StampaPeriodica ,
Quando
in
Italia
si
parla
di
«
tecniche
nuove
»
s
'
intende
ciò
che
in
altri
paesi
è
una
fase
superata
,
cioè
la
introduzione
di
sistemi
meccanizzati
e
la
razionalizzazione
dei
metodi
di
produzione
.
Le
punte
realmente
automatizzate
sono
rare
;
anche
se
esse
tendono
,
sotto
la
pressione
internazionale
,
a
divenire
la
norma
e
sin
da
ora
costituiscono
il
punto
di
convergenza
e
di
moto
dei
fenomeni
economici
italiani
.
Si
hanno
cioè
-
volendo
ragionare
per
schemi
-
contemporaneamente
tre
epoche
economiche
:
una
precapitalista
,
una
capitalista
e
una
neocapitalista
.
Ai
vecchi
problemi
sociali
ed
economici
si
aggiungono
perciò
nuovi
problemi
,
in
un
'
accelerazione
del
processo
di
trapasso
da
epoca
a
epoca
,
che
rende
esplosiva
tutta
la
situazione
.
D
'
altra
parte
è
inevitabile
una
razionalizzazione
economico
-
produttiva
che
crei
le
condizioni
per
il
susseguente
sviluppo
dell
'
automazione
;
e
-
benché
ciò
non
sia
inevitabile
-
questa
razionalizzazione
potrà
difficilmente
effettuarsi
senza
una
radicale
modificazione
delle
strutture
politico
-
sociali
che
corrispondono
ad
un
vecchio
ordinamento
produttivo
.
Se
questa
modificazione
-
che
comporta
una
«
democratizzazione
»
del
potere
capitalista
,
cioè
una
sua
trasformazione
da
potere
impositivo
a
leadership
-
si
appuntano
gli
aspetti
politici
del
fenomeno
.
Il
fenomeno
della
«
democratizzazione
»
costituisce
d
'
altra
parte
la
base
stessa
sulla
quale
,
in
altri
paesi
,
si
sviluppa
l
'
automazione
.
Il
processo
tecnologico
assume
ovunque
il
carattere
di
un
'
ulteriore
concentrazione
economica
;
ovunque
significa
«
liberazione
»
di
manodopera
e
,
di
conseguenza
,
ovunque
esso
pone
il
problema
del
potere
,
cioè
del
controllo
del
fenomeno
e
dei
suoi
risultati
.
Ma
ciò
che
distingue
,
specialmente
nella
fase
di
preparazione
,
i
paesi
avanzati
dai
paesi
arretrati
è
la
esistenza
di
controlli
ancor
prima
economico
-
sociali
che
politici
e
legislativi
.
È
cioè
lo
stadio
di
«
democratizzazione
»
e
di
sviluppo
economico
cui
è
giunto
il
capitalismo
che
impone
regole
al
tempo
stesso
economiche
e
politiche
,
inevitabili
se
il
grande
capitale
vuole
mantenere
il
suo
potere
e
le
condizioni
del
suo
stesso
sviluppo
.
La
«
democratizzazione
»
non
si
riferisce
infatti
tanto
al
meccanismo
legislativo
,
burocratico
e
politico
,
quanto
ad
un
determinato
stadio
di
sviluppo
economico
,
di
cui
sono
espressione
il
pieno
impiego
,
la
politica
organica
degli
alti
salari
,
la
perequazione
tra
industria
ed
agricoltura
,
la
funzionalità
economica
dello
Stato
,
e
la
capacità
del
grande
capitale
di
manovrare
questa
funzionalità
in
modo
da
coprire
.
oltre
al
proprio
e
in
funzione
del
proprio
,
un
vasto
settore
di
interessi
sociali
.
I
controlli
perciò
non
agiscono
come
limitazioni
meccaniche
ed
esterne
alla
sfera
economica
,
ma
come
condizioni
del
funzionamento
stesso
del
sistema
e
del
mantenimento
del
relativo
potere
capitalista
.
Il
sistema
capitalista
non
cessa
,
ma
deve
giustificarsi
come
una
condizione
valida
al
di
là
del
proprio
limite
;
il
potere
capitalista
non
decade
,
ma
deve
esplicarsi
come
leadership
,
anziché
come
imposizione
.
D
'
altra
parte
,
benché
tutto
il
meccanismo
sia
in
funzione
dell
'
esistenza
e
della
conservazione
di
un
sistema
,
esso
non
è
una
pura
proiezione
paternalista
.
Anzi
-
ed
è
questo
il
suo
aspetto
fondamentale
e
la
condizione
del
suo
funzionamento
-
un
forte
ed
autonomo
movimento
operaio
è
insieme
una
delle
componenti
del
meccanismo
e
uno
dei
possibili
momenti
di
superamento
.
Conseguenza
di
lunghe
lotte
sociali
,
la
«
democratizzazione
»
capitalistica
si
mantiene
solo
grazie
ad
una
costante
pressione
sociale
,
punta
della
quale
è
il
movimento
operaio
.
Il
giuoco
perciò
è
dialettico
.
La
lotta
di
classe
non
si
spegne
per
il
fatto
di
svolgersi
nell
'
ambito
del
sistema
;
si
arricchisce
anzi
,
nei
suoi
aspetti
migliori
,
del
fatto
che
il
movimento
operaio
è
profondamente
inserito
come
forza
economica
nell
'
insieme
dei
fenomeni
economico
-
produttivi
e
può
condizionarli
mentre
la
sua
dinamica
lo
porta
ad
una
mutazione
qualitativa
del
sistema
ed
alla
conquista
dei
controlli
economici
e
politici
.
Così
il
grande
capitale
non
rinuncia
al
tentativo
di
disgregare
l
'
opposizione
operaia
;
ma
non
può
ricorrere
-
se
non
bloccando
e
disgregando
le
basi
stesse
su
cui
si
fonda
-
ai
metodi
di
polizia
e
di
corruzione
.
Il
tentativo
di
deviazione
degli
effetti
sociali
e
politici
del
processo
tecnologico
tentativo
implicito
nella
logica
capitalistica
-
si
pone
di
conseguenza
ad
un
livello
più
elevato
,
nel
campo
delle
modificazioni
di
struttura
,
anziché
al
livello
della
disgregazione
pura
e
semplice
.
La
«
democratizzazione
»
non
costituisce
,
di
per
sé
,
un
fattore
automaticamente
risolutore
e
immutabile
,
le
soluzioni
di
forza
non
essendo
mai
inevitabili
;
ma
permette
di
condizionare
l
'
introduzione
e
i
primi
sviluppi
del
processo
tecnologico
e
stabilisce
le
condizioni
di
uno
sviluppo
dialettico
.
Ora
,
è
chiaro
che
in
Italia
una
evoluzione
del
genere
-
se
è
problema
di
una
moderna
politica
della
classe
operaia
-
è
anche
espressione
di
rinnovamento
di
una
classe
dirigente
che
voglia
uscire
dalle
tradizionali
condizioni
di
paternalismo
.
Ma
è
anche
chiaro
che
il
potere
degli
stessi
gruppi
capitalistici
avanzati
-
ciò
che
intendiamo
per
«
grande
capitale
»
-
è
ancora
potere
legato
al
paternalismo
e
tale
vuole
rimanere
.
in
altre
parole
,
il
problema
che
si
pone
non
è
quello
di
un
ennesimo
trasformismo
della
vecchia
classe
dirigente
:
la
«
democratizzazione
»
del
capitalismo
italiano
è
,
per
le
condizioni
storiche
della
nostra
società
.
sostituzione
dell
'
attuale
classe
dirigente
con
gruppi
nuovi
.
La
caratteristica
fondamentale
del
fenomeno
italiano
-
la
logica
del
grande
capitale
italiano
-
sta
invece
nel
fatto
che
.
mentre
una
parte
del
capitalismo
nazionale
tenta
di
mantenere
il
processo
nell
'
ambito
delle
inevitabili
trasformazioni
tecnologiche
,
i
gruppi
più
avanzati
(
il
neocapitalismo
)
accettano
la
necessità
di
una
«
democratizzazione
»
-
specialmente
nei
suoi
aspetti
economici
e
sociali
-
alla
condizione
di
farne
ancora
una
volta
una
concessione
paternalista
.
Di
operare
cioè
tutto
il
processo
in
prima
persona
,
evitando
gli
aspetti
dialettici
che
supererebbero
nettamente
il
paternalismo
e
imporrebbero
un
mutamento
delle
condizioni
del
potere
.
Sotto
questo
profilo
è
comprensibile
ciò
che
,
altrimenti
,
apparirebbe
un
comportamento
illogico
sulla
scena
politica
e
sulla
scena
sindacale
.
La
contrapposizione
tra
queste
due
posizioni
-
senza
calcolare
quella
dei
gruppi
parassitari
e
redditieri
condannati
(
pre
-
capitalismo
)
-
corrisponde
infatti
a
due
soluzioni
politiche
del
problema
.
La
prima
si
risolve
in
un
regime
a
carattere
salazarista
-
dittatura
formalmente
parlamentare
-
che
permette
cauti
spostamenti
purché
non
urtino
le
condizioni
del
regime
;
la
seconda
accetta
e
ricerca
una
politica
governativa
pianificatrice
,
vuole
uno
sviluppo
economico
generale
,
propone
una
modificazione
di
strutture
.
Purché
la
natura
del
suo
potere
non
si
modifichi
e
,
di
conseguenza
,
nessuna
opposizione
organizzata
possa
funzionare
nell
'
ambito
economico
-
sociale
dove
si
determinano
il
potere
e
le
condizioni
del
suo
esercizio
.
Si
spiegano
cioè
le
resistenze
di
gran
parte
dello
schieramento
capitalista
alla
evoluzione
politica
e
sociale
in
corso
;
e
la
propensione
di
un
'
altra
parte
a
soluzioni
pescate
nell
'
ambito
della
socialdemocrazia
tradizionale
.
I
gruppi
più
avanzati
,
infatti
,
non
esitano
a
favorire
soluzioni
socialdemocratiche
-
sino
a
rivestirsi
essi
stessi
di
panni
«
socialisti
»
-
ed
arrivare
a
ciò
che
Gramsci
chiamava
la
«
razionalizzazione
demografica
»
e
alla
programmazione
economica
.
Ma
ciò
non
deve
significare
autonomia
operaia
poiché
questa
autonomia
è
la
condizione
fondamentale
dell
'
inserimento
della
classe
operaia
nel
fenomeno
produttivo
e
nelle
strutture
aziendali
e
rappresenterebbe
così
il
polo
dialettico
di
una
reale
ed
obiettiva
«
democratizzazione
»
.
Dietro
all
'
anticomunismo
e
alla
proclamata
ricerca
di
un
movimento
operaio
«
democratico
»
esiste
perciò
soltanto
la
volontà
di
evitare
le
contropartite
sindacali
.
specialmente
nell
'
azienda
.
di
un
eventuale
sviluppo
politico
a
carattere
socialdemocratico
moderno
.
cosicché
questo
,
isolato
sul
piano
politico
,
non
esce
dall
'
ambito
del
paternalismo
.
Il
rammodernamento
delle
strutture
economiche
e
una
maggiore
funzionalità
delle
strutture
politiche
non
vengono
dunque
negati
;
ma
debbono
essere
operati
solo
in
concomitanza
di
un
disgregamento
sociale
ottenuto
attraverso
la
fabbrica
e
il
piano
sindacale
.
Ora
,
la
disgregazione
del
movimento
operaio
è
nella
logica
del
capitalismo
ovunque
.
Ma
la
caratteristica
di
questa
logica
applicata
alla
situazione
italiana
è
che
,
per
mantenere
la
natura
astorica
del
suo
potere
.
il
grande
capitale
deve
avvalersi
delle
condizioni
stesse
di
sperequazione
economica
e
di
arretratezza
sociale
che
costituiscono
i
maggiori
ostacoli
allo
sviluppo
produttivistico
.
Il
mantenimento
del
paternalismo
presuppone
infatti
il
mantenimento
delle
sue
condizioni
storiche
.
Ma
poiché
queste
contrastano
con
gli
obiettivi
produttivistici
.
la
soluzione
viene
cercata
non
nella
distruzione
pura
e
semplice
del
movimento
operaio
.
quanto
nella
enucleazione
di
aristocrazie
operaie
privilegiate
e
legate
alle
posizioni
della
conservazione
paternalista
.
Il
grande
capitale
si
crea
cioè
un
suo
mercato
privilegiato
;
e
,
scimmiottando
i
movimenti
operai
«
democratici
»
,
si
forma
la
opposizione
di
comodo
.
Sarebbe
perciò
un
errore
vedere
nel
grande
capitale
un
peso
inerte
;
o
negare
che
esso
intenda
procedere
a
modificazioni
di
struttura
.
Se
esistono
forti
contrasti
in
seno
allo
schieramento
capitalista
.
ciò
non
toglie
che
la
dinamica
del
processo
favorisce
i
gruppi
orientati
verso
soluzioni
non
meno
politico
-
sociali
che
economiche
.
Per
il
raggiungimento
di
queste
soluzioni
,
anzi
,
il
grande
capitale
mette
in
gioco
un
dinamismo
e
possibilità
tali
da
assorbire
in
potenza
tutti
i
possibili
sviluppi
riformistici
tradizionali
in
campo
politico
e
in
campo
sindacale
.
Cioè
tutti
quegli
sviluppi
che
non
tocchino
,
né
in
senso
rivoluzionario
,
né
in
senso
evolutivo
,
il
nucleo
paternalista
del
suo
potere
.
La
formazione
di
aristocrazie
operaie
conservatrici
è
dunque
il
momento
fondamentale
dell
'
azione
del
grande
capitale
.
Essa
si
manifesta
in
forme
note
,
la
repressione
,
la
discriminazione
,
la
rappresaglia
individuale
,
l
'
esautoramento
e
la
subordinazione
degli
organismi
operai
di
fabbrica
.
Queste
forme
sono
sempre
presenti
,
come
mezzi
indispensabili
alla
politica
paternalista
.
Anche
dove
questa
si
tinge
di
socialismo
e
queste
forme
sono
meno
evidenti
,
non
è
possibile
evitare
discriminazioni
e
'
esautoramento
degli
organismi
di
rappresentanza
operaia
.
Ma
questi
mezzi
sono
intesi
ad
accelerare
gli
effetti
di
altre
condizioni
a
carattere
strutturale
che
rappresentano
il
fondo
dell
'
azione
padronale
.
La
sperequazione
tra
livello
dei
salari
e
livello
dei
profitti
è
la
condizione
fondamentale
.
La
politica
salariale
dei
grandi
complessi
-
cioè
la
concessione
paternalista
di
salari
aziendali
-
è
ben
lontana
dal
rappresentare
un
'
organica
politica
di
alti
salari
,
cioè
una
politica
con
precisi
intenti
economici
,
inquadrabili
in
un
sistema
in
sviluppo
.
Essa
è
in
realtà
una
politica
di
corruzione
che
gioca
sui
livelli
salariali
inferiori
cd
è
intesa
ad
ottenere
specialmente
-
anche
se
non
esclusivamente
-
la
esclusione
di
ogni
controllo
e
di
ogni
lotta
nella
fabbrica
nel
periodo
dell
'
aggiustamento
e
della
razionalizzazione
dei
metodi
produttivi
.
Sull
'
allargamento
della
forbice
profitti
-
salari
,
d
'
altra
parte
,
si
fonda
tutta
la
politica
del
grande
capitale
;
intesa
a
sfruttare
la
sperequazione
economica
,
per
trarre
quei
profitti
differenziali
che
costituiscono
il
nerbo
della
sua
politica
.
Complementare
al
divario
profitti
-
salari
è
la
sperequazione
tra
livelli
salariali
nelle
varie
aziende
.
Attraverso
i
meccanismi
confindustriali
,
i
rapporti
contrattuali
e
le
influenze
dirette
,
il
grande
capitale
può
ottenere
una
cristallizzazione
dei
minimi
salariali
,
cristallizzazione
necessaria
allo
sviluppo
del
sistema
dei
salari
aziendali
e
dei
profitti
differenziali
.
La
depressione
salariale
dà
infatti
rilievo
al
salario
aziendale
senza
che
ne
risulti
menomato
lo
sfruttamento
capitalistico
.
Oltre
a
ciò
il
rapporto
costi
-
prezzi
ricade
a
tutto
favore
del
grande
complesso
produttivo
che
,
anche
in
questo
senso
,
approfondisce
a
proprio
vantaggio
la
sperequazione
economica
.
A
questi
strumenti
economici
si
accompagnano
azioni
più
propriamente
sociologiche
,
collegate
alla
razionalizzazione
dei
sistemi
produttivi
.
La
dequalificazione
e
il
rinnovo
-
oltre
agli
spostamenti
interni
-
di
manodopera
sono
infatti
un
altro
elemento
di
fondo
.
Si
dovrebbe
chiarire
il
termine
di
«
dequalificazione
»
,
poiché
la
tendenza
è
alla
sostituzione
di
una
qualificazione
individuale
con
una
qualificazione
di
nassa
che
l
'
uso
generico
di
«
dequalificazione
»
tende
a
nascondere
.
È
comunque
importante
notare
che
,
presso
i
grandi
complessi
,
avviene
un
forte
ricambio
di
manodopera
reso
possibile
dalla
capacità
di
istruire
nell
'
azienda
stessa
la
manodopera
non
qualificata
per
compiti
particolari
,
spesso
non
ripetibili
altrove
,
che
cioè
non
costituiscono
«
mestiere
»
.
A
ciò
si
aggiunge
il
fatto
che
la
nuova
manodopera
è
preferibilmente
scelta
tra
lavoratori
alla
prima
generazione
operaia
,
legati
alla
crisi
della
piccola
proprietà
contadina
o
provenienti
da
regioni
tradizionalmente
«
depresse
»
.
Si
comprende
facilmente
che
cosa
ci
si
attenda
da
un
'
azione
complessa
,
della
quale
abbiamo
indicato
soltanto
i
momenti
fondamentali
.
Non
si
tratta
soltanto
degli
effetti
psicologici
del
divario
di
condizione
salariale
.
Una
differenza
tra
livelli
salariali
-
anche
nella
particolare
condizione
economico
-
sociale
italiana
-
non
provoca
,
di
per
sé
,
fratture
effettive
,
strutturali
,
della
classe
operaia
.
Il
fatto
è
che
la
differenza
tra
livelli
salariali
è
uno
degli
aspetti
di
una
sperequazione
economica
generale
e
di
un
metodo
che
investe
tutta
la
economia
italiana
.
Qualora
perciò
il
lavoratore
si
renda
conto
che
la
sua
possibilità
di
ottenere
miglioramenti
del
salario
diretto
ed
indiretto
con
relativa
facilità
,
è
condizionata
da
questa
condizione
sperequativa
,
è
cioè
correlata
alla
depressione
salariale
generale
.
e
accetti
con
ciò
il
punto
di
vista
del
grande
capitale
,
egli
porrà
la
sua
rivendicazione
come
spartizione
della
torta
e
la
sua
«
democraticità
»
sarà
così
completa
.
Il
tentativo
mira
cioè
ad
ottenere
-
in
forme
adeguate
alla
nostra
epoca
ed
alla
situazione
italiana
-
la
ripetizione
del
fenomeno
provocato
dalla
formazione
dell
'
American
Federation
of
Labor
,
quando
l
'
aristocrazia
operaia
americana
-
formata
dagli
skilled
-
decise
di
separarsi
dal
grosso
della
classe
operaia
.
Tuttavia
-
ammesso
che
il
confronto
sia
possibile
-
esiste
un
elemento
di
profonda
differenziazione
.
Gli
skilled
americani
avevano
,
proprio
in
virtù
di
una
loro
abilità
professionale
che
li
spingeva
a
distinguersi
una
forza
contrattuale
che
l
'
attuale
condizione
produttiva
non
permette
e
che
,
comunque
,
non
caratterizza
la
aristocrazia
operaia
italiana
.
Questo
elemento
muta
totalmente
le
condizioni
e
le
prospettive
del
fenomeno
.
Le
aristocrazie
operaie
italiane
non
possono
riprodurre
la
caratteristica
fondamentale
del
fenomeno
americano
,
cioè
la
autonomia
,
operante
anche
nei
momenti
peggiori
.
fondata
stilla
abilità
professionale
.
Esse
sono
perciò
da
un
lato
abbandonate
allo
strapotere
paternalista
e
dall
'
altro
non
possono
separarsi
totalmente
dalla
classe
operaia
.
dalla
necessità
cioè
di
trovare
in
essa
la
forza
contrattuale
di
cui
mancano
.
Il
grande
capitale
non
può
perciò
arrestare
la
sua
azione
ad
un
momento
di
pretesa
«
democraticità
»
del
movimento
operaio
-
che
potrebbe
coincidere
con
la
sparizione
delle
organizzazioni
di
classe
-
riservandosi
di
trattare
,
su
un
piano
interclassista
,
con
organizzazioni
coadiuvanti
ma
autonome
.
In
quel
momento
infatti
i
gruppi
operai
esclusi
si
troverebbero
a
dover
di
nuovo
agire
secondo
una
capacità
contrattuale
che
deriva
esclusivamente
dalla
solidarietà
di
classe
e
perciò
ricostruirebbero
immediatamente
anche
la
capacità
contrattuale
degli
strati
operai
non
privilegiati
.
La
logica
del
grande
capitale
non
può
dunque
essere
che
la
logica
della
stratificazione
:
la
logica
degli
elefanti
addomesticati
.
La
distruzione
del
movimento
operaio
-
cioè
la
sparizione
delle
sue
organizzazioni
-
gli
renderebbe
impossibile
quell
'
azione
di
pressione
sui
partiti
e
sulla
socialdemocrazia
politica
che
gli
occorre
per
la
realizzazione
demografica
e
per
la
programmazione
economica
.
Ma
l
'
autonomia
operaia
in
un
modo
qualsiasi
e
sul
filo
di
una
qualsiasi
politica
,
rappresenterebbe
il
crollo
della
sua
politica
e
conseguentemente
del
potere
paternalista
.
In
Italia
perciò
la
lotta
per
il
potere
-
ché
tale
è
la
lotta
per
il
controllo
del
fenomeno
tecnologico
-
assume
toni
drammatici
.
Porre
la
questione
come
necessità
di
arrivare
comunque
ad
una
programmazione
economica
.
significa
rimanere
ancora
in
ritardo
rispetto
ai
termini
effettivi
della
questione
.
La
lotta
é
contro
il
paternalismo
in
lobbia
o
in
cravatta
rossa
;
ma
è
anche
contro
le
soluzioni
capitaliste
più
arretrate
.
È
contro
le
interpretazioni
riformistiche
della
socialdemocrazia
;
ma
è
anche
contro
le
interpretazioni
pseudo
-
rivoluzionarie
che
favoriscono
i
gruppi
capitalistici
retrivi
.
Contro
il
collaborazionismo
operaio
che
svuota
di
senso
una
lotta
moderna
;
ma
è
anche
contro
le
impostazioni
della
mitologia
massimalista
che
affossano
il
movimento
operaio
nell
'
impotenza
e
,
dietro
ai
verbalismi
,
svirilizzano
proprio
la
lotta
di
classe
come
fenomeno
storico
,
non
come
proiezione
mitica
.