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> categoria_s:"StampaPeriodica" > anno_i:[1940 TO 1970} > autore_s:"De Feo Sandro"
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Il caso di Adriano Olivetti può dirsi unico nel quadro generale della grande industria italiana , e per trovarvi un precedente nell ' industria europea del Novecento occorre risalire , come giustamente è stato già rilevato , alla grande e malinconica figura dell ' ebreo tedesco Walter Rathenau . È poco probabile che un uomo così bene informato com ' è Olivetti non abbia già fatto per suo conto una scoperta così evidente . Come Rathenau , Olivetti è figlio di un ebreo , e , come il padre di Rathenau , anche suo padre non aveva dietro di sé che una ascendenza di piccoli ebrei dediti al piccolo commercio . La vera fortuna del casato dei Rathenau comincia con Emilio , padre di Walter , e fondatore dell ' arcipotente Allgemeine Elektrizitäts - Gesellschaft , che passò al comando di suo figlio allo scoppiare della Prima guerra mondiale , così come la Olivetti , fondata da Camillo , passò nelle mani di Adriano virtualmente allo scoppiare della Seconda guerra . Ma queste coincidenze biografiche non importerebbero molto al di là dell ' informazione curiosa , se le affinità tra i due uomini non fossero più profonde e compromettenti e non c ' interessassero più da vicino . Rathenau era quel che allora si diceva un idealista , nutrito di studi e meditazioni filosofiche . Questo non gli impedì di dirigere la sua industria con mano ferma e con successo e di essere ricordato come uno dei più grandi ministri degli Esteri che abbia avuto la Germania moderna . Eppure era idealista , fino a rasentare l ' utopismo . Qual era l ' utopia o , se vogliamo , l ' ansia , l ' attesa di Rathenau ? Era l ' antica attesa ebraica dell ' avvento dello spirito in terra . E poiché era un industriale , si occupava cioè di macchine , delle cose più pesanti , sorde e prive di spirito che ci siano , da questa attività gliene veniva come un sentimento di colpa e sognava un mondo di macchine trasfigurate , divenute belle , superbe per la forza dello spirito che le avrebbe mosse . Nelle memorie di uno degli assassini di Walter Rathenau , I proscritti di Ernst von Salomon , è descritta a un certo punto una notte spesa tutta dal narratore nella lettura di un libro famoso di Rathenau : Cose avvenire . Il giovane fanatico lesse fino all ' alba , stregato dalla fredda veemenza dell ' idealista e profeta : « Era quello un libro straordinario » scrive il Salomon , « e straordinaria era la previsione che evocava : il regno del mondo meccanico e la forza dello spirito che lo preparava alle Cose avvenire » . Fu per sottrarsi al fascino di quell ' uomo , al suo idealismo , alla sua ragione , alla sua ardente democrazia , che lo uccisero . Non si può dire che da Adriano Olivetti emani immediatamente lo stesso fascino . È un conversatore stentato , scrittore difficile , spesso oscuro , i suoi modi sono estremamente cortesi ma freddi , ed è fredda , lontana , la luce dei suoi occhi chiari che guardano in un punto indeterminato al di là o al di qua della zona in cui si trova l ' interlocutore . Una conversazione uguale , illuminata da quello sguardo vago , distratto di intellettuale , che lì per lì ingenera un senso di stanchezza nell ' ascoltatore , perché sembra quasi escluderlo e ignorarlo . Ma seguendo la direzione di quello sguardo dal di fuori verso dentro , risalendo all ' ispirazione di quel parlare inceppato , arriva un momento in cui l ' ascoltatore , solo che ci metta un po ' d ' attenzione , finisce per scoprire il segreto che eccita e muove quest ' uomo . Suo padre era dunque ebreo , e un fratello di suo nonno rabbino . Sua madre era invece di fede valdese e il padre di lei pastore della stessa fede . Ma l ' ambiente familiare non basta a spiegare la tensione morale e la carica religiosa di Adriano Olivetti , o almeno l ' indirizzo che presero a un certo punto . Fu la fabbrica paterna , in quel cantuccio silenzioso del Piemonte che è il Canavese , in quell ' appartata e un po ' triste Ivrea , fu la vita e la carriera di fabbrica che egli percorse incominciando dalla gavetta come un operaio qualsiasi , ad aprirgli gli occhi sulla sua missione . Ogni industriale che abbia , come Adriano Olivetti , un ' eredità religiosa e morale così vistosa , a lungo andare finisce per sentirsi responsabile , per la parte che gli tocca , delle brutture del macchinismo moderno , e si sforza di riscattarle in una maniera o nell ' altra . Ma , nella misura in cui tale riscatto non si riesce a realizzarlo o si realizza imperfettamente , egli si sente oscuramente in colpa e in debito verso lo spirito . Nella polemica antimacchinista che si trascina da più di un secolo , le macchine , e tutto ciò che ad esse è legato , sono responsabili : di essere brutte , di deprimere la gioia di vivere e l ' originalità vitale degli uomini che ad esse accudiscono , e di incoraggiare l ' avidità e la grettezza degli uomini che da esse traggono i maggiori profitti . Per riscattarle da queste terribili accuse la parte più progredita e progressiva dell ' industria moderna spende il meglio delle proprie forze e della propria inventiva . Adriano Olivetti è certamente nella pattuglia di punta di questa avanguardia industriale . Egli crede , e non immagina neppure che un uomo moderno possa pensare diversamente , che un oggetto il quale ubbidisca perfettamente allo scopo cui è destinato non può non essere bello . Il primo dei suoi articoli di fede nella costruzione delle sue macchine per scrivere è dunque questo : l ' armonia del prodotto in vista del suo fine , e l ' armonia di ciò che a quel prodotto s ' ispira e che quel prodotto serve , infine l ' armonia reciproca di tutti gli elementi che costituiscono il ciclo della produzione . Non è vero che le macchine siano brutte in se stesse . Esse saranno belle , bellissime se l ' architetto che ne immaginerà la linea s ' ispirerà agli stessi criteri di armonia cui ubbidisce un architetto di genio nel disegnare il progetto di una chiesa . Così , a forza di pretendere rigore e armonia funzionali dai suoi disegnatori , egli è riuscito a costruire una macchina per scrivere , la Lexicon 80 , che ora è esposta nel Museo d ' Arte Moderna di New York , come uno dei prodotti significativi della civiltà industriale di oggi . E non è neppure vero che i muri di una fabbrica non possano essere che squallidi e tristi . La facciata del fabbricato principale della Olivetti a Ivrea , un ' immensa vetrata di non so più quante migliaia di metri quadrati di cristallo che riflettono i monti circostanti e le nevi azzurrognole , e che parve persino una sfida al buon senso quando fu innalzata , non solo allieta e illumina la vita degli operai che lavorano lì dentro , ma fa più lieto persino il paesaggio che vi si riflette dentro . Così è dei mobili , così della pubblicità Olivettí citata ad esempio nelle più grandi riviste della produzione , come l ' americana , autorevolissima « Fortune » . In questa concezione unitaria di riscatto della macchina dalla sua originaria bruttezza rientra anche l ' ufficio letterario della Olivetti , che dà gli slogans alla pubblicità e i nomi alle macchine : Lexicon 80 , Studio 42 , Lettera 22 , Divisumma , Multisumma . E , per quanto è nelle forze di un imprenditore moderno e nei limiti del bilancio aziendale , Adriano Olivetti fa di tutto per smentire la pessima fama che hanno la macchina e la fabbrica di deprimere l ' autonomia individuale e la gioia di vivere . Le ultime case costruite per gli operai della fabbrica posseggono persino un garage per appartamento , oltre all ' orto e allo spiazzo per farvi giocare i bambini . Il nuovo quartiere possiede anche l ' asilo , la scuola elementare , la palestra , il cinematografo , un circolo culturale ricreativo , l ' ambulatorio , la chiesa , due giardini destinati al gioco dei bimbi , attrezzature sportive ecc. Le biblioteche Olivetti sono tre , la tecnica , la ricreativa e la culturale , quest ' ultima soltanto con tredicimila volumi ; schedari modernissimi , bollettini bibliografici , conferenze divulgative , scaffali delle novità . Senza parlare degli spettacoli teatrali , delle mostre d ' arte . Chi vuol salvarsi l ' anima in un ambiente siffatto ha tutte le occasioni e í mezzi per farlo . Gl ' intellettuali della Olivetti lo dicono esplicitamente : « Portare un operaio da Salgari a Tolstoi equivale in realtà a salvare un ' anima » . Si bada a tutto e a tutti i bisogni e persino capricci . I francobolli dei paesi forestieri sulle lettere che affluiscono ogni giorno a centinaia da ogni parte del mondo alla centrale di Ivrea sono messi a disposizione del centro filatelico e praticamente dei collezionisti . Ci sono poi le scuole Olivetti per sollecitare , scoprire , avviare , formare i nuovi tecnici , per « inventare gli uomini » , come ama dire Adriano , prendendoli un po ' dappertutto , nella fabbrica e fuori , e c ' è l ' assistenza alle madri e ai bambini , ci sono i prestiti senza interesse , le sovvenzioni gratuite e tutto il resto . Ma se , malgrado tanti sforzi , malgrado che si chiamino a raccolta ad Ivrea poeti pitagorici dall ' Italia meridionale e pittori neorealisti da Roma , e astrattisti da Milano e seguaci intransigenti dell ' architettura organica e tecnici di urbanistica dell ' avvenire , e sociologi , se malgrado tutto ciò , il riscatto della materia , della macchina da parte dello spirito rimane imperfetto , e nella misura in cui rimane imperfetto , quel sentimento di colpa si rifà vivo in un uomo con una sì forte carica morale e religiosa come Adriano Olivetti , che fare allora ! La Olivetti è la più grande fabbrica europea di macchine per scrivere od affini . Produce attualmente quasi duecentomila macchine in un anno e il settanta per cento di esse è destinato all ' esportazione . Più di cinquemila sono i dipendenti , di cui un migliaio tra impiegati e tecnici di concetto . Ma i profitti dell ' impresa non vanno tutti a ingrossare il conto personale di Adriano Olivetti . Solo un decimo dell ' azienda gli appartiene . Camillo Olivetti ebbe sei figli , tre maschi e tre femmine , e ad essi , morendo , lasciò il sessanta per cento delle azioni della società , diviso in parti uguali . L ' altro quaranta per cento è posseduto da duecento azionisti . Ma anche quel decimo dei profitti che finisce in tasca di Adriano Olivetti ne esce quasi subito e quasi tutto per tenere in vita il movimento di Comunità , la rivista « Comunità » , le edizioni di Comunità , per creare nuovi centri comunitari , oltre a quelli che già esistono nel Canavese , a Roma , a Napoli , centri di attività spontanea ma svolta in comune per smentire l ' accusa più grave che si fa al tempo nostro , di non saper conciliare le esigenze della vita individuale con quelle della vita collettiva . Così corre di qua e di là questo curioso missionario , questo curioso presidente e amministratore delegato di una delle più grandi industrie europee , con un piede nell ' impossibile e un altro nella più rigorosa realtà . Olivetti corre , da presidente dell ' Istituto italiano di urbanistica , a Matera per dare agli sbalorditi cavernicoli di quella città abitazioni razionali , costruite cioè secondo il loro paesaggio e il loro lavoro ; corre , da democratico per la vita e per la morte , a Roma per intendersi con gli amici politici , per consigliare , per incoraggiare , per sovvenzionare nella lotta per la vita e per la morte che la democrazia conduce in questi giorni ; corre , da innamorato filosofico del Sud e del mare , a Napoli e a Sorrento per scoprirvi l ' armonia degli antichi . L ' unico posto dove lo si vede poco è alla Confindustria . Vi fa parte perché non può farne a meno , ma non ne condivide gli indirizzi generali e meno che mai la politica . Del resto se la fa pochissimo con gli altri grandi industriali del Nord , e molti di essi li ha conosciuti di persona soltanto in occasione del recente congresso di New York al quale convennero i rappresentanti più cospicui dell ' industria europea . Nei quadri della nostra industria è l ' uomo che sta più a sinistra o che più detesta le formazioni di destra . Vede piuttosto nero nell ' avvenire , non perché ci siano troppi fascisti nel Sud ma perché essi trovano tanto conforto nel Nord . Nel Nord credono di essere furbi confortando all ' uso antico i fascisti del Sud . Sono invece ciechi e sciocchi . Insidiano la democrazia . « Non si rendono conto che il salvataggio della democrazia è l ' unica via di progresso , e diciamo pure , di conservazione di un modo di vita » .