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> categoria_s:"StampaPeriodica" > anno_i:[1940 TO 1970} > autore_s:"Cancogni Manlio"
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Nomadelfia , febbraio - Don Zeno ricevette la lettera di monsignor Borgongini Duca con l ' invito di recarsi al Santo Uffizio i13 febbraio , mentre si trovava a Nomadelfia in provincia di Grosseto . Era già qualche tempo che aspettava un invito del genere . Non sapeva che cosa si nascondesse dietro le parole del nunzio apostolico che lo chiamavano a Roma , ma già dall ' autunno scorso sentiva che qualche cosa di nuovo stava per accadere . La vita di Nomadelfia , nonostante le difficoltà e i numerosi debiti , si avviava sulla strada buona . Il numero degli amici e dei protettori grandi e piccoli era in aumento . Giusto in quei giorni , a Milano un gruppo di industriali aveva regalato a Nomadelfia un frantoio e un camion , e sembrava che il governo stesse prendendo la decisione di pagare i cento milioni circa che , per la legge sull ' assistenza , doveva alla città dei Piccoli Apostoli . E tuttavia , anzi , proprio perché le prospettive per il 1952 si annunciavano migliori , don Zeno non era tranquillo . Il Papa l ' aveva ricevuto , aveva parlato a lungo con lui e prima di congedarlo l ' aveva abbracciato dicendogli : « Don Zeno , faccia , continui a fare e faccia presto » . Queste parole e la commozione che aveva visto sul viso di Pio XII dovevano essere una garanzia ; e tuttavia don Zeno , anche ripensando a questo incontro , che aveva tutte le caratteristiche di un riconoscimento , non era capace di pensare all ' avvenire della sua città evangelica con ottimismo . Per sentirsi sereno doveva stare in mezzo ai Piccoli Apostoli di Fossoli e di Grosseto , vedere i grandi che lavoravano nei campi o nei laboratori e i piccoli che giocavano al gioco di padre Girolamo nelle strade dal fondo sconnesso del villaggio . I Piccoli Apostoli dimostravano di avere più fede di lui . Il 5 febbraio don Zeno andò a Roma in automobile . Indossava la solita tonaca di tutti i giorni un po ' lisa e impataccata dalla quale spuntavano il collo e i polsi di un maglione azzurro , salì in fretta le scale del Santo Uffizio . Borgongini Duca lo ricevette subito ; lo guardò , accennò a parlare , ma non disse nulla e subito infilò una mano nella veste traendone un foglio ripiegato . Il nunzio apostolico avrebbe voluto preparare il visitatore alla notizia ; ma don Zeno lo stava guardando fissamente col capo leggermente curvo e sembrava gli avesse già letto dentro . « Con lei » disse il nunzio « sono inutili i preamboli » . E gli consegnò il foglio sul quale era scritta la decisione con la quale il Santo Uffizio ordinava a don Zeno di allontanarsi da Nomadelfia e di mettersi a disposizione del suo vescovo . « Anche io » disse don Zeno dopo aver letto « non voglio farle perdere tempo in discussioni » . Prese il foglio , lo appoggiò a una mensola e restando in piedi scrisse , sotto la firma del cardinale Pizzardo , segretario del Santo Uffizio , queste parole : « Eminenza , ringrazio il Signore che mi fa il dono di compiere un atto di obbedienza . Obbedisco in Corde lesti . Mi prostro al bacio del S . Anello . Dev.mo sac . Zeno Saltini » . Poi restituì il foglio al nunzio . Allora Borgongini Duca si mise a piangere e l ' abbracciò . Poi disse : « Voglio che lei sappia che il mio pensiero non coincide con quello del Santo Uffizio » . Don Zeno ripartì subito da Roma . Guidava la macchina un Piccolo Apostolo di Fossoli , un giovane di circa venti anni , e don Zeno gli sedeva accanto in silenzio mentre í suoi occhi fissavano , oltre il vetro , il nastro della strada . Per quanto si sforzasse di aguzzare lo sguardo , ogni tanto il fondo della strada si confondeva come in una nebbia e lui era costretto a strofinarsi le palpebre con la mano per schiarirsi la vista . Più di una volta le lacrime gli scivolarono lungo le guance fermandosi fra i peli grigi della barba mal fatta . Azio , è questo il nome del Piccolo Apostolo di Fossoli che guida le automobili di Nomadelfia e che quel giorno riportava don Zeno da Roma , si voltava a guardare il sacerdote , ma non aveva il coraggio di chiedergli nulla . Gli dava un ' occhiata timorosa e poi tornava a guardare davanti a sé perché c ' era il ghiaccio sulla strada ed era pericoloso distrarsi . Quando la macchina cominciò a scalare le rampe della Futa , don Zeno disse ad Azio di fermarsi . L ' automobile si arrestò lentamente sul margine della strada in un punto da cui si vedeva in basso la vallata del Mugello che cominciava a velarsi di nebbia . Era sera ; qua e là brillavano i lumi delle case sparse nella campagna . Don Zeno guardò fuori del finestrino , poi disse : « Non volevo parlare ; ma è inutile , tanto lo dovete sapere » . Poi raccontò brevemente al ragazzo quello che era successo . Azio piegò il viso sul volante e non disse nulla . Così rimasero qualche minuto in silenzio . « È un abbraccio della Chiesa » disse poi Azio . Con questo voleva far capire al suo maestro di avere bene imparato la massima dell ' ubbidienza che sta alla base della Chiesa e della comunità di Nomadelfia . « Non cambierà nulla » aggiunse . Infatti la decisione del Santo Uffizio non poteva in alcun modo cambiare la strada della loro città . Nomadelfia è una libera comunità di laici e non un orfanotrofio ; non è un ente morale soggetto alla legislazione della Chiesa . I suoi membri anziani sono liberi di restare o di andarsene . Sono loro che hanno il governo della città e don Zeno , che l ' aveva fondata e diretta per quasi venti anni , formalmente , negli ultimi tempi , era soltanto un consigliere . Azio era commosso ma quando avviò il motore della macchina i suoi movimenti non rivelarono traccia d ' impazienza . Guardandolo don Zeno non poté frenare un moto d ' orgoglio . Il Piccolo Apostolo aveva imparato bene anche l ' altra massima fondamentale del cristianesimo e di Nomadelfia : quella della fede . Azio guidava la macchina sulle difficili curve senza uno sbandamento , sicuro come sempre . Arrivarono a Fossoli che era notte . Nomadelfia dormiva . L ' automobile varcò il cancello oggi sempre aperto e si fermò accanto alla prima casa della città . Nomadelfia a Fossoli è interamente ricostruita sulla pianta del vecchio campo di concentramento . Al posto delle baracche che avevano soltanto le pareti esterne in muratura stanno adesso le case a un piano il cui interno è diviso in camere da letto , cucine , stanze di soggiorno . Le finestre hanno gli infissi , i vetri , e in alcuni casi le tendine e i vasi di fiori sul davanzale . Ogni famiglia ha un appartamento per suo conto e la coabitazione , tollerata come una necessità , è rara . Nell ' ora in cui don Zeno e Azio arrivavano le famiglie dei Piccoli Apostoli erano quasi tutte a dormire . A una finestra brillava un lume . Don Zeno batté a quella porta . Prima di lasciare Nomadelfia , ubbidendo agli ordini del Santo Uffizio , voleva salutare qualcuno dei suoi amici . L ' addio fu molto breve . Azio andò a battere alla porta di Dario , che è il presidente del Consiglio degli anziani cui è affidata la direzione di Nomadelfia , e in poco tempo , intorno a don Zeno furono riunite sette persone , quattro uomini e tre donne , quattro Piccoli Apostoli babbi e tre Piccoli Apostoli mamme . « Cosa dobbiamo fare ? » chiesero tutti al loro protettore . Don Zeno rispose che loro erano liberi . « La vostra legge » disse « è diversa dalla mia . » Essi non avevano nessun obbligo davanti al Santo Uffizio ; e intanto per cominciare , la decisione che lo aveva colpito non li riguardava . « Io non posso darvi nessun consiglio » disse . « Qualunque cosa vi dicessi di fare potrebbe essere un errore . Voi avete una guida che è assai più sicura di me . » Quando don Zeno lasciò Nomadelfia era ancora notte . L ' automobile percorse la strada che a svolte ampie e bene asfaltate porta da Carpi a Modena . Poi imboccò la via Emilia diretta verso il Nord . Il decreto che allontana don Zeno da Nomadelfia è stato preso al termine di una discussione che ha coinvolto alcune delle maggiori personalità del Vaticano . Monsignor Montini appoggiava l ' opera di don Zeno e di Nomadelfia , ma infine ha prevalso il parere dei cardinali Canali e Pizzardo . Quest ' ultimo è il segretario del Santo Uffizio , da cui dipende appunto , fra l ' altro , il controllo delle istituzioni e delle iniziative che costituiscono una novità per il secolo . Come novità Nomadelfia preoccupava già da qualche anno gli ambienti vaticani , e specialmente il cardinale Pizzardo giudicava che questa città evangelica rasentasse in alcuni punti l ' eresia . L ' anno scorso il cardinale Pizzardo aveva avuto una spiegazione personale con don Zeno . Il colloquio fu piuttosto vivace . Erano di fronte due personalità di grande carattere che interpretavano il significato e la missione della Chiesa in maniera contrastante . Da un lato il cardinale Pizzardo si faceva interprete del bisogno che ha la Chiesa di mantenere la sua unità in un momento difficile di lotta politica ; dall ' altra parte don Zeno , pur protestando la sua fedeltà alla Chiesa , insisteva sul messaggio di carità e di solidarietà umana del Vangelo . Il cardinale Pizzardo concludeva le sue tesi con un ' argomentazione il cui significato era questo . La miseria e il male sono inerenti dall ' origine alla natura umana e non possono essere estirpati nel corso della vita terrena . Ma per volontà di Dio , è scesa nel mondo la grazia , cioè la possibilità data a tutti gli uomini , umili e potenti , poveri e ricchi , di salvarsi . Bisogna avere fede . Alla fine dei secoli tutti i torti saranno riparati e la giustizia divina trionferà sulla malvagità degli uomini . Don Zeno ascoltò attentamente le parole del cardinale e quando questi ebbe finito esclamò : « Ma lei eminenza è un luterano ! » . Il cardinale Pizzardo si scandalizzò . Era la prima volta che gli capitava di essere accusato di eresia e chiese spiegazioni . « Lei è un luterano » insisté don Zeno , « perché , con quello che dice , viene a negare il valore delle opere , dando ogni potere di salvezza alla fede , E questa è appunto la tesi di Martin Lutero . » « Ma cosa vorrebbe fare lei allora ? » chiese arrabbiandosi il cardinale . « Pretenderebbe di salvare tutti i bambini poveri e abbandonati di questo mondo ? Vorrebbe andare ad aiutare anche quelli che sono in India c che muoiono di fame a centinaia di migliaia ? » « Io no » rispose prontamente don Zeno . « Io non voglio niente . Dipendesse da me andrei a mangiarmi una pastasciutta . Ma è Gesù che lo vuole » . Dopo questa conversazione non ci fu dubbio per il cardinale Pizzardo che don Zeno fosse un eretico . Il suo pensiero era condiviso da altre personalità vaticane . Nomadelfia non contrastava con nessun principio delle Sacre Scritture , della teologia e della morale cristiana . Ma quel modello di una comunità dove tutto è di tutti e dove nessun membro si può dire padrone di qualcosa , nemmeno dei suoi abiti , impensieriva alcuni ambienti della Chiesa . Nomadelfia era un esempio , un invito che , non essendo seguito , poteva portare a fare dei confronti . C ' era poi la questione della famiglia . Le famiglie di Nomadelfia si fondano non sul vincolo del sangue ma su quello spirituale dell ' adozione . In Nomadelfia tutti hanno una mamma , anche quelli che non hanno mai conosciuto quella naturale , e questo fatto non è soltanto una novità ma anche un rimprovero al modo ristretto e in un certo senso egoistico nel quale è concepita la famiglia non soltanto dalla legge civile ma anche dalla Chiesa . Per mettere gli uomini su un piano di assoluta uguaglianza , Nomadelfia abolisce anche í cognomi . Di altro genere ma altrettanto gravi erano le preoccupazioni che Nomadelfia destava nel governo e nei Comitati civici di Gedda . I rapporti fra don Zeno e Scelba erano decisamente pessimi . Il ministro e il sacerdote si erano incontrati tre volte , e í loro colloqui non erano mai stati troppo cordiali ; c ' erano poi due episodi che avevano esasperato il ministro . Uno era avvenuto nel '49 , l ' altro l ' anno scorso a giugno durante le elezioni amministrative . Un giorno del '49 don Zeno piombò con tutti i Piccoli Apostoli di Fossoli a Modena . Non avevano da mangiare . Invasero la piazza della prefettura e don Zeno salì dal prefetto . « Se non mi riceve » disse al segretario che protestava , « faccio un segno e tutta la gente che è in piazza entra subito nel palazzo . » Il prefetto voleva chiamare la polizia . « È inutile » rispose don Zeno . « Cosa potrebbe fare ? Non crederà mica che gli agenti si presterebbero a sparare su dei ragazzi ? Potrebbe finire male . Invece lei ha una via molto più facile . Telefoni subito a Scelba e gli chieda dieci milioni . » Scelba quel giorno fu costretto a cedere . « Don Zeno » disse il prefetto alla fine del colloquio , « ho fatto il questore e non ho mai avuto paura di nessuno . Ma lei stamane mi ha fatto cadere il sangue nelle scarpe . » Alle elezioni amministrative del 1951 Scelba e i Comitati civici accusarono un colpo forse più grave . Il Consiglio degli anziani di Nomadelfia decise che soltanto gli oratori democristiani avrebbero avuto il permesso di parlare nella loro città . Ma sulle schede i Piccoli Apostoli invece di segnare la lista dello scudo crociato scrissero la parola amore , spiegando che , siccome nessuno dei partiti rispecchiava la parola di Cristo , essi si astenevano dal voto . Un gesto del genere , dato in una zona dove i socialcomunisti hanno circa l ' ottanta per cento dei suffragi , era intollerabile . Per Scelba , e per Gedda , Nomadelfia non era soltanto un ' eresia dal punto di vista religioso ma un pericolo dal punto di vista politico . Bisognava correre ai ripari . Eliminato don Zeno pensavano che la comunità sarebbe stata inquadrata più agevolmente nella legge della Chiesa e nelle direttive politiche della DC e dei Comitati civici . Scelba conosceva personalmente don Zeno e sapeva che non era uomo da piegarsi . Con Gedda don Zeno , invece , non s ' è mai incontrato . L ' ha visto la prima volta in un film documentario in cui l ' attuale capo dell ' Azione Cattolica era al volante di un trattore regalato dagli americani al pontefice , in un podere di Castel Gandolfo . Gedda guidava la macchina con molta decisione in mezzo a un centinaio di persone che applaudivano . Il viso del pilota , il trattore e i campi evocavano nella memoria del sacerdote un passato che non gli era mai piaciuto . Nomadelfia , febbraio . Il Piccolo Apostolo Dario , propatriarca di Nomadelfia , saputa da don Zeno la decisione del Santo Uffizio , aspettò tre giorni prima di comunicarla a tutti i Piccoli Apostoli . Ma il 10 febbraio , di domenica , apparve il testo della lettera di don Zeno pubblicata dal « Corriere della Sera » , e quindi non fu più possibile tacere . Allora radunò tutti i capifamiglia nella chiesa e spiegò loro quanto era successo . Mentre i Piccoli Apostoli , babbi e mamme , parlavano , fuori i bambini non avevano smesso di giocare . Loro non sapevano niente . Un gruppo giocava al « padre Girolamo » , proprio accanto al muro della chiesa dove si svolgeva la riunione . Il « padre Girolamo » è il gioco preferito dai ragazzi di Nomadelfia ed è anche il più economico , perché non richiede che una striscia di stoffa , possibilmente pesante e doppia , lunga poco più di mezzo metro , che ogni ragazzo si può procurare in famiglia . Impugnando la striscia , e saltando su un piede solo , chi fa la parte del padre Girolamo va alla caccia dei compagni , anch ' essi muniti di strisce ma che possono correre su tutti e due i piedi . Il padre Girolamo , finché salta su un piede , è invulnerabile , e intanto può menare colpi a destra e a sinistra . Chi è colpito diventa suo prigioniero . Ma se , nello slancio , il padre Girolamo posa anche l ' altro piede a terra , allora può essere a sua volta colpito e messo fuori gara . Il muro è zona neutra , e finché uno ci sta attaccato è salvo . I bambini giocavano ancora al « padre Girolamo » , quando i Piccoli Apostoli babbi e mamme uscirono dalla chiesa commentando la decisione del Santo Uffizio . Erano addolorati ma non mostravano alcuna preoccupazione . Guardarono i bambini e senza bisogno di intendersi decisero di lasciarli giocare senza dir loro una parola . Poi tornarono alle loro occupazioni . Erano tutti convinti che non sarebbe cambiato niente . Anche senza il loro ex patriarca avrebbero saputo continuare sulla strada intrapresa . La strada che dovranno percorrere i padri salesiani , ai quali il Santo Uffizio ha affidato la direzione di Nomadelfia , è invece assai più difficile . Infatti i padri stessi non sanno cosa dovranno fare . Cosa significa direzione , nel caso della città evangelica di Nomadelfia ? Don Zeno era forse il direttore di un istituto di beneficenza che può essere rimosso dai superiori perché la sua amministrazione o i suoi criteri pedagogici lasciano a desiderare ? Probabilmente gli stessi padri salesiani che da molti anni dirigono orfanotrofi e altri istituti non sanno molto bene cosa sia Nomadelfia . Essi potranno entrare nella città ( nessuno dei Piccoli Apostoli farà opposizione ) , dire Messa nella chiesa , fare dottrina , dare assistenza spirituale , ma non potranno intervenire in nessun modo nella direzione della comunità perché Nomadelfia non è un istituto di beneficenza , non è un orfanotrofio , e non è nemmeno un ente morale . È un ' associazione di fatto , di persone che accettano di vivere secondo certe regole ( che poi si riassumono in una sola , quella della carità fraterna ) , e che si governa da sé . Terreni , case , baracche , laboratori , attrezzi , macchine , animali , che in tutto rappresentano un valore di settecento milioni circa , sono di proprietà comune dei Piccoli Apostoli , che individualmente non possiedono nulla . Cosa possono fare di nuovo i padri salesiani , se lo stesso don Zeno e gli altri sacerdoti , in questi ultimi mesi , erano , a norma dello statuto della repubblica cristiana dei Piccoli Apostoli , esclusi dal governo ? Nomadelfia è una città laica , di uomini cristiani che non intendono disubbidire alla Chiesa . Ma cosa può ordinare loro il vescovo , o la suprema autorità del Pontefice ? Possono il vescovo e il Pontefice ordinare a un gruppo di cittadini che abita ad esempio a Parma , di disperdersi e andare ad abitare ciascuno per suo conto ? Quando nel 1931 l ' avvocato Zeno Saltini si fece prete , perché , nella sua professione , era stato colpito dal problema della delinquenza minorile , non aveva in mente di creare un istituto nel quale raccogliere i bambini abbandonati dai genitori e avviati sulla strada del male . Se così fosse stato la sua missione sarebbe stata molto più semplice e oggi non avrebbe preoccupato le autorità del Santo Uffizio e dell ' Azione Cattolica . Zeno Saltini , diventato don Zeno , vide subito in quei ragazzi ripudiati le pietre di una nuova costruzione sociale . Siccome la famiglia naturale li abbandonava egli ne avrebbe data loro un ' altra basata non sul vincolo del sangue , ma su quello dell ' adozione ; siccome la società li respingeva condannandoli a vivere di ripieghi e di delitti , egli li avrebbe fatti membri di una nuova società , basata non sulla concorrenza ma sulla solidarietà , non sulla proprietà privata , ma sulla comunione del lavoro e dei beni , non sul tornaconto individuale ma sulla legge fraterna del Vangelo . Non aveva intenzione con questo di rivoluzionare il mondo e di rifarlo secondo un suo ideale cristiano . Ma poiché il mondo , nella sua storia , lasciava dietro di sé una scia di dispersi egli li raccoglieva e , invece di farli vivere con la carità di chi anche involontariamente li aveva colpiti e abbandonati , voleva dare loro un nuovo mondo basato su una legge diversa che essierano i più adatti a comprendere . Questo era Nomadelfia già quando , prima della guerra , don Zeno aveva con sé soltanto molti bambini Piccoli Apostoli e nemmeno un babbo o una mamma . Furono i giorni più difficili . Don Zeno non aveva mezzi per dare da mangiare a quei ragazzi che aveva trovato sulla strada . Ma il male peggiore era che non riusciva ancora a dar loro una famiglia . Quando li lasciava soli nella casa di San Giacomo Roncole dove nacque il movimento , diceva al più grande di essi : « Adesso tu sei la loro mamma . Ma non abbiate paura : la vostra mamma verrà » . La prima che arrivò si chiamava Irene . Era una studentessa che aveva poco più di venti anni e che dimenticò subito il suo cognome . Infatti nella legge di Nomadelfia , perché sia abolita l ' avvilente definizione di figlio di N.N. , non esistono che nomi propri . Oggi Nomadelfia è una comunità che conta più di mille membri in maggioranza sotto i venti anni divisi nelle due località di Fossoli , in provincia di Modena , e di Rosellana , vicino a Grosseto . Ma la legge è una sola . Tutti i membri , grandi e piccoli si chiamano Piccoli Apostoli ; hanno solo il nome proprio , si danno tutti del tu , e non sono proprietari di nulla , a titolo individuale , nemmeno dell ' abito che indossano . La comunità è divisa in famiglie composte di figli veri e di figli adottivi e distribuite in piccole case . I babbi e le mamme sono anch ' essi Piccoli Apostoli , alcuni dei quali erano già sposati prima di entrare nella comunità , mentre altri si sono sposati a Nomadelfia . Alcune famiglie però hanno soltanto la mamma , trattandosi di una donna che ha fatto voto di non sposare . Nessuna distinzione è ammessa tra i figli veri e quelli adottivi . Dire figli « veri » è anzi la più grave eresia per un cittadino di Nomadelfia . La direzione della città spetta al Consiglio degli anziani eletto dai capifamiglia che nomina un presidente o propatriarca . Gli anziani sono sette e il loro presidente si chiama Dario . Essi reggono la vita pubblica della città , dirigono il lavoro , gestiscono le finanze , controllano l ' educazione . I maestri che insegnano alle scuole elementari di Nomadelfia sono nei ruoli dello Stato , e i programmi sono gli stessi delle scuole governative ; ma gli anziani hanno un controllo sui libri di testo , che vengono purgati di tutto ciò che può alludere all ' egoismo della società . Le parole « mio » e « tuo » sono abolite come è abolito il denaro . Nessuno possiede denari in proprio . Il lavoro , quello dei campi o quello dei laboratori , non è retribuito , ma nessuno paga niente per avere ciò che è necessario alla famiglia per mangiare , per vestirsi e per divagarsi . Il denaro è gestito soltanto dall ' economo per gli acquisti che deve fare all ' esterno . Nomadelfia è ancora lontana dall ' indipendenza economica . La terra che possiede , non ancora interamente bonificata , non produce nemmeno la metà del consumo ; e anche per tutti gli altri generi i Piccoli Apostoli dipendono dal mondo del denaro da cui si difendono . L ' amministrazione ha fatto molti debiti , e forse , come sostengono quelli che vogliono dare a Nomadelfia un nuovo indirizzo , ha commesso qualche irregolarità . Ma qui bisogna stare attenti a giudicare . Infatti ciò che è irregolare nella società in cui noi viviamo non lo è per la morale di Nomadelfia e viceversa . Commise una irregolarità don Zeno il giorno ad esempio in cui , mentre celebrava la Messa , si accorse che il Piccolo Apostolo che lo serviva era pallido perché non aveva mangiato e allora interruppe la funzione e consegnò al Piccolo Apostolo il calice e i paramenti sacri perché li andasse a vendere ? A volte quando un creditore arrivava per esigere il suo credito , don Zeno invece di scusarsi di non poter pagare diceva : « Dovresti ringraziarmi perché non ti posso ancora restituire quello che ci hai dato , invece di lamentarti . Sei tu che sei in debito con noi » . Don Zeno oggi ha cinquantadue anni . È un uomo di media statura , grigio e leggermente curvo . Ha i polsi grossi come quelli di un operaio e quando si rivolge a Dio si esprime in dialetto , come un uomo del popolo . La sua conversazione è così semplice che sembra , alla prima , quasi astrusa . Anche nel linguaggio Nomadelfia e la società non si somigliano .