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> categoria_s:"StampaPeriodica" > anno_i:[1970 TO 2000}
Permettete (o no?) questo splendido tango? ( Del Buono Oreste , 1973 )
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Ultimo tango a Parigi non è bello . È splendido . E , scritto questo a proposito del film con cui Bernardo Bertolucci si consacra irresistibilmente e irriverentemente maestro tra i maestri del cinema , potrei anche passare ad altro più futile argomento . Perché ( non lo scopro mica adesso ) scrivere male di qualcosa o qualcuno è facile , scriverne bene è difficile . Comunque , in tal caso mancherei di gratitudine . È per pura gratitudine che continuo la mia noterella Per pura gratitudine di questa gran cosa che è Ultimo tango a Parigi . Film disperato , ma anche gioioso . Film delirante , ma anche rigoroso . Film provocatorio , ma anche candido . Film letterario , ma anche autentico . Film osceno , ma anche onesto . Film compiuto , ma anche indefinito . Film gioioso , ma anche disperato . Film rigoroso , ma anche delirante . Film candido , ma anche provocatorio . Film autentico , ma anche letterario . Film onesto , ma anche osceno . Film indefinito , ma anche compiuto . Dunque , un americano a Parigi . Ma non l ' americano di Gershwin tutto vezzi e lezi , casomai , di più , l ' americano di Miller ( l ' unico Miller da me riconosciuto , ovvero Henry ) tutto vizi e lazzi . E con la insaziabile golosità sessuale dell ' americano di Miller diventata con il mutar degli anni e dei mondi furiosa cupidigia sessuale , la battaglia prima della resa all ' impotenza , già in qualche modo la celebrazione dell ' impotenza nell ' esasperazione della potenza . In questo vagabondo americano smarrito ciel labirinto delle proprie viscere s ' imbatte una francese di Renoir ( Pierre - Auguste , non vorrei che equivocaste ) e di Maupassant insieme , tutta carne e curiosità , insomma , tutta frivolezza ed egoismo . Il primo incontro nella terra di nessuno di uno squallido appartamento da affittare diventa subito amplesso . Poche parole , e neppure parole , qualche storpiatura francese di Brando , qualche storpiatura inglese di Schneider , e sono già avvinghiati a sbattersi tra pareti , finestre e tende , ancora vestiti , lasciando le nudità da scoprire in seguito . Un corpo a corpo ferino , naturale , sincero . Le complicazioni verranno dopo , insieme con la nudità , verranno dal tentativo di ripetere , rinnovare , riaccendere i rapporti , confinando fuori della porta il passato , appagandosi dei nomi propri Paul e Jeanne e dei propri corpi , unico presente da martoriare in un ' ansia non direi tanto di conquista del futuro quanto di contestazione del futuro , come ricatto sul presente . Ma il passato , si sa , è tenace . Non rinuncia a filtrare nel presente e alla fine , si sa purtroppo , è sempre il passato a condizionare il futuro , anzi a sostituirsi al futuro , a rivelarsi il futuro stesso . Il passato nelle smagliature degli amplessi apre ammiccamenti e folgorazioni , la disperazione di Paul per il suicidio inspiegabile della moglie infedele , gerente di un albergo a ore , la frustrazione di Jeanne per la memoria del padre colonnello morto in una guerra ingiusta . Ammiccamenti e folgorazioni infittiscono e inaspriscono , anche se il rito sessuale celebra i suoi eccessi ( ma perché poi eccessi ? Cosa ci può essere di eccessivo in amore ? L ' amore non è eccesso in partenza , altrimenti che cavolo di amore è ? ) . Così sopravviene la tragedia . Ovvero la banalità . Paul decide di ricominciare da zero con Jeanne , presentandolesi e proponendolesi . Jeanne decide di lasciare l ' amante per sposare il fidanzato Tom , un imbecille teleregista con pruriti di cinefalsità . Le ferite d ' amore non sono mai mortali , le ferite di banalità sono sempre incurabili . Paul rincorre Jeanne sino in casa di lei , e Jeanne uccide Paul con la rivoltella d ' ordinanza del padre . Poi comincia a balbettare , rinfrancandosi sempre più , l ' attendibilissima autodifesa : uno sconosciuto l ' ha seguita , ha cercato di violentarla , le restava altro da fare ? Il sommario riassunto non rende giustizia a Ultimo tango a Parigi . In mezzo a questi pochi movimenti c ' è , infatti , tutto il film e il film è un capolavoro . Un capolavoro di Bernardo Bertolucci . Mi pento di aver fatto anche quelle calve citazioni all ' inizio , Gershwin e Miller , Renoir e Maupassant , citazioni francamente inutili ( non riuscirò a convincere nessuno , soprattutto me stesso , di possedere un minimo di cultura ) . Ultimo tango a Parigi è , infatti , opera talmente e magistralmente personale che la segnaletica nozionistica non attacca . Insomma , un film dopo la cui visione non sarete gli stessi di prima , vi sia piaciuto o non vi sia piaciuto , scommettiamo ? Brando e Schneider si amano in tutti i modi considerati naturali e innaturali , meno uno ( casomai , ecco , è l ' unica lacuna da me riscontrata nel film , ma forse l ' allusione c ' è ) . La scena , ovviamente , di cui più si parlerà è quella del burro spalmato sull ' affettuoso popò di Schneider , e delle relative conseguenze . Ebbene , consideratela un test . Un test del vostro tasso d ' intelligenza e di sensibilità . Lì Bernardo Bertolucci vi aspetta per assolvervi o condannarvi dall ' imputazione di essere dei cretini . Persino io ( che sono cretino recidivo e ormai non posso neppure usufruire della condizionale ) me ne sono accorto , e mi trattengo dal somministrarvi l ' ennesima applicazione della famigerata barzelletta del tedesco : « Potere fare tutto questo con markarina , ja ?...» . Persino io . La Schneider nelle scene d ' amore ( in quasi ogni fotogramma del film , dunque ) è deliziosa , una rivelazione . Il suo sorriso , la sua adesione , il suo palese divertimento aiutano Brando a ottenere la migliore interpretazione dal tempo di Un tram che si chiama Desiderio . Ecco un attore da me detestato trasformarsi in un arcangelo irresistibile per bravura , fascino , suggestione . Ne sono felice . Gli perdono persino di dichiarare a un certo punto quarantacinque anni invece di quelli che ha ( essendo mio coetaneo ) . Del resto , Bernardo Bertolucci mi ha detto che la colpa della sottrazione è sua , è stato lui a suggerirla a Brando . La colpa di Ultimo tango a Parigi è , lo ripeto , tutta di Bernardo Bertolucci . Il merito straordinario , incontestabile .
È semplice, basta allenarsi poco ( Vaccari Lanfranco , 1984 )
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L ' uomo che gli dèi hanno scelto per celebrare Olimpia '84 cominciò a correre nel giardino di casa a Willingboro , New Jersey . Da un capo all ' altro del prato erano i 100 metri . Il giro della villetta i 200 . La pertica sorretta da due sedie , il salto in alto . E il primo salto in lungo avvenne sopra i castelli di sabbia che lui e sua sorella Carol avevano costruito dov ' erano stati ammassati i materiali per riparare il patio . Aveva otto avversari , tutti compagni delle elementari , come lui figli della media borghesia negra . Fra una settimana , al Memorial Coliseum di Los Angeles , Carl Lewis avrà un solo avversario : la storia . Correrà e salterà per ripetere l ' impresa di Jesse Owens , che nel 1936 a Berlino vinse 100 metri , 200 metri , staffetta 4x100 e salto in lungo . In questi cinquant ' anni mai nessun avvenimento sportivo era stato atteso con maggiore trepidazione , mai un numero tanto alto di persone ( in due miliardi lo vedranno per televisione ) si era dato appuntamento per vedere nascere un mito . E se non ci riuscisse ? Se qualcuno in qualche modo , in qualche gara , lo battesse ? « Tutti sono convinti che per me sarebbe la fine » dice . « Invece non sono per nulla spaventato . Potrei perdere e avere lo stesso tanta pubblicità da fare poi quel che voglio . I titoli dei giornali , anche in quel caso , sarebbero su di me . Direbbero : Lewis fa flop . Ma anche in quel caso , in autunno , io girerò un film . Comunque diventerò ricco . Comunque farò meglio degli altri , anche senza l ' atletica leggera . Perché io non pongo limiti a me stesso , non sono vulnerabile a nulla . » A 23 anni ha già fatto esaurire ai cronisti tutto il repertorio dei superlativi : non c ' è aggettivo che non sia stato usato nel tentativo di definirlo , non c ' è immagine retorica che non sia stata costruita nel tentativo di ingabbiarlo in una casella comprensibile agli umani . Ma cercare di tradurre il suo sforzo atletico in parole è fatica vana . Anche perché le solite iperboli non chiariscono il mistero , non spiegano che cosa lo fa saltare più lontano e correre più veloce . « Non c ' è mistero » dice lui tranquillo . « Almeno non per me . Io faccio poche fondamentali cose . C ' è un solo modo di allenarsi : quello giusto . C ' è un solo modo di correre e saltare : quello giusto . C ' è un solo modo di gareggiare : quello giusto . Quindi niente di misterioso , solo molto lavoro . » Lui ha cominciato presto , a 8 anni . I suoi primi allenatori sono i genitori , in gioventù atleti più che decorosi : la madre negli ostacoli , il padre nel mezzofondo . Lui però non cresce , a 14 anni il torace è esile , le gambe sono poco più che ossa sottili , neppure lunghe . Finché d ' improvviso , a 15 anni , si allunga di sette centimetri in meno di due mesi . Alla fine del 1977 corre già le 100 yard in 9.3 e salta sette metri . Ma è ancora e soltanto un ragazzino che corre e salta , sia pure dotato . Atleta lo diventa l ' anno dopo , l ' ultimo del liceo . « D ' improvviso si rese conto di tutte le sue potenzialità » ricorda Jack Muller , all ' epoca viceallenatore di atletica all ' high school di Willingboro . « E si convinse di non dovere seguire altre regole che le proprie . Quando cercavo di dargli un consiglio rispondeva : non è a te che devo dare ascolto » . Il calendario degli allenamenti lo stabilisce più sugli articoli letti anni prima e sulle note dei suoi genitori che non sulle tabelle di superlavoro ormai dilaganti . Appena sente male ai muscoli , anche se è appena a metà esercizio , smette di colpo . Non lavora per aumentare la resistenza . Con grande sconcerto dei santoni dell ' ortodossia , i risultati gli danno ragione . Batte Steve Williams , il maggiore scattista americano della fine anni Settanta , e arriva sugli otto metri . A quel punto fa la scelta della sua vita . Per poter essere più indipendente si iscrive all ' università del Texas , a Houston . Per poter usare l ' atletica come trampolino di lancio verso un ' altra carriera , sceglie il corso di comunicazione radio - TV , quello che fa diventare telecronisti . Pianifica attentamente : serve a togliergli l ' ansia , a dargli il controllo delle situazioni . « È la cosa che voglio di più al mondo » dice . « Ho bisogno di sapere che cosa mi aspetta , di fissare degli obiettivi e di raggiungerli . È sempre stato così , fin da quand ' ero ragazzo . E quanto più alla gente parevano impossibili , tanto più io ero stimolato » . In Tom Tellez , a Houston , trova l ' unico allenatore con cui può convivere . « È un tipo difficile , dà sempre l ' impressione di non lavorare abbastanza e di non prestarti attenzione » racconta Tellez , in passato allenatore di grandi campioni come il saltatore in alto Dwight Stones e il triplista Willis Banks . « Ma la volta dopo fa tutto quel che gli hai suggerito . Lavora poco ma con intelligenza . Quando dice ho finito , basta , non puoi dirgli niente . Il nostro non è il classico rapporto allenatore - atleta . No , siamo due persone che si guardano negli occhi . Lui è come un computer . Se gli si dà la giusta istruzione , la interpreta correttamente . Se no , non funziona » . Con un po ' di giuste istruzioni , Carl Lewis ha corso i 200 metri in 19 " 75 , la migliore prestazione mondiale a livello del mare ( il record è di Pietro Mennea da Barletta , 19 " 72 a città del Messico ) , ha corso i 100 in9 " 97 , migliore prestazione mondiale a livello del mare . Ha saltato 8,78 , anche questa la migliore prestazione mondiale a livello del mare . Per batterlo , bisogna scalare le montagne . Ci sono voluti anni . Soprattutto il lungo è stato molto curato . « Quando è arrivato » spiega Tellez , « Cari saltava male , provocando tensioni eccessive sui tendini e sul ginocchio della gamba di stacco , perché teneva troppo a lungo il piede sulla pedana . » Era il guaio maggiore , ma non il solo . La velocità è componente essenziale nel lungo : Lewis prendeva una rincorsa troppo corta , meno di 45 metri , e le sue ultime quattro falcate erano deboli . Adesso Lewis parte a 50 metri dalla linea di stacco . Li percorre in 23 falcate , meno di due metri e mezzo l ' una . Arriva alla velocità di 42 chilometri l ' ora . Si alza e , mentre vola , fa due passi che lo tengono in aria per un secondo e quattro centesimi . Non va troppo in alto , perché Tellez è convinto che più si parte in verticale , meno si arriva in orizzontale . Quando finalmente atterra sono passati circa sei secondi dal suo primo passo in pedana . « Ogni volta mi chiede : cosa posso fare per migliorare ? » racconta Tellez . « È un grande atleta proprio perché cerca sempre qualcosa di più . La sua mente è spalancata davanti al mondo . » Forse per questo Lewis si può permettere ritmi di allenamento assai blandi : due ore al giorno , cinque giorni alla settimana . I weekend sono rigidamente esclusi . E i , pesi anche , se non di tanto in tanto : non gli piacciono . « È meglio lavorare poco che troppo » sentenzia . « È la ragione per cui non mi sono mai infortunato . La gente non sa ascoltare il proprio corpo . » Il campo d ' allenamento non è l ' unico posto in cui Cari Lewis fa solo quello che gli va . Le regole che valgono per gli altri non sembrano applicabili a lui . Mentre a Los Angeles tutti stanno nel villaggio olimpico , lui risiede in una casa a Santa Monica , sull ' oceano . Quando partecipa a un meeting , una pattuglia di polizia lo scorta sempre a un rifugio che lo sottrae ai tifosi . È speciale e lo sa . Vive in una casa vittoriana che ha , in mezzo al salotto , un grande tappeto persiano . Alle pareti sono appese spade di samurai . Raccoglie con passione maniacale le posate d ' argento e i bicchieri di cristallo . Guida una Bmw 735 biturbo , bianca , e la spinge a straordinaria velocità . « Una volta anche a 220 chilometri all ' ora » confessa . « Mi piace andare forte . » Ha una cagnetta , Tasha , anche lei bianca . Gli amici sono pochi , i due più cari ( vecchi compagni di liceo rimasti nel New Jersey ) vanno spesso a passare i weekend da lui a Houston . Coltiva bizzarre debolezze . A giorni uscirà il suo primo disco , che ha per titolo Going for gold . In autunno uscirà la sua prima biografia : quello che la sta scrivendo gli sta accanto da un anno . Contemporaneamente deciderà che cosa ha voglia di fare . Potrebbe rimanere nel mondo dell ' atletica , ancora per un paio d ' anni . Magari per correre i 400 metri in 43 secondi o per diventare un grande specialista degli ostacoli alti . « Oppure , se mi allenassi seriamente , potrei battere il record del mondo del decathlon » civetta , prima di dire che , in fondo , potrebbe anche fare fortuna fra i professionisti del football americano . Non è escluso neppure che si dedichi seriamente all ' industria dello spettacolo . Per tre settimane ha seguito un corso al Theatre workshop di Warren Robertson , a New York . Poi , quando c ' è stato il saggio finale davanti alla macchina da presa , Lewis ha recitato molto meglio di quanto avesse mai fatto . « Ogni dettaglio che gli avevo insegnato è ritornato a galla ed è stato applicato con scrupolo » dice Robertson , alla cui scuola sono andati anche Jessica Lange , Diane Keaton e James Earl Jones . « Non credevo che uno che non aveva mai recitato prima potesse essere tanto impeccabile . Ha un istinto fantastico che elimina tutti gli eccessi e gli sprechi e va dritto all ' essenziale » . Ma di tutto questo si parlerà più avanti , dopo le Olimpiadi . Adesso , nessuna distrazione è concessa . Dall ' inizio dell ' anno Lewis evita di incontrare i giornalisti . Fino a maggio le interviste sono state possibili solo per telefono , due mercoledì al mese . Negli ultimi due mesi neppure quello : tutte le richieste vengono educatamente respinte da Joe Douglas , il suo manager . È probabile che anche a Los Angeles , come ha già fatto lo scorso anno ai campionati mondiali di Helsinki , non si conceda al rito della conferenza stampa fino a dopo l ' ultima gara , l'11 agosto . Nei giorni precedenti avrà lavorato parecchio . Ecco il suo programma . Venerdì 3 agosto : due batterie dei 100 metri la mattina . Sabato : semifinale e finale dei 100 . Domenica : qualificazioni del salto in lungo . Lunedì : due batterie dei 200 la mattina , finale del lungo il pomeriggio . Martedì ; riposo . Mercoledì : semifinale e finale dei 200 . Giovedì : riposo . Venerdì : batteria della staffetta 4x100 . Sabato : semifinale e finale della staffetta . In totale , undici corse e due giorni di salti . Ha tutte le possibilità di farcela . Se non ci riuscisse deluderebbe due miliardi di spettatori . Ma farebbe felici alcuni suoi avversari , che lo detestano neppure tanto cordialmente . Larry Myricks , il miglior saltatore in lungo prima che cominciasse l ' era Lewis , va in giro dicendo : « Sarà festa grande il giorno in cui qualcuno lo batterà » . Perfino Edwin Moses , uno dei più grandi campioni della storia dell ' atletica , quello che ha vinto le ultime 100 e passa corse della sua specialità ( i 400 ostacoli ) , non apprezza il suo stile : « Vincere va bene , ma lo si può fare anche senza umiliare gli altri . Ci sono troppe vibrazioni negative attorno a quel ragazzo » . In giro , di Lewis se ne sentono di tutti i colori . Che è un omosessuale . Che prende gli steroidi per aumentare la sua potenza muscolare ( è una sostanza vietata , chi risulta « positivo » a un controllo antidoping viene squalificato ) . Che si imbottisce , allo stesso scopo , di ormoni di gorilla e che lo scorso anno ha rinunciato a una tournée in Europa perché gli ormoni gli avevano provocato una ciste grande come un pugno . Lui si difende con sarcasmo : « Questo è il problema dei miei avversari . Dovrebbero pensare di più a quel che fanno loro e di meno a quel che sto facendo io » . Non si lascia scappare occasione per dire cose che , alle orecchie degli altri , suonano certo indisponenti : « Nessuno corre meglio di me gli ultimi 20 metri » . Oppure : « Basta vedere come faccio la curva , non c ' è uno al mondo che mi può battere sui 200» . Ogni tanto i suoi critici rabbiosi fanno notare che non detiene ancora nessun primato del mondo . Lui ha una risposta pronta , ovviamente : « Non sono i record che mi interessano . Se volessi , probabilmente li farei . E non è neppure la vittoria in sé che mi importa , ma il modo in cui la ottengo . Il mio scopo , quando corro o salto , è la prestazione . Infatti non ho paura dei miei avversari , ma solo di non poter essere un giorno un atleta perfetto » . Non gli pare una pretesa eccessiva . Un fervore quasi messianico lo anima quando parla del suo ruolo nel mondo . « Sono nato per fare qualcosa di speciale » dice convinto . « Credo che certi record siano ormai dentro il mio corpo e che Dio mi abbia dato il talento necessario per tirarli fuori . Aspetto solo che venga il momento » . Nonostante lui giochi al ribasso e dica che non gli importa poi molto , il momento sta per arrivare . Qualche settimana fa Bob Beamon , l ' uomo che a città del Messico nel 1968 saltò l ' incredibile misura di 8,90 metri , ancor oggi record mondiale , gli ha chiesto in una intervista televisiva come si sente uno che sa , di qui a pochi giorni , di poter diventare leggenda . Non sente la pressione ? « La pressione viene dall ' incertezza » gli ha risposto Lewis , « dal non sapere quali possono essere le variabili . Ma a Los Angeles per me non ci saranno variabili . Potrebbe anche cadermi il mondo sulle spalle e io non lo sentirei . Dicevano che non avrei mai vinto due gare nella stessa competizione , e l ' ho fatto . Dicevano che non avrei mai potuto vincerne tre , e l ' ho fatto . Ho sempre dimostrato che avevano torto . Per vincere non ho bisogno dell ' aiuto di nessuno . Tutto quel che devo fare è essere Carl Lewis » .
Tutto il mostro indizio per indizio ( Spezi Mario , 1984 )
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« È un ' ombra . Esperienza e statistiche dicono che dovrebbe essere un uomo . Ma per quanto ne so io , questo mostro potrebbe anche essere una donna » . Il capo della Scientifica fiorentina , Nunzio Castiglione , spinge vicino al paradosso lo scetticismo che dopo l ' assassinio di Pia Rontini e Claudio Stefanacci , settima coppietta uccisa e seviziata nelle campagne intorno a Firenze dal 1968 a oggi , si è impossessato di lui e di molti altri investigatori . Ma c ' è davvero un solo « mostro » ? Ed è possibile che non abbia lasciato tracce ? Che 14 corpi siano stati sepolti in 16 anni senza che su di essi sia stato trovato nemmeno un indizio che aiuti a scoprire il volto di quello che sempre più appare come l ' unico assassino ? Il mostro di Firenze ha davvero trovato la formula del delitto perfetto ? Molti a Firenze pensavano che il mostro fosse in galera dal gennaio scorso , da quando il giudice istruttore Mario Rotella aveva fatto arrestare i cognati ultrasessantenni Giovanni Mele e Piero Mucciarini . I due , secondo questa tesi che ha retto sei mesi , avrebbero aiutato , la notte del 21 agosto 1968 , il loro parente Stefano Mele ad assassinare la moglie Barbara Rocci e il suo amante Antonio Lo Bianco sorpresi dentro una Giulietta in campagna fuori Lastra a Signa , pochi chilometri a ovest di Firenze . Otto proiettili Winchester serie H sparati con una Beretta calibro 22 uccisero gli amanti . Stefano Mele , il marito pluritradito , nel 1968 invece era stato riconosciuto unico colpevole dell ' omicidio e condannato a 14 anni . La sentenza concludeva : « L ' eventuale partecipazione di un terzo alla commissione del delitto perde ogni consistenza » . Ma quella Beretta continuò a sparare mentre Mele era in prigione e continuò a uccidere sempre e solo coppie sorprese a fare all ' amore dentro una macchina in campagna . Poiché era difficile pensare che l ' arma , cambiato proprietario , servisse a commettere omicidi simili , si pensò che con Mele , a uccidere la moglie e l ' amante , ci fosse stato un complice che , poi , messosi in proprio , divenne il mostro . Interrogato nell ' agosto 1982 , Stefano Mele disse che suo partner nel delitto era stato Francesco Vinci , sardo come lui , un altro amante della « sua signora » , anch ' egli tradito e più geloso del marito . Vinci si fece 15 mesi di carcere come mostro . Ma quella Beretta uccise di nuovo mentre se ne stava in cella . Fu richiamato Stefano Mele che si scusò , disse di avere accusato Vinci per vendicarsi dei torti subiti e senza troppe esitazioni puntò il dito contro il fratello Giovanni e il cognato Piero Mucciarini , che , ovviamente , furono arrestati . Ma domenica 29 luglio , in un bosco vicino a Vicchio , la solita Beretta è tornata a uccidere una coppia appartata in macchina . Questa volta il maniaco assassino ha asportato alla ragazza , Pia Rontini , non solo il pube ma anche un seno . Il mostro è quindi stato sempre libero e ormai è certo che con i protagonisti del vecchio delitto di 16 anni fa non ha proprio niente a che fare . Se le cose stanno così , e non si vede per il momento come altrimenti potrebbero stare , sappiamo in primo luogo che l ' ombra chiamata « mostro di Firenze » sceglie a caso le sue vittime . Nessun collegamento esiste tra lui e la coppia che uccide . Certamente lui sa che questo è l ' elemento di base di un delitto perfetto , perché disorienta completamente la bussola di un ' indagine . Sa anche che strafare è pericoloso , che non c ' è bisogno di esporsi troppo per ottenere pubblicità : basta il clamore suscitato da ogni suo omicidio . Non ha mai rivendicato un delitto , non ha mai lanciato sfide alla polizia o alla città . L ' ombra si fa gli osceni interessi suoi , pensando solo , come un ragioniere dell ' orrore , a non lasciare tracce e a scegliere luoghi e momenti opportuni per colpire , come se potesse benissimo controllare la sua ossessione . Dal primo delitto la sua tecnica si perfeziona nel senso che si semplifica sempre più riducendo al minimo gli appigli per un ' indagine . Già il secondo delitto , commesso il 14 settembre 1974 a Borgo San Lorenzo , a pochissima distanza dal luogo dove avrebbe colpito dieci anni dopo ma a circa cinquanta chilometri dal primo , avviene la notte di un sabato senza luna . Così il terzo , ben 6 anni dopo , il6 giugno 1981 a Scandicci ; così il quinto , il 19 giugno 1982 a Montespertoli . Il quarto delitto avvenne il 22 ottobre 1981 , un giovedì , ma il giorno dopo era stato proclamato uno sciopero generale . La sesta volta , il 9 settembre 1983 , a Giogoli , località fra Firenze e Scandicci , uccise di venerdì . Sempre , quindi , il ragioniere dell ' orrore colpisce la vigilia di un giorno non lavorativo , purché non ci sia luna . Molti hanno fantasticato su queste circostanze andando a cercare esoteriche ragioni a una scelta che quasi sicuramente è invece solo razionale . Nelle sere precedenti una festa è molto più facile imbattersi in una coppietta sulle colline che da ogni parte circondano Firenze , e in una notte senza luna , magari con un abito nero indosso , l ' ombra è molto più difficilmente visibile . Forse però , invecchiando , il mostro tiene un po ' meno a freno i suoi impulsi . L ' ultimo delitto lo ha commesso una domenica sera . Ci sono fondati motivi per ritenere che egli abbia tentato di farlo , come abitudine , la sera prima , il sabato . Ma quella notte nessuna coppia andò nel sentiero di Boschetta che invece ospitò la sera dopo Pia e Claudio . L ' assassino , andatogli a monte il piano per la data che aveva fissato , non ha saputo rinviare troppo in là e altrove l ' appuntamento con la morte , ed è tornato nello stesso luogo 24 ore dopo . Per la prima volta ha corso un grosso rischio , esponendo se stesso e la sua auto alla possibilità di essere notati . La circostanza , se dovesse essere confermata , dimostra la validità di un ' altra ipotesi sul mostro : lui fissa la data dell ' omicidio , sceglie il luogo dove colpire e uccide la prima coppia che vi capita . Che la scelta dei luoghi sia molto importante nei suoi orrendi piani era stato già intuito . Forse fa dei sopralluoghi . Colpiscono questi luoghi del delitto per due caratteristiche : sono incredibilmente simili uno all ' altro e appaiono a prima vista come i meno indicati per tendere un agguato . Sono sempre molto vicini a strade asfaltate frequentate nei sabati notte soprattutto da giovani che in auto o in moto si spostano tra i paesi che circondano Firenze . Le auto delle coppie prese di mira dal mostro hanno sempre su un lato vegetazione alta , grossi cespugli o alberi , insomma una specie di cortina . Dall ' altro lato , invece , si estendono sempre campi piuttosto vasti , a bassa vegetazione , così che il luogo dà l ' impressione di essere fin troppo scoperto . Il mostro vuole proprio questo perché la cortina di alberi lo ripara alla vista di chiunque e la bassa vegetazione che si estende davanti a lui gli consente di vedere anche da abbastanza lontano se qualcuno non desiderato è nei paraggi o si avvicina . L ' ombra deve anche intendersene abbastanza di armi . La Beretta calibro 22 che usa fu definita già nella perizia fatta nel 1968 « vecchia , arrugginita e usurata » , eppure per tutto questo tempo l ' assassino è riuscito a mantenerla perfettamente funzionante . La pistola è del tipo « long rifle » , di quelle cioè che si usano nei tirassegni . Il caricatore ha dieci colpi , che con quello in canna fa un totale di undici . Il mostro non spara mai più di otto colpi contro le sue vittime , tenendone da parte tre , con la prudenza che sempre lo contraddistingue , nel caso si creasse una situazione di pericolo . Le cartucce , anch ' esse abbastanza vecchiotte , sono sempre Winchester serie H di due tipi , o ramate o a piombo nudo . In sette delitti il mostro ha esploso cinquantasei colpi e poiché ogni confezione ne conta cinquanta , si può essere certi che ne ha buona scorta , comprata verosimilmente in una sola volta . Il mostro sembra sapere che l ' unica traccia che come una firma lascia sui luoghi dei delitti , cioè i bossoli delle pallottole , non potrà mai portare gli investigatori fino a lui . Di quelle pistole solo in Toscana ne esistono quattordicimila e i proiettili sono del tipo più comune . Un altro particolare suggerisce l ' idea che egli sia un buon tiratore o comunque una persona che si intende di armi . Il percussore della sua « usurata » pistola lascia sui fondelli un segno tanto particolare che chi li ha visti una volta sa poi riconoscerli alla prima occhiata . In sedici anni quel segno non si è mai modificato , neanche all ' esame del microscopio elettronico . Questo potrebbe dire che quella Beretta viene usata solo per commettere i delitti e che se l ' ombra si allena al tiro lo fa con un ' altra pistola . Nonostante queste considerazioni , ci sono diversità di opinioni tra gli investigatori sull ' ipotesi se egli sia o no un buon tiratore . Per il capo della Criminalpol toscana , Giuseppe Grassi , « non ci vuole molta abilità a centrare un grosso bersaglio praticamente immobile da pochi centimetri di distanza » . Per il medico legale Mauro Maurri , che ha fatto le necroscopie su tutti i cadaveri delle vittime , «10 sparatore è un tiratore espertissimo . Tutte le vittime sono morte all ' istante » . In verità una volta l ' ombra sbagliò , in occasione del delitto commesso i119 giugno 1982 a Montespertoli . Quella notte l ' ombra scelse una radura a pochi metri di distanza dalla strada che dalla frazione di Baccaiano porta al castello di Poppiano . Verso mezzanotte vi si fermò la 127 di Paolo Mainardi e di Antonella Migliorini . L ' assassino li osserva nascosto dietro una cortina di alberi e decide di intervenire , come sempre , un attimo prima che le effusioni dei due giovani si completino . Il primo colpo serve a spezzare il finestrino e contemporaneamente deve centrare l ' uomo . Quella notte , però , la pallottola si conficca nella spalla di Paolo Mainardi , per la prima volta il colpo non è mortale . Nonostante sia ferito , Paolo riesce a girare la chiavetta inserita nel cruscotto e a mettere in moto la macchina . Mentre innesta la retromarcia parte un secondo colpo che attraversa l ' abitacolo e centra il cuore di Antonella . La 127 parte all ' indietro a tutta velocità e arriva sull ' asfalto . La ferita , il terrore fanno però perdere a Paolo il controllo dell ' auto . C ' è un urto violento , lo sportello vicino al posto di guida rimane bloccato e non cede sotto lo sforzo di Paolo che cerca di aprirlo per fuggire . I fari , rimasti accesi , illuminano l ' assassino che si avvicina frontalmente . Prende la mira e con straordinaria freddezza spara . Due colpi spengono i fari che gettavano nella campagna una luce sospetta e gli impedivano di vedere il ragazzo al volante . Un altro colpo fora il parabrezza e colpisce con precisione Paolo in mezzo alla fronte . Il mostro , prudente , vuole però controllare . Attraversa la strada , si avvicina all ' auto , entra . Spara ancora un colpo alla testa del ragazzo e , per essere sicuro di averlo ucciso , ancora un altro , proprio dietro un orecchio . In un punto che pochi sanno essere il più mortalmente vulnerabile del cranio . L ' idea che l ' assassino possa avere conoscenze mediche o sia proprio un medico si affaccia prima ancora di andare a osservare come egli compie le orrende mutilazioni sui corpi delle ragazze assassinate . L ' asportazione totale di un pube femminile non ha riscontri in nessuna pratica chirurgica , per cui qualsiasi analogia è impossibile . Ma per il medico legale Maurri , considerato che il mostro agisce in condizioni di visibilità pressoché nulla , condizionato dalla necessità di fare presto , l ' assassino fa quei tagli « con estrema perizia » . Di parere simile è il capo della Scientifica . Il mostro potrebbe essere un cacciatore ed effettivamente , una volta , in occasione del delitto del 14 settembre 1974 , fu raccolto accanto all ' auto dei fidanzati assassinati un bottone rivestito di cuoio , di quelli che si applicano alle giacche dei cacciatori . Però quel bottone poteva essere del mostro o poteva essere lì chissà da quanto tempo . Così , dopo sedici anni e quattordici vittime il commissario Castiglione non ha altri dati certi su cui lavorare che qualche decina di bossoli perfettamente identici uno all ' altro . L ' ombra conosce l ' arte di mimetizzarsi , il ragioniere dell ' orrore si confonde nella più assoluta normalità . Nessuna delle persone che di giorno gli vivono accanto deve mai avere avuto un sospetto su di lui , che addirittura ha cura di non tornare mai da un omicidio dopo la mezzanotte . « Abbiamo la sensazione » commenta in un momento di sconforto il vicequestore Giuseppe Grassi , « di dovere cercare non il tradizionale ago , ma la paglia nel pagliaio » .
Nuda alla meta di Montecitorio ( Stella Gian Antonio , 1987 )
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Cicciolina manda tanti bacini al volgo in tumulto , ma il compagno Cosimo Simeoni si liscia i baffi scrollando la testa : « Cosa penso di questa specie di comizio elettorale ? Penso che in una fase politica come quella che stiamo affrontando , fase nella quale ... » . Si blocca folgorato e urla : « A ' Cicciolì , e facce vedé le zinne pure a nnoi ! » . Ilona Staller non si fa pregare : un piccolo strattone al vestitino celeste e ... oplà ! Boato . Spintoni , sgomitate , pestoni , calci . Un grido : « I bambini ! Portate via i bambini ! » . Ma bravo , compagno Simeoni : lei non stava dicendo ... « Che c ' entra , scusi ? Il mio è stato un gesto politico , una provocazione , uno sberleffo a lei e a quel buffone di Pannella ... E poi , Pomo è omo » . Figurati se non lo sa Cicciolina . Lo sa , lo sa . Appena compare in qualche tappa del suo « porta a porta » elettorale , in piedi come il papa su una camionetta rossa guidata da un vitellone travestito da Gesù , paralizza la vita dei paesi . Il traffico si blocca , i vigili si sfiatano , i bar si svuotano , i ragazzotti fischiano , qualche vecchietto diventa cianotico , le mamme mettono una mano sugli occhi dei ragazzini , distinti signori mormorano disgustati « anvédi ' sta zozzona » e stanno lì a ostentare a Ilona tutta la loro riprovazione senza staccarle un attimo gli occhi di dosso . Vuoi vedere che fa la sorpresa a tutti e finisce davvero a Montecitorio ? « Io ci spero tanto , e credo di potercela fare » risponde la pornodiva . « Sono tanti i ricciolini che vorrebbero la loro rappresentante alla Camera . Farei raddrizzare anche il curvo Andreotti . » Lei vorrebbe aprire la legislatura « con un costumino a pois » dice « molto molto molto scioccante » , ma se cicciolino Pannella glielo chiederà è disposta pure a sacrificarsi in un severo tailleur . E se le chiedesse anche di rinunciare ai baccanali cine - fotografici ? A quei grovigli di glutei che hanno fatto di lei la regina del porno italiano ? « Ah , no : non possono chiedermi di rinunciare a me stessa » si ribella Ilona . « Sono una porcella e voglio rimanere porcella » . E rivendica la geniale sinteticità del suo slogan elettorale : « Manda alla Camera una verde a luce rossa » . « La compagna Cicciolina è venuta da noi » ha detto Giovanni Negri , segretario del Partito radicale , « perché siamo l ' unico partito che non le chiede di spogliarsi » . Tranquillo , ci pensa da sola . Decisissima a diventare deputato , Ilona Staller , 37 anni , ungherese , figlia di un funzionario di governo e di una ostetrica , studi abbandonati dopo l ' iscrizione alla facoltà di medicina , ha preso le elezioni molto sul serio . « Ho fatto stampare 150 mila manifesti » spiega . « Sorrido , mostro la tettina e chiedo il voto . Vorrei andare ad attaccarli io stessa , ma purtroppo non è possibile : dove vado scoppia sempre una bagarre » . « Tanti , eh , 150 mila manifesti ? » ammicca Riccardo Schicchi , 35 anni , visetto da adolescente , studi interrotti ad un passo dalla laurea in architettura , fotografo , manager , amico , regista e guida spirituale ( se così si può dire ) della Messalina magiara . « Pensi che il PCI , tutto insieme , ne ha fatti stampare per il Lazio 350 mila , poco più del doppio » . Alle affissioni pensano una ventina di giovanotti , parte legati all ' agenzia fotografica di Schicchi , parte volontari votati alla causa . « Loro vanno avanti per far sapere a tutti che sto per arrivare » racconta Cicciolina . « Poi io li seguo . Fino alla chiusura della campagna elettorale ho annullato tutti i miei spettacoli . Anima e corpo per i cicciolini radicali . Giro per i teatrini della mia circoscrizione , Roma , Latina , Viterbo e Frosinone , e faccio due comizi al giorno . Pomeriggio e sera . Ingresso gratis » . E come sono questi comizi ? « Dunque : prima mi tolgo tutti i miei vestitini , piano piano come piace ai cicciolini elettori , poi quando sono tutta nuda spiego il mio programma » . Cioè ? « Aspetti che prendo il foglietto con gli appunti ... Eccolo ... Allora : " Il mio impegno politico è coerente con il mio modo di essere nei miei spettacoli . Sono contro ogni censura e vivo la pornografia perché è bello fare alla luce del sole quello che gli altri fanno nel buio dell ' ombra di se stessi . Più pornografia uguale conoscenza , uguale meno repressione , uguale non violenza , uguale radicale " » . Mamma mia , signorina Staller : è una sintesi un po ' tirata ... Più pornografia uguale radicale ... Ma gli altri sono d ' accordo ? « Cicciolino Pannella si diverte moltissimo . Anche cicciolino Bruno Zevi , l ' altro giorno , mi ha battuto le mani » . « O con Ilona o contro Ilona » taglia corto Riccardo Schicchi . « I radicali sono persone libere . E hanno deciso di stare con Ilona . Anche le femministe credo abbiano superato ogni perplessità . » « Vedi , cicciolino giornalista , io non sono una donna oggetto » spiega la pornostar . « Perché sono io la padrona di me stessa . Non mi ha spinto nessuno a fare le foto porcelle , l ' ho scelto io perché mi piace . Vorrei un letto grandissimo per fare felici tutti i cicciolini italiani » . Programma conciso , ma esauriente . « No , non c ' è solo sesso . Io vorrei anche che l ' Italia diventasse colorata , contante casette piccole , tanti alberi e ogni cinque casette una bella piscinetta . Lo proporrò subito , se divento deputata . E poi , chiudiamo le centrali . Io dico : abbasso l ' energia nucleare , viva l ' energia sessuale . Bello , no ? » . Ma adesso basta con i discorsi di politica : tutti fuori , si va alla conquista di Anguillara Sabazia , prima tappa della campagna elettorale porta a porta . « A ' Nunzio , te sei messo er lenzolo ? » . « Arivo , nun trovavo più la corona de spine » . Eccolo qua , il bullo un po ' atticciato che fa la parte del Gesù autista . Scusi Cicciolina , ma non crede che qualche cattolico si possa offendere a vedere lei scorrazzata da un finto Cristo ? « Perché ? E carina come idea , no ? E poi sono più vicina a Gesù io di tanti democristiani » . Anguillara , a noi . Alle prime case del paese , Ilona Staller lascia l ' auto sulla quale viaggiava ( « Non posso prendere aria , ho un raffreddore terribile ... sono sempre così poco vestita ... » ) e si trasferisce sulla camionetta rossa scoperta . Si mette in piedi , si toglie il pellicciotto , abbassa un po ' sul seno l ' orlo del vestitino azzurro , butta indietro i capelli biondissimi . Paralisi . « Aoh , c ' è Cicciolina ! » Cinque minuti e la piazzetta è piena . Mani che si tendono , urla , accorrere di gente . « Va ' a chiamare Nando , va ' a chiamare Nando ! » ordina un ragazzino all ' amico . « E vacce te ! » risponde l ' altro . « Se intanto quella se spoja ? » Arriva un vigile : « Signorina , per carità ! » . E lei : « Mi voti ? Lo dai un voto alla tua Cicciolina ? Numero 49 lista radicale » . E il coro risponde : « Te votiamo tutti , Cicciolina bbella ! » . Al bar Castello , una decina di avventori giocano a carte e guardano dalla finestra che s ' affaccia sulla piazzetta . Un anziano serio serio cala il sette di coppe e si rifiuta pure di girarsi : « Manco la vojo vede ' , quella zoccola . Proprio bene siamo messi , se alle elezioni si presentano pure le mignotte » . « Ma va là » lo rimbrotta Pietro Casasanta , che all ' altro tavolo gioca a ramino . « Questa sarà deputato , sicuro . È uno sfottò alla politica . E poi , co tutti ' sti politici che ce fottono , almeno lei fa l ' incontrario » . Ilona si affaccia alla finestra e si sporge verso il gruppo di giocatori : « Cicciolini , siete radicali ? Lo date il voto alla vostra micetta ? Numero 49» . Fa il Casasanta : « E tu che mi dai ? Nun me mostri niente ? » . E lei : « Vuoi vedere queste ? » . Neanche il tempo di fiatare e l ' uomo ci mette le zampe sopra . « Ammazza che robba » . Lei fa un gridolino : « Che simpatico , me lo dai anche un bacino ? Me lo dai il voto ? » . Sul piazzale , Filippo Paolessi si calca il basco sulla testa : « Sono cinquant ' anni che lavoro i campi , e Dio sa quanto il mio partito , i miei compagni comunisti mi abbiano deluso . Ma questa no , questa non la voterei mai . Mi vergogno io per lei » . « Questo Pannella non lo capisco » dice un altro vecchietto . « Ha messo su un partito di pregiudicati » . E via di nuovo , in marcia su Trevignano Romano . Bel colpo : sulla passeggiata lungo il lago di Bracciano c ' è gran movimento . Tutti fuori , a far due passi e mangiare un cornetto . Macchine che vanno e vengono , ordinatamente . Famigliole sorridenti , anziani sulle panchine a godersi il sole tiepido . Di colpo , piomba la notizia : « Sta arrivando Cicciolina ! » . E mezzo paese si schiera ai lati della strada , incuriosito , imbarazzato , divertito , eccitato . Si svuota il bar Miralago , viene evacuata la gelateria Stefanelli . Un bambino strilla : « Famme vedè la fata turchina » . E il papà alla mamma : « Giovà , porta via er ragazzino che questa è robba nostra » . Un signore apostrofa la pornocandidata : « Vattene via , fila ! » . E lei : « Sei comunista ? Sei un cicciolino bigotto comunista ? » . Riccardo Schicchi la mette in riga : « Cicciolina , non continuare così . Noi non siamo anticomunisti ... » . Arriva il vigile urbano Edoardo De Santis : « Vi potete spostare un po ' ? » . Lei : « Cicciolino vigile , me lo dai il voto ? » . E lui : « Non posso , sono minorenne » . Voce dalla folla : « Nuda ! Nuda ! » . Riccardo Schicchi , professionale , dà la disposizione : « Cicciolina , mostra il seno ! » . Lei esegue . Muggito di folla . Si avvicina un giovanotto con gli occhialetti da intellettuale . Ritira dalle mani di Ilona un volantino e una carezza . Bacino e se ne va . Come ti chiami ? «Gianluca.» La voterai ? « Sì . In lista con i radicali c ' è anche il professore Pio Fedele , il più insigne studioso di diritto canonico italiano . Insegna alla Lateranense . Voto lui e Cicciolina » . E così va avanti la gran corsa di Cicciolina verso i banchi di Montecitorio . Schicchi dice : « Attacca il manifesto » . E lei esegue . « Da ' i bacini » . E lei esegue . « Mostra il seno » . E lei esegue . « Sorridi » . E lei esegue . « Ricopriti » . E lei esegue . « Giù le spalline » . E lei esegue . Il Parlamento val bene una mossa .
L'orso vestito da fachiro ( Ripellino Angelo Maria , 1972 )
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Come un medico dall ' orologio d ' oro al capezzale dell ' infanzia , così il circo , clown occhialuto , porge sciroppi e rimedi alla gioventù malata di teatro . E la sabbia delle piste ha per essa lo stesso odore dei balsami di tolù , di quei caldi aromi consolatori . Movendo dall ' atto secondo , in cui il protagonista Hinkemann si esibisce nel ruolo di mangiatopi in un baraccone , Bruno Cirino ( Teatroggi ) ha impostato Il mutilato di Ernst Toller come una rappresentazione di circo , di piccolo circo sdrucito della periferia . Un telone d ' argento , dietro il quale si accende a tratti , come nei luna - park , una fluente treccia di lampadine , una rossa grancassa e una grande ruota , che è insieme attrazione da fiera e graticola e macchina da colonia penale . Come le isole di un arcipelago , i teatrini si scambiano su invisibili navi le merci delle loro esperienze : è chiaro che l ' architettura di questo spettacolo risente della conclusiva sequenza del Risveglio di primavera di Nanni . Al proprietario del baraccone , che immaginavo polputo e con guance di melanzana come l ' impresario dell ' Angelo azzurro di Sternberg , il regista ha sostituito un rabbioso e spietato domatore che con la frusta incalza ed umilia i semplici , gli sventurati , costringendoli a salti guitteschi . Avvilite sembianze , gli attori in tute mimetiche a chiazze arancione matteggiano , ballano , strisciano come lombrichi , con musica di tromboni e di Knappentanz . Ciondolando con testa di leone , scambiandosi affannosamente bombette , e con criniera equina e gualdrappa mutandosi in un quadrupede simile a quello del balletto Parade , traspongono in virtuosismi da acrobati , in figurazioni zoologiche la goffa vicenda di Toller , i suoi sfocati conflitti , il suo manicheismo da cartellone . E nella parade - allée del finale ci si presentano con fuciletti e corazze e manopole da gladiatori , da spartachi , forse alludendo allo spartachismo . Schinieri di latta e bracciali da Darix Togni il regista affibbia in certi punti anche a Hinkemann - Homunculus . Nella pendula e mogia interpretazione di Ernesto Colli il personaggio assomiglia , non tanto a un « orso tedesco » , a una disperata larva dell ' espressionismo , quanto a uno stanco fachiro di Porta Portele , la faccia esangue e tagliente come una scure , capelli lunghi da nazzareno . Rouault ci ha avvertiti nei suoi dipinti della parentela tra Cristo e i pagliacci . Per dilatare l ' equivalenza Hinkemann - Cristo accennata da Toller , il regista fa sì che il suo primo attore si collochi sulla ribalta come su un golgota , con le braccia aperte come su una croce , spennacchiato , deserto , nella conoide luce di zafferano . Ci aspettavamo che la desolata confessione dell ' eunuco assumesse un ' irruenza vocale così lacerante da disgradare il grido di gallo del professor Unrat nell ' Angelo azzurro . Ma gli interpreti tutti parlano a fior di labbra , bisbigliano , perdono continuamente la voce , come le lumache la bava . E del resto la trascrizione in chiave funambola disperde molti elementi fondamentali del testo : la mascherata degli invalidi con organetti , la simbologia che raccorda la perdita del piffero con l ' acquisto della veggenza , l ' allucinazione ed il gusto del deforme , che accostano le retoriche apocalissi di Toller alle pitture di Frans Masereel e di Otto Dix . Quando smette gli sbalzi e le capriuole del circo , la recitazione si allenta in cadenze dormigliose e svogliate a malapena adombrando il rancore che intride l ' avvilimento , la nausea che nasce dall ' esser scherniti , lo strazio di un ' indifesa ridicolaggine . Ciò non vuol dire però che lo spettacolo sia magro di ghiotte trovate . Grete Hinkemann ( Saviana Scalfi ) all ' inizio si stende , come inchiodata , sulla ruota che gira , variante della « rete » di cui parla Toller , e alla fine , forse per significare una derisoria gravidanza , viene ostentando , ripulsivo impasto di ginecologia e baraccone , enormi mammelle di gomma , un ventre sfoggiato , due lombi badiali . Con quell ' obeso costume di ciambelle verdognole , con quei gonfiori da manichino del teatro di Schlemmer e da pupazzo della Michelin , la guitta Grete del luna - park di borgata , la saltatrice lasciva diventa l ' idropica ipòstasi di una scurrile maternità derelitta . E ti sembra d ' un tratto che la sua enfiata figura condensi tutti i drammi d ' alcova che lievitano nei casamenti spettrali dello squallido rione di Centocelle , dove lo scantinato di questo teatrino si inselva . Non conosce alberi Centocelle . Sono andato a cercarli altrove , sotto il tendone del Teatro libero nel Circo al colle Oppio , dove si recita , nella regia di Armando Pugliese , Il barone rampante di Calvino . Fantasticavo di trovarvi una delle calvinesche « città invisibili » , una Magnolia , un ' Arbòrea fogliosa , e invece mi ha accolto una dura carpenteria , un anello di ruvidi e inospiti ceppi , tra le cui forcelle si snoda un aereo sentiero , come una pista di go - kart . Su quel cerchio pensile corrono Cosimo e gli altri personaggi invasati da dendropatia e tarzanismo . Ma per i loro scambietti e duelli ed inseguimenti gli interpreti dispongono anche di tre piattaforme e della pista centrale , il che permette un assiduo mutamento di luogo e procura dei bei torcicolli . Le idee ronconiane hanno prosperato diversi congegni : da questa nocchiuta alberatura alle mansioni del Grand Magic Circus di Jérôme Savary . Nella girandola del colle Oppio , frammezzo agli spettatori appollaiati come galline su trespoli , una sfrenata e agilissima compagnia di saltimbanchi in polpe , livree , crinoline , tricorni , parrucche traduce in una farsa frenetica l ' adorabile libro , purtroppo stracciandone l ' esile filigrana . In quel patassio le settecentesche figure si riducono a concitate macchiette da varietà di provincia . Questa non è la fiabesca villa di Ombrosa , ma una qualsiasi Massa Lubrense in autunno . Come accade oggi in molti teatrini , anche sul colle Oppio la sostanza verbale si soffoca con sovrattoni , con strilli , con putiferi . Non basta urlare come pirati all ' assalto di un castello pugliese , bisogna vezzeggiar la parola . Non basta far chiasso , perché nasca l ' incanto della pagliacceria .
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Giuliano Ferrara ingrassa ( di felicità ) quanto più fa il malandrino . Dopo il fallimento della sua malandrinata in Mugello , è tornato a me . Tornato perché è da parecchio che ingrassa punzecchiandomi . Quando era direttore di « Panorama » , il suo settimanale non perdeva occasione per sfruculiarmi . Ora che la sua ammiraglia è diventata « Il Foglio » , Giulianone ( o il suo elefantino ) provvede da sé , a viso aperto . A fine anno è partito lancia in resta contro un mio libriccino , Homo videns , dandomi di « editorialista supercilioso » , scagliandomi contro dotti richiami a Parmenide , Platone e Aristotele , e addirittura chiedendosi : « Leggono questi professori ? » . Stavo ancora contando le mie letture , quand ' ecco che mi arriva addosso un ' altra bordata . E finalmente ho capito che Ferrara stava ingrassando troppo ( di felicità ) , e che per il suo bene era bene farlo soffrire . Anche se mi rendo conto che l ' impresa è titanica . L ' ultima bordata si intitola : « Nel '93 Sartori e Panebianco dicevano peste e corna del Mattarellum . Si sbagliavano ( la legge ha funzionato ) . Ora ce l ' hanno con le riforme » . Sottotitolo : « Due maestri di politologia non fanno i conti con le previsioni sbagliate » ( « Il Foglio » del 13 febbraio ) . Non posso rispondere per Angelo Panebianco ; ma , visto che sono d ' accordo con lui , sono prontissimo a prendere in carico anche le sue colpe . Il Mattarellum , cioè la legge elettorale attualmente in vigore , ha funzionato ? Le previsioni sono state sbagliate ? Vediamo . A una mente di aristotelica possanza non dovrebbe essere spiegato che il successo , qualsiasi successo , si misura su un obiettivo , si commisura a uno scopo . Ma tant ' è . Quindi a Ferrara spiego che anche lui è tenuto , come gli altri comuni mortali , a partire da questo quesito : qual è , o quale dovrebbe essere , l ' intento di una riforma elettorale oggi in Italia ? Al quesito gli esperti e le persone sensate rispondono che noi soffriamo di troppi partiti , di troppa frammentazione , e quindi che il nostro obiettivo prioritario è adottare un sistema elettorale che riduca il numero dei partiti e che li costringa ad aggregarsi . Stranamente il Nostro nemmeno dà mostra di essersi mai imbattuto in questa tesi ( ma cosa legge Giulianone sapiens ? ) , e quindi non la mette in conto . Per lui il Mattarellum ha funzionato a questo titolo : perché i partiti si sono tutti salvati , e sono addirittura aumentati . Ma questa era , appunto , la previsione mia , di Panebianco e dei politologi in generale . La previsione era dunque esattissima . Mentre resta da dimostrare perché mai un risultato di accresciuta frammentazione sia utile al paese e serva l ' interesse generale . Hic Rhodus , hic salta . Ma il nostro Giulianone salta via , salta da un ' altra parte . Difatti Ferrara devia il discorso sul fatto che il Mattarellum ha funzionato nel produrre due coalizioni vincenti , prima quella di Berlusconi e poi quella dell ' Ulivo . E Pierino ( pardon : Ferrara ) racconta la vicenda così . « Alle elezioni politiche del marzo 1994 la nuova legge elettorale [...] produsse per la prima volta una maggioranza definita , quella del Polo [...] scelta dai cittadini ( l ' incidente della maggioranza debole al Senato non ebbe conseguenze sul voto di fiducia ) . E il nuovo Parlamento , anziché rischiare la paralisi come paventavano i politologi , portò alla formazione del governo Berlusconi , il quale cadde [...] non perché la legge elettorale fosse un ' pasticcio ' [...] come volevano i professori ma perché la coalizione esplose sotto i colpi di mortaio di Bossi e si rivelò un ' alleanza politicamente impossibile » . Mi scuso per la lunga citazione , troppo bella per lasciarsela scappare , che compenserò con chiose brevi . Primo . Anche in passato abbiamo avuto maggioranze definite , in genere pentapartitiche o quadripartitiche come oggi . Quale sarebbe la differenza ? Che non erano scelte dai cittadini ? Che erano meno obbligate di quelle prodotte dal Mattarellum ? Detto o mal detto così , il punto mi sfugge . Secondo . È inesatto che Berlusconi avesse una maggioranza debole al Senato : non l ' aveva proprio . E poi il problema di avere una maggioranza si pone per tutto il tempo della legislatura , non soltanto al voto di fiducia . Terzo . La paralisi paventata dai politologi non , è del Parlamento ma della governabilità , ed è prodotta , appunto , da alleanze impossibili . Come il nostro avverte , senza però avvertire di contraddirsi . Quarto . Se la coalizione di Silvio Berlusconi esplose per colpa di Umberto Bossi è ovviamente perché Bossi era un partner indispensabile di quella coalizione . Chi lo aveva reso tale ? Sì , gli elettori . Ma anche una pessima legge elettorale . Dunque il nesso con il sistema elettorale c ' è , anche se Ferrara non lo vede o fa finta di non vederlo . Ripartiamo dalla domanda : qual è lo scopo di un sistema elettorale ? In attesa che Ferrara dimostri perché dovrebbe essere la frantumazione di un sistema partitico , debbo tornare a rispondere che in Italia occorre oggi un sistema che riduca e aggreghi i partiti . Quando si passa a considerare la governabilità , lo scopo primario diventa prefigurare coalizioni di governo quanto più possibile omogenee . Come ? Facendo ricorso , appunto , a un sistema elettorale aggregativo . Il Mattarellum non lo è ( e nemmeno lo sarà il Mattarellum Due prefigurato nella famosa cena a casa di Gianni Letta ) . Difatti ha prodotto per due volte consecutive coalizioni eterogenee , scollate e intrinsecamente conflittuali . Come era stato esattamente previsto e come volevasi dimostrare . Anche su questo punto , la natura delle coalizioni , Ferrara fa lo gnorri e sposta il discorso dalla governabilità alla stabilità . Ma , intanto , una volta su due la stabilità non c ' è stata : il governo Berlusconi è stato instabilissimo , sette mesi in tutto . Inoltre l ' instabilità del nostro passato viene largamente esagerata . Giulio Andreotti a modo suo è stato stabilissimo , ben sette volte presidente del Consiglio ( seguito da Amintore Fanfani con sei volte e Aldo Moro con cinque ) ; e Bettino Craxi è durato , con due consecutivi governi pentapartitici , dal 4 agosto 1983 al 3 marzo 1987 , quindi per quasi l ' intero corso della IX legislatura , quattro anni . Anche se Romano Prodi resterà in sella per tutta la XIII legislatura , anche così Ferrara si eccita troppo quando scrive che il governo Prodi sarà « il primo governo di legislatura nella storia italiana » . Visto che durare con la proporzionale dovrebbe essere più difficile che con il maggioritario , Craxi regge il confronto . Comunque sia , a che cosa serve una stabilità senza vera forza di governo ? Questo è il problema che il Nostro elude . Eppure , visto che Ferrara va alla caccia dei politologi , dovrebbe essere informato di cosa dicono . Dunque dovrebbe sapere che per il sottoscritto ( e altri ) la stabilità dei governi è un falso scopo . Un governo può durare ed essere inefficiente . Il che vuol dire che la stabilità è soltanto una condizione di governabilità . Quattro anni di un Prodi sempre bloccato da Fausto Bertinotti non risolvono i nostri guai . Ripeto : di per sé la stabilità è un falso scopo , agitato per i gonzi e per far perdere di vista che lo scopo vero è la governabilità . Vengo ora a due critiche specifiche . La prima è questa : che nel 1993 , all ' indomani del referendum che aprì le porte alla riforma elettorale in senso maggioritario , « i due eccellenti politologi [ Panebianco e io ] , prigionieri della teoria , esercitarono in modo scombiccherato [...] la loro funzione di critica e di analisi . Non vollero tracciare una rotta [...] ma si limitarono a demolire [...] il progetto Mattarella » . Ma il mio eccellente demolitore qui asserisce il falso . È vero tutto il contrario , e cioè che sin da prima del referendum Segni - Pannella combattei una battaglia per spiegare che quel referendum lasciava aperta la via a una duplice interpretazione - maggioritario a un turno , o anche maggioritario a due turni - e che la seconda era da preferire . Dopo di che ho insistito per cinque anni , e quasi al di là del sopportabile , nel raccomandare la rotta del doppio turno . Ammesso che Giulianone sapiens legga davvero , mi sa che legge alla rovescia . L ' altra critica è che « il 27 novembre 1993 il professore interviene sulla dissoluzione del centro asserendo che il maggioritario è una macchina trita - centro [...] fatta apposta per stritolare il centro » . Dal che , scrive il Nostro , il professore ricava « col suo stile sapido e rubicondo una prognosi infausta sulla definitiva scomparsa della Dc » . Embè ? A me in effetti risulta che la Dc si è disintegrata e centrifugata tra sinistra e destra . Al nostro risulta invece che « la smentita sarà clamorosa » . Smentita che Ferrara illustra così : « Il partito di centro , i popolari di Martinazzoli , riesce a salvarsi proprio per effetto del maggioritario corretto dalla proporzionale » , mentre i « centristi cattolici che già avevano avuto una prima scissione con la nascita del Ccd si divideranno poi per schiette ragioni politiche » . Questa sarebbe una smentita ? Una frantumazione in tre pezzi che poi perdono complessivamente un 20 per cento del loro vecchio voto ? Concedo che qui il nostro scombicchera al suo meglio . Ma non concedo che dal suo polverone emerga una smentita . Allora , quali sarebbero le previsioni sbagliate con le quali i politologi dovrebbero fare i conti ? Ci saranno , non dico di no ; ma certo Ferrara non le ha scoperte . Forse perché la sua vista è impedita dai suoi egregi errori di fatto e di logica .
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Beati i giovani . Io non li invidio più di tanto perché crescere è faticoso . Ma ormai abbondano i giovani che non crescono mai . E il giovane beato a vita , che non cresce faticando , comincia a fare storia nel 1968 . La generazione che maturava negli anni Sessanta è stata una generazione benedetta da tutte le fortune . Non ha conosciuto guerre in casa , è stata coccolata dal boom del benessere e ha visto sparire la tirannide dei genitori . Quei giovani si affacciavano a una vita che non era più , ai loro occhi , labor e cioè pena , sforzo , affanno . La durezza del vivere a loro era ignota . A tanta maggior ragione le energie da scaricare erano tante . Erano anche pronti gli strumenti del contagio , del fare massa , e cioè adeguatissime comunicazioni di massa . E dunque tutto era pronto per una rivoluzione dei giovani . L ' evento ci prese di sorpresa , anche perché le rivoluzioni del passato avvenivano per fame ( le rivoluzioni contadine ) oppure erano rivoluzioni contro il tiranno . Nel 1968 non c ' era né fame né tiranno . Così la rivoluzione dei giovani divenne universitaria . Scese anche per strada , è vero . Ma il suo bersaglio concreto era , per la prima volta nella storia , la cultura . I sessantottini volevano disfare e rifare ab imis il sapere , l ' insegnamento e chi insegnava . È un peccato che la dizione « rivoluzione culturale » sia stata accaparrata da Mao . In Cina quella di Mao fu una spietata purga di stampo staliniano . La vera rivoluzione culturale è stata la nostra . E ha prodotto , ahimè , una riuscitissima distruzione culturale . Il giovane , proprio perché è giovane , scopre . E la grande scoperta dei sessantottini era che il passato era da azzerare ( perché marcio o comunque perché inutile e dannosa zavorra ) , e che la storia ricominciava da loro . In politica i problemi sarebbero stati risolti dalla « immaginazione al potere » , e nella cultura dalla « matematica rossa » . Erano bambinate . In passato si aspettava che la fase bambinesca passasse . Sunt pueri et puerilia tractant . Liberi i fanciulli di fanciulleggiare . Ma oggi sunt pueri , tamen seria tractant . Sono fanciulli e tuttavia trattano di cose serie . Veniamo , allora , al discorso serio . Questo : che la scienza infusa , la scienza innata , non esiste . Ogni neonato parte da zero . Nasce non sapendo niente . Gli deve essere tutto insegnato facendolo studiare . Può saperne di più - nel corso della sua educazione - dei suoi educatori , e cioè di chi ha già studiato ? Può essere ( esistono autodidatti prodigiosi ) , ma è molto raro . Certo , ci sono educatori pessimi . Ma se il cattivo maestro è da sostituire , il maestro deve pur sempre restare . E se i maestri sono aboliti ( perché sostituiti dai loro studenti ) , allora le scuole vanno abolite . Eppure i rivoluzionari ancora imberbi ( ancorché barbuti ) del Sessantotto erano convinti di sapere e di essere portatori di nuovo sapere . In realtà il sapere ( pochissimo e soltanto settario ) dei sessantottini era anch ' esso un retaggio del passato e non nasceva per nulla dal loro cervello . Nella sua parte rispettabile ( e quindi prescindendo dalle puerili Bibbie di Mao , del Che e di Gheddafi ) quei giovani ripetevano , con Marx , Marcuse e la Scuola di Francoforte , il percorso della dissoluzione della filosofia hegeliana . Raymond Aron ( a proposito , chi era ? ) scrisse del Sessantotto che si trattava di una « rivoluzione introvabile » . Io ho scritto che era una « rivoluzione del nulla » , nel senso che si alimentava di vuoto e creava vuoto . Passata la vampata , del Sessantotto è restata solo la pars destruens : il messaggio anticulturale - il rifiuto della cultura come patrimonio di millenni di sapere - e il messaggio antielitista . Che resta , ad oggi , il distintivo del sessantottino . Per Mario Capanna gli anni della rivoluzione studentesca furono « formidabili » . Certo , formidabili per lui e per i molti , troppi , che ne hanno ricavato rendite di rivoluzione . Ma nient ' affatto formidabili per chi si aggira tra le rovine della scuola prodotte dalla cultura dell ' anticultura . È sempre vero , probabilmente , che in ogni epoca il numero degli stolti è infinito . Ma una cultura dominata da stolti e intrisa di stoltezza antielitista è un inedito . Qualcuno ha detto che « l ' ignoranza è sempre pronta ad ammirarsi » . Difatti mi aspetto , per il trentennio del Sessantotto , una travolgente valanga di autoincensamenti .
Ma l'ispettore Derrick è TV di qualità? ( Sartori Giovanni , 1999 )
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Di recente Alberto Ronchey è tornato alla carica sulla nostra « televisione senza qualità » . E anche un consigliere di amministrazione della Rai , Alberto Contri , ha criticato in diverse occasioni il basso livello culturale e di qualità del nostro servizio televisivo . Il direttore generale della Rai , Celli , risponde con statistiche che proverebbero , a suo dire , che la Rai offre più « servizio pubblico » di altre reti europee . Qualche volta rispondere con statistiche è rispondere . Ma le statistiche di Celli appartengono all ' aria fritta . Sapere che ai tg è stato dedicato il 13 per cento , alla cultura il 25 per cento e agli approfondimenti il 14 per cento del tempo Rai è una presa in giro . Per esempio , se il contenuto informativo serio e di interesse pubblico dei nostri tg è zero , 1.300 ore di trasmissione tg fanno sempre zero . E la voce cultura come viene definita ? Cosa ci viene cacciato dentro ? E a che ora ? Dopo mezzanotte ? Per dibattere di qualità e cultura dobbiamo essere in buona fede . Acchiappare queste nozioni è un po ' come acchiappare un ' anguilla . Chi vuole fare il furbo se la cava sempre . Ma chi non cerca di fare il furbo non produce statistiche che mettono assieme lucertole e coccodrilli e ammette senza cavilli che il livello culturale di un film di Luchino Visconti fa scomparire il livello culturale di un Carlo Verdone . Facciamo un esempio preciso : il genere dei film « gialli » , dei « mistery » . Mi si consentirà che questo genere ha un buon mercato . Eppure Viale Mazzini ci ha propinato senza fine il mediocrissimo ispettore Derrick e ha sempre ignorato i bellissimi mistery inglesi ( dai Poirot impersonati da David Suchet , alla serie dell ' ispettore Morse e altre ) . Mi si risponde che in Italia il mistery inglese non va . Il che vuol soltanto dire , a mio avviso , che la nostra tv ha diseducato il nostro spettatore a livelli da quattro soldi , appunto a livelli Derrick . Comunque , il punto centrale è quello del servizio pubblico . Per Viale Mazzini « pubblico » vuol dire « acchiappare pubblici » , acchiappare il più alto numero possibile di spettatori . Invece no . Un servizio pubblico è tale in quanto serve un interesse pubblico su materie di pubblica rilevanza . E qui il fatto è che i nostri telegiornali ci regalano quasi soltanto una cronaca di nessunissima rilevanza ai fini della formazione di una opinione pubblica . Intanto , il mondo è pressoché sparito ( basta , per dimostrarlo , il confronto con il notiziario delle world news della Bbc ) ; e il resto è tutto in chiave di raccontino lacrimoso mammistico . Se poi l ' obiezione è che un notiziario serio che dà notizie che ci aiutano a capire gli eventi otterrebbe un ascolto del 5 per cento , a questa obiezione rispondo che un 5 per cento che sa qualcosa è pur sempre meglio di un 100 per cento che non sa nulla . Rispondendo ad Alberto Contri il presidente della Rai Zaccaria lo rintuzza così : « sono sorpreso quando un consigliere [...] sventola la bandierina della qualità . Il Cda lavora da un anno e mezzo su questo » . Bene . La Rai cominci a dimostrarlo in sede di qualità dell ' informazione . La qualità in generale è , dicevo , nozione anguillesca . Ma la qualità dell ' informazione può essere misurata al paragone ogni giorno . Servizio pubblico o invece disservizio pubblico ? Finora , disservizio .
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Le obiezioni al disegno di legge del governo sulla disciplina degli spot politici sono parecchie . Le riassume in buona parte Andrea Manzella , che scrive perentoriamente così : « L ' iniziativa del governo non è incostituzionale . È soltanto sbagliata in quattro punti » . Manzella ha ragione sulla incostituzionalità : non c ' è . Ma sul punto principale della sua critica - il primo dei quattro - la tesi sbagliata è , a mio vedere , la tesi di Manzella . A detta del Nostro , la distinzione tra pubblicità e propaganda sulla quale si fonda la disciplina proposta dal governo è una « distinzione impossibile » . Manzella ne è sicuro perché « gli studiosi che si sono occupati della materia ( come Cesare Pinelli e Antonella Sciortino ) avevano avvertito che la distinzione non poteva reggere dato che l ' una e l ' altra forma di comunicazione politica utilizzano le stesse tecniche di persuasione e di semplificazione del linguaggio » . Gli studiosi ? No , « alcuni » studiosi . Vedi caso , tra gli studiosi dell ' argomento ci sono anche io ( me ne occupo , tra l ' altro , nella Enciclopedia del Novecento dell ' Istituto della Enciclopedia Italiana , e dunque in una sede di tutto rispetto ) e la mia tesi , lì e altrove , è che la distinzione tra pubblicità e propaganda è non solo possibile ma anche necessaria . A una persona esperta di mondo e smaliziata come Manzella non dovrebbe sfuggire , tanto per cominciare , che i pubblicitari sono interessati a cancellare la distinzione perché a loro interessa catturare anche il mercato della politica . Per loro sono tanti quattrini , e ai pubblicitari interessano quasi per definizione soltanto i quattrini . E se lei , senatore Manzella , ha mai sentito parlare di conflitto di interessi , allora dovrebbe stare più attento alle tesi « interessate » . Tra le tante differenze tra pubblicità commerciale e propaganda politica mi limito qui a ricordare che la prima vende beni e servizi a dei consumatori i quali , consumando , bene o male si accorgono se un bidone è un bidone . La propaganda politica vende invece promesse ( parole ) o altrimenti persone . Così i consumatori della propaganda comunista sono stati bidonati per settant ' anni , e chi vota ( compra ) Berlusconi non lo può poi mangiare per scoprire se è un buon commestibile . La stessa cosa , senatore Manzella ? No , cose diverse . E ne risulta che il potenziale di imbroglio e di dannosità della propaganda politica è incommensurabilmente maggiore di quello della pubblicità commerciale . Pertanto , strabilio nel leggere che lei raccomanda di « lasciare mano libera [...] ai pubblicitari » , visto che questi ultimi sono « quelli che con il loro mestiere di fantasia riescono a leggere e rivelare molta più politica al mondo di quanto non sia più capace di fare la politica come mestiere » . Poveri noi , e povera politica . Già siamo a livelli bassissimi . Con l ' aiuto di questa raccomandazione è pressoché sicuro che scenderà a livelli ancor più bassi . Comunque sia , l ' argomento di Manzella non regge in punto di logica . In buona logica una distinzione è analiticamente valida se individua una differenza , e non è cancellata dal fatto che la realtà mescola sempre tutto : bene e male , bello e brutto , e anche , appunto , propaganda e pubblicità . Domanda : se nel mondo reale bene e male si mescolano , ne dobbiamo forse ricavare che sono indistinguibili ? Alla stessa stregua , anche se è vero che i pubblicitari riducono la propaganda politica a un quissimile della vendita di un dentifricio , è lecito ricavarne che sono la stessa cosa ? Ovviamente no . Manzella si vanta di essere « strapaesano » ( vedi « Il Foglio » del 31 luglio ) e sbeffeggia i poveretti come me che vanno a cercare ( ma nel mio caso a rifiutare ) le soluzioni « in Australia o in Israele » . A me , confesso , gli strapaesani fanno paura . Se Hitler o Mussolini fossero mai stati in America , forse si sarebbero fermati . Tornando a Manzella , non so se gli spot statunitensi lui li conosca e veda . Mi sembra di no . Perché se li vedesse scoprirebbe qual è la china dello spot politico affidato alla « fantasia rivelatrice » dei maghi della pubblicità . È la china dello spot personale , puramente negativo ed essenzialmente diffamatorio . Un candidato attacca l ' altro dicendo che ha cornificato la moglie , che discrimina contro gli omosessuali ( o viceversa ) e che in gioventù ha sniffato cocaina . A Manzella andrebbe bene così ? Oppure ritiene anche lui che questo tipo di « spottismo » non è solo diverso dalla propaganda politica , ma che ne costituisce una degenerazione inaccettabile ? Il punto che sfugge in questo dibattito è che finora i nostri spot sono stati decorosi , e che sono stati decorosi perché disciplinati dalla legge del 1993 che vietava , nei trenta giorni prima delle elezioni , il ricorso a messaggi emotivi e spettacolari e consentiva soltanto l ' esposizione dei programmi politici . Ma se l ' attacco al disegno di legge del governo andrà a travolgere , come Manzella e altri fanno temere , quei limiti , allora è pressoché sicuro che i mercanti della pubblicità di casa nostra arriveranno lestamente agli spot negativi tipo Usa . Perché nessuno nega che lo spot negativo sia lo spot più efficace . Il punto resta se vogliamo ridurre la politica a un bombardamento di escrementi .
I compagni di piazza ( Scalfari Eugenio , 1970 )
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Milano . La mattina successiva al grande corteo studentesco - popolare che ha fatto sfilare cinquantamila persone per il centro di Milano protestando contro la repressione , ho incontrato lo stato maggiore del movimento studentesco , Mario Capanna , Luca Cafiero e una decina d ' altri che , con compiti di varia natura accuratamente ripartiti , hanno organizzato e diretto la manifestazione del 31 gennaio . S ' erano riuniti a colazione in un ' osteria fuori città , lungo il Naviglio pavese , circondata da una campagna nebbiosa solcata da canali e da lunghi filari di pioppi Quando sono arrivato all ' osteria dell ' appuntamento stavano già mangiando mentre uno di loro leggeva ad alta voce l ' articolo domenicale del " Corriere della Sera " . « Tocca ai partiti democratici » , leggeva il giovane senza mascherare il proprio disaccordo « scongiurare prima che sia troppo tardi la frattura del paese su un tema pretestuoso e inesistente come la repressione . Esso rischia di favorire la collusione tra anarchismo filomaoista e forze del movimento operaio organizzato , proprio la collusione che occorre a tutti i costi impedire » . E tutti gli altri , tra un boccone e l ' altro , commentavano con ironiche espressioni di dissenso . Avevano ancora davanti agli occhi quell ' immenso corteo di tre chilometri della sera prima , con la testa già in piazza del Duomo e la coda ancora davanti all ' università , un fiume disciplinato ma imponente e rabbioso , gremito di striscioni e bandiere rosse , formato da studenti , da militanti comunisti e socialisti , da operai e da solidi borghesi col cappotto buono e il conto in banca ma con la memoria ancora fresca - nonostante i molti anni trascorsi - della loro resistenza sulle colline dell ' oltrepò o in val d ' Ossola . Perciò ridevano allegri , Capanna , Cafiero , Toscano e gli altri loro giovani compagni . perché erano sicuri che quella collusione era già avvenuta e sarebbe durata e , se non avessero , commesso errori , si sarebbe trasformala in una solida alleanza politica , dalla quale finalmente , con pazienza e fatica e tempo ma con certezza , sarebbe nata la rivoluzione . Questi erano i loro discorsi di allegri ragazzi affamati e finalmente rilassati dopo tante ore di tensione quando , sedutomi con loro , dissi : « Dovreste fare un monumento al questore per le botte che v ' ha fatto dare , il 21 gennaio e le settimane precedenti . Senza quelle botte e senza i fascisti radunati a Milano , ieri sera non avreste avuto intorno cinquantamila persone » . Allora ridiventarono seri e gravi , così come li avevo visti il giorno prisma nelle ore di preparazione del corteo e poi in strada in mezzo ai loro compagni e poi ancora , sciolte le file , nell ' aula magna della statale tra migliaia di studenti a fare il bilancio politico di quanto era accaduto . Seri e gravi perché sapevano che la parte più difficile del lavoro che volevano fare cominciava proprio in quel momento . Prima era stata fantasia e rabbia , allegria e socialismo , spavalderia e pensiero di Mito ; ma ora , acquisito il primo grosso successo , subentrava la politica , i problemi della definizione ideologica , la necessità e la scelta delle alleanze . Che cosa era veramente accaduto il giorno prima ? Una festa di popolo , coane avevo sentito dire ad un pittore che marciava accanto a me entusiasta e felice ? I lna " kermesse " democratica ? Un soprassalto antifascista ? O un fatto politico ? E quale ? « Noi abbiano ) un grande vantaggio sui compagni delle altre università . , dice Mario Capanna perché operiamo a Milano . Milano è oggi la capitale dell ' Italia moderna , è una città composita , un calderone dove c ' è tutto e tutto bolle ad alta temperatura . C ' è il capitalismo nelle sue espressioni più avanzate e c ' è la classe operaia con le stie istituzioni più organizzate , c ' è la borghesia reazionaria e quella progressista , la programmazione dei tecnocrati e il tumulto degli immigrati meridionali . In pochi chilometri quadrati sono raccolte tutte le tensioni e i conflitti del paese . Queste tensioni non sono più contenibili nel quadro del sistema . Ciò che è accaduto ieri sera è questo : tutte le tensioni e i conflitti si sono incontrati e catalizzati in un ' azione di massa . Di qui bisogna cominciare per capire quanto è accaduto e quanto bisogna fare d ' ora in poi » . Di qui dunque bisogna cominciar . Ma e dopo ? Il marxismo - leninismo degli studenti della statale può fornire la piattaforma di sintesi per le tensioni che , per dirla come lui , non sono più componibili dentro il quadro del " sistema " ? C ' è un episodio che vale la pena di raccontare perché serve , almeno in parte , a rispondere a queste domande . La sera del il gennaio , quando il corteo si mise in moto da piazza Santo Stefano , il primo grande striscione rosso che apriva la sfilata diceva : " Viva il marxismo - leninismo viva il pensiero di Mao Tse - tung " . All ' altezza di piazza del Duomo però lo striscione di testa era cambiato ; diceva : " II movimento studentesco contro la repressione per l ' unità e per il socialismo " . Uno slogan che unisce Gli organizzatori s ' erano resi conto che il secondo slogan unificava i cinquanta mila dimostranti , consentiva di coinvolgere anche i nuovi , ed insoliti , compagni di strada , anzi di piazza , tutti d ' estrazione professional - impiegatizia , mentre il primo li avrebbe divisi . E avevano rinunciato ari rama caratterizzazione ideologica che pure gli stava molto a cuore ( come spiegarono poi nel corso dell ' assemblea conclusiva all ' università ) per render possibile una manifestazione di massa che aveva predominanti caratteristiche democratiche . « Va bene » , dice Cafiero , « è giusto , un movimento di massa non può identificarsi con una soltanto delle sue componenti . Rimane però il fatto che l ' iniziativa politica , la guida e il punto di raccolta è stata fornita dal movimento studentesco e che intorno ad esso s ' è riunita la coscienza democratica della città . I militanti comunisti erano molti , probabilmente diecimila . S ' erano schierati a metà corteo i ne costituivano una buona parte . Ma non è stato il partito comunista a prendere l ' iniziativa e se l ' avesse fatto dubito che avrebbe raccolto una massa così grande di persone . Di operai ce n ' erano moltissimi , quasi la pietà dei dimostranti erano operai . anche se non erano stati chiamati a raccolta dai sindacati . I socialisti c ' erano , ma non per una chiamata del loro partito . Come si spiega tutto questo ? Eppure il movimento studentesco a Milano non è un generico punto di raccolta , si sa bene a quale ideologia s ' ispira , quali obiettivi politici indica . È un movimento rivoluzionario . Dunque il fatto politico è che attorno ad un movimento rivoluzionario hanno fatto massa forze organizzate o semplici , cittadini che rivoluzionari non sono o che avevano cessato di esserlo » . « Forse stanno scoprendo di esserlo ancora o di esserlo di nuovo » dice Capanna . Difficile stabilirlo . Bisogna riflettere , capire , domandarsi . E non perché , un corteo contro la repressione sia riuscito bene , ma perché numerosi segni avvertono che da molti mesi ormai l ' atmosfera , a sinistra sta cambiando , i sindacati Io hanno capito e sono stati i primi a rinnovarsi . I partiti l ' hanno capito stolto meno e la loro presa e infatti . in netto declino . Non ce n ' e alcuno tra di essi che riuscirebbe oggi a portare in piazza cinquantamila persone e farle marciare per due ore , in pacifico corteo . E soprattutto : non ce n ' è alcuno che susciti entusiasmi , antichi ricordi e fresche speranze . Che stiamo al governo o che stiano all ' opposizione , danno la sensazione di amministrare il potere non per conto del paese ma per conto delle loro burocrazie . Forse sarà un giudizio ingeneroso , ma questo pensa la gente , a sinistra soprattutto . E cerca altri strumenti per far politica . altri punti di raccolta , un modo nuovo per partecipare e pesare sulla vita collettiva . Questa e già , sia pure assai confusamente , una prima maniera di scoprirsi rivoluzionari . È indubbio che l ' insofferenza per le burocrazie , per la vita sociale intesa cono un soffocante e paralizzante dominio delle burocrazie , siano stati gli elementi essenziali che hanno mobilitato in questi mesi le masse degli operai , degli studenti c della borghesia progressista . La protesta contro la repressione è un aspetto di questo sentimento generale . Non si possono denunciare , migliaia di operati per violazione di domicilio sol perché hanno tenuto la loro assemblea in fabbrica , senza che il sentimento generale non si ribelli . C ' erano parecchie migliaia di professionisti , d ' impiegati , di dirigenti d ' azienda la sera del il gennaio , li si distingueva a primo colpo , niente barbe colletto e cravatta , tutt ' al più un cappotto sportivo per non stonare troppo col loro paletot di cammello in mezzo a un fiume di giubbotti e di maglioni . E faceva una certa impressione vederli anche loro scandire slogan dissacranti , come " Giudici , questori , servi dei padroni " oppure " Lo stato borghese si abbatte non si cambia " . Erano lì perché improvvisamente folgorati dal pensiero di Mao ? Non credo . Erano lì perché stavano scoprendo che anche la loro vita , quella , professionale e quella privata e dominata e soffocata dalla " cosa " , come l ' ha chiamata Sartre , cioè dalla burocrazia quella dello stato , quella del partito , quella dell ' associazione professionale , quella dell ' azienda . Si ribellano contro la " cosa " ; la " cosa " creata e mantenuta dal sistema capitalista come farebbero , se vivessero altrove , contro la " cosa " creata e mantenuta dal regime comunista . Nel linguaggio tecnico degli iniziati questo atteggiamento si chiara " spontaneismo " e i miei giovani interlocutori dell ' osteria del Naviglio ne diffidano . Perché con lo spontaneismo non si va molto avanti , ci vuole un approfondimento ideologico , un lavoro organizzativo , uno sbocco politico . Ed è quanto essi si propongono infatti di fare , anzi che hanno gin cominciato a fare . « Col marxismo - leninismo ? » . « Sì , col marxismo - leninismo , ma applicato alle condizioni italiane , cioè di un paese di capitalismo maturo » . Chi sono i suoi alleati « Non s ' è mai visto » , dico , « il marxismo - leninismo applicato ad un paese di capitalismo maturo . Che vuol dire ? Basta quell ' aggiunta per cambiare l ' intera prospettiva . Non vi viene in mente che , in un paese di capitalismo maturo , il marxismo - leninismo potrebbe significare revisionismo e riformismo , cioè tutte quelle linee politiche che voi detestate e condannate ? » » . No , non gli viene in mente . Sono sempre più convinti che lo stato borghese si abbatte ma non si cambia . « Chi lo abbatterà ? » . « La classe operaia » . « Da sola ? In un paese di " capitalismo avanzato " la classe operaia è minoranza , il sistema provvede a disarticolarla ogni giorno , la diversifica in interessi contrastanti , la specializza con mestieri » . « Non da sola . Coi suoi alleati » . « Chi sono i suoi alleati ? » . « I ceti medi proletarizzati » . Cioè , loro stessi , perché questa è la loro condizione sociale . Così almeno essi la sentono e l ' hanno anche scritto in un libretto rosso che tipograficamente ricorda le massime di Mao e che è già stato venduto a decine di migliaia di copie . È intitolato : " La situazione attuale e i compiti politici del movimento studentesco " . Ad un certo punto c ' è scritto : « L ' aspetto principale delle attuali contraddizioni sociali è costituito dalla richiesta - sempre più di massa - di istruzione , di qualificazione e , conseguentemente di impiego e dall ' impossibilità di ottenerli . Il movimento studentesco non è il movimento operaio ; esso è l ' espressione di massa della presa di coscienza politica rivoluzionaria dei ceti medi » . In realtà , forse senza rendersene conto , questi neorivoluzionari fanno appello alla borghesia per abbattere lo stato borghese . Sembra un paradosso , ma finisce di esserlo se lo stato borghese , diventa soltanto uno stato burocratico . In fondo borghesia e classe operaia , tutte le volte che si sono trovate di fronte la " cosa " , hanno sempre marciato insieme .