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> categoria_s:"StampaPeriodica" > anno_i:[1940 TO 1970} > autore_s:"Petronio Giuseppe"
Ideologia e politica ( Petronio Giuseppe , 1957 )
StampaPeriodica ,
Agazzi ci invita a discutere , e dunque discutiamo . Benché io , almeno questa volta , vorrei intervenire non tanto per offrire delle soluzioni ai problemi che egli ha indicati , quanto per mettere in guardia da soluzioni oggi correnti e dalla tendenza a innovare a casaccio , per impulsi viscerali non ben controllati o per ragioni di tattica spicciola . Perché se aggiornare e rinnovare l ' ideologia è necessario , continuamente necessario , è pure vero che innovare frettolosamente , senza una analisi a fondo delle situazioni nuove e senza salde basi ideologiche , può essere assai pericoloso . Non ci meraviglieremo perciò , né ci dorremo , se la svolta politica avutasi nel mondo socialista con il XX congresso del PCUS prima , con il Rapporto Krusciov dopo , con gli avvenimenti polacchi e ungheresi più tardi , ha condotto al riesame di alcuni punti anche essenziali , della ideologia a cui fino allora si era ispirato il movimento socialista . La nuova situazione , richiedendo una politica nuova , richiede , ovviamente nuove basi teoriche . Ci dorremo però che la nuova teorizzazione sia stata , il più delle volte , superficiale e improvvisata , senza né saldi fondamenti ideologici , né un esame serio della situazione obbiettiva . E i danni di una teorizzazione errata o insufficiente sono gravi ; da una parte , l ' elaborazione superficiale di nuove tesi ideologiche è spia di un ' azione politica incerta : dall ' altra , poiché le teorie , nate dalla prassi , influiscono a loro volta sulla prassi . teorizzare male ed in fretta induce ad un ' attività politica incontrollata e malsicura . Non è il caso certo , di esaminare qui tutte le tesi che sono venute affiorando in quest ' ultimo anno . Io vorrei limitarmi perciò ad indicarne talune e a sottolinearne i lati deboli , per invitare ad un approfondimento ulteriore . E sarò , per ovvia forza di cose , quanto più schematico mi sarà possibile essere . * * * Generalmente diffusa è ora la tesi della cosiddetta accettazione del metodo democratico . Una tesi , questa , che esprime non solo un ' esigenza politica ( convinzione che la conquista del potere sia possibile , oggi , solo per via democratica , sicché occorre resistere ad ogni tentazione rivoluzionaria ) quanto anche un ' esigenza morale , come una ribellione della coscienza al regime dittatoriale di Stalin e alle degenerazioni del socialismo verificatesi nelle democrazie popolari . Quella tesi , però , formulata così genericamente , è equivoca , e tanto più equivoca diventa quando la si accompagni con alcuni avverbi o aggettivi ; accettazione permanente . accettazione assoluta , ecc. del metodo democratico . E occorre chiedersi che cosa , in una tal frase . significhino i termini metodo democratico . Tesi fondamentale dell ' ideologia marxista è che le forme politiche siano sovrastrutture in funzione delle strutture sociali . Secondo il marxismo perciò nessuna forma politica ha un valore universale , né nel tempo né nello spazio , ché ognuna di esse riflette , in una società classista , la situazione obbiettiva di quel determinato paese , in quella determinata età storica . La democrazia borghese , quindi , non è che lo strumento politico che la classe borghese ha forgiato a perpetuare il suo predominio di classe , anche se finge , con interessato pudore , di affermare o difendere valori universali . Citare passi marxisti che confermino questa teoria è inutile , tanto essi sono frequenti e tanto essa è al cuore del pensiero marxista . Per cui potrebbe dirsi che negarla significa non negare questo o quel punto del marxismo , rivedere in un senso o nell ' altro il marxismo , ma mettersene fuori . negare tutto quanto e il sistema ed il metodo . Che significa allora accettazione della democrazia o del metodo democratico ? Nega forse il marxismo che la democrazia esista ? O afferma che la democrazia sia solo un ' invenzione borghese ? È ovvio che il marxismo non solo non nega , ma anzi riafferma l ' esistenza della democrazia , nel senso che esso afferma esistere certi principi di giustizia e di eguaglianza tra gli uomini , che vanno non proclamati soltanto , ma realizzati nella prassi : ponendo a suo scopo ultimo e massimo la disalienazione dell ' uomo , il marxismo anzi pone a suo scopo proprio la realizzazione di una effettiva universale democrazia . Ma la democrazia può assumere , deve assumere , di età in età , di paese in paese , le forme più varie , e non deve , forse non può , coincidere con le forme politiche della democrazia borghese , proprio perché quelle sono state elaborate a mantenere il dominio borghese sulle classi lavoratrici . E per realizzare una effettiva democrazia può essere necessario negare e distruggere le forme ed i metodi con i quali la democrazia borghese si è espressa . È , insomma , come per la morale . Ché quando Lenin afferma che la morale è un fatto di classe , non nega al socialismo un ' esigenza morale , ma nega che la morale di un mondo socialista debba coincidere con quella morale che si è venuto costruendo il mondo borghese . Che significa , allora , accettazione della democrazia ? Se con queste espressioni si intende ribadire che il Partito socialista italiano riafferma la sua volontà di dar luogo ad una società democratica , cioè egualitaria , non si dice nulla di nuovo e si ripetono verità lapalissiane . Se si intende chiarire polemicamente che i socialisti italiani non ritengono esemplare l ' esperienza sovietica , ma mirano ad uno stato socialista in cui più e meglio l ' esigenza democratica sia realizzata , la frase ha un senso . Ma se si intenda affermare che il socialismo italiano mira a conquistare il potere attraverso una lotta che accetti tutte le regole del gioco politico elaborate dalla borghesia , e che si impegna a mantenere domani e dopodomani tutte le forme politiche borghesi , allora si dice qualcosa di estremamente grave e pericoloso . Perché dir ciò significa accettare tout court la tesi essenziale del mondo borghese secondo cui esso ha elaborato una civiltà politica essenzialmente democratica , tale che si possa sì realizzarla veramente e interamente , come la borghesia non ha fatto , ma sia impossibile modificarla . Vuoi dire , cioè , che basta realizzare le premesse borghesi e sostituire le classi lavoratrici a quelle capitalistiche nella direzione dello Stato , per ottenere il socialismo . Il quale , quindi , consisterebbe nella sostituzione di una classe all ' altra nell ' interno del sistema borghese , e non nella costruzione di un nuovo sistema politico , democratico anche esso , ma differente dall ' altro , come quello che nasce naturalmente e necessariamente dalle esigenze di una società senza classi . Parliamo pure , dunque , di accettazione del metodo democratico , ma precisiamo . Intendiamo dire che vogliamo costringere la borghesia capitalistica a realizzare quella democrazia che essa proclama nella teoria e nelle costituzioni , per metterla così alla prova e smascherarne l ' innata vocazione autoritaria ? Vogliamo dire che intendiamo servirci del metodo democratico , delle armi , cioè , che la democrazia borghese ci offre , per conquistare il potere e rinnovare poi dall ' interno lo stato borghese ? O intendiamo dire che il Parlamento , quale esso oggi ì , e i Comuni , le Province , le Regioni , e tutte le altre istituzioni dello Stato di oggi , sono strumenti eterni ed universali , i soli possibili , di una democrazia non solo borghese ma socialista ? Diciamo quel che vogliamo „ ognuno quel che crede , ma , per carità , precisiamo . Si tratta , veramente , di essere o di non essere più marxisti . * * * Peggio ancora è per l ' altra formula , ancora più equivoca , della solidarietà di classe sostituita a quella della politica unitaria . Ché qui , veramente , si bara al gioco . La situazione obbiettiva è questa . In Italia vi è un partito socialista - il PSI - il quale ha ai suoi fianchi , accanto a sé , , due altri partiti : quello comunista , quello socialdemocratico ( fingiamo , per facilitare il discorso , che il PSDI sia un vero sano partito socialdemocratico ) . Il PSI non può non porsi il problema dei suoi rapporti con questi due partiti , a rischio di non definire non solo la sua politica , ma le ragioni stesse del suo essere . Negli anni passati , essendo il PSDI al governo dall ' altra parte della barricata in un periodo di guerra - calda o fredda che fosse , era guerra - il solo problema che si ponesse al PSI era quello dei suoi rapporti con il PCI . A tale problema fu risposto con la formula - teorizzata da Rodolfo Morandi - della politica unitaria . Può darsi che tale formula sia oggi superata e non corrisponda più alle esigenze attuali ; può darsi anche che essa fosse errata anche in passato ; ma attuale o no . esatta o errata , essa era una soluzione a quel problema , rispondeva , bene o male , alla domanda che il partito si poneva . La formula , invece , della solidarietà di classe non è né attuale né intellettuale , né esatta né errata , perché non risponde a quella domanda , non è una soluzione di quel problema . Essa significa , infatti , che i socialisti , e il partito in cui si organizzano , si sentono legati da una solidarietà attiva a tutti gli appartenenti alla classe lavoratrice . dato che , quale che sia la loro posizione politica hanno comuni esigenze di classe . La formula , quindi , indica una generica solidarietà con i lavoratori iscritti al PCI come con quelli iscritti al MSI , alla DC , ai partiti monarchici , non indica in alcun modo quali debbano essere i rapporti fra il PSI in quanto organizzazione di lavoratori socialisti e il PCI , in questo esso pure organizzazione di lavoratori socialisti . È una formula vuota , e perciò equivoca , e perciò pericolosa , perché può contrabbandare qualsiasi soluzione e mascherare , dietro la sua pretenziosa genericità anche l ' anticomunismo più acido . Anche qui , dunque , è necessario sfuggire alla tentazione - così forte - di coprire con una formula verbale l ' assenza di una politica o , peggio una politica equivoca . O , con altre parole , si tratta di sostituire a delle formule verbali , e perciò vuote , una formula che esprime una politica chiaramente veduta e voluta . Un terzo rischio su cui vorrei richiamare l ' attenzione è quello del parlare come ora si va facendo , di apartiticità ( o apartitarietà ) della cultura , e finanche di cultura senza aggettivi , senza chiarire che cosa precisamente si intenda . La formula leninista della partiticità della cultura può essere assunta , ed è stata assunta infatti , almeno in due sensi . Può essere intesa cioè nel senso che vi sia una cultura di partito , per cui questo abbia la facoltà e il diritto di intervenire nell ' attività intellettuale dei suoi membri , dirimendo questioni specificamente culturali . In questo senso , essa è , ovviamente , falsa e va respinta , come abbiamo già fatto , e come è sempre necessario ribadire , con tutta energia : una direzione o un comitato centrale , composti come sono di politici e di tecnici di ogni genere , non hanno alcuna autorità per decidere di questioni culturali ; e d ' altra parte , nemmeno un congresso o convegno d ' intellettuali , o addirittura di specialisti di una determinata materia , ha il diritto di decidere in una questione controversa o di formulare tesi che acquistino così un crisma ufficiale : a meno di non mutare il Partito in una chiesa e un convegno d ' intellettuali in un concilio ecumenico . Ma quella formula può significare anche che la cultura non è , idealisticamente , un mero fatto intellettuale , sibbene è una sovrastruttura , e quindi un fatto politico , di classe . E in questo senso , quella formula è non più leninista , ma marxista , e fa corpo , indissolubilmente , con le tesi essenziali del pensiero marxista . In questo senso quella formula dice che la cultura oggi dominante in Italia riflette le esigenze e quindi lo spirito della società borghese , e per questo suo spirito borghese è obbiettivamente un ostacolo alla costruzione di una società socialista . per cui questa non può realizzarsi senza che si realizzi anche una cultura socialista , la quale rifletta le esigenze e quindi lo spirito delle classi lavoratrici . E significa quella formula che ogni intellettuale , in una società divisa in classi , riporta nella sua attività intellettuale - nelle più profonde caratteristiche di questa - la propria posizione politica , per cui un intellettuale socialista si deve sforzare di legare armonicamente tra loro la sua attività di cittadino e quella d ' intellettuale , e non può , senza una stridente dannosa contraddizione interiore , aderire a correnti di pensiero che riflettano una concezione borghese del mondo . Può accadere , certo , che egli non avverta il contrasto , ma solo perché non analizza sufficientemente se stesso e le sue attività , e , così facendo , non dà alla sua classe e al movimento socialista tutto l ' apporto che potrebbe dargli operando altrimenti . Certo , anche questo principio della partiticità - nel senso ora chiarito di politicità - della cultura può esser negato , ma solo a patto che , ancora una volta , si abbia coscienza di mettersi così fuori del pensiero marxista . Cosa che ognuno ha il diritto di fare , ma purché lo dichiari , e non con formule equivoche che rischino di persuadere o di trascinare , senza che se ne rendano conto , i più sprovveduti . Ché se poi nemmeno chi formula tali tesi si rende conto del loro valore , il pericolo è ancora più grave , ché una confusione ideologica non può non generare una confusione politica : se non sempre ad una ideologia chiara si accompagna una politica chiara , sempre , credo , ad una ideologia confusa si accompagna una politica confusa , con tutte le sue conseguenze .