Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> categoria_s:"StampaPeriodica" > anno_i:[1940 TO 1970} > autore_s:"Besozzi Tommaso"
StampaPeriodica ,
Chi è stato a tradirlo ? Dove è stato ucciso ? Come ? E quando ? La grande maggioranza dei siciliani non crede alla descrizione ufficiale del conflitto nel quale ha trovato la morte Salvatore Giuliano . E anche noi dobbiamo confessare di avere inutilmente tentato di mettere d ' accordo parecchi particolari di quella relazione con i luoghi ; le circostanze , il racconto di chi quella notte vegliava a pochi passi di distanza dal tragico cortile in cui si è svolto l ' epilogo del dramma o è stato svegliato dal fracasso delle fucilate . Tutto ciò si chiamerà forse cercare il pelo nell ' uovo , ma l ' esame delle incongruenze , dei punti oscuri dei dubbi che inevitabilmente nascono nella mente di chi abbia tentato sul posto di ricostruire la scena non cesserà per questo di essere interessante . A Castelvetrano , alle 15,15 del 5 luglio , il capitano Perenze , il brigadiere Catalano , i carabinieri Renzi e Giuffrida ( dice la relazione ufficiale ) hanno riconosciuto da lontano il capobanda mentre assieme a uno dei suoi uomini percorreva la via Gagini . Vistisi sorpresi , i due si sono dati alla fuga in direzioni diverse e il gregario è riuscito facilmente a dileguarsi . Giuliano invece è stato inseguito attraverso le vie della città . Contro di lui è stato fatto fuoco , ripetutamente , un proiettile lo ha raggiunto alla spalla , il fuggitivo ha risposto a sua volta con la pistola e col mitra . Giunto in via Mannone , il brigante ha sperato di trovare scampo entrando in un cortile , e là , mentre tentava di dare la scalata al muro di cinta , oltre il quale c ' è un piccolo orto e poi la campagna , è stato freddato con una raffica di mitra dal capitano . Dunque nessuno poteva immaginare in anticipo che Salvatore Giuliano sarebbe entrato in quel cortile . Eppure parecchi civili delle case confinanti affermano d ' aver inteso fin dalla mezzanotte un rumore di tegole smosse e un bisbigliare come se vi fosse gente sui tetti . Stettero un poco in ascolto , ma quello strano trambusto dopo un quarto d ' ora si chetò . Nessuno diede peso alla cosa e di lì a poco in via Mannone tutti ripresero a dormire , eccetto tre uomini che per le esigenze del loro mestiere dovevano già essere a bottega : il proprietario e i due garzoni del forno Lo Bello , che è sullo stesso lato della strada a 20 metri dall ' ingresso del cortile . Era una notte afosa , e nell ' interno del panificio il caldo era insopportabile . I due garzoni che avevano finito di impastare il pane e aspettavano che lievitasse erano usciti sulla via e stavano chiacchierando accovacciati sul marciapiedi , con le schiene nude appoggiate agli stipiti . Ma la prima sigaretta che essi avevano acceso non era ancora finita quando due carabinieri , spuntando dall ' ombra , si avvicinarono e intimarono di ritirarsi e di sprangare la porta . L ' ingiunzione era stata fatta con il tono di chi non ammette repliche . È molto probabile tuttavia che il mattino seguente le clienti del fornaio Lo Bello abbiano trovato da ridire sulla confezione del pane . La curiosità di sapere quello che stava per accadere sulla strada non poteva certo permettere ai panettieri di attendere con diligenza al consueto lavoro . Avevano lasciato i battenti un pochino socchiusi e di tanto in tanto andavano ad origliare . Così non sarà esagerato dire che l ' aria lacerata dal primo sparo vibrava ancora quando gli occhi dei fornai erano già incollati alla fessura . Sembrò loro che la via fosse deserta ... Non videro dunque entrare nessuno nel cortile . Scorsero invece un uomo che ne usciva , che passò correndo sotto un lampione . Lo videro di spalle per un attimo e tutto quello che seppero dire di lui è che si trattava di un uomo forse giovane , tarchiato , che camminava a piedi nudi . Ma vedremo dopo quale parte attribuisca la fantasia popolare a questo personaggio . Nessuno ha sentito La via Mannone parte dalla piazza del mercato , taglia in linea retta il rione orientale del paese e finisce nella campagna . Nel tratto che va dal mercato al cortile non ci sono trasversali . Da che parte ci arrivò Giuliano fuggendo da via Gagini ? Dal mercato dopo aver attraversato la piazza della torre , dove sono ininterrottamente di fazione due agenti , dal corso dove a qualunque ora c ' è sempre gente scamiciata che passeggia , dal verziere dove c ' è un grande negozio di fruttivendolo che resta aperto tutta la notte con le luci accese e dove attorno ai banchi e ai cumuli di ceste che non vengono mai rimossi passeggiano continuamente i guardiani ? Evidentemente no , perché nessuno ha visto né lui né gli inseguitori . Allora è venuto dalla via Gioberti , che è dalla parte opposta e , giunto al crocicchio di dove poteva scorgere davanti a sé le prime siepi e i primi alberi della campagna , ha piegato invece in via Mannone verso il centro del paese . L ' illogicità di questa decisione stupisce molti . Il lettore tuttavia non ci faccia troppo caso perché sono tante le ragioni che possono avere spinto il fuggitivo ad abbandonare la via più facile per quella più rischiosa . È stato detto piuttosto che la sparatoria era cominciata in via Gagini ed era continuata da una parte e dall ' altra lungo tutto il percorso . Ma per quanto si siano interrogati molti abitanti di quella zona non si è trovato nessuno che ricordasse di aver udito un solo sparo . Eppure le finestre erano spalancate per il caldo opprimente . La notte in quel rione è silenziosa . Una pistolettata o una scarica di mitra avrebbero dovuto destare anche chi ha il sonno più duro . Gli abitanti di via Mannone invece hanno sentito . La loro testimonianza però è in contrasto con la versione ufficiale . Non aveva l ' orologio Questa dice che il brigante esplose 52 colpi col moschetto mitragliatore , che al 53 ° si inceppò . Giuliano buttò a terra il mitra quando era già nel cortile e impugnò la pistola , ma il capitano dei carabinieri lo prevenne scaricandogli addosso per primo un intero caricatore del suo Thompson . Gli spari insomma avrebbero dovuto susseguirsi in quest ' ordine : raffiche di mitra più o meno lontane ( Giuliano che spara sulla strada ) , altra raffica dopo una pausa di silenzio ( Perenze che fa fuoco all ' ingresso del cortile ) ; subito dopo forse qualche colpo di pistola ( Giuliano che , prima di stramazzare a terra , tenta l ' ultima difesa ) , forse il Thompson che risponde ancora ( Perenze che ha innestato il caricatore nuovo ) . Invece gli abitanti di via Mannone ( trascureremo i nomi della gente minuta facile ad accettare ed a ripetere come esperienza propria il racconto altrui e citeremo soltanto il pretore di Castelvetrano , avvocato Giovanni De Simone e il colonnello a riposo Santorre Vizzinisi ) sono unanimi nel ripetere che si sentirono prima cinque o sei colpi di pistola sparati sotto l ' arco di ingresso o nel cortile , poi due raffiche di mitra distanziate da un breve intervallo . Subito dopo si udì la voce del capitano che gridava a qualcuno di portare un po ' d ' acqua per il ferito e il furioso martellare del calcio del moschetto alla porta dell ' unica abitazione che si apre sul cortile . Parleremo in seguito dell ' interpretazione che la fantasia dei diffidenti siciliani dà a questo particolare . Sarà bene tuttavia citare sin d ' ora l ' obiezione più comune : che i feriti siano tormentati dalla sete è una di quelle nozioni elementari che anche il più rozzo dei pastori possiede . È tra l ' altro un vecchio motivo della retorica popolare . Ma questa arsura viene immediatamente appena uno è colpito , oppure è conseguenza del dissanguamento , della febbre provocata dalle ferite e sopraggiunge dopo un certo periodo di tempo ? E perché Giuliano non aveva un soldo addosso ? Perché portava una semplice canottiera , lui così ambizioso e a suo modo elegante ? Perché non aveva l ' orologio al polso , quel grosso cronometro d ' oro per il quale aveva una bambinesca affezione e , lo hanno testimoniato molti , era l ' ultima cosa che si togliesse coricandosi , la prima che cercasse al risveglio ? C ' erano poi altri particolari che alimentavano il dubbio e , apparentemente , con maggiore evidenza : alcune ferite , specie quella sotto l ' ascella destra , sembravano tumefatte come se risalissero a qualche tempo prima ; altre erano a contorni nitidi e apparivano più fresche . Due o tre pallottole lo avevano raggiunto al fianco e avevan prodotto quei fori grandi a contorni irregolari tipici dei colpi sparati a bruciapelo : altre erano entrate nella carne lasciando un forellino minuscolo perfettamente rotondo . Il tessuto della canottiera appariva intriso di sangue dal fianco alla metà della schiena , e sotto quella grossa macchia ( aveva oltre due palmi di diametro ) non c ' erano ferite . Era logico pensare che il corpo del bandito anziché bocconi fosse rimasto per qualche tempo in posizione supina , perché tutto quel sangue doveva essere sgorgato dalle ferite sotto l ' ascella e certamente era sceso , non poteva essere andato in su . Le avventure di Paperino Da Trapani a Sciacca , a Santa Ninfa , a Partanna non c ' è uno che non sorrida quando gli si parla del famoso furgone sul quale gli uomini del colonnello Luca , travestiti da cinematografari , percorrevano le campagne e sostavano nei paesi fingendo di girare un documentario , perché Salvatore Giuliano , tradito dall ' ambizione e dalla smania di pubblicità , lasciasse le sue montagne e cadesse nella trappola . Per quanto avesse incollato su una fiancata due grosse strisce con le scritte : « Gazzetta dello Sport » , « Il Paese » , e su una terza striscia di carta dipinta a mano che attraversava di sbieco il lato opposto si leggesse « Le avventure di Paperino » , tutti , anche i ragazzini , sapevano che si trattava di una radio trasmittente mobile della polizia capace di collegare Trapani a Palermo . Cosa che tra l ' altro era dimostrata con evidenza dall ' antenna molto alta che non si poteva certo né sopprimere né camuffare . Proprio Giuliano avrebbe dovuto farsi ingannare da un trucco così grossolano ? E allora ? È forse possibile rispondere alle domande che sono state poste al principio del discorso ? Si può tentare . Per un buon tratto di strada cammineremo su un terreno sicuro e , quando usciremo dalla realtà della cronaca per riferire le congetture che molti fanno , avvertiremo onestamente il lettore . È certo che non si manca affatto di rispetto al colonnello Luca né a chi sulla scala gerarchica sta più in alto o più in basso di lui dicendo che la relazione ufficiale sulla morte di Salvatore Giuliano è camuffata , reticente su certi punti , su altri imprecisa . Poco o molto , tutti i rapporti che la polizia rende noti al pubblico devono essere necessariamente così . Vi sono circostanze che non possono essere rivelate , promesse che è giusto mantenere , uomini che bisogna salvare dalla vendetta . Perfino davanti al giudice e nei casi più gravi la legge concede al funzionario di polizia il diritto di tacere la verità : quando gli si chiede il nome del confidente , di chi lo ha messo sulle tracce , lo ha aiutato a formulare l ' accusa , ad arrestare il colpevole . Il furgone con l ' etichetta « Le avventure di Paperino » non ha alcuna parte nel dramma . Il più grande aiuto allo sterminio della banda di Montelepre e del suo capo è venuto dalla mafia , ed è chiaro che ciò non significa affatto che la polizia abbia sollecitato o anche incoraggiato quell ' aiuto . L ' alleanza tra Giuliano e i mafiosi era nata naturalmente al principio della carriera del brigante . Turiddu aveva bisogno dell ' appoggio dell ' « onorata società » e a quegli altri era comodo speculare sulla paura che il nome del brigante incuteva . Ma poi i capimafia , che erano stati i primi esattori della banda , esagerarono . Imposero riscatti che erano cinque volte superiori a quelli che il bandito intendeva richiedere e intascarono la differenza . Cominciarono a molestare , sempre trincerandosi dietro quel terribile nome , alcuni che avevano reso grossi servigi a Giuliano e che ne avevano avuto promesse di protezione . Il contrasto si aggravò al punto che Turiddu , assieme a pochi dei suoi uomini , tra i più fedeli , scese sulla piazza di Partinico e in pieno giorno vi uccise a pistolettate i più alti capi dell ' associazione criminosa e segreta . Le vittime non avevano però un grosso prestigio oltre l ' ambito del loro paese , perché oggi non esiste più una mafia unica che abbia giurisdizione su tutta l ' isola , ma tante mafie locali autonome e spesso nemiche . Forse il brigante sperava di giocare su queste rivalità territoriali e in parte ci riuscì : infatti fu condannato a morte dalla sola mafia di Partinico mentre le altre sembrò che continuassero ad essergli amiche ; e invece era soltanto una maniera di temporeggiare aspettando il momento opportuno per liberarsi di lui . Per cinque anni i rapporti tra le due forze della delinquenza siciliana seguirono così alterne vicende : Giuliano , per tenersi buoni quei pericolosi vicini si buttò talvolta in imprese rischiose dalle quali non avrebbe potuto trarre un utile diretto ( tra le altre si dice l ' eccidio di Portella della Ginestra ) : la mafia gli guardò le spalle , lo garantì dalle delazioni . Ma è difficile che due galli nello stesso pollaio possano vivere uno accanto all ' altro senza cavarsi gli occhi . L ' equilibrio era mantenuto soltanto dalla straordinaria potenza di Giuliano . Il giorno che questa decadde , la sentenza di Partinico fu omologata e sottoscritta da tutte le mafie . Si ricordi tra l ' altro che proprio in questi giorni si sta svolgendo a Viterbo il processo per l ' eccidio di Portella della Ginestra . Si voleva prendere Giuliano , ma era sempre rischioso mandargli un sicario secondo il classico sistema . Per farlo cadere cominciarono a togliere la protezione ai suoi rompendo la legge dell ' omertà . Imposero che quelli della banda , dovunque fossero , dovessero essere segnalati alla polizia . Così uno a uno furono arrestati molti dei fuorilegge , i più sicuri scherani della banda di Montelepre . Quasi sempre chi si lasciava scappare una preziosa confidenza non era un affiliato alla mafia , ma era stato costretto dalla mafia a ingoiare la paura e farsi delatore . Il 27 giugno scorso , poco prima di mezzogiorno , un carrettiere mafioso che percorreva la provinciale per Trapani con un carico di pomodori , giunto in località Lo Zucco , a pochi chilometri da Partinico , vide sbucare da un cespuglio due uomini che gli mossero incontro e gli intimarono di fermarsi . Erano Frank Mannino e Nunzio Badalamenti , l ' amministratore e il più spietato sicario della banda Giuliano , che ormai poteva disporre di non più di sette od otto gregari . I tre si conoscevano da molto tempo , perché il carrettiere aveva avuto modo in passato di rendere qualche buon servigio ai briganti . Mannino e Badalamenti erano usciti dal nascondiglio avendo appunto ravvisato in lui un amico . Domandarono : « Va verso Castelvetrano vossìa ? » . L ' uomo rispose di sì . I briganti gli chiesero allora di nasconderli sul carro e di portarli fino alle porte del paese . Così furono vuotate due ceste ( quelle che si usano in Sicilia per il trasporto dei pomodori sono molto grandi , a tronco dicono , alte un metro e cinquanta , e larghe alla sommità quasi altrettanto ) . I banditi vi si accovacciarono dentro e furono coperti coi pomodori . Là sotto è chiaro che riuscivano a respirare ma non potevano certo vedere . E di lì a poco , quando sentirono il cavallo fermarsi ; accettarono per vere le rassicuranti spiegazioni del carrettiere . Il veicolo invece sì trovava in quel momento davanti alla caserma dei carabinieri di Alcamo e non è necessario dire come finisse la storia . La polizia tenne segreto l ' accaduto , Giuliano non seppe che altri due dei suoi uomini erano caduti in trappola . Ora bisognerà passare sul terreno delle congetture . Mannino e Badalamenti andavano a Castelvetrano . A fare che cosa ? Conoscendo l ' epilogo di questa storia è facile arguire che ci andassero convocati dal loro capo e quindi che sapessero dove questi si teneva nascosto . In carcere possono essere stati indotti a cantare . Uno dei due ( Mannino ? ) può essersi lasciato convincere a tradire il suo capo , a consegnarlo vivo o morto . Ecco chi era il compagno di Giuliano la notte del 5 luglio , e che si sia parlato di quella sua misteriosa scomparsa subito dopo l ' avvistamento della pattuglia è cosa ovvia . Può darsi invece che la verità sia un ' altra . Il traditore non si sarebbe affatto allontanato dal suo capo , ma gli sarebbe stato al fianco facendogli da guida . Lo ha portato in trappola nel luogo prestabilito , dove i carabinieri lo attendevano in agguato . Giunti i due sulla soglia del cortile la situazione si faceva oltremodo difficile e pericolosa : se la guida continuava a stare vicina al capo , c ' era modo di finire sotto le pallottole degli agenti ; se proprio in quel momento tentava di sganciarsi da lui , c ' era caso che , intuendo il tradimento , Giuliano facesse fuoco su di lui . Il modo migliore di cavarsela per un ' anima perversa era di sparare a bruciapelo sulla pistola del capo . Ecco così spiegata la sequenza dei colpi , le ferite più grosse , slabbrate , al fianco , l ' ombra che esce di corsa dal cortile e si avvia verso la campagna , dove l ' attende un ' auto della polizia , è comprensibile la sua fretta di tornare in carcere . Ma la grossa macchia di sangue sulla schiena , la tumefazione di alcune ferite e la freschezza di altre , l ' essere Giuliano in maglietta senza denaro e senza orologio sono circostanze che non si spiegano affatto con questa storia . Allora facciamo un passo più in là e ascoltiamo le congetture di qualcuno a cui non piace di mettere il morso alla propria fantasia . Mannino o Badalamenti , o chiunque sia stato il traditore , entrò nella camera dov ' era nascosto Salvatore Giuliano , ma gli mancò il coraggio di svegliarlo e di condurlo fuori . Preferì sparargli a bruciapelo nel sonno . Poi , si sa : a nessuno poteva far piacere che si venisse a conoscere un così brutto episodio . Forse anche colui che ospitava il brigante era a parte del primitivo progetto , aveva aderito a facilitare la cattura e non si poteva ripagarlo lasciandogli in casa il cadavere ( quel cadavere ) fino al momento in cui sarebbero venuti il giudice , i fotografi , i becchini . Allora lo portarono nel cortile di via Mannone . Spararono . Il capitano andò a bussare alla porta e gridò che gli portassero dell ' acqua per un ferito perché tutti sentissero che Giuliano non era morto ancora . Queste storie si sentono raccontare ad ogni ora del giorno e della notte per le strade della Sicilia . È difficile accertarle . Però uno che sia stato sul luogo , che si sia chinato a guardare il corpo di Salvatore Giuliano steso bocconi in mezzo al cortile , che abbia chiacchierato un poco con la gente di via Mannone , è costretto , di tanto in tanto , a pensarci .
StampaPeriodica ,
Torino , aprile - Ogni tre minuti , una piccola automobile utilitaria esce dalle sale di montaggio della FIAT - Mirafiori . La portano , per il collaudo , sul tetto dello stabilimento , dove è la pista di prova . Ridiscende nel cortile , per l ' ultimo controllo . Un ' ora dopo la caricano su un autotreno a due piani che ne trasporta trenta alla volta ; o su uno dei vagoni che attendono alla stazione del Lingotto . Gli autotreni ed i carri merci partono , a brevi intervalli , con il loro carico di macchine nuove , e c ' è sempre qualche operaio che s ' affaccia per fare un gesto festoso di saluto . Nelle strade più vicine allo stabilimento , anche le donne che vanno per la spesa al mercato di via Nizza si voltano soddisfatte a guardare le macchine fresche di vernice che passano , affiancate sui due piani di un autocarro , minuscole e lucenti come giocattoli . Per la gente del Lingotto , il successo della 600 è un fatto di enorme importanza . Un motivo d ' orgoglio . Alla costruzione di quelle piccole utilitarie lavorano , direttamente o indirettamente , almeno due su tre dei cinquantaseimila dipendenti della grande fabbrica d ' automobili . A Torino , si sente dire da molti che la clamorosa vittoria dei sindacati liberi , nelle recenti elezioni delle Commissioni interne della FIAT , è tutto merito della 600 . Non è , certo , un ' affermazione da prendersi alla lettera . C ' è del vero , tuttavia . Le ragioni che hanno fatto perdere tanti voti ai candidati comunisti sono parecchie ; ed alcune hanno avuto , senza dubbio , molto maggior peso . Ma ci si consenta di cominciare di qui . È la pagina più bella di questa storia . Forse , la più confortante . I dirigenti della FIAT dicono che il rendimento delle maestranze è notevolmente aumentato , in ogni reparto , dal giorno in cui è cominciata la costruzione in serie della 600 . La grande maggioranza degli operai mostra di lavorare con entusiasmo e con molto maggiore impegno . E il mutamento è così profondo che non basta a spiegarlo la promessa di premio di produzione la cui entità , per bene che vadano le cose , dovrà essere necessariamente modesta . È rimasto lo « spirito di fabbrica » . Li esalta e li inorgoglisce il successo che ha incontrato , ovunque , la vettura utilitaria . Provatevi a dire , parlando con uno del Lingotto , che la 600 è una trappoletta ! Non è un ' automobile di lusso che nasce dalla loro fabbrica , ma una vetturetta popolare , un mezzo di lavoro e di svago che anche gente di condizioni modeste si potrà concedere , senza eccessivi sacrifici . Anche il piccolo impiegato , l ' operaio specializzato della FIAT : perché no ? Quasi tremila di essi si sono già prenotati . La fabbrica accorderà loro agevolazioni speciali e una più lunga rateizzazione . Andranno allo stabilimento in macchina , come fanno gli operai americani . Insomma , ogni volta che stringono un bullone o spruzzano una « mano » di vernice , è come se lavorassero per la « loro » automobile . Che c ' entra , questo , con lo scacco della FIOM ? Ecco : sembra che i sindacati comunisti pensassero di sabotare la costruzione della 600; della vetturetta che ognuno di essi sogna di possedere , che già considera sua . La votazione per la nomina delle Commissioni interne ebbe inizio alla mezzanotte del lunedì , nei reparti delle Fonderie , dove lavorano tremilacinquecento operai e più di quattrocento impiegati . È continuata , nelle altre fabbriche , per tutta la giornata seguente , senza incidenti di rilievo . Era un fatto grosso ; e le organizzazioni sindacali avevano iniziato da tempo la propaganda elettorale , con grande impegno e con insolita larghezza di mezzi . Le facciate delle case torinesi , in parecchi quartieri periferici , come al Lingotto , in via Nizza , o alla Madonna di Campagna , erano coperte di manifesti . Nelle ultime settimane erano stati tenuti molti comizi ai quali , in genere , aveva assistito un pubblico scarso e distratto . Gli agit - prop lavoravano , da un pezzo , negli stabilimenti ; giravano casa per casa ; e non è necessario ripetere di quali argomentazioni si servissero . È stata una grossa battaglia , insomma , condotta da entrambe le parti , con ostinazione e con irruenza . Ed era lecito prevedere che i sindacati comunisti avrebbero perduto terreno anche questa volta : dall'80 per cento dei voti , raccolto nel '48 , erano scivolati al 66 per cento , nel '53; al 63 per cento , nel 1954 . Quest ' anno , forse , pensavano i più informati , la FIOM , filiazione della Confederazione generale del lavoro , avrebbe ottenuto il 58 o il 60 per cento dei voti . Avrebbe conservato , comunque , la maggioranza assoluta . È stato , invece , il tracollo . Soltanto 18.919 dipendenti della FIAT hanno votato per i candidati estremisti ; mentre le liste dei sindacati liberi , cioè della CISL e della UIL , hanno ottenuto complessivamente poco meno di cinquantaduemila voti . Il successo della 600 ed il rinato « spirito di fabbrica » , come si è detto più sopra , hanno senza dubbio contribuito alla vittoria dei sindacalisti democratici nelle elezioni della FIAT ; ma , certo , non è lecito pensare che siano state le sole cause dell ' imprevisto capovolgimento . E nemmeno le più importanti . Fino a non molto tempo fa i caporioni comunisti avevan potuto tenere in soggezione i compagni di lavoro con la violenza . C ' era una squadraccia , in ogni reparto ; e chi non accettava supinamente quell ' umiliante servitù doveva aspettarsi ogni sorta di angherie . Chi osava ribellarsi in maniera più aperta ; i crumiri ; quelli sui quali cadeva il sospetto di « fare il gioco dei padroni » venivano bastonati al primo pretesto . E molti avevano preso la tessera del partito o della FIOM , per paura . I nomi dei pochi iscritti alla CISL ed alla UIL erano scritti a grossi caratteri su cartelli esposti nelle officine ; e sotto all ' elenco c ' erano frasi di scherno e di minaccia . Ma la disciplina e il rispetto della libertà , a poco a poco , erano stati di nuovo imposti dagli agenti ai quali è affidata la sorveglianza delle fabbriche , all ' interno ; e dalle squadre di poliziotti che , nelle giornate di torbidi , presidiano i piazzali esterni e le vie di accesso . Accadeva sempre più di rado che si malmenasse un crumiro , che si sbarrasse la strada ad un propagandista della CISL o della UIL . Qualcuno , sentendosi protetto , si era rifiutato di rinnovare una tessera che aveva chiesto senza convinzione , a scanso di guai ; e si era visto che , nella maggioranza dei casi , anche i più accesi attivisti avevano dovuto rinunciare a mettere in atto le minacce di rappresaglia . Le squadracce facevano sempre meno paura . Al termine di una settimana di disordini , molti che fino allora si erano supinamente assoggettati alla dittatura del capocellula cominciavano ad accorgersi che non era più tanto facile trovare una risposta valida alle lamentele della moglie da quando , due anni fa , la FIAT aveva deciso di corrispondere un premio di duemila lire a chi si fosse recato al lavoro , nelle giornate di sciopero . Le donne , in nove casi su dieci , non intendevano ragioni . Anche le « progressiste » mostravano di preferire una busta paga un po ' più gonfia del consueto alle poche centinaia di lire del sussidio . Poi , la lotta contro i sobillatori comunisti è entrata in una fase più dura . Per arrivare a disfarsi dei più scalmanati la FIAT non ha dovuto ricorrere , in maniera palese , a pericolose discriminazioni . Il che non significa che abbia sempre agito con mano leggera . Ma era nel suo diritto , dopo tutto . In parecchi reparti della Grandi Motori , qualche mese fa , sono stati dimezzati í turni di lavoro . Le commesse non bastavano , per mantenere l ' intero stabilimento in piena attività . Un periodo di temporanea disoccupazione al quale , si diceva , dovevano assoggettarsi senza distinzione sia gli operai devoti che i riottosi . Ed , entro il termine previsto , erano state concluse , infatti , trattative per importanti forniture . Ma soltanto una parte delle maestranze era stata richiamata ; nessuna delle pecore nere era tornata a varcare i cancelli della fabbrica : per esse era sempre tempo di crisi . Ed era chiaro che sarebbe durato in eterno . È su questo episodio che poggiano le accuse di intimidazione mosse dai giornali comunisti all ' indomani della sconfitta . In realtà , tra le maestranze della FIAT era nata una nuova paura . Si diceva che , con quello stesso sistema , sarebbe stata attuata una vasta epurazione in tutti gli stabilimenti del grande complesso industriale . Non era certo lecito credere che si potessero licenziare tutti i sessantatremila dipendenti che , nel '54 , avevano dato la loro adesione alla FIOM ; ma lo spettro della disoccupazione faceva tremare molti ; e più degli altri , forse , proprio i meno compromessi , i più deboli , quelli che non avevano mai avuto una convinzione politica . Una massa , cioè , di molte migliaia . Le organizzazioni comuniste che avevano ottenuto , d ' altra parte , con gli scioperi e le violenze ? Durante il 1954 , nulla . Non una delle rivendicazioni da esse propugnate era stata accolta . La FIAT , invece , aveva fatto molte concessioni alla CISL ed alla UIL . Per l ' intervento dei sindacati liberi aveva stipulato accordi sui « fuori orario » e sui tempi di lavorazione più favorevoli alle maestranze ; aveva concesso un premio straordinario di 18.500 lire ; aveva promesso di costruire duemilacinquecento appartamenti operai , con una spesa di otto miliardi . Aveva stanziato in bilancio sette miliardi per le opere assistenziali , invece dei tre che avrebbe dovuto versare per legge . A provocare il crollo della FIOM è stata la paura dell ' epurazione ? Sono stati quei miliardi ? Questo , forse , non sarebbe bastato ad aprire una così larga breccia . Gli operai torinesi non potevano seguitare a fare i gradassi senza capire che , a lungo andare , ne sarebbero stati essi stessi le vittime . Si sono stancati . Hanno compreso che la fortuna della loro fabbrica è anche la loro fortuna . Molte migliaia di essi sono passate risolutamente dall ' altra parte : vogliono lavorare in pace . Anche perché con le agitazioni politiche , con gli scioperi , con le poche centinaia di lire del sussidio non si arriva , certo , a pagare le rate della 600 .