StampaPeriodica ,
Il
mese
di
marzo
è
stato
segnato
da
due
grandi
crisi
che
continuano
.
Da
un
lato
quella
sanguinosa
del
Kosovo
,
dall
'
altro
quella
politica
e
istituzionale
dell
'
Unione
Europea
.
Qui
,
certo
,
il
sangue
non
scorre
come
nel
Kosovo
.
I
15
paesi
,
in
attesa
di
diventare
20
o
22
,
ostentano
anzi
tra
loro
rapporti
pacifici
,
amichevoli
,
soccorrevoli
,
quasi
fraterni
.
Tuttavia
nel
cuore
transnazionale
dell
'
Unione
,
nel
limbo
burocratico
di
Bruxelles
,
si
sta
giocando
la
più
grossa
scommessa
continentale
di
fine
secolo
.
La
guerra
nel
Kosovo
è
guerra
vera
,
selvaggia
,
primordiale
,
combattuta
senza
pietà
e
senza
ipocrisie
umanitarie
.
Quel
che
avviene
a
Bruxelles
è
invece
un
'
insidiosa
guerriglia
civile
,
una
guerriglia
ipocrita
,
subdolamente
combattuta
nelle
cangianti
e
confuse
istituzioni
comunitarie
in
nome
di
ideali
nobilissimi
:
l
'
euro
,
il
mercato
unico
,
l
'
armonia
agricola
,
l
'
integrazione
federalistica
,
l
'
allargamento
ai
cugini
derelitti
dell
'
Europa
centrorientale
.
Cos
'
le
due
Europe
,
quella
della
guerra
aperta
nei
Balcani
,
l
'
altra
della
guerriglia
sotterranea
nel
quadrilatero
carolingio
,
danno
l
'
impressione
di
voler
approdare
insieme
al
Duemila
in
uno
stato
di
disfacimento
più
che
di
evoluzione
concorde
nell
'
ordine
e
nel
progresso
.
Non
credo
che
il
parallelismo
tra
il
virulento
inferno
balcanico
e
il
travagliato
limbo
euroccidentale
sia
cervellotico
o
forzato
.
La
verità
è
che
un
'
Europa
comunitaria
incapace
di
integrarsi
,
di
democratizzarsi
nelle
istituzioni
,
di
dare
a
queste
l
'
autonomia
e
la
presa
di
strumenti
preparatori
di
uno
stato
federale
,
sarà
sempre
più
un
'
Europa
allo
sbando
.
Malaticcia
e
velleitaria
,
dominata
da
una
burocrazia
pletorica
sottratta
a
controlli
e
verifiche
popolari
,
lacerata
da
scompensi
organici
e
da
faide
tecnocratiche
complicate
e
incomprensibili
:
una
simile
Europa
non
sarà
mai
in
grado
d
'
imporre
una
pace
energica
all
'
Europa
delle
guerre
calde
,
arcaiche
,
che
a
medio
termine
potrebbero
tracimare
dai
Balcani
e
lambire
perfino
l
'
Asia
mediterranea
.
Solo
una
robusta
e
convinta
stabilità
interna
all
'
Unione
,
un
'
integrazione
che
prolunga
il
mercato
della
moneta
e
del
commercio
unificati
nel
mercato
politico
delle
diplomazie
e
delle
difese
unificate
,
potranno
trovare
la
forza
con
cui
sedare
le
turbolenze
belliche
evitando
che
le
guerre
balcaniche
diventino
guerre
paneuropee
.
Premessa
di
tale
necessaria
stabilizzazione
o
ristrutturazione
euroccidentale
è
in
certi
caso
lo
scorrimento
,
in
altri
l
'
ampliamento
,
in
altri
ancora
il
deperimento
delle
funzioni
assegnate
alle
tre
principali
macchine
comunitarie
.
Il
Consiglio
,
che
rappresenta
i
governi
degli
stati
membri
e
si
comporta
come
il
sinedrio
collegiale
di
una
monarchia
assoluta
,
dovrebbe
deperire
diventando
un
organo
di
rappresentanza
e
di
testimonianza
storica
delle
nazioni
associate
.
La
Commissione
,
che
dai
tempi
di
Jacques
Delors
non
è
più
subalterna
ancella
del
Consiglio
intergovernativo
,
dovrebbe
assumere
il
connotato
di
un
vero
esecutivo
federale
europeo
.
Il
Parlamento
,
che
fino
all
'
altroieri
appariva
confinato
in
un
ruolo
consultivo
di
second
'
ordine
,
dovrebbe
estendere
i
suoi
poteri
nei
confronti
sia
della
Commissione
sia
del
Consiglio
.
In
sostanza
,
l
'
Europarlamento
dovrebbe
conquistare
ulteriori
prerogative
costituzionali
dopo
quelle
espugnate
,
pochi
giorni
orsono
,
con
le
dimissioni
imposte
alla
Commissione
.
Lo
scandalo
moralistico
,
'
nepotismi
'
e
'
irregolarità
'
,
c
'
entrano
poco
o
niente
con
la
bocciatura
inflitta
dai
parlamentari
all
'
organismo
esecutivo
dell
'
Unione
.
C
'
entra
,
invece
,
il
prolungato
scandalo
politico
che
per
decenni
impediva
all
'
Assemblea
di
fare
i
conti
con
i
ministri
posticci
della
Commissione
e
con
i
ministri
reali
del
Consiglio
.
Ora
,
la
Commissione
bocciata
sarà
certo
più
debole
nei
confronti
del
Parlamento
,
ma
,
da
questo
paradossalmente
legittimata
nella
reciproca
autonomia
del
Consiglio
,
sarà
anche
più
forte
nel
quadro
istituzionale
complessivo
.
Il
dado
è
tratto
.
Il
resto
è
in
arrivo
.
D
'
ora
in
avanti
,
il
Parlamento
potrà
esercitare
un
potere
di
ratifica
sulla
nomina
del
presidente
della
Commissione
,
potrà
censurare
le
sue
spese
e
i
suoi
errori
,
potrà
sostenerlo
e
assisterlo
nella
nomina
dei
commissari
,
una
volta
scelti
con
metodo
impositivo
dal
Consiglio
.
La
rivoluzione
liberale
in
atto
raggiungerà
il
giorno
più
alto
quando
il
Parlamento
europeo
diverrà
assemblea
costituente
europea
:
allora
la
monarchia
autocratica
del
Consiglio
,
che
già
perde
colpi
,
dovrà
trasformarsi
per
forza
in
monarchia
costituzionale
.
In
quel
caso
,
forse
non
lontano
,
l
'
Europa
ci
apparirà
alfine
pressoché
unita
,
pressoché
compatta
,
pressoché
pronta
a
riportare
pace
e
ordine
nelle
regioni
limitrofe
sconvolte
dall
'
odio
e
dalla
guerra
infinita
.
StampaPeriodica ,
Queste
votazioni
polacche
segnano
la
fine
di
un
'
epoca
che
coincide
con
la
fine
del
glorioso
movimento
sindacale
e
politico
di
Solidarnosc
.
La
storia
non
è
stata
benevola
nei
confronti
del
movimento
d
'
ispirazione
cattolica
,
creato
da
Lech
Walesa
e
sostenuto
da
Papa
Karol
Wojtyla
,
che
nei
ruggenti
anni
Ottanta
affrontò
il
potere
comunista
a
Danzica
e
a
Varsavia
dando
la
prima
fatale
picconata
allo
sgretolamento
dell
'
impero
sovietico
in
Europa
.
L
'
elettrotecnico
Walesa
,
grande
agitatore
populista
,
colorito
oratore
di
piazza
,
audace
ispiratore
delle
masse
operaie
anticomuniste
,
doveva
rivelarsi
in
seguito
un
capo
di
stato
inadeguato
al
ruolo
e
alla
funzione
che
la
carica
richiedeva
:
il
declino
della
sua
immagine
fu
tale
da
fargli
ottenere
,
nelle
ultime
elezioni
presidenziali
,
l'1
per
cento
dei
voti
.
Il
deserto
in
cui
scompare
Solidarnosc
lo
si
percepisce
fisicamente
nella
crisi
senza
sbocco
in
cui
versano
i
cantieri
di
Danzica
,
che
vent
'
anni
orsono
costituirono
la
piattaforma
e
il
fulcro
dell
'
eroica
ribellione
walesiana
:
privatizzati
nel
1998
,
decimati
dai
licenziamenti
,
hanno
visto
scendere
il
numero
dei
dipendenti
a
3.800
rispetto
ai
18
mila
occupati
nel
1980
.
Danzica
,
già
fucina
di
rivolta
contro
la
non
economia
comunista
,
oggi
è
diventata
un
covo
di
protesta
contro
gli
eccessi
dell
'
economia
di
mercato
.
La
disoccupazione
,
che
impazza
in
diversi
settori
,
colpisce
ormai
il
16
per
cento
della
popolazione
attiva
,
3
milioni
di
persone
.
Offuscano
il
quadro
altre
cifre
poco
allegre
.
L
'
uscente
coalizione
tripartita
guidata
da
Jerzy
Buzek
,
di
cui
facevano
parte
anche
i
resti
di
Solidarnosc
,
lascia
un
buco
finanziario
di
molti
miliardi
di
dollari
,
con
un
tasso
di
crescita
caduto
al
2
per
cento
.
La
situazione
appare
tanto
più
fosca
se
si
pensa
che
la
Polonia
,
fino
a
ieri
la
prima
della
classe
in
campo
economico
nei
territori
ex
comunisti
dell
'
Est
,
aveva
raggiunto
fra
il
1997
e
il
2000
un
ritmo
di
crescita
annuo
oscillante
dal
7
al
5
per
cento
.
Se
aggiungiamo
al
tutto
gli
scandali
e
la
corruzione
,
che
non
hanno
risparmiato
neppure
alcuni
ministri
di
punta
del
dicastero
Buzek
,
avremo
la
spiegazione
del
maggiore
paradosso
che
oggi
emerge
dalla
Polonia
postwalesiana
.
Cioè
il
crescente
successo
elettorale
dei
grandi
nemici
d
'
una
volta
,
i
comunisti
tramutati
in
socialdemocratici
,
che
con
Alexander
Kwasniewski
hanno
già
conquistato
due
volte
di
seguito
la
presidenza
della
repubblica
e
che
ora
si
apprestano
a
occupare
il
governo
con
Leszek
Miller
.
Si
sa
che
lo
strano
fenomeno
non
è
soltanto
polacco
.
La
paradossale
endemia
che
vede
,
in
diversi
paesi
dell
'
Est
,
i
postcomunisti
indossare
vesti
capitaliste
e
sostituirsi
alle
fragili
e
inesperte
classi
dirigenti
della
prima
fase
democratica
,
è
dovuta
essenzialmente
al
fatto
che
dopo
mezzo
secolo
di
comunismo
non
è
facile
reinventare
di
punto
in
bianco
il
mercato
e
la
libertà
.
I
rischi
a
medio
termine
si
sono
rivelati
,
un
po
'
dovunque
,
più
estesi
e
insidiosi
dei
vantaggi
immediati
.
I
politici
e
i
tecnici
comunisti
,
che
sapevano
come
gestire
società
illiberali
,
hanno
poi
sovente
mostrato
di
saper
governare
,
meglio
dei
liberali
veri
o
improvvisati
,
i
travagli
della
transizione
riformista
da
un
sistema
all
'
altro
.
La
Polonia
non
sembra
fare
eccezione
alla
regola
.
Solo
che
nella
Polonia
cattolica
,
il
paese
di
Solidarnosc
benedetto
dal
Papa
,
l
'
ariete
nell
'
assalto
alle
fortezze
totalitarie
dell
'
Est
,
il
fenomeno
assume
connotati
di
contrasto
e
di
visibilità
maggiori
,
poniamo
,
che
in
Lituania
,
in
Ungheria
o
in
Romania
.
Ecco
perché
Leszek
Miller
,
leader
della
vincente
coalizione
di
sinistra
,
uomo
che
fino
all
'
ultimo
conservò
la
sua
poltrona
nel
politburo
del
defunto
partito
comunista
,
si
sforza
oggi
di
apparire
più
realista
del
re
:
più
capitalista
di
George
Bush
,
più
europeista
di
Romano
Prodi
,
più
atlantista
di
Tony
Blair
.
Egli
sa
bene
che
in
un
paese
emblematico
ed
esposto
come
la
Polonia
,
il
cui
sovrano
ombra
resta
pur
sempre
Karol
Wojtyla
,
un
postcomunista
per
essere
governativamente
credibile
e
commestibile
deve
essere
anzitutto
e
soltanto
«
post
»
;
l
'
altra
metà
del
neologismo
meglio
farla
dimenticare
al
più
presto
.
Non
a
caso
lo
slogan
d
'
urto
nella
campagna
elettorale
di
Miller
diceva
:
«
Torniamo
alla
normalità
,
lasciamo
vincere
il
futuro
!
»
.
Slogan
in
verità
piuttosto
contraddittorio
,
ma
quanto
mai
idoneo
a
catturare
il
voto
di
un
elettorato
altrettanto
contraddittorio
.
In
esso
si
esprimeva
il
duplice
desiderio
di
recuperare
una
sicurezza
sociale
perduta
e
di
tentare
una
modernizzazione
riformatrice
graduale
e
controllata
.
Finita
l
'
epopea
di
Solidarnosc
,
comincia
forse
da
adesso
la
fase
in
risalita
più
faticosa
della
terza
repubblica
polacca
.
StampaPeriodica ,
Che
fosse
una
grottesca
telenovela
spionistica
,
quella
che
ha
visto
lo
pseudoimprenditore
italiano
Angelo
Antonio
Piu
e
la
sua
compagna
bielorussa
Irina
Ussak
,
rispettivamente
condannati
a
quattro
anni
di
carcere
ciascuno
,
lo
si
è
capito
perfino
dalle
parole
pronunciate
dopo
la
sentenza
dagli
esponenti
del
durissimo
Kgb
di
Minsk
:
«
Non
aveva
una
grande
esperienza
,
era
impreparato
,
non
parlava
neppure
la
nostra
lingua
.
Come
si
fa
a
mandare
in
Bielorussia
una
spia
del
genere
?
»
.
Ma
la
vera
domanda
è
un
'
altra
.
Come
si
fa
a
incriminare
per
spionaggio
uno
straniero
che
non
sa
fare
la
spia
,
accusando
la
sua
amica
bielorussa
di
«
alto
tradimento
»
,
per
poi
comminare
ai
colpevoli
una
pena
assai
blanda
in
un
paese
dove
simili
delitti
vengono
spesso
e
facilmente
puniti
con
la
condanna
a
morte
?
Come
si
fa
a
trasformare
una
cronaca
di
poveri
amanti
in
un
grave
complotto
contro
lo
stato
?
La
risposta
a
tale
miserevole
faccenda
,
di
per
sé
irrilevante
e
quasi
comica
,
in
senso
lato
la
possiamo
trovare
nel
clima
tutt
'
altro
che
comico
che
da
anni
grava
su
questa
che
è
la
meno
ex
e
la
più
sovietica
delle
ex
repubbliche
sovietiche
.
In
senso
più
stretto
troviamo
un
'
ulteriore
risposta
nella
torbida
atmosfera
che
ha
preceduto
e
accompagnato
lo
svolgimento
delle
recenti
elezioni
che
il
9
settembre
hanno
riconfermato
alla
presidenza
del
paese
,
per
altri
sette
anni
,
il
dittatore
bielorusso
Aleksander
Lukassenko
.
Una
vittoria
-
truffa
annunciata
con
intimidazioni
e
brogli
denunciati
dagli
osservatori
dell
'
Osce
(
Organizzazione
per
la
sicurezza
e
la
cooperazione
in
Europa
)
.
Il
prevedibilissimo
risultato
ha
assegnato
a
Lukassenko
il
75,6
per
cento
dei
suffragi
contro
il
15,3
rosicchiato
a
fatica
dal
sindacalista
Vladimir
Goncharik
,
principale
candidato
dell
'
opposizione
.
Non
a
caso
,
la
farsa
processuale
contro
lo
sventurato
italiano
Piu
e
la
sua
amica
ha
avuto
inizio
due
giorni
prima
delle
elezioni
presidenziali
,
stravinte
dal
dittatore
nazistalinista
in
un
clima
di
paranoia
antioccidentale
e
caccia
alle
streghe
.
Il
che
la
dice
assai
lunga
sui
metodi
e
i
soprusi
in
uso
nell
'
infelice
«
ex
»
repubblica
sovietica
.
Lukassenko
,
47
anni
,
un
tempo
amministratore
d
'
una
fattoria
collettiva
di
polli
,
atleta
dilettante
,
portamento
marziale
accentuato
da
un
paio
di
baffi
alla
cosacca
,
gestisce
ormai
da
tempo
come
un
misero
pollame
colcosiano
i
suoi
11
milioni
di
sudditi
(
reddito
mensile
77
dollari
)
.
Nei
modi
primitivi
,
nelle
idee
bellicose
,
nei
metodi
brutali
e
truffaldini
è
una
specie
di
microcaricatura
bielorussa
di
Stalin
,
Hitler
e
Milossevic
.
Sponsorizzata
e
blandita
dalla
madre
Russia
vicina
,
tollerata
non
si
sa
bene
perché
dall
'
Europa
,
pressoché
ignorata
dagli
Stati
Uniti
,
l
'
anacronistica
dittatura
lukasenkiana
è
riuscita
a
instaurare
al
centro
del
continente
un
misto
di
vecchia
Urss
e
di
vecchissimo
principato
tartaro
.
La
sigla
della
ex
polizia
politica
sovietica
,
Kgb
,
è
rimasta
immutata
a
Minsk
:
i
proconsoli
di
Mosca
occupano
posti
di
massima
responsabilità
nel
governo
illiberale
,
nell
'
economia
statizzata
,
nelle
istituzioni
inquinate
dalla
corruttela
.
In
realtà
la
Bielorussia
,
dove
il
popolo
è
costretto
a
parlare
il
russo
nelle
scuole
e
negli
uffici
,
non
è
che
una
colonia
povera
della
Russia
in
cui
Lukassenko
ricopre
il
ruolo
di
un
prefetto
di
polizia
agli
ordini
dei
viceré
di
Putin
.
Le
demoralizzate
opposizioni
democratiche
,
minoritarie
e
perseguitate
,
vorrebbero
riacquistare
l
'
indipendenza
vera
di
cui
la
repubblica
fruì
per
pochi
anni
dopo
il
crollo
del
comunismo
.
Mentre
molti
sudditi
comuni
,
forse
la
maggioranza
,
desidererebbero
farla
finita
con
la
finzione
di
un
'
indipendenza
artificiale
e
venire
assorbiti
formalmente
dalla
grande
e
più
ricca
e
più
debolscevizzata
Federazione
russa
.
Mosca
,
però
,
non
vuole
concedere
a
Minsk
né
la
sovranità
piena
né
il
pieno
incorporamento
alla
Federazione
.
Vladimir
Putin
preferisce
mantenere
la
Bielorussia
a
bagnomaria
come
un
feudo
semi
indipendente
situato
coi
suoi
traffici
illeciti
,
i
suoi
radar
e
le
sue
installazioni
missilistiche
a
mezza
via
fra
Est
e
Ovest
,
a
ridosso
della
Nato
e
dell
'
Unione
Europea
in
procinto
di
allargarsi.Ma
dopo
l
'
attacco
terroristico
contro
l
'
America
,
molte
cose
stanno
cambiando
anche
in
Russia
.
Se
Putin
vorrà
davvero
avvicinarsi
all
'
Occidente
,
per
costituire
una
diga
comune
contro
il
diluvio
islamico
,
potrà
continuare
a
mantenere
il
lazzaretto
bielorusso
come
un
cuneo
di
divisione
e
d
'
infezione
nel
cuore
del
continente
europeo
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