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> categoria_s:"StampaPeriodica" > anno_i:[1940 TO 1970} > autore_s:"Are Giuseppe"
Socialismo e centro-sinistra ( Are Giuseppe , 1962 )
StampaPeriodica ,
Come dobbiamo giudicare il centro - sinistra in rapporto ai fini socialisti del nostro partito ? Quali risultati e vantaggi dobbiamo ripromettercene per poterlo considerare un concreto avanzamento verso il socialismo ? È per noi uno scopo plausibile e ragionevole l ' unificazione politica del movimento operaio in un solo partito ? Ecco le questioni che stanno in fondo alla polemica svoltasi fra Paolicchi e Settembrini sulle pagine di questa rivista . Credo che questa polemica abbia sin d ' ora almeno due meriti incontestabili : la volontà di sottrarre questi temi alle molte improvvisazioni giornalistiche e propagandistiche che vi hanno sparso sopra una cortina fumogena , e il fermo proposito di avviare una ricerca cooperante intorno ad essi , senza troppi riguardi per i codificati luoghi comuni di corrente . Il che ha avuto subito dei resultati positivi . Il primo è che , finalmente , si stabilisce e si accetta come base di discussione che , comunque sia , in Italia oggi non si può andare avanti se non passando attraverso il centro - sinistra . Il secondo è d ' avere concordemente sbarazzato il terreno dal dilemma , fuorviante finché svolto come esercitazione definitoria - nominalistica : assestamento neo - capitalistico o avvio al socialismo ? Sicché in luogo di sentir disquisire , con pudibondo settarismo , se convenga al movimento operaio impegnarsi come forza di sostegno o con dirette responsabilità politiche in una operazione riformistica che negli intendimenti dei nostri interlocutori mira certamente a indebolire le forze socialiste , potremo ormai discutere concretamente di ciò che ci convenga fare perché , malgrado quegli intendimenti , la svolta si risolva invece nella creazione di strumenti e di condizioni che accelerino e facilitino l ' assunzione del potere da parte di queste forze . Senonché la polemica ha anche mostrato come , pur quando si ristabilisca l ' accordo su questi punti e pur all ' interno di una comune accettazione della svolta , non sian pochi i temi su cui permangono dissensi abbastanza rilevanti : temi su cui , fra l ' altro , regna talora nelle nostre file una pericolosa confusione . Che si deve pensare quando fra noi , sia pure in dibattiti orali , si è costretti a dover prendere seriamente in considerazione timori e preoccupazioni di compagni che si domandano se , per avventura , il rapido possente sviluppo delle lotte di massa non rischi di scuotere le basi della nuova formula governativa ; sicché ( talora neppure ci si accontenta di sottintenderlo ) il nostro compito dovrebbe essere un po ' quello di Ferrer , onde evitare che scelte travagliate o scosse troppo rudi facciano mancare prematuramente il terreno sotto i piedi alla storica svolta , spaurendo quei nostri partners che , invece , dall ' esperimento si ripromettono un temperamento della lotta di classe , e fornendo loro pretesti per ritrarsene e lasciare a mezzo l ' esecuzione degli impegni ? E che dire di quei compagni che assegnano alla nuova formula una prospettiva pluridecennale e vanno additando le tappe che essa potrebbe percorrere , poniamo , fra quindici anni ? O dei diffusi , più o meno ingenui , entusiasmi per l ' « apertura » , la a modernità » etc . , di molti gruppi cattolici ? Non v ' è dubbio che è in atto nel partito , o almeno in certi suoi settori , una pericolosa contaminazione dei nostri fini specificamente socialisti con quelli che al centro - sinistra assegnano invece le forze politiche con cui stiamo collaborando . Se è così , urge fra noi una rigorosa opera correttiva ; ed è auspicabile che la polemica iniziata offra il destro a numerosi e autorevoli interventi chiarificatori su queste questioni . Non vedo perché si dovrebbe lasciare solo ai compagni della sinistra l ' esclusiva di denunziare e criticare gli equivoci che possono rampollare da una indiscriminata adesione al nuovo corso . Ecco intanto un punto preliminare . Il centro - sinistra non è il socialismo , consentono Paolicchi e Settembrini . Ciò implica per entrambi , se non erro , che esso deve essere considerato una fase il più possibile transitoria , giustificabile in quanto generi appunto condizioni più idonee alla nostra lotta socialista . Vedremo più avanti quali conseguenze si possono ricavare da queste premesse . Per il momento è il caso invece di chiedersi se vi può essere qualcosa in comune fra questa tesi e quella adombrata su questa stessa rivista dal compagno De Martino ( n . 3 , 1962 , pp. 1-4 ) . Parte questi dalla generica premessa che tutte le conquiste democratiche costituiscono progressi verso il socialismo ; e sostiene più avanti che oggi la lotta per la democrazia si può e si deve condurre in Italia col partito cattolico ; poiché fra noi e questo non vi sono insuperabili antagonismi di classe . Così poste , queste affermazioni possono avere una sola conclusione , non espressa dall ' autore ma evidente dal contesto : che ormai noi possiamo condurre ( o addirittura stiamo già conducendo ? ) una lotta per il socialismo in solidale concordia con la democrazia cristiana , senza trovare in questo partito alcun impedimento sostanziale e senza che si renda necessaria una radicale modificazione della sua struttura e dei suoi programmi . Il De Martino si è irritato per un fraintendimento del Settembrini ; ma quale altro succo si può ricavare da questo , e ancor più dall ' altro suo articolo in cui egli si compiace visibilmente che nelle ultime elezioni la democrazia cristiana non abbia sostanzialmente perso voti ? ( Mondo operaio , 1962 , n . 6 , pp. 1-2 ) . È evidente in ogni caso che per lui la riduzione del peso elettorale della democrazia cristiana ha cessato di essere , almeno dichiaratamente , un compito preminente della nostra lotta , una condizione preliminare per un ulteriore sviluppo della democrazia in Italia . Se la DC è una forza democratica sostanzialmente omogenea a noi ecco che una prosecuzione indefinita e un ' estensione quantitativa della nostra collaborazione con essa è ipotizzabile come condizione idonea e sufficiente a pacifiche e definitive conquiste democratiche , e non solo democratiche ma socialiste . De Martino replica a Settembrini di essere ben consapevole del vario prevalere , all ' interno della DC e del movimento cattolico , di correnti di volta in volta democratiche o conservatrici , o anche reazionarie . Ciò che importa però - egli implica - è creare le condizioni per un trionfo delle prime ; e la condizione massima è evidente , anche per lui , un atteggiamento nostro che offra ad esse la possibilità di collaborare , e dal quale possano trarre coraggio e forza . Non credo però che si possa ricavare grande profitto da questa generalità sulla quale tutti possiamo essere d ' accordo . Si tratta infatti di vedere cosa possiamo aspettarci concretamente dalla democrazia cristiana finché essa mantiene il suo quadro interclassista . È certamente possibile che la DC assuma un atteggiamento assai più sollecito e attivo verso i problemi delle classi lavoratrici ; è possibile che essa porti avanti alcune riforme , anche affrontando attriti con quelle frazioni del capitalismo nazionale che testardamente tentassero di ostacolare questo suo disegno . È possibile che essa giunga a liquidare gradualmente il personale politico più provinciale e inadatto a interpretare una società tecnicamente avanzata , o lo releghi in posizioni marginali . È possibile anche , lì dentro , che in certe circoscritte situazioni di punta trionfino posizioni come quelle di Donat Cattin , quando il seguire una strada diversa rischierebbe di far franare la base elettorale del partito . Ma una cosa non è possibile alla DC finché essa , nella selezione del personale politico , nel quadro ideologico etc . , manterrà fermo il suo interclassismo programmatico : non è possibile il coordinamento istituzionale e organico di tutto il partito alle esigenze del mondo del lavoro , in modo da assegnare ad esso la supremazia nei fini sociali e da condurlo alla direzione politica ed economica della società nazionale . E ciò non è possibile perché l ' interclassismo della DC non è il tentativo di trovare una mediazione e un raccordo fra gli interessi di diverse classi lavoratrici ( in questo senso anche il PSI e il PCI sono interclassisti , ed è bene che lo siano ) , ma è una mediazione programmatica fra gli interessi delle classi lavoratrici da un Iato e quelli , dall ' altro , delle oligarchie capitalistiche , non solo , ma anche , per molti aspetti , delle retrive e parassitarie aggressioni d ' interessi . Non vi è nessuna possibilità che questa forma di interclassismo venga mai abbandonata spontaneamente dai gruppi dirigenti della DC . E ciò per una ragione elementare forse ma sostanziale : che nessuna forza politica molla mai spontaneamente lo strumento precipuo del proprio potere elettorale . Né va dimenticato un altro limite delle possibilità democratiche della DC : che essa istituzionalmente , come partito di cattolici , si fa strumento per la conformazione della compagine sociale a fini eterogenei normativamente fissati dalla Chiesa ai credenti per es. sul piano del costume ( ma non solo su quello ) . Perciò essa rappresenta positivamente un ostacolo alla attuazione di alcune conquiste civili che , farebbe bene sentirlo rammentare ogni tanto dalla nostra stampa , costituiscono fattori irrinunziabili di una evoluzione , non dico socialista , ma autenticamente democratica della società italiana : il divorzio e la supremazia della scuola statale laica , tanto per fare qualche esempio . Questione del tutto diversa è naturalmente la possibilità che i cattolici , anche moltissimi cattolici , raggiungano individualmente per autonomo processo di coscienza , posizioni avanzatissime nelle materie sociali e politiche ; che essi giungano anzi a porsi il problema dello svincolamento dalle direttive politiche - sociologiche della Chiesa , qualora queste sembrino loro sacrificare esigenze insopprimibili dello sviluppo sociale , con grave danno per la stessa influenza evangelica della Chiesa . Personalmente penso anzi che In visione religiosa del mondo contenga in sé indefinite capacità di alimentare la rivolta della coscienza morale contro l ' ingiustizia e l ' oppressione : ciò naturalmente non vale per i sepolcri imbiancati e i mercanti nel tempio . Evoluzioni cosiffatte però non sono possibili entro il quadro interclassista della DC : esse non vi si sviluppano per partenogenesi . Anzi incontrano là dentro il terreno più ostico e spinoso . È nostro compito centrale , evidentemente , rendere possibile quel trionfo definitivo e irreversibile delle tendenze democratiche del cattolicesimo italiano , che non è attuabile per maturazione autonoma della democrazia cristiana . Paolicchi afferma che nostro scopo è promuovere , mediante il centro - sinistra , una modificazione del generale quadro politico italiano ; e precisa che però non possiamo determinare se questo debba avvenire per mutamento degli indirizzi dei partiti o per ridimensionamento elettorale . Ecco il primo dei due punti su cui non sono d ' accordo con le idee da lui espresse . Altra cosa è poter prevedere un risultato , altra formulare con rigore un fine politico e perséguirlo con ogni sforzo . Ritengo che per quanto riguarda la DC il fine da perseguire come condizione essenziale per modificare sostanzialmente a nostro vantaggio il quadro politico italiano sia il ridimensionamento elettorale . Senza di questo , non solo non possiamo estendere la fiducia nelle possibilità democratiche della DC alla fase del passaggio al socialismo ( sul che Paolicchi è d ' accordo ) ; ma dobbiamo limitarla drasticamente anche per la fase attuale di riforme democratiche o d ' avvio e preparazione degli strumenti per la programmazione economica . Per ridimensionamento intendo appunto la riduzione della base sociologica ed elettorale del partito cattolico a termini che rendano possibile quel trionfo definitivo e irreversibile dei nuclei democratici , a cui ho fatto cenno . Questo era sessanta anni fa il programma del Murri : non vedo perché non debba essere per noi uno scopo da perseguire ad ogni costo . Ogni contatto che forze esterne hanno stabilito col movimento cattolico nel suo insieme prendendolo come interlocutore globalmente valido , senza prefiggersi e perseguire tale fine , ha finito per concludersi non già con un rafforzamento bensì con un indebolimento e un soffocamento dei nuclei più avanzati operanti nel suo interno . Sarebbe paradossale se , partiti dal giusto concetto di dar forza e coraggio alla sinistra cattolica , finissimo per creare le condizioni per una sua ennesima sconfitta . Per chiarir questo punto occorre ( mettendo da parte le sviolinate sulla « lealtà » di Moro etc . ) determinare con precisione , e dire chiaramente al partito che cosa si propone la democrazia cristiana e cosa si aspetta dall ' attuale esperimento . La pronta , entusiastica risposta che si ode di frequente nelle nostre file è : riscoprendo la sua vocazione democratica e popolare , essa si propone alcune fondamentali riforme etc. Cerchiamo di non confondere i mezzi col fine . Finché ha potuto governare senza quelle riforme la DC ne ha fatto volentieri a meno : i gruppi politici , si sa , sono particolarmente immobilisti . In realtà , fa sorridere doverlo rammentare e non vederlo invece quotidianamente scritto sull ' Avanti ! , la DC si prefigge mediante tali riforme , di conservare e , se possibile , estendere il proprio controllo sulle leve del potere statale e sulle varie istanze della società civile ; e sarebbe assai inetta se invece si prefiggesse il contrario ! Le riforme appunto a questo le servono : a edificare una base più salda e normale al proprio predominio politico , liquidando quanto più è possibile delle tare , disfunzioni , anchilosi del sistema capitalistico che cominciavano a rendere precaria la stabilità del potere . Certo per effettuare tale dislocazione essa deve patteggiare con noi ; deve anche suscitare i furori di molti nuclei capitalistici . Ma questo rientra tra i mezzi non tra i fini . In ogni caso il suo scopo , dichiarato del resto , è ristabilire su basi nuove e più avanzate la propria funzione mediatrice fra classi antagonistiche . Se si potesse compendiare in un quadro sommario l ' ideale normativo che guida il ceto dirigente democristiano , il modello sociale che questo pone come termine dell ' esperimento in corso , credo che l ' immagine che si ricava dalla Mater et Magistra possa essere assai indicativa a tal fine . Una società indubbiamente diversa da quella patriarcale vagheggiata fino a qualche tempo fa , economicamente sviluppata , tecnicamente efficiente , con settori di economia pubblica atti a fungere da regolatori e garanti del più organico e stabile funzionamento di una macchina economica rimasta privatistica nelle sue mura maestre ; una società con benessere diffuso , in cui possano sussistere forse anche particolari forme di intervento conclusivo degli organismi sindacali dei lavoratori ; ma in cui più estesamente ed efficacemente che mai , tutto il complesso delle differenti istanze sociali sia , per così dire , gestito e regiato da una sorta di tecnocrazia di formazione cattolica , garante del mantenimento dell ' equilibrio politico interclassista , capace di riassumere e di conciliare con un compromesso permanente le istanze democratiche delle classi lavoratrici e l ' impalcatura gerarchico - autoritaria e antidemocratica imposta dal collegamento organico con le grandi centrali del potere economico . Non è difficile scorgere che questo modello presenta tutti i caratteri di una delle tipiche società opulente dell ' occidente , economicamente efficienti ma socialmente e politicamente sclerotiche , rigidamente classiste e gerarchizzate : una società corporativa ad alto livello insomma , di un corporativismo che non ha bisogno di ricorrere alle forme esternamente coattive di quello fascista . La condizione suprema per realizzare questo schema è naturalmente che la DC e la classe dirigente cattolica mantengano saldamente in pugno per tutta la fase del trapasso , tutte le leve veramente determinanti del potere e insieme gli strumenti formativi e orientativi dello spirito pubblico . Su tali condizioni la DC non ammette transazioni . Non occorre ricordare la ferrea intransigenza di cui ha dato prova in occasione dell ' elezione presidenziale . Fare certe riforme è un conto : servono a noi è vero ma servono anche ad essa , ciascuno le interpreti come gli garba ; mollare strumenti reali del potere è un altro , e su questo non si discute . Ma un esempio vivente è la sua politica scolastica , perché nella creazione del suo tipo di scuola , di una scuola conforme alla sua ideologia , essa scorge non a torto la condizione principale per la formazione di una classe dirigente atta ai compiti che si prefigge . La scuola italiana , si sa , è una ruina mesta . La DC vuole però in primo luogo far passare il principio della libertà e parità della scuola confessionale ; questo è per lei il fine essenziale dinanzi al quale l ' apprestamento di una riforma e di un risanamento organico dell ' edificio scolastico ( di cui ogni mese che passa fa crollare irrimediabilmente un nuovo muro ) è una cosa che può aspettare indefinitamente , se per intraprendere oggi l ' opera di ricostruzione bisogna accedere a un compromesso sui principi con forze di orientamento opposto . E infatti , come se i quindici anni di sgretolamento e di crisi non bastassero , l ' inizio di organici provvedimenti di riforma scolastica viene rimandato al '65 , garantendosi intanto alcuni precedenti preziosi perché in quel momento la riforma possa corrispondere interamente ai fini suddetti . Il mantenimento dell ' egemonia politica è un principio sacramentale per la democrazia cristiana , e condiziona non solo i fini generali che essa assegna alla svolta intrapresa , ma anche i modi in cui questa avviene , le cautele e le ambiguità attraverso cui procede . La svolta , si è detto , significa per la DC una dislocazione delle basi del potere , promuovendo nuove riforme di direzione e liquidando quelle tare funzionali del sistema economico che rischiavano di vanificare la possibilità di una direzione politica interclassista . Se il trasferimento delle basi del potere , negli intendimenti del partito cattolico , si proponesse , sia pur mantenendo in vita centri autonomi di gestione economica privatistica , il che è certo inevitabile in una economia mista , di ingabbiarne però saldamente l ' arbitrio entro un quadro vincolante che riservi allo stato la fissazione dei fini produttivi generali e delle fondamentali scelte sociali e la coordinazione di questi agli interessi delle classi lavoratrici ; se insomma il trasferimento delle basi del potere accettasse a cuor leggero la rottura del quadro interclassista del partito , l ' operato della DC sarebbe assai più rapido , deciso , rettilineo . Invece essa non vuole né può permettersi di perdere i contatti con nessuna frazione del corpo sociale , e soprattutto non vuole urtarne troppe nello stesso momento . Irrita gli elettrici ma deve rassicurare gli altri che ormai di nazionalizzazioni non se ne parlerà più ; e questo potrebbe anche giustificarsi tatticamente in particolari circostanze . Ma ciò che più urta in questa tortuosa , equilibristica opera di riassestamento politico è il vedere da molti segni che non sono solo i grandi monopoli i gruppi con cui la DC non vuol perdere i contatti : ma sono tanti e tali settori della società italiana da indurre a chiedersi quale potrà essere mai il rinnovamento prefigurato da consimili complicità , tolleranze , solidarietà persistenti . La DC ha bisogno di non perdere le simpatie della parte più intimamente reazionaria della polizia e delle forze armale e dà la medaglia ai fucilatovi di Modena ; ha bisogno di non perdere i contatti rum le peggiori clientele camorristiche , e fa la giunta coi lamini ; ha bisogno di essere sostenuta persino dalle infime sottospecie di capitalismo parassitario e cerca dii farsi perdonare la nazionalizzazione dell ' energia difendendo a suon di mitra dagli operai in sciopero un industrialotto di provincia . E non vorrei anticipare giudizi su ciò che essa sarà capace di fare contro i criminali che si arricchiscono mediante l ' avvelenamento sistematico di milioni di consumatori . Quando questo scritto uscirà tutti avranno avuto modo di giudicare quanto del fervore verbale di questi giorni potrà essere trapassato nella legge che si sta predisponendo contro le frodi alimentari . I fini specifici che la DC propone all ' operazione in corso , i modi attraverso cui tenta di raggiungerli , confermano che la permanenza del piano politico interclassista limita le possibilità democratiche di questo partito non solo per la fase in cui potremo affrontare la costruzione delle basi di un regime socialista , ma anche nel breve esperi mento attuale . Sembrerebbe a questo punto che ci trovassimo risospinti nel bel mezzo delle vecchie discussioni sulla DC come pericolosa interprete nel suo complesso del più ingannevole e più agguerrito piano neocapitalistico etc. etc. Sembrerebbe che si ritornasse all ' alternativa secondo cui i partiti sono o conservatori o socialisti ; al che Paolicchi osserva giustamente che vi sono molte possibilità intermedie e che la realtà non è così schematica . Ma è un discorso interamente diverso quello che qui si sta facendo . Io do per scontata la volontà democratica di una parte della DC , di quella parte , poniamo , più direttamente collegata al mondo del lavoro , più capace di intendere e soffrire i problemi del mondo di oggi ; non credo che per questa parte si possa parlare neppure di un piano machiavellico per disfare il movimento operaio . Ciò che contesto e nego recisamente è : 1 ) che essa abbia raggiunto la coscienza che la condizione essenziale per la vittoria delle proprie esigenze sia la dissociazione dalla parte conservatrice e reazionaria del proprio partito ; che insomma essa sia uscita dal cerchio magico della sociologia interclassista ; 2 ) che sia possibile un avanzamento reale della democrazia nel nostro paese . la creazione di una società e di uno stato autenticamente democratici , senza che sia frantumato per sempre nelle mani della destra lo strumento formidabile che le è dato dal poter coordinare in permanenza entro un solo partito politico le spinte delle classi lavoratrici e l ' egemonia dei monopoli . Non nego che un partito di cattolici possa e debba essere partner inevitabile , anzi necessario , nella lotta per la democrazia , nella lotta stessa per il socialismo . Nego invece che esso possa essere un partito interclassista nel senso in cui lo è la DC . Finché l ' ipotesi della rottura di questo interclassismo non è giunta a diventare un piano politico consapevole da parte dei cattolici democratici ogni chiarificazione là dentro incontrerà dei limiti invalicabili . Se questi limiti sono veri , che senso ha allora , come fa De Martino , dire che fra noi e la DC , data la base di massa di questo partito , non esistono insuperabili contrasti di classe , e che la stessa sociologia cristiana non può essere considerata da noi marxisti alla stregua del liberalismo tradizionale ? Se contrasti di classe non esistono fra noi e la DC perché la dentro ci sono contadini , operai etc. allora non ne esistono neppure fra noi e il MSI . Non è la base sociologica che decide della natura di un partito quanto piuttosto i metodi di direzione , le finalità politiche , il carattere del personale dirigente . Finché la DC è un partito interclassista e tulle le sue scelte politiche , anche la nazionalizzazione dell ' energia , sono coordinate al mantenimento di questo quadro interclassistico del potere , è mai possibile affermare che non vi sono insanabili contrasti fra noi ed essa ? E non riconosce altrove De Martino che dentro la DC vi è una lotta incessante fra correnti democratiche e reazionarie ? A che serve dimenticare che la caratteristica paradossale dell ' attuale esperimento è che il nostro partner principale è nel contempo il nostro principale avversario finché rimane il ricettacolo dei gruppi più strenuamente e irriducibilmente ostili a uno sviluppo democratico e socialista della società italiana ? Vogliamo nascondere che la nostra alleanza con esso non si giustifica se non è ogni momento volta consapevolmente a far esplodere la contraddizione immanente in questa bivalenza ? Circa poi la speciale considerazione che meriterebbe la sociologia cattolica in confronto a quella liberale , vogliamo trascurare che , in fin dei conti , di questo vituperato liberalismo il socialismo costituisce pur sempre la più legittima filiazione storica ; che senza le conquiste fondamentali che il liberalismo ha realizzato nel campo delle libertà civili non esiste democrazia modernamente intesa ; che senza tali conquiste un ideale di giustizia sociale , come quello del cattolicesimo sociale , specie nella sua forma italiana , tende a ridursi a una norma di pura giustizia distributiva che dista dal socialismo certo assai più del liberalismo nelle sue forme più mature dell ' occidente ; che infine la sociologia cattolica , ove riuscisse a confermare incontrastatamente un corpo sociale , non lascerebbe posto appunto a più d ' una di quelle conquiste liberali che per noi sono parte integrante di un programma socialista , che , come appunto la supremazia della scuola laica , il divorzio etc . , sono inscindibili da ogni democrazia seria ? Vi sono certo molte vie di mezzo fra un partito reazionario e uno socialista : la DC non è né l ' uno né l ' altro , certo . Ma allora determiniamo chiaramente che cosa implica avere a che fare con un partito interclassista , quali limiti e quali possibilità si prospettano . I limiti sono ben noti - si afferma solitamente - ; le possibilità sono quelle di mandare avanti certe riforme e , soprattutto , di rafforzare e incoraggiare la sinistra cattolica a liberarsi dall ' ipoteca conservatrice . Le tendenze negative implicite nell ' interclassismo - questo è l ' argomento più divulgato - sono bilanciate nella misura in cui la DC è costretta a contrattare con noi , a concedere qualcosa alle spinte democratiche interpretate da noi e dalla sua sinistra , nella misura in cui è condizionata dalla necessità di collaborare con il PSI e la sinistra democratica . Noi possiamo così influire in modo sostanziale sulle scelte del governo e giungere a una graduale neutralizzazione delle forze antidemocratiche insite nella DC . Intanto è essenziale non perdere i contatti con essa . Se questa è la nostra prospettiva politica è intanto evidente che condizione essenziale per la sua attuazione ( condizione non propagandistica ma politica ) è proclamare ai quattro venti che la collaborazione con la DC non è per noi un fine ma un mezzo e che la prosecuzione organica dell ' esperimento è per noi condizionata rigorosamente a una scelta politica definitiva da parte di questo partito . Ma vediamo concretamente come può attuarsi questo piano , questa forma di condizionamento della DC . L ' attuale formula di governo è palesemente una combinazione in cui una minoranza vuole e promuove attivamente delle riforme , e una maggioranza le tollera passivamente e ostilmente , solo finché abbia la garanzia che esse non lederanno certi interessi fondamentali di cui si sente interprete , non comprometteranno un certo equilibrio , non trasferiranno irrimediabilmente certe leve del potere . La politica della direzione DC consiste proprio nel promuovere quelle riforme dando nel contempo queste garanzie . La principale di queste garanzie è , come si sa , l ' affermazione di non voler essere condizionata ma di voler condizionare , l ' insistenza che , attraverso questa via , si mira a un indebolimento dell ' opposizione , a un nuovo rafforzamento del partito , etc. La nostra possibilità di condizionamento giunge quindi lino a un preciso limite : quello dato dalla necessità , e dalla volontà insieme , della direzione DC di non rompere questo equilibrio e di non indebolire così la forza complessiva del partito . Queste garanzie fornite alla maggioranza che segue con le buone disposizioni che tutti sanno , consistono non in proclamazioni e contentini verbali , ma bensì nel non toccare realmente certi punti , nel non andare realmente oltre certi limiti , etc. Non la spartizione del potere con forze che abbiano fini diversi e che usino il potere per realizzarli , ma l ' associazione di altre forze a un tipo di potere mediatore ed equilibratore come quello che è indispensabile alla DC per poter continuare a dare quelle garanzie : ecco la chiave di volta di questo piano politico . In questa concezione ogni rapporto con forze esterne non può e non deve significare in nessun modo una rottura con la palude interna del partito . Chi vuole contrattare stabilmente con noi deve contrattare , attraverso la nostra direzione , con l ' estrema destra del nostro partito : questa è la formula della segreteria attuale di Moro . Fino a quando può durare questo rapporto mediato , fra il partito socialista e l ' estrema destra dorotea ? Indefinitamente senza dubbio , se uno dei due interlocutori intende rinunziare a difendere precisi interessi di classe e può farlo impunemente . Non molto a lungo in caso contrario . La DC può urtarsi con De Biasi , ma non può fare ciò che non sia almeno tollerato dalla sua destra ; e ciò che non può essere tollerato da questa ( e quindi dalla DC finché vuoi rimanere unita ) è tutto ciò appunto che corre il rischio di mettere fuori dall ' orbita del partito quelle forze sociali alle quali essa non può rinunziare senza divenire un partito di lavoratori e non più , quale è , un partito che aduna e concilia lavoratori e capitalisti . Inversamente ciò che essa chiede ai suoi collaboratori , o almeno ciò che vuole ottenere dalla collaborazione a sinistra , è l ' eliminazione del pericolo che lo schieramento delle classi lavoratrici divenga così forte da far tracollare da questa parte l ' equilibrio del potere annullando la sua funzione di arbitra e mediatrice . Ecco perché essa insiste ossessivamente per una « chiarificazione » da parte nostra . E si sa in che cosa consisterebbe tale « chiarificazione » : in una ulteriore rottura dell ' unità sindacale che renderebbe ancora più debole la forza d ' urto contrattuale e soprattutto politica , e la coscienza di classe del movimento operaio e faciliterebbe le forme di compromesso corporativo di certo sindacalismo ; nell ' impegno di far giunte solo con la DC , il che ci impedirebbe ogni forma di alternativa qualora , per esempio , fare un ' amministrazione con essa ci dovesse assoggettare all ' umiliante dovere di fare manifesti in cui ci associano alla proclamata difesa dei valori spirituali , contro il materialismo etc . ; nella delega totale della politica estera alla DC ; e così via . La chiarificazione le deve dare la garanzia che noi ci associamo alla sua formula di mediazione interclassista , rinunziando sia ad aumentare con il libero giuoco e la manovra politica il nostro peso comparativo nell ' alleanza , sia , ancor di più , a fare della fase attuale la piattaforma per la preparazione di forme socialiste di gestione della società e dello stato . Si potrebbe affermare che , poiché noi stessi prevediamo una fase di economia mista , in cui per un certo tempo un forte settore statale dovrà pur convivere e armonizzarsi con una struttura economica ancora prevalentemente privatistica , una combinazione politica di questa fatta è l ' unica formula valida , visto che una costante conciliazione fra diversi interessi di classe dovrà pur essere esperita . Non c ' è dubbio che la fase dell ' economia programmata implica fatalmente un certo compromesso , una certa conciliazione di spinte differenti e spesso opposte . Ma a questo punto sorge veramente il problema del quadro politico in cui questa mutevole combinazione si svolge . Quale forza fornirà la cornice generale in cui la politica di piano dovrà attuarsi ? Sarà la programmazione democratica a condizionare l ' indirizzo del settore privato dell ' economia , o il settore privato a condizionare la programmazione e la politica di piano ? Non c ' è dubbio che la programmazione che noi vogliamo deve avere il proposito di rafforzare sempre più il settore pubblico e il potere di direzione politico - economica delle classi lavoratrici , intaccando in misura decisiva la logica dei monopoli e subordinando la loro tendenza al profitto ai fini d ' interesse sociale generale , determinati dalle forze che rappresentano direttamente le grandi masse dei lavoratori . E neppure c ' è dubbio che la programmazione , come è intesa dai monopoli ( nella misura in cui la parte più retriva della classe capitalistica non perde il senno al solo sentirne parlare ) , deve avere una funzione antitetica , cioè di facilitare lo svolgimento della logica interna e delle scelte del settore privato , di equilibrarlo e di garantirne il più stabile e continuo funzionamento . $ persino superfluo doverlo rammentare . Ora se fra questi due modi di pianificazione è chiara la nostra scelta non così si può dire della democrazia cristiana . Anzi ogni suo studio è stato posto sin qui nell ' evitare ogni chiarimento su questo punto ; di più , nell ' escludere ogni estensione dell ' intervento statale che possa « preoccupare gli operatori economici » . Come ha osservato Giolitti oggi tutti usano la parola piano , ma con contenuti e intendimenti non solo differenti ma spesso opposti . Né è certo casuale questo equivoco della democrazia cristiana . Ciascuno dei due tipi di programmazione implica una precisa scelta dì classe . E se è vero che più di un democristiano vuole una programmazione democratica , non è meno vero che una parte prevalente del partito sarebbe disposta a tutto pur d ' impedirla . Questo è però un punto su cui l ' equivoco direzionale non può essere mantenuto a lungo : nel senso che malgrado tutte le ambagi sibilline in cui sono specialisti Moro e compagni , dovrà essere deciso presto che strumenti mettere in opera per avviare la politica di piano . Ma qui certamente non vi sono vie di mezzo . Sceglierà la DC una programmazione democratica , acconsentirà anzi che noi operiamo all ' interno di questa politica con una precisa finalità socialista ? Allora sarebbe evidente che avrebbe scelto la rottura dell ' interclassismo e la messa fuori gioco di tutta la potentissima fortezza interna dorotea . Ma di questo non si vedono segni , finora , anzi i segni sono del tutto opposti . I segni inducono a pensare che essa si muova nel senso di voler associare noi al continuo condizionamento a cui la sua destra interna non rinunzierà mai a sottoporre tutta la linea del partito . Questa è stata finora tutta la politica di Moro . In questa direzione ci può essere anche una nostra collaborazione al potere , una nostra partecipazione ad esso ; ma non sarà una partecipazione per usarlo in conformità ai fini socialisti che ci sono propri , e ai quali non possiamo rinunziare senza perdere ogni giustificazione storica ( Giolitti ) . Sarà appunto una copertura del permanente monopolio del potere da parte di forze che sono e rimangono le avversarie dirette della democrazia e del socialismo . Non è infatti pensabile che una minoranza possa all ' interno di una compagine governativa condizionare seriamente la maggioranza . E maggioranza sarebbe infatti tutta la democrazia cristiana di fronte a noi , malgrado le velleità di tutti i possibili gruppi della sua sinistra , ove essa nel suo complesso rinunziasse a una misura per noi essenziale in seguito al veto della sua destra per non sacrificare l ' unità del partito . Il veto della sua destra diventerebbe rosi paralisi e Impedimento permanente di ogni nostra conquista e affermazione specifica all ' interno della compagine governativa , veto all ' esercizio del potere secondo le finalità democratiche e socialiste del nostro partito . Non dimentichiamo mai l ' avvertimento di Schumpeter che le riforme ricevono il carattere e l ' impronta assai più dalle intenzioni e dal personale con cui son fatte che dal loro contenuto . E , per lasciare anche da parte ogni altra considerazione , come potrebbe in condizioni siffatte una riforma avere un qualsiasi valore democratico e socialista , o almeno di avvio al socialismo , se , ad esempio viene esclusa a priori , non dalla volontà nostra ( potremmo magari illuderci di aver fatto un passo avanti nella direzione voluta ) ma dalla combinazione oggettiva delle forze , ogni possibilità di compiere un ' operazione sacrosanta , senza la quale anche grosse riforme diventano una burletta : di toglier cioè di mezzo concretamente un certo personale , di togliere ogni potere ai mille Tizio Caio e Sempronio che sono la negazione vivente di ogni riforma democratica , di spodestare il noto ladro x , il famigerato profittatore y , il mestatore z ? Se non è possibile colpire direttamente certi gruppi di potere e aggregati d ' interessi , perché colpirli significa appunto frantumare il coacervo democristiano che invece , illudendosi di modificarlo , si è accettato preventivamente di digerire in blocco ? Ultimata la fase delle cose effettivamente volute o almeno sopportate dalla DC nel suo insieme , il nostro posto là dentro sarebbe effettivamente un posto totalmente subalterno e di pura copertura a sinistra dei monopoli e delle forze clericali . Questa questione del personale è assai delicata e a trattarla a fondo si rischia di essere accusati di piccino moralismo e di ignoranza della dura realtà della politica . Non c ' è dubbio che nelle alleanze politiche non si può guardare tanto per il sottile a certe cose . Ma noi socialisti non possiamo e non dobbiamo dimenticare che la marcia per il socialismo o anche solo per una più compiuta democrazia nel nostro paese , il momento atteso per decenni in cui i rappresentanti del movimento operaio potranno per la prima volta nella storia italiana avere una certa influenza nella gestione del potere , il generale processo politico che a tale risultato dà luogo , non possono essere scompagnati dal proposito , e dalla lotta anche , per un rinnovamento del costume della classe dirigente , per una liquidazione del profondo malcostume politico e amministrativo che ha contraddistinto negli anni del monopolio democristiano la vita pubblica italiana . Non possiamo ignorare che abbiamo a che fare con una burocrazia largamente infetta dalla tabe della corruzione , del servilismo di fronte al potente , della parzialità , della inefficienza complice o colpevole . Non possiamo dimenticare che sotto i piedi del mondo ufficiale brulica intatto ( nulla è cambiato certo in dieci mesi ) tutto il verminaio della corruzione e del traffico sottogovernativo a cui tanti anni di governi centristi hanno dato vita . Non dimentichiamo neppure che quella parte della democrazia cristiana che rappresenta appunto il nucleo della resistenza e del condizionamento a destra dell ' attuale esperimento ( nucleo però che l ' interclassismo porterebbe a ranghi pieni in una fase successiva fors ' anche da noi voluta e intesa come fase di estensione delle conquiste democratiche ) , è folta di nomi che sono stati mescolati in tutti gli innumerevoli scandali che hanno deturpato la vita italiana da quindici anni a questa parte , di nomi su cui son potuti gravare , senza essere mai interamente dissipati , ignominiosi sospetti . Se l ' esperimento a cui stiamo avviandoci vuole avere un senso , se vuole rappresentare un fattore di innalzamento e di edificazione della coscienza etico - politica del paese e di rinnovamento della classe dirigente , non può non essere programmaticamente promotore e affermatore di una nuova moralità civile . Il popolo italiano non deve avere l ' ennesima conferma della sua secolare persuasione che , comunque vada , le canaglie , quando son potenti , rimangono sempre a galla . Il rigore morale deve cominciare a non essere ridicolo nel nostro paese , e a non trovare nella vita pubblica un teatro pressoché impraticabile per le proprie istanze . Le giovani generazioni non devono essere educate anch ' esse alla lezione del fortunato trasformismo dei potenti e dei disonesti . Ma vi è anche una ragione più strettamente politica . Un piano non può andare avanti senza un personale formato in un certo modo . Abbiamo bisogno di centinaia di migliaia di tecnici e di burocrati che sentano personalmente la necessità di certe scelte economiche , che abbiano dinanzi agli occhi una prospettiva diversa , un metro di valori diverso da quello della società attuale , che non siano ligi a tutti gli ossequi e a tutte le transazioni , ma siano capaci di imporre fermamente in tutte le istanze della macchina statale e dell ' organismo economico gli intendimenti e le finalità che noi vogliamo imprimere a un certo tipo di programmazione . Abbiamo bisogno di esecutori che credano nella pianificazione democratica e non la barattino con una bustarella . Nulla è più giusto a questo proposito di quanto ha scritto recentemente Giolitti : « Prima viene la scelta politica , che è anche - non esitiamo a dirlo - una scelta ideale . Partiamo dal rifiuto di questo tipo di società e tendiamo a una società radicalmente diversa , nella quale i valori determinanti siano quelli della libertà e della uguaglianza anziché quelli della ricchezza e della potenza . Se questa è un ' utopia , ebbene non abbiamo paura di dire che oggi il socialismo ha proprio bisogno di rinvigorire i suoi elementi di " utopia " , i suoi motivi ideali , il disegno finalistico di una nuova società , le priorità di ordine culturale e morale . Il rifiuto della alienazione , di cui tanto si parla anche a vanvera , è anzitutto un impulso morale , prima di essere una diagnosi scientifica della società industriale » . Ma considerazioni non meno gravi possono essere fatte per quanto riguarda la natura e il contenuto più specificamente economico della politica di piano . E si tratta di questioni che , pur concernendo misure che dovranno essere prese nella prossima legislatura , debbono essere discusse subito fra noi perché investono appunto l ' indirizzo programmatico con cui arriveremo alle elezioni . Queste questioni sono poste con la massima urgenza da una serie di processi degenerativi ormai chiaramente in atto nell ' economia italiana , dei quali non può sfuggire l ' effetto sconvolgente che esercitano su ogni possibilità di pianificazione democratica e di previsione programmata dei termini futuri dello sviluppo economico . Mi riferisco alla ben nota spinta al rialzo dei prezzi delle abitazioni e dei generi alimentari che sta corrodendo assai rapidamente una parte cospicua degli aumenti dei salari e degli stipendi realizzati dalle classi lavoratrici con le lotte di questo ultimo anno . Si può lasciare subito da parte per comodità la questione se e in quale misura in tali processi entri una precisa manovra di certe grandi forze economiche per esautorare il nuovo corso , fargli mancare il terreno sotto i piedi , creare un diffuso disagio di massa orientabile in senso qualunquistico o anti centro - sinistra . Quali strumenti si vanno approntando per bloccare l ' operare « spontaneo » di certe forze e per controllarne gli effetti eversivi su tutto l ' organismo economico , impedendo che una parte rilevante dei redditi di lavoro , anziché estendere e sostenere il mercato dei beni reali , o incoraggiare la formazione di nuovi orientamenti del mercato , venga assorbita dai lucri parassitari dei proprietari di aree e dei mediatori strozzini ? Esiste da parte della democrazia cristiana un piano preciso e la volontà di approntare gli strumenti per mettere interamente fuori causa come elementi con cui si debbano fare i conti i gruppi interamente parassitari , che appaiono sin d ' ora fattori di disturbo e di intralcio , non dico per una politica di piano , ma anche soltanto per una sana e normale economia di mercato ? Neutralizzazione che non può far parte della fase di programmazione in senso stretto , ma appunto di questa fase preliminare . E gli interrogativi si estendono e si aggravano per la fase successiva , quella della pianificazione vera e propria . Non possiamo nasconderci che una pianificazione che voglia sanare alcuni squilibri della società italiana che non tarderebbero neppure molti anni a rivelarsi rovinosamente un fattore di permanente degradazione e inferiorità della nostra società civile , deve invertire drasticamente e radicalmente alcune tendenze economiche di fondo imposte dai monopoli , deve affrontare di petto la forza di questi e piegarne senza compromessi gli orientamenti agli interessi collettivi interpretati dalle forze statali . Cito alla rinfusa alcuni fra i fatti che stanno rendendo sempre più incivile e disumana la nostra vita associata . Abbiamo la scuola più devastata d ' Europa , la più inetta per insufficienza di mezzi e fuga inarrestabile di personale a far fronte ai bisogni giganteschi che mille indagini hanno illustrato . Fra due anni il personale non basterà neppure ai quattro quinti delle scuole esistenti ! Abbiamo un sistema ospedaliero che è il peggiore d ' Europa . L ' inefficienza ed inadeguatezza dei nostri trasporti pubblici maciulla quotidianamente la vita di milioni di lavoratori . Abbiamo una burocrazia che per insufficienza di mezzi e per bassi stipendi non riesce neppure a costituire una rete di vigilanza organica sulle molte frodi con cui gli avvelenatori attentano alla vita dei cittadini . E dall ' altra parte abbiamo i televisori , le macchine , i consumi ostensivi che aumentano trionfalmente . Sono migliaia e migliaia di miliardi che debbono essere trasferiti nel giro di due e tre anni da un settore ad un altro , se si vogliono appena arginare gli effetti disastrosi che conseguirebbero alla prosecuzione delle tendenze attuali . Sono tendenze potentissime che debbono essere bloccate e invertite . E per questo occorre un potere politico che si faccia forte di una base salda ed entusiastica fra le classi lavoratrici interessate al nuovo corso e alla fissazione di nuovi fini sociali . Un partito interclassista che tutto subordini al mantenimento di rapporti organici di fiducia con il grande capitalismo , che abbia come fine essenziale la conservazione della maggioranza relativa dei suffragi , ha la capacità di spiegare questa energia ? Un governo dominato dalle finalità interclassiste del suo maggior membro può veramente piegare il capitalismo ad accettare che sia fissato in sede di commissione pianificatrice il livello e la qualità degli investimenti , le dimensioni dei profitti , le priorità fondamentali ? Di fronte a un partito che pensa seriamente di conciliare la programmazione statale con la libertà incontrastata dell ' iniziativa privata ( quando non si propone invece di non andare oltre un piano puramente orientativo ) come si fa a non sentirsi d ' accordo col prof. Corbino , quando scrive che queste le son tutte chiacchiere , e che in realtà non ci sono vie di mezzo e che in una economia mista l ' impianto globale delle scelte economiche , le scelte orientative , o le fa lo stato o le fanno gli imprenditori privati : o questi comandano allo Stato o lo Stato comanda a questi ? Credo che sia ora di trarre qualche conclusione . La chiave di volta di una retta valutazione dell ' attuale situazione politica e delle possibilità che si aprono al movimento operaio è nel giudizio sul carattere peculiare , sulla natura dell ' interclassismo democristiano . Lasciamo stare le definizioni o disquisizioni nominalistiche e facciamo la politica tenendo d ' occhio le realtà concrete ; perciò non impelaghiamoci nel disquisire se la DC sia un partito democratico o no . Ci servono giudizi pragmatici non definitori . Si sa che lì dentro , ci sono democratici e reazionari . Vediamo invece qual è l ' oggettivo operare di questo partito come risultato della combinazione di tendenze riassunte e regiate dalla direzione . Esso vuole certe riforme perché è dimostrata l ' impossibilità di continuare a governare senza di esse e senza una contrattazione col Partito Socialista . Esso sa anche che vi sono due possibili sbocchi di queste riforme . O un aumento del potere politico delle classi lavoratrici attraverso i partiti che più direttamente le rappresentano e che , qualora serbino fede alla propria ispirazione , attraverso queste riforme continuano a mirare alla società socialista , con tutto ciò che essa comporta ; oppure un nuovo equilibrio , in cui le concessioni fatte nel frattempo alle classi lavoratrici saranno servite non a potenziare queste ultime e ad aprire nuove strade per una marcia socialista , ma al contrario a far rinunziare la classe operaia a un rovesciamento radicale delle forme di potere pubblico e di gestione economica . La DC sa anche che , malgrado possibili attriti , non perderà l ' appoggio delle classi padronali , se almeno la parte più moderna di queste riesce ad avere nel corso del processo la certezza che esso si sta svolgendo in conformità dei propri interessi fondamentali , che cioè nel conto complessivo della partita esso non si risolverà in una perdita secca di potere e in un trasferimento di questo alle forze di classe più direttamente antagonistiche . Sa infine che , se tali classi avessero questa sensazione , avrebbe assai poco tempo per decidere se rinunziare al loro appoggio o dare invece l ' indirizzo richiesto all ' esperimento riformistico . Per questo essa preliminarmente ha scelto di non uscire dal quadro interclassista ; e , malgrado le intenzioni di molti suoi membri , l ' esperimento in corso mira appunto a far rinunziare la classe operaia a inserire nel processo concreto finalità che lo superino e predispongano strumenti socialisti . Il nostro compito non può essere soltanto aiutare a mandare avanti certe riforme nella situazione attuale pensando che , data la relativa debolezza del movimento operaio , è comunque già molto se riusciamo a promuovere uno svecchiamento della macchina , a creare certi strumenti che , anche se non usati ora in senso tendenzialmente socialista , rimarrebbero per sempre condizioni « oggettive » , « strutturali » del socialismo . Questo equivarrebbe a pensare che anche il rafforzamento dei monopoli sia un passo avanti « oggettivo » verso il socialismo . Io credo che sia meglio lasciare il più possibile in disparte questa sorta di metafisica strutturale . E penso molto rozzamente clic invece solo un aumento concreto di potere , l ' uso effettivo di certe leve del potere in conformità ai propri fini da parte di un partito socialista sia un passo avanti oggettivo verso il socialismo . Se le riforme non si risolvessero in un accrescimento del nostro potere , concretamente e attualmente esercitato , questo sarebbe un regresso non un avanzamento . La politica non ammette di tali sacrifici disinteressati ai processi oggettivi ! Ecco perché l ' attuale esperimento , per non risolversi in una nostra sconfitta , deve rispondere a questa precisa condizione politica : deve cioè garantirci in ogni sua tappa e realizzazione una limitazione del potere per le classi capitalistiche , una concreta autonoma affermazione del potere di classe , l ' uso democratico e con finalità socialiste degli strumenti messi in atto dalle riforme . Per questo verso l ' intenzione e le finalità che noi apportiamo nell ' esperimento in corso sono nettamente antitetiche a quelle della DC , in quanto nostra interlocutrice politicamente unita . Due sono le possibilità purché siano le nostre a trionfare : che la DC tutta le accetti nel suo complesso ; e vorrei dire a Paolicchi che una chiarificazione siffatta è impensabile nella DC ; oppure che le accetti quella parte di essa la quale per impianto ideologico o radici di classe , radicalismo di pensiero o chiarezza morale , o quel che si vuole , sia suscettibile di subire , sia pure travagliosamente e sotto l ' urgenza degli eventi , tale evoluzione . Per quanto difficile questa è l ' unica forma di chiarificazione interna della DC che noi dobbiamo prefiggerci . Infrangere il disegno interclassista della direzione moro - dorotea è la condizione principale perché l ' attuale processo politico si risolva in una vittoria per noi , in un passo avanti per la democrazia , in una effettiva liberazione delle forze democratiche insite nel movimento cattolico . Per questo non diciamo come fa De Martino , che la lotta è fra democratici laici e cattolici da un lato , e conservatori di tutti i registri dall ' altro ; questa affermazione impedisce assolutamente di veder chiaro che la sostanza della lotta è qualcosa che va ben al di là dell ' urto contingente fra chi vuole la nazionalizzazione dell ' energia e chi non la vuole . Poiché praticamente tutta la DC voterà questo provvedimento la lotta sarebbe quindi solo contro l ' estrema destra parlamentare ! C ' è da meravigliarsi poi se , prendendo sulla parola De Martino , si può argomentare che egli non fa nessuna distinzione di fini fra noi e la DC nel suo complesso ; che ritiene tutta la DC suscettibile di associarsi a una lotta democratica radicale ; che considera l ' alleanza organica con questo partito per un tempo indeterminato come unica prospettiva politica aperta dinanzi a noi ; che non vede più una necessità politica nella spaccatura della DC , e , via via , che ritiene tutte le concessioni che si possano fare ad essa come normali contrattazioni necessarie a perpetuare una alleanza i cui vantaggi superano largamente gli svantaggi ? Diciamo dunque che , se non abbiamo rinunziato alle prospettive socialiste , la vera lotta è oggi fra chi vuol avviare il centro - sinistra a una sconfitta del socialismo , a un inserimento delle sue istanze in un quadro tecnocratico - neocapitalistico , e chi invece vuole avviarlo e edificare le basi di un potere socialista . Condivido perciò quanto scrive il Settembrini : « Non ci sono vie di mezzo : se il PSI rinunzia a porsi l ' obbiettivo di spezzare la DC e a condizionare ad esso i suoi rapporti con questo partito , sarà fatalmente portato all ' estremo opposto , a preoccuparsi cioè di preservare l ' unità d0mocristiana da scosse che potrebbero esserle fatali , per non perdere un prezioso alleato » . L ' alleanza con la DC non è per noi un fine ma un mezzo , e sarebbe rovinoso se cedessimo su qualche punto fondamentale del nostro programma , se indulgessimo all ' interclassismo per non perdere un contatto e un ' alleanza politica con la quale speriamo di poter mandare comunque avanti una riforma iniziata . Non dimentichiamo che se la DC stenta ad andare avanti e molto rischia a farlo , assai di più rischierebbe ad affrontare il contraccolpo di dover frenare , arrestare , invertire il processo iniziato . In questo caso non dobbiamo esitare a lasciarla sola con le sue responsabilità dinanzi all ' opinione pubblica ; né a portare al limite della rottura il contrasto , anche se la DC ci invita alla moderazione e alla cautela agitando lo spettro di una crisi interna che potrebbe risospingerla verso il centrismo , paralizzare e sospendere le misure in corso , rispostarci tutti all ' immobilismo centrista . L ' immobilismo centrista non è più possibile e la DC lo sa bene . La brusca rottura su un veto della destra Non riporterebbe all ' immobilismo ma rinnoverebbe e aggraverebbe dinanzi alla DC , in condizioni più critiche che per il passato ( migliori per noi ) , la necessità di scelte più chiare e ne inasprirebbe la tensione interna . Dobbiamo far di tutto per accelerare non per ritardare o risparmiare alla DC il momento delle scelte decisive . Per questo non concordo con Paolicchi quando dice che le modificazioni che ci attendiamo dal centro - sinistra debbono avvenire in un arco di tempo necessariamente lungo . La rapidità del processo dipende grandemente da noi ; dipende dalla intensità o dalla potenza delle pressioni che la società potrà esercitare sul governo , dalla quantità dei nodi che verranno al pettine in un breve lasso di tempo . Oggi in tutti i settori dell ' apparato economico e della pubblica amministrazione sono in corso potenti azioni rivendicative . E non a caso : si direbbe che mille esigenze , mille bisogni delle più diverse zone sociali , compressi e sacrificati da anni e anni di immobilismo conservatore , stiano venendo alla ribalta con urgente ed esplosiva contemporaneità , che denunzia non - come si pretende - un ' obliqua trama di non meglio identificati provocatori , ma piuttosto quante lacerazioni , squilibri , intralci , disfunzioni abbia accumulato il sistema politico edificato dalla democrazia cristiana , e quale ottusa incomprensione questo partito abbia opposto alle istanze e alle necessità di sviluppo e adeguamento istituzionale poste dall ' evoluzione economica e sociale del paese . Proprio per questa ragione non vi è una di queste lotte che non contenga in germe un indefinito potenziale democratico , una carica politica preziosa per noi . Oggettivamente , anche quando si presentano come pure lotte rivendicative ed economico - corporative , queste spinte hanno un contenuto politico perché rappresentano la prima presa di coscienza e la prima forma di reazione a una serie di situazioni intollerabili create da precise scelte politiche , rovinose per il progresso del paese , compiute in passato dalla democrazia cristiana . L ' agitazione degli impiegati dello stato è oggettivamente la reazione a quella situazione di precarietà , di inefficienza , di impotenza e confusione in cui è stato lasciato l ' apparato amministrativo dello Stato , e di cui l ' inferiorità retributiva dei pubblici impiegati era solo l ' aspetto più appariscente : condizioni fin troppo scoperte della devastatoria opera di intervento , pressione , deteriore strumentalizzazione politica compiuta dalla DC sulla burocrazia . Gli scioperi dei metalmeccanici e di altre categorie della classe operaia sono stati palesemente una rivolta contro il sistema della pressione discriminatoria , del controllo poliziesco , contro il clima di incivile immunità extracostituzionale che , con la complicità della DC e in nome dell ' anticomunismo di stato , è stato creato nelle fabbriche . Gli scioperi di tutte le categorie di insegnanti scaturivano dall ' indignazione per la distruzione e l ' umiliazione permanente della scuola in tutti i suoi ordini e gradi , perseguita da una classe politica inetta a comprendere che in questo settore si decide la sopravvivenza civile di una nazione . Tocca a noi far sì che questa nuova germinale coscienza politica delle classi lavoratrici , favorita indubbiamente dalla svolta , non trovi entro di questa la sua tomba . Ognuna di queste lotte è infatti suscettibile di ricevere una forma e un orientamento politico che possono essere decisivi per uno sviluppo democratico della situazione attuale : decisivi per favorire la creazione di una stabile base di massa alla prospettiva politica socialista che vogliamo e dobbiamo inserire in questo esperimento , e per condizionare in senso risolutamente rinnovatore l ' elaborazione delle misure riformatrici che si impongono , spazzando via tutti i compromessi , le frodi , le mutuazioni nominali e non di sostanza che i nostri interlocutori politici vorranno introdurvi . A nessuno che abbia seguito da vicino le lotte di quest ' anno può essere sfuggita la disponibilità politica , la rapida maturazione politica che le masse impegnate attraversavano , e il terreno fecondo che avrebbe potuto trovarvi una più decisa e coerente azione nostra . Mi limiterò ad esempi che ho potuto seguire direttamente . I cinque scioperi degli insegnanti che hanno avuto luogo quest ' anno sono stati preceduti da imponenti assemblee , fra le prime e le ultime delle quali ( da novembre a maggio ) fu possibile constatare un ' interessante evoluzione . Mentre nelle prime gran cura veniva posta nell ' evitare ogni riferimento extra - sindacale e nel sottolineare che la categoria si batteva soltanto per più decorosi stipendi ; via via che venivano in chiaro le ragioni squisitamente politiche della testarda resistenza del governo , le discussioni erano sempre più folte di voci che si levavano a denunziare il nesso fra le retribuzioni riservate agli insegnanti e lo stato generale della scuola , l ' assurdità dei programmi , il sovrappopolamento paralizzante delle classi , la mancanza di mezzi , l ' anchilosi burocratica , l ' irrazionalità vessatoria della legislazione sul personale , la piaga dei fuori ruolo , il sistema dei concorsi , etc . : insomma tutto quel complesso di condizioni con cui la DC ha deliberatamente devastato e umiliato per anni la scuola di stato . E alla fine le assemblee si risolvevano in veri processi alla DC e alla sua politica scolastica , durante i quali veniva subissato chiunque azzardasse qualche timida difesa di questa . Terreno su cui la nostra parola , se vi fosse stato un piano cosiffatto , avrebbe potuto far cadere proficuamente tutti i temi di una generale riforma scolastica democratica , imperniata sulla supremazia della scuola statale ; e avvalersi della spinta irresistibile che era sorta per creare una salda base ad una azione politica in questo senso . Invece in quei giorni , gli ultimi e decisivi della agitazione , agli insegnanti socialisti toccò affrontare umilianti discussioni interne sull ' asserito carattere provocatorio dello sciopero , sulle supposte mene delle destre che avrebbero mirato a far abortire con esso la storica svolta , sull ' opera mitigatrice che essi avrebbero dovuto sentire il dovere di esercitare fra gli scalmanati professori ; in quei giorni toccò loro arrabbattarsi per far assumere l ' impegno ( assunto ma non mantenuto ) di ritirare l ' appoggio socialista al progetto , esso si veramente provocatorio , del doposcuola ; e , per colmo di tutto , sentire da autorevolissima fonte del nostro partito , definire viziata da infantilismo e irresponsabilità l ' agitazione degli insegnanti . Così pure chi abbia assistito a una fra le assemblee di metalmeccanici , nelle quali appariva chiaro come la forza di lotta della classe operaia fosse sul punto di travolgere ogni equilibrismo moderatore delle centrali sindacali , non può non esserci domandato perché mai in questa atmosfera arroventata e propizia non si facesse cadere la richiesta del disarmo delle forze di polizia nei conflitti del lavoro , costringendo a un impegno preciso su ciò i sindacalisti democristiani in quelle sedi in cui ogni tentativo di scansare una scelta politica come quella sarebbe stato catastrofico per essi ; anziché limitarsi a platoniche dichiarazioni giornalistiche e agli appelli alla buona volontà altrui . Insomma in tutto il corso della lotta di classe , quale si sta svolgendo in questi ultimi mesi , possono essere coerentemente radicati temi e prospettive che rendano il più possibile rapida la maturazione della coscienza che è necessaria una svolta radicale nella vita politica italiana , e forniscano le premesse per una caratterizzazione non interclassistica o equilibristica ma democratica - socialista del nuovo corso politico . Per tutto questo però è necessaria la volontà precisa di non fare da paraurti alla DC , di non cavarle neppure una castagna dal fuoco ; è necessaria anzi , al contrario , la volontà di farle scontare duramente , ora che i nodi vengono al pettine , tutte le colpe politiche passate , di approfondire il solco fra essa e i lavoratori che cominciano a capire cosa c ' è da fare in Italia , di chiarire volta per volta il carattere compromissorio ed elusivo delle soluzioni che le vengono dettate dal suo piano inter - classistico , insomma indispensabile una netta delimitazione dei nostri fini specifici , un chiarimento della differenza qualitativa di essi rispetto a quelli della DC ; e non semplici varianti e correzioni marginali : elaborazione programmatica della quale non si vede ancora traccia fra noi . Senza questa contrapposizione , non puramente propagandistica ma politica , non esiste nessuna consistente possibilità di ridurre il peso elettorale della DC e di modificare apprezzabilmente il quadro politico italiano . La DC ha già detto ciò che non intende fare nella prossima legislatura ; tocca a noi dire che cosa pretendiamo che faccia se vuole avere il nostro appoggio . È evidente infatti che nessuno sviluppo serio dell ' esperimento in corso è possibile , qualora non si realizzino queste due condizioni fondamentali : una riduzione della DC e un parallelo aumento del complesso delle sinistre , in primo luogo ovviamente del nostro partito . Non occorre dimostrare che , con una DC in aumento e il nostro partito stazionario , si ridurrebbe a nulla la nostra forza contrattuale , all ' interno di un ' eventuale alleanza : là dentro potremmo anche starci , ma solo per coprire a sinistra la DC , come ha fatto per anni il partito socialdemocratico . Ma a ragion veduta ho detto « un aumento del complesso delle sinistre » . Entra qui inevitabilmente la questione della necessità di una alternativa a sinistra e della prospettiva di un partito unico della classe operaia , il secondo dei temi dibattuti nella polemica Paolicchi - Settembrini . Dovrebbe essere chiaro anche ai bambini che se diminuisce globalmente il peso delle sinistre , diminuisce proporzionalmente lo stimolo principale a ogni forma di dinamismo riformistico della democrazia cristiana e viene meno la giustificazione massima delle sue correnti di sinistra nel voler promuovere riforme che vengono , come si sa , concepite e presentate alla grande palude del partito come il mezzo più efficace per combattere il pericolo di una maggioranza socialista . E solo la concreta , permanente minaccia di una maggioranza alternativa di sinistra può piegare veramente la DC a patti in cui non sia essa sola a dettare le condizioni , in cui si possa sperare di introdurre e far rispettare alcuni capisaldi essenziali del nostro programma . E se è vero che nessuna possibilità neppure oggettiva , esisteva che una tale maggioranza toccasse il traguardo del 50% , finché lo schieramento delle sinistre serbava carattere frontista ed era sotto l ' egemonia di un partito comunista incapace di elaborare una via nazionale al socialismo ; se è vero che neppure noi stessi avremmo potuto permettere che tale schieramento giungesse al potere guidato da un PCI incapace di dare garanzie democratiche ai suoi stessi alleati ; è altresì vero però che il peso globale delle sinistre è , nel corso di quindici anni costantemente aumentato tendendo con lenta progressione proprio verso quella percentuale che la DC aveva ragione di ritenere catastrofica per il proprio monopolio del potere . Una DC che , con forze intatte , si trovasse dinanzi uno schieramento di voti a motivazione dichiaratamente socialista ridotto di numero , avrebbe bisogno di alleati forse , ma certo solo per farsene copertura . Non è un caso che lo scopo dichiarato e angosciosamente riproposto ogni giorno al dibattito interno della DC sia : o la riduzione totale delle forze complessive della sinistra , mediante ciò che si suol chiamare « riassorbimento democratico delle forze del PCI » ( e che è cosa del tutto diversa da quella che anche noi dobbiamo non solo volere ma procurare , e cioè la sottrazione delle masse comuniste all ' influenza del nullismo mitologico della loro direzione , a favore però di un ' effettiva lotta socialista ) ; o la messa fuori giuoco totale del PCI , mediante l ' approfondimento del solco esistente fra noi ed esso e l ' organico nostro inserimento in una maggioranza da essa condizionata : cose su cui non passa giorno che la DC non ci inviti ad impegnarci . Nell ' un caso e nell ' altro essa avrebbe la garanzia di conservare indefinitamente il potere ; poiché avrebbe indebolito o ulteriormente diviso , le forze complessive della classe operaia adunate sotto programmi e finalità socialiste : combinazione in cui essa scorge a ragione l ' unico antagonista reale nella lotta per il potere , temibile antagonista per l ' attrazione che gli ideali di rinnovamento sociale che gli non peculiari esercitano nella sua stessa base . La DC sa che , in un caso e nell ' altro , la nostra possibilità di influenza all ' interno di una alleanza con essa sarebbe ridotta a dimensioni irrisorie poiché noi avremmo cessato di costituire una forza che può molto chiedere perché può , volendo , puntare su un ' altra maggioranza potenziale . Quanto a noi , dovremmo tener costantemente presente che , se questo disegno della democrazia cristiana riuscisse , sarebbe per lungo tempo irrealizzabile quella che , al di là di tutte le illusioni , rimane la condizione massima e assolutamente imprescindibile , anzi l ' unica condizione pensabile per la fondazione di un regime socialista : e cioè la conquista di una maggioranza democratica di persone che , consapevolmente , intendono affidare il potere a partiti che in un modo o nell ' altro si rifacciano agli ideali e ai fini socialisti . Tatticamente e strategicamente noi socialisti abbiamo un preciso interesse al fallimento di questo disegno della DC . Se vogliamo mantenere aperta una prospettiva socialista , il nostro vero interesse è , al contrario , la massima estensione quantitativa e la massima unificazione qualitativa . negli intenti e nei procedimenti , delle forze che si richiamano agli ideali socialisti ; il nostro compito è operare perché un maggior numero di uomini lottino per fini socialisti e perché sempre minori siano fra essi i dissensi di metodo nell ' azione . Se è un preciso interesse per la DC mettere totalmente fuori giuoco la forza , malgrado tutto , socialista rappresentata dal PSI , è invece interesse di chi vuole il socialismo operare perché essa sia trascinata nel gioco in condizioni che travolgano e liquidino tutti gli ostacoli e gli impedimenti intollerabili che la sua struttura e la sua ideologia frappongono a una piena valorizzazione democratica e socialista delle masse popolari che essa raduna . Quando dico che bisogna trascinare nel gioco la forza comunista non intendo dire soltanto che bisogna saper utilizzare spregiudicatamente i suoi voti tutte le volte che ve ne fosse bisogno per promuovere una legge pericolante . Ma neppure intendo dire che si debba procurare di far entrare a tutti i costi i comunisti nell ' attuale contratto politico , il che , dato appunto il carattere di questo , non avrebbe senso . E condivido anzi pienamente il giudizio di Settembrini sulla inaccettabilità dei metodi ( sostanzialmente frontisti ) proposti e applicati dalla nostra sinistra per non isolare il PCT : in fondo ai quali vi è la giusta intuizione che sarebbe suicida , per chi vuole veramente il socialismo , cooperare allo sforzo democristiano per mettere totalmente fuori giuoco questa forza , ma nei quali , d ' altra parte , manca poi la coscienza che l ' unica condizione efficace per sbloccarla e ricoinvolgerla con qualche successo e in forma storicamente valida in una lotta reale per la democrazia e il socialismo , è un radicale rimaneggiamento dei suoi modi di direzione e una spietata revisione dell ' ideologia comunista ; e manca anche , troppo spesso , la volontà d ' operare con la necessaria intransigenza e severità critica per favorire , condizionare e imporre questo processo . Dirò di più : è inutile nascondersi come , sui temi fondamentali su cui la natura del PCI costituisce un ostacolo obbiettivo alla massima unità possibile di forze democratiche nella lotta per il socialismo , un vero processo di revisione rivoluzionaria dei miti attendistici , malgrado tutte le chiacchiere , non è neppure cominciata dentro quel partito . Esso è paralizzato ancora da quella che è stata chiamata l ' emiplegia della verità ; in mezzo a tutte le disinvolte giravolte tattiche , sostanzialmente intatti vi sono rimasti il servilismo verso L ' URSS e il cosiddetto « centralismo democratico » . Nessuna simpatia , nessun benevolo apprezzamento possono suscitare i suoi recentissimi adeguamenti sul MEC : anche stavolta il a passo avanti » comunista è stato compiuto quando già le forze antisocialiste d ' Europa ne avevano fatto dieci . E non possiamo farci alcuna illusione e tanto meno tentare alcuna giustificazione per questo partito , se pensiamo quale pauroso spreco di energie intellettuali è stato fatto là dentro fino all ' altro ieri per dimostrare a scientificamente » il contrario di ciò che i fatti rendevano evidente anche alle menti più sprovvedute , e a quale servile mansione siano state ridotte in questo modo le attitudini scientifiche che pur non mancano in esso ; se pensiamo che , per l ' ennesima volta , questa revisione è stata promossa e condizionata dalle mutate esigenze politiche del blocco sovietico ; e se consideriamo infine quale paurosa e talora immedicabile sedimentazione di incomprensioni ottuse , pregiudizi subalterni , disorientamenti e scoramenti , questo sistematico codismo critico lascia ogni volta fra la classe operaia . Non giova a nessuno nascondere o attenuare la gravità del male che paralizza il PCI , la sua colpevole renitenza a rendersi disponibile per una autentica lotta socialista . Ma questa renitenza non può giustificare in nessun modo una nostra associazione ai fini che la DC si prefigge nei confronti del partito comunista ; o anche solo una nostra neutralità di fronte ad essi . Oltre tutto , non dimentichiamolo , mettere fuori gioco un partito comunista non significa davvero sottrargli la base di massa , indebolirlo numericamente ; né , ancora meno poter seriamente agire su questa base per trasformarla in un fattore attivo di una via nazionale per il socialismo . Un partito comunista fuori giuoco , considerato elemento estraneo da non mettere in conto , più che mai arroccherebbe in un settarismo sterile masse fondamentali delle classi lavoratrici , più che mai si avvarrebbe delle vittorie elettorali che gli errori altrui saprebbero costantemente regalargli , per non cambiar nulla , per continuare a ritenere intangibili la propria struttura e la propria ideologia . Se lasciamo solo ad esso il compito di tener desta l ' agitazione nel paese , se rinunziamo a impegnare un diretto , serrato colloquio polemico con questo partito sui temi della via italiana al socialismo , e a mostrare alle masse che lo seguono che noi stiamo lottando non per isolarle ma per aprire ad esse strade nuove e migliori da quelle percorse dal PCI , noi contribuiamo insieme ad isolare questo partito ma anche a rafforzare la sua base di massa e la sua forza numerica . $ perfettamente legittimo operare per travasare voti ed energie dal PCI al nostro partito : ma anche per raggiungere questo scopo è un sistema sbagliato quello di isolarlo . L ' unico modo per rompere le barriere che impediscono a quei sette milioni di socialisti di contare per quanto potrebbero e dovrebbero nella vita politica italiana , è appunto mostrare ad essi che , non solo noi non ci associamo , neanche tatticamente , a un disegno di ulteriore divisione e indebolimento dello schieramento operaio e socialista , ma che , al contrario , abbiamo un piano strategico più avanzato dei loro dirigenti : e questo piano può essere solo quello di ricostruire a un livello più alto e maturo l ' unità politica della classe operaia . Questo è l ' unico tipo di pressione esterna che possa favorire e accelerare sostanziali processi di rinnovamento dentro il PCI : poiché solo esso chiarirebbe l ' assurdità di linee divisorie che già da oggi sono date non da alternative di politica interna ( cosa ha il PCI da contrapporre a noi in questo campo ? ) , ma da tutta una serie di miti assolutamente inutili alla via nazionale per il socialismo , inutili anzi a ciò che ai dirigenti comunisti sembra invece di poter tutelare con essi , cioè l ' internazionalismo proletario . Di fronte a un piano nostro ordinato a quel fine la base comunista scoprirebbe veramente che l ' unico residuo ostacolo a una maggioranza socialista in Italia è proprio il modo di organizzazione interna del proprio partito e la dipendenza dai suoi dirigenti dalla politica sovietica . Una pressione esterna sul PCI per l ' unità politica della classe operaia è oggi in Italia oggettivamente l ' unico modo di operare per spazzar via l ' ostacolo che In struttura e l ' ideologia di questo partito rappresentano alla via italiana per il socialismo . Perciò non solo essa sarebbe cosa del tutto diversa dal frontismo c dal fusionismo di cui parla Paolicchi : ma sarebbe appunto un coefficiente fondamentale per quella modificazione del generale quadro politico italiano che , come egli ben scrive , è indispensabile per aprire condizioni nuove e più favorevoli alla lotta socialista nel nostro paese . Che tutto questo non sia solo questione di tattica ; che anzi , al punto a cui è giunta la crisi e lo sfacelo di tutto il socialismo europeo , questo disegno politico imponga una revisione critica globale del contenuto intellettuale , dei metodi operativi , delle prospettive strategiche di tutte le forze socialiste ; che tale revisione debba farsi programmaticamente entro un quadro continentale , sotto pena di una sconfitta , ciò è una questione diversa : e anch ' essa deve essere discussa fra noi . Quanto prima cominceremo meglio sarà .