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I PERSONAGGI DRAMMATICI DI MORAVIA ( BENEDETTI ARRIGO , 1935 )
StampaPeriodica ,
A chi capitò di leggere il primo romanzo di Moravia , non avendo ancor vent ' anni , va da sé come più volte in seguito gli sia accaduto di ritornar sul giudizio d ' allora , un giudizio che non era nemmeno un giudizio , ma piuttosto una impressione ; e piacque sì , ed impressionò , il modo non consueto di raccontare , ma alla fine anche quell ' insistere dell ' autore su di una indifferenza , che è spesso il mal comune della prima giovinezza . La prima giovinezza conduce alla scoperta di tante cose , ed anche a violenti contrasti per il momento insolubili : da una parte perdura nell ' animo giovanile un moralismo che arriva alla grettezza , dall ' altra come un ' aspirazione a qualcosa di più libero e di più sciolto , una disposizione di animo insieme , per cui si gode a veder nero ciò che appare invece pacificamente bianco ; un troppo di intelligenza , se si vuole . Forse è che proprio in quell ' età ci si avvede come si possa guardar il mondo ragionandoci su , da sottoporre così tutto ad una specie di revisione , con lo scartar le care credenze di cui all ' improvviso ci si vergogna , col proposito di esser implacabili nello sguardo , e di ostentare un piacevole cinismo . Ora non che i meriti degli Indifferenti siano tutti nell ' interpretazione che essi possono dare , perché scritti da narratore precoce e perché ebbero a protagonista un giovane non ancora uscito dalla più torbida giovinezza , di una età tanto più piena di contrasti ; in ogni modo fu proprio per quei suoi meriti che il romanzo ebbe a sembrarci , alla prima lettura , diverso da quello che oggi , rileggendolo , ci sembra . Quasi una rivendicazione a nome di tutti pareva , e si sa bene che difficilmente si sarebbe potuto spiegar rivendicazione di che cosa ; si ammirava il coraggio , che forse era poi il nostro medesimo coraggio , con la differenza che il nostro rimaneva personale turbamento , dove nel caso dello scrittore si dava una decisa presa di posizione ; e riguardo poi a quella che è l ' arte del romanziere le pagine più vistose colpivano , nemmeno disposti a cogliere quelli che erano i motivi più intimi di Moravia , più intimi e perciò gli unici che si sono ritrovati nei suoi migliori scritti che vennero dopo . Tuttavia dei racconti , che ora Moravia ha raccolto in volume nelle edizioni Caraffa , certo molti sono quelli che poco ci dicono , se si va a chiedergli un ' arte più matura nei rispetti del primo romanzo . Essi rimangono come prove , e l ' autore che ha voluto raccoglierli si pensa che abbia ambito a darci i segni della sua attività di narratore dal 1927 al 1933 , non quelli del suo crescere di artista . I motivi sono i medesimi degli Indifferenti , ma non sostenuti da quel fervore che , fra tante pagine spente del romanzo , era pur possibile trovare . Il titolo poi che l ' autore dà alla raccolta dice di per sé qualcosa : li chiama La bella vita , ed è ci sembra quel titolo quasi una diversa interpretazione morale della sua narrativa . Prima egli cercò di far risaltar l ' indifferenza morale di certa gente , oggi la smania del vivere in una diversa maniera di quella medesima gente , che non è né mondano né libertina , poiché alla fine la mondanità e il libertinaggio vogliono una mancanza di riflessione e una leggerezza ingenua d ' animo che manca a personaggi condotti ad aver sì dei miraggi , ma non mai delle contentezze . « Ed , in verità , io credo che non ci sia nulla di più bello che viaggiare e andare a vedere una città così piena di negozi e di divertimenti come Parigi ... ; » dice la ragazza scappata di casa al fratello che la va a ricercare nel racconto che dà il titolo al volume ; e Valdassori , nel racconto Lo snob : « ... tu sei intelligentissimo , sai dire le cose come pochi , in tuo confronto sono una bestia ... ; ma non proibirmi lo snobismo , croce e delizia della mia vita ... ; lasciami questo piacere , in fondo tanto innocente ... » . Si mira cioè sempre ad una felicità , che poi insieme ben si conosce come illusoria . Nei racconti ora raccolti parecchi Micheli , parecchie Carle , parecchie Maria Grazie , e Lei , e Lise si ritrovano , anche se in essi in primo piano stiano personaggi che assomigliano al primo , mentre quelli che fanno pensare agli altri rimangono di assai più in ombra . Si tratta quasi di appunti , di accenni ancor timidi a quei personaggi più evidenti nel romanzo , e che dei racconti ce ne siano molti che hanno data posteriore a quella degli Indifferenti che conta ? Conta semmai che essi quasi sempre , se si eccettui L ' Inverno di Malato e La Morte Improvvisa , poco aggiungono ad esso , non aprendo una visuale più vasta , facendo anzi di tutto per restringer ancor più l ' orizzonte . Ora qui non si accenna a quella che è la monotonia degli ambienti . I racconti di Moravia hanno per scena o camere da letto , o sale che della camera da letto possiedono la morbidezza e la lascivia : e in ciò può esservi sì un limite d ' arte , ma insieme non si deve affatto escludere la nascita di una particolare poesia anche su di un simile palcoscenico . Si deve augurar al narratore di uscir dai suoi chiusi ambienti ? Ne siamo incerti , e poi , per il momento , c ' interessa di segnar come le camere da letto , pur rimanendo camere da letto , si mutino . Quella che , nel 1927 , accoglieva quello sfiduciato amante della povera cortigiana Maria Teresa è assai diversa da quella che , nel 1935 , accoglie l ' architetto Sebastiani e Bosso e Marta e Nora , nel racconto ancora fuor di volume , apparso nel numero 2 di questa stessa rivista . La scena si è come schiarita , l ' occhio del descrittore ha smesso di frugar tutti i cantucci , acquistando una padronanza di descrizione che prima non conosceva , tanto che nel suo descrivere andava avanti pieno di cautela e di meticolosità : esso ha acquistato , ci verrebbe da dire , come una terza dimensione : la scena da cinematografica è diventata teatrale , e l ' acquisto ai fini dell ' arte se pur non definitivo non ci par trascurabile . In ogni modo rimane pur sempre quel senso di spettacolo che sempre avemmo dalla narrazione di Moravia . Parlar di cinematografo non è esatto ; se certi racconti di Moravia hanno del cinematografo la piattezza visiva , pure in essi si incontrano personaggi che , se anche talvolta rimangono ombre , sono diversi dalle ombre dello schermo . Le ombre dello schermo sono ombre di personaggi , e guai se volessero essere qualcosa di diverso ; ogni tentativo di maggior rilievo vien tutto a loro danno ; le ombre di Moravia denunziano forse un difetto d ' arte , ma racchiudono pur sempre una loro possibilità d ' arte . La quale poi se abbia da essere quella del narratore o quella dell ' uomo di teatro è un altro conto . Importa semmai che quelle possibilità si sviluppino , e uno sviluppo non può che condurre ad una via giusta . Ora l ' impressione che Moravia abbia talento teatrale ci venne al tempo della prima lettura degli Indifferenti , cinque o sei anni fa : nasceva essa da alcune pagine del romanzo : quelle che ci descrivono la cena , quelle dell ' arrivo di Michele in casa di Leo , e il suo goffo e tragico gesto , e il silenzio che ne segue , e l ' apparizione di Carla , e di nuovo un impaccio che è insieme una grande desolazione . L ' impaccio e la desolazione , dopo quello che altro non fu che una tempesta in un bicchier d ' acqua , spesso si ritrovano nei racconti di Moravia ; magari il più delle volte con lievi accenni , di rado con l ' intensità che troviamo nella scena , ( e scena è la parola più adatta ) di Michele , Carla e Leo , riuniti nell ' anticamera di quest ' ultimo . Qualcosa di simile si dà quando Girolamo , dopo la sua notte insonne , attende la burrasca del medico , mentre il medico viene ma non la burrasca : « e Girolamo guardava ( poiché l ' hanno condotto all ' aperto , per la cura del sole ) questo festoso paesaggio con gli occhi pieni di lacrime : nulla era successo , non avrebbe più rivisto né il Brambilla , né la piccola inglese ; era solo , e la guarigione sembrava ormai oltremodo lontana » . Forse la scena un poco prima era retta meccanicamente , e più che con altro con bravura , ( Michele che compra la rivoltella e , andando ad uccidere Leo , già pensa allucinato al processo che gli faranno ; oppure : l ' arrivo del medico che « incarnava abbastanza bene il tipo del medico moderno , non più sacerdote della scienza , ma abile e interessato sfruttatore al tempo stesso del proprio ingegno e della immensa credulità dei malati » ) ; invece ecco che si accalora , e sia pur di un assai tenue calore . È che i personaggi di Moravia sono teatrali nel senso meno vistoso della parola . Forse essi , fino ad oggi , non hanno recitato che di rado una vera commedia , avendo fatto , il più delle volte , delle prove . Sono personaggi che quasi si direbbe debban trovar ancora un loro canovaccio , ai quali tuttavia non manca un intimo senso drammatico . Moravia può darsi che abbia davanti a sé due strade : quella che già ha presa coi risultati notevoli che si sanno ; l ' altra più deliberatamente scenica . Scrittore moralista si pensa che possa trovar sul palcoscenico elementi di cui difetta la sua arte ; per esempio quell ' umiltà che non si trova spesso nei suoi racconti , dove ottime sono le parti , e anzi perfette , ma ahimè , fra loro scombinate . Si badi all ' ultimo suo racconto , apparso in Caratteri , dove le movenze dei personaggi han proprio della rappresentazione scenica , e dove una certa tempesta ha dell ' accompagnamento simbolico . Moravia proprio ambisce a qualcosa di simbolico che davvero ci par inconciliabile coi suoi propositi di narratore verista ; ma è forse che egli non si vuol accontentare di una sua realtà che gli par piatta e limitata , sicché gli occorre , in qualche modo , arricchirla . Ci sta bene la tempesta nel suo ultimo racconto ? Ci sta , e ci vuole ; eppur non mi par bene : l ' autore ne deve aver capito la necessità e l ' importanza , solo che nel tessuto della narrazione quel brontolio lontano e minaccioso , non raccontato con distacco , ma detto e suggerito al momento opportuno , appare espediente , quel che forse non accadrebbe su di un palcoscenico . Tuttavia rischia l ' arbitrio questo mio far supposizioni che si fondano su certe discordanze colte in alcuni racconti , le quali , d ' altra parte , sempre in racconti potrei domani ritrovar risolte con felicità ; e così la recensione corre il pericolo di diventar un pretesto per una esercitazione piacevole ma troppo letteraria ; e Moravia per primo può stupirsi che gli si venga a suggerire il teatro , al quale chissà se egli pensa . In ogni modo anche il paradosso , al quale non mi par di essere alla fine arrivato , può servir talvolta a mettere in un certo risalto alcune singolari qualità di uno scrittore .
CONFLITTO IN PIAZZA ( BENEDETTI ARRIGO , 1933 )
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Noi bambini giocavamo cavalcando sedie , presso la finestra perché la sera si avvicinava e non ancora si era accesa la luce . Dalla cucina dove la mamma e la serva preparavano la cena venivano i rumori familiari dei loro passi intorno al focolare , delle stoviglie smosse . Alcuni minuti e poi la mamma sarebbe entrata accendendo la luce , cominciando ad apparecchiar la tavola , e certo un gioco rumoroso , come quello del cavalcar se - die a mo ' di focosi destrieri , e di di - menarle trattandosi di focosi anima - li , sarebbe stato subito proibito . Ma udimmo aprir la porta di casa e vedemmo capitar in sala da pranzo , col cappotto bagnato siccome uscita senza ombrello l ' aveva sorpresa la pioggia , la nostra cugina Anna , una ragazza che scendendo a Lucca due volte all ' anno smaniosa di divertirsi noi la consideravamo bambina . Essa non diceva niente a vederci fracassar sedie sicché le facemmo uno sfrenato galoppo d ' onore finale in quanto accesasi la luce si capiva bene come non potevamo continuare , quei nostri cavalli ridivenute misere sedie . Piove diceva Anna ; c ' è tanta gente in piazza San Michele ; ci sono i socialisti che fanno un comizio . Noi ci facemmo attenti perché allettava assai le nostre immaginazioni quella piazza coi socialisti adunati ; tanto vicina a casa nostra tale piazza , eppure ai nostri occhi parimenti lontana , come di un ' altra città , come mai l ' avessimo traversata . Ce la figuravamo piena di gente bigia e cupa . I vetri della finestra gocciolavano , le case dirimpetto sparivano e quell ' esser bambini , tra quattro mura , ci riempiva di tristezza profonda . Dopo , la cugina andò a mutarsi e venne la mamma ad apparecchiare , a sgridarci per le sedie sciupate , a farci mettere a tavola composti quasi mancasse un minuto alla venuta del babbo e non una lunghissima attesa . Ma ecco nell ' attesa , mentre ci annoiamo a osservare le macchie di vi - no sulla tovaglia e lo scintillare delle stoviglie , ecco improvvisamente s ' ode uno scroscio lontano e un clamore levarsi ; né v ' è tempo di domandarci che sia perché Anna entra gridando qualche parola e tutti la seguiamo attraverso le stanze al buio fino ad una camera dalla finestra della quale si scorge un angolo della piazza dov ' è scoppiato il conflitto , da dove la gente fugge dicendo parole soffocate dal fracasso dei negozi che chiudono imposte e abbassano saracinesche . Né fermi alla finestra sapemmo staccar - cene , un po ' tremanti un po ' eccita - ti ; fino a quando vedemmo nostro padre in strada venire e sorridere per rassicurarci . E il babbo rientrato , prima di levarsi il cappotto , molte cose ebbe da raccontare a proposito di quel conflitto scoppiato tra socialisti in comizio e fascisti venuti ad impedirlo ; e come si era gettata una bomba e come ne era seguito un subisso di rivolverate , e come dei presenti i pratici di quelle faccende per la guerra combattuta si eran gettati corpo a terra mentre gli altri disordinata - mente fuggivano . Un morto e un ferito : l ' uno e l ' altro uomini senza colo - re , che passavano per caso . Poi si andò a cena , la quale fu diversa dal - le solite ché ci perdemmo a ragionar dell ' accaduto : Stasera non vi sarà un ' anima fuori ! diceva il babbo : nemmeno io uscirò ; e impressionava il pensiero della città paurosa - mente deserta ; solo che senza avvedercene ci calmammo con negli ani - mi solo una leggera smania di sapere , per la quale noi bambini non si era capaci di rassegnarci ad andare a letto e nostro padre a rimanersene in casa . Così se egli prima dicendo di non uscire voleva con una precauzione eccezionale adeguarsi ad un eccezionale momento , poi , a poco a poco , la sua smania lo vinse : Vado a prender da fumare disse . Mi terrò per le vie secondarie ; ed usci . Allora noi non sapevamo arrenderci a coricarci ; ma quando , fallito l ' ultimo tentativo per rimanere ancora un po ' alzati si dové cedere , volemmo in camera nostra la mamma e la cugina . Si riparlò a lungo del conflitto e del morto , il quale lasciava moglie e figlioli , particolare che commoveva le donne e impressionava noi bambini ; sopratutto pensavamo che morti mai se n ' era visti e che se ci fossimo trovati in quella piazza ne avremmo visto uno ; e pensavamo anche che un uccisore doveva esservi per forza e come chi uccide , dicono , rivede la notte in sogno la propria vittima , pensiero troppo forte per noi quasi la vita ci riserbasse un così atroce destino . Ma la luce ormai irritando i nostri occhi le due donne si ritirarono lasciandoci al buio a pensare , confusamente come prima del sonno , alla piazza del conflitto che non ci pareva nemmeno della nostra città .