici , che esercitano tra essi una reciproca influenza . Nel duca Des Esseintes la naturale predisposizione verso le cose raffinate od artificiali si è accresciuta sotto la deleteria influenza di un ' anemia , complicata di nevrosi , che le dissolutezze della sua vita hanno sempre più aggravata , e sotto la persistente influenza dell ' educazione avuta presso i gesuiti , la quale , non essendo riuscita a trascinarlo nel cattolicismo , lo ha precipitato invece nel più cupo pessimismo , pur lasciandogli nell ' anima delle vaghe aspirazioni mistiche . Orbene l ' Huysmans , a cui premeva che il protagonista del suo libro apparisse non come un qualsiasi bisbetico fantoccio romantico , ma come una creatura umana , vera , ad onta della sua eccezionalità , ha voluto in Des Esseintes studiare non soltanto il raffinato , ma anche il pessimista e l ' anemico nervoso , facendo ben risaltare l ' influenza grande che sopra i suoi gusti artistici , sopra le sue stravaganze di misantropo esercitano la sua fede filosofica e la malattia che lo travaglia e che è dalle prime fino alle ultime pagine del volume analizzata con vera rigorosità scientifica in tutte le sue successive fasi . Della educazione avuta dai gesuiti il Des Esseintes ha conservato l ' amore per le sottigliezze della casuistica ( e ) teologica , ed è perciò che nella sua libreria accanto ai volumi dei prediletti scrittori latini e francesi trovansi parecchie opere ecclesiastiche . Egli si sente ancora attrarre dalle violenti polemiche di Veuillot , dalle mistiche soavità di Lacordaire , dalle finezze velenose del conte di Falloux , dai pomposi panegirici di Ozanam , dalla profonda ma tortuosa psicologia di Hello , dagli splendori romantici di quel Barbey d ' Aurevilly , che rappresenta l ' anello di congiunzione fra la letteratura clericale e quella profana . Le non mai vinte tendenze ascetiche che sono restate in Des Esseintes si rivelano eziandio in quell ' aver fatto arredare la sua camera da letto in modo che essa sembra una cella da frate . E quindi avviene che , sotto la provocazione di questo ambiente fattiziamente monastico e delle sue lunghe letture teologiche , egli si senta a volte trascinato di nuovo verso il misticismo de ' suoi primi anni . Ciò che lo richiama verso la Chiesa è dapprima il lato splendidamente plastico del cattolicismo , che , per un ' anima di artista come la sua e come quella della M.me Gervaisais dei Goncourt , ha terribili fascini , imperiose seduzioni ; di poi è il sacrilegio che alla sua intelligenza pervertita si presenta in tutta la sua mostruosa attrattiva e gli sorride diabolicamente provocante e tentatore così come appare in certe pagine di Barbey d ' Aurevilly ; infine sono i rapporti , che a lui sembra che esistano tra la dottrina della Chiesa e quella dello Schopenhauer : non è forse vero che ambedue si fondano sull ' iniquità e sulla turpitudine del mondo e che ambedue concludono , pur procedendo per vie assai diverse , alla rassegnazione ? Il capitolo settimo , che contiene la mirabile analisi di questi ondeggiamenti della coscienza di Des Esseintes , è fra i più interessanti del volume e rivela nell ' Huysmans delle rare qualità di psicologo . Ma anche più caratteristico , se non più importante , è il capitolo seguente , l ' ottavo . Des Esseintes , odiando i fiori comuni , si è da principio affezionato ai fiori rari di serra , poi , dietro l ' evoluzione delle sue idee generali , si è lasciato sedurre dai fiori artificiali che simulano i veri , ed in ultimo , stancatosi anche di questi , si mette alla ricerca dei fiori naturali che imitino i fiori falsi . Ed allorché ha intorno a sé raccolto la più bizzarra , la più mostruosa delle flore , i riflessi metallici di queste piante , i colori di carne di questi fiori non riescono che a risvegliare in lui le sensazioni repugnanti che procura la vista di un macello o di un ospedale , ed a farlo tormentare da paurose allucinazioni . Ora questo ricevere delle sensazioni spiacevoli o dolorose anche da oggetti che pur non hanno nulla di odioso , è dagli scienziati riguardato come uno dei più importanti caratteri del temperamento pessimista . D ' altra parte questa ricerca d ' impressioni estetiche nello spettacolo del dolore , questa creazione di un fantastico tutto speciale , un fantastico di malattia e di delirio , è particolare di alcune epoche di decadenza , di alcuni caratteri esaltati dalla religione , e gli esempi abbondano nelle letterature e nelle belle arti dei tempi moderni : pur non volendo parlare del famoso marchese di Sade , che rappresenta l ' eretismo della ferocia e la logica conseguenza della sempre crescente malvagità voluttuosa dell ' aristocratica società francese dello scorso secolo , si potrebbero ricordare Edgardo Poe , Carlo Baudelaire , Barbey d ' Aurevilly , Jan Leyken , Goya , Odilon Redon , Villiers de l ' Isle - Adam e poi ancora tanti altri , le cui onere raccapriccianti e suggestive mettono in un angolo del giardino dell ' arte una vegetazione a parte orrendamente bella . Certamente in un libro come questo i difetti non mancano : si potrebbe , per esempio , osservare che alcuni capitoli guadagnerebbero ad essere abbreviati , come quelli nei quali si discorre della letteratura latina e della letteratura contemporanea francese , perché in essi Des Esseintes scompare a volte per lasciare il posto all ' autore , e , benché costui discorra certo con grande competenza e molto acume critico di tutto un periodo poco noto della letteratura latino e di alcune singolari opere di romanzieri e poeti moderni , ciò nondimeno io son convinto che questo involontario intervento della sua personalità nuoce al complesso del libro . Si potrebbe ripetere l ' assennata osservazione fatta dall ' egregio critico Emilio Hennequin , che cioè in Des Esseintes lo sviluppo grandissimo delle facoltà sensitive ha soffocato ogni altra energia , riducendolo all ' impotenza della volontà . Altre piccole censure si potrebbero anche fare , ma , poiché ogni difetto è largamente compensato dai grandi e rari pregi che in questo libro si ritrovano e poiché mi sono già troppo dilungato , vi rinunzio ben volentieri . Ciò che mi dispiace è di dover rinunziare a mostrare le grandi bellezze stilistiche contenute in A rebours , contentandosi di raccomandare agli intelligenti le splendide pagine nelle quali sono descritte due dei più affascinanti quadri di Gustavo Moreau . Per finire , dirò che , volendo gustare A rebours , bisogna avere una qualche educazione artistica ed una qualche conoscenza di una certa letteratura un po ' faisandée , quindi non a tutti è da consigliarsi la lettura di questo libro . A tutti i miei lettori raccomando però di leggere gli altri due romanzi di Huysmans , cioè En ménage ; e Les s œ urs Vatard , e così apprenderanno a conoscere e ad amare una delle più simpatiche e caratteristiche personalità della giovine letteratura francese .
IL ROMANZO IN ITALIA ( CESAREO GIOVANNI ALFREDO , 1884 )
StampaPeriodica ,
Io mi propongo di ragionare del romanzo in Italia ; e però bisogna che divida il mio lavoro in tre parti : lo studio de ' modi diversi onde codesta forma letteraria si sviluppò , tra noi , nel nostro secolo ; lo studio de ' caratteri che a mano a mano riveste , nel suo progresso continuo , per soddisfare a ' nuovi bisogni ; e lo studio de ' mezzi per i quali potrà conseguire la sua maturità intera e vigorosa e immortale . Il romanzo , comunque si manifestasse , fu sempre un prodotto veramente romantico . In Grecia è quasi sempre il racconto minuto d ' una ventura erotica , come nelle novelle milesie ; e fiorisce durante la decadenza alessandrina , che fu il peggior tempo del romanticismo ellenico : in Roma , pure serbando acuto il profumo della lascivia elegante , si trasmuta in satirico con Petronio ed Apuleio , e appare solamente quando l ' aureo secolo di Virgilio e di Catullo e d ' Orazio è passato da un pezzo , vale a dire nel peggior tempo del romanticismo romano . Brutti segni , codesti ; se non ci confortasse il pensiero che , in somma , la letteratura moderna essendo di sua natura romantica , questo figliuol prediletto del romanticismo può aver trovato il clima che conviene al suo pieno invigorimento , senz ' accusare , nella razza che lo mantiene , un languore irrimediabile e mortale . Dopo ciò s ' intende , per altro , come il romanticismo , vittorioso nella battaglia data su il principio di questo secolo , schiudesse i battenti della reggia letteraria al romanzo . Il quale , mentre da prima singhiozzava e ruggiva e farneticava di suicidio nell ' Ortis d ' Ugo Foscolo , irruppe allora a bandiere spiegate nel luogo che nessuno gli contrastava , recando seco da un lato la morale cattolica e dall ' altro il gusto della ricerca storica ; e fu il libro de ' Promessi sposi d ' Alessandro Manzoni . Ma il Manzoni , temperamento equilibrato quant ' altro mai , se tenne dal romanticismo in parecchi caratteri esteriori dell ' opera sua , fu più propriamente realista per la varia e viva verità de ' caratteri , per la logica umana della favola , per l ' evidenza pittorica del paesaggio , per l ' acuta sicurezza dell ' analisi psicologica , per l ' efficacia insuperabile del dialogo e del racconto . A tutto questo egli aggiunse uno scetticismo giocondamente osservatore , che pervade tutto il romanzo con un soffio d ' umorismo canzonatore e bonario . I discepoli del Manzoni non aggiunsero nulla , per dir vero , a quanto aveva fatto il maestro ; e gli rimasero molto a dietro per le qualità intrinseche dell ' ingegno : sì che il romanzo del D ' Azeglio o del Grossi o del Carcano fu certamente storico e cattolico , ma non punto realista . Il D ' Azeglio può piacere per avventura con l ' impeto giovanilmente cavalleresco di certi suoi personaggi troppo ideali ; e il Grossi può commuovere con la morte immeritata e pietosa della sua eroina ; e il Carcano può blandire con qualche lirica vaporosa e melodiosa interpolata fra un capitolo e l ' altro ; ma tutta codesta roba non ebbe , né poteva avere , importanza veruna per il successivo svolgimento del romanzo . Non parlo del Guerrazzi : pieno d ' amor di patria , impetuoso , eloquente , era troppo soggettivo e troppo bollente da poter trattare con fortuna un tal genere . In un romanzo autobiografico sarebbe riuscito a meraviglia ; nel romanzo storico , là dove non declama o descrive o rifà la storia , è freddo , artificioso , pesante . In tanto venne il '60 . Dopo il primo assetto del nuovo regno d ' Italia , si ricominciò a parlare di letteratura e , si capisce , anche del romanzo . Se non che il Manzoni pareva oramai troppo guelfo a un popolo che voleva strappare Roma dalle branche della Chiesa ; e , d ' altra parte , nella capitale morale d ' Italia , com ' era detta allora Milano , era fresca la memoria dei Francesi liberatori ; di modo che , per fare dispetto al papa e piacere a ' vicini d ' oltr ' Alpe ; i nostri letteratucoli si misero a scimmiottare il secondo romanticismo francese e la boemia , ne ' pensieri , nell ' opere e nelle parole . A parte le frasi : il romanticismo italiano , benché derivasse in principio dal romanticismo tedesco , aveva avuto un carattere suo di quasi preludio e incitamento e puntello alla rivoluzione politica . Ma , poi che dal '20 al '60 questo concetto era stato dichiarato per tutti i versi , e in tutte le guise , e col conseguimento dell ' unità e dell ' indipendenza e della libertà , il nostro romanticismo , in quanto era più propriamente italiano , cessava ; la letteratura romantica , dopo il '60 , si trovò senza scopo , e , incoraggiata da qualche esempio illustre , si rivolse ancora per aiuto alla Francia , la quale non era solo la nazione vicina e più affine di costumi , di tradizioni e di favella , ma teneva pure l ' imperio supremo del buon gusto , come della politica , in Europa . I nostri uomini più o meno intinti di lettere , dunque , s ' ubbriacarono di liquori come Alfredo De Musset ; lucidarono i racconti del Poe tradotti da Carlo Baudelaire ; predicarono il vangelo dell ' arte per l ' arte ; detestarono la morale ; amarono le donne brutte e perverse ; sognarono di morire in un ospizio di poveri , e misero in fuga i borghesi co ' loro paradossi di seconda e di terza mano . Tale fu la famosa scapigliatura lombarda : pativano tutti la clorosi dell ' ideale , e si chiamavano realisti ; imitavano l ' Hugo , il Gautier , il Baudelaire e il Dumas figlio , a casaccio , e si credevano originali . In mezzo a questo ambiente pubblicò Giovanni Verga l ' Eva , il romanzo che lo rese noto al pubblico de ' lettori . Eva appartiene a quella famiglia di creature eleganti , appassionate e incosciamente crudeli , che popolarono la letteratura dopo il secondo romanticismo francese e sovra tutto per opera di Alessandro Dumas figlio . L ' eroe del romanzo , Enrico Lanti , è un artista che ha continua la febbre dell ' amore e dell ' arte , e muore , alla fine , di tisi , la malattia di moda dopo la Signora delle camelie . L ' azione si svolge tutta in un ambiente fantastico di profumi e di luce , dove delle braccia candide e ignude si sporgono tra i veli rossi d ' un letto e i tappeti di Persia smorzano il rumore de ' passi , e ' l tè vapora i suoi caldi aromi dalle tazze fiorate di porcellana del Giappone , e le piante esotiche dalle foglie larghe e diffuse e dall ' effluvio penetrante s ' inclinano a specchiarsi negli alti specchi dalle cornici d ' ebano e d ' oro , e ‘ l chiaror della luna scivolando furtivo di notte nell ' alcova tranquilla , rischiara sovra un mucchio di trine la bella donna dalle labbra ancora stillanti di voluttà , che dorme in atto di dolce stanchezza , su ‘ l seno del suo pallido amante . La realtà , in somma , co ' suoi momenti solenni e co ' suoi momenti ridicoli , co ' suoi meriti e con le sue viltà , co ' suoi dolori e con le sue gioie , non è a fatto in quel libro . Quella ballerina , che ha le maniere ingenue e squisite d ' una principessa del sangue e ‘ l sentimento timido e profondo della Miranda dello Shakespeare fa ridere i vecchi frequentatori del palcoscenico ; quel pittore malinconico e ardente e cavalleresco né meno un ' educanda lo piglierebbe su ‘ l serio ; e nondimeno il romanzo piacque e piace anche adesso . Perché , a malgrado de ' difetti , è in esso un ' effusione tutta lirica e personale , ma potente a ogni modo , dell ' amore quale si prova e si desidera nell ' età degli entusiasmi vergini e cocenti , a vent ' anni . Ne ' romanzi della stessa maniera che ‘ l Verga fece di poi , manca codesto pregio , e restano interi i difetti : di qui la loro assoluta miseria . A un tratto , il Verga parve per un momento nauseato di questa sua produzione artificiale ; e , prendendo forse a modello i racconti regionali dell ' Auerbach e del Bret - Harte , scrisse la Nedda , una dipintura della vita campagnola della Sicilia . E , da che nessuna reminiscenza letteraria qui poteva intorbidargli la schietta visione della realtà , la rappresentazione fu vera , viva , immediata . Il cielo azzurro della Sicilia s ' incurva limpido sulla scena , solcato da una leggera flottiglia di nuvole bianche : su ‘ l prato erboso e scintillante di rugiada nel sole , i giovenchi miti posavano brucando i timi odorosi : dalle rupi intorno , i fichi d ' India torti e carnosi si sporgevano come a guardare : dietro gli ulivi cinerei , il mare Ionio lampeggiava e taceva . E Nedda , seduta in un canto , teneva fra ' denti una delle cocche del fazzoletto rosso che le copriva la testa , e volgeva i grandi occhi neri impregnati di lagrime aspettando invano che il suo fidanzato tornasse . In tanto , e quasi nello stesso tempo , un ' altra corrente , quella del romanzo di famiglia tedesco e inglese , si manifestava in Italia . Salvatore Farina aveva derivato da Carlo Dickens e da Giorgio Elliot una sua maniera onesta di rappresentare non male la vita domestica , incolorandola a ogni modo co ' riflessi azzurri del suo tranquillo ottimismo . A punto come il Verga si compiaceva d ' idealizzare la colpa elegante , il Farina si compiaceva d ' idealizzare l ' innocenza borghese . I suoi racconti , i quali per altro non mancano di finezza e qualche volta di verità , avevano il merito di poter andare per le mani delle spose e delle ragazze da bene : erano puri come l ' acqua di fonte . Per questo appunto il Farina s ' è fatto non solo in Italia , ma in molta parte anche d ' Europa , un pubblico di persone ammodo che lo legge e l ' ama e l ' ammira . Teneva bordone al Farina , Cesari Donati e qualche altro ; seguiva da presso al Verga , Luigi Capuana . Gli altri annaspavano incerti tra i pantani del romanzo storico , che nessuno più leggeva , e le nebbie della novella fantastica , che nessuno più capiva . Anche v ' era chi sarebbesi voluto provare a fare il romanzo d ' appendice , che in Francia fruttò e frutta di be ' quattrini al Du Terrail , al Montépin , al Boisgobey e ad altri ; ma , prima di tutto , quanti leggevano allora l ' appendice , in Italia ? Meno di quanti la leggano addesso , ch ' è tutto dire . Così che , quando il fracasso del naturalismo invadente giunse con l ' Assommoir dello Zola tra noi , il nostro romanzo aveva deviato a fatto dalla tradizione manzoniana ; e , o s ' inebriava de ' vapori acidi di sentimentalità isterica del Dumas figlio , o tubava sul giaciglio di piume di sentimentalità virtuosa del Dickens e dell ' Elliot , o cominciava a derivare , ch ' era men male , dalla novella regionale dell ' Auerbach e del Bret - Harte , l ' idea della novella regionale italiana . Di veramente italiano , dunque , restava nulla o assai poca cosa . II . Emilio Zola , dichiarando il suo nuovo metodo , primieramente moveva da questo principio : rappresentare , con la più cruda schiettezza , la vita , la realtà , la natura : donde quella sua denominazione , un po ' incerta a dir vero , di naturalismo . Ma , in quel tempo , troppa gente in Italia s ' era messa in testa di rinnovare la letteratura , e s ' era figurata di far del verismo lucidando male le morbose lascivie e le stravaganze calcolate e le collere intemperanti di quei romantici ambiziosi di Francia , che derivati , a quel modo per altro che i rigagnoli derivan da ' fiumi , da ' vecchi e dispersi scrittori del Cenacolo , fecero chiasso di molto , finché i parnassiani odierni non gli ebber cacciati di nido . A tutti costoro non parve vero di potersi raggruppare alla fine sotto un bandiera rivoluzionaria , e recante una parola non anche adoperata e a bastanza sonora , e sorretta da qualcuno che i pugni mostrava possenti , e sembrava incaponito nella sua idea , e urlava per dieci . Anch ' essi , in falsetto , gli tennero bordone ; e i nostri giornali furon pieni a un tratto di ragionamenti intorno il naturalismo ; e nel nome dello Zola arse più accanita la mischia . E non era anche finita , quando Luigi Capuana , uno tra i più destri e tra i meno indotti propagatori della nuova teoria , pubblicò , secondo il metodo sperimentale , un suo romanzo , dal nome dell ' eroina intitolato Giacinta , e dedicato allo Zola . Poco dopo pubblicò il Verga I Malavoglia , un altro romanzo sperimentale . In fine , Matilde Serao pubblicò il Cuore infermo e la Fantasia , romanzi sperimentali essi pure . Qual è dunque e in che propriamente consiste e che aggiunge di nuovo al romanzo il naturalismo ? Esso si propone l ' indagine accurata e fedele dell ' uomo odierno , senza preconcetti superbi , senza pudori ipocriti , senza idealità sentimentali ; e a conseguirla si vale de ' documenti umani , che sono lo somma dei fatti osservati ogni giorno e ordinati e messi da parte : pretende di sostituire alla fantasia ebbra e scapigliata , che passa e brilla e abbaglia ne ' racconti romantici , lo studio esatto e minuto del temperamento : ammonisce di semplificare l ' azione e d ' allargare , in vece , l ' analisi psicologica : impone la varia e animata e continua descrizione dell ' ambiente , ond ' è spesso regolato l ' arbitrio delle persone che vi si movon per entro : e , in fine , vorrebbe formarsi uno stile semplice e vigoroso a un tempo , senza sonagliere d ' antitesi , senza pennacchi di metafore , senza gualdrappe di frasi . Codesti romanzieri , dunque , s ' affidarono al metodo dello Zola , quasi a occhi chiusi , senza dubitare o discutere : e , mi rincresce di dirlo e vorrei anche ingannarmi , imbandiron della roba poco più che mediocre . Non parlo della Giacinta , ch ' è forse , fra tutti codesti tentativi sperimentali , il più imperfetto ; da che qualche pagina d ' analisi acuta e qualche scena di viva passione non bastano a compensare l ' irregolarità dell ' architettura , l ' impreparata singolarità delle situazioni , la prolissità disutile del racconto , l ' indeterminatezza de ' caratteri , l ' abuso della descrizione , l ' imperizia dello stile e la miserabile sciatteria della lingua . I Malavoglia sono scritti con tale un rigore di metodo sperimentale che , se la scuola stessa non fosse viziosa , codesto avrebbe a essere il romanzo più fortunato che sia mai venuto in luce . Né anche lo Zola era mai giunto a tanta semplicità estrema di favola ; a tanta scrupolosa e fedele oggettività d ' osservazione ; a tanta pittoresca efficacia nella sicura e non interrotta evocazione dell ' ambiente ; a tanta logica umana nello svolgimento di quelle umili vite di pescatori ; a tanta parsimonia di mezzi retorici . Certo , come studio sociale e locale e dialettale , poi che il Verga traduce a pena la rozza parlata dei suoi personaggi , quel libro è mirabile . Perché , dunque , fu accolto così freddamente dal pubblico e par troppo noioso anche a ' letterati di professione ? La ragione è semplice : perché , come vedremo , non è punto un romanzo . Non di meno , il Verga ha coscienza intera del suo romanzo : egli sa ciò che vuole , e , se v ' ha errore , gli è nel sistema , non a fatto nell ' esecuzione : e però si può disputare su la vitalità del suo romanzo , ma non si può contrastargli la fama d ' artista serio e potente . In vece la signorina Serao par che vada ognor brancolando per l ' oscura foresta del romanzo , senza trovare una via . Della teoria sperimentale ella non ha colto , a dir vero , se non a pena i caratteri esteriori , vale a dire il lusso della descrizione , la corrispondenza del fatto psicologico al fatto fisiologico nell ' individuo , la legge ereditaria , e ‘ l raggruppamento meccanico de ' particolari : del rimanente , l ' analisi del sentimento , o anche solo della sensazione , è ne ' suoi libri o superficiale o mal certa o arbitraria a dirittura ; i caratteri son talora innaturali , più spesso non a bastanza rilevati , quasi sempre incoerenti ; la lingua e lo stile conservano finora una così barbara indipendenza da ogni regola di proprietà , di purità , di convenienza , d ' efficacia e d ' eleganza , da riuscire intollerabili a chiunque abbia ancora una qualche pratica de ' buoni scrittori e un qualche rispetto della tradizione letteraria . Così che la signorina Serao tiene dal naturalismo in ciò ch ' esso ha di più inaccettabile e di più caduco ; e , ch ' è peggio , ella esagera anche un poco per conto suo . In fatti , la descrizione che lo Zola abusa , è vero , ma non di rado per uno scopo d ' effetto complessivo , nella prosa della signorina Serao sta oziosa e isolata a raffreddare l ' azione ; e l ' esposizione minuta de ' fatti esterni , che dallo Zola è ordinata , con abilità singolare , quale a mano a mano può riflettersi nell ' animo del personaggio che tien la scena , dalla signorina Serao è fatta senza criterio , con un ardore cieco e puerile ; e que ' preconcetti scientifici , che pur ne ' romanzi dello Zola accusano l ' empirismo , diventano più regolari , più costanti , più meccanici , e però più ridicoli nel Cuore infermo e nella Fantasia della signorina Serao . La quale ha , per altro , un merito sommo , che gli altri romanzieri sperimentali d ' Italia non hanno : sa ridestare gli affetti nell ' animo dei lettori . Ora , a parer mio , Emilio Zola è un romanziere vigoroso ; ma la teoria ch ' egli ha predicato è , per la più parte , inammissibile , perché contraria alle leggi più elementari dell ' estetica positiva . E singolare , in fatti , che ‘ l naturalismo , mentre si vanta di procedere dalla scienza odierna , ignori i risultati della psicologia sperimentale circa i piaceri estetici ; i quali nascono propriamente dal bisogno d ' esercitare per la riproduzione ideale dell ' emozione la forza nervosa sovrabbondante nell ' organismo ; e lo Spencer e ‘ l Sully e ‘ l Helmholtz e ‘ l Bain e ‘ l Friedländer concordano tutti su questo punto . E allora si può fermare la legge estetica , che tanto è più grande il piacere suscitato da un lavoro letterario , quanto più viva e piena e gagliarda è l ' emozione . E poi che i sentimenti più bassi e più elementari naturalmente commuovono un minor numero d ' elementi nervosi che i sentimenti più alti e più complessi , i quali si sviluppano e infatti nelle razze più elevate , è fuor di dubbio che ‘ l piacere estetico suscitato dalla riproduzione d ' un sentimento altruistico o egoaltruistico , quali la giustizia , la pietà , il dovere , la compassione e l ' amore , sarà , con uguale intensità di rappresentazione , assai maggiore che quello suscitato dalla riproduzione d ' un sentimento egoistico . E dove emozione non si desti , non è materia d ' arte . Qui a punto è ‘ l difetto capitale della teoria dello Zola . Egli pone come scopo al romanzo ciò che avrebbe a essere solo un mezzo di ridestare un ' emozione o un plesso d ' emozioni ; vale a dire l ' analisi progressiva d ' un temperamento sotto l ' azione d ' un ambiente . Ora questa è una ricerca propriamente scientifica , che non eccita punto gli elementi nervosi del nostro organismo , se non solo in quel caso che ‘ l protagonista trovi nell ' ambiente una ragione di lotta , donde scaturisca l ' emozione . Ma l ' analisi sola non basta ; né , come afferma lo Zola , la rappresentazione fedele di una vita ordinaria che si svolge senza scosse né strappi può esser mai sola il contenuto d ' un romanzo ; e , a punto per codesto difetto d ' azione , i Malavoglia del Verga , pur rimanendo uno studio accurato , sono un ' infelice opera d ' arte . Sono come un giovane bello e bianco e robusto , al quale non altro mancasse per far la delizia delle signore se non la vita . E poi che nella creazione letteraria i caratteri piglian contorno e sembianza propria e rilievo tra ‘ l caldo baglior del dramma , anche i caratteri , dove quello sia povero o manchi a fatto , rimangon freddi o vaghi o scoloriti , come a punto ne ' Malavoglia . Un eccesso di tutt ' i romanzieri sperimentali è la descrizione . Essi affermano che l ' azione dell ' ambiente è continua su ‘ l dramma umano ; e però , soggiungono , bisogna farla sentire a ogni passo . Quanto alla premessa , sta bene ; ma non mi persuade la conseguenza . In fatti , codesta azione , come osservò acutamente Enrico Panzacchi a proposito della Malombra d ' Antonio Fogazzaro , rimane le più volte inavvertita anche alla persona che la sopporta . E quando essa è inopportuna , s ' intende che , in vece d ' aguzzar l ' interesse , lo raffreddi d ' un tratto e provochi la stizza dei lettori , che a malincuore si sentono distratti dal dramma che li commoveva . Un pregiudizio espresso nel metodo sperimentale è la narrazione impersonale ; un pregiudizio sottinteso è la necessità di rappresentare la vita odierna . Io ripenso il primo , e mi domando che bel guadagno sarebbe per I Promessi Sposi , se l ' autore non fosse ognora presente con quel suo sorriso d ' arguzia serena , che versa in tutto il libro come una luce diffusa , dove ciascuna figura sorge viva e diritta , e si move per virtù propria , e non perde mai quella cèra o truce o pietosa o ridicola che la distingue . E spesso a punto una osservazione personale dell ' autore dà ‘ l tocco ultimo a un carattere , a una descrizione , a un movimento psicologico . Certo , io non nego che la tendenza soverchiamente soggettiva dell ' Hugo e del Guerrazzi possa aver nociuto ad alcuni de ' loro romanzi ; e credo che in certi casi d ' indifferenza oggettiva anche possa giovare all ' effetto ; ma la pretensione di bandire dalla narrazione quello ch ' è , per la più parte dei casi , lo strumento di rappresentazione più facile , efficace e sicuro , a me pare eccessiva ed assurda . Né la necessità di rappresentare la vita odierna è meno irragionevole . Quando l ' emozione venga suscitata così piena e gagliarda da vibrare nella più parte degli elementi nervosi ch ' essa percorre , sforzando il minor numero di questi elementi , che importa a noi se ‘ l dramma , onde scaturisce quell ' emozione , sia pagano o cristiano , antico o moderno , spagnuolo o russo o tedesco o papuasiano o malese ? Chi è rimasto mai freddo alla lettura dell ' Othello dello Shakespeare , se bene il moro di Venezia visse molti secoli a dietro ? E chi può legger senza lagrime l ' episodio della morticina ne ' Promessi Sposi del Manzoni , se bene il fatto si riferisce alla peste di Milano del milleseicento e tanti ? E perché quanto è stato possibile finora , diverrà , da ora innanzi , impossibile ? Le son cose che paion chiare come il giorno , nevvero ? E pure provate a farle intendere a certa gente : gli è come lavare la testa all ' asino , con rispetto parlando . Resta , in fine , a parlare della forma , sovra tutto nel dialogo . E qui pure il mezzo adoperato dal Verga per ottenere efficacia e naturalezza , senza mancare alle regole della lingua comune , mi sembra troppo imperfetto . Il Verga , in fatti , si contenta a tradurre quasi alla lettera la parlata de ' suoi contadini o de ' suoi pescatori di Sicilia , serbando il colorito e la giacitura della frase , il ricorso del periodo e anche il sapor brusco de ' modi di dire , quali veramente si trovano nel dialetto . Già , codesto pencolar faticoso tra la lingua e ‘ l dialetto io non vedo che risolva nulla ; e , più presto che infonder vita e calore al dialogo , mi pare che l ' irrigidisca in contorcimenti tanto più penosi quanto men facili . In oltre , sarebbe , a ogni modo , rimedio per un solo caso ; ma , o che farebbe egli ‘ l Verga , se avesse a porre in Francia o in Inghilterra o in Germania la scena d ' un suo romanzo ? E il patrimonio della lingua che cosa diverrebbe se ogni romanziere si credesse in diritto di rimpasticciarsi , per uso proprio , gl ' idiotismi della propria regione ? III . Ma tra il ribollimento della fungaia sperimentale , il romanzo italiano gittava finalmente le prime foglie e schiudeva i primi fiori e maturava i primi frutti . Tre romanzieri originali tentarono , con modi diversi , l ' impresa di liberare codesto genere letterario dalle pastoie dell ' imitazione francese ; e , chi più chi meno , fecero tutti una buona prova . Io dico d ' Anton Giulio Barrili , di Girolamo Rovetta e di Antonio Fogazzaro . Il Barrili cominciò veramente anche prima che il naturalismo recasse in Italia il suo grave bagaglio di tesi , di definizioni e di regole ; ma , progredendo , divenne più esperto , più franco , più amabile ; e ogni giorno guadagna terreno . Egli compensa il difetto di solidità de ' suoi lavori con una grazia , una snellezza , una semplicità che innamora . Certo , non ha quella tragica potenza di situazioni onde il lettore rimane anelante e perplesso : certo , non sa dare a ' suoi personaggi quello scultorio rilievo che li rende indimenticabili : certo , non descrive con quell ' animata efficacia di particolari sensibili la quale sembra quasi evocare il paesaggio , no ; ma il suo racconto si svolge vario d ' avventura in avventura , e non s ' indugia mai , e senza scoter mai troppo il lettore , sa tenerlo desto ed attento sino alla fine . Inoltre ha spesso il Barrili un ' invidiabile squisitezza di sentimento , una sottile giocondità d ' osservazione , una viva freschezza di fantasia , un ' ingegnosa novità di trovata , una ravvivatrice eleganza d ' erudizione . Gli è un gentiluomo colto ed arguto che si piace di dipanare , per sollazzo d ' una brigata di belle e intelligenti signore , una sua confusa matassa di fili d ' oro e di seta . Somiglia un poco a Vittorio Cherbuliez ; ma si vede bene che non ne deriva . E , in fine , è il solo , fra tutt ' i romanzieri d ' Italia , che sappia scrivere l ' italiano senza affettazione accademica e senza incuria volgare . Il Val d ' Olivi , la Sirena e il Come un sogno sono tre piccoli capilavori . La Malombra del Fogazzaro a me sembra il miglior romanzo che sia stato scritto in Italia dopo i Promessi Sposi . La lingua è un po ' sciamannata , se bene lo stile , tutto muscoli e nervi , è quasi sempre evidente ; il lusso inutile della descrizione è forse eccessivo ; lo scioglimento è troppo , nella forma , teatrale : sta bene . Ma che ricchezza di favola , che soffio rapido e ardente di dramma , che accento profondo di passione , che piena animazione di vita esteriore , che varia , intensa e vivente verità di caratteri ! Cesare d ' Ormengo , il gentiluomo democratico e altero ; Corrado Silla , il giovine vinto e spostato che s ' accascia , con amara fierezza di vittima , nella lotta per l ' esistenza ; Marina , cupa , ardente , fantastica , irrequieta e superba ; il signor Steinegge , burbero e mite ; Edith , pura , timida e affettuosa ; la vecchia contessa veneziana , e Nepo , il suo molle e impertinente figliuolo ; il vecchio curato , umile e buono ; tutte , in somma , codeste figure sono indimenticabili . Anche qui è l ' analisi psicologica ; forse troppo raffinata e malaticcia e sottile , ma sicura e profonda a ogni modo . Anche qui è l ' azione dell ' ambiente su ' personaggi , ma sovente con tale intima corrispondenza del sentimento alla natura esteriore , che quasi il lettore non s ' avvede dell ' artificio . Anche qui è l ' oggettività della rappresentazione ; ma non tale , peraltro , da impedire allo scrittore di godere e soffrire e vivere , insomma , con le sue creazioni , le quali appunto per questo , hanno palpiti e fremiti di vita reale . I romanzi del Rovetta prometton bene , quantunque i difetti sian gravi e numerosi . La lingua è in generale scorretta , e disuguale , incerto , angoloso lo stile ; i caratteri sono più , tosto accennati che sviluppati ; i tipi comici si mutano spesso in caricature ; la disposizione delle parti è non di rado viziosa ; l ' analisi psicologica è troppo breve e superficiale ; certi scatti di passione non sono a bastanza preparati , e abbondano le disutili lunghezze . Per altro , la commozione è sempre viva e continua : qualche carattere , come la Lalla della Mater dolorosa , è pensato e disegnato e condotto bene ; e uno schietto umor comico pervade que ' libri con una folla d ' osservazioni argute , di celie sottili , e di paragoni ridicoli . Tali sono le condizioni odierne del romanzo in Italia . Giova adesso cercare quali sono i modi , per i quali , rinfrancato e sicuro , potrà esso avventurarsi sempre più in alto su l ' erta dell ' avvenire . Il romanzo italiano dell ' avvenire sarà , prima d ' ogni altra cosa , scritto in lingua italiana ; e propriamente in quella lingua semplice , svelta , efficace , pura senza pedanteria , popolare senza smargiasseria , che fu adoperata dal Manzoni nel suo romanzo . Forse , qualche singolarità dialettale , qualche neologismo necessario , qualche solecismo d ' uso comune segnatamente nel dialogo , potrebbe anche venir tollerato ; ma il fondo avrebbe a esser poi sempre quello . I processi di stile per la descrizione , per il dialogo , per l ' emozione , dovranno tutti conferire alla rapidità , alla varietà , all ' evidenza della narrazione . Che ‘ l romanzo sia storico o fantastico , alla critica , veramente , non importa ; ma , tutto sommato , gli è meglio che esso sia la rappresentazione della nostra indole , della nostra vita , della nostra società . Così al romanziere riesce tanto facile l ' osservare , quanto difficile gli parrebbe il ricostruire ; e al lettore garba di più ‘ l sentir vibrare nel romanzo il suo proprio temperamento d ' uomo moderno , che l ' ammirare le avventure maravigliose , ma fredde , d ' un tempo più o meno remoto ; e per la storia della civiltà non è punto inutile il tramandare a ' nostri posteri il quadro largo e fedele de ' nostri costumi , delle nostre miserie e de ' nostri eroismi . Se e quando il romanzo ha da essere puramente oggettivo , giudicherà lo scrittore , poi che non le son cose che si possano stabilire , se non all ' opera ; certo , l ' azione non deve mai raffreddarsi , non che difettare ; certo , l ' emozione deve scoppiar sempre intensa e calda ; certo , la descrizione esteriore , non abbondante , ma caratteristica , deve alternare e riflettere e compire i movimenti dell ' animo . Ma il punto su ‘ l quale io voglio fermarmi e che parmi , fra tutti , il più importante , è la questione dell ' etica nel romanzo . Il romanzo italiano dell ' avvenire sarà spruzzato di pessimismo indifferente e ironico e amaro , come il romanzo sperimentale in Francia ? O sarà impregnato d ' ottimismo sollecito e intelligente e amoroso come il romanzo realista d ' Inghilterra ? I risultati della scienza positiva son questi : la volontà dell ' uomo è determinata da motivi , e non affatto libera ; l ' organismo debole è condannato , per elezione naturale , all ' infelicità e alla morte ; l ' ideale etico consiste nell ' aiuto reciproco e disinteressato , che diventando sorgente di piacere individuale promuove l ' infinite energie della specie e la rende più forte , più felice e più buona . Ora , a punto da questi risultati deriverà bell ' uomo dell ' avvenire la giocondità indulgente e tranquilla di chi s ' è assoggettato liberamente alle leggi della Natura , senza impeti e senza sdegni . « L ' edonica epicurea , » dice il Trezza in una nota del suo Epicuro , « è un modo dell ' etica , giacché non può generarsi fuori di lei e v ' è incidenza reciproca fra l ' una e l ' altra . L ' edonica rivela lo stato etico dell ' uomo giunto omai all ' intuizione serena delle leggi cosmiche riprodotte nel suo cervello e diventate abiti sani e facili della coscienza . Da questa rassegnazione austera della parte al tutto scaturisce la gioia profonda del sentirsi uno con sé stesso e con le cose . » E questa accade talvolta nella morale odierna , e accadrà più sovente nella morale dell ' avvenire : così che il valor etico del romanzo futuro sarà uno scetticismo sereno e bonario , con una punta leggera di canzonatura per i piccoli peccati ; con una malinconica e severa pietà per i grandi delitti ; con una simpatia dolce e generosa per quanto è meschino e volgare ; con una letizia piena d ' ammirazione e di rispetto per quanto è nobile e alto ; e , in fine , con un senso agile e benigno della misura che accolga e componga i tumulti della passione in un ' armonia piena e tranquilla . Così questo nuovo realismo veramente italiano , che sarebbe in somma la teoria dell ' edonismo applicata al romanzo , pur procedendo dal realismo del Manzoni , l ' oltrepasserebbe in cinque punti : l ' organica e viva e fedele modernità della favola ; lo studio dell ' azione che può venire esercitata dall ' ambiente su ‘ l dramma ; una maggiore larghezza dell ' analisi psicologica ; una ricchezza più varia di processi artistici , e , in fine una morale più logica , più elevata , più scientificamente giusta e consolante e anche umana . Poi che il nuovo romanzo italiano o sarà edonico , o non sarà mai .
A PROPOSITO DI UN NUOVO POETA ( CHIARINI G. , 1880 )
StampaPeriodica ,
I . In questa gran piena di poesia che passa , passa , travolgendo forse con sé qualche cosa buona fra le molte cattive , brutte , noiose , ridicole , mi piace stendere oggi la mano ad un recente volumetto elzeviriano , e tentare di trarlo a riva . Più che seguitare ad esprimere ogni giorno i nostri superbi disdegni , il nostro disgusto profondo pei poeti novellini , più che esaurire il vocabolario dei medici per stigmatizzare questa naturale malattia dei giovanetti italiani , da qualche anno un po ' rincrudita ; mi pare convenga a noi che non siamo più giovani , e che perciò presumiamo d ' aver più giudizio , ragionare un po ' con questi bravi figliuoli , aver la pazienza di leggere i loro libri , e dir loro francamente la verità ; francamente sì , ma con amorevolezza . Tanto , dire ad Arno che non corra , è cosa perfettamente inutile : cerchiamo piuttosto , se si può , di regolare il corso delle acque . Il mio nuovo poeta è un giovinetto di sedici anni , che fa ora i suoi studi liceali nel collegio Cicognini di Prato ; si chiama Gabriele D ' Annunzio , e si presenta al pubblico nientemeno che con un intero volume di odi barbare . II . Una volta si disputò fra il Giordani e il Leopardi se i giovani debbano cominciare colla prosa o coi versi . Il Giordani sosteneva che si debba cominciare colla prosa . « La principal cosa , diceva lui , nello scrivere mi pare la proprietà sì dei concetti e sì delle espressioni . Questa proprietà è più difficile a mantenere nello stile che deve abbondar di modi figurati , come il poetico , che nel più semplice e naturale , com ' è il prosaico : e però stimo da premettere al tentar la poesia un lungo esercizio di prosare » . Ma il Leopardi che aveva allora diciotto anni , non si lasciava persuadere da questo discorso , e rispondeva : « Da che ho cominciato a conoscere un poco il bello , a me quel calore e quel desiderio ardentissimo di tradurre e far mio quello che leggo non han dato altri che i poeti , e quella smania violentissima di comporre non altri che la natura e le passioni ; ma in modo forte ed elevato , facendomi quasi ingigantire l ' animo in tutte le sue parti , e dire fra me : Questa è poesia ; e per esprimere quello che io sento ci voglion versi e non prosa ; e darmi a far versi » . E soggiungeva : « Quando io vedo la natura in questi luoghi che veramente sono ameni ( unica cosa buona che abbia la patria mia ) , e in questi tempi specialmente ( era la primavera ) , mi sento così trasportare fuori di me stesso , che mi parrebbe di far peccato mortale a non curarmene , e a lasciar passare questo ardore di gioventù e a voler divenire buon prosatore , e aspettare una ventina d ' anni per darmi alla poesia ; dopo i quali , primo , non vivrò , secondo , questi pensieri saranno iti , e la mente sarà più fredda , o certo meno calda che non è ora . Non voglio già dire che , secondo me , se la natura ti chiama alla poesia , tu abbia a seguitarla senza curarti di altro , anzi ho per certissimo ed evidentissimo che la poesia vuole infinito studio e fatica , e che l ' arte poetica è tanto profonda , che come più si va innanzi più si conosce che la perfezione sta in un luogo al quale da principio né pure si pensava . Solo mi pare che l ' arte non debba affogare la natura ; e quell ' andare per gradi e voler prima esser buon prosatore e poi poeta , mi pare che sia contro la natura , la quale anzi prima ti fa poeta , e poi col raffreddarsi dell ' età ti concede la maturità e posatezza necessaria alla prosa » . A queste ragioni pareva arrendersi il Giordani , e scrivendo al Leopardi gli diceva : « Negli studi credo che principalmente l ' uom debba seguire il proprio genio . E s ' ella più ama la poesia , bene sta . Dante adunque sia sempre nelle sue mani » . [ ... ] . Mi sia lecito frapporre l ' opinione mia ed aggiungere qualche osservazione all ' opinione ed alle osservazioni dei due scrittori da me citati . Il Leopardi ebbe certo ingegno straordinariamente grande ; ma non è vero che per le sue precoci attitudini alla poesia egli sia un ' eccezione . Quasi tutti i più grandi poeti di tutte le nazioni cominciarono dallo scrivere in versi , cominciarono a poetare da giovani . Lasciando stare gli antichi , mi basterà citare alcuni dei più moderni , il Byron , lo Shelley , i Browning marito e moglie , il Swinburne , Enrico Heine , Victor Hugo , Alfred de Musset . Io non dirò con un gran poeta inglese , che avrei potuto aggiungere a questi , il Wordsworth , che uno scrittore , che prima dei venticinque anni non ha fatto un buon poema , non lo farà mai più ; ma dico che i buoni poeti che cominciarono a poetare passata la prima gioventù sono rarissimi ; e non so se ci sia un solo grande poeta che , prima di mettersi a scrivere in versi , sia stato buon prosatore . Non basta : alcuni dei poeti da me citati scrissero pochissimo o niente di prosa ; e ci sono degli scrittori di poesia pregevoli assai e corretti , che in prosa scrivono molto men bene . Il Giordani , secondo me , considerava un po ' troppo la poesia come affare di lingua e di stile ; la considerava come un po ' troppo strettamente parente della prosa , come una specie di prosa resa più difficile dal verso , dalla rima , dal linguaggio figurato . Considerate puramente come arti , nessuno negherà che la poesia sia più difficile della prosa : ma non si può da questo ragionevolmente argomentare che lo scrivere in prosa sia il naturale e necessario avviamento alla poesia . Quando però il Leopardi contrapponeva , che anzi la prosa è più difficile della poesia , perché in quella l ' affettazione e lo stento si scoprono più facilmente che in questa ; perché « moltissime cose sono affettazione e stiracchiatura nella prosa e nella poesia no » ; e perché « anche quelle che in poesia sono veramente affettazioni , dall ' armonia e dal linguaggio poetico sono celate facilmente , tanto che appena si travedono » ; il Leopardi ( sia detto con la debita riverenza ) avea torto . L ' affettazione , lo stento , la stiracchiatura sono difetti così nella poesia come nella prosa . L ' affettazione è indizio d ' arte viziata , perché la natura ci porta a scrivere naturali , non affettati ; lo stento e la stiracchiatura derivano più spesso da difetto d ' attitudini naturali , che da mancanza d ' arte : ma la poesia macchiata di questi difetti , per quanto possano essere celati dall ' armonia e dal linguaggio poetico , sarà sempre una poesia imperfetta ; e tali difetti non saranno veramente celati se non alla gente di vista corta e di gusto poco sicuro . Rammentiamoci però che il Leopardi ragionava così a diciotto anni , quando cioè scriveva le prime canzoni , dove , fra lampi di bellissima poesia , le affettazioni e le stiracchiature non mancano e si vedono , dove non mancano e si vedono le figure e le frasi cavate dal vecchio arsenale poetico della letteratura italiana ; ma non avrebbe , credo , ragionato allo stesso modo qualche anno più tardi quando , compiuta la sua educazione poetica e acquistata la piena coscienza e indipendenza dell ' ingegno suo , scriveva il Canto di un pastore errante dell ' Asia , Amore e morte , il Pensiero dominante . IV . Il nodo della quistione per me sta qui , che la poesia è qualche cosa di molto distinto dalla prosa . Piuttosto che dire col Leopardi che la natura fa l ' uomo prima poeta e poi prosatore , in tesi generale io direi che la natura fa l ' uno prosatore , e l ' altro poeta ; o meglio che la natura dà a taluni facoltà di diventare scrittori di prosa , dà a pochissimi facoltà di diventare poeti . Ad essere poeta , vero poeta , si richiedono attitudini speciali , come , per modo d ' esempio , ad essere un gran compositore di musica . [ ... ] È poeta chi vede il mondo esteriore e i fatti dello spirito umano in un modo suo particolare , diverso da quello della comune degli uomini , e non pertanto rispondente al vero e al reale ; chi afferra le più lontane relazioni delle cose , che sfuggono ai più ; chi sente più profondamente , chi pensa più altamente degli altri ; chi a queste visioni , a questi sentimenti , a questi pensieri , sa trovare senza sforzo l ' espressione propria ed accomodata , la quale è , e deve essere , essenzialmente diversa da quella della prosa . Chi sente pensa e concepisce nel modo agli uomini più comune , quegli non è poeta . Ora non è chi non vegga come al vero poeta l ' esercizio dello scrivere più semplice e piano della prosa possa , invece che utile , tornare dannoso . Sarebbe come , a uno che avesse attitudine a diventare e volesse diventare un bravo cavallerizzo , consigliargli d ' aspettare l ' età matura prima di montare a cavallo e intanto esercitarsi a fare delle lunghe passeggiate a piedi . Ci sono , è vero , nei tempi moderni alcuni eccellenti poeti , che sono stati al tempo stesso anche eccellenti prosatori ; e molti di quelli che ai giorni nostri scrivono in versi , scrivono anche in prosa . Ma i primi , come appunto il Leopardi , sono rarissimi ; e gli uni e gli altri generalmente cominciarono collo scrivere in versi . [ ... ] . Aggiungi finalmente che nelle nazioni moderne , presso le quali si nota più particolarmente il fatto degli scrittori che sono a un tempo prosatori e poeti , il senso poetico è men forte e generale che presso gli antichi . Gli scrittori greci e romani erano quasi tutti o esclusivamente prosatori o esclusivamente poeti . Vivendo in più stretto commercio di noi con la natura , essi sentivano molto meglio di noi la differenza grande che la natura stessa ha posto fra il prosatore e il poeta . Non è senza ragione il dettato romano : poetae nascuntur , oratores fiunt . V . Veniamo ( ché mi par tempo ) ai nostri poeti novellini , pei quali ho fatto questa lunga chiacchierata intorno alla disputa fra il Leopardi e il Giordani . Lo Gnoli , indispettito anche lui di questa recrudescenza della malattia poetica elzeviriana de ' nostri giovinetti , propone , come rimedio , una legge per la quale sia impedito di pubblicare versi a chiunque non abbia prima con uno scritto in prosa dato saggio d ' aver fatto certi studi . Lo Gnoli ha ragione : i poeti primitivi non nascon più ; qualunque facoltà poetica uno abbia dalla natura , oggi non può esser poeta senza una sufficiente cultura letteraria , senza una lunga e seria educazione di quella facoltà . Chi si sente chiamato fortemente alla poesia , si eserciti pure in essa fino da giovane ; legga pure versi fin che vuole ; legga anzi quanto più può di versi ; legga i poeti antichi e i moderni ; legga anche gli stranieri , ma questi , quando potrà leggerli nelle loro lingue ; legga e traduca ; traduca prima dagli antichi , e poi dai moderni ; e scriva anche del suo , se gli pare ; scriva quanto gli pare e piace : ma prima di stampare , ci pensi bene due volte ; e quando ci avrà pensato bene , dia retta a me , finché dura la prima giovinezza non ne faccia niente . S ' egli ha veramente ingegno , come suppongo , che sugo e che piacere c ' è a pubblicare cose , delle quali forse un giorno dovrà vergognarsi e pentirsi ? Lo stampare il primo libro , o grosso o piccino che sia , specialmente di versi , dovrebbe considerarsi come un avvenimento grave e importante nella vita di un uomo ; ed invece oggi quasi non se ne fa caso . Lo scopo pel quale si pubblica un libro non dovrebbe mica esser quello di procurare ai critici il gusto , o la noia , di trovarci dentro gli errori a diecine . Io capisco , e compatisco , la impazienza dei giovani , il loro desiderio di prender parte alla vita , di attirare sopra di sé l ' attenzione della gente , di farsi avanti con qualche cosa , e dire : olà , badate a me , che ci sono anch ' io in questo mondo . L ' uomo , e sopratutto il giovine , ha bisogno di vivere : chi , per vivere , corre dietro ai denari , chi alle donne , chi alla gloria ; tutte vanità , dice il filosofo ; ma , fra tutte , quella di procacciarsi nome colle opere dell ' ingegno è certamente una delle più nobili . Bisognerebbe però che i giovani imparassero per tempo a frenare le loro impazienze , e si rammentassero del volgarissimo proverbio , che la gatta frettolosa fece i gattini ciechi ; bisognerebbe che a ciò li aiutassero gli educatori loro , i parenti , i maestri ; i quali invece sono spettatori indifferenti , se non consiglieri e complici , del loro peccato . Io ho parlato di giovani fortemente chiamati dalla natura alla poesia : ma , per dire la verità , di molti , della maggior parte , de ' nostri poeti nuovi , c ' è da dubitare grandemente se abbiano avuto mai nessuna chiamata , né forte né debole . Bisogna guardar bene di non ingannarsi intorno a ciò ; giacché l ' ingannarsi , giudicando dal numero di quelli che s ' ingannano , par molto facile . Leggere un libro di poesia moderna , che fa un po ' di chiasso , che va per le mani di tutti , che diventa di moda ; leggerlo , rileggerlo , e quasi impararlo a memoria ; e poi con la testa piena de ' concetti , delle immagini , delle frasi di quel libro , provarsi a rifare qualche cosa di simile , e trovare che la prova è forse men difficile di quel che si credeva , e darsi anche ad intendere d ' averla superata ; ciò non vuoi dire essere chiamati alla poesia ; ciò vuoi dire solamente saper copiare un po ' alla meglio , o alla peggio , quel che altri ha saputo fare . Chi sente dentro di sé quel desiderio ardentissimo , quella smania violentissima di comporre che diceva il Leopardi , quegli solo ha ragione di credere d ' essere dalla natura chiamato alla poesia . VI . Facciamo ora un po ' i conti col nostro poeta sedicenne . E giacché m ' è venuto fatto di prendere un po ' il tuono di padre predicatore , chiamiamolo a render conto de ' suoi peccati al nostro tribunale di penitenza . Il suo primo peccato e il più grosso è ( ho bisogno di dirlo ? ) quello d ' aver pubblicato i suoi versi ; peccato del quale io non saprei assolverlo , s ' egli non avesse per sé una grande scusa : tuttavia non lo assolvo senza dargli questa grossa penitenza , ch ' egli stia un anno intero senza leggere le poesie del Carducci e del Guerrini : legga Omero , Virgilio , Orazio , Dante e quanti altri poeti vuole , ma lasci stare que ' due . La grande scusa che il giovine poeta ha del suo fallo è , ch ' egli deve aver sentito dentro di sé quel desiderio ardentissimo , quella smania violenta , che sono prova quasi certa d ' esser chiamato alla poesia . Fra mezzo alle molte imitazioni e reminiscenze , questo , pare a me , si vede chiaro in tutti i componimenti del D ' Annunzio . Spesso e volentieri egli prende l ' intonazione dal Carducci , va per un poco sulle sue orme , poi piglia l ' andare da sé , e trova delle immagini felici , degli accenti veri , delle espressioni giuste , de ' suoni armoniosi . Ne giudichino i lettori . In una poesia intitolata Palude , che rammenta qua e là il Chiarone del Carducci , il poeta descrive i poveri mietitori che cacciati dalla fame scendono dai monti a lavorare nella maremma . Lasciano i vecchi adusti , le madri cadenti , le mogli , i bimbi che piangono tra le carezze e i baci : lascian le tenui case lassù fra le libere balze , lascian la lieta vista del cerulo mare , tra ' pini , e traggono , e traggono qui co la falce e col ronco a mille a mille per guadagnarsi un pane ! Quivi non dolce canto di lieto augello al tramonto rompe ' l silenzio lungo , rallegra i mesti cuori : i patrii stornelli non balzan quivi dal petto con i giocondi suoni d ' amore e di speranza . Qui tra l ' erbaccia densa , tra i pallidi fiori , su l ' acque le serpi strisciano , s ' attorcon sibilando , e , maligno qual serpe , da ' petti immiti trabocca l ' odio gigante : le bestemmie scoppiano ; mentre l ' augure vento tra l ' arse alberelle e le spiche Sorgete , o genti ! sembra talor che frema . Ho tagliato qua e là qualche cosa , perché anche in questa poesia , come in quasi tutte le altre , c ' è della esuberanza , difetto molto naturale e molto scusabile in tanta giovinezza dell ' autore . Ma questi versi , e molti altri di egual valore , che sono nel volume , attestano , pare a me , luminosamente attitudini alla poesia non comuni . Gli altri peccati del D ' Annunzio sono tutti conseguenza della sua giovinezza e della fretta . Io ho voluto , per lui e per gli altri giovani impazienti come lui , riferire , e mi piace ripetere quelle parole del Leopardi : « che la poesia vuole infinito studio e fatica , e che l ' arte poetica è tanto profonda , che come più si va innanzi , più si conosce che la perfezione sta in un luogo al quale da principio né pure si pensava . » Il nostro giovine poeta ha già il senso del ritmo e del periodo poetico ; in generale fa assai bene il verso e la strofa ; si sente che la frase gli si affaccia agile e numerosa alla mente insieme colla immagine : anche sa cercare , e trova non di rado felicemente la proprietà , l ' esattezza e l ' efficacia della espressione . Tuttavia io ho notato nel suo libro più d ' un verso sbagliato ; ho notato altre imperfezioni di metro e di ritmo non poche né piccole ; ho notato qualche improprietà , qualche superfluità , qualche debolezza di parola e di frase ; ho notato qualche cosa di peggio , una licenza come questa , Muta , invecchiata , pien di caligine è la natura ! licenza che è uno sproposito bello e buono . Ma , oltre questi , c ' è nel libro del D ' Annunzio un peccato più grosso , la ostentazione di sentimenti e desiderii , che mi piace non creder veri . La poesia intitolata Ora satanica è una cosa poeticamente e moralmente brutta . Un giovinetto di sedici anni , pieno d ' ingegno e di cuore , pieno d ' entusiasmo per le cose belle e per l ' arte , come è di certo il nostro poeta , deve desiderare qualche cosa di meglio che ridde infernali con strepiti e grida insensate , che seni d ' etère su cui passar le notti . Simili desiderii non possono essere che schiuma del suo cervello in un momento di poco sana ispirazione , o poco felice imitazione . Forse le etére da lui desiderate son donne tanto reali quanto la Musa , di cui sente sul labbro i fervidi baci , sul cui petto ricolmo passa sognando l ' ore felici : ma ciò non scusa , anzi aggrava la colpa del poeta . L ' età e lo studio purgheranno di questa e d ' ogni altra scoria la poesia del D ' Annunzio ; perch ' egli non è solamente un giovane d ' ingegno ; egli ama l ' arte e studia ; egli legge e studia e gusta i grandi poeti dell ' antichità classica ; egli ama e ammira e intende il più perfetto dei lirici latini , Orazio . E nel nome di Orazio mi piace , quasi per modo d ' augurio , prender congedo dal nostro giovine poeta e dai lettori . Sentano essi come gusta e sa rendere la poesia d ' Orazio questo giovinetto di sedici anni : O Fauno amante di fuggiasche ninfe , per le mie terre e per i campi aprichi placido incedi , e nel partire i molli parti rispetta , se per te cade sul morir de l ' anno mite un capretto , né a la tazza amica de l ' alma Diva il vino manca , e l ' ara d ' incensi fuma . Scherzan le greggi su l ' erboso campo quando il decembre co le feste torna : pieto pe ' prati il paèsan col bove oziando corre : e il lupo vaga tra l ' agnelle audaci : per te la selva agresti foglie sparge : gode il villan col piè la terra odiosa urtar tre volte . Non do , s ' intende , questa traduzione per una cosa perfetta : imperfezioni ce ne sono , e facilmente visibili ; alcune anche facilmente correggibili ; ma c ' è franchezza e scioltezza ; c ' è , quel che manca a molti traduttori de ' più solenni , l ' intonazione dell ' originale .