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> categoria_s:"StampaPeriodica" > anno_i:[1970 TO 2000}
Le due guerre d'Europa ( Bettiza Enzo , 1999 )
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Il mese di marzo è stato segnato da due grandi crisi che continuano . Da un lato quella sanguinosa del Kosovo , dall ' altro quella politica e istituzionale dell ' Unione Europea . Qui , certo , il sangue non scorre come nel Kosovo . I 15 paesi , in attesa di diventare 20 o 22 , ostentano anzi tra loro rapporti pacifici , amichevoli , soccorrevoli , quasi fraterni . Tuttavia nel cuore transnazionale dell ' Unione , nel limbo burocratico di Bruxelles , si sta giocando la più grossa scommessa continentale di fine secolo . La guerra nel Kosovo è guerra vera , selvaggia , primordiale , combattuta senza pietà e senza ipocrisie umanitarie . Quel che avviene a Bruxelles è invece un ' insidiosa guerriglia civile , una guerriglia ipocrita , subdolamente combattuta nelle cangianti e confuse istituzioni comunitarie in nome di ideali nobilissimi : l ' euro , il mercato unico , l ' armonia agricola , l ' integrazione federalistica , l ' allargamento ai cugini derelitti dell ' Europa centrorientale . Cos ' le due Europe , quella della guerra aperta nei Balcani , l ' altra della guerriglia sotterranea nel quadrilatero carolingio , danno l ' impressione di voler approdare insieme al Duemila in uno stato di disfacimento più che di evoluzione concorde nell ' ordine e nel progresso . Non credo che il parallelismo tra il virulento inferno balcanico e il travagliato limbo euroccidentale sia cervellotico o forzato . La verità è che un ' Europa comunitaria incapace di integrarsi , di democratizzarsi nelle istituzioni , di dare a queste l ' autonomia e la presa di strumenti preparatori di uno stato federale , sarà sempre più un ' Europa allo sbando . Malaticcia e velleitaria , dominata da una burocrazia pletorica sottratta a controlli e verifiche popolari , lacerata da scompensi organici e da faide tecnocratiche complicate e incomprensibili : una simile Europa non sarà mai in grado d ' imporre una pace energica all ' Europa delle guerre calde , arcaiche , che a medio termine potrebbero tracimare dai Balcani e lambire perfino l ' Asia mediterranea . Solo una robusta e convinta stabilità interna all ' Unione , un ' integrazione che prolunga il mercato della moneta e del commercio unificati nel mercato politico delle diplomazie e delle difese unificate , potranno trovare la forza con cui sedare le turbolenze belliche evitando che le guerre balcaniche diventino guerre paneuropee . Premessa di tale necessaria stabilizzazione o ristrutturazione euroccidentale è in certi caso lo scorrimento , in altri l ' ampliamento , in altri ancora il deperimento delle funzioni assegnate alle tre principali macchine comunitarie . Il Consiglio , che rappresenta i governi degli stati membri e si comporta come il sinedrio collegiale di una monarchia assoluta , dovrebbe deperire diventando un organo di rappresentanza e di testimonianza storica delle nazioni associate . La Commissione , che dai tempi di Jacques Delors non è più subalterna ancella del Consiglio intergovernativo , dovrebbe assumere il connotato di un vero esecutivo federale europeo . Il Parlamento , che fino all ' altroieri appariva confinato in un ruolo consultivo di second ' ordine , dovrebbe estendere i suoi poteri nei confronti sia della Commissione sia del Consiglio . In sostanza , l ' Europarlamento dovrebbe conquistare ulteriori prerogative costituzionali dopo quelle espugnate , pochi giorni orsono , con le dimissioni imposte alla Commissione . Lo scandalo moralistico , ' nepotismi ' e ' irregolarità ' , c ' entrano poco o niente con la bocciatura inflitta dai parlamentari all ' organismo esecutivo dell ' Unione . C ' entra , invece , il prolungato scandalo politico che per decenni impediva all ' Assemblea di fare i conti con i ministri posticci della Commissione e con i ministri reali del Consiglio . Ora , la Commissione bocciata sarà certo più debole nei confronti del Parlamento , ma , da questo paradossalmente legittimata nella reciproca autonomia del Consiglio , sarà anche più forte nel quadro istituzionale complessivo . Il dado è tratto . Il resto è in arrivo . D ' ora in avanti , il Parlamento potrà esercitare un potere di ratifica sulla nomina del presidente della Commissione , potrà censurare le sue spese e i suoi errori , potrà sostenerlo e assisterlo nella nomina dei commissari , una volta scelti con metodo impositivo dal Consiglio . La rivoluzione liberale in atto raggiungerà il giorno più alto quando il Parlamento europeo diverrà assemblea costituente europea : allora la monarchia autocratica del Consiglio , che già perde colpi , dovrà trasformarsi per forza in monarchia costituzionale . In quel caso , forse non lontano , l ' Europa ci apparirà alfine pressoché unita , pressoché compatta , pressoché pronta a riportare pace e ordine nelle regioni limitrofe sconvolte dall ' odio e dalla guerra infinita .
Craxi driver ( Malatesta Stefano - Rossella Carlo , 1976 )
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Il processo al partito cominciò alle nove del mattino . Domenica 21 novembre c ' erano 150 operai socialisti nel salone dell ' Istituto autonomo case popolari in corso Dante a Torino . Qualcuno aveva in tasca , segnata in rosso , la copia dell ' « Avanti ! » con la lunga relazione ( 167 cartelle ) tenuta sei giorni prima dal segretario nazionale Bettino Craxi al comitato centrale . Altri stringevano in mano brevi appunti scritti con rabbia durante le cento e più assemblee dei nuclei aziendali socialisti , i Nas , che avevano preceduto l ' incontro . Davanti a loro , mani infilate nella giacca blu , Craxi ascoltava immobile . Parlò per primo Guido Celotto , un operaio della FIAT Mirafiori : « Le partite a scacchi giocate dai notabili ci hanno rotto le palle . Fuori dal partito i burocrati e le clientele » . Seguì Renzo Caddeo , sindacalista di Orbassano , un comune della cintura rossa : « I vecchi leader hanno massacrato l ' immagine del partito » . Poi attaccò Renato Fiori , delegato della FIAT Lingotto : « Voi dirigenti non vi fate mai vedere in fabbrica » . E nella sala si fece silenzio quando un vecchio militante si alzò a parlare con accenti di rammarico : « Una volta se per strada passava un socialista la gente diceva : ecco un galantuomo » . Nei cinque mesi della segreteria , Craxi ha sentito solo lamentele , rimproveri , amarezze di socialisti delusi e sconcertati per la sconfitta elettorale del 20 giugno e per lo stato comatoso del partito . Eletto segretario in uno dei momenti più difficili della storia del PSI , nel clima di intrighi e di colpi di mano dell ' hotel Midas , Craxi era sembrato all ' inizio solo il gestore della catastrofe . La sua elezione venne accolta da una diffidenza generale : gli extraparlamentari di sinistra ricordavano i suoi legami con gli americani ; « Le Monde » lo definì « il tedesco » per le sue simpatie verso la socialdemocrazia di Bonn ; i comunisti si chiusero nel silenzio , per evitare di dargli credito troppo precipitosamente ; numerosi dirigenti socialisti sospettarono che volesse riprendere i contatti con la DC per rifare un centro sinistra appena riverniciato . Poi , in poche settimane , la trasformazione . « Come accade spesso nella storia gli uomini , quando assumono una funzione , cambiano e adeguano la loro attività alla carica che ricoprono » spiega sorridendo Riccardo Lombardi , fino a qualche mese fa uno dei più duri critici di Craxi . « Urbano VIII , finché era astronomo , appoggiava le teorie di Galileo . Diventato papa le condannò » . Il ritocco decisivo alla sua immagine , il segretario l ' ha dato al comitato centrale . Entrato sotto il segno ambiguo del Midas , ne è uscito notevolmente rafforzato nel prestigio e nel peso politico . « Intorno a Craxi c ' è una maggioranza che è d ' accordo su un certo numero di proposte , alcune delle quali suggerite in questi anni dalla sinistra socialista e imposte dai settori più avanzati della base » spiega Antonio Giolitti , ex antagonista di Craxi per la carica di segretario del partito , ora su posizioni di cauta solidarietà . All ' allargamento dei consensi nei suoi confronti Craxi è arrivato soprattutto grazie al suo appoggio deciso alla linea politica dell ' alternativa di sinistra e al rifiuto dell ' alleanza a due con la DC ( come invece vorrebbero i due leader storici del partito , Francesco De Martino e Giacomo Mancini , usciti sconfitti dal comitato centrale ) . Una scelta chiesta senza incertezza da quasi tutta la base . Reduce da un viaggio in Emilia e Romagna , Luigi Covatta , dirigente dell ' ufficio studi del PSI , ricorda una riunione a Carpi fra operai , professori e studenti . « Tutti mi hanno detto : mai più con la DC da soli . Dobbiamo fare una cura di estraneità dal governo . » Pochi giorni fa a Bologna , alla conferenza operaia , l ' applauso più lungo e ripetuto è toccato a Fabrizio Cicchitto dell ' ufficio sindacale del partito , sempre polemico e sprezzante nei confronti dei democristiani . Nei congressi delle 300 sezioni di Milano l ' esodo dei demartiniani verso le posizioni di Aldo Aniasi , uno dei più convinti sostenitori dell ' alternativa di sinistra , è notevole . Così a Torino e a Genova . « La linea di De Martino non garantisce al partito nessuna prospettiva » confessa Antonio Canepa , un dirigente socialista ligure , ex demartiniano . Alcune conversioni sono sembrate a volte sospette : in Sicilia , Salvatore Lauricella , ex ministro dei Lavori pubblici , uno dei dirigenti più criticati di tutto il partito , si è adeguato da un giorno all ' altro al nuovo corso nella speranza di rimanere a galla . In complesso il fenomeno dell ' annullamento delle correnti tradizionali e della loro confluenza nella nuova linea si fa strada . Soltanto nel Centro Sud , molte sezioni e federazioni , manciniane e demartiniane a oltranza per ragioni di potere , resistono . Quasi 600 mila iscritti , composto per la maggior parte di studenti e di impiegati ( il 34% ) il Partito socialista ha perso col passare degli anni la caratteristica di partito in maggioranza operaio che aveva negli anni Cinquanta , ai tempi di Rodolfo Morandi ( dalle fabbriche viene solo il 16,43% degli iscritti ) , ed è diventato un partito dalle caratteristiche governative , gonfiato dalle iscrizioni clientelari ( il 76% degli iscritti di oggi ha preso la tessera con il centrosinistra ) . « Per far vincere la battaglia al gruppo dirigente e arrivare davvero al rilancio del PSI » dice il sindaco di Pavia , Elio Veltri , « si devono muovere i giovani . » A Pavia , una delle città dove il nuovo corso si fa sentire di più , l ' età media degli attivisti del partito è la più bassa d ' Italia , 30 anni , e nei congressi di sezione non sono state presentate liste di corrente ma raggruppamenti unitari . A Trento , dove già nel 1972 un nucleo di giovani lombardiani aveva tagliato tutti i legami con la DC , passando all ' attacco e lanciando la proposta dell ' alternativa di sinistra , alle elezioni politiche il PSI è avanzato di quasi cinque punti in percentuale . Sono innovazioni ed esperimenti che spesso suscitano contrasti e lotte dure in un partito dove la spinta alla poltrona di centrosinistra conta ancora . Un piccolo esempio di questi scontri fra generazioni di socialisti è Collesano , un paesone della provincia di Palermo . Preso il controllo della sezione , i giovani socialisti hanno deciso di rompere con il centrosinistra che governa il Comune . Ma tre consiglieri comunali su quattro si sono rifiutati di dimettersi . Preferivano un comodo governo con la DC . L ' abitudine al centrosinistra , agli agi del tranquillo potere coi democristiani tocca molti quadri del PSI . È il partito degli assessori , che resiste alle innovazioni , e contro il quale la battaglia di Craxi è ancora tutt ' altro che vinta : « Lo scoglio vero è la moralizzazione del partito » dicono i collaboratori del segretario socialista . Spinta dalla direzione , la commissione di controllo , un organo che in passato ha funzionato in maniera discontinua , è tornata a una discreta efficienza . Obiettivo : ripulire la periferia più inquinata dal sottogoverno . In quattro mesi i discussi dirigenti di sette federazioni sono stati destituiti e al loro posto è stato nominato un commissario . Fra qualche mese analoghi provvedimenti colpiranno altre sei federazioni . Quasi dovunque sono stati inviati ispettori per controllare il tesseramento , artefatto soprattutto in Calabria e in Sicilia . A Salerno , feudo del deputato manciniano Enrico Quaranta , il commissario Raffaele Delfino ha cominciato col far pagare le quote di finanziamento obbligatorio al partito , sinora evase , a sindaci , consiglieri comunali , amministratori di enti pubblici , riuscendo a raccogliere , in pochi giorni , 14 milioni . Lo sforzo di Craxi e della maggioranza che lo sostiene è anche diretto a riorganizzare il partito secondo nuovi schemi : minor accentramento , maggior responsabilità alle federazioni , divisione dell ' attività di partito in quattro collettivi di lavoro ( economia , cultura , organizzazione , diritti civili ) , istituzione di una Scuola di partito e di centri di formazione dei quadri , alcuni dei quali autogestiti dalla base . In alcune federazioni i corsi sono già cominciati , in altri ( Pavia , per esempio ) i congressi di sezione sono stati trasformati in lezioni di tipo quasi universitario di politica e di economia . « Il 20 giugno ci ha fatto capire » dice il senatore calabrese Sisinio Zito , condirettore di « Mondo operaio » , la rivista ideologica del PSI « che gli sbandamenti politici sono stati anche una conseguenza di un modo di far politica strozzato e verticistico » . Uno degli strumenti principali di educazione e formazione dei quadri sarà l ' « Avanti ! » , il quotidiano del PSI che col nuovo anno cambierà aspetto ( uscirà formato tabloid ) e contenuti . Secondo la direzione , dovrebbe servire a sviluppare il dibattito politico attorno alle tesi del partito . Dietro a tutte queste iniziative , il Centro studi , guidato da Covatta , strumento per la delicata operazione di identificazione e di recupero dell ' area socialista . Insieme con Covatta lavorano studiosi come Stefano Rodotà , Giuseppe Tamburrano , Massimo Teodori , Ruggero Orfei , Gino Giugni , Giorgio Ruffolo , nel tentativo di allacciare contatti con la nuova realtà di base , i consigli di quartiere , di fabbrica , di scuola , i partiti laici minori , i radicali ( a Genova , Bologna , Pavia , PSI e PR hanno già cominciato a lavorare insieme , con la prospettiva di liste comuni alle prossime elezioni ) . Il modello è soprattutto il Partito socialista francese di François Mitterrand , un partito che dopo anni di crisi è riuscito a passare dal5 al 27% . Secondo i socialisti italiani tra i due partiti esistono alcune differenze fondamentali : « Il PSF è cresciuto anche con l ' appoggio dei club politico - culturali , esperienze ben radicate nella storia francese , ma di poca consistenza in quella italiana » ricorda Enrico Manca , membro della direzione del PSI . « Inoltre venne spinto verso l ' alleanza delle sinistre dal gollismo , un ' esperienza irripetibile in Italia » . Ma ci possono essere strette rassomiglianze . « Identificazione di un ruolo specifico e autonomo del PSI , né subalterno al PCI e alla DC né interprete di una terza forza di tipo anticomunista » spiega Aldo Aniasi , « rapporto con le masse dei lavoratori cattolici che in Francia hanno contribuito al successo di Mitterrand . Un fenomeno che potrebbe ripetersi anche in Italia » . Superato l ' anticlericalismo di stampo ottocentesco , í socialisti sono oggi sempre più attenti al recupero della sinistra CISL e dei militanti aclisti . « Oggi nella federazione bolognese del PSI » dice Gabriele Gherardi , ex direttore della rivista cattolica « Il Regno » , responsabile della commissione culturale del PSI a Bologna « ci sono almeno 15 quadri di partito di un certo rilievo che sono cattolici . Forse molti non lo sanno , perché il PSI non ha mai esibito i suoi voti cattolici . Non li ha mai strumentalizzati , come è successo invece in altri partiti » . Le nuove posizioni del Partito socialista sono state valutate positivamente dal PCI . « Con le loro posizioni » ha scritto Achille Occhetto , segretario regionale della Sicilia , sull ' « Unità » del 21 novembre , « i compagni socialisti dimostrano di voler concorrere in modo unitario alla definizione positiva di un nuovo quadro politico . Si tratta indubbiamente di una rilevante novità » . A questo riavvicinamento fra i due partiti , nonostante gli attriti e le polemiche che continuano in periferia ( in Lombardia , in Umbria , in Emilia Romagna , dove i socialisti mal sopportano l ' egemonia comunista nelle giunte locali e la linea del compromesso storico . « Sono stufo di vedere Zangheri cantare la serenata alla DC » dice Vito Germinario , capogruppo del PSI a Bologna ) , i dirigenti del PSI danno due spiegazioni : maggiore credibilità di Craxi in via delle Botteghe Oscure e desiderio da parte dei comunisti di trovare nel PSI un sostegno in un momento difficile anche per loro e per il paese . « Ma avvicinamento non vuoi dire confusione di ruoli » avverte Manca . « Mai come oggi siamo stati così distanti dal PCI sul problema della fusione fra i due partiti e così vicini rispetto agli obiettivi da raggiungere » .
Il clandestino ( Lerner Gad , 1986 )
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Chiedo scusa al lettore , ma per una volta devo cominciare parlando di me . Sono nato a Beirut ( da una famiglia ebraica ) e , benché risieda in Italia fin dalla più tenera infanzia , il nome straniero accompagnato sui documenti d ' identità all ' indicazione di quella città insanguinata procura immancabilmente - quando io li debba mostrare ad un qualche controllo - istintivi sospetti , soste prolungate , accurate ispezioni . Per una volta , dunque , ho utilizzato il mio nome e il mio scomodo luogo di nascita a un utile scopo : percorrere l ' Italia ( Razzista ? Spaventata ? Generosa ? Ospitale ? ) lungo l ' itinerario tipico di un immigrato clandestino , con la barba lunga ed un abbigliamento adatto . È una striscia di mare da niente , solo 138 chilometri , ma divide il Sud dal Nord del mondo , e attraversarla dalla Tunisia alla Sicilia è un po ' come passare il Rio Grande a El Paso , dal Messico al Texas . Fra qualche settimana Roma imporrà il visto - e allora bisognerà pagare caro i pescherecci disponibili al trasbordo clandestino - ma per ora lo sbarco a Trapani o a Palermo richiede in tutto poco meno di cinquantamila lire per il biglietto . Basta un ' occhiata veloce al registro dei ricercati e degli indesiderabili , poi il timbro d ' ingresso arriva puntuale sull ' ennesimo passaporto tunisino , algerino , marocchino . Molti marocchini da Trapani prenderanno il pullman per Palermo , sperando di trovare un letto al loro solito albergo Diana di via Roma e ritirando subito i primi accendini , orologi , tappeti dai grossisti di via Bandiera , quelli che in pegno ti chiedono il passaporto . Quasi tutti i tunisini , invece , cercheranno di rendere meno brusco il trapasso andando col treno a far sosta nella loro colonia di Mazara del Vallo . Li seguo . Penetro le viuzze dietro al porto dei pescherecci e incontro suor Margherita Fortuna , una fiorentina che si sforza di aiutare gli stranieri clandestini almeno quando sono vecchi o malati . « Sorella , non c ' è un centro di prima accoglienza , un dormitorio ? » « Non c ' è niente , bisogna arrangiarsi con l ' ospitalità degli altri cinquemila tunisini già entrati nelle case abbandonate o affittate dagli italiani . » « Neanche una pensione ? » « Una volta a chi arrivava qui senza parenti , consigliavo le camere di una signora , in fondo a via Giotto . Ma poi ci ho litigato , ammucchiava la gente come bestie su due piani abusivi senza vetri e senza porte , gli diceva di procurarsi da sé brandine e pagliericci e per giunta si lamentava che erano sporchi e le distruggevano la casa . » Vado in via Giotto la sera di lunedì 13 gennaio e trovo uno stabile piuttosto nuovo , anonimo , senza insegne , lontano dalle case fatiscenti e terremotate della vecchia casbah . Sotto il portone due ragazzi arabi mi confermano che lì si fa pensione e che la proprietaria è una vedova energica e robusta , la signora Roccafiorita . Con me non perde tempo : « Via , via , di questi tempi non ci si può fidare , qui siamo tutti parenti , prendo solo gente conosciuta » . Il giorno dopo , quando riuscirò a entrarci grazie ai buoni uffici di un vecchio residente , troveranno conferma le peggiori descrizioni della suora , e la vedova mostrerà con disappunto l ' ultimo piano diroccato che ora tiene vuoto , ma che vorrebbe affittare ad una famiglia tunisina con donne al seguito : « Gli uomini soli bevono , litigano , si picchiano e sfasciano tutto » . Intanto lo spilungone dall ' aria molto derelitta e dalla pelle molto scura che mi riaccompagna verso il molo giura che quella lì è un ' ottima pensione , quasi di lusso , roba da diecimila lire a notte , secondo lui . In quanti per stanza ? Cinque o sei , ma solo di nazionalità tunisina . È gentile , per consolarmi mi offre di andare a dormire nella sua stanza dietro al porto , ma - lo confesso - sono impedito dal suo indelebile , nauseabondo odore di stiva di peschereccio , là dove forse si sbudellano i pesci da surgelare . Se anche questo è razzismo , ne sarò subito punito : per sbaglio una donna mi rovescia addosso sul molo l ' acqua in cui stavano a bagno i suoi pesci morti . Ora la mia somiglianza con gli immigrati è ancora più completa . Martedì sera , 14 gennaio , il circolo dei biliardini è stranamente meno affollato del solito . « Molti ragazzi preferiscono non rischiare . Sanno che la nave per Tunisi parte il mercoledì , e dunque se la polizia ha l ' ordine di espellere un po ' di gente viene qui a fare la retata una sera prima » mi spiegano . Mohamed Bazine , il gestore , si fa chiamare Roberto e mi dà buoni consigli . Evitare l ' inutile passeggio lungo il molo perché tanto sui 400 pescherecci trovano lavoro solo i più robusti e sperimentati . Meglio provare a vendersi la mattina presto di fronte al tabaccaio di Porta Palermo oppure sulla piazza di Campobello per una giornata di lavoro in campagna , anche se non è la stagione migliore . A meno che uno abbia la forza di andare a tagliare e caricare « cantuni » , cioè massi di tufo , nelle « perriere » , le cave tra Marsala e Mazara ( « quelli sono come gli schiavi » mi aveva però avvertito suor Margherita , pensando agli stranieri che poi si fermano a dormire lì di fianco alle cave , nelle grotte o nei ruderi di muratura ) . « Schiavi ? Perché offenderli ? » si inquieta Roberto . « Nessuna vita è schifosa , se uno se la sceglie , e loro , soli , senza famiglia , scelgono di risparmiare . Dormono sulla paglia , è vero , col tetto aperto , ma hanno le coperte e quindi non soffrono il freddo . » L ' indomani un nuovo amico , Habib , mi accompagnerà a Santo Padre delle perriere , dove la terra è piena di buchi come una gruviera . I neri , sotto l ' occhio vigile dei loro padroncini , ne scavano le pareti con la sega elettrica fino a tagliare dei « cantuni » da costruzione perfettamente regolari . Poi bisogna sollevarli con delicatezza uno a uno ( pesano decine di chili ) , levigarli e caricarli a mano . Si lavora dieci ore al giorno , si possono guadagnare duecentomila lire alla settimana . Il massimo , per uno straniero . Intanto la nostra discussione ha attirato Ayed , un ragazzo dalla pelle chiara , detto Maradona per via della sua pettinatura . Suo cugino è in mare col peschereccio , se voglio per stanotte c ' è un letto libero , all ' ultimo portone di via Guido Cavalcanti . « Gheddafi ? Chiddu non mi piace , chiddu tiniri i fimmine divisi dalli masculi ... » Ayed - Maradona , aiuto - cuoco in un ristorante di Marsala , ha imparato a parlare il dialetto ma non l ' italiano . È un giovanotto fortunato , Ayed . Il suo padrone gli passa 600 mila lire al mese , d ' estate qualche volta lo porta con la Bmw in una discoteca di Trapani , poi lo fa dormire nella cucina del ristorante . In cambio , se arriva l ' ispezione della polizia , Ayed dichiara di essere solo un amico . Abita in una casa di recente costruzione , di quelle mai del tutto completate eppure già degradate . Nessun armadio , pochi indumenti di ricambio appesi al muro . La finestra con il vetro rotto , la lampadina nuda che pende dal soffitto , il vecchio frigorifero arrugginito . Spoglio più ancora di una cella carceraria , è un dormitorio occasionale al punto che Ayed non ha un giaciglio suo abituale , ma sceglie a caso fra le quattro brandine notte per notte . Notti animate da arrivi improvvisi , chiacchiere e risate fino alle ore piccole quando i primi cominciano ad alzarsi per cercare « servizio » . E poi magari il rumore di un sasso lanciato sulla tapparella : allora si sbircia per controllare chi cerca un letto nel cuore della notte e se è una persona sgradita si fa finta che non ci sia nessuno . L ' odore di fogna che viene dalle tubature del cesso impregna tutta la casa . Meglio coricarsi , vestiti e con le coperte fin sulla testa a proteggersi dal freddo . Domattina sveglia alle cinque e mezza per cercare « servizio » . Mercoledì 15 gennaio , prima dell ' alba . Ci si vende sulla piazza di Campobello , la frazione agricola di Mazara , sotto il cartello dell ' Agip , di fianco alla locandina dell ' ennesimo cinema porno oppure di fronte , dove c ' è l ' ingresso della Cassa Rurale . Saremo una ventina , dritti , immobili e silenziosi come prostitute . Sto con alcuni ragazzi che ho visto la sera prima al circolo , hanno tutti l ' alito inacidito dal vino bevuto di prima mattina . Io preferisco il cappuccino , ma quando la padrona del bar Mericaff si accorge che sono un italiano subito si sfoga : « Io ho paura , non se ne può più , se Iddio facesse la grazia di lasciarcene solo qualcuno di quelli bravi , selezionati e si portasse via tutti gli altri ! Questi si ubriacano tutto il tempo , hanno violentato una ragazza » . « Davvero ? Qui a Campobello ? » « No , a Castelvetrano , ma può sempre succedere . Non sono razzista , anch ' io sono emigrata in Svizzera e però lì erano duri , chi sgarrava veniva sbattuto via . » Torno sul marciapiede . Una 131 che ne prende su tre caricherebbe anche me . « Quanto ? » « Ventimila come tutti gli altri , è un lavoro leggero , c ' è solo da potare la vite . » « No , è poco , non mi va » . E gli altri si voltano stupiti di questa rivolta , mentre l ' autista neanche mi risponde e dà un ' accelerata col suo carico umano infreddolito . A chi non ci sta , resta una sola alternativa : salire su un treno ed emigrare ancora più a nord . Ci vogliono più di venti ore di viaggio per arrivare a Roma , capitale dell ' immigrazione clandestina ( con i suoi presunti centomila irregolari ) , città che la strage di Fiumicino ha reso ostile nei confronti di chi ha la pelle nera od olivastra e che comunque non è più da tempo in grado di dare lavoro . Chi , come me , la considera solo una tappa del viaggio verso nord , non può che mantenersi a ridosso di quell ' epicentro della disperazione che è la stazione Termini . Saremo in un centinaio a dover passare la notte , fortunatamente tiepida , alla stazione . Quasi tutti arabi e neri , ricomparsi alla spicciolata nell ' atrio della biglietteria dopo che si è allontanata la speciale roulotte di sorveglianza piazzata lì di fronte dalla polizia . Ma alle ventitré i barboni italiani , sicuri di non venir più disturbati , ed esperti conoscitori di ogni anfratto , hanno già occupato i posti migliori . In via Giolitti , quella dell ' air terminal , hanno trovato degli ottimi cartoni semi - nuovi con su scritto « Fragile » . A vederli si direbbe che lì dentro non c ' è nessuno , non fosse che per un piede che spunta . Sull ' altro lato , invece , in via Marsala , gli ambitissimi balconcini con le grate di aerazione che soffiavano aria calda sono stati da tempo carognescamente bloccati con obliqui coperchi di lamiera , per cui nemmeno un equilibrista ci si potrebbe distendere più . Restano dunque i pur sempre comodi sedili di plastica dell ' atrio , che oltretutto sono al chiuso , su cui accartocciarsi , magari tirandosi sulla testa un maglione a collo alto fino a nasconderla completamente . Di fronte ho una vecchia eritrea senza calze , con i capelli candidi , licenziata l ' anno scorso da colf . Di fianco un ragazzo tunisino che domani vuole continuare il viaggio , non sa neppure bene lui per dove , e quindi trova stupido spendere i soldi per una pensione . Siamo tutti disturbati da un algerino alto e robusto che non smette un attimo di offrirci sigarette , passeggia con la bottiglia in mano , grida in un miscuglio di francese , arabo e italiano , sputa dappertutto . Sarà la nostra colonna sonora molto a lungo . Ma intanto , all ' una meno dieci , i primi appisolamenti sono bruscamente interrotti da un ferroviere che si mette a gridare « Fuori ! » , « Closed » . Così , all ' aperto , ricomincia un brulichio umano disperato . Si tratta di resistere tre ore : alle quattro la stazione riapre . Ma sono le ore della disperazione , è qui che - in caso di freddo e pioggia - si organizzano le comitive per cercare rifugio in qualche vagone . Passeggio per piazza dei Cinquecento , incontro i primi omosessuali che vengono fin sotto la vetrata di Termini , là dove c ' è il posteggio dei taxi , a rimorchiare con sguardi disperati i ragazzi arabi desiderosi di un letto purchessia . Davanti al tabaccaio di turno , urto per sbaglio un tipo grande e grosso : « Sta ' attento , mao mao ! » impreca . Quando un poliziotto sardo delle tante pattuglie che ronzano per la piazza mi ferma e m ' identifica , ricevo la seguente spiegazione : « È ovvio che nella sorveglianza se si deve chiudere un occhio è per il vecchietto italiano che dorme , poverino . Per gli stranieri invece è diverso , con tutti i casini che stanno facendo di questi tempi » . Alle tre siamo quasi tutti accucciati sotto la tettoia , anzi , chissà come , stiamo aumentando di numero . Le grida gutturali dell ' ubriaco non si spengono mai . Lui , un posto per dormire le prossime sere l ' ha trovato poco più tardi , quando , chissà perché , s ' è avventato su uno qualunque dei tanti mucchi di cartone e ha preso a calci in testa un barbone italiano . Le pantere della polizia se lo sono portato via , insieme a un distributore di giornali che farà da testimone e al barbone tutto insanguinato . Ora c ' è più silenzio . L ' ufficio stranieri della questura di Milano per fortuna non richiede le famigerate file dalle cinque del mattino necessarie a Roma . Ma pure in questi giorni vi si coglie il nervosismo tipico dei reparti sotto pressione . Sento protestare nella stanza accanto : « Ma chi è che ci dà certe segnalazioni ? Siamo andati in quattro pantere a piazza Aspromonte per trovarci solo uno jugoslavo e un altro straniero segnato sul registro . Questo è spreco ! » . C ' è chi dice che dopo la strage di Fiumicino le espulsioni di stranieri irregolari sono già state duemila in tutta Italia , di certo solo a Milano si firmano cinquemila fogli di via all ' anno ( ma sono quasi tutti solo dei pezzi di carta : se non viene proprio espulso - a spese dello Stato - lo straniero mica se ne va ) . Si avverte la polemica con la Curia che protegge i clandestini : « Dandogli da dormire anche se sono fuorilegge credono di aiutarli , e invece aiutano chi li sfrutta » . C ' è un fondo di verità anche in questi discorsi poco pietosi : se per strada forse non ho incontrato il razzismo classico dei tedeschi e dei francesi , non ci sarà invece una certa predisposizione allo schiavismo , a far soldi con disinvoltura sulla disperazione altrui ? Me lo chiedo dopo essere sceso con molti altri marocchini dal tram 33 davanti alla SOCOR di via Morgagni , nei pressi della casbah di Porta Venezia . I gestori napoletani buttano a piene mani sul banco orologi , pinze per batterie , calcolatorini , portachiavi sonori , qualche sveglia ... I marocchini scelgono con una cura che appare patetica , visto che poi tanto riusciranno a vendere quasi solo accendini . Dopo che hanno chiuso l ' albergo Nazionale - quello la cui proprietaria sequestrava i passaporti dei debitori - a Sesto San Giovanni mi hanno consigliato l ' alloggio Il Ponte , vicolo Baldanza . Ma il proprietario è secco : « Niente stranieri , non ne prendo più . Mi dispiace , ci saranno anche dei bravi ragazzi , ma litigano e poi danno rogne » . Dice solo una mezza verità , perché lui gli stranieri li ha cacciati , sì , quasi tutti , meno Franco , camera numero 3 . Franco si chiama Busheib Jakini , è un marocchino di Casablanca senza la gamba destra che cammina per Sesto con la sua stampella arrugginita , e che da anni ogni sera gli paga 14 mila lire di pensione . Eppure Franco è anche un fortunato , perché lui ormai ha il suo posto di vendita fisso alla stazione della metropolitana . Vende - anzi , oggi , venerdì 17 gennaio vendiamo insieme - pullover e pantaloni con su l ' etichetta di Armani o Coveri . Il prezzo è di 35 mila lire a capo , a meno che veda un poveretto come lui , e allora gli fa lo sconto . Quando ha tolto le 400 mila e più della pensione , di lire gliene restano appena per mangiare . Qualcuno compra per amicizia , per carità . Ma non adesso , che sono appena passate le feste . Si avvicina un giovanotto dalla giacca a vento azzurra : « Allora Gheddafi , madonna sei proprio identico a Gheddafi , non ti hanno ancora cacciato via ? » . « Tu parlare sempre fuori posto . Gheddafi ha i miliardi , io non ho i miliardi . » « Come no ? Chissà perché voi marocchini siete come gli ebrei , avete sempre le tasche piene di questi ! » e fa il segno dei quattrini con le dita , mettendogli l ' altra mano sulla spalla . Insiste : « Ehi , Busheib Jakini , dove hai messo le tue quattordici mogli ? Non sai che non puoi averne più di quattro , che se no ti tagliano il " zeb " ? E cos ' è , oggi ti sei portato l ' amico ? » . Ride , poi timbra il biglietto e se ne va . « Fa così tutti i giorni , due volte al giorno » mi confesserà con disagio Franco , che non ha altri nemici se non i vigili urbani : se ti sequestrano la merce per vendita senza licenza , con quali soldi ne comprerai dell ' altra ? Per questo lui , che è mutilato e non può scappare veloce , ha scelto í pantaloni al posto degli accendini . Si nascondono in valigia molto più in fretta . Al mercato di Sesto San Giovanni , il sabato mattina , funziona invece un buon servizio di vedetta . Appena un vigile compare in lontananza , la merce si nasconde dietro un ' auto in sosta . Ad ogni potenziale acquirente , poi , vibra un « pregoo » che suona come un ' implorazione . Così , gli accendini e i ricambi di gas vanno discretamente . E stasera si andrà tutti in mezzo alla folla di corso Buenos Aires : « Dove c ' è ressa comprano più facilmente » . Già , se non altro per eliminare il disagio di un marocchino sempre intorno . Questo disagio dei passanti , pietoso o disgustato , derivato dal contatto con una realtà sempre più invadente oltreché limitrofa , mi appare come una possibile premessa di quel nuovo , moderno antisemitismo , che del semitismo avversa anche il ceppo arabo oltre che quello ebraico , prendendo le distanze da un mondo considerato inferiore , sporco , inquinante . « Sì , qualche volta sono stato anche da fratel Ettore , però è meglio dormire all ' aperto . Lì si dorme e si mangia gratis ma c ' è della brutta gente , con la testa mica a posto » mi aveva avvertito Franco . Ma la sera di sabato 18 gennaio vado lo stesso in via Sammartini , proprio sul fondo , nel ventre oscuro e riparato della Stazione Centrale , fra sotterranei e binari morti , là dove fratel Ettore , a differenza di quanto accade nel dormitorio comunale di viale Ortles , non chiede agli stranieri se hanno il permesso di soggiorno . C ' è una specie di rete di pollaio che divide i barboni buoni da quelli cattivi , ubriachi , urlanti . Se hai l ' aria calma , gli ( eroici ) volontari cattolici aprono con cautela un lucchetto e ti fanno passare . Gli altri , i « pericolosi » che assediano la rete , ti lanciano sguardi d ' odio e alimentano il grande falò che , notte dopo notte , ha rinsecchito il salice piangente sotto cui s ' accovacciano . Vado dentro . Sembra una caverna , questo grande archivolto , ex rifugio antiaereo , tappezzato con vari spezzoni di linoleum e di ondulex , con sulla destra il deposito della biancheria sporca , sulla sinistra i cessi , in mezzo i tavoli e tutto intorno dei divani rimediati chissà dove con i vecchi che ci dormono già . Questa è la casa dei malati di mente , dei vecchi dalle barbe di lunghezza inverosimile , ma soprattutto degli stranieri annichiliti dall ' incapacità di vivere . C ' è l ' egiziano con un incredibile orecchino che cerca di fregarmi dalla tasca il berretto di lana . Altri si disputano una sciarpa per la notte . Un tunisino s ' è impietrito davanti alla sala dormitorio , con un sorriso ebete . Ilsuo amico insiste , aspetta che entri : « Ma cosa vuoi ? Che ti spogli io ? Vuoi dormire in piedi ? » . Ma quello non si sposta , non risponde . Già per due sere consecutive sono venuti i carabinieri a setacciare gli immigrati clandestini , e gli ospiti italiani del dormitorio ne sono soddisfatti : « Lo vedi quel fazzoletto nuovo per terra ? Lo ha chiesto uno di quelli , solo che non sa come si usa e lo ha subito buttato via . Cosa credi , che se vado a chiederne uno io me lo danno , il fazzoletto ? » . « Io facevo il cameriere , e se sono finito qui è perché quelli mi hanno rubato il lavoro . » « Si vede che gli italiani ci hanno scritto in fronte che sanno arrangiarsi , e invece gli arabi bisogna aiutarli . » « Alla Stazione Centrale da quando ci sono gli stranieri non si può più passare la notte in pace , ma finalmente la polizia ha cominciato a beccarli per bene ! » Saremo in ottanta , nel dormitorio tappezzato con le scritte in scotch rosso dei dieci comandamenti , quando si apre una porta a soffietto e appare un altare ingenuamente decorato . Non so se sia un sacerdote quello strano personaggio , piccolo , con gli occhi a mandorla , grembiule blu e zuccotto maghrebino , che recita in mezzo ai clandestini : « Al termine di questo giorno rendiamo grazie a Dio per quello che ci ha dato » .
De Mita SPA ( Suttora Mauro , 1988 )
StampaPeriodica ,
MAI NELLA STORIA D ' ITALIA TANTO potere politico si è concentrato in così pochi chilometri quadrati . La provincia di Avellino sta regalando alla patria il capo del governo e il capo del maggiore partito : Ciriaco De Mita ; il numero due del maggiore partito , Giuseppe Gargani ; il capo della regione più importante , Enrico De Mita , presidente del Consiglio regionale della Lombardia ; il capo della Rai , Biagio Agnes ; il capo dei senatori del partito di maggioranza , Nicola Mancino ; il vicepresidente vicario della Camera , Gerardo Bianco ; un potente senatore , già ministro per il Mezzogiorno , Salverino De Vito ; un altro senatore , autorevole membro della direzione del maggiore partito , Ortensio Zecchino . Irpini ad honorem per contiguità geografica sono altresì il portavoce unico del partito di maggioranza , Clemente Mastella , nonché il massimo responsabile dei servizi segreti Angelo Salma . Anche il direttore de L ' Osservatore Romano , Mario Agnes , è avellinese . Alcune di queste cariche si assommano nella stessa persona , altre nella stessa famiglia . Il quotidiano di Napoli , Il Mattino , ha rivelato inoltre , domenica 11 dicembre 1988 , che la Banca popolare d ' Irpinia - di cui quasi tutti gli eminenti sopra citati sono azionisti - sta per conquistare la leadership sull ' Italia meridionale . Niente male , per una provincia che non arriva a 500mila abitanti . Nemmeno Cavour , Francesco Crispi , Giovanni Giolitti , Benito Mussolini , Alcide De Gasperi , Aldo Moro , Bettino Craxi , prima di Ciriaco De Mita da Nusco , avevano mai potuto contare su una squadra così imponente di conterranei nei posti chiave della nazione . Cosicché i detrattori di De Mita parlano adesso di " clan degli avellinesi " , mentre i suoi ammiratori si compiacciono per l ' inusitata fertilità dell ' Irpinia , fino a ieri oscura e povera provincia . Siamo andati a controllare se corrispondano al vero alcune maldicenze . Prima fra queste , che i 63mila miliardi di lire stanziati per la ricostruzione in Irpinia del 1980 siano troppi e malspesi . Poi , se De Mita si sia arricchito grazie al sisma , come insinuano i comunisti . O , perlomeno , se abbia fatto arricchire parenti e amici . Certo Nusco non è meglio collegata oggi al resto dell ' Italia di quanto lo fosse dieci anni fa . Di treno , neanche a parlarne : non solo il paesello di De Mita ma Avellino sono pressoché irraggiungibili da Napoli in ferrovia , a meno che non si vogliano spendere giornate per percorrere pochi chilometri . La caratteristica dell ' unica ferrovia irpina è avere le stazioni piazzate in mezzo al nulla , a vari chilometri di distanza dai paesi di cui pure esibiscono il nome . In corriera la situazione non migliora : le 2.500 lire del biglietto Avellino - Nusco garantiscono solo che i 40 chilometri del tragitto vengano compiuti in circa due ore . Insomma , in Irpinia chi non ha la macchina è perduto . Per fortuna a Nusco il visitatore può riposare nel nuovo hotel Colucci , tre stelle , 44 camere . Ammirando dalla terrazza a 900 metri di altitudine il panorama sul massiccio del Vulture , i monti del Matese e l ' Appennino Dauno , ci consoliamo per il freddo ( nevica già da metà novembre ) assaggiando il maiale al finocchietto , i " cicalucculi " , ovvero gli gnocchi , nonché il leggendario torrone irpino . In tutto nell ' hotel ci sono due ospiti : tecnici romagnoli per la zona industriale . C ' è più gente d ' estate ? « No , è sempre cose > , risponde il proprietario , desolato . La carenza di turisti non gli ha impedito però di chiedere un contributo di 13 miliardi di lire per la ricostruzione . Oltre al contributo a fondo perduto del 75 per cento per le nuove iniziative industriali ( l ' aiuto più alto mai concesso dopo una calamità nel mondo occidentale ) , la legge pro terremotati provvede anche a regalare soldi a non meglio precisate " imprese di servizi per le infrastrutture " alle aree industriali . Sui tavoli dell ' Italtecna ( il consorzio Iri - Italstat , quindi Dc , che dovrebbe garantire " l ' alta vigilanza sull ' esecuzione degli interventi " ) è così piovuta una valanga di richieste di finanziamenti per alberghi , imprese di trasporti e perfino per un centro commerciale per la vendita di prodotti in pelle che la signora Teresa D ' Argenio sarebbe lieta di aprire in Avellino città . Una città dove , come denuncia Maurizio Galasso del Wwf , dopo il terremoto c ' è stata una rovinosa speculazione edilizia : « E adesso vogliono costruire un ' autostrada che funzionerà da tangenziale per arrivare a un megacentro commerciale completato da tempo ma mai aperto . Rovineranno una delle ultime aree verdi » . Naturalmente , tutto il fervore economico che si è impossessato dell ' Irpinia provoca anche benefici indiretti : è il famoso " indotto " , parola magica che i politici locali spiattellano quando si fa loro presente che il costo per ogni posto di lavoro creato finora è di 2 miliardi e mezzo di lire e di circa un miliardo a persona . Cifra smentita dal responsabile ( avellinese ) dell ' Ufficio che eroga i fondi , Elveno Pastorelli : secondo lui il costo per addetto sarà meno di 300 milioni di lire . Ma solo quando ( e se ) le imprese cominceranno a produrre . Per ora la realtà è assai più preoccupante : « Soldi spesi , un migliaio di miliardi di lire . Industrie insediate a oggi : 57 . Posti di lavoro : 380 , invece dei 3.500 promessi . Per ottenere il costo pro capite basta fare una divisione » , spiega secco Angelo Giusto , responsabile enti locali del Pci irpino . Il quale desume i suoi dati dalla relazione presentata dallo stesso Pastorelli al Parlamento nel settembre 1988 , e aggiornata al luglio 1988 . È questa , ovvero esiste già , la relazione invocata da Bettino Craxi lunedì 12 dicembre 1988 al posto della commissione d ' inchiesta voluta dalle opposizioni , dal Pli e accettata perfino dai democristiani . E l ' indotto ? Un piccolo esempio è il dépliant dell ' hotel Colucci di Nusco , stampato dalla Poligrafica irpina . Questa è una delle 14 industrie che si sono stabilite nella zona industriale di Nusco . « La ricostruzione è stata una manna » , spiega Gerardo Calabrese , il proprietario , « perché prima operavamo già qui , ma ci mancavano le infrastrutture : strade , telefoni , l ' elettricità andava via 20 volte al giorno . Adesso si può lavorare » . LA POLIGRAFICA HA 28 DIPENDENTI , un fatturato di circa 2 miliardi di lire l ' anno , e ha ricevuto un contributo di 5 miliardi e mezzo . Accanto c ' è la Dielve , che produce vetro ultraresistente per l ' Enel : « Abbiamo iniziato due mesi fa , abbiamo 70 dipendenti » , dice l ' ingegner Carmine Tirri . Otto miliardi di lire li ha avuti la Dietalat , il cui stabilimento scintilla sotto il sole di fronte a un prato dove pascolano le pecore . Questo è il più grosso regalo che Calisto Tanzi , il padrone della Parmalat e di Odeon tv , abbia fatto al suo amico Ciriaco : 58 nuschesi da due anni sfornano focaccine e pizze . Veramente l ' impegno era per 101 dipendenti , ma la legge consente che il 70 per cento del totale possa essere raggiunto nello spazio di quattro anni . « E adesso » , annuncia Sergio Piccini , portavoce della Parmalat , « con il lancio della tortafrutta faremo 35 assunzioni a tempo determinato » . Un regalo ancora più grande , però , è stato Ciriaco a farlo . A se stesso : la più imponente delle otto nuove aree industriali in provincia di Avellino sarà questa di Nusco , con 200 miliardi di lire di contributi alle 14 aziende ( che promettono a pieno regime 980 addetti ) , accompagnati da investimenti in superstrade , elettrodotti , acquedotti . Inoltre sono vicinissime a Nusco anche altre due aree industriali : quelle di Sant ' Angelo dei Lombardi ( due imprese , 178 addetti , 29 miliardi di lire di contributi ) e Morra De Sanctis ( cinque imprese , 594 addetti , 95 miliardi di lire ) . Guarda caso , a Morra De Sanctis è nato Giuseppe Gargani , 53 anni , da sempre fedelissimo di De Mita , presidente della commissione Giustizia alla Camera ( nel 1987 ) , e soprattutto - da quando in aprile Ciriaco è diventato presidente del Consiglio - coordinatore della segreteria Dc . Cioè , numero due del partito . A Morra si è verificato l ' ormai celebre fiasco della Tormene , che avrebbe dovuto produrre barche in un cantiere piantato in mezzo ad aspre montagne . Costo per il contribuente : più di 4 miliardi di lire . Ma neanche le altre tre iniziative ( Fisa , Flexplan e Teletecnica ) hanno avuto sorte migliore : nonostante abbiano ingoiato 16 miliardi di lire di contributi , rimangono fantasmi . Allora l ' anno scorso è intervenuta , provvidenziale , l ' Aeritalia di Napoli ( che nella lottizzazione delle Partecipazioni statali spetta alla Dc ) , la quale , in cambio di 75 miliardi di lire , promette di creare 360 posti di lavoro . A Sant ' Angelo dei Lombardi si sono installate due aziende : la Ferrero , che dà lavoro a 127 persone ( contributo : 24 miliardi di lire ) e la Ifs ( Industria filtri Sud ) . I capannoni di quest ' ultima sono terminati , perfetto è il raccordo stradale : peccato che non ci sia alcun segno di vita . La Ferrero , invece , la scorsa settimana si è assunta anche un altro incarico molto importante perla provincia di Avellino : sollecitata dal prefetto Raffaele Sbrescia e dalla Coldiretti , si è impegnata a comprare ben ottantamila quintali di nocciole ( materia prima della Nutella ) dai diecimila contadini irpini che negli ultimi due anni sono stati messi in crisi dalla concorrenza turca . Così , grazie alla piemontese Ferrero , gli alberi di nocciole irpini non saranno tagliati . Un ' altra grande industria del Nord che è calata in provincia di Avellino approfittando dei contributi post terremoto è l ' altoatesina Zuegg . Si è stabilita nell ' area industriale di San Mango sul Calore , vicina , questa , al paese di Montefalcione , dove è nato Nicola Mancino , presidente dei senatori de da quattro anni e capogruppo al consiglio comunale di Avellino . A San Mango , però , per ora tutto tace . La Zuegg offre solo lavori stagionali ai suoi 40 addetti che producono marmellate . Ma anche le altre nove industrie non sono ancora in produzione , nonostante i 129 miliardi di lire di finanziamenti a fondo perduto e i capannoni che sono quasi tutti già pronti . « Inizieremo l ' attività entro la fine dell ' anno » , promette Helmut Kling , un imprenditore tedesco che ha ricevuto 22 miliardi di lire per il suo calzaturificio , dove dovrebbero lavorare 200 persone . Il problema è che il signor Kling ha già un calzaturificio a Mercogliano , nella zona industriale di Avellino . Adesso vorrebbe che una cinquantina dei suoi 160 operai di Mercogliano si trasferissero a San Mango , che dista 30 chilometri , per avviare gli impianti . I sindacati e anche il sindaco di Mercogliano lo accusano di stare preparando la chiusura o la vendita del vecchio impianto , per trasferirsi nel nuovo . In pratica , un rinnovo degli impianti a spese dello Stato . Kling nega , e assicura di volersi tenere entrambi gli stabilimenti . Nella zona industriale di Lacedonia il caso più significativo è quello della Mulat . Siamo nel feudo del senatore dc Salverino De Vito , 62 anni , non rimpianto ministro per il Mezzogiorno fino all ' anno scorso . De Vito è anche sindaco di Bisaccia , comune dove nel 1987 c ' erano ancora 450 famiglie in container . Quattro anni fa la Mulat , un ' azienda che impacchetta latte ( tedesco : quello munto dalle vacche locali è considerato troppo acido ) , ha chiesto e ottenuto 20 miliardi di lire promettendo 98 posti di lavoro . Ebbene , oggi i 23 dipendenti sono in cassa integrazione , e il proprietario vuole chiudere . Il proprietario è il fratello del segretario regionale della Dc campana , l ' avellinese Antonio Argenziano . Anzi , proprio segretario no : è " coordinatore della segreteria " , in attesa che l ' attuale segretario , il senatore Ortensio Zecchino di Ariano Irpino ( demitiano di ferro ) si faccia più in là . MA ZECCHINO TITUBA , NON VUOLE mollare la poltrona : meglio il partito o lo Stato ? E allora , per tener calmo lo scalpitante Argenziano , gli regala una seconda poltrona : consigliere di amministrazione della Usi di Ariano Irpino . Non è finita . Argenziano di poltrone ne ha quattro . È anche responsabile enti locali della Dc di Avellino , e soprattutto presidente della potente Asi ( Associazione sviluppo industriale ) , la quale vorrebbe prendere in gestione le aree industriali . Così forse potrà fare altri favori alla Mulat di suo fratello . Nel turbinio della vita politica irpina c ' è stata la nomina del socialista Pasquale Ferrara a vicepresidente dellAsi . Lo ha messo lì non il Psi , ma la Dc : Ferrara era consigliere comunale di Avellino , mala prima non eletta socialista , Enza Battista , aveva fatto ricorso per brogli . Allora il capogruppo dc Mancino , piuttosto che rischiare di perdere la maggioranza assoluta conquistata nel 1985 , si è trasformato in paciere per le liti socialiste : ha fatto entrare la Battista in consiglio comunale tacitandola , e ha ricompensato Ferrara con la vicepresidenza dell ' Asi . Ecco , la Dc di Avellino è una macchina così oliata e perfetta da poter risolvere persino le liti altrui . Ai recalcitranti promette posti , gli irriducibili sono emarginati . I figli e i giovani , se fedeli , vengono ricompensati : così Biagio Agnes da Serino ha assunto al suo Tgl Francesco Pionati , figlio dell ' ex sindaco dc di Avellino Giovanni Pionati , nonché Gigi Marzullo , irpino noto più come accompagnatore della first baby Antonia De Mita che per la sua attività giornalistica . L ' unico ribelle è rimasto Giuseppe De Mita , nipote di Ciriaco . La sua tremenda colpa ? Democristiano , ma andreottiano .
Perché Panagulis è stato ucciso ( Fallaci Oriana , 1976 )
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Invece di mandargli i fiori , ho fatto stampare 5mila manifesti per il giorno del suo funerale . Li ho fatti stampare con la fotografia che a me piace di più , e con una delle sue poesie che a me sono più care , e con una frase che mi venne spontanea quando seppi che lo avevano ammazzato ma ora la ripetono tutti come uno slogan . La fotografia è quella che gli scattarono il giorno in cui fu eletto deputato , e sorride il sorriso di un bambino felice , e alza il pugno in segno di vittoria . La poesia è quella che dice : « Non piangere per me / Sappi che muoio / Non puoi aiutarmi / Ma guarda quel fiore / quello che appassisce ti dico / Annaffialo » . La frase che ora tutti ripetono come uno slogan è questa : « Nel 1968 Alessandro Panagulis fu condannato a morte perché cercava la libertà . Nel 1976 Alessandro Panagulis è morto perché cercava la verità e l ' aveva trovata » . Tu sai di quale verità sto parlando . In Grecia lui la trovò soprattutto a proposito dell ' Esa e delle responsabilità sulla invasione di Cipro . Me ne parlò subito , con gli occhi che gli ridevano di gioia fanciullesca . A Roma , mi pare . « Altro che rapporto Pike , altro che rapporto Church » , mi disse . Erano documenti autografi , firmati dagli stessi responsabili . « Ma come li userai ? » . Rispose : « Pubblicherò un settimanale . Il primo numero avrà in copertina la lettera autografa del personaggio più compromesso . Al secondo numero mi fermeranno , forse . Ma ormai avrò fatto sapere l ' essenziale » . Per un mese non discutemmo d ' altro . Si accorse ben presto che non avrebbe mai trovato quei soldi , o non abbastanza in tempo , e così si decise a dare alcuni documenti a Ta Nea , un quotidiano di Atene . Erano i documenti meno sensazionali , gli hors d ' uvre . Suscitarono lo stesso un inferno , e alla sesta puntata Averoff intervenne : la magistratura proibì di continuare le pubblicazioni . Averoff : il ministro della Difesa . Il suo nemico . Mentre la pubblicazione avveniva , Alekos ( Panagulis , ndr ) era in Italia . Arrivando mi aveva detto d ' esser venuto per scrivere un libro . Ma io avevo capito subito che la ragione era un ' altra , che aveva bisogno di stare qualche settimana lontano dalla Grecia dove si sentiva in pericolo . Non gliene chiesi conferma perché sapevo che non gli piaceva farmi partecipe di certe preoccupazioni e angosciarmi . Abitava a casa mia , naturalmente . Ed era sempre così inquieto . Doveva tornare in Grecia dopo 30 giorni . Al trentesimo giorno disse : « Posso rimandare la partenza di 24 ore » . Al trentunesimo giorno disse : « In fondo posso rimandarla anche di 48» . Al trentaduesimo giorno disse : « Potrei rimandarla anche d ' una settimana » . E allora fui certa che in Grecia stava rischiando davvero la vita . Ma non lo pregai di restare in Italia . Era una di quelle creature che bisogna lasciar morire se hanno deciso di morire . Perché , se l ' hanno deciso , vuol dire che è giusto così . Una dura lezione che avevo imparato quand ' era in esilio in Italia , nel 1973 e nel 1974 , e lottava contro i colonnelli . Ogni tanto spariva . Andava in Grecia , grazie a un passaporto falso . Scendeva all ' aeroporto di Atene , con quei baffi e con quella pipa che lo facevano riconoscere tra mille , e fieramente passava tra le maglie della polizia , sotto gli sguardi di coloro che volevano ammazzarlo . Quando lo accompagnavo all ' aeroporto , non mi chiedevo mai se sarebbe tornato . Mi limitavo a sperare che tornasse . Tornava sempre , ridendo . No , in certi casi anche piangendo . Come la volta in cui aveva trovato tutte le porte chiuse . Gli amici che ora si definiscono tali e piangono lacrime di coccodrillo sfruttando la sua morte ( come quel Papandreu che egli non rispettava ) non gli aprivano dicendo : « Ho famiglia » . Tornò anche dalla Spagna , dov ' era andato con un altro passaporto falso per aiutare la resistenza contro Franco . Tornava sempre . E questa volta non è tornato . Dovevamo vederci a Roma lo stesso giorno in cui avverranno i suoi funerali . A Roma avrebbe portato le fotocopie dei documenti , per metterli al sicuro in Europa . Alla fine di aprile lo chiamai ad Atene da New York . Gli chiesi : « Come va ? » . Rispose : « Molto male » . « Perché ? » . « Sono molto , molto triste . E molto , molto preoccupato » . Per divertirlo gli raccontai che i fascisti di Imperia mi avevano condannata a morte . Invece non si divertì . Rispose : « Anche me » . Replicai , tentando dell ' umorismo : « I fascisti d ' Imperia ? ! » . E lui : « No , i fascisti di qui » . E io : « Per i documenti ? » . « Già » . Da New York lo chiamai di nuovo il giorno in cui partii per rientrare in Italia . Era venerdì 30 aprile , poche ore prima della sua morte . Il suo tono era strano . No , non strano . Triste . No , non triste . Rassegnato . Sussurrai : « Stai attento » . E con quel tono triste , no , rassegnato , replicò : « Tanto , se vogliono farlo , lo fanno » . L ' indomani mattina ero a Roma . Pensai di avvertirlo per confermare il nostro appuntamento . Allungai la mano verso il telefono e , prima che sollevassi il ricevitore , il telefono squillò . Era l ' ex avvocato di Costantino di Grecia . Sembrava sconvolto . Quasi strillò : « Cosa può dirmi sulla morte di Panagulis ? » . Paradossalmente , rimasi calma . Stupidamente risposi : « Panagulis sta benissimo . Ci ho parlato poche ore fa » . E lui : « No , no , sembra proprio che sia morto . In un incidente automobilistico » . Composi due numeri : uno a Milano e uno a Roma . A Milano mi dissero che , in realtà , la voce era corsa ma la radio non l ' aveva confermata . A Roma mi dissero : « Un momento , ora controlliamo » . Erano quelli dell ' Ansa . « Sì , purtroppo è vero » . Allora chiamai un taxi e corsi di nuovo all ' aeroporto . Sull ' aereo sono stati gentili . Mi hanno dato un posto lontano da tutti : perché potessi piangere in pace , suppongo . Invece non ho pianto . Quello è successo dopo , quand ' ero proprio sola . Anche lui faceva così . All ' aeroporto di Atene c ' erano ad aspettarmi i suoi amici . C ' erano anche i fotografi che mi sparavano addosso fucilate di luce , e io mi vergognavo , mi sentivo ridicola , mi sembrava d ' essere la vedova nazionale . Io e gli amici siamo saltati in macchina . Diretti all ' obitorio . Sulla strada che porta in città , a un certo punto , c ' era una grande folla . Ho chiesto perché e mi hanno detto : « È successo lì » . Allora ho fatto fermare la macchina e sono passata attraverso la folla , pentendomi subito perché molti sussurravano : « Fallatzi , Fallatzi » e si scostavano come intimiditi . Il luogo era circondato da un cordone di poliziotti , e al di là del cordone c ' era un mucchio di ferri contorti color verde pisello . Due poliziotti m ' hanno fermato con la brutalità dei poliziotti : mettendomi le mani addosso . Non ricordo bene quel che è successo , ma gli amici dicono che ho buttato un poliziotto per terra , e ho spinto l ' altro molto lontano . Poi sono stata davanti a quel mucchietto di ferri color verde pisello ... E questi erano la sua Primavera , la sua Fiat . Erano tre anni che aspettavo , voglio dire che temevo , questo momento . Erano tre anni che dicevo a me stessa : prima o poi succederà . Aveva sempre avuto fortuna . Era sfuggito alla fucilazione ; era sopravvissuto a torture inumane ; era divenuto un poeta proprio attraverso quelle ; era uscito dopo cinque anni da un carcere atroce dove sembrava dovesse restare tutta la vita o morirci ; era passato indenne attraverso insidie , attentati ; era stato eletto deputato nell ' anniversario della sua condanna a morte ; era amato , venerato , adulato da alcuni fino all ' eccesso . Ma io non mi facevo illusioni . Del resto non faceva nulla per evitarlo . Lo sfidava ogni giorno quel suo destino di finire ammazzato . Forse non riesco a esprimermi . Capisci , non sono molto lucida . Non dormo da quattro notti e anche se cerco di non darlo a vedere perché detesto il dolore esibito , dentro sono un unico urlo . Ciò che cerco di spiegarti è difficile . Ma può riassumersi così : non c ' è stupore in me . O meglio , uno stupore c ' è : quello di non essere anch ' io in una cella frigorifera di quell ' obitorio . E non sono certa di sentirne sollievo . Quante volte , insieme , siamo stati inseguiti da un ' automobile che voleva ammazzarci . La prima volta fu nel settembre del 1973 , dodici giorni dopo ch ' egli era uscito dal carcere di Boyati . Praticamente , m ' ero trasferita ad Atene : non solo perché lui me l ' aveva chiesto , non solo perché volevo stargli vicino , ma perché mi sembrava di aiutarlo con la mia presenza . Mi sembrava che avrebbero esitato a ucciderlo se , per uccidere lui , dovevano uccidere anche me . Abitavo nella sua casa di Glifada . Un giorno gli dissi che non conoscevo Creta . E mi portò a Creta . A Creta dissi che volevo vedere la reggia di Cnosso . E mi portò a Cnosso . Anzi , ci portò un suo amico , avvocato . Con l ' automobile . Ci accorgemmo presto che un ' altra automobile ci seguiva , con due tipi dalla faccia di poliziotto . Dunque questa macchina ci seguiva e , a volte , accelerava buttandosi contro di noi . Noi riuscivamo sempre a cavarcela andando più forte ma a un certo punto quelli presero ad accostarsi sulla nostra fiancata di sinistra , e a spingerci verso il precipizio . Ci salvò , per miracolo , un ' altra macchina della polizia . Salto gli altri episodi per non diventare monotona . Te ne aggiungo uno e basta : quello che avvenne nel settembre dell ' anno scorso . Nel settembre o in estate ? Eravamo andati a cena , io e Alekos , in una trattoria dove si mangia il pesce . Qui ci raggiunse una telefonata . Un ' automobile nera , gli dissero , passava da ore dinanzi al Politecnico e a intervalli buttava una bomba . La polizia non interveniva . Alekos ascoltò con calma e rispose : « Andrò a dare un ' occhiata » . Erano i giorni in cui si temeva un nuovo colpo di Stato . Aveva preso in affitto una Peugeot . Procedeva come un macinino di Stan Laurel e Oliver Hardy . E ciò lo divertiva perché diceva che io ero Stan Laurel e lui Oliver Hardy , cioè due disgraziati che si mettevano sempre nei guai . Tossendo e sputando , la nostra Peugeot giunse dinanzi al Politecnico . Qui ci fermammo e Alekos interrogò gli studenti . Stava interrogandoli quando la macchina nera apparì . Aveva una targa del corpo diplomatico , cd. A bordo c ' erano quattro uomini dal volto di fascisti . Alekos mi ordinò perentorio : « Andiamo » . Risalii sulla Peugeot , e lui con me . Partimmo e l ' automobile nera era ormai lontana . Ma presto riapparve , dietro di noi e ... A un certo punto non fu più chiaro chi seguiva e chi era inseguito . La sola differenza era che loro inseguivano noi per ammazzarci e noi inseguivamo loro per capire chi fossero e portarli dalla polizia . L ' agonia durò due ore e mezzo . L ' automobile nera ci condusse molto lontano , quasi fino al tempio di Sugno . A un certo punto , devo ammetterlo , ebbi molta paura . E non mi vergognai di gridarlo a quest ' uomo che non aveva paura di nulla , mai . Lui non rispose nemmeno . Ma il macinino di Stan Laurel e Oliver Hardy si comportò in modo glorioso . La trappola che ci avevano teso scattò solo alla fine , dopo che uno dei quattro fascisti era sceso dall ' automobile nera per dileguarsi . L ' automobile nera finse di lasciarsi inseguire e , in piena città , imboccò un vicolo cieco . Appena me ne accorsi , dissi ad Alekos : « Siamo in trappola » . Lui rispose freddo : « Lo so » . Allora aggiunsi : « Torniamo indietro » . E lui : « È troppo tardi » . L ' automobile nera entrò dentro un garage , in fondo al vicolo cieco . Si fermò , i tre scesero e si piazzarono in mezzo al garage ad aspettarci . Alekos fermò la Peugeot accanto all ' automobile nera e mi disse : « Tu resta in macchina » . Poi scese andandogli incontro . Lo seguii immediatamente . Alekos si avvicinò al tipo più minaccioso e sempre freddo , sempre calmo , gli tirò la cravatta . Poi mormorò , in greco e in italiano : « Vedi , questi sono fascisti greci . E non hanno coglioni » . L ' uomo col pacchetto posò la mano destra sopra il pacchetto . Poi , all ' improvviso , si buttò in ginocchio e cominciò a implorare pietà : « Alekos , noi ti ammiriamo , ti rispettiamo . Sei Panagulis . È stato tutto un equivoco » . E Alekos : « Meglio . Gli equivoci si chiariscono dinanzi alla polizia » . Non mi crederai ma riuscì a farsi seguire , stavolta , per portarli al Politecnico e consegnarli alla polizia . La targa cd era una targa falsa e ... Vedi , siamo qui nella sua stanza , io sto qui a parlarti distesa sul suo letto , e non riesco a credere che sia morto davvero . Eppure l ' ho visto morto . Non ci riesco , malgrado tutto ciò che ti ho detto prima , perché lui si comportava come se fosse immortale . Eppure parlava sempre di morte . Le sue poesie parlavano sempre di morte , di morti . Quando poi aveva la febbre ... Lo coglievano febbri violente , assai spesso . Le torture subite lo avevano rovinato . Una volta , a Firenze , lo portai a fare una radiografia per vedere se quelle febbri dipendevano dai reni o dai polmoni . E il radiologo , stupefatto , esclamò : « Ma è tutto rotto quest ' uomo ! Non ha nemmeno una costola intatta ! Ma cosa gli hanno fatto ? ! » . Queste febbri arrivavano anche a 41 , 41 e mezzo . Tremando diceva : « Muoio , Stavolta muoio , Oriana » . Però lo diceva ridendo . Temeva la morte o no ? È una domanda che mi sono posta spesso , senza darvi risposta . Ma ora posso dare una risposta . Non temeva la morte . Parlava della morte , ridendo , perché sapeva che sarebbe giunta assai presto : come una beffa . Un giorno gli lessi la mano . Aveva una mano strana , anzi terrificante . Sulle palme c ' erano solo tre segni . Quello del cuore , quello dell ' intelligenza , quello della vita . Quello del cuore e quello dell ' intelligenza erano senza fine , quello della vita si interrompeva bruscamente . Provai un brivido a guardarlo e gli dissi : « Vivrai fino a cent ' anni ! » . Spalancò la bocca immensa in una immensa risata ed esclamò : « Bugiarda ! Io non diventerò mai vecchio e l ' hai visto » . Gli dispiaceva , sai . Perché il sogno di Alessandro Panagulis era diventare vecchio . Vecchio e curvo come Ferruccio Parri che amava e ammirava . Per questo si vestiva quasi sempre da vecchio . Abiti severi , grigi o blu , camicie : bianche o color pastello , e sempre la cravatta . Per questo portava i baffi e fumava la pipa . Con quelle boccate lunghe , lente , da vecchio . Per questo camminava a passi così grevi , cardinalizi . Io lo prendevo in giro . Sapevo quanto gli piacesse Makarios , quanto ne ammirasse la ieraticità , e quando correvo ( tu lo sai , io corro sempre ) gli strillavo con impazienza : « E dai , corri ! Non fare il Makarios ! » . Un giorno mi disse : « Lasciami fare . Ci ho messo tanto a imparare a camminare come un vecchio » . Poi ebbe una pausa e aggiunse : « E a pensare come un vecchio » . Anche la sua saggezza era saggezza da vecchio . E le sue profezie erano le profezie di un vecchio . Te le declamava lentamente , mordendo la pipa , e a volte erano profezie così paradossali che non lo contraddicevi solo per il rispetto che suscita un vecchio . Io sono ... io ero un poco più vecchia di lui , eppure dinanzi a lui , con lui , mi sentivo più giovane di lui . Mi suscitava rispetto , capisci ? Infatti tenevo sempre conto dei suoi rimproveri . Però era anche un bambino , e ora non so come metterla insieme questa storia del bambino e del vecchio . Le sue esplosioni di gioia , ad esempio , erano esplosioni da bambino . Quand ' era felice , saltava e giocava come un bambino : fino a irritarmi . Anche i suoi dispetti erano dispetti da bambino . O da vecchio ? Anche i suoi capricci . E le sue disperazioni erano disperazioni da bambino . O da vecchio ? Così le sue allegrie . Se tu sapessi quant ' era allegro , buffo , divertente . Io non ho mai riso tanto come in questi tre anni con Alekos . Riso o sofferto ? Diventava la stessa cosa con lui . Guardiamo se posso spiegarmi . Non c ' è nulla di più odioso , secondo me , di un eroe . E Panagulis era un eroe . Ma era un eroe che ride . Soprattutto di se stesso . Si prendeva sempre in giro . Questo è il ritratto di un bambino o di un vecchio ; io temo che sia il ritratto di un genio . Ci ho messo tanto a capire che era un genio . Mi rifiutavo di ammetterlo , anche per riuscire a tenergli testa . Avevo dinanzi a me , accanto a me , un mito delle folle . E , sia istintivamente che razionalmente , respingevo quel mito . Cercavo di ridurlo a dimensioni umane che in realtà non aveva . Perché tutto in lui era eccessivo . Di male c ' era così poco in lui . I suoi difetti erano tanto piccoli quanto le sue virtù erano grandi . E quando i suoi difetti ti esasperavano , non avevi che ricordare le sue virtù . Ad esempio la sua bontà , malamente nascosta dietro gli atteggiamenti bruschi . Ricordi quando perdonò ai suoi torturatori e chiese che Papadopulos , Makaresos , Pattakos , Joannidis non fossero condannati a morte ? Era ossessionato dalla libertà , lo sanno tutti , ma anche dalla moralità . E questo non lo sanno tutti . Diceva , pensa , che la politica è moralità . Per questo fece la sua campagna elettorale con poche lire , pubblicizzato soltanto da qualche manifesto grande come un francobollo , e dai suoi discorsi pronunciati senza retorica e senza lusinghe . Parlava alla folla con voce bassa , dicendo che lui non prometteva miracoli perché i miracoli non esistevano . Non ho mai visto qualcuno chiedere d ' essere eletto a quel modo , cioè maltrattando in tal modo i suoi possibili elettori , fustigandoli , rimproverandoli . Era un uomo indulgente con tutti , capiva come nessuno le debolezze e le colpe che nascono con la vita . Eppure diventava rigido come un angelo vendicatore quando toccava il tema della moralità . Io gli dicevo : « Fai la politica come un predicatore » . E lui rispondeva : « No , faccio la politica come un poeta » . Un poeta che ride . Una volta si trovò nel mezzo di una manifestazione di ostetriche che facevano anche lo sciopero della fame . Così ordinò a sua madre di portare alle ostetriche un soccorso di uova sode . Sua madre giunse mentre la polizia le attaccava . Così lui agguantò il cesto delle uova sode e con quelle , una a una , si mise a bombardare i rappresentanti dell ' ordine . Il capo della polizia lo riconobbe . Lo affrontò e gli disse : « Onorevole Panagulis , sono il colonnello Tal dei Tali » . Alekos posò l ' uovo sodo , gli si avvicinò , gli strappò le spalline coi gradi , e rispose : « Ora non lo è più . L ' ho degradato » . Gli intentarono un processo per questo . Ma l ' intero Parlamento votò quasi all ' unanimità perché il processo non avvenisse . Dico « quasi all ' unanimità » perché ci fu un voto contrario : il suo . E lui lo motivò dicendo : « Sì , l ' ho degradato . Ma non era mica legale . Farsi la legge da soli è un dovere quando la legge non c ' è perché la democrazia non esiste . Ma ora la democrazia esiste . Be ' ... comunque esiste un Parlamento » . Mi dicono ( e credo sia vero ) che durante l ' episodio delle ostetriche il presidente del Parlamento gli chiedesse esasperato : « Scusi , onorevole . Ma cosa c ' entra , lei , con le ostetriche ? » . E Alekos : « Mi hanno fatto nascere , signor presidente . E a me piace tanto essere nato . Peccato che abbiano fatto nascere anche lei » . Si divertiva anche a fare il deputato . Si divertiva a fare tutto . Trasformava ogni suo problema personale in una burla da Ulisse . Era Ulisse . La sua Itaca non esisteva . Per lui esisteva soltanto il viaggio . E a interrompere il viaggio , la vita , può essere solo la morte . Il concetto che esprime nella più bella delle sue poesie , Taxidi . Quella che mi ha dedicato . Il concetto , anche , che mi regalò con una frase che ho messo nel mio libro Lettera a un bambino mai nato . Quella che dice : « Benedetto colui che può dirsi : io voglio camminare , non voglio arrivare . Maledetto colui che s ' impone : voglio arrivare fin là . Arrivare è morire , durante il cammino puoi concederti solo fermate » . E sua anche la frase che chiude il libro : « Perché la vita non muore » . Me la gridò una notte , in questa stanza , arrabbiato perché facevo morire la protagonista del libro . Solo con una persona non si divertì mai : col ministro della Difesa Averoff . Quello che ha dichiarato stamani : « Io non permetto nemmeno che il mio nome venga citato nella storia dei documenti scoperti dal signor Panagulis » . Quello che oggi non si è presentato in Parlamento dove l ' intera seduta era dedicata alla commemorazione di Panagulis . Quello che dice : « Voglio quei documenti e li avrò » . Del resto non fu Averoff a sollecitare la sentenza della magistratura che ne interrompeva e ne proibiva la pubblicazione ? L ' inimicizia , mi pare , scoppiò quando Alekos scrisse per L ' Europeo un articolo dove indicava in Averoff l ' elemento più reazionario dell ' attuale governo e l ' uomo più legato alla Cia . Lo indicava anche come l ' ideatore e il direttore del colpo di Stato andato a monte verso la fine del 1975 . Averoff tentò di prenderla sportivamente . Cercò di farlo incontrare e ammansire , si dice , con la sua bella figliola . Una extraparlamentare di lusso , ovviamente di estrema sinistra . Ma il tentativo non riuscì . Allora Averoff attese d ' incontrarlo nei corridoi del Parlamento . Gli andò incontro a braccia spalancate , un sorriso mellifluo sotto i baffetti alla Charlot , e : « Alessandro carissimo , ma cos ' è questa incomprensione tra noi ? Siamo due persone intelligenti , civili , quindi capaci di trovare un punto di intesa . Perché non discuterne ? Parliamone a cena » . E Alekos : « Signor ministro , i problemi del popolo non si discutono a cena . Si discutono in Parlamento » . Incominciò a quel modo la lunga , spietata serie delle sue interrogazioni al signor ministro . Alekos le chiamava domandine . Solo nei casi più gravi , domande . E , nei casi gravissimi , superdomande . Quasi a ogni telefonata mi diceva : « Stamani il domandiere ha fatto arrabbiare di nuovo Averoff » . All ' inizio Averoff rispose con grande indulgenza . Ma poi divenne sempre meno indulgente . Diciamo subito che io non so niente di quel che è successo negli ultimi giorni tra Alekos e Averoff . Non ero ad Atene . Però mi è stato detto che avvenne una telefonata assai drammatica , la settimana scorsa , tra i due . Alekos disse : « Signor ministro , lei mi minaccia . Io non la minaccio , ma lei mi minaccia » . Lo disse tre volte . Me lo ha confermato anche un eminente uomo politico spiegandomi che ad Atene l ' episodio è conosciuto da tutti . L ' eminente uomo politico al quale alludevo poco fa sostiene addirittura che stare in casa di Alekos è follia . Non dimentichiamo che , quando Alekos era vivo , la porta è stata forzata più volte . E più volte vi hanno lasciato minacce scritte o stampate , anche in italiano , con la firma Ordine Nero . L ' eminente uomo politico ha preso l ' iniziativa di chiedere che sul marciapiede sosti , giorno e notte , una guardia in uniforme . Affacciati alla finestra . Guardalo : è quello lì , poveretto . Scommetto che muore di sonno e mi maledice . E poi perché questa sollecitudine viene esibita con tanto ritardo e per me ? Perché non imposero ad Alekos d ' esser protetto da un poliziotto sul marciapiede , anzi da un poliziotto che lo seguisse in automobile per impedire che qualche automobile tentasse di buttarlo fuori strada come a Creta , come a Sugno ? Lo sapevano bene quanto fosse minacciato . No , no , lungi dal sembrarmi follia , stare qui a me sembra un dovere . Bisogna pure che qualcuno dimostri come in questa stanza resti accesa una luce anche ora . Magari , alzando lo sguardo verso queste finestre , chi passa è portato a pensare che Alekos è ancora qui : coi suoi documenti . E comunque , finché resto ad Atene , per i suoi funerali , mi sembra di aiutarlo a ricordare che è vivo . Vivo quanto quei documenti che non ha fatto in tempo a consegnarmi in fotocopia , che non so dove siano , ma che prima o poi verranno fuori . Vedrai . E allora anche in Parlamento se ne dovrà parlare , e nessuno potrà permettersi d ' essere assente : come ha fatto ieri Averoff . A proposito : lo sai che il lunedì 3 maggio Alekos avrebbe rivolto un ' interrogazione a Karamanlis , per quei documenti ? Era la sua ultima carta . E , vedi caso , lo hanno ammazzato proprio la notte tra venerdì e sabato . Ti ripeteranno fino alla nausea che fu un incidente . Te lo dimostreranno con un capro espiatorio . Magari con un giovanottello che piange raccontando d ' aver commesso un errore di guida ed esser colpevole solo di omissione di soccorso . Succede sempre così . Ma non ci credere , mai . Testimoni hanno visto , e le perizie tecniche lo hanno dimostrato . Almeno un ' automobile ( sembra infatti che fossero due ) lo seguiva e lo provocava , mentre lui scappava invano . Era un ' auto che andava più forte della sua . Lo colpì una prima volta di dietro ( è dimostrato dalle perizie ) , poi gli si affiancò sulla sinistra e prese a spingerlo verso il margine della strada : più volte . Lui si trovava nella corsia centrale , fu presto obbligato a buttarsi sulla corsia di destra . E , da questa , sullo spiazzato che si stendeva oltre il marciapiede . Obbligato a spostarsi o buttato ? Diciamo buttato . Alekos tentò di riprendersi . Aveva riflessi prontissimi . Ma lo spazio era stretto , le luci della Texaco abbagliavano , e certo non vide che lo spiazzato s ' interrompeva su un vuoto che era la corsia d ' ingresso a un garage . Una corsia in discesa , ripida , e limitata dal muro contro cui si schiacciò . Si schiacciò con tale violenza che la sua Primavera divenne corta corta . Dicono che sia morto sul colpo . Lo spero . Io continuo a chiedere ai medici e agli esperti : se ne sarà accorto che non sarebbe diventato mai vecchio ? E loro mi rispondono no , non ne ha avuto il tempo , è precipitato e si è schiacciato nel giro di mezzo secondo , un terzo di secondo , è svenuto nello stesso momento in cui questo è avvenuto . Lo spero . Il suo assassino , intanto , girava con una svolta a U , per tornare di nuovo in città . Ed erano le una e 52 del mattino di sabato primo maggio festa dei lavoratori . Lunedì mattina Alekos avrebbe dovuto rivolgere un ' interrogazione a Karamanlis sulla faccenda dei documenti . Per insultarlo anche da morto ti diranno anche quale percentuale di alcool gli hanno trovato nel sangue : omettendo di chiarire , s ' intende , che era una percentuale minima , ancora al di sotto di quella consentita dalla legge . Quella sera aveva bevuto , insieme ad altri quattro , solo una bottiglia di vino . I quattro erano quattro vecchi , amici suoi . Erano rimasti insieme fino a mezzanotte e mezzo , forse di più . Poi lui li aveva accompagnati a casa , uno a uno . La tragedia è successa all ' una e 52 mentre tornava verso Glifada : per dormire a casa di sua madre . Quando temeva d ' esser aggredito , preferiva dormire laggiù . Ho detto tornava perché il ristorante dove aveva mangiato è a Glifada . Ed è lo stesso , all ' aperto , dove andò dopo esser uscito dalla prigione , la prima volta che rientrò in un ristorante . Ci andammo insieme . Scendendo dal taxi diceva : « Sono molto felice , I am very happy » . Poi , quando entrammo , fu chiaro quanto gli costasse ogni piccola felicità . Il fatto di sentirsi riconosciuto , guardato , additato , come l ' attentatore di Papadopulos , l ' eroe del nostro tempo , lo riempiva d ' imbarazzo e di angoscia . Procedeva confuso tra i tavoli , stringendomi forte la mano , quasi vi si volesse aggrappare . Una volta seduto , si mise a fissare la tovaglia . Ci misi tanto a fargli sollevare lo sguardo verso il cielo per dimostrargli che non era più in prigione , e che in cielo c ' eran le stelle . Tu non crederai a ciò che sto per raccontarti , lo so . Dirai che è teatro . Ma tutto ciò che accadeva con lui , e a lui , era anche teatro . A un certo punto , quella sera , cadde una stella . E io feci a tempo a esprimere un desiderio : che vivesse ancora un po ' . Quest ' uomo scomodo , diverso da tutti , dai più accettabile solo da morto . Dopo aver visto la sua Primavera ridotta a un mucchio di ferri contorti , sono risalita in macchina e sono andata all ' obitorio . Anche dinanzi a questo c ' era una gran folla . E , tra la folla , c ' erano i medici e gli avvocati giunti dall ' Italia per una superperizia . Per vederlo ci voleva il permesso del ministro della Giustizia da cui dipendeva l ' arrivo di due funzionari di nonsoché . I due funzionari erano attesi da un ' ora e mezzo . Ho chiesto il numero del signor ministro e sono andata a telefonargli da una cabina . Non sono stata gentile . Gli ho detto che sarei entrata in quell ' obitorio coi suoi funzionari o senza i suoi funzionari . L ' interno dell ' obitorio era una scatola bianca e illuminata da luci vivide , al neon . Da un lato c ' era un cassone di metallo con nove sportelli . Nel primo sportello in basso , a sinistra , c ' era Alessandro Panagulis : hanno detto . Ho sentito una grande stanchezza . Mi sono appoggiata al muro . Mi ha scosso il lampo di un flash . Hanno fatto chiudere la finestra , e poi ci hanno mostrato le fotografie di Alekos dopo l ' autopsia . Così ci avrebbe fatto meno impressione vederlo , si sono giustificati . Nelle fotografie Alekos era disteso sopra una tavola , nudo , come quando lo torturavano nel 1968 alla centrale della polizia militare . La sola differenza , suppongo , era che qui non aveva le mani e i piedi legati . Molte fotografie offrivano particolari raccapriccianti delle sue ferite . Altre , i suoi organi estratti . Il medico greco ci ha spiegato che gli era scoppiato il cuore , che il fegato s ' era rotto in 19 punti , che la milza non esisteva più , che il femore destro s ' era frantumato in mille pezzetti , che il polmone destro era ridotto a uno straccio . E così mi sono ricordata di un ' altra sua poesia . Quella che dice : « Non ti capisco Dio / Dimmi di nuovo / Mi chiedi di ringraziarti / o di scusarti ? » . Mi sono anche ricordata di com ' era quando rideva , e quando saltava , e quando giocava , tutto contento d ' essere nato . E il giorno in cui l ' avevo accompagnato , per la prima volta dopo anni di calvario , a nuotare , nel mare . E il giorno in cui aveva giurato come deputato in Parlamento e dallo scanno si era girato a guardarmi lassù sulle tribune , frenando un sorriso , perché sapevo che le sue suole erano consumate e temevo che alzandosi scivolasse . Ma io mi sono pentita di esser lì e ho avuto tanta voglia di scappare per non vederlo come nelle fotografie dell ' autopsia . Invece loro hanno aperto lo sportello della prima cella frigorifera in basso a sinistra , e hanno tirato fuori una lastra di metallo su cui stava un fagotto insanguinato . E hanno aperto il fagotto e hanno scoperto Alekos che dormiva serio serio , con un visino bianco bianco . Mi sono inginocchiata davanti a lui e gli ho accarezzato i capelli . Erano molto freddi , e ho ritirato la mano . Non posso dirti altro . O forse non voglio . Dovrei raccontarti , altrimenti , qual è l ' odore dell ' odio .
Le dieci morti sospette avvolte nel mistero ( Protti Daniele - Provvisionato Sandro , 1992 )
StampaPeriodica ,
Un elenco di dieci morti misteriose . La sensazione che scorrendo quei nomi si stia toccando un filo rosso sangue . Il sospetto che quelle morti siano tutte legate alla tragedia di Ustica e vadano quindi ad aggiungersi alle 81 persone uccise a bordo del DC-9 dell ' Itavia il 27 giugno di 12 anni fa . L ' angoscia che dei misteri di Ustica si possa anche morire : perché chi sa non parla e chi potrebbe parlare deve tacere per sempre . Ma chi uccide i testimoni ? Con un meticoloso lavoro di inchiesta L ' Europeo ha ricostruito la storia di quelle dieci morti . Di quegli uomini venuti in contatto con i segreti di Ustica . Tutti morti in circostanze drammatiche . Tranne uno , sono tutti militari dell ' Aeronautica , sette ufficiali e due sottufficiali . Inoltre la loro tragica fine si colloca negli stessi luoghi dove in questi anni si è dipanato il filo dell ' inchiesta su quella strage . I misteri di Poggio Ballone . Sono sei le morti che ruotano attorno ai misteri del " radar dimenticato " di Poggio Ballone , il centro dell ' Aeronautica militare che sorge su una collina , pochi chilometri a nord di Grosseto . Per otto anni è stato nascosto ai magistrati che proprio quel radar puntato sul Tirreno aveva visto tutto la notte della strage . E quando nel 1988 i giudici Vittorio Bucarelli e Giorgio Santacroce , fino al 1990 titolari dell ' inchiesta , chiesero l ' elenco del personale in servizio la notte della tragedia , si accorsero che due nomi erano stati omessi : quelli del capitano Maurizio Gari e del maresciallo Mario Alberto Dettori . Entrambi erano in servizio la sera del 27 giugno 1980 . Gari era il " master controller " nella sala radar di Poggio Ballone , cioè il responsabile della sala stessa . Dettori procedeva invece all ' identificazione dei velivoli che solcavano il cielo . Entrambi sono morti : Maurizio Gari il 9 maggio 1981 è stato stroncato da un infarto , nonostante avesse soltanto 32 anni e , a detta dei familiari , godesse di ottima salute . Alberto Mario Dettori è stato invece trovato impiccato a un albero il 30 marzo 1987 . La mattina dopo la strage di Ustica alla moglie e alla cognata il maresciallo era apparso molto scosso . « È successo un casino , per poco non scoppia la guerra » , aveva confidato alle due donne , « siamo ancora in emergenza » . Prima di morire Dettori era stato sei mesi in Francia , alla base di Montangel , per un corso di aggiornamento . Da lì era tornato nervoso e spaventato . Che cosa avevano visto di tanto inconfessabile la notte di Ustica Gari e Dettori ? Perché i loro nomi erano stati cancellati dall ' elenco dei militari in servizio ? Ma prima ancora un altro importante testimone era scomparso : 1'8 agosto 1980 , a neppure due mesi dalla strage , l ' auto sulla quale , assieme alla moglie e ai due figli , viaggiava il colonnello Giorgio Teoldi si schianta lungo la via Aurelia . Teoldi era il comandante dell ' aeroporto militare di Grosseto , competente sul sito radar di Poggio Ballone . Il colonnello porta nella tomba un altro mistero i cui contorni sono venuti alla luce solo di recente : la sera della strage di Ustica , proprio mentre il DC-9 è in volo , tre aerei da guerra , due TF-104 biposto e un F-104 monoposto , erano decollati proprio dall ' aeroporto di Grosseto . Teoldi , in quanto responsabile delle piste di Grosseto , non poteva ignorare lo scopo delle loro missioni . Ma c ' è di più . Proprio su uno dei TF-104 erano in volo i capitani Ivo Nutarelli e Mario Naldini , anch ' essi morti , assieme all ' altro capitano Giorgio Alessio , tutti e tre della pattuglia acrobatica delle Frecce Tricolori , il 28 agosto 1988 nella tragedia di Ramstein , in Germania , che provocò un ' altra strage : 51 morti , oltre 400 feriti . La possibilità che esista un legame tra Ustica e Ramstein è incredibile anche se i Verdi tedeschi e alcune inchieste giornalistiche del quotidiano berlinese Tageszeitunge del settimanale Del . Spiegel hanno recentemente parlato di sabotaggio degli aerei . Prove ? Nessuna . Ufficialmente la causa di questa tragedia è stata attribuita a un errore di manovra del solista Ivo Nutarelli , un pilota peraltro espertissimo , con 4.200 ore di volo , che avrebbe commesso un tragico sbaglio nell ' esecuzione del cardioide , proprio quella che viene ritenuta una delle acrobazie più semplici . La coincidenza allarmante è che Nutarelli e Naldini sono morti una settimana prima della data fissata dai giudici che volevano interrogarli sulla loro missione la sera di Ustica . L ' interrogativo è : i due ufficiali dell ' Aeronautica videro o intuirono qualcosa che aveva a che fare col DC-9 dell ' Itavia ? Lo strano attentato delle Br Sempre nella zona di Grosseto , nel 1984 , ecco un altro misterioso incidente stradale . La vittima è Giovanni Finetti , sindaco di Grosseto . Poco dopo la strage di Ustica , Fin etti raccolse le confidenze di alcuni militari della Vam ( Vigilanza aeronautica militare ) secondo le quali due caccia si erano levati in volo dalla base di Grosseto per inseguire e abbattere un MiG libico . Nella battaglia aerea sarebbe rimasto colpito il DC-9 . Sulla base di queste voci , Finetti avrebbe preso a interessarsi della strage di Ustica e sarebbe morto pochi giorni dopo aver detto in giro che era sua intenzione rivolgersi alla magistratura . Un attentato anomalo . 11 20 marzo 1987 muore a Roma , in un attentato terroristico , il generale dell ' Aeronautica Licio Giorgieri . Due killer in moto lo freddano a bordo della sua auto . Giorgieri era il responsabile degli armamenti dell ' aviazione e stava lavorando al progetto europeo delle " guerre stellari " . Almeno è questo il motivo per cui le Unità combattenti comuniste ( Ucc ) con un volantino rivendicano l ' omicidio . Il delitto Giorgieri appare subito un delitto terrorista anomalo . Viene giudicato dagli esperti come il colpo di coda dell ' eversione rossa . Siamo infatti in un periodo in cui i terroristi nostrani hanno ormai da tempo deposto le armi . Anche la moglie del generale fin da subito dichiara di non credere alla matrice dell ' omicidio . La vicenda acquista contorni ancor più sospetti quando si apprende che a far sgominare la banda degli assassini del generale , al quale solo pochi giorni prima era stata negata la scorta , è un giovane terrorista che lavora come archivista al ministero dell ' Interno . E fa clamore la decisione di un giudice di scarcerare gli assassini di Giorgieri , condannati a pene pesantissime , appena tre anni dopo . Pochi sanno che all ' epoca della strage di Ustica Giorgieri faceva parte dei vertici del Rai , il Registro aeronautico italiano , la struttura che per prima fu investita dalla tragedia , quando ancora si pensava che la caduta del DC-9 fosse da attribuire a un cedimento strutturale . E responsabile del Rai all ' epoca era il generale Saverio Rana . Fu proprio Rana , pochi giorni dopo l ' incidente , che ipotizzò al ministro dei Trasporti Rino Formica la presenza di un caccia accanto al DC-9 . Rana , anch ' egli morto d ' infarto , aveva a disposizione tre fotocopie di tracciati radar . Da chi le aveva avute ? Forse proprio da Giorgieri ? Dell ' omicidio Giorgieri si è occupato in passato anche il giudice Santacroce . Per quale motivo ? Un pezzo di motore nella bara Il giallo nel giallo di Ustica è rappresentato da un MiG libico , ufficialmente trovato il 18 luglio nel vallone di Timpa della Magara in provincia di Catanzaro . Sul fatto che quell ' aereo da guerra straniero sia precipitato sulla Sila la stessa notte della caduta del DC-9 ormai non ci sono più dubbi . 1 resti di quel MiG-23 , su incarico dei servizi segreti , vennero recuperati in tutta fretta e trasportati all ' aeroporto di Pratica di Mare ( Roma ) dalla ditta fratelli Argento di Gizzeria Marina . E proprio a Gizzeria Marina muore il 14 agosto 1988 il maresciallo dell ' Aeronautica Ugo Zammarelli . Stava camminando con un ' amica sul lungomare quando entrambi vengono investiti ad altissima velocità da un ' Honda 600 con in sella due giovani tossicomani . Ma mentre i corpi dei due ragazzi appaiono sfracellati , i cadaveri di Zammarelli e dell ' amica sono perfettamente integri . Nessuna autopsia viene fatta . Ma stranamente i bagagli del maresciallo , che ufficialmente si trovava a Gizzeria in vacanza , spariscono dal suo albergo . Si scopre che Zammarelli , in forza alla base Nato di Decimomannu , in Sardegna , non era in Calabria per diletto , ma stava conducendo un ' indagine proprio sul MiG libico caduto sulla Sila . Un suo amico , Gaetano Sconzo , giornalista dell ' Ora di Palermo , sul suo giornale riporta alcune confidenze di Zammarelli : stava indagando su Ustica ma temeva per la sua vita . Un altro maresciallo dell ' Aeronautica , che forse aveva a che fare con la strage di Ustica , è misteriosamente morto di recente . A 39 anni Antonio Muzio è stato freddato con tre colpi di pistola al ventre il 1° febbraio de11991 nella sua abitazione di Pizzo Calabro . Il fatto singolare è che la pistola era la sua , ma per gli inquirenti è escluso il suicidio . Fino al 1985 Muzio aveva lavorato all ' aeroporto di Lamezia Terme , uno scalo direttamente coinvolto nella vicenda del MiG libico , del suo recupero sulla Sila e della sua restituzione a Gheddafi . E dove sono stati custoditi la scatola nera del MiG e i nastri di registrazione dei voli . L ' ultima vittima di Ustica ? Il suo cadavere è stato appena sepolto . Sandro Marcucci , 47 anni , ex colonnello pilota della 46' Aerobrigata di stanza a Pisa , è precipitato con un Piper antincendio il 2 febbraio scorso . Marcucci era un pilota provetto . Eppure si è schiantato sulle Alpi Apuane come fosse un pivellino . L ' aereo è bruciato . C ' è chi giura di aver visto l ' aereo perdere stranamente quota e all ' improvviso . Poi , mistero nel mistero , nella sua bara viene trovato un pezzo del motore : è tutto fuso , tranne un tubicino di gomma . Il fuoco ha sciolto il metallo , ma non la gomma . Ma chi l ' ha nascosto accanto alle sue spoglie ?
NON POSSIAMO NON DIRCI EBREI ( Mughini Giampiero , 1982 )
StampaPeriodica ,
« Davide discolpati » . « Menachem Begin non è Adolf Hitler , ma neanche Davide » . « Non è antisemita chi giudica Israele » ... Con questi titoli sulla Repubblica , sull ' Unità , sul Manifesto è scoppiata , ai primi di luglio , una polemica virulenta , che dura ancora , sul giudizio da dare a proposito dell ' operazione Pace in Galilea dell ' esercito israeliano in Libano . Ha cominciato Rosellina Balbi , responsabile delle pagine culturali della Repubblica : « Perché la condanna della politica di Begin si trasforma in una demonizzazione dello Stato di Israele che finisce per coinvolgere tutti gli ebrei ? » . Le risposte fioccano senza risparmio di colpi bassi : Rossana Rossanda per difendere la causa palestinese esprime retoricamente un desiderio impossibile : « Voglio essere ebrea » , e poi si chiede : « Perché gli ebrei della diaspora sentono una tragedia morale per quel che accade in Israele ? » . Le accuse di sionismo e di antisemitismo si incalzano a vicenda . Ma chi ha ragione ? Cioè : fino a che punto i distinguo su Begin possono generare un diffuso antisemitismo ? Ricostruiamo da capo che cosa è successo , e cerchiamo di scoprire perché si ritorna a parlare di antisemitismo . LA MATTINA del 25 giugno , giorno dello sciopero generale contro la disdetta della scala mobile da parte della Confindustria , mentre il grande corteo sindacale che si concluderà a piazza del Popolo sta sfilando da più di un ' ora , Tullio Perlmutter , 40 anni , segretario della comunità israelitica di Roma ( 14mila membri ) , sente degli schiamazzi giù in basso , di fronte alla sinagoga . Perlmutter si precipita in strada , vede un gruppo di persone uscire dal corteo sindacale , avvicinarsi alla sinagoga e urlare ripetutamente : « Ebrei assassini ! » . « I membri del servizio d ' ordine sindacale erano seduti sui gradini della sinagoga . Stavano a guardare , senza dire nulla » , racconta Perlmutter . Insulti e schiamazzi in direzione della sinagoga continueranno a lungo , sino all ' oltraggio di portare una bara sotto la lapide coi nomi degli ebrei assassinati alle Fosse Ardeatine . In una lettera inviata immediatamente ai tre segretari confederali , il rabbino capo della comunità israelitica , Elio Toaff , 66 anni , lamenta che le manifestazioni di spregio antiebraico sono durate due ore e che erano di tale entità da far pensare che fossero state organizzate . « Non posso che deplorare vivamente gli episodi di intolleranza da lei denunciati » , risponde il segretario della Cgil , Luciano Lama , in una lettera a Toaff pubblicata dal Manifesto del3luglio . Ma nella lettera c ' è la più infelice delle espressioni : che quegli episodi trovavano una loro motivazione nella condanna delle azioni israeliane in Libano , tali , nel giudizio di Lama , da percorrere « una strada che porta alla spaventosa ipotesi di un vero e proprio genocidio » . SUCCEDE IL FINIMONDO . A sentire per primi l ' esigenza di controbattere l ' argomentazione di Lama , sono Giorgio Israel , 37 anni , professore di matematica , ebreo non praticante , e sua moglie Bruna Ingrao , figlia di Pietro Ingrao , una comunista " liberal " , cui sta sempre più stretta l ' ideologia comunista . Dice Israel : « In un corteo sindacale , uno solo che gridasse " Viva le Brigate Rosse ! " , sarebbe sopraffatto dal servizio d ' ordine tempo un minuto . i invece potuto accadere che per più di un ' ora siano stati lanciati degli insulti agli ebrei in quanto tali » . Israele sua moglie redigono un testo molto duro nei confronti del sindacato e lo fanno girare . Lo firmano alcuni intellettuali comunisti e molti degli intellettuali ebrei che avevano firmato l ' appello " Perché Israele si ritiri " del 16 giugno ; fra essi Ester Fano Damascelli , che ha avuto il padre ucciso alle Ardeatine . All ' appello rivoltogli dagli intellettuali , Lama risponde con una seconda lettera , questa volta calibratissima ( « mi ha soddisfatto pienamente » , dice Israel ) , pubblicata sulla Repubblica del 16luglio , dov ' è ribadito che mai e poi mai il sindacato darà spazio alla minima ombra di antisemitismo . Quello del 25 giugno resta un episodio isolatissimo , due ore di onta che non macchiano il rapporto della sinistra italiana con gli ebrei e con la loro cultura ? Secondo Luciano Tas , direttore del mensile ebraico Shalom , coautore con Fausto Coen di un libro sul dissenso ebraico in Unione Sovietica , la situazione è divenuta tale che la critica al governo Begin precipita in forme di ostilità verso gli ebrei in quanto tali . Gli episodi inquietanti non mancano . Alla manifestazione per i palestinesi , indetta un mese fa dai partiti democratici e dal sindacato , erano numerosissimi i cartelli che affiggevano l ' equazione Israele = nazisti . In quell ' occasione , Luigi Covatta , membro della direzione del Psi , poté parlare a stento : i fischi che punteggiarono il suo discorso divennero assordanti , quando Covatta disse che nessuna soluzione del problema palestinese era possibile senza un preventivo riconoscimento del diritto all ' esistenza di Israele da parte dell ' Olp . Tas racconta di amici ebrei cui , da un giorno all ' altro , i compagni di lavoro hanno tolto il saluto . Un lettore di Rinascita s ' è rammaricato di aver visto una scritta murale favorevole ai palestinesi che si concludeva con un " israeliani , per voi c ' è solo il forno " . I genitori di Paola Di Cori , una professoressa di storia che ha firmato tanto l ' appello " Perché Israele si ritiri " quanto l ' appello a Lama , s ' erano stupiti di non aver ricevuto l ' ultimo numero di Shalom , cui sono abbonati : lo hanno ritrovato nella spazzatura , dove offensivamente lo aveva cacciato una mano ignota . A molti ebrei non è sfuggito quel numero dell ' Unità del giorno successivo all ' attentato in cui perdette la vita l ' agente di guardia al domicilio romano di un esponente dell ' Olp , attentato poi rivendicato da terroristi neri : è un attentato che porta " inequivocabilmente " il marchio dei servizi segreti israeliani , scriveva in prima pagina il quotidiano comunista . L ' INDIGNAZIONE per questi episodi , in cui l ' ostilità verso Israele è totale e offensiva , non attenua , in moltissimi intellettuali ebrei , la critica dell ' operazione Pace in Galilea condotta dall ' esercito israeliano . Anche se resta aperta la discussione sulla necessità di rendere manifesta , in quanto ebrei , una tale condanna . « Non mi piace essere preso per il colletto e costretto a dire ogni volta quel che penso della politica israeliana , solo perché sono ebreo » , si rammarica Israel . « Non sarebbe più opportuno discutere di fatti , anziché affermare pregiudiziali a favore di questo o di quello ? » , dice Rosellina Balbi . La discussione era stata alimentata dall ' appello " Perché Israele si ritiri " , firmato da moltissimi intellettuali ebrei , in testa Primo Levi e Natalia Ginzburg . Un appello che qualcuno , per esempio Federico Coen , direttore di Mondoperaio , ha giudicato troppo critico verso Israele e s ' è astenuto dal firmare . Il dilemma " firmare o no ? " ha incrinato amicizie e , perfino , spaccato famiglie . Lo ha firmato Fiamma Nirenstein , redattrice dell ' Europeo ; lo ha giudicato invece un grave errore suo padre , Alberto Nirenstein , autore di Ricorda cosa ti ha fatto Amalek , la cronaca dell ' agonia del ghetto di Varsavia . Dice Giuseppe Damascelli , uno dei promotori dell ' appello : « Ho firmato " Perché Israele si ritiri " , ho firmato l ' appello a Lama , firmerò l ' appello per il riconoscimento dell ' Olp . So bene che nella loro carta costituzionale c ' è un articolo in cui si parla di " liquidazione dell ' entità sionista " , ma riconoscere 1'Olp è l ' unico modo per fargli togliere quell ' articolo » .
TRA IL TALMUD E LA ROBOTICA ( Galli della Loggia Ernesto , 1984 )
StampaPeriodica ,
« Sì , lo so , siete sempre animati dalle migliori intenzioni , venite in Israele per capire , per vedere come stanno veramente le cose . Poi dopo una settimana ve ne ritornate in Europa , negli Stati Uniti , e scrivete i vostri articoli - intelligenti , acuti , qualche volta cattivi - credendo di aver capito . Ma dia retta a me che sto qui da 30 anni e sono israeliano : capire è impossibile , non c ' è nulla da capire . Sono dei pazzi e questo è tutto . Si possono capire dei pazzi ? Dei pazzi con la vocazione al suicidio ? » . « Guardi quel che sta accadendo in queste settimane . Non bastano una trentina di partiti , un sistema elettorale dissennato fondato su una legge proporzionale ancora più rigida di quella che avete voi in Italia , una rissosità politica incredibile . Adesso ci si mettono pure questi gruppetti di fanatici religiosi , finanziati dagli ebrei americani , a organizzare il " Terrore contro il Terrore " , come lo chiamano , con piani di rappresaglia folli contro gli arabi . La verità è che appena gli ebrei vengono in contatto con lo Stato , con il potere , scatta nella loro testa un corto circuito micidiale , perché gli prende immediatamente la smania di mischiare lo Stato con la metafisica , con la morale , con la religione . E alla fine il risultato è quello di mandare in pezzi tutto , di distruggere anche il proprio Stato . F successo nell ' epoca biblica , sta succedendo di nuovo ora » . « Sa cosa si riprometteva il gruppo di terroristi ebrei scoperti un mese fa che avevano in mente di far saltare in aria la moschea di al - Aqsa nel centro di Gerusalemme ? Sa cosa vogliono i seguaci del rabbino Meir Kahane , una parte del Gush Emunin ( Blocco dei credenti ) ? Provocare la Guerra santa , scatenare orde di arabi infuriati contro Israele per vedere se Dio c ' è , se Dio è davvero con il suo popolo . Usare lo Stato per provocare Dio , per sistemare i propri conti con l ' Onnipotente e così distruggere lo Stato , suicidarsi : mi dica in quale altro Paese potrebbe succedere qualcosa di più folle » . « Prenda l ' esercito . Israele non ha un esercito , ha una cavalleria crociata . Altrove c ' è la fanteria , il genio , l ' aviazione ; in Israele no , qui sono tutti marines . Se l ' immagina cosa vuoi dire un esercito di 600mila marines ? Credo bene che vincono tutte le guerre . Ma da guerre combattute in questo modo , inseguendo un sogno , regolarmente non riescono poi a tirarsi fuori . E allora si chiedono cos ' è che non va , perché il mondo è cattivo , perché non li ama . Mi creda , non c ' è niente da capire . Io ho tentato di scriverlo tante volte sul mio giornale , ma so che è inutile : voi dell ' Occidente non ci credete , voi volete capire , siete divorati dalla fissazione di capire … » . « È VERO : GLI ISRAELIANI SONO PAZZI . Ma forse la verità è che non potrebbero essere altrimenti . E il primo motivo della loro inevitabile follia è nello spazio , nell ' estensione ridicolmente minuscola del loro Paese . Una popolazione di circa 4 milioni di abitanti pigiata in un territorio grande all ' incirca come le Puglie passa il proprio tempo a raccontarvi e a raccontarsi quanti minuti ci metterebbe a morire nel caso di un attacco di sorpresa . Con i vecchi confini pre 1967 ( gli unici ancora oggi internazionalmente riconosciuti ) , 18 chilometri separavano la Giordania da Tel Aviv , 35 da Haifa , 36 da Ashdod . E dietro niente , solo le acque del Mediterraneo . Visitare Israele diviene così , per un europeo , un ' iniziazione quasi insopportabile alla realtà nei suoi dati più bruti , a una visione del mondo in cui una roccaforte naturale può far premio su qualsiasi buon proposito della ragione astratta . Ricattati , ecco come ci si sente quando si viene qui » . « Perché si fa presto , in un tinello europeo , a leggere distrattamente su un giornale " tiri di katiuscia d ' oltreconfine su Kiryat Shmona " o " colpi di artiglieria sul Golan " , e a pensare distrattamente alle solite scaramucce tra arabi e israeliani . Ma solo se uno va in cima al Golan capisce che fa una bella differenza stare sotto con il nemico che tiene l ' orlo dell ' altipiano e che può divertirsi quando gli va a genio a sparacchiare un colpo qui un colpo là . Qui le distanze non sono chilometri , ma da 35 anni tutto si è sempre giocato in poche centinaia di metri che hanno fatto la differenza tra la vita e la morte , lungo un confine che correva tra le case , di fronte a un balcone » . « È UNA SORPRESA sconvolgente , questa della crucialità dello spazio che riporta chi viene dall ' Europa al Medioevo , quando scoppiavano guerre feroci per il possesso di un guado . Ed è una sorpresa che incrina molte certezze intinte nella sicumera . Sì , gli israeliani sono dei pazzi . Dentro ognuno di loro sonnecchia un potenziale capo di Stato maggiore . La vede Gerusalemme laggiù , chiusa dentro un muro di colline a doppio ferro di cavallo con due piccoli passaggi , uno verso ovest , verso Tel Aviv e il mare , e l ' altro verso est , verso il deserto di Giudea e la Giordania ? » . « Prima del 1967 noi avevamo nelle nostre mani , in pratica , solo una striscia d ' asfalto che attraversava il primo passaggio e la parte occidentale della città . Qui , sulle creste tutt ' intorno , c ' era in permanenza mezzo esercito giordano in postazione , con cannoni , bunker , mitragliatrici ; le sue linee arrivavano fin dentro Gerusalemme . Lo so , voi non volete trasferire qui la vostra ambasciata perché non siete disposti a riconoscere la nostra annessione della parte est della città e della zona collinare , ma mi dica : lei cosa pensa che avremmo dovuto fare quando re ibn Talal Hussein , credendo di sbatterci fuori in poche ore , fu così pazzo da cedere alle pressioni di Gamal Abdel Nasser e da attaccarci ? Lo dica , cosa 1 avremmo dovuto fare ? » . Il mio accompagnatore israeliano mi guarda con l ' aria effettivamente incuriosita di chi in cuor suo ha già deciso da un pezzo che da Gerusalemme non se ne andrà neanche morto . Così come c ' è da giurarci che non se ne andranno mai dalle loro case gli abitanti degli insediamenti ebrei in quella che noi ci ostiniamo ancora a chiamare Cisgiordania o " West Bank " e per loro è invece la Giudea e la Samaria . Da anni tutto il Paese è un immenso cantiere . In una nuvola di polvere , tra bulldozer e camion giganteschi , lo spazio israeliano si sta trasformando , specialmente lungo l ' asse costituito dalle due nuove strade che collegano rapidamente la Cisgiordania con il territorio entro i confini pre 1967 : la Allon Road , che da Gerusalemme percorre la Valle del Giordano in direzione nord - sud parallelamente al fiume , e la Transamaria che su una direttrice est - ovest congiunge Tel Aviv con il cuore dei territori occupati . Lungo il loro tracciato , così come sulle colline che circondano Gerusalemme , crescono a vista d ' occhio agglomerati urbani stranissimi . Da lontano hanno l ' aspetto di maestose fortezze , muraglie grigiastre poste a guardia delle valli che si aprono ai loro piedi . E in effetti di questo si tratta , di veri e propri quartieri concepiti innanzitutto a scopi militari . Due cinture di questi agglomerati - a un paio di chilometri dalla città la prima , a una quindicina la seconda - serrano Gerusalemme in una protezione impenetrabile e la fanno israeliana , ebrea per sempre . I blocchi di appartamenti hanno in genere forma circolare o poligonale , con all ' interno una corte cui si accede attraverso uno stretto portoncino ; finestre , terrazzi , ballatoi sono studiati per respingere un attacco , per piazzarci una mitragliatrice e vender cara la pelle . Autentici castelli feudali del ventesimo secolo , hanno il fascino un po ' sinistro delle architetture dei fumetti di fantascienza . Identici sono il senso e la funzione delle decine di nuove città nel cuore della Giudea e della Samaria , sempre sulla cresta dei monti a controllare il fondovalle sulla cui poca terra coltivabile , a quel che è dato di vedere , la popolazione araba sembra essere restata indisturbata con i suoi villaggi e le sue cose . Solo che qui gli appartamenti fortezza a quattro o cinque piani sono sostituiti da lunghe file di villette a uno o al massimo due piani , ognuna con il suo bravo giardinetto . Ma se lo sguardo si leva alla collina di fronte è comune scorgere un impianto radar , una batteria missilistica en plein air , un ' altra qualunque attrezzatura militare cui la città è organicamente collegata . I TERMINI COLONI , insediamenti , settlement , con cui la stampa designa abitualmente queste città e i loro abitanti , fanno pensare all ' agricoltura , a contadini che si rompono la schiena sotto il sole e " fanno fiorire il deserto " . Invece non è così . Le due cinture intorno a Gerusalemme , gli insediamenti in Cisgiordania , sono per lo più abitati da colletti bianchi , da ingegneri , da tecnici , da media e piccola borghesia , che qui trova case a miglior prezzo , aria fina , la piscina in giardino , una vita comunitaria più intensa , anche se ogni giorno è costretta a pendolare su e giù con Tel Aviv , con Gerusalemme , con Haifa . E fa molto film di fantascienza - Rollerball o 1997 : Fuga da New York - anche questo fenomeno dei quartieri - fortezza per pendolari . Città come Ariel in Samaria , ancora in costruzione , costituiranno tra qualche anno la punta di diamante della formidabile spinta al progresso tecnologico in cui già oggi Israele appare lanciata . Parlando con chiunque , girando per il Paese , si tocca con mano il progetto di fare di questo lembo di terra asiatica un duplicato a scala nazionale della Silicon Valley californiana , e proprio a partire dagli insediamenti nei nuovi territori . Avionica , elettronica , robotica , bioingegneria , impianti per telecomunicazioni già oggi stanno cambiando il volto di Israele . Scienziati di molte parti del mondo si trasferiscono negli avanzatissimi centri di ricerca che il Paese offre , mentre un numero sempre maggiore si trasferisce dalle università alle industrie , che spesso sono costituite con la partecipazione di capitale straniero . La corsa al modello tecnologico avanzato e i successi già conseguiti diffondono un clima elettrizzante , una voglia di fare , di tentare strade nuove , una venerazione generale per il progresso e la scienza , che si respirano nell ' aria e che stanno formando , almeno in parte , un nuovo Paese . Ancora una decina d ' anni fa Israele appariva come uno strano incrocio tra l ' Ucraina e il Texas , tra l ' utopia tolstoiana - egualitaria del sionismo socialista delle origini e il pragmatismo degli Stati Uniti . Oggi sembra essere rimasto solo il Texas , l ' americanismo . Ma l ' americanismo israeliano non è imitazione : nasce dalla storia stessa del Paese . La quale lo porta su vie singolarmente coincidenti con quelle percorse dagli Stati Uniti . È PER QUESTE PROFONDE affinità culturali che Israele oggi può apparire - come dice con maligno sottinteso politico la propaganda anti - israeliana - il cinquantunesimo Stato dell ' Unione . Ma le cose non stanno così . È vero che tutta l ' élite del Paese parla correttamente l ' inglese e in buona parte ha trascorso un periodo di studi negli Stati Uniti , che le strade di Tel Aviv rigurgitano di gadget elettronici di ogni tipo , che il Jerusalem Post pubblica settimanalmente un inserto di otto pagine tratto dall ' edizione domenicale del New York Times , che per ragioni anche politiche la gente si sente più vicina e in sintonia con gli Usa che non con l ' Europa ( il tracollo dell ' immagine europea in Israele meriterebbe da solo un discorso a parte ) ; tutto questo è vero , ma assai più strabiliante è scoprire , per esempio , in quale misura il progresso tecnico sia stato accolto e integrato nella cultura religiosa . Non solo nelle yeshiva ( scuole religiose ) si mettono su memoria elettronica la Bibbia , il Talmud e gli altri testi della tradizione sapienziale , non solo sono sorti istituti di alta tecnologia che accoppiano lo studio delle materie scientifiche a quello religioso , ma molto spesso sono proprio i kibbutz degli ortodossi che , specialmente per aggirare le rigide prescrizioni sul riposo del sabato , hanno fatto più largo posto all ' impiego dell ' elettronica nella vita quotidiana . È il computer che provvede ad accendere e a spegnere la luce , a riscaldare le vivande all ' ora giusta . Ma alla fin fine il computer , il progresso tecnico vogliono dire soprattutto la sicurezza . Rappresentano nel medio periodo l ' unica carta su cui Israele punta per colmare il divario strategico con il blocco arabo che le si contrappone . Oggi , per esempio , il Paese produce nelle sue fabbriche - e dunque senza dover ricorrere all ' importazione - forse il miglior carro armato dell ' ultima generazione ( il Merkava ) , un fucile mitragliatore , l ' Uzi , adottato perfino dalla scorta del presidente degli Stati Uniti , il Mastiff ( o Mini Remotely Piloted Vehicle ) , un gingilletto volante di due metri e mezzo per la sorveglianza elettronica del terreno - anch ' esso acquistato in decine di esemplari dagli Usa - che si è rivelato decisivo nella mazzata militare inferta alla Siria in Libano , nell ' estate del 1982 . La sicurezza , la guerra , il nemico arabo , l ' esercito ; come vuole la regola , volenti o nolenti , ogni volta che si parla di Israele non si può evitare di arrivarci . Ma , sempre come vuole la regola , ci si accorge che tutto è stato già detto , che ben poco , anzi nulla , c ' è da aggiungere ai dati conosciutissimi del problema . Solo che molte cose cambiano se da problema politico - militare , da questione di cancellerie e di Stati maggiori , i dati divengono , sia pure in minima parte , un frammento di esperienza . UN EUROPEO CHE VA in Israele , prima e più che con il fatto politico che ogni guerra , anche la guerra arabo - israeliana , rappresenta , è costretto a misurarsi con ciò che la guerra è , con ciò che la guerra significa di profondamente , di drammaticamente vero e ineludibile nelle vicende umane . È costretto a misurarsi con la sua terribile moralità . Tsahal , l ' esercito israeliano , questa pupilla della nazione , autentico diamante affilato nel diadema di Sion , gli offre l ' immagine di un tale senso di appartenenza , di un tale spirito di sacrificio e di determinazione , di competenza tecnica e insieme di genialità improvvisatrice , da lasciarlo comunque stupito e ammirato . Non è l ' ammirazione per un esercito che ha sempre avuto la meglio , non si tratta di una forma di vile simpatia per il vincitore . Niente affatto . L ' ammirazione nasce da ben altro : è l ' ammirazione e lo stupore per un esercito - popolo che visibilmente , per segni inequivocabili , è pronto in ogni momento a farsi uccidere fino all ' ultimo uomo , a morire in una comunione di valori che non teme incrinature . Alzi la mano chi in caso di pericolo - di pericolo vero , intendo , quando si trattasse della vita e della morte - non desidererebbe avere lo scudo di Tsahal . E così chi viene dall ' Europa , se non ha paura di guardare in faccia ai fatti e di chiamarli con il loro nome , deve ammettere di essere piano piano attraversato da una sensazione sottile di rimpianto e di vergogna . Rimpianto e vergogna per aver perduto , anzi per non sapere più neppure cosa sia , la dimensione della lotta , del sacrificio , dell ' unione morale di una società . Naturalmente è facile riacquistare la propria virtuosa tranquillità e scoccare sui soldati d ' Israele l ' accusa di essere una massa di fascistoidi inebriati di potenza ; del resto non è forse vero che loro mostrano chiaramente di guardare a noi europei come a una massa di vigliacchi , pronti a buttarci in ginocchio davanti a un barile di petrolio e all ' imperatore di tutte le Russie ? Eppure è proprio a questi europei smidollati e imbelli che il guerriero di Tsahal - per i vincoli misteriosi che legano i popoli e le culture - sente il bisogno di rivolgersi in qualcosa che a tratti hail sapore di una richiesta di assoluzione : « Certo che siamo dei cattivi occupanti , ma quando mai se ne sono visti di buoni sulla faccia della Terra ? Ogni occupante è un cattivo occupante per definizione . Ma quale altra occupazione militare nella storia è stata sottoposta , in ogni suo atto , come la nostra , al vaglio , alla censura e , se del caso , alla punizione della Corte suprema , cioè di uno degli organi di giustizia più imparziali del mondo ? Certo , sul nostro onore pesa la macchia di Sabra e Chatila , ma in quale altro Paese del mondo 600mila persone si sarebbero rovesciate in piazza per reclamare giustizia ? E in quale altro Paese l ' avrebbero ottenuta grazie a una Commissione d ' inchiesta che non ha guardato in faccia nessuno ? A prezzo di molte cose , sulla nostra pelle , abbiamo dimostrato di voler essere fedeli ai valori dell ' Occidente , di saperli mantenere . Noi , non voi , non il resto del mondo , abbiamo cercato la verità , abbiamo fatto giustizia . Noi non siamo come gli arabi ; mai , mai diventeremo come gli arabi . Ma voi non immaginate neppure cosa significhi vivere , dover sopravvivere qui , nel Medio Oriente » .
40 ANNI DI ISRAELE ( Jesurum Stefano , 1988 )
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Nurit , sua moglie , ha mandato i bambini da qualcuno : forse non vuole che ascoltino . Gli occhi di Rami , nerissimi , sono grandi e tristi . Lui il giorno del quarantesimo anniversario della proclamazione dello Stato d ' Israele lo passerà in galera o , se sarà fortunato , a pulire i cessi della sua caserma . « Ma là non ci torno » , mormora . « Non ci torno più » . Sergente della riserva , 35 anni , professione catering , Rami è appena rientrato da un burrascoso colloquio con il comandante del reparto . « Gli ho detto che stiamo sprofondando nel fango » , racconta . « Io ho già fatto il servizio di leva nei Territori , poi ci sono tornato altre volte , l ' ultima a Gaza . Mi sono sentito un occupante » . Cita Lev Tolstoj , il grande esercito napoleonico che diventa manipolo di banditi . « Sono nato e cresciuto in Cile , non userò il manganello » . Il 4 di ijar ( che , secondo il calendario lunare ebraico , quest ' anno cade il 21 aprile ) Rami non farà festa , non ballerà per le strade con gli amici . Però ripenserà alle parole che pronunciò un giorno David Ben Gurion : « Israele sarà una luce in mezzo alle altre nazioni » . Un gesto quello di Rami che è , e vuole rimanere , atto individuale , scelta morale . Qualcosa che non è direttamente collegato alle analoghe proteste del movimento Yesh Gvul ( C ' è un limite ) , quello che organizza il rifiuto dei soldati a pattugliare e a reprimere i villaggi della Cisgiordania o a imporre a ogni costo il coprifuoco nei campi profughi di Gaza . E non c ' entra neppure con quei 2mila ufficiali che hanno appena scritto a Yitzhak Shamir facendo pressione perché non usi solo la parola " no " . Certo , anche Rami e sua moglie vanno alle manifestazioni di Shalom Achshav ( Pace adesso ) e tifano per i 37 gruppi pacifisti operanti nel loro Paese , l ' unico democratico dell ' intera regione . Per Rami è una cosa che viene da dentro ( ma queste storie si somigliano tutte ) : « Amo il mio Stato , rispetto troppo il mio esercito per seguirlo in una strada cieca che va contro la storia . Noi oggi stiamo facendo ai palestinesi ciò che loro , gli arabi , hanno fatto a noi proprio quarant ' anni or sono » . La pensa così , ma da religioso , anche Yehezkel Landau , attivista di Oz ve Shalom ( Coraggio e pace ) . Loro sono i pii per cui « sacrificare Hebron e la Tomba dei Patriarchi è come amputarsi un pezzo di corpo » . Ma è un sacrificio che va fatto poiché , come spiega Landau « è meglio arrivare a un compromesso sui Territori , mantenendo integra la morale , piuttosto che tenere i Territori , ma compromettere i valori religiosi e ideali » . Israele celebra il suo quarantesimo compleanno , e appare infelice , diviso , esausto . Le immense energie e l ' idealismo della nascita hanno lasciato il posto alle disillusioni dell ' età matura . La ribellione dei palestinesi , l ' intifadeh ( Intifada ) , dura ormai dai primi di dicembre , i morti sono oltre 150 , centinaia i feriti , migliaia gli arrestati . Le scene che la televisione porta ogni sera nelle case non hanno bisogno di commenti . Rabbia , sgomento , dolore e paura regnano quasi incontrastati . E anche se può apparire assurdo regnano incontrastati da ambedue le parti . Il clima non è poi così diverso da come gli anziani ricordano gli orrori del passato . Gli ebrei raccontano il pogrom di Hebron quando , nel 1929 , gli arabi misero in atto un ' altra sommossa e massacrarono 66 " giudei " , profanarono le sinagoghe , distrussero l ' ospedale arabo ebraico . Ricordano i 133 trucidati al Muro del Pianto , e quelli del monte Scopus , e gli altri innumerevoli loro lutti . Gli arabi ancora tremano al sentire i nomi dell ' Irgun e della banda Stern , due gruppi minoritari , ma potenti , dell ' estremismo sionista , che si macchiarono della morte di civili sia arabi sia inglesi . Fu proprio l ' Irgun dell ' ex premier Menachem Begin a far saltare il quartier generale britannico al King David e a compiere , nell ' aprile del 1948 , la strage di Deir Yassin . Eppure il grosso del movimento sionista non cercava davvero la guerra . Erano circa 150mila gli ebrei giunti in Palestina a cavallo fra i due secoli e fino agli anni Venti . Venivano dai pogrom zaristi , dall ' intolleranza dell ' Europa cattolica , sospinti dalle teorie di Theodor Herzl . Erano in gran parte collettivisti , socialisti , sicuri di realizzare un domani migliore per sé e per i fellah sfruttati come nel Medioevo attraverso l ' agricoltura dei kibbutz e dei moshav . Comperavano a caro prezzo pezzi di deserto che avrebbero poi fatto fiorire . Sognavano l ' uomo nuovo : maniche di camicia , niente formalismi , tanto lavoro . E , in parte , quel sogno lo realizzarono . Israele nacque così , a mezzanotte in punto fra il 14 e il 15 maggio del 1948 . Nell ' odio e nella speranza . L ' ebreo palestinese da generazioni cantò il suo inno , Hatikvah , assieme ai fratelli sopravvissuti allo sterminio , a quelli che , sfidando gli inglesi , avevano raggiunto la Terra Promessa attraverso mille epopee simili a quella della nave Exodus . Ma il programma sionista " una terra senza popolo per un popolo senza terra " s ' infranse immediatamente contro il grande rifiuto arabo . E contro la realtà . La Palestina non era una landa disabitata e lo Stato ebraico dovette vivere in guerra perenne fin dal primo giorno . Per difendere un diritto alla vita sancito dall ' Onu e immediatamente appoggiato dalla Russia di Iosif Stalin come dall ' America di Harry Truman . Tuttavia il sogno s ' avverava , pieno di utopia . Un sogno in cui la storia , la religione , l ' ideale politico , i valori morali , tutto aveva un senso . Eccetto la geografia . Un ' altra collettività veniva parzialmente dispersa , quella arabo - palestinese . Le ragioni della storia , in Medio Oriente , hanno i medesimi colori di quella natura : il beige e il grigio . Non esistono verità assolute , e come nella Bibbia i buoni diventano spesso cattivi e i cattivi possono anche tornare buoni . Così il cuore di questo conflitto , a quarant ' anni dal suo insorgere , è e resta lo scontro fra due popoli , due comunità , due nazioni . Bene lo sanno i ricercatori dell ' Istituto Van Leer di Gerusalemme che , dopo aver messo in piedi un programma educativo per migliorare i rapporti fra arabi e israeliani , fra musulmani ed ebrei , debbono constatare che " arabo " suscita negli scolari israeliani associazioni con le parole " sporco " , " puzzolente " , " nemico " , " terrorista " . E per gli adolescenti arabi " israeliano " è uguale a " soldato crudele " , mentre per gli adulti vuol dire " nazista " . Meglio di ogni statistica aiuta a capire come stanno le cose , nel profondo , l ' esperienza di una psicologa , Thaila Blumenthal : una bambina ebrea che vive vicino a Beersheva , sogna un autobus attaccato da commando palestinesi assetati di sangue , e intanto una dodicenne musulmana sogna soldati di Tsahal che , di notte , spalancano la porta di casa e sparano sui suoi parenti . « Fino al 1967 gli arabi che erano rimasti con noi dopo il 1948 non erano influenzati dalle ideologie panarabe , il loro modello di riferimento era , più o meno , la società israeliana in cui avevano trovato un posto per studiare e lavorare » , spiega Moshe Lissak , sociologo , uno degli intellettuali più stimati in Israele . « Poi il contatto con la realtà arretratissima dei fratelli giordani della West Bank ha sconvolto ogni regola . Dopo l ' invasione del Libano , nel 1982 , la disgregazione s ' è fatta quasi totale . Perché dopo il Libano ? Ma perché allora s ' è innalzata la bandiera di Ariel Sharon , della distruzione sì delle basi terroristiche dell ' Olp , ma anche degli spiragli di dialogo con la controparte moderata » . I nati in Eretz Israel sono chiamati sabra , che vuol dire fico d ' India : spinosi fuori , ma dolci dentro . Il fatto è che , a forza di vivere in attesa di un ' apocalisse sempre in agguato , le spine si sono fatte più pungenti . L ' età , da queste parti , può essere un dramma . Perché i ragazzi palestinesi che oggi lanciano pietre , coltelli e bombe molotov in nome del proprio diritto all ' autodeterminazione lo fanno senza conoscere , né aver vissuto , le vicende di un passato prossimo ancora vicinissimo . E quelle pietre le tirano a ragazzi in divisa che talvolta si abbrutiscono e che , a loro volta , non sanno . Non sanno . Perché non erano ancora nati nel 1967 o erano troppo piccoli per accorgersi dell ' ennesima guerra minacciata e voluta dai governi dei Paesi arabi contro Israele . Battaglia dopo battaglia , fu allora che Gerusalemme conquistò Gaza , Cisgiordania e Sinai . La chiamarono la Guerra dei sei giorni . Furono quei primi giorni di giugno i momenti del grande trionfo e , insieme , l ' inizio del pantano in cui adesso il Paese rischia di rimanere incastrato . Nel 1956 avevano imparato la lezione : mai più avrebbero restituito qualcosa conquistato in un ' azione di autodifesa senza ricevere qualcos ' altro in cambio . E questa volta l ' autodifesa aveva portato i tank con la stella di Davide a Gaza e al Sinai verso sud , all ' intera riva occidentale del Giordano e alle alture del Golan verso nord . Dopo 2mila anni di ghetto , di sofferenze e di Talmud gli ebrei avevano finito d ' interpretare la parte del perdente . In quei giorni , Sari Nusseibeh era studente a Oxford . Oggi , insegna all ' università palestinese di Birzeit , una delle cinque sorte in Cisgiordania dopo l ' occupazione . Nusseibeh è considerato un supporter dell ' Olp , è uno di quei 15 che hanno recentemente rifiutato d ' incontrarsi con George Shultz . Con uomini come lui prima o poi i dirigenti israeliani si troveranno seduti al tavolo delle trattative . Nel 1967 , dunque , il giovane studente era in Inghilterra . « Seppi della caduta di Gerusalemme Est » , racconta . « La famiglia di mio padre abitava là dal 1200» . E continua : « Io sono cresciuto pensando a Israele come a un ' entità imposta sulla terra dei miei avi , un ' entità in netta antitesi con il mio essere uomo e nazione » . Sari Nusseibeh , in quell ' autunno del 1967 , dovette rivolgersi , per la prima volta in vita sua , a un ' ambasciata israeliana per il visto d ' entrata all ' aeroporto di Lod . « Avevo tanto sentito parlare di Lod e della vicina Ramla , la famiglia di mia madre aveva posseduto parecchie terre laggiù » , ricorda . « Era davvero strano , da una parte atterravo a casa mia , dall ' altra a casa del mio nemico . Fu per questo sentimento di stranezza che mi misi a girare lo Stato ebraico , per conoscerlo , per capire . Prima del 1948 per gli ebrei non avevamo certo simpatia , ma si conviveva . Dopo la proclamazione dello Stato tutti diventarono nemici . C ' è voluto un po ' per rendermi conto che la realtà era più sfaccettata , piena di colori diversi . Ci sono ebrei ed ebrei , israeliani e israeliani , politiche differenti , uomini più umani di altri » . Ma fra un agguato ai gipponi di Tsahal e un palestinese che cade a terra colpito da un colpo di fucile , l ' antico odio , totale e assoluto , riprende fiato . E il poeta Mahmud Darwish , dirigente dell ' Olp , proprio ora scrive : « Andatevene dalla nostra terra , andatevene tutti , e portate via anche i vostri morti » . « C ' è l ' emozione dirompente , vorrei dire bruta , e c ' è la ragione » , dice Nusseibeh . « Quando guardo la mia gente , i cadaveri , anch ' io prenderei in mano una pietra e andrei in strada con i ragazzi . Ma poi penso che si deve giungere a un compromesso . Sta nel compromesso il futuro del nostro Stato così come la pace e la sicurezza per Israele » . Tutt ' intorno , nulla fa prevedere che a questa ragionevolezza si stia per arrivare . Ma il professore palestinese ci spera : « Io credo nei miracoli , questa è sempre stata una terra di miracoli » . Anche Moshe Dayan , 21 anni fa , credeva a qualcosa di miracoloso . Era convinto che si sarebbe rapidamente arrivati a un negoziato : buona parte delle conquiste in cambio di pace e frontiere sicure . Ricevette , invece , secchi rifiuti e nuove guerre . Solamente dieci anni più tardi , nel 1977 , Anwar al - Sadat cambiò la storia e , con enorme coraggio , volò a Gerusalemme per aprire quella trattativa che avrebbe portato alla firma di Camp David . Sadat pagò con la vita il suo riconoscimento dei diritti dello Stato ebraico . Gli egiziani , però , riottennero il Sinai . Gli israeliani , invece , videro rafforzarsi la destra di Menachem Begin , il Likud guadagnare voti , la politica del dialogo arretrare sotto i colpi dell ' invasione del Libano e degli insediamenti in Cisgiordania , alla ricerca della biblica Grande Israele . E oggi i fans di Yitzhak Shamir accolgono il segretario di Stato americano , George Shultz , facendogli trovare davanti all ' albergo un gigantesco pupazzone raffigurante Yasser Arafat che ride : " Welcome George " . Intorno sostano , giorno e notte , coloro che non vogliono scordare l ' elenco dei crimini commessi dall ' Olp . I coloni chiedono il pugno di ferro contro l ' intifadeh , accusano l ' esercito di mollezza , ipotizzano l ' espulsione definitiva della popolazione araba dalla West Bank . Prendono a calci le automobili dei giornalisti , gridando : « Voi laici siete la merda di questo Paese » . I coloni stanno in alto , in cima alle colline . I loro insediamenti hanno i tetti rossi e qualche torretta di guardia . Quasi 70mila in 15 anni , a contrastare un milione di arabi . L ' insediamento di Tkoa non ha fortificazioni . I suoi abitanti prendono forza dal monte Herodion , che è lì a due passi . Anche il vicino villaggio di pastori arabi si chiama Tkoa . « Da qui non ce ne andremo davvero » , assicura Edoardo Recanati , uno dei pilastri dell ' insediamento . « Vedete là , in cima a quella collina artificiale , all ' Herodion ? In quel fortilizio erodiano i giudei si ribellarono a Roma , la rivolta durò anni . Morirono quasi tutti , ma non si arresero » . L ' abitato accoglie 86 famiglie , 400 persone di 25 nazionalità diverse . Sono del Gush Emunim ( Blocco dei fedeli ) . Casette prefabbricate , molte con il gancio sul tetto ( imposto agli inizi , nel 1977 , dal governo ) per poter essere facilmente trasportate altrove in caso di evacuazione . Recanati ha 53 anni e sette figli . In Italia ha fatto l ' avvocato e il manager , non era religioso né osservante . Veniva ogni tanto in Israele , per lavoro e per trovare qualche parente . « Un giorno , all ' aeroporto di Lod , ho capito che non stavo tornando a casa , a Roma , ma andandomene da casa , da qui » , dice . « Abbandonare oggi ? Non ci pensiamo neppure . Guarda là , stanno piantando una nuova vite . Se l ' esercito venisse a dirmi di sloggiare resisterei con ogni mezzo , non sparerei soltanto perché nella pattuglia ci potrebbe essere mio figlio » . Non odia gli arabi e certo non li ama : « Io non dico a loro che non possono star qui , ma loro lo dicono a me . Scherziamo ? I giudei non possono vivere in Giudea ? » . A Tkoa tutti raccontano di David Rosenfeld , uno di loro : faceva il guardiano all ' Herodion , un giorno un palestinese di queste parti lo ammazzò a coltellate . Era il 1982 . I parenti dell ' omicida lo consegnarono ai militari . Dopo la guerra del Libano venne liberato : lui e altri 1.149 , in cambio di tre soldati di Tsahal . « Gli abbiamo detto che non lo volevamo più in giro , non ha seguito il consiglio » , raccontano . « Una notte gli abbiamo tagliato il cane a fette . Il giorno dopo è partito » . Per le stradine di Tkoa ( sembrano quelle di un villaggetto piccolo borghese alla periferia di una nostra metropoli ) gira una coppia di francesi , giovanissimi , con un bambino in carrozzella e un altro che sgambetta appena . Si stanno guardando intorno . Sono indecisi fra qui e Kiryat Arba , uno degli insediamenti più " duri " , poco lontano da Hebron . A loro non importa se prima di uscire in automobile si deve avvertire una centrale radio che collega i coloni , se in casa è appeso il mitra . Viene in mente Amos Oz e il suo In the Land of Israel . Anche lui è stato qui per una giornata . E scrive : « Sono spaventato . Letteralmente , ho paura . Altri , apparentemente , no . O forse la loro è una paura di natura completamente diversa » . Di fronte a tutto questo la leadership israeliana appare immobile , priva di fantasia , schiacciata in una coalizione di unità nazionale che attende solo le elezioni d ' autunno per decretare la propria morte . L ' opinione pubblica è spaccata verticalmente . Entrambi gli schieramenti hanno perso quasi ogni fiducia nella convivenza , ma auspicano soluzioni opposte : il Grande Israele contro la conferenza internazionale di pace . Alcuni credono in un ruolo delle superpotenze , altri le vedono come una versione moderna di Satana . Se non si arriverà alla pace il futuro è già scritto : nel 2010 Israele non sarà più uno Stato ebraico , questione di nascite . Oppure vigerà un apartheid ferreo tipo Sudafrica . Qualcuno si domanda , angosciato , se il Paese non abbia perso la via . Qualcuno è convinto che a ferire Israele non siano tanto i sassi , quanto le proprie delusioni . In mezzo , un ' immensa marea di gente che vota per l ' ordine , senza pensarci tanto . Sono per lo più sefarditi , gli ebrei originari del Nord Africa e del Medio Oriente , cacciati da Paesi musulmani che li hanno perseguitati , uccisi e umiliati . Se ne incontrano moltissimi a Ein Hemed , alla festa degli immigrati dall ' Iran e dal Kurdistan . Cantano , ballano , mangiano , giocano a dama . Uguali agli arabi , e proprio perché uguali tanto nemici . Sono i ceti più popolari , quelli che comprano le cassette di Chaim Moshe , un cantante di famiglia yemenita . La sua musica è orientale , piace molto pure agli arabi che lo gettonano in abbondanza . Arriva sulla sua Bmw nera con radiotelefono . Nel quartiere dove abita , alla periferia di Tel Aviv , la gente lo festeggia per la strada . Le sue canzoni parlano d ' amore , di felicità , di buoni sentimenti . Non c ' è mai la parola pace . « Io canto per tutti , vecchi e bambini , arabi e israeliani , non faccio politica » , è la risposta stizzita . Dopo 40 anni la realtà è che tutti si dovranno accontentare di qualcosa di meno dei propri sogni . Tutti , prima o poi , dovranno fidarsi . D ' altronde questa è una storia di paradossi : se nel 1948 gli Stati arabi avessero accettato la spartizione dell ' Onu , oggi i palestinesi avrebbero la terra che vogliono . E Israele non si lascerebbe dietro una scia di violenza che lo disgusta . Ma per l ' Europa e l ' Occidente questa è senz ' altro una situazione difficile da capire . Sullo sfondo lo spettro di due integralismi altrettanto pericolosi , quello islamico e quello dei coloni dell ' ultradestra . Tutt ' intorno uno Stato giovanissimo e insieme antico . Ha scritto qualche anno fa il non ebreo Friedrich Diirrenmatt : « La difficoltà di prendere posizione per Israele oggi e l ' isolamento in cui è caduto hanno diverse ragioni . Dopo la Seconda guerra mondiale ci si vergognava di essere antisemiti , con orgoglio dopo la Guerra dei sei giorni si diventò filosemiti , e ora , con sollievo , si osa essere antisionisti » . Senza voler comprendere che il sionismo è , ed è sempre stato , un insieme di mille ideali , di mille sentimenti , cose diverse . « Deluso ? Non so se è la parola giusta » , dice Rami , quello che passerà Yom Azmauth , la festa dei 40 , in galera . « Preoccupato sì . Siamo stanchi , noi e loro , stanchi di odio » .
I GIUSTIZIERI DELLA BIBBIA ( Cremonesi Lorenzo , 1988 )
StampaPeriodica ,
Amos Elon vive in una grande villa di pietra bianca nel cuore di Gerusalemme . Storico del sionismo , autore di saggi considerati dei veri e propri classici , vive in modo traumatico quello che egli stesso definisce " il dramma del nostro ventennio " : la ribellione dei palestinesi a Gaza e nella Cisgiordania . Non ha ricette in tasca per risolvere il dilemma , però addita con sicurezza un pericolo : « Da almeno due decadi è la destra a possedere il monopolio del pensiero sionista . Il socialismo collettivista dei kibbutz , della conquista del deserto con il lavoro ebraico dei tempi di David Ben Gurion , è morto da un pezzo . Ora sono i Gush Emunin ( Blocco dei fedeli ) a fare la parte del leone e a rivendicare , in nome della Bibbia , la sovranità sulla Cisgiordania . Si tratta di un processo irreversibile . Forse solo un deciso intervento degli Stati Uniti potrà mutare il corso degli eventi » . Per il momento la storia sembra dargli torto . Tre mesi dopo l ' insurrezione esplosa nei campi profughi di Gaza , la situazione in Medio Oriente presenta zone d ' ombra sempre più vaste . Non solo , ma il piano di pace proposto dal segretario di Stato americano George Shultz sembra avere sortito l ' effetto opposto a quello previsto . Ha insomma spinto il premier israeliano Yitzhak Shamir e gli uomini del Likud , il partito conservatore , verso posizioni sempre più intransigenti . Il vice primo ministro , David Levy , non ha usato mezzi termini : « La mediazione americana è pericolosa » . È un circolo maledettamente vizioso : più cresce la protesta , più si risveglia il nazionalismo e più si indebolisce il movimento pacifista israeliano . Ma fino a che punto la destra di Gerusalemme ha intenzione di spingere il proprio radicalismo ? La risposta l ' ha data un colonnello dell ' esercito , Rehavam Zeevi , durante un seminario tenuto il 22 febbraio scorso a Tel Aviv sul concetto di " trasferimento " : « Noi abbiamo acceso una torcia , d ' ora in poi brucerà da sola » . La frase è suonata nell ' aula come un grido di vittoria . Così , mentre a poche decine di chilometri , sulle colline della Samaria , la sommossa palestinese continuava a far sentire la sua eco , a Tel Aviv l ' estrema destra israeliana consumava il suo rito . Zeevi , Aharon Pappo ( attivista del Likud ) e Zvi Shiloah ( leader del movimento per la Grande Israele ) erano assolutamente d ' accordo : « La soluzione più umanitaria possibile ? Il milione e mezzo di arabi residenti nelle aree liberate venti anni fa deve andarsene » . È questo il linguaggio degli ultranazionalisti : si dice " territori liberati " invece di " territori occupati " , " arabi " invece di " palestinesi " . Fuori , nel frattempo , sotto una pioggia sottile , esigui drappelli della sinistra manifestano la loro vergogna . Un ragazzo spiega : « È incredibile , non sono mai giunti a tanto . Nessuno aveva parlato così fino a oggi , almeno in pubblico . Rischiamo di fare dell ' antiarabismo un ' ideologia » . Poco lontano i militari del Kach , il movimento del rabbino Meir Kahane che dal 1984 ha portato il razzismo in Parlamento , sventolano bandiere gialle con il loro sinistro emblema : un pugno nero nella stella di Davide . I palestinesi scagliano pietre , bloccano le strade dei loro villaggi con pneumatici in fiamme , fino a cercare nell ' Islam e nella Guerra santa quella forza che le armate arabe non gli hanno dato . E gli israeliani rispondono spostandosi sempre più a destra , dimostrando una sempre minore disponibilità al compromesso . Perché ? Amos Elon ha una sua teoria : « La sommossa favorisce senza dubbio il fenomeno della radicalizzazione . Ma le sue radici sono antiche , risalgono alla Guerra dei sei giorni . Israele ha trasformato la grande vittoria di vent ' anni fa in un cancro che lo sta corrodendo al suo interno . Nel 1967 ci siamo trovati improvvisamente in mano la carta che ci poteva permettere di barattare i territori conquistati in cambio di una pace durevole . Invece è nata l ' ideologia dell ' annessione » . È una spirale che non lascia intravedere la fine . In tre mesi sono finiti in carcere con l ' accusa di sedizione oltre 2mila palestinesi ; i feriti sono migliaia ; dei circa 80 morti , più di 30 si contano nel solo mese di febbraio . Eppure la sommossa va avanti , a colpi di pietre e coltelli . Nemmeno il rafforzamento dei contingenti militari e l ' incrudelirsi della repressione riescono a fermarla . Due settimane fa un gruppo di poliziotti ha picchiato per ore otto lavoratori di Gaza nel loro scantinato laboratorio nel centro di Tel Aviv . Con quale accusa ? « Una telefonata anonima aveva segnalato che facevano rumore e potevano essere pericolosi » , è stata la risposta . Le inchieste scattano . Ma la realtà del Paese va in senso contrario . Le madri dei soldati accusati di aver violato i regolamenti durante la repressione della sommossa ricevono decine di telefonate di solidarietà . Più di una volta i coloni ebrei residenti nei territori occupati hanno usato il fucile per farsi giustizia da soli . Illan , un colono di Elon Moreh , un villaggio di 130 gruppi familiari , si giustifica così : « Senza la Bibbia non saremmo che semplici banditi , predatori delle terre arabe . Ma non è il nostro caso . Dio , lo sapete , ha dato questa terra al popolo ebraico » . Il suo amico Elle la pensa come lui : « Quando la strada è sbarrata dalle pietre , sparo in aria e passo . Ecco tutto » . Non tutti i coloni girano armati di mitragliette e revolver . Ma anche le statistiche confermano che l ' atteggiamento conservatore si va espandendo in strati sempre più ampi della popolazione . Lo scorso 15 febbraio il quotidiano Ma ' ariv riferiva che circa il 42 per cento dei cittadini si dichiara " soddisfatto " dell ' attuale situazione politica nei territori occupati . Il 22 per cento preferisce invece l ' annessione di quelle regioni con " l ' applicazione integrale della legge israeliana anche sulla loro popolazione " . E soltanto il 18 per cento vorrebbe il ritiro totale . La destra cresce , ma i vecchi problemi rimangono . Primo fra tutti quello del futuro dei territori occupati e di una popolazione che ha dimostrato col sangue di non accettare più lo status quo . « Giudea , Samaria e Gaza non si toccano . Fanno parte del patrimonio storico degli ebrei . Il milione e mezzo di arabi che vi risiede ha soltanto due possibilità . La prima è convivere in pace con gli israeliani . E in questo caso si potrebbe concedere loro la piena autonomia amministrativa , tenendo ovviamente fermo il principio della nostra sovranità sulla terra . Se invece si ribellano , peggio per loro . Rischiano l ' espulsione di massa e comunque le sofferenze della repressione » : è l ' opinione di Israel Eldad , il maggiore teorico di Tehiya ( Rinascita , un partito nazionalista religioso di destra , ndr . ) . Questo piccolo partito , con cinque seggi in Parlamento , raccoglie l ' ala oltranzista del Likud . Le stesse certezze non sono tuttavia di casa nel Likud del primo ministro Yitzhak Shamir . Apparentemente granitico , il vecchio leader deve fare fronte a un partito estremamente articolato . Dispone di 40 seggi , sui 120 del Parlamento israeliano , ma è costretto a cercare quotidianamente una formula di compromesso coi partner laburisti del governo di unità nazionale . È lui infatti il principale bersaglio degli attacchi di Shimon Peres , il ministro degli Esteri , alleato - avversario da quattro anni . Entrambi hanno bisogno l ' uno dell ' altro per governare ; le loro divergenze sono però tali che il risultato è la paralisi decisionale . Prima tra tutte quella riguardante la possibilità di apertura del processo di pace . In Israele è dato come una verità di fatto il principio per cui mai come oggi " è la destra che fa la pace " . È insomma Shamir , e non Peres , che può trattare con gli arabi . « L ' adesione di Peres al piano americano per l ' apertura dei negoziati appare scontata . Eppure soltanto il Likud è in grado di dare il via all ' iniziativa » , osservava pochi giorni fa l ' editoriale del quotidiano Haaretz . E le difficoltà per il primo ministro non finiscono qui . Shamir deve far fronte anche all ' anima liberale del Likud . Uno dei suoi esponenti di punta , il sindaco di Tel Aviv Shlomo Lahat , ha causato un terremoto lo scorso gennaio con le sue dichiarazioni pubbliche in favore del ritiro unilaterale dai territori occupati . Poi ci sono i continui sgambetti delle ali intransigenti dell ' Herut ( il gruppo di Shamir ) , vero nucleo storico della destra israeliana . Sono soprattutto il ministro dell ' Edilizia , il giovane e ambizioso David Levy , e l ' architetto dell ' invasione in Libano del 1982 , il " superfalco " Ariel Sharon , a disseminare di ostacoli il già difficile cammino del premier israeliano » . Shamir deve barcamenarsi tra mille spinte divergenti . « Il suo pragmatismo rivela la sostanza del Likud e del Paese » , sostiene Amos Elon . C ' è un ' inflessione di speranza nelle sue parole . Per lui , gran parte degli israeliani appare in realtà estranea alla violenza degli slogan : « La nostra politica paga lo scotto di un sistema elettorale dove è sufficiente l ' uno per cento per entrare al Parlamento » . Di qui il distacco graduale tra Paese reale e Paese legale . Alla maggioranza degli israeliani , tutto sommato , importa poco del futuro dei Territori occupati . I coloni che vi risiedono sono soltanto 70mila sudi una popolazione ebraica che sfiora i 4 milioni . I religiosi rappresentano meno del 25 per cento del Paese . Eppure prevale sempre più la dottrina dell ' annessione e lo Stato aumenta la sua intolleranza confessionale . Elon arricchisce le sue parole con immagini vivide : « Basta confrontare Tel Aviv a Gerusalemme . La prima è una metropoli assolutamente materialista , levantina . Qui ogni sabato sera l ' Israele laica celebra la propria antireligiosità . La gente pensa a divertirsi , va sulla spiaggia , a teatro e sbuffa quando è richiamata per il servizio di leva . A soli 60 chilometri si trova Gerusalemme , un altro pianeta . Rappresenta il centro ideologico del Paese . La capitale è austera , il confronto con gli arabi e la presenza degli ortodossi si avvertono a ogni passo » . Intanto mentre il sangue continua a scorrere e la destra rafforza le sue posizioni , il pacifismo vede assottigliarsi le sue file . Durante l ' invasione del Libano , per dimostrare contro la guerra erano scesi in piazza circa 400mila israeliani . Il 28 febbraio scorso a marciare per la pace dal confine libanese verso Gerusalemme erano 400 persone .