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> categoria_s:"StampaPeriodica" > anno_i:[2000 TO 2030}
SCUOLA SOTTO ESAME ( Semeraro Scipione , 2000 )
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La scuola sembrava vivere passivamente , tra proteste , mugugni , fughe e disillusioni , l ' ondata di provvedimenti con cui il governo l ' ha investita negli ultimi anni . Invece la vicenda del concorso di merito per gli insegnanti sta segnando in questi giorni un punto di discontinuità . Lo sciopero più esteso degli ultimi anni ( malgrado che i sindacati tradizionali fossero dall ' altra parte ) una manifestazione imponente di insegnanti nelle strade di Roma e un vero assedio del palazzo di viale Trastevere riaprono una fase importante che va attentamente indagata . Prende forma e si concentra sulla questione degli insegnanti una vicenda più generale della scuola e della formazione nel nostro paese . È , o almeno potrebbe diventare , il primo movimento ( un po ' come Seattle ) che si oppone all ' ordine esistente , e all ' ideologia privatistica , non solo a difesa di una categoria minacciata nei suoi diritti , o di diritti conquistati per tutti in un contesto sociale e culturale passato , ma ponendo un problema , anzi forse il problema più importante dell ' epoca futura : la formazione dell ' uomo , della personalità e creatività di tutti . Ed è ( più che a Seattle ) un movimento che muove non solo su una tematica specifica e insieme di valore generale , ma ha radici in un soggetto sociale omogeneo , radicato in un territorio , con un peso politico rilevante e attivo ( come ha rivelato , ancor in un recente passato , l ' esperienza francese ) . E infatti ha già una breve storia , non solo sindacale : l ' opposizione al finanziariamento pubblico alla scuola privata ; la contrastata esperienza del decentramento ; il dibattito sulla riforma dei cicli ; alla fine il rifiuto del " concorsone " ( non come rifiuto della qualificazione continua o richiesta di un piatto egualitarismo , ma come rifiuto dei modi aberranti con cui si pretende di valutare quella qualificazione ) e di aumenti retributivi innestati su uno scandaloso generale regime di sottosalario e di contenimento dell ' investimento nella scuola . Perciò è uno dei pochi movimenti che non si scontra con un muro di ostilità dell ' opinione pubblica , si oppone con nettezza al governo di centro - sinistra fuori ma anche dentro i suoi confini . I suoi limiti stanno ancora nel fatto che non è riuscito a saldarsi con una ripresa di un movimento degli studenti , che gli è indispensabile , né è riuscito a esprimere un ' idea adeguata di linea alternativa ; ma sono limiti imputabili anzitutto alla sordità della politica e della cultura e alla crisi delle relative organizzazioni . Ma che , esso stesso , potrebbe smuovere . La riforma degli ordinamenti , o come più comunemente si dice , la riforma dei cicli scolastici , l ' autonomia scolastica , il ruolo manageriale dei capi d ' istituto , l ' avvio di un nuovo profilo degli insegnanti , la ' parificazione ' tra scuola pubblica e privata , un nodo di questioni complesse viene ormai al dunque . Un popolo di insegnanti democratici , dopo aver sperato che la sinistra rispondesse alla loro crisi e alla crisi della scuola , presenta il conto . Un conto delicato che intreccia questioni sindacali , culturali e professionali : l ' inizio di una fase nuova . Le riforme I cambiamenti sono ormai definiti dal punto di vista legislativo ed è possibile valutare in che modo l ' impatto di tali provvedimenti sta cambiando la scuola reale . Il segno prevalente che si coglie è quello di una progressiva " privatizzazione della scuola pubblica " . Il finanziamento delle scuole private e l ' obiettivo di costruire un " sistema integrato " della formazione tra pubblico e privato sono solo il punto più appariscente , quanto grave , di una tendenza più generale alla privatizzazione della scuola pubblica . Privatizzazione è innanzi tutto un progressivo disimpegno finanziario dello Stato nello sviluppo della scuola ; non si tratta di una modifica del regime giuridico della scuola pubblica , ma del mutamento della sua ragione sociale . La scuola della Repubblica , che dovrebbe essere garante del diritto di cittadinanza , strumento teso alla rimozione delle differenze culturali e sociali , si fa , invece , sempre più ' un ' opportunità ' per i cittadini clienti di un servizio a domanda . Non è mutamento da poco e va scandagliato attentamente . La nuova scuola non muta la struttura della scuola dell ' infanzia , quella rivolta ai bambini dai tre ai cinque anni . Rimane per questo livello formativo l ' assurdo di un servizio pubblico presente sul territorio solo per un 50% della popolazione infantile . Per il resto dei bambini esiste solo la possibilità di una scuola materna confessionale e privata . La scuola , nel suo segmento di scuola di base , si riduce di un anno . La scuola secondaria introduce un doppio canale formativo fin dal primo biennio . Sarà possibile sviluppare esperienze formative anche in situazioni non scolastiche , nella formazione professionale . Infine viene introdotto il cosiddetto obbligo formativo fino ai diciotto anni . I giovani , dopo il quindicesimo anno , potranno proseguire gli studi scolastici oppure optare ( e opteranno ovviamente le loro famiglie , con un processo inaccettabile di autoselezione secondo il reddito ) per un canale di formazione professionale . In buona sostanza la riduzione del tempo della scolarità risponde solo al principio della riduzione della spesa e dell ' allineamento della scuola italiana alle politiche europee " avare " e sempre più ispirate alle politiche di contrazione del welfare . La riforma produce una riduzione assoluta del tempo di scuola ; il tempo e la quantità non sono tutto nella scuola , ma sono la precondizione della qualità e soprattutto costituiscono l ' elemento determinante per sostenere i ritardi culturali . In pedagogia vale il principio che se vuoi risultati soddisfacenti per il complesso della popolazione giovanile , devi offrire più tempo a coloro che socialmente portano il segno di un ritardo di alfabetizzazione e di cultura . Inoltre , per paradosso , l ' aver fissato il completamento dell ' obbligo al quindicesimo anno d ' età può produrre un incentivo all ' abbandono precoce della scuola dopo l ' ottenimento del titolo . Ricordiamo che attualmente la frequenza del biennio della secondaria fino a sedici anni è molto ampia rispetto alla popolazione scolastica in età corrispondente . Una riforma che riduce il tempo assoluto della formazione di base e che rischia di ridurre il numero assoluto degli studenti non può essere considerata una buona riforma . Gli ordinamenti e la riforma dei cicli scolastici sono , come è evidente , solo la forma giuridica e organizzativa che la scuola prende sul piano legislativo . La riforma reale della scuola è faccenda più complessa e non può esaurirsi nella valutazione dei contenitori giuridici e organizzativi . Della proposta del governo bisogna dunque saper cogliere il contesto e il retroterra culturale e politico , al fine di vagliarli criticamente , ma soprattutto per avanzare delle proposte alternative . Il punto di vista più interessante per capire , mi sembra che consista in una ricerca e una ridefinizione di che cosa è oggi alfabetizzazione e , per altro verso , nell ' individuazione delle radici sociali della povertà culturale . La scuola italiana soffre di due livelli di selezione . La selezione ' storica ' ha agito con l ' esclusione classista : l ' evasione dalla scuola dell ' obbligo e ampie sacche di insuccesso non possono portarci a considerare di massa la scuola , soprattutto nei livelli superiori e universitari . La stessa persistenza della ciclicità dell ' istruzione è il sedimento di una scontata e ipocrita ammissione che non tutti avrebbero potuto completare l ' intero percorso degli studi . Ma vi è un rilievo più importante da fare su una forma " moderna " di selezione . Penso agli studi della Greenfield e altri , che notano come la forte esposizione dei bambini e dei giovani al sistema complesso dell ' informazione , all ' " eccedenza informativa " per lo più veicolata dai media , invece che una crescita di cultura , produce un " rumore di fondo " , una perdita di capacità critica . Si determina nella scuola un analfabetismo qualitativo , vissuto precocemente nella famiglia e nella società e difficilmente recuperabile . Tempi di vita e tempi della formazione Allora una riforma degli ordinamenti deve guardare altrove : mi pare che si debba partire da una riflessione su come nel nostro tempo si sono trasformate le età della vita , quale ritmo ha preso la crescita umana , quali peculiarità prendono oggi l ' infanzia , l ' adolescenza e la condizione giovanile . La scuola accompagna l ' organizzazione dei tempi di vita dei ragazzi e delle loro famiglie , è un punto di osservazione dell ' organizzazione complessiva della società . Quali bisogni è possibile leggere nell ' organizzazione dei tempi della nostra vita ? E come ci si può ad essi riferire per fare riforma della scuola ? L ' infanzia è il primo terreno di verifica . Il nostro è un secolo che ha giocato non a favore dell ' infanzia , ma per una progressiva marginalità dei bambini e delle bambine . L ' autonomia infantile è , ci pare , il punto su cui ragionare . Come può la scuola garantire un passaggio delicato tra la famiglia e l ' affidamento ad altri adulti , gli insegnanti , per la formazione del piccolo cittadino . La famiglia è una risorsa primaria , emotiva e educativa per i piccoli , ma l ' autonomia dal senso proprietario che inevitabilmente i genitori esercitano sui piccoli è un primo passo verso l ' acquisizione della cittadinanza . Con quali tempi del rapporto didattico , in quali anni , con quale scansione di orari si devono affidare i piccoli alla scuola ? Questo costituisce il primo problema della riforma . Pensando ad una scolarizzazione precoce si pensa erroneamente ad una precoce accelerazione degli apprendimenti cognitivi . Non deve essere così . Nei nidi e nella scuola dell ' infanzia il problema è la socializzazione e l ' innesto di esperienze di relazione , è la conduzione dei bambini e delle bambine in un universo di linguaggi più differenziato e più ricco di quello familiare . Nidi e scuola dell ' infanzia devono rimuovere le prime differenze e devono evitare i ritardi rispetto alla scuola che verrà , devono essere scuola educativa e non assistenza . Qui siamo al secondo aspetto della riforma , i suoi contenuti didattici . La scuola di base unitaria ci pare buona cosa , ma non è positiva la riduzione di un anno di scolarità . Penso che sia opportuno un ritmo più semplice di quanto propone il governo : un ciclo di quattro anni , da sei fino a nove anni , a tempo pieno , unitario nel progetto e nell ' impianto educativo . Il tempo pieno non è solo un modulo organizzativo , ma un ' occasione per i bambini per fare esperienze educative globali . La formazione della mente vive insieme alla formazione delle relazioni , al gioco , alla creatività . Penso poi ad un ulteriore ciclo di quattro anni , fino a tredici anni . Una scuola più individualizzata nei percorsi , più adattata alle differenze personali e culturali degli adolescenti . Una scuola delle ragazze e dei ragazzi , che tra apprendimento e esperienza sociale si danno gli strumenti per la formazione di un io personale solido . Una scuola in cui si insegna tramite laboratori , in cui le relazioni della classe si intrecciano con ritmi organizzativi più articolati , sia per i tempi e gli orari che per i contenuti . Il giudizio sulla proposta relativa alla scuola secondaria è più severo . Qui appare con forza una convinta adesione del governo alle idee portanti della Confindustria sulla formazione . Scuola della flessibilità , addestramento e orientamento precoce , scuola vagamente impostata sulle opportunità e senza garanzie di promozione culturale . Ma vediamo con ordine . Innanzi tutto la riduzione complessiva del ciclo degli studi . Un livello così basso di scolarità si arrende all ' ideologia confindustriale di una ' didattica breve ' in vista di una disponibilità al lavoro precario , saltuario , appunto alla flessibilità , nuova magia dei ceti imprenditoriali che non vedono altra possibilità per lo sviluppo . La secondaria dovrebbe invece avere un biennio obbligatorio e unitario , compatto nei contenuti e nelle finalità culturali . Dovrebbero essere semplificati i curricoli di apprendimento ; il lavoro , la società , la tecnica , i linguaggi e la conoscenza della natura devono essere oggetto critico della ricerca culturale dei giovani e non temi di addestramento subalterno . Questa ci pare l ' uscita positiva dall ' impostazione gentiliana della scuola . La scuola deve essere poi giocata , nel triennio successivo , tra studio e prime esperienze di avvicinamento al lavoro , in prospettiva una scuola obbligatoria fino a 18 anni . Questa è la scelta realistica di allineamento agli altri sistemi formativi europei . Una scuola che si riorganizza nei tempi , comincia a adattarsi per diventare il primo livello di un ulteriore passo della formazione , a carattere permanente , non più solo rivolta ai giovani , ma capace di offrire allo sviluppo delle persone , in ogni età della vita , un riferimento culturale e formativo . Sarebbe utile un terzo settore della formazione . Anche l ' obiettivo di una generale riduzione dell ' orario di lavoro ha in questa formazione ricorrente una possibilità . Tempi che si liberano dal lavoro e che si dedicano alla cura di sé e alla crescita culturale . Ma la riforma è soprattutto investimento di risorse , umane e economiche . Il governo di centrosinistra non ha cambiato strategia , non ha segnato una discontinuità rispetto ai governi di destra o a dominanza democristiana . Una ristrutturazione poderosa ha colpito i bilanci , colpisce la struttura materiale della scuola sul territorio , colpisce gli insegnanti . Una riforma senza risorse è pura propaganda . La riduzione del finanziamento pubblico della scuola è effetto di una strategia che va al di là del risanamento del debito pubblico . Si iscrive in un quadro di trasformazione della scuola in un sistema misto , pubblico e privato , convenzionato , in cui mercato e redditi familiari diventano il differenziale di qualità della scuola . Che fare dunque , per non rimanere nelle secche delle analisi ? Innanzi tutto risollevare nella scuola la partecipazione dei soggetti , studenti , insegnanti e cittadini . La fuga o la passività degli insegnanti nella scuola è motivata dall ' insicurezza sulla prospettiva del loro ruolo , da una profonda sfiducia che si possa cambiare qualcosa nel modo di imparare e di insegnare . La scuola potrebbe perdere una generazione professionale importante e pregiudicarsi così le possibilità di riforma . L ' insensibilità alla questione docente , come parte essenziale della riforma , è ancora il movente della proposta insensata del " concorsone " per la selezione professionale , che rende acuta la tensione nelle scuole e fa da catalizzatore della protesta . Cosa è questa ampia e generale reazione alle ' gare salariali ' , come ha efficacemente scritto il manifesto ? Non avveniva più da anni : gli insegnanti non accettano di sottoporsi ad una selezione per lo più fondata sull ' ideologia che nella scuola la qualità dipende dalla competizione premiata dagli incentivi salariali . Un ' ipotesi povera di analisi su questa professione , che non riesce a vedere nell ' insegnamento - come sostiene ampiamente anche Bruner in un suo testo importante sulla scuola americana - un ruolo sociale e politico particolare , considerandolo invece un semplice lavoro subordinato . L ' efficacia dell ' insegnamento dipende dalla condivisione dei fini emancipativi che nella scuola si attivano . Il modello aziendale , gerarchico e competitivo , non solo non funziona , ma allontana gli insegnanti , come già ampiamente avviene , dalla didattica quotidiana . Programmazione , progettazione didattica , innovazione didattica stanno diventando momenti autoreferenziali che impoveriscono la cultura e l ' azione professionale degli insegnanti . Contro la povertà di una selezione fatta con i quiz , con le simulazioni di lezione ( dove vanno a finire decenni di ricerca per superare nell ' insegnamento la sequenza della lezione , interrogazione , valutazione ? ) insorgono gli insegnanti , bloccati tra le certezze di un passato professionale che non funziona e le riforme che non convincono . L ' idea cattiva di autonomia Questo conflitto oggi si intreccia con il caos che si è determinato con un ' insensata politica dell ' autonomia del " fai da te " . La riforma dei cicli non può essere perciò separata dalla questione più corposa dell ' autonomia . L ' autonomia didattica è un grande valore : insieme con la dimensione cooperativa è la sostanza stessa della libertà d ' insegnamento garantita dalla Costituzione . Ma l ' attuazione dell ' autonomia sta stravolgendo tutto questo . Gli insegnanti e gli studenti , isolati , ridotti a rango di clienti , perdono poteri reali di influenza sulle scelte e sui fini per diventare soggetti passivi nella gestione del quotidiano . Il cittadino cliente naviga nel vuoto e perde ogni connotazione di soggetto collettivo nel rapportarsi al sistema dei diritti che dovrebbe alimentare ogni servizio sociale . Le nostre scuole dovrebbero essere più pubbliche e meno di mercato . Più strumenti di eguaglianza che luoghi inerti di convalida della differenziazione sociale . L ' introduzione di logiche di mercato distrugge la promozione dei diritti ; nel migliore dei casi riaffida alla scuola o una funzione giudicante e notarile dell ' avvenuta assuefazione al conformismo e alla differenza sociale , oppure dilata la dimensione familistica , ideologica , " etnica " dell ' identità giovanile . Il problema dell ' autonomia buona è lo sviluppo di poteri ' locali ' capaci di riformare la scuola dal basso , secondo linee generali di innovazione culturale e professionale di profilo culturale alto . Il problema dell ' autonomia della scuola è in ultima analisi un problema della democrazia e dei suoi strumenti . La libertà di insegnare e fare scienza All ' autonomia degli insegnanti e degli studenti dovrebbe spettare l ' assoluta decisione delle tracce educative per raggiungere i fini sociali e politici fissati dalle istanze democratiche di un paese . Insegnare è per eccellenza un ruolo pubblico , perché dovrebbe farsi guidare solo dalla libertà della scienza , della coscienza professionale e dalla Costituzione . Null ' altro dovrebbe influenzare il progetto educativo delle scuole . La Costituzione , nel suo andamento compromissorio affidò la responsabilità educativa alla famiglia e alla scuola dello Stato . Le politiche attuali rifluiscono verso il primato della famiglia e risolvono l ' ambiguità costituzionale a favore della riproduzione educativa familiare o della cultura locale ' leghista ' : la comunità naturale dunque , piuttosto che la società e la cultura nazionale . Questo rifluire produce enormi rischi morali e culturali , incide sul tessuto civile del paese . Torna il ruolo prevalente degli educatori come riproduttori passivi del senso comune ambientale , piuttosto che soggetti di una ricerca critica sullo stesso contesto sociale . È necessario invece pensare ad una scuola come libero spazio di una complessa dialettica tra valori e interessi diversi ; un luogo di proposta e anche di conflitto tra educatori e studenti , non più proprietà e investimento dei loro genitori , ma abitato da soggetti umani accomunati da un ' avventura morale e intellettuale che prepara alla cittadinanza . Si tratta di considerare la scuola e l ' educazione come un gioco difficile che non solo agisce , ma che , mentre è giocato , fissa le regole stesse del gioco . Un gioco su un piano inclinato , più complesso di un gioco con regole precostituite , in cui i giocatori , studenti e educatori , seguendo le regole date , ne inventano di nuove e rompono dinamicamente con il senso comune e le mentalità correnti . L ' autogoverno e la cooperazione Esiste oggi un lavoro scolastico che rassomigli a questo impegno ? In genere dobbiamo rispondere negativamente : prevalgono gli aspetti ripetitivi sulla creatività e l ' invenzione . Ma una traccia per ricostruire il tessuto di una ricerca esiste . La cooperazione e ducativa appartiene a pieno diritto alla riflessione della pedagogia democratica europea e italiana . Evidenzia con equilibrio la necessità di percorsi personali , individualizzati e creativi nell ' insegnamento . E si pone come interazione , quasi necessariamente conflittuale e pluralistica tra lavori l ' uno all ' altro trasparenti , nei percorsi e nei fini . Cooperare e cooperazione sono termini che richiamano solidarietà ottocentesche . Recuperarne il senso in un contesto moderno , legato alla definizione di nuove metodologie per la gestione del lavoro intellettuale , costituisce un ' operazione culturale ardita . Nelle organizzazioni a rete bisogna partire dall ' ipotesi concettuale e pratica che non si può eliminare il conflitto ; il conflitto deve essere considerato un elemento dinamico e produttivo . Come può essere controllato e razionalizzato ? Solo aumentando le informazioni circolanti nella rete , aumentando la partecipazione dei soggetti e chiarificando i fini e i valori . Lavorare cooperando significa accettare questa processualità . Per risolvere il conflitto bisogna cercare le vie che portano a stabilire patti , quando i patti entrano in crisi bisogna rinnovare il confronto tra i soggetti . Bisogna saper costruire un quadro di controllo del processo educativo che abbia il suo centro riformatore nel ruolo dei soggetti sociali interessati . Questa metodologia di controllo costante della didattica è l ' anima stessa della cooperazione , la trasparenza è la sua componente essenziale ; comporta un forte decentramento delle responsabilità , riduce il ruolo gerarchico . Il tutto funziona se c ' è questa assunzione reciproca di impegni responsabili . Patti d ' aula , patti d ' istituto , patti tra soggetti . Questo metodo difficilmente può coesistere con un ' organizzazione burocratica e gerarchica , anche tra studenti e insegnanti . Prendere decisioni in questo ambiente comunicativo comporta anche il mutamento dello stile di lavoro degli insegnanti . In genere nella struttura cooperativa è importante la trasparenza delle singole intenzioni , antagonista rispetto alla consuetudine di custodire individualisticamente il contenuto e il metodo del proprio lavoro . È importante comunicare con trasparenza perché questo riduce il conflitto : anche le più semplici procedure vengono trasformate da questo stile di comportamento . Un comportamento trasparente abbatte significativamente l ' insuccesso scolastico dei ragazzi ; l ' assenza di comunicazione aumenta il fallimento e l ' insuccesso . Ascoltare è difficile , ma è una metodologia interessante . Nella scuola bisognerebbe prevedere dei momenti istituzionalizzati dell ' ascolto , un meccanismo in cui si esprimono le crisi : momenti di autodiagnosi , potremmo dire . Cosa invece diventa oggi nella realtà quotidiana l ' autonomia ? Assenza di un campo generale di riflessione sulle finalità della scuola ; crescente asfissia della didattica costretta nelle procedure burocratiche ; frammentazione insensata , nelle singole scuole e per ogni singolo insegnante , della ricerca e della trasmissione culturale . Difficile scorgere sotto un fraseggio modernizzante ( crediti e debiti formativi , piani dell ' offerta formativa , competenze - conoscenze - capacità , funzioni - obiettivo , tutor , didattica breve , saperi minimi ecc . ) una sostanza riformatrice che cambia la scuola . Temo che si tratti di un linguaggio da nuovi chierici che copre un vuoto di ridefinizione degli assi culturali , un deficit di progettazione del futuro che le società moderne vivono drammaticamente . I giochi non sono chiusi , riprende attivamente un movimento . Mancano finora gli studenti , l ' altro asse decisivo della riforma ; ma ripartono gli insegnanti , forse perché essi sono più direttamente sottoposti a una duplice sollecitazione : l ' umiliazione della loro professione e la speranza di essere un settore sociale portante dello schieramento riformatore di questo paese . La sinistra di governo non ha capito e entra in rotta di collisione con un movimento ampio , non corporativo , esplicitamente riformatore . Nella palude delle logiche di Palazzo la scuola torna ad essere una questione sociale che chiede risposte alla politica . Ci sono momenti in cui sembra che le passioni democratiche e di cambiamento siano in totale riflusso , ma la realtà è a volte più ricca della nostra stessa speranza .
Ma quanto è laico, Eminenza! ( Sartori Giovanni , 2000 )
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La nota pastorale del 13 settembre dell ' arcivescovo di Bologna , cardinale Giacomo Biffi , è stata lanciata così dall ' Ansa , la nostra massima agenzia di stampa : « Immigrazione . Biffi allo Stato : favorite i cattolici » . Le agenzie di stampa devono , appunto « lanciare » . E di quel lancio sono stato un po ' vittima anche io perché - subito intervistato telefonicamente - ho troppo precipitosamente risposto che « quella tesi non mi convince per niente » . Che non mi convinca resta vero . Ma dopo aver letto l ' intero testo del cardinale devo fare ammenda e desidero riconoscere che quel testo , nel suo insieme , fa onore al suo estensore . Per una volta - mi succede oramai di rado - mi inchino . Certo , l ' ottica dell ' uomo di Chiesa è diversa da quella del laico , e quindi da quella del sottoscritto . Il cardinale Biffi deve dare priorità alla sua fede , e perciò alla « buona religione » . A me interessa , invece , la « buona società » . Ma ferma restando questa differenza di fondo e di priorità , l ' intervento del cardinale mi fa riflettere su quanto una « fede intelligente » sia vicina e conciliabile con la « intelligenza della ragione » . Seguo , nel citare , l ' ordine della esposizione del cardinale di Bologna . 1 . « Dobbiamo riconoscere che il fenomeno di una massiccia integrazione ci ha colti un po ' tutti di sorpresa . È stato colto di sorpresa lo Stato [...] che pare non abbia ancora recuperata la capacità di gestire razionalmente la situazione riconducendola entro le regole irrinunciabili [...] di una ordinata convivenza civile . E sono state colte di sorpresa anche le comunità cristiane [...] sprovviste sinora di una visione non astratta , non settoriale [...] Le generiche esaltazioni della solidarietà e del primato della carità evangelica [...] si dimostrano più bene intenzionate che utili quando non si confrontano davvero con la complessità del problema e la ruvidezza della realtà effettuale » . Queste , è proprio il caso di dire , sono parole sante . E davvero responsabili . 2 . « Non è compito della Chiesa come tale di risolvere ogni problema sociale » . Più che vero . Ma fa piacere che sia un cardinale ad asserirlo , e che poi sia un alto prelato a ricordare allo Stato quali siano i suoi doveri . Occorre , scrive , che « ci si preoccupi seriamente di salvare l ' identità propria della nazione . L ' Italia non è una landa deserta senza storia , senza tradizioni vive e vitali , senza una inconfondibile fisionomia culturale e spirituale , da popolare indiscriminatamente come se non ci fosse un patrimonio di umanesimo e di civiltà che non deve andare perduto » . Anche le comunità cristiane « non possono non valutare attentamente i singoli e i diversi gruppi » ; ma , alla fin fine , i criteri per ammettere gli immigrati sono di competenza delle autorità civili , fermo restando che quei criteri « non possono essere solamente economici e previdenziali » e che « le condizioni di partenza dei nuovi arrivati non sono egualmente propizie » ai fini di « una possibile e auspicabile [...] integrazione » . Di nuovo , parole sante . E fa dispiacere dover notare che una lezione come quella impartita dal cardinale di Bologna non ci sia mai o quasi mai arrivata dai nostri politici . Tra l ' altro , non ci è mai arrivata dalle nostre cattolicissime Maria Rosa Russo Jervolino quando governava il Viminale , né tanto meno dal ministro Livia Turco che ora risponde al cardinale che « la legge più severa sull ' immigrazione porta il mio nome » . Davvero ? Entrare clandestinamente in un paese è un reato , così come è un reato rifiutare di fornire le proprie generalità . E la severissima legislazione italiana cosa fa ? Fornisce al clandestino anonimo un foglio di via e poi lo rilascia , e così di fatto lo fa entrare e gli consente di sparire . Peccato che il cardinale Biffi non la possa sostituire . Pur essendo anche lui cattolico , farebbe molto meglio di lei . 3 . Il punto dolente dell ' immigrazione è quello dell ' immigrazione islamica . Il presule di Bologna lo dichiara senza perifrasi : « Il caso dei musulmani va trattato con una particolare attenzione . Essi hanno [...] un diritto di famiglia incompatibile con il nostro , una concezione della donna lontanissima dalla nostra ( sino ad ammettere la pratica della poligamia ) . Soprattutto hanno una visione rigorosamente integralistica della vita pubblica [...] la perfetta immedesimazione tra religione e politica fa parte della loro fede irrinunciabile , anche se a proclamarla e a farla valere aspettano prudentemente di essere diventati preponderanti » . Livia Turco si affretta a controbattere così : « Non dimentichiamo tutto ciò che accomuna e non divide le tre grandi religioni , il cristianesimo , l ' ebraismo e L ' islamismo » . In attesa che il ministro Turco mi ricordi quel che evidentemente io dimentico , mi pregio ricordarle ( qualora sia lei a non saperlo ) che la parola Islàm vuol dire sottomissione , che la parola araba per libertà - horriayai - esprime soltanto una situazione di non schiavitù ( dal che risulta che il nostro concetto di libertà al positivo è estraneo alla concezione islamica del mondo ) , e che alla nostra separazione tra Chiesa e Stato il musulmano contrappone la concezione dell ' Eddin - Dawa , che vuoi dire religione - Stato . Ciò posto , le sarei davvero obbligato se una volta tanto lei precisasse che razza di cittadino italiano osservante delle leggi italiane risulterebbe dalla « cittadinizzazione » del suddetto islamico . Per ora un gruppettino di studenti islamici delle scuole genovesi ha chiesto che il crocefisso venga eliminato dalle aule , ed è stato subito accontentato . In barba alla vanteria della Turco che le leggi degli immigrati devono sottostare a quelle italiane . Io , laico , del crocefisso non faccio certo un caso capitale . Ma a lei , cattolica , l ' episodio non appare un pessimo esordio della integrazione scolastica dell ' islamico ? Max Weber distingueva tra etica della responsabilità ( una moralità che mette in conto le conseguenze delle nostre azioni ) ed etica dei principi ( nella quale la buona intenzione è tutto e il cattivo esito viene ignorato ) . L ' etica della responsabilità è , se si vuole , impura perché è pilotata da un capire , mentre l ' etica dei principi è pura , ma per ciò stesso ottusa ( non sa , non capisce ) e irresponsabile . La chiesa di Giovanni Paolo II ha largamente sposato un ' etica dei principi . Niente profilattici , anche se quel niente incrementa l ' Aids . Niente contraccettivi , anche se quel niente produce un eccesso di centinaia di milioni di bambini destinati a morire di fame . La giustificazione è che provvederà la Provvidenza . In attesa stravince l ' imprevidenza . Ben venga , allora , un cardinale che si ricorda dell ' etica della responsabilità . Ne sia lodato il Signore .
Resta solo Mastella ( Baget Bozzo Gianni , 2000 )
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La crisi della sinistra ha raggiunto una comicità obiettiva : la sinistra autocensura la sinistra . La candidatura Rutelli è appunto questo : Rutelli va bene come candidato premier perché si è depurato , facendo il sindaco di Roma , di ogni memoria della sinistra , della sua stessa sinistra , quella radicale . E con ciò si è separato da ogni contenuto politico : Rutelli è oggi solo un volto . Sentire il comunista Diliberto affermare seriamente che Rutelli va bene appunto per questo pone la domanda : perché la sinistra si è convinta che il modo per vincere elettoralmente sia quello di annullarsi politicamente ? D ' Alema si è sottratto al gioco con la fuga , dopo aver perso le europee , le regionali e il referendum elettorale . La via socialdemocratica dei postcomunisti si è dissolta da sola a opera del suo inventore . La sinistra ha in realtà politicamente una forza maggiore di quella che i suoi dirigenti le attribuiscono . Il problema è la viltà dei dirigenti della sinistra : nessuno di essi vuole rischiare una sconfitta elettorale . C ' è dignità anche in una sconfitta elettorale . Se D ' Alema dicesse « ci sto » , avrebbe ancora le migliori chance a sinistra : non quella di vincere ma quella di salvare la storia della sinistra . Solo chi sa reggere le sconfitte merita la vittoria , Berlusconi lo ha dimostrato . Oggi la sinistra preferisce Rutelli ad Amato : e anche questa è una storia della autoliquidazione della sinistra . Amato pensava di lanciare lui , in nome dell ' eredità socialista , la linea socialdemocratica o qualcosa di simile . Lo respingono sia i socialisti sia i postcomunisti . Amato , nonostante le sue performance al governo , è sempre l ' uomo di qualcun altro ; in sé non ha immagine politica , è come se non ne avesse mai raggiunto lo status . Rutelli ha più chance perché è un re gioioso di essere nudo : può essere candidato perché non rappresenta nulla . La sinistra è giunta veramente a questo stato pietoso : o è lo stato di coscienza dei suoi dirigenti che ha bisogno della sconfitta purificatrice ? Paradossalmente l ' unico leader che emerga in questa maggioranza è il capo della lobby democristiana campana : Clemente Mastella . E ' divenuto l ' unico capitano coraggioso della sinistra . E mi meraviglio che chi conosce Mastella pensi di consigliarlo di abdicare a questo ruolo di re in potenza per ritornare tra le braccia di Casini . Mastella è l ' unico che rappresenta a sinistra la volontà di vincere . Ha capito che il vero leader della sinistra , l ' unico macho della maggioranza , è lui : Ceppaloni è divenuto il centro strategico della sinistra italiana . Se Berlusconi chiedesse veramente le elezioni , le otterrebbe . Egli può calcolare che questa sinistra lo conduce alla vittoria tanto più facilmente quanto più a lungo possibile . Anche se questo fosse vero , come pare , carità di patria dovrebbe obbligare il leader del Polo a chiedere subito le elezioni . Ma la sinistra , che accetta la sua liquefazione al fuoco lento del governo Amato , mostra che alle sue parole orgogliose non corrisponde alcun vero orgoglio di sé . Se Berlusconi esita a cogliere la vittoria , la sinistra è paralizzata dalla sconfitta che non è ancora avvenuta . Ma che è già scritta nella sua grande paura : di temere che , perso il corpo del governo , essa si trovi a dover riconoscere di avere , in quel corpo , lasciato l ' anima .
Ruini, rifletti sull'Islam ( Baget Bozzo Gianni , 2000 )
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Società aperta ? Non demonizziamo le idee di Biffi ( e Sartori ) . Ho ammirato la relazione del cardinale Ruini ai vescovi italiani riuniti a Torino per un pellegrinaggio alla Sindone : una relazione di lucidità e di equilibrio , fredda come la ragion politica . Ruini ha governato con finezza il grande trapasso dalla Dc al postcomunismo e oggi alla nascita del centrodestra . Ha lasciato cadere del tutto gli accenni del cardinale Biffi alla questione islamica , perché è politicamente esplosiva . E il cardinale Ruini come ogni fine politico non ama l ' esplosione . Solo il grande ossequio della sinistra per tutto ciò che è ecclesiastico ha evitato al cardinale Biffi l ' accusa di razzista . Però il cardinale di Bologna ha posto il problema islamico non come un problema religioso ma come un problema civile . E , se avesse letto il testo di Giovanni Sartori su pluralismo e multiculturalismo , avrebbe potuto farlo in termini concettualmente più ricchi e perfettamente sociologici . Esiste un problema islamico come problema religioso . I maggiori studiosi dell ' Islam in Italia si sono convertiti all ' Islam , per il fascino di questa religione . La decristianizzazione della teologia che è in corso da decenni nel nostro Paese ha debilitato il Cristianesimo sino al punto che esso vive solo con le devozioni alla Madonna , le reliquie e il Giubileo : le idee sono bandite dalla catechesi , lo constata con gioia persino il vescovo della Cei che si occupa della catechesi , Chiarinelli . L ' Islam oggi trova in Italia una cultura cristiana decristianizzata ed esercita il fascino del pensiero e quello della religione . lo considero la sfida islamica religiosa un bene . Prima o poi nella Chiesa qualcuno si accorgerà che ci sarebbe bisogno anche di pensiero cattolico e non solo di politica , di giubilei e di devozioni . Ben venga un Islam di religione e di pensiero di fronte a dei cristiani senza religione e senza pensiero . Ma il cardinale Biffi ha posto il problema dei limiti della società aperta che Sartori ha analizzato in termini chiarissimi . La società aperta può aprirsi a tutti ma non a coloro che contestano la società aperta . L ' Islam è la negazione della società aperta , non vi è altra via umana significativa che il Corano : come se la società occidentale accettasse ancora i cattolici e i protestanti delle guerre di religione . Spero che venga tradotto in italiano il bel libro di Gilles Kepel sulla « guerra santa » islamica . Anche se ne dubito . Esso mette ben in luce che nei paesi islamici il nazionalismo arabo può limitare , anche se sempre meno , il sorgere dell ' islamismo politico mediante il controllo istituzionale . Ma qui in Italia , dove non c ' è alcun controllo istituzionale di un regime arabo , abbiamo il fiorire dell ' Islamismo politico che punta sulla differenza e sul conflitto con l ' Occidente . Il cardinale Ruini ci faccia qualche riflessione . Perché non invitare Sartori invece di Massimo Cacciari ai convegni dei vescovi italiani ? Io credo che i vescovi avrebbero occasione di imparare qualcosa invece di fare la parte del pubblico beota innanzi alle divagazioni sul corpo astrale del filosofo veneziano .
Decentriamo, ma con judicio ( Baget Bozzo Gianni , 2000 )
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Sì all ' autonomia amministrativa , occhio a quella fiscale I referendum regionali sono un prezzo politico per chiudere la questione dello scisma del Nord , un fatto spirituale e sociale che ha dominato la vita italiana degli anni Novanta ; una vera crisi della Nazione come forma dell ' Italia . Per questo i referendum consultivi sono ancora carichi di una potenza mitica come se essi dovessero segnare un evento spirituale nella figure del rifacimento istituzionale . E non sarà così perché le esigenze dell ' unità di un sistema giuridico , economico , sociale nazionale si impongono nella società mondiale molto più di quando accadesse quando vigeva intatta la sovranità statale . I vincoli internazionali rafforzano , non indeboliscono le esigenze della certezza e dell ' eguaglianza del diritto in ogni parte dello Stato . La capacità di imposizione fiscale delle regioni non può essere sopravvalutata . Le regioni a statuto speciale già esistenti ce l ' hanno e non ne hanno mai fatto uso . L ' autonomia regionale ha un senso solo se determina una diminuzione del peso burocratico e consente una maggiore disponibilità all ' esigenza della società civile . Ma si deve tenere conto che la società civile non è la terra degli angeli e che le lobby esistono ancora , rese più forti dalla fine dei partiti storici . Le decisioni che contano saranno sempre prese a livello nazionale proprio perché lo Stato nazionale è l ' agente inevitabile del sistema internazionale . In una società ormai internazionalizzata , le nazioni acquistano come sistemi economici e sociali il peso che hanno perso come sovranità nazionale . Vi è inoltre il rischio che la moltiplicazione delle fonti di diritto aumenti i vincoli e quindi i poteri della burocrazia e le difficoltà amministrative poste all ' azione del cittadino . Si è visto che difficoltà ha avuto a imporsi la legge Bassanini , il corpo morto che la burocrazia ha contrapposto all ' iniziativa del governo . Quello che è proposto con i referendum consultivi delle regioni padane è un decentramento di compiti alle regioni che lo chiederanno . Con ciò avremmo altre regioni a statuto speciale , che comporterà in altro modo il trasferimento di mezzi dallo Stato alle regioni . Questo è un processo nazionale che deve essere governato a livello nazionale e che richiede un contratto tra le regioni settentrionali a quelle meridionali . Per questo è valido l ' impegno posto dal presidente del Piemonte Ghigo per trovare una piattaforma comune con le regioni di sinistra . Infine merito di Berlusconi è di essere riuscito a porre in termini di decentramento ciò che era nato in forma di rivoluzione . Sul piano etico politico , la riforma ha importanza maggiore che sul piano amministrativo . Si tratta di deporre l ' ormai scomposto mito del Risorgimento e le criminalizzazioni che ne sono seguite e di recuperare la storia dell ' Italia preunitaria . Sarebbe un bel sogno se sul tricolore giacobino che Ciampi esalta si potessero porre i simboli delle repubbliche marinare che combatterono contro la pressione islamica . E ' certo che la nuova legislatura sarà finalmente costituente se il centrodestra , che ha posto con la riforma regionale il superamento della Costituzione del '48 , potrà finalmente portare fuori il Paese dalla crisi esistenziale dell ' identità della sinistra .
Walesa non abita più qui ( Bettiza Enzo , 2001 )
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Queste votazioni polacche segnano la fine di un ' epoca che coincide con la fine del glorioso movimento sindacale e politico di Solidarnosc . La storia non è stata benevola nei confronti del movimento d ' ispirazione cattolica , creato da Lech Walesa e sostenuto da Papa Karol Wojtyla , che nei ruggenti anni Ottanta affrontò il potere comunista a Danzica e a Varsavia dando la prima fatale picconata allo sgretolamento dell ' impero sovietico in Europa . L ' elettrotecnico Walesa , grande agitatore populista , colorito oratore di piazza , audace ispiratore delle masse operaie anticomuniste , doveva rivelarsi in seguito un capo di stato inadeguato al ruolo e alla funzione che la carica richiedeva : il declino della sua immagine fu tale da fargli ottenere , nelle ultime elezioni presidenziali , l'1 per cento dei voti . Il deserto in cui scompare Solidarnosc lo si percepisce fisicamente nella crisi senza sbocco in cui versano i cantieri di Danzica , che vent ' anni orsono costituirono la piattaforma e il fulcro dell ' eroica ribellione walesiana : privatizzati nel 1998 , decimati dai licenziamenti , hanno visto scendere il numero dei dipendenti a 3.800 rispetto ai 18 mila occupati nel 1980 . Danzica , già fucina di rivolta contro la non economia comunista , oggi è diventata un covo di protesta contro gli eccessi dell ' economia di mercato . La disoccupazione , che impazza in diversi settori , colpisce ormai il 16 per cento della popolazione attiva , 3 milioni di persone . Offuscano il quadro altre cifre poco allegre . L ' uscente coalizione tripartita guidata da Jerzy Buzek , di cui facevano parte anche i resti di Solidarnosc , lascia un buco finanziario di molti miliardi di dollari , con un tasso di crescita caduto al 2 per cento . La situazione appare tanto più fosca se si pensa che la Polonia , fino a ieri la prima della classe in campo economico nei territori ex comunisti dell ' Est , aveva raggiunto fra il 1997 e il 2000 un ritmo di crescita annuo oscillante dal 7 al 5 per cento . Se aggiungiamo al tutto gli scandali e la corruzione , che non hanno risparmiato neppure alcuni ministri di punta del dicastero Buzek , avremo la spiegazione del maggiore paradosso che oggi emerge dalla Polonia postwalesiana . Cioè il crescente successo elettorale dei grandi nemici d ' una volta , i comunisti tramutati in socialdemocratici , che con Alexander Kwasniewski hanno già conquistato due volte di seguito la presidenza della repubblica e che ora si apprestano a occupare il governo con Leszek Miller . Si sa che lo strano fenomeno non è soltanto polacco . La paradossale endemia che vede , in diversi paesi dell ' Est , i postcomunisti indossare vesti capitaliste e sostituirsi alle fragili e inesperte classi dirigenti della prima fase democratica , è dovuta essenzialmente al fatto che dopo mezzo secolo di comunismo non è facile reinventare di punto in bianco il mercato e la libertà . I rischi a medio termine si sono rivelati , un po ' dovunque , più estesi e insidiosi dei vantaggi immediati . I politici e i tecnici comunisti , che sapevano come gestire società illiberali , hanno poi sovente mostrato di saper governare , meglio dei liberali veri o improvvisati , i travagli della transizione riformista da un sistema all ' altro . La Polonia non sembra fare eccezione alla regola . Solo che nella Polonia cattolica , il paese di Solidarnosc benedetto dal Papa , l ' ariete nell ' assalto alle fortezze totalitarie dell ' Est , il fenomeno assume connotati di contrasto e di visibilità maggiori , poniamo , che in Lituania , in Ungheria o in Romania . Ecco perché Leszek Miller , leader della vincente coalizione di sinistra , uomo che fino all ' ultimo conservò la sua poltrona nel politburo del defunto partito comunista , si sforza oggi di apparire più realista del re : più capitalista di George Bush , più europeista di Romano Prodi , più atlantista di Tony Blair . Egli sa bene che in un paese emblematico ed esposto come la Polonia , il cui sovrano ombra resta pur sempre Karol Wojtyla , un postcomunista per essere governativamente credibile e commestibile deve essere anzitutto e soltanto « post » ; l ' altra metà del neologismo meglio farla dimenticare al più presto . Non a caso lo slogan d ' urto nella campagna elettorale di Miller diceva : « Torniamo alla normalità , lasciamo vincere il futuro ! » . Slogan in verità piuttosto contraddittorio , ma quanto mai idoneo a catturare il voto di un elettorato altrettanto contraddittorio . In esso si esprimeva il duplice desiderio di recuperare una sicurezza sociale perduta e di tentare una modernizzazione riformatrice graduale e controllata . Finita l ' epopea di Solidarnosc , comincia forse da adesso la fase in risalita più faticosa della terza repubblica polacca .
La partita decisiva di Berlusconi ( Vespa Bruno , 2001 )
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L ' Italia non manderà truppe di terra nelle zone dove opereranno gli americani a caccia di terroristi . Ma questa è una previsione , non una decisione politica . Quando Silvio Berlusconi dice alla Camera : « Siamo in prima linea » e ripete lunedì a Londra : « Faremo la nostra parte » , vuol significare che siamo disponibili a qualunque tipo di intervento ci fosse richiesto dalla Nato . Ma il ministro della Difesa Antonio Martino ancora martedì pomeriggio,18 settembre , durante una visita in Macedonia , era furibondo per l ' equivoco determinato da una sua dichiarazione di due giorni prima a Domenica in . Rispondendo a una spettatrice in ansia per il suo fidanzato che partiva militare , Martino aveva detto di escludere l ' invio di truppe italiane per combattere Osama Bin Laden e i suoi soci . In un lancio d ' agenzia , la previsione diventò una decisione politica dell ' Italia di tirarsi indietro . E il ministro trascorse la serata a trasmettere smentite , a tranquillizzare Berlusconi , molto infastidito , e gli americani , infastiditi e allarmati . Premesso dunque che manderemmo anche i vigili urbani se ce li chiedessero , l ' andamento tecnico dei preparativi lascia immaginare che truppe di terra non saranno necessarie . Le basi aeree italiane sono a disposizione degli alleati ed è verosimile che se fosse richiesta una nostra presenza , essa sarebbe affidata all ' Aeronautica . Eppure , la « lunga guerra di Bush » allo stato si annuncia molto diversa da quella del '91 contro Saddam Hussein . Berlusconi ha detto a Londra che la Nato è impegnata a « individuare e punire i colpevoli e chi li ha fiancheggiati , appoggiati , sostenuti » . Ma ce ne vorrà prima che la caccia a Bin Laden possa trasformarsi nel conflitto contro uno dei tanti « paesi canaglia » . George W . Bush ha fatto sapere agli alleati di non voler mostrare la bandiera in una « azione esemplare » , come è capitato talvolta a Bill Clinton . La sua ambizione è assai più alta : vuole sradicare il terrorismo e non accetta che alcuno possa tagliargli la strada . « Farà una serie di operazioni chirurgiche » ci è stato detto martedì pomeriggio al piano nobile di Palazzo Chigi . « Ma è chiaro che se qualcuno disturberà il chirurgo , dovrà fare i conti con l ' intero ospedale » . I tre soli paesi al mondo che riconoscono il regime dei talebani ( Arabia Saudita , Emirati e Pakistan ) si sono messi a disposizione di Bush . Muammar Gheddafi manda messaggi riservatissimi al suo collega americano , via Roma , per chiarire che lui vuole restare fuori dalla faccenda . Saddam Hussein ha bisogno probabilmente dei tranquillanti per dormire . Lo stesso Yasser Arafat , dopo aver donato il sangue per i feriti delle Twin Towers , il 18 settembre ha assicurato il suo sostegno agli americani . Questo lascia intendere quanto terrore si sia diffuso nel mondo arabo , quanto sia ragionevole la posizione congiunta di Tony Blair e di Berlusconi di non fare vittime civili per rispondere a chi ne ha provocate tante e di coinvolgere nella condanna e nell ' azione di pulizia il maggior numero di paesi arabi . Dietro le pieghe ancora confuse dell ' emergenza , c ' è tuttavia da osservare che a soli quattro mesi dal 13 maggio le elezioni politiche sembrano lontanissime . Prima gli incidenti di Genova , poi le bombe d ' agosto , oggi la tragedia americana hanno prodotto in Berlusconi un forte mutamento psicologico.Egli è chiamato a rispettare il « contratto con gli italiani » sottoscritto a Porta a porta l'8 maggio e lo sa bene . Sarà giudicato sugli aumenti alle pensioni minime e sulla riforma del sistema previdenziale , sulla rivoluzione scolastica e quella sanitaria , sui benefici fiscali e sulle grandi opere pubbliche . Ma gli ultimi avvenimenti lo hanno proiettato su una dimensione imprevista e possono rappresentare per lui un rischio , ma soprattutto una grande occasione . A quanto riferiscono i testimoni , se a Londra il 17 settembre fosse andato Francesco Rutelli , sarebbe stato difficile immaginare una maggiore cordialità e un ' intesa politica più solida , fino alla conferenza stampa congiunta proposta da Blair e del tutto inconsueta per Downing street . L ' asse con Bush era nato in tempi non sospetti e poiché in questo momento Stati Uniti e Gran Bretagna ( come in tutte le occasioni di grave crisi internazionale ) sono i locomotori della Nato ( e non solo ) , l ' Italia si trova al tavolo di una partita più importante del solito . Saprà giocarla Berlusconi ? L ' opposizione teme di sì . Se si leggono in controluce le alzate di spalle su questa o quella dichiarazione del Cavaliere o di altri membri del governo , nel centrosinistra si teme che Berlusconi riesca a interpretare sentimenti davvero molto diffusi nella opinione pubblica italiana e trasversali agli schieramenti politici . Decisione nel punire i terroristi senza fare vittime innocenti . Fermezza contro Bin Laden e chiunque lo aiuti . Mano tesa ai paesi arabi di buona volontà . Difesa della nostra identità culturale ed etica senza criminalizzare religioni e civiltà diverse . Sono pochissimi quelli che se la sentono di prendere le distanze da posizioni come queste . Massimo D ' Alema gestì bene la crisi del Kosovo , ma ebbe bisogno dei voti del centrodestra per l ' impegno militare . Berlusconi non ha bisogno di nessuno . Se apre all ' opposizione , lo fa per acquisire punti di autorevolezza , come Alcide De Gasperi che cercava sostegni anche quando aveva il 50 per cento di share . Se Berlusconi saprà giocare , se la sua « Finanziaria eccezionale » sarà rassicurante negli investimenti militari e nella costruzione di una nuova intelligence che l ' Italia non ha mai avuto , senza stravolgere alcuna voce del bilancio sociale , l ' opposizione potrebbe trovarsi davvero a mal partito .
L'anacronistico dittatore di Minsk ( Bettiza Enzo , 2001 )
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Che fosse una grottesca telenovela spionistica , quella che ha visto lo pseudoimprenditore italiano Angelo Antonio Piu e la sua compagna bielorussa Irina Ussak , rispettivamente condannati a quattro anni di carcere ciascuno , lo si è capito perfino dalle parole pronunciate dopo la sentenza dagli esponenti del durissimo Kgb di Minsk : « Non aveva una grande esperienza , era impreparato , non parlava neppure la nostra lingua . Come si fa a mandare in Bielorussia una spia del genere ? » . Ma la vera domanda è un ' altra . Come si fa a incriminare per spionaggio uno straniero che non sa fare la spia , accusando la sua amica bielorussa di « alto tradimento » , per poi comminare ai colpevoli una pena assai blanda in un paese dove simili delitti vengono spesso e facilmente puniti con la condanna a morte ? Come si fa a trasformare una cronaca di poveri amanti in un grave complotto contro lo stato ? La risposta a tale miserevole faccenda , di per sé irrilevante e quasi comica , in senso lato la possiamo trovare nel clima tutt ' altro che comico che da anni grava su questa che è la meno ex e la più sovietica delle ex repubbliche sovietiche . In senso più stretto troviamo un ' ulteriore risposta nella torbida atmosfera che ha preceduto e accompagnato lo svolgimento delle recenti elezioni che il 9 settembre hanno riconfermato alla presidenza del paese , per altri sette anni , il dittatore bielorusso Aleksander Lukassenko . Una vittoria - truffa annunciata con intimidazioni e brogli denunciati dagli osservatori dell ' Osce ( Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa ) . Il prevedibilissimo risultato ha assegnato a Lukassenko il 75,6 per cento dei suffragi contro il 15,3 rosicchiato a fatica dal sindacalista Vladimir Goncharik , principale candidato dell ' opposizione . Non a caso , la farsa processuale contro lo sventurato italiano Piu e la sua amica ha avuto inizio due giorni prima delle elezioni presidenziali , stravinte dal dittatore nazistalinista in un clima di paranoia antioccidentale e caccia alle streghe . Il che la dice assai lunga sui metodi e i soprusi in uso nell ' infelice « ex » repubblica sovietica . Lukassenko , 47 anni , un tempo amministratore d ' una fattoria collettiva di polli , atleta dilettante , portamento marziale accentuato da un paio di baffi alla cosacca , gestisce ormai da tempo come un misero pollame colcosiano i suoi 11 milioni di sudditi ( reddito mensile 77 dollari ) . Nei modi primitivi , nelle idee bellicose , nei metodi brutali e truffaldini è una specie di microcaricatura bielorussa di Stalin , Hitler e Milossevic . Sponsorizzata e blandita dalla madre Russia vicina , tollerata non si sa bene perché dall ' Europa , pressoché ignorata dagli Stati Uniti , l ' anacronistica dittatura lukasenkiana è riuscita a instaurare al centro del continente un misto di vecchia Urss e di vecchissimo principato tartaro . La sigla della ex polizia politica sovietica , Kgb , è rimasta immutata a Minsk : i proconsoli di Mosca occupano posti di massima responsabilità nel governo illiberale , nell ' economia statizzata , nelle istituzioni inquinate dalla corruttela . In realtà la Bielorussia , dove il popolo è costretto a parlare il russo nelle scuole e negli uffici , non è che una colonia povera della Russia in cui Lukassenko ricopre il ruolo di un prefetto di polizia agli ordini dei viceré di Putin . Le demoralizzate opposizioni democratiche , minoritarie e perseguitate , vorrebbero riacquistare l ' indipendenza vera di cui la repubblica fruì per pochi anni dopo il crollo del comunismo . Mentre molti sudditi comuni , forse la maggioranza , desidererebbero farla finita con la finzione di un ' indipendenza artificiale e venire assorbiti formalmente dalla grande e più ricca e più debolscevizzata Federazione russa . Mosca , però , non vuole concedere a Minsk né la sovranità piena né il pieno incorporamento alla Federazione . Vladimir Putin preferisce mantenere la Bielorussia a bagnomaria come un feudo semi indipendente situato coi suoi traffici illeciti , i suoi radar e le sue installazioni missilistiche a mezza via fra Est e Ovest , a ridosso della Nato e dell ' Unione Europea in procinto di allargarsi.Ma dopo l ' attacco terroristico contro l ' America , molte cose stanno cambiando anche in Russia . Se Putin vorrà davvero avvicinarsi all ' Occidente , per costituire una diga comune contro il diluvio islamico , potrà continuare a mantenere il lazzaretto bielorusso come un cuneo di divisione e d ' infezione nel cuore del continente europeo ?
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Il quadro economico è cambiato radicalmente rispetto al 10 settembre . Abbiamo preparato una Legge finanziaria straordinaria perché è straordinario il momento . Abbiamo stanziato alcune migliaia di miliardi per potenziare la sicurezza interna e i servizi di intelligence . Eppure , siamo riusciti a tener fede agli impegni di migliorare la qualità della vita dei pensionati e delle famiglie » . Alla vigilia della presentazione della prima Finanziaria del governo Berlusconi , Gianfranco Fini non crede che la recessione economica possa compromettere a lungo l ' economia italiana . « Per tranquillizzare i mercati , è indispensabile che tutti i focolai di terrorismo vengano individuati e sradicati . Tutti sanno che i prossimi mesi non saranno agevoli . Ma è ragionevole pensare che dalla primavera del 2002 possa ripartire la ripresa economica internazionale . L ' Italia sarà certamente in grado di cogliere questa occasione » . Quanti provvedimenti economici avete dovuto rinviare dopo gli attentati di New York ? Ragioniamo con la logica di un governo che ha cinque anni davanti a sé e che si è trovato con un deficit imprevisto grazie anche alla politica del centrosinistra . Abbiamo dovuto graduare nel tempo alcuni interventi anche se nel pacchetto dei 100 giorni abbiamo potuto adottare misure come la Tremonti bis e la legge obiettivo per le opere pubbliche finalizzate ad aiutare l ' economia e a far ripartire la produzione » . Quanto dovremo aspettare per gli sgravi fiscali che avete promesso in campagna elettorale ? Tutta la riforma del sistema fiscale sarà oggetto di delega a margine della Finanziaria e sarà messa a punto nell ' arco del 2002 . Alla base di tutto questo ci sono gli attentati di New York . Il presidente egiziano ha confermato l ' intenzione dei terroristi di colpire il vertice di Genova . Avevate avuto segnalazioni precise ? Mubarak ha confermato che i servizi segreti italiani avevano segnalato , anche su informazioni di altri colleghi , che gli estremisti islamici avrebbero cercato di colpire Bush in aria . Il governo decise di chiudere lo spazio aereo di Genova tirandosi addosso una nuvola di polemiche . Alla luce di quanto è successo l'11 settembre quelle polemiche si dimostrano tragicamente infondate e chi ci accusò di voler limitare la libertà di movimento dei cittadini dovrebbe riflettere . Va rivisto anche il giudizio negativo che molti hanno dato sull ' opera di prevenzione dei nostri servizi ? Il governo non lasciò nulla al caso . Intervenne su indicazioni precise e questo deve indurre tutti a essere meno superficiali nella valutazione della supposta incapacità dei nostri servizi come elemento utile a garantire la sicurezza . Avete elementi concreti per considerare l ' Italia come un obiettivo dei terroristi ? Anche per la sua posizione geografica , l ' Italia è certamente uno degli obiettivi di questa follia criminale . Ma la vigilanza è molto alta e l ' arresto di lunedì scorso dei cinque giovani afghani dimostra che funziona . Però la gente è inquieta , molti hanno paura . Io credo che abbia ragione il ministro dell ' Interno quando definisce del tutto fuori luogo un allarmismo generico e immotivato . Per questo mi auguro maggiore consapevolezza da parte di chi ha il compito delicatissimo di informare l ' opinione pubblica . Si riferisce alle notizie sull ' eventuale uso da parte degli americani della bomba atomica ? Appunto . Non c ' è alcuna ipotesi realistica in proposito . Qualcuno dice che gli Stati Uniti non ci tengono in gran conto . Non è vero . I rapporti personali tra Bush e Berlusconi sono un ulteriore elemento di garanzia circa la lealtà dell ' Italia e la sua capacità a tener fede agli impegni . Senza le doppiezze e i bizantinismi che purtroppo hanno caratterizzato la politica italiana in passato , determinando un giudizio complessivo di scarsa serietà e affidabilità . Debbo riconoscere che , a parte rarissime eccezioni , il comportamento responsabile dell ' opposizione concorre a garantire la piena tenuta del nostro Paese . Il nostro sostegno militare agli americani sarà virtuale ? Voglio dire : non ci saranno chiesti uomini e mezzi ? Noi faremo tutto quello che sarà deciso in sede Nato . Se gli inglesi sono già operativi è perché il loro rapporto con gli Stati Uniti è da sempre strettissimo e il loro potenziale di intervento militare è assai più elevato del nostro . Ma sarebbe sbagliato misurare l ' affidabilità dell ' Italia sulla base del numero di mezzi che ci sarà richiesto . Questo regolamento di conti con il terrorismo internazionale non potrà limitarsi solo ad aspetti militari . Appunto . È significativo constatare che sulla legittimità della risposta militare concordano tutti . Ed è estremamente importante quel che ha detto la gerarchia cattolica . Ma la lotta al terrorismo dovrà servirsi necessariamente anche di altri strumenti come l ' individuazione dei santuari finanziari e l ' adozione di alcune misure di embargo . Anche qui l ' Italia è chiamata a fare la sua parte .
Dall'odio etnico alle guerre sante ( Bettiza Enz , 2001 )
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La bomba lanciata a Belfast contro un corteo di bambine cattoliche che , nei giorni di riapertura dell ' anno scolastico , si recavano alla Holy Cross Primary School situata nell ' infuocato quartiere di Ardoyne , è stata un ' imboscata protestante certamente inaudita quanto orrenda . Mai , nella guerra civile che da trent ' anni continua a insanguinare l ' Irlanda del Nord , era accaduto che fanciulli innocenti venissero presi a bersaglio dai bombaroli dell ' una o dell ' altra fazione . Le analogie che vengono a mente esulano dai confini dell ' Europa occidentale : Little Rock , Bosnia , Kosovo , Algeria , Nigeria , Sudan , Indonesia . Però , in questi giorni cruciali , il paragone che forse colpisce più l ' occhio e l ' immaginazione è quello fra l ' Irlanda del Nord e la Palestina . Non v ' è dubbio che il lancio della granata contro lo scolaresche cattoliche dell ' Ulster sia stato , di per sé , un gesto assolutamente indegno di una società civile europea . Ma in un certo senso ancora più inquietante , più emblematica , perché volutamente intonata al clima d ' intolleranza confessionale generalizzata che va espandendosi nel mondo , è stata la fitta sassaiola che , prima della bomba , i protestanti avevano fatto piovere sulle giovani alunne della Holy Cross School.Tale prima eccezionale intifada anticattolica non è stata che un ' intenzionale citazione della seconda intifada mediorientale : quella rilanciata dai palestinesi contro gli ebrei per motivi religiosi un anno fa , quando Ariel Sharon , non ancora primo ministro , decise di compiere una passeggiata attraverso la Spianata delle Moschee di Gerusalemme . Da quel momento , attizzata da un evidente atto di provocazione religiosa , la lotta per la liberazione della Palestina perdeva i suoi connotati tradizionalmente laici e assumeva , anch ' essa , caratteristiche religiose e fondamentaliste sempre più accentuate e indiscriminate . Scendevano in campo , scavalcando l ' indebolita Autorità palestinese di Yasser Arafat , i fanatici della guerra santa , della Jihad islamista , i kamikaze di Hamas e i guerriglieri dell ' Hezbollah libanese . Dai sassi si passava alle bombe , alle autobombe , agli uomini bomba che s ' immolano nelle discoteche , nelle pizzerie e nei centri israeliani con la certezza di rinascere seduta stante nei paradisi di Allah . Ciò che più impressiona di questa nuova epidemia terroristica è la sua omologazione nelle tecniche e nei gesti simbolici , i sassi nell ' Ulster come in Cisgiordania , omologazione pericolosa che sembra scavalcare i confini tra mondi culturalmente diversi : non a caso uno studioso della London school of economics ha potuto azzardare lo slogan « Irlanda del Nord fotocopia della Palestina » . Da un altro lato impressiona la virulenza con cui l ' odio religioso , dilagando sempre più in primo piano , sembra prevalere e diventare un po ' dovunque la fase suprema dell ' astio etnico , il quale spesso poggia su basi surrettizie o immaginarie . Si ricorda distrattamente che arabi ed ebrei sono semiti , ma si sottolinea con più forza che gli uni sono musulmani e gli altri giudei . Si guardano le drammatiche immagini di Belfast e si vedono bimbe cattoliche terrorizzate che hanno gli stessi capelli biondi o rossi delle bimbe protestanti : più del cromosoma le distingue il marchio della religione . C ' è infine l ' aspetto , non meno preoccupante , dell ' integralismo religioso globalizzato . Più le differenze confessionali si fanno ampie e globali , contrapponendo per esempio nel suo insieme l ' intero mondo islamico a quello cristiano e giudaico , tanto più l ' intolleranza politicizzata di una parte tende a prevalere senza reciprocità sulla tolleranza legale e morale dell ' altra . L ' Europa difatti tollera l ' invasione delle sue coste meridionali da parte di nomadi masse islamiche , lascia che Parigi e Milano diventino centri islamici mondiali ; ma cosa avverrebbe se folle di europei senza lavoro invadessero le coste libiche o algerine , o se tentassimo di erigere una basilica cristiana nei deserti dell ' Arabia Saudita ? Perfino alla conferenza delle Nazioni Unite di Durban abbiamo visto trionfare l ' intollerante fondamentalismo terzomondista , fomentato da stati teocratici che , con l ' appoggio di governi dispotici come quello castrista , sono riusciti a imporre l ' equazione ingiuriosa del sionismo parificato al razzismo . Le delegazioni americana , canadese , australiana e israeliana hanno abbandonato la conferenza . Le delegazioni europee sono rimaste . La cultura della resa e del rimorso ha paralizzato una volta di più gli europei che , pur lapidandosi a Belfast , rinunciano poi a difendersi concordi dall ' aggressore esterno .