StampaPeriodica ,
Sed
toleranda
fames
,
non
tolerandus
amor
.
CLAUDIANO
V
'
è
anche
una
questione
sessuale
e
v
'
è
anche
un
diritto
all
'
amore
.
Chiedo
alle
mie
lettrici
di
fare
uno
sforzo
di
logica
e
assurgere
dai
ricordi
e
dai
desiderii
personalissimi
alla
concezione
dell
'
Amore
e
del
Diritto
con
le
iniziali
maiuscole
;
altrimenti
la
paura
del
dover
amare
corrispondente
a
quel
diritto
d
'
amare
potrebbe
apparir
loro
orribilmente
disgustosa
.
E
chiedo
loro
anche
di
considerare
che
quel
diritto
all
'
amore
lo
si
pretenderebbe
non
solo
per
gli
uomini
ma
anche
per
le
donne
.
Ed
è
prudente
,
qui
per
qui
,
non
spaventarne
alcuna
ponendo
un
qualunque
limite
d
'
età
.
Poniamo
che
quel
diritto
ci
accompagni
fino
alla
morte
come
il
sole
,
simile
al
diritto
sul
pane
,
sul
lavoro
e
su
la
incolumità
personale
.
Mario
Morasso
,
ingegno
vertiginosamente
originale
,
pronto
a
spiccar
dal
più
piccolo
scoglio
della
realtà
salti
parabolici
nel
mare
delle
ipotesi
,
autore
di
libri
constellati
di
idee
la
metà
delle
quali
amo
per
la
loro
fecondità
e
la
metà
detesto
per
la
loro
inutile
ferocia
,
quattro
anni
fa
per
il
primo
nella
Riforma
sociale
propose
la
Questione
sessuale
.
Fra
i
due
istinti
essenziali
dell
'
uomo
conservazione
dell
'
individuo
e
conservazione
della
specie
non
si
può
stabilire
una
gerarchia
;
anzi
a
vederli
praticamente
e
obbiettivamente
nell
'
uomo
attuale
,
l
'
istinto
d
'
amore
,
per
quanto
represso
e
nascosto
,
appare
più
forte
del
primo
,
cioè
v
'
è
chi
si
uccide
perché
non
può
soddisfarlo
.
Ora
perché
la
legge
riconosce
nell
'
uomo
solo
il
diritto
di
vivere
ma
non
quello
d
'
amare
,
e
con
maggior
precisione
perché
la
legge
concede
all
'
uomo
la
dirimente
della
legittima
difesa
solo
nel
caso
di
attacco
diretto
alla
persona
fisica
,
quando
egli
mostra
spesso
di
pregiare
qualcosa
ancor
più
della
sua
esistenza
,
cioè
il
suo
amore
?
Un
sociologo
che
è
anche
un
critico
d
'
arte
modernissimo
e
acuto
scrive
ora
tutt
'
un
bel
volume
su
questa
Lotta
di
sesso
,
studiando
cioè
gli
ostacoli
che
all
'
istinto
d
'
amore
derivano
nella
donna
e
nell
'
uomo
rispettivamente
dall
'
uomo
e
dalla
donna
desiderata
,
e
proseguendo
così
l
'
opera
iniziata
col
suo
libro
sui
Reati
sessuali
dove
egli
studiava
gli
ostacoli
posti
dalla
legge
.
Pare
ormai
provato
dagli
embriologi
che
l
'
uomo
e
la
donna
non
siano
che
due
parti
individue
d
'
uno
stesso
elemento
,
o
meglio
le
due
parti
d
'
una
cellula
spaccata
crudelmente
in
due
;
e
per
questo
essi
cerchino
naturalmente
di
riunirsi
per
ricreare
quell
'
entità
perduta
.
E
poiché
lo
stato
di
separazione
è
fatalmente
più
lungo
di
quello
di
comunione
,
l
'
amore
diventa
sinonimo
di
dolore
,
cioè
di
permanente
contrarietà
a
un
istinto
,
di
lunga
insoddisfazione
d
'
un
desiderio
.
E
tutto
(
a
udir
i
commenti
dei
sociologi
ai
suddetti
embriologi
,
perché
nella
realtà
mi
pare
che
si
vada
innanzi
abbastanza
comodamente
)
,
si
infrappone
a
quella
tale
operazione
matematica
della
ricostituzione
dell
'
unità
:
la
società
,
le
sue
leggi
,
le
sue
abitudini
,
i
suoi
pregiudizii
,
la
differenza
di
sensibilità
nell
'
uomo
e
nella
donna
,
la
religione
,
il
pudore
,
e
pare
impossibile
perfino
certa
letteratura
.
E
quel
dolore
diventa
così
angoscioso
che
nello
spasimo
verso
la
felicità
gli
amanti
finiscono
a
desiderar
la
confusione
dei
loro
esseri
,
la
dissoluzione
e
la
morte
,
pur
di
non
tornar
a
penare
.
«
La
propria
diffinizione
del
perfetto
amore
dell
'
uomo
et
della
donna
,
è
la
conversione
dell
'
amante
nell
'
amato
con
desiderio
che
si
converta
l
'
amato
nell
'
amante
»
,
diceva
Leone
Ebreo
nel
1535
,
e
pochi
anni
prima
nei
Dialoghi
di
Sperone
Speroni
;
né
allora
,
ch
'
io
mi
sappia
,
erano
in
alcuna
università
cattedre
di
embriologia
e
di
psichiatria
,
né
Lombroso
aveva
ancòra
scritto
quel
suo
geniale
volume
su
l
'
Amore
nel
suicidio
e
nel
delitto
.
Ora
in
questa
ingannevole
lotta
tra
uomo
e
donna
una
lotta
che
assomiglia
all
'
accavallarsi
furioso
dell
'
onde
su
la
superficie
del
mare
,
mentre
a
dieci
metri
di
profondità
tutto
è
quiete
e
beato
il
Viazzi
molto
perspicuamente
distingue
tre
epoche
.
Primitivamente
in
quello
che
una
volta
si
chiamava
lo
stato
di
natura
,
la
donna
ha
un
dominio
assoluto
e
spaventoso
su
la
vita
dell
'
uomo
.
In
tutto
il
regno
animale
,
il
maschio
dopo
l
'
amore
cessa
di
vivere
molto
prima
della
femmina
anche
perché
volendo
adornarsi
e
abbellirsi
per
attirarla
perde
forza
e
agilità
mentre
il
pericolo
di
essere
scoperto
dai
suoi
nemici
aumenta
in
proporzione
di
quelli
ornamenti
.
Anche
oggi
,
sebbene
il
maschio
si
impennacchi
meno
e
spesso
si
contenti
per
attirar
la
donna
di
gonfiarsi
e
rimbecillirsi
un
poco
,
chi
esamina
le
statistiche
delle
popolazioni
europee
vede
che
la
mortalità
tra
i
diciotto
e
i
ventisei
anni
è
di
molto
maggiore
fra
noi
uomini
che
fra
le
donne
:
ciò
che
forse
muterà
quando
gli
uffici
di
statistica
saranno
tenuti
dalle
donne
.
Per
fortuna
in
tutto
,
tranne
che
nell
'
amore
,
l
'
uomo
è
il
forte
e
la
donna
è
il
debole
.
E
l
'
uomo
,
avendo
più
e
più
chiara
la
percezione
delle
necessità
della
conservazione
individuale
nell
'
asprezza
della
vita
primitiva
e
volendo
d
'
altro
canto
mantenersi
contro
gli
altri
la
compagna
scelta
dal
suo
desiderio
e
offrendole
perciò
di
difenderle
la
vita
e
spesso
anche
di
trovarle
il
cibo
,
finisce
a
prendere
su
lei
una
prevalenza
,
di
abitudine
più
che
di
istinto
.
E
questa
è
la
seconda
fase
.
Nella
terza
,
poiché
perdura
quello
stato
di
coscienza
ma
declina
l
'
urgenza
nei
bisogni
elementari
della
vita
,
la
donna
si
rialza
dall
'
affievolimento
e
riconquista
pian
piano
,
obliquamente
se
non
dirittamente
,
il
perduto
dominio
.
Oggi
pare
che
siamo
in
queste
condizioni
;
dei
due
periodi
passati
restano
due
condizioni
di
fatto
,
la
frequenza
delle
percosse
maritali
e
il
contratto
ora
tacito
ora
esplicito
per
cui
,
se
la
donna
tiene
l
'
uomo
per
forza
d
'
amore
,
l
'
uomo
tiene
la
donna
per
forza
di
pane
.
Familia
ha
la
stessa
etimologia
di
famulus
,
schiavo
,
da
fames
,
fame
.
Fedeltà
canina
,
osserverà
qualche
sentimentale
:
ma
i
sociologi
hanno
il
cuore
duro
e
lasciano
il
sentimento
a
sbadigliare
in
anticamera
.
È
divertente
seguire
questo
lento
e
abile
ritorno
della
donna
al
potere
.
Pian
piano
le
antiche
norme
legislative
non
posano
più
su
le
condizioni
economiche
e
morali
che
le
determinarono
;
così
che
esse
hanno
una
forza
breve
e
intermittente
nei
ristretti
limiti
delle
singole
applicazioni
giudiziarie
;
ma
la
vita
vera
soverchia
le
dighe
e
corre
pel
suo
verso
liberamente
.
Quelle
leggi
,
dice
bene
il
Viazzi
,
ormai
più
che
altro
rappresentano
l
'
inanità
della
parola
,
incerta
nella
sua
rigidezza
,
di
fronte
al
continuo
divenire
della
realtà
.
La
donna
ha
saputo
sfruttare
le
sue
vere
inferiorità
fisiche
e
la
sua
inferiorità
legale
con
una
finezza
cui
purtroppo
non
si
può
dare
che
il
sommo
ed
unico
aggettivo
di
femminile
.
La
sua
penetrazione
psicologica
,
la
celerità
sua
a
definire
i
sentimenti
e
i
pensieri
altrui
dai
minimi
segni
esteriori
,
quella
miopia
intellettuale
descritta
dallo
Schopenhauer
per
cui
nelle
cose
vicine
la
donna
discerne
analiticamente
piccolezze
a
primo
tratto
ignote
agli
uomini
ma
le
cose
lontane
le
sfuggono
,
la
aiutano
in
questo
lavorìo
.
D
'
altra
parte
,
questa
finezza
di
percezione
intellettiva
per
la
deficiente
delicatezza
non
ha
nessuna
forza
d
'
obbiettivazione
morale
,
nessuna
eco
patetica
.
Ella
vede
più
presto
e
più
dell
'
uomo
,
ma
sente
meno
.
Da
questa
condizione
piacevole
per
la
lotta
,
deriva
poi
che
ella
meno
delicata
ha
tutte
le
probabilità
di
essere
stimata
di
più
perché
l
'
uomo
soffrendo
delle
ostentate
sofferenze
di
lei
si
frenerà
e
tacerà
,
ed
ella
soffrendo
poco
per
sé
e
meno
per
l
'
altro
sarà
liberissima
a
tutte
le
svariate
contorsioni
e
a
tutte
le
garrule
petulanze
che
Balzac
chiamava
la
«
forza
della
raganella
»
e
che
per
l
'
osservatore
scettico
sono
deliziose
a
vedersi
e
a
udirsi
,
ma
per
lo
spettatore
commovibile
sono
altrettanti
segni
visibili
della
pretesa
feroce
tirannia
dell
'
uomo
.
La
conclusione
è
che
,
nel
fatto
,
quello
che
soffre
più
pel
cosiddetto
martirio
è
il
povero
carnefice
.
«
Nei
migliori
rappresentanti
del
momento
economico
attuale
,
cioè
nelle
famiglie
della
borghesia
agiata
,
troppo
spesso
la
donna
appare
come
un
essere
che
mangia
,
beve
,
si
fa
vestire
e
svestire
,
accompagnare
a
teatro
,
ai
balli
e
alle
corse
,
e
che
obbliga
il
marito
a
un
sopralavoro
rappresentato
da
altrettante
vesti
o
gioielli
o
piume
o
che
so
io
,
destinati
ad
ecclissare
le
rivali
,
vendendo
,
in
sostanza
,
o
cedendo
a
prezzi
esorbitanti
il
monopolio
reale
o
putativo
di
una
merce
che
né
per
lei
né
per
altri
ha
un
costo
qualsiasi
.
Cosa
siffattamente
entrata
nelle
abitudini
che
uguali
pretese
sono
da
un
lato
accampate
e
dall
'
altro
subìte
nei
rapporti
fra
padri
e
figlie
alle
quali
bisogna
pure
che
sia
fornito
tutto
il
necessario
apparecchio
di
gale
per
l
'
adescamento
del
marito
,
vale
a
dire
della
futura
vittima
»
.
E
ben
venga
,
dopo
ciò
,
il
Feminismo
che
ormai
come
tanti
altri
ismi
contemporanei
significa
tante
cose
da
non
significar
più
nulla
,
da
essere
una
targhetta
sopra
un
recipiente
nel
quale
ognuno
imbottiglia
il
proprio
vino
senza
far
complimenti
.
Ma
a
chi
volesse
perder
tempo
a
studiar
il
feminismo
raccomanderei
subito
un
'
osservazione
e
un
libro
.
E
l
'
osservazione
già
fatta
da
Georges
Pellissier
è
che
quasi
tutti
gli
scrittori
detti
feministi
ostentano
un
gran
disprezzo
per
la
donna
o
,
se
non
l
'
ostentano
,
lo
tradiscono
senza
accorgersene
perfino
nei
loro
omaggi
più
zuccherosi
.
E
il
libro
che
ha
l
'
intonazione
delle
recenti
Battaglie
per
un
'
idea
di
Neera
gentilmente
antimuliebri
è
Le
rôle
de
la
femme
di
Anna
Lamperière
,
pubblicato
a
Parigi
pochi
mesi
fa
.
Un
altro
libro
anche
deve
esser
letto
per
farsi
un
'
idea
del
bene
e
del
male
che
gli
italiani
che
scrivono
pensano
o
almeno
dicono
di
pensare
sulla
donna
;
ed
è
la
dotta
e
pur
piacevolissima
Inchiesta
sulla
donna
condotta
con
abile
imparzialità
da
Guglielmo
Gambarotta
.
Le
risposte
ve
ne
ha
di
Lombroso
,
di
Ferri
,
di
Sergi
,
di
Mantegazza
,
di
Novicow
,
di
Réclus
,
di
Heyse
,
di
Negri
,
di
Brunetière
,
di
Richet
,
di
Rod
,
di
Neera
,
di
Pilo
,
di
Butti
,
di
Guyot
,
di
Merlino
,
di
Bruno
Sperani
,
di
Paola
Lombroso
,
di
Ouida
,
di
Nordan
veramente
sarebbero
subordinate
,
meno
quelle
delle
scrittrici
,
all
'
ultima
domanda
:
«
La
donna
vostra
,
quando
avesse
diritti
eguali
ai
vostri
,
potrebbe
sembrarvi
meno
seducente
?
»
.
È
vero
che
,
in
coscienza
,
le
donne
che
si
conoscono
meno
son
quelle
che
si
sono
amate
o
che
si
amano
.
Io
non
sia
detto
per
vantarmene
ma
solo
per
onestà
in
fondo
a
un
articolo
su
la
lotta
di
sesso
non
ho
moglie
.
StampaPeriodica ,
Non
dimentico
mai
,
caro
Luigi
Lodi
,
d
'
avere
avuto
la
fortuna
d
'
incontrare
lei
,
al
primo
principio
della
mia
vita
di
scrittore
;
né
dimentico
la
cordiale
fiducia
con
cui
ella
accolse
nella
Nuova
Rassegna
i
miei
scritti
,
e
i
consigli
che
mi
dette
,
e
l
'
ospitalità
in
quelle
stanze
agli
Uffici
del
Vicario
dove
nel
tardo
pomeriggio
o
dopo
il
teatro
si
raccoglieva
il
meglio
delle
lettere
d
'
allora
e
,
dal
vicino
Montecitorio
,
quei
pochi
del
Parlamento
i
quali
stimavano
o
mostravano
di
stimare
anche
i
giornalisti
che
non
scrivevano
di
politica
;
e
allora
,
in
una
parentesi
tra
il
Don
Chisciotte
e
il
Giorno
,
anche
lei
,
direttore
della
Nuova
Rassegna
,
poco
se
ne
occupava
.
Non
dico
che
da
parte
nostra
,
vecchi
e
giovani
,
la
stima
di
quei
parlamentari
fosse
sempre
ricambiata
,
ma
anche
negli
epigrammi
la
forma
era
salva
.
Adesso
,
leggendo
il
suo
libro
Giornalisti
,
pel
quale
una
sola
critica
le
farei
,
d
'
averci
dipinto
tutti
con
troppa
benevolenza
,
quei
tempi
mi
sono
tornati
così
vivi
alla
memoria
che
mi
sembra
,
finché
il
libro
mi
sta
aperto
davanti
agli
occhi
,
di
ringiovanire
.
Carducci
,
D
'
Annunzio
,
Martini
,
Pascarella
,
Yorick
,
Turco
,
Vassallo
,
Vamba
,
Boutet
,
Carletta
e
,
da
Napoli
,
Matilde
Serao
,
Scarfoglio
,
Di
Giacomo
,
Bracco
e
,
da
Milano
,
Giacosa
,
Praga
,
Rovetta
e
,
da
Bologna
,
Panzacchi
e
Guerrini
;
lasciando
ultimi
Febea
e
Morello
soltanto
per
dire
che
non
mi
so
dar
pace
a
vederli
,
sani
e
vegeti
come
sono
,
chiusi
nel
silenzio
:
tutti
sono
passati
allora
per
quelle
stanze
e
sono
adesso
affettuosamente
ricordati
in
queste
sue
pagine
.
Ad
aver
tempo
scriverei
nei
margini
,
accanto
ai
ricordi
e
ai
giudizi
suoi
,
i
giudizi
e
ricordi
miei
.
Ma
non
sono
ancora
arrivato
al
placido
distacco
che
è
il
premio
della
sua
età
,
e
non
vedrei
,
a
cominciare
da
me
stesso
,
tutto
in
roseo
come
ella
vede
.
Cominciavo
allora
a
collaborare
alla
Tribuna
.
Seguii
Vincenzo
Morello
quando
fondò
il
Giornale
.
Tornai
con
lui
quando
ella
creò
il
Giorno
e
vi
iniziai
una
rubrica
intitolata
Cose
viste
.
Ma
ormai
avevo
cominciato
a
mandare
articoli
al
Corriere
della
sera
,
e
presto
,
dopo
un
anno
o
due
nel
nuovo
Giornale
d
'
Italia
,
m
'
allontanai
purtroppo
per
sempre
dal
giornalismo
romano
.
A
Roma
i
giornali
lombardi
erano
ancora
,
verso
il
1895
,
più
stimati
che
ammirati
:
giornali
di
provincia
,
pensavamo
,
e
imprese
industriali
prima
che
fogli
vivi
,
e
scritti
male
,
si
diceva
anche
prima
di
leggerli
.
Scarfoglio
invece
e
Morello
,
per
non
dir
dei
minori
,
ci
rappresentavano
con
lei
i
giornalisti
d
'
assalto
e
di
critica
,
scintillanti
di
brio
,
e
di
trovate
quando
erano
all
'
opposizione
,
svogliati
ed
opachi
appena
dovevano
difendere
un
ministro
o
un
ministero
;
e
tutti
e
tre
,
anche
se
condannati
all
'
articolo
quotidiano
,
orgogliosi
della
propria
cultura
letteraria
,
delle
proprie
amicizie
e
predilezioni
letterarie
.
Immaginare
un
articolo
loro
sulla
prima
colonna
del
Corriere
della
sera
era
come
immaginare
la
fontana
di
Piazza
Navona
,
tutta
scrosci
,
brilli
e
capricci
,
in
piazza
della
Scala
davanti
alla
compassata
fabbrica
del
Piermarini
.
Lei
poi
era
,
per
noi
giovani
,
l
'
amico
devoto
di
Giosuè
Carducci
,
quello
che
poteva
avvicinano
quando
voleva
,
che
conosceva
i
piccoli
segreti
della
sua
vita
,
pronto
a
sposare
non
solo
gli
odi
di
lui
ma
anche
le
antipatie
.
E
che
ella
,
taciturno
com
'
è
sempre
stato
,
quasi
mai
ce
ne
parlasse
,
questo
aumentava
il
nostro
rispetto
per
quella
sua
fedeltà
.
Noi
,
s
'
intende
,
s
'
era
per
Gabriele
d
'
Annunzio
,
ma
a
dannunzieggiare
sui
giornali
presto
ci
s
'
accorse
ch
'
era
come
indossar
la
marsina
per
andare
a
vogar
giù
nel
Tevere
.
Così
ci
si
tagliava
in
due
:
nelle
novelle
e
nei
romanzi
,
si
mirava
al
D
'
Annunzio
;
negli
articoli
,
quando
si
poteva
,
al
Carducci
e
,
i
più
cauti
,
al
Martini
;
insomma
,
scrittori
a
fette
.
Chi
mi
guarì
,
fu
proprio
lei
,
con
una
pazienza
inesauribile
.
Quando
l
'
articolo
era
tutto
da
rifare
,
la
messaggera
era
Febea
la
quale
,
per
merito
dei
capelli
bianchi
fin
d
'
allora
o
incipriati
,
ci
parlava
maternamente
:
Non
v
'
inalberate
.
Gigi
assicura
che
le
stesse
cose
le
potete
dire
in
una
colonna
invece
che
in
due
.
La
massima
del
Carducci
,
adesso
tema
d
'
esame
anche
nei
ginnasi
,
che
chi
dice
in
venti
parole
quel
che
può
dire
in
dieci
,
è
un
uomo
capace
di
male
azioni
,
allora
era
nuova
e
,
ai
nostri
stomachi
dilatati
dagli
aggettivi
dei
dannunziani
,
indigesta
.
«
L
'
anima
di
lui
era
sempre
affettuosamente
aperta
alla
giovinezza
»
,
ella
dice
del
Carducci
:
ai
giovani
,
s
'
intende
,
che
possedessero
qualche
altra
qualità
oltre
quella
,
involontaria
,
della
giovinezza
.
Questa
dote
è
stata
anche
sua
,
caro
Lodi
,
e
a
me
è
venuta
da
lei
,
ché
i
direttori
di
giornali
o
di
riviste
impazienti
o
sdegnosi
davanti
ai
nomi
nuovi
mi
sembrano
simili
ai
nuovi
ricchi
che
vogliono
fabbricarsi
in
un
mese
un
parco
annoso
trapiantandovi
a
qualunque
prezzo
alberi
vecchi
:
ogni
mattina
nei
filari
si
trovano
un
morto
e
un
vuoto
.
Ho
detto
che
allora
il
miglior
giornalismo
di
Roma
e
di
Napoli
era
d
'
assalto
e
di
critica
.
A
leggere
adesso
nel
suo
libro
con
quanto
poche
migliaia
di
lire
si
fondava
,
in
due
stanze
e
con
due
redattori
,
un
giornale
,
e
a
pensare
al
grande
foglio
in
cui
ho
avuto
per
tanti
anni
la
fortuna
di
lavorare
al
sicuro
,
m
'
avvedo
che
nei
loro
giornali
era
ancora
un
riflesso
di
quelli
del
Risorgimento
fatti
per
un
uomo
o
per
un
'
idea
e
pronti
per
essi
a
morire
.
Certo
tanta
abnegazione
,
poiché
l
'
unità
era
raggiunta
e
ci
si
era
seduti
in
Roma
,
era
giù
di
moda
,
e
la
lotta
politica
ridotta
alla
gara
parlamentare
;
ma
il
tono
era
ancora
quello
,
ché
da
Crispi
a
Zanardelli
,
da
Minghetti
a
Fortis
,
da
Imbriani
a
Nicotera
,
molti
dei
capi
superstiti
erano
usciti
dai
tempi
eroici
delle
guerre
e
delle
congiure
,
ancora
cogli
stessi
fulmini
e
lampi
d
'
ira
e
d
'
odio
che
il
giornalismo
rifletteva
alla
meglio
.
Ma
intanto
,
proprio
in
quelli
anni
stanchi
,
noi
giovani
vivendo
accanto
a
loro
anziani
abbiamo
imparato
ad
avere
l
'
orgoglio
e
la
fede
della
nostra
professione
e
a
non
stimare
coloro
che
se
ne
giovano
pei
loro
fini
particolari
:
questo
per
diventar
deputato
o
consigliere
;
quello
per
aumentare
la
sua
clientela
d
'
avvocato
;
quell
'
altro
,
nella
chiusa
carriera
di
professore
,
per
essere
temuto
dai
colleghi
e
dai
superiori
.
È
d
'
allora
la
massima
che
il
giornalismo
porta
a
tutto
,
a
patto
d
'
uscirne
.
No
,
per
noi
fu
giornalista
soltanto
lo
scrittore
capace
di
anteporre
all
'
interesse
proprio
,
alla
propria
tranquillità
e
alla
propria
rinomanza
,
la
fama
e
la
fortuna
del
giornale
in
cui
scrive
;
di
amare
più
di
sé
stesso
i
propri
lettori
;
di
scrivere
per
loro
,
e
non
per
i
colleghi
;
di
vivere
giorno
per
giorno
,
ora
per
ora
,
con
l
'
intelligenza
,
gli
occhi
,
gli
orecchi
tesi
a
cogliere
l
'
attimo
che
passa
;
di
far
consistere
,
se
è
un
cronista
,
la
propria
felicità
nello
scoprire
ogni
mattina
qualche
cosa
di
nuovo
e
d
'
inedito
,
di
presentano
nel
modo
più
rapido
e
colorito
e
,
davanti
a
un
morto
prima
di
piangere
,
nel
pieno
d
'
una
festa
prima
di
divertirsi
,
capace
di
pensare
a
quel
che
ne
dovrà
subito
scrivere
,
per
fare
il
giorno
dopo
piangere
o
ridere
i
suoi
lettori
;
capace
d
'
avere
ogni
giorno
,
se
è
un
direttore
,
un
'
idea
migliore
di
quella
del
giorno
avanti
,
migliore
anche
per
la
semplice
ragione
che
quella
di
ieri
è
ormai
inutile
;
se
è
un
critico
,
ascoltando
una
commedia
,
guardando
un
quadro
,
leggendo
un
libro
,
capace
di
badare
solo
ai
propri
affetti
e
al
proprio
giudizio
e
a
quello
dei
commediografi
,
dei
pittori
,
degli
scrittori
,
ma
anche
agli
affetti
e
al
giudizio
del
pubblico
attorno
a
lui
,
e
non
solo
per
correggere
o
per
approvare
questo
giudizio
ma
anche
per
fare
la
cronaca
e
la
storia
del
gusto
,
cronaca
e
storia
ignorate
dai
critici
e
dai
professori
che
scrivono
solo
nei
libri
;
capace
infine
,
se
è
uno
scrittore
d
'
articoli
,
di
far
dimenticare
ogni
giorno
l
'
articolo
che
ha
scritto
il
giorno
prima
o
la
settimana
prima
,
scrivendone
un
altro
più
nuovo
e
più
vivo
e
attuale
perché
non
ha
animo
di
giornalista
chi
s
'
affida
al
suo
articolo
di
ieri
.
Molti
adesso
hanno
giustamente
rivendicato
all
'
articolo
di
giornale
la
dignità
letteraria
:
tra
i
più
recenti
rivendicatori
,
e
con
più
diritto
di
altri
,
Antonio
Baldini
.
Se
ben
ricordo
,
fin
,
nel
Petrarca
delle
Epistole
egli
è
andato
a
trovarci
un
antenato
,
e
ha
ragione
perché
anche
lì
spesso
si
tratta
dei
«
fatti
del
giorno
»
.
Ma
il
Petrarca
si
sceglieva
gli
argomenti
;
e
in
questo
,
almeno
in
questo
,
egli
non
era
giornalista
,
perché
al
giornalista
l
'
argomento
è
imposto
dalla
cronaca
,
e
in
un
giornale
ben
fatto
nemmeno
in
«
terza
pagina
»
una
riga
dovrebbe
apparire
che
non
fosse
legata
a
un
fatto
recente
e
recentissimo
,
magari
a
un
fatto
che
il
giornale
e
il
giornalista
preferirebbero
di
tacere
ai
lettori
.
Collaboravo
già
da
qualche
mese
al
Corriere
della
sera
quando
conobbi
Eugenio
Torelli
Viollier
.
S
'
era
,
credo
,
nel
1899
.
Il
Torelli
era
venuto
a
Roma
per
convincere
Domenico
Oliva
,
deputato
al
Parlamento
e
direttore
politico
del
Corriere
,
a
parlare
alla
Camera
contro
il
disegno
di
legge
del
generale
Pelloux
sulla
stampa
.
L
'
Oliva
per
disciplina
di
partito
non
acconsentì
,
e
Torelli
nominò
direttore
anche
politico
del
Corriere
Luigi
Albertini
che
da
più
d
'
un
anno
era
l
'
anima
del
giornale
.
Quel
giorno
in
un
salotto
del
vecchio
«
Albergo
di
Roma
»
a
San
Carlo
al
Corso
,
dai
mobili
di
legno
nero
coperti
di
velluto
rosso
come
nelle
sale
d
'
aspetto
di
prima
classe
,
Eugenio
Torelli
Viollier
,
adirato
per
quel
rifiuto
,
s
'
aprì
a
me
giovane
giornalista
con
un
calore
che
non
gli
vidi
più
nei
pochi
mesi
che
ancora
visse
.
Egli
non
riusciva
a
capire
che
il
direttore
d
'
un
grande
giornale
potesse
avere
anche
la
minore
ambizione
di
sedere
in
Parlamento
e
la
modestia
d
'
ubbidire
alle
deliberazioni
d
'
un
gruppo
parlamentare
.
Non
ricordo
più
come
venisse
a
quest
'
altro
argomento
,
ma
mi
ricordo
,
nel
vano
d
'
una
finestra
,
il
volto
di
lui
fine
e
nervoso
dentro
la
barba
a
ventaglio
,
e
gli
occhi
scintillanti
dietro
le
lenti
:
-
-
-
Sa
lei
in
che
cosa
si
distingue
un
grande
giornale
da
un
piccolo
giornale
?
La
tiratura
non
conta
,
l
'
abbondanza
e
prontezza
dei
servizi
non
contano
.
E
'
un
grande
giornale
quello
soltanto
che
pubblica
anche
le
notizie
che
gli
fanno
dispiacere
;
è
un
piccolo
giornale
quello
che
le
tace
.
Si
fermò
si
passò
la
mano
nella
barba
,
mi
venne
più
vicino
,
sorrise
:
-
-
-
S
'
intende
:
la
notizia
che
ci
dispiace
,
la
si
commenta
nel
modo
che
più
ci
piace
-
-
-
.
Per
la
verità
debbo
dire
che
il
giornalismo
romano
di
allora
,
giornalismo
tutto
di
parte
,
non
aveva
,
caro
Lodi
,
l
'
abitudine
di
rispettare
sempre
quella
massima
.
Mi
fermo
.
Non
vorrei
,
proprio
scrivendo
a
lei
per
ringraziarla
d
'
un
bel
libro
su
noi
o
sulla
nostra
professione
,
far
quei
commenti
in
margine
ai
quali
accennavo
pocanzi
,
a
rovesciare
su
queste
pagine
i
miei
ricordi
e
le
mie
convinzioni
di
scrittor
di
giornali
.
Se
un
giorno
lo
farò
,
auguro
a
me
stesso
d
'
avere
la
sua
lucida
memoria
e
la
sua
serenità
superiore
ormai
agli
uomini
e
ai
partiti
.
Creda
al
mio
memore
affetto
.
Ugo
Ojetti