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> categoria_s:"StampaPeriodica" > categoria_s:"StampaPeriodica" > autore_s:"ROSSELLI CARLO"
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Sono almeno quindici anni che il movimento socialista in Italia è stato colpito da paralisi intellettuale . Gravissimo fenomeno di decadenza universalmente rilevato e di cui oggi stiamo scontando almeno indirettamente gli effetti . Mentre il corpo del partito si dilatava , il numero dei soci si moltiplicava , i seggi nei comuni e in Parlamento aumentavano , il livello culturale e il fervore di vita intellettuale venivano meno con un ritmo impressionante . Causa immediata , ma superficiale , fu l ' allontanarsi dal movimento socialista del favore delle nuove generazioni . Molti hanno cercato di spiegare il fenomeno , ma in verità nessuna delle ragioni addotte sembra soddisfacente . Sono profondamente convinto che una delle cause principali della crisi è da ricercarsi nella diffusione ( e particolarmente nel modo e nella direzione della diffusione ) della dottrina marxista in Italia . Volendo chiarire ulteriormente , direi che l ' errore più grave consistette nell ' assumere la dottrina marxista a pensiero ufficiale dei gruppi e partiti socialisti . Mi si chiederà : ma di quale marxismo intendete parlare ? Perché , oltre la marca originale , v ' è una marca kautskiana , bernsteiniana , soreliana , mondolfiana , per non citare che le più note . Ora , proprio in questa molteplicità di interpretazioni e riduzioni , che sarebbero segno di enorme vitalità e libertà di pensiero se si limitassero a distinguere diverse correnti in seno ad uno stesso movimento che tutte le comprenda e le superi , sta un altro fattore della crisi . Perché quella dottrina che veniva assunta a pensiero ufficiale del partito , a forza di venir corretta , annacquata , adulterata , o , più semplicemente , interpretata , finì per trasformarsi in qualche cosa di così vago ed incerto da poter ad un tempo servire ad ogni frazione , dalla più barricadiera alla più riformista ; per ogni problema , da quello più trascendentale a quello più concreto e materiale . A distanza di anni e di mesi gli stessi testi venivano usati , dalle diverse frazioni succedentisi al potere , in senso radicalmente diverso . Si ebbero così tutti i mali di una rigida codificazione autoritaria affidata in concreto alle edizioni delle opere del Marx , e tutti i mali della libera interpretazione , di fatto troppo spesso affidata al primo scriba che volesse ammannirti la centesima definitiva edizione del pensiero marxista . Nessuno , eccettuato forse il Bernstein , che in questa questione vide più acutamente d ' ogni altro , si propose di veder con chiarezza che cosa rimaneva , alla chiusa dei conti , dopo tutto il revisionismo di destra e di sinistra ( Pareto , Croce , Labriola , Bernstein , Turati , Merlino , Mondolfo , Leone , Sorel ... ) del corpo originario . Si trattava , e ancor oggi si tratta , di eseguire un vero e proprio bilancio teorico della dottrina marxista che , partendo da basi essenzialmente scientifiche e realistiche , collo scartare cioè tutto ciò che è in contraddizione coi fatti , o in contraddizione col generico indirizzo del partito e del movimento socialista , ci dicesse ciò che è vivo e ciò che è morto del marxismo . Tra l ' altro si verificò anche questo : che il partito , mentre rimaneva tenacemente attaccato alle vecchie tavole , si andava profondamente modificando , specie in ordine ai metodi della lotta . E , al pari del pigro imbianchino che applica il nuovo colore sul vecchio , cosicché avviene che questo , a distanza di tempo , intorbidi quello , così molti socialisti italiani , anziché riconoscere coraggiosamente che , dopo le numerosissime critiche anche da loro personalmente ed acutamente avanzate , meglio valeva far punto e da capo , rinunziando al biglietto d ' ingresso nel tempio marxista , si accontentarono di riverniciare a nuovo le pareti , di mutarne le porte e l ' impiantito . Infatti , dopo aver preso atto delle svariate e profondissime critiche che scalzavano sin dalle basi alcuni degli antichi principi , ci si continuò bellamente a professare marxisti , conchiudendo con un atto di fede ( segno troppo spesso di volgare pigrizia intellettuale ) ciò che doveva essere un atteggiamento fondato sulla pura ragione . Intanto la tara a peso lordo dell ' originaria dottrina , tara sempre sottintesa e mai dichiarata apertamente , venne facendosi sempre più imponente e radicale ; la scatola rimaneva e il contenuto scompariva lentamente . Lo spazio per un articolo è così breve , che io non mi propongo davvero di tentare un cotesto bilancio ; mi limiterò a darne sinteticamente i risultati , quei risultati meno contrastati e per nulla originali , che ognuno avrà agio di controllare personalmente , anche senza uscire dalla collezione della « Critica sociale » . Alla definitiva condanna della teoria del valore doveva seguire quella delle « crisi » , della « miseria crescente » , dell ' « accentramento capitalistico » , della « scomparsa delle classi medie » , della « dittatura del proletariato » , del troppo radicale « internazionalismo » , della « funzione della violenza » . In una parola : si respingeva tutto ciò che costituiva la parte positiva del socialismo marxista , un po ' frutto delle tendenze dell ' epoca , un po ' infelicissimo frutto della dialettica hegeliana , e una notevole parte del lato negativo in ordine alla critica della economia capitalistica . Si veniva così chiaramente delineando una distinzione tra l ' opera del Marx scienziato e l ' opera del Marx uomo di parte , di fede e di passione . Che cosa dunque rimaneva ? Io direi che rimanevano pressoché intatti i due caposaldi del pensiero marxista , i due piloni centrali : materialismo storico e lotta di classe . Questo è il monumento imperituro eretto alla memoria di Carlo Marx , anche se sono da rigettarsi la troppo larga estensione da lui data alla teoria ed alcune tendenze troppo piattamente materialistiche , per lo meno nelle espressioni usate . Ma nel frattempo , dal '73 al '923 , è intervenuto un fatto nuovo e rivoluzionatore . Tanto la teoria economica della storia , quanto la teoria della lotta di classe ( la quale in realtà non costituisce che un addentellato importantissimo della prima ) facevano , più o meno integralmente , più o meno chiaramente , il loro ingresso nel campo scientifico , indipendentemente da partiti e da chiese ; venivano sempre più considerati quali valori obbiettivi acquisiti alla coscienza moderna . Si può essere marxisti senza essere socialisti Liberali e nazionalisti , in parte gli stessi cattolici , già riconoscono il fatto lotta di classe e la verità del materialismo storico , sia pure con la limitazione crociana di canone di interpretazione ; filosofi idealisti , come il Croce , che così grande influsso ebbe ad esercitare sulla cultura italiana , furono tra i primi a riconoscere il grande valore del marxismo ; la nuova scuola storica , la cosiddetta scuola economico - giuridica , che annovera tra i suoi maggiori il Volpe ed il Salvemini , accetta questi due elementi del pensiero marxista come principi fondamentali di metodo storico . Basta d ' altronde aprire un giornale , sfogliare una rivista , intrattenersi con uno studioso di scienze sociali , intervistare il man in the street , per convincersi che molto sangue di Marx si è silenziosamente trasfuso nel cuore degli stessi più acerrimi nemici delle dottrine di lui . Quale trionfo più grandioso poteva attendersi da un ' opera affidata alle speranze di una classe insorgente , in scritti frammentari e troppo spesso contraddittori ? Ma con ciò non è detto che oggi l ' essere marxisti voglia dire essere socialisti . Il fatto che scrittori conservatori come il Pareto , dotato di profondo spirito critico , abbiano potuto accettare questa parte della dottrina marxista , conferma a chiare note che si può essere marxisti senza essere socialisti . Questo mi sembra un punto fondamentale sul quale è necessario insistere sino alla noia . Quello che di veramente positivo in senso socialista conteneva il pensiero marxista è unanimemente rigettato , o perché in troppo stridente contraddizione con la realtà , o perché in urto con le nuove tendenze liberali democratiche ; ma nessuno pensò di compiere questa elementare operazione di sottrazione e di interpretazione del risultato . Il marxismo ci appare oggi più come un principio metodico per l ' interpretazione della storia , che una vera e propria filosofia dell ' azione operaia . Principio metodico sempre più universalmente accettato quale verità obbiettiva . Ora è il caso di domandarsi : v ' è qualcuno che , parlando di geometria o di fisica , si professi seguace di Euclide o di Archimede , anche se diverse possono essere le opinioni sulla importanza relativa e sull ' originalità del loro contributo alla scienza ? Quelli stessi che sostengono la grandiosità del contributo non sentono davvero la necessità di assumere una tale etichetta . Perché la etichetta mi si passi la metafora serve generalmente a denotare una posizione di battaglia in difesa di principi cui siano contrapposti principi diversi , senza che sia possibile stabilire per il momento da qual lato stiano verità e ragione . Così oggi abbiamo i seguaci e gli oppositori di Einstein , ma non quelli di Galileo ; e il giorno in cui le affermazioni einsteiniane risultassero pienamente accertate , la scuola tramonterà e non vorrà richiamarsi al suo nome , che più non sarà simbolo di lotta e di divisione . Essere marxisti , oggi , non esprime dunque gran che , salvo che non si tratti di designare con quel nome quei socialisti , abbastanza numerosi tuttora , che di Marx assumono dogmaticamente verità ed errori , o che ne deformano l ' interpretazione riducendo tutta la sua filosofia della storia ad un volgare determinismo . V ' è infine un lato della questione , riguardante da presso i socialisti gradualisti , che rafforza grandemente questa tesi . I socialisti gradualisti e democratici sono in profondo contrasto con tutto lo spirito informatore dell ' opera marxistica . Per quanti tentativi di conciliazione si possano fare , la dimostrazione del contrario non è stata mai data né mai potrà darsi . Ma , se anche si riuscisse , attraverso inutili sforzi dialettici , a provare che il Marx fu in sostanza un socialista democratico e liberale e che il marxismo , nella sua parte positiva e socialistica , in nulla vi contrasta , allora davvero potremmo a buon diritto dire : poi che nel marxismo tutto è compreso , rivoluzionarismo e riformismo , materialismo e idealismo , dittatura e democrazia , liberalismo e tirannia , inutile riferirsi al marxismo ! Meglio , mille volte meglio , un sano empirismo all ' inglese piuttosto che questo cieco e tortuoso dogmatismo . Da tutto ciò balza evidente ed imperiosa la conclusione , che intanto non ha senso l ' affermazione essere il partito socialista un partito marxista , poi che il marxismo , per concorde riconoscimento , nel suo valore reale ed attuale non solo è diventato , o è sulla via di diventare , patrimonio universale , ma non indica neppure alcuna tendenza precisa in ordine al fine ed al metodo . E , se questo è vero , concesso che ad un partito non spetta mai l ' opera dello storico ma piuttosto quella di fare la storia , preparandone ed elaborandone la materia prima , risulta chiaro che i principî marxistici , fondamento essenziale per l ' interpretazione delle umane vicende , hanno da passare e passano automaticamente in seconda linea quando si tratti di agire in concreto e di assumere decisioni positive in ordine a problemi , che son diversi da paese a paese , e rapidamente mutevoli nel tempo . Esistono d ' altronde alcune cause , in parte costanti e in parte contingenti , che consigliano l ' abbandono di questa tendenza dogmatica del partito , di questa spesso inconscia ma continua subordinazione dell ' azione concreta d ' un movimento di masse ad una rigida teoria . Un partito ha bisogno di un grado estremo di elasticità , di una grande libertà di atteggiamenti , anche se è necessario che mantenga una chiara e coerente linea di condotta nel tempo . Un partito legato ad un corpo rigido di dottrine finisce per appesantirsi , per muoversi con una lentezza esasperante , sì che , attaccato da una tribù di veloci predatori , risponde a destra quando già l ' attacco si è spostato a sinistra . Questa immagine si presentò chiara alla mente dell ' osservatore , soprattutto nel dopo guerra , in ordine a due serie di avvenimenti : rivoluzione russa e lotta tra fascisti e socialisti . Si è dimostrato , con una meravigliosa abbondanza di citazioni , che la rivoluzione russa è in flagrante contraddizione con le previsioni del marxismo , e si è preteso dedurne che era vano attendere che in Russia si consolidasse il regime comunistico . Effettivamente la rivoluzione russa si è ribellata alle formule marxistiche , in quanto è scoppiata in un paese di civiltà arretrata e in un periodo in cui non c ' era certo sovrapproduzione . Ma se pure eran chiare ( e più son chiare oggi ) le ragioni per cui il comunismo integrale dei primi anni doveva fatalmente tramontare , è tuttavia certo che restano sempre da compiersi , nel solco di quella rivoluzione , sforzi utilissimi in senso socialista . Perché in certi momenti occorre accettare le condizioni ambientali nelle quali , per eventi difficilmente prevedibili e regolabili , ci si è venuti a trovare . L ' importante , dal punto di vista riformista , non sta nel differenziarsi in ordine alla interpretazione del fenomeno , prendendo atto via via nel caso citato della liquidazione fallimentare della rivoluzione e producendo le prove del sorgere del nuovo spirito capitalistico nella Repubblica dei Soviet , per concludere infine con un inno al marxismo ; ma nel differenziarsi chiaramente in ordine ad un fatto fondamentale : la dittatura che imperversa in Russia , l ' assenza di un regime democratico e liberale , senza peraltro mai dimenticare quelle che possono essere state le dolorose necessità storiche di un moto rivoluzionario in un paese come la Russia . Nel giudizio e nell ' atteggiamento riformista rispetto alla rivoluzione russa , la troppo stretta aderenza alle formule marxiste ha fatto sì che si condannasse aprioristicamente , quasi prima che nascesse , un fenomeno che conteneva e contiene tuttora in sé maravigliosi germi di vita e di rinnovamento . Dichiaro francamente che sarei felicissimo che le formule marxistiche risultassero erronee , purché la rivoluzione russa conducesse alla stabilizzazione di un regime gradualmente socialista . Riconosco che le probabilità attuali sono limitatissime ; ma il compito d ' un socialista sta non nel sabotare quel piccolo fattore di probabilità , ma al contrario , nel rafforzarlo . Il secondo avvenimento che dimostrò l ' impotenza socialista anche dal lato intellettuale fu la lotta tra fascisti e socialisti . Non si creda , per carità , che voglia arrecare a conforto della mia tesi il camaleontismo di Mussolini e dei suoi seguaci . Ma , tutto sommato , sembra che , tra quel camaleontismo e la rigidezza , la cecità , l ' abulica mummificazione serratiana , v ' era e v ' è tuttora la possibilità di un atteggiamento intermedio . Mentre gli uni pestavano , gli altri ( non tutti , s ' intende , per fortuna ) strillavano che non v ' era nulla da fare , che eravamo di fronte ad un fenomeno internazionale , ad una crisi fisiologica propria del mondo capitalistico , quasi che la disfatta risultasse in tal modo più onorevole e meno dolorosa , e come se in qualche Stato cotesta reazione non avesse dovuto avere il suo inizio isolato . Nell ' atteggiamento di molti socialisti , tra il 1919 e il 1922 , era troppo chiara l ' influenza di quel fatalismo cosiddetto marxista , che deriva da una erronea , per quanto spiegabilissima , interpretazione degli scritti più conosciuti di Marx . Sarebbe facile continuare coll ' esemplificazione ; ma è tempo di stringere le fila del discorso . Erronea funzione del marxismo in seno al movimento socialista L ' errore fu di assumere il marxismo a termine comune di partenza , di paragone , di arrivo . Si finì per muoversi in un campo intellettualmente chiuso . Tutto era orientato in un unico senso ; tutte le discussioni teoriche concludevano fatalmente con una interpretazione dell ' opera marxista . Ogni controversia , ogni questione , per quanto estranea all ' originario corpo dottrinale , ogni fatto , financo , che si ribellasse alle linee prevedute e volute dell ' evoluzione , veniva riportato , a forza di dialettica , nell ' angusto quadrato della teoria , o condannato e trascurato senz ' altro . Insensibilmente si andò creando una scuola e , più che una scuola , una setta , con una sua logica , disciplina , dialettica , munita del divino specifico buono per tutti i casi e che stava di casa nei cinque o sei volumi , editi dal1' « Avanti ! » , delle opere di Marx e di Engels . Una setta che ad ogni costo voleva ospitare nell ' antico edificio le nuove tendenze assolutamente inconciliabili con le antiche , che contorceva la realtà pur di collocarla nel gran quadro teorico . Una nuova Chiesa , insomma , colla sua pattuglia di filosofi scolastici , solo preoccupati di salvare la forma e il metodo a dispetto della sostanza . Nei congressi , anche nei periodi più dolorosi , anche sotto la sferza dei colpi e delle vittorie fasciste , non ci si batteva , no , sulle questioni concrete e veramente essenziali , a colpi di dati , di cifre , di fatti , ma a forza di citazioni , di interpretazioni , di sforzi esegetici . Si rileggano i discorsi tenuti nei congressi di Bologna , di Livorno , di Milano , e in tutti gli altri congressi prebellici . Libero scambio , suffragio universale , educazione popolare , sindacati , cooperative , politica estera in genere , problemi vitali che occorreva esaminare e risolvere con spirito realistico , strettamente adeguando l ' azione del partito a quelli che sono i concreti bisogni di una particolare collettività in un determinato momento storico , finirono per essere regolarmente trascurati , o semplicisticamente esaminati e risolti alla luce esclusiva dei principi marxistici . Si dimenticarono così il Mezzogiorno e troppi centri rurali ; la politica socialista fu talvolta la politica dei gruppi operai del Settentrione ; e ciò manifestamente anche per l ' influsso di ragioni teoriche . Era chiaro che , una volta che il socialismo poteva svilupparsi solo nei centri di avanzata civiltà capitalistica , e che tale civiltà capitalistica era una tappa necessaria nella evoluzione dei popoli , l ' unica politica era quella delle braccia incrociate . E intanto gli altri partiti , e il popolare in ispecie , mietevano . E il problema morale ? Non venne forse egualmente trascurato , direi anzi colposamente ignorato ? E quei pochi , in genere riformisti , che attivamente si adoprarono in tal senso , sanno quanto dovettero faticare per trionfare quando trionfarono della generale apatia . Col sorgere di questa nuova Chiesa , coi suoi miti , colle sue formule , coi suoi martiri , col suo profeta , anche gli individui più autonomi , dotati d ' ingegno originale e costruttivo e che in una atmosfera di libertà reale avrebbero potuto darci opere rivoluzionatrici , furono attratti nell ' atmosfera viziosa del dogma e della sua interpretazione , sì che , a forza di aggirarsi nella morta gora e di battagliare intorno alla prefazione del Per la critica dell ' economia politica e al Manifesto dei Comunisti , vennero progressivamente perdendo la loro originaria capacità . Molti si allontanarono dal movimento , altri si trassero in disparte . I giovani ebbero l ' impressione che l ' ingresso nel partito significasse indossare una terribile cappa di piombo annichilente ogni personalità , una preventiva rinunzia a qualunque libertà spirituale , il divieto di orientarsi verso direzioni nuove . L ' imposizione , in una parola , di un ritmo obbligato di pensiero e di azione . Ed oggi , nel nuovo partito , le cose sono veramente mutate ? Il marxismo occupa ufficialmente la posizione antica ? Dalla tessera , dove è riprodotto il programma del 1892 , quando ancora il revisionismo era di là da venire , e Bebel e Kautsky erano i capi spirituali del movimento socialista mondiale , e dal fatto che gli uomini che dirigono attualmente il movimento appartennero tutti al vecchio partito , dovremmo giudicare che nulla vi è di mutato , che nulla si vuol mutare ? Spero di no , credo di no ! Certo però che un legittimo dubbio rimane sino a che non ci si pronunzierà chiaramente intorno a queste questioni . Il fatto che i riformisti abbiano dovuto combattere tante e così aspre battaglie contro i loro colleghi massimal - comunisti per ottenere il diritto alla critica , il fatto che abbiano tanto insistito per porre in rilievo il nome del nuovo partito ( Unitario ) , affermando sin dall ' inizio di voler rispettare ed accogliere le frazioni dissidenti purché concordi genericamente , sono tutti sintomi confortanti . La stessa « Critica » da qualche mese a questa parte ha aperto largamente le sue colonne agli eretici . Ancora uno sforzo , un deciso mutamento di rotta in senso schiettamente liberale , e si potrà confidare nelle possibilità di un domani non lontano . In un articolo recente il Weiss si è dichiarato recisamente contrario alla vecchia politica dei blocchi per la libertà . Non ho capito bene se la critica voleva essere solo di metodo ( blocco ) o anche di fine ( lotta per la libertà ) . L ' articolista si augurava che un nuovo periodo revisionistico , serio e coraggioso , volto soprattutto alla formulazione di un programma minimo , si inaugurasse nel partito unitario . Ora io ritengo che le possibilità revisionistiche siano in relazione strettissima coll ' atmosfera di libertà intellettuale in seno al partito . Si tratta pur sempre di un problema di libertà , del trionfo cioè del metodo liberale , sia all ' interno che all ' esterno del partito . Quando all ' atteggiamento dogmatico succede l ' atteggiamento critico , il rinnovamento è già in atto . Sarebbe invece inutile voler accingersi alla compilazione di minuziosi ed elaborati programmi concreti , certamente indispensabili , come propone il Weiss , quando fa difetto quel largo spinto liberale cui sopra accennavo . Non occorre dunque trasformarsi tutti in accaniti volontaristi , o in empirici all ' inglese , o proporsi di creare una nuova filosofia ufficiale dell ' azione operaia . Che ognuno sia veramente libero , una volta che abbia genericamente accettati i metodi e gli scopi del partito , di pensare a suo modo . E , perché ciò avvenga ( ecco il punto ! ) e perché non si tratti di una frase retorica , occorre che il partito smetta le vecchie vesti , rifiuti la vecchia etichetta , sia non socialista marxista , ma semplicemente socialista . Si parla tanto della necessità di rinvigorirne le file coll ' immissione di nuovo sangue giovanile , e sono certo che ai discorsi corrisponde un desiderio preciso . Né mancano per fortuna , in vari centri , gruppi di giovani desiderosi di far confluire in un movimento di masse le loro aspirazioni ideali e la loro volontà di azione . Molti di essi fecero capo un giorno ai gruppi cosiddetti « salveminiani » ; oggi vivono in uno sdegnoso e fiero isolamento , tenacissimi avversari dei vincitori . Bisogna conquistarsi la simpatia di cotesti gruppi . Per quanto in numero limitato , essi costituiscono una grande forza in un paese così povero di élites come il nostro . Sono frequentemente sulla grande linea del pensiero democratico - socialista , ma ognuno ha il suo particolare carattere e , se volete , la sua particolare eresia . Non basta dir loro : entrate liberamente . Occorre , in un certo senso , andar loro incontro , dimostrando che l ' ambiente , l ' atmosfera , è radicalmente e definitivamente mutata . Non basta correggere la intestazione degli articoli di fondo , o il testo degli ordini del giorno nei comizi e in Parlamento , ma bisogna dimostrare che il cambiamento è avvenuto negli spiriti , nelle coscienze , che una diversa , più critica visione della vita e della lotta politica è subentrata . Basta coi dogmi , con le frasi fatte , con le vecchie formule . Mentre i marosi incalzano da ogni parte e il navicello traballa , una ferma volontà di sottoporsi ancora una volta al vaglio crivellatore della critica , di rivedere tanti postulati che sembrano intangibili , di fare un processo al passato onde evitare i medesimi errori per l ' avvenire , sarebbe prova di profondo rinnovamento .
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Il 7 novembre 1917 il piccolo nucleo dei rivoluzionari bolscevichi 2.000 in tutta la Russia riusciva con audacissima azione a impadronirsi del potere nel più grande Stato unitario della terra . Gli spalancò la via non tanto la forza delle armi , quanto il crollo del vecchio apparato statale zarista avvenuto nel marzo e l ' ansia di pace e di terra dei contadini soldati . È probabile che i bolscevichi fossero all ' epoca più gli interpreti che i creatori di una situazione . Ma essi seppero antivedere la direzione dell ' onda sociale formidabile che tutti poteva travolgere sul suo cammino , loro eccettuati ; loro che appunto in ragione di quella audacia riuscirono a riordinare le acque sconvolte , anzi a così solidamente arginarle da impedire anche le più lievi increspature . Sotto la dittatura grandi cose furono compiute in questi diciassette anni . Spezzata la controrivoluzione , spodestato il profitto e vinta la fame terribile degli inizi si costruì una grande industria di stato , si collettivizzarono le campagne , si educarono diecine di milioni di giovani . La stabilità insolente del regime sovietico , comunque si voglia giudicarlo , umilia il mondo borghese . Esso fornisce l ' alternativa , costituisce una sfida . E l ' alternativa , la sfida , la dialettica , dei principi e delle esperienze , furono e saranno sempre sorgenti di liberazione e di perfezionamento . Ma si attuò il socialismo ? Neppure i bolscevichi osano sostenerlo . La loro pretesa è che la via sulla quale si sono messi è la via buona , anzi l ' unica via che porti al socialismo . Si può discutere : non già perché la via sia durissima , ma perché troppo spesso costringe a marciare in una direzione contraria alle méta . Il socialismo non è dittatura , non è iper - Stato , non ammette il freddo sacrificio di più generazioni d ' uomini a piani imposti dall ' alto ; soprattutto non si concilia con l ' obbedienza passiva dei più . Nel migliore dei casi bisogna ammettere che si è ancora lontani , molto lontani dal socialismo in Russia . Il socialismo fu sempre concepito come l ' attuazione integrale del principio di libertà , come umanesimo totale . La violenza , le terribili discipline , le socializzazioni , i piani , si presentano , nei confronti del socialismo , come dei mezzi , alcuni indispensabili , altri discutibili , ma pur sempre dei mezzi da porsi al servizio dell ' uomo . Che cosa è allora un socialismo senza libertà , uno Stato socialista che non può vivere se non eternando la dittatura ? È un socialismo che dalle cose non è ancora passato nelle coscienze , che anzi per rivoluzionare le cose è costretto ad opprimere le coscienze : è uno Stato che , pur proponendosi di liberarla , schiaccia la società . Ecco perché noi , pur riconoscendo che la rivoluzione di ottobre di cui la Russia celebra in questi giorni l ' anniversario , è un evento che apre una epoca nuova nella storia dell ' umanità , pur affermando che la caduta del regime sovietico costituirebbe una tremenda jattura che dobbiamo concorrere ad evitare , e che la sua esperienza è decisiva per tutti i movimenti rivoluzionari , noi non riusciamo ad esaltarci nel ricordo esclusivo di Ottobre . Ciò che ci esalta , ciò che profondamente sentiamo , è invece la grande epopea della Rivoluzione Russa . Chi abbatté lo zarismo ? Chi ne minò le fondamenta morali e politiche ? Chi fece del proletariato di Mosca e di Pietroburgo l ' avanguardia della classe operaia mondiale ? Chi portò tra i contadini la speranza in un Millennio che dai cieli dei Popi si trasferiva sulle terre di questa terra ? Chi ? Il partito bolscevico ? È troppo poco . I bolscevichi raccolsero per tutti : forse era fatale che fosse così . Ma quanti prima di loro , con loro e anche dopo di loro , oggi dimenticati e magari diffamati , lavorarono e morirono per la Rivoluzione Russa ? Decembristi che col loro martirio provarono l ' utopia di una trasformazione liberale dell ' impero ; santi maledetti che si levarono soli , tra l ' indifferenza e l ' ostilità universali , a predicare il nuovo verbo , morendo negli esilii e nelle galere ; Herzen che da Londra faceva giungere il suono della sua Campana nella patria lontana , finché anche quel suono non fu più ascoltato ; Bakunin , cavaliere errante della rivoluzione ; Netchaieff e la lunga tragica serie dei terroristi impiccati , tra cui il fratello di Lenin , o seppelliti per venti anni consecutivi in galera , come la Figner ; la stupenda fioritura di scrittori che alla rivoluzione portarono il fermento e la consacrazione dell ' arte ; le migliaia di giovani che rinunciarono alla loro classe per « andare al popolo » ; gli operai , affratellati con gli intellettuali nei circoli segreti , che dopo il 1900 trascineranno la massa in epici scioperi , che nel 1905 si drizzeranno in piedi e saranno schiacciati , ma che proseguiranno la lotta e nel 1917 vivranno la breve illusione di una liberazione gioiosa e poi , a ottobre , dovranno rassegnarsi a recare un ordine duro e terribile nel caos minacciante affinché tutto non andasse perduto e tre generazioni di giovani non si fossero sacrificate invano . Tutto questo e molto più di questo è la Rivoluzione Russa . È questa Rivoluzione che noi vogliamo ricordata , che noi esaltiamo , non già in contrapposto alla rivoluzione di ottobre , ma oltre , più in alto di Ottobre , perché in essa , negli uomini e nei movimenti che la prepararono e la condussero a un primo inizio ritroviamo i nostri maestri e i motivi fondamentali che ci animano nella lotta . Siamo consapevoli della difficoltà , della complessità del nostro atteggiamento di fronte alla Russia Sovietica . Più semplice sarebbe esaltarla senza riserve , come fanno i comunisti . L ' adesione totale consente loro di appoggiarsi a uno Stato , assicura loro un grande potere di attrazione e di propaganda . Il loro programma , straordinariamente concreto , si riassume in una frase : fare altrove , fare in Italia ciò che fu fatto , ciò che si fa in Russia . Mai dei rivoluzionari furono tanto convincenti e realisti . Ma possono i rivoluzionari , nella fase di attacco , aderire senza discriminazioni , senza critiche a un ordine positivo e limitato così lontano dall ' ideale a cui si richiamano , a un ordine ancora fonte di tante ingiustizie ed errori ; a uno Stato , a una politica , a una diplomazia , a una ragion di Stato ? Porre la questione è risolverla . I rivoluzionari non possono fare della politica nel senso ordinario della parola ; non possono transigere sui principi e chiuder gli occhi sui mali esistenti . La forza di rovesciare un mondo , più che dalle esperienze positive altrui , viene dalla visione di un mondo ideale . Se quel mondo ideale lo si identifica in un mondo esistente e imperfetto , il potenziale rivoluzionario è destinato a cadere . Fare la rivoluzione russa in Italia ? Ma l 'U.R.S.S . è uno Stato che milioni di persone hanno visitato in lungo e in largo , toccando con mano pregi e difetti , grandezze e miserie . Dopo diciassette anni di esistenza , l 'U.R.S.S . non è più un ideale . Costituisce tutt ' al più un mito per le folle incolte e sofferenti , e un incoraggiamento per noi . Difatti Mussolini autorizza tranquillamente le edizioni italiane dei discorsi di Stalin , le storie del bolscevismo , la Vita di Trotzky , mentre i funzionari fascisti posano a filobolscevichi . Leviamoci dunque l ' illusione che si possa fare in Italia la copia , sia pure riveduta e corretta , della rivoluzione di ottobre . Nella storia del nostro paese , il giacobinismo fornisce già un esemplare infelice di rivoluzione ricalcata . La rivoluzione italiana provvederà per vie sue , secondo le necessità e le lotte italiane ed europee . La Russia , con la quale si stabiliranno certo rapporti fraterni , sarà per noi non un punto di arrivo ma di partenza ; sarà soprattutto un capitale di preziose esperienze . Sia ben chiaro che siamo mossi a dir questo non da una ridicola ambizione provinciale , da una assurda riedizione del mito del Primato italiano ; ma dal convincimento della originalità irriducibile di ogni rivoluzione e della necessaria autonomia della coscienza rivoluzionaria , la quale esige rottura integrale con ciò che è in nome di ciò che deve essere . Nel « deve essere » la Ceka , le masse deportate , i casi , piccoli o grandi che siano , Trotzky , Serge , Petrini , la meccanica dittatoriale , l ' oppressione burocratica , non rientrano . L ' imperativo categorico non si lascia mettere al condizionale . I comunisti , aderendo completamente alla realtà russa attuale , alienano senza avvedersene la loro spontaneità rivoluzionaria ; costretti a preoccuparsi più di riscuotere la fiducia di Mosca che la fiducia dell ' Italia , non riescono a dire una parola nuova e fresca ai giovani . Quanti tra loro sentono l ' assurdo di una lotta contro la dittatura fascista condotta in nome di un ' altra , anche se diversissima , dittatura ! Quanti vorrebbero spezzare il rigido quadro teorico e pratico per ristabilire un contatto semplice e umano coi fatti , con la realtà italiana , con la stessa realtà russa ! Ma non possono . L ' ostracismo che li minaccia , quando non ne fa dei ribelli , li piega . Tuttavia noi non sappiamo essere esclusivi ; non pretendiamo di possedere il monopolio del vero . Riconosciamo che l ' immensità della esperienza in corso nella Russia rende probabilmente inevitabile l ' esistenza di un forte partito comunista in Italia ; riconosciamo che esso si è battuto in questi anni con grande coraggio . Ma sosteniamo la necessità assoluta dell ' esistenza di un ' altra corrente rivoluzionaria , più aderente alla storia , alle esperienze , ai bisogni italiani e più libera nei suoi atteggiamenti verso la Russia . Non è detto che le due correnti debbano combattersi . Nell ' ora dell ' attacco marceranno unite .
StampaPeriodica ,
Borghese o proletario il nostro movimento ? Borghese assolutamente no . L ' antiborghesismo non è in noi una civetteria verbale non siamo di quelli che hanno paura delle parole ; è la conseguenza di una meditata e definitiva condanna dell ' ordine , dell ' economia , degli istituti , della morale borghese . Croce ed Einaudi hanno un bell ' ammonirci che la borghesia è un falso concetto e che la classe non esiste ; noi la borghesia italiana la ritroviamo con nettissima intuizione di classe attorno al fascismo . Questa borghesia , in Italia e in Europa , la sentiamo e la vogliamo condannata . I suoi diritti sono privilegi . Le sue libertà si risolvono in soprusi . Il fatto che essa non riesca ormai più a governare quasi dovunque che con la forza brutale , sollevando ribellioni formidabili che per la prima volta non si innestano su una guerra perduta , dimostra che come classe dirigente è finita . Siamo allora un movimento proletario ? Se « movimento proletario » significa movimento che identifica la sua causa con quella della emancipazione umana , con la causa degli operai , dei contadini , dei lavoratori di ogni razza e paese materialmente sfruttati e moralmente umiliati , la risposta è categorica : sì , G.L. è un movimento proletario . G.L. non sarà mai dall ' altra parte della barricata qualunque possano essere gli errori e le debolezze che si commetteranno da questa parte delle barricate . La questione , prima ancora che di principio , è di destino , di elezione . Siamo con la classe lavoratrice ; i nemici della classe lavoratrice sono i nostri nemici ; le vittorie della classe lavoratrice sono le nostre vittorie . Se fossimo demagoghi o dittatori scriveremmo addirittura che siamo la classe lavoratrice . Ma noi sappiamo che classe lavoratrice vuol dire milioni e milioni di uomini che se oggi sono ridotti a servitù domani si libereranno , cioè svilupperanno innumeri energie libere . Nessuna ipoteca , quindi , e nessuna esclusiva rappresentanza . Se invece « movimento proletario » dovesse significare , come spesso oggi significa , movimento di classe degli operai industriali , degli operai manuali delle città e delle grandi fabbriche , con le appendici secondarie e disprezzate dei contadini , piccoli borghesi e intellettuali , rispondiamo : no . In questo senso G.L. non è , né tiene ad essere un movimento proletario . Non già perché disconosca che i lavoratori delle fabbriche costituiscono la frazione più forte , più preparata del proletariato , la più aperta agli ideali socialisti . Ma perché i lavoratori delle fabbriche costituiscono in ogni paese , e in Italia particolarmente , una minoranza , e neppure la più oppressa ; una minoranza il cui peso relativo tende a diminuire anziché ad aumentare per il crescere dei ceti medi e piccolo borghesi ; una minoranza assolutamente incapace da sola di rovesciare l ' ordine borghese o anche solo di fare fronte vittoriosamente alla reazione fascista . La storia del dopo guerra , la crisi , i fascismi offrono in materia testimonianze decisive . Un movimento proletario moderno deve , pena l ' impotenza , mettere accanto agli operai , sullo stesso piano degli operai , senza gerarchie assurde e intollerabili , tutte le altre categorie di lavoratori . Il socialismo , sino ad ora concepito come il patrimonio ideale di una classe eletta , la classe degli operai dell ' industria , a cui spetterebbe il vanto di realizzarlo , si deve concepire come il patrimonio ideale di tutti gli uomini . Ogni uomo , operaio , contadino , artigiano , impiegato , professionista che sia deve essere messo in grado di partecipare alla lotta su piede di perfetta eguaglianza ; deve sentire che il socialismo non significa per lui in nessun caso una decadenza , una diminuzione ( la famosa proletarizzazione preventiva ! ) , ma la estrinsecazione di tutto il suo potenziale umano . Nella fase storica che attraversiamo , la fase del fascismo , delle guerre imperialistiche e della decadenza capitalistica , le analisi spettrali del marxismo non servono gran che . La storia ha sconvolto le sapienti catalogazioni e procede a sbalzi , con tagli netti e frane gigantesche . In quanti paesi non si è visto il movimento operaio funzionare da forza conservatrice , mentre i movimenti piccolo borghesi ricorrevano alla violenza e coi disoccupati , nuovo proletariato squalificato , passavano alla reazione ? Bando perciò alla scolastica per attenersi all ' essenziale . Quando un mondo decade e la materia sociale diventa incandescente , le valvole sociologiche saltano . Da una parte i rivoluzionari , i sovvertitori , quelli che l ' Ufficio stampa chiama i « sobillatori » , riuniti secondo affinità semplici ma fondamentali ; dall ' altra i conservatori , i profittatori dell ' ordine attuale . La rivoluzione non deve più reclutare chiedendo : sei tu proletario ? Credi al materialismo storico ? Riconosci in Marx il tuo Dio e in Lenin ( o in Jaurès ) il tuo profeta ? Vuoi la tessera A . , B . , C . ? Deve chiedere : credi che il mondo possa continuare a marciare sulla testa anziché sulle gambe ? Non ti pare che all ' uomo potrebbe assegnarsi un compito più interessante di quello di servire il profittatore , lo Stato e i generali ? Una civiltà che ti dà l ' ordine fascista e un nuovo macello in vista non equivale a una nuova barbarie che bisogna combattere su tutti i fronti e con tutte le armi ?
POPOLO NON MASSE ( ROSSELLI CARLO , 1934 )
StampaPeriodica ,
La critica più frequente che viene rivolta al nostro movimento è di non fare sufficiente assegnamento sulle « masse » , di dare nell ' azione antifascista più peso alle minoranze audaci e combattive che al popolo lavoratore . Di qui l ' accusa d ' individualismo , di volontarismo romantico , di culto dell ' eroismo ecc . Definiamo innanzi tutto la parola « masse » . Esiste un primo significato generico e apolitico per il quale le masse sono semplicemente il grosso della popolazione di un paese qualunque sia il suo sistema sociale , il suo livello di vita e di educazione , il rapporto interno tra le classi . Masse tedesche , sovietiche , francesi , americane . Evidentemente non è questo significato che c ' interessa . Esiste poi un secondo significato della parola masse , specifico , differenziato , politico , per il quale per masse si intende la classe più numerosa e produttiva della società , la classe lavoratrice , nelle sue frazioni politicamente più attive e organizzate . Masse sono , nei paesi liberi o relativamente tali , quelle centinaia di migliaia , quei milioni di lavoratori che avendo senso di dignità e di libertà partecipano alla lotta politica attraverso i partiti , i sindacati e le varie organizzazioni a larga base . Nei momenti più intensi della vita politica , a queste masse di militanti si aggiungono masse anche più vaste di simpatizzanti che votano , partecipano alle agitazioni , ai comizi ecc . Le masse francesi sono , per esempio , oggi particolarmente attive e assommano certamente a qualche milione . In base a questa definizione , è facile vedere come non sia possibile parlare di masse attive , nel senso politico della parola , e di lavoro di massa nei paesi a dittatura fascista . La dittatura fascista ha distrutto le organizzazioni politiche ed economiche della classe operaia togliendo a questa ogni libertà e diritto e ha intruppato gli operai nelle sue organizzazioni che hanno lo scopo d ' impedire , sistematicamente , ogni vita politica delle masse . I lavoratori , paralizzati dalla miseria , ricattati dalla disoccupazione , oppressi dal terrore legale , controllati sul lavoro e fuori del lavoro , messi in una quasi materiale impossibilità di formarsi politicamente , sono ridotti a vivere in uno stato di passività di cui il fascismo profitta per le sue parate militaresche sportive . Nei paesi fascisti la classe lavoratrice non vive più come classe , non ha più autonomia né coscienza di classe . È inerte . Dalla massa , nel senso politico , si è tornati alla massa nel senso numerico e amorfo . Questa è la realtà delle cose in Italia e in Germania , la realtà da cui noi i romantici prendiamo le mosse ; non già beninteso per accettarla , ma per modificarla . Perché , infatti , lottiamo ? Appunto perché vogliamo che le masse si muovano liberamente , si emancipino dalle tutele e dalle oppressioni capitalistiche dittatoriali , possano vivere politicamente , cioè si compongano di uomini liberi , autonomi , fieri , raccolti in libere associazioni . Ma altro è lottare , come noi facciamo , con la classe lavoratrice perché si emancipi materialmente e moralmente e si affermi nella vita politica attraverso una storica lotta rivoluzionaria , e altro è dire che le masse sono in Italia già poste in movimento . Altro è dire che il fine è di mettere in movimento le masse , e altro è dire che si può svolgere oggi una vera azione di masse . Allo stato attuale delle cose in Italia , noi sosteniamo che la sola azione fondamentale che si riesca a condurre è un ' azione di nuclei ristretti , di minoranze attive e battagliere che si dànno come compito essenziale quello di educare i quadri per la lotta rivoluzionaria , di attaccare nei punti più deboli il nemico , e soprattutto di tenersi pronti per utilizzare con la massima rapidità e decisione le circostanze favorevoli che prima o poi necessariamente si presenteranno . In sostanza , noi ci prepariamo per la crisi inevitabile , per la crisi che cerchiamo di precipitare e di ingigantire . Le grandi masse quando è che si metteranno in movimento ? Quando la crisi scoppierà . Vale a dire quando si riuscirà a spezzare o a disgregare il formidabile meccanismo oppressivo che imprigiona le masse . Il lavoro decisivo di massa lo potremo fare solo allora . Non prima . Il fascismo non ci darà un Empire libéral . Qual è dunque il nostro peccato in materia di masse e di azione di masse ? Quello di dire brutalmente le cose come sono , quando gli altri amano farle più rosee e più facili . Noi per esempio diciamo chiaro e tondo , in base a un ' esperienza quinquennale , che in una città italiana non si trovano oggi , non si sono mai trovati , dalle leggi eccezionali in poi , più di 50-100-200 cittadini politicamente attivi disposti a partecipare alla lotta rivoluzionaria ( nei villaggi si è ridotti alle unità ) . Il partito comunista , in mancanza delle masse , ha preso l ' abitudine di chiamare « masse » questi 50-100-200 cittadini politicamente attivi ; e poiché questi cittadini , questi rivoluzionari sono quasi tutti proletari , piccolo borghesi e intellettuali che hanno abbracciato la causa proletaria , ha preso l ' abitudine anche peggiore di dire a ogni piè sospinto che « le masse » si battono , si ribellano contro il capitalismo , e che l ' azione di massa incede , procede , precipita . Tutta qui la differenza ? Tutta qui . Forse in noi , specie dopo l ' esperienza tedesca nel corso della quale abbiamo visto i due più grandi partiti di massa del mondo moderno il socialdemocratico e il comunista sciogliersi come neve al sole , si è accentuata la convinzione che era anche di Lenin che nel periodo rivoluzionario essenziale è il compito della minoranza rivoluzionaria forgiatasi nel periodo della lotta illegale ; ma , a prescindere da questo convincimento che più che un convincimento è un ' esperienza , è fuor di dubbio che anche noi diamo alle masse e all ' attività delle masse tutto il peso che loro spettano . Le masse sono il popolo , e noi siamo col popolo . Le masse sono la classe lavoratrice , e noi ci confondiamo con essa . Le masse aspirano a una democrazia integrale , e noi lottiamo per conseguirla . Ma senza demagogia , senza grottesche adorazioni . Specie agli inizi delle crisi rivoluzionarie , quando le masse mancano di tradizione politica , esse possono commettere degli errori , cedere , deviare , aderire a compromessi . La funzione dei movimenti rivoluzionari è allora di resistere .
StampaPeriodica ,
Il Partito Socialista è stato per trent ' anni ( 1892-1921 ) il centro propulsivo e organizzativo di tutta la lotta proletaria in Italia . Furono prima i tempi dell ' apostolato e della intransigenza ideale , quando la gioventù accorreva al partito , la predicazione elementare risvegliava le folle e la persecuzione in forme ben più blande delle attuali eccitava l ' energia dei militanti . Poi , dopo il 1900 , furono i tempi del lavoro positivo , paziente , di organizzazione e di lotta sul terreno elettorale , sindacale , cooperativo , diretto non già a rivoluzionare il sistema sociale , ma a strappare , nel nuovo clima democratico , il massimo di vantaggi compatibili con la esistenza di un regime borghese progressivo . Ma la possibilità di un riformismo fruttuoso , che non degenerasse in mero opportunismo , non durò che pochi anni . Ben presto si toccarono i limiti dell ' azione riformatrice e il partito , paralizzato dal dissidio tra riformismo e rivoluzionarismo , e tra azione politica e azione sindacale , decadde . Con la guerra di Libia ritornò alla intransigenza , ma il suo risveglio fu blanquista , verbale , demagogico piuttosto che seriamente , rivoluzionario . Lo si vedrà nella grande guerra quando il neutralismo trionfò con la formula del non appoggiare né sabotare . Le masse si radicalizzarono e la fine della guerra segna per il partito un formidabile ritorno di popolarità e di adesione di popolo . Ma lo spirito , i metodi e i quadri non sono all ' altezza . Il partito socialista aveva troppa parte nella vita quotidiana del paese , era appesantito da troppi interessi e preoccupazioni immediate , era troppo legato , nonostante il suo massimalismo rumoroso , al clima liberale ed elettorale prebellico , per assumere una iniziativa rivoluzionaria alla quale , oltretutto , era tecnicamente impreparato . Subì le circostanze , in luogo di dominarle , lasciando passare il periodo favorevole così ad una grande politica riformatrice di governo , come ad un tentativo di sovversione violenta . In sostanza prolungò nel dopoguerra il neutralismo di guerra , sempre più dilaniato dalle aspre lotte di tendenza . Cosicché quando la reazione fascista , col favore della violenta crisi economica del '20-21 , si abbatté sudi lui , non trovò un organismo vivo , agile e combattivo , ma una armatura pesante utile solo a fini elettorali e propagandistici . Il partito si scompose , mentre alla base solo delle minoranze , sempre più isolate , e non di rado sconfessate , si batterono eroicamente . Nel gennaio 1921 fu la secessione comunista . Nell ' ottobre 1922 fu la scissione tra massimalisti e riformisti . Il partito socialista , organo politico unitario di tutto il proletariato italiano , era finito . Una nuova fase si apriva nella vita italiana e nelle lotte proletarie . Per quanto dolorosa e negativa ne sia stata la conclusione , l ' azione trentennale del partito socialista ha lasciato tuttavia un solco indelebile nella storia del nostro paese . Per opera sua una plebe , specie nel Nord e nel Centro , si trasformò in popolo , migliorò grandemente , con sforzo autonomo , le proprie condizioni di vita , acquistò dignità civile e coscienza di classe . Una nuova generazione di capi politici e sindacali , per la maggior parte saliti dalle officine e dai campi , portò nel piccolo e privilegiato mondo della politica italiana un soffio rinnovatore . L ' Italia , sino allora campo di preda di piccole cricche parassitarie e retrograde , conobbe , per merito del partito socialista , le prime esperienze di democrazia e di lotta politica autentiche . Più ci si allontana nel tempo e più , vista nel suo assieme , la sua opera grandeggia . Lo stesso fascismo , per la penna dei suoi rari scrittori ( vedi ad esempio : Volpe , Storia d ' Italia ) è forzato ad ammettere il molto che il popolo italiano deve al partito socialista , almeno sino alla guerra . Che cosa resta oggi , dopo quattordici anni di fascismo , del vecchio partito socialista ? Non è facile rispondere alla domanda . L ' Italia è un mistero . La nuova generazione cresce nell ' ignoranza o si orienta in base a oscure intuizioni . Occorre distinguere il socialismo come ideale , come movimento , che abbraccia correnti molteplici e si può dire fornisca la piattaforma indeclinabile di ogni antifascismo d ' avvenire , dal socialismo come partito , bandito in patria , scisso all ' estero , non più in grado di assicurare nel suo seno l ' unità politica del proletariato . In Italia certo sopravvivono centinaia di migliaia di lavoratori che per anni e decenni hanno conosciuto e seguito il partito , votato per lui alle elezioni , obbedito alle sue parole più popolari un Turati , un Prampolini , un Treves , per il suo glorioso giornale , l ' « Avanti ! » , conservano un attaccamento nostalgico . Si tratta generalmente di uomini maturi inadatti alla lotta clandestina e a una opposizione di attacco , orientati piuttosto verso soluzioni moderate della crisi italiana ( di compromesso , si suol dire ) , ma sui quali un futuro partito socialista , specie per un ' attività legale ed elettorale , potrebbe sempre contare . Tra loro si annoverano migliaia di antichi dirigenti , grandi e piccoli , ex deputati , funzionari , organizzatori di leghe e cooperative , intellettuali , alquanto stanchi e scettici , ma sicuri e competenti , che al partito hanno molto sacrificato e che domani specie se il domani sarà vicino gli assicurerebbero dei quadri . Le nuove reclute sono poche , di provenienza piuttosto intellettuale che operaia ; sentono pochissimo il partito ; il loro socialismo è critico , marxista umanistico , spesso con venature libertarie antistatali . I rapporti che hanno all ' interno con i vecchi quadri del partito sono scarsi ; ma non per loro colpa . Nell ' esilio si sono riorganizzati e vivono da dieci anni i due partiti : il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani , aderente alla II Internazionale , e il Partito Socialista Italiano ( massimalista ) . La loro consistenza e influenza reale è tuttavia assai diversa . Il primo può dirsi un partito . Il secondo , nelle sue proporzioni attuali , non è che un gruppo superstite . Sino ad alcuni anni fa i quadri , anche all ' estero , del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani erano forniti esclusivamente dall ' antica ala riformista . Turati , Treves ( mancati nel 1932 e 1933 ) , Modigliani , Buozzi , Baldini , Rugginenti , Faraboli , Rondani , Piemonte , Morgari sono i nomi più noti . Ma nel 1930 il partito si rinforza e modifica alquanto la sua fisionomia con l ' ingresso di un gruppo di massimalisti capeggiato da Nenni , oggi attivo segretario del partito . Più tardi vi aderirono alla spicciolata alcuni ex comunisti , tra i quali Tasca e Santini , ed alcuni trotzkisti . Talché oggi è difficile fissare la posizione precisa del partito e il peso delle varie correnti , anche se si può con sicurezza affermare che esso non è più identificabile col vecchio riformismo . Un miglioramento rispetto al passato non si può negare . In alcuni suoi membri segnatamente Tasca , Saragat , Joseph il partito mostra preoccupazioni di cultura e di rinnovamento ; non monta la guardia irosa al passato ; e pare disposto a favorire una « ricostruzione » del partito che avvenga in base a motivi ed esperienze attuali , spinto a ciò anche dalla collaborazione libera di un limitato ma serio gruppo di giovani socialisti residenti in Italia . Ma la sua adesione alla II Internazionale , mentre gli assicura una risonanza e degli appoggi non indifferenti , lo costringe a molta diplomazia in materie che richiederebbero invece , in periodi come gli attuali , la massima spregiudicatezza . Non si è ancora liberato , e forse , fintanto che resterà in esilio nella formazione odierna , non si libererà mai , dalla preoccupazione di conservare , anche formalmente , la continuità con l ' antico partito socialista , a cui si illude che un giorno , rinsaviti i comunisti e caduti i fascisti , si possa tornare . Ciò gli vieta quel riesame a fondo delle condizioni e dei metodi della lotta proletaria senza del quale la ricostruzione socialista è un ' utopia , inducendolo a tollerare , all ' interno , in omaggio alla anzianità delle tessere e a una male intesa democrazia , un tono fiacco e amministrativo di esistenza . Nel suo seno esiste indubbiamente una minoranza di rivoluzionari . Ma il partito , nel suo insieme , rivoluzionario non è né , se se ne eccettuano pochi elementi , si è mostrato sinora capace di un organico sforzo di azione . Saprà compiere un deciso passo innanzi , facendosi centro di una rinascita effettiva , non solo ideologica , ma pratica , cioè di lotta vissuta e combattuta , del socialismo ? A giugno è annunciato il Congresso dal quale dovrebbe sortire precisata la sua fisionomia . Dubitiamo però che un partito socialista inquadrato nella II Internazionale riesca a sfuggire alla linea classica di evoluzione propria a tutti i partiti socialisti europei . Il partito massimalista italiano , per cause varie , ma di cui la principale è la deficienza di quadri , è quello in cui più forte si mantiene , nonostante i dinieghi , il culto delle memorie , assieme alla sicurezza assiomatica che esso , e non altri , dovrà necessariamente tornare ad avere un giorno in Italia il posto e la funzione del vecchio partito . Nel suo seno le questioni di rappresentanza e di forma assumono una importanza davvero eccessiva . Peccato , perché esso comprende alcuni gruppi di operai seri e attivi che , se non fossero ostacolati e deviati da una polemica spicciola continua , parteciperebbero con slancio a una lotta rivoluzionaria . La lettura dell ' organo quindicinale del massimalismo l ' « Avanti ! » ( il « Nuovo Avanti » è invece il settimanale del Partito Socialista dei Lavoratori ) richiama irresistibilmente alla mente l ' atmosfera e i motivi del 1919 , nonostante l ' avversione violenta perla Russia sovietica . La critica massimalista ha soprattutto uno scopo : dimostrare che il massimalismo fu , è e sempre sarà nel giusto e nel vero . Perisca il mondo , sopravvengano pure esperienze decisive come quelle dei diciotto anni che passano dal 1919 ai giorni nostri , si riduca pure il partito a un gruppo chiuso , ma che mai si smentiscano le classiche formule massimalistiche . La sua intransigenza è negativa . Non è il prodotto di un ' azione vigorosa , che dalla sua stessa nettezza deriva la ripugnanza a cadere in posizioni generiche e in alleanze incerte ; sembra nascere , al contrario , piuttosto da una deficienza d ' azione . Anche il massimalismo si riunirà presto a Congresso ; ma la lotta interna , condotta sulla falsariga delle antiche lotte di tendenza del '19-20 , non offre nessun tema vivo . Gli uni accusano gli altri , e gli altri accusano gli uni , di peccare per infedeltà alle vecchie tavole , di « liquidare » il partito . Il partito non sarà « liquidato » , almeno come nome . E così si andrà avanti . Non è che non comprendiamo l ' attaccamento al partito da parte di chi per venti , trent ' anni gli ha tutto sacrificato , o al partito deve d ' essere sortito dall ' inferno sociale e dal limbo politico in cui viveva . Ma una cosa è rispettarlo per il suo effettivo valore e vigore strumentale ; un ' altra cosa è idolatrarlo quasi fine a sé . Una cosa è ricordare con rispetto , esaltare gli episodi della storia passata del partito e le battaglie che onorano il proletariato italiano ; un ' altra cosa è immaginarsi che il vecchio partito sia sopravvissuto alla crisi e costituisca ancora una realtà attuale . No . Il partito socialista del 1892-1921 è finito . Vive nella storia appunto perché non vive più nella politica . Appartiene ad un ' altra epoca . Quanto più ci si sforzerà di prolungarne artificialmente l ' eco , tanto più ci si voterà all ' accademia . Ogni epoca , ogni lotta offre , confeziona , i suoi strumenti di azione . Il partito socialista fu l ' organo di azione e di educazione politica del proletariato italiano nella fase della democrazia prebellica . Il dopoguerra spalanca una fase nuova decisiva , della lotta proletaria in tutta Europa , e soprattutto nei paesi che stanno subendo l ' esperienza del fascismo . Si convincano inoltre i socialisti di tutte le scuole che oggi , sulla base del solo partito socialista , per quanto ringiovanito , allargato , ricostruito , non si arriverà mai a mettere in piedi un movimento veramente forte , né si conseguirà l ' unità proletaria . Il partito comunista , cui noi non risparmiamo le critiche , è e resta una realtà con la quale dobbiamo tutti fare i conti . La scissione comunista ha mutilato non solo il socialismo italiano , ma il socialismo europeo , spostando a destra l ' asse dei partiti socialisti e irrigidendoli su posizioni arretrate o inefficaci . Per fortuna la nuova svolta comunista , ancor troppo confinata al piano tattico , favorisce la rottura delle cristallizzazioni , anzi impone a tutti un riesame spregiudicato dei problemi della lotta proletaria , non base 1919 , ma base 1937 . Meno preoccupazioni di partito , dunque , e più di politica socialista e proletaria . Meno disegni di ideali ricostruzioni socialiste , e più di pratiche unioni di tutte le forze e correnti vive proletarie , la comunista inclusa . E quando si discute , si discuta sui temi centrali dell ' oggi e del domani , non dell ' ieri . Altrimenti il pensiero e l ' azione socialista , per quanto universali siano i motivi che l ' animano , resteranno sempre sezionali , polemici , prigionieri delle fatali divisioni che vogliamo cancellare , che dobbiamo cancellare , che cancelleremo , non a profitto di questa o quella chiesa , ma a profitto della rinascita proletaria in Italia e nel mondo , della rivoluzione alla quale tutti siamo votati e per la quale da tanti anni e con tanti sacrifici lavoriamo .
StampaPeriodica ,
Perché l ' unità si avvicini , perché l ' unità si faccia , bisogna che essa appaia e sia il risultato di un ' opera attiva , insistente , di tutte le parti . Altrimenti coloro che meno avranno contribuito saranno inevitabilmente dominati dalla preoccupazione di essere assorbiti , di scomparire in un organismo non proprio ; e quanto più l ' unificazione entrerà nel rango delle possibilità concrete , faranno macchina indietro . Sbagliamo , o tocchiamo qui quello che al momento attuale è nel campo italiano uno dei principali ostacoli alla unificazione ? Una certa pigrizia mentale , un certo passivismo e conservatorismo ideologico ; un onesto timore , anche , che , le basi teoriche per l ' unificazione non essendo ancora sufficientemente elaborate , si corra all ' avventura . Questi stati d ' animo e questo timore , che sarebbe un errore voler condannare in blocco , sono essenzialmente il riflesso del fatto emigratorio . L ' emigrazione porta a sopravvalutare le questioni dottrinali , favorendo la visione stereotipa di uomini , cose , partiti e situazioni . Anziché facilitare la liquidazione delle querele e il riassorbimento delle scissioni , le eternizza . I partiti , come gli uomini , sono esseri abitudinari . Dove manca lo stimolo trasformatore della vita politica vera , l ' abitudine più pesante prevale . L ' unificazione , o anche uno stretto rapporto di unità di azione , disturba , pone un sacco di problemi , scomoda consuetudini di lavoro e di collaborazione inveterate , costringe a molto ripensare e rivedere . A che pro , ci si domanda , quando l ' orizzonte è ancora chiuso ? Tiriamo avanti come siamo , cinque partiti e gruppi , con le rispettive direzioni , sedi , programmi , giornali . Tiriamo avanti finché si può . Bisogna pur dire che queste resistenze sono dovute anche al modo meccanico e grossolano con cui spesso si concepisce l ' unificazione proletaria . Anziché come il prodotto di una nuova sintesi , come la fondazione di un nuovo partito proletario che utilizza e fonde tutte le energie , ci viene presentata come una poco attraente somma numerica di partiti e di tessere tradizionali , da operarsi sotto il segno di un reciproco compromesso e di una reciproca constatata debolezza . Il partito comunista cede un poco di terreno ; il partito socialista avanza un poco ; e l ' errore del 1921 è riparato . Troppo semplice e troppo difficile a un tempo . Troppo semplice , perché la scissione , anche se superata in molte delle sue cause , non avvenne per un equivoco o per motivi superficiali . Troppo difficile , perché la lunga separazione ha accentuato le autonomie , gli orgogli e , in una certa misura , anche le distanze . Senza contare che altre forze e formazioni , anche se per ora modeste , si sono nel frattempo affacciate . Contano poco ancora come tessere , ma contano abbastanza come fermento critico , come idee , e anche come impulso e capacità di azione . Perché la causa dell ' unità proletaria faccia un serio passo innanzi , bisogna riproporsi con spirito aperto e con ferma volontà di azione l ' intero problema della rivoluzione proletaria in Italia . Pensare meno al 1921 , e più al 1937 . Dimenticare la vecchia Italia giolittiana e avere l ' occhio rivolto all ' Italia mussoliniana . E vedere questa rivoluzione non in teoria , ma in pratica , in movimento , in sviluppo . La lotta condotta gomito a gomito è una grande risolvitrice di dibattiti teorici ! Prendiamo , ad esempio , un problema , certo importante , come quello della struttura del partito , che avremo del resto occasione di esaminare in altro articolo . Le differenze di concezione sono grandi . Però tutti sappiamo che il partito che lotta contro uno Stato fascista totalitario non può assolutamente concepirsi come il partito che lottava contro la monarchia costituzionale . Se anziché eternare la disputa tra centralismo autoritario e democrazia interna esaminassimo come concretamente può e deve operare il partito rivoluzionario in Italia , non diciamo che saremmo d ' accordo ma certo molto terreno comune si potrebbe scoprire . Quel che vale per la struttura del partito , vale per molte altre questioni di metodo , di tattica . È d ' altronde la stessa concezione della rivoluzione proletaria che si è venuta modificando sensibilmente in questi anni . Il nostro ideale si è ad un tempo allargato e concretizzato . La rivoluzione proletaria , sotto la spinta dell ' oppressione totalitaria , la sentiamo non solo come fatto di classe , come emancipazione economica , ma come liberazione della società tutta quanta , come umanesimo integrale . Siamo oggi tutti infinitamente più sensibili di quel che non fossimo venti anni or sono ai problemi di libertà , di democrazia e anche di moralità e di cultura . La stessa interpretazione del marxismo , un tempo meccanica e materialistica , si è fatta dialettica e umanistica . Tutti , ripetiamo . Le preoccupazioni di cultura del partito comunista lo dimostrano . Ma si è anche straordinariamente concretizzato il nostro ideale . Venti anni fa si parlava dell ' economia socialista in forma generica . Era utopia volerne studiare i contorni e i problemi . Oggi , con la gigantesca esperienza russa senza parlare di quella spagnuola in corso disponiamo di un materiale positivo immenso . Sappiamo tutti che cosa significhi rivoluzione socialista , organizzazione socialista della produzione . La certezza di poter costruire e l ' esempio altrui , mentre ci danno la forza di osare , ci forniscono il senso della misura . Si possono ormai evitare alcuni errori e resistenze massicce ; come si possono saltare alcuni tempi . Ecco il terreno grandioso e fertile sul quale può e deve farsi la nuova unità proletaria ; il terreno su cui può sorgere il nuovo partito unico del proletariato italiano . Come diventano povere e senza costrutto le vecchie querele e anche le vecchie ostinazioni di partito ! Ci attardiamo sul passato ormai chiuso , quando il presente e l ' avvenire si aprono dinanzi a noi . Animo , partiti proletari e proletari dell ' emigrazione ! Senza leggerezze improvvisatrici , ma anche senza timori e conservatorismi eccessivi , affrontate , affrontiamo insieme nei suoi veri termini la questione della unificazione politica del proletariato italiano . « Giustizia e Libertà » è un movimento che ha ormai un netto carattere proletario . Non solo perché il proletariato si dimostra dovunque come l ' unica classe capace di operare quel sovvertimento di istituzioni e di valori che si propone ; non solo perché nel seno del movimento gli elementi proletari hanno sempre maggior peso ; ma perché nell ' esperienza concreta della lotta ha misurato tutta l ' incapacità , lo svuotamento della borghesia italiana come classe dirigente . Certo non è facile definire G.L. in base alla terminologia usuale dei partiti proletari . In base a questa terminologia dovremmo definirci ad un tempo socialisti e comunisti e libertari ( socialisti - rivoluzionari , comunisti - liberali ) nel senso che riconosciamo quel che di vitale ciascuna di queste posizioni , in sia pure varia misura , contiene . Nel socialismo vediamo l ' idea forza animatrice di tutto il movimento operaio . La sostanza di ogni reale democrazia , la religione del secolo . Nel comunismo la prima storica applicazione del socialismo , il mito ( assai logorato , purtroppo ) , ma soprattutto la più energica forza rivoluzionaria . Nel libertarismo l ' elemento di utopia , di sogno , di prepotente , anche se rozza e primitiva , religione della persona . Affermiamo la necessità di una nuova sintesi , e crediamo che , nei suoi termini essenziali , G.L. si avvii a darla . In ogni caso ci sembra che nessuno dei vecchi movimenti proletari sia capace , da solo , di assolvere ai compiti centrali della lotta contro il fascismo . Questa lotta , ideale e pratica , chiede oggi di essere condotta contemporaneamente su due terreni : un terreno elementare , che sia di risveglio , di iniziazione del popolo alla libertà e alla difesa delle sue condizioni di vita ; e un terreno ideale , finalistico che sia di educazione di una nuova classe dirigente , della nuova « élite » rivoluzionaria , di contrapposizione del mondo dei valori umanistici del socialismo al mondo inumano del fascismo . Le due lotte non sono diverse , staccate nel tempo e negli obbiettivi ; ma aspetti necessari e legati di una lotta unica che trascende le possibilità di ogni singola corrente . Per condurre la prima si propone la costituzione di un Fronte Popolare Italiano non ricalcato su quello francese , e adeguato alla situazione italiana . Per condurre la seconda si fa affidamento , oltre che sui partiti , sullo sviluppo e sull ' allargamento dell ' unità di azione proletaria . Siamo favorevoli a entrambi , ma come espedienti provvisori o come avviamento a formazioni assai diverse . Ad abbattere il fascismo non saranno né il Fronte Popolare che presuppone la vita democratica e dei forti partiti né l ' unità d ' azione che sinora ha più favorito l ' irrigidimento dei partiti sulle loro posizioni rappresentative formali , che il loro effettivo riavvicinamento . Che cosa , allora ? Un formazione nuova , originale , capace di condurre contro il colosso totalitario una lotta ad un tempo pratica , politica , culturale . Di questa formazione il proletariato sarà il pernio . Ma non bisogna pensarla in termini di partito tradizionale . La nozione tradizionale di partito è insufficiente , sorda a troppe esigenze che la lotta contro il fascismo , e lo stesso successo fascista , ci hanno rivelate . È una forma politica nuova quella che si dovrà elaborare ; e non già a tavolino , ma nell ' esperienza del lavoro comune , attraverso la fusione progressiva delle varie frazioni proletarie e il potenziamento di tutti i motivi vitali di opposizione . Il partito unico del proletario , se vorrà essere una forza rinnovatrice autentica , dovrà essere più che un partito in senso stretto , una larga forza sociale , una sorta di anticipazione della società futura , di microcosmo sociale , con la sua organizzazione di combattimento , ma anche con la sua vita intellettuale dal respiro ampio e incitatore . G.L. che cosa vi porterà ? In primo luogo l ' esigenza di questo rinnovamento sostanziale della lotta proletaria . Una tradizione ininterrotta di azione e di iniziativa . Un ' interpretazione lucida , disincantata del fascismo , non solo come reazione di classe , ma come sprofondamento sociale . Un rapporto intimo con la cultura e la storia del nostro paese , non nel senso del patriottismo volgare ma dell ' adesione a quella realtà nazionale da cui la Rivoluzione Italiana trarrà la sua originalità creatrice . La coscienza acuta di alcuni problemi che possono dirsi quelli della modernità dell ' Italia ( formazione di classe dirigente ; riscatto del sud ; alleanza proletariato urbano - contadini - intellettuali ; federalismo ) e soprattutto una preoccupazione centrale di libertà non astratta , non formale , basata su una concezione attiva , positiva , emancipatrice , della libertà e della giustizia ( autonomie , Consigli ) . Nell ' attesa che l ' unificazione maturi , sempre collaborando ad ogni sforzo disinteressato di unione , G.L. svilupperà la sua organizzazione politica proponendosi di fornire un esempio modesto ma stimolante di ciò che dovrà essere l ' organo , e più che l ' organo , l ' organizzazione della rinascita proletaria in Italia attraverso il riscatto morale e sociale dell ' intero paese .
IL FASCISMO E SOCIALISMO: AUTOCRITICA ( ROSSELLI CARLO , 1926 )
StampaPeriodica ,
È nella sventura che si misurano gli uomini . È nella sconfitta che il movimento socialista italiano darà la prova migliore della sua forza e della sua vitalità . Bisogna però che esso si imponga un coraggioso esame di coscienza , che esso addivenga alla più spietata delle autocritiche . Perché fummo battuti ? Ecco la domanda fondamentale che dobbiamo porci e che esige una chiara risposta . Il sapersi rendere ragione della sconfitta è già un primo passo sulla via della rivincita . Chi nasconde il capo sotto l ' ala e si trincera dietro il dadà della « reazione internazionale » , o si limita semplicemente a considerare il fascismo come il figlio legittimo e necessario del regime capitalistico , come una tappa fatale lungo il calvario socialista , dà prova di poca forza morale e mostra di non aver nulla appreso dalla lezione di questi anni . Le ragioni della disfatta non vanno infatti tanto cercate negli avvenimenti esteriori delle forze che sfuggono per definizione al nostro controllo , quanto in noi stessi . Siamo noi gli autori e del nostro bene e del nostro male . Coloro che si rifugiano nel determinismo pseudo marxista per giustificare il loro stato di passivismo e di supina rassegnazione , coloro che attendono la salute dagli errori degli avversari e dal fatale svolgersi delle cose , mostrano di non aver inteso lo spirito profondo di Marx , che è uno spirito di combattimento , e davvero non si capisce che stiano a fare nei partiti e nelle organizzazioni . Perché fummo dunque battuti ? Le cause sono tante e così complesse che vano sarebbe volerne fare l ' elenco . Si tratta qui più di porre che di risolvere il problema . È indubbio che alcune di queste cause erano per natura loro incontrollabili e immodificabili , per lo meno in breve giro di anni , e risiedevano e tuttora risiedono nel costume nazionale . Secoli di storia non si cancellano in pochi lustri di predicazione socialista ; e l ' italiano è ancora troppo figlio del passato per potersi considerare popolo moderno . L ' Italia è un paese capitalisticamente arretrato , povero , disarticolato nelle sue parti , politicamente ineducato , affetto da provincialismo congenito nel quale si ci illuse di avere elevato nel corso di una generazione quel grandioso edificio socialista che alla prova dei fatti non poteva non rivelarsi terribilmente fragile nelle sue basi . Fragile nelle sue basi perché un movimento socialista degno di questo nome e improntato alla pura ideologia marxista ( come tentò invano di esserlo il nostro ) è possibile solo là dove la vita economica così industriale che agricola è grandemente sviluppata , là dove si sono superate le colonne d ' Ercole del salario di sussistenza , là dove la rivoluzione borghese ha posto su solide basi nello Stato « nazionale » il regime rappresentativo e ha definitivamente affermate le libertà politiche . Ora in Italia difettavano in gran parte tali condizioni . Per quanto l ' evoluzione industriale del Nord andasse foggiando un proletariato urbano ormai consapevole della sua storica funzione , l ' Italia è ancor oggi un paese prevalentemente agricolo che male si presta , specie nel centro e nel meridione , all ' affermarsi di un movimento socialista ispirato alla ideologia marxista ; la quale , sia detto di sfuggita , si volle sin dai primordi dovunque affermare senza alcuna elasticità e intelligenza , specie nelle zone rurali . L ' Italia è un paese nel quale non si ebbero mai le grandi lotte di religione che costituirono dovunque ( sia pure nonostante e contro la volontà delle parti in lotta ) il massimo livello dei regimi liberali e la più sicura garanzia del principio di tolleranza e del rispetto di un minimo comune denominatore di civiltà ; è un paese nel quale le libertà politiche conquistate durante il Risorgimento , per opera di una ristretta élite borghese e patrizia , rimasero sempre patrimonio di pochi . Purtroppo in Italia la conquista di quello che a giusto titolo è considerato il sommo bene dei popoli a civiltà occidentale , non è legata a nessun moto di masse capace di adempiere ad un ruolo mitico e ammonitore . La massa fu assente nelle battaglie per l ' indipendenza e per le libertà politiche . La libertà italiana è figlia di transazioni , di adattamenti e di taciti accomodamenti . Il proletariato non ha conquistato a prezzo di sforzi e di sacrifici personali la « sua » libertà . Fu troppo breve il suo tirocinio nella lotta per il diritto di organizzazione , e il suffragio universale apparve una gratuita concessione e non una conquista cosciente . E siccome non si ama e non si difende se non ciò per cui molto si è lottato e sacrificato , così era fatale che la classe lavoratrice , che nei paesi evoluti è giustamente la più vigile e interessata custode del metodo democratico , dovesse da noi assistere quasi inerte alla negazione di valori supremi che apparivano purtroppo estranei alla sua coscienza . Ora è qui che si annida uno dei massimi errori del nostro movimento su cui tanto insistettero uomini come Arturo Labriola e Gaetano Salvemini . Il suo compito precipuo doveva essere appunto quello di reagire a tali condizioni ambientali , di adeguare la sua teoria , la sua propaganda e la sua azione al clima storico del nostro paese , di porre prima salde le basi morali e politiche per un fruttuoso lavoro socialista . Invece il partito socialista non valutò al suo giusto valore il problema politico , fu travolto dalla strepitosa vittoria del 1900 ottenuta così a buon mercato in una lotta che di fatto interessò solo le aristocrazie operaie del Nord , si illuse che fosse ormai definitivamente acquisito ciò che altrove era stato il frutto di lotte lunghissime e di rivoluzioni sanguinose , e non seppe condurre dopo il '900 la grande battaglia per le libertà e le fondamentali conquiste politiche in nome e in pro dell ' intero proletariato . Si perse da un lato nel rivoluzionarismo verboso e astratto , dall ' altro degenerò troppo spesso nel corporativismo e nel gretto riformismo , barattando inconsapevolmente i valori supremi per il classico piatto di lenticchie abilmente presentato dal Giolitti . L ' esercizio del voto , la progressiva partecipazione alla vita pubblica , le lotte parlamentari , presero sempre più il sapore di atti di normale amministrazione . La concezione gradualistica e pacifista del divenire socialistico ripugnò generalmente , allontanò i migliori o li condusse alle esagerazioni estreme . Il senso dell ' eroico , lo spirito di sacrificio e di abnegazione , la coscienza dei valori universali pei quali il socialismo lottava si andarono così sempre più oscurando . Le conseguenze inevitabili non tardarono a manifestarsi . Così che oggi siam quasi tratti a pensare che forse fu necessaria questa tragedia perché il socialismo italiano rimettesse in onore i valori morali , si riaccostasse alla realtà e prendesse nozione finalmente delle grandi questioni politiche . Si tratta ora di ricominciare da capo , con animo nuovo , ricchi della esperienza del passato , forti di una fede che ha ormai superato tutte le prove .
LA CONDIZIONE DEI MINATORI INGLESI ( ROSSELLI CARLO , 1926 )
StampaPeriodica ,
La grande battaglia che la classe operaia inglese sta conducendo in Inghilterra è di un così palpitante interesse ed è così gravida di conseguenze nell ' uno o nell ' altro senso , che la penna trema a buttar giù le prime impressioni . Chi ha visitato i distretti minerari inglesi , chi ha conosciuto anche per brevi ore tutte le durezze del lavoro sotterraneo , chi soprattutto ha visto coi propri occhi quale mirabile impiego facciano gli operai dei loro disputati incrementi salariali , non può non ribellarsi sentendo ragionare di diminuzione di salario e d ' aumento di orari . Chi scrive provò forse la più grande impressione della sua vita visitando i paesi di minatori del Galles del Sud , oggi alla testa della battaglia ; ed ebbe chiara e forte come non mai la visione e la fede nella incontenibile ascesa di una massa che aspira alla piena autonomia anche nel governo dell ' industria . Vi sono due aspetti in questa battaglia , che è un ritorno all ' azione diretta dopo le delusioni dell ' esperimento di governo , che vanno tenuti distinti : dal lato strettamente economico è indubitato che li operai , proprio obbiettivamente , hanno ragione . Il tono stesso della stampa liberale e conservatrice , ben altrimenti feroce in altre occasioni , se depone a favore del tradizionale equilibrio anglosassone , dice anche chiaramente quale sia il giudizio dell ' opinione pubblica . In sostanza si chiede agli operai una somma non indifferente di sacrifici al solo scopo di assicurare un profitto ai proprietari di miniere , a quei proprietari di miniere che lo stesso governo conservatore ha proclamato incapaci di condurre razionalmente l ' industria ; ma non si vuoi dar loro una seria garanzia che l ' auspicata riorganizzazione venga conseguita al più presto a spese evidentemente di essi proprietari , tagliando i rami secchi ed imponendo le necessarie fusioni . Se i proprietari , dicono i minatori , non sono stati capaci sinora , malgrado gli infiniti ammonimenti e le ripetute pressioni ( ricordate il progetto nazionalizzatore di Lloyd George ? ) di riorganizzare l ' industria , e non sono in grado di assicurarci un decente tenore di vita , si facciano allora da parte e cedano il campo a noi che ci sentiamo ormai capaci e degni di gestire l ' industria nell ' interesse generale . Dal lato politico certo la questione è più complessa , e ingenuo sarebbe sostenere , al punto a cui son giunte le cose , che si tratta di un conflitto puramente economico . Siamo di fronte ad una battaglia storica , magnifica per serietà , disciplina e compattezza , gravida di conseguenze per molti anni avvenire ( a meno di una rapida soluzione transazionale ) che non potrà non avere un grande sbocco sul terreno politico ; battaglia che certo pone a dura prova il regime liberale inglese da ogni punto di vista . Ma ridicola è l ' accusa di sovvertimento della costituzione lanciata all ' ultima ora contro il colosso unionistico ; esso è in realtà il grido angosciato di Odilon Barrot : « la légalité nous tue ! » ; è il terrore borghese contro il minaccioso avanzarsi delle forze del lavoro armate di quelle armi che esse seppero conquistarsi in un secolo di lotta per far trionfare un principio rivoluzionatore nella vita collettiva . E se chiamiamo sovversive le organizzazioni operaie che si valgono del diritto di sciopero assicurato dalla legge , come dovremmo chiamare allora coloro che per quattro anni , sovvertirono la vita del mondo per interessi particolari scatenando una guerra tremenda per sacrifici materiali , morali e spirituali ; che porta nel suo seno le cause di molti mali attuali ? Guai però se la vittoria trade unionista , che noi auspichiamo piena ed intera , dovesse restare priva di conseguenze nel campo politico ! Quanto maggiore un eventuale successo , tanto maggiori i pericoli . L ' esperienza italiana dopo l ' occupazione delle fabbriche ci ammonisce che in certe ore decisive rimangono vane o peggio tutte le vittorie che non pongono capo ad una conquista o per lo meno ad un ferreo controllo del centro direttivo , anche quando questo centro sia dotato di poteri relativamente così limitati come in Inghilterra il potere esecutivo . Certo si è che per il socialismo mondiale questa battaglia inglese ha un enorme valore sperimentale : essa ci dirà in sostanza se la democrazia borghese permette il graduale e possente avanzarsi delle forze del lavoro .
LA BATTAGLIA PER L’UNITÀ SOCIALISTA ( ROSSELLI CARLO , 1926 )
StampaPeriodica ,
La questione dell ' unità socialista sta per avere il suo epilogo che possiamo prevedere negativo . Dai massimalisti cioè , ancora una volta verrà un gesto di disperata negazione , di attaccamento non al proletariato , ma a una loro formula cento volte sconfitta . Possiamo tutti deplorare un tale stato di cose e conservare , nonostante questo , intatta la nostra fiducia che l ' unità socialista si farà . Ma è evidente che non possiamo per questo cedere a tentazioni di scetticismo e di abbandono . Al contrario : è nell ' azione che i socialisti devono proporsi di risolvere un problema che è fondamentale e che risponde al sentimento e agli interessi delle classi lavoratrici . Perciò il prossimo Congresso del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani ( ex Partito Unitario ) assumerà una importanza ancora maggiore , almeno per quanti navigano oggi contro corrente ansiosi di un segno di orientamento e di rinascita . Esso ci dirà fino a qual punto questa frazione tutt ' altro che trascurabile dei socialisti italiani ha la consapevolezza della funzione storica che l ' ora le affida di svolgere ; in quale misura cioè essa ha la capacità e l ' energia di farsi centro coordinatore e propulsore delle forze di opposizione , sulla base di quel programma di integrale rinnovamento della vita nazionale che noi e con noi sicuramente tutti i giovani da molti mesi invochiamo . Più volte sostenemmo la tesi che , nella attuale situazione , tocca ai socialisti l ' onore e l ' onere di guidare la opposizione italiana . E ora , col profilarsi di un nuovo non possumus massimalista , questa tesi si rafforza e si chiarisce fino a farci ritenere che saranno probabilmente gli elementi del disciolto partito unitario a farsi eco concreto dell ' appello che dalle masse si leva verso i socialisti perché vogliano sortire dalla stasi indecorosa nella quale si dibattono da anni . Noi non facciamo del partito un feticcio : siamo abbastanza sensibili per capire che non saranno le etichette che in definitiva trionferanno , ma le opere . Né abbiamo nascoste ( tutt ' altro ) le nostre modeste ma recise censure verso i maggiori esponenti del PSLI . Se diciamo che probabilmente una ripresa se una ripresa ha da esservi verrà dalle fila dei socialisti unitari è perché siamo convinti che questo partito ha in sé elementi tali da permettergli di assolvere il compito che ricordavamo più sopra . Si voglia o non si voglia il PSLI è l ' unico partito di opposizione che per il suo programma realistico , per gli appoggi e le simpatie che desta in tutti i ceti così manuali che intellettuali , per la notorietà dei suoi capi , per il primissimo posto occupato nella lotta , per il chiaro riconoscimento dell ' interesse universale e altamente umano dei valori oggi calpestati , per lo sforzo di contemperare le esigenze della classe con quelle della nazione , sia in grado di far leva su tutti i ceti non parassitari della popolazione e possa contare con quasi sicurezza per un non troppo lontano domani su un larghissimo seguito . Malgrado tutte le critiche che gli si rivolgono , il PSLI resta pur sempre l ' unico partito di massa che disponga di uno stato maggiore politico e sindacale degno di questo nome . E comunque si giudichino gli uomini che lo dirigono non si può fare a meno di riconoscere che cotesto troppo bistrattato stato maggiore , che è di una altezza morale fuori di discussione , è l ' unico esistente nelle fila dell ' opposizione . Il che , dati i tempi , non è poco . Si ricordi , infine , che esso è il solo partito , fatta eccezione forse per il repubblicano , nel quale si noti da tempo un fervore di iniziative e un promettente risveglio di forze giovanili ; e si affermi , sia pure faticosamente , un complesso processo di revisione . Questi e molti altri motivi ci fanno dunque ritenere che il PSLI , pur che sappia essere all ' altezza della situazione e sappia sfruttare i molti elementi che oggi giuocano in suo favore , potrà dare il primo segno tangibile di ripresa . E appunto per questo , noi vogliamo qui fissare sinteticamente quali sono secondo noi i massimi ostacoli che si frappongono tuttora nel suo cammino , nella speranza che il prossimo Congresso ci dica che le nostre critiche o sono superate o non hanno ragione di essere . Sembra dunque a noi che il PSLI comprometta le sue possibilità avvenire e in special modo la sua opera d ' attrazione dei migliori elementi della nuova generazione , per la riluttanza di alcuni dei suoi dirigenti a impostare la battaglia in modo radicale , adeguando cioè i suoi metodi di lotta alle ferree necessità dell ' ambiente e audacemente rivendicando quella iniziativa e quel posto nella ripresa oppositoria che gli vengono ormai da tempo per dovere e per diritto riconosciuti . Questa riluttanza deriva da un grave errore nella visione della situazione e da un troppo tenace e sentimentale attaccamento a un passato ormai definitivamente superato dal lato politico . Per essere più chiari sopravvive troppo in essi della mentalità , del programma , dello stato d ' animo aventiniani ; stati d ' animo , che , come è noto , comportavano la previsione di un rapido mutare della situazione per forze essenzialmente estranee all ' azione oppositoria , l ' accurata astensione da ogni candidatura alla successione , il desiderio di mantenere il contatto con tutte le forze di opposizione , il ripudio di tutti gli irrigidimenti che potessero eliminare anche una sola delle tante possibili soluzioni compromettendo nel tempo stesso l ' unità del blocco aventiniano . Ed ecco così non pochi degli unitari rifiutare nettamente ogni accenno alla questione istituzionale , ogni accentuazione della nota antiborghese , ogni maggiore precisazione intorno al programma del poi , ogni rivendicazione successoria . Ed ecco compromessa o gravemente ostacolata quell ' opera alla quale pure s ' ha da arrivare se vogliamo sortire dalle presenti distrette . Noi non abbiamo il culto della intransigenza esteriore e formale ; tanto che proclamiamo la necessità del più ampio mobilismo tattico . Non vogliamo imboscarci facendo nostre le negazioni in toto e rinchiudendoci in uno splendido isolamento che ci elimini dalla lotta positiva . Ma d ' altra parte non riusciamo assolutamente a comprendere la posizione di questi socialisti che in una situazione come l ' attuale danno prova di un malthusianismo così radicale da far loro respingere con orrore la tesi elementare della conquista del potere politico ; e che sono disposti a transigere a priori e in permanenza sul loro specifico programma , anche quando come oggi è il caso sono venute a cadere una per una tutte le condizioni che rendevano per l ' innanzi utile e forse inevitabile la transazione . Se ci fossero le forze con le quali e per le quali transigere , evitando gli irrigidimenti e i programmi a lunga scadenza , noi potremmo ancora riconoscere la logicità di una simile impostazione . Ma non riusciamo a vederle . Nel campo liberale e democratico , dove la disorganizzazione regnò sovrana non rimangono sulla breccia altro che pochi uomini di nobile carattere che reggono dignitosamente anche se spesso passivamente alla prova : e nel campo popolare è definitivamente cessata ogni attività anche strettamente legale . In campo restano dunque col PSLI solo i partiti repubblicano e massimalista , oltre scarse pattuglie democratiche . Sono queste le forze sulle quali , bene o male , possiamo fare assegnamento . Fuori di esse non ci sono in Italia , di forze reali , che i comunisti e i fascisti . Finché dunque il PSLI si ostinerà in questa erronea impostazione , solito frutto della solita immobilità di visione , darà inevitabilmente l ' impressione di essere disposto a tutti i compromessi pur di tenersi aperte tutte le strade ; e si inimicherà gli elementi più giovani e combattivi giustamente desiderosi per la somma stessa dei sacrifici che la lotta richiede di una assoluta nettezza di posizioni ideali e per salvare un passato ormai sepolto comprometterà l ' avvenire , il suo avvenire , immiserendo , sciupando questa grande battaglia . Ciò che si richiede in quest ' ora è un coraggioso riesame della situazione da un punto di vista meno contingente che la liberi dagli accidenti passeggeri e ingannatori . Quattro anni sono passati dall ' avvento del fascismo al potere e quasi due anni dal crollo dell ' Aventino . Noi non rammarichiamo nulla , non accusiamo nessuno . Chiediamo solo che si vogliano prendere una buona volta in considerazione le lezioni del passato ; chiediamo solo che si abbandoni l ' ottimismo facilone e la fede inconcussa nella legge del progresso indefinito ; chiediamo solo che gli oppositori italiani , pur senza cadere nelle braccia del volontarismo parolaio , si abituino a cercare la salvezza più nelle forze proprie che nelle armi , più nella storia che essi medesimi imbastiscono , che in quella imbastita dagli avversari e dal fato . Siamo stanchi di vivere alla giornata e di essere tutto , fuori che noi stessi . Occorre che i socialisti italiani tornino a essere loro , tornino cioè a battersi sul loro terreno , senza per questo rinnegare e allontanare nessuna forza efficiente di opposizione , ma solo facendosi essi centro delle forze affini con un programma che sia per lo meno socialista per l ' ispirazione e per gli ispiratori . Si facciano i socialisti , e per essi il PSLI , gli iniziatori dell ' accordo fra i partiti di opposizione per la conquista di un regime di integrale e agguerrita democrazia , il cui nerbo abbiano a essere le classi lavoratrici . L ' ora incalza e le masse , abbandonate a loro stesse , brancolano nel buio alla disperata ricerca di una luce , di un segno di vita , di ripresa , per piccoli che siano . Occorre far presto . Tra un anno potrebbe essere tardi . Altre mani sono pronte ad afferrare il bastone del comando . Il comunismo lavora . Contrapporre alla doppia concezione dittatoriale , per quanto profondamente diversa nei fini , una soluzione media che abbia come pernio il movimento socialista , come minimo comune denominatore la fede nel metodo democratico , come base essenziale le forze del lavoro in lotta per la loro emancipazione , ecco ciò che occorre in quest ' ora . Socialisti italiani , al lavoro .