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> categoria_s:"StampaPeriodica" > anno_i:[1940 TO 1970} > autore_s:"Manacorda Gastone"
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Al partito , nel suo rigoglioso sviluppo , seguito alla Liberazione , si pose fin dai primi giorni della ripresa di una vita legale e democratica il compito di avviare una larga azione di rinnovamento culturale nel Paese . Non a caso , infatti , una prima indicazione degli obiettivi più urgenti che ad esso si ponevano in questo campo , si ritrova nell ' editoriale col quale nel giugno 1944 , ancor nel pieno fervore della lotta armata antifascista , Rinascita si presentava al pubblico . Quel « Programma » poneva in primo piano l ' esigenza di fornire al movimento operaio e democratico italiano una guida ideologica e soggiungeva che un simile obiettivo era di tale importanza da investire tutta la vita del Paese in tutte le sue manifestazioni e perciò stesso richiedeva la più larga mobilitazione di tutte le forze intellettuali decise a battere le vie di un rinnovamento radicale sia della nostra vita politica che della nostra cultura . La prima fase della politica culturale del partito , che va all ' incirca fino al 1947 , cioè fino alla rottura ad opera della Democrazia cristiana del fronte democratico nazionale , è contrassegnata appunto da un primo conseguente sforzo di fornire alla cultura italiana gli elementi della concezione marxista - leninista della realtà e insieme di stringere la più larga alleanza con tutti gli intellettuali onesti , sinceramente democratici e antifascisti . Ma una più precisa impostazione del lavoro culturale del partito e un approfondimento di questi motivi , si ebbe al principio del 1948 , quando il compagno Togliatti al VI Congresso indicò ai compagni intellettuali , venuti numerosi negli ultimi anni ad ingrossare le file del reparto d ' avanguardia della classe operaia , alcuni compiti specifici . Tappe essenziali della elaborazione di queste indicazioni furono la discussione al Comitato centrale del settembre 1948 , su relazione del compagno Longo , e i lavori del primo Ufficio nazionale per il lavoro culturale , i cui risultati furono elaborati nella Risoluzione della Direzione del partito dell ' agosto 1949 ( Istruzioni e direttive , n . 19 ) . Questo documento è tuttora la base del nostro lavoro culturale . Gli avvenimenti successivi hanno pienamente confermato la giustezza dell ' analisi della situazione italiana , caratterizzata dalla ripresa offensiva delle forze dell ' oscurantismo imperialista e clericale contro la cultura moderna , democratica , nazionale , laica ; dalla impotenza alla quale si sono volontariamente votati i grandi rappresentanti della cultura idealistica , accecati dall ' anticomunismo fino a prostrarsi davanti alla incoltura clericale ; ma anche da un incontenibile , salutare slancio di un pensiero rinnovatore e democratico che nei campi più vari della produzione dell ' intelletto - dal cinema alle arti figurative , alla musica , al teatro , alle scienze , alla letteratura - ha attestato ormai da quale parte soltanto possa venire una iniziativa feconda di nuovi valori . Le precise indicazioni di lavoro che la Risoluzione conteneva non sono rimaste , del resto , lettera morta ; anzi , da un analitico bilancio della attività complessiva delle Commissioni culturali , centrali e periferiche , e delle organizzazioni culturali di massa risulterebbe che quei compiti sono stati in parte esauriti e in parte avviati con successo . Né le deficienze - che senza dubbio devono essere colmate da un più serrato impegno nel lavoro - si rivelerebbero tali da inficiare un giudizio globale positivo . Non è però nostro compito , né nostra intenzione , trarre qui le somme di un simile bilancio ; vogliamo piuttosto esaminare il grado di consapevolezza dell ' importanza del lavoro culturale raggiunto dal partito nel suo complesso e il grado di consapevolezza del carattere di partito del loro lavoro raggiunto dai compagni professionalmente dediti alla produzione culturale . Per cominciare dal secondo punto , in quale misura e con quali risultati si è realizzata finora quella mobilitazione dei nostri quadri culturali che era il compito organizzativo preliminare e pregiudiziale indicato dalla Risoluzione della Direzione ? Che è quanto dire , in altri termini , in quale misura i compagni intellettuali hanno risposto all ' invito loro rivolto dal Capo del partito dalla tribuna del VI Congresso ? Quell ' invito conteneva un esplicito richiamo all ' unità della coscienza e della vita che è di tutti i seri pensatori e attori della storia , quindi a porre al servizio della lotta le proprie capacità produttive , a non prolungare un assurdo e inconcepibile sdoppiamento fra la propria personalità di militanti comunisti e quella di produttori di cultura , a superare i termini astratti del dibattito sul rapporto fra cultura e politica per impegnarsi nel lavoro duro , paziente , metodico , costruttivo , di pensiero , di ricerca , di creazione . Non esitiamo ad affermare che un numero sempre maggiore di compagni ha mostrato di comprendere ed ha saputo rispondere a questo appello , e mostra di avviarsi verso quel modo di essere del nuovo intellettuale , limpidamente definito da Gramsci : non rimanere chiuso nella propria specialità , ma diventare « dirigente ( specialista politico ) » ( Gli intellettuali e l ' organizzazione della cultura , pag. 7 ) . Ma molti sono ancora i compagni intellettuali « che non riescono a dare al partito tutto quello che dovrebbero , di cui il partito ha bisogno e che da loro potrebbe ricevere » ( Togliatti , VI Congresso ) . Né li si potrebbe riunire in blocco con una definizione che pretendesse di spiegare univocamente un fenomeno in realtà assai vario e complesso . C ' è chi non se la sente di impegnarsi e preferisce magari starsene in disparte , per una paura di sbagliare » che - chiedo venia per la tautologia - è , per l ' appunto , mancanza di coraggio . C ' è chi non scrive un articolo di critica letteraria perché non è ancora riuscito a superare i canoni dell ' Estetica crociana ( dei quali sente tuttavia l ' insufficienza ) e non s ' avvede che , ovviamente , non potrà superarli per altra via che non sia quella di un concreto esercizio della critica ispirata alla sua nuova coscienza di militante comunista . Sono gli insoddisfatti , sono compagni ai quali si può fare - per quanto lo consente questa generalizzazione - l ' appunto di non essersi dedicati allo studio serio del marxismo - leninismo , di non averne abbastanza sperimentato nella vita pratica , di partito , la verità , e di non averne quindi tratto la logica conclusione che quella verità non può valere solo per un limitato aspetto dell ' attività umana . È chiaro che in atteggiamenti di questo tipo riaffiora l ' ideologia errata dell ' autonomia degli intellettuali come gruppo sociale e che si pone quindi nei loro confronti il problema dell ' assimilazione da parte della classe operaia ( cfr. Gramsci , op. cit . , pp. 5 , 7 ) . Questi compagni sono coloro che rinunciano a diventare dei « dirigenti » , ma essi non sanno forse chiaramente che questo significa rinunziare ad essere dei comunisti : occorre chiarire la contraddizione implicita nel loro atteggiamento . Ad essi non si può tuttavia negare , almeno in molti casi , di avere avvertito che l ' entrata nel Partito comunista non poteva essere un gesto privo di conseguenze anche sulla loro qualità di produttori di cultura . Succede invece che proprio questa considerazione abbia fatto difetto in altri casi . Succede che vi siano ancora , ma in sempre minor misura , in verità , coloro i quali hanno creduto che nulla il partito avesse da dir loro in questa materia , coloro che hanno interpretato alquanto frettolosamente l ' art. 2 dello Statuto , senza neanche gettare un ' occhiata sull ' art. 9 . E hanno continuato a fare il loro mestiere , come se nulla fosse accaduto , gelosi della loro tecnica e non senza un ' ombra di disdegno verso le intrusioni « politiche » , convinti , in fondo , che l ' « autonomia » della cultura sia una gran bella cosa e cioè ( ma non vorrebbero magari sentirselo dire in questi termini ! ) che lo spirito non può essere contaminato dalla materia . In questo caso si è ancora evidentemente sotto l ' influenza del mondo di provenienza , del mondo intellettuale borghese al quale si resta gelosamente attaccati . L ' idea dell ' autonomia della cultura , ha poi questa sua applicazione particolare : che una funzione di guida culturale non spetti al partito nel suo complesso . ma ai singoli compagni intellettuali come tali . Ora il rapporto qui è chiaro e non dovrebbe esserci possibilità d ' equivoco . Il partito ha bisogno dell ' apporto dei singoli produttori di cultura , ma la loro funzione di direzione si esercita proprio nella misura in cui essi forniscono al partito , che è fatto di uomini , di persone pensanti , il loro apporta ad una esperienza comune . Sentire in questo una mortificazione e non un potenzia mento della propria personalità , è indizio evidente del permanere di forti residui di una mentalità esasperatamente individualistica . Esiste tuttavia anche un pericolo opposto e che più raramente viene ricordato e criticato . Pure , bisogna parlarne . È - in un campo particolare - quella che Lenin chiamava la « presunzione comunista » ( V . STALIN , Principi del leninismo , ed. Rinascita , p . 128 ) . Succede infatti che per essere un comunista , e per aver raggiunto alcuni . giuste e salde convinzioni , taluno si senta autorizzato a pronunciare giudizi non motivati da indagini particolari relative a quel determinato oggetto , ma come frettolosa « applicazione » del marxismo - leninismo . È difficile rendere un peggiore servizio al marxismo - leninismo . Né occorre spendere molte parole per dimostrare , non sula la poca serietà di un simile procedere , ma il vero danno politico che ne può derivare Che ogni verità sia un punto d ' arrivo e non un punto di partenza , è principio di ogni pensiero critico e in particolare il marxismo insegna la estrema complessità dei fatti sociali e in genere di ogni a manifestazione dello spirito ( se mi si passa questa idealistica locuzione di comodo ) . Un esempio recente delle aberrazioni a cui può portare una eccessiva pretesa di semplificazione è stato offerto dagli errori della linguistica pseudomarxista nell ' URSS , e la critica di Stalin contiene un insegnamento di carattere generale , quanto al metodo di indagine , che va ben oltre il campo specifico di una scienza e sul quale occorre meditare . Ma qui si innesta l ' altro quesito a cui vorremmo tentare di dare una risposta . In che misura il partito dirige ed educa gli intellettuali che militano nelle sue file ? Forse non ancora troppo scarsamente ? Nel nostro partito si esercita oggi , sui prodotti intellettuali dei compagni una libera , aperta , franca critica , paragonabile a quella che si esercita sugli altri atti politici dei membri del partito ? Credo in misura ancora del tutto insufficiente : sembra che regni in questo campo un eccessivo « amore di pace » . Eppure un ' esigenza di critica c ' è : la avvertono - anche se non sempre - coloro stessi le cui opere dovrebbero esserne oggetto e , del resto , nel suo rapporto al Comitato centrale del settembre 1948 , il compagno Longo ne offerse qualche utile esempio . Liberiamoci dall ' equivoco per cui « non pretendiamo - si dice insegnare ai pittori come dipingere , ai poeti come fare i versi , ecc. » . Ciò è ovvio , ma se ci guardiamo appena un pochino attorno , c ' è ben altro su cui è doveroso discutere ed ò pericoloso non discutere . Ci sono opere intorno ad argomenti direttamente attinenti alla storia e alla dottrina del socialismo , scritte da compagni e stranamente piene di storture e di errori , che una critica leale , giusta e tempestiva avrebbe potuto evitare , invece , si lascia correre . E ciò dimostra , appunto , che da parte di alcuni o di molti dirigenti politici perdura una sottovalutazione del lavoro ideologico e culturale , sebbene la citata Risoluzione della Direzione contenesse un esplicito monito in proposito . Da questa sottovalutazione dipendono in gran parte l ' isolamento nel quale molti compagni intellettuali si trovano nell ' esercizio del loro mestiere di produttori di cultura e il ritardo della loro formazione . In termini astratti e generali , nessuno - pensiamo - vorrà sostenere che questo settore debba avere lo strano privilegio di essere abbandonato alla spontaneità : ma di fatto questo avviene e sarebbe sciocco ignorarlo . Nel momento in cui la classe operaia , diventando classe dirigente , afferma la sua egemonia in tutti i campi della attività umana , e in un Paese come il nostro , dove una profonda trasformazione rinnovatrice della cultura si impone con la stessa urgenza con cui si impone il rinnovamento economico e politico - osservò Togliatti al VI Congresso - non si possono separare i problemi della politica da quelli della cultura . Ed è forse un caso che questi problemi siano stati al centro delle meditazioni del carcere di Gramsci ? I nostri quadri politici hanno nei « quaderni del carcere » un ' analisi compiuta dei termini reali nei quali si pone in Italia il problema dell ' egemonia della classe operaia ; hanno una guida della quale spesso non si servono . La formazione di quadri intellettuali che siano saldamente legati al partito . pur mantenendo il centro della loro attività nel loro campo specifico di produzione scientifica , artistica o letteraria , è il primo presupposto perché il partito sia in grado di avere nel campo culturale un peso adeguato al suo prestigio , alla sua autorità , alla vita generale del Paese . L ' esercizio di una libera e aperta critica , un più largo dibattito culturale all ' interno del partito e un più vigile spirito autocritico da parte dei compagni , non possono che migliorare il livello della nostra produzione . Questo dibattito già esiste , beninteso , ed in una misura forse maggiore di quanto comunemente non si creda , ma tutto il partito deve esserne investito , sebbene esso abbia la sua normale sede in organismi appositamente costituiti . Le redazioni delle nostre riviste e delle nostre case editrici , la Fondazione Gramsci , sono le sedi naturali per l ' elaborazione di comuni esperienze di lavoro : verso di esse le commissioni culturali locali devono sempre più indirizzare soprattutto i giovani che muovono i primi passi nel campo degli studi e che avvertono sempre più spesso una frattura tra i loro interessi culturali e quel che offre loro la scuola ufficiale , l ' università in particolare . Ma la sottovalutazione del lavoro culturale ha anche altri aspetti . Normalmente accade che i compagni che hanno responsabilità precise in questo campo vengano distolti verso altri lavori . E questo è ancora il meno , se avviene in misura ragionevole . Ci sono infatti attività di partito che richiedono l ' impiego simultaneo di tutte le forze dirigenti disponibili : solo che in molti casi non si comprende che un aiuto più efficiente , e anche un più ampio respiro al lavoro generale , si otterrebbe non già distogliendo dal suo compito normale il compagno responsabile per esempio della Commissione culturale di federazione , ma inquadrando giustamente la sua attività specifica in quella generale del partito in una data situazione . Si dimentica poi che può . che deve , anche avvenire l ' inverso , cioè che i quadri dirigenti politici in generale devono alla lor volta impegnarsi in attività di carattere culturale e ideologico : ciò giova alla loro migliore formazione , liberandoli dal praticismo e giova anche enormemente alla qualità del lavoro . Quando per esempio ogni istanza del partito ha compreso , interpretando una effettiva esigenza della base e di un largo pubblico , quale importante avvenimento culturale fosse la pubblicazione in italiano dell ' Antidühring , e si è mobilitata per diffonderlo e per illustrarlo , i risultati tangibili sono stati immediati e lusinghieri : in poche settimane si è esaurita una tiratura di 5.000 copie e se ne è resa necessaria una ristampa . Non è forse , questo , un apporto concreto che abbinino dato allo sviluppo d ' una cultura moderna , di una concezione scientifica della realtà contro il medioevale spaccio del miracolo , contro l ' oscurantistica tendenza che nega all ' uomo la capacità di conoscere e di dominare le forze della natura e della storia ? La formazione di un nucleo di intellettuali marxisti - leninisti è anche la condizione indispensabile per realizzare una larga politica di alleanze . Qui si annida uno dei più grossolani equivoci : che la politica di alleanze si faccia mimetizzandosi , confondendo i nostri colori con quelli di amici e di avversari , sfumando i confini della nostra ideologia , usando un linguaggio che non urti i ben costrutti orecchi altrui , mercanteggiando e transigendo sulle parole e sui concetti . A parte quel che c ' è di goffo e di contraddittorio in simile pretesa , a parte il fatto che su questo terreno lubrico lo scivolone verso l ' opportunismo è molto facile , quale valore avrebbe un ' alleanza basata sull ' equivoco ? E che razza d ' ingenuità è mai questa di credere che una concezione del mondo come il marxismo - leninismo possa essere contrabbandata di soppiatto , o somministrata in dosi omeopatiche ? La verità è tutt ' altra : il contrabbando si esercita sempre a nostro danno . Quanta merce avariata socialdemocratica non è stata sbarcata sui nostri lidi proprio da nostre caravelle ! E con quale prudente parsimonia , viceversa , certe case editrici , sempre pronte ad informarci sull ' ultimo grido della terza forza occidentale , ci forniscono la traduzione di importanti opere sovietiche letterarie , scientifiche , storiografiche . Il leninismo ha fra i suoi insegnamenti fondamentali proprio questo : che una politica di alleanze può essere fatta solo da un ' avanguardia con una fisionomia ben precisa , con principi ben chiari . Non ci risulta che questo insegnamento abbia perduto di attualità né che il campo della cultura faccia eccezione a quest ' esperienza , che collina col più modesto buon senso e con la semplice onestà intellettuale . Amici o avversari tanto più ci stimeranno e verranno a noi , quanto più le nostre idee saranno nettamente dichiarate . Le alleanze si fanno sul fronte di lotta comune . Non esistono forse oggi in Italia uomini di cultura pronti a difendere le conquiste del pensiero critico moderno contro l ' oscurantismo clericale , a difendere i caratteri nazionali della nostra cultura contro l ' invadente americanismo dei fumetti e del Reader ' s Digest , a difendere la libertà d ' insegnamento contro l ' asservimento della scuola a una ideologia di parte ? L ' esperienza ha mostrato quale collaborazione sia possibile realizzare su questo ( ci nono quando ai democratici delle più diverse sfumature viene posto un obiettivo comune . Un esempio ne è offerto da imprese come la « Universale Economica » , ove i nomi più illustri della cultura italiana dai liberali ai comunisti si trovano affiancati in una grande opera di diffusione della cultura laica , razionalista , moderna . Duplice risultato in questo caso : perché si sono trovati a fianco uomini di cultura di diversa provenienza politica ed ideologica e perché la loro azione si è diretta alle più larghe nasse popolari . Ed è questa la direzione nella quale si deve proseguire . È stato giustamente superato ormai l ' equivoco che esisteva in una parte di noi nel concepire la nostra attività culturale come una attività da svolgere esclusivamente o prevalentemente fra gli intellettuali . L ' equivoco consisteva nel confondere i destinatari della produzione culturale con i produttori . I destinatari sono le grandi masse popolari , gli operai , i contadini , le donne , i giovani , tutti coloro che oggi si muovono ed agiscono nelle lotte per la pace , per il lavoro , per la democrazia . Gli intellettuali , come produttori di cultura , divengono nostri alleati nella misura in cui la loro attività si indirizza a soddisfare queste nuove esigenze culturali : il nostro diretto contatto col popolo , la sensibilità verso le sue esigenze che ci viene dalla partecipazione attiva alle sue lotte , ci consente di additare a tutta la parte viva della cultura italiana questo grande compito che le spetta e che solo può garantirle l ' avvenire . I più intelligenti , i più aperti lo hanno ben compreso ed accolgono con entusiasmo ogni richiesta della loro opera per l ' incremento della cultura popolare : si sente ormai che è finito per sempre il tempo in cui i committenti della cultura erano una cerchia ristretta di buongustai . I quali poi , stringi stringi , finivano per essere gli stessi produttori , che si scambiavano fra di loro , sterilmente . i loro prodotti . Certo la cultura popolare ha le sue particolari esigenze di organizzazione , i suoi veicoli e i suoi strumenti . Né è possibile parlare ai milioni di persone con il linguaggio degli iniziati , ma non occorre dimostrare in quale discredito sia caduta ogni forma di ermetismo . Se mai resta ancora da superare - che è cosa più seria e perciò più difficile - la barriera fra la cultura scientifica e la sua popolarizzazione su questo punto esistono reali difficoltà tradizionali italiane . Non solo nell ' URSS , dove - è noto - i libri scientifici si stampano a milioni di copie , ma in altri paesi , come la Francia e i paesi anglosassoni , si pubblicano libri di fisica o di biologia accessibili , pur nel loro rigore scientifico , al lettore medio . In Italia i soli libri del genere che riusciamo a leggere sono tradotti . Sono rari da noi persino i libri di storia accessibili a un largo pubblico di lettori . Di più : persino i romanzi che abbiano un valore letterario . Se si riflette a questo , ogni scienziato e ogni scrittore o artista che non sia rassegnato al soliloquio comprenderà che in uno sforzo di maggior contatto col popolo la cultura italiana ha tutto da guadagnare senza doverne necessariamente scapitare in qualità . Agli intellettuali laici che ancora arricciano il naso alle parole « divulgazione » e « cultura popolare » , è poi appena il caso di ricordare che l ' oscurantismo clericale non è così schifiltoso e che il rinunciare a questa battaglia equivale a perderla , con quanto vantaggio del laicismo e del progresso ognuno può misurare . Una migliore formazione ideologica , una più decisa coscienza di partito dei nostri intellettuali , e conseguentemente una politica di alleanze meno estrinseche e formali , ma basate su una piena consapevolezza dei compiti comuni , sono fra i molteplici temi del lavoro culturale , quelli che ancora oggi rivestono un ' importanza pregiudiziale per la sua giusta impostazione . Sono perciò questi i temi che , a nostro giudizio , dovrebbero essere portati in discussione al Congresso .