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> categoria_s:"StampaPeriodica" > anno_i:[1940 TO 1970} > autore_s:"Panzieri Raniero"
Formule e sostanza della politica unitaria ( Panzieri Raniero , 1957 )
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Il contesto delle vicende contingenti , delle occasioni politiche in cui si è verificato negli scorsi mesi il superamento « ufficiale » delle formule e schemi rigidi dell ' unità d ' azione , ha reso difficile , anche per osservatori attenti e spregiudicati , di coglierne il valore politico e ideologico , il significato positivo . Quell ' atto veniva quasi a configurarsi come la chiusura di una parentesi , un « ritorno » ( in particolare ad una autonomia che si presumeva smarrita dal Partito socialista ) , anziché essere considerato come la conclusione , sul piano delle formule e dei simboli , del processo reale di formazione della politica unitaria , il cui contrassegno fondamentale sempre era consistito nel contrasto con una impostazione formale e « diplomatica » dei rapporti tra i due partiti proletari e con la concezione dogmatica del partito che quella impostazione presupponeva . La politica unitaria aveva come nucleo essenziale appunto il superamento della concezione dei partiti operai come formazioni chiuse , portatrici ciascuna di una propria « verità di classe » , depositaria ciascuna di un immobile verbo marxista , cioè il superamento della deformazione dogmatica e burocratica del partito quale rappresentanza ipostatizzata della classe . La negazione di questa concezione metafisica , quasi religiosa , antimarxista del partito proletario significava al tempo stesso affermazione di esso come funzione e strumento della classe , anzi del movimento della classe operaia . Gli equivoci sorti intorno al superamento del patto di unità d ' azione - formula da . sempre contrastante con la sostanza della politica unitaria - hanno impedito che se ne annessero le naturali conseguenze , di un rafforzamento dell ' azione unitaria con una dialettica più agile e non pira formalisticamente impacciata tra i partiti e le organizzazioni operaie , dunque anche mediante un aperto confronto critico degli atteggiamenti e delle idee volti a interpretare le esigenze del movimento reale . Vogliamo cogliere il segno e la possibilità di un nuovo orientamento , di un nuovo rapporto critico tra PSI e PCI rispondente all ' essenza della politica unitaria , in alcuni aspetti dell ' ultima sessione del C.C. comunista . I problemi sottolineati dall ' uscita dal PCI di numerosi intellettuali e lavoratori sono stati riconosciuti , specialmente nella relazione di Giorgio Aprendola , ma si sano manifestate tendenze a individuarne l ' origine nello ammorbidimento della politica e della disciplina . Accenniamo qui a qualche punto che ci sembra meriti una impegnativa discussione . Nella relazione di Amendola , ad esempio , si richiama la necessità di un ' opposizione larga e articolata alla Democrazia Cristiana ma nello stesso tempo si rivolgono alla politica del Partito socialista accuse troppo sommarie di inconseguenza , addirittura in rapporto a presunti possibili accordi post - elettorali con la Democrazia Cristiana : eventualità che la politica socialista , dopo le cadute illusioni di Pralognan , concede soltanto sul piano di una alternativa di classe , di un completo ripudio dell ' indirizzo attuale della Democrazia Cristiana . Nelle relazioni e in quasi tutti gli interventi si fa poi riferimento alla parola d ' ordine del Partito comunista come forza più coerente di opposizione , ecc. ecc . , con il richiamo implicito a una investitura e supremazia stabilita a priori : si evoca così in qualche modo il Partito - guida . Gravi questioni vengono sollevate e finalmente messe a fuoco dal giusto rifiuto dello schema astratto della « lotta su due fronti » nel Partito , schema che presuppone una linea « vera » , sempre in possesso del gruppo dirigente , e in pratica si risolve nel favorire le tendenze conservatrici . Contro quella formula , Amendola ed altri hanno sostenuto che l ' unità del partito si difende e si ottiene sul terreno reale e verificabile della lotta per l ' attuazione della linea politica e hanno respinto le classificazioni di comodo tra revisionisti e settari , intellettuali e operai , ecc. Amendola ha quindi anche proposto di giudicare coloro che sono usciti dal PCI secondo la concreta posizione che ciascuno assume nella lotta di classe . Ma come si conciliano questi importanti riferimenti a una concezione non dogmatica del partito con la ripetizione meccanica , in nessun modo approfondita , della formula del centralismo e della necessità disciplinare ? Né lo sforzo di affermazione di un nuovo quadro « giovane » sostituisce il mancato approfondimento dei problemi del centralismo democratico , della formazione democratica del partito . Intorno a un problema fra tutti fondamentale ci è infine parso particolarmente insufficiente e « cauto » il dibattito , cioè sulla questione del diminuito peso specifico della classe operaia nella lotta politica , per ripetere l ' espressione usata da Togliatti . Il problema è stato collegato a quello delle trasformazioni tecnico - industriali , delle nuove organizzazioni aziendali , ecc . , soltanto per ridurre il significato che la considerazione di questi fenomeni può assumere per una ripresa dell ' azione operaia . Anzi , la valutazione del neo - capitalismo è stata individuata soltanto come base del neo - riformismo . Ma la riaffermazione dell ' autonomia operaia , senza la ricerca di nuove forme di azione e di organizzazione che assicurino la presenza e il controllo operaio nei modi odierni della produzione , resta un richiamo del tutto esterno e sterile .